La realizzazione di modelli anatomici
in cera richiedeva quattro fasi lavorative così distinte:
1) preparazione del modello anatomico attraverso la dissezione
del cadavere;
2) costruzione su di questo del calco in gesso;
3) realizzazione del modello in cera colorata;
4) rifinitura.
La prima fase, fondamentale per la buona realizzazione dei
modelli, era seguita da un esperto dissettore anatomico e
consisteva nella sezione del cadavere per isolare gli organi
(o anche parti del corpo umano) da riprodurre in cera.
Nel 1793 il dott. De Genettes, medico delle armate napoleoniche
in Italia, dopo aver soggiornato per circa un anno nel Museo
fiorentino della Specola, ci ha lasciato una preziosa testimonianza
sulla tecnica ceroplastica in uso in quella Scuola.
Così scrive il De Genettes:
"La maggior parte degli organi rappresentati dalle
cere colorate sono gettati dentro calchi di gesso formati
direttamente sugli organi naturali; successivamente vengono
ritoccati accanto al cadavere da uno scultore abile, sempre
sotto la direzione di un anatomico, e questo perché
senza tale sorveglianza neppure gli scultori più
eccellenti copiano la natura con esattezza.Tutti gli organi
sui quali non si può eseguire il calco direttamente
vengono modellati in argilla o in cera presso il cadavere
da artisti abilissimi in questo genere di lavoro. Successivamente
si getta il calco in gesso su questi modelli. Si fa soprattutto
per le statue intere. Quando si vuole un calco di gesso
per una statua anatomica, si comincia a far fare a uno scultore
un modello in cera a grandezza naturale, copiandolo dal
vivo, nudo e nella posizione che l'anatomico ha trovato
più conveniente per rappresentare gli organi o le
parti che devono essere visti. Questo primo lavoro richiede
circa sei mesi. Quando ciò è finito, bisogna
rimodellare separatamente, in seguito a dissezioni multiple,
gli organi che si vogliono rappresentare; e tutto deve essere
costantemente sorvegliato e diretto."
Prima di procedere alla seconda fase del
lavoro era necessario preparare la cera da impiegare per
modellare i pezzi anatomici. Nel laboratorio fiorentino,
dalla fine del XVIII secolo fino alla seconda metà
del XIX, si usava frequentemente un impasto ottenuto mescolando
l'ottima cera d'api e cera di altri insetti, cosiddetta
cera cinese, ad alto punto di fusione prodotta da certi
tipi di pidocchi parassiti di vegetali. Il miscuglio ottenuto
veniva versato in un grosso paiolo di rame stagnato, quindi
posto a fondere a fuoco molto lento. Di tanto in tanto,
se ve n'era bisogno, si aggiungeva all'impasto in preparazione
della sugna (grasso animale) e olio di spermaceti (olio
vegetale).
La seconda fase del lavoro, consisteva nel ricavare il calco
in gesso che, una volta indurito, costituiva il negativo,
una sorta di matrice, che veniva conservata così
da permettere la riproduzione dello stesso pezzo tutte la
volte che si desiderava. Generalmente il calco era ricavato
direttamente dal pezzo anatomico che, per non venire danneggiato
dalle operazioni, si spalmava con un sottile strato di grasso.
A questo punto si passava alla terza
e più delicata fase: la realizzazione del pezzo in
cera la cui riuscita dipendeva dalla perizia degli artisti
e quelli della Specola erano veramente insuperabili. A fusione
avvenuta, all'impasto si aggiungeva il colore precedentemente
già stemperato nella trementina con l'aggiunta di
piccole quantità di lacca bianca in polvere. Per
ottenere il colore dei muscoli si usavano coloranti naturali
quali lacca, cinabro, cera bianca gramolata.
Prima di versare la cera fusa il calco in gesso veniva imbevuto
di acqua tiepida, mentre la sua superficie interna veniva
spalmata con sapone molle che, chiudendo le porosità
del gesso, facilitava il distacco del modello. A questo
punto si cominciava a versare nello stampo il miscuglio
ceroso caldo; questa operazione avveniva versando la cera
a strati successivi, ciascuno a temperatura via via più
bassa. A raffreddamento completato si apriva lo stampo e
si passava alla fase successiva.
La quarta e ultima fase comprendeva la ripulitura del getto
ceroso ottenuto, che avveniva sia raschiando le eventuali
imperfezioni dello stampo che levigando la superficie del
modello con un pennello morbido imbevuto di essenza di trementina.
Con ferri di varia forgia e caldi si realizzavano quindi
le striature proprie dei muscoli; si applicavano quindi
i vasi sanguigni, i nervi, la rete linfatica; arterie, vene
e nervi erano ottenuti con filo di ferro o di cotone rivestito
di cera. Con un pennello finissimo si dipingevano i vasi
più sottili e si procedeva agli eventuali ritocchi
della colorazione. Per dare lucentezza al preparato, difenderlo
dalla polvere ed eventualmente modificarne le sfumature
di colore, si procedeva alla cosiddetta velatura che consisteva
nello stendere sulla superficie del pezzo una vernice trasparente.
* tratto da:
B. Lanza, M. L. Azzaroli Puccetti, M. Poggesi, A. Martelli,
Le Cere Anatomiche della Specola, Arnaud Editore,
Firenze (1979)