I RETTORI: "LA RIFORMA NON SI TOCCA" UNIVERSITÀ, LIBRO BIANCO DEI RETTORI UNIVERSITÀ, ALLARME DEI RETTORI I RETTORI: AGLI ATENEI MILLE MILIARDI IN PIÙ OGNI ANNO I NOSTRI FIGLI VITTIME DI UNA SCUOLA AMMALATA DI STATALISMO RIFORMA, L'ULTIMO INCUBO DEGLI STUDENTI LE UNIVERSITÀ SI ALLEANO ALLE IMPRESE LEVI MONTALCINI: I CONCORSI UNIVERSITARI SONO TRUCCATI CAGLIARI: L'UNDICESIMA EDIZIONE DELLA SETTIMANA DELLA CULTURA PROF. CALABRESE CONDANNATO PER ASSENTEISMO IL PREZZO DEL SAPERE: DUE MILIONI L'ANNO PER STUDIARE SAPIENZA: IL RETTORE TRATTA SULLE TASSE ================================================================== "PREFERITI GLI OSPEDALI PUBBLICI" GLI USA "INCORONANO" VERONESI TRA I 4 CHIRURGHI DEL SECOLO POLICLINICO TRAVOLTO DAI DEBITI (anche a Roma) IL NUOVO OSPEDALE SARÀ COSÌ" ERRORI MEDICI: 800 MILIARDI DI RISARCIMENTI DEFICIT SANITARI, TREGUA STATO-REGIONI, MA PESANO I RAPPORTI CON L'UNIVERSITÀ IN ITALIA SERVONO ALMENO 100MILA INFERMIERI IN PIÙ IL GENE DEL SESSO VIA AI TRAPIANTI DI FEGATO DA VIVENTE. LA GUERRA AGLI STREPTOCOCCHI ARRIVA LA SUPERPILLOLA ANTINFARTO MA È NUOVA LA TERAPIA DEL DOLORE? NEURONI FRESCHI ================================================================== INDIRIZZI WEB, NUOVE REGOLE PIÙ RESTRITTIVE ================================================================== ________________________________________________________ Repubblica 23 mar.01 I RETTORI: "LA RIFORMA NON SI TOCCA" Incontro con Rutelli e Berlusconi MARIO REGGIO ROMA - La riforma dell'università non si tocca. È il messaggio lanciato ieri dal Presidente della Conferenza dei Rettori, Luciano Modica, che ha annunciato di aver consegnato il libro bianco sulla situazione dell'Università, oltre che al Presidente della Repubblica, anche a Francesco Rutelli e Silvio Berlusconi, nonché ai leader delle altre formazioni politiche in lizza per le prossime elezioni. "Ci incontreremo con Rutelli e poi con Berlusconi nei prossimi giorni - ha annunciato il professor Modica, al termine dell'assemblea della Crui a cui hanno partecipato i 70 rettori degli atenei pubblici - e da loro ci aspettiamo una risposta alle nostre richieste, al decalogo di doveri e diritti che la Conferenza dei Rettori ha elaborato. Ma, ripeto, la riforma dell'Università non si tocca, perché bloccarla provocherebbe un disastro clamoroso. Gli Atenei si sono già attrezzati per la riforma della didattica, la laurea triennale e quella specialistica. Tutto può essere migliorato, ma l'impianto generale che uniforma la struttura italiana a quella degli altri paesi europei è un caposaldo imprescindibile per uscire dalle difficoltà endemiche dell'università". Cosa propongono i Rettori? Mettere al centro del sistema lo studente, stabilire un patto con i cittadini perché le università vengano considerate una risorsa strategica, quindi finanziamenti adeguati per raggiungere i livelli degli altri paesi europei. Ma il patto prevede anche doveri per la classe docente: formazione e ricerca aperte alle esigenze della società, valutazione dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati, superamento delle logiche corporative e individualistiche. "La sfida è che la nuova Università della riforma porti almeno il 70 per cento degli iscritti a conseguire la laurea triennale nell'arco dei prossimi dieci anni, contro il 45 per cento che oggi conclude il percorso di studi - annuncia il professor Modica - abbiamo però bisogno di poter premiare i nostri professori migliori in modo che venga incentivato l'impegno nell'università. E laddove esistono isole di corporativismo, poter disporre dei mezzi giuridici e del potere, attraverso gli organi collegiali, di intervenire, e questo al momento manca". L'INTERVENTO LUCIANO MODICA Sarà presentato oggi a Roma il libro bianco della Conferenza dei rettori delle università italiane. Quello che segue è un contributo del presidente della Conferenza luciano modica A tutta la società è rivolta l'iniziativa della Conferenza dei Rettori che presenta oggi un libro bianco sullo stato delle università italiane con il significativo sottotitolo "La carta dei doveri e dei diritti nell'anno del cambiamento". È un contributo di analisi e di proposte alle strategie sulla formazione superiore e la ricerca in Italia, in base al quale i rettori chiedono all'opinione pubblica e al mondo politico di considerare le università, nei fatti e non solo nelle parole, come un bene strategico. Ai cittadini i rettori propongono di stringere un patto di fiducia con le università. I diritti degli studenti, delle loro famiglie, del mondo del lavoro, del mondo della cultura devono diventare precisi doveri degli atenei e del loro personale docente e tecnico-amministrativo. Viceversa la società e i singoli cittadini hanno il dovere di riconoscere e di sostenere il diritto delle università di poter svolgere al meglio i loro compiti nell'interesse di tutti. Ai partiti politici che si fronteggeranno tra breve nell'elezione del Parlamento i rettori chiedono di inserire esplicitamente nei programmi quali siano il ruolo e gli obiettivi assegnati al sistema universitario e quali gli impegni concreti in termini di risorse e di certezze legislative nei confronti delle università, degli studenti, del personale. I dieci doveri che il libro bianco della Conferenza dei Rettori indica per le università sono espressi con chiarezza e concretezza. Si va dalla centralità degli studenti nelle attività didattiche alla difesa della qualità nella didattica, nella ricerca e nel reclutamento del personale; dall'adozione di politiche di formazione e di ricerca sempre più consone con le esigenze della società all'attenzione al territorio e al sistema delle imprese; dalla centralità della ricerca come investimento primario per lo sviluppo armonico della società al rispetto della persona e delle diversità tra le persone affinché le università restino sempre luogo di confronto e di crescita; dalla necessità di superare logiche accademiche corporative e individualistiche a quella di affermare una nuova deontologia della professione docente e di adottare metodologie efficienti, trasparenti e innovative nella gestione degli atenei. Parallelamente, e in diretta corrispondenza con gli obiettivi che esse saranno capaci di raggiungere rispetto agli impegni presi, le università chiedono: adeguati stanziamenti finanziari e investimenti infrastrutturali per la riforma didattica che si avvia e per aumentare la competitività della ricerca; un pieno riconoscimento e un rafforzamento del ruolo dell'università come risorsa strategica del Paese e della ricerca universitaria come fattore primario di innovazione; che sia migliorato e reso più efficace il sistema di sostegno agli studenti capaci delle famiglie meno abbienti, affinché i giovani migliori possano far fruttare i loro talenti nelle sedi e negli studi che preferiscono; di essere continuamente valutate (e quindi premiate o punite) con precise e trasparenti strategie nazionali di valutazione della qualità; adeguati strumenti legislativi e regolamentari per poter gestire l'innovazione e la competizione in un quadro normativo certo. È un'università nuova questa che si presenta all'opinione pubblica: l'autonomia statutaria concessa dalla legge nel lontano 1989, quella finanziaria che il governo Ciampi impose nel 1994 e che ha enormemente contribuito alla modernizzazione della gestione degli atenei, quella didattica che ha permesso di iniziare nel 1999 il lavoro di riscrittura completa dell'offerta didattica universitaria, in linea con la Dichiarazione di Bologna in cui i ministri dell'università di tutta Europa si sono impegnati a creare lo spazio europeo dell'educazione superiore. I 77 atenei italiani sono decisamente sottofinanziati rispetto agli standard europei ma non hanno paura di impegnarsi in una competizione sempre più dura per avere più finanziamenti e più studenti, si muovono con decisione e con sempre maggiore successo nel mercato dei finanziamenti privati e pubblici della ricerca, sanno sperimentare nuovi percorsi formativi, nuove tecnologie didattiche, nuove linee di ricerca in collaborazione con il mondo delle imprese e del lavoro. Atenei, insomma, in cui si guarda più alla domanda di formazione e di ricerca che all'offerta. La legislatura appena conclusa, insieme a tanti provvedimenti importanti approvati, ne ha purtroppo lasciati altri incompiuti. Primo fra tutti un nuovo stato giuridico dei docenti adatto per affrontare le sfide dell'autonomia didattica e della competizione degli atenei e per risolvere l'ormai ventennale situazione incerta degli attuali ricercatori. Mancano anche gli ultimi fondamentali tasselli dell'autonomia statutaria ed è sempre più urgente un sistema certo di recupero nei prossimi anni dei forti debiti di cassa che lo Stato ha contratto nei confronti delle università costringendole a maturare a loro volta debiti di cassa, con rallentamento degli investimenti in edilizia e ricerca, oppure ad indebitarsi con le banche. I rettori, nel loro libro bianco, non entrano in questi dettagli. Talora soffrono sì, mutatis mutandis, di quei complessi di Sisifo (il macigno burocratico), di Tantalo (l'allontanamento perpetuo degli obiettivi) e di Damocle (la rischiosa spada della responsabilità amministrativa) che Luciano Vandelli aveva acutamente individuato qualche anno fa in un saggio sui sindaci. Ma sono convinti che serva innanzitutto un discorso alto e insieme fattivo, su cui chiamare a raccolta i concittadini e che valga a qualificare l'Università come una risorsa strategica della nazione da sostenere, da valutare e, quando necessario, da criticare, perché ad essa sono affidati i nostri giovani e quindi il futuro di noi tutti. ________________________________________________________ Repubblica 22 mar. '01 UNIVERSITÀ, LIBRO BIANCO DEI RETTORI Ecco la carta dei diritti e doveri per rilanciare la riforma Lo stato di salute dei nostri atenei: oggi sarà presentato a Roma il nuovo piano. Più finanziamenti per creare più laureati MARIO REGGIO ROMA -Dove va l'università italiana? Qual è il suo stato di salute? Quali possibilità ha la riforma degli atenei di non impantanarsi nelle secche della politica e della burocrazia? Per scongiurare il pericolo che l'università piombi nel caos, la conferenza dei Rettori ha deciso di presentare un libro bianco e lancia un messaggio agli studenti, alle famiglie, ai docenti e ai politici. Un patto d'alleanza "che proponiamo a tutti i cittadini, in cui le università chiedono che vengano riconosciuti i loro diritti, ma sanno altrettanto bene di dove adempiere ai loro doveri", come spiega il professor Luciano Modica, presidente della Conferenza dei Rettori, nell'intervento pubblicato in questa pagina. Il libro bianco, che verrà presentato stamattina a Roma nella sede della Luiss, alla presenza dei 77 rettori italiani, non nasconde carenze e ritardi. Sott'accusa, tra l'altro, le storiche dimenticanze da parte del mondo politico: un'università che si è adeguata, a livello legislativo, ai cambiamenti della società sempre e solo con notevole ritardo. Situazione poco allegra anche sul fronte economico: se è vero che le ultime due finanziarie hanno incrementato il fondo di finanziamento ordinario degli atenei, è altrettanto vero che gli stanziamenti sono quasi tutti finiti a coprire l'aumento del costo del personale. Oggi, dunque, lo scarto rispetto all'Europa oscilla tra i 3 mila 50 e i 4 mila miliardi l'anno. L'Italia investe nell'università lo 0,7 per cento del Prodotto interno lordo, contro una media dello 0.9 rispetto a Francia, Germania e Inghilterra. In soldoni lo Stato investe solo 300 mila lire l'anno per ogni studente universitario. Note dolenti anche per gli studenti: il 60 per cento dei giovani che s'iscrive non raggiunge la laurea. E chi riesce a raggiungere il traguardo, nella maggioranza dei casi, lo fa in ritardo rispetto agli anni di corso previsti. Nel '98, su 140.128 laureati, solo il 15 per cento ha sostenuto la tesi nei tempi indicati dagli ordinamenti didattici. Ecco perché la riforma, che è già legge del Parlamento, prevede l'orientamento prima dell'immatricolazione, snellisce i programmi, riduce le materie, introduce i crediti e divide la laurea in due tipologie: quella triennale e quella specialistica di durata biennale. Manca, però, l'ultimo tassello: il Parlamento non ha approvato la legge sul nuovo stato giuridico dei docenti, che tra l'altro prevede un aumento da 250 a 500 ore annuali d'insegnamento, e una diversa retribuzione tra chi dedica tutto il suo tempo all'ateneo e chi sceglie di svolgere anche l'attività privata. Così, perché la riforma non si areni, perché l'Università diventi una risorsa strategica del Paese, la Conferenza dei Rettori presenta la Carta dei diritti e dei doveri, che mette al centro del sistema lo studente, chiede adeguati finanziamenti e assicura la costante valutazione della qualità e dei risultati degli atenei. ________________________________________________________ Il Messaggero 22 mar. '01 UNIVERSITÀ, ALLARME DEI RETTORI di ANNA MARIA SERSALE pericoli che corre la stessa riforma. Rispetto alle università di Francia, Germania e Gran Bretagna i finanziamenti statali da noi sono inferiori di 3.500/4.000 miliardi l'anno. L'Italia investe lo 0,7% del Pil, mentre la media dei paesi europei è dello 0,9%. Tra la fine degli Anni Cinquanta e gli inizi degli Anni Sessanta si è avuto un boom di iscrizioni. L'Università non è più d'élite, diventa di massa. In un decennio (1957/58-1965/66) il numero degli studenti raddoppia, passando da 220 mila a 405 mila. Poi la corsa alla laurea continua. Un cambiamento epocale per l'Italia degli anni dello sviluppo economico. Ma i governi che si sono succeduti, accusano i rettori, non sono stati all'altezza del compito: "Non hanno investito a sufficienza, non hanno creduto nel ruolo strategico degli atenei, da cui in gran parte dipende il futuro del Paese, sempre più impegnato nel competere sui mercati non solo europei". Quanto spende lo Stato per l'Università? Trecentomila lire l'anno a studente. "Una cifra irrisoria - sostengono i rettori, che oggi presentano un libro bianco sui mali delle facoltà -. Anche la produttività è scarsa: il 60% degli iscritti non raggiunge la laurea". Secondo gli ultimi dati gli studenti fuori corso sono 628.400, circa il 37% degli iscritti. Dei 140.128 laureati nell'anno '98, meno del 15% ha raggiunto il titolo nei tempi previsti. Il 20% si è laureato al primo anno fuori corso, un altro 20% al secondo, mentre la maggior parte, oltre il 45%, è diventata "dottore" dopo il terzo anno fuori corso. Un sistema di "parcheggio" che allunga i tempi di uscita e rende meno efficaci sul mercato i titoli di studio raggiunti. E' la prima volta che i responsabili degli atenei scendono in campo così decisamente. Lo fanno presentando anche una "Carta dei diritti e dei doveri". Non è solo un documento di denuncia. I rettori, nella lista dei doveri, sono pronti a mettere da parte "il superamento di logiche corporative e individualistiche". E affermano la "centralità dei diritti degli studenti". Annunciano anche "trasparenza e comportamenti innovativi nella gestione delle università". Una rivoluzione nella rivoluzione, non c'è dubbio. Nel momento in cui rivendicano con forza che venga loro riconosciuta l'importanza di "risorsa strategica", i rettori fanno il mea culpa e consegnano l'intera categoria dei docenti ad una deontologia nuova. E perché la riforma produca veramente i suoi "effetti positivi", la Conferenza dei rettori intende offrire un contributo alla definizione delle scelte di governo per innalzare la qualità della formazione superiore e della ricerca. Alla presentazione del volume parteciperanno tutti i rettori degli atenei italiani, con il presidente della Crui, Luciano Modica. "La nostra società vive una fase nella quale la conoscenza è il motore della ricerca - dicono i rettori - ed è il sapere che crea la ricchezza. Se non si capisce questo, andiamo fuori strada. Siamo spaventati all'idea che i governi ripercorrano vecchie strade, ingarbugliando la vita delle università con leggi, leggine e decreti che puntualmente vengono definiti epocali, ma la cui attuazione, per mancanza di adeguati stanziamenti, finisce per gravare sulle spalle dei docenti e degli stessi atenei". "Nello stesso tempo - aggiungono i professori in ermellino - è necessario che la stagione delle riforme raggiunga il suo punto di equilibrio: l'università non può essere trasformata in un cantiere permanente. Né si può perdere l'occasione della nuova riforma, che segnerà una transizione storica: si passerà dal tradizionale sistema a un solo livello di laurea, a un sistema articolato su due livelli (tre anni, o cinque, poi master o dottorato, ndr)". "E' una sfida colossale - continuano i rettori nel loro libro di denuncia -. Una sfida che ha costretto gli atenei a rivedere i loro curricula universitari e crearne di nuovi, per una società che si rinnova a ritmi straordinari". Le risorse economiche sono limitatissime: allo sviluppo del sistema universitario lo Stato riserva in bilancio solo 250 miliardi l'anno, poco più del 2% del finanziamento ordinario. E su questo i rettori attaccano con durezza: "Il pericolo è che - sottolinea il documento della Conferenza - quella che è stata definita come la riforma più imponente dell'Università si riduca a una semplice riverniciatura di facciata". Poi aggiungono: "Vogliamo anche che almeno il 60-70% degli iscritti consegua con serietà e profitto un titolo universitario con solidi contenuti professionalizzanti". ________________________________________________________ Il sole24Ore 23 mar. '01 I RETTORI: AGLI ATENEI MILLE MILIARDI IN PIÙ OGNI ANNO "Bisogna adeguare gli investimenti alla media degli altri Paesi europei" L'incontro a Roma ROMA - Mille miliardi in più all'anno per l'università. La richiesta arriva dalla Conferenza dei rettori, secondo i quali l'investimento è necessario per raggiungere il livello medio degli atenei europei. L'occasione per fare il punto sullo stato di salute delle università italiane è stata la presentazione del "libro bianco" in cui è contenuta la carta dei diritti e dei doveri nell'anno della riforma. I numeri resi noti ieri parlano chiaro: lo Stato italiano investe per ogni studente il 40 per cento in meno degli altri Paesi. Secondo i rettori, la situazione è addirittura peggiore per gli investimenti infrastrutturali, per la ricerca scientifica e per i finanziamenti statali: le nostre università ricevono 4.000 miliardi di lire all'anno in meno rispetto a quelle di Francia, Germania e Gran Bretagna. La sfida della nuova università è quella di portare, nell'arco di dieci anni, almeno il 70 per cento degli iscritti a conseguire la laurea triennale: adesso solo il 45 per cento riesce a raggiungere il titolo. Il picco massimo degli abbandoni "è stato raggiunto agli inizi degli anni '90, con una percentuale del 68 per cento degli iscritti", ha sottolineato il presidente della Crui (Conferenza dei rettori universitari italiani) Luciano Modica. Un altro dato negativo è quello della durata del percorso di studi: sette anni e mezzo, in media, nel '98. "E' vero che per molti giovani l'università diventa spesso un parcheggio - ha sostenuto il numero uno della Crui - ma una delle cause è anche l'eccessiva ampiezza dei programmi. La laurea triennale costringerà a ripensarli e, contemporaneamente, modificherà gli atteggiamenti dei docenti". ________________________________________________________ Il Corriere della Sera 21 mar. '01 I NOSTRI FIGLI VITTIME DI UNA SCUOLA AMMALATA DI STATALISMO Gli atenei devono essere liberi di istituire nuovi corsi di laurea Alberoni Francesco DISCUSSIONI Troppi difetti nel pianeta istruzione. L' università bloccata da vecchie regole e corporazioni: serve una vera autonomia I nostri figli vittime di una scuola ammalata di statalismo L' istruzione ha due compiti che vanno integrati. Da un lato fornire conoscenze e strumenti per adattarsi al mondo contemporaneo e inserirsi nel lavoro. Dall' altro insegnare a pensare, a studiare, a creare, ad appropriarsi del patrimonio culturale della nostra civiltà. La scuola italiana ha problemi su entrambi i fronti. Essa va arricchita di contenuto tecnico, posta in rapporto con la realtà sociale e il mercato del lavoro, stimolata alla concorrenza. Ma nello stesso tempo deve correggere il pensiero frantumato, favorito dalla tecnica applicata in m odo frettoloso. Nella nostra scuola, da quella materna all' università, pur assimilando e usando tutta la tecnica moderna, computer, Internet, va recuperato il rapporto umano, la riflessione, la discussione, la capacità di comunicare, argomentando in modo rigoroso e salvando e arricchendo il patrimonio culturale del nostro Paese e della nostra civiltà. Parlando della scuola materna, elementare e media mi preme sottolineare soprattutto un problema. I genitori sono molto preoccupati per i loro figli. Quando sono piccoli perché non sanno a chi affidarli mentre sono al lavoro. Quando sono adolescenti perché non sanno dove sono, cosa fanno, e temono che possano frequentare cattive compagnie e la droga. L' Italia ha assolutamente bisogno di scuole, statali o non statali, che funzionino dalle 8 del mattino alle 18-19 di sera, come dei college. I bambini e i ragazzi dovrebbero prendervi le loro lezioni, mangiare, poi giocare, fare sport, imparare a usare il computer, ma anche ad avere comporta menti adeguati, guardare tv e film di qualità, studiare le lingue, fare i compiti e, alle sei, sette di sera, tornare a casa senza altri problemi, per poter stare con i genitori, dialogare con loro. Una scuola in cui si incontrino le generazioni, che scarichi la famiglia di compiti impossibili, e protegga i giovani dai pericoli più gravi della nostra epoca. Questo tipo di scuola, pubblica o privata non importa, è inoltre indispensabile se vorremo integrare alla civiltà europea anche i figli degli extracomunitari. Se non provvediamo per tempo ci troveremo un sottoproletariato che non parla bene nemmeno la nostra lingua. L' università italiana è anchilosata da vecchie regole, corporazioni. È ammalata di statalismo. La cosiddetta autonomia universitaria non esiste. Il Cun (Consiglio universitario nazionale), il ministero, il parlamento, fanno uscire, con valore di legge, un testo che regolamenta minuziosamente le discipline, il modo di insegnare, tutto. Assurdo. Inoltre lo Stato, d i fatto, distribuisce il denaro nello stesso modo, sia a chi fa bene sia a chi fa male. E lo farà sempre finché non ci sarà vera concorrenza. Anche il reclutamento dei docenti e dei ricercatori è statalistico. Le università non possono scegliersi i professori che ritengono adatti. Li sceglie una commissione eletta da tutti i professori d' Italia con un meccanismo elettorale controllato da conventicole o partiti organizzati. Per cui vengono promossi soprattutto quelli più ubbidienti alle direttive del gruppo. Un meccanismo che non tiene conto delle concrete esigenze dell' ateneo e penalizza le persone più creative e indipendenti. Cosa fare? È venuto il momento di dare una vera autonomia agli atenei e perciò: 1) Eliminare il Cun ormai inutile, e lasciare che le università istituiscano corsi di laurea con i programmi che ritengono più adatti senza vincoli, obblighi imposti dall' alto, ma pensando solo a cosa serve per formare gli studenti e per inserirli nel mercato del lavoro. 2) Dare responsabilità economica. Se una università vuol abbassare le tasse le abbassi, se un' altra vuol aumentarle per fornire nuovi servizi, nuovi insegnamenti, le aumenti. Poi saranno le famiglie a scegliere quelle che offrono un insegnamento migliore e un lavoro sicuro. 3) Aiutare le università non statali, che si mantengono con le tasse degli studenti e fanno risparmiare denaro allo Stato. 4) Aiutare le università statali che fanno bene, che scelgono buoni professori, che fanno buoni programmi e hanno successo. 5) Stabilire che, nei concorsi universitari, la commissione giudicatrice venga fatta da professori indicati dall' università, fra i maggiori esperti del settore. 6) Lasciare sempre che siano le famiglie e gli studenti a premiare chi fa buone scelte e a penalizzare chi fa scelte sbagliate. Francesco Alberoni ________________________________________________________ L'Unione Sarda 21 mar. '01 RIFORMA, L'ULTIMO INCUBO DEGLI STUDENTI Università che cambia Ma i vertici rassicurano: "Arriveranno nuove strutture e denari per l'aggiornamento" Polemica sul futuro delle facoltà umanistiche: "Che fine faranno?" L'università di Sassari ha paura della riforma. O almeno delle conseguenze che potrà portare sulla struttura didattica. Forse per esorcizzare il nuovo che incombe, gli studenti si mobilitano per cercare di capire che fine faranno fra qualche mese. È questo il senso della serata-dibattito organizzata dall'associazione studenti di Lettere - studenti Umanisti, alla prima uscita ufficiale, dal titolo "Quale futuro per le facoltà umanistiche?" e che si è tenuto ieri sera nell'aula magna della facoltà di Lettere. "Scopo del convegno è cominciare a capire la rivoluzione che stanno attraversando tutte le facoltà sassaresi - ha spiegato nell'introduzione Ignazio Locci, presidente del Consiglio degli studenti e ieri nelle vesti di moderatore - L'evoluzione della struttura universitaria sarà determinante anche per la giusta comprensione dei futuri sbocchi occupazionali degli studenti che gravitano intorno alla nostra città". Particolarmente denso di riflessioni e spunti l'intervento del pro-rettore Attilio Mastino, che salutando la platea a nome del rettore Alessandro Maida, ha ripercorso in pochi minuti le vicende dei cambiamenti interni all'ateneo turritano. "Entro la fine del mese - ha spiegato Mastino - il pacchetto di riforme proposto dal Senato accademico in questi giorni, dopo la consultazione delle forze politiche, sociali e imprenditoriali presenti nel territorio, sarà approvato, dando così formalmente il via alla vera e propria riforma". Mastino si è poi soffermato sulle reali novità collegate alla rivoluzione proposta dal ministero. "Innanzitutto - ha chiarito alla platea formata per lo più da studenti - sono in arrivo soldi e strutture. Un esempio? Ieri l'università ha acquistato dalla Provincia le strutture dell'ex Centro ecologico destinandole definitivamente alla facoltà di Economia. E poi - ha proseguito Mastino - bisogna ricordare il Centro linguistico di ateneo, le potenzialità dell'orto botanico, i vari laboratori e l'obbligo di insegnamento di informatica e inglese, esteso a tutte le facoltà". Il pro-rettore non ha certo dimenticato le difficoltà che ancora oggi affliggono l'università, primo fra tutti il dramma dei posti letto. "È scandaloso - ha ribadito Mastino - che Sassari non riesca a risolvere questo enorme problema, ma nonostante tutto, si intravede un qualche spiraglio: sono, infatti, state individuate due strutture, vicino alla facoltà di Scienze Politiche e all'ospedale, che, gestite da terzi, dovrebbero offrire posti letto ai pendolari". Ma ancora non basta. Alla serata hanno partecipato Giuseppe Meloni, preside della facoltà di Lettere e Giovanni Lobrano, preside di Giurisprudenza, che hanno raccontato quali saranno i cambiamenti dei loro indirizzi. "Anche la presenza del professor Angelo Castellaccio, membro della commissione Lingua e Cultura Sarda - ha spiegato Locci - ha un significato importante, proprio per la specificità della lingua sarda nel panorama didattico sassarese". Ma la paura, fra gli studenti, non sembra ancora passata. Pietro Mulas ________________________________________________________ Il sole24Ore 23 mar. '01 LE UNIVERSITÀ SI ALLEANO ALLE IMPRESE Nicoletta Picchio ROMA Almeno mille miliardi di lire in più all'anno per l'università, se non vogliamo essere la Cenerentola d'Europa. E guai a toccare la riforma che sta prendendo il via. A poche settimane dalle elezioni, la Conferenza dei rettori ha presentato un libro bianco sullo stato di salute degli atenei, snocciolando i punti critici: pochi soldi, troppo alto il numero degli abbandoni (il 60% degli iscritti non si laurea: l'obiettivo è arrivare invece al 70% di laureati nel 2010), fuga dei cervelli all'estero, ancora troppo poca ricerca applicata. Ma qualcosa comincia a muoversi. Per esempio, l'Università Bicocca di Milano, come racconta il rettore, Marcello Fontanesi, grazie a progetti con industrie, contratti con la Ue e rapporti con enti, tra cui il Cnr, è riuscita quest'anno a ottenere fondi extra, rispetto a quelli pubblici, per 20 miliardi, pari al 20% del budget complessivo. Non solo: per rendere più stretto il rapporto tra università e imprese sul tema della ricerca è in dirittura d'arrivo un'iniziativa con la Pirelli, il Politecnico e la Bocconi (sarà presentata la prossima settimana) per potenziare l'attività di ricerca scientifica e tecnologica e rafforzare la formazione dei giovani, proprio per evitare la fuga di cervelli. E ai primi di aprile, dice ancora Fontanesi, Bicocca annuncerà la nascita di un consorzio con la Pirelli, che riguarderà la scienza dei materiali: una ricerca che potrà portare, in futuro, anche a degli spin-off brevettabili. La Bicocca, però, è a Milano, nel cuore del Nord che produce. Più lente sono queste novità in altre aree d'Italia, specie nel Mezzogiorno (anche se neppure al Sud mancano esempi d'eccellenza). Guardando i dati, lo scarto dei nostri atenei rispetto al resto d'Europa aumenta. Secondo il libro bianco della Conferenza dei rettori - che parla anche di diritti e doveri dei professori - da noi si spende lo 0,7% del Pil, contro lo 0,9% di Francia, Germania e Gran Bretagna: tradotto in cifre, questo vuol dire meno contributi per 3.500-4000 miliardi, e una spesa per studente inferiore del 40% rispetto a questi Paesi. Ancora peggiore è la situazione degli investimenti infrastrutturali e per la ricerca scientifica. Il finanziamento dello Stato per l'edilizia universitaria è raddoppiato negli ultimi tre anni, ma resta di poco superiore alle 300mila lire annue per studente. Quanto alla ricerca, l'Italia, dice il libro bianco, destina a questa voce solo l'1,03% del Pil: tutti i Paesi occidentali, e molti di quelli emergenti, sono ben al di sopra. "Le università - dice il presidente della Conferenza dei rettori, e rettore di Pisa, Luciano Modica - hanno capito che è necessario reperire fondi all'esterno". Alcune lo stanno facendo, sviluppando rapporti con le imprese e con enti. È anche un modo per tamponare la fuga di cervelli. Ad Ancona, per esempio, il rettore Marco Pacetti, che è anche segretario generale della Crui, con la Confindustria locale e con le imprese ha strettissimi contatti: "Alcune aziende finanziano dottorati di ricerca, un impegno che può beneficiare di un bonus fiscale del 60%" spiega. L'intreccio è tale che in alcuni poli imprenditoriali della zona, come Fermo, Fabriano e Pesaro (calzature, elettrodomestici, mobili) vengono fatti corsi universitari ad hoc in ingegneria della produzione. Non solo: lo statuto dell'ateneo è stato rivisto recentemente e, in base all'autonomia, è possibile per l'università entrare in partecipazione con le aziende. Una chanche che ha dato vita a un progetto di spin-off, in collaborazione con la Confindustria, la Regione, la Camera di commercio e una merchant bank: è appena partito il primo concorso di idee imprenditoriali ad alto contenuto di innovazione, destinato a laureandi e a ricercatori. Sono già arrivati, racconta Pacetti, 130 progetti: i vincitori saranno tre, avranno un premio in denaro e l'università si riserva di entrare nel capitale fino a un massimo del 20 per cento. "Nella nostra piccola realtà siamo riusciti ad attivare fondi extra per circa 7 miliardi" dice il rettore di Ancona. È un processo che la Conferenza dei rettori guarda con molta attenzione. "Stiamo per firmare con Confindustria un protocollo d'intesa per uno scambio d'informazioni su domanda e offerta di ricerca" dice Modica; il quale anche nell'università che dirige ha dato vita a tre progetti di spin-off. A giorni Modica incontrerà i leader delle due coalizioni elettorali, Rutelli e Berlusconi: l'occasione per sottolineare, oltre a tutti i problemi del mondo universitario, che la riforma non va cambiata. ________________________________________________________ Il sole24Ore 19 mar. '01 LEVI MONTALCINI: I CONCORSI SONO TRUCCATI Vitale MILANO Concorsi con posti già assegnati prima del bando, spesso per sanare situazioni pregresse, incentivi assegnati a pioggia e non sulla base dei meriti, porte sbarrate alle persone di valore. Questi i mali che ostacolano la ricerca in Italia, secondo il Nobel Rita Levi Montalcini. Il risultato è la fuga dei cervelli migliori all'estero, con pochissime possibilità di rientro in Italia. Ma il ritardo accumulato rispetto agli altri Paesi europei è recuperabile puntando su innovazione e creatività e facendo affidamento sulle potenzialità delle persone di valore che vanno - dice il premio Nobel - supportate e non mortificate. ________________________________________________________ La nuova 21 mar. '01 CAGLIARI: L'UNDICESIMA EDIZIONE DELLA SETTIMANA DELLA CULTURA 'I giovani devono avvicinarsi alla scienza' Prende il via l'undicesima edizione della Settimana della cultura Cagliari. L'Università si presenta alla città con il consueto appuntamento della Settimana della cultura scientifica e tecnologica, giunta all'undicesima edizione, e il terzo Salone dello studente, in programma dal 24 marzo al 1º aprile nel polo umanistico di Sa Duchessa. Le facoltà di Lingue, Lettere e Scienze della formazione ospiteranno incontri- dibattito dal titolo "Mille anni di scienza e tecnica in Italia", soffermandosi su temi come "La biologia e la cultura dei sardi nei millenni", "Scienza e consenso: i casi di Galileo e Fermi", "Piante medicinali: dalle tradizioni popolari alla farmacoterapia". "In tutti i Paesi europei - spiega il pro-rettore dell'ateneo cagliaritano, Giaime Marongiu - c'è la tendenza di un progressivo distacco degli studenti dalle facoltà scientifiche, forse perché ritengono più difficile fare carriera in quell'ambito. Noi vogliamo sfatare il tabù e riavvicinare i giovani alla scienza, coinvolgendoli con tematiche di grande spessore e la partecipazione di docenti e ricercatori, naturalmente anche del mondo umanistico". C'è anche l'intento di coinvolgere la città alle iniziative dell'Università. "Praticamente - commenta il professor Marongiu - un immenso campus senza recinzioni abbraccia tutta Cagliari: da viale Fra Ignazio al quartiere di Castello, da via Porcell al Policlinico di Monserrato, sino agli impianti sportivi di Sa Duchessa che, non a caso, domenica ospiteranno il lancio di paracadutisti dell'Associazione Paracentro di Serdiana e apriranno la Settimana scientifica". La Consulta provinciale degli studenti ha coinvolto alcune scuole cittadine per le rappresentazioni che animeranno il Cineteatro Nanni Loy (alla Casa dello studente di via Trentino). Lunedì 26 marzo, il liceo classico Siotto Pintor proporrà "Il malato immaginario" di Moliere (in lingua francese), martedì 27 l'Itas Deledda metterà in scena uno spettacolo di balletti, giovedì 29 l'associazione Terramea si esibirà in un concerto polifonico tradizionale sardo, con l'accompagnamento di un organetto diatonico. "La locandiera", spettacolo teatrale di Goldoni, è in programma venerdì 30 (gli artisti sono studenti del liceo linguistico Segni), mentre sabato 31 il "Malato immaginario" di Moliere sarà proposto dal liceo scientifico Michelangelo in lingua italiana. Tutte le rappresentazioni inizieranno alle 14.45. Grande chiusura il 31 marzo alle 18 con una lezione-spettacolo della Compagnia Lapola, all'aula magna dell'edificio A. Fabrizia Biggio, responsabile delle Aree di orientamento, sottolinea il gradimento degli studenti delle superiori alle iniziative dell'ateneo. "I ragazzi apprezzano le schede che abbiamo distribuito nelle scuole per intuire il loro orientamento nella scelta della facoltà. Il Salone dello studente vuol far capire che l'università non è solo studio e cultura, ma anche sport e socializzazione. "Stiamo avviando indagini sugli sbocchi occupazionali, riferiti ai vecchi corsi di studio. Quelli nuovi ancora non ci consentono di avere riscontri". Nella riforma scolastica e universitaria voluta dal Ministero della Pubblica istruzione diventa centrale il ruolo dei cosiddetti "crediti formativi", utili per valutare l'impegno dello studente nelle attività didattiche e in quelle assistite. Ma il "monte ore" può essere raggiunto solo da chi frequenta: nell'università del futuro c'è poco spazio per gli studenti lavoratori. Luigi Alfonso ________________________________________________________ La NuovaSardegna 24 mar. '01 PROF. CALABRESE CONDANNATO PER ASSENTEISMO Marinava le lezioni a medicina: risarcirà dieci milioni Assolto in tribunale dall'accusa di truffa, Leonardo Calabrese è stato punito dalla corte dei conti CAGLIARI. Un docente della facoltà di medicina dell'Università è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire dieci milioni di lire all'amministrazione dell'Ateneo per aver percepito la retribuzione senza aver svolto le lezioni. Leonardo Calabrese, docente di chirurgia speciale odontostomatologica nel corso di laurea in Odontiatria, non effettuò attività didattica nell'anno accademico 1993/1994, come risulta dalle testimonianze di alcuni studenti. I corsi furono tenuti, al suo posto, da Vincenzo Piras e da altri docenti. Il professore - è scritto nella sentenza - avrebbe potuto esibire a sua discolpa la puntuale e corretta tenuta del registro ma ciò non è avvenuto. Sull'unico registro reperito risultano firme falsificate, che infatti il convenuto non ha riconosciuto come proprie. La Corte dei Conti ha dunque maturato la certezza che Calabrese ha 'marinato' le lezioni, affidandole ad altri colleghi. Ma nonostante gli studenti del suo corso lo vedessero raramente, il docente incassava con regolarità lo stipendio. Come se le assenze non contassero nulla. Il procuratore regionale Mario Scano aveva chiesto il risarcimento di oltre 47 milioni di lire. La quantificazione del danno è stata ridotta in quanto il collegio - presidente Vittorio Zambrano, relatore Marino Benussi, consigliere Enrico Passeroni - ha ritenuto di dover valutare anche la partecipazione del professor Calabrese all'attività degli organi collegiali e di governo dell'Ateneo, lo svolgimento dei compiti di orientamento per gli studenti e la ricerca scientifica. Quindi, in sostanza, il docente ha dovuto rifondere soltanto una parte dello stipendio ricevuto immeritatamente nel periodo cui si riferisce il procedimento dei giudici contabili. L'accademico venne sottoposto a procedimento penale ed assolto dal reato di truffa. Ciò non è sufficiente - hanno affermato i giudici contabili - a sostenere la mancanza di dolo nella condotta del convenuto in quanto "il tenore della pronuncia del Tribunale di Cagliari non esclude ma anzi presuppone il mancato svolgimento delle lezioni". Non si può neanche parlare di negligenza o imperizia da parte del professore. Questa ipotesi si sarebbe potuta configurare se fosse venuto meno sporadicamente, per disattenzione, ai propri doveri. In realtà - hanno scritto i giudici nella loro decisione - si è verificata "la sistematica e pressochè totale mancanza dello svolgimento delle lezioni". Un'assenza sistematica che costerà a Calabrese dieci milioni. ________________________________________________________ Il Messaggero 22 mar. '01 IL PREZZO DEL SAPERE: DUE MILIONI L'ANNO PER STUDIARE Per ogni esame si spendono circa 100 mila lire tra libri di testo e dispense Tasse e non solo, la "Sapienza" costa cara. Per ogni esame si spendono almeno centomila lire tra libri di testo e dispense, ma a seconda delle facoltà e delle materie si può arrivare a 200 o 300 mila: moltiplicando per i cinque-sei esami richiesti dall'ordine degli studi, la spesa va da 500 mila lire a quasi due milioni all'anno. Persino le sintesi "pirata" di manuali, monografie e appunti delle lezioni costano 50-60 mila lire: i richiami al diritto d'autore non hanno stroncato il fiorente commercio, ben documentato su tutte le bacheche. "I libri originali - spiega Paola, terzo anno di Lettere - costano più o meno il doppio delle fotocopie". Molti si lamentano per il sovraffollamento e la "latitanza" dei docenti, anche per questo le lezioni private costano tra le 30 e le 50 mila lire l'ora e i centri specializzati chiedono almeno due milioni per ogni esame. A libri e fotocopie si aggiungono le tasse, che aumenteranno del 69 per cento per la fascia più bassa, sotto i 35 milioni di reddito, e del 40 per cento per tutte le altre: l'anno prossimo si pagherà da un milione e 200 mila lire a due milioni e 400. Sul portafoglio di studenti e famiglie la prima università romana pesa insomma per un paio di milioni ogni dodici mesi, questo l'investimento minimo in facoltà come Lettere o Scienze Politiche. A Giurisprudenza c'è anche il problema dei codici e a Psicologia gli studenti denunciano da tempo il caro- libri. Per Informatica a volte è necessario mettere in conto due computer, uno all'inizio e uno per la tesi, quando il primo è ormai vecchio. Nelle facoltà scientifiche si spende un po' di più per le tasse (causa laboratori) e a volte meno per i libri; a Ingegneria i costi crescono e Architettura le batte tutte (anche come abbandoni e fuoricorso). "Abbiamo uno o due laboratori di progettazione all'anno che richiedono stampe, fotocopie, pennini: se anche risparmi su tutto - sospira Antonio, quarto anno - ci vogliono 130-150 mila lire, ma le stampe possono costare anche 60 mila lire a tavola. Il tavolo da disegno più scadente costa un milione e mezzo, per un computer ce ne vogliono tre: se non li usi i voti si abbassano. E poi dobbiamo comprare macchine fotografiche per i sopralluoghi - certo non può bastare una Kodak! - e ancora pennarelli e colori...". Antonio è venuto a Roma dal Molise, la "Sapienza" accoglie migliaia di fuorisede e il loro l'incubo è la casa. Un posto letto tra piazza Bologna e San Lorenzo, magari in camera con uno o due colleghi, può costare mezzo milione al mese. Per i "capaci e meritevoli" delle "Case dello studente" (borse di studio annuali da 6 milioni e 700 mila lire) la retta è di 220 mila lire al mese per una singola. ________________________________________________________ Il Corriere della Sera 21 mar. '01 SAPIENZA: IL RETTORE TRATTA SULLE TASSE Sapienza, ieri lunga assemblea degli studenti. Poi, l' "apertura" di D' Ascenzo Capponi Alessandro "Il consiglio di amministrazione ridiscutera' gli aumenti con i rappresentanti degli iscritti" Il rettore tratta sulle tasse Sapienza, ieri lunga assemblea degli studenti. Poi, l' "apertura" di D' Ascenzo L' aumento delle tasse sara' ridiscusso nel c onsiglio d' amministrazione della Sapienza: "Tra un mese - ha annunciato il rettore - quando nel Cda ci saranno anche i rappresentanti degli studenti". Ignari di una decisione che sarebbe stata presa dopo qualche ora, gli studenti, ieri mattina, eran o un' onda che dalla cima della scalinata di Lettere invadeva il piazzale, lo occupava in senso fisico, ogni centimetro, con migliaia di teste, e voci che si trasformavano in cori, e mani che si univano in applausi. E dopo quest' assemblea durata ore , Giuseppe D' Ascenzo ha fatto un passo, consegnando al movimento la prima vittoria: "Il Cda ridiscutera' l' aumento quando potranno partecipare anche i rappresentanti studenteschi che devono essere eletti". Ecco, forse anche questo puo' aver convint o il rettore, non solo la partecipazione dei ragazzi alla protesta: "Lo statuto della Sapienza, l' articolo 24 - spiegava Agnese, mentre distribuiva il primo comma sottolineato in giallo - impone, entro un anno dall' entrata in vigore, novembre ' 99, di far svolgere le elezioni per i componenti degli organi centrali e delle strutture didattiche e di ricerca. Quindi ogni delibera successiva a novembre 2000 e' illegittima, anche quelle su tasse e smembramento, e siamo pronti a impugnarle al Tar". Del consiglio d' amministrazione che ha deliberato, in effetti, non facevano parte gli studenti; ne prendevano atto con "profondo disagio", nelle riunioni tra il 28 novembre e il 12 dicembre, almeno cinque componenti del Cda: Magri' , Cenedese, Parra vano, Asor Rosa e Sili Scavalli. "Pur essendo favorevole all' aumento - diceva Asor Rosa - trovo molto ragionevole manifestare disagio per l' assenza della componente studentesca". Anche per una questione di numeri, forse: il Cda e' composto da 3 ord inari, 3 associati, 3 ricercatori, 3 non docenti, piu' rettore, prorettore e direttore amministrativo. "E sei studenti su un totale di 21 persone - sostengono i ragazzi - non sono ininfluenti". "Il ministero e l' avvocatura di Stato ci hanno imposto di non farli partecipare perche' decaduti - ha detto il rettore - ma dopo le elezioni del 4 e 5 aprile ridiscuteremo il provvedimento". Bastera' per far tornare la pace nell' ateneo? Non subito, almeno: alle dieci, oggi, gli studenti boicotteranno l' inaugurazione dell' anno accademico. Con un corteo che cerchera' di penetrare nell' Aula magna e, dicono, "con musica a volume alto che sicuramente superera' gli sbarramenti della polizia". Chi rischia di non entrare, almeno non in toga, e' l' ex vi cepreside di Lettere, Capaldo. D' Ascenzo lo esclude: "Non la indossera' ". Alessandro Capponi ================================================================== ________________________________________________________ Il Corriere della Sera 20 mar. '01 "PREFERITI GLI OSPEDALI PUBBLICI" Il ministero della Sanità: otto italiani su cento cambiano regione per curarsi De Bac Margherita Il privato scelto per lungodegenze e riabilitazioni. In aumento i parti cesarei "Preferiti gli ospedali pubblici" Il ministero della Sanità: otto italiani su cento cambiano regione per curarsi ROMA - Tutti ne parlano male, ma gli ospedali pubblici so no ancora di gran lunga i favoriti dagli italiani, che li preferiscono a quelli privati, più gettonati nel settore della lungodegenza. Le strutture del sistema sanitario nazionale mostrano qualche miglioramento. Diminuiscono i ricoveri impropri ma, c ontrariamente al resto d' Europa, aumentano i parti cesarei. DISTORSIONI - Alla vigilia della presentazione dell' ospedale modello progettato da Renzo Piano, il ministero della Sanità sforna i dati sulle dimissioni ospedaliere. Secondo Umberto Verone si ci sono ancora molti aspetti da migliorare: "Siamo ancora un Paese che non fa un uso razionale del nosocomio - dice il ministro -. C' è la tendenza da parte del medico e del paziente a vedere il ricovero come la risoluzione ad ogni problema quando invece l' ospedale dovrebbe rappresentare il luogo dove si trattano esclusivamente le emergenze". Oltretutto l' uso distorto dell' ospedale (e in particolare di alcuni servizi come il pronto soccorso, utilizzato spesso come un ambulatorio) pesa sul bilancio della sanità in modo consistente. LETTI - Un posto letto, ricorda Veronesi, costa dalle 800 mila al milione e 200 mila lire al giorno e viene occupato da pazienti che potrebbero trascorrere la convalescenza in strutture alberghiere confortev oli, costo giornaliero inferiore alle 300 mila lire. Il modello elaborato da Renzo Piano unisce due esigenze. L' ospedale si articola in due livelli. Il primo per i malati acuti, il secondo per i malati che hanno superato questa fase e hanno bisogno di riabilitazione. Alcune regioni avrebbero già chiesto di adottare questa formula progettuale. CESAREI - Il rapporto realizzato dal Dipartimento della programmazione del ministero ha preso in esame 12,7 milioni di dimissioni relative al ' 99 per un totale di 85,8 milioni di giornate di degenza. Oltre 1.500 le strutture monitorate, fra pubbliche e private. I parti cesarei sono in aumento. Il 33% a fronte del 31,3% registrato l' anno precedente. Viene confermata una tendenza tutta italiana, che d ilaga nel privato e contagia anche il pubblico dove però - occorre sottolinearlo - vengono solitamente trattati i casi più difficili che sconsigliano il ricorso al parto naturale. PUBBLICO - Nel 90% dei casi gli italiani preferiscono il pubblico, ma si rivolgono al privato per lungodegenza e riabilitazione, probabilmente perché offrono condizioni alberghiere migliori. Le dimissioni sono aumentate, segno che c' è un maggior ricambio di pazienti e quindi un migliore utilizzo dei letti. In leggera ascesa il ricorso al day hospital, diminuisce la media dei giorni di degenza dei malati acuti, che restano in ospedale una settimana. Prima di entrare in camera operatoria bisogna attendere 2-3 giorni, ma è un dato soggetto a grandi variazioni region ali. MIGRAZIONE - È meno evidente, ma continuo, il fenomeno della migrazione sanitaria. Otto persone su cento bisognose di un ricovero per malattie acute si rivolgono a strutture di Regioni diverse dalla propria. In genere è un flusso che dal sud si sposta verso il centro nord. In quanto alle malattie trattate con maggiore assiduità negli ospedali pubblici, al primo posto ci sono quelle dell' apparato cardiocircolatorio (13,3% dei ricoveri), seguite dalle malattie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo (11,9%), dell' apparato digerente (10,9%), da gravidanza, parto e puerperio (8,2%) e del sistema nervoso (7,2%). Secondo Veronesi la riorganizzazione della rete degli ospedali, che avverrà nel giro di una decina d' anni, fin anziamenti permettendo, contribuirà a rendere più semplice la vita di un cittadino con problemi di salute: "Chi ha bisogno di un intervento chirurgico o di una terapia non sarà costretto a percorrere centinaia di chilometri per ricevere le cure. È pr evista infatti anche un' ampia rete di servizi sul territorio che ruoteranno attorno all' ospedale". M. D. B. ________________________________________________________ Il Messaggero 21 mar. '01 POLICLINICO TRAVOLTO DAI DEBITI Medici, tecnici di laboratorio, caposala e infermieri aderenti alla Cisl, in stato di agitazione all'Umberto I contro "il mancato pagamento di arretrati e il mancato rinnovo del contratto di dirigenza medica e tecnico-amministrativa" a cui si aggiunge "la montagna di debiti che sommerge l'azienda". Il sindacato ha indetto una manifestazione per lunedì e minaccia lo sciopero. Negli ultimi anni, i debiti dell'Umberto I sono, secondo Cisl Università, "di circa 1500 miliardi, più altri 230 previsti dal precedente direttore generale nel bilancio preventivo del 2001". ________________________________________________________ Il sole24Ore 18 mar. '01 GLI USA "INCORONANO" VERONESI TRA I 4 CHIRURGHI DEL SECOLO Caretto Ennio Il premio consegnato a Washington dove il ministro ha illustrato le ricerche nel campo dei tumori Gli Usa "incoronano" Veronesi tra i 4 chirurghi del secolo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Nella veste di scienziato, e non di ministro della San ità, Umberto Veronesi ha trasmesso all' America il messaggio della sua lunga ricerca: la massima percentuale possibile di sopravvivenza nella massima qualità possibile di vita per i malati di cancro, in particolare per le donne colpite da tumore alla mammella. Veronesi, che anni fa aveva consegnato all' America il suo rivoluzionario intervento chirurgico al seno, ha ieri illustrato con dati e diapositive i risultati dei suoi ultimi studi e delle sue ultime tecniche, altrettanto innovative. La re azione del pubblico, composto di medici e alti funzionari, è stata calorosa. Dan Hoshan, il guru dell' ecologia di Miami, ha elogiato "il suo lavoro e la sua leadership mondiale", scherzando sulla sua carica di ministro "mentre noi saremmo andati in pensione". Veronesi era stato invitato a Washington dalla Società di chirurgia oncologica, che lo ha nominato (primo straniero) uno dei più grandi chirurghi del cancro del secolo assieme a B. Fisher, C. Haagensen e J. Halstead (tutti americani). Dopo la consegna del premio, di cui si è detto "grato e onorato", il ministro ha tenuto la lettura magistrale. "È un privilegio esporvi i risultati di una ricerca a cui ho dedicato tutta l' esistenza", ha detto. E dal podio, illuminando le diapositive su un grande schermo, ne ha toccato i tre punti principali: la prevenzione dei tumori, la loro individuazione e rimozione, la loro terapia, concentrandosi su quelli al seno. Ai giornalisti, Veronesi ha rilasciato una breve dichiarazione sulla chiusura delle frontiere americane alle carni europee e argentine: "Fanno bene", ha risposto. Per l' America, la regina della ricerca scientifica, buona parte della conferenza ha rappresentato una novità. Veronesi ha riferito che l' incidenza del cancro alla mammella nelle donne in terapia ormonale sostitutiva della menopausa è dimezzata se sorretta da uno speciale farmaco. Ha insistito sulla diagnosi precoce, da sempre il suo cavallo di battaglia, tramite "l' integrazione tra la mammografia e l' ecograf ia mammaria", integrazione che ha favorito la scoperta di tumori non palpabili. "Per asportarli - ha spiegato - abbiamo messo a punto una tecnica di centratura che, attraverso l' iniezione di un tracciante radioattivo (Roll), permette un intervento m olto limitato ma preciso e radicale, con risultati oncologi ed estetici ottimi". Veronesi ha quindi esposto il suo metodo di sottoporre a biopsia i linfonodi in sala operatoria prima dell' operazione al seno, per evitare inutili mutilazioni. E ha ric ordato: "Siamo stati i primi al mondo a studiare la radioterapia intraoperatoria (Iort)". Essa permette, ha aggiunto, "il trattamento radioterapeutico direttamente durante l' intervento chirurgico con totale risparmio dei sistemi sani e notevole prec isione". E ha concluso che con la Iort "si potrebbe risolvere in un' unica seduta il problema dell' operazione al seno e ai linfonodi ascellari compresa la radioterapia mammaria". Per ultimo, ha accennato alla chemioterapia preoperatoria per ridurre le dimensioni dei noduli. Ennio Caretto ________________________________________________________ Il Corriere della Sera 19 mar. '01 IL NUOVO OSPEDALE SARÀ COSÌ" Reparti tecnologici per degenze brevi e un' area per la convalescenza Saranno tutti ammodernati L' obiettivo è dimezzare il numero dei posti letto e i giorni di ricovero De Bac Margherita Pronto il progetto che il ministro Veronesi ha affidato all' architetto Piano "Il nuovo ospedale sarà così" Reparti tecnologici per degenze brevi e un' area per la convalescenza ROMA - Al piano terra, oltre al pronto soccorso e ai servizi di endoscop ia, reparti di riabilitazione e dialisi, ci sono i locali per i visitatori e l' attività formativa dei medici. Auditorium, sala riunioni, aule per la formazione professionale e poi ristorante, negozi e asilo, dove i dipendenti possono lasciare i prop ri bambini a personale specializzato. Sopra, al primo piano, le strutture sanitarie. Camere operatorie, reparti di degenza e una piccola ala destinata ad ospitare i familiari dei pazienti che non possono permettersi sistemazioni economicamente più im pegnative. È l' ospedale del terzo millennio, così come lo ha disegnato Renzo Piano su richiesta del ministro della Sanità Umberto Veronesi che fin dall' inizio del governo Amato lo ha indicato come suo progetto prioritario. Otto mesi di elaborazione , e dopodomani il lavoro del grande architetto italiano verrà presentato. L' obiettivo era creare una struttura di dimensioni contenute, agile, moderna, accogliente, compatibile con le esigenze di malati, operatori e parenti. Il modello di Veronesi è l' ospedale cantonale della Svizzera. Una rivoluzione rispetto agli attuali pachidermi della sanità italiana, concepiti per accogliere diverse centinaia di pazienti. Il nuovo nosocomio a un' area supertecnologica, superspecializzata, pensata per deg enze brevi, affianca qualcosa di molto simile ad un albergo, per la convalescenza. L' obiettivo del ministro oncologo è arrivare nel giro di 5-10 anni all' ammodernamento tecnologico e strutturale della nostra rete ospedaliera, dimezzando posti letto e giorni di degenza (da una media di 8-10 giorni a 3-4, come vuole la medicina moderna). A ottobre Veronesi ha affermato, attirandosi anche molte critiche: "La metà dei nostri ospedali andrebbe chiusa, è fatiscente, non idonea a rispondere alla doma nda degli assistiti". Un' analisi che parte da lontano e affonda le radici in un rapporto presentato nel luglio del ' 98 da Elio Guzzanti, ex ministro-tecnico della Sanità. Secondo quell' analisi, pubblicata sulla rivista dell' agenzia per i servizi sanitari, di cui Guzzanti all' epoca era direttore, ancora pienamente attuale, la metà dei nostri nosocomi sono pronti per andare in pensione. Il 57% hanno un' età media di 70 anni, con punte di 110-140 anni in Umbria e Lazio. Il più anziano è il qua si leggendario Policlinico Umberto 1° di Roma, che spegne oltre 140 candeline. La metà dei macchinari di diagnostica ed elettromedicina hanno in media 5-10 anni di vita. E il decadimento tecnologico è andato di pari passo con una diminuzione di risor se: gli investimenti sono passati da 1.800 miliardi dell' 89 ai 250 miliardi del ' 98. Negativa la fotografia degli ospedali in costruzione mentre Guzzanti rendeva pubblico il rapporto: nascevano già vecchi, concepiti sulla falsa riga dei loro "nonni ". Una cosa è certa. Per realizzare il sogno di Veronesi bisognerà investire tanti soldi. Basti pensare che un posto letto costa una media di 500 milioni. Alcuni poi invitano a considerare un fenomeno sempre più evidente. Gli italiani invecchiano e c i sarà sempre più bisogno di strutture capaci di assisterli e curarli. M. D. B. ________________________________________________________ Il sole24Ore 19 mar. '01 ERRORI MEDICI: 800 MILIARDI DI RISARCIMENTI Assicurazioni A causa delle richieste danni avanzate dai pazienti, il costo dei sinistri è oltre il doppio della raccolta del ramo Le compagnie corrono ai ripari rincarando le polizze e a fronte di un'ipotesi di abbandono del settore c'è qualche straniero che arrivaRossella Cadeo L'assicurazione della responsabilità civile dell'area medica è nella bufera. Le compagnie operanti nel settore, di fronte all'escalation dei risarcimenti, alzano i prezzi delle polizze e si parla di fuga dal mercato: è emerso nel corso di un convegno organizzato dal Censis in collaborazione con Assomedico. L'andamento. In effetti nel ramo della responsabilità civile i premi ammontano a circa 3.700 miliardi; neppure un decimo di questo importo - cioè circa 340 miliardi di lire - secondo l'Ania deriva dai premi relativi all'area sanitaria. I risarcimenti per il pagamento dei sinistri sarebbero però pari a oltre 800 miliardi di lire, più del doppio della raccolta. Per altre fonti - come l'Aiba, l'associazione italiana broker - la raccolta si aggirerebbe su livelli superiori, con un rapporto però premi/sinistri sempre pesantemente negativo. "Negli ultimi 5 o 6 anni - spiega Francesco Paparella, presidente dell'Aiba - il tasso medio per la definizione del premio chiesto alle strutture sanitarie è salito vertiginosamente, passando dal 3-4 per mille sulle retribuzioni totali al 20 per mille circa". Premi più salati. L'aumento dei premi ha rappresentato infatti la risposta prioritaria data dalle compagnie al cattivo andamento. Un trend dovuto a una molteplicità di ragioni, come la crescita del numero delle cause civili promosse dai pazienti, l'ampliamento del novero dei soggetti danneggiati (come la famiglia coinvolta), l'aumento dell'area di responsabilità del medico. "Non va poi dimenticato - aggiunge Paparella - che ci sono code lunghissime per i sinistri in questo ramo: danni che potrebbero essere definiti in tempi rapidi e con importi abbastanza contenuti, se l'attesa si protrae fino a otto o dieci anni, finiscono per dilatarsi come entità risarcitoria. E poi esiste una quota di richieste di risarcimento, che in realtà, se ben gestite inizialmente avrebbero potuto limitarsi a dei semplici reclami". Un'ipotesi di soluzione per uscire dall'impasse era stata avanzata dall'Aiba in una proposta di legge, che intende ripresentare. "In pratica si proponeva l'istituzione di un Fondo - spiega Paparella - che, fino a un tetto massimo, faccia fronte alle spese per le coperture assicurative di ogni singola azienda sanitaria od ospedaliera. Tale fondo dovrebbe essere alimentato da un importo pari al 21,35% dei premi, cioè dall'imposta prevista per questo tipo di polizze, e sarebbe curato da un assicuratore, il quale avrebbe interesse a ben gestire tale fondo, in quanto conscio che all'esauirsi delle risorse, dovrà subentrare direttamente nei risarcimenti". La risposta delle compagnie. Al di là degli aumenti del premio e dell'accento sulla prevenzione, si parla di nuovo di compagnie che intendono lasciare il mercato. Alcune delle principali imprese del settore, come Ras e Milano, smentiscono. "La Ras - spiega però Carlo Spasiano, direttore centrale di Ras responsabile dell'assunzione rischi - intende operare con criteri validi sotto il profilo tecnico che consentano il raggiungimento di un equilibrio fra costi e ricavi almeno nel medio periodo. A tal fine per i medici sono state predisposte nuove polizze che prevedono forme di autoassicurazione e condizioni di premio più congrue che in passato, anche se ancora molto inferiori rispetto a quelle praticate in altri Pesi europei". Per quanto riguarda ospedali e cliniche la società, per definire il premio, valuta l'organizzazione interna della struttura, l'efficienza e la modernità delle apparecchiature, la capacità professionale e le percentuali di successo degli interventi più complessi. E c'è anche qualche compagnia straniera che arriva. È il caso dei Lloyd's che già da due anni - forte di decenni di esperienza in altri Paesi - hanno cominciato a sottoscrivere coperture Medical Malpractice. Una scelta dettata dalla convinzione - spiegano ai Lloyd's - che il mercato italiano sia maturo e i competitor coinvolti siano attualmente pochi. L'offerta della società si basa su soluzioni flessibili e su misura, sulla promozione della comunicazione con i clienti e sul ricorso a specialisti nella gestione sinistri, consulenti e risk manager. ________________________________________________________ Il sole24Ore 23 mar. '01 DEFICIT SANITARI, TREGUA STATO-REGIONI, MA PESANO I RAPPORTI CON L'UNIVERSITÀ Parte il tavolo di monitoraggio sulla spesa 2001: rinviata a giugno la decisione su chi dovrà ripianare i disavanzi aggiuntivi Ma pesa l'incognita dei rinnovi contrattuali e dei rapporti con l'Università - I sindacati annunciano altri due scioperi Roberto Turno ROMA Parte ufficialmente il tavolo di monitoraggio Governo-Regioni sull'andamento della spesa sanitaria nel 2001. E scatta anche il tentativo di definire i livelli essenziali di assistenza sul territorio. I risultati del check sui bilanci di Asl e ospedali dovranno arrivare prestissimo, dopo-elezioni permettendo: entro giugno. È con questa soluzione di compromesso, che rinvia a un secondo momento la decisione su "quanto e come" integrare le disponibilità finanziarie (131mila miliardi) assegnate nel 2001 al Servizio sanitario nazionale, che Governo e Regioni hanno sottoscritto ieri un accordo che integra il patto di stabilità sulla spesa sanitaria del 3 agosto 2000, ribadito anche dalla Finanziaria per il 2001. Un passo in avanti, dunque, nei rapporti tra Governo e Regioni dopo uno stallo che si trascinava da mesi. Ma la coperta della spesa sanitaria, da qualunque parte la si tiri, resta sempre o troppo stretta o troppo corta. Due altre grane incombono infatti sul Ssn: il contratto dei 550mila dipendenti non laureati e il rapporto con le Università. Due questioni che rischiano di diventare esplosive: i confederali hanno confermato lo sciopero generale per venerdì prossimo 30 marzo, cui anzi hanno aggiunto ieri la proclamazione di altre due giornate di astensione dal lavoro in tutta Italia; sul rapporto Ssn-Università, invece, s'è registrata nel corso della Stato-Regioni una spaccatura all'interno del Governo, con Sanità e Murst l'un contro l'altro armati. Risultato: il tutto è stato rinviato a un incontro con Giuliano Amato che dovrà svolgersi entro il 19 aprile, ultima seduta della Stato-Regioni prima delle elezioni politiche del 13 maggio. L'accordo di ieri è stato il risultato di altre due giornate sul filo del rasoio, su cui certamente hanno pesato anche le contrapposizioni pre-elettorali. All'originaria richiesta delle Regioni (via libera al tavolo di monitoraggio ma contestuale impegno del Governo di integrare le risorse per il 2001 col Ddl di assestamento del bilancio), il Tesoro ha replicato con una secca controproposta: sì al tavolo di monitoraggio e anche all'aumento delle dotazioni per il 2001 dopo la verifica sulla spesa, ma impegno delle Regioni ad anticipare di un anno l'obbligo di imporre nuove tasse per colmare le maggiori uscite imputabili a scelte locali. Di più, ha aggiunto il Tesoro forse anche in risposta a una richiesta di lasciare alle Regioni la possibilità di accendere mutui anche nel 2001: i livelli essenziali di assistenza dovranno essere "compatibili con le risorse finanziarie assegnate", e non, come afferma la riforma ter del Ssn, essere coerenti e contestuali con le risorse. Vista la necessità di mettere un punto fermo sull'intera vicenda, sia Governo che Regioni hanno così dovuto abbandonare qualche "pretesa". Di qui il via libera al monitoraggio della spesa, che dovrà verificare in particolare l'evoluzione di farmaceutica, specialistica, diagnostica, contratti e convenzioni. E anche il disco verde al tentativo di mettere nero su bianco i livelli essenziali di assistenza, cardine indispensabile anche per l'avvio dei fondi sanitari integrativi. Dopo giugno spetterà poi alla Stato-Regioni, esiti del monitoraggio alla mano, decidere come intervenire concretamente su eventuali tagli e sulle maggiori risorse da assegnare alle Regioni. "Le verifiche sono sempre più urgenti - ha affermato Enzo Ghigo, presidente della Conferenza dei presidenti regionali -. È ormai insostenibile l'attuale situazione di incertezza finanziaria dei bilanci regionali, provocata soprattutto da provvedimenti presi dal Governo con la Finanziaria 2001". "La soluzione adottata è ragionevole - ha aggiunto l'assessore dell'Emilia Romagna, Giovanni Bissoni -. Il monitoraggio, tra l'altro, permetterà di valutare l'esatto andamento della spesa e di individuarne le cause, uscendo dalla conflittualità di queste ultime settimane". Una conflittualità che invece non accenna a diminuire sul fronte del rinnovo del contratto dei 550mila dipendenti del Ssn: Secondo le ultime stime mancano all'appello almeno 1.200 miliardi. ________________________________________________________ Il sole24Ore 21 mar. '01 IN ITALIA SERVONO ALMENO 100MILA INFERMIERI IN PIÙ Mancano ancora 100mila specializzati, soprattutto al Centro-NordItalia con troppi medici e vuoti fra gli infermieriPaolo Del Bufalo ROMA In Italia servono almeno 100mila infermieri in più. Ce ne dovrebbero essere 6,9 ogni mille abitanti, dice l'Ocse: ne abbiamo appena 5,3 per mille abitanti. Il nostro è l'unico Paese, con la Grecia, a vantare più medici che infermieri: ce ne sono 100mila di troppo, esattamente quanti sono gli infermieri che mancano all'appello per poter garantire un servizio di qualità. Arriva dalla Federazione dei Collegi Ipasvi il più aggiornato check up della professione infermieristica, illustrato ieri per presentare il convegno "Infermieri: la Sanità che vogliamo", che si svolgerà domani a Roma. "A pagare la carenza - spiega il presidente Ipasvi, Annalisa Silvestro - sono soprattutto case di riposo, residenze sanitarie e, in genere, il territorio. Gli ospedali, infatti, fanno la loro "campagna acquisti", offrendo guadagni più elevati e maggiore stabilità professionale, in queste strutture che stanno sfiorando al Centro-Nord una vera e propria tragedia occupazionale". Lo stipendio di un infermiere neo-assunto nel Ssn è di circa 1,9 milioni al mese, e raggiunge una media massima di 2,6 milioni con indennità varie. "Ma una volta arrivati al grado di caposala o dirigenti - spiega Marinella D'Innocenzo, consigliere nazionale Ipasvi - la retribuzione scende di nuovo, perché il ruolo di coordinamento non prevede extra: in sostanza, più si fa carriera, meno si guadagna". Un paradosso, sostiene l'Ipasvi, che non spinge i giovani a scegliere la professione. "Le iscrizioni alla Federazione - afferma Gennaro Rocco, vicepresidente Ipasvi - sono infatti percentualmente in calo dal 1992 e gli immatricolati ai corsi universitari non coprono i posti a disposizione. E con 9mila operatori in più l'anno, non si può far fronte a un turn over di 12.500 individui". Nonostante tutto, quella dell'infermiere è una professione "giovane", visto che il 66% degli operatori è al di sotto dei 35 anni: oltre 204mila unità su 320mila totali. E il 68% dipende dal Ssn, il 12% da strutture accreditate, il 17% da privati e appena il 3% lavora "in proprio". La soluzione? Anzitutto, secondo l'Ipasvi, spiegare ai giovani che la laurea da infermiere non è quella di una professione "ausiliaria" né "paramedica", ma è autonoma e fondamentale per l'assistenza continua al malato, così come quella dei medici lo è per la diagnosi e la clinica. Ma anche la burocrazia fa la sua parte: gli incarichi impropri assorbono anche fino al 60% dell'attività e il 20% degli operatori lavora meno fra maternità, part time e inidoneità legate allo stato di salute, peggiorato a volte proprio per il carico eccessivo di lavoro. La richiesta della Federazione è così di restituire gli infermieri alla loro professione, lasciando ad altri i compiti "impropri". Non senza aver messo mano nel contratto a tutte le anomalie della retribuzione. E gli infermieri extracomunitari? Ne sono stati ammessi meno di 300 su migliaia di domande arrivate da quando il ministero ha "aperto le frontiere". Ma non per colpa della burocrazia: il riconoscimento dei titoli esteri si è incagliato su percorsi formativi insufficienti e, non di rado, su falsi titoli costruiti ad hoc per trovare un posto da infermiere in Italia, che all'estero fa gola a molti. ________________________________________________________ Le Scienze 23 mar. '01 IL GENE DEL SESSO La scoperta, avvenuta in topi geneticamente modificati, è - come a volte accade - del tutto casuale Un gruppo di ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis ha identificato un gene fortemente collegato alla determinazione del sesso. Gli scienziati hanno osservato che cancellando il per il fattore di crescita dei fibroblasti 9 (Fgf9), si ottengono topi con un apparato riproduttivo femminile, anche in presenza del cromosoma Y, che di solito determina il sesso maschile. Questo gene potrebbe quindi svolgere un ruolo importante nella determinazione del sesso e nello sviluppo dell'apparato riproduttivo, non solo dei topi ma anche di molti altri animali, esseri umani compresi. I fattori di crescita dei fibroblasti regolano la crescita delle cellule e i loro spostamenti, e sono quindi fondamentali nello sviluppo degli organi. In realtà, spiegano gli autori della ricerca in un articolo pubblicato su "Cell", i topi senza il gene Fgf9 erano stati prodotti per esplorare l'effetto della loro assenza su organi come i polmoni. Poiché però tutti i topi sono morti immediatamente dopo la nascita, i ricercatori non si sono presi subito la briga di controllarne il sesso e hanno quindi ritardato questa scoperta puramente casuale. Quando hanno cercato la prostata degli animali, gli scienziati sono rimasti sorpresi nel non trovarla, ma ancora più sorpresi sono stati nello scoprire che dall'analisi genetica risultava che effettivamente la metà dei topi era maschio. Questi risultati sono quindi sufficienti per stabilire che il gene in questione determina il sesso maschile durante lo sviluppo dell'embrione, anche se i meccanismi non sono ancora chiari. La ricerca potrebbe poi avere ulteriori sviluppi, visto che sono noti agli scienziati 22 fattori di crescita dei fibroblasti, e per ora è stato studiato soltanto l'effetto della mancanza del numero nove. ________________________________________________________ Il Corriere della Sera 21 mar. '01 VIA AI TRAPIANTI DI FEGATO DA VIVENTE. Sì del Consiglio di sanità a 15 centri L' autorizzazione provvisoria all' inizio durerà un anno De Bac Margherita Il ministro Veronesi potrebbe firmare un decreto Via ai trapianti di fegato da vivente Sì del Consiglio di sanità a 15 centri ROMA - Trapianti di fegato da vivente, una possibilità terapeutica sempre più vicina anche in Italia. Ieri un altro passo av anti. La seconda commissione del Consiglio superiore di sanità ha approvato un documento che prevede di dare l' autorizzazione provvisoria, della durata di un anno, a tutti i centri che ne hanno fatto richiesta. Una quindicina. La proposta verrà rati ficata entro 10 giorni dal Consiglio superiore. Il ministro della Sanità Umberto Veronesi, che si è espresso a favore di questi interventi, previsti da una legge del dicembre del ' 99 ma non ancora praticati, potrebbe firmare in breve un decreto. "In un anno verrà valutato dal punto di vista qualitativo e non quantitativo l' andamento complessivo dell' attività - spiega Eugenio Santoro, membro del Css, presidente onorario dell' Associazione italiana chirurghi -. Ritengo che sia giusto mettere tu tti i centri in condizione di lavorare su questo programma già affermato in Europa. Però occorre cautela. Non dimentichiamo che è una metodica che si presta a dei rischi. Poco tempo fa, a Lione, è morto nel donare il fegato il fratello di un paziente ". Il trapianto di fegato da vivente è una tecnica già sperimentata con successo e buoni risultati negli Stati Uniti e in Europa. L' organo viene prelevato a una persona viva, di solito un familiare o un amico con forti motivazioni, che dona una part e del suo fegato, destinata a rigenerarsi, proprio come nel mito, fino a riprendere le normali funzioni. Soltanto pochi giorni fa a Milano, ospedale Niguarda, questa metodica è stata utilizzata su un malato di cirrosi epatica, Umberto Maccarinelli, 6 0 anni, che ha ricevuto la vita dal figlio trentaduenne, Daniele. Il primo intervento del genere compiuto in Italia da un' équipe tutta italiana. Un' autorizzazione straordinaria, concessa dal ministro Veronesi in considerazione della gravità del cas o. Altri centri, dopo la partenza del Niguarda, hanno chiesto l' autorizzazione speciale. E forse non è una semplice coincidenza il fatto che questa "prima volta" sia stata fatta cadere proprio in questi giorni. C' è grande attesa. Due settimane fa, in un congresso con i migliori trapiantologi, a sollevare il problema era stato il professor Raffaello Cortesini, il chirurgo che nel ' 67 ha trasferito per la prima volta in Italia il rene di un donatore vivente su un paziente nefropatico. Il trapia nto da vivente viene considerato una soluzione alternativa a quello da cadavere. La lunghezza delle liste di attesa per accedere all' intervento tradizionale è spesso incompatibile con la condizione del malato. Se c' è una moglie, un figlio, un frate llo che offre una parte di se stesso, accettando di subire a sua volta una vera e propria operazione, si può ipotizzare un' altra strada non priva di rischi. Per questo, il documento del Consiglio superiore di Sanità, rifacendosi in parte alle linee guida elaborate dalla Consulta nazionale sui trapianti, ha individuato alcuni "percorsi di garanzia" per il paziente. Il donatore dovrà ricevere un' informazione chiara e trasparente anche sulle alternative di cura. Da noi, i malati in attesa per un trapianto di fegato, un settore in cui il nostro Paese ha una buona tradizione, sono oltre 900. Nel ' 99, 720 interventi. Decine, forse centinaia di italiani, sono ricorsi al trapianto di vivente all' estero. E oggi raccontano storie commoventi. Ma o ccorre non alimentare le aspettative. Su 1.500 casi nel mondo in centri di buona esperienza, tre hanno avuto un esito drammatico, la morte del donatore. E su questa rivoluzione pesa almeno un' altra riserva: il rischio è che i chirurghi abbiano la te ntazione di ricorrere a questa tecnica anche quando non è necessario. M. D. B. ________________________________________________________ Le Scienze 20 mar. '01 GUERRA AGLI STREPTOCOCCHI La tecnica presenta enormi vantaggi rispetto ai trattamenti a base di antibiotici Un gruppo della Rockfeller University ha messo a punto un metodo per uccidere al solo contatto gli streptococchi, batteri che causano diverse infezioni negli esseri umani. La tecnica, descritta in un articolo pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences", ha enormi vantaggi rispetto a quelle tradizionali, a base di antibiotici. Il sistema utilizza enzimi normalmente prodotti da virus batteriofagi, che infettano i batteri, producono copie di se stessi e poi escono per andare a infettare nuovi batteri. Questi enzimi provocano un vero e proprio dissolvimento della parete cellulare dei batteri, per permettere al virus di sfuggire una volta sfruttata la cellula. Vincent Fischetti ha pensato allora di provare a utilizzare l'enzima separatamente dal virus, con risultati che hanno stupito gli stessi ricercatori. Non solo infatti l'enzima uccide i batteri molto efficacemente, ma lo fa anche in un tempo molto breve. In coltura, una piccolissima quantità dell'enzima è in grado di sterminare completamente i batteri in soli cinque secondi, meglio di qualsiasi altra sostanza nota. L'utilizzo degli enzimi promette anche di essere estremamente specifico, poiché ogni batterio ha il proprio virus che lo attacca. Questo è un grande vantaggio rispetto agli antibiotici, che invece tendono anche a uccidere la flora batterica che contribuisce alla nostra salute. Al momento, i ricercatori hanno usato l'enzima estratto da una colonia di batteri infettata dal virus, ma in futuro non sarà difficile sintetizzarlo artificialmente a un prezzo molto basso. ________________________________________________________ Repubblica 21 mar. '01 ARRIVA LA SUPERPILLOLA ANTINFARTO aiuta la fluidificazione del sangue ROMA - Il meeting dell'American College of Cardiology lancia una nuova, presunta, supermedicina in grado di prevenire il 20% degli infarti. Come l'Aspirina, il farmaco Clopidogril, favorirebbe la fluidità del sangue, rendendo più difficile la formazione di grumi e trombi e facilitando la circolazione in presenza di arterie irrigidite per colpa dell'età o del colesterolo. Il medicinale è già stato introdotto nella sanità americana nel '97. Fino a oggi era somministrato ai pazienti che avevano appena subito un intervento di angioplastica. Anche il vicepresidente Dick Cheney lo ha utilizzato dopo le sue ultime operazioni al cuore. Un nuovo studio, condotto su 12 mila pazienti americani e presentato lunedì scorso al meeting dei cardiologi americani, propone ora addirittura l'assunzione quotidiana del Clopidogril da parte dei malati. Uniche controindicazioni: l'eccessiva fluidità del sangue potrebbe rendere difficile la coagulazione e provocare emorragie. Il costo: tra i 2 e i 3 dollari al giorno ________________________________________________________ La Stampa 21 mar. '01 MA È NUOVA LA TERAPIA DEL DOLORE? IMPIEGO della morfina in terapia del dolore risale ai primi dell'Ottocento. Da allora la morfina ha sempre mantenuto la sua posizione di analgesico eccellente. Quando negli Anni 50 si iniziò ad applicare in Italia in modo sistematico la terapia del dolore, l'introduzione della morfina nei protocolli sperimentali fu immediata. Fino agli Anni 70 le modalità di prescrizione della morfina e degli oppiacei maggiori erano semplicissime: bastava che il medico sulla propria ricetta indicasse in tutte lettere data, dosaggio e nome del paziente cui era prescritta e qualunque farmacia consegnava la morfina. Nessun problema nel trasporto. Fu subito evidente che la somministrazione di morfina ai malati terminali di cancro toglieva il dolore, alzava il tono dell'umore e quindi migliorava la qualità della vita. Ciò significava anche allontanare lo spettro dell'eutanasia. Poi, nel tentativo di ostacolare l'espandersi della tossicodipendenza, gradualmente, si opposero limitazioni e difficoltà burocratiche alla prescrizione e al trasporto. Questo non riuscì a fermare la tossicodipendenza ma invece penalizzò, soprattutto nelle terapie antidolore domiciliari, medico e paziente. Le modifiche di recente approvate alla legge sulla prescizione della morfina e degli oppiacei riportano quasi tutto alle normative degli Anni 60, che responsabilizzavano il medico, e che tutto sommato si erano dimostrate le migliori. Invece, come spesso succede nel nostro paese, si sta facendo un gran polverone e si sprecano titoli ad effetto come "La terapia del dolore diventa legge". Chiariamoci dunque le idee. Primo. In Italia, non esistono leggi che vietano la somministrazione terapeutica di morfina né tantomeno di analgesici oppiacei ma leggi che ne regolamentano l'uso. Queste leggi sono state giudicate troppo severe e complicate, al punto da ritenere rappresentino un serio ostacolo alla somministrazione di morfina a domicilio. Si è quindi deciso di alleggerirle, in modo da semplificare la somministrazione domiciliare di questi analgesici. Morfina e oppiacei sono, invece da sempre, normalmente somministrati negli ospedali sia ai malati terminali sia a pazienti affetti da dolore cronico non oncologico (nei quali è largamente dimostrato che la morfina, non provoca, o in forma assai minore, l'assuefazione). Di questo hanno beneficiato milioni di pazienti. Secondo. La terapia del dolore in Italia è fra le meglio strutturate. Nata negli Anni 40 grazie soprattutto a due scuole universitarie, Firenze con Lunedei e Torino con Ciocatto, si è rapidamente sviluppata dal Nord al Sud, creando numerosi Centri di diagnosi e terapia del dolore universitari e ospedalieri. Non dimentichiamo che l'Italia è stata la prima, nel 1979, a inserire gli studi sul dolore fra gli insegnamenti universitari di medicina. Terzo. Che cosa cambia oggi nella terapia del dolore? Certo non la terapia come tale. Ha fatto invece un sicuro progresso la regolamentazione, che, semplificando prescrizione e trasporto, rende finalmente molto più accessibile al medico il trattamento domiciliare a base di morfina. Adesso si spera e ci si augura che i consumi di morfina nelle terapie antidolore a domicilio, aumentino e si attestino su livelli paragonabilii a quelli dei consumi ospedalieri. (*)Già Presidente dell'Associazione Italiana per gli Studi sul Dolore Università di Milano ________________________________________________________ Le Scienze 20 mar. '01 NEURONI FRESCHI Tracey Shors della Rutgers University ha condotto un esperimento sui topi che sembra avvalorare questa tesi Per molti anni, gli scienziati hanno creduto che nel cervello di un mammifero adulto non crescessero più nuovi neuroni. Nel corso del tempo, però, alcuni studi hanno mostrato che in realtà ogni tanto nel nostro cervello compaiono nuovi neuroni, generalmente in aree importanti per la memoria, come l'ippocampo. Ciò ha fatto sospettare che questi neuroni fossero realmente coinvolti nella costruzione di nuovi ricordi, un'ipotesi però non facile da verificare. In un articolo pubblicato su "Nature", Tracey Shors della Rutgers University ha descritto un esperimento sui topi che sembra avvalorare questa tesi. Nel corso delle sue ricerche, la dottoressa ha trattato alcuni topi con una sostanza che uccide le nuove cellule, fra cui anche i neuroni. Negli esperimenti, ai topi veniva fatto ascoltare un suono e, pochi secondi dopo, essi venivano colpiti al bulbo oculare. I topi non trattati hanno dimostrato di sapere imparare in fretta dall'esperienza e, dopo soli dieci tentativi, chiudevano gli occhi dopo il suono. Al contrario, i topi trattati con il medicinale si sono dimostrati molto più lenti a memorizzare l'esperienza e ancora dopo un centinaio di tentativi stentavano a proteggersi. Il risultato non è poi imputabile, concludono i ricercatori, all'effetto tossico della sostanza, poiché in compiti che non richiedono l'uso dell'ippocampo entrambi i gruppi di topi hanno ottenuto gli stessi risultati. ================================================================== ________________________________________________________ Il sole24Ore 20 mar. '01 INDIRIZZI WEB, NUOVE REGOLE PIÙ RESTRITTIVE Accordo Authority-Infocamere MILANO Stop alla giungla dei domini Internet intestati a società. La Registration Authority italiana, che fa capo al Cnr di Pisa, ha firmato con Infocamere un accordo in base al quale i dati di chi richiede un dominio aziendale ".it" saranno confrontati con quelli contenuti nel Registro delle imprese. Se non corrisponderanno l'Authority boccerà la domanda di assegnazione. L'accordo dovrebbe impedire le speculazioni di chi registra un dominio altrui per poi tentare di rivenderne i diritti all'azienda che ne è titolare. Al tempo stesso dovrebbe mettere fine alle lunghe controversie giudiziarie tra i contendenti di uno stesso indirizzo Internet. La stessa Authority e l'associazione dei provider, tuttavia, attendono un decreto che riorganizzi in modo completo il sistema di registrazione, con regole che riguardino anche gli indirizzi Web intestati a persone fisiche. Su queste basi il Senato aveva approvato lo scorso gennaio il Ddl Passigli che, con la fine della legislatura, non è arrivato alla Camera per il voto finale.