Questa rassegna in http://medicina.unica.it/rassegna.htm LA RIFORMA DELLE LAUREE SARÀ POSITIVA UNIVERSITA'- PRIMO: RIFORMARE I CONCORSI SASSARI: INDUSTRIALI CONTRO L'UNIVERSITÀ LUMACA UNIVERSITÀ: MANOVRA FINANZIARIA REGIONALE OK FONDAZIONI BANCARIE E SANITÀ ================================================================== OSPEDALI: POSTI RISERVATI AI MEDICI PRECARI SANITÀ, LA RIVOLTA DI OPPI "SERVONO PIÙ SOLDI MA ARRIVANO LE BRICIOLE" OPPI SMENTISCE PITTALIS: "NON SONO SUFFICIENTI I FONDI PER L'ASSISTENZA" PRIMI INCONTRI PER SCIOGLIERE I NODI SUGLI STIPENDI DEI MANAGER ASL IN METÀ FAMIGLIE DISTURBI MENTALI MAJ: "MA IN PSICHIATRIA TROPPE LE DIAGNOSI SBAGLIATE" COME INTERPRETARE GLI ESAMI DEL SANGUE UN NUOVO CICLO VITALE PER IL PARASSITA DELLA MALARIA SCOPERTO UN MECCANISMO DEL MELANOMA NUOVE CONOSCENZE SULL'ALZHEIMER USA: ECCO LA PROTEINA CHE BLOCCA L'AIDS NEURONI DEDICATI AL PRURITO VIOLENZA, IL PRESIDE DI MEDICINA PATTEGGIA CONCAS: "PATTEGGIO NON SIGNIFICA COLPEVOLE" ================================================================== QUARANTAMILA STUDENTI SI CONTENDONO UN CENTINAIO DI COMPUTER IL GARANTE ACCUSA: NEI MINISTERI PRIVACY "OMESSA" ================================================================== ____________________________________________________ Il Sole24ore 13 gen. '01 LA RIFORMA DELLE LAUREE SARÀ POSITIVA se avvicinerà davvero i giovani al lavoro - Ma è necessario aprirsi alle imprese L'ateneo diventa Fondazione Un'opportunità essenziale per razionalizzare la gestione e coinvolgere le forze economiche locali MILANO Le università italiane si trasformeranno in fondazioni? Certamente non tutte, e non per tutti i loro compiti. Ma il rettore del Politecnico di Milano, Adriano De Maio, è convinto dell'importanza fondamentale dell'articolo della legge finanziaria - del quale è stato il promotore - che consente agli atenei di istituire fondazioni, in collaborazione con gli enti locali e le aziende private, per gestire beni e attività strumentali alle funzioni essenziali dell'università, che devono restare la formazione e la ricerca. Entro qualche settimana il Politecnico di Milano metterà a punto una proposta di Statuto e regolamento della Fondazione, che sottoporrà agli enti e alle società interessate. E altrettanto, probabilmente, farà quello di Torino. Ma per quali ragioni la nuova opportunità è così importante? "Per tre considerazioni - risponde De Maio. - In primo luogo, per un criterio di efficienza: scorporare molte funzioni amministrative e strumentali significa potersi concentrare sul "core business" dell'università, cioè la didattica e la ricerca. Oggi infatti il rettore di un grande ateneo è anche un manager, che deve prendere decisioni d'investimento, e amministrare un patrimonio, per centinaia di miliardi". "In secondo luogo - continua De Maio - le norme amministrative vigenti per l'assunzione di personale tecnico, anche di altissimo livello, costituiscono una camicia di forza per lo sviluppo di molte iniziative. Non solo le assunzioni devono avvenire per concorso, ma gli stipendi sono spesso inadeguati. Così i tecnici migliori, dopo un periodo di attività nei nostri laboratori, fondamentale per la loro crescita professionale, spesso ci abbandonano, allettati da aziende che li pagano tre volte tanto, o dall'attività in proprio. Una fondazione potrebbe assumerli a condizioni di mercato, e competere ad armi pari con le imprese". La terza ragione è il coinvolgimento della società civile e della struttura produttiva locale. "Pensiamo alla storia del nostro Politecnico - ricorda De Maio, - nato nel 1863 da una decisione illuminata della borghesia lombarda, che coinvolse il Comune, la Provincia, la Camera di commercio, la Cariplo. La fondazione potrà coinvolgerle di nuovo, insieme alle imprese, e far sì che la comunità locale si senta partecipe, e responsabile, di scelte importanti per il suo sviluppo". La creazione di fondazioni da parte dei maggiori atenei può così essere una risposta alla cronica carenza di risorse. L'Italia investe nell'istruzione scolastica una percentuale del Pil analoga agli altri Paesi, ma assai meno nell'istruzione superiore. Senza contare la ricaduta benefica di una maggiore efficienza nella gestione. Mentre di interesse particolare per le facoltà scientifiche, che hanno i loro punti di forza nei laboratori di ricerca, sarebbe la creazione di uno staff permanente di tecnici di alto livello. De Maio fa l'esempio degli istituti del Poli all'avanguardia nel campo delle telecomunicazioni. "Molti tecnici si sono formati da noi e poi si sono licenziati. E in qualche caso sono stati "riassunti" come consulenti, a costi ben maggiori. La fondazione, assumendo con contratti di diritto privato e a prezzi di mercato, potrà sviluppare progetti di lungo periodo, contando su collaboratori fedeli". Andrea Casalegno ____________________________________________________ Il Sole24ore 10 gen. '01 UNIVERSITA'- Primo: riformare i concorsi di Paola Potestio Vi sono molte ragioni per guardare con preoccupazione alle linee di trasformazione dell'università italiana. Le considerazioni sulla riforma degli ordinamenti didattici universitari di Alessandro Monti e Massimo Firpo ("Il Sole-24 Ore", 5 e 22 dicembre, 4 gennaio) ne illustrano efficacemente alcune. Un ulteriore, e certo non secondario, motivo di preoccupazione si connette agli esiti dei nuovi concorsi per professore universitario. Su questo tema occorre lanciare oggi un vero e proprio grido di allarme. Le attuali regole si caratterizzano per tre aspetti. Il concorso è gestito localmente, vale a dire è bandito da un singolo ateneo, il quale nomina una sorta di "membro interno" nella commissione concorsuale, composta poi da professori eletti su scala nazionale dai docenti del settore scientifico su cui è stato emanato il bando. Il concorso designa tre idonei nelle prime quattro tornate concorsuali (ormai in via di conclusione), e due nelle successive. La sede, se nessuno degli idonei corrisponde alle esigenze per le quali è stato bandito il concorso (quale ipocrisia!), può non effettuare chiamate dalla terna o coppia dei dichiarati idonei. La miscela di questi tre aspetti è micidiale e sta producendo danni notevolissimi alla qualità scientifica della docenza universitaria. Vale sottolineare alcune implicazioni e conseguenze della nuova organizzazione concorsuale. La natura di questa organizzazione è intrinsecamente esposta ad accordi di scambio. L'esito del concorso può essere completamente (e agevolmente) deciso da contatti e accordi nella fase della formazione della commissione, annullando nella sostanza il lavoro di vaglio e valutazione della commissione insediata. Ciò non necessariamente pregiudica la bontà dell'esito del concorso. Ma certo il rischio di risultati almeno parzialmente negativi è elevatissimo: un candidato improponibile a un pur minimo vaglio di merito può diventare professore, se è inserito in un concorso nel quale sono stati definiti gli opportuni termini di scambio. In che misura queste astratte possibilità si sono tradotte in concrete fattispecie nei tanti concorsi degli ultimi due anni? Il meccanismo delle terne ha ampliato improvvisamente il numero dei potenziali professori. Questa pressante disponibilità ha a sua volta rapidamente ampliato il numero dei ruoli effettivi di professore, condizionando in modo più o meno serio la politica di assetto e di crescita delle facoltà e complicando, a tutti i livelli, qualunque linea di programmazione. Molto spesso, anzi, l'ampliamento dei ruoli di professore ordinario e associato è avvenuto al di fuori di ogni programmazione ed è stato semplicemente il risultato di una serie di contingenze. Il passaggio dalle terne alle coppie di idonei mitiga appena la gravità del problema. Che cosa ne sarà degli idonei non chiamati da alcuna facoltà? Il pericolo di una "ope legis" sanatrice diverrà tanto più incombente quanto più a lungo si manterrà questo perverso meccanismo di (non) selezione. Infine, l'innalzamento del costo della docenza, dovuto al drastico ampliamento dei ruoli di professore ordinario e associato, a parità di numero totale di persone inserite in tutti i ruoli della carriera universitaria, toglie risorse finanziarie preziose per l'ingresso dei giovani. Il numero dei professori aumenta, mentre diminuisce quello delle fasce iniziali della carriera universitaria: un risultato alquanto allarmante. Si impongono, allora, due conclusioni. La prima è evidente: occorre fermare subito questo meccanismo concorsuale. In secondo luogo, occorre fornire la massima tutela possibile alla libertà di valutazione delle attività didattiche e scientifiche del triennio di straordinariato, valutazione fatta - come la legge stabilisce - da apposite commissioni nazionali. È possibile rendere il lavoro di queste commissioni libero da condizionamenti, soprattutto di natura psicologica, ammettendo che il non ottenimento della conferma nel ruolo superiore non pregiudichi il mantenimento del ruolo inferiore acquisito: una tale modesta modifica alla normativa vigente, oltre che corretta ed equa in sé, potrebbe essere di grande aiuto per l'oggettività e serenità di lavoro delle future commissioni giudicatrici. ____________________________________________________ L'Unione Sarda 13 gen. '01 Sassari: Industriali contro l'Università lumaca Caduta nel vuoto la richiesta di istituire corsi di informatica: favoriti i giovani della Penisola Anno zero per la new economy: "Regalati 600 posti di lavoro" Quasi 200 miliardi, 27 nuove aziende, un migliaio di assunti. Sassaresi, pochi: perché i più richiesti, quando (fra sei mesi) diventerà operativo il contratto d'area di cui tre giorni fa è stato firmato il secondo protocollo aggiuntivo, saranno gli specializzati in tecnologie informatiche legate alla comunicazione. In provincia non se ne trovano. E la colpa, ha detto l'altro giorno il presidente provinciale dell'Assoindustriali Alberto Ticca, è anche dell'Università che non avrebbe fatto abbastanza per impedire che i 607 posti di lavoro previsti (e la cifra va aumentata di qualche decina, perché anche il manifatturiero oggi lavora coi computer) siano conquistati da altri. Continentali, probabilmente. O magari cagliaritani, unici fra i sardi a essere cresciuti in un bagno di cultura telematica, fra Crs4, Video on line, Tiscali. Ma forse anche indiani, pachistani o filippini, gente che viene da Paesi del cosiddetto Terzo mondo in cui si investe pesantemente (e saggiamente) sull'alfabetizzazione informatica. A differenza di quanto accade a Sassari, sempre più indietro rispetto a Cagliari: "Rischiamo Ñ ha detto Ticca Ñ di avere una Sardegna sempre più a due velocità. E per colmare questo squilibrio non ci stiamo attrezzando come dovremmo". L'Ateneo ha messo, sì, dei computer a disposizione degli studenti. Sono stati anche attivati dei corsi di informatica: per gli operatori e i conservatori dei beni culturali, per esempio, fa lezione da anni il professor Piero Borelli, primo a spingere per la creazione dell'aula informatica di piazza Conte di Moriana. Il suo corso, quest'anno, è semestrale: le lezioni inizieranno a marzo. Sulla porta dell'aula è ancora appesa la richiesta di un appello straordinario per dicembre: si erano iscritti appena in sette. Pochini. E sì che il presidente di Confindustria Alberto Ticca l'aveva detto già tre mesi e mezzo fa. L'intervento al congresso di merceologia dello scorso settembre, tradotto in soldoni, suona più o meno così: cara Università, noi industriali la nostra parte finanziaria per far crescere nelle tue aule nuove professionalità in grado di rispondere alle domande del mercato l'abbiamo fatta, prima spingendo per la nascita di Economia e commercio, poi fornendo proposte e indicazioni, di recente tirando fuori nostre risorse per dare vita a corsi di specializzazione post-laurea. Ora, l'economia di questo territorio comincia a dare qualche timido segnale di ripresa. Per farla decollare, però, occorre essere competitivi anche nell'uso dei più sofisticati sistemi informatici e telematici. Bisogna fare di più. L'ideale sarebbe avere un corso di laurea in informatica, ma è soltanto un bel sogno: servirebbero una facoltà di Ingegneria e molti, molti denari per pagare gli stipendi a professori (ordinari e associati), assistenti e ricercatori. Sicuramente le loro sarebbero cattedre più utili di tante altre (a quante lezioni partecipano non più di due-tre alunni), ma sarebbero pur sempre nuovi costi. Perciò, per il momento, ci accontenteremmo di questo: l'istituzione, nell'ambito della facoltà di Economia e commercio, di un indirizzo di studi in Informatica. In tre mesi e mezzo, risposte niente. Prima c'era una proposta su cui discutere: "Mi auguro che questo invito venga raccolto con tempestività", aveva concluso Ticca. Ora c'è il contratto d'area. Servono seicento e passa gestori di data base, specialisti in networking, integratori di sistema, programmatori e operatori multimediali. Qualifiche che nessuno fra le migliaia di iscritti all'ufficio di collocamento può vantare. Non è una novità: già tre anni fa un'indagine compiuta sempre da Confindustria fra aziende produttrici di software del Mezzogiorno d'Italia aveva accertato, per esempio, che su 100 richieste di assunzione 28 erano tecnici di sviluppo e 15 tecnici specialisti. La piazza, però, offriva 10 tecnici di sviluppo e appena 7 specialisti. La new economy, insomma, non riesce a trovare forza lavoro. Soprattutto al Sud. E Sassari rischia di essere il sud del sud. ____________________________________________________ L'Unione Sarda 13 gen. '01 Tempio: Così cambia l'Università Ieri mattina l'inaugurazione dei nuovi corsi della facoltà di Farmacia "Ecco perché abbiamo investito nel sapere" Tempio Il fatidico quarto d'ora accademico era già abbondantemente superato, quando il sindaco Antonello Pintus ha avviato il cerimoniale di interventi per sancire il battesimo dei corsi di laurea in città. Quasi una sorta di inaugurazione dell'anno accademico, quella che si è svolta ieri mattina nell'affollato auditorium della biblioteca, alla presenza di autorità universitarie, politiche, militari, religiose e numerosi amministratori locali. Tutti uniti nel celebrare quello che il sindaco di Tempio ha definito "un evento storico che verrà ricordato a lungo dalla nostra città". Un evento sognato da oltre vent'anni, e divenuto realtà dopo anni di trattative che erano state condotte dalla precedente amministrazione. Visibilmente commosso, Pintus ha motivato i perché dell'impegno finanziario del Comune in favore dell'istruzione: "Abbiamo investito nella direzione del sapere, perché i tempi moderni richiedono conoscenze specifiche, pretendono specializzazione e impongono selezione". La scelta dei due corsi, tecniche erboristiche e tossicologia degli inquinanti ambientali, è stata dettata anche dalla vocazione del territorio. Argomento trattato dal rettore dell'Ateneo sassarese, Enrico Maida, nel suo apprezzato intervento, insieme al nuovo ruolo dell'università. Privo di enfasi e di toni cerimoniali, Maida ha tratteggiato non solo i benefici ma ammonito sui rischi di una tale iniziativa, richiamando tutti al massimo senso di responsabilità per evitare quel che è accaduto in altre sedi periferiche. "Siamo agli inizi di una svolta epocale Ñ ha detto Maida Ñ dopo una riforma che pur non sconfessando il passato accoglie le istanze del mercato che ci obbliga a reperire professionalità qualificate nel breve tempo. Cambiare è perciò fisiologico in questo clima". Una sfida anche per l'università sassarese che, nell'aprirsi all'esterno, mette in gioco prestigio e professionalità: "Tra il mondo accademico e il territorio Ñ ha affermato il preside dalla facoltà di Farmacia Riccardo Cerri Ñ si sta radicando una simbiosi di interessi più che mai utili. Le nuove direttive permettono di uscire dagli schemi consueti per meglio misurare l'efficacia degli studi nella realtà". Cerri ha informato la platea dell'avvio delle lezioni, iniziate lunedì, frequentate da 38 matricole, già alle prese con una disciplina inedita: la micologia. Dati che hanno lusingato l'assessore alla cultura Pasquale Onida, che ha rimarcato come l'accordo tra Comune e università abbia dispensato la Regione da ogni onere finanziario: "Questo non significa Ñ ha detto Onida Ñ che in futuro non sovvenzioneremo la sede di Tempio quando le necessità lo imporranno". Onida ha anche difeso i due atenei sardi dalle sirene rappresentate dagli accordi tra centri isolani e università della penisola. Gli auguri nella lingua accademica per eccellenza, il latino, del vescovo Paolo Atzei hanno concluso il cerimoniale. ____________________________________________________ L'Unione Sarda 12 gen. '01 Università: manovra finanziaria regionale ok Le Università di Cagliari e Sassari promuovono la manovra finanziaria della Regione. Il via libera è arrivato ieri dopo le audizioni dei rettori Pasquale Mistretta e Alessandro Maida, ascoltati dalla commissione Bilancio del Consiglio regionale. Un giudizio largamente positivo, frutto di una collaborazione che ha un puntuale riscontro nelle voci del bilancio: ci sono più risorse per le borse di studio e per la ricerca. Ma all'Università che cambia - ha sottolineato Mistretta - bisogna dare un maggiore sostegno, preparando i giovani attraverso un modello di sviluppo che la Regione dovrà favorire. Di qui la necessità di una costante intesa per definire i programmi e adeguare ad essi gli strumenti. In questo contesto - ha ricordato Maida - le due Università devono fare i conti con bilanci sempre più striminziti. Le risorse proprie (tasse studenti) rappresentano solo il 7% del bilancio: le tasse sono ferme da molti anni per una decisione politica di facilitare l'accesso allo studio. ____________________________________________________ La Stampa 10 gen. '01 FONDAZIONI BANCARIE E SANITÀ Felice Gavosto FONDAZIONI bancarie e Sanità sono state oggetto, ad un tempo, della presentazione di un libro sull'argomento (Zanetta e Ronco, ed. "Sole-24ore"), e di un recente dibattito a Torino. Nella presentazione del libro, Andrea Comba opportunamente ha inserito sanità e ricerca scientifica tra i settori rilevanti della finalità delle fondazioni stesse. In effetti sanità e ricerca biomedica non rappresentano due categorie distinte: la sanità trae alimento continuo dalla ricerca, vive dei progressi della stessa e del trasferimento dei risultati alla clinica. Quest'ultima, se non alimentata dalle scoperte biologiche e dai progressi tecnologici diventa obsoleta ed inadeguata ai tempi. Tradizionalmente nel nostro Paese la ricerca scientifica ha sofferto di insufficienti interventi pubblici, che sono sempre stati nettamente inferiori alle somme impiegate negli altri paesi industrializzati. Inoltre all'esiguità del volume totale della spesa allocata si aggiungevano non corrette modalità con le quali le risorse erano distribuite (cosidetta distribuzione "a pioggia"). Chi ha l'arduo compito di assegnare contributi per la ricerca, affronta una serie di problemi. Deve assicurare un buon rendimento degli investimenti, e quindi scegliere i campi di intervento, i gruppi di ricerca ed i ricercatori in grado di fornire un valido prodotto. Non si può programmare in astratto dei campi di intervento di interesse nazionale, senza assicurasi che vi siano i ricercatori idonei. Questi non si improvvisano, ma si formano dopo tanti anni di lavoro nei centri adatti ed a fianco di altri ricercatori già formati. I più giovani, maturando, continuano una tradizione e consentono lo sviluppo, talvolta la diversificazione in settori affini, delle linee di ricerche nelle quali il laboratorio od il centro sono impegnati. Ma come possono, centri e ricercatori, essere riconosciuti e valutati? Occorre, in primo luogo, considerare quanto hanno già prodotto e come hanno presentato i loro risultati. Questi, per tradizione, vengono comunicati e pubblicati; ma soltanto le riviste scientifiche più valide selezionano, con l'aiuto di esperti, i manoscritti presentati, hanno una diffusione internazionale e raccolgono in "fattori di impatto" e "indici di citazione" i lavori che hanno suscitato maggiore o più duraturo interesse. Questa procedura, ormai consolidata in tutti i Paesi che producono ricerca, non può che facilitare il compito di qualsiasi commissione scientifica e renderla più indipendente. Ultimamente la situazione italiana è migliorata e si ritiene abbia assunto un indirizzo più europeo, non tanto nell'ammontare delle risorse fornite dagli enti pubblici (sempre intorno all'1% del Pil), quanto nel metodo e nel controllo dei risultati. Ciò è dovuto, in gran parte all'opera di associazioni private non profit (come l'AIRC e Telethon) sorte con lo scopo esclusivo di dare supporto alla buona ricerca scientifica in campo biomedico. Queste associazioni, che si avvalgono di comitati scientifici a valenza internazionale, si sono ben organizzate e sono ora in grado di aiutare in modo rilevante le migliori ricerche prodotte nel paese in certi settori della biomedicina, oltre a favorire il ritorno in patria di ricercatori emigrati. Esse hanno inoltre esercitato un funzione traente nei confronti di enti pubblici come il Cnr, il quale ha adottato gli stessi nella gestione dei progetti finalizzati. Vorrei chiudere con una nota di ottimismo: considerata la portata degli interventi delle Fondazioni, potenzialmente in grado di avvicinare il nostro Paese a quelli europei, nonché il nuovo ruolo nella società civile che le Fondazioni sono chiamate a svolgere, non vi è dubbio che incentrando la loro attività su questi modelli operativi e con le finalità descritte nel libro lo sviluppo della sanità e della ricerca ad essa collegata, potrà, nel nostro Paese, migliorare sensibilmente. Università di Torino ================================================================== ____________________________________________________ Il Sole24ore 10 gen. '01 OSPEDALI: POSTI RISERVATI AI MEDICI PRECARI Il regolamento sull'organizzazione sanitaria disciplina anche l'accesso alla dirigenza ART001(NOSTRO SERVIZIO) ROMA Passaggi di area o di disciplina per i camici bianchi che da almeno due anni svolgono mansioni diverse da quelle previste all'assunzione e riserve garantite per i precari sui posti messi a concorso da luglio per Usl e ospedali: sono solo due delle sanatorie che entro fino mese contribuiranno a migliorare la qualità di vita di un numero imprecisato di operatori sanitari. Le nuove "Norme sull'organizzazione del settore sanitario" - destinate a regolarizzare la posizione dei precari di lungo corso del settore - sono contenute nella legge n.401 del 29 dicembre, pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" dell'8 gennaio. Legge a suo tempo rinviata alle Camere da Ciampi e poi approvata una seconda volta a rotta di collo prima di Natale. Oltre alla regolarizzazione delle "mansioni diverse" e alla riserva del 50% dei posti a concorso per i precari, il provvedimento reca buone notizie anche per i laureati in Medicina immatricolati prima del 31 dicembre 1991 e abilitati: potranno essere ammessi in soprannumero ai corsi di formazione in medicina generale (erano stati istituiti nell'agosto dello stesso anno), ma non avranno diritto alla borsa di studio e potranno svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi. Previsto anche il riconoscimento del titolo di specializzazione in Psicoterapia acquisito presso gli istituti privati accreditati anche ai fini dell'inquadramento nei posti in organico di psicologo e psicoterapeuta. Il carnet contiene anche le norme per l'accesso alla dirigenza amministrativa, tecnica e professionale delle aziende sanitarie di dirigenti del settore privato o formati alla Scuola superiore della pubblica amministrazione e quelle per l'attribuzione agli ex assistenti (nono livello) delle mansioni peculiari del dirigente di primo livello. Previsti poi, nell'ordine: la facoltà per l'Istituto superiore di Sanità di avvalersi per tutto il 2001 di nuove assunzioni per le attività di ricerca; l'estensione delle norme previdenziali introdotte con la Finanziaria 1999 anche ai medici di guardia medica e medicina dei servizi; l'aumento dei posti di specializzazione in Medicina del lavoro; la determinazione triennale degli accessi alle scuole di specializzazione post laurea per veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi. Fin qui la nuova legge. Ma sono in arrivo diverse altre norme che interessano da vicino i camici bianchi. In primo luogo la nuova edizione delle note limitative della Commissione unica del farmaco pubblicata nella Gazzetta Ufficiale di oggi e in vigore da 19 febbraio: la revisione - attuata nell'ottica della sburocratizzazione e risoltasi nella riduzione da 59 a 39 delle indicazioni ai medici prescrittori - è destinata a trasformarsi in un appuntamento annuale in sintonia con il progredire delle conoscenze del settore. E ancora rivolta ai medici, e in particolare agli specializzandi, è la normativa che proprio ieri ha superato in una sola seduta il primo esame in sede referente in commissione Igiene e sanità, al Senato: il provvedimento reca l'iniezione di fondi (poco più di 128 miliardi nel 2001) indispensabile all'attivazione dei contratti di formazione destinati a sostituire le attuali borse di studio come previsto dalle norme comunitarie. ---firma---Sara Todaro ____________________________________________________ L'Unione Sarda 10 gen. '01 Sanità, la rivolta di Oppi "Servono più soldi ma arrivano le briciole" Ieri l'audizione dell'assessore sulla manovra. Il buco nero delle Asl Nella Finanziaria regionale i fondi destinati alla Sanità non sono sufficienti e saranno necessari, soprattutto nel settore assistenziale alcune correzioni. Lo ha detto ieri in commissione Sanità, l'assessore Giorgio Oppi. Ha parlato di un "bilancio striminzito per buona parte impegnato nel ricolmare i disavanzi delle aziende sanitarie" e alle prese con la crescita, "in qualche caso patologica", della spesa farmaceutica. E ad aggravare la situazione ci sono i forti ritardi con cui lo Stato interviene a coprire i disavanzi. OPPI: SERVONO PIÙ SOLDI. A essere sacrificata è soprattutto l'assistenza, che su una spesa complessiva di 3.894 miliardi (circa 300 più del 2000) racimola appena 84 miliardi. "Briciole - ha detto Oppi - del tutto insufficienti". L'assessore ha aggiunto di non poter "finanziare, come avrei voluto, alcuni progetti pluriennali proprio per l'esiguità delle risorse". Poi ci sono le Asl. "Lanusei, Oristano e Sanluri dovrebbero chiudere il prossimo bilancio in pareggio". Anche il Brotzu di Cagliari è bene avviato e qualche segnale di recupero arriva da Olbia. I problemi arrivano dalle grandi aziende. "Sassari, Cagliari, Nuoro e Carbonia - ha detto Oppi - continuano a collezionare debiti e sarà indispensabile fissare gli obiettivi per risalire la china". Secondo il presidente della commissione, Noemi Sanna (An) "è necessario prevedere una strategia alternativa per quanto riguarda l'assistenza, preparandoci a scorporarla della sanità, come avviene in molte altre regioni. Lo scopo è quello di evitare che la Sanità faccia piazza pulita delle risorse per rispondere a bisogni spesso più acuti di quelli assistenziali". Oppi ha chiesto un aumento dei fondi "per consentire all'assessorato di rispondere alle richieste dei sardi". L'ULIVO INCONTRA GLI IMPRENDITORI. I gruppi del centrosinistra hanno incontrato ieri le delegazioni delle organizzazioni imprenditoriali per un confronto sulla Finanziaria che oggi è all'esame della commissione Bilancio. "L'opposizione - precisa una nota - è preoccupata per i ritardi nella presentazione della manovra e per l'inefficienza dell'amministrazione, che non è riuscita a spendere la metà degli investimenti stanziati nel 2000 e non ha garantito la presenza in Commissione e in Consiglio regionale". Il centrosinistra protesterà oggi in commissione per "la mancanza di documenti contabili". E il Polo si prepara alla battaglia: "Siamo pronti - dice il capogruppo di Forza Italia, Emilio Floris - a confrontarci serenamente se l'opposizione dimostrerà di avere a cuore gli interessi della Sardegna". Altrimenti, conclude, "i giochi sono già fatti e la partita è chiusa". Fabrizio Meloni ____________________________________________________ L'Unione Sarda 12 gen. '01 OPPI SMENTISCE PITTALIS: "NON SONO SUFFICIENTI I FONDI PER L'ASSISTENZA" Sanità. Polemiche in Giunta Ancora polemiche in Giunta sui fondi destinati alla Sanità dalla Finanziaria che ora è all'esame del Consiglio regionale. Ieri l'assessore della Sanità, Giorgio Oppi, ha replicato al responsabile del Bilancio, Pietro Pittalis, che in commissione aveva detto smentito le dichiarazioni dell'esponente del Ccd. Oppi si era lamentato per l'esiguità delle risorse che, invece, secondo Pittalis sono sufficienti ("ci sono 321 miliardi in più rispetto all'anno scorso"). Durissima la controreplica di Oppi. "Mi meraviglia - dice l'assessore della Sanità - che Pittalis abbia dichiarato che le cifre fornite da me non sono giuste". La verità, aggiunge Oppi, "è che a fronte di 216 miliardi di incremento rispetto all'anno scorso dei fondi statali, c'è una riduzione di 20 miliardi di quelli regionali". Senza considerare che, dice ancora l'assessore della Sanità, "durante una riunione di maggioranza Pittalis ha confermato che i dati da me forniti in commissione sono giusti". Il problema è che "le risorse sono insufficienti, soprattutto per quanto riguarda l'assistenza". Oppi aggiunge che "Pittalis sembra essersi reso conto della situazione e ha promesso un incremento dei fondi per la sanità. Dobbiamo dare ai cittadini i servizi che meritano". Conclusione: "La matematica - dice Oppi - non è un'opinione e i dati vanno letti bene. Io l'ho fatto". ____________________________________________________ Il Sole24ore 10 gen. '01 PRIMI INCONTRI PER SCIOGLIERE I NODI SUGLI STIPENDI DEI MANAGER ASL ROMA Si vuole l'aziendalizazione del Servizio sanitario nazionale? E allora aziendalizzazione sia, in tutti i sensi: a cominciare dagli stipendi dei manager di Asl e ospedali-azienda. Che non possono essere inferiori a quelli dei loro "sottoposti", i medici per inciso. Altrimenti rischia di andare gambe all'aria l'intero processo di riforma gestionale del Ssn. È arrivato ieri da Federsanità- Anci, che raggruppa il più massiccio drappello di aziende sanitarie pubbliche (circa 140), il nuovo e pressante grido d'allarme al Governo. Materia del contendere: gli stipendi dei manager (direttori generali, ma anche sanitari e amministrativi), che una bozza di decreto prevedeva di aumentare fino a una misura massima (420 milioni lordi l'anno per i direttori generali) che non è piaciuta affatto al Ragioniere generale dello Stato (che ha proposto un tetto massimo di 300 milioni). Risultato: il decreto, che avrebbe dovuto vedere la luce nel novembre 1999, riposa ancora nel limbo dei desideri. E per questo (si veda "Il Sole-24 Ore" di ieri) è scattata la sollevazione dei vertici della Sanità pubblica. Per la verità, Federsanità-Anci ha evitato di alzare i toni della polemica. E ieri ha incassato un primi risultato: dopo l'assemblea tenutasi nel pomeriggio, ha ottenuto un incontro in serata al ministero della Sanità. E ora aspetta anche una convocazione da parte del coordinamento degli assessori regionali alla Sanità. Che la vicenda marci verso una soluzione, però, non è affatto scontato. Aziendalizzazione e responsabilità direzionali, afferma il documento approvato ieri, sono due facce della stessa medaglia. E per questo va rimosso il "paradosso a cui si sta assistendo che vede i vertici aziendali a un livello retributivo inferiore rispetto ai loro sottoposti". Fatto che "rappresenta un grande ostacolo al processo di aziendalizzazione ribadito anche ultimamente dal Dlgs 229/99", la riforma ter del Ssn. Aumento delle retribuzioni, dunque, sia per i direttori generali che per gli altri componenti della triade di vertice delle aziende sanitarie, i direttori sanitari e quelli amministrativi. Con l'aggiunta del riferimento alla normativa vigente per quanto attiene l'aspettativa e il cumulo. E con la decorrenza retroattiva del nuovo trattamento: "almeno", afferma il documento di Federsanità Anci, dall'applicazione del contratto della dirigenza sanitaria e dal varo della riforma ter, che, si sostiene, "rappresenta l'elemento costitutivo del diritto". Un diritto, è la conclusione, che già alcuni Tar stanno riconoscendo. ---firma---R.Tu. ____________________________________________________ Corriere della Sera 11 gen. '01 IN METÀ FAMIGLIE DISTURBI MENTALI Il ministro della Sanità: 10 milioni i malati. Chiudere i manicomi criminali Le patologie più frequenti sono ansia, sonno e somatizzazione. E le associazioni denunciano ritardi De Bac Margherita In metà famiglie disturbi mentali Il ministro della Sanità: 10 milioni i malati. Chiudere i manicomi criminali ROMA - Dieci milioni di persone con disturbi mentali, una famiglia su due coinvolta. Questi i drammatici dati esposti dal ministro della Sa nità Umberto Veronesi, che ieri all' apertura della prima conferenza nazionale sulla salute mentale, denuncia anche la mancata scomparsa dei manicomi criminali: Napoli, Caserta e poi a Messina, Mantova, Reggio Emilia e Firenze. Solo uno, quello di Ma ntova, viene considerato "buono". Gli altri, eredità del Medioevo dove i "matti" vivono in condizioni disumane, spesso prigionieri dei letti di contenzione, privati di ogni prospettiva di cura che possa ricondurli verso la luce. Questa è la realtà e ora il ministro della Sanità Umberto Veronesi, chiede di abolirli o riformarli. La proposta arriverà sul tavolo del collega alla giustizia Piero Fassino, con una relazione. Presto ci sarà un incontro. RITARDI - La conferenza si è aperta con le accuse delle associazioni. Ad ascoltarle, il presidente del Consiglio Amato, e poi oltre a Veronesi, padrone di casa, i ministri Livia Turco (Solidarietà sociale) e Tullio De Mauro (Istruzione). "Siamo qui per denunciare omissioni, ritardi, famiglie abband onate, cattivi trattamenti terapeutici, pregiudizi - è stato l' esordio di Ernesto Muggia, presidente dell' Unasam, unione nazionale delle associazioni per la salute mentale -. Non più parole, leggi non rispettate, finanziamenti dispersi, liste di at tesa senza speranza, rimpallo di responsabilità". MALATI - Sono 10 milioni, secondo il ministero della Sanità, le persone con disturbi mentali. Fra loro non solo i malati gravi, come psicotici o schizofrenici, quelli che "hanno le voci in testa". Ma anche le vittime di disagi legati alla sfera affettiva (37%), ansia (37%), somatizzazione (5,8%), controllo degli impulsi (3,6%) o sonno (3,5%). A soffrirne sono soprattutto le donne, 7 milioni. Una famiglia su due, il 47% di quelle italiane, hanno i n comune questi problemi. Tremila i suicidi nel ' 99, e altri 3.400 quelli tentati e falliti. Un dato impressionante, ma in calo rispetto ai due anni precedenti. Anche qui, la maggioranza donne e poi anziani. Il 35% hanno oltre i 65 anni, il 29% fra 45 e 64 anni. I giovani non raggiungono il 7% (17-24 anni). Ogni anno lo Stato spende per questi malati 1.000 miliardi. PROPOSTE - Veronesi ha presentato un elenco di priorità. Oltre all' abolizione dei manicomi, un più facile accesso ai farmaci anti psicotici di seconda generazione (che ora possono essere prescritti se i vecchi principi attivi, dai potenti effetti collaterali, falliscono), più attenzione all' età evolutiva e alle famiglie anche attraverso la formazione di operatori adeguatamente preparati. Il ministro non accoglie favorevolmente, invece, la richiesta delle famiglie che vorrebbero una modifica alla legge 180 sull' assistenza psichiatrica: auspicano l' introduzione di cure obbligatorie per i non consenzienti (trattamenti sani tari obbligatori, i Tso, ora previsti solo per i casi acuti). È una delle battaglie dell' indomita Maria Luisa Zardini, presidente dell' associazione Arap, una figlia schizofrenica, che continua a lottare malgrado i fallimenti. Veronesi però ritiene che la volontà del malato vada rispettata, sempre, anche quando "ha le voci in testa". LA TURCO - La platea ha accolto tiepida il discorso di Veronesi mentre ha applaudito quello pronunciato con trasporto e sensibilità da Livia Turco. Il ministro ha ricordato una legge pensata per tutelare almeno l' autonomia economica dei malati di mente, quella sull' amministratore di sostegno che limiterà il ricorso all' interdizione: "È ferma da anni, perché non l' approvano?". Margherita De Bac mdebac ____________________________________________________ Corriere della Sera 11 gen. '01 MAJ: "IN PSICHIATRIA TROPPE LE DIAGNOSI SBAGLIATE" De Bac Margherita IL PRESIDENTE DEGLI PSICHIATRI Maj: "Troppe le diagnosi sbagliate" ROMA - Il nuovo presidente della società italiana di psichiatria, eletto un mese fa, sarà oggi alla conferenza romana per parlare di "stigma", il marchio che segna i malati di mente. "Discriminati nel lavoro, negli affetti, in società e anche rispetto ad altri pazienti. Trattati, sempre, come diversi. I manicomi non ci sono più per legge, ma continuano a esistere nei pregiudizi della gente e della società", dice il professor Mari o Maj, direttore dell' Istituto di psichiatria all' università di Napoli. Discriminati anche nell' assistenza. In Italia i posti letto per malati in fase non acuta sono quasi 6 mila nelle cliniche private, solo 4.000 nel pubblico. Uno squilibrio che non è presente in altri settori. Perché? "L' assistenza mostra molte lacune. I servizi ospedalieri di diagnosi e cura hanno non più di 16 letti, in alcune strutture residenziali persistono sistemi medievali. Abbandono, incuria, coercizione, pazienti isolati dai familiari. La qualità delle cure in media non è molto elevata". Le famiglie accusano i medici che preferiscono occuparsi dei malati gravi, facilmente inquadrabili, anziché dei casi semplici, più impegnativi. "C' è la tendenza in alcuni ce ntri a concentrarsi su pazienti psicotici gravi la cui diagnosi è semplice, codificata. Più complicato seguire i disturbi depressivi, l' anoressia, i casi di abuso di stupefacenti. Il pericolo è che queste patologie non vengano diagnosticate corretta mente. Una sopravvalutazione rischia di avviare verso la carriera di malato mentale chi non lo è". Non basta, le famiglie si sentono abbandonate. "Lo spostamento dell' assistenza dall' ospedale al territorio in effetti ha lasciato le famiglie sole. N el ' 63 c' erano 91 mila posti letto, oggi 17 mila. Una nostra indagine in 30 servizi di diagnosi ha mostrato che solo l' 8% delle famiglie riceve un intervento psico educativo". Il personale non è qualificato. È così? "I dipendenti delle strutture p sichiatriche sono 30 mila, fra cui oltre 15 mila infermieri per lo più senza formazione e aggiornamento. Le conclusioni le tragga lei". La conclusione è che il malato di mente italiano è doppiamente penalizzato. Oltre che dalla malattia, dall' indiff erenza di servizi, istituzioni e società. "Eppure il nostro Paese è all' avanguardia perché certe realtà manicomiali non esistono più. Non tutto è da buttare. Le condizioni dei malati mediamente sono superiori a quelle dei Paesi occidentali se non altro perché non rischiano di essere buttati nei lager". M. D. B. ____________________________________________________ La Stampa 10 gen. '01 COME INTERPRETARE GLI ESAMI DEL SANGUE Laura Rossi EMOCROMO, Ptt, Ves, Ast: anche i più informati a volte hanno difficoltà ad orientarsi fra i termini tecnici e le sigle che compaiono sul referto di una comune analisi del sangue. E poi, perché il medico fa ricercare proprio questi valori? Per trarne quali indicazioni? Anche se i moduli in uso, che riportano a fianco del valore riscontrato l'intervallo considerato normale, ci aiutano nell'interpretazione, così da farci capire immediatamente cosa non va, spesso questa informazione, da sola, non ci è di grande aiuto. Il sangue contiene una parte di corpuscoli, comprendente eritrociti, leucociti e piastrine, e una liquida, il plasma. L'esame più comune relativo alla prima componente prende il nome di emocromocitometrico o, più semplicemente, di emocromo, e prevede il conteggio dei diversi tipi cellulari contenuti in un millimetro cubo di sangue, la determinazione delle percentuali delle diverse classi di globuli bianchi (la cosiddetta formula leucocitaria ), dell' ematocrito (la percentuale in volume del sangue occupata da eritrociti o piastrine) oltre a quella di un certo numero di parametri cellulari, come il volume medio. Quali sono i valori più indicativi? Una bassa concentrazione di globuli rossi può far sospettare una forma di anemia, ma è indispensabile tener conto anche del volume dei globuli rossi e soprattutto della concentrazione di emoglobina, da cui dipende l'effettiva capacità del sangue di trasportare ossigeno; non sono rare ad esempio forme di anemia caratterizzate da eritrociti in numero normale, ma di dimensioni ridotte e poveri di emoglobina. Al contrario, un aumento dei globuli rossi rappresenta la risposta dell'organismo alla diminuzione della quantità di ossigeno che tramite i polmoni giunge al sangue: è un fatto fisiologico ad altitudini elevate, ma può verificarsi anche nel corso di patologie respiratorie come la bronchite cronica. Il numero globale dei globuli bianchi aumenta nel corso di fenomeni infiammatori e, in generale, quando viene attivata la risposta immunitaria, ma risulta più significativa l'analisi della formula leucocitaria: così un eccesso di granulociti neutrofili indica con ogni probabilità un'infezione batterica in atto, mentre un eccesso di eosinofili si riscontra nel corso dei fenomeni allergici e delle infestazioni da parassiti. Infine una riduzione delle piastrine può comparire come conseguenza di una varietà di patologie, o per la somministrazine di alcuni farmaci; essa, in ogni caso, vista la peculiare funzione di questi corpuscoli, espone il soggetto al rischio di emorragie. Allo stesso rischio è esposto chi sia carente di uno o più dei fattori plasmatici che prendono parte al processo di coagulazione: il tempo di protrombina o il tempo di tromboplastina parziale (rispettivamente Pt e Ptt), cioè l'intervallo necessario perché il sangue del paziente coaguli in condizioni standardizzate, appare in questo caso anormalmente prolungato. Frequente poi è la determinazione del valore della Ves (velocità di eritrosedimentazione) , che misura l'altezza della colonnina di eritrociti depositati sul fondo di una provetta dopo un tempo prefissato: tale valore è alterato in una varietà di processi patologici di tipo sia infiammatorio che degenerativo e rappresenta un utile anche se generico strumento diagnostico. La ricerca delle sostanze disciolte nel plasma può riguardare una grande varietà di parametri; vediamo i più comuni. Notevole interesse rivestono la glicemia , cioè la concentrazione di glucosio nel sangue, che risulta alta anche a digiuno in tutte le forme di diabete, e l' azotemia , ovvero la concentrazione dei composti azotati non proteici: quest'ultimo valore aumenta ad esempio qualora ci sia una sofferenza renale. Come non parlare poi del colesterolo (totale e delle sue frazioni Hdl e Ldl), dei trigliceridi e delle lipoproteine? Il legame fra metabolismo lipidico e malattie cardiocircolatorie induce un frequente (e a volte, diciamolo francamente, eccessivo) ricorso al controllo di questi parametri che, se elevati (con la nota eccezione del colesterolo Hdl, considerato "buono", cioè protettivo), possono essere indice di un rischio certo non trascurabile, ma da valutarsi sempre in relazione ad altre caratteristiche del paziente. Spesso poi il medico richiede i valori della concentrazione plasmatica di alcuni enzimi , i cui nomi, piuttosto complessi, compaiono abbreviati con sigle come Ast e Alt (le transaminasi ), Ldh, Ck, Alp... Tali enzimi sono di solito contenuti all'interno delle cellule dove catalizzano particolari reazioni metaboliche: un aumento della loro concentrazione nel sangue indica pertanto che le cellule sono state danneggiate e li hanno riversati in circolo. Alcuni enzimi hanno una distribuzione abbastanza ubiquitaria, altri sono specifici di determinati tessuti: l'aumentata concentrazione dell'uno o dell'altro assume pertanto un significato diagnostico diverso, ad esempio quello delle transaminasi viene messo in relazione principalmente con un danno epatico (riscontrabile nell'epatite acuta e cronica o nelle cirrosi). ____________________________________________________ le Scienze 10 gen. '01 Un nuovo ciclo vitale per il parassita della malaria Un filmato del 1989 ha documentato il processo La scoperta è avvenuta grazie a un breve filmato - disponibile presso il sito Web di "Science" - girato undici anni fa. Il videoclip da 87 secondi mostra un parassita della malaria che entra in una cellula di fegato umano che apparentemente funziona bene e si comporta come se nulla fosse. I ricercatori sono ora convinti che il processo rappresenti un nuovo ciclo vitale che va ad aggiungersi al già complesso ciclo vitale del parassita. Secondo le conoscenze attuali, il Plasmodium - il protozoo responsabile della malaria - entra nel flusso sanguigno grazie a una puntura di zanzara. Il parassita, che in quel momento si trova in un ciclo vitale chiamato sporozoita, si porta immediatamente nel fegato per infettare una singola cellula. Il fatto che questi sporozoiti possano transitare in diverse cellule del fegato prima di stabilirsi in una sola, come indicato dal filmato, è quindi una sorpresa. Il documento è stato girato nel 1989 da un gruppo di ricercatori della New York University (NYU) ma non è mai stato reso pubblico. La maggior parte dei ricercatori non saprebbe che farsene della scoperta, altri potrebbero pensare che il comportamento mostrato sia artefatto. Quando l'anno scorso la biologa cellulare Ana Rodríguez arrivò nello stesso dipartimento fece un'analisi più dettagliata. Insieme alla collega Maria Mota, la biologa progettò una serie di esperimenti per scoprire la natura del fenomeno osservato, fino ad arrivare a una conferma del risultato. Se per esempio si aggiunge saliva di zanzara contenente sporozoiti a colture di cellule di fegato di topo, una percentuale compresa tra il 10 e il 30 per cento di esse dà segni di perforazione della membrana. Secondo quanto riportato nell'articolo pubblicato nell'ultimo numero di "Science", tali danni vengono prodotti durante una infezione ordinaria, in cui il parassita induce la cellula di fegato a incapsularla. "I parassiti - ha spiegato la Rodríguez - sembrano guardarsi intorno per cercare una buona cellula da infettare. O forse il passaggio attraverso molte cellule di fegato attivano il parassita." ____________________________________________________ le Scienze 12 gen. '01 SCOPERTO UN MECCANISMO DEL MELANOMA Nuove prospettive per la cura dei tumori chemioresistenti Il melanoma maligno è un tumore aggressivo che non risponde alla chemioterapia convenzionale. Altri tumori chemioresistenti - la metà circa di tutti i tumori - sono caratterizzati da mutazioni nel gene soppressore di tumori p53. Tale soppressione non avviene invece nel caso del melanoma maligno. Per valutare spiegazioni alternative alle origini e proprietà del melanoma maligno e per identificare i possibili bersagli della terapia, Scott Lowe e i suoi colleghi del Cold Spring Harbor Laboratory, che ha sede nello stato di New York, hanno esaminato lo stato di altri geni che funzionano in modo simile al p53 nel cammino che porta all'apoptosi, la morte cellulare programmata. Quando è intatto, questo cammino permette di sbarazzarsi delle cellule abnormi precancerose dando il via al meccanismo di autodistruzione cellulare. Quando questo meccanismo è bloccato (per mancanza della funzionalità de p53 per esempio) le cellule precancerose sopravvivono e proliferano, dando luogo a un tumore. In uno studio apparso sull'ultimo numero di "Nature", Lowe e colleghi hanno mostrato che i melanomi maligni spesso perdono la chiave per scatenare l'apoptosi - una proteina chiamata fattore 1 di attivazione dell'apoptosi o Apaf-1. I ricercatori hanno scoperto anche che la perdita di Apaf-1 nelle cellule di melanoma è associata alla resistenza al farmaco chemioterapico adriamicina. Ancor più significativo il fatto che rifornendo di Apaf-1 le cellule di melanoma si recupera l'abilità di queste cellule di "suicidarsi" in risposta all'adriamicina. "La perdita di Apaf-1 nel melanoma maligno ha spiegato Lowe - è una prima spiegazione sia per l'estrema chemioresistenza sia per l'apparente mancanza di difetti di p53 in questi tumori. Lo studio è significativo poiché dimostra che la diagnosi accurata e il trattamento del melanoma maligno, e forse anche degli altri tumori, dovrebbe includere una valutazione della presenza di Apaf-1." ____________________________________________________ Repubblica 13 gen. '01 USA: ECCO LA PROTEINA CHE BLOCCA L'AIDS Scoperta nuova arma contro l'Aids La molecola realizzata negli Stati Uniti. La ricerca su Science di CLAUDIA DI GIORGIO ROMA - C'è una nuova arma nella lotta contro l'Hiv, una proteina sintetica che nei test di laboratorio si è dimostrata capace di bloccare l'ingresso del virus nelle cellule immunitarie, bloccando un meccanismo chiave del suo attacco. La nuova molecola si chiama 5-Helix ed è stata realizzata da Peter S. Kim, che con altri colleghi del Withehead Institute for Biomedical Research del Massachusets Institute of Technology riferisce sulla sua scoperta nell'ultimo numero di "Science", spiegando che potrebbe servire, in prospettiva, per ottenere terapie utili ad aiutare i pazienti che hanno sviluppato una resistenza al cocktail di farmaci anti Aids e, forse, anche come base per lo sviluppo di un vaccino. Al centro della ricerca c'è una delle primissime fasi del ciclo vitale dell'Hiv, subito dopo l'incontro tra l'agente patogeno e uno dei linfociti T, le cellule del sistema immunitario che sono le sue prede favorite, e che il virus identifica grazie alla presenza di un particolare recettore, il CD4. Una volta riconosciuta la cellula, l'HIV attiva una proteina detta gp41, che si trova sulla superficie del virus e che rappresenta uno strumento essenziale dell'attacco. La proteina infatti lancia una sorta di "arpione" che va a conficcarsi nella membrana della cellula, catturandone una parte con uno scatto. Concluso l' aggancio, l'"arpione" tira il virus a contatto diretto con la superficie cellulare, dove le due membrane si fondono, permettendo all'agente patogeno di entrare e sfruttare l' apparato della cellula per copiare le proprie informazioni genetiche nel suo DNA. Riprogrammata in base alle nuove istruzioni, la cellula sarà poi costretta a produrre nuove copie del virus, che a loro volta si metteranno a caccia di altri linfociti da infettare. La molecola sviluppata dai ricercatori americani interviene nel bel mezzo di questa sorta di arrembaggio cellulare, poiché è stata progettata in modo da attaccarsi alla proteina gp41, neutralizzandola e impedendole quindi di dare il via alla fusione tra il virus e la cellula. E', insomma, quello che in gergo tecnico si chiama "inibitore della fusione", un nuovo gruppo di molecole da cui i virologi si aspettano molto e che va ad aggiungersi alle altre due classi di sostanze usate principalmente contro l'HIV, che bloccano altre fasi della riproduzione del virus. "Anche se il cocktail terapeutico disponibile adesso si è dimostrato efficace - ha dichiarato Peter Kim - c'è molto bisogno di trovare nuove strade contro l'Hiv sia per combattere il fenomeno della resistenza ai farmaci che per i pesanti effetti collaterali associati al lungo uso di queste terapie". Ma la cautela è d' obbligo. Il risultato annunciato oggi dai ricercatori americani riguarda solo i test in vitro e non è ancora stato sperimentato sui modelli animali, e in oltre quindici anni di sfide scientifiche il virus dell'Aids ci ha purtroppo abituato a molte delusioni. "Il passaggio tra l'esperimento di laboratorio e l'impiego clinico è molto complesso e finora deludente", ha sottolineato Mauro Moroni, direttore dell'istituto di malattie infettive dell'università di Milano, mentre Carlo Federico Perno, virologo dell'ateneo romano di Tor Vergata, ricorda che "in provetta di solito le molecole di questa famiglia funzionano bene, ma uno dei maggiori ostacoli per i farmacologi è la continua plasticità del virus dell'Aids che cambia in continuazione e impedisce la messa a punto di un vaccino". ____________________________________________________ le Scienze 10 gen. '01 Neuroni dedicati al prurito Prospettive per la cura di disturbi collaterali di varie malattie I neuroni che si attivano quando un individuo sente prurito sono diversi da quelli che producono della sensazione di dolore. Questo il risultato - pubblicato sulla rivista "Nature Neuroscience" - di una ricerca condotta da David Andrew e Arthur Craig del Barrow Neurological Institute di Phoenix, in Arizona. Una sensazione comincia il suo viaggio verso il cervello dai nervi periferici che trasmettono il segnale dal corpo al midollo spinale. Tali nervi possono trasportare tre tipi sensazione: dolore, temperatura e tatto lungo cammini neurali molto ben conosciuti. Pochi anni fa, infatti, furono individuati i nervi periferici che rispondono agli stimoli del prurito. Il cammino però era incompleto, poiché mancavano i neuroni del sistema nervoso centrale che si attivano specificamente per tale sensazione. Alcuni scienziati argomentavano che tali neuroni specifici non esistessero affatto ipotizzando che il prurito fosse una forma di dolore. I ricercatori di Phoenix hanno esaminato nei gatti un gruppo di neuroni che connette la colonna vertebrale al talamo chiamato lamina 1. L'identificazione delle singole cellule nervose in tale tratto è stata ottenuta mediante la stimolazione del talamo. In seguito sono stati stimolati i nervi periferici che si innestano nella lamina 1 e identificati molti nervi che rispondono al tatto, al calore o al dolore. Concentrandosi poi su 17 nervi inattivi si è trovato che dieci di essi si attivavano in risposta a istamina indotta dal prurito. "Il risultato della ricerca - ha spiegato il neurofisiologo Martin Schmelz dell'Institute for Physiology di Erlangen, in Germania - offre uno spunto per poter in futuro risolvere una condizione di prurito cronico che affligge i pazienti con disturbi al fegato e Aids." ____________________________________________________ le Scienze 11 gen. '01 NUOVE CONOSCENZE SULL'ALZHEIMER Una proteina che si trova nelle placche, il peptide beta-amiloide, si lega al recettore nicotinico dell'acetilcolina I ricercatori del National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) hanno trovato che una proteina che si trova nei pazienti affetti da Alzheimer può impedire la trasmissione dei segnali nel cervello e contribuire in tal modo alla perdita di memoria tipica della malattia. Secondo quanto riportato dall'ultimo numero del "Journal of Neuroscience" le placche amiloidi che si riscontrano durante le indagini autoptiche nel cervello dei malati potrebbe non essere un effetto ma una delle cause del morbo. La sperimentazione del NIEHS è stata condotta sul cervello di alcuni topi e ha mostrato che una proteina che si trova nelle placche, il peptide beta-amiloide, si lega al recettore nicotinico dell'acetilcolina, che si trova nell'ippocampo, sede della memoria della motivazione e dell'emozione, bloccandone il funzionamento. Molti ricercatori hanno discusso sul fatto che la proteina potesse avere un simile effetto sul cervello, ma quello del NIEHS è la prima pubblicazione che stabilisce un preciso nesso causale tra le placche amiloidi e la perdita della capacità intellettive dei pazienti. "Conoscere i meccanismi della malattia - ha spiegato Jerrel Yakel - rende molto più probabile un successo della scienza medica nel mettere a punto farmaci che permettano di rallentare, se non di fermare, il progredire della degenerazione del sistema nervoso." La malattia di Alzheimer è attualmente la più diffusa forma di demenza nella popolazione anziana. In Italia colpisce circa mezzo milione di persone - di cui 55.000 nella sola Lombardia - con un'incidenza del cinque per cento tra gli ultrasessantenni. È caratterizzata da confusione mentale, gravi amnesie, e accessi di rabbia. Man mano che la malattia progredisce, i pazienti possono dimenticare come svolgere anche le più elementari azioni quotidiane come pettinarsi o lavarsi, mentre le capacità intellettive si degradano: si perde la capacità di pensare e di esprimersi chiaramente, di leggere e di scrivere. Nello stadio finale, i pazienti non sono più autosufficienti e hanno bisogno di assistenza continua. ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 gen. '01 VIOLENZA, IL PRESIDE DI MEDICINA PATTEGGIA CAGLIARI. Il preside della facoltà di Medicina Angelo Balestrieri ha patteggiato una condanna a quattordici mesi di reclusione con la condizionale perché accusato di aver commesso atti sessuali su una studentessa di Medicina contro la sua volontà. La vicenda risale al 30 novembre 1999 quando il professore buon conoscente della famiglia della ragazza nonché vicino di casa è andato nella villetta di lei per prendere un caffé. Qui secondo l'accusa sono successi i fatti indicati dal codice penale come violenza sessuale che, in caso di processo e di riconoscimento di colpevolezza, possono costare una condanna da cinque a dieci anni di reclusione (nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi). Dunque secondo la ricostruzione condotta dal pubblico ministero Gaetano Porcu, Balestrieri è andato a casa della ragazza dove si era recato anche in altre occasioni perché amico di famiglia e qui, dopo averla cinta per la vita con un braccio, le ha dato un bacio sulla bocca. La ragazza non era consenziente e la questione è diventata un caso giudiziario dopo che il 10 febbraio 2000 è arrivata alla procura della Repubblica la querela della vittima delle attenzioni non richieste. La giovane e il preside della facoltà di Medicina abitano a Capoterra, al complesso residenziale di Poggio dei Pini, e le famiglie, a quanto è dato sapere, intrattenevano rapporti di buon vicinato. Fra due settimane si conosceranno le motivazioni della sentenza pronunciata mercoledì mattina dal giudice Ermengarda Ferrarese ma la frequentazione fra vicini lascia credere che tra le famiglie ci fosse un rapporto di fiducia e che nulla di anomalo vi dovesse essere nell'anziano signore in visita ai vicini. La famiglia della giovane non ha ritenuto opportuno rilasciare dichiarazioni: "Abbiamo fatto ciò che la legge consente di fare e non è il caso di commentare l'epilogo della vicenda". Quasi superfluo sottolineare che il clamore del fatto è legato anche all'identità dell'accusato. Il nome Balestrieri è quasi un sinonimo della carica di preside della facoltà di Medicina tanto lungo è il tempo della sua gestione. Soltanto con la pubblicazione delle motivazioni della sentenza si potrà stabilire su quali prove è stata costruita l'accusa e cos'abbia spinto Balestrieri ad accettare il patteggiamento di una condanna. Non è stato possibile accertare se la giovane poco più che ventenne sia anche studentessa dell'anno di corso dove il preside insegna: Balestrieri è direttore del reparto di medicina interna della Clinica medica. La vicenda giudiziaria avrà conseguenze sull'attività del preside di Medicina? Il mondo universitario tace, l'imbarazzo non può che essere grande. Alla fine, sollecitato a esprimere un parere, il rettore dell'università Pasquale Mistretta ha inviato una nota stampa: "In merito alla vicenda che interessa il professor Angelo Balestrieri, non si hanno elementi per poter valutare gli aspetti giudiziari. L'Università e la facoltà di Medicina hanno sempre espresso consenso all'azione incisiva del preside. E in questo senso, trattandosi di un fatto di interesse strettamente privato, non si ritiene debba suggerire - è la conclusione del rettore - iniziative di ordine amministrativo". Infine: "A livello personale, il rettore - si conclude la nota - mantiene la sua stima nei confronti del professor Balestrieri, senza entrare in valutazioni critiche per quanto emerso". ____________________________________________________ L'Unione Sarda 13 gen. '01 Il professore e un caffè "galeotto" Angelo Balestrieri: "Ma non ho baciato quella ragazza" Parla il preside della facoltà di Medicina che, accusato da una studentessa, ha scelto di patteggiare Lui, preside di Medicina, che ruba un bacio a una allieva della sua facoltà, vicina di casa. Angelo Balestrieri il giorno dopo: uno scandalo? "No, non l'ho baciata, nella maniera più assoluta. È stata lei che mi ha stretto con tutte e due le braccia e ha appoggiato la testa sul mio petto. Quando poi ho visto che si stava trattenendo senza parlare le ho detto che non era il caso e che del suo problema ne avrei parlato col padre". Il mondo gli si è rovesciato contro improvvisamente, il suo nome è finito sui giornali, cronaca giudiziaria. E a poco sono serviti gli attestati di solidarietà di parenti, amici e colleghi per cancellare quello che lui stesso non esita a definire "un incubo". Un bacio rubato: ci sarebbe da scriverci una serie infinita di poesie o riderci per una settimana di seguito se in ballo non ci fossero il cuore spezzato di una fanciulla e la reputazione e la carriera di un noto personaggio del mondo universitario. Ieri, Angelo Balestrieri è andato come sempre nel suo ufficio. E continuerà ad andarci, "senza remore", dice lui. Perché "non vedo il motivo per cui dovrei dimettermi". Qualcuno pensa il contrario: "Non mi interessa". Il professore ha evidentemente messo nel conto sorrisetti, frasi dette a mezza voce alle sue spalle. E ribadisce: "Tutte sciocchezze, io non ho commesso alcun reato". In teoria sarebbe la sua parola contro quella di una ragazza di 21 anni che afferma di essere stata baciata sulla bocca. Ma c'è una sentenza del Gup che fa diventare la vicenda terribilmente seria: il preside della facoltà di Medicina, Angelo Balestrieri, accusato di violenza sessuale da una studentessa, sua vicina di casa, ha patteggiato la condanna a un anno e due mesi di reclusione con la condizionale. E giù un fiume di pettegolezzi e malignità. Cosa sia successo esattamente la mattina del 30 novembre del '99 nella villetta di Poggio dei Pini forse non lo sapremo mai. Una cosa è tuttavia certa: la versione data dal professore universitario si discosta nettamente da quella della ragazza iscritta proprio alla facoltà di Medicina da lui diretta e amica di famiglia da oltre tre anni. Un'amicizia stroncata improvvisamente. Tutta colpa di un caffè "galeotto". "La ragazza mi ha invitato a casa sua per prenderne uno", afferma centellinando ogni parola Balestrieri: "Ha cominciato a parlarmi dei suoi problemi, dei suoi contrasti col padre a proposito dell'iscrizione al corso di studi. Poi ha preparato il caffè e l'ha bevuto insieme a me. Mentre parlava si è lasciata prendere dallo sconforto, mi ha abbracciato forte e poggiato la testa sul mio petto. Era tardi, mi aspettavano a lavoro. Le ho detto che dovevo andar via e che se aveva problemi ne avrei parlato col padre. Mi ha accompagnato alla porta e mi ha dato un bacio, come si è sempre fatto, sulla guancia. Poi è venuta sino al cancello per legare i cani con i quali non andavo molto d'accordo. A quel punto lei è rientrata in casa e io sono andato a lavorare". Il fulmine per Balestrieri è arrivato a ciel sereno in tarda serata. "Il padre della ragazza si è presentato a casa mia per restituire le chiavi d'ingresso, gliele avevo date io personalmente", racconta il preside: "Mia moglie gli ha chiesto il perché. La sua risposta: "domandalo ad Angelo". A quel punto l'ho chiamato io, mi ha fatto capire che non voleva avere più nulla a che fare con me, poi ha abbassato la cornetta". Fine di un amore impossibile? "Non scherziamo", dice il professore: "La ragazza veniva spesso a casa mia, con me era sempre affettuosa anche di fronte ai miei figli: c'era la massima confidenza, una confidenza familiare". Insomma, l'amore non scoppia. A scoppiare è stato invece qualche petardo di troppo l'ultima notte dell'anno: "La stessa persona mi ha infatti denunciato ai carabinieri dicendo che detenevo armi in casa: anche in quel caso ho ingoiato il rospo". Due mesi dopo è arrivata la querela da parte della ragazza. A seguire, il patteggiamento: un rito quasi normale se dietro non ci fossero quattordici mesi di reclusione, seppur con la condizionale. Quattordici mesi per un bacio rubato. "Non ho commesso alcun reato, sono una persona onesta che ha sempre fatto il suo dovere", ripete sino alla nausea il preside. Un dubbio: professor Balestrieri perché ha patteggiato se si ritiene innocente? "A dir il vero io il processo lo volevo fare, ho cambiato idea dopo aver parlato a lungo col mio avvocato: è stato lui a dirmi che, vista la situazione, non era il caso". Si è pentito di non essere andato sino in fondo? "Forse si". Due versioni contrastanti I perché del patteggiamento Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Luigi Concas, legale di Angelo Balestrieri: "Per completezza della notizia, questa è la versione dei fatti offerta dal professor Balestrieri al pm: "Mi ha abbracciato con tutte e due le braccia e ha appoggiato la testa sul mio petto. Quando ho visto che si stava trattenendo senza nemmeno parlarle ho detto che non era il caso di appoggiarsi a me e che del suo problema avrei parlato con suo padre". Ovviamente è diversa la versione della signorina S. S. secondo la quale il professore "dopo averle cinto con un braccio la vita per trattenerla, la baciava sulla bocca". Di fronte a così contrastanti versioni e all'assenza di testimoni ho ritenuto doveroso segnalare al professore i rischi del processo suggerendogli la soluzione del patteggiamento; soluzione alla quale egli ha aderito dopo notevoli resistenze soprattutto dopo che gli ho spiegato che per la nostra giurisprudenza la sentenza patteggiata non contiene un accertamento di colpevolezza". ================================================================== ____________________________________________________ L'Unione Sarda 11 gen. '01 QUARANTAMILA STUDENTI SI CONTENDONO UN CENTINAIO DI COMPUTER Gli studenti protestano contro l'arretratezza dell'Università sarda nell'informatizzazione. I quasi quarantamila ragazzi che frequentano le università isolane sanno ben poco delle nuove tecnologie informatiche. E sono pochi i fortunati che possono usufruire dello strumento-computer per approfondire lo studio (e renderlo più interessante). Chi ha un Pc a casa ha più possibilità, mentre la maggioranza rimane indietro sul fronte della formazione, fondamentale ricetta per promuovere occupazione, incancrenendo maggiormente il dislivello sociale tra chi possiede e chi no. Un'ennesima discriminazione che l'istruzione pubblica dovrebbe almeno contenere. Non basta comprare un computer servono anche corsi e docenti in grado d'insegnare ad utilizzarlo, in un'era in cui il futuro professionale dipende spesso dal saper convivere con le nuove tecnologie. Un futuro già abbondantemente penalizzato da una forte disoccupazione con percentuali tra le più alte in Italia, 358.097 disoccupati per una percentuale del 29,59 per cento. I dati raccolti nelle università sarde sono a dir poco sconvolgenti: nella facoltà di Cagliari di Economia e Commercio ci sono 45 postazioni per un totale di 797 iscritti mentre la facoltà di Lettere e Filosofia possiede un'aula con 25 computer che dovrebbe servire un'utenza di 3449 studenti. Sembra un'eccezione la facoltà di Giurisprudenza che offre corsi nel laboratorio di informatica e telematica giuridica dal 1997. Hanno come obiettivi lo studio e la diffusione degli strumenti conoscitivi legati a nozioni anche teoriche di informatica giuridica e organizza corsi di consultazione delle principali banche giuridiche, con il supporto di cd-rom. Ma la sorpresa arriva quando si viene a conoscenza che questi corsi vengono tenuti nell'aula informatica dell'ex-Istituto dei Ciechi di via Nicolodi che dispone di 15 computer che dovrebbero essere spartiti da circa 5000 studenti! Quasi tutti i corsi presentano le stesse difficoltà e le stesse lentezze, i presidi dovrebbero avviare una seria programmazione per colmare il dislivello tra le nostre università e quelle del nord Italia, approfittando dei finanziamenti che spesso vengono lasciati nelle casse degli atenei, per creare una più forte relazione tra l'università e il mondo esterno, ma soprattutto tra gli atenei e il mondo del lavoro facilitando l'inserimanto professionale. ____________________________________________________ Il Sole24ore 10 gen. '01 IL GARANTE ACCUSA: NEI MINISTERI PRIVACY "OMESSA" ROMA Due segnalazioni nel giro di poco più di due mesi. Il Garante della privacy riscrive al presidente del Consiglio, Giuliano Amato, per denunciare l'indifferenza dei ministeri rispetto agli obblighi imposti dalla legge 675/96 sulla riservatezza dei dati personali. I dicasteri, infatti, emanano provvedimenti che coinvolgono delicate questioni di privacy senza chiedere il preventivo parere dell'Authority. Si tratta, avverte il Garante, di atti illegittimi e dunque annullabili. A nulla è servita la prima lettera scritta a fine ottobre, sempre all'indirizzo di Palazzo Chigi. I ministeri hanno continuato imperterriti ad aggirare il parere dell'Autorità e a sfornare decreti privi del via libera del Garante. Ci sono, spiega l'Authority nell'ultima missiva spedita ad Amato, esempi recenti di questo comportamento: il decreto del ministero dell'Interno 11 dicembre 2000 sulle modalità di rilevazione e comunicazione dei dati dei clienti degli alberghi e il Dpr sul protocollo informatico. Ma non sono che gli ultimi due provvedimenti di una lunga lista, lista che il Garante ha deciso di mettere a conoscenza dei cittadini attraverso il sito Internet www.garanteprivacy.it. Perché sono proprio i cittadini a essere particolarmente colpiti dalle omissioni dei ministeri. "Il parere del Garante - si legge in una nota diffusa ieri dall'Authority - ha la funzione di far presente alle diverse amministrazioni le esigenze di assicurare, in tutti i casi, il massimo rispetto dei diritti dei cittadini in una materia che riguarda l'uso di informazioni personali, spesso assai delicate". Senza contare il fatto che gli atti emanati senza aver prima consultato il Garante - il parere preventivo è previsto dall'articolo 31, comma 2, della legge 675 - sono annullabili per violazione della normativa interna e di quella comunitaria sulla privacy. La richiesta è che Palazzo Chigi intervenga, perché, avverte l'Authority, "qualora dovessero persistere tali violazioni, il Garante si vedrebbe costretto a portarle a conoscenza anche delle competenti autorità comunitarie". ---firma---A.Che.