MENO BUROCRAZIA E PIÙ RICERCA PER L' ECCELLENZA IN UNIVERSITÀ UNIVERSITÀ, CORSA ALLA COMUNICAZIONE UNIVERSITA':QUANDO IL CAVALIERE NON FA SCUOLA DALLA CHIESA: ATENEI E NUMERO CHIUSO, LO SCANDALO DEI RICORSI CNR SOTTO ACCUSA: MOLTI SPRECHI E POCA SCIENZA CONFINDUSTRIA CRITICA LA SCUOLA "COSTA TROPPO E NON È A LIVELLO UE" SASSARI: VERSO LA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA SASSARI: SE L'UNIVERSITÀ PARLA AL MASCHILE CAGLIARI:VA IN SCENA LO " STUDENT'S DAY" ================================================================== CORTE COSTITUZIONALE: MEDICI UNIVERSITARI NO AL LIMITE DEI 65 ANNI CORTE COSTITUZIONALE: FRATI- "E ADESSO RIDIAMO AUTONOMIA ALLE FACOLTÀ" IL MEDICO E L' AZIENDA CAGLIARI: LISTE D'ATTESA: IL PROGETTO IN UN CONVEGNO LUNEDI' IN CORSIA AL SAN RAFFAELE IL DEBUTTO DELLA PUBBLICITÀ POLICLINICO: VIAGGIO AL CENTRO DEL CERVELLO CON MEG PARKINSON, UN PASSO INDIETRO È UN GENE A RENDERE PERICOLOSI CERTI BATTERI VENE MALATE, L'ITALIA PEGGIORA SASSARI: CONVENZIONE CON LA ASL E POLICLINICO POLICLINICO: SCIOPERO POLICLINICO: QUEL REFERTO NON È MAI PRONTO ================================================================== SPARISCONO IL MOUSE E LA TASTIERA ================================================================== _____________________________________________________________ Corriere della Sera 11 mar. '01 MENO BUROCRAZIA E PIÙ RICERCA PER L' ECCELLENZA IN UNIVERSITÀ Grossi Adalberto Finanziamenti, nuovi spazi e rapporti con il mondo della produzione: il parere del candidato rettore della Statale Meno burocrazia e più ricerca per l' eccellenza in università di ADALBERTO GROSSI* Una grande Università che aspiri a raggiungere traguardi di eccellenza, oltre a fornire una didattica di alto livello, deve essere dotata di risorse umane, tecnologiche e finanziarie idonee a produrre ricerca. E non solo ricerca scientifica, ma anche umanistica dal momento che la ricerca non può esser e relegata a un ruolo esclusivamente tecnico ma deve essere considerata una conquista squisitamente culturale. La nostra Università, mi riferisco in particolare alla Statale di Milano, pur essendo dotata di ottimi ricercatori, presenta tuttavia alcun e barriere che ne limitano la straordinaria potenzialità. Prima fra tutte l' esiguo numero di ricercatori (poco più di 600 rispetto agli oltre 1300 professori) che ormai hanno un' età media intorno ai 45 anni. Se non si aprono le porte ai giovani di talento con passione per la ricerca, si va inevitabilmente incontro a un processo involutivo con conseguenze facilmente immaginabili. In secondo luogo è importante che si offrano ai ricercatori due diversi percorsi. Uno che prevede una progressione d i carriera analoga a quella attuale e un altro invece che permetta a chi ha esclusivo interesse per la ricerca di fare all' interno dell' Università una carriera dedicata a questo, associata ovviamente a adeguati incentivi sia professionali sia economici. Analogamente a quanto avviene in altre Istituzioni dove esiste la figura del 1° ricercatore e del direttore di ricerca. In terzo luogo si deve ridurre in modo drastico la burocrazia che grava così pesantemente sul ricercatore da costringerlo a dedicare a essa almeno un terzo del tempo che invece potrebbe dedicare alla ricerca stessa. O, peggio ancora, spinge il ricercatore a rinunciare a finanziamenti di varia provenienza per l' incapacità di risolvere l' intricato iter burocratico nel qua le si sente smarrito. Deve diventare un preciso impegno dell' Università quello di creare delle agenzie con il compito di provvedere al disbrigo delle pratiche burocratiche lasciando libero il ricercatore di dedicarsi al suo lavoro. In quarto luogo, poiché non si può fare della buona ricerca se non ci sono finanziamenti e spazi o laboratori adeguati, è fondamentale che l' Università esca dai confini dentro i quali ha finora operato e cerchi l' interazione con il mondo produttivo nazionale e internazionale, in chiave anche di sussidiarietà, offrendo il suo immenso potenziale culturale trasferibile in cambio di aiuti per la ricerca. I finanziamenti istituzionali non bastano più e sarebbe un grave errore non cercare altre fonti sia nel pubblico che nel privato con accordi ben precisi che salvaguardino l' autonomia di ogni singolo ricercatore. Da ultimo questo potenziale culturale non può essere scisso da uno stretto rapporto con la città e le sue istituzioni per crescere e raggiungere insieme prestigiosi traguardi. Si aprono dunque nuove e promettenti prospettive nella ricerca universitaria che possono essere realizzate solo da chi abbia realmente la capacità e la determinazione di perseguire i diversi programmi ai quali si è sommariamente accennato. * Docente di Cardiochirurgia _____________________________________________________________ Corriere della Sera 15 mar. '01 UNIVERSITÀ, CORSA ALLA COMUNICAZIONE Dal prossimo anno atenei in gara nelle lauree triennali su informazione e media Cattolica, Bocconi, Statale e Iulm mettono sul piatto una serie di proposte: senza coordinamento Panza Pierluigi Università, corsa alla comunicazione Dal prossimo anno atenei in gara nelle lauree triennali su informazione e media Bla, bla fiumi di parole; bla, bla... comunicazione sopra a ogni cosa! La parola che nei corsi di laurea triennali attivati dal prossimo anno nelle nostre università sarà impossibile evitare è proprio "comunicazione", ovvero la disciplina che sovrintendente all' uso delle parole. Gli atenei che non hanno predisposto almeno un corso in Comunicazione si sentono "out" rispetto dall' ondata di rinnovamento che sta modificando, pur con qualche preoccupazione, il volto e l' attività degli atenei. Non solo gli atenei punteranno sulla comunicazione con il mondo esterno, ma hanno anche deciso di puntare, per la didattica, su una vasta messe di corsi in Comunicazione. Cari studenti, il catalogo sarà questo. La Statale ha istituito due corsi di laurea triennali nel settore della Comunicazione: "Comunicazioni e società" a Scienze Politiche e "Scienze umanistiche per la comunicazione " a Lettere. Due anche in Cattolica: "Scienze della comunicazione" a Scienze Politiche e "Linguaggi dei media" a Lettere; ai quali, per altro, si aggiunge il corso in "Lingue e tecniche dell' informazione e della comunicazione" a Lingue. La Bocconi presenta il corso in "Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione", mentre l' Università Iulm quelli in "Relazioni pubbliche e pubblicità" e in "Scienza e tecnologie della Comunicazione". Fin qui i corsi triennali. Perché quando, dal prossimo anno, incominceranno ad essere definite anche le lauree biennali di secondo livello, questa proliferazione è destinata a dilatarsi. Senza accennare, infine, a istituti come l' Ied (Istituto Europeo di Design) che pure ha corsi in comunicazione, web journalism e fashion editor. C' è da chiedersi, a questo punto, se tanto desiderio disciplinare di comunicare non nasconda, al contempo, una incapacità di reale comunicazione affettiva tra le persone e se forse non sia giunto il tempo in cui l' affermazione che Voltaire consegnò al dialogo "Le Chapon et la Poularde" si sia avverata: "Gli uomini - scriveva Voltaire - si servono delle parole solo per nascondere i propri pensieri". Come dire: imparare a comunicare per mistificare. "Ho fatto parte della commissione Ruberti che, nel ' 90, fece nascere questa disciplina - ricorda il professor Giovanni Puglisi, unico candidato alla successione di Francesco Alberoni come rettore della Iulm - . Si sta effettivamente un po' intrecciando un oggettivo interesse per un' area tematica in sviluppo a una corsa degli atenei a trovare aree di sicuro interesse". Per Puglisi bisognerebbe arrivare a un miglior coordinamento tra gli atenei per evitare possibili difficoltà. "Bisogna che in questo e in altri settori ci sia maggior coordinamento; purtroppo i comitati regionali dei rettori non hanno funzionato e, in Lombardia, ciascuno va avanti con le proprie offerte didattiche". Minori preoccupazioni per gli sbocchi lavorativi: "Il settore pubblico è pronto ad accogliere questi laureati - conclude Puglisi -; il privato non ha ancora del tutto metabolizzato alcune trasformazioni". Tutti gli atenei rivendicano effettive buone ragioni nella scelta di attivare questi corsi, che sono, comunque, tutti differentemente caratterizzati. C' è chi punta su una più solida formazione nelle Scienze umane, come la Statale, e chi, come la Bocconi, cerca di integrare forti basi di economia nel più vasto campo della comunicazione e del management culturale. Conferisce un esempio di questi apparentemente sottili distinguo la Cattolica. "Noi abbiamo una tradizione nel settore nata negli anni Sessanta con la scuola di specializzazione in Analisi e Gestione della Comunicazione fondata da Mario Apollonio", afferma il prorettore Francesco Casetti. "Il nostro corso attivato a Scienze Politiche è orientato al management internazionale; quello di Lettere, invece, istruisce gli operatori che dovranno organizzare i contenuti delle imprese". Anche Casetti, comunque, ammette che intorno a questi corsi si intrecci un desiderio di seguire un po' "la moda" unitamente a un reale interesse del mercato. "Sono lauree ad ampia prospettiva - conclude -. Come erano quelle umanistiche 40 anni fa". E sul coordinamento tra atenei concorda: "Sarebbe utile su tutto, ma ciascuna università deve ribadire il proprio stile che gli studenti devono poter scegliere". Coordinati sì, ma con i propri corsi. Pierluigi Panza _____________________________________________________________ Corriere della Sera 14 mar. '01 UNIVERSITA':QUANDO IL CAVALIERE NON FA SCUOLA Galli Della Loggia Ernesto "Annuncio del Cavaliere: scuola, sospenderò la riforma". Così un titolo del Corriere di venerdì 8 marzo riassumeva la posizione di Forza Italia, e presumibilmente della Casa delle Libertà, sul tema. Viene naturale chiedersi: tutto qui? Sì, tutto qui. Insomma, sui provvedimenti che hanno radicalmente ridisegnato l' intero ciclo scolastico, che ne hanno riscritto da cima a fondo i programmi, sull' azione di governo che ha mutato altresì il modo d' essere e di funzionare dell' Università introducendo una pedestre prospettiva professionalizzante e mortificando la sedicente autonomia appena concessa, su queste che appaiono (e sono) tra le più importanti riforme del centrosinistra, che cosa ha detto nei mesi scorsi, che cosa dice oggi, il Polo, la Casa delle Libertà, per bocca del suo leader? Quale critica fa a ognuna delle misure suddette? Quale approva e quale respinge? Cosa propone a sua volta nel merito, nei moltissimi meriti implicati? A desso, finalmente, per la scuola lo sappiamo (è sempre il titolo del Corriere che ce lo dice citando Berlusconi): un anno di pausa della riforma perché "serve un confronto con famiglie e insegnanti" (che prospettiva esaltante!). Per l' Università, invece, neppure questo: dunque nulla, bisogna supporre. E' la conferma, mi pare, di una caratteristica negativa che la Casa delle Libertà e specie Forza Italia manifestano da sempre: l' assenza-disinteresse del loro discorso politico rispetto a quello che potremmo chiamare "il sociale immateriale", l' ambito cioè definito dai valori e dalle istituzioni culturali, dalle questioni del paesaggio, del patrimonio artistico, della formazione scolastica e universitaria. In tutti questi campi, salvo qualche voce isolata (per esempio, quella talora notevole di Vittorio Sgarbi), e a meno che non si tratti di cose e problemi che riguardino immediatamente la Chiesa o la morale cattolica, Forza Italia e Berlusconi mostrano di non avere quasi mai nulla da dire, da agitare, da proporre; nessun valore generale da tradurre in pratica. Quasi che, curiosamente, questioni riguardanti da vicino l' identità della nazione nonché la sua conservazione, la sua espressione, i suoi abiti mentali, il suo rapporto con le altre culture, quasi che tutto ciò al centrodestra interessasse assai poco, o potesse essere racchiuso nella formuletta berlusconiana (non so se più patetica o più culturalmente ripugnante: sì, onorevole Berlusconi, culturalmente ripugnante) delle tre I: "Internet, impresa, inglese". Questa assenza-disinteresse appare tanto più strana se si pone mente a due fenomeni importanti che si stanno svolgendo sotto i nostri occhi. Il primo è la tendenza (che si rivela oggi proprio sui temi della scuola e dell' università) al venir meno delle vecchie barriere ideologiche. Proprio nei giorni scorsi, ad esempio, contro le riforme scolastiche e universitarie volute dal governo di centrosinistra si è registrata la convergenza significativa di studiosi di provenienza eterogenea e in un gran numero di casi dal passato, e dal presente, impeccabilmente di sinistra. Possibile che nel centrodestra nessuno abbia l' intelligenza politica di capire la novità che ciò rappresenta, le potenzialità che così si dischiudono al fine di rompere antichi ostracismi e più ancora antiche egemonie? Il secondo fatto importante e nuovo è la nascita nel nostro Paese, da alcuni anni a questa parte, di riviste, case editrici, giornali, esplicitamente e programmaticamente non di sinistra (e dunque, per ciò solo, rozzamente etichettabili ed etichettati come "di destra": ma di destra alcuni lo sono sen z' altro) che si segnalano per il loro buon livello culturale, talvolta addirittura per la loro eleganza. È il caso del Foglio, di Palomar, Liberlibri, Diorama letterario, Ideazione, per citare i primi che mi vengono alla mente. È una spia significativa. Vuol dire che nel Paese sta crescendo un nuovo ceto intellettuale, anch' esso fuori dagli schemi tradizionali, spregiudicato, disponibile a battere vie inedite. In questo caso, la novità è soprattutto rispetto a un passato cinquantennale in cui la destra non è mai riuscita a scrollarsi di dosso l' immagine pubblica di un' area politica incapace di maneggiare le idee, refrattaria o addirittura ostile alla cultura, lontana dalle sue istituzioni. Era davvero così? In buona parte senz' altro, mentre per una parte minore era la sinistra, invece, che riusciva con successo a dipingere le cose in questa maniera. L' importante è che anche per questa via si è costruita e radicata nell' Italia repubblicana la complessiva impresentabilità sociale della destra, la sua massiccia estraneità ai luoghi dove avvenivano la riproduzione ideologica e l' autorappresentazione culturale dell' establishment italiano; dove, da ultimo, si instauravano importanti momenti di comunicazione e di scambio tra l' establishment italiano e quello internazionale. Anche così, l' Italia è divenuta ed è rimasta per tanto tempo quel Paese "non normale" che sappiamo. E anche per questo, dunque, rasenta l' incredibile che Forza Italia e la Casa delle Libertà non alzino un dito oggi, che è finalmente possibile, per sanare quest' antica anomalia. Ernesto Galli della Loggia _____________________________________________________________ Corriere Della Sera 17 mar. '01 DALLA CHIESA: ATENEI E NUMERO CHIUSO, LO SCANDALO DEI RICORSI Sul Corriere del 5 marzo Adriano De Maio, rettore del Politecnico, ha posto un problema di rilievo: quello dell'etica pubblica che porta un Parlamento a fare entrare nelle facoltà a numero programmato gli studenti che sono stati bocciati alla prova d'accesso. Il meccanismo che consente ai più furbi, e spesso ai più facoltosi, di aggirare l'esito della prova è noto: ricorso al Tar, sospensiva, frequenza delle lezioni e rivendicazione del tempo e dei soldi spesi per frequentare; infine pressione sul Parlamento per la sanatoria. De Maio ha citato con sconforto la rivendicazione dell'ennesima sanatoria e ha chiuso il suo intervento chiedendosi come abbiano votato i parlamentari lombardi. Essendo tra quelli che negli ultimi tre anni si sono più battuti contro questa manifestazione del costume pubblico, vorrei fornire qualche osservazione. Primo: nella rivendicazione sudista della vittoria vi sono molti elementi di verità. Il guaio è che ha vinto il Sud peggiore. Ma il Nord non è tutto oro. Visto infatti che il Tar ligure è tra i più generosi di sospensive, studenti e parlamentari liguri si sono battuti per la sanatoria. Né sono stati da meno molti senatori del Nord che, per quieto vivere verso le organizzazioni giovanili di partito, hanno annullato la prima vittoria anti-sanatoria conquistata alla Camera. Secondo: la strada per i "ricorsisti" si sta facendo sempre più difficile. Già stavolta non vi è affatto stata unanimità, nonostante solo Lega e Democratici avessero preso posizione ufficiale contro il provvedimento. Anzi, proprio alcuni parlamentari lombardi, da Salvati a Riva, a Targetti, hanno espresso il loro dissenso rispetto ai partiti. Sicché sarebbe utile che gli studenti venissero informati che il ricorso sarà un azzardo. Terzo: suggerirei ai rettori e ai presidi interessati di dare pubblicità ai nomi dei parlamentari pro-sanatoria. Nando Dalla Chiesa _____________________________________________________________ L'Unione Sarda 11 mar. '01 CNR SOTTO ACCUSA: MOLTI SPRECHI E POCA SCIENZA Le osservazioni della Corte dei conti sul bilancio del Consiglio delle ricerche Roma. Troppe spese per il personale a discapito della ricerca vera e propria; pesanti ritardi nell'assegnazione delle risorse; un deficit economico che nel '99 ha raggiunto i 92 miliardi di lire, avvicinandosi pericolosamente al peggiore livello storico (106 miliardi nel '95). È quanto emerge dalla relazione della Corte dei Conti sulla gestione delle risorse da parte del Consiglio nazionale delle ricerce (Cnr). Passando in rassegna il bilancio del '99, la magistratura contabile ha rilevato un disavanzo finanziario di oltre 80 miliardi (contro l'avanzo di 16miliardi nel '98), mentre diventa stabile la perdita economica (meno 92 miliardi). Lo squilibrio - scrive la sezione controllo enti della Corte nella relazione inviata al Parlamento - "non sembra tuttavia attualmente preoccupante sul piano finanziario" perchè non tocca i flussi correnti e trova copertura nell'avanzo di amministrazione (123 miliardi 400 milioni). Ma - aggiunge la magistratura contabile - "costituisce ancora principale fattore di criticità la stagnazione delle entrate a fronte della più sostenuta dinamica delle uscite, tra l'altro prevalentemente assorbite da spese di personale e di funzionamento". Su 1.220 miliardi di spese correnti nel '99, l'83,3% ha riguardato infatti gli oneri di personale e di acquisto di beni e servizi. Quanto alle entrate, continuano ad essere rappresentate per oltre l'80% da contributi statali e nel '99 sono state il 4% in meno rispetto all'anno precedente (1.287 miliardi e 400 milioni contro i 1.341 del '98). _____________________________________________________________ Corriere della Sera 14 mar. '01 CONFINDUSTRIA CRITICA LA SCUOLA "COSTA TROPPO E NON È A LIVELLO UE" Il 90% dei costi e' legato alla retribuzione del personale contro una media Ocse dell' 80% Benedetti Giulio Confindustria bacchetta la scuola "Costa troppo e non è a livello Ue" ROMA - Uno studente delle elementari costa il 15 per cento in più della media europea. Se guardiamo il prodotto finito, cioè il laureato, il costo è addirittura doppio o triplo per ché il 65 per cento degli universitari abbandona gli studi. L' Italia è un Paese che spende tanto per l' istruzione e con risultati piuttosto scarsi. E' , in estrema sintesi, la conclusione del Forum di Confindustria su "spesa pubblica, istruzione e competitività". La scuola, sostengono gli imprenditori, ha molti meriti, ma non è riuscita ad ottenere i risultati raggiunti dai sistemi educativi dei Paesi evoluti. La causa del gap va ricercata nei criteri "poco efficienti" di investimento delle ri sorse economiche. IL DIVARIO - Secondo Confindustria nel campo della formazione esiste un forte divario tra l' Italia e gli altri Paesi europei. Stefano Parisi, direttore generale dell' associazione degli imprenditori, ha ricordato alcuni aspetti del la questione: solo un 40 per cento di cittadini con diploma di scuola media superiore contro il 61 e l' 84 di Francia e Germania. Un 9 per cento di laureati rispetto al 21 e 23 per cento dei due Paesi europei. Ancora: la recente indagine Ocse sulle c ompetenze alfabetiche pone l' Italia - quindi il suo sistema di istruzione - agli ultimi posti tra i Paesi europei con un 34,6 per cento di adulti in condizioni di illetteratismo. L' Italia non brilla neppure nelle scienze e nella matematica: è al 21 ° posto nella graduatoria di 31 Paesi dell' indagine Timss-1999. I meriti, però, esistono. Confindustria ricorda la crescita dal 28 al 40 per cento di diplomati nella popolazione adulta tra 25 e 64 anni dal ' 91 al ' 98. SPESA IRRAZIONALE - "Per otte nere questi risultati - ricorda Parisi - l' Italia spende più o meno quanto spendono gli altri Paesi europei". E' vero, spiegano in Confindustria, che in Europa si investe di più in termini assoluti, ma è altrettanto vero che in Italia negli ultimi v enti anni gli studenti sono diminuiti di due milioni, mentre il numero degli insegnanti è rimasto invariato. Nel nostro Paese, insomma, non c' è stata nessuna razionalizzazione della spesa per l' istruzione. La prospettiva aperta dall' ultimo contrat to collettivo, secondo Parisi, confermerebbe la tendenza a incrementare la spesa per il personale in modo irrazionale, ossia senza un rapporto col miglioramento della qualità del servizio. "Prima di pensare ad investire di più - sostiene Luisa Ribolz i, docente di Sociologia dell' educazione all' università di Genova - è opportuno pensare a come utilizzare meglio le risorse esistenti". "Non si ottengono risultati comparabili con quelli europei - continua la Ribolzi - perché la logica dell' alloca zione delle risorse non è efficiente: il 90 per cento dei costi è legato alla retribuzione del personale, contro un valore medio dell' Ocse dell' 80 per cento. Cause dello spreco di risorse, l' eccessivo numero di insegnanti rispetto agli studenti e i troppo ridotti orari di insegnamento. L' attuale sistema di finanziamento - conclude la sociologa dell' educazione - non ha alcun interesse per gli investimenti, deresponsabilizza le scuole e non favorisce la giustizia educativa, non eliminando gli squilibri tra le diverse aree del Paese". NESSUNA STRATEGIA - Il giudizio più severo sul nostro sistema di istruzione viene dall' economista de "La Sapienza" Mario Baldassarri, allievo di Modigliani. "L' istruzione - dice - è stata gestita senza alc una idea strategica. Negli ultimi venti anni sono state inseguite due grandi emergenze, con operazioni a breve termine, quella del baby boom e poi quella del boom dei professori". "E' stata così stravolta - conclude Baldassarri - la funzione obiettiv o della scuola da produzione di formazione ad assorbimento di forza lavoro". Giulio Benedetti LA SCHEDA IL DATO La spesa italiana per l' istruzione è alta ma i risultati sono scarsi: è la conclusione del Forum di Confindustria su "Spesa pubblica, ist ruzione e competitività" IL GAP Il gap rispetto ad altre nazioni europee, per gli imprenditori, dipende da criteri di investimento delle risorse poco efficienti I COSTI Il 90% dei costi è legato alla retribuzione del personale contro una media Ocse p ari all' 80% Testo non disponibile _____________________________________________________________ L'Unione Sarda 14 mar. '01 SASSARI: VERSO LA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA Il senato accademico dell'Università di Sassari ha approvato una modifica al regolamento didattico per l'istituzione della facoltà di Architettura: l'annuncio è stato dato dal professor Bruno Corrias, direttore del dipartimento di Botanica ed Ecologia vegetale, nel corso della Conferenza regionale sul paesaggio. Con un atto definitivo, dunque, l'ateneo sassarese ha fatto la sua parte per dare vita alla tanto attesa undicesima facoltà: ora spetterà al ministero, entro giugno, approvare. L'ultimo passo, poi, sarà questione di una riga sullo Statuto dell'ateneo più antico dell'Isola: "L'Università istituisce la Facoltà di Architettura". Punto. Ma è ancora uno scenario futuro. A Sassari si aspetta un sì da Roma. E ci si organizza. Perché è vero che la nuova facoltà "consortile" di "Architettura del Mediterraneo" (questo il nome ufficiale) nascerà dietro la spinta degli atenei di Cagliari, di Corte (Corsica) e delle Baleari, oltre che di quello sassarese; ma è da quest'ultimo che dipenderà. Il senato accademico turritano ha fatto capire chiaramente di avere fretta: i corsi, a numero chiuso almeno per il primo anno, potrebbero partire già nel prossimo autunno. Preme in questa direzione anche l'Ordine provinciale degli architetti, grande sponsor dell'iniziativa. La facoltà avrà sede ad Alghero, dove venerdì prossimo il senato accademico incontrerà i rappresentanti dell'Amministrazione comunale per definire i dettagli. Per cominciare è già disponibile l'ex caserma dei carabinieri, ma la sede definitiva dovrebbe essere il vecchio ospedale civile. E alla Regione sarebbero già pronti i fondi. Marco Noce _____________________________________________________________ L'Unione Sarda 13 mar. '01 SASSARI: SE L'UNIVERSITÀ PARLA AL MASCHILE L'altra metà dell'ateneo si racconta: cresce il numero delle laureate, ma il potere resta agli uomini Un'indagine rivela: su dieci professori solo uno è donna Svantaggiate nei percorsi di carriera e nell'organizzazione del lavoro: su 162 professori ordinari, soltanto 18 sono donne. Su dieci istituti, solo uno ha una preside al femminile. È la fotografia dell'università sassarese mostrata dall'indagine del Comitato per le pari opportunità. La ricerca è stata presentata ieri davanti al Rettore, Alessandro Maida, e all'onorevole Silvia Costa, già presidente nazionale del Comitato. Tra i relatori era presente anche Simonetta Sanna, il solo preside donna presente oggi nel nostro Ateneo. Al questionario ha voluto rispondere solo il 32% delle donne che lavorano nell'Ateneo, ma i risultati sono comunque rappresentativi e fanno pensare. Il predominio maschile non si limita al corpo docente. Anche nell'area amministrativa, per esempio, l'ascesa delle donne non è facile: nessun problema fino al settimo livello, poi scatta la selezione ad imbuto. Dall'inchiesta viene fuori il ritratto di una donna che continua ad avere addosso il carico della famiglia e non può permettersi altri spazi personali. A queste condizioni, per fare carriera, la donna universitaria giudica necessario il sacrificio della vita privata e addirittura, per un buon 14%, l'assoluta mancanza di vincoli familiari. E sempre al femminile va declinata buona parte dei conflitti che nascono nell'ambiente di lavoro, spesso a causa di un malinteso concetto del potere. Dei condizionamenti che derivano dal vivere in un'isola si è occupata infine Eugenia Tognotti, docente e membro del Comitato. Nonostante le difficoltà, emerge anche un'ambiente vivace, pieno di iniziativa e di spinta alla promozione professionale. Positive le tendenze per il futuro: le più giovani sono anche le più istruite e, a leggere i dati sugli assegni di ricerca conquistati dalle studentesse si può prevedere, fra qualche anno, un corpo docente al femminile. Altro segnale rilevante: una marea di studentesse ha invaso le facoltà scientifiche, maschili per tradizione. Anche se le donne dell'università danno lo stesso valore alla famiglia e al lavoro, non hanno intenzione di tenere separate le sfere del pubblico e del privato. Non rinunciano all'identità femminile e vogliono lasciare un'impronta sul loro ambiente lavorativo. Sorprende una certa solidarietà di genere: se una compie un'irregolarità sul lavoro, le altre sono pronte a difenderla. Cosa che non accade fra i colleghi maschi. Il Rettore ha ricordato che tra i ricercatori vi sono moltissime donne: "E devono ottenere più rappresentanza". Per il resto si è limitato a sottolineare "il grande merito di chi, partendo da queste condizioni, riesce a ritagliarsi lo spazio della parità". Proposte concrete arrivano dai sindacati: per questo esercito femminile l'università ideale deve avere parcheggi interni, un servizio materno infantile e una mensa estesa ai familiari. Le sindacaliste sono andate oltre, progettando una ludoteca e un centro di recupero scolastico da affidare agli studenti della Facoltà di Scienze della formazione, con la formula delle 150 ore. E per sollevare le donne da alcuni dei carichi lavorativi che si trovano a sostenere, non possono mancare convenzioni con agenzie di servizi domestici e assistenza domiciliare. Sara Strinna _____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 17 mar. '01 CAGLIARI:VA IN SCENA LO " STUDENT'S DAY" Nel primo fine settimana di aprile al Bastione Katia Montresor CAGLIARI. Arte e musica in versione young, sono gli ingredienti dello "Student's day", in programma il 5 e 6 aprile alla passeggiata coperta del bastione. Organizzata dalle associazioni studentesche, aderenti al Forum nazionale del ministero della Pubblica istruzione, in collaborazione col Comune, vuole portare fuori dalle scuole creatività e voglia d'aggregazione, e offire così a giovani, universitari o delle superiori, la possibilità di conoscere i loro artisti preferiti a prezzi scontati o farsi conoscere sul palco. Si comincerà il 5, alle 21.30, con i Quinto Rigo, premio della critica sanremese quest'anno per la canzone "Bentivoglio Angelina". Gruppo originale, gioca sul pentagramma con violoncello e sassofono contaminando si di classica, pop e free jazz. La serana prosegue con una voce storica Peter Hammil, leader dei sessantottini Van Der Graaf Generator. Oltre a riproporre alcuni brani della vecchia band, con la sua carriera solista mai interrotta, presenta il nuovo album, ventitreesimo della lista. Amante delle storie cantate il suo ritmo è un melange di generi suonati con assoli di chitarra e interpretazioni di tastiere. Il 6 mattina, fino al tramonto, sul palco si esibiranno i gruppi emergenti di studenti che debutteranno in pubblico con canzoni cover o di produzione propria. Un'occasione per sentirsi come i professionisti, usando strumenti di ottima qualità. Poi ci sarà ancora spazio per l'arte di strada e la fumettistica, e perché no?, anche una pulitina all'imbrattato bastione non guasterà. L'associazione ambientalista Fare Verde ha organizzato la pulizia simbolica di una parte del monumento. Infine, la conclusione dello Student's Day sarà tutta da ridere. L'Arrigo Sacchi di Mai Dire Gol, il comico Maurizio Crosso, accompagnato dal chitarrista del gruppo Elio e le Storie Tese, sarà sul palco con i suoi fantomatici personaggi, nello spettaccolo teatrale "La vita non è rosa e fiore". Un trait d'union fra musica e parole, per una comicità dai toni vagamente poetici. Spettacoli tutti a prezzi giovani: ventimila per gli studenti, diecimila in più il biglietto intero. Prenotazioni e informazioni a Vox Day, via Caboni 10. ================================================================== _____________________________________________________________ Repubblica 17 mar. '01 CORTE COSTITUZIONALE: MEDICI UNIVERSITARI NO AL LIMITE DEI 65 ANNI La sentenza della Consulta sull'età pensionabile ROMA - I medici universitari che svolgono attività assistenziale ospedaliera non sono obbligati ad abbandonarla a 65 anni per raggiunti limiti di età pensionabile, così come previsto dalla riforma Bindi. E questo perchè - secondo la Corte Costituzionale - non è consentita la creazione di "figure di docenti medici destinati a un insegnamento privo del supporto della necessaria attività assistenziale", che è strettamente connessa alla didattica e alla ricerca. La Corte Costituzionale, con una sentenza interpretativa depositata oggi in cancelleria (n.71), ha pertanto dichiarato l'illegittimità della riforma sanitaria varata dall'ex ministro Rosy Bindi solo nella parte riguardante, appunto, la cessazione dello svolgimento delle ordinarie attività assistenziali e della direzione delle strutture assistenziali da parte del personale medico universitario che ha raggiunto i limiti di età pensionabile. Tale cessazione - specifica la Consulta - può avvenire solo dopo l'avvenuta "stipula dei protocolli di intesa tra università e regioni" attraverso i quali si disciplinino "modalità e limiti per l'utilizzazione del suddetto personale universitario per specifiche attività assistenziali strettamente connesse all'attività didattica e di ricerca". Nella motivazione della sentenza, redatta dal giudice Annibale Marini, la Consulta premette di avere "ripetutamente osservato che l'attività di assistenza ospedaliera e quella didattico scientifica affidate dalla legislazione vigente al personale medico universitario si pongono tra loro in un rapporto che non è solo di stretta connessione, ma di vera e propria compenetrazione". E questo in considerazione della "natura necessariamente tecnicopratica dell'insegnamento medico, a livello sia universitario che postuniversitario". Proprio questo nesso funzionale tra attività assistenziale, da un lato, e attività di ricerca e di didattica, dall'altro - osserva la Corte - "non preclude certo al legislatore di modulare, in concreto, nell'esercizio della sua discrezionalità, ampiezza e modalità di svolgimento dell'attività assistenziale dei medici universitari, eventualmente anche in funzione dell'età dei docenti". Ciò che invece non è consentito perchè viola il criterio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e il principio di buon andamento( tutelato dall'art.97 Cost.) è - secondo i giudici dell'Alta Corte - "la scissione tra l'uno e l'altro settore di attività, con la conseguente creazione di figure di docenti medici destinati ad un insegnamento privo del supporto della necessaria attività assistenziale". La Corte, pur ritenendo che il legislatore si sia dimostrato consapevole di tale limite, censura il fatto che la stipula dei protocolli di intesa con le Regioni per alcune attività ospedaliere specifiche non sia stata ritenuta prioritaria. _____________________________________________________________ Corriere Della Sera 17 mar. '01 FRATI: "E ADESSO RIDIAMO AUTONOMIA ALLE FACOLTÀ" IL PRESIDE DELLA SAPIENZA: ROMA - "Giudico positivamente la sentenza della Corte perché riafferma un principio dell'autonomia universitaria nell'ambito di leggi specifiche che la disciplinino. L'aver voluto portare questa disciplina nell'ambito della legislazione sanitaria ha costituito uno degli elementi negativi della normazione del passato governo che, sotto spinte di parte, ha disatteso lo stesso invito del legislatore a rafforzare la collaborazione tra università e servizio sanitario e non a subordinare l'università a quest'ultimo". È il parere di Luigi Frati, preside della prima facoltà medica dell'università di Roma "La Sapienza", e uno dei principali rappresentanti dell'opposizione alla riforma Bindi. Frati, insieme ad altri 500 medici universitari appartenenti a diverse facoltà, attende l'esito di un altro ricorso sulla "ingerenza di leggi sanitarie nell'organizzazione delle facoltà mediche". Cosa succederà dopo la sentenza della Consulta? " Nell'immediato i professori ai quali, trovandosi ancora in ruolo, era stata negata la possibilità di svolgere attività assistenziale potranno riassumere le loro funzioni. Mi si dice che siano circa duecento". Perché sanità e università non hanno fatto le linee guida con cui si sarebbe dovuto risolvere il problema dell'attività assistenziale per i medici universitari con più di 65 anni? " Le linee guida sono in approvazione, ma il problema principale è che queste linee guida dovranno ora tenere conto della sentenza della Suprema Corte e del rischio di incostituzionalità delle altre norme che abbiamo impugnato. Dovranno essere riviste". Sanità e università sono incompatibili, come questi ultimi avvenimenti sembrano dimostrare? "Escludo che sia vero . Sono stato presidente del Consiglio superiore di sanità e il dialogo è stato importante e proficuo. Si è interrotto quando è prevalsa sulla volontà di integrazione e di collaborazione una volontà burocratico- egemonica che ha mortificato le finalità istituzionali delle facoltà di Medicina. Vi sono due visioni della sanità. Una è quella di rendere efficienti le strutture a vantaggio dei cittadini, attraverso la competizione tra erogatori di prestazioni, ospedali o professionisti che siano. L'altra è quella di regolare tutto attraverso una rigida programmazione che da scelte centralistiche vada a ripercuotersi nelle azioni sanitarie periferiche. La mia visione è chiaramente la prima, quella attuata è evidentemente la seconda ed è incompatibile con le finalità di competizione proprie delle strutture scientifiche". Le principali conseguenze della decisione dei giudici LA SENTENZA I medici universitari che lavorano anche in ospedale non sono più costretti ad abbandonare a 65 anni l'attività assistenziale per raggiunti limiti d'età, così come prevedeva la riforma varata dall'ex ministro della Sanità, Rosy Bindi. Lo ha stabilito una sentenza depositata ieri dalla Corte costituzionale LA MOTIVAZIONE Per la Corte non è consentita la creazione di "figure di docenti medici destinati a un insegnamento privo del supporto della necessaria attività assistenziale", strettamente connessa alle attività didattiche e di ricerca A CHI INTERESSA I "camici bianchi" delle facoltà mediche che fanno assistenza o dirigono un reparto ospedaliero in Italia sono circa 10 mila CHE COSA CAMBIA D'ora in avanti questi 10 mila medici potranno cessare l'attività assistenziale a 70 anni: la normale età della pensione per i docenti universitari LA SCINTILLA A sollevare la questione di legittimità costituzionale era stato, nel marzo del 2000, il Tar della Campania, al quale avevano presentato ricorso il professor Alessandro Agresti (docente di chirurgia) e altri medici in lite con la seconda Università degli studi di Napoli _____________________________________________________________ Corriere della Sera 12 mar. '01 IL MEDICO E L' AZIENDA Borgonovi Elio Salute, profitti e valori IL MEDICO E L' AZIENDA di ELIO BORGONOVI* Credo che l' intervento del professor Nicola Dioguardi (Corsera del 27 febbraio) e le considerazioni di altri suoi illustri colleghi medici dei giorni successivi meritino qualche approfondimento per eliminare un equivoco di fondo. Alcune delle critiche rivolte in questi interventi, che condivido, sono, infatti, simili a quelle di chi accusa "la classe medica" di scarsa professionalità e di scarsa moralità solo perché ha incontrato il medico che ha operato la gamba sana invece di quella malata o il medico che chiede "parcelle molto salate" per una visita di pochi minuti. Il chiarimento parte dalla considerazione che "logica aziendale" non equivale affatto a "perseguire la massimizzazione del profitto". Essa significa nella sua essenza "applicare le conoscenze disponibili per utilizzare razionalmente (sul piano tecnico, organizzativo ed economico) risorse scarse per ottenere il massimo dei risultati possibili". Per alcun e aziende, quelle private che operano sul mercato e che producono beni non così essenziali come è la salute, tale razionalità serve per perseguire "la massimizzazione del profitto" (ossia il massimo aumento della ricchezza economica), mentre per altre aziende, tipicamente quelle sanitarie (pubbliche e private) la razionalità aziendale deve essere orientata a perseguire la massimizzazione della tutela della salute poiché questo, e solo questo, è il fine di tali aziende. Un secondo aspetto dell' equivoco è collegato al concetto di "valore" e di "massimizzazione del valore" che è uno dei cardini del modello logico aziendale. Per alcune attività è accettabile che il "valore" sia costituito dalla ricchezza misurata in termini monetari, in quanto la prospettiva di aumentare la ricchezza diventa lo stimolo forte (alcuni dicono unico) che convince certe persone a mettere la propria intelligenza e le proprie capacità "al servizio del progresso". Per altre attività, ed è questo il caso della sanità, il concetto di "valore" che deve (o dovrebbe) guidare i comportamenti è, anche per l' aziendalista, quello di "valore per la società" misurato dal grado di risposta ai bisogni di salute e ai livelli di assistenza garantiti ai cittadini. Un terzo aspetto dell' equivoco consiste nella confusione tra principi e criteri aziendali e comportamenti reali. E' indubbio che anche nella sanità vi siano persone che decidono non sulla base del concetto di "valore" come risposta ai bisogni di salute, ma anteponendo ad essi l' obiettivo del profitto o del pareggio di bilancio. Va però chiarito che questi comportamenti non sono la conseguenza del modello aziendale, ma della sua errata interpretazione. Peraltro, è anche vero che ci sono medici e altri operatori che sfruttano le loro competenze e spesso la loro posizione di "forza psicologica" nei confronti dei pazienti, non per tutelare la salute ma per "guadagnare e diventare ricchi". Questa distorsione dei comportamenti non autorizza certo a dir e, come fanno alcuni guidati da ideologie sociali e politiche, che i medici costituiscono una "struttura di potere". Per quanto io ne so di logica aziendale, il pareggio di bilancio è la conseguenza di scelte che devono essere, prima di tutto, razionali sul piano dell' efficacia assistenziale e poi efficienti sul piano gestionale. Non deve invece essere un vincolo a priori tramite cui rendere difficile ai medici e agli altri operatori fare "ciò che serve" ai pazienti o per indurli a fare solo, o prioritariamente, ciò che produce il massimo delle entrate sulla base dei Drg "più convenienti". *Università Bocconi _____________________________________________________________ L'Unione Sarda 14 mar. '01 CAGLIARI: LISTE D'ATTESA: IL PROGETTO IN UN CONVEGNO LUNEDI' La Regione vuole abbattere le liste di attesa negli ospedali e nelle strutture sanitarie regionali. L'assessore dell Sanità, Giorgio Oppi, ha anche predisposto proprio un progetto di gestione delle liste attesa. Il piano sarà presentato lunedì a Cagliari (alle 9,30, hotel Mediterraneo) durante un convegno organizzato dalla Giunta su "Sanità e liste d'attesa-esperienze a confronto". "Scopo del convegno - si legge in una nota - è quello di avviare uno scambio delle esperienze maturate in varie parti d'Italia sulle questioni legate alla gestione delle liste d'attesa in campo sanitario, e utilizzare quindi le risultanze per a definizione di modelli che garantiscano la massima uniformità e equità di trattamento del cittadino-utente in tutto il territorio regionale". I lavori saranno aperti dal presidente della Giunta Mario Floris, mentre Oppi illustrerà il progetto di monitoraggio e gestione predisposto dalla Regione. Il sottosegretario della Sanità, Grazia Labate, parlerà invece degli aspetti legislativi e dei documenti programmatori in Italia. Tra gli interventi previsti nella prima sessione dei lavori quello di Marco Gedes da Filicaia, vice presidente del Consiglio superiore della Sanità, che parlerà dei livelli uniformi di assistenza, dei criteri di priorità e dell'appropriatezza e degli strumenti di governo della domanda. I problemi di definizione e i criteri di gestione delle liste, con particolare riferimento all'esperienza internazionale, saranno invece trattati da Francesco Taroni, direttore dell'Agenzia regionale sanitaria dell'Emilia Romagna. A Giuliano Mariotti, responsabile della direzione medica dell'ospedale di Rovereto, toccherà illustrare i risultati preliminari delle applicazioni di priorità cliniche alle prestazioni specialistiche ambulatoriali. La seconda sessione dei lavori prenderà il via con l'intervento della dirigente dell'assessorato regionale della Sanità, Clara Loddo, che parlerà della realizzazione del Centro unico di prenotazione (Cup) metropolitano di Cagliari. _____________________________________________________________ Corriere della Sera 15 mar. '01 IN CORSIA AL SAN RAFFAELE IL DEBUTTO DELLA PUBBLICITÀ In fase sperimentale, poi il giudizio dei pazienti In corsia al San Raffaele il debutto della pubblicità C' è la pubblicità di un detersivo davanti al monitoraggio gravidanze, mentre sul video sotto cui scorre la fila di chi prenota una visita oculistica passa lo spot di un istituto di credito. La pubblicità arriva in ospedale, pronta ad una ritirata discreta e strategica nel caso i degenti non dovessero gradire l' intrusione. La prova durerà tre settimane, poi scatterà il sondaggio d' opinione: se rimedia una bocciatura, l' esperimento si ferma qui; in caso contrario potrebbe cambiare volto ad una bella fetta di ospedale (e di ospedali: un' azienda sanitaria su due, dal Veneto alla Sicilia, si è detta interessata ad entrare nel business), ambulatori, corsie e stanze di degenza gli unici spazi tassativamente vietati. Le somme si tireranno a fine maggio al ministero della Sanità, ed è la prima volta, non solo per l' Italia, che viene realizzato un test di questo tipo, concepito come paracadute sia per le aziende (per ora poche) che hanno scommesso sul filone "vergine" della reclam fra i malati, sia per il San Raffaele di Don Luigi Verzé, la prima struttura sanitaria ad aver sposato in modo convinto l' iniziativa. _____________________________________________________________ L'Unione Sarda 14 mar. '01 POLICLINICO: VIAGGIO AL CENTRO DEL CERVELLO CON MEG Il Servizio di Neurologia del Policlinico di Monserrato potrebbe acquisire un apparecchio fantascientifico Nel centro universitario una macchina studia i disturbi del sonno Il suo sogno nel cassetto si chiama Meg. È l'acronimo di magnetoencefalografia, ovvero la macchina più avanzata al mondo per rilevare l'attività elettrica cerebrale. La vuole perché permette di diagnosticare le malattie del cervello senza il ricorso all'intervento chirurgico, come quasi sempre accade. Per portarla a Cagliari, nel servizio di Neurologia del Policlinico universitario di cui è direttore, il professor Franco Marrosu ha già mosso i primi passi. L'idea è ambiziosa: l'apparecchiatura costa cinque miliardi, installarla nel Centro neurologico di Monserrato è possibile solo attraverso un grande progetto europeo e la collaborazione con l'Università di Amsterdam dove la Meg viene regolarmente usata. La presenza della macchina nel capoluogo farebbe di Cagliari un punto di riferimento per le aree rivierasche e il Nord Africa e coprirebbe i bisogni di un'utenza da quindici a venti milioni di persone. Un sogno, ma al docente ordinario di Neurologia non manca il coraggio di crederci fino in fondo. La Meg che una collaboratrice dello scienziato, la neurologa Monica Puligheddu, sta imparando ad usare nella capitale olandese, ha un'importanza enorme: "Innanzitutto è una metodica di studio non invasiva. In generale la diagnosi definitiva di tutte le patologie dell'encefalo è invasiva, cioè richiede l'intervento del chirurgo, in buona sostanza bisogna aprire e vedere. Con il concorso dell'elettroencefalografia, della risonanza magnetica e della magnetoencefalografia si può fare una diagnosi precisa senza operare. In questo modo, per esempio, è più facile capire perché un paziente è epilettico, se c'è una lesione e di che natura sia, dove si trova, se è possibile intervenire con il bisturi, o ricorrere ad un altro trattamento". Il servizio che il professor Marrosu dirige da pochi mesi, è dotato di strumenti d'avanguardia per la diagnosi e la cura di patologie cerebrali. E' uno tra i più avanzati in tutta l'isola. E' l'unico dove sia possibile fare una polisonografia completa: un esame che serve a rilevare i disturbi del sonno. Le apnee ostruttive sono tra questi, di solito ne soffrono quei mariti che le mogli apostrofano con aggettivi poco carini al mattino, dopo una notte di russamenti molesti. A questo scopo è in fase di allestimento una stanza per dormire: uno spazio arredato come una qualunque camera da letto, provvisto di uno specchio unidirezionale, dove il paziente può essere osservato mentre è addormentato. In questo periodo di tempo, attraverso le apparecchiature collegate, i medici possono svolgere tanti esami insieme come l'elettroencefalogramma, l'elettromiogramma, l'elettrooculogramma e l'elettrocardiogramma. "Un altro strumento che con molta probabilità nessun altro possiede" aggiunge Franco Marrosu, "è il toracografo. Consiste in un nastro collegato a un trasduttore che misura l'espansione della cassa toracica durante il sonno. Le oscillazioni cessano ogni volta che il soggetto va in apnea, contemporaneamente l'apparecchio identifica la fase del sonno in cui questo avviene. E' un esame di grande utilità per il pneumologo o il chirurgo che deve programmare un intervento. In tutti questi casi si tratta di disturbi che possono essere corretti se diagnosticati a dovere". Nonostante le sue attrezzature, a causa della poca visibilità, il servizio di Neurologia del Policlinico, secondo il direttore, è scarsamente utilizzato: "Qui abbiamo tre elettroencefalografi digitali di ultima generazione con i quali facciamo elettroencefalogrammi standard che potrebbero servire metà della popolazione di Cagliari con tempi di smaltimento non più lunghi di una settimana". Sarebbe un bel risultato per un'università che vuole rendersi utile al territorio nel quale si trova: "Certo due medici e due tecnici, quanti siamo adesso, non basterebbero". Altri due esami fondamentali nella diagnosi delle alterazioni cerebrali, di routine nel Policlinico, sono l'Holter EEG e la Video EEG digitale (EEG sta per elettroencefalogramma, n.d.r.). Il primo registra per ventiquattr'ore l'attività cerebrale, l'altro è un'analisi elettroencefalografica con immagini. Il vantaggio del digitale è enorme: l'esame può essere conservato in un computer, inviato tramite Internet o ad un altro computer collegato. In generale si tratta di tecnologie sofisticate che facilitano la diagnosi di molte malattie del cervello. Alcune sono assai frequenti nella popolazione sarda come l'epilessia che interessa diciotto mila persone, dieci volte tanto la sclerosi a placche, per la quale, invece, c'è una maggiore attenzione sociale, oppure le vasculopatie cerebrali (l'ictus e la trombosi) che ricorrono in una percentuale tripla dell'epilessia e sono fra le cause più frequenti di invalidità. Il servizio ospedaliero (per i ricoveri sono disponibili sei posti letto nel reparto di Medicina Interna), naturalmente, si accompagna alla ricerca: nei desiderata del professore c'è la creazione di un centro studi avanzato di neurofisiologia: "Per ora siamo in grado di trasferire immagini di risonanza magnetica e i risultati di un elettroencefalogramma nello stesso apparecchio e costruire in questo modo una visione tridimensionale del cervello e localizzare le alterazioni".Franca Rita Porcu _____________________________________________________________ Repubblica 14 mar. '01 PARKINSON, UN PASSO INDIETRO Il dramma di cinque malaticavia rovinati dalla terapia È fallito l'esperimento Usa basato sul trapianto di cellule fetali. "Ora speriamo nelle staminali" ANTONIO POLITO LONDRA - Tanto rumore per nulla? Tanto dibattito etico e scientifico sull'uso delle cellule staminali nella medicina rigenerativa solo per scoprire che non funziona? Il primo esperimento statistico e controllato sul trapianto di cellule fetali nel cervello di pazienti affetti dal morbo di Parkinson, compiuto negli Stati Uniti, ha dato risultati fallimentari. Cinque delle venti cavie, soprattutto i più giovani, hanno subìto un drammatico peggioramento. Dopo un anno normale, senza grandi cambiamenti, il loro tremore si è trasformato all'improvviso in frenesia motoria, i loro corpi si contorcono in movimenti incontrollabili, la testa si muove a scatti in preda a spasmi, le braccia si agitano senza sosta, polsi e dita si irrigidiscono e si rilasciano come vivessero di vita propria. Uno dei malati, il più grave, viene ora alimentato meccanicamente perché non è più in grado di mangiare. Gli altri pazienti più anziani, oltre i sessanta anni, non hanno invece ricevuto alcun beneficio. Uno dei medici che ha condotto l'esperimento, Paul Greene, un neurologo della Columbia University, ha detto al "New York Times" che l'esito della ricerca è "catastrofico": "E' tragico quello che è successo a questi cinque pazienti, e il peggio è che non possiamo far nulla per tornare indietro, per ripristinare la situazione precedente. Basta trapianti di cellule fetali su esseri umani, per ora. Dobbiamo tornare in laboratorio e capire che cosa è successo". Ciò che è successo, secondo gli scienziati, è questo: la nuova tecnica ha funzionato fin troppo, sfuggendo al controllo dei medici. Le cellule prese dai feti degli aborti vengono iniettate nel cervello dei malati di Parkinson nella speranza che, essendo giovani e multipotenti, siano capaci di rigenerarsi e di sostituire le cellule vecchie, carenti di dopamina. E' la mancanza di questa sostanza chimica la causa del Parkinson. Ma, in quei cinque malati, le cellule "fresche" hanno attecchito così bene, si sono riprodotte con tanta velocità, cha hanno cominciato a rilasciare troppa dopamina. E ora non c'è modo di fermare questa superproduzione. L'effetto "collaterale" della cura è peggiore del male. In passato c'erano stati alcuni esperimenti dai risultati incoraggianti. Ma erano stati condotti in maniera sporadica, e senza la precisione scientifica di questo. Alla scuola di medicina di Denver, Università del Colorado, quaranta persone tra i 34 e i 75 anni, ammalati del terribile morbo incurabile con le medicine e sempre mortale, sono stati sottoposti al trattamento. Su tutti sono stati praticati quattro fori nella scatola cranica. Su metà di loro sono stati iniettate le cellule fetali, sugli altri niente. Né i malati né i medici conoscevano l'identità di coloro che hanno effettivamente ricevuto il trapianto. E' una prassi negli esperimenti medici, per evitare le confusioni prodotte dall'"effetto placebo", che si verifica quando un paziente mostra segni di miglioramento semplicemente perché pensa di essere curato efficacemente. Dopo un anno di osservazione, i risultati sono quelli descritti: nessun effetto nei più anziani, qualche risultato in quelli più giovani, e i cinque tragici casi. Un terribile interrogativo etico si apre ora: bisogna continuare o lasciar perdere? Il dramma di quei cinque malati vale la ricerca di una via di salvezza per milioni di altri? Il direttore della "Parkinson's Disease Society" inglese, Robert Meadcrowft, dice di sì, che ne vale la pena: "Non è la fine della ricerca sulla medicina rigenerativa. Dobbiamo piuttosto capire come fermare queste cellule giovani una volta che hanno fatto il loro lavoro". Molti scienziati si aspettano risultati migliori quando finalmente si potrà lavorare con le "cellule staminali", provenienti da un embrione, invece che su quelle provenienti da feti, di fatto già più "vecchie" e meno standardizzate, quindi meno conosciute. In Gran Bretagna, entro un paio di anni, questi esperimenti su esseri umani potrebbero cominciare perché il Parlamento ha appena approvato una legge che consente il prelievo di cellule da embrioni, aprendo un dibattito che ha coinvolto l'intera Europa. Come si sa, mentre nel caso inglese non è esclusa nemmeno la clonazione per fornire embrioni alla ricerca, in Italia la commissione scientifica incaricata da Veronesi ha concluso a favore di una tecnica lievemente diversa, di "trasferimento del nucleo", che non comporta la fecondazione di un ovulo e che per questo è stata accettata anche dai cattolici. Ma proprio il fallimento dell'esperimento americano sembra confermare la maggiore affidabilità delle cellule embrionali. Altri esperti, come Jerome Groopman, professore di medicina a Harvard, ricordano che una tecnica nuova e sperimentale non è mai stata coronata da successo fin dall'inizio: "I primi malati sottoposti a trapianto di midollo, negli anni '50, sono tutti morti entro breve tempo. Nel 1999 un tentativo di terapia genica si concluse con il decesso del paziente. E' difficile fermarsi quando si spera di poter guarire tanti malati. Chi è affetto dal Parkinson è pronto ad assumersi grandi rischi in cerca di una cura. Ma, per rendere questa terapia efficace e senza effetti collaterali, bisogna tornare in laboratorio e studiare, prima di fare danni ad altri esseri umani". L'ignoranza è il carburante della scienza. La conoscenza è un processo lento, complesso e contorto. Quando l'uomo è convinto di aver capito tutto, capisce di non aver capito ancora nulla. Non per questo deve smettere di cercare. Il corpo umano, e in particolare il cervello, è una macchina così sofisticata da ribellarsi alle facilonerie della scienzaspettacolo, fatta a colpi di annunci sui giornali. Ma la scienza seria verifica, controlla e pubblica i suoi risultati, come è avvenuto in questo caso. Merita fiducia. _____________________________________________________________ Le Scienze 15 mar. '01 È UN GENE A RENDERE PERICOLOSI CERTI BATTERI Guerra genetica alle infezioni I batteri resistenti agli antibiotici pongono un grave rischio per i pazienti degli ospedali, che hanno spesso difese immunitarie poco efficienti. Un gruppo di ricercatori del National Institute of Public Health and the Environment olandese ha ora individuato un gene che sembra aumentare la pericolosità di alcuni di questi batteri per quanto riguarda le epidemie negli ospedali. Gli enterococchi sono ospiti abituali dell'apparato digerente umano, dove di solito non fanno danni. In pazienti con il sistema immunitario indebolito, questi batteri possono però causare pericolose infezioni cardiache e alle vie urinarie. Una specie in particolare, Enterococcus faecalis, è responsabile del 75 per cento delle infezioni, ma un'altra, Enterococcus faecium, sta rapidamente acquisendo una caratteristica molto pericolosa, ossia la resistenza all'ultima arma possibile: l'antibiotico vancomicina. Mentre i ricercatori avevano già individuato un gene, chiamato esp, che sembra rendere E. faecalis più virulento, la stessa osservazione non era stata fatta per E. faecium. Il gruppo di ricercatori, guidato da Rob Willems, ha quindi studiato l'eventuale presenza del gene esp nei ceppi di E. faecium resistenti alla vancomicina. È così risultato che in 15 ceppi dei 16 responsabili di epidemie ospedaliere era presente il gene esp, il quale è viceversa assente nei ceppi innocui. Al momento non è ancora chiaro con quale meccanismo questo gene renda i batteri più pericolosi, ma scoprirlo potrebbe essere la chiave per combatterli. Poiché il gene codifica per una proteina che risiede sulla superficie della cellula, i ricercatori ipotizzano che essa permetta a questi enterococchi di colonizzare tessuti dove altri batteri non riescono ad attecchire. _____________________________________________________________ Repubblica 17 mar. '01 VENE MALATE, L'ITALIA PEGGIORA Troppa auto e tv, ma ora ci si mette anche l'effetto serra In venti milioni soffriamo di guai ai vasi sanguigni e si abbassa l'età dei pazienti. I consigli per la prevenzione ELENA DUSI ROMA - Sempre più in macchina, alla scrivania o davanti alla tv. E a soffrire sono le vene, soprattutto delle gambe. Venti milioni di italiani (uno su tre) hanno problemi ai vasi sanguigni. Le donne sono il triplo degli uomini. L'età di insorgenza di questa malattia - in progressivo calo - ha raggiunto la preoccupante soglia di 15 anni. Si va dai semplici capillari in evidenza, fino a varici e trombosi vere e proprie. La comparsa di problemi nei bambini fa supporre anche una causa genetica per la malattia. Ai danni della vita sedentaria, oggi, si aggiungono anche quelli del clima. Effetto serra e riscaldamento globale sono infatti dei killer per la circolazione sanguigna. "Negli ultimi tempi - spiega Claudio Allegra, presidente del collegio italiano di flebologia - osserviamo molti più casi di questa malattia. Il clima caldoumido è infatti un nemico dei pazienti affetti da varici. E ormai il freddo nelle nostre città si limita a un paio di mesi all'anno". La variante più grave del "mal di vene", la cosiddetta Forma Cronica Evolutiva, secondo i dati Istat del '99 affliggerebbe il 13% della popolazione italiana. Su questi malati pende la spada di Damocle della fatale trombosi, diventata la terza causa di morte per malattia cardiovascolare, dopo infarto e ictus. Occorre correre ai ripari. Così il collegio italiano di flebologia ha deciso di varare le prime linee guida per conservare al meglio la salute delle vene. L'elenco dei buoni consigli sarà discusso a Roma a settembre nel corso del congresso mondiale di flebologia, ma è già stato anticipato ieri nel corso di un incontro fra specialisti. Evitare macchina e motorino, caminare molto, mangiare verdure ricche di fibre, evitare il sovrappeso, non accavallare le gambe, non indossare scarpe che stringono il piede e impediscono la libera circolazione del sangue. Al bando gli zatteroni delle adolescenti. "La mancanza di moto - prosegue Allegra - è una causa scatenante per la comparsa di problemi. Soprattutto quando la sedentarietà è associata a una posizione scorretta delle gambe, ai lunghi viaggi in macchina, moto o autobus, o agli ambienti pressurizzati come sugli aerei. Ma il problema non riguarda solo chi viaggia in classe economica. Tra le vittime illustri della trombosi dovuta ai viaggi aerei c'è anche il presidente americano Richard Nixon". Rispetto al passato, la salute delle vene è peggiorata. "Le nostre nonne - spiega Anna Rita Todini, primario di angiologia al San Camillo di Roma - stanno meglio delle giovani di oggi: non erano in sovrappeso e facevano molto moto". Il legame con il riscaldamento globale non è casuale: "La Terra - sostiene Giovanni Battista Agus, chirurgo vascolare dell'università di Milano - è diventata un termosifone impazzito. In casa fa sempre caldo. Così in ufficio e al cinema". Al primo posto nella categoria a rischio sono le casalinghe. L'età critica è fra i 40 e i 50 anni. "Le donne che lavorano in casa - spiega Allegra - devono fare molta attenzione ai primi sintomi: gonfiore e comparsa di piccole venuzze scure sugli arti inferiori". Immediatamente dopo, nella classifica del rischio, vengono parrucchiere e cassiere. Fra gli uomini i più colpiti dal mal di vene sono bancari, fornai e notai. _____________________________________________________________ L'Unione Sarda 14 mar. '01 SASSARI: CONVENZIONE CON LA ASL E POLICLINICO Sassari. La Convenzione Università-Asl, il Policlinico universitario e le residenze per gli studenti sono stati i due argomenti che hanno caratterizzato i lavori congressuali della Cisl Università. Al congresso, presenziato dal segretario nazionale Mimmo Di Simone hanno partecipato le maggiori autorità accademiche (il rettore Maida, il pro rettore Mastino, il delegato rettorale per le problematiche del personale lio Mura, il direttore amministrativo) e, per la prima volta, anche i rappresentanti degli studenti in Senato Accademico e consiglio di amministrazione dell'Ateneo e il segretario della Cisl-Università di Cagliari oltre a un saluto del sindaco di Sassari. Tra i vari argomenti evidenziati nella relazione del segretario generale Piero Canu, l'assemblea ha voluto rimarcare lo stato di disagio di tutto il personale (medico e tecnico-amministrativo) della facoltà di medicina inserito nella convenzione esistente tra l'università e la Usl, al quale a distanza di 14 mesi ancora non sono state pagate le spettanze di legge. A ciò deve aggiungersi la lacunosità della "realtà Policlinico Universitario" che se da un lato è stata fortemente sostenuta e voluta dal rettore dall'altro non si è ancora tradotta in atti concreti (vedi firma accordo tra l'università e l'assessore regionale alla sanità per l'inserimento delle strutture universitarie all'interno del Policlinico universitario). "La firma di tale atto - dice Canu - consentirebbe l'inserimento di tutto il personale operante all'interno della facoltà di medicina nel Policlinico e inoltre all'Università di attivare tale struttura "in completa autonomia dall'azienda Usl n. 1" (considerate le difficoltà nei rapporti sinora incontrati) elevandone la qualità del servizio assistenziale rispetto agli attuali standard". Sul tema Policlinico Universitario e sui suoi riflessi sul sistema sanitario del territorio e regionale la Cisl-Università ha comunicato che organizzerà, a breve, una giornata di studio nell'Ateneo di Sassari alla quale verranno invitati a partecipare i rettori delle due università della Sardegna, unitamente all'assessore regionale alla sanità e ai sindaci dei comuni dei territorio interessati. Ma in merito a queste preoccupazioni non è stata data alcuna comunicazione. Residenze universitarie: sul tema la Cisl-Università condivide i recenti orientamenti espressi dai massimi rappresentanti dell'Ateneo in ordine all'impegno diretto dell'amministrazione universitaria affinché si possa dare un contributo effettivo alla risoluzione del problema. Particolarmente significativo l'intervento del rettore che sul tema specifico delle residenze universitarie ha comunicato ufficialmente che l'università interverrà direttamente in termini di investimenti finanziari volti alla costruzione o acquisizione di quattro strutture destinate allo scopo. _____________________________________________________________ L'Unione Sarda 17 mar. '01 POLICLINICO: SCIOPERO Cagliari. Tutte le attività di ambulatorio del Policlinico universitario saranno sospese per cinque giorni, da lunedì a venerdì, a causa dello sciopero proclamato dai docenti medici e dai tecnici. Lo comunica la direzione amministrativa dello stesso Policlinico. _____________________________________________________________ L'Unione Sarda 16 mar. '01 POLICLINICO: QUEL REFERTO NON È MAI PRONTO La sacerdotessa alla tastiera è gentile. Ma non certo a suo agio. Seppur diligentemente, digita con serena pacatezza (e con un solo dito) i dati sul computer. Ma il responso lo fornisce in tempo reale l'oracolo tecnologico: "Il suo referto non è ancora pronto. L'esame è in corso". "Ma come, il sangue me l'hanno tolto il 25 gennaio...quasi due mesi fa....ho pagato un ticket di 37 mila lire, sono malata di cuore...È la terza volta che vengo qui ...Guardi bene per favore. Mio cugino (la signora butta lì, a effetto, nome e titoli accademici di un primario, ndr) mi ha detto di presentarmi oggi, i risultati dovevo portarli al cardiologo...". A chi tocca? Interrogato ancora una volta l'orocolo fornisce la stessa risposta: esame in corso. "No signore, neppure il suo referto è ancora pronto, poteva telefonare però...sa in laboratorio sembra che manchino i reagenti...". La signora Maria S. e il signor Marco sono fortunati ma non sanno di esserlo. Il loro contrattempo (ricerca di parcheggio, mezza mattina rubata al lavoro, ticket pagato in anticipo) è ben poca cosa rispetto all'esperienza di un'altra donna con gravi problemi tiroidei che aveva raccontato urbi et orbi la sua storia di "paziente esterna" in attesa di referto ai forzati del ticket davanti all'ufficio numero 5 del Policlinico universitario, in via San Giorgio. "Sono venuta tre volte, il referto non era pronto - ha detto rassegnatamente la donna - "Visto che c'è signora", mi hanno detto l'ultima volta, "le dispiace se le facciamo un altro prelievo di sangue?"". No, il suo campione di sangue non era finito nei frigoriferi sepolti negli scantinati dei laboratori, non se lo erano perso i tecnici. Ma forse era scaduto come uno yogurt dopo due mesi di attesa dei reagenti chimici necessari ad analizzarlo. Reagenti che le ditte produttrici inviano in città con una certa riluttanza (e ovviamente solo in cambio di contante) a causa del mostruoso debito (si parla di oltre 7 miliardi) non ripianato dalla Regione che non ha ancora approvato la Finanziaria? Oppure perché l'ufficio economato non invia per tempo gli ordini necessari? O forse perché l'organizzazione del Policlinico fa acqua da tutte le parti? Cortese e accorata, dietro un fiume di parole la responsabile dell'ufficio relazioni esterne del Policlinico ipotizza, sostiene, giustifica ma di fatto non fornisce alcuna spiegazione dei ritardi da struttura sanitaria afgana. Negli uffici di via San Giorgio una infermiera scuote il capo. Lo sguardo è di commiserazione: "E lei viene ancora qui? - dice - Lo sa che anche noi, quando ci servono delle analisi, andiamo da un'altra parte...". È confortante incontrare qualcuno finalmente fiducioso. Marco Landi ================================================================== _____________________________________________________________ La Stampa 14 mar. '01 SPARISCONO IL MOUSE E LA TASTIERA Luciano Simonelli E' grande come un foglio di carta del formato A4: quello che si usa per le lettere e le stampanti, ha lo spessore di poco maggiore di un normale blocco per appunti, è dotato di una penna elettronica, pesa un po' meno di un chilo e pare essere la risposta definitiva per tutti coloro che, nel 2001, si ostinano a dire che al computer non passeranno mai. Il "Tablet Pc", così si chiama, apre davvero una nuova frontiera nel mondo dei personal computer. Sì, perché scompaiono mouse, tastiera, supporto per l'hard disk. Tutto si comprime nello spazio del video del più piatto dei portatili. Dick Brass, un nome e un volto per la storia dei padri fondatori delle nuove tecnologie - è stato lui, tra l'altro, il creatore nel 1981 del Random House Electronic Thesaurus, il dizionario che ben conosce chiunque scriva al computer - mostra con orgoglio questa "nuova creatura" nata da Microsoft, l'azienda in cui è vicepresidente per lo sviluppo tecnologico, in particolare di software per l'editoria elettronica, dei dispositivi eBook e dei palmari. E' ancora un prototipo quello che presenta a Milano, nell'attesa che - si prevede tra diciotto mesi - questa nuova frontiera del computer giunga sul mercato con il marchio dei vari produttori di hardware. Il Tablet PC, grazie a una versione di Microsoft Office ottimizzata, può essere usato come un vero e proprio foglio di carta, spiega Brass. Può conservare in memoria qualsiasi appunto che venga tracciato a mano con la penna elettronica come anche annotazioni al margine di documenti. E tutto questo può essere trasmesso a chi si desidera, tramite un collegamento wireless. Se qualcuno vorrà poi usarlo con gli strumenti di un computer tradizionale sarà naturalmente possibile collegarvi un mouse, una tastiera e anche un altro monitor. Ma questo pare quasi "un insulto" per il Tablet Pc che, grazie alle alte prestazioni dei chip X86 e alle più recenti innovazioni tecnologiche nelle alte risoluzioni, negli schermi LCD a basso consumo e nelle batterie a lunga durata. Oltre che per le sue funzioni di Pc, questo block notes elettronico diventerà un altro comodo "supporto" su cui poter leggere i neonati eBook, la nuova frontiera dell'editoria. Con questo apparecchio si conferma la tendenza a creare strumenti capaci di integrare in sé varie modalità d'uso e più maneggevoli. In quest'ultimo senso, il top si raggiungerà quando irromperà sul mercato la ePaper, cioè la carta elettronica (ne abbiamo parlato su "Tuttoscienze" il 23 febbraio 2000, accanto a un ampio servizio sull'eBook che, tra l'altro, divenne spunto per un tema dell'esame di maturità). Ma questa è un'altra storia, che secondo alcuni si incomincerà a scrivere entro la fine del 2001.