ECCO CHE COSA TI ASPETTA SE VUOI INSEGNARE ALL'UNIVERSITA'

ATENEI, UN PONTE VERSO LE ALTRE CULTURE DI CARLO SECCHI*
UNIVERSITA': IL TRAGUARDO MANCATO DELLA LAUREA BREVE
MORATTI: "NIENTE TAGLI E PIU' SOLDI ALL'UNIVERSITA'"
MORATTI: LA SCUOLA SARDA? MERITA DIECI IN PAGELLA
TEMPO SCADUTO, L'ISEF CHIUDE
LAUREE VENDUTE, INDAGINE SUL CEPU
CAGLIARI: "I TEST DI INFORMATICA SONO REGOLARI"
SASSARI: SI APRE IL CENTRO LINGUISTICO
GLI ANNOIATI STUDENTI DI OXFORD E LE NUOVE SFIDE DELL'EUROPA
LA CORTE DEI CONTI: IL BUCO NON C'E' - GONFIATE LE PREVISIONI SULLA SANITA'
IL BUCO NON C'E' DAVVERO
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SIRCHIA: L'INTRAMOENIA SI POTRA' CAMBIARE
CASE DI RIPOSO, ARRIVANO GLI AIUTOINFERMIERI
SASSARI: "LA NEUROCHIRURGIA PUO' CRESCERE ANCORA"
ASL7: IL POSTINO RECAPITA DIRETTAMENTE A CASA I REFERTI DEGLI ESAMI
IN CRESCITA I CASI DI TUMORE ALLA PROSTATA
VAIOLO, IL VIRUS FANTASMA CHE FA TREMARE IL MONDO
TERAPIA AIDS: L'INTERMITTENZA AIUTA IL VIRUS
COMBATTERE L'HIV CON IL VIRUS DELL'INFLUENZA
LA BIRRA E' MEGLIO DELL'ASPIRINA
IL RUOLO DEL PRL-3 NEL CANCRO AL COLON SARA' L'OGGETTO DELLE PROSSIME
RICERCHE

UN HOSPICE MODELLO EUROPEO PER CHI LOTTA CONTRO IL CANCRO
CELLULE STAMINALI SUL CUORE PRIMO INTERVENTO IN ITALIA
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CORRIERE DELLA SERA 15 ott. '01

ECCO CHE COSA TI ASPETTA SE VUOI INSEGNARE ALL'UNIVERSITA'

La carriera universitaria, che dovrebbe allevare individui liberi e
creativi, in Italia produce dipendenza, incertezza e servilismo. Nel sistema
economico chi non si trova bene in una impresa se ne cerca un'altra, ed ogni
impresa sceglie la persona piu' adatta ai suoi scopi. Nell'universita' no.
Perche' anche se, formalmente, ci sono moltissimi atenei, e' come se ce ne
fosse uno solo. Tutti i programmi sono centralizzati e, per ogni materia,
tutti i professori vengono scelti da un unico gruppo di potere nazionale. Il
laureato, di solito, incomincia la carriera universitaria con un Assegno di
Ricerca. Decide una Commissione Giudicatrice. In realta' e' il professore
che presenta il suo candidato, e i suoi colleghi lo promuovono in quanto lui
promette di promuovere uno dei loro. Cosi' il giovane incomincia a lavorare
con quel "maestro" da cui dipendera', d'ora in avanti, tutto il suo futuro.
Dopo un tirocinio di alcuni anni, gli dicono di prepararsi al Concorso
Statale per diventare Ricercatore. Qui la commissione e' eletta da tutti i
professori italiani della materia con un meccanismo elettorale
complicatissimo. Che, pero', e' governato da un ristretto gruppo di potere
politicamente orientato, e decide in anticipo chi dovra' essere promosso e
chi no. Percio' al nostro giovane andra' bene solo se il suo maestro e'
inserito nella cordata giusta. Mettiamo che riesca.
Ora e' diventato Ricercatore. Ha circa 35 anni, uno stipendio da fame e deve
aspettare tre anni per la conferma. Tre anni sulle spine. Ma e' la regola:
deve sempre sentirsi sotto giudizio, chinare la testa, fare il bravo.
Dopo qualche anno, se ha fatto le ricerche gradite ai superiori, lo
autorizzeranno a partecipare al Concorso di Professore Associato. Anche
questa Commissione Giudicatrice Nazionale viene eletta dallo stesso Gruppo
di Potere che ha scelto quella del concorso precedente. Ed ha gia'
stabilito, in anticipo, chi vincera' e chi no. Supponiamo che lo facciano
vincere. E' sui 45 anni e deve fare altri tre anni per avere la conferma.
Quindi pazienza e prudenza.
Passa altro tempo e, al nostro amico, resta solo l'ultima tappa, quella di
Professore Ordinario, la piu' difficile. Ora deve assolutamente essere nella
cordata giusta, aver dato le giuste garanzie politiche, non avere nemici ed
essere stato inserito con molto anticipo nell'elenco di coloro che saranno
promossi. Se si e' comportato proprio per bene puo' farcela, entro i 55
anni. Piu' i soliti tre anni per la conferma. Cosi', verso i sessant'anni,
sara' finalmente libero di creare e di scrivere quello che pensa, prima di
andare in pensione a 65.
Signor ministro, mi creda, oggi chi fa carriera universitaria in Italia e'
come un cane tenuto al guinzaglio per tutta la vita. Una condizione
umiliante. Ma non sono gli uomini ad essere malvagi, sono sbagliate le
regole, le istituzioni. L'autonomia non esiste, la concorrenza non esiste,
le elezioni del Cun e delle commissioni dei concorsi nazionali sono
manovrate. Negli Stati Uniti i professori li scelgono le Universita' in base
alle loro esigenze. Percio' un bravo ricercatore puo' fare una carriera
folgorante. Quando Watson e Crick hanno scoperto l'elica del Dna e hanno
preso il premio Nobel, Crick era giovanissimo e nemmeno dottore. Da noi no.
Per questo c'e' la fuga dei cervelli, le personalita' piu' creative lasciano
l'universita', e i professori di valore sono amareggiati e senza fiducia.
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Il Sole 24ore 18 ott. '01

ATENEI, UN PONTE VERSO LE ALTRE CULTURE DI CARLO SECCHI*

Le universita' italiane si trovano in un momento delicato: la riforma della
didattica, con l'avvio, in questo anno accademico, delle lauree triennali, i
drammatici avvenimenti delle ultime settimane e i rapidi processi di
trasformazione economica rappresentano sfide importanti. A questo riguardo,
l'attuazione della riforma rappresenta un'occasione preziosa per rivedere il
ruolo dell'universita' nella societa' contemporanea, che da essa si aspetta
in primo luogo la formazione della futura classe dirigente. Sviluppare
competenze per i futuri laureati, soprattutto nel campo delle moderne
tecnologie, non significa ridurre l'universita' all'ambito della formazione
professionale (di cui peraltro c'e' un grande bisogno nel nostro Paese),
bensi' fornire strumenti che consentano di operare nel mondo contemporaneo.
Cio' vale in particolare per gli effetti della rivoluzione informatica,
ancora difficili da discernere nella loro piena portata, ma che si
manifesteranno certamente entro il lasso di tempo necessario per formare i
futuri laureati. Formare giovani che si presenteranno sul mondo del lavoro a
distanza di tempo richiede la capacita' di anticipare l'evoluzione del
contesto in cui dovranno operare. Un ampio ventaglio di conoscenze di base e
relative al metodo delle varie discipline e' condizione necessaria (anche se
non sufficiente) per operare in un mondo in rapida trasformazione. Cio'
rivaluta l'importanza delle materie umanistiche, e in generale delle
discipline capaci di consentire una comprensione del contesto, e non solo un
approfondimento di dettagli circoscritti. C'e' il rischio, gia' diffuso gia'
in molte realta' estere, di standardizzare l'offerta formativa e di
appiattirla su contenuti professionalizzanti. Il processo formativo deve
consistere in un continuo arricchimento dell'esperienza dello studente,
attraverso stimoli culturali, tecnici e metodologici, non essere il
risultato meccanico di un sapere aprioristicamente definito. Tre sono le
grandi linee di azione che consentono alle universita' di attuare processi
formativi con tali caratteristiche: la focalizzazione sulla ricerca di base,
il continuo perseguimento dell'eccellenza, al di fuori di ogni
autoreferenzialita', e il sistema di valori di riferimento. Quest'ultimo
pero' non puo' essere il risultato di un dogmatico indottrinamento: deve
scaturire dalla ricchezza di stimoli culturali e storici offerti agli
studenti. Accanto ai valori della civilta' occidentale e alle necessarie
implicazioni etiche e di comportamento e' di somma importanza la dimensione
interculturale, tanto piu' che nel mondo contemporaneo le distanze fisiche
sono quasi scomparse, mentre solchi profondi permangono tra quelle
culturali. L'universita' dev'essere il volano per una migliore comprensione
del "villaggio globale" e di tutte le sue implicazioni. I fatti di Genova
hanno mostrato come, pur prescindendo dalla malafede di taluni, vi sia una
diffusa ignoranza sui fenomeni che accompagnano la globalizzazione: una
realta' peraltro ineluttabile e con un ampio potenziale di benefici, che
devono essere sfruttati in modo piu' accorto. E' evidente che "governare la
globalizzazione", come molti auspicano, richiede in primo luogo
un'approfondita conoscenza del fenomeno. I tragici avvenimenti che hanno
avuto inizio l'11 settembre mostrano dove possano arrivare i conflitti tra
societa' e culture diverse, e come il mondo contemporaneo sia estremamente
fragile e vulnerabile proprio a causa delle enormi conquiste tecnologiche di
cui e' stato capace. Per la futura classe dirigente non bastano dunque
competenze tecniche e professionali raffinate: e' anche indispensabile una
dimensione culturale molto piu' ampia, ossia la combinazione di competenze,
conoscenze e valori di riferimento, per poter conseguire risultati positivi
in una situazione che richiede questo tipo di sensibilita'. L'universita'
dev'essere il luogo primario dove affrontare questi problemi e le sfide che
ne conseguono, in piena liberta' intellettuale, favorendo il pluralismo
delle idee, senza condizionamenti, settarismi e chiusure. Questo implica per
gli atenei italiani non solo un rinnovato impegno, nel solco di una
tradizione millenaria (essere universitas), ma uno sforzo approfondito di
apertura verso gli altri Paesi, le altre culture e i soggetti che ne sono
portatori. Ma, tra i nostri maggiori partner europei, l'universita' italiana
e' quella con il minor numero di professori stranieri, e con un numero
trascurabile di studenti di altri Paesi. In Germania, ad esempio, esistono
programmi di borse di studio e di promozione all'estero, per attirare
studenti meritevoli dal resto del mondo; e cosi' avviene, in particolare,
nei Paesi dell'Est europeo. Qualcosa di simile avviene in Francia, Spagna e
nei Paesi nordici, mentre e' nota a tutti l'esperienza inglese in materia.
Cosi' facendo, ci si arricchisce sul piano multiculturale e si aiutano i
propri studenti, tramite il contatto diretto con gli altri Paesi, vicini e
lontani. Inoltre, si contribuisce a formare una parte della classe dirigente
dei Paesi d'origine degli studenti stranieri, che diventeranno poi
interlocutori privilegiati. L'Universita' Bocconi sta riorientando in questo
senso la propria strategia culturale, al fine di portare a sintesi nel
percorso formativo competenze, conoscenze e valori di riferimento che
prescindono dal solo contesto nazionale, per guardare a quello europeo e
mondiale. Tale sforzo ha permesso il reclutamento di studenti e docenti al
di fuori dell'ambito nazionale, dando in questo modo anche un contributo
alla riforma del sistema universitario. Purtroppo, pero', esso ha anche
consentito di verificare che non solo non esistono programmi nazionali di
sostegno paragonabili a quelli esistenti all'estero, ma che gli ostacoli
burocratici e procedurali da superare sono notevoli. Questo e' un fatto
grave, perche' da un lato aumenta il provincialismo degli studenti italiani,
dall'altro fara' si' che, tra non molti anni, gli esponenti della business
community internazionale conosceranno l'Italia, nella migliore delle
ipotesi, solo come luogo di vacanza. Se si concorda sul fatto che la sfida
culturale di fronte alla quale si trovano le universita' non puo' essere
risolta con strumenti autarchici, occorre prendere atto della necessita' di
un grosso sforzo da parte di ciascun ateneo, e soprattutto da parte del
Governo, per un'effettiva apertura delle nostre universita' alle altre
culture ed esperienze. Solo cosi' potranno diventare dei poli di attrazione,
nel solco della tradizione che ne ha caratterizzato la storia nei secoli. *
Rettore dell'Universita' Bocconi di Milano
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L'Unione Sarda 16 ott. '01

UNIVERSITA': IL TRAGUARDO MANCATO DELLA LAUREA BREVE

Non c'e' conversione automatica rispetto ai nuovi titoli triennali: chi ha
il diploma deve ora sostenere altri esami Ne' conversione automatica, ne'
sconto sulla nuova iscrizione, ma obbligo di colmare i debiti formativi con
esami e una prova finale. Nessun trattamento di favore, insomma, per i
diplomati universitari che, con l'avvio del nuovo ordinamento accademico,
vogliano "trasformare" il loro titolo di studio nelle piu' moderne e
appetibili lauree triennali di primo livello. Diploma e laurea. A dispetto
dell'autonomia di cui la riforma li ha investiti, gli atenei danno tutti la
stessa risposta ai diplomati universitari: il titolo non e' equipollente
alla laurea e, percio', qualsiasi conversione e' scartata in partenza. Il
diplomato universitario e', dunque, costretto a iscriversi una seconda
volta: il suo curriculum e' valutato e "tradotto" nella nuova lingua del
sistema universitario, quella dei "crediti didattici", che gli consente di
beneficiare di un'abbreviazione di carriera per raggiungere la laurea di
primo livello. Si tratta di una regola inderogabile, che si applica in tutti
i casi. Anche ai diplomati universitari con formula "Campus" del Politecnico
di Torino, i quali hanno un titolo che e' di fatto equivalente (per numero e
tipo di esami sostenuti e, dunque, per crediti formativi) alla laurea
triennale. Per i diplomati del Politecnico conseguire la laurea diventa,
dunque, una pura formalita'. Che, pero', ha i suoi costi. Gli stessi che
deve sostenere uno studente che decide di iscriversi per la prima volta
all'universita' Gli sconti. Finora la gran parte degli atenei non ha
previsto sconti per i diplomati universitari che aspirano alla laurea di
primo livello. Esistono, pero', realta' come il Politecnico di Torino, dove
chi deve passare dal diploma alla laurea (titoli praticamente omologhi),
puo' sfruttare la soluzione "modulare": una tassa fissa di iscrizione di
206,58 (400mila lire), cui vanno aggiunti altri 10,33 (20mila lire) per ogni
credito da integrare. Forme flessibili di pagamento sono state introdotte
anche dalle universita' di Siena e Salerno: se il debito formativo del
diplomato e' inferiore a trenta crediti, per conseguire la laurea e'
sufficiente pagare rispettivamente 206,58 (400.000 lire) e 258,22 (500.000
lire). Alcuni diplomati di Camerino potranno invece beneficiare della
"formula fedelta'": uno sconto di 154,94 (300mila lire) per chi risulti
iscritto continuativamente dall'anno accademico '93-94. In tutti gli altri
casi scatta, invece, la tassa d'iscrizione calcolata in base al reddito. E
questo a dispetto di una "seconda vita" universitaria da diplomati
solitamente molto breve: nella maggior parte dei casi bastano, infatti,
pochi esami (quando non uno soltanto) e una prova finale per ottenere il
nuovo titolo di primo livello. I tempi. Mediamente al diplomato
universitario occorrera' meno di un anno per conseguire la laurea.
All'universita' di Venezia - unico esempio in questo senso - il percorso di
studi integrativo e' stato gia' definito in tutti i particolari. Altrove,
invece, ci si muove ancora nell'incertezza. Il compito di comparazione dei
crediti potrebbe risultare particolarmente gravoso negli atenei con un gran
numero di diplomati. E' il caso del Politecnico di Torino, che ha contattato
i 1500 diplomati e circa mille hanno espresso interesse a iscriversi
nuovamente per conseguire la laurea. Difficolta' potrebbero, inoltre,
sorgere nel caso di trasferimenti di massa dei diplomati verso le
universita' meno esose. Una mossa possibile, perche' gli atenei accettano le
richieste di iscrizione dei diplomati che hanno ottenuto il titolo di studio
altrove. In pratica, pero', il passaggio puo' risultare svantaggioso per lo
studente dal punto di vista del riconoscimento dei crediti, perche' potrebbe
trovarsi con un maggior debito formativo da colmare. Esami impossibili. Cosa
deve fare il diplomato che ha ottenuto l'ammissione al terzo anno delle
lauree triennali, ma non puo' sostenere l'esame? Il nuovo ordinamento,
infatti, muove i primi passi quest'anno e non tutti gli insegnamenti sono
stati avviati. Un problema reale, tanto che per evitare il supplizio di
un'attesa di due anni, a Bologna si consente ai diplomati di sostenere gli
esami dei "vecchi" corsi di laurea quadriennali, che poi verranno tradotti
in crediti utili per la laurea di primo livello.
Riccardo Ferrazza Gelsomina Testa
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L'Unione Sarda 17 ott. '01

MORATTI: "NIENTE TAGLI E PIU' SOLDI ALL'UNIVERSITA'"

"Nessun taglio alla scuola e un finanziamento aggiuntivo per l'Universita'
di 167 miliardi". E' questa la risposta del ministro dell'Istruzione Letizia
Moratti, alle critiche fatte dai sindacati. "La Finanziaria - ha annunciato
Moratti - ha stanziato risorse aggiuntive sia per le scuole che per le
universita'. Per quanto riguarda l'edilizia universitaria dai 30 miliardi di
quest' anno si passera' a 50 nel 2002 e 85 nel 2003".
Per quanto riguarda l'edilizia scolastica in Sardegna - gli assessori alla
Pubblica istruzione delle quattro province sarde hanno chiesto al Governo un
finanziamento di 400 miliardi - il ministro ha ricordato che il ministero ha
in passato contribuito attivamente a questi progetti mediante l'attribuzione
di appositi finanziamenti, con totale ammortamento a carico dello Stato.
Anche grazie a questi interventi, a partire dal 1996, sono stati attivati
piani triennali di programmazione che hanno reso possibile la realizzazione
di oltre 500 nuove iniziative edilizie nella regione. Sulla base delle
diverse leggi di riferimento la Sardegna e' oggi al quinto posto tra le
Regioni. All'Universita' di Cagliari, sui 260 miliardi disponibili lo scorso
anno, 210 sono stati destinati agli stipendi del personale. Al centro della
nostra azione - conclude la Moratti - "saranno sempre e comunque gli
studenti, i loro bisogni, le loro aspirazioni".
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L'Unione Sarda 18 ott. '01

MORATTI: LA SCUOLA SARDA? MERITA DIECI IN PAGELLA

Si e' chiuso ad Olbia il tour del ministro della Pubblica Istruzione.
Nessuna risposta agli assessori provinciali Letizia Moratti promuove la
gestione degli istituti nell'Isola
La Pubblica istruzione in Sardegna merita dieci: parola di ministro della
Repubblica. Il direttore generale Armando Pietrella incassa l'ennesimo
riconoscimento di Letizia Moratti che ha chiuso la sua visita nell'Isola
ieri pomeriggio ad Olbia.
Chiusura d'effetto in una scuola modello, l'istituto tecnico commerciale e
per geometri "Attilio Deffenu". Una scuola nuova con laboratori e aule di
informatica, con un centro sportivo polivalente e un teatro. Il controcanto
arriva dal presidente della provincia di Sassari Franco Masala. Ricorda che
il Deffenu nel territorio - e in Sardegna - e' un'eccezione, per quanto
felicissima. "Ci occupiamo di 84 istituti, molti hanno alle spalle piu' di
un secolo, la maggioranza ha comunque problemi gravissimi. Molti dirigenti
scolastici, qui presenti, hanno richiesto interventi urgenti ma le nostre
risorse finanziarie hanno dei limiti. La realta' delle scuole di questa
provincia non e' certamente quella di quest'istituto".
E' la realta' che forse avrebbero voluto raccontare i tanti dirigenti
scolastici del territorio arrivati ad Olbia per incontrare il ministro o
anche i ragazzi del liceo che stringevano tra le mani il loro breve
messaggio che sono poi riusciti a consegnare tramite un poliziotto. Ma,
visti i tempi stretti l'incontro ha altri programmi.
Il ministro fa un bilancio positivo di questo tour sardo: "Torno a Roma
arricchita da un'esperienza bellissima, che non riguarda solo gli apsetti
tecnologici ma quelli umani. Ho notato che c'e' una grande diferenza tra la
scuola che spesso si descrive, fredda e demotivata, e la scuola vera che e'
pulsante, ricca di progetti e di entusiasmo". Letizia Moratti parla poi di
cio' che considera il punto qualificante della politica scolastica del
governo: "Noi abbiamo deciso di mettere al centro della nostra attivita' lo
studente e la sua famiglia. L'amministrazione deve essere al loro servizio".
Il sindaco Settimo Nizzi rilancia il discorso Universita' con il sospirato
corso di Economia del turismo che l'ateneo sassarese dovrebbe istituire in
citta'. "Noi siamo pronti a partire anche dal prossimo anno accademico ma la
sistemazione dovra' essere dignitosa", spiega il rettore Alessandro Maida. E
proprio sull'aspetto logistico si sono bloccati i sogni di gloria
(accademica) degli amministratori galluresi.
Che il ministro possa recuperare qualche risorsa finanziaria? Qualcuno
lancia un messaggio che la Moratti non raccoglie. Anche perche' aveva
precisato che non intendeva fare promesse. Pero' sull'Universita' ha le idee
molto chiare. "Ci preoccupa il proliferare di corsi di laurea. Le risorse
del ministero saranno indirizzate a quelle realta' che sapranno dimostrare
di essere al servizio degli studenti e che quindi imposteranno i propri
programmi sulla base delle esigenze del mercato".
L'ultimo messaggio e' per agli studenti: "Voi siete artefici della vostra
vita. Avete la fortuna, che altri ragazzi non hanno, di vivere in un
territorio ricco di opportunita', sappiatene fare tesoro con impegno e senso
di responsabilita'".
Il tempo stringe e il ministro deve scappare via. Qualche dirigente
scolastico riesce a parlare dei problemi del suo istituto ma c'e' appena il
tempo di stringere qualche mano e rispondere a un paio di domande.
A cosa deve la Sardegna il dieci?
"Riguarda la Pubblica istruzione, la gestione che in Sardegna e' stata
davvero ottima. La direzione scolastica sarda spesso ha effettuato deroghe
per particolari esigenze, e' chiaro che ci sono aree disagiate in cui la
scuola svolge anche una funzione sociale".
Ma gli assessori provinciali hanno messo in luce situazioni disastrose per
quanto riguarda le strutture. Cosa si puo' fare?
"Non abbiamo affrontato questo argomento".
La scuola sarda avra' una particolare attenzione?
"Credo che la scuola nel suo complesso abbia bisogno di grande attenzione.
In tutto il Paese".
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L'Unione Sarda 16 ott. '01

TEMPO SCADUTO, L'ISEF CHIUDE

Appello al ministro Moratti: "Stabiliamo regole chiare"
Incerta la sorte di trecento studenti fuoricorso
Dopo aver sfornato 1800 diplomati di tutta la Sardegna, l'Isef va in
pensione. A partire dal primo novembre cedera' il passo alla facolta' di
Scienze motorie. Una trasformazione attesa da decenni, il cui passaggio
pero' sembra essere tutt'altro che indolore. Soprattutto per gli studenti
attualmente iscritti (in citta' sono circa trecento) che non hanno
completato gli esami: "Per loro e' prevista una proroga sino al 31 marzo",
sottolinea Venerando Monello, responsabile della sezione Isef cagliaritana
(che fa capo alla sede dell'Aquila), "ma rischiano di non potersi iscrivere
come fuoricorso".
Molto piu' di un timore: "Colpa di lacune esistenti nel provvedimento di
legge nel suo complesso, in particolare nel passaggio dal vecchio al nuovo
ordinamento", sottolinea Monello. Malumori, ma soprattutto disorientamento,
sono emersi anche ieri pomeriggio, durante un'assemblea che si e' svolta
nella scuola media "Regina Elena". Scaduta la proroga, infatti, almeno
trecento studenti cagliaritani si troveranno a un bivio, magari con quattro,
cinque esami sul groppone: iscriversi all'Universita' senza pero' sapere se
e come verra' riconosciuto il lavoro sinora svolto.
Per il responsabile (e fondatore) della sezione cittadina dell'Isef la
situazione non e' chiara, per non dire ingarbugliata. "Oltre a non chiarire
i parametri di convalida degli esami gia' sostenuti", tiene a precisare il
professore, "la normativa non dice con chiarezza, anzi non lo dice per
niente, chi sara' legittimato al rilascio dell'ormai ex diploma Isef". Ma,
numeri alla mano, c'e' anche un altro particolare da non sottovalutare: i
trecento fuoricorso Isef previsti potrebbero non trovare posto
all'Universita' che prevede corsi a numero chiuso, o meglio: "Programmati
negli anni".
I problemi di spazio all'interno dell'Ateneo potrebbero riguardare anche i
diplomati, in tutto sono mille e ottocento, che intendono iscriversi al
corso integrativo: "Mettiamo il caso che almeno la meta' decida di
specializzarsi: l'Universita' anche in questo caso non sarebbe attrezzata a
un numero cosi' elevato, prima di smaltirlo ci passerebbero almeno dieci
anni".
Non mancano dunque gli ingredienti per quella che si annuncia come una
trasformazione storica, ma allo stesso tempo traumatica. Il caso vuole che
proprio oggi arrivi nell'Isola (per fare il punto sulla scuola sarda) il
ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti. E proprio a lei si rivolge
"l'appello" di Venerando Monello: "Che la situazione sia critica e' evidente
a tutti, soltanto un intervento politico, e in particolare quello del
ministro, puo' risolverla. Il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento ha
prodotto situazioni che hanno destato molta rabbia e la determinazione di
accendere, nelle sedi competenti, un vasto contenzioso". Un appello quasi
disperato: "Sembra tutto cosi' assurdo, gli studenti dell'Isef si sentono
ormai abbandonati e dimenticati".
Insomma, il caso e' aperto. Proprio nel giorno piu' atteso da quasi
quarant'anni. Perche' la trasformazione dell'Isef in Facolta' e corsi di
laurea in Scienze motorie "rappresenta il vero inserimento dell'Istituto
nell'apparato universitario. Nel recente passato, in tutto il mondo",
precisa Monello, "tutti i professori di educazione fisica conseguivano corsi
quadriennali, se non addirittura quinquennali: in Italia eravamo gli unici a
non andare oltre i tre anni".
A partire dal primo novembre, invece, ai tre anni se ne aggiungeranno due di
specializzazione: formula, quella del 3 piu' 2, che si allinea al sistema
universitario europeo. Ma che fine faranno gli attuali professori di
educazione fisica? Per Monello non cambiera' nulla: "Il provvedimento non e'
certo retroattivo, i ruoli restano intatti". Giuseppe Articolo,
rappresentante dell'Assem, solleva tuttavia un altro problema, i diplomati
Isef disoccupati, non meno di cinquecento nell'Isola: "C'e' il pericolo che,
con la nuova norma, i laureati vengano preferiti ai diplomati in
un'eventuale domanda". E ancora: "Chi non ha il titolo come verra'
considerato dal punto di vista dell'approfondimento professionale?".
Fabiano Gaggini
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Repubblica 20 ott. '01

LAUREE VENDUTE, INDAGINE SUL CEPU

L'accusa: quindici milioni per una tesi. La difesa: solo assistenza
Sotto inchiesta i collaboratori esterni della sede di Urbino dell'Istituto.
La procura indaga su quindici casi
DAL NOSTRO INVIATO JENNER MELETTI
URBINO - Mentre suona mezzogiorno arriva un signore che mostra ai ragazzi
del Cepu un articolo tratto da Internet, del 2 agosto 1999. "Non e' piu'
vietato vendere le tesi di laurea", c'e' scritto. Solo chi la compra,
rischia la galera. Gli operatori del Cepu respirano. "Almeno non si va
dentro". Gli uffici di questo Centro europeo preparazione universitaria,
alla porta di Santa Lucia, dalla mattina presto sono "invasi" da poliziotti
in divisa e no. Gli agenti cercano le prove. Secondo la Procura della
Repubblica qui sono state confezionate tesi di laurea come fossero pacchi di
biscotti. "Una tesi in Lettere? Dieci milioni". La trattativa fra dirigenti
Cepu e poliziotti si svolge in strada. "Possiamo almeno rispondere al
telefono? Come facciamo a dire ai nostri 150 studenti che lunedi' riprendono
le lezioni?".
Da ieri mattina, undici "tutor" e il responsabile del Cepu di Urbino sono
indagati, con l'aggravante dell'associazione a delinquere, per avere venduto
tesi confezionate. La legge che punisce tale commercio e' la 475 del 19
aprile 1925, per la "Repressione della falsa attribuzione di lavori altrui
da parte di aspiranti al conferimento di lauree". Da tre mesi a un anno di
carcere, e la sentenza di condanna "dovra' essere affissa in tutte le
Universita' del Regno". Sono bastate le prime notizie diffuse dalla radio, e
gia' sono cominciate le telefonate. "Io ho fatto l'Universita' aiutato dal
Cepu. Verro' indagato anch'io?".
Dalla sede centrale del centro - fino a qualche mese fa il suo testimonial
e' stato Alessandro Del Piero, che certamente anche nei momenti di crisi ha
fatto piu' gol che esami - arrivano l'amministratore delegato Antonio
Giovannone e l'avvocato Claudio Caparvi. "L'indagine riguarda collaboratori
esterni del Cepu di Urbino, e non il Cepu nazionale. La sede centrale non e'
stata perquisita. Sono soltanto state acquisite copie dei contratti. Stiamo
subendo un danno enorme. Noi facciamo un servizio di assistenza per le tesi,
ma non le prepariamo. I nostri operatori hanno sempre operato bene, sono
selezionati, e tutti debbono seguire le regole aziendali. Qualcuno puo'
avere sbagliato, ma ne saremmo sorpresi".
Insomma, una mela marcia. La procura indaga su una quindicina di tesi, e ha
fatto perquisire le abitazioni degli studenti di diverse regioni che le
avrebbero commissionate. I prezzi della tesi varierebbero fra i sei e i
quindici milioni. Non si sa con certezza se alcune di queste siano gia'
state presentate e discusse, magari con lode e bacio accademico. "Stiamo
cercando di capire cosa stia accadendo in questi giorni - dice un
inquirente - poi torneremo indietro, per vedere se qualche stimato
professionista si sia comprato la tesi. E' per questo che in tanti hanno
paura".
Il Cepu fornisce agli studenti un aiuto non certo a buon mercato. "C' e'
l'assistenza via Internet - dice l'amministratore - che costa tre o
quattrocento mila lire. Ma per un esame, con la garanzia di aiuto fino a
quando non sia superato, lo studente spende tre milioni e mezzo. Per la
tesi - supporto tecnico per insegnare come si batte, come si citano gli
autori, come si mette in ordine la bibliografia e si fa una ricerca - il
costo equivale a due esami, sette milioni". Venti esami Cepu, piu' l'aiutino
per la tesi, costerebbero come una Mercedes, ma in tanti ricorrono al
servizio solo quando scoprono di non farcela. Ci sono anche adulti, in gran
parte pubblici funzionari, che soprattutto a Urbino vogliono la laurea per
uno scatto di carriera.
In tanti, nell'ateneo guidato fino a luglio da Carlo Bo, hanno fatto festa
all'annuncio dell'inchiesta. Gia' tre anni fa il Senato accademico aveva
approvato un ordine del giorno contro "la massiccia invadenza di
organizzazioni che arrivano ad assicurare un rapido e favorevole esito degli
esami di profitto". Il rettore appena eletto, Giovanni Bogliolo, entrera' in
carica il primo novembre. "In questa vicenda l'Universita' - dice - e'
comunque parte lesa e offesa. La delibera del Senato e' tanto chiara che
nessun dipendente dell'ateneo potrebbe invocare ignoranza o buonafede".
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L'Unione Sarda 17 ott. '01

CAGLIARI: "I TEST DI INFORMATICA SONO REGOLARI"

"Siamo stati noi a chiamare i carabinieri". La precisazione arriva da
Antonio Maria Fadda, professore a contratto e membro della commissione per
l'ammissione al primo anno del corso di laurea in informatica. Al centro
delle polemiche i test di ammissione alla Facolta': secondo uno studente
irregolari perche' le schede non erano anonime. Gia' una volta Marcello Pani
era riuscito a interrompere la prova con una conseguenza: annullamento
dell'esame. Oltre 300 aspiranti studenti universitari provenienti da ogni
angolo della Sardegna erano dovuti tornare a casa. I test sono stati
ripetuti in seconda battuta venerdi' 12 ottobre. Alle 16, nell'aula della
cittadella universitaria di Monserrato, si e' presentato anche lo studente
contestatore. Anche in questo caso Marcello Pani non era d'accordo con le
procedure. Cosi' i membri della commissione, per evitare che la prova fosse
interrotta hanno deciso di giocare d'anticipo chiamando i militari
dell'arma. "Lo studente stava disturbando il regolare svolgimento della
prova - afferma Fadda - manifestando in maniera chiassosa e poco urbana il
suo dissenso. Chiunque e' libero di contestare - continua il professore -
l'importante e' farlo nei modi stabiliti dalla legge".
L'intervento della pattuglia dei carabinieri, comunque, non e' stato
necessario: Marcello Pani aveva gia' abbandonato l'aula, non senza
consegnare una relazione che e' stata allegata agli atti della prova
scritta. Per lui si annunciano guai giudiziari: dovra' difendersi da una
accusa di interruzione di pubblico servizio. Non solo, il rettore ha
affidato all'Avvocatura dello Stato una pratica in cui si contestano allo
studente danni economici e all'immagine dell'Universita'.
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La Nuova Sardegna 19 ott. '01

SASSARI: SI APRE IL CENTRO LINGUISTICO

Lunedi' l'inaugurazione della struttura universitaria sassarese
SASSARI. Sara' inaugurato lunedi' prossimo, 22 ottobre alle ore 10,30, il
Centro Linguistico di Ateneo, sorto in via Roma 151, nell'area delle
facolta' di Lettere e Filosofia e di Lingue e Letterature straniere.
Con un protocollo d'intesa firmato il 29 gennaio del 1998, l'amministrazione
comunale di Sassari aveva concesso per 99 anni, in uso gratuito, le cisterne
comunali ristrutturate, destinandole appunto al Centro Linguistico di Ateneo
dell'Universita' degli Studi di Sassari.
L'Universita', in cambio, garantisce l'attivazione di corsi di lingue
straniere per i dipendenti comunali.
Il Centro dispone attualmente di 124 postazioni studenti nei laboratori
audio/attivo/comparativo e tecnologia digitale, di un laboratorio di
autoapprendimento e di una ricca biblioteca multimediale. Inoltre, la
Fondazione Banco di Sardegna ha finanziato un laboratorio linguistico
audio/attivo/comparativo multimediale a tecnologia digitale dotato di 42
postazioni studente.
Il programma operativo 1994/99, "Infrastrutture per l'Alta Formazione",
cofinanziamento FSE, attualmente in atto, offre a circa 800 fra studenti e
specializzandi l'opportunita' di migliorare la conoscenza della lingua
inglese, nonche' al personale tecnico-amministrativo e docente dell'ateneo
di perfezionare le loro competenze linguistiche.
Una terza misura comunitaria consentira' l'allestimento di cinque poli
periferici del Centro linguistico dislocati presso le facolta'. Il Centro
funge da polo di servizi per l'insegnamento multimediale delle lingue
straniere e da centro di aggregazione culturale per il territorio.
Oltre all'espletamento dei corsi curriculari per le undici facolta'
dell'ateneo, il "C.L.A." organizzera' corsi di lingua straniera per il
personale docente e tecnico-amministrativo, corsi per esterni e per le
istituzioni del territorio.
In ambito culturale il C.L.A., integrato nei circuiti delle attivita'
formative delle rappresetanze degli Stati europei, ospitera' manifestazioni
culturali (letture di autori, mostre, spettacoli teatrali, conferenze,
convegni), proiezioni tematiche di film in lingua straniera, nonche'
iniziative mirate per le scuole e per il territorio.

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Corriere della Sera 18 ott. '01

GLI ANNOIATI STUDENTI DI OXFORD E LE NUOVE SFIDE DELL'EUROPA

di RENATO RUGGIERO*
Caro direttore, le affido alcune riflessioni sul futuro e il ruolo che
l'Unione Europea dovrebbe avere in un momento tanto delicato per la storia
del mondo. Sono le riflessioni di un vecchio europeista cresciuto nel
rispetto di alcuni valori fondamentali che sono quelli che aiutarono la mia
generazione a superare gli orrori della guerra per costruire un avvenire di
democrazia e sviluppo. Sembreranno, forse, le riflessioni di un inguaribile
ottimista anche se l'Europa di oggi - e' bene ricordarlo - e' il frutto di
tanto lavoro ma anche di tanti obiettivi ritenuti impossibili che si sono
poi realizzati, a cominciare dalla moneta unica che circolera' nelle tasche
di tutti noi tra due mesi.
Ma vorrei cominciare con un ricordo: non moltissimo tempo fa, mi e' capitato
di tenere una conferenza davanti ai giovani studenti di Oxford sulle sorti
della globalizzazione e sulle nuove sfide dell'Europa. Parlai a lungo e
spiegai come il disegno che stava alla base della costruzione europea traeva
fondamento dalla necessita' di portare pace e sviluppo nel continente
creando forme di interdipendenza economica tra Paesi che si erano fino a
pochi anni prima odiati e combattuti.
Mi accorsi subito, pero', che il mio messaggio non veniva apprezzato da quei
ragazzi i cui sguardi mi apparivano lontani e distratti.

Le ragioni che erano state alla base della costruzione europea per persone
della mia generazione apparivano poco comprensibili per giovani cresciuti
nell'era di Internet, della globalizzazione e di una solida pace nell'Europa
occidentale.
Gli sguardi annoiati degli studenti di Oxford mi sono riapparsi
improvvisamente qualche giorno fa, a Manhattan, mentre sorvolavo in
elicottero le macerie ancora fumanti delle Torri gemelle e, negli
ultimissimi giorni, seguendo le prime fasi dell'attacco contro le basi dei
terroristi di Bin Laden e ancora di piu' nella commovente cerimonia del
ricordo a un mese dall'attacco nella basilica di San Giovanni a Roma. E'
davanti a questo rimescolarsi della storia che ho sentito tutta l'importanza
di dare nuova consistenza alla costruzione dell'Europa superando un
dibattito spesso stanco e a volte concentrato su formule vuote. Bisogna
rispondere a quel vuoto, a quel senso di insicurezza che serpeggia nelle
nostre societa' e che ci fa dire che, dopo l'11 settembre, non saremo piu'
gli stessi di prima. Perche', se e' vero che il ventesimo secolo e' quello
terminato nel 1989, ossia con la caduta del muro di Berlino, il terzo
millennio e' quello che e' cominciato l'11 settembre 2001.
C'e', poi, una considerazione che riguarda il nostro Paese: questa grande
sete d'Europa rappresenta, infatti, un'opzione irrinunciabile per noi
italiani perche' mentre la comunita' internazionale si trova a fronteggiare
la nuova sfida terroristica non solo con portaerei e Cruise, ma con mosse
diplomatiche, misure economiche, finanziarie e giuridiche, la dimensione
europea appare il piu' solido ancoraggio per Paesi come l'Italia impegnati
in un dialogo costante con la sponda Sud del Mediterraneo.
Eppure, se guardiamo al passato, e' nei momenti piu' difficili che la forza
trainante dell'Europa ha dispiegato i suoi frutti migliori.
Ricordo ancora quando, alla meta' degli Anni 70, ero il portavoce del
presidente della Commissione europea, Roy Jenkins, e si era appena avviata
la procedura che sfocio' poi nel sistema monetario europeo, primo seme
dell'euro. Era, quella, la risposta al dilagare delle svalutazioni
competitive che minacciavano l'intera costruzione comunitaria. Jenkins mi
chiamo' in un angolo e mi mise in guardia: "Attenzione, Renato, mai dire che
quello che abbiamo fatto portera' alla moneta unica, perche' altrimenti non
ci seguira' nessuno". Eppure oggi la moneta unica e' una realta' a riprova
del fatto che i risultati ottenuti hanno dato ragione agli uomini di grande
visione come Altiero Spinelli e sconfessato burocrati, scettici e
pessimisti. Cosi', anche oggi, dobbiamo superare timidezze e indecisioni e
offrire un orizzonte coraggioso del futuro dell'Unione. C'e' bisogno,
insomma, di un soprassalto d'orgoglio se si vuole progredire speditamente e
dare ai grandi valori europei di democrazia e tolleranza modelli
istituzionali adatti a governare l'Europa allargata.
Non mi faccio illusioni e so bene che non sara' un lavoro semplice. Molto
dipende dal metodo che verra' utilizzato. C'e' gia' un accordo per andare al
di la' del tradizionale esercizio intergovernativo (ossia un negoziato
diplomatico tra Stati membri) dando voce alle differenti espressioni della
democrazia rappresentativa: Parlamenti nazionali, Parlamento europeo,
rappresentanti politici dei governi e della Commissione europea. E' una
formula, che va sotto il nome di "convenzione", gia' utilizzata con un certo
successo per la Carta dei diritti, embrione della nuova Costituzione
europea. Spettera' a tale "convenzione" fare delle proposte nell'arco di un
anno e portarle all'esame di un Consiglio europeo che potrebbe essere quello
presieduto dall'Italia nel secondo semestre del 2003. Si tratta di un metodo
di lavoro trasparente che dovrebbe garantire il dialogo con la societa'
civile e disegnare un'Europa piu' vicina alle esigenze dei cittadini.
Proprio per questo, un anno fa a Nizza, si decise che prima del vertice di
dicembre a Laeken si avviasse in tutti gli Stati membri un dibattito sul
futuro dell'Unione.
Questo dibattito e' gia' in corso in molti Paesi anche se soffocato dalle
ultime vicende internazionali. L'Italia, finora, tranne alcuni isolati
interventi delle piu' alte cariche istituzionali (penso al presidente della
Repubblica e a quello del Senato), e' rimasta un po' silenziosa mentre dal
nostro Paese ci si attende un contributo piu' concreto in termini di
proposte e di idee. Non e' mio compito anticipare formule che saranno il
risultato finale del dibattito e tantomeno avanzare opzioni che saranno
esaminate nel dettaglio dalla "convenzione" ma vorrei solo riaccendere
l'attenzione su quelli che mi appaiono i punti essenziali intorno ai quali
dovrebbe ruotare questo dibattito.
1) L'euro. La moneta unica sara', dal prossimo anno, il primo risultato
visibile della nuova Europa. E' un risultato importante perche' l'euro ha
garantito, gia' prima della sua circolazione, stabilita' monetaria. Ha
contenuto intorno al 2% i tassi di inflazione e protetto le economie europee
dalle turbolenze finanziarie internazionali.
Da sola, ovviamente, una moneta unica non basta a risolvere tutti i problemi
dell'economia. Di qui la consapevolezza di molti Paesi, tra i quali
l'Italia, che il ruolo della Banca centrale europea debba essere
accompagnato da un governo dell'economia che introduca una visione politica
nell'assicurare stabilita' e sviluppo.

2) L'allargamento. Sara' un'Europa finalmente unita quella che passera' da
15 a 27 Paesi. Non e' solo una differenza quantitativa rispetto alla
dimensione attuale. E' un nuovo orizzonte con il quale dovremo confrontarci
ma che fa gia' parte del nostro futuro. Si apre un nuovo capitolo della
storia e si completa il disegno di riconciliazione di un continente per
secoli dilaniato da divisioni profonde. Su questo punto la nostra posizione
deve essere molto chiara: l'allargamento e' irreversibile e deve avvenire
nelle migliori condizioni sia per i Paesi candidati sia per gli Stati
membri. Inoltre, con tempi e modalita' sui quali si e' gia' aperta una
discussione, questo processo dovra' estendersi anche alla Russia. Il
presidente Putin che parla in tedesco (e viene applaudito) davanti al
Bundestag e il sostegno concreto che la Russia sta offrendo all'operazione
di lotta al terrorismo internazionale dimostrano come uno speciale rapporto
paritario di quel Paese con l'Unione europea e con la Nato non rappresentano
piu' dei tabu'.
3) La sicurezza. Non e' un concetto solo militare. Significa dare risposte
convincenti a quel senso di diffusa incertezza che pervade le societa'
europee. E' un senso di smarrimento che non riguarda solo aspetti di ordine
pubblico ma investe questioni legate al posto di lavoro, a un equo stato
sociale, alla tutela dell'identita' culturale.
Tutto questo e' aumentato a dismisura dopo l'11 settembre. Non facciamoci
illusioni. Il mondo in cui vivremo sara' meno sicuro e meno prospero di
quello che abbiamo conosciuto dall'89 al 2001. E' proprio per questo che
dobbiamo spingere per soluzioni europee. La politica estera e di sicurezza
comune deve trovare nuove ragioni, dalla grave situazione internazionale,
per progredire sulla strada di obiettivi condivisi.
Segnali positivi non mancano e passi importanti si stanno realizzando gia'
sul fronte della cooperazione giudiziaria, a cominciare dalla proposta
relativa al mandato di cattura europeo.

4) La globalizzazione. Con l'attacco alle Torri quella forte interdipendenza
tra sistemi economici e Paesi che ha garantito, dopo la caduta del muro di
Berlino, una rapida crescita a una gran parte del mondo e strappato tanti
Paesi dalla deriva della marginalizzazione, potrebbe subire una
trasformazione profonda. Gia' prima dell'attacco era sentita (in vario modo
e con diverse sensibilita') la necessita' di rendere piu' trasparente ed
efficace il processo di governabilita' della globalizzazione individuando un
sistema di regole vincolanti. Questa esigenza si e' ulteriormente rafforzata
dopo l'11 settembre, come testimonia la risoluzione del Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite votata all'unanimita' il 28 settembre scorso.
In quella risoluzione si limita la capacita' di azione internazionale delle
organizzazioni terroristiche stabilendo per tutti gli Stati regole generali
e un meccanismo di verifica delle fonti di finanziamento. E' un passo
importante perche' ora anche gli Stati Uniti sembrano maggiormente disposti
ad accettare un sistema vincolante di regole e controlli. E anche in questo
caso l'Europa puo' rappresentare forse il miglior modello per favorire una
governabilita' della globalizzazione.

5) Le nuove istituzioni. Una volta fissato l'obiettivo di creare un'Europa
grande soggetto politico occorre anche pensare alla forma istituzionale che
questo disegno dovra' assumere. Il presidente della Repubblica ha gia'
indicato la sua visione istituzionale della nuova Europa: una Costituzione
per una Federazione di Stati-Nazione. E' anche l'obiettivo di Delors e di
altri statisti europei. Forse i tempi non sono ancora maturi per decisioni
ambiziose che coinvolgano una comunita' in procinto di estendersi da 15 a 27
membri. Qui mi soccorre l'esperienza di vecchio europeista. Come nel
passato, e' possibile - e forse augurabile - che vi sia un plotone di testa
di Paesi che facciano da apripista integrandosi piu' rapidamente tra di loro
e spingendo gli altri a fare altrettanto. A ben guardare, tutta la storia
della Comunita' e' segnata da questi plotoni di testa: e' stato cosi' per il
sistema monetario, per l'euro e per Schengen.
Vi e', soprattutto, una lezione che io ho appreso in tanti anni di
partecipazione alla costruzione europea: stiano attenti gli euroscettici
poiche', dal primo giorno del suo concepimento a oggi, la costruzione
comunitaria ha fatto sempre i progressi indicati nelle piu' ambiziose
visioni e ha sempre dato torto a chi si opponeva a queste visioni. Ecco
perche' io rimango un inguaribile ottimista. E se ho un desiderio, e' che
questa nuova necessita' di Europa possa riaccendere la luce della speranza
anche negli occhi degli studenti di Oxford. Anche loro devono imparare a
sognare.

*Renato Ruggiero ministro degli Esteri
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Repubblica 17 ott. '01

LA CORTE DEI CONTI: IL BUCO NON C'E' - GONFIATE LE PREVISIONI SULLA SANITA'

la manovra puo' essere alleggerita
Cofferati: la Finanziaria e' iniqua. D'Amato:via alle riforme
La magistratura contabile rivela: il 2001 e' andato meglio del previsto.
Istat: le tasse non caleranno
ROBERTO PETRINI
ROMA - L'expertise sul "buco" nei conti 2001 di Monorchio era giusta, le
cose vanno meglio e la manovra 2002 puo' essere alleggerita. Inoltre la
Finanziaria 2002 necessita di una "accurata relazione tecnica" da parte del
governo con lo scopo di specificare la copertura di vari capitoli a partire
dalle risorse destinate ai contratti di lavoro. Sono questi i severi giudizi
sulla Finanziaria espressi dalla Corte dei Conti di fronte alla commissioni
Bilancio riunite di Camera e Senato. Tutto cio' mentre ferve il lavoro
dell'esecutivo sui due collegati: quello sulla previdenza, che si aspetta
prima, e successivamente quello fiscale. Intanto Cofferati boccia la
Finanziaria e la giudica "iniqua", mentre il presidente della Confindustria
D'Amato sollecita le riforme.
Secondo il presidente di sezione della Corte Manin Carabba rispetto al Dpef,
e' cambiato il giudizio sull'andamento per il 2001 dei conti pubblici ed "il
nuovo preconsuntivo della finanza pubblica appare piu' in linea con la prima
valutazione offerta dalla Ragioneria generale dello Stato nella quale il
debordo era contenuto entro i 10 mila miliardi ed era considerato come il
tetto prudenziale". I giudici contabili proseguono rilevando che
"l'indebitamento netto del 2001 si assesterebbe intorno ai 26 mila miliardi,
pari all'1,1 per cento del pil, con uno scarto contenuto in poco piu' di
2.000 miliardi".
Questo quadro piu' positivo che si va delineando nel 2001 (anche sottolinea
la Corte per la riduzione della spesa per interessi e per le prime misure di
regolazione della spesa compreso il provvedimento sulla sanita') si riflette
sulla manovra del 2002 che secondo la Corte dovrebbe prevedere una
correzione di "dimensioni assai inferiori" a quelle previste del governo.
Come si ricordera' venerdi' scorso anche il governatore della Banca d'Italia
Antonio Fazio aveva rilevato che la manovra prevista dalla Finanziaria 2002
(per portare il deficit dall'1,2 per cento tendenziale allo 0,5 per cento
programmatico) sarebbe di 17.600 miliardi. Il governo, invece, ha indicato
per il 2002 una manovra di 33 mila miliardi (per scendere dall'1,7 allo 0,5)
dei quali 23 mila a copertura del deficit. Un po' a tutti ha replicato il
viceministro dell'economia Mario Baldassarri il quale ha spiegato ieri che i
dati di Bankitalia e Tesoro non sono in contraddizione: nella stima del
Tesoro, infatti, sarebbero considerati anche 12 mila miliardi, composti da
7.000 miliardi di risparmi sugli interessi e da 5.000 miliardi intesi come
effetti dei provvedimenti del 2001.
Anche Fiorella Kostoris, presidente dell'Isae, ha espresso un quadro con
luci ed ombre sulla Finanziaria e ha condiviso una stima della correzione
2002 di 17.700 miliardi. Le entrate dovute alla vendita degli immobili
pubblici e quelle dovute al rientro dei capitali dall'estero sarebbero in
dubbio. Potrebbero essere invece superiori al previsto le stime sugli
introiti derivati dal sommerso, positivo invece il giudizio sul metodo di
relazioni industriali proposta dal "libro bianco". In proposito si e'
appreso che sara' un consorzio composto da quattro banche Imi, Intesa Bci,
Lehman Brothers e Deutsche Bank a occuparsi della vendita degli immobili
pubblici e della cartolarizazione dei proventi derivanti dallo loro
dismissione.
Per l'Istat, infine, senza riforme nel 2002 non calera' la pressione
fiscale. Lo ha detto, sempre nel corso delle audizioni, il presidente
dell'Istat, Luigi Biggeri davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e
Senato. "Si puo' affermare ha detto che il prelievo fiscale e' sottostimato
e la pressione fiscale e' leggermente superiore a quella individuata nei
documenti governativi. Se non interverranno altre misure correttive (come
quella sulle aliquote annunciata) sembra piu' plausibile ipotizzare
un'invarianza della pressione fiscale sui livelli del 2000, sia per l'anno
2001 che per l'anno 2002".
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Il Sole 24ore 19 ott. '01

CONTI, IL BUCO NON C'E' DAVVERO

di Giuliano Amatoe Vincenzo Visco Nella recente audizione delle commissioni
Bilancio del Senato il Governatore della Banca d'Italia ha sottolineato come
"in occasione della presentazione del disegno di legge finanziaria" il
Governo abbia "rivisto al ribasso, per circa 12mila miliardi,
l'indebitamento netto tendenziale" per l'anno 2002 portandolo cosi'
dall'1,7% all'1,2% del Pil. In conseguenza l'entita' della manovra
correttiva "risulta di 17.600 miliardi", anziche' di circa 33mila miliardi
come invece sostenuto dal Governo nella Relazione di accompagnamento alla
Legge Finanziaria. Il successivo, maldestro (ed errato) tentativo del
ministro dell'Economia di correggere Fazio non cambia la sostanza della
questione. Questa frase, infatti, e' un'ulteriore conferma indiretta
dell'inesistenza del famoso (famigerato) "buco". Gia' durante la polemica
estiva avevamo pazientemente cercato di spiegare come stavano le cose. In
particolare avevamo chiarito come nel Dpef presentato dal Governo Berlusconi
erano riportate alcune poste di spesa chiaramente e artatamente gonfiate
rispetto a quanto desumibile dalle informazioni disponibili e dalle unanimi
valutazioni di tutti gli istituti di ricerca: in altre parole il "buco" era
stato intenzionalmente creato a tavolino. Ma andiamo con ordine: nel Dpef
veniva indicato un "extra deficit" ("buco") di 25.500 miliardi. Tuttavia
tale cifra faceva riferimento a un obiettivo di indebitamento per il 2001
pari allo 0,8% del Pil gia' superato (in accordo con la Commissione europea)
nella relazione trimestrale di cassa di marzo nella quale tale obiettivo
veniva portato all'1% a causa della minor crescita prevista. L'"extra
deficit" - al netto dello 0,2% del Pil - si riduce cosi' a 20.700 miliardi.
In questa cifra pero' risultano ancora conteggiate notevoli spese in
eccesso, come avevamo piu' volte denunciato in Parlamento e sulla stampa. I
dati di pre-consuntivo riportati nella recente Relazione revisionale e
programmatica confermano che gli interessi passivi saranno inferiori (per il
2001 e gli anni successivi) di 6.600 miliardi rispetto ai conti del Dpef,
mentre i consumi collettivi vengono ridimensionati di altri cinquemila
miliardi. Il "buco" scende cosi' a circa novemila miliardi. A queste cifre
tuttavia vanno ancora sottratte alcune entrate una tantum acquisite dal
passato Governo e mai contabilizzate (consapevolmente) da quello attuale: si
tratta di duemila miliardi di imposte su plusvalenze da privatizzazioni Iri
e di 1.600 miliardi da dividendi straordinari Eti. Siamo cosi' arrivati a
5.400 miliardi che erano poi in buona misura quelli che potevano (e
dovevano) essere incassati nella seconda meta' dell'anno dalla dismissione
degli immobili come il Governo precedente aveva segnalato al subentrante. Se
si considera inoltre che l'andamento della autotassazione e' stato superiore
al previsto e che il gettito dell'imposta sostitutiva sulle rivalutazioni
dei cespiti delle imprese e' risultato superiore alle previsioni per circa
ottomila miliardi, si puo' concludere che non solo il "buco" non e' mai
esistito, ma anche che la realizzazione dell'obiettivo di indebitamento
dell'1% (non a caso recuperato dal Governo, che prevede oggi l'1,1%) era ed
e' raggiungibile senza difficolta'. Il ministro dell'Economia sostiene a
gran voce che il miglioramento dei soldi deriva dalle sue iniziative degli
ultimi quattro mesi. Cio' non risponde al vero, dal momento che: a) i
provvedimenti dei 100 giorni sono stati approvati solo da pochissimi giorni
e da essi non derivera' nel 2001 una sola lira, come ci dice lo stesso
Governo: nelle relazioni tecniche erano presenti ben 10mila miliardi per il
solo 2001, mentre oggi la stessa cifra viene azzerata; b) l'accordo con le
Regioni consiste in sostanza nello slittamento di un anno del patto di
stabilita' gia' deciso dal Governo di Centro-sinistra e nella erogazione
alle Regioni stesse di ben settemila miliardi ulteriori per la spesa
sanitaria: un bel modo di risparmiare!; c) lo stesso provvedimento volto a
facilitare la dismissione immobiliare era da tempo allo studio del
dipartimento del Tesoro, e difficilmente diventera' operativo in tempo
utile, ma soprattutto esso era dovuto in relazione agli impegni che il nuovo
Governo doveva assumere in conseguenza del passaggio delle consegne. I dati
ufficiali ci dicono che le azioni di contenimento attuali stanno portando
non piu' di 1.700 miliardi: 1.200 per minori spese per beni e servizi, 300
per minore spesa sanitaria e (forse) 200 per effetto del decreto sul rientro
dei capitali. Come qualificare, a questo punto, la polemica che e' stata
fatta contro di noi, le accuse che ci sono state rivolte, il tentativo di
squalificarci anche moralmente davanti agli italiani che - fu detto -
avevamo ingannato? Come valutare la perdurante propaganda sull'esistenza
dell'"extra deficit" dopo che la stessa Corte dei conti ha affermato che
l'indebitamento per il 2001 tende spontaneamente all'obiettivo indicato, e
che le misure del Governo Berlusconi non avranno nessun effetto nel 2001?
Lasciamo ai lettori - se vogliono - gli aggettivi. A noi basta la sostanza.
E vorremmo non parlarne piu'.


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Il Sole 24ore 18 ott. '01

SIRCHIA: L'INTRAMOENIA SI POTRA' CAMBIARE

propone anche la pensione a 70 anni
ROMA - Esclusivita' meno rigida, con tanto di possibilita' per i medici
dipendenti che lavorano "fuori dalle mura" del Ssn di fare marcia indietro e
anche di conquistare le stellette da primario. Eta' pensionabile che
potrebbe arrivare a 70 anni (68+2), cosi' come per i baroni universitari.
Proroga in vista per il tempo definito. Il ministro della Salute, Girolamo
Sirchia, ha confermato ieri i programmi in cantiere per modificare la
riforma ter del Ssn. Cambiamenti che potrebbero arrivare a stretto giro di
posta, anche utilizzando in taluni casi lo strumento del decreto legge. E
che ieri, nel corso della prima riunione del "parlamentino dei medici,"
inaugurato dal ministro della Salute per cercare soluzioni in qualche modo
concordate con i camici bianchi, non hanno esattamente raccolto il pieno dei
consensi da parte delle organizzazioni di categoria. Facendo registrare una
dura contrapposizione tra il ministro e il rappresentante della Cgil,
Roberto Polillo. Mentre il segretario nazionale dell'Anaao, Serafino
Zucchelli, ha contestato soprattutto l'opportunita' di concedere gli
incarichi di vertice ai medici che non hanno scelto l'esclusivita' del
rapporto di lavoro. Per il tempo definito, che per legge dovrebbe essere
abolito dal prossimo 1° dicembre e che dunque richiederebbe piu' urgenza, e'
in campo l'ipotesi di uno slittamento di qualche mese (marzo 2002 e' la data
al momento piu' gettonata); e in questo caso sarebbe gia' pronto uno schema
di decreto legge. Quanto all'esclusivita' del rapporto di lavoro, Sirchia ha
rilanciato apertamente almeno due novita', peraltro ampiamente annunciate in
questi mesi: la reversibilita' della scelta per chi ha optato per
l'attivita' libero professionale nel Ssn; la possibilita' per i medici in
extramoenia di poter accedere alla dirigenza di struttura complessa (il
ruolo dell'ex primario, insomma), anche senza subire le attuali
penalizzazioni di stipendio. Molto dibattuto e' poi il testa a testa sul
futuro della formazione continua dei medici (l'Ecm): per i sindacati
dovrebbe essere interamente a carico delle aziende sanitarie, Sirchia invece
intende limitare la "gratuita'" solo nel caso in cui la formazione sia
svolta effettivamente all'interno delle strutture da cui i medici dipendono.
Questioni, queste ultime, di importante peso finanziario, che richiederanno
nuovi approfondimenti e naturalmente anche un tavolo di confronto, oltreche'
un punto d'incontro, con le Regioni. E un "canale normativo", che potrebbe
essere quello del prossimo contratto. Se non gia', in precedenza, ricorrendo
a uno strumento legislativo che per il ministero della Salute potrebbe
essere preferibilmente quello della Finanziaria 2002. Sempreche' si trovino
gli spazi e le intese politiche indispensabili all'interno della coalizione
di Governo. R.Tu.
Giovedí 18 Ottobre 2001
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Repubblica 14 ott. '01

CASE DI RIPOSO, ARRIVANO GLI AIUTOINFERMIERI

la decisione
VENEZIA - "L'emergenza infermieri nelle case di riposo non si puo'
considerare risolta, ma non sara' nemmeno troppo lunga, grazie
all'inserimento nel circuito di 2 nuove figure professionali: l'operatore
sociosanitario (OSS) definito su scala nazionale grazie ad un accordo
fortemente voluto dal Veneto; e l'operatore sociosanitario specializzato
(OSSS), autorizzato pochi giorni fa dall'Istituto Superiore di Sanita', che
dovrebbe essere formalizzato in breve da un decreto dei ministri della
salute Sirchia e del Welfare Maroni". Lo ha detto l'assessore regionale alla
sanita' del Veneto Fabio Gava intervenendo ieri, con il collega alle
politiche sociali Antonio De Poli, al Convegno "Il valore dell'assistenza
agli anziani" organizzato a Treviso.
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La Nuova Sardegna 16 ott. '01

SASSARI: "LA NEUROCHIRURGIA PUO' CRESCERE ANCORA"

Il consigliere Walter Vassallo sollecita finanziamenti per la clinica
Sassari. Negli ultimi giorni la clinica di neurochirurgia dell'Universita'
sassarese e' salita piu' volte alla ribalta per una serie di interventi
medici eseguiti con successo. Sensazionale quello che ha permesso a un
giovane algherese di recuperare l'uso della gamba sinistra paralizzata,
attraverso la ricostruzione del nervo sciatico.
L'intervento, il primo del genere in Italia, e' stato eseguito il 26 luglio
scorso da Renato Donzelli, neurochirurgo dell'universita' Federico II di
Napoli, assistito da Francesco Crotti, primario di neurochirurgia a Sassari,
con la collaborazione dei chirurghi vascolari Giovanni Maria Marongiu e
Pierpaolo Bacciu, e dal chirurgo plastico Corrado Rubino.
L'eccezionale operazione si inquadra in una crescita generale della clinica
di neurochirurgia, sia per quanto riguarda il numero di interventi eseguiti,
sia per il maggior numero di patologie trattate.
"Per questo la clinica andrebbe potenziata ulteriormente, negli organici
come negli spazi a disposizione". Ad affermarlo e' Walter Vassallo,
consigliere regionale di Rifondazione Comunista. Vassallo, in considerazione
dei brillanti risultati raggiunti nell'ultimo anno dall'Istituto di
neurochirurgia, rivolge un'interpellanza agli assessori regionali alla
Sanita' e al Lavoro "perche' si adoperino presso gli organi del presidio
ospedaliero e della Asl n. 1, - afferma Vassallo - al fine di risolvere
immediatamente le evidenti carenze logistiche e organizzative che
impediscono una piu' continua e regolare attivita' e operativita' della
clinica neurochirgica".
Walter Vassallo si riferisce in particolare "alla situazione disastrosa in
cui versa l'istituto - spiega il consigliere regionale - con attrezzature
fatiscenti nella sala operatoria: sedili rotti, lampade inutilizzabili,
microscopi inadeguati e inesistenza di sistemi di monitoraggio
elettrofisiologico". Un intervento della Regione, che possa prevedere un
adeguato finanziamento, "si rende indispensabile in considerazione dei
progetti di acquisto di nuove attrezzature da parte dell'istituto - prosegue
Walter Vassallo -, in particolare per l'applicazione di nuovi metodi nella
cosiddetta chirurgia funzionale, dedicata alle disfunzioni del sistema
nervoso centrale". Tra queste la piu' significativa dal punto di vista
epidemiologico risulta essere il morbo di Parkinson "che oggi si manifesta
con eccezionale incremento - conclude Vassallo - prevedibilmente destinato a
durare e a svilupparsi a causa del generale invecchiamento della
popolazione".
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L'Unione Sarda 17 ott. '01

ASL7: IL POSTINO RECAPITA DIRETTAMENTE A CASA I REFERTI DEGLI ESAMI

Accordo tra Poste e Asl 7
Niente piu' lunghe trasferte o file interminabili agli sportelli. Per gli
utenti della sanita' del Sulcis Iglesiente i referti medici saranno
recapitati a domicilio. E' il nuovo servizio nato dall'accordo tra la Asl 7
e le Poste italiane. In questo modo, nessuno dovra' piu' ritornare nelle
strutture sanitarie dopo l'effettuazione delle visite per il ritiro dei
referti medici. Sara' sufficiente pagare le spese di spedizione e i referti
saranno recapitati al proprio domicilio. Una piccola rivoluzione insomma.
La nascita di questo servizio e' dovuta a diverse indagini conoscitive, sia
a livello nazionale che locale, compiute tra gli utenti del Servizio
sanitario nazionale. Sondaggi che hanno sottolineato il desiderio dei
cittadini di poter utilizzare, pur aumentando il costo della prestazione
sanitaria con quello dell'invio postale, questo nuovo servizio.
Un'innovazione che ridurra' certamente i disagi di chi, vivendo in periferia
o in Comuni distanti come Carloforte, Fluminimaggiore, Teulada, Buggerru o
Santadi, deve affrontare lunghe trasferte a Carbonia e Iglesias per ritirare
ogni tipo di documentazione sanitaria. Con la convenzione, firmata, nei
giorni scorsi dal direttore generale della Asl Emilio Simeone e dalla
responsabile commerciale territoriale della divisione corrispondenza di
Poste Italiane Emanuela Coco, bastera' scegliere la nuova opzione per avere
a casa referti, cartelle cliniche e tutte le documentazioni sanitarie e
amministrative. "Sinora - precisa la responsabile delle Poste, Emanuela
Coco - il servizio e' gia' operativo presso la Asl 8 di Cagliari, che
raccoglie i piu' importanti nosocomi e cliniche ospedaliere del capoluogo e
nel presidio ospedaliero di Sanluri". Ma presto, il servizio diventera'
operativo anche a Carbonia. Tutte le spedizioni saranno effettuate con
raccomandata. Per questo tipo di corrispondenza e' stato appositamente
introdotto il servizio di tracciatura elettronica che permette di
localizzare in ogni momento la raccomandata. Bastera' solo collegarsi al
sito internet di Poste italiane, www.poste.it e scegliere il servizio
"Dove-Quando", oppure telefonare al 160.
Maurizio Locci
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L'Unione Sarda 16 ott. '01

IN CRESCITA I CASI DI TUMORE ALLA PROSTATA

I casi di tumore alla prostata nell'ultimo anno hanno subito un'impennata
pari a quattro volte rispetto a dieci anni fa. Il dato inquietante e' emerso
nel corso di un incontro di aggiornamento professionale che l'Ordine dei
medici della Provincia di Oristano ha tenuto non solo per gli iscritti
dell'Oristanese ma anche per quelli delle altre Province sarde, alla
presenza degli specialisti del settore Domenico Giordano, Pierluigi Pibi e
Vincenzo Pecoraro.
I casi di tumore alla prostata accertati nella casa di cura "Madonna del
Rimedio", dove e' attivo un reparto di urologia, sono stati 10 nel 1990, nel
91 si e' saliti a 12, a 21 nel 92, a 14 nel 93,. Un crescendo costante che
non si e' arrestato ma che e' progredito arrivando a toccare 34 casi nel
1998, 45 nel 1999 e ben 48 nel 2000 per un totale, nel giro di 11 anni, di
ben 270 casi.
Sebbene i dati possano sembrare allarmanti, Gli specialisti del settore
gettano acqua sul fuoco. Sostengono infatti che non si puo' pero' affermare
che i casi siano in aumento e che l'accertamento di un numero di casi cosi'
rilevante e' dovuto al fatto che la diagnosi ora si fa con una semplice
analisi del sangue, un metodo molto piu' facile rispetto al passato, quando
erano complessi e costosi. Il presidente dell'Ordine dei medici Antonio
Sulis, che e' anche direttore sanitario della casa di cura provata nella
quale sono stati fatti gli accertamenti puntualizza: "Si tratta di uno
screening facile e molto economico, che e' consigliabile, per una diagnosi
precoce ed un intervento efficace, fare una volta l'anno dai 50 anni in su e
due volte oltre i 60 anni".
Secondo i dati rivelati durante il convegno, il 25 per cento dei casi
riguarda il capoluogo arborense, il 20 per cento l'area geografica che
comprende Arborea, Marrubiu e Terralba e il restante 55 per cento il resto
del territorio provinciale "con nuclei significativi -e' stato precisato- a
Solarussa-Siamaggiore e a Cuglieri-Scano Montiferro. Pochi invece i casi
registrati a Cabras dove e' presente un'alta incidenza dei tumori alla
vescica ed al colon-retto".
Un incontro di aggiornamento affollato per il quale i partecipanti hanno
dimostrato molto interesse, che sara' di stimolo per la ricerca delle cause
del male per il quale si sta riducendo l'eta' media, con punte significative
dai 52 ai 92 anni.
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Repubblica 20 ott. '01

VAIOLO, IL VIRUS FANTASMA CHE FA TREMARE IL MONDO

Vaccino non piu' obbligatorio dalla fine degli anni '70. A rischio i giovani
GIOVANNI MARIA PACE
MILANO - L'ultimo caso di vaiolo risale al 1977, in Somalia. Da allora
nessuno si e' piu' ammalato, l'infezione e' considerata eradicata
dall'Organizzazione mondiale della sanita' e la vaccinazione resa non piu'
obbligatoria, in Italia e altrove, dai primi anni Ottanta. Ma proprio la
certificata inesistenza rende il vaiolo pericoloso. Nei vent'anni trascorsi
dall'ultima campagna mondiale di vaccinazione sono nate generazioni prive
dell'immunita' contro il virus, di quell'immunita' che invece possiedono le
persone di una certa eta', i seniores che portano sull'omero la cicatrice
circolare prodotta dalla giovanile inoculazione. Una parte della popolazione
mondiale e' dunque vulnerabile. Ma se il virus e' ufficialmente scomparso,
come potrebbe infettarci? Sul pianeta si conservano ufficialmente due soli
campioni di virus in laboratori di massima sicurezza, uno ad Atlanta, negli
Stati Uniti, e l'altro in Russia. Sono stati salvati per l'utilita' che un
domani il microrganismo potrebbe avere per produrre altro vaccino o per
fungere, poniamo, da vettore di antigeni per immunizzare la gente contro
altre infezioni. A insistere per la conservazione sono stati soprattutto i
militari perche' nel caso in cui qualcuno modificasse il virus in modo da
rendere inutile il vaccino esistente, bisognerebbe rivolgersi al virus
originale per fabbricarne del nuovo. Dunque, due campioni ufficiali. Ma
potrebbe darsi che "rogue countries", che paesi "canaglia" come li chiamano
gli americani, abbiano stoccato illegalmente copie del micidiale germe. Fin
qui le cattive notizie. Spargere il virus del vaiolo pero' non e' facile.
"Se fossi un terrorista", dice Mauro Moroni, infettivologo dell'ospedale
"Sacco", "avrei molta paura nel maneggiare il virus del vaiolo. Per creare
panico vanno meglio le spore dell'antrace: sono molto piu' maneggevoli dei
virus in generale e di quello del vaiolo in particolare. Tra i due, virus e
spore, c'e' insomma un salto di qualita'. La manipolazione dell'agente del
vaiolo richiede l'appoggio di laboratori in grado di replicare il virus con
margini di sicurezza, di purificarlo, di conservarlo nell'azoto liquido o
liofilizzarlo" .
Nel corso dei secoli il vaiolo e' stato un castigo ricorrente e devastante.
Se ne ha notizia gia' in epoca precristiana, in Cina e in Egitto; pare ne
sia morto l'imperatore Marco Aurelio, e ancora nel Settecento Luigi XV, re
di Francia, figura nell'elenco delle vittime. L'inoculazione con siero di
mucca, inaugurata da Edward Jenner nel 1798, rappresenta il primo metodo di
vaccinazione relativamente sicuro. Napoleone e' un grande estimatore del
medico inglese e nel 1805 ordina la profilassi per tutti i suoi soldati.
Attualmente lo stock mondiale di vaccino e' stimato a cinquanta o cento
milioni di dosi, di cui sei o sette milioni negli Stati Uniti, una scorta
sufficiente a proteggere solo una frazione delle persone a rischio.
"La corsa dell'America al vaccino" , commenta il professor Moroni, "riflette
una preoccupazione giustificata dal fatto che dopo l'11 settembre possiamo
aspettarci anche gli eventi piu' incredibili, ma non mi sembra che in questo
momento ci siano elementi per prevedere una vaccinazione di massa".
La diffusione del vaiolo avviene da persona a persona come nella varicella,
cioe' attraverso il liquido che si raccoglie nelle pustole o attraverso le
croste che si formano sulle pustole e che poi cadono, contaminando
l'ambiente. Basta avvicinarsi al malato, entrare nella stanza, respirare e
chi non e' immune puo' contrarre l'infezione. Un attacco epidemico
diventerebbe dunque difficile da controllare anche da parte di chi lo ha
scatenato, al contrario delle epidemie di antrace che rimangono
necessariamente circoscritte alle poche persone che vengono in contatto con
le spore. Inoltre, contro il batterio dell'antrace abbiamo gli antibiotici,
mentre il vaiolo e' un virus e contro i virus non ci sono farmaci. Poiche'
la vaccinazione non ha effetto se la malattia e' gia' in corso, qualora si
verificasse nel mondo un caso di vaiolo saremmo obbligati a riprendere la
vaccinazione di massa, cioe' in tutte le persone che non sono state gia'
immunizzate.
La scomparsa della malattia ha avuto anche un altro effetto collaterale: la
mancata comparsa di nuovi farmaci per curarla. "Se una persona si ammalasse
oggi di vaiolo" , spiega Moroni, "il decorso sarebbe lo stesso di prima
dell'eradicazione, con una mortalita' che va dal 25 al 50 per cento. Terapie
di supporto per evitare che le pustole si superinfettino, trasfusioni di
plasma e altri interventi ora disponibili migliorerebbero gli esiti ma
sarebbero in fondo provvedimenti palliativi" . Il meccanismo patogeno del
vaiolo e' simile a quello della varicella. Il germe penetra nell'organismo
attraverso le vie respiratorie, viene captato dai fagociti, si moltiplica in
essi e quando arriva alla massa critica migra nel sangue. Le pustole sulla
pelle rappresentano solo la parte visibile della malattia. Analoghe lesioni
si creano nelle mucose interne, dove il virus si moltiplica e scava.
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Repubblica 14 ott. '01

TERAPIA AIDS: L'INTERMITTENZA AIUTA IL VIRUS

L'Sos di Ferdinando Aiuti
BARI - Le terapia ad intermittenza, che consiste nel sottoporre il paziente
a periodi alterni nell'assunzione di farmaci e alla quale attualmente nel
nostro Paese vengono sottoposte duemila persone con Aids, invece di
rallentare la malattia rischia di farla aumentare e quindi va fermata: a
chiederlo e' stato Fernando Aiuti durante una conferenza stampa che ha
aperto il Congresso dell'Associazione nazionale per la lotta contro l'Aids
(Anlaids), da lui presieduta, in programma sino a martedi' prossimo a Bari.
Si tratta di una terapia, ha aggiunto Aiuti, approvata dall'Istituto
Superiore di Sanita' e attuata in 96 Centri italiani ma "nel mio non la
applico e analogamente avviene nei piu' importanti Centri mondiali" e questo
perche' "e' stata studiata per ridurre la quantita' di farmaci da assumere e
tenere bassa la tossicita' ma non funziona poiche' la tossicita' non si
riduce, si registra un aumento della replicazione virale, una caduta della
difesa immunitaria e una maggiore resistenza ai farmaci". Mi sembra - ha
proseguito - che siano tutti elementi che giustifichino la mia richiesta di
bloccare la terapia ad intermittenza. Se la si sospende c'e' il rischio di
far aumentare la replicazione virale ed inoltre molti pazienti, anche in
condizioni gravi, imitano male il protocollo e sospendono i farmaci senza
alcun programma. A questo si aggiunga che il sieropositivo che non adotta
precauzione nei rapporti sessuali con il partner nel periodo in cui non
assume farmaci trasmette il virus". Il presidente dell'Anlaids ha poi reso
noto che in Italia l'Aids cala anche se la flessione, cominciata nel 1996,
risulta meno evidente, quasi tendesse ad una certa stabilizzazione.

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Le Scienze 18 ott. '01

COMBATTERE L'HIV CON IL VIRUS DELL'INFLUENZA

Se i prossimi studi daranno un responso positivo, entro un anno potrebbe
cominciare la sperimentazione sull'uomo
Un gruppo di ricercatori dell'Institute of Applied Microbiology di Vienna
sta cercando un metodo per prevenire l'infezione da HIV usando un vaccino
per l'influenza modificato. Il professor Boris Ferko ha riferito in un
articolo pubblicato sul "Journal of Virology" che i topi di laboratorio a
cui sono stati iniettati virus dell'influenza con del materiale antigenico
ottenuto dal HIV hanno mostrato una significativa risposta immunitaria a
quest'ultimo.
Al momento non esiste un vero vaccino per l'HIV, che si stima abbia
infettato 36 milioni di persone nel mondo e causato 22 milioni di morti a
partire dal 1981. In realta', circa 90 possibili vaccini hanno gia'
raggiunto lo stadio della sperimentazione sugli esseri umani, e i
ricercatori sono ottimisti sulla possibilita' di ottenerne uno efficace
entro breve tempo.
Secondo Ferko, "i virus ricombinanti [geneticamente modificati]
dell'influenza sono un candidato promettente per un vaccino che aiuti a
controllare varie infezioni virali, non solo l'HIV."
Il prossimo passo della ricerca sara' ora quello di immunizzare i topi con
virus ricombinanti ottenuti sia dall'influenza sia dell'HIV. In seguito, i
topi verranno esposti ad HIV patogenici, che causano cioe' la malattia. Se i
topi dovessero risultare resistenti, allora il passo successivo potrebbe
essere quello di sperimentare il vaccino su un primate. Se tutto va bene, i
ricercatori sperano di poter iniziare le sperimentazioni sugli esseri umani
entro un anno.
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Repubblica 18 ott. '01

LA BIRRA E' MEGLIO DELL'ASPIRINA

BRUXELLES - Circa mezzo litro di birra al giorno, se bevuto durante i pasti,
puo' svolgere una azione preventiva per varie malattie, in particolare
quelle cardiovascolari. La ricerca e' stata presentata ieri a Bruxelles in
un convegno organizzato dai birrari europei, dove l'Assobirra italiana ha
presentato una ricerca che dimostra che 9 medici su 10 danno un giudizio
positivo sulle proprieta' della birra, a patto che non venga manipolata
geneticamente: secondo Antonio Gasbarrini, dell'Universita' Cattolica di
Roma, e' dimostrato che l'alcol, e quindi la birra, "protegge piu'
dell'aspirina".
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Le Scienze 17 ott. '01

IL RUOLO DEL PRL-3 NEL CANCRO AL COLON SARA' L'OGGETTO DELLE PROSSIME
RICERCHE

Genetica e metastasi
Un gruppo di ricercatori ha scoperto un gene che codifica per un enzima
implicato nel processo di metastasi tumorale. Questo enzima potrebbe quindi
essere un bersaglio perfetto per nuove terapie contro il cancro.
La scoperta, opera di Bert Vogelstein del Howard Hughes Medical Institute,
e' descritta in un articolo pubblicato sulla rivista "Science".
Il gene, chiamato PRL-3, e' stato identificato studiando cellule di
metastasi al fegato. Il profilo genetico di queste cellule e' stato ottenuto
usando una tecnica messa punto per studiare il livello di espressione dei
geni. Vogelstein ha riferito che la prima analisi di queste cellule ha dato
risultati confusi. Il problema derivava dal fatto che i tumori sono composti
da vari tipi di cellule. I ricercatori hanno quindi dovuto mettere a punto
una tecnica per isolare solo le cellule della metastasi, separandole usando
particolari anticorpi. L'analisi di queste cellule selezionate ha permesso
di identificare 38 geni la cui trascrizione appariva molto frequente. Di
questi, pero', solo il PRL-3 era chiaramente espresso molto piu' del
normale. I ricercatori si sono interessati a questo gene anche perche' esso
codifica per un enzima, mentre la maggior parte dei geni implicati nei
tumori "solidi" sono geni la cui attivita' viene in realta' soppressa
durante la formazione del tumore. Le proteine codificate da questi tumori
non sono utilizzabili come bersagli dei farmaci, poiche' le terapie in
genere hanno proprio l'effetto di inibire l'attivita' enzimatica.
Chiaramente, non si puo' combattere un tumore inibendo un'attivita' che il
tumore stesso ha gia' interrotto. Il gene PRL-3 codifica per la tirosina
fosfatasi, un enzima che probabilmente controlla l'attivita' di altre
proteine rimuovendo da loro un fosfato.
Ora il lavoro proseguira' per scoprire il ruolo biochimico e fisiologico del
PRL-3 nelle metastasi dei tumori al colon.
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Repubblica 14 ott. '01

UN HOSPICE MODELLO EUROPEO PER CHI LOTTA CONTRO IL CANCRO

Bologna, via alla struttura per malati terminali a Bentivoglio. E' la prima
del genere
LICIA GRANELLO
BENTIVOGLIO (Bologna) - Una stella di mattoni e vetrate, erba e suoni di
campagna: visto dall'alto, l'hospice Mariateresa Chiantore Seragnoli regala
lo stesso mix di pace e caldo al cuore che colpisce chi entra nell'insolita
palazzina, inaugurata ieri e in funzione a partire dalle prossime settimane.
Con l'intento di regalare a chi e' malato di cancro - dimesso dall'ospedale
perche' la malattia non e' piu' remissibile, ma ancora lontano dalla fase
terminale - una qualita' di vita degna, il piu' possibile lontana dal dolore
e dall'angoscia: per la prima volta, grazie all'impegno della Fondazione
Ramazzini, il piu' grande centro di tossicologia ambientale in Europa,
l'Italia si dota di una struttura inedita, costruita a immagine somiglianza
di quelle inglesi e nordeuropee. Dove il ricovero detto "hospice" ha un
secolo di vita e una imperdibile collocazione sociale, se e' vero che in
Gran Bretagna da' asilo a quasi il 30% dei malati oncologici.
Facile definirlo "albergo della buona morte". L'oncologo Morando Soffritti,
direttore della fondazione, ride storto: "Qui non si viene a morire, ma a
vivere, a spendere un pezzo di vita, corto o lungo che sia, in un ambiente
sereno, con i propri familiari a fianco, assistiti nel corpo e nello
spirito. Abbiamo medici, psicologici, fisioterapisti, ministri dei vari
culti religiosi, uniti dalla missione di restituire al paziente affetto da
un tumore in fase progressiva tutto quanto la malattia tende a sottrargli,
dall'integrita' fisica a quella psichica".
Un recente sondaggio svolto dall'Universita' di Medicina e Chirurgia di
Bologna evidenzia che ben il 40% dei potenziali pazienti chiede di essere
trattato con dignita' e aiutato nella comprensione della malattia contro il
16% di persone pronte a mettersi completamente nelle mani dei medici. Anche
perche', secondo lo psicooncologo inglese Adrian Tookman, "il cancro ha
smesso di essere una malattia mortale per diventare una patologia cronica o
comunque molto spesso cronicizzabile".
Cosi', nell'hospice Chiantore, i pazienti vengono ospitati in stanze a due
letti, a scelta insieme a un altro malato o a un accompagnatore, e aiutati
in un percorso fatto di cure "palliative", tese cioe' non tanto alla
guarigione definitiva, quanto al miglioramento delle condizioni.
Terapia del dolore, allora, ma anche letture, passeggiate, fisioterapia,
chiacchiere, per convivere in maniera piu' accettabile con la malattia: il
tutto, in un ambiente il piu' possibile vicino a quello della quotidianita'
familiare. E proprio come a casa, niente pigiami obbligatori, niente pasti
in orari avvilenti, niente sveglie impossibili. Per migliorare quello della
vita. Anche da malati.

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Repubblica 17 ott. '01

CELLULE STAMINALI SUL CUORE PRIMO INTERVENTO IN ITALIA

L'operazione su due malati di ischemia miocardica in un ospedale vicino a
Venezia
GIOVANNI MARIA PACE
MILANO - Cellule staminali sono state impiantate, per la prima volta in
Italia, in due malati di ischemia miocardica (o diminuito afflusso di sangue
al cuore) non trattabili tradizionalmente. L'operazione, avvenuta l'11
ottobre ma annunciata ieri, e' consistita nell'iniettare tramite catetere le
cellule rigeneratrici direttamente nel muscolo cardiaco. Un simile
intervento era stato compiuto lo scorso agosto in Germania, ma infondendo
nelle arterie vicino al cuore cellule staminali di midollo osseo ricavate
dallo stesso paziente. Il trapianto italiano e' avvenuto all'ospedale di
Mirano (Venezia) a opera di una e'quipe formata da sanitari dello stesso
ospedale, di quello di Noale e del milanese San Raffaele. Tra due mesi si
avranno i primi riscontri sull'efficacia del trattamento. Mentre per sabato
prossimo e' previsto, sempre a Mirano, un intervento con cellule staminali
autologhe su un uomo anch'egli affetto da grave ischemia miocardica.
L'infarto, il diabete e il Parkinson sono le patologie in cui il trapianto
di "cellule madri" e' gia' a portata di mano. Nell'animale si era visto che
e' possibile stimolare la differenziazione di queste cellule, di per se'
totipotenti, nel tessuto specifico da riparare. Come dire che il contesto
umorale dell'organo che si vuole curare e' il sostrato per trasformare le
staminali nelle cellule dell'organo medesimo.
"Per arrivare al pieno sfruttamento dello straordinario potenziale", dice
Carlo Alberto Redi dell'universita' di Pavia, "e' necessario incrementare le
conoscenze sulla biologia delle staminali, soprattutto allo scopo di
sciogliere il nodo gordiano della fonte di approvvigionamento". La
commissione di esperti presieduta dal Nobel Dulbecco suggeriva, lo scorso
dicembre, di approfondire la tecnica del Trasferimento nucleare di cellule
staminali autologhe (Tnsa), la "via italiana" che assicurerebbe un adeguato
rifornimento di staminali senza doverle ricavare dall'embrione (e quindi
senza turbare la coscienze cattoliche). Il rapporto e' rimasto pero' nel
cassetto. "E' scandaloso", afferma il professor Redi, "non dare esecuzione a
un progetto scientifico che tende tra l'altro a non far perdere ulteriore
terreno all'Italia in un campo dalle grandi prospettive terapeutiche, nel
quale i governi stanno molto investendo". Tutti i governi occidentali, salvo
il nostro. "Quando la comunita' scientifica si ribello' all'allora ministro
dell'Agricoltura per il blocco imposto alla ricerca sul transgenico",
conclude Redi, "il candidato premier Berlusconi promise un congruo aumento
degli investimenti in scienza. La nuova Finanziaria prevede al contrario un
taglio del 58 per cento. In un mondo sempre piu' tecnologicamente
competitivo, questo significa scavarsi la fossa con le proprie mani".

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