UNIVERSITÀ, IL POLO BLOCCHERÀ LA NUOVA LAUREA UNA RIFORMA DA ABOLIRE È DA CANCELLARE LA RIFORMA UNIVERSITARIA RIFORMA DELL'UNIVERSITÀ: "NON SI PUÒ TORNARE INDIETRO" RIFORMA: SOLO SVANTAGGI DAL RIPENSAMENTO. RIFORMA - DE MAIO: "SERVE PIÙ AUTONOMIA" RIFORMA - FABIANI: "UN LAVORO CHE È DURATO ANNI" RIFORMA - TESSITORE: "LAUREE IN LINEA CON I TEMPI" I NUOVI CORSI DI LAUREA SONO IN ALTO MARE RIFORMA, TEMPI TROPPO STRETTI UNIVERSITÀ E ORDINI, IL CONFRONTO È APERTO LUMACHE PER GLI STUDENTI UNIVERSITARI GLI APPUNTI UNIVERSITARI SI SCAMBIANO SUL WEB INTERNET E POSTA, NUOVE REGOLE AL LAVORO "INGEGNERI ALMENO IL 30% DEI DEPUTATI. PER LEGGE" ===================================================== VERONESI: SÌ ALLA PILLOLA ABORTIVA ASL8: L'UNITÀ SPINALE APRIRÀ A SETTEMBRE STRATEGIA IN QUATTRO FASI PER BATTERE IL CANCRO LA VISTA "CENSURATA" DAL CERVELLO TRAPIANTI, TROVATO GENE CHE SCONFIGGE IL RIGETTO RIPARARE IL TESSUTO CARDIACO CON LE CELLULE STAMINALI BATTERI COME MICROCHIP TRASFORMARE LE VENE IN ARTERIE TV IN DIRETTA DALL'INTESTINO ALGHERO: LA CHIRURGIA RIVOLUZIONATA DAI ROBOT BATTERI NELLE METEORITI SCETTICISMO ALLA NASA MICHELE GIUA: SCIENZIATO, SCRITTORE, SENATORE RIFIUTO' IL FASCISMO ===================================================== __________________________________________________________________ Corriere Della Sera 27 Mag. '01 UNIVERSITÀ, IL POLO BLOCCHERÀ LA NUOVA LAUREA Palumbo (Forza Italia): la riforma è inapplicabile. Il sottosegretario Guerzoni: rischio caos "Meglio andare avanti con i vecchi ordinamenti, altrimenti i professori faranno sciopero" Benedetti Giulio La rivoluzione appena varata dal Consiglio dei ministri. L' ex ministro Berlinguer: siamo alla restaurazione Università, il Polo bloccherà la nuova laurea Palumbo (Forza Italia): la riforma è inapplicabile. Il sottosegretario Guerzoni: rischio caos ROMA - Anche la riforma dell' Università, avviata da Luigi Berlinguer e varata da Ortensio Zecchino, sembra destinata a subire una sospensione. Come la riforma dei cicli scolastici. E ciò rischia di rendere piuttosto complicato l' avvio del prossimo anno accademico. L' intenzione di fermare tutto è stata confermata dal responsabile università di Forza Italia, Giuseppe Palumbo, ordinario di Clinica ostetrica nell' ateneo di Catania, assurto alla notorietà dopo aver battuto Enzo Bianco nel capoluogo etneo. Il "blocco istantaneo" della laurea triennale e della laurea specialistica biennale figura tra i primi impegni del programma di governo, ma in campagna elettorale i leader del Polo non hanno affrontato quasi mai l' argomento. Ne ha parlato soltanto Palumbo. Ora, probabilmente sull' onda di fax e raccolte di firme, qualcosa sta cambiando. "In uno dei primi consigli dei ministri - spiega infatti il responsabile università di Forza Italia - approveremo un provvedimento che ci consentirà di prendere tempo per rivedere molte cose". Per Luciano Guerzoni, sottosegretario del Murst, il ministero dell' Università e della ricerca scientifica e tecnologica, però, sospendere l' applicazione della riforma significa gettare le università nel caos: "Ben 74 atenei su 77 hanno inviato al ministero il regolamento didattico e ora stanno stampando gli ordini degli studi con i nuovi ordinamenti per consentire le immatricolazioni". "Non dimentichiamo - dice Guerzoni - che il primo agosto si aprono le iscrizioni". "Siamo alla pura restaurazione", attacca l' ex ministro della Pubblica istruzione, Luigi Berlinguer. Che spiega: "La riforma dell' università è ormai affidata agli atenei che, nella quasi totalità, hanno già adottato i provvedimenti di avvio. È una riforma pensata per gli studenti, che mira a combattere gli abbandoni e a qualificare gli studi con una pluralità di titoli. Un intervento politico - conclude Berlinguer - oltre ad avere un sapore da "controriforma" violerebbe gravemente l' autonomia delle università. La parte migliore degli atenei è da tempo al lavoro e vivrebbe come una beffa limitatrice della libertà un intervento di questo tipo". Palumbo però, senza negare la possibilità di qualche contraccolpo, pensa che si tratterebbe comunque del male minore. "La riforma così come è stata concepita è inapplicabile - spiega -. I professori sono tenuti a un impegno di 350 ore, mentre il "tre più due" ne prevede 500. Soltanto la didattica frontale dovrebbe salire da 60 a 120 ore. Per non parlare della frequenza obbligatoria, inattuabile senza aule, laboratori e insegnanti. Mi chiedo che fine farà la riforma quando i docenti entreranno in sciopero. Meglio andare avanti con i vecchi ordinamenti. Nel frattempo potremo varare una nuova legge sullo stato giuridico dei professori universitari e riflettere sulle parti da salvare o da cancellare del tre più due". Intanto nel mondo universitario - i docenti delle università italiane sono circa 50 mila - sta circolando un nuovo appello contro la riforma. Le firme sono circa 40, compresa quella dello storico Franco Cardini, dell' ateneo di Firenze, presidente Rai nel primo governo Berlusconi. Per i firmatari "la riforma è nata in modo arbitrario, al di fuori di una verifica seria in ambiente accademico e addirittura di un controllo da parte del Parlamento". Non solo: "Dequalifica la laurea e l' intero corpo docente universitario attraverso l' introduzione della cosiddetta laurea triennale che si configura come una sorta di superdiploma". Ancora: "Prolunga inutilmente, con un quinto anno non necessario, i tempi di laurea per gli studenti migliori e più seri". E infine: "Svilisce e mercantilizza la cultura sia per il linguaggio adottato, i famosi crediti, sia perché tende ad avere per referente e interlocutore non la società civile nel suo complesso ma solo ed esclusivamente il mondo delle imprese". Giulio Benedetti Cosa cambia: le classi, i crediti e il "3 più 2" LA RIFORMA Il decreto di riforma dell' università italiana è stato presentato dall' allora ministro Ortensio Zecchino il 4 agosto 2000. L' entrata in vigore era stata fissata di lì a 18 mesi: un anno e mezzo di tempo perché gli atenei italiani si adeguassero alle nuove regole CHE COSA PREVEDE In primo luogo la riforma introduce il cosiddetto "3 più 2". Ovvero prevede due percorsi alternativi che portano ad altrettanti titoli di studio: la laurea "breve", in 3 anni (con l' eccezione di Medicina che continua ad essere articolata in 6 anni) e quella specialistica, in cinque anni. Lo studente può scegliere se entrare nel mondo del lavoro da "laureato triennale" o continuare gli studi per altri 2 anni LE ALTRE NOVITA' Con la riforma sono state introdotte anche altre novità. Per esempio, la valutazione di chi si iscrive all' università (chi non ha la preparazione adeguata si iscrive lo stesso, ma deve recuperare i "debiti" formativi entro il primo anno) e i crediti, che non sostituiscono i voti con i quali si continua a valutare l' apprendimento, ma servono a calcolare le ore di studio necessarie per preparare le diverse prove AUTONOMIA I corsi di laurea vengono raggruppati in 42 classi, che corrispondono ad altrettante aree scientifico-disciplinari. Ma la struttura di ciascun corso di studio (dalla laurea triennale a quella specialistica, fino ai master e ai dottorati di ricerca) viene definita autonomamente dalle singole università. Gli atenei, per esempio, possono decidere come chiamare i corsi di studio e stabilire una parte degli insegnamenti da seguire LE POLEMICHE La riforma è stata contestata da alcuni docenti e da esponenti della futura maggioranza di governo. Sotto accusa le lauree triennali, che squalificherebbero l' istituzione universitaria facendone un "post-liceo" __________________________________________________________________ Il Centro 30 Mag. '01 UNA RIFORMA DA ABOLIRE La riforma universitaria in cantiere ormai da parecchio tempo nelle università italiane suscita troppe perplessità per non dover essere ripensata a fondo dopo le elezioni. 1) È nata in modo arbitrario e caotico, al di fuori non solo di una verifica seria in ambiente accademico, ma addirittura di un vero controllo da parte del Parlamento italiano, spesso in nome di direttive europee acriticamente e meccanicisticamente recepite. 2) Dequalifica la laurea e l'intero corpo docente universitario, attraverso l'introduzione della cosiddetta "laurea triennale", che si configura come una sorta di "superdiploma" sia per le sue dominanti caratteristiche (come la pericolosa confusione di formazione e divulgazione, nonché la mancanza di una tesi finale), sia perché va a combinarsi con una riforma della scuola che riduce di un anno il curriculum preuniversitario: cosicché, l'intera manovra appare più che altro un mezzo per prolungare il parcheggio dei giovani nell'area della disoccupazione o per aumentare il numero dei "laureati" senza un'effettiva qualificazione. 3) Prolunga inutilmente (con un quinto anno non necessario e inteso solo a moltiplicare i posti d'insegnamento) i tempi di laurea per gli studenti migliori e più seri. 4) Non dice una parola a favore della frequenza degli studenti (oggi ridotta in molte facoltà a un optional insipientemente irriso) e sui mezzi per assicurarla effettivamente con adeguati sostegni economici per i meritevoli. 5) Svilisce e mercantilizza la cultura, sia per il linguaggio adottato (i "crediti"), sia perché tende ad avere per referente e interlocutore non tanto la società civile nel suo complesso quanto solo ed esclusivamente il mondo delle imprese. 6) Svilisce la funzione di formazione critica che dovrebbe essere propria dell'università, formazione tanto più importante proprio in quelle società cosiddette avanzate che si caratterizzano per il ruolo di appiattimento culturale giocato dal sistema dei mass media. 7) Obbliga i docenti, e non solo in questa fase di transizione, a nuove insensate mansioni gestionali, colpendo alla radice la possibilità di dedicare il tempo necessario alla ricerca e alla didattica, ivi compreso l'indispensabile continuo aggiornamento, col rischio di costruire una figura di docente generico, prevalentemente dedito a fare esami a studenti non frequentanti (l'esamificio un tempo temuto è diventato realtà). L'Università, di cui tutti noi auspichiamo un vero rinnovamento che la migliori e la adegui ai tempi, eliminando anche eventuali forme di parassitismo e di assenteismo, non può dequalificarsi; deve restare luogo di "sapere critico" secondo una consolidata tradizione di politica culturale che il nostro Paese copre non soltanto la storia dell'Italia repubblicana, ma persino il periodo fascista e la stessa "riforma Gentile"; non può diventare mera esecutrice di ricerche commissionate da privati; deve mantenere, sia pure in forme nuove, un giusto equilibrio fra materie e facoltà scientifiche e materie e facoltà umanistiche. L'attuale "riforma" va quindi respinta, per il gravissimo passo indietro che configura e per il contributo che dà alla distruzione di quel poco che resta dell'Università alla quale abbiamo scelto di dedicarci. __________________________________________________________________ Il Giornale 30 Mag. '01 È DA CANCELLARE LA RIFORMA UNIVERSITARIA È urgentissimo iniziare subito ogni possibile iniziativa che porti a cancellare la vergognosa riforma universitaria (la famigerata 3+2) varata dal precedente Governo. Possiamo testimoniare il totale fallimento (culturale e didattico) della struttura che già quest'anno presidi e rettori, più papali del Papa (o forse più sovietici di Cossutta), hanno voluto sperimentare (ma senza possibilità di critica!) prima ancora che le leggi fossero esecutive. I presidi sono stati incaricati di convincere con ogni mezzo i poveri professori (avvezzi da sempre ad obbedir tacendo) che la nuova legislazione è ormai irreversibile ed intoccabile, e lo hanno fatto nascondendosi dietro la maschera di semplici esecutori responsabili di indiscutibili ordini dall'alto. La riforma universitaria, che riduce drasticamente il contenuto dei corsi universitari, aumentando a dismisura, in cambio, il disagio di docenti e studenti, era indiscutibile prima, perché troppo presto, e poi perché troppo tardi. Un classico dei regimi autoritari. Bisogna intervenire subito! La situazione è drammaticamente urgente! Sull'Università è basato il nostro futuro di nazione civile! Prof. Adriano Orefice Prof. Cesare Sparacino Facoltà di Agraria Università di Milano __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 29 Mag. '01 RIFORMA DELL'UNIVERSITÀ: "NON SI PUÒ TORNARE INDIETRO" di Andrea Casalegno "Bloccare la riforma dell'università? Assurdo. Non si tratta di norme targate Centro-sinistra, ma di un cambiamento che nasce da fattori oggettivi e coinvolge l'intera società". Rodolfo Zich, rettore del Politecnico di Torino, uno dei padri della riforma, è soprattutto stupito: l'ipotesi che il prossimo Governo possa cancellare il nuovo ordinamento didattico degli atenei - fondata sul punto di vista espresso al Corriere della Sera dal responsabile università di Forza Italia, Giuseppe Palumbo - gli appare del tutto remota. È naturale che le facoltà d'Ingegneria, per loro natura più esposte e sensibili di altre al cambiamento economico e sociale, siano state all'avanguardia nella riforma: che hanno progettato, sperimentato per anni, attraverso i loro corsi di diploma universitario, e infine applicato, a partire dall'anno accademico in corso. E che siano particolarmente allarmate dalla prospettiva di un blocco che, oltre a gettarle nel caos, le farebbe tornare indietro di un decennio. Ma in tutta Italia (si veda "Il Sole-24 Ore" di ieri) gli atenei che già non l'hanno fatto, grazie alla norma che lo consentiva, si stanno preparando - nonostante resistenze, ritardi e intoppi burocratici - a far partire i nuovi corsi di laurea triennale dal prossimo anno accademico. Non stupisce quindi che la Conferenza dei rettori abbia emesso ieri un comunicato in cui dichiara che la decisione di sospendere la riforma "comprometterebbe gravemente" l'insegnamento negli atenei. Il preside della facoltà di Lettere dell'Università di Torino, Nicola Tranfaglia, che è il presidente della Conferenza dei presidi di Lettere, aggiunge che "solo persone che non conoscono la situazione reale delle università possono pensare di bloccare una riforma i cui provvedimenti normativi sono tutti integralmente in vigore, mentre la loro applicazione compete ormai soltanto all'autonomia delle singole sedi universitarie". Non diversa è la posizione del rettore dell'ateneo di Firenze, Augusto Marinelli: "La riforma deve partire. Il modello è diverso da quello precedente, i dubbi li abbiamo tutti; ma non si può tornare indietro. Se ci saranno aggiustamenti da fare, li faremo in corso d'opera. Bloccare tutto ora getterebbe le università in un caos ingestibile. Entro giugno dobbiamo fornire agli studenti il percorso formativo in base al quale iscriversi". Inoltre, ha detto ieri il sottosegretario all'Università Luciano Guerzoni, a Bruxelles, dove incontrava i ministri dell'Educazione dei 15, fare marcia indietro significherebbe bloccare il processo di adeguamento agli standard europei: "Nel corso dell'incontro la riforma italiana è stata riconosciuta come una realizzazione d'avanguardia nella costruzione dello spazio europeo comune dell'istruzione superiore; da realizzarsi entro il 2010, come previsto dalla dichiarazione sottoscritta da 29 Governi europei, a Bologna, nel giugno 1999". Oggi, ha proseguito Guerzoni, "il nostro sistema universitario realizza un triplice primato negativo: il più alto numero di matricole (44% circa dei coetanei, contro il 20-22% europeo), il più basso numero di laureati e il più alto di disoccupati". Va ribadito, infatti, che l'introduzione del doppio livello di laurea - che esiste da decenni in tutto il mondo sviluppato - è il provvedimento decisivo per sanare una grave anomalia italiana: nel nostro Paese si laurea poco più di uno studente su tre. Anomalia ribadita ieri dall'ultima indagine Eurostat, che riporta per la prima volta i dati aggiornati al '99. Come mai solo il 10% degli italiani tra 25 e 64 anni si è laureato? Per i nostri ritardi, certo; ma anche perché la nostra laurea è di fatto un Master. Le percentuali più alte degli altri Paesi includono da decenni le lauree di primo livello, mentre da noi i diplomi universitari, introdotti pochi anni fa, finora sono stati pochissimi. I ritardi nell'attuazione della riforma non possono dunque costituire un abili per cancellarla. È vero che su alcuni regolamenti presentati dagli atenei il ministero ha avanzato critiche sostanziali (e altre potrebbero venire dal Consiglio universitario nazionale). Ma, spiega Guerzoni, le facoltà possono comunque andare avanti, correggendo in seguito i punti contestati: "L'importante è che i nuovi corsi siano approvati al momento delle prime lauree". __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 29 Mag '01 RIFORMA: SOLO SVANTAGGI DAL RIPENSAMENTO. Cambiare idea è facile, ma con costi elevati di Antonio Padoa Schioppa Università degli Studi di Milano Alcune voci di questi giorni accreditano il proposito, da parte del prossimo Governo, di sospendere la riforma delle lauree universitarie, nota come la riforma del 3+2. Credo necessario porre in guardia chi dovrà governare dal compiere gesti che avrebbero conseguenze molto serie per l'università italiana. La riforma che introduce le lauree brevi triennali e le lauree specialistiche biennali deve certo essere valutata con attenzione. Sul principio fondamentale dell'autonomia, non ancora piena anche perché il valore legale del titolo di studio non è stato abolito (né mancano le ragioni per giustificare questa prudenza), non si può non consentire con le finalità e l'esito della riforma. Basti dire che poco più della metà dei crediti è stata assegnata per decreto ad ambiti disciplinari predefiniti, lasciando peraltro anche su ciò una larghissima latitudine di scelta agli atenei e alle facoltà. I restanti crediti sono del tutto liberi, se si eccettuano i vincoli per l'informatica e la lingua straniera. D'altra parte, sino a che il valore legale dei titoli rimane, non si può non esigere che alcuni punti fermi restino tali: non sarebbe accettabile che un futuro medico sostituisse l'insegnamento di patologia medica con quello di tossicologia, o un futuro avvocato quello di diritto penale con quello di diritto minerario. Derogare a questi limiti condurrebbe l'università al risultato di farsi dettare puramente e semplicemente il piano di studi dai corpi professionali abilitati ad ammettere alle professioni: come in effetti accadde dopo il 1968. Su non pochi aspetti della riforma si può discutere e anche dissentire, perché non sempre le commissioni incaricate di predisporre il disegno delle classi di laurea hanno operato con criteri omogenei e condivisibili. Alcune scelte del ministro uscente appaiono senz'altro opinabili, mentre altre prescrizioni, come quelle dei tirocini per le lauree brevi più affollate, risulteranno probabilmente irrealizzabili. Ma va pur detto che questa riforma, faticosamente partorita dopo anni di consultazioni e dibattiti è la prima che prende in serio esame il problema della didattica universitaria, nell'intento di migliorarne la qualità e anche di valorizzare al meglio l'impegno didattico dei docenti. Questo merito le va riconosciuto. E chi conosce il mondo universitario italiano sa che di ciò vi era davvero bisogno. Va d'altra parte tenuto ben presente che l'autonomia significa responsabilità: sicché dipenderà dalle singole facoltà decidere se applicare la riforma in modo serio e costruttivo, al servizio degli studenti e del Paese, ovvero mettere in atto una concorrenza al titolo facile e al ribasso per attirare più studenti. Gli atenei in questi ultimi mesi hanno compiuto uno sforzo enorme, senza precedenti negli ultimi trent'anni, per mettere, per mettere in atto i principi della riforma introducendo tra l'altro nuovi corsi di laurea, nuove regole per l'insegnamento e il tutorato, nuove articolazioni del calendario accademico, nuovi strumenti di comunicazione e valutazione, nuovi criteri per la compatibilità internazionale dei corsi. Altro è migliorare in corso d'opera una riforma per definizione imperfetta; il che certamente andrà fatto (ma alcune modifiche recentemente proposte sarebbero peggiorative: per esempio quella che siano i singoli Atenei a stabilire a loro piacimento la durata dei corsi di laurea, il che non avviene in nessun Paese). Altro è sospendere tutto, quando già gli studenti dell'ultimo anno della scuola media superiore hanno in mano i programmi dei corsi triennali che partiranno ad ottobre. Con un rinvio la riforma tanto faticosamente concepita verosimilmente verrebbe affossata. Tornare indietro è facile, e probabilmente anche comodo, per chi insegna e per chi amministra. Ma il segnale per l'università, e per gli studenti, sarebbe molto negativo. Dopo anni tormentosi l'università italiana ha assoluto bisogno di stabilità e certezza. Non si può sospendere la riforma ormai approvata, comunicando di fatto all'opinione pubblica che finora Governo e Parlamento, rettori e presidi, facoltà e forze sociali hanno solo scherzato. Per ricominciare da zero. __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 29 Mag. '01 RIFORMA - DE MAIO: "SERVE PIÙ AUTONOMIA" "Il prossimo Governo può fare una sola cosa intelligente: ampliare coraggiosamente l'autonomia delle università, riducendo i vincoli, diminuendo il peso del Consiglio universitario nazionale, eliminando le pastoie burocratiche. Poi, se sbaglieremo, saremo noi a pagare. Quanto a bloccare la riforma, non scherziamo: anche perché, e parlo dei Politecnici, la riforma l'abbiamo già fatta". Adriano De Maio, rettore del Politecnico di Milano, non crede alle sue orecchie. "Tornare indietro? Chi agita questo spauracchio non si rendo conto di cosa dice. E chi afferma che i professori dovranno sobbarcarsi un numero eccessivo di ore di lezione confonde la legge sullo stato giuridico dei docenti, ormai decaduta, con i provvedimenti sulle nuove lauree, applicati o in via di applicazione nella maggior parte degli atenei. I Politecnici lavorano alla riforma da quattro anni e, per quanto riguarda le lauree brevi, possono contare sull'esperienza decennale dei diplomi universitari". Ma bloccare la riforma significherebbe soprattutto cancellare alcune opportunità fondamentali. "Non ci sono solo le lauree, triennali e quinquennali, ma anche i master. La riforma predispone uno schema nel quale, muovendosi con intelligenza, si può dare flessibilità all'offerta formativa, senza diminuirne la qualità. Pensiamo alle infinite possibilità di combinazione "trasversale" dei saperi. Un laureato in materie umanistiche potrà, per esempio, seguire un master di Informatica al Politecnico. Tutti i nuovi campi, dalle biotecnologie all'ambiente, all'e-economy agli scambi internazionali, hanno bisogno di flessibilità, di assemblare competenze diverse in percorsi coerenti ma innovativi. Vogliamo rinunciare a tutto questo?". Proprio in vista della riforma, De Maio aveva messo a punto un progetto, poi approvato dal Governo e portato a termine anche a livello di regolamenti, che oggi consente a tutte le università di creare proprie fondazioni per gestire le attività collaterali alla didattica: un elemento importante che rafforza l'autonomia. "Combinando i principi della riforma e la normativa sulle fondazioni universitarie - spiega De Maio - diventa possibile assumere personale tecnico e scientifico da tutto il mondo, con contratti privatistici, cercando gli elementi migliori, i più adatti alle nostre esigenze. Quanto alla distinzione tra laurea di tre e di cinque anni, chi dice che ridurrà la qualità della preparazione? Può essere vero il contrario. Finalmente potremo selezionare per il percorso di cinque anni gli studenti migliori. Infine, la nuova struttura facilita i rapporti con il mondo produttivo. Temo che i timori e le critiche vengano da quella parte degli accademici che continua a desiderare un'università autoreferenziale". __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 29 Mag. '01 FABIANI: "UN LAVORO CHE È DURATO ANNI" La riforma dell'autonomia va completata. Anche solo una sospensione costituirebbe un atto di grave irresponsabilità". Guido Fabiani, rettore dell'Università di Roma Tre, è risoluto nel giudizio circa l'ipotesi che il futuro Governo freni o blocchi la riforma che, nell'ambito dell'architettura del 3+2 concede maggiori spazi sul fronte dell'offerta didattica. Anzi, Fabiani rilancia sulle questioni che saranno un test per l'esecutivo: l'impegno per la ricerca e l'approvazione del nuovo stato giuridico dei docenti. Quella dell'autonomia didattica, secondo Fabiani, è una macchina in moto da tempo. "Abbiamo lavorato moltissimo, dice il rettore di Roma Tre, recependo anche le istanze del mondo della produzione e della società civile". Proprio la collaborazione tra università e forze produttive ha però spinto alcuni a denunciare la riforma come una svendita mercantilistica del sapere. Anche la misura dei crediti per quantificare l'impegno degli studenti è stata letta in questa luce. Ma i crediti sono un meccanismo adottato in tutto il mondo, è uno strumento che ci mette alla pari con l'Europa e consente di collegare il nostro sistema universitario con gli altri. I crediti permettono il riconoscimento internazionale dei percorsi effettuati. C'è chi dice che la riforma sia stata decisa nel chiuso di poche stanze, tagliando fuori i docenti. È così? Niente di più falso. Ci sono stati convegni, riunioni, comitati: il dibattito ha coinvolto tutte le componenti, professori e tendenti. La Conferenza dei Rettori è al lavoro da anni. Già, i rettori: rappresentano i vertici accademici, ma la base dell'università è stata coinvolta? I rettori non lavorano da soli, rappresentano le loro università. Tutti gli atenei hanno elaborato le proposte per le lauree e sono stati i docenti dei vari corsi che hanno rivisitato i vecchi curricula o hanno formulato nuovi progetti. A questo punto la riforma va completata intervenendo sulla ricerca e sullo stato giuridico. Senza un impulso alla ricerca, l'università e la didattica si isteriliscono. Ma perché è necessaria la riforma dello stato giuridico? L'autonomia ha cambiato la responsabilità degli atenei nei confronti degli utenti. Ma a cascata ogni componente dell'università ha nuovi diritti e nuovi doveri. E per essere più competitivi ed efficienti gli atenei devono avere nuovi strumenti anche per incentivare i professori. __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Mag. '01 RIFORMA - TESSITORE: "LAUREE IN LINEA CON I TEMPI" "Meglio una cattiva riforma che nessuna riforma". Il rettore dell'Università di Napoli, lo storico Fulvio Tessitore, che guida da otto anni uno degli atenei più grandi del Paese, dopo essere stato per vent'anni preside della Facoltà di Lettere, non ha dubbi: "Personalmente ritengo che la riforma sia stata varata con eccessiva fretta. Ma non si può tornare indietro. La nuova struttura è in fase avanzata di applicazione. L'Università che dirigo ha approvato due mesi fa gli 83 corsi delle lauree brevi, solo 20 più dei 63 corsi precedenti. Altri hanno fatto al ministero richieste ben diverse. Una Facoltà di Lettere (del Nord) ha chiesto, da sola, 23 classi di lauree, e una di Scienze politiche ne ha chieste 24. Ma simili aberrazioni non fanno testo". "Non sono mai stato un incondizionato ammiratore della riforma, precisa Tessitore. Una proposta così innovativa avrebbe avuto bisogno di tempi più lunghi per aggiornare, se così posso esprimermi, le strutture mentali dei docenti. Ma non si dica che non c'è stata discussione, dopo anni di riunioni e di convegni. Non ha discusso solo chi non ha voluto". "E non si attribuisca alla riforma, continua Tessitore, ciò che non dipende dalla nuova struttura delle lauree, ma da processi sociali in corso da tempo. L'esigenza di professionalizzare i corsi ci viene posta dalla società e molte facoltà si sono già adeguate, come Ingegneria, Architettura, Farmacia. Come preside di Lettere mi sono sempre rifiutato di concepire il piano di studi in base ad esigenze di mera professionalizzazione; che per le facoltà di Lettere significa soprattutto formare gli insegnanti. Ma questo non vuol dire che non sia possibile conciliare le due esigenze: da un lato preparare al lavoro, dall'altro garantire la dignità dell'insegnamento teorico. Naturalmente, questo è difficile, e implica una profonda rivoluzione nella didattica. Se si vuole comprimere in un corso triennale gli stessi contenuti degli attuali corsi quadriennali, il risultato non potrà essere che pessimo". C'è infine l'aspetto del coordinamento internazionale. "Proprio ieri all'Università Federico II abbiamo tenuto un seminario con i rettori degli Atenei di Glasgow, Montpellier e della Frei Universitaet di Berlino, e abbiamo constatato che sia le esigenze, sia i problemi, sono largamente comuni. Persino nelle piccole cose. Per esempio i fuori corso non esistono solo da noi. Anche gli studenti tedeschi sono invogliati a restare a lungo nell'università, perché godono delle agevolazioni (dalle mense alla riduzione dei biglietti dei mezzi di trasporto) che in pratica permettono di recuperare quasi integralmente il costo delle tasse universitarie. Insomma, tutto il mondo è paese". __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Mag. '01 I NUOVI CORSI DI LAUREA SONO IN ALTO MARE In settimana il Consiglio universitario nazionale deciderà sulle modalità e i criteri dei pareri Maria Carla De Cesari Autonomia didattica: la partenza"formale" dall'annoaccademico 2001/2002 potrebbe tagliare fuori parecchie università. I regolamenti didattici degli atenei, cioè i documenti in cui l'autonomia va tradotta nelle realtà accademiche e nei singoli corsi di studio, di laurea e di laurea specialistica, non sono ancora stati approvati dal ministro dell'Università. L'iter è avviato, ma i problemi da superare sono molti. E così, mercoledì e giovedì, la riunione del Consiglio universitario nazionale (Cun) - incaricato di esaminare nel dettaglio i regolamenti delle università e formulare un parere per il ministro - potrebbe risultare decisiva per accelerare il processo. "Siamo in ritardo - ammette Antonello Masia, direttore generale del Servizio per l'autonomia universitaria e gli studenti - anche se il Cun ha promesso di concludere il suo lavoro in modo che l'avvio della riforma possa avvenire a partire dal prossimo anno accademico. Al Cun ritengono che per 15-20 atenei il parere possa essere espresso in tempi abbastanza rapidi". In realtà le "carte" sembrano abbastanza complicate e il Cun deve sciogliere, prima di rilasciare i pareri, alcune questioni metodologiche che avranno impatto sulla sostanza dei giudizi. Innanzi tutto anche il Cun soffre della fase politica di passaggio: chi sarà il nuovo ministro dell'Università e quali criteri utilizzerà per "analizzare" i regolamenti e i relativi pareri? E ancora, più nei contenuti: "Si discute ancora - sintetizza Cristiano Violani, componente del Cun - su un comportamento adottato da alcuni atenei, che hanno assegnato a settori o a raggruppamenti di settori scientifico-disciplinari (che sono i contenitori di molteplici discipline) un range di crediti anziché un numero definito. Ma non dovrebbero esserci problemi quando la forbice è abbastanza contenuta. Invece, su altre questione l'orientamento del Cun è già deciso. Per esempio, riteniamo che i crediti a disposizione degli studenti non debbano essere vincolati. Ma alcuni atenei hanno "incanalato" anche queste attività formative". In ogni caso praticamente tutte le università hanno inviato entro il 30 aprile (termine indicato dal ministero e dal Cun per avere l'"autorizzazione" in tempo utile per il prossimo anno accademico) i regolamenti didattici al ministero. I dossier sono composti da una parte generale - su modalità e tempi per la programmazione della didattica e sulle procedure per attribuire i compiti di insegnamento, per esempio - e da "schede" relative a ogni corso di laurea e di laurea specialistica. Queste ultime contengono le denominazioni e gli obiettivi formativi dei corsi, le classi di appartenza e i crediti assegnati alle attività. Il materiale è sottoposto, prima di tutto, al controllo formale del servizio diretto da Masia: "Verifichiamo - spiega Masia - il rispetto del numero di crediti in base al prospetto della classe. Il "test" sulla congruità tra gli ordinamenti proposti e gli obiettivi formativi è compito del Cun". In realtà, alcuni regolamenti sono stati respinti all'esame formale. "In alcuni documenti - conferma Masia - non era prevista la destinazione della totalità dei crediti a disposizione. Anche il 34% dei crediti decisi in autonomia dagli atenei, infatti, deve essere riferita a settori scientifico-disciplinari: i cardini dei percorsi formativi vanno esplicitati anche per motivi di trasparenza nei confronti degli studenti". Per questo è stato chiesto alle università di riempire gli spazi lasciati vuoti. Tuttavia, questa presa di posizione del ministero ha offerto nuovi argomenti a quanti ritengono che la riforma, che parte da presupposti giusti, sia soltanto un timido tentativo nella direzione dell'autonomia: "I regolamenti - afferma Michele Colasanto, prorettore vicario con delega alla riforma e revisione offerta formativa dell'Università Cattolica - non permette flessibilità: organizzare corsi interfacoltà, per esempio, risulta complicatissimo". Se questo è il quadro dei problemi, il bilancio dei numeri consente ben poche speranze di concludere tutti gli adempimenti in tempo utile per l'avvio del nuovo anno accademico, visto che giovedì scorso soltanto 25 dossier - relativi alla parte generale e alle schede delle lauree - risultavano inviati al Cun. Invece, per quanto riguarda le lauree specialistiche, su 49 università che hanno inviato le proposte, solo per otto "fascicoli" si è concluso il primo vaglio formale. __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Mag. '01 RIFORMA, TEMPI TROPPO STRETTI di Andrea Casalegno Per la riforma dei cicli scolastici è già annunciato un anno di sospensione come primo atto del primo Consiglio dei ministri del prossimo Governo, seguìto probabilmente da una radicale "riforma della riforma". Ma anche la riforma universitaria, che ha riscosso l'approvazione della maggior parte degli atenei e un significativo consenso da parte delle forze produttive, comincia a correre qualche rischio. Le polemiche più accese vertono sulla collocazione dei nuovi laureati triennali nelle imprese, nella Pubblica amministrazione e negli ordini professionali: gli albi dei quali li accoglieranno, sì, ma solo come dottori juniores, con fine soluzione terminologica suggerita niente meno che dall'Accademia della Crusca. Prima però di come utilizzare il "prodotto", si pone il problema di organizzarne in concreto la produzione, conciliando due esigenze in parte contraddittorie: da un lato fornire con le nuove lauree un titolo immediatamente spendibile sul mercato del lavoro, creando un percorso professionalizzante, dall'altro garantire una buona preparazione teorica di base a chi intende proseguire gli studi fino alla laurea specialistica. A questi problemi di fondo si aggiunge ora quello dei tempi. Anche se molte facoltà hanno offerto alle matricole la possibilità di iscriversi al nuovo percorso triennale già nell'anno accademico in corso, come le norme vigenti consentivano, può darsi che alcuni atenei non ci riescano neppure l'anno prossimo; e ciò perché la complessità dell'iter necessario per approvare i nuovi regolamenti didattici è stata sottovalutata. Se, infatti, il vaglio dei regolamenti da parte dello staff del ministero, e poi del Cun, non è da intendersi come un atto formale, i tempi previsti sono stati troppo stretti. In altre parole, potranno essere approvati in tempo solo i regolamenti che già soddisfano i criteri previsti dal ministero: e per i quali quindi il controllo sarebbe stato superfluo. Il dissenso tra sedi universitarie e ministero tocca, invece, anche punti non secondari. Il ministero, per esempio, chiede che tutti i 60 crediti annuali di ogni corso siano attribuiti già nel regolamento; mentre alcune università preferiscono lasciarsi le mani libere attribuendo un certo numero di crediti - compresi in quel 34% di cui possono liberamente disporre - a iscrizioni avvenute. La materia del contendere richiama l'attenzione su una delle critiche più frequenti sollevate contro la riforma: benché si siano ascoltate anche voci in contrario (c'è chi si lamenta per l'eccessiva flessibilità, che potrebbe essere usata male da alcune sedi), molti commentatori hanno osservato che limitare la libertà didattica di ateneo a un terzo dei crediti mortifica il principio dell'automia. Può essere vero. Ma anche in questo caso il meglio potrebbe essere nemico del bene. Inceppare l'attuazione della riforma non è nell'interesse di nessuno: né degli atenei, né degli studenti, né del Paese. Per scongiurare il pericolo è opportuno che tutti - staff ministeriale, Cun e atenei - diano prova di buon senso e flessibilità. __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 2 giu. '01 UNIVERSITÀ E ORDINI, IL CONFRONTO È APERTO La lunga e complessa trattativa per mettere a punto la riforma universitaria e il relativo accesso agli Albi ha sollecitato gli Ordini professionali a rivisitare le competenze dei professionisti e imposto un travaglio interno e un confronto serrato. Da questo lavorio è scaturita una proposta che - nella maggior parte dei casi - costituisce una mediazione ampiamente condivisa e soprattutto appare funzionale alle esigenze del mercato del lavoro nel nostro Paese e anche al necessario riferimento con i curriculum formativi europei. L'Università, sia pure tra molte contraddizioni e incertezze, si sta muovendo: sembra non potrà più sottrarsi a un confronto con il mondo del lavoro e delle professioni da cui riceverà stimoli atti a superare una separatezza che non trova più alcuna giustificazione ma offre solo prospettive di involuzione. Da sempre gli assistenti sociali sostengono il circuito virtuoso e vitale teoria- prassi-teoria: una metodologia formativa e una cultura che finalmente la categoria viene riconosciuta con la rifroma. Per quanto concerne la professione di assistente sociale le scelte fin qui operate appaiono congruenti con le molte rilevanti conquiste della professione in questi ultimi anni: dalla laurea sperimentale in servizio sociale all'estensione dell'attività libero professionale e, in ambito istituzionale, una più precisa definizione di funzioni e competenze: tasselli di questo processo sono la legge di riforma dell'assistenza (la n. 328/00) e il Piano sociale nazionale 2001-2003, eccettera. Per questi motivi la professione di assistente sociale manifesta un giusto allarme rispetto a un'ipotesi di rivisitazione di questioni tanto faticosamente avviate a soluzione. Altra cosa è la riforma degli Ordini e delle competenze loro attribuite:dall'angolazione consentita a un Ordine giovane segnalo un regolamento, il Dm 11 ottobre 1994, n. 615, che risulta non inidoneo ad assicurare il pieno sviluppo delle attività ordinistiche. Infatti, non è stato fin qui possibile ottenere neppure che il voto degli iscritti potesse essere espresso nei capoluoghi di provincia o, preferibilmente, per corrispondenza. Ciò limita l'accesso alle urne dei colleghi che non risiedono nei capoluoghi di regione e in alcuni casi prelude al mancato raggiungimento del quorum. E ciò pregiudica la rappresentanza democratica degli organi. La riforma potrebbe attribuire maggior spazio agli Ordini in merito alla formazione universitaria, competenze precise per quanto concerne la formazione permanente, più vigore per quanto concerne il controllo deontologico. È su questi temi che la professione attende dal nuovo Governo puntuali risposte. Paola Rossi Presidente Consiglio nazionale degli assistenti sociali __________________________________________________________________ L'Unione Sarda 31 Mag. '01 LUMACHE PER GLI STUDENTI UNIVERSITARI Serrenti La lumaca Helix Aspersa (su boveri in cagliaritano), allevata nel Medio Campidano grazie alla sperimentazione promossa dalla Sipas e finanziata dall'amministrazione provinciale di Cagliari, questa sera viene proposta agli studenti universitari di Cagliari in occasione di una cena alla "Serrentese", promossa dall'Ersu. Il cuoco della mensa Salvatore Diana valorizzerà le lumache sarde presentandole alla campidanese e con i pomodorini. La lumaca rappresenta un alimento di alto grado nutritivo e di grande digeribilità.(g.p.p.) __________________________________________________________________ Corriere Della Sera 31 Mag. '01 GLI APPUNTI UNIVERSITARI SI SCAMBIANO SUL WEB University.it offre tabelle, esercizi e riassunti di libri di testo per decine di materie Chi invia il proprio materiale guadagna punti per scaricare altri documenti D' Alessio Luca Il sito è nato per caso cinque anni fa e oggi è un' azienda con settantamila studenti registrati Gli appunti universitari si scambiano sul Web University.it offre tabelle, esercizi e riassunti di libri di testo per decine di materie Due amici che vanno all' università, una stessa passione per Internet e un' idea: mettere online gli appunti degli studenti. Il risultato è un successone. In cinque anni il website ha un trend di crescita esponenziale e sono decine di migliaia gli studenti universitari a caccia di preziose lezioni fai da te. Oggi il sito può contare su un milione di contatti al mese, settantamila studenti registrati e più di tremila appunti e dispense suddivisi in decine di materie. Ecco numeri e storia di University.it, il website dello scambio di appunti made in Italy, vincitore di premi e riconoscimenti e soprattutto trasformato in una vera e propria azienda della new economy. Perché se tutto iniziò nel 1996 grazie al gioco intraprendente di due ragazzi (uno di loro, Davide De Guz, è amministratore delegato) oggi University.it è un' impresa solida con tredici persone e la partecipazione di un gruppo importante come De Agostini. La filosofia è quella del peer-to-peer, cioè la libera condivisione di risorse in rete. In questo caso gli studenti mettono a disposizione i loro appunti (ma anche riassunti di libri di testo, esercizi, tabelle e tutto ciò che può essere utile) e così facendo guadagnano crediti per scaricare altri documenti. Insomma, un do ut des e un modo per rinnovare continuamente il sito. LA REDAZIONE - E la qualità? "La garantisce la nostra redazione - spiega Luca Stante, 29 anni, laurea in Economia all' Università di Catania e master in marketing e comunicazione all' ateneo Ca' Foscari Venezia -. Gli appunti sono selezionati e corretti in caso di errori. Insomma, gli studenti possono stare tranquilli, non troveranno bufale come purtroppo può accadere su Internet. L' obiettivo? Vogliamo promuovere, attraverso le nuove tecnologie, la collaborazione, sviluppare le idee e consolidare la cultura. University è rivolto a tutti coloro che fanno parte, direttamente o indirettamente, della comunità universitaria italiana, e in particolare a studenti, docenti e ricercatori". Ma Un iversity.it non è solo un mercatino di appunti in formato digitale. Oltre allo scambio di documenti, infatti, esistono altri servizi, anch' essi molto frequentati dalle scorribande cyberspaziali dagli studenti. Come la Community. "Dove si trovano i n ostri forum collegati ai newsgroup universitari - spiega ancora Stante -. Il livello è molto alto perché i forum sono frequentati da ricercatori, neolaureati e professionisti e uno studente può dunque trovarvi utili spunti di studio, chiedere consigli e chiarirsi idee". Utile anche il servizio newsletter. A migliaia di abbonati al servizio, viene spedito via e-mail un bollettino con tutte le novità. Si va dalle notizie sulle università italiane, all' avviso di nuove dispense disponibili sul Web. Un modo per essere continuamente aggiornati sulle novità del sito e del mondo universitario in generale. C' è poi la sezione link, ricca di indirizzi Internet. Con un clic del mouse ci si può collegare a siti accademici, master, corsi di perfezionamento, ma anche avere utili informazioni sul lavoro, viaggi e tempo libero. A breve ci saranno anche canali tematici su lavoro, master, orientamento universitario, tesi di laurea. E persino informazioni su mense universitarie e statistiche sullo stato dell' istruzione in Italia. La biblioteca è invece un servizio per leggere appunti e riassunti senza l' obbligo di accumulare crediti. "Chi non ha niente da mettere a disposizione del sito - spiegano alla redazione di University.it - può comunque leggere senza però scaricare il contenuto dei documenti sul proprio computer". Il libretto elettronico è invece la carta di identità degli studenti. Qui si trovano i dati dell' utente e i crediti acquisiti nello scambio dei documenti (gli appunti hanno valore da 1 a 15 crediti e ogni file inviato viene giudicato dalla redazione). Tra poco ci sarà anche un servizio di Istant Messager per contattare altri studenti o chiedere informazioni alla stessa redazione del sito. Insomma, tanti servizi per gli studenti. I BILANCI - E il guadagno? University non è un website del volontariato e la trasformazione in Srl la obbliga a puntare a bilanci in attivo. Così, dopo un periodo di organizzazione e di investimenti, ora si pensa anche al business. Si punta sul commercio elettronico: "Un e-commerce di qualità, mirato esclusivamente alle esigenze del nostro target, cioè gli studenti - spiega Stante -. Abbiamo quasi concluso la fase della valutazione e stiamo implementando le risorse. Di cosa ci occuperemo? Sicuramente della vendita di libri di testo e non, di viaggi di studio con offerte particolari e di tutto ciò può interessare un ragazzo che studia all' università e ama Internet e le nuove tecnologie". Luca D' Alessio www.university.it Pacs.unica.it/studenti __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 mag. '01 INTERNET E POSTA, NUOVE REGOLE AL LAVORO Le norme dello Statuto del 1970 sono ormai inadeguate all'utilizzo e alla diffusione della comunicazione telematica nelle imprese I vincoli all'impiego di apparecchiature per il controllo a distanza - I rischi dell'abuso da parte dei dipendentiPagina a cura di Franco Toffoletto L'uso della tecnologia ha notevolmente cambiato, certamente in meglio, il modo di lavorare nelle imprese. Tuttavia, la facilità con la quale oggi è possibile comunicare per via telematica, nonché lo sviluppo di Internet, comincia a porre problemi alle aziende che avvertono l'esigenza di controllare l'abuso da parte dei dipendenti sia della posta elettronica (con la quale è più facile e veloce, ad esempio, inviare notizie o documenti riservati) che della rete Internet (attraverso cui, ad esempio, si può accedere a siti pornografici o illegali). I doveri. Non vi è dubbio che questi comportamenti realizzino già un evento contrario ai doveri di diligenza e fedeltà che la legge impone ai prestatori di lavoro subordinato (articoli 2104 e 2105 del Codice civile). La violazione di queste obbligazioni consente al datore di lavoro di reagire applicando una sanzione disciplinare che può arrivare, rispettato il principio di proporzionalità stabilito dall'articolo 2016, fino al licenziamento. In questi casi, tuttavia, si pone un problema più complesso rispetto alle normali vicende che caratterizzano l'inadempimento del lavoratore e l'esercizio del potere disciplinare: perché il datore di lavoro possa reagire con efficacia è necessario un controllo preventivo e continuo realizzato attraverso gli stessi apparecchi informatici. I danni. È evidente, infatti, che un messaggio di posta elettronica contenente informazioni riservate inviato a terzi e in grado di produrre un danno enorme all'azienda è difficilmente intercettabile senza che il datore di lavoro abbia già approntato un sistema per realizzare un controllo continuo e totale dei messaggi in entrata e in uscita. Si realizza così un contrasto tra due diritti di pari rilevanza: quello del datore di proteggere la propria organizzazione e di esercitare il proprio controllo e il proprio potere direttivo e disciplinare, e dall'altra parte, quello del lavoratore, a non vedersi invasa la propria sfera personale. Lo Statuto dei lavoratori. La legge 20 maggio 1970, n. 300, nell'intero Titolo primo, intitolato "Della libertà e dignità del lavoratore" disciplina proprio questo contrasto in molte norme (articoli 2-6), ma quella che più ha creato problemi, e che qui va tenuta in considerazione, è l'articolo 4: "1. È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. 2. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro possano essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti". La norma è stata scritta nel 1970, un tempo antico rispetto all'attuale tecnologia, e certamente il legislatore dell'epoca non poteva immaginare il successivo sviluppo dell'informatica. Ma fino a quando questa norma esisterà occorrerà tenerla ben presente essendo accompagnata da specifica sanzione penale (articolo 38 dello Statuto). Il primo comma dell'articolo 4 pone un divieto assoluto nell'utilizzo di apparecchiature che siano finalizzate al mero controllo dell'attività lavorativa. Il legislatore del tempo senza dubbio aveva presente soltanto gli impianti audiovisivi, ma ha redatto la norma in modo da lasciarla aperta anche ad altre apparecchiature, di qualsiasi genere, che realizzino in qualsiasi modo le finalità vietate. L'utilizzo dei sistemi informatici non rientra, però, in questa fattispecie, non potendosi, infatti, sostenere che l'insieme di hardware e software utilizzato da un'impresa abbia soltanto una finalità di controllo, ma non potendosi neppure negare che sempre un insieme di computer realizzi anche la possibilità di un controllo sui comportamenti degli utenti del sistema stesso. Controlli a distanza. Il secondo comma prevede la possibilità di utilizzare impianti che consentano anche il controllo a distanza dei lavoratori purché la loro presenza sia finalizzata a soddisfare esigenze organizzative e produttive. Ed è in questa seconda fattispecie che rientrano i sistemi informatici quando essi realizzano un controllo. Ciò che la norma ritiene sufficiente in questa seconda fattispecie è infatti la potenziale offensività del controllo, indipendentemente dall'effettiva attuazione dello stesso da parte del datore di lavoro. In altri termini, l'effetto preclusivo opera anche se sussiste la sola possibilità che il datore di lavoro eserciti una qualsiasi forma di controllo. In questo caso la norma non vieta la possibilità del controllo (di per sé lecito) ma la subordina a una condizione di disciplina delle modalità di esercizio che consiste nell'informazione e nel consenso dei lavoratori espresso attraverso le proprie rappresentanze aziendali oppure nel controllo realizzato dall'Ispettorato del lavoro. __________________________________________________________________ Corriere Della Sera 2 Giu. '01 "INGEGNERI ALMENO IL 30% DEI DEPUTATI. PER LEGGE" di LUCIANO DE CRESCENZO Essere ingegnere è praticamente una malattia. Sono convinto che a una signora, moglie d'ingegnere, si possa porre la seguente domanda: - Mi scusi, signora: ma suo marito è ancora ingegnere? "Sì - mi risponderebbe -, ma ora sta un po' meglio". Questo perché l'ingegnere è quasi sempre una persona precisa. Lui pratica il Dubbio, la Sospensione temporanea del giudizio, e soprattutto il Distacco totale dalla passione. E' difficile che un ingegnere si lasci trascinare dal primo impulso. In genere nelle risposte prende tempo, segue un metodo binario di ragionamento, e tra due soluzioni sceglie sempre quella migliore, intesa, sia chiaro, non come quella che "sembra" eccezionale, ma come quella che presenta un minor numero di difetti. Ciò premesso, leggo sul Corriere della Sera che in Italia su 580 parlamentari ci sono 150 laureati in giurisprudenza, 45 in scienze politiche, 39 in medicina, 35 in economia e commercio, 47 in lettere e filosofia, e nessuno, dico nessuno, in ingegneria. Perché? La prima risposta che mi viene in mente è quella secondo la quale all'ingegnere riesce difficile mentire, e la politica, si sa, è l'arte della menzogna praticata a fin di bene. Che poi questo bene ricada un po' di più sul politico che ha mentito che sulla comunità sarà anche vero, ma a pensarla così si corre il rischio di sprofondare nel più bieco qualunquismo. Resta il fatto che il nostro uomo è un ingenuo. Sarà anche un tecnico, ma resterà pur sempre un ingenuo. La troppa matematica studiata negli anni universitari lo ha marchiato per la vita. Machiavelli prima, e Giovanni Gentile dopo, ci hanno detto tutto sull'arte della politica. A completare il quadro è poi intervenuto anche un noto cantante napoletano che, intervistato da una tv locale sull'avvenire del proprio figliolo, ha così risposto: "C'aggia fa? Non ha voluto studiare. Vuol dire che gli farò fare il politico!". Dipendesse da me, farei una legge secondo la quale nel Parlamento italiano ci dovrebbe essere sempre il 30 per cento di ingegneri. Non uno di più, però, per carità. ===================================================== __________________________________________________________________ L'Unione Sarda 2 giu. '01 VERONESI: SÌ ALLA PILLOLA ABORTIVA Dure critiche da parte della Chiesa e di An ROMA "Se abbiamo in tasca una possibilità di interrompere una gravidanza con un metodo farmacologico, meno traumatico di una operazione chirurgica, ma capace di ottenere lo stesso effetto, non vedo perché rinunciarvi". Il ministro della Sanità uscente, Umberto Veronesi, si schiera a favore della pillola abortiva, perché, sottolinea "il buon senso deve portare in questa direzione". Tutto deve essere fatto nell'ambito della legge sull'aborto. Come prescrive la 194, "la condizione preliminare è il colloquio con lo psicologo che accerti la volontà genuina, non condizionata, della donna di non volere più il bambino". Veronesi non si nasconde che la pillola abortiva potrebbe provocare un aumento degli aborti: "Il fenomeno, è vero - osserva il ministro - rischia di diventare meno controllabile. Per questo, se entriamo nella logica di registrare il farmaco anche in Italia, sarà necessario coinvolgere la responsabilità dei medici prescrittori". La presa di posizione di Veronesi sta suscitando reazioni. Ad esempio, i ginecologi dei consultori sono favorevoli all'uso della pillola abortiva: "Il nostro compito - ha spiegato Luigi Cersosimo, presidente dell'Agico, l'associazione di categoria - è di prevenire l'aborto e di arrivare ad una diffusione massima della contraccezione, ma nel momento in cui si verifica una gravidanza non desiderata utilizzare un metodo meno traumatico come l'RU486 è sicuramente un fatto positivo". Molto diversi i toni che arrivano da una parte del mondo politico. A cominciare da Alleanza nazionale: "Con le esternazioni sulla pillola abortiva, dalle quali emerge tutta la sua concezione scientificista e utilitaristica - dichiara Riccardo Pedrizzi, responsabile delle politiche familiari di An - Veronesi fornisce dei motivi di soddisfazione in più per il fatto che abbandona la politica e torna a fare il medico a tempo pieno". Contraria anche la Chiesa. A parlare è monsignor Mauro Cozzoli, docente di teologia morale alla Lateranense: "Il ministro - ha dichiarato - pone erroneamente il problema aborto sotto il principio della convenienza e non della morale". __________________________________________________________________ L'Unione Sarda 28 mag. '01 ASL8: L'UNITÀ SPINALE APRIRÀ A SETTEMBRE Inchiesta. Prevista fra tre mesi l'apertura del centro specializzato per la cura e la riabilitazione dei paraplegici All'ospedale Marino si curano gli ultimi dettagli prima del decollo Doveva entrare in funzione cinque mesi fa dopo un paio di false partenze e un annuncio forse troppo frettoloso. In realtà l'Unità spinale della Asl 8 (primo reparto ospedaliero della Sardegna specializzato nella cura e la riabilitazione dei traumatizzati della strada) è ai nastri di partenza ma non può decollare poiché non ci sono ancora i medici e gli infermieri specialisti che saranno comunque nominati tra pochi giorni a conclusione dei concorsi. Al via libera dello starter mancherebbe anche qualche piccolo dettaglio tecnico, quanto basta per spostare a settembre l'entrata in funzione di un polo della sanità isolana che ogni anno costringe tanti giovani e le loro famiglie a disperati viaggi della speranza. Il "caso" di Donatello, il ragazzo di Assemini morto dopo un allucinante pellegrinaggio negli ospedali di mezza Italia, sembra ormai un ricordo sbiadito nel tempo ma non è così. Donatello Scalas, diciottenne, entrò in coma otto anni fa (dicembre 1994) dopo un incidente stradale col motorino. Sino a un anno e mezzo fa, il padre Daniele combatté una battaglia incredibile per riuscire a farlo ricoverare in una struttura ospedaliera sarda attrezzata. Tutto inutile perché alla fine, dopo cure d'ogni genere, ricoveri anche all'estero e qualche viaggio negli ospedali della penisola, il ragazzo morì senza mai uscire dal coma. La tragica vicenda servì, se non altro, a smuovere le acque stagnanti attorno a un progetto nato dieci anni fa ma senza un indirizzo a parte l'importanza che avrebbe avuto nel panorama dei servizi ospedalieri sardi visto che non esisteva da nessuna parte. Molte promesse, impegni, piani finanziari ma nulla di più concreto. In questi anni trascorsi inutilmente probabilmente ha influito negativamente il fatto di aver individuato nel vecchio ospedale del Poetto la sede più idonea a ospitare l'Unità spinale di cui nel frattempo si era ripreso a discutere forse con qualche entusiasmo in più. Quando si è capito che la scelta non era la migliore per motivi tecnici (e non solo), è scattato un drastico dietro-front con l'impegno di recuperare in qualche modo il tempo perso: dopo un sopralluogo che ha messo fuori gioco il vecchio ospedale Marino a favore dell'ex albergo Esit del Poetto, si è deciso di accelerare i tempi per arrivare al traguardo entro il 1999 con una struttura d'avanguardia non solo nell'Isola. Con l'impegno pressante dei dirigenti della Asl, il progetto Unità spinale ha bruciato tutti i tempi: con circa sei miliardi stanziati dalla Regione, il nuovo centro è stato istituito a ridosso del corpo centrale del nuovo ospedale Marino: tre piani di cui uno seminterrato, vista sul mare e una moderna pista per l'atterraggio degli elicotteri che in questi casi vengono utilizzati molto spesso. Se l'assessore alla Sanità Paolo Fadda aveva indicato nella fine del '99 l'apertura dell'Unità spinale, Gino Meloni si era concesso un anno di proroga: alla fine del 2000, disse, tutto sarà pronto. Siamo nel 2001 ma, tutto sommato, la promessa è stata mantenuta poiché i lavori all'interno dell'ospedale sono praticamente finiti. L'impresa che ha realizzato i tre piani della struttura ha già quasi smobilitato così come i tecnici dell'eliporto che hanno provveduto già da tempo a sistemare la pista in ogni suo particolare: anche il verde del prato come previsto dal regolamento. Non solo: il concorso per l'assunzione dei cinque medici fisiatri e gli otto fisioterapisti previsti in organico è alle altime battute mentre è stata pubblicata nei giorni scorsi anche la graduatoria degli infermieri che saranno chiamati a far funzionare a pieno ritmo il nuovo complesso. Cosa rispondere, allora, ai tanti che chiedono con disperazione l'entrata in funzione dell'Unità spinale? Il direttore sanitario dell'ospedale Marino (il dottor Giuseppe Lo Pinzino) dice molto chiaramente che tutto è praticamente pronto per l'apertura. "Ciò che resta da fare - sottolinea con puntiglio - è praticamente l'assemblaggio della struttura: arredi, attrezzature sanitarie, servizi e mansioni. Potrei dire che è solo questione di giorni o di settimane, ma non bisogna dimenticare che stiamo parlando di un reparto ospedaliero ad alta specializzazione: tutto deve funzionare alla perfezione e non ha senso indicare un giorno anziché un altro". Stando così le cose, si tratta di avere ancora pazienza. Anche perché l'Unità spinale sta prendendo corpo dentro una dimensione ospedaliera importante: a parte l'eliporto (che servirà per i traumatizzati gravi, inutile sottolinearlo), può contare sulla vicinanza delle camere iperbariche e di una forte mobilità del personale. Giusto per fare un esempio, i chirurghi ortopedici avranno a disposizione il neurochirurgo che già opera con la sua équipe al Marino: fisiatri e fisioterapisti non dovranno arrivare da lontano sotto forma di consulenti. Forse è la messa a punto di questi dettagli che bloccano la partenza. Di certo quando l'Unità sarà operante cesseranno i viaggi della speranza a Lecco, Udine e Montecatone (Imola) che costano moltissimo alla Asl 8 ma soprattutto alle famiglie dei pazienti. Basti pensare che per trasportare un malato bisogna pagare quattro posti sul jet, mobilitare 2 infermieri e un medico per ogni viaggio. Viaggi allucinanti per salvare la vita ai tanti ragazzi vittime di incidenti e restituire loro qualche speranza per un futuro migliore. Giovanni Puggioni __________________________________________________________________ Corriere Della Sera 30 Mag. '01 STRATEGIA IN QUATTRO FASI PER BATTERE IL CANCRO De Bac Margherita ROMA - La sopravvivenza è aumentata ma sono ancora troppe le differenze tra certe regioni del Sud, dove la radioterapia o un qualsiasi esame diagnostico tempestivi, sono un sogno e quelle del Nord equiparate, per cura e risultati, ai più progr editi Paesi occidentali. Il prossimo obiettivo dell' Italia punta ad assottigliare, fino ad eliminarle, le iniquità di trattamento e di accesso ai servizi imposte ai malati. Questo si propone il piano oncologico nazionale, da poco pubblicato sulla Ga zzetta Ufficiale, che viene presentato oggi dal ministro della Sanità, Umberto Veronesi. Sempre oggi è la giornata mondiale contro il fumo e la simultaneità dei due appuntamenti non è una coincidenza. BIG KILLER - Un anno e mezzo di lavoro, otto sott ocommissioni impegnate su altrettanti gruppi di patologie. Il risultato, oltre al piano, sono quattro azioni speciali contro i big killer: carcinoma a polmone, mammella, colon retto e prostata. In Italia ogni anno 270 mila nuovi casi di tumore diagno sticati, 140 mila morti. Stando alla relazione sullo stato sanitario del Paese nel 2000, tratti dai dodici registri tumori regionali, dopo molti decenni di crescita la mortalità e l' incidenza di certe patologie, come il tumore al polmone, sta diminu endo: il 2% in meno all' anno. Eppure la malattia resta il primo dei big killer, con 30 mila vittime all' anno e circa 35 mila nuovi casi. SOPRAVVIVENZA - "In generale ci troviamo a fare i conti con un lieve aumento di malati - dice l' oncologo Franc esco Cognetti, direttore del dipartimento di oncologia medica del nuovo Regina Elena - In compenso la mortalità è stabile e questo grazie alle diagnosi precoci e al miglioramento dell' organizzazione dei centri. Viene confermato l' aumento della sopr avvivenza. A cinque anni dalla diagnosi oltre il 50% dei pazienti sono vivi o liberi dalla malattia". Dati su cui è fondata la speranza di trasformare un giorno il cancro, in tutte le sue perfide manifestazioni, in una malattia guaribile. "C' è molto da fare ancora per il cancro della mammella - è l' analisi di Cognetti - Si è visto che poche donne ricevono uno screening nei centri pubblici, le altre lo fanno privatamente e in condizioni qualitativamente non ottimali. Molto ci aspettiamo, per l' immediato futuro, da una nuova classe di farmaci, diversi dai chemioterapici, capaci di agire su bersagli molecolari specifici". Per i quattro big killer la Commissione, coordinata da Dino Amadori, ha proposto al ministro le seguenti azioni. Polmone : interventi diagnostici precoci sui forti fumatori attraverso esami Tac ad alta risoluzione. Colon retto: screening con analisi del sangue occulto nelle feci per i soggetti sopra i 50 anni. Prostata: almeno una visita all' anno di controllo dopo i 5 0 anni. Mammella: estendere la campagna di prevenzione. TIROIDE - Messo a punto un esame diagnostico che secondo Armando Bartolazzi, specialista di anatomia patologica e oncologica del Regina Elena di Roma, ora al Karolinska Institute di Stoccolma, " introdurrà una rivoluzione nel trattamento dei tumori tiroidei". La ricerca, di cui l' anatomo patologo è primo firmatario, è stata pubblicata sull' ultimo numero della rivista Lancet. É un test molecolare basato sull' uso di due anticorpi monoclonal i, la galactina 3 e la Cd 44V6 capaci di segnalare la presenza di alterazione nelle cellule. Il nuovo metodo, dice Bartolazzi, accostato a quello tradizionale dell' ago aspirato consentirà di risparmiare all' intervento chirurgico il 33% dei pazienti che ora vengono operati di noduli alla tiroide perchè sospettati di avere un cancro. M. D. B. __________________________________________________________________ Corriere Della Sera 30 Mag. '01 LA VISTA "CENSURATA" DAL CERVELLO Due scienziati Usa: alcune immagini non sono registrate a livello conscio Caretto Ennio Per i ricercatori il blocco è determinato dai neuroni. Ancora ignote le cause La vista "censurata" dal cervello Due scienziati Usa: alcune immagini non sono registrate a livello conscio DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - A volte, il cervello cens ura ciò che vedono i nostri occhi, non ci rivela cioè tutto quello che registra. I neuroni della sua corteccia della vista recepiscono immagini troppo minute o confuse per noi e ci impediscono di assimilarle. Le conservano al livello del nostr o inconscio, forse per proporcele successivamente. Lo rivelano due studiosi americani, Sheng He, un professore di psicologia dell' università del Minnesota, e Donald McLeod, un professore di psichiatria dell' Università di San Diego in California, ch e pubblicheranno la loro scoperta sulla rivista Nature dopo mesi di esperimenti. Le ricerche di He e McLeod hanno destato sensazione perché potrebbero illuminare il misterioso rapporto tra il conscio e l' inconscio, e fornire una spiegazione del déjà vu e del perché talora abbiamo la sensazione di avere già visto un' immagine ma non ricordiamo dove e quando. I due studiosi ritengono di essere a una svolta: vogliono approfondire il meccanismo censorio del cervello e le sue cause. L' Istituto nazi onale della sanità e la Fondazione Alfred Sloan, che li hanno finanziati, e hanno fornito loro alcuni collaboratori, si aspettano altri passi avanti entro un anno circa. "Sinora - ha spiegato He a una conferenza a Minneapolis - credevamo che gli occh i non riuscissero a distinguere, a esempio, un reticolato troppo fitto disegnato su un foglio di carta. La nostra retina, dicevamo, non ci arriva. Tramite una serie di esperimenti condotti sul cervello abbiamo invece accertato che i neuroni della cor teccia della vista rispondono al reticolato. Ma per un motivo che non sappiamo non ritrasmettono l' informazione ottica ricevuta". Il professore ha aggiunto che certi neuroni reagiscono a linee verticali, altri reagiscono a linee orizzontali, altri a ncora reagiscono a linee trasversali. La corteccia della vista è situata sul retro del cervello e il funzionamento degli occhi sembrerebbe dipendere dalla sua area frontale. I due studiosi ipotizzano perciò che il livello conscio si attivi solo quand o l' informazione ottica riesce a passare da una superficie all' altra. "E' affascinante - ha concluso Donald McLeod. - Ma lo sono tutte le ricerche sul cervello. E' la nuova frontiera". Il professore della Università di San Diego ha citato uno studi o del Massachusetts General hospital di Boston sulla assuefazione da droga e gioco d' azzardo che di recente ha sollevato scalpore. In base a questo studio, l' eccitazione che il giocatore d' azzardo prova, soprattutto a una vincita, e quella che pro va il tossicomane prendendo cocaina attivano la stessa area del cervello, sei piccole regioni centrali, una contigua all' altra. "Non riusciamo a distinguere: i circuiti cerebrali della zona reagiscono allo stesso modo se un individuo gioca alla roul ette o sniffa la droga - ha riferito il dottor Hans Breiter, che ha condotto gli esperimenti. - Ciò significa che il vizio del gioco e quello dei narcotici provengono dalle sei piccole regioni. Sono certo che esse condizionino il giocatore o il tossi comane". Breiter è un neurologo e ha pubblicato l' esito delle sue ricerche sulla rivista Neuron, evidenziando che l' eccitazione aumenta il flusso di sangue all' area centrale del cervello. Il suo scopo è di trovare un farmaco contro il gioco d' azz ardo e se possibile la droga. "Siamo agli albori della scoperta del meccanismo biologico delle assuefazioni, dal fumo all' alcool - osserva lo scienziato. - Non possiamo ancora dire se sia una disfunzione a fare preferire a un individuo il gioco d' a zzardo al sesso, poniamo, o al cibo. Ma ci arriveremo tra non molto. Con me stanno lavorando l' Università di Princeton e quella di Concordia a Montreal". Stando a Breiter, in un futuro non lontano queste scoperte influiranno profondamente sui consum i. Il sondaggio del cervello rivelerà le preferenze dei consumatori. Si saprà se uno predilige un' auto di colore rosso o di colore nero; qual è l' alimentazione più gradita; e così via. "Ma per adesso - termina il neurologo - ci concentreremo sul gi oco d' azzardo. Nel Massachussets abbiamo 70 mila incalliti giocatori che sacrificano al loro vizio anche i pasti e il tetto e passano da una bancarotta all' altra. Stiamo già reclutando i primi volontari". Ennio Caretto __________________________________________________________________ Corriere Della Sera 30 Mag. '01 TRAPIANTI, TROVATO GENE CHE SCONFIGGE IL RIGETTO PALERMO Trapianti, trovato gene che sconfigge il rigetto Si chiama Heme Oxigenasis 1, o più semplicemente ' HO1' , ed è il gene che potrà sconfiggere il rigetto. È questa la straordinaria scoperta annunciata dal professor Fritz Bach dell' università di Harvard, uno dei più famosi immunologi del mondo, in questi giorni a Palermo, ospite dell' Istituto Mediterraneo per i Trapianti (Ismett) e della Fondazione Banco di Sicilia. La scoperta potrebbe eliminare del tutto l' uso dei farmaci immunosoppressori e ampliare gli orizzonti della medicina dei trapianti. __________________________________________________________________ Le Scienze 31 Mag. '01 RIPARARE IL TESSUTO CARDIACO CON LE CELLULE STAMINALI Anche per l'uomo, l'obiettivo della ricerca medica è potenziare i processi naturali di guarigione dell'organismo Le cellule staminali potrebbero un giorno essere utilizzate per riparare danni ai vasi sanguigni e al tessuto muscolare cardiaco. È quanto lascia prevedere una ricerca svolta presso il Baylor College of Medicine di Houston, in Texas il cui resoconto è apparso sulla rivista "The Journal of Clinical Investigation". Negli esperimenti, gli scienziati, guidati da Margaret Goodell e Karen Hirschi, hanno selezionato un tipo particolare di cellule staminali prelevate da un topo adulto e le hanno trapiantate nel midollo osseo di un altro topo, dopo averle colorate di blu per distinguerle più facilmente. In seguito hanno ostruito chirurgicamente un'arteria coronaria del topo ricevente. Dopo due settimane, alcune delle cellule segnate sono state trovate nel tessuto cardiaco, diversamente da quanto è avvenuto nel caso di topi sani utilizzati come gruppo di controllo. Il risultato potrebbe sorprendere poco, perché in genere il corpo umano risponde a ogni tipo di danno cercando di ripararsi da solo. In effetti, la ricerca ha mostrato che la trasformazione di cellule staminali in tessuto cardiaco e vasi sanguigni è un processo naturale. Se però i danni sono molto estesi, come quelli causati da un infarto, allora il processo fisiologico non è più sufficiente. Per questo motivo la ricerca attuale sta cercando un modo per potenziarlo. __________________________________________________________________ Le Scienze 30 mag. '01 BATTERI COME MICROCHIP In futuro potrebbero essere utilizzati per individuare proteine nei tessuti Gli scienziati dell'Oak Ridge National Laboratory, in Tennessee, hanno modificato geneticamente alcuni batteri per far sì che svolgano gli stessi compiti dei componenti di un microchip, reagendo a input chimici invece che elettronici. Potenzialmente questi microrganismi hanno enormi applicazioni: nei depuratori potrebbero andare a caccia di sostanze tossiche; in un campione di tessuto scoprire quali proteine sono presenti. La scelta è caduta su ceppi di Pseudomonas putida, con i quali sono state ottenute porte logiche AND e OR, ma per il futuro si prevede di poter mettere a punto anche porte più complicate. Il trucco sta tutto nell'inserire i geni per ottenere l'input e l'output desiderati. Nel caso della porta AND, i batteri producono un output solo quando sono presenti entrambi i loro input, realizzati grazie a "induttori" chimici. Uno stimola un gene a produrre una proteina necessaria al secondo input per produrre l'output, per esempio, un enzima bioluminescente. Gli scienziati sono ottimisti sul futuro dei chip a base di microrganismi. Con la giusta sequenza di input e output dovrebbe essere possibile avere in una singola cellula numerose porte logiche, con l'output di una che si combina con l'input di un'altra. Una cellula, quindi, potrebbe svolgere in parallelo numerose funzioni complesse. Inoltre, poiché gli input chimici non alterano il normale metabolismo, la cellula può continuare a vivere e riprodursi. Ovviamente, in un ambiente in competizione con cellule normali, quelle modificate sarebbero svantaggiate, poiché dovrebbero impiegare una parte delle energie per i calcoli invece che per la sopravvivenza. __________________________________________________________________ Le Scienze 30 Mag. '01 TRASFORMARE LE VENE IN ARTERIE Previsti in Germania altri 20 interventi dello stesso tipo In un articolo pubblicato su "Circulation: Journal of the American Heart Association" un gruppo di medici ha descritto il primo intervento, eseguito su un uomo di 53 anni, in cui una vena coronaria è stata trasformata in un'arteria. La procedura potrebbe offrire un trattamento alternativo a tutti i pazienti con arterie fortemente compromesse e che non possono sottoposti a un tradizionale bypass coronarico, molto rischioso quando le condizioni generali di salute del paziente sono già gravi. L'operazione è stata eseguita nel 1999 presso il Krankenhaus der Barmherzigen Bruder di Trier, in Germania, su un paziente con un'arteria cardiaca bloccata quasi per l'intera lunghezza. I chirurghi hanno utilizzato un catetere guidato da un sistema a ultrasuoni, inserito in un'arteria femorale e condotto fino all'aorta e alle coronarie. Una volta raggiunto l'ingresso non ostruito dell'arteria, un minuscolo ago dall'interno del catetere ne ha perforato la parete, raggiungendo la vena adiacente. In seguito, un filo flessibile è stato fatto passare attraverso l'apertura, mentre l'ago si ritraeva. Un minuscolo palloncino per angioplastica è stato fatto scorrere lungo il filo, allargando il passaggio, prima di inserire un tubicino per mantenerlo aperto. Infine, la vena stessa è stata bloccata appena sopra al canale. L'operazione è perfettamente riuscita; attualmente il paziente conduce una vita normale e ha visto scomparire i forti dolori presenti prima dell'intervento. Purtroppo anche questa tecnica, come quella tradizionale, non è applicabile in tutti i casi, poiché non sempre le vene sono sufficientemente vicine alle arterie. Al momento, comunque, in Germania i medici stanno pianificando altri 20 interventi di questo tipo e presto dovrebbe iniziare la sperimentazione negli Stati Uniti. __________________________________________________________________ La Stampa 30 Mag. '01 TV IN DIRETTA DALL'INTESTINO UNA TELECAMERA CON RADIOTRASMITTENTE GRANDE COME UNA PILLOLA RIVOLUZIONA LA DIAGNOSI NEL CAMPO DELLA GASTROENTEROLOGIA: I RISULTATI OTTENUTI A TORINO Francesco Paolo Rossini (*) LA capsula percorre l'apparato digerente sospinta dalla fisiologica motilità intestinale. Le immagini vengono inviate attraverso sensori posti sull'addome e collegati a un registratore agganciato a una cintura. Durante le 8 ore di registrazione il paziente può svolgere qualsiasi attività. Grande interesse sta suscitando questo nuovo sistema diagnostico dell'apparato digerente: "l'endoscopia con microcamera a colori", gioiello della tecnologia, esaltata sino a ieri per la sua originalità da fantascienza, oggi realtà in avanzata sperimentazione e da domani metodologia utilizzabile di routine nella pratica clinica. Nel maggio 2000, a San Diego (Usa), Paul Swain, che ha contribuito alla realizzazione, ha galvanizzato una platea di 3000 gastroenterologi presentando la video-capsula che, deglutita, lungo il suo viaggio nell'apparato digerente acquisisce due immagini al secondo per 8 ore sino ad esaurimento delle batterie, della superficie interna del viscere. Le immagini, ad alta risoluzione, vengono registrate su di un nastro magnetico che verrà poi esaminato su computer dal gastroenterologo. L'attuale indicazione diagnostica con capsula endoscopica è il piccolo intestino, che comprende duodeno-digiuno-ileo della lunghezza di circa otto metri e una superficie di circa 4500 metri quadrati, tratto dell'apparato digerente di difficile studio per la sua lunghezza e tortuosità. Sia la enteroscopia sia la radiologia hanno limitazioni diagnostiche, per cui ancora oggi il piccolo intestino è in parte sconosciuto. La microcamera è indicata per il suo studio ma non per lo stomaco e non per il colon, peraltro già ben valutabili con le attuali metodiche invasive; non sostituisce la gastroscopia né la colonscopia. Probabilmente futuri miglioramenti tecnologici mirati sull'intensità di illuminazione e ampiezza del campo visivo permetteranno l'esplorazione di questi visceri. In base alle attuali esperienze, la capsula sarà presto la metodica di prima utilizzazione per diagnosticare numerose patologie del piccolo intestino, come sanguinamenti di origine sconosciuta, celiachia, malassorbimenti, sindrome polipose intestinali, danni da farmaci, tumori, malattie infiammatorie. L'identificazione con la videocapsula di lesioni permetterà di programmare approfondimenti diagnostici mirati e quindi di evitare numerosi e costosi esami invasivi. All'Ospedale San Giovanni di Torino, nell'unità di gastroenterologia, con l'enteroscopia è già da tempo iniziato uno studio con la nuova metodica che raccoglie la più ampia casistica Europea. L'attuale studio, in fase conclusiva, rivolto a pazienti con sanguinamento da causa oscura, celiachia refrattaria, sindromi polipose, ha permesso di risolvere complessi problemi diagnostici in una alta percentuale di casi e quindi di stabilire precise strategie terapeutiche. Osservare la registrazione delle immagini su computer è entusiasmante, un viaggio fantastico che apre ampi orizzonti allo studio dell'apparato digerente. I già numerosi pazienti non hanno lamentato disturbi alla deglutizione della capsula, nessun effetto collaterale, nessun dolore. L'esame viene eseguito ambulatoriamente, la capsula viene espulsa senza problemi per via naturale. Certamente sono indispensabili numerose esperienze per poter meglio definire l'efficacia ed efficienza diagnostica. Se i risultati saranno confermati, daranno l'avvio ad una nuova era dell'endoscopia digestiva diagnostica, che porterà al superamento di alcune attuali metodiche invasive e costose. (*)Primario di Gastroenterologia Ospedale S.Giovanni A.S., Torino __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 Giu. '01 ALGHERO: LA CHIRURGIA RIVOLUZIONATA DAI ROBOT Al congresso di Alghero si parla di sviluppi della telemedicina Maria Antonietta Izza ALGHERO. Nuove speranze e tecnologie avanzate emergono dalla sintesi della prima giornata di lavoro del ventesimo congresso nazionale della Società italiana di patologia dell'apparato digerente, ospitato sino a domani nel Centro Congressi dell'hotel Baia di Conte. "Stanno emergendo nuove metodiche e sistemi diagnostici che aumenteranno, attraverso la diagnosi precoce, la possibilità di intervenire in tempo su molte forme tumorali", ha commentato il professor Giuseppe Dettori, presidente della Sipad. Dettori ha aggiunto che "ci stiamo avvicinando sempre più alla soluzione definitiva per capire l'insorgere del cancro, si stanno compiendo importanti studi per individuare l'alterazione genetica che determina lo sviluppo dei tumori". Interessantissimo l'intervento del professor Jacques Marescaux, della clinica universitaria di Strasburgo: "Le nuove tecnologie che modificheranno il funzionamento del mondo medico esistono già, basta saperci guardare attorno per vederle", ha affermato il professor Marescaux, aggiungendo che "le tecnologie delle comunicazioni che si sviluppano a ritmo folgorante sono attualmente, a loro volta, sul punto di rivoluzionare la chirurgia". Ma di cosa ha parlato esattamente il professor Marescaux? Semplice, di tecnologie robotiche, di telemedicina che consentono di operare i pazienti a distanza, eliminando le barriere fisiche, migliorando la qualità delle cure prestate, ma anche l'accesso delle cure, e riducendo ne i costi. Fra i vantaggi sociali la possibilità di accesso ai migliori centri sanitari e l'aumento degli scambi fra i professionisti della salute. Ci sono ancora perplessità, ovviamente, alcune le ha espresse lo stesso professor Dettori commentando che "è da considerare sempre il rapporto umano fra paziente e medico e le motivazioni che spingono quest'ultimo a scegliere la professione". Ma al di là di tutto è emerso nel corso della giornata quanto si stia procedendo verso soluzioni innovative e migliorative. Ancor di più è stata riconfermata, dai vari interventi, la necessità di un lavoro di studio multidisciplinare, quello che sta permettendo l'apertura di nuove frontiere, anche su patologie ancora gravi. Il carcinoma del colon retto è, ad esempio, la terza neoplasia diagnosticata e la seconda causa principale di morte per cancro in Europa e negli Stati Uniti, tipica pertanto delle popolazioni economicamente sviluppate. Sull'argomento è intervenuto il professor Giovanni Simonetti, del dipartimento di diagnostica per immagini e radiologia interventistica del- l'Università Tor Vergata di Roma. Nessuna indagine diagnostica risulta ideale per la diagnosi precoce del cancro al colon, ma certamente la colonscopia virtuale, che si ottiene con la tomografia computerizzata, consente un'elevata accuratezza diagnostica a fronte i una bassa invasività, due presupposti per effettuare lo screening del cancro al colon. Pertanto grandi speranze non solo solo nella diagnostica ma anche per quanto riguarda gli interventi chirurgici. Una grande evoluzione ha caratterizzato gli ultimi dieci anni, è cambiato l'iter diagnostico e terapeutico, il chirurgo non è più l'unico protagonista ma entra a far parte di un équipe di colleghi, e in tanti casi, per fortuna, non esiste più neanche la sala operatoria. Una corretta diagnosi istopatologica, come ha sottolineato il professor Massarelli dell'Università di Sassari, è fondamentale per un corretto trattamento terapeutico, un concetto finalmente assunto a validità generale. Anche nelle malattie infiammatorie croniche, come ad esempio il morbo di Crohn,e lo spiegato nella sua relazione il professor Damiani, primario della Divisione di Chirurgia generale, si stanno studiando e sperimentando nuove tecniche di intervento, nonostante si tratti di malattie complicate. Nuove speranze, quindi: oltre a interventi meno invasivi, terapie conservative che evitino, come ad esempio nel caso di tumore al colon, la sofferenza per l'inserimento di sacche, come succedeva in passato. __________________________________________________________________ La Stampa 30 Mag. '01 BATTERI NELLE METEORITI SCETTICISMO ALLA NASA FRIDMANN (CHE TROVO' "VERMI" IN UN SASSO DI MARTE) Manuela Evangelista SONO passati pochi giorni da quando tre ricercatori italiani hanno annunciato di avere scoperto dei batteri ancora vitali in meteoriti di 4,5 miliardi di anni fa. Il ritrovamento, che in Italia ha sollevato molte polemiche, non ha catturato l'interesse della comunità scientifica internazionale. Eppure questa scoperta, se confermata, dimostrerà che la vita non è nata sulla Terra ma è giunta dallo spazio, rivoluzionando le nostre conoscenze scientifiche. I batteri individuati potrebbero essere la più antica forma di vita conosciuta: sono in grado di resistere a temperature che superano i 1000 gradi centigradi, alla alte pressioni e al tempo. Ma, probabilmente, sono diversi i motivi per cui la ricerca effettuata da Giuseppe Geraci, Rosanna del Gaudio, biologi molecolari dell'Università di Napoli e da Roberto D'Argenio direttore dell'Istituto di ricerca Geomare-Sud del Cnr, ha riscosso poco credito all'estero. "Nella scoperta ci sono contraddizioni evidenti. I ricercatori affermano che i batteri trovati nei meteoriti hanno un Dna. Se così fosse allora mi domando come possono sopravvivere alle temperature di 950 gradi centigradi, e al trattamento di sterilizzazione per mezzo dell'alcol. Inoltre, il codice genetico di questi batteri sarebbe diverso. Quindi, come possono essere sensibili agli antibiotici terrestri, come affermano gli scienziati italiani?", dice Imnre Fridmann, che lo scorso febbraio ha trovato le lunghe catene di cristallo di origine biologica nel meteorite marziano ALH84001 della Nasa. L'altra obiezione principale sollevata ai ricercatori napoletani è la possibilità della contaminazione terrestre. "Credo però - aggiunge Fridmann - nella possibilità di trovare batteri nei meteoriti. Secondo la teoria della panspermia la vita potrebbe aver viaggiato fra pianeti, come da Marte alla Terra, e forse anche fra stelle. Alcuni scienziati, sostengono che nel Sistema solare i microrganismi siano arrivati tramite meteoriti, asteroidi, o comete. Penso che la panspermia sia una ipotesi sull'origine della vita da non scartare a priori". Ma i dubbi sulla validità scientifica della scoperta italiana non finiscono qui. Tra gli scienziati si sono sollevate molte perplessità anche perché i risultati sono stati annunciati ai giornali senza prima pubblicarli su un'autorevole rivista scientifica. "Sebbene possano esserci delle attenuanti, il loro modo di pubblicare la scoperta mi insospettisce. Nessuno scienziato darebbe risultati del genere a un quotidiano, se non fossero stati prima pubblicati su di una rivista scientifica seria e prestigiosa", conclude Fridmann. Gli autori della scoperta, però, sono convinti dei loro studi e replicano alle accuse. "Ci aspettiamo che la gran parte degli scienziati dubiti della nostra ricerca. Ma, il motivo per cui non ci siamo attenuti alla prassi, non pubblicando i risultati su di un giornale scientifico, è che l'esperimento è talmente facile che poteva esserci il pericolo di una sottrazione indebita", dichiara Bruno D'Argenio. "Con un buon microscopio anche uno studente è in grado di rifare la nostra scoperta". __________________________________________________________________ La Stampa 30 Mag. '01 MICHELE GIUA: SCIENZIATO, SCRITTORE, SENATORE RIFIUTO' IL FASCISMO MICHELE GIUA (1889- 1966) DOCENTE DI CHIMICA, FU UNO DEI 12 PROFESSORI UNIVERSITARI CHE NEL 1931 RIFIUTARONO DI ISCRIVERSI AL PARTITO FASCISTA Gianni Fochi (*) IN attesa che arrivi nelle biblioteche un nuovo volume del "Dizionario Biografico degli Italiani", contenente l'articolo su Michele Giua affidato a quel profondo studioso che è Luigi Cerruti, la vita e l'opera di questo maestro di chimica e di moralità pubblica vengono presentate a chi non l'ha conosciuto da Rosarina Carpignano sul periodico "La Chimica e l'Industria", organo della Società Chimica Italiana (http://www.bias- net.com/chimica/rivista.htm). L'Università certo non si oppose vivacemente al fascismo quando il regime decretò (8 ottobre 1931) che i professori gli giurassero fedeltà: su oltre 1200 professori ordinari solo 12 rifiutarono, perdendo il posto. A quel tempo Giua aveva 42 anni (era nato nel 1889 in provincia di Sassari, a Castelsardo). Si era laureato a Roma, ma aveva studiato anche a Berlino nell'istituto diretto dal premio Nobel Emil Fischer. Divenuto poi, a Roma e Milano assistente di chimici molto importanti, aveva ottenuto la libera docenza (1916) e un incarico d'insegnamento all'università di Sassari; nel 1921 era infine passato come assistente a Torino, dove fu anche incaricato del corso di chimica organica al Politecnico. Nel '22 arrivò secondo nella terna per una cattedra all'ateneo di Perugia, ma per il suo aperto dissenso dal fascismo nessuna facoltà lo chiamò. Nel '33 gli venne richiesto espressamente d'iscriversi al partito fascista, e al suo rifiuto l'incarico gli fu tolto. Si diede allora alla libera professione e alla lotta clandestina col gruppo torinese di Giustizia e Libertà. Scoperto nel '35, fu condannato dal tribunale speciale a quindici anni di carcere. Poté essere liberato solo nell'agosto del '43, nel clima confuso che precedette l'armistizio. Datosi alla macchia in Val Pellice, svolse un'intensa attività di scrittore. Compose infatti i ricordi della sua prigionia, poi pubblicati da Chiantore nel 1945; insieme con la moglie Clara, scrisse la seconda edizione del suo Dizionario di chimica generale e industriale (UTET, 1948), ricco di quarantamila voci e di moltissime informazioni scientifiche, tecnologiche, merceologiche e bio-bibliografiche; infine redasse una storia delle scienze e una della chimica (Chiantore, 1945 e 1946). Nel dopoguerra fu eletto deputato all'assemblea costituente e fece parte dei settantacinque che stilarono la costituzione. Per il partito socialista fu poi senatore nelle prime due legislature. Intanto il mondo universitario, nel luglio 1945, volle rimediare alle ingiustizie che egli aveva subito, ma la faccenda fu piuttosto lunga e laboriosa. Finalmente nel 1949 Giua fu nominato ordinario di chimica organica industriale e direttore dell'istituto omonimo dell'università di Torino. Lì, nel 1951, riusciva a inaugurare i laboratori nello scantinato in Corso Massimo D'Azeglio. Riprese il lavoro di ricerca e continuò a scrivere con impegno indefesso. Fra il 1957 e il 1962 la UTET pubblicò il Trattato di chimica industriale in otto volumi, a cui Giua contribuì sia come coordinatore sia come autore di ventuno monografie. Come abbiamo già visto, Giua seguiva con passione anche gli aspetti storici della chimica, dedicando ad essi molti opuscoli e alcuni libri, l'ultimo dei quali fa parte della "Storia delle scienze" pubblicata dalla Utet nel 1963. Non mancava in lui l'interesse divulgativo, tanto da fargli scrivere nel '56 per la Vallardi "La chimica nella vita sociale". In una nota aggiunta all'articolo della Carpignano, Ferruccio Trifirò, professore dell'università di Bologna e direttore della rivista, insiste sul fatto che "dietro quel monumentale trattato di chimica industriale, dove la chimica che serve alla società è presente con una puntigliosa ricerca di tutti i settori, doveva esserci una concezione etica della propria professione. Di Giua, quello che è bene non dimenticare è la figura morale. Un'educazione professionale che non educhi sul piano etico non è completa . Non serve trovare, comunque, qualche credito d'insegnamento per l'etica da inserire nei nuovi curricula, ma solo degli esempi". (*)Scuola Normale, Pisa