DA "NATURE" DURE CRITICHE AL CNR

RICERCA, DECIDE LA DEA BENDATA
POSSA:"I FONDI PER LA RICERCA AUMENTANO"
UN APPELLO CONTRO I TAGLI ALLA RICERCA
"RICERCATORI, RESTATE ALL'ESTERO: QUI NON C'E' FUTURO"
MEDICINA: GLI ITALIANI SETTIMI PER PUBBLICAZIONI INTERNAZIONALI
VUOI I "CERVELLI"? FINANZIA LA RICERCA
LAUREE: CONDANNATA UNIVERSITA' PER RITARDO NELLA CONSEGNA
FINANZIARIA SVUOTA GLI ESAMI DI STATO
UNIVERSITA': UN PREMIO ALLO STUDENTE MODELLO
L'APPELLO PER LA SAPIENZA
APPELLO GIUSTO,MA ATTENZIONE AGLI SPRECHI CORPORATIVI
CAGLIARI: PSICOLOGIA SENZA AULE E DOCENTI
=========================================================
MEDICI, ESAME CON TIROCINIO
UN DECRETO SMANTELLA LA RIFORMA BINDI
SIRCHIA:GLI OSPEDALI DIVENTANO PRIVATI
SANATORIA TARGATA UE IN ARRIVO PER DENTISTI E FARMACISTI ITALIANI
SIRCHIA:"BIOTECH, UN PAESE IGNORANTE"
INFERMIERI, E' ALLARME SPESA
I MEDICI "AUTONOMI" IN RIVOLTA CONTRO OPPI
UN ANTIBIOTICO NATURALE NEL SUDORE
RICERCA USA: L' INTELLIGENZA VIENE EREDITATA DAI GENITORI
HIV:TROVATO IL MODO DI BLOCCARE I RECETTORI CCR5
CORNEA RIPARATA CON LE STAMINALI
=========================================================
__________________________________________________
Corriere della Sera 08 nov. '01

DA "NATURE" DURE CRITICHE AL CNR

Il presidente del massimo organo della ricerca italiana: "Si tratta di
accuse infondate"
MILANO - "Una macchia sulle riforme italiane". La rivista scientifica
britannica Nature cosi' titola l'editoriale che apre il numero in uscita
oggi puntando il dito contro il maggior organo di ricerca italiano, il
Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). E l'occasione e' la nomina dei
direttori di 21 istituti sui cento che attendono un nuovo vertice. Con le
scelte compiute, scrive la rivista, "si e' perduta l'occasione di migliorare
il prestigio del Cnr" aggiungendo che sono stati esclusi nella selezione
candidati piu' meritevoli. "Questo sistema - precisa - lascia spazio a
sospetti di voto di scambio; una cattiva abitudine che le riforme avrebbero
dovuto spingere il Cnr ad abbandonare". Le accuse sono pesanti e vengono
indicate come il fallimento in partenza della riforma varata l'anno scorso
dal massimo organo di ricerca diretto dal professor Lucio Bianco. Questa
prevedeva una riorganizzazione interna che raggruppando in un centinaio di
grandi istituti i 300 distribuiti nelle diverse Regioni, consentiva di
eliminare uno sbriciolamento che di fatto impediva di arrivare a quella
massa critica necessaria sia nelle risorse dei cervelli sia nella gestione
dei programmi. L'approccio seguiva quanto era gia' accaduto in altri Paesi:
anche il Max Planck Institute, equivalente tedesco del nostro Cnr e'
organizzato su 90 istituti nazionali.
La riforma prevedeva inoltre - analogamente a quanto avviene all'estero -
che alla direzione dei nuovi super-istituti potessero accedere anche
illustri scienziati stranieri, se qualcuno si fosse fatto avanti. Invece
nelle nomine effettuate finora - scrive Nature - tutti erano gia' direttori
dei vecchi istituti piu' piccoli. Ma non solo. Nel fare la scelta sono stati
esclusi candidati che avevano presentato 10 volte piu' titoli scientifici e
quindi avrebbero avuto maggiori diritti per essere preferiti. Insomma - si
fa notare - e' stato cancellato ancora una volta il criterio meritocratico a
lungo invocato che farebbe emergere i migliori cambiando le cose.
La selezione finale e' prerogativa del consiglio direttivo dell'ente formato
da otto specialisti di diverse discipline (dalla medicina alla
giurisprudenza) tenendo conto del parere delle commissioni istituite con
scienziati esterni le quali, pero', non possono esprimere una graduatoria ma
solo indicazioni sugli aventi diritto oppure no. E impedendo la
graduatoria - si dice - di fatto si e' impedita una selezione in base ai
meriti e alle capacita'.
Tra i nuovi direttori non c'e' alcun straniero forse perche' - nota
l'editoriale della rivista - non essendoci garanzia di risorse finanziarie
adeguate per la riforma e l'attivita' di ricerca le porte aperte in Italia
non sono molto attraenti agli occhi degli scienziati stranieri. Ma tra i
preferiti - si sottolinea - non c'e' nemmeno alcun studioso italiano scelto
al di fuori del Cnr stesso e questo suonerebbe come la conferma del sospetto
di un voto di scambio materializzato all'interno del consiglio direttivo
dell'ente.
"Mi sembrano accuse ingiuste e prive di fondamento - dice il presidente del
Cnr, Lucio Bianco -. Fino a questo momento sono stati individuati soltanto
21 dei 107 direttori e quindi prima di esprimere giudizi sarebbe bene
aspettare il completamento dell'opera. In secondo luogo, come prescrive il
bando di concorso, oltre le qualita' scientifiche si devono valutare pure le
prerogative manageriali che per la direzione di un istituto possono essere
anche piu' importanti. Quando il Cnr avra' completato le nomine sara' il
primo ad essere interessato a mettere in evidenza come le cose sono andate
per trarne utili indicazioni".

Giovanni Caprara
__________________________________________________
Corriere della Sera 5 nov. '01

RICERCA, DECIDE LA DEA BENDATA

Vediamo il primo punto, quello dell'entita' dei fondi per la ricerca.
Investiamo in questo settore meno dell'1 per cento del nostro prodotto
interno lordo, meno della meta' di quanto fanno molti Paesi ricchi e un
sesto di quanto fanno i Paesi ad alto sviluppo. Non so come vengano definiti
questi conti, ma ritengo che le cifre reali degli investimenti siano ancora
piu' basse. I fondi che vanno direttamente alla ricerca non saranno piu'
dello 0,2-0,3 per cento del prodotto interno lordo. Cio' e' assolutamente
inaccettabile. Ho appena affermato che la mancanza di fondi non e' l'unico
problema. Ma di certo e' un problema. L'abbondanza di investimenti serve ad
oliare gli ingranaggi del sistema. Nel campo della biomedicina, ad esempio,
la Germania venticinque anni fa era praticamente a terra. Una serie
massiccia di investimenti pubblici ha portato la ricerca biologica tedesca
ai primi posti, la successiva incentivazione alla formazione di compagnie
biotecnologiche private ha compiuto l'opera.
Il punto cruciale del nostro sistema e' tuttavia quello del mancato
riconoscimento del merito, tanto per cio' che riguarda i finanziamenti
quanto per lo sviluppo delle carriere. Il disconoscimento del merito prende
almeno due forme: la mancanza di un adeguato finanziamento dei progetti
migliori e la penalizzazione dei giovani. Alla fine dei conti vengono
finanziati, male, un po' tutti i progetti presentati.
Cosi' quasi nessuno dei finanziamenti e' sufficiente a far lavorare con
tranquillita'. Non tutti i soldi possono inoltre essere spesi con profitto,
data la cronica carenza di spazi e attrezzature. A progetto concluso nessuno
controlla la consistenza e l'importanza del lavoro fatto. E si ricomincia da
capo.
Il sistema non raggiunge il collasso perche', in questa gigantesca lotteria,
la dea bendata concede a quasi tutti qualche soldo per lavorare: tutti
finiscono con l'accontentarsi e c'e' qualcuno che, fortunatamente, fa anche
buon uso dei fondi che vengono assegnati.
Quelli che ci rimettono sono i piu' bravi e, quasi sempre, i piu' giovani.
Nei Paesi anglosassoni si puo' trovare facilmente un trentenne a capo di un
dipartimento di ricerca. Uno dei premi Nobel per la Medicina di quest'anno,
l'inglese Paul Nurse, e' stato messo a capo del prestigioso e ricchissimo
Imperial Cancer Research Institute di Londra a poco piu' di trentacinque
anni. Da noi un trentenne ottiene molto raramente dei finanziamenti e, se
pure li ottiene, incontra problemi enormi per poterli poi spendere in
maniera adeguata. Non conta niente, non ha grandi speranze di carriera e non
puo' fare piani per il futuro.
La mancanza di finanziamenti e, soprattutto, la mancanza di un'adeguata
pianificazione della spesa si riflettono poi nell'arretratezza delle
apparecchiature e nella scarsezza delle infrastrutture e di tutti quegli
aspetti organizzativi che sono oggi cosi' importanti nella ricerca.
Non si puo' fare niente per migliorare la situazione? Certo che si puo'.
Occorrono subito piu' soldi, almeno tre volte superiori a quelli attuali, ma
occorre anche un cambiamento di mentalita', un'apertura verso i giovani e la
valutazione del merito.
Per questo ci vorra' tempo, diciamo un piano di risanamento almeno
decennale, che investa si' l'organizzazione della ricerca, ma anche il
funzionamento delle Universita' e magari la visione che della ricerca e del
lavoro scientifico viene data gia' ai ragazzi della scuola media. Non si
tratta in fondo nemmeno di inventare tutto partendo da zero.
Basterebbe osservare quanto hanno fatto altre Nazioni e tentare di imitarne
gli aspetti piu' positivi. Chi vuole cominciare?

Edoardo Boncinelli
__________________________________________________
Il Sole24Ore 10 nov. '01

POSSA:"I FONDI PER LA RICERCA AUMENTANO"

di Guido Possa* Sulla stampa sono apparse allarmate dichiarazioni di
esponenti politici e di illustri membri della comunita' scientifica che
lamentano tagli alla ricerca per il prossimo anno. Le cose non stanno
affatto cosi'. Nonostante le ristrettezze della finanza pubblica, causate,
oltre al resto, da una congiuntura dell'economia mondiale aggravatasi
rispetto alle previsioni a seguito degli attacchi terroristici dell'11
settembre, le disponibilita' di spesa previste per il 2002 sono
sostanzialmente in linea con quelle del 2001. Vediamo piu' in dettaglio. Le
attivita' di ricerca a finanziamento statale possono essere distinte in
quattro categorie: attivita' di ricerca svolte nell'Universita'; attivita'
svolte dagli enti e dalle istituzioni pubbliche di ricerca, aventi per
ministero vigilante il Miur; attivita' svolte presso altri ministeri o enti
da essi vigilati; attivita' svolte da terzi (pubblici o privati) finanziate
mediante appositi Fondi (aventi prevalenti finalita' di promozione
industriale) con procedure di accesso concorsuali. Nel 2001 il finanziamento
complessivo di queste quattro voci e' ammontato a circa 13mila miliardi di
lire (pari allo 0,56% del Pil). La prima e principale rete di ricerca e'
costituita dalle universita'. Essa e' in grado di presidiare, con le
competenze di decine di migliaia di professori e ricercatori, l'enorme
varieta' di discipline in cui si e' ormai sviluppato lo scibile. Non e'
facile determinare a quanto ammonta il finanziamento pubblico delle
universita' statali da considerare dedicato alla ricerca. L'Istat finora lo
ha calcolato mediante una semplice formula, considerandolo pari al 50% delle
spese per il personale. Si tratta di una stima estremamente discutibile. Nel
prossimo futuro l'Istat introdurra' metodi di valutazione piu' appropriati
perche' basati su rilevazioni puntuali, sia pure a campione. Nel 2001 il
finanziamento dell'attivita' di ricerca delle universita' cosi' calcolato
assomma a 5.210 miliardi, ai quali vanno aggiunti 162 miliardi per i grandi
progetti di ricerca. In totale quindi il finanziamento della ricerca
universitaria ammonta a 5.372 miliardi (il 41% del totale di 13mila). Per
quanto riguarda il 2002 i finanziamenti dell'Universita' e di tutte le altre
categorie di ricerca sopra indicate saranno determinati dal combinato
disposto di due Ddl attualmente all'esame del Parlamento, il Ddl "Bilancio
di previsione dello Stato per l'anno 2002 e bilancio triennale 2002-2004" e
il Ddl "Legge Finanziaria 2002". Ovviamente non sappiamo quali saranno le
decisioni finali del Parlamento. Oggi come oggi possiamo solo limitarci a
considerazioni basate sulle proposte di allocazione delle risorse fatte nei
Ddl dal Governo. Il Fondo di finanziamento ordinario delle Universita', a
cui e' demandata la copertura delle spese di personale, viene elevato in
termini di competenza dalla disponibilita' 2001 (pari a 11.933 miliardi) a
12.100, con un incremento di 167. In termini di autorizzazione di cassa le
cose vanno ancora meglio: si passa dai 10.345 miliardi (disponibilita'
indicata nel bilancio assestato 2001) a 13mila, con un incremento di ben
2.655 miliardi. Il finanziamento del personale dell'Universita' nel 2002
sara' dunque senz'altro superiore a quello del 2001. La voce per i progetti
universitari di ricerca di rilevante interesse nazionale e' prevista invece
rimanere la stessa del 2001 (162 miliardi). Per gli enti e le istituzioni
vigilati dal Miur il complesso della spesa prevista quest'anno ammonta a
3.563 miliardi (il 27% del totale di 13mila). La voce principale e'
costituita dal Fondo ordinario per il funzionamento degli enti e istituzioni
di ricerca, tra cui sono compresi l'Asi (con 1.231 miliardi) e il Cnr (con
1.048), che ammonta a 2.455 miliardi. Nel 2002 il finanziamento complessivo
per questa categoria di spesa si attestera' all'incirca al livello dell'anno
scorso. Per le ricerche svolte presso i Ministeri diversi dal Miur (Sanita',
Attivita' produttive, Difesa e Ambiente) e presso enti da essi vigilati, le
spese previste per il corrente anno sono pari a 2.222 miliardi (il 17% del
totale statale). Anche queste spese di ricerca dovrebbero allinearsi ai
valori 2001. L'ultima categoria di finanziamento statale e' quella fatta a
sostegno diretto delle ricerche, in particolare di interesse industriale. La
spesa 2001 e' pari a circa 1.900 miliardi (il 15% del totale). Il
finanziamento avviene tramite appositi Fondi di ricerca, di cui i principali
sono il Far (Fondo per l'agevolazione della ricerca) e il Firb (Fondo per
gli investimenti in ricerca di base), posti sotto la responsabilita' del
Miur. Il Far prevede nel bilancio 2001 la disponibilita' di 1.387,5
miliardi, di cui pero' 957,5 riservati alle aree depresse. Nel 2002 i due
Ddl citati prevedono finanziamenti per un totale di 781 miliardi. Nelle
prossime settimane tuttavia il Cipe dovrebbe deliberare un importante
incremento della disponibilita' della sezione di questo fondo riguardante le
aree depresse. Il Firb e' stato finanziato nel febbraio 2001 mediante Dpcm
con 730 miliardi, utilizzando parte dei proventi ricavati dalle licenze
Umts. Il Presidente Amato all'atto della decisione aveva chiarito che tale
finanziamento avrebbe dovuto essere considerato valere per entrambi gli anni
2001 e 2002; in effetti i bandi per l'assegnazione delle risorse si sono
appena conclusi e l'assegnazione, non ancora iniziata, si protrarra' per
l'anno venturo. Confidiamo che le migliorate condizioni economiche del Paese
e della finanza pubblica consentano a fine 2002 di sviluppare
quell'incremento del finanziamento della ricerca che rimane un punto
fondamentale del programma di legislatura del Governo. Confermiamo gli
obiettivi indicati al Parlamento il 18 luglio scorso dal ministro Letizia
Moratti e cioe' il conseguimento a fine legislatura di una spesa statale di
ricerca non inferiore all'1% del Pil e la promozione di condizioni piu'
favorevoli per la ricerca privata, che consentano anche ad essa di pervenire
al livello dell'1% del Pil (dall'attuale 0,4%). Il dibattito sulla modesta
entita' dei finanziamenti statali, pur importante, tende tuttavia a far
passare in seconda linea gli altri problemi della ricerca italiana. Il piu'
grave e' senz'altro quello costituito dallo scadente, asfittico rapporto tra
sistema della ricerca pubblica e mondo produttivo, una delle cause del lento
ma progressivo deterioramento della posizione competitiva del nostro Paese
in termini di prodotti e servizi di alta tecnologia sui mercati
internazionali. Nei Paesi industriali piu' avanzati la ricerca pubblica e'
uno dei motori importanti dell'innovazione del sistema produttivo; da noi
purtroppo le cose non stanno cosi'. Per attenuare questa patologia, che, a
pensarci bene, e' una delle cause che hanno portato la spesa pubblica in
ricerca a essere in Italia cronicamente inferiore a quello che dovrebbe,
faciliteremo in tutti i modi l'instaurarsi tra pubblico e privato di
collaborazioni, sinergie, trasferimenti di conoscenze, passaggi di
ricercatori. Le universita', gli enti e le istituzioni di ricerca sono
chiamati a esercitare, attraverso la loro attivita', un ruolo di primo piano
nell'innovazione del sistema Paese, sviluppando, la' dove possibile, un
proficuo rapporto con il mondo produttivo. * Viceministro dell'Istruzione,
dell'Universita' e della Ricerca
__________________________________________________
Le Scienze 06 nov. '01

UN APPELLO CONTRO I TAGLI ALLA RICERCA

Gia' raccolte seimila firme di sostegno tra cui quelle di nomi illustri
Ridare fiato alla ricerca scientifica con nuovi investimenti e cancellare le
proposte di tagli nella Finanziaria appena presentata al Senato. E' un
segnale forte quello che chiede l'Adi, Associazione dottorandi e dottori di
ricerca italiani, al Governo e al Parlamento.
Chiunque puo' sottoscrivere via Internet l'appello diffuso venerdi' scorso.
Grazie al passaparola dei ricercatori, in pochi giorni sono gia' state
ampliamente superate le seimila firme, fra le quali nomi illustri come il
premio Nobel Renato Dulbecco, Marherita Hack, Carlo Bernardini e l'ex
ministro Berlinguer.
Nell'appello l'Adi chiede "non solo che dalla Legge Finanziaria vengano
eliminate tutte le proposte di tagli alla spesa per il sistema
dell'Universita' e della Ricerca Scientifica e Tecnologica", ma anche "un
investimento politico forte in questo settore strategico".
"L'Italia", scrive ancora con preoccupazione l'Adi, "e' gia' il fanalino di
coda dell'Europa investendo l'1,03 per cento del PIL in ricerca, contro il
2,2 per cento della media europea. Un divario che andrebbe colmato d'urgenza
anziche' ulteriormente ampliato."
A sostegno delle loro preoccupazioni, i giovani ricercatori forniscono dati
che dimostrano come il problema della ricerca italiana non sia affatto la
ventilata inefficienza del settore quanto l'esiguita' delle risorse
economiche e umane che la meta' della media europea.
Fra i sostenitori dell'appello, oltre a un forte nucleo di giovani
(studenti, dottorandi, ricercatori), anche molti professori e ricercatori
che lavorano all'estero (i famosi "cervelli in fuga") ed esponenti della
societa' civile.
__________________________________________________
Il Messaggero 31 Ott. '01

"RICERCATORI, RESTATE ALL'ESTERO: QUI NON C'E' FUTURO"

Allarme del rettore della "Sapienza": le strutture tecnico-scientifiche sono
in pericolo, gli studenti non entreranno nel mercato del lavoro
D'Ascenzo: "La Finanziaria ha tolto centinaia di miliardi all'Universita':
laboratori e biblioteche a rischio"
di RAFFAELLA TROILI
Ragazzi, non c'e' una lira. Sforneremo pochi "cervelli" e quelli gia'
esistenti farebbero bene a rimanere dove stanno: all'estero. Un consiglio da
papa', piu' che da rettore della piu' grande universita' d'Europa. Poco
Magnifico ma molto realista, Giuseppe D'Ascenzo, ha trasformato una noiosa
conferenza stampa in un accorato grido d'allarme: "L'Universita' italiana
rischia di non poter piu' funzionare per mancanza di fondi". E per chi non
avesse capito: "Le strutture tecnico-scientifiche, i laboratori e le
librerie sono in pericolo e se continua cosi' gli studenti delle facolta'
scientifiche non avranno nessuna possibilita' di entrare nel mercato del
lavoro, le aziende dovranno andarsi a cercare gli ingegneri inglesi e
francesi come accadeva quindici anni fa".
E scordiamoci di rivedere a casa nostra i ricercatori. "O si garantisce loro
lo stesso livello economico che hanno all'estero o addio". Come ha detto
addio D'Ascenzo, pochi giorni fa, a un giovane studioso della Sapienza. "Mi
ha telefonato dicendo che li' a Houston gli avrebbero dato 4 mila dollari al
mese. E' chiaro che gli ho detto di accettare, qui avrebbe preso un milione
e 600 mila, al massimo due milioni e 200. Poveri ricercatori, dopo essersi
ammazzati di studi... Il fatto e' che ci sono ancora tanti fresconi che
amano fare la ricerca".
E' tornato a parlare Giuseppe D'Ascenzo. Ieri ha rotto un silenzio a volte
imbarazzante, snocciolando scoraggiato le cifre di quello che definisce il
"sacrificio accademico". Ventuno miliardi in meno in bilancio per il 2002 -
stando agli stanziamenti della Finanziaria - 397 miliardi in meno nel 2003 e
altri 794 in meno nel 2004 (e la Sapienza rappresenta una fetta del 10% nel
panorama universitario italiano). Sono proiezioni della conferenza dei
rettori, e "prefigurano una situazione drammatica che portera' a un
impoverimento preoccupante delle strutture per la ricerca. Vuol dire
laureare studenti in 3 anni ma non sufficientemente preparati per essere
competitivi sul mercato. La politica che riduce i fondi per l'universita' e'
una politica suicida".
Schiacciato dalle polemiche sugli aumenti delle tasse d'iscrizione,
dall'autonomia che per ora "vuol dire solo pagare stipendi al personale" e
dalla riforma del 3+2 che "doveva essere a costo zero, ma cosi' non e'", il
rettore e' passato al contrattacco. "Ho raschiato i soldi da tutte le parti
per non andare a colpire gli studenti e le loro famiglie. Cerchero' di
allargare la fasciazione, evitare ulteriori aumenti ma se non ci arrivano
altri introiti il livello dell'universita' tendera' a scendere. E' il
discorso piu' crudo che si puo' fare in una nazione". D'Ascenzo lo invia
dritto e forte al Governo: "O si capisce che l'universita' e' il midollo di
una nazione e che la futura classe dirigente va formata come si deve, o il
quadro si fa davvero disperante. E non piangiamo per la fuga di cervelli: o
si garantisce ai ricercatori lo stesso livello economico offerto dall'Estero
o in Italia non ce li riporteremo mai".
Ma il discorso del rettore tocca una per una, tutte le cariche del suo
mondo: "Un professore ordinario, il massimo che si possa diventare qui
all'universita', arriva a uno stipendio di 6 milioni e 600 mila lire. E non
dite che fanno dell'altro, perche' il 60 per cento esercita solo l'attivita'
universitaria". Per parlare di dove stanno andando universita' e ricerca, la
Sapienza ha chiesto un incontro al ministro, Letizia Moratti. "Se ci riceve
bene, altrimenti sono disposto a scendere in piazza con gli studenti".
All'incontro - ha precisato - ci sara' anche una delegazione degli
universitari. E l'avvertimento arriva come una doccia fredda: "Attenti a un
nuovo Sessantotto. Tra gli studenti c'e' tensione palpabile anche perche'
hanno preso coscienza che l'universita' e' determinante nella loro esistenza
e vogliono partecipare alla sua vita".
Su questo lui ha appena trovato "un grande accordo con gli universitari.
Abbiamo intenzione di muoverci insieme per far si' che il Governo capisca
che l'Universita' e' l'unico bene che ha, e che questa riforma che vuole
immettere studenti sul mercato il prima possibile, deve anche far si' che
sul mercato ci sappiano stare, che abbiano un bagaglio culturale adeguato".
Trattative in corso invece sulle tasse. "Stiamo limando le antitesi,
inaugurando una fase di concertazione in linea con una filosofia di totale
trasparenza nella gestione della Sapienza". All'insegna di un rapporto piu'
stretto, i ragazzi di "inChiostrorosso" (che hanno vinto il ricorso al Tar
contro gli aumenti), i rappresentanti degli studenti e il rettore si
incontreranno di nuovo tra una decina di giorni. "Mi porteranno le loro
proposte, ne discuteremo. E una commissione paritetica studenti-consiglio
d'amministrazione vedra' di capire se ci sono spese superflue da tagliare".
L'obiettivo e' sempre quello: evitare altri aumenti delle tasse. Ieri il
rettore ha precisato che considera valida la delibera del 10 luglio con cui
il cda in presenza degli studenti ha approvato un ritocco alle rette e che
la sentenza del Tar e' andata al di la' di quello che chiedevano gli
studenti. "L'universita' va tutelata e lo sta facendo l'Avvocatura. Le tasse
potrebbero essere modificate in assestamento di bilancio, ho assicurato che
la fasciazione verra' allargata, per favorire i piu' deboli, a partire dai
fuori sede".
__________________________________________________
Il Sole24Ore 6 Nov. '01

MEDICINA: GLI ITALIANI SETTIMI PER PUBBLICAZIONI INTERNAZIONALI

Al settimo posto nel mondo gli studi di connazionali pubblicati dalle piu'
qualificate riviste medicheRicerca, Italia in saluteMa cresce l'allarme
sulla scarsita' di risorse: appello al Governo con 5.200 firme Marzio
Bartoloni
(NOSTRO SERVIZIO) ROMA - Sorpresa: se la lingua della medicina resta
l'inglese, tra i ricercatori piu' influenti e apprezzati nella letteratura
scientifica medica internazionale spiccano, sempre di piu', nomi e cognomi
italiani. I nostri cervelli si guadagnano, infatti, il settimo posto al
mondo per produttivita' nelle piu' autorevoli riviste mediche. E sono i
ricercatori che, negli ultimi quattro anni, hanno ottenuto piu' di tutti il
consenso dei colleghi stranieri. Sottoposta al gioco dell'assenza di
adeguate risorse finanziarie, la ricerca made in Italy arranca nei gradini
piu' bassi delle classifiche internazionali. E i nostri scienziati emigrano,
difficilmente trattenuti da un sistema di R&S spesso del tutto inadeguato.
Ed e' per questo che arriva in qualche modo inattesa la notizia di un
primato italiano nel settore. A rivelarlo e' l'Institute for scientific
information (Isi), un organismo internazionale che raccoglie e cataloga i
dati estratti dalle 5mila piu' prestigiose riviste scientifiche al mondo.
Secondo l'Isi l'"impatto" degli studi di ricerca medica made in Italy -
calcolato in base al rapporto tra articoli pubblicati e citazioni da parte
degli altri ricercatori - conquista un piazzamento d'onore nella "top ten"
mondiale. Ed e' quello cresciuto piu' di tutti fino al 1998, ultimo anno per
il quale sono disponibili i dati. Una crescita soprattutto di qualita'. Per
la nostra ricerca medica sembra, infatti, valere la vecchia regola del "poco
ma buono": gli studi italiani che guadagnano l'ambita pubblicazione - su
giornali come "Lancet" o il "British medical journal" - non sono piu'
numerosi di altri Paesi. Ma, in molti casi, sono piu' apprezzati e citati
nella letteratura medica. Una regola, questa, che vale anche per la
sorprendente Svezia, che e' al primo posto per l'impatto degli studi dei
suoi ricercatori. Anche davanti agli Usa, che da soli sono "responsabili"
della produzione della meta' degli articoli scientifici pubblicati in tutto
il mondo. Ad anticipare le attese classifiche e' la rivista "Psychotherapy
and Psychosomatics" - in uscita in questi giorni - in uno studio messo a
punto da un pool di ricercatori (Giovanni Fava, Fedra Ottolini e Nicoletta
Sonino). Una ricerca che mette in luce i sorprendenti risultati italiani,
concentrati soprattutto sul fronte della medicina. Mentre per la maggior
parte delle altre discipline scientifiche, restiamo ancora indietro. La
ricerca medica come uno degli ultimi baluardi della scienza italiana,
insomma. "Un rendimento cosi' positivo - avverte Giovanni Fava, docente di
Psicologia clinica all'Universita' di Bologna, ricercatore tra i piu' citati
all'estero - e' indicativo della grande potenzialita' dei ricercatori
italiani, malgrado lavorino in condizioni particolarmente avverse". Un
rendimento per il quale bisogna ringraziare - secondo Alessandro Liberati,
direttore del Cochrane Italia (associazione per la ricerca sull'efficienza
dell'assistenza sanitaria) - "quei gruppi di ricercatori che sono riusciti,
beneficiando delle strutture del Servizio pubblico, a raggiungere risultati
di eccellenza spendendo poco". Ma attenzione, avverte ancora: "Questa
stagione ora e' ad alto rischio: i fondi cominciano a essere troppo pochi".
Gli ultimi segnali sul finanziamento della nostra ricerca non sembrano,
infatti, promettere svolte decisive per un settore cosi' strategico, da
sempre condannato a fare i conti con stanziamenti al contagocce. A lanciare
l'ultimo allarme sono i dottorandi e i dottorati italiani (Adi) che, in un
recente appello al Governo nel quale chiedono piu' risorse, hanno minacciato
di fare i bagagli in cerca di quelle "oasi" della ricerca che in Italia
sembrano mancare. Finora sono state raccolte 5.200 firme. Tra queste anche
quelle prestigiose di due Nobel per la medicina: Renato Dulbecco e Rita Levi
Montalcini.

__________________________________________________
Il Sole24Ore 03 nov. '01

VUOI I "CERVELLI"? FINANZIA LA RICERCA

Il tema dello scarso interesse della politica per la ricerca e l'innovazione
tecnologica e' come al solito ritornato all'attenzione in occasione della
discussione sulla Legge finanziaria. E' quasi un appuntamento fisso poiche'
gli immancabili proclami fatti durante l'anno vengono quasi sempre
puntualmente smentiti. Ma non voglio unirmi al coro di proteste e di
lamenti. E' da circa quindici anni che seguo questo rito che ormai mi e'
venuto a noia come ogni cosa inutile. Vi e' pero' un aspetto specifico della
politica della ricerca su cui vale la pena di ritornare sia perche' e'
centrale sia perche' colpisce particolarmente la sensibilita' del cittadino:
il tema del rientro dei cervelli italiani. In realta' si tratta di un falso
problema. La globalizzazione ha trasformato ormai il tema della migrazione
dei cervelli in un problema di gestione della mobilita' dei cervelli per
ottimizzare la qualita' delle risorse umane dedicate alla ricerca. Oggi i
cervelli circolano e non emigrano. In termini non sempre permanenti i
ricercatori si spostano dove vi sono le migliori condizioni per svolgere la
loro ricerca. Quindi occorre porsi non una, ma due domande, e cioe': perche'
i ricercatori italiani emigrano quasi sempre in maniera permanente e perche'
i ricercatori stranieri di grande livello non vengono piu' a lavorare in
Italia? Ho detto non vengono piu', poiche' alla fine degli anni 40, mentre i
giovani Levi Montalcini, Dulbecco, Segre emigravano verso gli Stati Uniti,
in parallelo il premio Nobel Chan e il futuro premio Nobel Bovet venivano a
lavorare a Roma all'Istituto superiore di Sanita'. Il problema e' quindi la
crisi strutturale che si e' creata in Italia negli ultimi decenni. Il
modello italiano del mondo della ricerca non e' piu' attraente. Non vi e'
quindi da meravigliarsi della trascurabile risposta dei ricercatori italiani
alla recente operazione "rientro dei cervelli" (si veda "Il Sole-24 Ore" del
27 ottobre) con cui, stanziando 120 miliardi - meta' per pagare gli stipendi
e meta' per finanziare i programmi di ricerca - si intendeva dare una dote
per tre anni a ricercatori sia italiani sia stranieri che volessero venire a
lavorare in Italia. E non vi e' neanche da stupirsi se la maggior parte dei
ricercatori stranieri che ha risposto a questa proposta non viene dagli Usa,
dalla Francia o dai Paesi del Nord Europa, ma viene dai Paesi dell'Est e in
particolare da quelli dell'ex Unione Sovietica. Dal punto di vista
dell'opportunita' di poter condurre una ricerca di adeguato livello,
l'Italia appare ormai attraente solo a chi, pur ottimo ricercatore, opera in
Paesi strutturalmente e finanziariamente ai limiti della sopravvivenza. E
allora che fare? Il vero problema non e' la fuga dei cervelli, ma
l'inadeguatezza del sistema strutturale e funzionale e la scarsita' di
risorse e di infrastrutture. E' evidente che non si puo' risolvere il
problema solo con un maquillage, come l'operazione "rientro dei cervelli",
ma che occorre affrontarlo con ferma decisione. L'analisi di che cosa fare
e' elementare. Basta trovare risposte operative alla domanda: che cosa
chiede un giovane ricercatore? Chiede di lavorare in un Paese in cui la
scienza sia vista dai politici, dai media e quindi dal cittadino come un
fattore di progresso e non come un pericolo. In un Paese dove vi sia la
liberta' di ricerca e dove non basti un piccolo gruppo di "talebani" verdi
per imporre il chador alla ricerca agrobiotecnologica. In un Paese dove il
riconoscimento del proprio lavoro permetta di crescere rapidamente e quindi
la carriera non sia legata all'anzianita'. In un Paese dove si riconosca che
la professione del ricercatore e' meritocratica e non piattamente
egualitaria. In un Paese dove la politica e l'industria riconoscano che la
ricerca e' un investimento per il futuro e non una spesa. In un Paese dove
le risorse non vengano parcellizzate per fare tutti contenti ma siano
concentrate su temi forti e su strutture competitive e rilevanti per la
Nazione e su chi ha dimostrato di poter raggiungere l'eccellenza. In un
Paese dove l'eccellenza non sia frutto di un'autovalutazione, ma di un
riconoscimento internazionale. In un Paese dove un giovane ricercatore non
debba vivere come un asceta, con stipendi da fame, ma veda riconosciuto sia
finanziariamente sia socialmente il proprio ruolo nella moderna societa'. In
conclusione, in un Paese flessibile che realmente faccia parte di un sistema
globale di ricerca, perche' nell'ambito della ricerca l'Italia si sta
allontanando a poco a poco dai grandi flussi della "circolazione dei
cervelli". Quindi non basta offrire una dote per tre anni per far ritornare
i nostri ricercatori. Occorre pensare piu' in grande con una operazione
"rifondiamo il sistema e rivalutiamo la ricerca". Solo operando con grande
coraggio e se necessario con metodi bruschi, come spesso si fa nei
turn-around aziendali, si potranno ricreare quelle condizioni strutturali e
funzionali per cui i cervelli sia italiani sia stranieri migreranno di nuovo
verso l'Italia. Sono le condizioni che possono permettere sia a un giovane
ricercatore sia a un ricercatore di fama mondiale di competere con
sufficienti speranze e con adeguate masse critiche sia finanziarie sia
strutturali nella durissima, ma esaltante competizione globale della grande
scienza.
Renato Ugo
Universita' degli Studi di Milano
__________________________________________________
Il Messaggero 6 nov. '01

LAUREE: CONDANNATA UNIVERSITA' PER RITARDO NELLA CONSEGNA

Lauree: la lentezza delle Universita' nella consegna del diploma originale
e' stata condannata, forse per la prima volta, a Roma. La decisione e' di un
giudice di pace che ha dato ragione ad un giovane avvocato che ha aspettato
piu' di dieci anni per avere finalmente in mano l'attestato di laurea "vero"
rilasciato dall'Universita' di Tor Vergata. Dopo aver discusso la tesi, nel
1990, Ivano Cimatti, ha chiesto piu' e piu' volte all'universita' il diploma
in versione orinale e, dieci anni dopo, se ne e' visto consegnare uno
intestato a tal Ivana Cimatti. Ha chiesto la correzione e si e' rivolto al
giudice di pace che ha contestato la lentezza nel rilascio e l'errore.
L'ateneo condannato anche a 200mila lire di risarcimento danni.
__________________________________________________
Il Sole24Ore 05 nov. '01

FINANZIARIA SVUOTA GLI ESAMI DI STATO

Scuola - Il Ddl elimina i membri esterni dalle commissioni e priva di
significato gli scritti, specie il terzo a quiz, l'orale e i crediti La
Daniela Girgenti
Poche righe della Finanziaria per il 2002 stanno per modificare in modo
radicale l'attuale versione degli esami di Stato, anche se non molti se ne
sono accorti. L'attenzione dei media e delle organizzazioni sindacali si e',
infatti, concentrata quasi esclusivamente sulla modifica agli organici e
sull'ipotesi (poi cambiata) di aumento dell'orario di servizio dei docenti
da 18 a 24 ore. E' soprattutto su questi punti che e' stato proclamato lo
sciopero generale del personale scolastico per il 12 novembre. La modifica
alla composizione delle commissioni degli esami finali delle scuole
superiori e' passata cosi' sotto silenzio. Eppure l'abolizione dei
commissari esterni agli esami di Stato stravolge di fatto, in corso d'anno,
lo svolgimento delle prossime prove e la loro totale struttura. Vediamo
perche'. Nell'ultima versione del comma 7 dell'articolo 13 della Finanziaria
2002 approvato in commissione al Senato lo scorso 31 ottobre cosi' si legge:
"La commissione di cui all'articolo 4 della legge 10 dicembre 1997, n. 425,
e' composta dagli insegnanti delle materie di esame della classe del
candidato per le scuole del servizio nazionale di istruzione. Il dirigente
regionale competente nomina il presidente fra il personale docente e
dirigente delle scuole secondarie superiori per ogni sede d'esame. Con
decreto del ministro dell'Istruzione, dell'universita' e della ricerca, si
provvede alla determinazione del numero dei componenti la commissione di
esame. Per la corresponsione dei compensi previsti dall'articolo 4, comma 5,
della legge 10 dicembre 1997, n. 425, il limite di spesa e' fissato in 40,24
milioni di euro". Il risparmio. Uno dei motivi per utilizzare solo i docenti
interni delle classi dei candidati e' il risparmio nel bilancio dello Stato
di 129,12 milioni di euro (circa 250 miliardi di lire). Infatti, la spesa
nazionale per compensi e missioni del personale docente e direttivo per lo
svolgimento degli esami di Stato passerebbe da 165.266.208 euro
(320miliardi), spesi per l'edizione 2001, a 40,24 milioni di euro (circa 78
miliardi). La valutazione. Un altro principio che e' stato addotto per la
riforma delle commissioni e' il basso numero di bocciati agli esami finali:
negli ultimi anni, infatti, (si vedano le tabelle) gli studenti che non
hanno superato le prove si e' attestato tra un minimo di 3,6% della
maturita' 2001 e un massimo di 6,7% dell'edizione del 1996. A questo punto
ci si e' chiesti che senso abbia spostare migliaia di insegnanti per
ottenere quasi una promozione di massa. Le conseguenze. Cambiare la
composizione delle commissioni passando dalle attuali, che contano in egual
numero membri interni ed esterni piu' un presidente esterno, a commissioni
con tutti i membri interni piu' un presidente esterno per commissione o
addirittura per istituto (questo punto ancora non e' stato chiarito),
riforma, pero', di fatto la stessa struttura degli esami di maturita'. Che
significato mantengono, infatti, le due prove scritte, quella di italiano e
l'altra relativa a una materia di indirizzo, se la correzione viene affidata
unicamente a professori che hanno gia' corretto e valutato gli elaborati
degli studenti durante l'anno scolastico? Che senso ha la terza prova
pluridisciplinare sulla conoscenza delle materie dell'ultimo anno di corso
se i membri delle commissioni sono tutti interni e conoscono e hanno gia'
espresso un giudizio, disciplina per disciplina, su tutti gli studenti? La
commissione mista, interni ed esterni, utilizzava la terza prova per
"saggiare" la preparazione complessiva del ragazzo. Adesso diventa inutile.
Anche il colloquio ha perso il suo significato: diventa solo un momento di
stress che non aggiunge nulla alla conoscenza dei docenti sul candidato. I
crediti scolastici e formativi. Perdono la loro valenza anche i crediti
scolastici e formativi, nati per "presentare" lo studente alla commissione e
per evitare episodi di valutazioni finali contraddittorie con l'andamento
della carriera scolastica e con l'impegno dimostrato durante il corso di
studi. Si tratta di un patrimonio di punti che ogni studente costruisce
durante gli ultimi tre anni di corso e contribuisce, per un quinto (la
votazione massima che si puo' conseguire e' infatti di 20 punti) a
determinare il voto finale dell'esame di Stato (massimo 100/100). Quindi,
anche i crediti non servono a nulla dato che i docenti hanno gia' le idee
chiare sui loro studenti. Insomma, la Finanziaria per il 2002 nei fatti
"rivoluziona" l'intero esame di Stato, la cui riforma - varata a fine del
1997 e applicata a partire dal 1998 - e' costata ben 30 anni di accesi
dibattiti, una miriade di disegni di legge, dure battaglie in Parlamento. Ma
a nessuno sembra importare piu' di tanto.

Piuttosto e' meglio abolirli
di Dario Antiseri
L'articolo 13, comma 7, della Finanziaria 2002 stabilisce che la commissione
per l'esame di maturita' "e' composta dagli insegnanti delle materie d'esame
della classe del candidato. Il dirigente regionale competente nomina il
presidente tra il personale docente e il dirigente delle scuole secondarie
superiori, per ogni sede d'esame". Un tratto di fondo della mentalita'
razionale consiste, come si sa, nell'attenzione alle conseguenze. E, dunque,
quali sono le prevedibili conseguenze di una simile misura? La prima e piu'
evidente e' che lo Stato risparmiera' sui 130 milioni di euro circa.
Senonche', intrecciate a questa conseguenza di ordine economico, esistono, a
mio avviso, conseguenze negative per quanto concerne la formazione dei
giovani e il funzionamento del nostro sistema scolastico. Viene subito da
chiedersi: quale giudizio diverso dallo scrutinio finale potranno mai dare
quei docenti che accompagnano e giudicano all'esame di maturita' i loro
propri allievi? E che tipo di controllo esercitera' mai un presidente di
commissione esterno il quale ha l'esclusivo compito di organizzare e
coordinare le operazioni dell'esame? La prova nella vita come nella scienza
si ha dove si rischia: dove si rischia di fare fallimento. E chi sa che
dovra' affrontare una vera prova si impegnera' per poterla dignitosamente
superare, si responsabilizzera'. Ha da sempre costituito un serio motivo di
impegno per le scuole statali e non statali il controllo "esterno" sul
lavoro svolto con i giovani dai docenti interni di questa o quella scuola.
Eliminare questo tipo di controllo equivale a trasformare un imputato in
giudice, e questo va detto con la piu' sincera ammirazione per quegli
insegnanti che sanno essere i piu' severi giudici di se stessi, sempre
pronti ad apprendere dai propri errori e da quelli altrui. Il ministro
Moratti e' seriamente impegnata in uno sforzo teso a innalzare la qualita'
della nostra scuola, ma penso che tutti dovremmo riflettere sul fatto che la
proposta inclusa nell'articolo 13 della Finanziaria non costituisce affatto
uno strumento in grado di aiutare la nostra scuola a migliorarsi. A questo
punto diventa non solo opportuno ma necessario abolire l'esame di maturita'
e sostituirlo con una certificazione attestante quanto a scuola si e' fatto
e come lo si e' fatto, e le competenze acquisite dagli allievi. Dopodiche'
saranno o il mondo del lavoro o le universita' a giudicare le singole scuole
e a stabilire, nel giro di pochi anni, quali funzionano e quali no: il mondo
del lavoro con la verifica di quanto sanno e sanno fare i giovani che
aspirano a entrare in azienda ovvero nelle amministrazioni pubbliche e
private; le universita' con test di ingresso per le singole facolta', vale a
dire con prove che - oltre a un indispensabile patrimonio di cultura
generale (di storia, economia, diritto, filosofia, per esempio) - accertino
livelli standard di conoscenze richieste affinche', nel prosieguo degli
studi, non venga alimentato il fenomeno degli abbandoni e affinche', allo
stesso tempo, non si sia costretti, a motivo di una preparazione non
adeguata, ad abbassare ulteriormente il livello formativo di non pochi corsi
di laurea. La meta non dovra' essere l'ingannevole rito di un esame di
maturita', ma il sicuro possesso di competenze; non piu' un "diploma di
maturita'", che non di rado copre tante e vistose immaturita' e che, mentre
da' ai diplomati il diritto formale di poter scegliere qualsiasi corso di
laurea, di fatto e' esattamente poco piu' che "un pezzo di carta", un
biglietto d'ingresso per mezzo del quale si vanno ad affollare Facolta' e
corsi di laurea ormai configurabili come autentiche fucine di disoccupati.
Non da' da pensare il fatto che da noi si stanno svuotando i corsi di laurea
in matematica e che sono stracolmi quelli di sociologia o di psicologia? Che
cosa faranno, che fine faranno tutti quegli studenti che a migliaia e
migliaia affollano i corsi di laurea e le facolta' di scienze della
comunicazione? E, per altro verso, come mai, tramite ristrettissimi numeri
chiusi, le facolta' di medicina proibiscono a tanti giovani di diventare
dentisti? E' forse piu' urgente per il nostro Paese avere piu' dentisti meno
esosi o essere invasi da comunicatori frustrati e sfaccendati? Se la
proposta dell'abolizione dell'esame di maturita' dovra' apparire, per
ragioni che non vedo, troppo "azzardata", allora dovremmo, secondo me,
riprendere tra le mani l'attuale legge sull'esame di maturita', depurarla
dei suoi difetti (con il ripristino, per esempio, della centralita' del tema
argomentativo), stabilendo commissioni composte da tutti professori
"esterni", elemento questo ancor piu' urgente in regime di autonomia
scolastica. Scuole serie non temono nessun controllo, anzi saranno ben liete
di esporsi ai piu' rigorosi controlli. E una scuola capace di motivare i
giovani a un lavoro severo, a un impegno quotidiano in grado di arricchirli
moralmente e intellettualmente e' il dono piu' bello di noi adulti nei loro
confronti.
__________________________________________________
Il Sole24Ore 28 Ott. '01

UNIVERSITA': UN PREMIO ALLO STUDENTE MODELLO

Oltre che con assegni, il merito viene incentivato attraverso sconti o
esoneri dai contributi
I diplomati migliori di quest'anno che decideranno di iscriversi a La
Sapienza di Roma potranno chiedere di ricevere una delle 2mila borse di
studio del valore di 516,45 euro (un milione di lire), che l'universita'
romana ha stanziato per gli studenti meritevoli. L'ateneo, inoltre,
assegnera' 183 borse per merito, del valore di 1.291 euro (2,5 milioni di
lire) a cui possono concorrere gli studenti iscritti all'ultimo o penultimo
anno di corso, per trascorrere un periodo all'estero di almeno due mesi. Non
altrettanto "premiati", almeno finora, gli iscritti migliori nel resto
d'Italia, secondo quanto risulta dall'indagine messa a punto dal Sole-24 ore
del lunedi' interpellando 50 atenei, a cui hanno dato risposta quelli
segnalati nella tabella. La Sapienza, che e' l'universita' italiana con il
maggior numero di iscritti (quasi 152mila lo scorso anno), ha deciso, dopo
l'aumento della tassa d'iscrizione, di attribuire una borsa in denaro ai
piu' meritevoli "perche' - spiega il capo ripartizione studenti Rosalba
Natale - riteniamo importante un riconoscimento al merito, venuto in parte a
mancare con la riforma". Altre esperienze. Tra i poli che hanno deciso di
dare riconoscimenti agli studenti modello c'e' anche la Liuc di Castellanza
che, sin dalla sua costituzione, stanzia in proprio borse di studio;
quest'anno ne saranno assegnate 143, ciascuna per un valore compreso tra i
1.549 e i 3.098 euro (da tre a sei milioni di lire). Gli assegni vengono
attribuiti in base a tre criteri: rendimento scolastico, risultato del test
di ammissione e voti d'esame. Camerino, lo scorso anno, ha stanziato 95
borse di studio per un importo complessivo pari a 85.215 euro di cui 45 sono
chiamate "borse di eccellenza" e si rivolgono ai neodiplomati. "Abbiamo
introdotto questi incentivi nel 1998 - spiega il rettore Ignazio Buti - per
garantire ai migliori accoglienza residenziale nonostante il terremoto, e
per attrarre nel nostro ateneo giovani brillanti". Il diritto alla borsa non
decade se lo studente mantiene alto il proprio rendimento nel corso degli
anni. Alle volte, le facolta' si "sostituiscono" all'ateneo, predisponendo
borse di studio in proprio. E' il caso, ad esempio, della facolta' di fisica
di Roma Tor Vergata e della facolta' di scienze dell'Universita' della
Calabria che ha creato la fondazione Calabria scienza oggi, che eroga dieci
borse di studio al merito. Altri sconti. Altri incentivi al merito sono
sconti o esoneri dalle tasse, applicati da 17 atenei sui 29 che hanno
risposto all'inchiesta. In alcuni poli questi incentivi devono essere
espressamente richiesti; in altri, invece, vengono applicati
automaticamente. Milano Bicocca, ad esempio, applica un taglio sulle rate
universitarie di 161,65 euro (313.000 lire) a tutti i diplomati con 60/60.
Bologna, invece, ha da tempo scelto una via piu' articolata per "spronare" i
meritevoli: i suoi studenti migliori possono essere ammessi al Collegio di
eccellenza, nato nel 1989 grazie all'aiuto della Fondazione della Cassa di
Risparmio di Bologna. Qui godranno di ospitalita', assistenza personalizzata
agli studi, frequenza a corsi aggiuntivi in ambiti disciplinari diversi da
quelli del corso di laurea prescelto, oltre a un assegno annuo di 2.585 euro
(5 milioni di lire) e all'esenzione totale dalle tasse universitarie. "Il
Collegio ha un duplice scopo - spiega il direttore Dario Braga -: inserire
gli studenti in un circuito interdisciplinare, complementare al corso di
studi, e creare un "lievito", uno stimolo culturale, all'interno di un
ateneo di massa". La prova di ammissione e' molto selettiva e prevede un
test di cultura generale, una prova scritta, una prova di lingue e un
colloquio. "Noi vogliamo selezionare giovani che hanno una vera e propria
vocazione allo studio - racconta Braga -. Durante la permanenza nel Collegio
gli studenti devono mantenere i loro livello di eccellenza. Attualmente il
collegio ne conta 77 (se ne sono persi solo tre in tre anni!), l'obiettivo
e' di arrivare a 150 entro un trennio". Il diritto allo studio. Tutte queste
iniziative varate in proprio dalle singole universita' a caccia di studenti
modello si aggiungono, senza sovrapporsi, alle borse di studio che vengono
assegnate ogni anno agli iscritti meritevoli e "privi di mezzi" in base alla
normativa nazionale sul diritto allo studio. Il 4 aprile scorso e' stato
emanato il decreto che fissa gli importi degli assegni per quest'anno
accademico. E, nel frattempo, sono state introdotte alcune importanti
novita' tra cui l'estensione del concetto di "studente" anche agli iscritti
dottorandi e specializzandi.
Federica Micardi
__________________________________________________
Il Messaggero 1 nov. '01

L'APPELLO PER LA SAPIENZA

di FULCO LANCHESTER*
La gravissima situazione dell'Universita' "La Sapienza" richiede oramai una
vera e propria presa di coscienza anche al di fuori delle sue mura.
Le questioni in sospeso sono tante ed e' opportuno discuterne apertamente
per operare in concreto. Le enumero come catalogo di problemi, che
necessariamente dovranno essere risolti attraverso un'azione capace di
coinvolgere oltre ai docenti, a tutto il personale ed agli studenti, anche
le loro famiglie e le forze politiche e sociali.
Manca prima di tutto un'idea chiara di quello che dovra' essere il ruolo
scientifico e culturale de "La Sapienza". Guardare solo al ruolo rivestito
nel passato non e' sufficiente, serve invece un piano deciso che inserisca
la prima Universita' di Roma all'interno del contesto nazionale e del
sistema universitario laziale. Non si e' fatto nulla per assicurare spazi e
servizi adeguati per la didattica e la ricerca. Le nude strutture metalliche
della sopraelevazione di Scienze politiche e Giurisprudenza, bloccata da
circa dieci anni, sono un monumento all'insipienza amministrativa, cui
corrisponde la situazione della moltiplicazione di Facolta' negli stessi
spazi della ex Facolta' di Lettere e filosofia.
I problemi di bilancio stanno divenendo drammatici sotto la triplice spinta
della diminuzione dei finanziamenti statali, di una sentenza del Tar e del
decremento degli studenti. A breve si prospetta una crisi finanziaria di
proporzioni non calcolabili .
Le strutture sanitarie e scientifiche del Policlinico stanno per essere
disperse.
La macchina amministrativa non funziona come dimostrano le difficolta' e i
ritardi nella distribuzione della documentazione necessaria alle
immatricolazioni ed alle iscrizioni. Il Direttore amministrativo e' in
partenza e non si sa chi lo sostituira'.
I numerosi ricorsi giurisdizionali contro lo Statuto, che hanno provocato
pronunzie definitive del Consiglio di Stato, hanno demolito parte del
circuito rappresentativo (basti pensare solo all'esclusione dei ricercatori
dai Consigli di Facolta'), ma soprattutto hanno gettato gravi ombre sulla
legittimita' della stessa elezione del Rettore e della sua permanenza in
carica.
E' per questo che le aggressive dichiarazioni del Rettore D'Ascenzo non mi
convincono: sono tardive e movimentiste. Esse paiono, in verita', solo un
tentativo di coprire le difficolta', che la sua amministrazione - fino a
oggi - non e' riuscita a risolvere.
In conclusione. "La Sapienza" costituisce un patrimonio nazionale, che non
puo' essere disperso o danneggiato altrimenti. C'e' il rischio che venga
compromessa la sua stessa autonomia ed esistenza.
Ritengo, dunque, sia indispensabile uscire da un silenzio e da un'apatia che
dura da troppo tempo. Di qui la convinzione che sia necessaria un'azione
unitaria per la salvezza de "La Sapienza", anche al fine di evitare i
possibili ma doverosi interventi, che il Ministro Moratti potrebbe adottare
nell'ambito dei suoi poteri di alta vigilanza.
* Preside della Facolta' di Scienze politiche
__________________________________________________
Il Messaggero 31 Ott. '01

APPELLO GIUSTO,MA ATTENZIONE AGLI SPRECHI CORPORATIVI

Atenei in crisi
di ALBERTO OLIVERIO
LA "SAPIENZA", l'Universita' di Roma piu' antica per tradizione, si trova in
cattive acque dal punto di vista delle finanze. Il Rettore D'Ascenzo ha
comunicato che l'Universita' rischia la paralisi in quanto si trova tra
l'incudine e il martello: da un lato gli studenti protestano contro
l'aumento delle tasse, dall'altro i fondi concessi dal Ministero
dell'Istruzione, Universita' e Ricerca scientifica, sono troppo scarsi e, al
momento attuale, bloccati. La Sapienza e' quindi investita da una crisi
accentuata dall'autonomia universitaria che prevede che ogni sede gestisca
le proprie risorse, vale a dire imponga tasse agli studenti, riceva
finanziamenti dal Ministero o da altri enti ma anche paghi gli stipendi del
personale, professori inclusi, e investa in strutture didattiche (aule e
laboratori) e in ricerca scientifica. Per un ateneo affetto da gigantismo,
come appunto "La Sapienza", il compito non e' facile e l'attuale politica di
restrizioni nei confronti della ricerca scientifica non lascia molto spazio
all'ottimismo. C'e' pero' un aspetto che bisogna considerare: gli studenti
possono accettare tasse piu' alte se ricevono una contropartita concreta,
vale a dire se gli annosi problemi della didattica vengono avviati a
soluzione. Il problema e' che, con l'introduzione delle lauree brevi, i
corsi sono proliferati senza che si tenesse in debito conto il problema
degli spazi: ci sono Facolta', ad esempio Psicologia, che devono ricorrere a
spazi esterni ben poco adatti alla didattica come il glorioso teatro
d'avanspettacolo Ambra Jovinelli, ben ristrutturato per gli spettacoli,
certamente inadatto alla didattica. Purtroppo, come dice il proverbio, non
e' possibile fare le nozze coi fichi secchi: d'altronde anche per le
Facolta' scientifiche i problemi sono seri in quanto mancano strutture per
laboratori, adatti a una didattica empirica, essenziale per trasmettere
competenze concrete.
Data la situazione, la "Sapienza" non e' in grado, come ha notato il
Rettore, di far tornare dall'estero alcuni ricercatori di spicco, il che e'
indubbiamente un problema, ma e' un problema altrettanto grave la
proliferazione di insegnamenti avvenuta in diverse Facolta', non sempre
motivata da reali esigenze, se non quelle corporative: quest'ultima e'
un'affermazione spiacevole ma e' necessario guardare in faccia alla realta'.
Bisogna inoltre sottolineare che i ricercatori ricevono ben poco dall'Ateneo
in termini di finanziamenti per la ricerca: la maggior parte di loro
competono, e duramente, per fondi assegnati da enti pubblici o privati,
esterni all'universita'. C'e' poi la "voragine" del Policlinico che
inghiotte risorse ma restituisce scarsi servizi: una situazione complessa,
difficile da gestire senza usare l'ascia...
__________________________________________________
L'Unione Sarda 28 Ott. '01

CAGLIARI: PSICOLOGIA SENZA AULE E DOCENTI

Universita'. Sempre piu' matricole dopo l'abolizione del numero chiuso
Mille ragazzi costretti a frequentare in cinque sale
Psicologia sul piede di guerra. A dodici anni dall'istituzione del corso di
laurea nell'ateneo di Cagliari, i problemi restano quelli di sempre: spazi
angusti, pochi docenti. Era gia' difficile far quadrare i conti con 180
studenti. Ma dopo l'abolizione del numero chiuso la situazione e' divenuta
ingestibile. "Sia ben chiaro che le difficolta' non nascono dalla liberta'
d'iscrizione - precisa Sara Marredda, rappresentante degli studenti nel
consiglio di facolta' di scienza della formazione - il fatto e' che mancano
le risorse e il nostro corso di laurea e' il piu' frequentato in assoluto".
Con 1210 iscritti e solo 17 docenti fare lezione e' molto difficile. "Le
carenze ricadono inevitabilmente sull'attivita' didattica. Noi ci battiamo
da anni per richiamare l'attenzione su questo stato di cose. E poi ci dicono
che bisogna aumentare le tasse", tuona la rappresentante. Questi i temi
discussi nell'assemblea organizzata dalla lista studentesca "Uniti per il
diritto allo studio" che si e' svolta al Dipartimento di psicologia di Sa
Duchessa. All'ordine del giorno, proteste e disagi ma anche possibili
soluzioni. "Abbiamo voluto incontrare gli studenti del primo anno - spiega
Sarah Provengano, rappresentante nel consiglio di corso di laurea di
psicologia - per fare un po' di chiarezza. Di fronte ai problemi ci viene
risposto ironicamente di iscriverci in un'altra facolta'". E al capitolo
lezioni l'atmosfera si surriscalda: "Piu' di mille studenti - conclude la
Provenzano - sono costretti a frequentare in appena cinque sale, di cui una
presso la sede dei Gesuiti".
Christian Floris

=========================================================
__________________________________________________
Il Sole24Ore 03 nov.
'01

MEDICI, ESAME CON TIROCINIO

Per l'abilitazione occorreranno tre mesi di pratica post laurea in ospedale
e negli ambulatori di base
Dopo lo stage sara' necessario dimostrare la preparazione culturale
ROMA - Tirocinio di tre mesi dopo la laurea e prova scritta, suddivisa in
due scaglioni di domande a risposta multipla: cambiera' in questo modo la
struttura dell'esame di abilitazione per l'attivita' di medico. Dopo la
laurea in Medicina (o nella "nuova" classe 46/S) sara' necessario sostenere
una prova pratica a carattere continuativo per complessivi tre mesi,
suddivisi tra un reparto ospedaliero di medicina, un "servizio" di chirurgia
e l'ambulatorio di un medico di famiglia. Solo dopo aver superato il
tirocinio, il candidato potra' misurarsi con una prova scritta, suddivisa in
due parti (si vedano l'altro articolo e la scheda). Per essere "promossi"
occorrera' superare, per ogni segmento dell'esame di Stato, un punteggio
minimo. La rivoluzione per l'abilitazione passa attraverso un regolamento
che ha iniziato l'iter di approvazione nello scorso maggio. Sul
provvedimento si sono coagulati, in modo virtuoso, gli interessi del
Consiglio superiore di sanita' e dell'organismo di vertice dei medici (la
FnomCeo) con la volonta' politica del precedente Governo, attraverso l'ex
sottosegretario all'Universita', Luciano Guerzoni. Dopo il parere al
Consiglio di Stato, sono stati precisati alcuni passaggi e il provvedimento
e' stato firmato nei giorni scorsi dal ministro dell'Istruzione, Letizia
Moratti. Obiettivo: cambiare rotta, sia pure senza restrizioni punitive nei
confronti dei giovani, rispetto all'automatismo dell'esame di Stato. In base
alla legge 1378/1956 e al Dm 9 settembre 1957 la prova di abilitazione e'
una sorta di duplicazione di un esame universitario, in cui i professori
universitari, nella sostanza, convalidano la promozione pronunciata qualche
mese prima. Le eccezioni sono possibili, ma visto lo schema non e'
ragionevole un ribaltamento dei giudizi precedenti. Infatti, oggi il tasso
di successo agli esami di Stato rasenta il 100 per cento. Al di la' di
questo, e' la finalita' della prova - l'abilitazione a svolgere l'attivita'
di medico - a richiedere nuove procedure per saggiare l'idoneita' culturale
e la preparazione professionale. La riforma entrera' in vigore due anni dopo
la pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale", per dare modo a ministero e
universita' di predisporre le procedure per gli scritti e le convenzioni. Il
provvedimento segna un punto a favore della centralita' dell'Ordine.
Infatti, i professori universitari perderanno il monopolio quali giudici per
l'accesso alla professione: su otto componenti delle commissioni d'esame
quattro - secondo il regolamento - saranno designati dalla Federazione degli
Ordini (FnomCeo), mentre degli altri, due saranno scelti tra gli ordinari e
due tra gli associati. Il presidente della commissione sara' individuato tra
i due professori ordinari: il suo voto fara' la differenza nel caso in cui
in commissione, che decide a maggioranza, si registri la parita'. Per il
presidente della FnomCeo, Giuseppe Del Barone, e' questa la prima tappa di
un processo per migliorare la professione: il tirocinio post laurea coniuga
la preparazione culturale con l'applicazione sul campo. Per i medici di
famiglia che si presteranno come tutor l'impegno potrebbe valere alcuni
punti ai fini degli obblighi relativi alla formazione continua. E secondo
Del Barone "attraverso il coinvolgimento dei professionisti di base si
potra' ovviare alle difficolta' dei giovani, che spesso si laureano e si
abilitano senza aver mai visitato un malato. Il progetto - dice il
presidente della FnomCeo - e' inserire, per gli studenti del sesto anno del
corso di laurea specialistica, un tirocinio di sei mesi presso i medici di
famiglia".
Maria Carla De Cesari
__________________________________________________
Il Sole24Ore 5 Nov. '01

UN DECRETO SMANTELLA LA RIFORMA BINDI

Alla Camera il decreto che smantella la riforma Bindi: risparmi sui farmaci,
minori livelli di assistenza, acquisti sotto sorveglianzaCura dimagrante per
la spesa sanitaria Sara Todaro Roberto Turno
Massimo rigore per il consumo di farmaci. Razionalizzazione dell'offerta di
posti letto negli ospedali. Regioni e Asl invitate perentoriamente a
stringere la cinghia nell'acquisto di beni e servizi. Ma anche una tavola
imbandita con bei soldoni per finanziare il federalismo sanitario ormai alle
porte: ben 235,5 miliardi di (455mila miliardi di lire) dal 2002 al 2004 per
la salute degli italiani. E' con questo carico di "dare e avere", con un
grappolo di novita' che avranno un rilevantissimo impatto sugli assistiti,
che il Governo conta dal 2002 di avviare la svolta per il Servizio sanitario
nazionale. Interventi di razionalizzazione a tutto campo, Regioni messe
definitivamente davanti alle responsabilita' di spesa di Asl e ospedali,
dimagrimento dei livelli essenziali di assistenza garantiti dal Ssn. In
attesa di conoscere le mosse future per il riassetto del servizio pubblico
che, nelle intenzioni della maggioranza di Centro-destra, dovrebbe fare
piazza pulita (o quasi) della "riforma Bindi", a dettare le nuove regole del
gioco e' il decreto legge sanitario taglia-spesa (Dl 347) frutto del patto
di stabilita' dell'8 agosto scorso. Un decreto che e' stato al centro di un
aspro confronto all'interno della maggioranza e che, dopo il travagliato via
libera concesso dal Senato, proprio in questi giorni comincia il suo iter
parlamentare alla Camera. Dove il cammino non sara' certamente in discesa,
considerate anche le resistenze annunciate dalle Regioni dopo il varo di
alcune modifiche che, a loro dire, metterebbero a repentaglio i conti del
patto di stabilita'. Un provvedimento, il decreto salva-spesa, destinato a
incidere profondamente negli assetti istituzionali di governo della "cosa
sanitaria". Oltreche' nei rapporti tra assistiti e Ssn, lasciando in piu'
casi spazio al fai-da-te locale. E che deve essere considerato la
Finanziaria sanitaria per il 2002, il primo pezzo della manovra di bilancio
per il prossimo anno destinato a tagliare definitivamente il traguardo.
Farmaci: dieta locale. Grande rientro del tetto di spesa, cancellato un anno
fa e ora congelato a quota 13% rispetto alla spesa sanitaria totale. Vincolo
che - per esser rispettato - chiama in pista misure che toccano tutta la
farmaceutica: dall'irrigidimento delle norme sul prezzo rimborsato dal Ssn
per i farmaci scaduti dal brevetto ai limiti sulle ricette per le terapie di
lunga durata, fino alle strategie articolate per risparmiare sulla
distribuzione. Gia' operativa dal 1° novembre in diverse Regioni la norma
sul rimborso dei prodotti senza brevetto: il Ssn coprira' il prezzo della
specialita' fino al livello del generico equivalente meno caro; se il medico
non indica la non sostituibilita' del prodotto prescritto i farmacisti
proporranno il prodotto meno caro, e se il paziente rifiuta paghera' di
tasca propria la differenza di prezzo (unici esenti i pensionati di guerra).
Da ricordare anche i "paletti" alla prescrizione e distribuzione di farmaci
ai malati cronici. Le pluriprescrizioni si dimezzano da 6 a 3 pezzi per
ricetta (6 pezzi solo per antibiotici, fleboclisi, interferone per malati di
epatite cronica) e saranno valide per un massimo di 60 giorni di terapia (30
giorni per la terapia del dolore). Via libera, poi, alla possibilita' per le
Regioni di acquistare con lo sconto normalmente riservato agli ospedali
(50%) terapie da sottoporre a periodico monitoraggio e che - dietro margini
ancora da contrattare con i farmacisti - saranno distribuiti dalle farmacie.
Acquisti intelligenti. A dar man forte al rispetto degli obiettivi di spesa
ci sono poi altre misure che interessano l'organizzazione e la gestione
delle strutture. Dalla riduzione dei posti letto ospedalieri in esubero, con
l'obiettivo di offrire piu' servizi sul territorio, all'obbligo di
effettuare acquisti centralizzati all'insegna dell'economicita'. E ancora,
tra i risparmi attesi, le modalita' di smaltimento dei rifiuti ospedalieri e
il rinvio al prossimo anno della promessa riduzione dei ticket sulla
diagnostica. Parola d'ordine "risparmiare", insomma. Anche perche' la spesa
sanitaria 2001 sta lievitando ancora, sfondando tutte le previsioni. Un
imprevisto da 1,5-2 miliardi di euro (3-4mila miliardi di lire): che le
Regioni dovranno affrontare in proprio.
__________________________________________________
Repubblica 10 nov. '01

SIRCHIA:GLI OSPEDALI DIVENTANO PRIVATI

via libera alle Fondazioni
Sirchia ha trasmesso al Senato l'emendamento alla Finanziaria. Si parte con
gli Irccs
MARIO REGGIO
ROMA - Adesso e' ufficiale: i privati entrano negli Istituti di Ricovero e
Cura a Carattere Scientifico. Ieri il ministro della Salute Girolamo Sirchia
ha trasmesso al Senato l'emendamento del governo alla finanziaria,
anticipato da Repubblica lo scorso 1 novembre, che da' il via libera alle
Fondazioni. Rispetto al testo originale sono state introdotte piccole
modifiche: la trasformazione avverra' in via sperimentale e saranno le
Regioni a predisporre i programmi. Ma la sostanza resta immutata. Il
patrimonio dei 15 Irccs pubblici passera' alle Fondazioni, i 16 mila
dipendenti avranno un rapporto di lavoro privato, potranno essere ceduti
all'esterno la gestione e l'assistenza sanitaria. Poi tocchera' ai
Policlinici universitari, seguiti dai grandi ospedali. Ma i medici
ospedalieri dicono no al decisionismo del ministro Sirchia. Nettamente
contraria la segreteria nazionale dell'AnaaoAssomed che chiede al governo di
"non presentare l'emendamento, limitando eventualmente ad una
sperimentazione gestionale della durata di un anno la trasformazione di due
Irccs in Fondazione; e di rispettare i patti, liberamente contratti dalle
parti, che prevedono la corresponsione del differenziale fra inflazione
programmata e reale per il 2001, pari allo 0,92% del monte salari che e'
gia' stato riconosciuto a tutti i dipendenti del pubblico impiego".
Il ministro Sirchia, "ha deciso di svendere ai privati gli istituti a
carattere scientifico - afferma Roberto Polillo, segretario nazionale della
Funzione Pubblica Cgil - questi ospedali, tra cui possono venire annoverati
alcuni dei migliori del nostro Paese, saranno trasformati in Fondazioni a
capitale misto e a gestione privata perdendo cosi' di fatto le
caratteristiche originarie di istituti pubblici. In questo modo viene
sancito l'ingresso nel servizio sanitario delle banche, delle assicurazioni,
e di imprenditori privati che avranno come loro missione quella di
realizzare profitti sulla salute e sulla malattia delle persone".


__________________________________________________
Il Sole24Ore 08 nov. '01

SANATORIA TARGATA UE IN ARRIVO PER DENTISTI E FARMACISTI ITALIANI

Comunitaria per il 2001 - Saranno validi i titoli dei laureati tra il 1980 e
il 1984 che gia' esercitano la professioneDentisti, sanatoria "europea"Passa
a tre anni la specializzazione dei medici di famiglia - Novita' in arrivo
anche per gli avvocati
ROMA - Sanatoria targata Ue in arrivo per dentisti e farmacisti italiani. E'
questa una delle principali novita' contenute nella direttiva 2001/19/Ce,
che riguarda il pianeta delle professioni sanitarie. Con la Comunitaria
2001, presentata a settembre dal ministro alle Politiche comunitarie, Rocco
Buttiglione, e che ha appena passato l'esame di un ramo del Parlamento (si
veda "Il Sole-24 Ore" di ieri), si provvede infatti a semplificare
l'aggiornamento degli elenchi dei diplomi riconosciuti dalle direttive
europee che riguardano anche infermieri, ostetriche, veterinari e medici.
Questi ultimi, in particolare, avranno bisogno di tre anni di
specializzazione per indossare il camice di medico di famiglia. Non piu'
solo due come aveva previsto la stessa Ue in una precedente direttiva (la
93/16/Ce sulla libera circolazione dei medici) e come prevede, attualmente,
l'ordinamento italiano. Le sanatorie. Sul fronte dei dentisti la Comunitaria
2001 risolvera' una lunga e tormentata questione: verranno, in sostanza,
"sanati" i titoli di quei medici che esercitano la professione di dentista
senza la specializzazione ad hoc prevista dalla direttiva 78/686/Cee. La
vicenda riguarda tutti quei laureati in medicina che si sono formati tra il
28 gennaio 1980 e il 31 dicembre 1984 (in Italia la laurea in odontoiatria
e' nata nel 1985). E che era valsa al nostro Paese, nel giugno del 1995, una
condanna da parte della Corte di Giustizia Ue per non essersi messa in
regola in tempo. La seconda sanatoria di Bruxelles riguarda, invece, i
farmacisti italiani che hanno iniziato il loro ciclo di studi universitari
prima del 1° novembre 1993 e la cui formazione non era, dunque, conforme a
quella europea voluta dalla direttiva 85/42/Cee. Normativa, questa, recepita
dall'Italia con anni di ritardo (dal 1° novembre 1993 invece che dal 1987).
Da qui l'altra condanna della Corte Ue subi'ta nel 1994. Medici di famiglia.
I primi corsi triennali di specializzazione in medicina generale dovranno
scattare dal 2003. Anche se l'Unione europea ha previsto una certa
flessibilita' per tutti quei Paesi nei quali la formazione specifica e' solo
di due anni, come nel caso del l'Italia. Se il corso di laurea in medicina
dura sei anni e prevede una formazione pratica, "impartita in un ambiente
ospedaliero riconosciuto che disponga di attrezzature e servizi adeguati di
medicina generale o nell'ambito di uno studio di medicina generale", allora
sara' possibile ridurre la formazione specifica di un anno. Gli avvocati.
Un'altra novita' in arrivo per i professionisti riguarda poi gli avvocati e
l'esercizio della professione forense da parte di legali cittadini di Paesi
membri dell'Unione europea. In particolare, se la legge Comunitaria per il
2001 verra' approvata nella veste attuale, sara' introdotta una piccola ma
significativa modifica alla legge 31 del 1982 nella parte che disciplina il
patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. Infatti gli avvocati che
siano in possesso del titolo abilitante (e l'articolo 1 della legge ne
specifica le denominazioni nei rispettivi Paesi d'origine) saranno ammessi
al patrocinio davanti alla Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori
indipendentemente dall'iscrizione nell'Albo speciale, purche' dimostrino di
avere esercitato la professione per almeno dodici anni oppure di essere
ammessi a esercitare la professione nello Stato membro di provenienza
davanti ad autorita' giudiziarie del livello di quelle previste
dall'ordinamento italiano. Nella attuale versione della normativa, pero', il
numero di anni sufficiente per potere essere ammessi alle corti "superiori"
e' inferiore: ne bastano infatti "solo" otto. Marzio Bartoloni Giovanni
Negri
__________________________________________________
La Nuova Sardegna 30 Ott.'01

SIRCHIA:"BIOTECH, UN PAESE IGNORANTE"

Sirchia: nella riforma Bindi ci sono errori pacchiani
Milano, il ministro alla consegna degli Award 2001: in Italia nessuna
politica sulla Ricerca

GIOVANNI MARIA PACE
MILANO - "Un Paese ignorante". La requisitoria di Girolamo Sirchia non
risparmia nessuno: media, governi passati, gli stessi scienziati. Alla
cerimonia di consegna dei Biotec Award 2001 ha appena parlato Umberto
Colombo, presidente della giuria, per dire che l'Italia e' l'unico dei 24
Paesi dell'area Ocse ad avere ridotto in questi anni gli investimenti in
ricerca scientifica, con il risultato che, quanto a spesa per il sapere,
siamo al quartultimo posto: dopo di noi ci sono solo Portogallo, Grecia,
Messico. Portogallo e Grecia ci precedono peraltro nella spesa pubblica in
ricerca sulle biotecnologie, settore in cui siamo ultimi assoluti nella
classifica di venti Paesi fatta dall'Ocse. Il ministro Sirchia parte da qui,
da questi dati umilianti, e lancia il suo "j'accuse". "La scarsita' di
fondi", dice, "e' problema annoso. Ma non e' solo questione di soldi. Cio'
che manca all'Italia e' soprattutto una politica della ricerca".
Le ragioni sono varie. C'e', nei ricercatori, una congenita debolezza nel
domandare. La primavera scorsa si e' avuta, e' vero, una vampata di
orgoglio, ma per rivendicare liberta', piu' che per ottenere considerazione
e peso. Inoltre la scienza viene demonizzata. "Nello scorso quinquennio",
continua il ministro della Salute, "ci siamo distinti come i piu' retrivi
nel campo degli organismi geneticamente modificati, favorendo l'imposizione
di quella moratoria sulla sperimentazione che, se non verra' sollevata,
fara' uscire l'Europa dalla competizione". Alla demonizzazione del
transgenico contribuiscono i mezzi di comunicazione, che presentano la
scienza come la sorgente del male, come la fabbrica di tanti piccoli Hitler
o di mostri alla Frankenstein. "Abbiamo una tv che ci mostra ballerine e
quiz in abbondanza ma non fa nulla, salvo qualche eccezione, per far sapere
alla gente che dalla scienza viene la vita e non la morte. Abbiamo insomma
un paese ignorante, che non sa creare le condizioni favorevoli allo sviluppo
della scienza".
Con riferimento alla Finanziaria, Sirchia dice che, nelle circostanze
attuali - buco nei conti pubblici, recessione, terrorismo - , non si poteva
fare di piu'. Ma aggiunge di sperare in qualche ritocco favorevole alla
scienza in sede di discussione parlamentare. Quindi preoccupazione ma non
pessimismo, anche perche' la riunione nell'auditorium Cariplo e' convocata
per festeggiare tre giovani ricercatori, cioe' tre esempi di
quell'eccellenza che la scienza italiana, nonostante tutto, conserva. I
riconoscimenti Dompe'Amgen vanno quest'anno a Piero Carninci, Maria Grazia
Sacco e Marco Foiani per l'applicazione delle biotecnologie alla possibili
strategie anticancro.
Nel pomeriggio il ministro Sirchia, parlando a Bologna in margine a un
convegno sulla sanita', ha sostenuto che la Riforma Bindi e' "piena di
errori pacchiani" prodotti da ideologie "che hanno cercato di ridurre la
figura del medico invece di valorizzarla". Alla domanda se abbia intenzione
di rivoluzionare la Riforma, il ministro ha risposto di non essere un
rivoluzionario ma "uno che, con il buon senso e 45 anni di esperienza in
ospedale, cerca di tamponare i guasti fatti da altri".
__________________________________________________
Il Sole24Ore 30 Ott. '01

INFERMIERI, E' ALLARME SPESA

Per il presidente Silvestro la ricetta resta insufficiente
(NOSTRO SERVIZIO) ROMA - Ancora qualche "ripulitura" del testo approvato
venerdi' 26 ottobre dal Consiglio dei ministri, anche se c'e' chi dice che
forse si trattera' di qualcosa di piu'. Poi il Dl anti-emergenza
infermieristica sara' pronto per l'esame delle Regioni. Che dovrebbe
avvenire il 6 novembre prossimo in prima battuta con gli assessori alla
Sanita', per approdare successivamente (l'8 novembre, probabilmente) alla
Conferenza Stato-Regioni per il parere. E la revisione di queste ore del
testo entrato - e approvato, ma con la richiesta, sembra, di numerose
modifiche che ne richiedono una attenta rivisitazione - al Consiglio dei
ministri mirerebbe soprattutto a rivedere le compatibilita' economiche
dell'intramoenia per gli infermieri e delle eventuali riassunzioni dei
pensionati (tecnici di radiologia compresi). Su questo aspetto le Regioni
(ma anche il ministero dell'Economia) hanno alzato la voce ricordando che
nell'accordo dell'8 agosto e' scritto a chiare lettere che nessun
provvedimento unilaterale puo' ritoccare la spesa. A meno che il Governo non
decida di metterci fondi in piu' di tasca propria. "Ma non e' solo con
queste misure che si risolve la carenza. Sono un placebo: cio' che serve e'
un intervento strutturale", afferma Annalisa Silvestro, presidente della
Federazione nazionale dei Collegi infermieristici. Secondo Silvestro non e'
facendo lavorare in turni extra i dipendenti e reintegrando a tempo
determinato chi e' in pensione, ne' chiamando in causa gli extracomunitari -
i cui curricula "sono spessp assolutamente insufficienti rispetto alla
preparazione del Ssn" - che si trovano i 40mila operatori mancanti secondo
il turn over. Ma la carenza diventa di 100mila unita' in base ai parametri
internazionali del rapporto infermieri-abitanti. Silvestro ribadisce le
richieste della categoria di prevedere piu' posti per i corsi universitari,
campagne mirate per informare i giovani sulla professione ma, soprattutto,
l'equipollenza dei vecchi diplomi universitari alle lauree triennali, senza
la quale la carriera diventa un "vicolo cieco". E sarebbe il caso anche di
tirare le orecchie a qualche azienda del Sud che pur avendo bisogno di
infermieri, non bandisce concorsi e blocca gli organici per motivi di spesa.
Si', perche' le cifre della carenza si dividono in due cause. Al Centro-Nord
i posti nelle strutture pubbliche ci sono, ma mancano i professionisti. Al
Sud, al contrario, a esserci sono gli infermieri che restano spesso
"disoccupati" perche' per loro non si aprono le porte delle aziende
sanitarie. Secondo i dati forniti dalla Federazione, mancano circa 4.300
unita' di personale fra Piemonte e Valle d'Aosta, 8mila in Lombardia, 600 in
Liguria, 5mila in Veneto, 700 in Friuli, 1.800 in Emilia Romagna e
altrettanti in Toscana, 3.500 nel Lazio. "Al Sud c'e', invece, una
disoccupazione che si assesta su valori "fisiologici", ma non avrebbe motivo
di esistere" spiega Silvestro. Che aggiunge: "E i giovani restano
disoccupati nella speranza di lavorare "vicino casa"". "L'emergenza
infermieri - ha affermato ieri a Bologna il ministro della Salute Girolamo
Sirchia a margine del 103° Congresso della Societa' italiana di chirurgia -
e' il primo se non il primissimo problema da risolvere. Il Dl affronta
proprio questi temi e mi aspetto che porti gli infermieri negli ospedali. La
nostra politica e' di valorizzare le professionalita' e quella degli
infermieri e' importante: da loro dipende la stessa operativita' 24 ore su
24 delle strutture". E il Congresso di Bologna e' stato per Sirchia anche
l'occasione di ribadire la sua volonta' di "correggere gli errori della
riforma ter" nei confronti dei camici bianchi. "Agiremo con calma e con le
riforme giuste - ha detto - con l'obiettivo di ridare autostima ai medici e
di riscattarli dal vassallaggio nei confronti del potere amministrativo".
Direttori generali in testa.
Paolo Del Bufalo
__________________________________________________
L'Unione Sarda 8 Nov '01

I MEDICI "AUTONOMI" IN RIVOLTA CONTRO OPPI

La prestazione medica non e' un prodotto da supermarket. "Non possiamo
sottostare alle leggi di mercato che prevedono la concorrenza al ribasso e,
quindi, al miglior offerente: di mezzo c'e' la salute dei cittadini, che non
si puo' mercificare". Pinello Lo Nardo, segretario regionale del Sindacato
autonomo professionisti medici italiani (Sapmi) contesta la delibera con cui
l'assessorato regionale alla Sanita' intende definire contratti con
strutture private e professionisti accreditati che prevedono tetti di spesa
per i singoli erogatori. In caso di splafonamento del budget di spesa, si
interverrebbe con tagli alle tariffe. "Si mette in discussione il diritto
alla libera scelta del cittadino, obbligato di fatto a rivolgersi alle
strutture pubbliche". Lo Nardo ricorda anche le tariffe dell'Ordine e invita
i medici a tenerne conto. "Chi va sotto il minimo rischia la sospensione e
persino la radiazione". Per il Sapmi e' necessario, prima degli
accreditamenti, determinare un "Rapporto distrettuale massimo", con la
previsione in ogni area dei servizi sanitari. Il sindacato chiede un
incontro urgente all'assessore Giorgio Oppi.
__________________________________________________
Le Scienze 08 nov. '01

UN ANTIBIOTICO NATURALE NEL SUDORE

La scoperta e' avvenuta casualmente, durante una ricerca sui tumori della
pelle
Un gruppo di scienziati della Eberhard-Karls University di Tubingen, in
Germania, ha scoperto che il sudore delle ascelle contiene un antibiotico
naturale in grado di tenere sotto controllo i batteri che vivono sulla
nostra pelle. La scoperta della dermocidina e' stata descritta in un
articolo pubblicato sulla rivista "Nature Immunology". In particolare, la
sostanza e' in grado di uccidere molti batteri potenzialmente pericolosi,
come l'Escherichia coli, lo Staphilococcus aureuse il lievito Candidia
albicans..
Birgit Schittek e i suoi colleghi si sono imbattuti nella dermocidina per
caso, mentre cercavano proteine coinvolte nello sviluppo dei tumori della
pelle. I ricercatori hanno poi verificato che le ghiandole del sudore
producono costantemente l'antibiotico, e quindi un eccesso di lavaggi
potrebbe rimuovere il nostro germicida naturale.
Peptidi antibatterici sono in realta' abbondanti su tutte le superfici del
nostro corpo che sono a contatto con il mondo esterno, compresi gli
intestini, la bocca e i polmoni.
Come pero' la dermocidina riesca a uccidere i batteri e' ancora un mistero:
mentre la maggior parte dei peptidi e' carica positivamente, riuscendo per
questo a produrre buchi nella parete cellulare dei batteri, la nuova
proteina e' carica negativamente. La speranza e' ovviamente quella di
riuscire a scoprire questo mistero, in modo da poterlo utilizzare per
sviluppare nuovi farmaci.
__________________________________________________
Corriere della Sera 5 nov. '01

RICERCA USA: L' INTELLIGENZA VIENE EREDITATA DAI GENITORI

Ricerca Usa: l' intelligenza viene ereditata dai genitori ROMA -
Intelligenti si nasce, o almeno una parte molto consistente delle proprie
capacita' cognitive viene ereditata dai genitori. E' quanto emerge da una
ricerca pubblicata nel numero di dicemb re di Nature Neuroscience e condotta
in collaborazione tra un gruppo statunitense dell' universita' della
California a Los Angeles e un gruppo finlandese dell' universita' di
Helsinki. Secondo i ricercatori, l' eredita' genetica si farebbe sentire
sopra ttutto sulla corteccia cerebrale, la parte evolutivamente piu' recente
del cervello umano e che controlla le attivita' cognitive piu' complesse. I
ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo avere esaminato 40 adulti,
10 dei quali gemelli monozigoti.
__________________________________________________
Le Scienze 5 nov. '01

HIV:TROVATO IL MODO DI BLOCCARE I RECETTORI CCR5

necessari all'infezione delle cellule
Un gruppo di scienziati del National Institute of Child Health and Human
Development e dell'Ospedale San Raffaele di Milano ha scoperto che un virus
umano molto comune che e' innocuo negli adulti impedisce la riproduzione di
una forma dell'HIV in colture di tessuti umani. Lo studio, guidato da Leonid
Margolis, e' stato pubblicato sulla rivista "Nature Medicine". La speranza
e' ovviamente che questa scoperta permetta lo sviluppo di nuovi farmaci
contro l'AIDS, che in molte nazioni rappresenta un problema gravissimo.
In particolare, l'HHV-6 e' in grado di rallentare la riproduzione della
forma di HIV che trasmette l'infezione e che e' normalmente presente nelle
sue prime fasi, ma non sembra in grado di fare nulla contro le forme
presenti negli stati piu' avanzati della malattia.
Secondo i ricercatori, entrambe le forme dell'HIV si legano alle loro
cellule bersaglio grazie a un complesso di recettori, in cui il virus si
attacca a una particolare molecola sulla superficie della cellula. Il virus
HIV che normalmente inizia l'infezione si lega a un recettore noto come CCR5
e, man mano che l'infezione progredisce, viene sostituito da un'altra forma,
che si lega al recettore CXCR4. Ma i tessuti infettati dall'HHV-6 producono
una grande quantita' di una molecola chiamata RANTES, che apparentemente
blocca i recettori CCR5. In questo modo, all'HIV viene a mancare il
recettore necessario all'ingresso nella cellula e quindi, la possibilita' di
riproduzione.
L'HHV-6 e' molto comune in molte nazioni e non sembra provocare alcuna
malattia negli adulti, mentre nei bambini provoca eruzioni cutanee che
durano alcuni giorni.
__________________________________________________
Corriere della Sera 1 nov. '01

CORNEA RIPARATA CON LE STAMINALI

Milano, l' operazione finora sperimentale diventa di routine: e' il primo
caso al mondo
Bazzi Adriana
Le cellule prelevate dall' occhio sano sono coltivate in laboratorio e poi
trapiantate in quello malato Cornea riparata con le staminali Milano, l'
operazione finora sperimentale diventa di routine: e' il primo caso al mondo
MILANO - Sono circa cinque cento ogni anno le persone che in Italia vanno
incontro a lesioni della cornea per bruciature o esposizioni a sostanze
chimiche o gravi infezioni: ora potranno ritrovare la vista grazie a una
terapia con cellule staminali. Cosi' una tecnica, inventata in Italia e
sperimentata sui primi due pazienti nel 1997, diventa, per la prima volta al
mondo, routine clinica alla Divisione oculistica dell' Ospedale San Raffaele
di Milano, diretta da Rosario Brancato. L' intervento e' in due tempi. Il
primo cons iste nella costruzione in laboratorio dell' epitelio corneale (il
rivestimento trasparente esterno) a partire da un lembo di cornea, ricco di
cellule staminali e della dimensione di 1-2 millimetri quadrati, prelevato
dall' occhio sano del paziente. L a seconda prevede il reimpianto, dopo
15-20 giorni, del nuovo lembo di tessuto sull' occhio malato. "Quando la
cornea viene danneggiata da sostanze chimiche come acidi, calce viva o
simili - precisa Michele De Luca, che ha messo a punto la metodica a ll'
Istituto Dermopatico dell' Immacolata di Roma di cui dirige il Laboratorio
di ingegneria tessutale - perde anche le cellule staminali che normalmente
consentono alla cornea di rigenerarsi. E' quindi indispensabile ricostruire
in laboratorio un nu ovo tessuto che le contenga. Ecco perche' preleviamo
dall' occhio sano un lembo di cornea da una zona ricca di cellule staminali
chiamata limbo". La seconda fase prevede il reimpianto, dopo 15-20 giorni,
del tessuto ottenuto in laboratorio sull' occhi o malato. "La cornea
danneggiata - precisa Paolo Rama, oculista del San Raffaele - diventa opaca
e viene ricoperta dalla congiuntiva ricca di capillari: la capacita' visiva
viene cosi' a mancare. Per questo dobbiamo, prima, ripulire la cornea, poi
proc ediamo all' innesto del nuovo tessuto. L' intervento e' ambulatoriale
in anestesia locale e in due o tre mesi si puo' gia' dire se e' riuscito.
Non ci sono rischi di rigetto perche' le cellule sono del paziente stesso".
I primi due trapianti sono stati es eguiti in collaborazione con Carlo E.
Traverso dell' Universita' di Genova e i risultati pubblicati sulla rivista
Lancet nel 1997. Un secondo studio su altri 18 pazienti e' appena uscito
sulla rivista Transplantation e ha dimostrato una percentuale di successi
dell' 85-90 per cento: puo' succedere che il trapianto non riesca e in
questo caso ci si ritrova nella condizione di partenza. In totale i pazienti
operati fino a oggi sono una cinquantina: un numero sufficiente perche' la
tecnica esca dalla f ase sperimentale e diventi "di serie" grazie alla nuova
collaborazione fra San Raffaele e Idi. Gia' da oggi i pazienti possono
presentarsi a San Raffaele e sottoporsi a una visita. Se rientrano nella
categoria di coloro che possono beneficiare della c ura potranno sottoporsi
all' intervento. Molti Paesi europei ed extraeuropei stanno cercando di
riprodurre questa nuova tecnologia che e' in corso di brevettazione. "L'
intervento - precisa Rama - non si pone in alternativa al trapianto da
donatore. Q uest' ultimo non e' indicato in questi pazienti proprio perche'
la cornea, quando e' gravemente danneggiata, perde le cellule staminali
indispensabili perche' un trapianto da donatore attecchisca". Adriana Bazzi

Su

Optimized By Globino

  [globino@libero.it]

------------------------------------------------