15 MILA SCIENZIATI: UN ARCHIVIO GRATIS DELLA RICERCA O NON SCRIVEREMO PER VOI" SANITÀ, LAUREE TRIENNALI AL VIA CAGLIARI: 2000 STUDENTI A CACCIA DI UNA LAUREA NELLO SPORT ATENEI, 2 MILA MILIARDI PER DIRE BASTA ALLE CASE-DORMITORIO MAESTRI ALLO SBANDO DOPO LA RIFORMA: DIBATTITO ALL'UNIVERSITÀ MONSERRATO. QUATTRO CANDIDATI SINDACO SU UNIVERSITÀ E POLICLINICO LA GAZZETTA UFFICIALE È GRATIS ONLINE ================================================================== BIOETICA E MEDICINA A CONFRONTO. UN'ETICA SU DOMANDA CAGLIARI: ECSTASY E COCAINA, SCOPERTA LA LORO "AREA" NEL CERVELLO SANITA':COSTA L'INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE SANITÀ, SI INCRINA IL MITO LOMBARDO SASSARI: IN CRISI IL POLICLINICO ENFISEMA: VERSO IL POLMONE ARTIFICIALE COME L'ORGANISMO USA L'ATP SEQUENZIATO IL GENOMA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS VITA "SINTETICA" SEQUENZIATO IL GENOMA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS RIPARAZIONI GENETICHE UN GENE E AL CANE TORNA LA VISTA SARDEGNA: INFARTO PRECOCE? NEL DNA MANCA IL GENE SPAZZINO ================================================================== ================================================================== ____________________________________________________________ Repubblica 25 apr. '01 15 MILA SCIENZIATI: UN ARCHIVIO GRATIS DELLA RICERCA O NON SCRIVEREMO PER VOI" Oltre 15 mila accademici da tutto il mondo minacciano le riviste: "Se non metterete in Rete i nostri articoli, non scriveremo per voi" di RICCARDO STAGLIANO' ROMA - Ricerca libera per tutti. O meglio i suoi frutti, gli articoli scientifici pubblicati nelle più prestigiose riviste internazionali, dopo 6 mesi dalla prima stampa dovranno essere consultabili gratis in un archivio online unico. E' quello che chiede una lettera aperta diffusa in forma elettronica dal gruppo Public Library of Science sottoscritta da 15.817 accademici da 138 paesi del mondo, tra cui vari premi Nobel. Se la richiesta non verrà accolta i firmatari minacciano di boicottare gli editori delle riviste: a partire da settembre giurano che non scriveranno né collaboreranno in altra forma che per quelle testate che metteranno poi a disposizione i loro articoli per il progetto comune. Dal loro punto di vista, gli autori hanno tutti i diritti per usare un tono stentoreo: loro è la fatica maggiore dal momento che scrivono gratis e, sempre senza chiedere una lira, indicano le correzioni e giudicano la validità (peer review) dei contributi degli altri colleghi. Gli editori si "limitano" a editare gli articoli, organizzare il processo di revisione e fornire notizie e informazioni complementari rispetto agli scritti degli autori. "Li consideriamo un po' come delle balie - spiega Michael Eisen, uno degli ideatori della Public Library - sono pagati per il loro ruolo ma, alla fine della giornata, è bene che restituiscano il 'bambino' ai loro genitori". In molti, infatti, sostengono che i soldi che gli editori prendono per il loro compito sono eccessivi: "Credo che dappertutto gli scienziati - avverte Nicholas Cozzarelli, redattore capo di Proceedings of the National Academy of Sciences - sarebbero scioccati se si rendessero conto di che business straordinariamente lucroso sia l'industria dell'editoria scientifica". Grossi introiti generalmente utilizzati per finanziare attività di ricerca, come succede nel rapporto tra la celebre "Science" e la American Association for the Advancement of Science che fornisce fondi e borse di studio ai ricercatori statunitensi. La lettera aperta è stata suggerita dai lentissimi avanzamenti del progetto PubMed Central, che avrebbe dovuto costituire un archivio di argomento medico- biotecnologico ricercabile full-text. Dagli inizi del 2000 a oggi solo 7 giornali scientifici gli hanno offerto i loro articoli per la ripubblicazione. Assai pochi rispetto alle aspettative. Ma nessun editore ha accolto bene la petizione, per vari ordini di ragioni. Si è citato, ad esempio, il timore che nel processo di archiviazione centralizzata si inserissero degli errori negli articoli, diminuendone l'attendibilità (se l'abbreviazione per "microgrammo" viene interpretata come quella di "milligrammo", cambia tutto). C'è chi teme una maggiore vulnerabilità tecnica: se andasse in crisi il server centrale nessuno potrebbe più avere accesso ai documenti mentre, se questi rimarranno distribuiti nei siti originari, il sistema sarebbe più sicuro. E poi c'è un'obiezione più politica: se si offrirà tutto - ancorché dopo vari mesi dopo la pubblicazione originaria - gratis in Rete, chi si abbonerà più alle riviste? Se le sottoscrizioni sprofondassero sarebbe un danno grave per il finanziamento alla ricerca dal momento che basta circa un decimo degli introiti per coprire i meri costi editoriali. Una controproposta è di rovesciare il modello attuale e far pagare non i lettori ma gli autori - o meglio le loro università di appartenenza - eccezion fatta per quelli dei paesi in via di sviluppo che non potrebbero permetterselo. Proprio costoro, in ogni caso, sarebbero i principali beneficiari del progetto Public Library, dal momento che generalmente non hanno i soldi per abbonarsi alle riviste tradizionali. Dibattito a parte, tuttavia, resta da vedere se gli scienziati arriveranno davvero sino in fondo nella loro azione dimostrativa. "Non posso permettermi di boicottare queste le riviste - ammette, sotto condizione di anonimato, un assistente di una scuola medica di New York - la mia carriera non è ancora consolidata". E per far carriera accademica, più si pubblica e meglio è. Un premio Nobel può tranquillamente permettersi il lusso di fare sciopero - il suo potere contrattuale glielo consente -, un dottorando no. E anche l'ipotesi, ventilata, di creare riviste elettroniche in proprio dove auto-pubblicarsi i saggi è più teorica che altro. Il più delle volte è la testata che dà valore al contributo, e non viceversa. La dichiarazione di guerra, comunque, è stata pronunciata. Per assistere alle prime schermaglie tra la concezione libertaria e quella commerciale della cultura scientifica non c'è che da attendere sino a dopo l'estate. ____________________________________________________________ Il Sole24ore 24 apr. '01 SANITÀ, LAUREE TRIENNALI AL VIA Formazione Già firmati i decreti e gli ordinamenti per le quattro aree previste dalla legge 251 La svolta riguarda le classi di infermieristica e ostetrica, riabilitazione, tecnico-sanitaria, prevenzione< Paolo Del Bufalo ROMA Lauree triennali e specialistiche: anche l'area sanitaria sta per tagliare il traguardo. I testi dei decreti e degli ordinamenti agli studi per le quattro aree previste dalla legge 251/2000 - come anticipato sul n. 15 del settimanale "Il Sole-24 Ore Sanità" - già firmati dai ministri della Sanità e dell'Università sono all'esame della Corte dei conti. E se i giudici non faranno osservazioni particolari, potrebbero a breve tagliare il traguardo della pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale". Una volta ufficializzati gli ordinamenti delle quattro classi infermieristica e ostetrica, della riabilitazione, tecnico- sanitaria e della prevenzione, toccherà agli atenei, entro 18 mesi dall'entrata in vigore dei provvedimenti, definire i curricula dei singoli corsi di laurea corrispondenti alle figure professionali indicate nei decreti del ministro della Sanità con cui sono stati definiti via via i vari profili professionali. La formazione relativa alle lauree triennali potrà avvenire all'interno delle aziende ospedaliere, ospedaliero-universitarie, negli Irccs o presso altre strutture del Ssn o private accreditate e i corsi saranno affidati "di norma" a personale del ruolo sanitario. Le lauree triennali dovranno essere caratterizzate da molta pratica e poco studio individuale (non più del 30%). E i crediti formativi che si guadagneranno equivalgono a 25 ore di lavoro per studente, tranne che per infermieri e ostetriche per i quali valgono, invece, 30 ore. La prova finale del corso avrà valore di esame abilitante. Simili in tutto a quelle triennali per quanto riguarda le procedure di istituzione, suddivisione in quattro classi, luogo di formazione e criteri di definizione dei crediti, le lauree specialistiche biennali richiedono, naturalmente, il titolo di laurea triennale per l'ammissione ai corsi e un preciso elemento di valutazione in più per l'accesso: il curriculum. I regolamenti didattici fisseranno i requisiti che devono essere posseduti per l'ammissione a ciascun corso ed eventuali integrazioni devono essere chiare prima della verifica sull'adeguatezza della preparazione personale del candidato all'ammissione al corso. Le modalità della verifica saranno fissate ugualmente dal regolamento di ateneo e il riferimento dovrà essere anche a specifiche esperienze professionali, maturate in almeno cinque anni di attività lavorativa dipendente in strutture sanitarie accreditate, caratterizzate dall'esercizio di funzioni professionali proprie del titolo di laurea triennale conseguito e coerenti con l'obiettivo del corso di laurea specialistica. E chi otterrà la laurea specialistica dovrà possedere competenze di tipo assistenziale, educativo e preventivo per rispondere ai problemi di salute della popolazione e di qualità dei servizi. E si dovrà occupare di management sanitario "nel rispetto - si specifica negli ordinamenti - delle loro e altrui competenze". ____________________________________________________________ Il Messaggero 28 apr. '01 ATENEI, 2 MILA MILIARDI PER DIRE BASTA ALLE CASE-DORMITORIO Guerzoni: per gli studenti spazi vivibili di ANNA MARIA SERSALE ROMA - Gli atenei dovranno fare un salto di qualità o perderanno il treno dell'Europa. Per l'Università, pachiderma malato di gigantismo e inefficienza, arriva la resa dei conti. Ad ottobre 2001, con l'inizio del nuovo anno accademico, partiranno le nuove lauree (di primo livello e specialistiche). Non è solo un cambio di durata degli studi, è una rivoluzione: salta la vecchia geografia dei corsi, nascono indirizzi nuovi, i titoli vengono modificati, sono diversi anche gli sbocchi lavorativi. Le grandi strategie educative, però, camminano su gambe fragili: mancano ancora un bel po' di soldi. Così nei giorni scorsi, prima di chiudere la legislatura, il governo dell'Ulivo, che su scuola e università ha prodotto riforme radicali, si è affrettato a definire gli ultimi adempimenti. Un decreto è stato approvato, l'altro lo sarà la settimana prossima. Il primo riguarda l'edilizia residenziale, mette sul piatto 1.500 miliardi, per nuove case dello studente. "Non più dormitori - assicura Luciano Guerzoni, viceministro dell'Università - ma veri luoghi di studio, di vita, di socializzazione, con biblioteche e spazi attrezzati". Già, le assemblee con gli studenti hanno dato frutti. E' passato il principio che il diritto allo studio va tutelato anche così. Dando aiuti concreti ai ragazzi che si spostano da casa per conquistare un titolo di dottore. Incrementato anche il numero delle borse di studio: 170mila per il 2001-2002, ventimila in più dell'anno scorso, con un importo maggiorato: 8 milioni a testa. Tra le novità appena introdotte, anche un contributo per gli affitti delle case, purché "concordati". L'altro decreto, invece, da definire la prossima settimana, contiene 825 miliardi. Serviranno a finanziare i nuovi corsi di laurea triennali (200 miliardi l'anno, più 225 aggiuntivi). In tutto, dunque, più di 2 mila e 300 miliardi. Stretta di vite sul decongestionamento degli atenei più affollati. Otto sono le università che avranno aiuti economici per diventare più vivibili. In testa la Sapienza di Roma, ma anche Bari, Bologna, Milano-Bicocca, Milano-Politecnico, Napoli-Federico II. Stanno per essere consegnati agli atenei i fondi misti Stato-Unione europea. Finanziati anche 45 centri di eccellenza distribuiti tra i 67 atenei pubblici-privati. Intanto, nelle Università è iniziata la corsa contro il tempo. Entro il 31 luglio vanno adeguati i piani di studio e pubblicati i bandi, perché dal primo agosto si aprono le iscrizioni. La mega riforma incalza e il governo si affretta ad emanare gli ultimi provvedimenti per garantire l'attuazione delle nuove leggi. Il bilancio è stato tracciato da Guerzoni, che ha anche lanciato un avvertimento: "Se qualcuno vuole bloccare la riforma sbaglia, è un processo inarrestabile. Ai mali dell'università bisogna trovare un rimedio". Guerzoni ricorda che abbiamo bisogno di laureati (eppure, stravaganza tutta italiana, abbiamo 77 mila laureati disoccupati). Le cifre che danno il quadro generale sono drammatiche: un milione e 600 mila iscritti, di cui il 60% non raggiunge la laurea. L'88,4% di chi diventa dottore si laurea dopo molti anni di "fuori corso", la permanenza media è di otto anni, ma ci sono punte di dieci-dodici anni. Siamo il paese europeo con il minor numero di laureati: negli ultimi 40 anni 6 milioni e mezzo di italiani, pari a un terzo della popolazione attiva, sono entrati negli atenei uscendo senza avere raggiunto il titolo. La percentuale di abbandono è agghiacciante: sette studenti su dieci. ____________________________________________________________ L'Unione Sarda 29 apr. '01 CAGLIARI: 2000 STUDENTI A CACCIA DI UNA LAUREA NELLO SPORT Dopo dodici anni Cagliari ospita per la seconda volta la rassegna aperta a quasi Dall'11 al 20 maggio i campionati universitari a Sa Duchessa Per una settimana, 1.800 studenti universitari di tutta l'Italia avranno un solo obiettivo: laurearsi campioni dello sport. Dopo 12 anni, gli Universitari tornano a Cagliari nell'impianto del Cus, dall'11 al 20 maggio. Qui gli atleti troveranno una cittadella sportiva dove, senza bisogno di spostarsi da un capo all'altro della città, potranno essere disputate quasi tutte le gare. Sono 15 le discipline in cui si affronteranno gli studenti di 47 università, Cagliari e Sassari comprese: atletica, tiro a segno, judo, karate, scherma, golf, calcetto, pallavolo femminile e maschile, tennis, rugby, calcio, pallacanestro, teakwondo, tennistavolo. Le gare di golf verranno disputate sul green di Is Molas, mentre per il tiro a segno gli atleti si trasferiranno al poligono di Elmas. C'è voluto un anno di lavoro perché il Cus Cagliari potesse ospitare questa grande manifestazione (giunta alla 55° edizione) che coinvolge oltre 2.000 persone tra atleti, giudici di gara e accompagnatori. Come sottolinea Adriano Rossi, presidente del Cus Cagliari, la riuscita dell'evento (costato circa 400 milioni) sarà merito della sinergia tra Università, Regione, Provincia, Comune e del contributo, indispensabile, delle 14 federazioni sportive. "La rappresentativa del Cus Cagliari non solo dovrà fare gli onori di casa, ma dovrà difendere titoli e prestigio", dice Rossi. Sono 150 gli studenti cagliaritani (113 ragazzi e 37 studentesse) che sono stati selezionati per le gare di tennis, taekwondo, judo, karate, scherma, calcio, calcetto, pallacanestro, tennistavolo e golf. La squadra di calcetto dovrà difendere il titolo conquistato l'anno scorso; quella di calcio cercherà di conquistare una medaglia che insegue da dodici anni. Ogni giorno i cancelli della cittadella sportiva si apriranno dalle 9 del mattino fino a sera per accogliere appassionati e fan delle squadre studentesche. Le gare inizieranno l'11 maggio, ma la cerimonia di inaugurazione dei Campionati si terrà il 12 (ore 15) con la sfilata delle rappresentative studentesche, che intoneranno linno universitario. Ci sarà poi il lancio dei paracadutisti del Paracentro Serdiana: insieme a loro anche Francesco Ginesu, preside della facoltà di Ingegneria di Cagliari. Non ci sarà solo sport. Gli atleti verranno coinvolti in iniziative culturali e gite per scoprire Cagliari e la provincia, ma potranno anche partecipare e intervenire a un ciclo di incontri su "Cultura e sport nellUniversità" che si terranno dal 14 al 18 nel Cineteatro Ersu. Serena Schiffini ____________________________________________________________ L'Unione Sarda 25 apr. '01 MAESTRI ALLO SBANDO DOPO LA RIFORMA: DIBATTITO ALL'UNIVERSITÀ Addio vecchia scuola dell'insegnamento e benvenuta scuola dell'apprendimento. Ma il decreto De Mauro sulla riforma scolastica in vigore da settembre continua a suscitare perplessità. Se n'è parlato venerdì nell'aula magna della facoltà di Giurisprudenza, nell'incontro-dibattito organizzato dall'associazione Didaké, e presieduta dal presidente nazionale di didattica e innovazione, Giuseppe Meroni. "Sono tre le novità che più spaventano - ha detto Meroni Ñ La riforma, infatti, introdurrà dal prossimo anno scolastico i due cicli, primario e secondario, che decreteranno la morte definitiva delle tradizionali scuole elementari e medie". Il presidente ha cercato di semplificare al massimo una legge ancora di difficile interpretazione. "Seconda delle tre questioni sollevate dalla riforma Ñ ha proseguito Giuseppe Meroni Ñ è la famigerata "onda anomala". Per evitare un sovraffollamento studentesco al settimo anno, è previsto lo slittamento di un anno per cinque elementi di ogni classe. Infine Ñha concluso il presidente Ñ l'introduzione dei curricula. Al posto dei tradizionali programmi ministeriali, questi consentiranno di valutare le competenze acquisite dallo studente alla fine degli studi". In realtà la vera riforma consiste nel fatto che lo studente non dovrà più imparare qualcosa, ma "dovrà saper fare qualche cosa". La riforma scolastica ha quindi come obiettivo quello di mandare in pensione l'ormai vecchia e ingrigita scuola dei contenuti e dare spazio ad una scuola che offra ai giovani un ruolo migliore nella società. Gina Falchi ____________________________________________________________ L'Unione Sarda 27 apr. '01 MONSERRATO. QUATTRO CANDIDATI SINDACO SU UNIVERSITÀ E POLICLINICO Forum su Monserrato. Quattro candidati sindaco si confrontano sul futuro di un centro vicino a due colossi: Università e Policlinico È scontro aperto sull'urbanistica Ricette diverse per il centro storico e le nuove aree di espansione Pochi gli spazi per l'espansione urbanistica, giusto qualche terreno oltre la circonvallazione 554. Ma è proprio lì che Monserrato si gioca il futuro: ci sono la Cittadella universitaria e il Policlinico e attorno aree (anche se non moltissime) a disposizione per costruire un nuovo quartiere di cinquemila abitanti. La crescita demografica sarà quindi contenuta: il piano urbanistico fissa il limite in 26 mila abitanti. Ai quali però bisognerà offrire servizi, migliorando la città per renderla più vivibile. I quattro candidati sindaco che l'altra mattina si sono confrontati in redazione sui rispettivi programmi hanno le idee chiare: impianti sportivi, valorizzazione del centro storico, nuove strade sono gli altri punti fondamentali su cui programmare la terza legislatura del Comune autonomo. Il 13 maggio - ma più presumibilmente due settimane dopo con il ballottaggio - si saprà chi tra Antonio Vacca (Ulivo), Giuseppe Marras (Casa delle Libertà), Franco Tinti (Ccd-Cdu-Dcs) e Walter Pili (Progetto Monserrato) salirà nel piano più alto del Palazzo di piazza Maria Vergine. Qual è la prima emergenza da affrontare? PILI. "Dalla conquista dell'autonomia la città non ha mai avuto un programma amministrativo organico. Bisogna puntare a una visione completa e non risolvere singolarmente ogni problema". TINTI. "Monserrato deve raggiungere una propria identità staccandosi da Cagliari e da Quartu. Perciò, è necessaria una pianificazione del territorio che tenga conto delle due zone che diventeranno il suo unico patrimonio: la Cittadella universitaria e il parco del Molentargius". MARRAS. "Il Piano urbanistico comunale e il piano particolareggiato del centro storico: soltanto un nuovo studio di questi due progetti, ora poco soddisfacenti, potrà sanare le spaccature del territorio che non creano omogeneità e forza". VACCA. "Il lavoro del Puc è da completare. Ascoltando i cittadini si riuscirà a stabilire le regole fondamentali per l'istituzione del piano". Il piano particolareggiato del centro storico non sembra accogliere la vostra approvazione. Quali sono i punti che non condividete? MARRAS. "Le norme tecniche d'attuazione sono poco chiare. In particolare: è permessa la sola demolizione che però non prevede l'aumento della cubatura". TINTI. "Il piano è tutto da rivisitare. Bisogna incentivare il privato dando la possibilità anche di aumentare la cubatura". PILI. "Risanare, riqualificare, rivitalizzare. Questi devono essere gli obiettivi del progetto. Il centro storico deve rinascere grazie alle botteghe d'arte e ai vecchi magazzini del vino". VACCA. "Norme certe per tutti. Questo è stato il nostro motto per il progetto. Tra tutti gli incentivi uno su tutti: è falso che non si possa aumentare la cubatura, anzi chi lo farà riceverà un premio dal Comune. Ovviamente il piano si può ancora migliorare". Come intendete sfruttare le aree della Cittadella universitaria e del nuovo Policlinico? MARRAS. "Dopo un'attenta revisione del Puc e del piano del centro storico. Oggi è prevista una zona verde, d'espansione, che si estende fino alla statale 554: questo crea una spaccatura del territorio e non una continuità. Bisogna sfruttare la zona della Cittadella che è il centro della cultura e delle risorse economiche monserratine. Ovviamente instaurando un rapporto tra Comune e Università, inesistente in questi anni". VACCA. "La mia amministrazione ha sempre tenuto i contatti con l'Università instaurando una collaborazione. Per quanto riguarda il Puc è stato necessario fare delle scelte perché non si può costruire ovunque. Confido nell'accordo di programma del '99 che punta alla realizzazione dello svincolo per la Cittadella che unirà anche fisicamente la città al polo universitario". TINTI. "L'utenza della Cittadella deve rimanere a Monserrato. Per questo bisogna creare grandi servizi: sogno una sorta di campus all'americana. La metropolitana leggera e lo svincolo rimangono due idee da realizzare subito". PILI. "Senza la pianificazione centro storico non si può pensare alla zona dell'università. Senza un unico progetto si condizionerebbe lo sviluppo economico. Penso comunque a un "polo di servizi": alberghi, ristoranti e centri sportivi". A Monserrato non ci sono impianti sportivi pubblici. Cosa intendete fare, in caso di elezione, per colmare questa carenza visto che gli atleti sono circa tremila? TINTI. "È impossibile creare impiantistica sportiva senza chiedere l'intervento dei privati. Soltanto così si può puntare anche a una rinascita dell'imprenditoria". VACCA. "Le soluzioni sono in via di definizione. La cupola geodetica è da appaltare, nei campi di via Argentina sta per aprire il cantiere, per il "Comparto 7" c'è 1 miliardo e 200 milioni grazie all'accordo con Cagliari e per il "Comparto 8" ne abbiamo a disposizione addirittura 8". MARRAS. "Bisogna dare risposte immediate. Ottenere gli spazi liberi interni alle strutture scolastiche e i comparti 7 e 8. Tutto qui". PILI. "Farò un'analisi dell'impiantistica a disposizione, manterrò efficaci le strutture esistenti e ricaverò dalle case diroccate del centro storico nuovi campi". Il campo nomadi, sorto pochi mesi fa nella zona dell'ex aeroporto, ha acceso grosse polemiche. Che idee avete in proposito? PILI. "L'emergenza nomadi non è stata risolta. Bisogna recuperare le loro attività artistiche dando così la possibilità di un reale inserimento nella società e di un reddito". TINTI. "L'unica polemica è questa: perché si è scelto di aiutare i Rom e non i cittadini che non hanno un tetto sotto cui vivere?". VACCA. "Abbiamo affrontato più problemi in uno trovando questa soluzione. Non c'era e non c'è altra alternativa all'ex aeroporto". MARRAS. "La scelta del sito è uno sbaglio. Quella zona era destinata ad altro. Creerò un campo sosta intercomunale". Che cosa credete di poter lasciare alla città se diventerete sindaci? Quale la prima opera? PILI. "Un risanamento delle facciate degli edifici fatiscenti: realizzeremo posti di lavoro guadagnando in bellezza". TINTI. "Riorganizzare la macchina comunale oggi lontana dalle esigenze dei cittadini. Istituirò il city manager". MARRAS. "Voglio creare un rapporto diretto con la gente. Far rinascere fra i cittadini la fiducia nei politici". VACCA. "Continuerò ad abbellire la città, dotandola di servizi di pregio". (A cura di Antonio Martis, Lorenzo Piras e Serena Sequi) ____________________________________________________________ Il sole24Ore 23 apr. '01 LA GAZZETTA UFFICIALE È GRATIS ONLINE Daniela Girgenti La "Gazzetta ufficiale" apre le sue pagine gratuitamente ai navigatori di Internet. A distanza di quattro mesi dalla segnalazione effettuata dal Sole-24 ore del lunedì (nel numero del 20 novembre 2000) sull'esosità della consultazione online delle pagine (8mila lire a pagina in formato Pdf) l'Istituto Poligrafico dello Stato ha avviato, sulla base delle direttive impartite dal ministero del Tesoro, un progetto volto alla diffusione gratuita, su rete Internet (www.ipzs.it), della normativa e degli altri atti di recente emanazione pubblicati sulla "Gazzetta ufficiale" della Repubblica italiana. Le novità sul web. Il progetto, che verrà sperimentato per tre mesi, fa parte del piano d'azione per l'"e-government", predisposto dal Governo per lo sviluppo della società dell'informazione. Così, a partire dall'inizio di aprile è disponibile in modalità web, senza alcun onere per l'utenza, l'intero testo di tutte le serie della "Gazzetta ufficiale" pubblicate negli ultimi sessanta giorni. In precedenza era possibile consultare online la "Gazzetta ufficiale" solo pagando un canone di abbonamento, corrispondente al consumo di un determinato numero di byte. Il canone minimo era di un milione di lire per 2,2 milioni di byte (0,45 lire a unità e per ogni byte consumato oltre quelli di abbonamento) fino al più elevato di cinque milioni di lire per 14 milioni di byte (0,35 lire a unità). A parte l'alto costo della consultazione, assolutamente inusuale per un servizio pubblico, il problema segnalato era legato al consumo dei byte: a fronte, infatti, del prezzo di 1.500 lire per l'intera "Gazzetta ufficiale" cartacea (serie generale), una pagina della stessa consultata, online, in formato Pdf costava ben 3.200 lire (8mila byte di consumi a 0,40 lire per byte). Il costo diminuiva di poco se la consultazione delle pagine avveniva in formato testo. Finalmente le cose sono cambiate. L'avvio del progetto costituisce una novità importante, in quanto consente a tutti gli internauti di poter leggere (per il momento solo in formato testo) e stampare le norme di legge e gli altri atti pubblici, la sera stessa del giorno di emissione o, al più tardi, il mattino successivo. Il servizio è inoltre arricchito dalla facilità di ricerca assicurata dai funzionali indici di classificazione cronologica e per materia. Gli abbonati traditi. Paradossalmente, però, le cose non sono cambiate, per coloro che hanno contratto un abbonamento online, pagando un canone di accesso. In questo caso le pagine delle "Gazzette ufficiali" degli ultimi 60 giorni sono consultabili anche in formato Pdf, ma non gratis, bensì a 3.200 lire l'una, vale a dire allo stesso prezzo di prima. Non resta che aspettare il 1º luglio, data nella quale entreranno probabilmente in vigore nuove tariffe di abbonamento per la consultazione via Internet delle "Gazzette ufficiali" non disponibili gratuitamente (in quanto pubblicate in data precedente agli ultimi sessanta giorni). È previsto un canone di abbonamento annuale forfettario, differenziato per singole tipologie di "Gazzetta ufficiale", e un importo aggiuntivo per ogni "documento visualizzato". Speriamo che la "vista" non sia troppo onerosa. ================================================================== ____________________________________________________________ L'Unione Sarda 27 apr. '01 BIOETICA E MEDICINA A CONFRONTO. UN'ETICA SU DOMANDA Dottore, ho una bambina che sta per nascere: è possibile congelare il cordone ombelicale? Penso a quando sarà più grande, alla possibilità che si ammali e, magari, abbia bisogno di un trapianto". "Professore, se dopo una ricerca genetica, scopro che tra qualche anno potrei ammalarmi di una malattia grave devo tenere l'informazione per me, oppure sono tenuto a comunicarla ai miei famigliari?" "Don Sempronio, abbiamo un figlio ammalato di leucemia, vogliamo dargli un fratello sano che, grazie ad un trapianto gli salvi la vita. Cè qualcosa di sbagliato in questo?" Dilemmi quotidiani, dilemmi moderni. Le biotecnologie e la ricerca genetica offrono all'uomo scranno e scettro del regno della vita e, nello stesso tempo, spalancano voragini d'incertezza. Ci sono voluti milioni di anni perché da elementari forme di vita si arrivasse all'uomo, pochissimi, nell'ordine di decenni, per capire come funziona e in che modo può essere trasformata la natura umana. La scoperta dell'alfabeto della vita dell'umanità, la mappatura del genoma umano, è la possibilità di combinare in modo diverso le lettere di quellalfabeto, di creare un essere umano diverso. Come sarà? Che uso faremo di queste informazioni? Durante un recente convegno a Cagliari (Bioetica e Medicina a confronto, organizzato dalla Commissione regionale pari opportunità assieme al Dipartimento di Neuroscienze e alla Consulta di Bioetica) medici, filosofi e farmacologi più che confezionare soluzioni, hanno indicato strade da esplorare. Cosa sia giusto e cosa sia sbagliato fare non lo sappiamo, lo dobbiamo inventare giorno per giorno perché, secondo il bioetico Maurizio Mori: "La portata delle scelte a cui siamo chiamati è tale che la tradizione e gli atteggiamenti ereditati dal passato non ci aiutano granché". Nel campo medico le biotecnologie hanno aperto frontiere di cura impensate: "Grazie alla genetica possiamo capire qual è il primo movens di una malattia - spiega Maria Del Zompo, farmacologa e anima del convegno - una possibilità che ci permette di studiare un farmaco che rimuova la causa del disturbo. Attualmente riusciamo a curare, non a guarire". Inoltre, poiché una stessa malattia non è uguale in ognuno di noi, sarà possibile individuare rimedi specifici per ogni paziente e, quindi, più efficaci. I vantaggi sono enormi, però lo sono anche i rischi. Prevedere di quale malattia una persona si ammalerà chiama in causa il potere di controllo che ognuno può avere sulla propria vita, ma anche quello degli altri che gli sono vicini. La conoscenza dei dati genetici fa gola a chi (assicurazioni e datori di lavoro) ha tutto da guadagnarci a conoscere per tempo le condizioni di salute dei propri dipendenti o clienti. Come comportarsi? Si deve regolamentare la ricerca scientifica, oppure l'uso che se ne fa? Maurizio Mori ha forti attacchi di rigetto ogni volta che si prospettano limiti alla ricerca: "Se proprio vogliamo conficcare paletti, che questi siano il rispetto della persona e la sua autonomia. Nient'altro" polemizza. Cosa sia il rispetto, poi, è un'altra bollente patata. Ignazio Carrasco, bioetico della romana Università Cattolica del Sacro Cuore, ama gli argini e che siano alti e solidi: "Ogni intervento su, con e per l'uomo dev'essere umano, a misura d'uomo. L'uomo non può essere trattato come una cosa". In altre parole: no alla manipolazione della vita: aborto, eutanasia, clonazione e similia. "L'uomo è un limite invalicabile per luomo stesso", ribadisce il medico sacerdote dimenticandosi che l'uomo non è l'unica creatura del creato. "Un'etica adeguata" secondo il filosofo della scienza Ervin Laszlo è: "vivere in una maniera che permetta a tutti gli esseri del mondo di vivere". Una volta Claudio Magris ha scritto: "Una scoperta scientifica non va valutata in base all'uso che se ne potrebbe fare. Pure un crocifisso di bronzo può essere usato per rompere la testa a qualcuno, ma non è una buona ragione per vietare la fabbricazione di crocefissi". Alla scienziata Maria del Zompo la citazione piacerebbe: "Fatto salvo il principio della libertà della ricerca, la questione è come scegliere in maniera consapevole. L'etica non è affare di pochi, ma di tutti". Ad ognuno di noi il compito di brandire lo scettro, ma solo dopo che abbiamo raccolto tutte le informazioni possibili direttamente dalla fonte e caricato sulla bilancia i pro e i contro. Il convegno - coordinato da Caterina Burrai, pschiatra, e Mauro Manunza, presidente dell'Ordine dei giornalisti - a questo doveva servire: mettere a confronto chi fa ricerca e si pone domande di carattere morale e i professionisti dell'etica per farsi unidea, il più possibile chiara, dei punti di vista da cui si può guardare il mondo. Scegliamo con responsabilità quello che più ci piace, stiamo in guardia però, avverte l'epistemologo Silvano Tagliagambe: "In storia ci sono molte curiose coincidenze, per esempio: è un caso che nel Novecento i regimi che sono stati tra i negatori più implacabili della democrazia, siano stati anche quelli che hanno messo in discussione intere branche della scienza? Oppure che in Grecia scienza, filosofia e democrazia siano nate insieme, e nello stesso periodo siano entrate in crisi?" Franca Rita Porcu ____________________________________________________________ Il Messaggero 23 apr. '01 CAGLIARI: ECSTASY E COCAINA, SCOPERTA LA LORO "AREA" NEL CERVELLO Una ricerca del Cnr di Cagliari: in una "conchiglia" il segreto per spezzare la dipendenza di ANNA MARIA SERSALE ROMA - E' stata individuata la zona del cervello dove agiscono sostanze micidiali, come la cocaina e l'ecstasy. Si chiama "conchiglia del nucleo accumbens", si trova nello "scantinato" del cervello, in una delle parti più interne e profonde, quasi all'altezza dell'ipotalamo. La scoperta consentirà di combattere la dipendenza da quelle sostanze stupefacenti, che ogni anno uccidono migliaia di persone nel mondo. Sarà possibile bloccare, in modo mirato, alcuni recettori molecolari, spezzando le catene della "dipendenza". Sarà anche possibile eliminare gli "effetti gratificanti" della droga. La scoperta è merito di un gruppo di ricercatori italiani del Cnr, guidati dal professore Gaetano Di Chiara, 56 anni, farmacologo, ordinario al Dipartimento di tossicologia dell'Università di Cagliari, che in collaborazione con i laboratori parigini dell'Inserm, diretti da Bruno Giros, ha studiato il comportamento e le reazioni di topi geneticamente modificati. Ai topi era stato tolto il recettore sensibile alla cocaina e all'ecstasy, un recettore concepito da madre natura per eliminare l'eccesso di dopamina, una sostanza naturale liberata costantemente da alcuni neuroni. E che, se regolata dai meccanismi interni, è utilissima nella vita quotidiana: ci aiuta ad essere attivi, a sopportare traumi, a regolare le funzioni più essenziali. Spiegano i ricercatori: "Abbiamo studiato il luogo di azione delle droghe, la "conchiglia" vicina all'ipotalamo, e abbiamo anche individuato il recettore che funziona come una pompa per eliminare la dopamina prodotta dai neuroni. Se una persona assume cocaina quella pompa si blocca, diventa inattiva. Come conseguenza si ha che la dopamina sale, cresce, non c'è più la pompa che la elimina. La dopamina raggiunge livelli pazzeschi. Ecco l'iperattività, ecco perché coca ed ecstasy fanno saltare ogni forma di controllo". Cocaina ed ecstasy sono dei potentissimi eccitanti. Dilagano nei droga-party, vengono usate il sabato notte in discoteca. "Riducono la fatica, il sonno, la fame, scatenano una iperattività abnorme - spiega il tossicologo della Sapienza Enrico Malizia - Annullano il senso del rischio, creano sensazione da superuomo, per questo tanti giovani si sono ammazzati in giochi folli, come quello della corsa in macchina ad occhi chiusi. I danni? Terribili. La cocaina ha un livello di tossicità elevatissimo, può provocare ictus cerebrale e infarto cardiaco anche nei più giovanissimi". La "polvere bianca" e le "pasticche" aumentano una serie di prestazioni fisiche, comprese quelle sessuali, ma non sono come il "Viagra", che agisce localmente. Coca ed ecstasy, quest'ultima è un mix esplosivo di anfetamine, distruggono il cervello. Agiscono attraverso un neurotrasmettitore, la dopamina appunto. Un ruolo fondamentale è quello della "conchiglia", l'area cerebrale individuata dai ricercatori: "Presiede alle motivazioni che garantiscono la sopravvivenza della specie - spiegano gli studiosi di Cagliari - Il comportamento sessuale, quello materno, l'alimentazione etc. Questa area è presente in tutti i mammiferi, anche i meno evoluti, perfino nei topi". Ed è proprio questa area, così importante, quella sensibile alle droghe pesanti, decisiva nella regolazione di meccanismi che fanno parte del nostro "essere biologico". Ecco perché, dicono i ricercatori, l'effetto della droga è difficile da rimuovere. Ma la ricerca di Cagliari apre la strada a nuovi farmaci, capaci di ridurre, e forse di annullare, la dipendenza. Ce n'è un gran bisogno. Le cifre dei consumi di droga sono in crescita. L'ultima relazione inviata al Parlamento parla chiaro: "C'è un significativo aumento di tutte le droghe: dal '95 al '99 il consumo di cannabinoidi è passato dal 19% al 33%; mentre l'uso delle droghe pesanti è passato dall'8% al 10%". ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 23 apr. '01 SANITA':COSTA L'INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE Gli italiani scoprono che la salute costa L'invecchiamento della popolazione e l'esigenza di prestazioni migliori richiederanno ulteriori sforzi finanziari Roberto Turno Il presente è una riforma ter che quasi non c'è. Il futuro è un federalismo tutto da "riempire", che spazia dalla devolution spinta a un regionalismo sempre più accentuato ma in qualche modo più attento alle "ragioni di Roma" e al rischio di divaricare la forbice Nord-Sud. In mezzo c'è una spesa finale che galoppa ben più dei finanziamenti. E a far da contrappeso ci sono un grappolo di questioni da troppo tempo irrisolte: il nodo del finanziamento del sistema, il rebus dei livelli di assistenza, il ruolo dei Fondi integrativi, il rilancio degli ospedali, la partecipazione della classe medica, la pressione del personale non medico. E chi più ne ha, più ne metta. Capitolo cruciale di un agone politico-elettorale che di programmi specifici più di tanto non si occupa, il modello di Sanità che sarà, è fatto di pagine bianche tutte da scrivere. Una grande incognita che, al di là degli slogan di coalizione, andrà risolta rapidamente da chi avrà in mano le leve digoverno: siacentrale che regionale. Con certezza di soluzioni e chiarezza di responsabilità. E col coraggio di dire ai cittadini-elettori l'amara realtà dei fatti: la Sanità ci costerà sempre di più, e sempre più saremo chiamati a partecipare alla spesa, come peraltro accade da tempo. Qualsiasi sia il modello che vincerà: con uno Stato meno finanziatore, gestore e acquirente e con Regioni che dovranno farcela da sé, senza più abbeverarsi al rubinetto dei ripiani a piè di lista. Le cifre accumulate nell'ultimo decennio dal Ssn aiutano a capire la dimensione dei problemi in gioco. Dal 1992 al 2001 - siano state sottostime o cattive gestioni locali - i finanziamenti totali erogati col Fondo sanitario nazionale sono ammontati a 1 milione e 27mila miliardi di lire: una crescita esponenziale del 50%. Mentre la spesa reale (per difetto, poiché quella del 2000 è solo stimata e quella del 2001 è ancora indecifrabile) è stata pari a 1 milione e 85mila miliardi di lire, con una crescita del 33% dal 1992 al 2000. Come dire che dal 1992 al 2000 i deficit sommati dal Ssn sono stati di 58mila miliardi di lire. Vale a dire, facendo la media per ciascun italiano (ma con le debite differenze tra le Regioni), che in nove anni il debito pro-capite è stato di un milione di lire. E senza considerare che nel frattempo la spesa privata, pagata direttamente dai contribuenti per acquistare a proprio carico le prestazioni, è salita da 35mila a 55mila miliardi di lire. Insomma: 360mila miliardi di lire circa in nove anni: altri 6 milioni e rotti per italiano. Che nel frattempo hanno pagato contributi e tasse, finiti nel serbatoio del Ssn. Valori a spanne, che se più correttamente spalmati sulle famiglie (o su chi contribuisce) si moltiplicherebbero almeno per tre. Insomma: la salute costa. E i costi per garantirsi l'assistenza aumenteranno di anno in anno. Per i progressi della scienza medica e delle tecnologie. Per la domanda di salute e di salutismo. Perché la popolazione invecchia, consuma di più e impone diversi modelli di cura e di assistenza. È (anche) dentro queste cifre che si decideranno le sorti del futuro modello sanitario. Ben sapendo che far quadrare il cerchio del gap Nord-Sud non sarà cosa facile: anzi, l'incognita sarà più che mai valida sotto il segno del federalismo, come confermano le resistenze delle Regioni del Sud e del Centro (il Lazio). L'ombrello del federalismo e dell'autonomia più o meno marcata, in sostanza, potrebbe non proteggere tutti. E gli amministratori locali che temono di finire sotto il diluvio di deficit futuri, avranno solo l'arma delle tasse locali o dei tagli alle prestazioni per rimettere in sesto i bilanci: ma dovranno fare i conti di persona con i cittadini-elettori. Avranno le Regioni la forza, e la voglia, di farsene carico? Intanto ci sono misure sull'assistenza farmaceutica alle porte: come il prezzo di riferimento per i generici o i possibili tagli dopo l'esplosione dei consumi nei primi mesi dell'anno. Ci sono i costi di convenzioni e contratti "fatti" e di quelli da fare che premono pesantemente sui bilanci presenti e futuri. C'è da decidere la sorte dei Fondi: saranno solo integrativi o sostitutivi rispetto al Ssn? E per gli ospedali, esiste o no un possibile punto d'arrivo con gestioni affidate a Fondazioni se non addirittura a Spa con presenza maggioritaria del pubblico? E fin dove arriverà il federalismo? Fino a Prontuari e contratti regionali? E come salverà l'uniformità dell'assistenza? A queste domande dovrebbero rispondere i programmi elettorali. Abbandonando i manifesti-proclami. Chiedendo a tutti gli attori di un "mercato" da centinaia di migliaia di miliardi di fare la loro parte sotto la stella di un "bene comune": la salute pubblica. Che non può farsi carico degli interessi di parte. ____________________________________________________________ Repubblica 26 apr. '01 SANITÀ, SI INCRINA IL MITO LOMBARDO Caccia al malato: si affollano gli ospedali e cresce la spesa Il day hospital viene utilizzato sempre di meno a favore della ospedalizzazione. La Usl rimborsa a piè di lista ROBERTO PETRINI ROMA -Resta in ombra, affogato nella cruenta battaglia preelettorale e nel braccio di ferro tra Stato e Regioni sulle risorse finanziarie, il nodo della sanità. Eppure da anni è uno dei nervi scoperti dei cittadini: basta guardare ad una indagine dell'Eurostat del settembre dello scorso anno dove si rileva che il 50,4 per cento degli italiani si dichiara insoddisfatto, e come spesso accade in questi casi solo Grecia e Portogallo ci battono con percentuali di scontento che superano il 60 per cento. Ma una guerra sorda, spesso riservata agli specialisti del settore, si combatte sui numeri, che basta andare a cercare consumando il mouse di Internet. E' proprio in questo quadro che emerge il modelloFormigoni: lo stesso presidente della Regione Lombardia, nella rissa sulla data del referendum sulla cosiddetta devolution, ha acceso la luce su quello che il Polo considera il proprio esperimento di "eccellenza" e del quale più di un analista comincia a tracciare un bilancio. Il modelloLombardia nasce quattro anni fa, con una idea semplice e rivoluzionaria: mettere ospedali pubblici e cliniche private sullo stesso piano. "Abbiamo rotto un tabù", ha detto Formigoni a Cernobbio nei giorni scorsi. Già privati i privati, si trattava in buona sostanza di mettere gli ospedali pubblici allo stesso livello, cioè lanciarli in balia del mercato scorporando la loro gestione da quella delle Unità sanitarie locali. Un passo che in linea di principio sembra andare verso la direzione di una maggiore efficienza, ma che a scavare tra gli indicatori mette in evidenza linee di tendenza che dimostrerebbero esattamente il contrario. Gli ospedali pubblici e i privati che si "accreditano" con il Sistema sanitario galleggiano nel libero mercato: la Usl considera tutti sullo stesso piano e rimborsa a pie' di lista alla fine dell'anno. E siccome un criterio di rimborso doveva essere individuato si è utilizzato quello della "tariffa prestazione", un listino calibrato dalla Regione dove ad ogni servizio o intervento corrisponde un prezzo. Fin qui niente male, ma a sentire operatori ed economisti specializzati starebbe suonando qualche campanello d'allarme: la specificità della sanità, infatti, è racchiusa nel teorema per cui non sempre la competizione porta maggiore efficienza. Ad esempio, cliniche e ospedali possono migliorare il bilancio se ricoverano più pazienti e a fine anno hanno dimostrato di aver aumentato il "volume di affari" aprendo così il rischio di una caccia al malato, soprattutto a quello più redditizio. In un quadro nazionale dove la parola d'ordine, rilanciata con forza dal ministro Veronesi ("Qui in Italia si ospedalizza troppo e con degenze troppo lunghe"), è stata quella di ridurre l'affollamento delle corsie, la Lombardia ha avuto nel '99, rispetto a dodici mesi prima, un tasso di ricovero in diminuzione del 2,9 per cento mentre, ad esempio, in Emilia Romagna la riduzione è stata del 5,1 per cento. Si tratta naturalmente di indicazioni e di prime indagini sul campo che tuttavia danno la misura degli effetti della svolta di Formigoni: ne esce anche ridimensionata la filosofia dell'assistenza a domicilio e del cosiddetto "day surgery". Se in Emilia il 37 per cento delle vene varicose si fa in day hospital in Lombardia il 90 per cento viene ospedalizzato. Se il 72 per cento delle cataratte si fa in poche ore in ambulatori dell'Emilia, in Lombardia la quota scende al 21,7 per cento. Il regime del pagamento a pie' di lista e a consuntivo d'anno, e di fatto l'abolizione di un sistema di programmazione delle spese e delle prestazioni sanitarie, rischia anche di far crescere le uscite: quella procapite (adeguatamente ponderata, ad esempio, per classi di età) è cresciuta del 25,05 per cento in Lombardia a fronte di un 19,50 per cento in Emilia Romagna dove invece si programma e si concorda tutto. La corsa ad aumentare i ricavi apre anche la strada a pericolose distorsioni: ad esempio le cliniche e gli ospedali, per fare il bilancio, possono essere tentate di operare una selezione tra malati più o meno gravi la cui patologia corrisponde alla stessa tariffa (è il caso di un by pass: meglio una sola arteria che tre). E il futuro? Come rispondere a questo aumento di attività e spesa? La Lombardia potrebbe fare il salto definitivo verso la sanità privata, gestita dalle nuovemutue, finanziata da voucher assegnati dalla Regione e integrati dai cittadini. Non si tratterebbe più di lasciare alle Regioni in nome del federalismo la libertà di scegliere il proprio modello organizzativo, ma di deliberare sulla permanenza o meno del Servizio sanitario nazionale. ____________________________________________________________ L'Unione Sarda 28 apr. '01 SASSARI: IN CRISI IL POLICLINICO La crisi del Policlinico finisce in Regione: interrogazione sui ritardi Finisce in Regione la crisi del Policlinico, la casa di cura sassarese i cui 200 dipendenti rischiano di non ricevere gli stipendi già questo mese. L'azienda, che fornisce un servizio di primaria importanza alla città e all'intera provincia, deve ancora ricevere dalla Regione la somma di 14 miliardi di lire: e proprio dai ritardi di Cagliari, come per la Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe, dipendono le difficoltà del Policlinico. Il consigliere dei Riformatori Gavino Cassano, segretario della commissione Sanità, ha presentato al riguardo un'interrogazione urgente. Nel documento si ricorda la recente convenzione fra Policlinico e Asl per 45 posti letti, e si chiede di sapere di chi siano le responsabilità dei ritardi e quali siano i tempi di attesa previsti sia per l'accreditamento dei denari, sia per l'avvio definitivo del reparto di lungodegenza. Cassano invita infine la Regione a fornire risposte dirette, chiare e trasparenti a cittadini e dipendenti. ____________________________________________________________ Le Scienze 28 apr. '01 ENFISEMA: VERSO IL POLMONE ARTIFICIALE Una nuova tecnologia potrebbe rivelarsi molto importante per i pazienti affetti da enfisema Brack Hattler, dell'Università di Pittsburgh, ha messo a punto un dispositivo che funziona come una serie di polmoni. Questa tecnologia potrebbe rivelarsi molto importante per tutti i pazienti affetti da enfisema, trauma polmonare o problemi respiratori di vario genere, che nel mondo sono milioni. Il dispositivo è stato presentato durante il congresso annuale della Society for Heart and Lung Transplantation. Le prime prove di laboratorio eseguite su animali suggeriscono che il dispositivo possa svolgere un compito efficace nello scambiare anidride carbonica e ossigeno in pazienti con problemi respiratori, permettendo ai polmoni di riposare e ripararsi. Una prima verifica clinica dovrebbe avere luogo in Europa entro un anno, e sarà la seconda di un polmone artificiale trapiantabile. Circa 10 anni fa le prove di un altro dispositivo vennero interrotte perché esso non garantiva un sufficiente scambio di gas. In generale, i progressi scientifici verso la realizzazione di un polmone artificiale sono indietro di vari anni rispetto a quelli per i reni, fegato o cuore. Hattler ha creato un sistema di assistenza respiratoria intravenosa che può essere facilmente inserito in una vena della gamba. Esso consiste in un grande numero di membrane di fibre cave, che introducono l'ossigeno e rimuovono l'anidride carbonica dal corpo. L'idea chiave del progetto è quella di aver inserito al centro del dispositivo un pallone che si può gonfiare e sgonfiare 300 volte al minuto per muovere le fibre e mescolare il sangue. È proprio questo il trucco che permette un efficiente scambio di gas con il sangue. Il polmone artificiale può infatti garantire, nonostante le piccole dimensioni, di ottenere circa il 50 per cento dello scambio gassoso necessario al corpo di un adulto e, in più, il sangue viene esposto a una quantità minima di materiale estraneo. Ovviamente, il dispositivo può offrire sollievo a un polmone danneggiato, ma non è inteso come un organo artificiale da utilizzare in permanenza al posto dei polmoni. ____________________________________________________________ Le Scienze 27 apr. '01 COME L'ORGANISMO USA L'ATP Scattate dettagliate immagini di uno dei più interessanti motori molecolari Un gruppo di ricercatori ha scattato alcune delle più dettagliate immagini mai ottenute di un motore molecolare. Il lavoro potrebbe permettere di scoprire come una delle macchine del nostro corpo utilizza le molecole di ATP (adenosintrifosfato), la maggiore fonte di energia di tutti i processi cellulari nei batteri, nelle piante e negli animali. Nel corpo umano, l'ATP è la "benzina" che permette le contrazioni dei muscoli e, quindi, ogni nostro movimento. Il motore è fatto da una specie di asse centrale circondato da un cilindro. In una precedente ricerca, Ryohei Yasuda e colleghi della Keio University di Yokohama, in Giappone, avevano osservato che il motore gira a passi di 120 gradi. Ma i filamenti che essi avevano attaccato all'asse per osservarne la rotazione avevano aggiunto della resistenza al sistema. In questo modo era stata nascosta la relazione fra le reazioni chimiche e il movimento del motore. Per porre rimedio a questa situazione, i ricercatori hanno sostituito i filamenti con un piccolo disco d'oro attaccato obliquamente all'estremità dell'asse. Durante la rotazione del motore il disco traccia un cammino circolare. Mediante un laser i ricercatori hanno potuto ottenere 8000 immagini al secondo del disco rotante. Si è così osservato che i passi di 120 gradi sono in realtà composti da due movimenti. Mentre consuma una molecola di ATP, l'asse ruota prima di 90 gradi, e poi di altri 30, come hanno riferito i ricercatori in un articolo pubblicato su "Nature". Inoltre, controllando il rifornimento di ATP, i ricercatori hanno dimostrato che la rotazione di 90 gradi avviene quando la molecola si lega all'asse, mentre il secondo movimento è probabilmente legato al rilascio dei prodotti della reazione, adenosindifosfato (ADP) e un gruppo fosfato. ____________________________________________________________ Le Scienze 25 apr. '01 VITA "SINTETICA" Due diversi gruppi dello Scripps Research Institute sono riusciti nell'impresa Due gruppi di ricerca hanno creato una sorta di vita sintetica, batteri che costruiscono proteine usando amminoacidi che non si trovano in nessun altro organismo sul pianeta. Il nuovo lavoro, presentato sul numero di "Science" del 20 aprile, potrebbe inaugurare un nuovo campo della biologia molecolare, permettendo ai ricercatori di creare proteine che incorporano amminoacidi finora non utilizzati. Gli organismi naturali utilizzano solo 20 amminoacidi, ma i chimici possono produrre in laboratorio centinaia di questi "mattoni da costruzione". Per molto tempo i ricercatori avrebbero voluto utilizzare questi amminoacidi per creare proteine che svolgano nuove funzioni. Mentre è stato possibile farlo in provetta, attaccando chimicamente questi amminoacidi, convincere organismi naturali a utilizzarli è stato finora impossibile. Negli esseri viventi, proteine chiamate amminoacilRNA sintetasi (aaRS) legano gli amminoacidi al corrispondente RNA di trasporto. Così, un gruppo di ricercatori guidato da Peter Schultz, presso il Scripps Research Institute di La Jolla, in California, ha modificato geneticamente una proteina aaRS che si attacca a un amminoacido non naturale, chiamato O-metil-L-tirosina, e lo lega a un corrispondente RNA di trasporto. Il gruppo ha poi modificato l'RNA di trasporto per fargli riconoscere un codice genetico che essi hanno inserito in un gene, un codice che istruisce il batterioE. colia inserire l'amminoacido non naturale in una proteina. E ha funzionato, perché il batterio ha inserito il nuovo amminoacido in una proteina praticamente tutte le volte che è stato istruito a farlo. L'altro gruppo, guidato dal biochimico Paul Schimmel, dello stesso istituto, ha scelto una strada diversa. Circa metà delle aaRS svolgono anche una funzione che verifica due volte per assicurarsi che l'amminoacido giusto sia collegato all'RNA di trasporto equivalente. Se questo meccanismo correttore trova un errore, allora elimina l'amminoacido. Così, i ricercatori hanno semplicemente mutato la porzione di correzione di una aaRS, un cambiamento che ha permesso di attaccare vari amminoacidi non naturali sull'RNA di trasporto, che li ha portati nei ribosomi delle cellule, dove sono stati incorporati in nuove proteine. ____________________________________________________________ Le Scienze 25 apr. '01 SEQUENZIATO IL GENOMA DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS La sequenza permetterà di individuarne i punti deboli per aggirare il problema della forte resistenza ai farmaci Il termine della sequenza del genoma di uno dei più temuti batteri resistenti agli antibiotici, loStaphylococcus aureus,ha rivelato l'arsenale di trucchi utilizzati durante le infezioni, alcuni dei quali suggeriscono che il batterio possa essere anche più pericoloso di quanto reputino i medici. Questo batterio è anche resistente agli antibiotici e affligge gli ospedali. Esso vive normalmente nel nostro naso senza fare danni, ma se riesce a penetrare sotto la pelle allora diventa un pericoloso nemico. Inoltre, mentre molti batteri ci mettono anni per acquisire la resistenza agli antibiotici,S. aureuslo fa molto in fretta. In particolare, per esempio, la resistenza alla meticillina apparve un solo anno dopo il lancio del medicinale. La sequenza del genoma suggerisce però alcuni interessanti bersagli per i farmaci a venire. La sequenza del genoma è stata completata da un gruppo di ricercatori dell'Università Juntendu di Tokyo, guidato dal professor Keiichi Hiramatsu, che ha pubblicato i suoi risultati su "The Lancet" (vol 357, p 1225). Il gruppo ha studiato due ceppi di questo batterio, uno resistente alla meticillina e uno alla vancomicina, un antibiotico utilizzato spesso come ultimo rimedio. Il risultato è stato sorprendente, perché i due genomi differiscono addirittura del quattro per cento. In particolare, i ricercatori hanno evidenziato la capacità del batterio di rubare geni da qualsiasi altro organismo, che sia un altro batterio o un essere umano. Ciò permette lo sviluppo molto rapido di nuovi ceppi con nuove strategie infettive. Molto probabilmente, la resistenza agli antibiotici viene acquisita rubando geni ad altri batteri che sono già resistenti, anche se gli scienziati pensano che la resistenza alla vancomicina, in particolare, sia invece il frutto di una mutazione. I ricercatori hanno trovato che alcuni geni che codificano per superantigeni (tossine che possono stimolare una reazione immunitaria fuori controllo negli esseri umani) sono duplicati e ripetuti in diversi siti del genoma. "Nessuno è protetto da corazze i bambini rischiano il contagio" Affidarsi al caso o prevenire affrontando gli effetti collaterali? Un libro di "istruzioni per l'uso" ____________________________________________________________ Repubblica 23 apr. '01 SCOPPIA LA GUERRA DEI VACCINI ai genitori non piace l'obbligo Fra circa tre anni l'Italia dovrà adeguarsi all'Europa e abolire le campagne di prevenzione. A meno che non ci siano pericoli per la collettività MARIO REGGIO ROMA - "Attenzione, la difterite e la polio possono tornare anche in Italia. La prima è esplosa di nuovo nei paesi dell'Est, specie in Russia, per il peggioramento delle condizioni igieniche e il crollo delle vaccinazioni. La seconda è ancora presente in Albania. Non possiamo abbassare la guardia". A lanciare l'allarme è il professor Fabrizio Pregliasco, docente di virologia all'Università di Milano. Una posizione decisamente osteggiata da alcune associazioni di genitori e di quanti sono stati vittime degli effetti collaterali di alcuni vaccini. "Chiediamo più informazione. Vorremmo che finalmente anche in Italia, come avviene in quasi tutti i paesi europei, si potesse decidere individualmente se sottoporre o no i propri figli ai vaccini - dichiara Claudia Benatti, presidente di Vaccinetwork, un'associazione di genitori, medici e vittime di patologie provocate dalle vaccinazioni, che ha anche il suo sito Internet - oggi la diffusione di questa pratica è eccessiva rispetto alle reali necessità e viene spesso effettuata con troppa superficialità. Ci vorrebbero visite più accurate, per evitare i possibili danni al sistema nervoso centrale, o come più spesso accade, intolleranze e allergie". Replica Pregliasco: "Il qualunquismo delle associazioni non è positivo. Non dico che non ci sono effetti collaterali, ma c'è la dimostrazione su grande scala dell'eradicazione di alcuni virus, proprio grazie alle vaccinazioni che non servono solo al singolo, ma all'intera collettività". Un dibattito che si fa sempre più incandescente in vista dell'abolizione dell'obbligatorietà delle vaccinazioni obbligatorie: difterite, tetano, polio ed epatite B. "Esiste il piano nazionale vaccini, approvato un anno e mezzo fa - ricorda Donato Greco, direttore del Dipartimento di Epidemiologia dell'Istituto Superiore di Sanità - e che prevede strategie progressive per arrivare alla volontarietà. Cinque anni di tempo per adeguare l'Italia agli altri paesi europei. Penso che non ci sia bisogno del carabiniere, l'obbligo deve essere rimosso, le mamme sono mature anche senza l'obbligo di legge che è stato indispensabile per anni. Ma la storia dimostra che la vaccinazione serve. Ed anche dopo l'abolizione dell'obbligo resta la responsabilità della sanità pubblica di continuare anche con misure coercitive se fosse indispensabile. Il rimedio è comunque l'informazione, ecco perché abbiamo deciso di scrivere un libro, un vademecum per i genitori e i medici". ROMA - È preferibile ammalarsi piuttosto che vaccinarsi? Perché è necessario premunirsi contro infezioni praticamente scomparse? Perché in Italia alcuni vaccini sono obbligatori e altri facoltativi? I vaccini possono provocare allergie? Quali sono le precauzioni da prendere? Queste e decine di altre domande fanno ormai parte della vita quotidiana di centinaia di migliaia di genitori, nei primi anni di vita dei figli. Per contribuire a dare queste risposte, è da pochi giorni in libreria "Vaccini per l'infanzia, istruzioni per l'uso", edito da Il pensiero scientifico, frutto del lavoro più che decennale di tre esperti del settore. Sono il pediatra Alberto Tozzi, la biologa Stefania Salmaso e l'infettivologo Donato Greco. Tutti e tre lavorano nel Laboratorio di Epidemiologia dell'Istituto Superiore di Sanità, di cui è direttore il professor Greco. Cosa sono le malattie infettive Si contrae la malattia infettiva quando un germe entra nell'organismo e si riproduce. I germi così aggressivi da uccidere chi li ospita sono rari. Ma molte infezioni provocano malattie gravi. Come si trasmettono Alcuni germi vivono solo se infettano l'uomo e si propagano da una persona all'altra. Ma non tutti gli individui sono a rischio: più sono le persone immuni e più è difficile che la malattia si propaghi. La vaccinazione Conviene vaccinare quando la malattia costituisce un grave rischio per la salute. C'è chi sostiene che sarebbe meglio affidarsi al caso. Una tesi molto diffusa due secoli fa quando iniziò la storia della vaccinazione. Ma grazie alle campagne di prevenzione di massa dal 1980 il vaiolo non esiste più nel mondo. È sempre indispensabile? Alcuni genitori dicono: mio figlio sta bene, non ha mai avuto malattie. Perché devo vaccinarlo? Nessuno è protetto da una corazza impenetrabile che evita qualsiasi contagio. Alcune malattie, come il morbillo o la pertosse, sono talmente frequenti che la probabilità di averle prima dell'età adulta si aggira attorno all'8090 per cento. Se il piccolo non frequenta l'asilo nido? Il bambino che non frequenta una comunità per diverse ore al giorno ha meno possibilità di essere colpito da una malattia infettiva. Ma spesso la sorgente d'infezione è proprio all'interno del nucleo familiare. Le malattie infettive dell'infanzia sono davvero pericolose? Ogni genitore ha il sacro terrore della meningite e vuole che il figlio venga vaccinato. Mentre è più difficile considerare pericolose malattie come il morbillo o la pertosse. Eppure queste due, se intervengono delle complicazioni, possono provocare nel bambino gravi forme di encefalite. Pochi ricordano che fino agli anni '50, prima che la vaccinazione diventasse di massa, in Italia si registravano circa 3 mila casi l'anno di poliomielite, 12 mila di difterite, 700 di tetano, 60 mila di morbillo e 30 mila di pertosse. Gli effetti collaterali dopo le vaccinazioni. Febbre. Una buona parte dei vaccini può provocare la febbre a breve distanza dalla somministrazione. L'alterazione dura poche ore, la probabilità che si verifichi è tra il 5 e il 10 per cento dei casi. Può essere trattata con i comuni antifebbrili. Irritabilità. Accade che il bambino diventi capriccioso e che si senta un po' strano per qualche ora. L'effetto è più frequente nel piccolo di pochi mesi, ma tende a scomparire con l'aumentare dell'età. Pianto. Di solito è associato al dolore dopo l'iniezione. Niente di preoccupante, per il bimbo che non parla le lacrime sono l'unica forma di protesta sonora. Sonnolenza. Può succedere che il piccolo dorma di più dopo alcune vaccinazioni. Anche questo evento è più frequente nel lattante e la probabilità che si verifichi e dell'ordine del 1020 per cento. Reazioni allergiche. Sono casi che si verificano molto raramente, una volta ogni diverse centinaia di migliaia di dosi somministrate. Alcuni vaccini preparati con componenti dell'uovo, come quello contro l'influenza, sono controindicati per chi presenta allergia all'uovo con sintomi gravi, come difficoltà respiratorie. Per evitare che accada è necessario raccontare al medico, prima della vaccinazione, se il bambino ha presentato forme di allergia. (ma.re.) ____________________________________________________________ Le Scienze 25 apr. '01 RIPARAZIONI GENETICHE In pratica, gli spezzoni corretti di DNA si attaccano perché le cariche positive e negative si allineano in perfetta opposizione Quando il DNA di una cellula viene danneggiato, i suoi meccanismi interni di riparazione si mettono subito all'opera. La cellula può usare come riferimento per le riparazioni le sue copie di "backup" del genoma, ma ha bisogno di localizzare le giuste regioni di DNA non danneggiato. In un articolo pubblicato il 16 aprile su "Physical Review Letters", un gruppo di biofisici ha proposto un metodo di ricerca che potrebbe funzionare. Secondo il loro modello, le cariche superficiali sui due lati della doppia elica creano un'attrazione fra le coppie di basi, quando queste sono allineate. La teoria è altamente speculativa e non spiega tutti i complessi meccanismi che avvengono all'interno di una cellula reale, ma suggerisce un meccanismo per mezzo del quale lunghe sequenze di DNA possono trovare la loro giusta corrispondenza, un processo per cui finora non esisteva alcuna spiegazione. Se una sezione di DNA viene danneggiata o persa, alcune proteine di riparazione aiutano a localizzare lo stesso spezzone nella copia del DNA che è presente in ogni cellula. I biologi pensano che la cellula separi i due rami della doppia elica del DNA danneggiato, prima di confrontarlo con l'altra copia. Ma per essere sicuri di aver trovato la giusta posizione nel genoma, i segmenti devono coincidere esattamente per almeno un centinaio di basi. Il processo mediato dalle proteine ne può però riconoscere al massimo 20 e potrebbe non funzionare per 100. Per risolvere questo problema, due ricercatori del Jülich Research Center e dei National Institutes of Health di Bethesda, in Maryland, hanno modellizzato ogni spezzone di DNA come un cilindro vuoto con linee cariche positivamente e negativamente che serpeggiano attorno a esso in schemi quasi elicoidali. Ma queste eliche non erano perfette, perché gli scienziati hanno nelle loro equazioni una funzione per rappresentare la piccola distorsione causata dalle sequenze di basi non identiche. Gli scienziati hanno scoperto che per spezzoni di lunghezza compresa fra 100 e 200 basi con la stessa sequenza l'attrazione era più o meno quella giusta, sufficientemente forte da superare l'agitazione termica, ma non abbastanza da far sì che un segmento di ricerca si attacchi a uno simile ma non corretto. Se invece le sequenze sono completamente diverse, allora l'attrazione era troppo debole per superare l'agitazione termica. In pratica, gli spezzoni corretti si attaccano perché le cariche positive e negative si allineano in perfetta opposizione. ____________________________________________________________ Repubblica 29 apr. '01 UN GENE E AL CANE TORNA LA VISTA speranze per i bambini ciechi Usa, gli animali non ci vedevano dalla nascita. Tra 2 anni la terapia sugli esseri umani ELENA DUSI ROMA - La terapia genica ridona la vista a tre cuccioli di cane. Non è un miracolo, ma il risultato di un esperimento condotto da un gruppo di veterinari e genetisti delle università di New York, Filadelfia e Greenville e pubblicato nel numero di maggio della rivista "Nature Genetics". Si tratta di uno dei rari successi di questo tipo di terapia che in dieci anni di esperimenti ha suscitato tante speranze, ma che finora ha dato scarsissimi risultati concreti. I cani erano affetti da una malattia genetica chiamata Amaurosi congenita di Leber. Nella retina degli animali e degli uomini colpiti da questo male viene a mancare un pigmento indispensabile alla vista. I piccoli che nascono con questo difetto diventano ciechi a pochi mesi dalla nascita. Per questa disfunzione, che colpisce 3 bambini ogni 100 mila e rappresenta circa il 15% di tutte le malattie congenite della retina, non esiste terapia. Per gli scienziati che si occupano di terapia genica l'Amaurosi rappresenta però un ottimo avversario su cui testare le proprie armi. La malattia coinvolge infatti un numero limitato di geni (finora ne sono stati individuati solo cinque) e lascia pressoché intatte le cellule della retina, rendendole immediatamente in grado di funzionare una volta riparato il gene malato. Per introdurre il frammento di Dna sano i ricercatori hanno usato come cavallo di Troia un virus "buono", privato cioè della capacità di generare malattie. I virus hanno un'enorme capacità di intrufolarsi nei tessuti umani e di iniettare il loro patrimonio genetico a destra e a manca. Anziché il raffreddore, questa volta il virus "infermiere" ha sparso nelle cellule della retina dei cani il gene riparato (il suo nome è RPE65), che è andato a legarsi con il Dna già preesistente e ha cominciato a svolgere normalmente il suo lavoro. Cioè produrre il pigmento necessario alla vista dei cuccioli ciechi. Le cellule fotorecettrici della retina hanno potuto così riprendere a funzionare in maniera efficiente, trasformando gli stimoli luminosi in impulsi nervosi. L'introduzione dei virus nella retina è stata effettuata dai ricercatori su un solo occhio. Quattro mesi più tardi i cani, messi per prova in una stanza piena di mobili, avevano imparato a gironzolare evitando di andare a sbattere. Gli scienziati hanno notato che gli animali evitavano più spesso gli ostacoli posti dal lato dell'occhio trattato con la terapia genica. Quando veniva mostrato ai cani un oggetto particolare, inoltre, i cuccioli ruotavano la testa per guardare con l'occhio rigenerato. Inoltre gli organi visivi rispondevano agli stimoli luminosi quasi a livello di un occhio sano. Oggi, a nove mesi di distanza dal trattamento, gli effetti positivi non sono diminuiti. La terapia genica applicata all'Amaurosi di Leber, secondo gli autori della ricerca, potrà essere sperimentata anche sugli uomini fra un paio di anni. L'applicazione potrà poi essere estesa ad altri tipi di malattie della retina, come ad esempio la retinite maculare. Jean Bennett, la dottoressa che ha guidato l'equipe di ricercatori, si è detta "piena di speranze che l'esperimento abbia successo anche sull'uomo. E' la prima volta che una degenerazione della retina viene guarita e la vista viene restituita a un mammifero tanto grande e con un organo tanto simile a quello della nostra specie". Le prossime tappe della terapia genica dell'amaurosi di Leber consisteranno nell'individuare ed "aggiustare" altri geni coinvolti nella malattia. L'RPE65 è infatti direttamente responsabile solo del 15% dei casi osservati. ____________________________________________________________ Repubblica 28 apr. '01 SARDEGNA: INFARTO PRECOCE? NEL DNA MANCA IL GENE SPAZZINO Ricerca dell'ateneo La Sapienza ROMa - L'infarto precoce che colpisce i giovani è una malattia ereditaria. Ricercatori di Roma (università La Sapienza) e dell'università di Ferrara hanno individuato grazie ai fondi di Telethon il gene colpevole di questa fatale malattia. Il frammento di Dna, se difettoso, non consente la sintesi di una proteina spazzino che tiene puliti i vasi sanguigni. Nelle arterie si accumulano così alti livelli di colesterolo. Il grasso ostacola la circolazione e le possibilità di avere un infarto crescono enormemente. La tara genetica è particolarmente diffusa in Sardegna