CAGLIARI. QUESTI I RISULTATI DELLE ELEZIONI UNIVERSITARIE PERCHÉ VACILLA L´IMMAGINE DELLA SCIENZA RICERCA, TORNA IN CANTIERE LA PROPRIETÀ DEI BREVETTI IL "NOBEL" ITALIANO AD ELENA CATTANEO REQUIEM PER LA RICERCA AL POLITECNICO DI MILANO IL MERCATO DELLA FORMAZIONE DALL'UNIVERSITÀ AI MASTER FAZIO ALLE BANCHE: PRESTITI D' ONORE PER GLI STUDENTI UNIVERSITARI A BERGAMO L' UNIVERSITÀ DEI RECORD SASSARI: VETERINARIA, SCHIAFFO AI RICERCATORI CAGLIARI: UNA LOVE STORY E L'ESAME REGALATO DAL PRESIDE DI FILOSOFIA ========================================================= ALIMENTAZIONE, DIBATTITO SULL'ANORESSIA PRIVATIZZAZIONE DEGLI OSPEDALI, IL GOVERNO PRENDE TEMPO SANITÀ: MANCANO GLI SPECIALISTI NEGLI AMBULATORI GOVERNO: COL VOTO DI FIDUCIA UN FRENO ALLE SPESE PER LA SANITÀ TUMORI, IL LAZIO "RIPROVA" LA CURA DI BELLA BINDI: "PAZZESCO, LO FANNO PER SVENDERE LA SANITÀ PUBBLICA" MICROCITEMICO: NON SOLO COSTI LANUSEI CAPITALE DELLA GENETICA ALLE ORIGINI DELLA VECCHIAIA PROGETTO GENOMA: NAUFRAGIO IN TERRA D'AMERICA COMBATTERE LA DIPENDENZA DA NICOTINA PISCIDINA: IL NUOVO ANTIBIOTICO DAI PESCI TEST PER TUMORE ALLA PROSTATA CON TECNICHE DIAGNOSTICHE BASATE SUL DNA SCOPERTO IL GENE DELLA PAROLA? LA SCOPERTA: LA MALARIA SCONFITTA DA UN GENE CONTRO L' ARTRITE RICERCHE SULLE CELLULE STAMINALI ========================================================= PER IL DIPENDENTE ACCESSO ALLE E-MAIL CHE LO RIGUARDANO ARRIVA LA MAGLIETTA CHE FA LE ANALISI MEDICHE ========================================================= ________________________________________________ La Nuova Sardegna 16 nov. '01 CAGLIARI. QUESTI I RISULTATI NON UFFICIALI DELLE ELEZIONI per l'elezione dei rappresentanti del personale docente e tecnico-amministrativo nel Senato accademico e nel consiglio di amministrazione dell'università. Consiglio d'amministrazione Prof. I° Fascia Beniamino Moro (voti 42) - Emanuele Bocchieri (voti 36) - Enrico Piga (voti 35) Prof.II° Fascia Giuseppe Arca (voti 47) - Luigi Demelia (voti 37) - Alessandra Carucci (voti 36) Ricercatori Francesca Locci (voti 72) - Enzo Tramontano (70) - Antonina Paba (voti 29) Personale Amm.vo Arturo Maullu (voti 236) - Paolo Deidda (voti 195) - Ivana Locci (voti 132) Senato accademico Aggreg. Sc. Matem. Luca Fanfani (voti 73) Aggreg. Sc. Chimiche Giorgio Piccaluga (voti 76) Aggreg. Sc. Mediche Alessandro Uccheddu (voti 79) Aggreg. Ingegneria Giorgio Corriga (voti 91) Aggreg. Sc. Antich. Cristina Lavinio (voti 52) Aggreg. Sc. Giurid. Giovanni Melis (voti 57) Personale Amm.vo Mario Agus (voti 214) - Gianfranco Demartis (voti 148) Senato accademico in composizione allargata Prof.I^ Fascia Francesco Raga (voti 36) - Antonello Sanna (voti 30) - Sergio Del Giacco (voti 27) - Emilio Bottazzi (voti 13) - Patrizia Mureddu (voti 9) Prof.II^ Fascia Carlo Muscas (voti 33) - Augusto Viana (voti 26) - Luciano Marrocu (voti 20) - Pierluigi Montaldo (voti 20) - Giuseppe Arca (voti 7) Ricercatori Loredana Satta (voti 60) - Rosalba Floris (voti 32) - Grazia M. De Matteis (voti 30) - Gabriele Uras (voti 26) - Marco Salis Fac. Ingegneria (voti 24) Personale Amm.vo Beniamino Orrù (voti 114) - Marinella Angioni (voti 105) - Ignazio Ennas (voti 105) - M. Francesca Mura (voti 89) - Nives Bertarione (voti 64) ________________________________________________ La Stampa 14 nov. '01 PERCHÉ VACILLA L´IMMAGINE DELLA SCIENZA I due decenni che abbiamo alle spalle l´immagine della scienza è cambiata. In peggio. Vent´anni fa i ricercatori erano gli eroi del progresso. Pochi dubitavano che dai laboratori sarebbe uscito un mondo migliore. Oggi a molti gli scienziati appaiono come apprendisti stregoni. Se ne diffida. Si teme che i biologi, divenuti padroni del Dna, giochino con la vita e dai laboratori escano mostri. Riemergono spinte irrazionali, paure, credenze e rituali da medioevo. Tre sono i motivi della lenta corrosione che l´immagine della scienza sta subendo. 1) La scarsa cultura scientifica di base fa confondere la ricerca pura, che deve essere totalmente libera, con la tecnologia, che va governata; ma il governo della tecnologia è un fatto politico, la scarsa cultura scientifica porta ad esprimere politici scientificamente impreparati e il cerchio si chiude: miseri finanziamenti alla ricerca (1 per cento del Pil), scuola inadeguata, cultura scientifica di base sempre più bassa. 2) Gli scienziati stessi, in alcuni casi, hanno contribuito a degradare l´immagine della scienza. La "memoria dell´acqua" (1987) e la "fusione fredda" (1989), due bufale inizialmente presentate come scoperte epocali, sono gli episodi clamorosi che tutti ricordano. Ma forse più corrosivo è lo stillicidio di vicende minori: millantate cure per il cancro che in pochi mesi traghettano milioni di persone dalla speranza a dolorose disillusioni, acrobazie riproduttive che speculano sul desiderio (a volte morboso) di maternità e paternità, gravi incidenti che colpiscono l´uomo e l´ambiente (Cernobil) presentati come frutto della scienza mentre sono figli di una tecnologia mal gestita. 3) La cattiva informazione scientifica. Ricercatori spregiudicati convocano conferenze stampa prima di aver pubblicato su riviste qualificate e cercano di "fare notizia" per strappare un finanziamento o anche solo un istante, come oggi si dice, di "visibilità": parola che ci porta al centro del problema. Grandi centri di ricerca istituzionali e industrie all´avanguardia tecnologica hanno sempre avuto uffici stampa interni, efficienti e discreti. Ma ora, nel desiderio di apparire, non c´è azienda, università, convegno o associazione professionale che non affidi la propria immagine a uffici di pubbliche relazioni, perlopiù esterni. Lo fanno persino gli ospedali, mentre la loro unica e miglior comunicazione dovrebbe essere il cittadino soddisfatto del servizio ricevuto. Sono uffici stampa voraci e aggressivi, che hanno il solo scopo di portare a casa un po´ di ritagli di giornale da mostrare al committente. Spesso i loro agenti non sanno neppure come si fa una telefonata (prima ci si presenta, non si domanda "con chi parlo?") e non conoscono la differenza fondamentale tra promozione e informazione. "Tuttoscienze" però fa una promessa ai suoi lettori: come nei vent´anni passati, anche in futuro cercheremo di pubblicare solo notizie e non comunicati commerciali travestiti; parleremo di ricerca e non di prodotti sul mercato; dei farmaci citeremo la molecola attiva e non il nome commerciale, come invece fanno i supplementi sulla salute degli altri giornali; trascureremo il turismo di lusso dei convegni medici. E la scienza per noi continuerà ad essere un sentiero tortuoso, fatto di molti errori e qualche successo, non un Circo Barnum né uno spettacolo hollywoodiano. ________________________________________________ Il Sole24Ore 14 nov. '01 RICERCA, TORNA IN CANTIERE LA PROPRIETÀ DEI BREVETTI Moratti: agli atenei la titolarità e ai ricercatori il 30% dei diritti Maria Carla De Cesari ROMA - Passo indietro sulla proprietà dei brevetti da parte di ricercatori universitari e di enti pubblici, introdotta con l'articolo 7 della legge 383/2001. Il titolare del brevetto, infatti, continuerà a essere l'ateneo, ma all'inventore toccherà un diritto - sembra pari al 30% - sui proventi netti derivanti dallo sfruttamento economico. A correggere la rotta sarà un disegno di legge preparato da Letizia Moratti, ministro dell'Istruzione, università e ricerca, che dovrebbe essere esaminato oggi dal Consiglio dei ministri e che potrebbe essere inserito in uno dei collegati alla Finanziaria. La correzione si è resa necessaria dopo che l'articolo 7 della legge 383/2001 ha modificato il regio decreto 1127/39: quest'ultimo prevedeva che, in presenza di un contratto di lavoro, i diritti per le invenzioni industriali del dipendente appartenevano al datore di lavoro. All'inventore doveva bastare il premio "morale" di essere riconosciuto come tale. Troppo poco. Da qui la scelta, nella manovra dei 100 giorni, di incentivare anche con il riconoscimento economico l'inventiva dei ricercatori: nelle università e negli enti di ricerca i brevetti sono dunque diventati di proprietà dell'autore della scoperta. L'inventore, in base all'articolo 7, può concedere all'università, all'ente o anche a privati la licenza per utilizzare il brevetto, dietro il pagamento di un canone. Tuttavia, la riforma non ha calcolato la difficoltà e il costo economico connesso all'iter brevettuale. Tanto che gli uffici delle università hanno prospettato una drastica caduta del numero di invenzioni "protette". A mettere l'accento sui limiti dell'articolo, tra gli altri, Diana Bracco, consigliere delegato di Confindustria per la ricerca e l'innovazione. "L'unico risultato di questa norma, se non verrà cambiata, sarà sì l'emergere di qualche collaborazione tra un ristrettissimo numero di docenti e ancora più poche imprese, ma anche - ha denunciato Bracco - la condanna a convivere con una università che non è capace di trasformare le risorse che le sono state assegnate in competitività per il Paese". Insomma, in cambio di qualche fortuna individuale, nessun vantaggio per il sistema che, anzi, rischia di inaridirsi. Da qui la necessità di rivedere la normativa, riconoscendo all'università o all'ente la proprietà del brevetto e al ricercatore una partecipazione sul ritorno economico. In caso di inerzia da parte dell'università è previsto il trasferimento dei diritti di sfruttamento economico all'inventore. Sempre nella direzione di favorire la ricerca va l'agevolazione prevista per i privati che finanzino corsi di dottorato e assegni di ricerca. Il beneficio fiscale, sotto forma di detrazione, potrebbe portare a scontare dalle imposte sui redditi fino al 50% dei contributi versati. Nello stesso tempo, sempre con il provvedimento preparato dal ministero dell'Istruzione, per enti pubblici di ricerca, Enea e Asi si dovrebbe aprire la possibilità di accettare commesse per conto terzi, permettendo così di ottenere nuove entrate per i bilanci. La norma dovrebbe collocarsi nel quadro del processo di autonomia aperto, nella scorsa legislatura, con la riforma degli enti. ________________________________________________ Corriere della Sera 16 nov. '01 IL "NOBEL" ITALIANO AD ELENA CATTANEO PER GLI STUDI SULLE CAUSE DELLA COREA DI HUNTINGTON Oggi il premio del capo dello Stato ad Elena Cattaneo per gli studi sulle cause della Corea di Huntington Si chiama Elena Cattaneo ma, tra qualche anno, il suo nome potrebbe essere noto come quello di Rita Levi Montalcini. Oggi, alle 12, all'Università degli Studi, riceverà il premio "Le Scienze" 2001 e la medaglia del presidente della Repubblica. Un "Nobel" italiano che andrà anche a Roberto Bini, per le scoperte sulla reattività chimica di cristalli molecolari, e a Francesco Migliavacca, per modelli matematici nella fluidodinamica. Elena Cattaneo, 39 anni, milanese, due figli (Francesca di 9 e Marco di 4), figlia di lombardi, si è laureata in Farmacia alla Statale, ha fatto il dottorato al Mit e poi è tornata in Statale come ricercatrice e docente di Biotecnologie. Il riconoscimento le viene conferito per "i risultati ottenuti sulla Corea di Huntington". La sua équipe (una ventina di giovani con borse di studio da 20 milioni all'anno), ha identificato il meccanismo che scatena la Corea di Huntington (dal nome del medico che la identificò un secolo fa), una malattia degenerativa e incurabile del sistema nervoso. Ne è colpito un uomo su diecimila; in Italia sono 4 mila, con 12 mila a rischio. Compare intorno ai 30 anni e porta alla morte dopo anche vent'anni di degenerazione motoria e psichica. Il primo pensiero della scienziata va agli ammalati: "Nessuno si prende cura di questi individui, che diventano aggressivi. Alcuni finiscono in ex manicomi o in cliniche di lungodegenti da 7 milioni al mese. Comune e Stato non fanno quasi nulla". Poi, i fondi per la ricerca. "La nostra capacità di produrre soluzioni è proporzionale ai finanziamenti che riceviamo. Ne abbiamo ricevuti dalla Huntington's Society e da Telethon". Ma il piatto piange. "Al Mit si poteva spendere quanto si voleva, ma pure Milano è un'eccellenza per la ricerca biologica, anche se abbiamo tre metri quadri a testa di spazio!". Quanto costa la sua ricerca? "Io sono l'unica dipendente, poi spendiamo in borse di studio e materiali. In tutto 900 milioni all'anno. La ricerca premiata è costata 4 miliardi. Con due miliardi e mezzo all'anno potremmo fare molti esperimenti in più". Come trova tempo per i figli e per sé? "Devo ringraziare la mia famiglia, genitori e suocera: sono la mia arma segreta. Per il resto ho interessi a 360 gradi, leggo la Gazzetta dello Sport e mi piace cucinare... ma ho sempre il frigorifero vuoto". ________________________________________________ Repubblica 13 nov. '01 REQUIEM PER LA RICERCA AL POLITECNICO DI MILANO L'astronoma Hack in piazza con la Cgil MILANO - "Pace all'anima della ricerca italiana, subdolamente uccisa dalla famosa esperta di ricerca scientifica ministra Moratti. Questo governo ricco di illustri ingegni è riuscito finalmente a tappare tutti i buchi lasciati dai comunisti tagliando quelle inutili spese per l'università". È un passo del requiem che Margherita Hack (nella foto), direttore dell'Osservatorio Astronomico di Trieste, ha letto in piazza, al termine della manifestazione milanese. "Tanto c'è la tv che fornisce cultura a tutti con i suoi quiz - concluso - e l'Italia è comunque tra i Grandi per il suo impegno guerriero, anche se spende per la ricerca a l'università meno di un terzo degli altri Grandi. Requiescat in pace". La cerimonia funebre, organizzata dalla Cgil milanese, con tanto di bara, banda e palloncini neri nel cielo dopo l'orazione si è tenuta davanti il Politecnico di Milano. ________________________________________________ Il Sole24Ore 12 nov. '01 IL MERCATO DELLA FORMAZIONE DALL'UNIVERSITÀ AI MASTER Il mondo accademico si apre alla comunicazione, e sempre più numerosi sono i corsi di laurea che ne trattano i diversi aspetti. Già da tempo esistevano offerte formative mirate al settore, dalla Cattolica di Milano allo Iulm, al master in comunicazione d'azienda della Ca' Foscari di Venezia. Ora l'offerta si è sensibilmente ampliata. In tabella sono riportati alcuni corsi, ma mancano quelli che, pur affrontando queste tematiche, le includono in corsi più ampi come quello di economia e gestione aziendale della Cattolica che propone il curriculum in comunicazione e pubblicità. Fino a oggi le facoltà di provenienza di chi lavora nella comunicazione erano le più svariate, da economia a scienze politiche, da lettere a sociologia. Molti creativi hanno alle spalle un'accademia d'arte o la laurea in discipline dell'arte, della musica e dello spettacolo. Gli operatori, davanti alla crescente attenzione verso le materie della comunicazione, paventano una formazione accademica troppo teorica. "L'università è consapevole di questo rischio - dice Riccardo Ferretti, preside della facoltà di comunicazione dell'Università di Modena e Reggio Emilia - per questo abbiamo incluso nel corso da noi aperto quest'anno l'insegnamento delle tecnologie e ci avvaliamo anche di docenti che provengono direttamente dal mondo del lavoro". La riforma universitaria ha, inoltre, reso più diffusa la pratica dello stage, che facilita il contatto tra gli studenti e il mondo del lavoro. "Un buon corso di laurea per comunicatori - afferma il pro rettore dell'Università Cattolica Francesco Casetti - deve insegnare ai giovani come osservare il mondo, perché è da questa osservazione che vengono le idee". Due, secondo Casetti, sono gli errori che un comunicatore deve evitare: essere eccessivamente applicativo o esserlo troppo poco affidandosi solo al proprio istinto. Nel primo caso, infatti, si rischia di non cogliere la singolarità della situazione, mentre nel secondo caso, prima o poi si sbaglia. Per chi è già laureato, numerosi sono i corsi di specializzazione post laurea e i master offerti in comunicazione, marketing e pubblicità. Dalla Luiss di Roma alla Sda Bocconi, dal Politecnico di Torino alla Sapienza, da Firenze a Bologna, almeno un terzo delle università italiane offre master di specializzazione in comunicazione. L'unico che segnaliamo, quest'anno alla sua prima edizione, è quello in "Brand communication" che l'Assocomunicazione ha organizzato insieme al Politecnico di Milano e che comincerà il prossimo anno. Si consiglia comunque di rivolgersi direttamente agli atenei, e informarsi sull'offerta didattica, sulla struttura dei corsi e sulle possibilità di stage. "Questo è un lavoro che si impara sul campo - spiega Riccardo Lorenzini amministratore delegato della Dadda, Lorenzini, Vigorelli, BBDO - e spesso attraverso gli stage riusciamo a individuare i giovani di talento". Il campo della comunicazione è molto vasto. "Chi vuole lavorare - spiega Paolo Torchio, direttore generale Bates Italia - dovrebbe capire se lo sbocco deve essere nell'area creativa, in quella strategica o nel contatto, comunque il miglior modo per imparare è quello di entrare in agenzia il prima possibile e far poggiare un'esperienza lavorativa reale sulle basi culturali create dagli studi". Per lavorare nella comunicazione è importante essere sensibili agli stimoli culturali del mondo, leggere, andare al cinema, viaggiare, sono tutti modi per aprire la propria mente. "La cultura non è una cosa che si impara all'università - conclude Casetti - lo studio dà il metodo e gli strumenti, ma la sete di conoscenza non è una cosa che può essere insegnata". Per chi già possiede un'adeguata formazione, ecco un consiglio su come proporsi: "Presentarsi in modo creativo è un ottimo sistema per farsi notare - spiega Gabriella Ambrosio, direttore creativo e socio della Ambrosio, Maoloni, Pazzagli - preparare un "finto portafoglio" ricreando da zero una campagna già in atto, è il modo migliore per far capire al l'agenzia qual è il proprio modo di comunicare". ________________________________________________ Corriere della Sera 11 nov. '01 FAZIO ALLE BANCHE: PRESTITI D' ONORE PER GLI STUDENTI UNIVERSITARI Tamburello Stefania Il governatore della Banca d' Italia: bisogna investire di più per migliorare la formazione Fazio alle banche: prestiti d' onore per gli studenti universitari DAL NOSTRO INVIATO VITERBO - Il prestito d' onore per finanziare l' istruzione universitari a. Il governatore della Banca d' Italia, Antonio Fazio, lancia la proposta all' indomani del ribasso dei tassi deciso dalla Federal reserve statunitense e quindi dalla Banca centrale europea. "In un momento di tassi molto bassi non solo a breve ma anche a lungo termine, vi è la possibilità di accedere all' indebitamento per sostenere lo studio", ha affermato spiegando che sarebbe opportuno riflettere sulla realizzazione di forme agevolate di finanziamento miste, di credito a lungo termine e di assicurazione (nel caso di malattie o di non riuscita dei piani di studio) a favore degli studenti universitari. Fazio è intervenuto ieri a Viterbo alla cerimonia di inaugurazione dell' anno accademico dell' Università della Tuscia, si è rivolto agli studenti presenti in sala ma ha detto di voler indirizzare la sua proposta alle banche. "Certo avrei dovuto parlare della questione all' Abi (l' associazione tra le banche italiane, ndr). Lo faccio oggi anche se non c' è dubbio che mi rivolgerò direttamente agli istituti di credito", ha affermato. Il governatore ha insistito molto sulla necessità di aumentare gli sforzi per migliorare il grado di preparazione degli italiani che sono, ha detto, "arretrati" rispetto al resto dei Paesi industrializzati. Citando le opere di Adam Smith e più in particolare dell' economista James Tobin ("Una buona organizzazione della società si regge su una buona organizzazione del lavoro") Fazio ha rilevato il deficit di qualità dell' occupazione europea e italiana in particolare, derivante dallo scarso livello di "education", cioè di istruzione complessivamente intesa. Negli Stati Uniti, ha spiegato, il capitale umano rappresenta il 92,5% della ricchezza del Paese mentre solo il 7,5% è costituito dall' insieme dei beni, impianti, scorte, prodotti e altro. In Europa "il rapporto è sempre elevato ma è molto più basso di quello statunitense". Il fatto è, ha aggiunto Fazio, che il vecchio continente ed in particolare l' Italia sono "poveri di capitale umano inteso nel senso strettamente economico". E ciò è legato appunto al grado di istruzione. Le statistiche a riguardo parlano chiaro: considerando la fascia di popolazione che va dai 25 ai 60 anni si vede infatti (i dati si riferiscono al 1999) che il titolo universitario, la laurea, ha una diffusione del 52% in Canada, del 35% negli Usa, del 28% in Germania e del 13%, in Italia che nella classifica negativa è superata in Europa solo dal Portogallo (10%). Germania e Usa rispettivamente col 53% e col 52% primeggiano nella diffusione del titolo di istruzione secondaria (30% in Italia) mentre l' Italia svetta col 57% della licenza elementare. "L' università costa, è vero", ma le statistiche dicono che comunque "lo studio premia la ricerca di un posto di lavoro". Ed è per questo che "occorre fare una riflessione seria sulla concessione di finanziamenti agevolati agli studenti", appunto con il prestito d' onore. Tanto più, ha concluso Fazio, che dal punto di vista macroeconomico l' indebitamento conseguente non sposterebbe cifre significative. Stefania Tamburello ________________________________________________ Corriere della Sera 13 nov. '01 A BERGAMO L' UNIVERSITÀ DEI RECORD In due anni gli iscritti sono saliti da 6.500 a 10 mila. Ma il finanziamento dello Stato è tra i più bassi d' Italia Ceresoli Alberto L' ateneo riceve poco più di 30 miliardi l' anno, quello di Brescia 102. La Banca Popolare interviene con un contributo A Bergamo l' Università dei record In due anni gli iscritti sono saliti da 6.500 a 10 mila. Ma il finanziamento dello Stato è tra i più bassi d' Italia BERGAMO - Non c' è dubbio: quella di Bergamo si può definire l' università dei record. Quelli buoni, meritati sul campo, e quelli cattivi, frutto di un ingresso alla corte dello Stato quando ormai i cordoni della borsa ministeriale erano stretti. Da una parte, infatti, l' ateneo di Città Alta è passato, negli ultimi due anni, da 6.500 iscritti ai 10mila dell' anno accademico inaugurato lo scorso 5 novembre; dall' altra è l' università pubblica italiana (dopo quella del Sannio a Benevento) che riceve il contributo statale più basso: 34 miliardi, che salgono a 36 se si aggiungono i fondi di riequilibrio. Bastano due dati per dare la dimensione del fenomeno: l' Università di Brescia - circa 12.500 iscritti, 2.500 in più rispetto a Bergamo - riceve ogni anno dallo Stato 102 miliardi di lire, 66 in più rispetto alla consorella orobica; molte università italiane (Pavia in testa) ricevono dallo Stato 19 milioni per studente contro i 6 che il ministero dà agli studenti bergamaschi. Eppure il suo rettore, Alberto Castoldi, è riuscito, sempre nel giro di due anni (da quando cioè ha lasciato la presidenza della Facoltà di Lingue e letterature straniere) a incrementare sensibilmente l' offerta formativa, aumentando i corsi di laurea e aprendo anche una nuova Facoltà, quella di Lettere. "Nelle casse della nostra università - spiega Castoldi - mancano almeno 30-35 miliardi. Un problema se si tiene conto che il 2002 sarà l' ultimo anno in cui il ministero concederà i fondi di riequilibrio. Entro il 31 dicembre dell' anno prossimo, il governo intende infatti stabilire una sorta di media nazionale da cui i finanziamenti statali non dovrebbero scostarsi, né in eccesso né in difetto, del 10 per cento. Speriamo che sia no introdotti davvero perché, in base a quegli stessi parametri che il governo vorrebbe seguire, gli attuali fondi destinati alla mia università sono sottostimati di ben il 30 per cento". L' obiettivo che Castoldi intende raggiungere è dunque piuttosto semplice: "Vorrei avvicinarmi il più possibile a un finanziamento statale di 65- 70 miliardi, che peraltro risulterebbero appena accettabili ma, rispetto all' attuale, sarebbero il Paradiso". Roma non sembrerebbe insensibile alle richieste d' aiuto dei bergamaschi. "Ho già spiegato la nostra posizione al capo di Gabinetto del ministero - spiega il rettore -: mi ha promesso un fondo di riequilibrio di circa 5 miliardi e che, successivamente, farà tutto il possibile perché il nostro budget possa essere normalizzato nel giro di qualche anno. Per la verità, comunque, non mi faccio illusioni: viste le ristrettezze economiche del momento non mi attendo rapidi stravolgimenti, anche se spero che per il 2005 le cose siano andate a posto". Nel frattempo, un aiuto concreto all' Università lo porge la Banca Popolare di Bergamo-Credito Varesino. L' istituto cittadino è da sempre al fianco dell' ateneo, a cui ieri ha ufficialmente donato un contributo di due miliardi. Fondi che verranno utilizzati per acquistare il Collegio Baroni, oltre 5.500 metri quadrati di superficie utile che il rettore vorrebbe destinare al fulcro del grande polo culturale da realizzare in Città Alta. Polo che comprenderebbe anche l' ex complesso monastico di Sant' Agostino, gioiello dell' architettura medioevale, il cui restauro è stato reso possibile da un altro contributo di 5 miliardi, stanziato dal presidente della Banca Popolare, Emilio Zanetti. I lavori dovrebbero essere ultimati entro il prossimo autunno, dopo di che l' Università - a cui l' uso dell' edificio sarà assicurato da un comodato gratuito concesso dal Comune - potrà cominciare a utilizzarlo, allestendo le aule per la neonata Facoltà di Lettere. Ma la collaborazione tra ateneo e Banca Popolare-Credito Varesino è destinata a proseguire anche per il futuro. Allo studio, infatti, ci sarebbe una nuova intesa nel settore dell' intermediazione finanziaria, un ambito in cui Università e Popolare potrebbero trovare terreno fertile per costruire insieme attività di formazione e di ricerca. Alberto Ceresoli ________________________________________________ L'Unione Sarda 14 nov. '01 SASSARI: VETERINARIA, SCHIAFFO AI RICERCATORI "L'Università sassarese è stata poco coinvolta nell'affrontare l'emergenza lingua blu". Lo hanno affermato due docenti della facoltà di Veterinaria, Mario Fadda e Giovanni Garippa, durante la seduta straordinaria del consiglio provinciale di ieri. Secondo i due professori, infatti, ai ricercatori dell'ateneo non è giunto alcun invito ufficiale da parte dell'amministrazione regionale per studiare l'epidemia. "Abbiamo comunque analizzato il fenomeno con i nostri fondi - ha precisato Mario Fadda - ma le proposte che abbiamo presentato per prevenire la seconda ondata del morbo sono state tutte cestinate". Giovanni Garippa ha chiesto l'istituzione di un comitato tecnico- scientifico che si affianchi all'unità di crisi, e che veda riuniti intorno allo stesso tavolo studiosi universitari, rappresentanti dell'Istituto zooprofilattico e della Asl e il responsabile del Sar. In questo modo si potrebbe favorire quel coordinamento tra tutti i soggetti interessati, la cui mancanza avrebbe provocato l'aggravarsi dell'epidemia. (pi. ma.) ________________________________________________ L'Unione Sarda 16 nov. '01 CAGLIARI: UNA LOVE STORY E L'ESAME REGALATO DAL PRESIDE DI FILOSOFIA Processo. Domani la sentenza sulla vicenda avvenuta all'università: con l'ex amante che diventa grande accusatore Chiesti un anno e sei mesi per il preside di Filosofia e la studentessa La sedia è scomoda e il vecchio preside non riesce a stare un attimo fermo. Comprensibile: la posta in gioco è altissima. Il suo allievo gli ha teso una brutta trappola e ora è qui, davanti a un tribunale, per difendersi da un'accusa che getta un'ombra su una onorata carriera. Avrebbe regalato un esame a una studentessa. Si sarebbe rovinato per fare un favore al suo allievo e amico, un docente universitario con cui la studentessa aveva da anni una relazione sentimentale. Quel regalo vale un anno e sei mesi di reclusione. "Falso in atto pubblico", tuona il pubblico ministero Gaetano Porcu. Per il rappresentante dell'accusa l'ex preside della facoltà di Filosofia dell'università di Cagliari Alberto Pala e l'ex studentessa modello Marisa Renis sono entrambi colpevoli: il primo ha compilato uno statino falso, la seconda lo ha firmato. Era il 2 febbraio 1991. Nel marzo dell'anno successivo la studentessa si è laureata col massimo dei voti in Pedagogia e certo non immaginava che nove anni dopo si sarebbe ritrovata in un'aula di giustizia a difendere con i denti il suo esame, la sua laurea, la sua vita. La storia è di quelle che stuzzicano morbose attenzioni: per il fatto in sé, per la notorietà dei personaggi, per lo sfondo. Marisa Renis, giovane studentessa, brillante, occhi neri, lunghi capelli castani; Pietro Melis, docente di mezza età, carattere spigoloso, molti contrasti in facoltà, personalità sui generis; Alberto Pala, stimatissimo preside avviato verso la pensione. I due professori sono grandi amici e per Pala è un fulmine a ciel sereno l'esposto-denuncia con cui, nel 1995, Melis lo inguaia. "Non potevo immaginare che tendesse trappole", risponde l'imputato al pm. La trappola è una conversazione telefonica tra i due professori registrata da Melis all'insaputa di Pala: uno dei pilastri del processo in corso. Il preside fa esplicito riferimento a un esame regalato. È la prova che serve a Melis per rivendicare l'osservanza di un patto tra gentiluomini: la studentessa avrebbe dovuto risostenere, anzi, sostenere l'esame di filosofia. Solo pro forma: sarebbe stato lo stesso professor Melis ("offeso nella sua integrità" da quel regalo non richiesto) a valutare la preparazione della sua ex fidanzata. Soltanto così si sarebbe rimediato all'errore del passato, quando sul libretto era comparso un voto (30 trentesimi) senza che fosse stato sostenuto l'esame. Non con i crismi dell'ufficialità, con una commissione, conferma il professor Pala senza sapere che il registratore è in funzione. Ma in aula l'imputato spiega le sue parole di tanti anni fa: "Io al principio pensavo che stesse parlando del voto, poi quando mi sono reso conto che Melis si riferiva all'esame ho preso posizione dicendo chiaramente no, non c'è stato alcun regalo. Guardi, il soggetto era talmente alterato che la mia preoccupazione era di calmarlo. Se avesse detto che la madre camminava sulle mani avrei detto sì. Era veramente in uno stato di alterazione. E poi, la valutazione del candidato è complessiva: la Renis aveva partecipato alle lezioni, seguiva con attenzione, tra gli studenti ci sono anche le menti fini. Io prima di ogni lezione dedicavo un'ora agli studenti che dovevano preparare gli esami, quando si presentavano il giorno della prova io avevo già un'idea della loro preparazione". Nel momento in cui il professor Melis tende la trappola la tormentata relazione con la studentessa è ormai finita. E qui ha buon gioco la difesa : "Il pubblico ministero si chiede quale interesse avesse il professor Melis ad accusare la Renis? Rispondo io: distruggerla. Melis voleva vendicarsi e per certi versi ci è riuscito, come dimostrano gli attestati medici che abbiamo prodotto al processo". L'avvocato Ferruccio Melis ricorda che Marina Renis non era certo una scansafatiche, la sua carriera universitaria è caratterizzata da tantissimi trenta e lode. "Non ha mai confessato al professor Melis di non aver sostenuto l'esame di filosofia. Anzi: in una lettera gli ha scritto Mi sento amareggiata per la tua perfidia nel dire che mi ha regalato l'esame". La ex studentessa è quella che rischia di più in tutta questa vicenda e il suo avvocato lo sottolinea con grande forza: "Si vedrebbe privata della laurea". Al suo fianco la ragazza, interamente vestita di nero, non batte ciglio. Poco distante il professor Pala si tormenta le dita della mano destra, penzoloni lungo il banco. Il clima è pesante anche per la presenza di Melis, oltre la balaustra, il volto nascosto dietro un paio di occhiali scuri. Il difensore del professor Pala, l'avvocato Luigi Concas, suggerisce al giudice di approfittare della presenza del grande accusatore per chiedergli conto dell'autenticità di una sua firma su un documento prodotto dalla difesa. Melis fa resistenza: "Sono qui per caso. Consideratemi assente". Il tono del giudice che lo invita ad avvicinarsi è gentile ma di quelli che non ammettono repliche, così il professor Melis si decide: sì, la firma è la sua . "Serve per meglio capire la personalità del personaggio", chiosa l'avvocato Concas prima che il giudice Poddighe dia la parola al pubblico ministero per la requisitoria. In quindici minuti scarsi Porcu ripercorre le tappe salienti. E si sofferma sull'attendibilità del superteste: "Le sue dichiarazioni, forti e precise, sono confortate da numerosi elementi probatori, a partire della telefonata in cui ha ottenuto la conferma che l'esame non c'era stato. Siamo tutti consapevoli che il professor Melis è un soggetto con aspetti del carattere spigolosi, sappiamo che avuto contrasti con alcuni suoi colleghi, che ha inviato molti esposti in Procura. Ma da qui a dire che non è credibile ne passa tantissimo". Secondo il pm uno degli elementi forti dell'accusa è il modo in cui lo stesso Melis si è autocoinvolto nella vicenda fino a portare il pm, nel corso del processo, a chiedere al giudici la trasmissione degli atti per procedere anche contro di lui. "Questo punto debole diventa forte per la credibilità del teste in questo procedimento". Il difensore della studentessa, a seguire, traccia un quadro diverso e chiede l'assoluzione di Marisa Renis. Domani toccherà all'avvocato Concas smontare l'accusa mossa contro il professor Pala. Poi la sentenza. Maria Francesca Chiappe ========================================================= ________________________________________________ La Nuova Sardegna 14 nov. '01 ALIMENTAZIONE, DIBATTITO SULL'ANORESSIA Cagliari. Il dipartimento di Psicologia dell'Università organizza per venerdì 23 novembre, nei locali del Banco di Sardegna in viale Bonaria, un convegno sui disturbi dell'alimentazione. Anoressia e bulimia sono diventati problemi sociali di grande rilevanza, che generano sofferenza nei soggetti affetti ma anche nei loro familiari. Inoltre producono alti costi sociali per l'intera comunità, per la complessità di una sintomatologia al confine tra il corpo e la mente, e la frequente tendenza alla cronicizzazione. Colpiscono una fascia di età, quella dell'adolescenza, di per sé problematica. Al convegno parteciperanno, tra gli altri, alcuni esperti della Regione Veneto, che ha organizzato di recente una rete di servizi ambulatoriali secondo le linee guida varate dal ministero della Salute. Sarà presentato anche il sito Internet che il gruppo di studio del dipartimento ha dedicato all'argomento: all'indirizzo www.anoressianervosa.it, da fine novembre, sarà possibile consultare informazioni ed aggiornamenti su anoressia e bulimia. Per il futuro è prevista l'istituzione di percorsi di formazione telematica (e-learning) su questi argomenti ed altri ad essi strettamente collegati. ________________________________________________ Corriere Della Sera 14 nov. '01 PRIVATIZZAZIONE DEGLI OSPEDALI, IL GOVERNO PRENDE TEMPO Ritirato l'emendamento alla Finanziaria. Sarà possibile affidare all'esterno la gestione dei musei Roma - Gli ospedali "a carattere scientifico" resteranno nell'area pubblica. Le amministrazioni dei musei, invece, "aprono" ai privati e, nello stesso tempo, metteranno in regola circa 2.500 dipendenti precari. La Cassa Depositi e Prestiti, infine, farà da supporto bancario non solo per le grandi opere, ma anche per le infrastrutture regionali e locali. Tra oggi e domani la Finanziaria sarà approvata dall'aula del Senato, coprendo la metà del cammino parlamentare. Il relatore di maggioranza, Ivo Tarolli (Biancofiore), presenterà proprio oggi il maxi-emendamento, l'ultimo pacchetto di modifiche con più fondi per le imprese (legge 488), l'innovazione e il turismo. Intanto già si guarda alle prossime settimane, quando la manovra sarà esaminata dalla Camera. Ieri il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, non ha escluso nuove "misure di sostegno ai consumi". Tutto dipenderà, ha detto, dalla discussione sui criteri del patto di stabilità europeo. E sempre alla Camera potrebbe essere rinviata l'approvazione dell'emendamento che fissa i requisiti per beneficiare dell'aumento a un milione delle pensioni minime. OSPEDALI - Nella mattinata di ieri il governo ha ritirato l'emendamento che prevedeva l'apertura ai privati delle Fondazioni cui fanno capo gli Istituti di ricerca e di cura (Ircs). Piccolo giallo, poi il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, ha precisato: "Non c'è stato alcun ripensamento. Ma soltanto il desiderio di non vedere il provvedimento presentato come una privatizzazione degli ospedali. Le Fondazioni, infatti, rimangono di diritto pubblico, ma potranno raccogliere fondi privati". Il ministro ha poi annunciato la ripresentazione della versione corretta della modifica nel maxi-emendamento. MUSEI E PRECARI - Percorso inverso per i musei. L'articolo 22 della Finanziaria, approvato ieri, concede al ministero dei Beni culturali la facoltà di affidare in concessione ai privati l'intera gestione dei musei o di altre strutture di carattere storico e artistico. Nello stesso tempo è stata regolarizzata la posizione di circa 2.500 persone assunte a tempo determinato dal ministero. In sostanza nel triennio 2002-2004 potranno entrare in organico i 1.475 lavoratori precari (i cosiddetti "giubilari") e gli 809 assistenti tecnici museali che avevano un contratto in scadenza quest'anno. Risultato: "Un primo passo", ha commentato il ministro Giuliano Urbani, per ampliare l'orario di apertura di musei, gallerie, aree archeologiche, archivi e biblioteche. ________________________________________________ Il Sole24Ore 12 nov. '01 SANITÀ: MANCANO GLI SPECIALISTI NEGLI AMBULATORI Per il sindacato occorrono 3.193.075 ore di lavoro in più la settimana e il coinvolgimento di altri 65mila camici bianchi Stop ai ricoveri impropri, sprint alla day-surgery, al day-hospital e agli ambulatori sul territorio. Lo dicono la programmazione nazionale, le Regioni e i livelli essenziali d'assistenza (Lea), appena "sfornati" dal ministero della Salute e pronti al decollo entro il 30 novembre. Ma a languire è proprio quel territorio sul quale dovrebbe poggiare la sanità del futuro. Persino sul fronte dei medici, nonostante il noto esubero che affligge la Penisola (con 174 abitanti per medico al primo posto in Europa). A lanciare l'allarme è il Sumai, il Sindacato unico medici ambulatoriali italiani. Che, in uno studio ad hoc, ha cercato di individuare quanti, dove e quali specialisti delle Asl occorrono per soddisfare la domanda di assistenza extraospedaliera sul territorio. Con risultati sorprendenti: 181.451 sono le ore settimanali di specialistica ambulatoriale pubblica censite in Italia. Ma, secondo l'indagine del Sumai, ne mancherebbero ben 3.193.075: una carenza enorme, da cui deriverebbe l'allungamento delle liste d'attesa. Se anche tutti i 23.500 specialisti attivi lavorassero 38 ore a settimana (il massimo contrattuale, quasi mai praticato), servirebbero comunque altre 2.481.362 ore settimanali, pari al lavoro di quasi 65mila camici bianchi. Specialisti ambulatoriali alla conta. Il censimento dettagliato (si veda "Il Sole-24 Ore Sanità" n.43/2001) è stato presentato dal Sumai la scorsa settimana, al 34° Congresso nazionale. Condotto sulla base dei dati Enpam (l'ente di previdenza dei medici), lo studio ha evidenziato che i camici ambulatoriali italiani sono 23.500, suddivisi in specialisti Doc (63%), medici di medicina dei servizi (21%), odontoiatri (3%) e "sostituti" (13 per cento). Una categoria, quest'ultima, cresciuta dopo l'entrata in vigore del Dlgs 502/1992 che ha posto il ruolo "a esaurimento", bloccando l'immissione in convenzione di nuovi specialisti. L'intento era quello di trasformarli in dipendenti del Servizio sanitario nazionale, ma si è risolto per ora con un nulla di fatto, anche perché lieviterebbero troppo i costi per lo Stato. Si è quindi permesso l'affidamento di incarichi temporanei di tre o sei mesi. Il fenomeno ha però assunto dimensioni preoccupanti in alcune Regioni: nel Lazio, che conta il maggior numero di medici Sumai (4.496), 1.579 sono titolari e quasi il doppio sono sostituti. La domanda sul territorio. Il calcolo per determinare il fabbisogno di specialistica è stato effettuato in base a un modello teorico di rapporto specialisti/specialità, tarato poi su 36 indicatori del "coefficiente di domanda medica" (bio-demografici, di assistenza ospedaliera, di condizione sociale, di disagio sociale e di demografia medica). Unità di riferimento: il monte ore, asse portante dell'indicazione del fabbisogno. Di qui l'accertamento di oltre tre milioni di ore di specialistica "mancanti" all'appello della popolazione. Le carenze variano da specialità a specialità e da Regione a Regione. In Campania c'è uno specialista delle Asl ogni 1.929 abitanti, in Trentino-Alto Adige ce n'è uno ogni 6.835 abitanti. Questo non significa che le zone più "fornite" rispondano efficacemente alla domanda. Sempre in Campania, occorrerebbero 642 ostetrici-ginecologi per coprire il monte ore ideale di 24.208 ore settimanali. Invece le ore censite sono solo 1.321. Per alcune branche e in determinate aree, l'assistenza extraospedaliera pubblica risulta del tutto scoperta: nel Lazio non opera alcun dermatologo. Il Piemonte (che ha uno specialista ogni 4.038 abitanti) non ha endocrinologi, né oncologi. Questi ultimi mancano anche in Veneto, Puglia, Sicilia, Marche, Liguria, Abruzzo e Molise. Proposte e reazioni. Il Sumai non chiede certo l'immissione in convenzione di 65mila medici. Suggerisce invece che ospedalieri e universitari scendano come un tempo in ambulatorio a completare il monte ore della specialistica. E che i medici di famiglia, tutor dei pazienti, li indirizzino di volta in volta verso lo specialista o verso l'ospedale, quando è necessario il ricovero. "Siamo d'accordo sulla possibilità che l'attività ospedaliera sia riconvertita per potenziare quella ambulatoriale - afferma Stefano Biasioli, presidente della Cimo (Confederazione italiana medici ospedalieri) - ma a patto che ciò avvenga in modo codificato e definito a livello contrattuale". E "a coordinare le attività degli ospedalieri e degli ambulatoriali, per evitare duplicazioni, devono essere i primi. Neppure il medico di base". Di avviso opposto, Mario Falconi, segretario della Fimmg (il più grande sindacato dei camici generalisti): "Siamo noi i sensori della domanda di salute dei cittadini. Sul territorio servono équipe integrate, costituite da medici di base e specialisti". E Serafino Zucchelli, segretario dell'Anaao (Associazione medici dirigenti) rilancia una soluzione prevista dal contratto nazionale: la libera professione aziendale. "Le aziende - spiega - possono chiedere ai medici dipendenti di incrementare le prestazioni specialistiche, quando risultino insufficienti. Una libera professione diversa dall'intramoenia, perché del tutto gratuita per il cittadino". In questo quadro "al distretto spetterebbe il ruolo di centrale organizzativa che "compera" le prestazioni necessarie in base al fabbisogno sul territorio". Manuela Perrone ________________________________________________ L'Unione Sarda 16 nov. '01 GOVERNO: COL VOTO DI FIDUCIA UN FRENO ALLE SPESE PER LA SANITÀ Il governo fa ricorso al voto di fiducia, malumori anche tra la maggioranza La riforma passa tra le proteste a Montecitorio ROMA L'aula di Montecitorio ha approvato con 318 voti favorevoli, 221 contrari e 1 astenuto il decreto legge sulla spesa sanitaria. La norma che riordina i budget delle regioni e opera tagli significativi al sistema sanitario è passata con l'ormai quasi consueta procedura d'urgenza. Il provvedimento doveva rigorosamente essere licenziato dalla Camera entro domenica prossima e il governo ha fatto ricorso al voto di fiducia per evitare le insidie dell'opposizione e le titubanze dell'Assemblea. L'ennesimo ricorso ad un meccanismo supervincolante per i deputati della maggioranza (e mortificante per quelli dell'opposizione che volevano articolare il proprio dissenso) rischia però di lasciare strascichi polemici. E forse anche qualche ferita aperta dentro la stessa Casa delle Libertà. Dopo la blindatura imposta sul decreto già in occasione della sua conversione a Palazzo Madama, questo nuovo voto di fiducia provoca malumori consistenti soprattutto nei centristi della maggioranza in quanto il provvedimento stringe i cordoni della spesa pubblica per ciò che riguarda la mancata revoca dei ticket sanitari, gli oneri sui farmaci per i cittadini e la riduzione dei posti-letto negli ospedali. Ad essere esternati pubblicamente però sono stati per ora soltanto i dissensi dell'Ulivo. E se ne ha avuto un saggio corposo durante le dichiarazioni di voto che hanno preceduto la chiamata nominale dei deputati. In quest'occasione infatti gli oratori dell'Ulivo non hanno lesinato censure durissime alla normative e alla prassi con cui la maggioranza impedisce uno sviluppo naturale del dibattito in assemblea. Il capogruppo dei Ds è stato sferzante, sia nel merito del decreto che più in generale sui comportamenti istituzionali del governo. "L'esecutivo con questa legge - ha detto in aula Luciano Violante - costringe gli italiani a pagare i ticket e a coprire la differenza di prezzo su molti farmaci. In più crea un finto federalismo sanitario che porterà in pratica ad una sorta di anarchia di 22 sistemi sanitari regionali". ________________________________________________ Corriere della Sera 12 nov. '01 TUMORI, IL LAZIO "RIPROVA" LA CURA DI BELLA Storace: "Farmaci gratis a chi li chiederà". Il parere negativo della commissione oncologica regionale. "Vedremo poi se anche il governo è disposto a promuovere una campagna nazionale" Di Frischia Francesco L' incontro in Campidoglio con il professore e l' annuncio: "Finanzieremo noi una nuova sperimentazione" Tumori, il Lazio "riprova" la cura Di Bella Storace: "Farmaci gratis a chi li chiederà". Il parere negativo della commissione oncologica regional e ROMA - La "terapia Di Bella" ha trovato un nuovo sponsor. È Francesco Storace, presidente della Regione Lazio, ad annunciarlo, ieri a Roma, durante un convegno dei sostenitori del medico modenese: "Dopo l' approvazione, nei prossimi giorni, di una mozione presentata dal Polo in Consiglio regionale, finanzieremo la sperimentazione. Ho chiesto agli scienziati, che avranno fondi anche per la ricerca e le cure ufficiali, di rispettare le opinioni della Giunta regionale in merito alle medicine alte rnative e alla libertà di cura: dove non arriva la medicina tradizionale ci deve essere spazio per la speranza". Nel marzo scorso, però, la Commissione oncologica regionale si era opposta. "Cominceremo presto - tira dritto Storace - . Dobbiamo individuare i luoghi e le forme, ma intanto ho già avuto il parere favorevole di alcuni direttori generali di Asl e ospedali pubblici. Bisogna concedere anche gratis i farmaci a chi li chiederà. Poi vedremo se anche il governo è disponibile a promuovere una campagna nazionale". Luigi Di Bella, accolto in Campidoglio dagli applausi di oltre 200 tra malati e loro familiari, commenta: "Apprezzo il messaggio di apertura del presidente Storace: dal 1966 sono partito con questo protocollo, nel ' 78 ho aggiunto la somatostatina". Dai risultati ottenuti in tutti questi anni "su decine di migliaia di malati, tra quelli curati direttamente e quelli seguiti da altri medici che applicavano il mio piano - precisa l' anziano medico - ho maturato la certezza che , prima o poi, la Multiterapia si sarebbe affermata, a prescindere da decisioni politiche o da interessi economici (delle case farmaceutiche, ndr)". E l' ex professore universitario aggiunge: "Purtroppo i pazienti con il cancro devono affrontare ogni giorno ancora troppi ostacoli per ottenere dal Servizio sanitario nazionale le medicine necessarie". Il rapporto tra il professor Di Bella, la medicina ufficiale e il mondo politico è stato sempre altalenante: la sperimentazione della "Multiterapia" (MDB), a base di somatostatina, retinoidi, melatonina e bromocriptina, è già stata compiuta in molti ospedali pubblici per volontà dall' ex ministro Rosy Bindi nel 1998, sotto la spinta di un movimento di opinione che arrivò a protestare fin sotto l e finestre del Quirinale. Dopo alcuni mesi, segnati da polemiche e stroncature da parte della medicina tradizionale, i risultati negativi su decine di malati hanno fatto naufragare il progetto. E con esso le speranze di tanti che, delusi dalle cure a base di chiemioterapia e radioterapia, vedevano nel metodo Di Bella l' ultima speranza. Patrizia Mizzon, presidente dell' Aian, mette le mani avanti: "Ci auguriamo che stavolta la sperimentazione sia fatta davvero in modo serio e senza pregiudizi, n on come è avvenuta tre anni fa". Francesco Di Frischia La vicenda IL PRETORE La cura anticancro ideata dal professore modenese Luigi Di Bella diventa un "caso" medico e politico nel dicembre del ' 97, quando il pretore di Maglie (Lecce), Carlo Madano , ordina alle Asl di distribuire gratis i farmaci indicati per la terapia I PROTOCOLLI Il 22 gennaio del ' 98 vengono stabiliti i protocolli per la sperimentazione della somatostatina, farmaco base della cura Di Bella, che viene provata in 51 ospedal i su un migliaio di pazienti POLEMICHE Il 3 marzo del ' 98 viene avviata la sperimentazione, che verrà conclusa il 13 novembre. E' un periodo carico di polemiche. A decretarne la conclusione è l' allora ministro della Sanità, Rosy Bindi, dopo che tutti i protocolli clinici hanno dato risultati negativi LA CURA Consiste nella somministrazione di un cocktail di sostanze a base di vitamine (beta carotene, alfa tocoferolo, acido retinoico), ormoni (somatostatina, melatonina) e altre sostanze, alcune delle quali sono antitumorali usati nelle terapie tradizionali, come l' endoxan ________________________________________________ Corriere della Sera 11 nov. '01 BINDI: "PAZZESCO, LO FANNO PER SVENDERE LA SANITÀ PUBBLICA" De Bac Margherita ROSY BINDI "Pazzesco, lo fanno per svendere la sanità pubblica" ROMA - È stata la vicenda più travagliata del suo ministero. Rosy Bindi annuisce: "La destra portò in piazza gli ammalati per sostenere la terapia. Classe politica, magistrati e parte della stampa furono irresponsabili perché esposero le famiglie a dolori laceranti - ripercorre il lungo film l' ex ministro della Sanità dei governi Prodi e D' Alema, oggi deputato della Margherita -. Ci esponemmo alla derisione internazionale e per riacquistare credibilità avviammo una sperimentazione che dimostrò il metodo non efficace. E ora Storace riapre alla cura... Pazzesco ma non mi meraviglio". Perché non si meraviglia? "Perché Di Bella è l' icona del nuovo sistema sanitario nazionale cercato dalla destra. Il sistema del fai-da-te. Chi come la destra vuole assicurare la vera libertà di cura ai cittadini ne certifica la validità, ma non corre dietro alle barbarie scientifiche. Sì ora possiamo dirlo, la cura Di Bella è barbarie scientifica, lo abbiamo dimostrato con una sperimentazione seria, seguita dalla comunità mondiale. Le maggiori riviste internazionali ci hanno riconosciuto il merito di aver lavorato con rigore e nessun magistrato è riuscito a incriminarci per aver negato l a gratuità di quelle cure". Di Bella paradigma del modello sanitario liberistico della destra. Si spieghi. "Riaprire una vicenda così dolorosa per il Paese significa farlo in nome della deresponsabilizzazione delle istituzioni nei confronti del sistema sanitario. Gli ospedali vengono privatizzati, le risorse mediche e scientifiche svendute". La riapertura a Di Bella di Storace va dunque inserita secondo lei in un disegno più generale? "Proprio così. Non è una coincidenza che Storace riapra a Di Bella e contestualmente diverse Regioni decidano di clonare il sistema di sanità lombardo. Non è un caso che il ministro della sanità Sirchia nel decreto tagliaspesa abbia introdotto la soppressione degli articoli della Riforma che regolavano la sperimentazione gestionale. Non è un caso infine che con un emendamento alla Finanziaria sia stato dato di fatto il via libera all' ingresso dei privati, attraverso le fondazioni, negli istituti di ricerca, gli Ircss". Conclusioni? "Prima Alleanza Nazionale faceva opposizione scorretta usando gli ammalati. Ora il governo di destra continua lungo la stessa strada attuando una visione liberistica della Sanità". Margherita De Bac mdebac@corriere.it ________________________________________________ L'Unione Sarda 12 nov. '01 MICROCITEMICO: NON SOLO COSTI Sulla polemica sorta a proposito dell'ospedale Microcitemico, pubblichiamo un intervento di Giorgio Vargiu presidente regionale dell'associazione talassemici. Vorrei, con molta pacatezza, esprimere, a freddo, alcune valutazioni circa la delibera n. 3389 dell'8-8-2001, adottata dal Direttore generale della Asl n. 8 di Cagliari. In sostanza a tale delibera, a mio modesto avviso, va data questa chiave di lettura: i conti dell'Azienda sanitaria presentano uno sbilancio passivo di quasi 219 miliardi; se non verrà rivista (all'insù) l'assegnazione finanziaria in suo favore, la conseguenza (ma speriamo di no) non potrà che essere quella di operare alcuni tagli per il contenimento dei costi; i tagli consistono nella "... eliminazione di quelle attività che pur assorbendo ingenti risorse non risultano produttive...", attività che "... nonostante risulta necessario garantire alla popolazione...", "...comportano costi rilevantissimi...", tra questi anche "... le prestazioni dell'ospedale Microcitemico...". In termini meramente ragionieristici la portata di quanto deliberato dal manager Dr. Aste può trovare una sua spiegazione. Premesso che la normativa regionale che ha istituito le Asl contiene delle gravi incongruenze per aver impresso alle stesse connotati aziendalistici, penalizzando l'utenza e il personale addetto e non agevolando il compito del manager, il settore della sanità non può essere trattato alla stessa stregua di una qualunque attività economica che soggiace alle note leggi di mercato, fondate sul profitto e sulle perdite. Ciò per il semplice fatto che la salute pubblica ha peculiarità e costi che limitano qualunque margine di manovra in fatto di tagli, contrariamente a quanto deve avvenire, per assicurare una sana gestione, in ambito imprenditoriale. Gli unici tagli che si addicono alle Asl sono quelli relativi agli sprechi, laddove esistano. È in quest'ultima direzione che la scure va pesantemente affondata. Se dopo aver eliminato sprechi e costi non essenziali per il bene del malato, non si riuscisse a riportare in pareggio il bilancio, è inevitabile il ricorso all'erogazione di altre risorse, in precedenza non stimate, non essendo pensabile di dover comprimere il numero dei pazienti, acuti e cronici, che necessitano di cure e assistenza, e delle coppie a rischio che richiedono prestazioni diagnostiche talvolta altamente sofisticate e quindi particolarmente onerose. Ma non si può ignorare che queste ultime prestazioni hanno importanti ricadute sia da un punto di vista economico che sociale. Si pensi al controllo di tutte quelle patologie croniche che, non essendo oggetto di un'attività di prevenzione, comporterebbero costi di gran lunga superiori a quelli da sostenere per quest'ultima attività. Anche se va detto che il peso di tutto ciò non può essere lasciato alla sola gestione di un'azienda sanitaria locale che ha una competenza territoriale ben circoscritta, ma andrebbe ricondotto, per la sua estensione, alla competenza diretta, in termini economici, della Regione. Poiché, in conclusione, la ricordata situazione non solo non consente alla Asl 8 di elevare il suo livello qualitativo di assistenza prodotta, ma veramente soltanto appiattito, attese le difficoltà cui va incontro nel contesto attuale, è evidente la necessità d'intervento da parte della Regione per la rivalutazione del finanziamento dovuto alla stessa. Giorgio Vargiu Presidente regionale dell'Associazione Talassemici ________________________________________________ L'Unione Sarda 17 nov. '01 LANUSEI CAPITALE DELLA GENETICA Oggi al via il progetto di ricerca finanziato dagli americani Lanusei Il gran giorno è arrivato. Gli scienziati americani sbarcano in Ogliastra e Lanusei diventa capitale della ricerca genetica. Oggi, con una cerimonia solenne, decolla "Progenia", lo studio sull'invecchiamento in Sardegna che avrà come base operativa proprio Lanusei. Alle 15 verrà inaugurato ufficialmente il laboratorio di via Umberto che sarà diretto dal ricercatore ogliastrino Giuseppe Pilia ma ha l'imprimatur e la supervisione e il supporto, anche finanziario, dei colossi della sanità a stelle e strisce. Oggi a Lanusei ci saranno i rappresentanti del National institute on aging e del National institutes of Healt (David Schlessinger, Paul Costa, Ed Lakatta, Danny Longo, Dennis Taub, i vertici del Cnr, Antonio Cao, direttore dell'istituto di ricerca sulle talassemie e anemie mediterranee di Cagliari, e Angelo Scuteri, del dipartimento cario-geriatrico dell'Inrca di Roma. Non mancherà il rettore dell'Università di Cagliari Pasquale Mistretta. A fare gli onori di casa i dirigenti d'lla Asl, i sindaci, il vescovo, l'assessore regionale alla Sanità. Tutti gli ospiti interverranno alla presentazione del progetto (già illustrato oggi in una conferenza stampa di cui diamo conto in cronaca di Cagliari) che avverrà alle 16,30 nel nuovo cineteatro Tonio Dei. In serata è prevista un'accattivante appendice musicale con i concerti di Franco Platino e del duo Paolo Fresu & Michel Graillier. ________________________________________________ L'Unione Sarda 14 nov. '01 ALLE ORIGINI DELLA VECCHIAIA Il viso coperto da una ragnatela di rughe, la vista si abbassa, la memoria si appanna, la depressione avanza. Diagnosi facile: s'invecchia. Il corpo appassisce un po' alla volta. Da sempre l'uomo osserva stupito il proprio degrado e si chiede perché. Cosa succede nei segreti recessi delle cellule, nelle complesse reazioni biochimiche all'origine (e alla fine) della vita? La stessa domanda se la pone un'équipe di scienziati cagliaritani che, in collaborazione con colleghi made in Usa, ha elaborato ProgeNia, studio sull'invecchiamento in Sardegna. Base operativa, l'Ogliastra, "popolazione omogenea", cioè composta da persone tra loro affini e con discendenti comuni che storicamente ha avuto scarsi scambi con l'esterno. A esplorare le basi genetiche dell'invecchiamento sarà una task force scientifica composta dall'Irtam di Cagliari (Istituto di ricerca sulle talassemie e anemie mediterranee, diretto dal professor Antonio Cao) e il Nia, di Baltimora, (National institute on aging, Istituto dell'invecchiamento) derivazione del National institutes of healt (Dipartimento della salute degli Stati Uniti). Bipartisan la direzione scientifica della ricerca: Giuseppe Pilia per l'Irtam e David Schlessinger, direttore del Nia (i due hanno da tempo rapporti di studio). Solo americani i fondi: 6 milioni di dollari, (circa 12 miliardi di lire). Regione, Università e CNR (cui fa capo l'Irtam) non hanno scucito una lira. Coinvolti, a livello locale, Comunità montana n.11, Asl n.4 e Comuni della zona (quello di Lanusei, in particolare, ha messo a disposizione i locali che ospitano i laboratori. Obiettivo del progetto: identificare le basi genetiche all'origine di quel complesso mutamento nel corpo umano che dà origine all'invecchiamento. "Due i tratti genetici privilegiati - spiega il professor Cao -:la rigidità delle arterie e il profilo della personalità. Perché quando si diventa vecchi, le pareti arteriose tendono a diventare più rigide e avanza la depressione. In pratica, studieremo quali sono i geni implicati nei due processi. Abbiamo posto questo limite perché l'invecchiamento in sé è una situazione estremamente variata e poligenica, nel senso che sono numerosi i geni interessati". Condizione indispensabile perché questo genere di studi produca risultati significativi è che riguardino la popolazione di una zona circoscritta. Come appunto quella dell'Ogliastra, che, nel corso dei secoli, ha avuto scarsi scambi migratori con altre comunità. Nei suoi abitanti sono presenti infatti dei geni predominanti, all'origine di una serie di malattie che possono essere agevolmente studiate. L'indagine durerà cinque anni: i primi due dedicati allo screening, un terzo di transizione, gli ultimi due allo studio del Dna. Saranno coinvolti 5000 volontari, maschi e femmine, di età variabile. Gli interessati dovranno presentarsi nei laboratori di Lanusei, dove saranno intervistati, sottoposti al prelievo del sangue e (sempre gratuitamente) a una serie di esami: visita medica e cardiologica, elettrocardiogramma, analisi ecografica del cuore, analisi del sangue e test psicologico. Tutto si svolgerà in breve tempo (massimo due ore) col vantaggio di poter poi disporre di tutti i risultati di test e analisi. Insomma, una buona occasione per sottoporre il proprio corpo a una piccola "revisione" senza spendere una lira. Tra i 5000 "analizzati" ne verranno scelti 200, quelli con i parametri genetici più adatti alla ricerca. Inizierà quindi la fase di studio del DNA, nel corso della quale si individueranno le varianti genetiche riguardanti la predisposizione a determinate patologie cardiovascolari e di tipo cognitivo (depressione). L'individuazione dei geni sarà importantissima per la diagnosi, prevenzione e cura di queste malattie, non solo in Sardegna ma in tutto il mondo. Considerate le finalità, l'Ogliastra collaborerà sicuramente all'iniziativa. Ma esiste anche un problema di privacy e di possibile sfruttamento dei dati. "Il materiale - precisa il professor Cao - sarà analizzato in Sardegna. Noi siamo e resteremo i padroni assoluti di tutto. Se poi dalla ricerca dovessero derivare dei benefici, come brevetti o cose del genere, una clausola della convenzione prevede la compartecipazione di chi ha donato il sangue". L'operazione inizierà venerdì prossimo. Per partecipare basterà rivolgersi al medico di famiglia, al farmacista oppure, direttamente ai laboratori dell'Irtam. Per divulgare scopi e modalità dell'indagine, prenderà il via una campagna di informazione: prevede la spedizione di 10 mila lettere agli abitanti dell'Ogliastra, inserzioni pubblicitarie sui quotidiani e uno spot televisivo realizzato dal regista oristanese Filippo Martinez. Saranno inoltre aperti siti Internet. Preziosa è infine considerata la collaborazione della Asl dell'Ogliastra. Lucio Salis ________________________________________________ Il Messaggero 15 nov. '01 PROGETTO GENOMA: NAUFRAGIO IN TERRA D'AMERICA Avrebbe dovuto raccogliere campioni di sangue di 7.000 gruppi etnici per documentarne e salvaguardarne la diversità. Le comunità indigene invece giudicano "razzista" la ricerca. E hanno detto no di ROMEO BASSOLI DOVEVA essere una specie di Arca di Noè della diversità umana, ma ad imbarcarsi sarebbero state solo lunghe stringhe di combinazioni di quattro lettere: A, G, T, C. Cioè le basi, i tanti Dna che compongono le diversità sviluppate dall'umanità sul pianeta in millenni di adattamento a climi, ambienti e cibi diversi. Una banca dati delle particolarità genetiche che contraddistinguono le varie etnie. Si chiamava "Progetto per la Diversità del Genoma Umano" (Human Genome Diversity Project) e partiva dai 7.000 linguaggi presenti oggi al mondo (che individuano altrettanti gruppi indigeni) per esplorare la possibilità che ad ogni linguaggio fossero legate alcune caratteristiche genetiche. I dati dovevano essere raggruppati, esaminati e infine messi a disposizione della comunità scientifica. L'arca doveva preservare la memoria della diversità umana che viene ridotta giorno dopo giorno dalla globalizzazione e dall'urbanizzazione sempre più accelerata. Non era solo un intento accademico: la storia dell'evoluzione genetica dell'uomo permette di capire meglio la sua storia sociale, politica e culturale. E di curare le malattie di oggi. Invece il progetto è naufragato, "disintegrato" come scrive il quotidiano britannico The Independent, sotto l'accusa di razzismo e di sfruttamento commerciale. Alla fine, dovrà limitarsi ad un piccolo database che colleziona il Dna di 200 differenti gruppi etnici. Come dire: il sogno si è ridotto a qualcosa di 35 volte più piccolo. Del resto, in questi dieci anni, da quando il genetista italiano emigrato a Stanford, Luca Cavalli Sforza, lanciò l'idea di prelevare e conservare il Dna dei popoli indigeni, il progetto ha vissuto un vero e proprio calvario. Ma quello che l'ha fatto fallire è stato il giudizio di "politicamente scorretto" venuto proprio da quelle popolazioni il cui Dna doveva essere "salvato". E non è stato un processo indolore. Da parte dei leader della comunità degli indiani d'America è stato avanzato il sospetto che dietro il progetto vi fossero delle aziende biotecnologiche pronte a sfruttare le conoscenze geniche scaturite dal progetto per farne terapie e diagnostica da vendere a caro prezzo. Un po' come è accaduto in Islanda, dove la azienda biotech Decode è riuscita ad accordarsi con il governo islandese per l'"acquisto" dei diritti sulle conoscenze che vengono da una sorta di censimento genetico della popolazione. L'Islanda è stata colonizzata nel IX secolo da vichinghi norvegesi e da irlandesi. Da allora la popolazione si è espansa fino a raggiungere le attuali 270 mila unità, in isolamento quasi totale, preservando una sorta di nucleo genetico originario. Ma è proprio questo che volevano evitare i leader delle nazioni indiane d'America. Anche perché nessuno si è proposto di pagarli. Il loro slogan, perciò, è stato "vogliono salvare il nostro genoma, non noi". "Sono state montate campagne di bugie - dice Kenneth Kidd, un veterano della ricerca genetica all'Università di Yale e uno dei fondatori del progetto -. Mi hanno lanciato in faccia insulti. Ma studiare le differenze non è razzista. I razzisti non hanno bisogno di studiare le differenze, si comportano dando per scontato che esistano". Il professor Alberto Piazza, genetista dell'Università di Torino e collaboratore di Luca Cavalli Sforza, sostiene in un intervento sull'Osservatorio della Fondazione Golinelli (www.golinellifondazione.org) che "l'opposizione più forte è venuta dalle comunità indigene americane che hanno accusato il progetto di razzismo e di voler sfruttare commercialmente i risultati della ricerca. Entrambe queste accuse sono infondate. La prima perché una delle finalità del progetto era proprio quella di dimostrare che le differenze tra le razze umane sono paragonabili a quelle che si trovano tra gli individui appartenenti alla stessa razza, risultato che avrebbe annullato qualsiasi problema di discriminazione razziale. La seconda perché il progetto prevedeva proprio che i risultati non dovessero essere ceduti a industrie farmaceutiche o compagnie biotecnologiche e che, in ogni caso, qualsiasi utilizzo dei dati ottenuti dovesse prima avere il consenso informato della persona interessata". Quanto all'accusa di razzismo, lo stesso Cavalli Sforza non si stanca di ripetere che "la diversità individuale del genoma non rappresenta il substrato genetico che giustifica la diversità delle razze. Al contrario, dal punto di vista genetico le differenze tra le razze umane sono minime se confrontate a quelle tra gli individui che appartengono alla stessa razza". Ma in realtà la diffidenza da parte delle organizzazioni degli indiani americani si è avvertita subito. Fin dal 1997 ben 30 gruppi che rappresentavano gli indigeni del Nord, del Sud e del Centro America avevano prodotto la "Dichiarazione di Ukupseni". Nel documento si affermava che "questa ricerca e altri progetti di ricerca sui genomi indigeni vanno contro la vita umana e violano in particolare l'integrità genetica dei popoli indigeni". Secondo l'antropologo Marino Niola, questo scontro appare quasi inevitabile. C'è un conflitto sempre presente, sostiene l'antropologo, tra società (e nelle società composite) sul concetto di razza e su quello ancora più sfuggente di etnia. E questo conflitto genera diffidenza e rifiuto. "Il concetto di etnia viene dal colonialismo - spiega Niola -. È un modo per classificare culture e società sacrificando la geografia reale, quella fatta di persone che condividono lo stesso spazio fisico. L'etnicizzazione delle società ha generato sempre nuovi linguaggi del conflitto". Ma, secondo Niola, dietro il fallimento di progetti come quelli sulla diversità genetica umana c'è anche "l'illusione che alcuni dati che non appartengono del tutto alla natura, come il linguaggio o la cultura, possano essere naturalizzati. Questo suscita immediatamente il timore che alcune situazioni sociali, ingiustizie e pregiudizi, possano trovare una sorta di giustificazione genetica". Infine, l'antropologo vede dietro questo scontro tra scienziati e popolazioni indigene "una ennesima dimostrazione della giustezza della suddivisione ipotizzata da Levi-Strauss tra società calde, basate sulla consapevolezza dell'accelerazione del cambiamento, sull'affermarsi del nuovo come valore positivo, e società fredde nelle quali, al contrario, l'accento è posto sull'omeostasi, su un passato che non passa mai ed è al contrario sempre presente". Lo "Human Genome Diversity Project" era un punto fermo sul passato, la sua certificazione. E nello stesso tempo uno sguardo verso il futuro. Il conflitto era inevitabile. ________________________________________________ Le Scienze 14 nov. '01 COMBATTERE LA DIPENDENZA DA NICOTINA Ancora da verificare la possibilità di sfruttare il risultato dello studio per la lotta al tabagismo Secondo gli studi, la nicotina crea dipendenza nei fumatori perché eleva il livello di alcune sostanze che nel cervello sono associate a sensazioni di piacere. Ora uno studio condotto sui topi presso il Brookhaven National Laboratory ha mostrato che un nuovo farmaco contro le convulsioni può bloccare alcuni dei cambiamenti della chimica del cervello stimolati dalla nicotina. I risultati dello studio, guidato da Wynne Schiffer, verranno pubblicati il primo di dicembre sulla rivista "Synapse". I ricercatori del laboratorio Brookhaven hanno studiato la dipendenza dalla nicotina per quasi due decenni, alla ricerca di farmaci che permettessero di combatterla. Gli studi precedenti sono stati concentrati su farmaci in grado di ridurre l'attività della dopamina, ma nuove teorie suggeriscono anche interazioni diverse con l'organismo. Per esempio, con altri neurotrasmettitori come la noradrenalina e la serotonina. Durante lo studio, a due gruppi di topi è stata somministrata una dose di nicotina associata, rispettivamente, a una soluzione salina e alla molecola anticonvulsioni. È stato così possibile osservare che i topi che hanno ricevuto la nicotina e la soluzione salina hanno mostrato un aumento significativo di dopamina, noradrenalina e serotonina. Nei topi del gruppo di controllo con il nuovo farmaco, l'aumento dei livelli di questi neuromodulatori è risultato completamente assente. Ovviamente, come è ormai quasi sempre il caso, bisognerà ora verificare in quale misura questi risultati siano validi per gli esseri umani. ________________________________________________ Le Scienze 15 nov. '01 PISCIDINA: IL NUOVO ANTIBIOTICO DAI PESCI Secondi i ricercatori potrebbe aiutare a combattere molti batteri patogeni Un gruppo di ricercatori del North Carolina Sea Grant ha riferito di aver scoperto in un pesce un nuovo peptide antibiotico che potrebbe rivelarsi utile per curare molte malattie, sia negli esseri umani che negli animali. La scoperta è stata descritta in un articolo pubblicato sulla rivista "Nature". Battezzato piscidina, il nuovo antibiotico è stato isolato nei mastociti di un branzino striato (Morone saxatilis). I mastociti sono le cellule più comuni del sistema immunitario e si trovano nei pesci e in altri vertebrati, esseri umani inclusi. Essi sono presenti in molti tessuti, fra cui la pelle e l'intestino. Secondo Ed Noga, il peptide ha la potenzialità di combattere molti batteri patogeni sia nei pesci che nei mammiferi. Inoltre, esso potrebbe servire come modello per nuovi farmaci sintetici, che permettano di uccidere i batteri ormai resistenti agli antibiotici tradizionali. Ora sarà interessante notare se anche i mastociti umani contengono un simile antibiotico naturale, che potrebbe essere ancora più importante di quello estratto dai pesci. ________________________________________________ La stampa 14 nov. '01 TEST PER TUMORE ALLA PROSTATA CON TECNICHE DIAGNOSTICHE BASATE SUL DNA NUOVO SOFISTICATO TEST MESSO A PUNTO NEGLI USA PREVENZIONE MIGLIORE CON LE NEONATE TECNICHE DIAGNOSTICHE BASATE SUL DNA HO spesso attirato l'attenzione, anche dalle pagine di "Tuttoscienze", sul fatto che presto aumenterà di molto la precisione con la quale i medici arriveranno a diagnosi certe. Dopo che il complesso dei geni umani è stato interamente decifrato, lo sviluppo di tecniche diagnostiche che studiano i singoli geni sia in condizioni normali sia in condizioni di malattia è solo un problema di organizzazione sanitaria. Per ora la diagnostica basata sul DNA dei singoli pazienti è ancora una tecnica costosa che lentamente e a fatica esce dai laboratori di ricerca. Ma è solamente questione di tempo e si otterranno a costi bassi carte di identità genetiche utili anche, per esempio, nella prevenzione di massa dei tumori. Uno dei primi esempi di carta di identità genetica è stato pubblicato recentemente su "Nature". Si riferisce alla diagnosi molecolare del cancro della prostata, che è il tipo di tumore individuato più frequentemente nei maschi, soprattutto in quelli che hanno superato i cinquant´anni. Il cancro prostatico è uno dei pochi tumori che si avvalgono di un sistema di screening di massa basato su una proteina, la PSA, che si trova nel sangue. Purtroppo la PSA non dice con certezza se l'individuo è affetto da tumore ma spesso indica solo disfunzioni minori dell'organo legate all'età. Ora, per mezzo di una tecnica raffinata di DNA microarray messa a punto in un centro clinico universitario degli Stati Uniti, è possibile studiare nei singoli pazienti l'esistenza di alterazioni in due geni ben definiti che indicano, con apparente certezza, l'esistenza e la natura del tumore prostatico. A tutti interessa sapere quando questo tipo di tecnologia diagnostica entrerà nella pratica clinica più diffusa. In teoria potrebbe avvenire subito ma lo sviluppo di queste tecniche richiede sviluppo industriale e mancanza assoluta di potenziali errori di interpretazione dei dati ottenuti. Ciò costa tempo e denaro ma l'esperienza insegna che è solo un problema di organizzazione per un giungere a un drastico taglio dei costi. Ammesso che le condizioni del mondo permettano in futuro quella libertà di scambio informativo che è indispensabile per il progresso della medicina. [TSCOPY](*)Università Vita-Salute San Raffaele, Milano[/TSCOPY] Pier Carlo Marchisio ________________________________________________ La Stampa 14 nov. '01 SCOPERTO IL GENE DELLA PAROLA? LA maggior parte dei mammiferi può articolare dei suoni ma solo gli esseri umani sono capaci di congiungerli l'uno all'altro formandone la serie più complessa che chiamiamo parola. La capacità di articolare parole e unirle tra loro fino a costruire un linguaggio non si sarebbe mai evoluta nell'uomo se contemporaneamente non si fosse sviluppata anche l'abilità di controllare gli organi connessi alla fonazione - bocca, laringe e corde vocali - da permettere innanzitutto di formare delle unità distinte di suoni fondamentali (consonanti). Questo processo si è sviluppato in migliaia di anni di pari passo con l´evoluzione del cervello. I primi uomini non "parlavano" ancora, ma articolavano dei suoni primitivi con i quali comunicavano. E' difficile pensare a una cultura senza linguaggio ma probabilmente è esistita. Come capita spesso nella ricerca, una preziosa chiave interpretativa può essere offerta dallo studio di persone colpite da un particolare disturbo ereditario legato a un difetto genetico definito. Nel nostro caso diversi membri di una famiglia inglese soffrivano di un grave difetto della parola e del linguaggio trasmesso di generazione in generazione. Ciò ha dato avvio alle ricerche dell'anello mancante. Circa la metà dei membri di tale famiglia, identificata con la sigla KE, soffriva degli stessi sintomi legati all'incapacità di apprendere la grammatica. Quando il disturbo fu identificato circa dieci anni fa, si sospettò di un "gene legato all'espressione grammaticale". Ciò fu presto smentito osservando che altri membri della stessa famiglia presentavano un'ampia gamma di disturbi legati tutti alla parola e al linguaggio. Essenzialmente commettevano sì degli errori nella grammatica di una frase, ma mostravano egualmente gravi difficoltà nel comprendere la parola parlata. Il deficit venne man mano caratterizzato da un difetto di base, il non poter selezionare i suoni elementari necessari per comporre parole e frasi. Gli stessi individui presentavano anche difficoltà ad aprire e serrare le labbra, aprire e chiudere la bocca, protrudere la lingua e così via. Sottoponendoli a risonanza magnetica, si metteva in risalto la mancanza di sostanza grigia (cellule e fibre nervose) in alcune regioni del cervello chiamate gangli della base, connessi al controllo dei movimenti. In seguito a tali scoperte si poteva passare alla fase genetica della ricerca. Un gruppo di neuroscienziati dell'Istituto di Pediatria (Institute of Child Health ) di Londra in collaborazione con i colleghi dell'Università di Oxford identificarono due anni fa il gene che è alla base del disturbo della famiglia KE. Si tratta di un gene localizzato in una regione del cromosoma 7 da loro chiamata SPCH1 (da speech = parola). I ricercatori vennero aiutati da un colpo di fortuna. Jane Hurst, dell'Ospedale Radcliffe di Oxford che aveva descritto la famiglia KE, scoprì in seguito una seconda famiglia con un bambino di 5 anni che aveva lo stesso disturbo. L'analisi del genoma del bambino dimostrava che un segmento del cromosoma 7 era scambiato con un segmento del cromosoma 5, un errore genetico definito come traslocazione. Ora il gruppo di Oxford riferisce su "Nature" che il punto di rottura della traslocazione cade proprio al centro di una famiglia di geni già noti come geni chiave dello sviluppo embrionale. Una analisi dei membri della famiglia KE mostrava la stessa mutazione localizzata esattamente in tale gene. La mutazione presenta lo scambio di un solo aminoacido. L´errore rende il gene inattivo e quindi incapace di guidare lo sviluppo dei meccanismi preposti alla parola negli individui colpiti. Malgrado l'evidenza fornita da questi dati i ricercatori inglesi sono cauti nel definire il gene scoperto come "gene della parola" o "del linguaggio". Infatti il gene potrebbe esser connesso più al controllo motorio (come aprire e chiudere le labbra) che a difetti di linguaggio veri e propri. Le implicazioni di queste scoperte non sono sfuggite ai ricercatori che si interessano delle origini del linguaggio umano: e ora sono alla caccia di dati genetici analoghi in primati non-umani. Studi genetici comparativi tra specie simili potrebbero spiegare perché solo l'uomo tra tutti i primati abbia sviluppato la capacità di parlare. ________________________________________________ Il Messaggero 16 nov. '01 LA SCOPERTA: LA MALARIA SCONFITTA DA UN GENE ROMA - Una mutazione genetica riesce a difendere dalla malaria. L'ha scoperto un gruppo di italiani in uno studio condotto in Africa occidentale, nel Burkina Faso, dove una persona su dieci ha un gene che protegge dalla malattia provocata dal Plasmodium falciparum. Si calcola che in Africa muoiano di malaria circa 3.000 bambini ogni giorno. La ricerca, che sarà pubblicata oggi su Nature, è stata condotta dal gruppo dell'università di Roma La Sapienza coordinato da David Modiano. La scoperta è uno dei risultati raggiunti dal gruppo dell'entomologo e malariologo Mario Coluzzi, della sezione di Parassitologia del dipartimento di Scienze di sanità pubblica, centro collaboratore dell' Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per l'Epidemiologia e il controllo della malaria. ________________________________________________ Corriere della Sera 13 nov. '01 CONTRO L' ARTRITE RICERCHE SULLE CELLULE STAMINALI ROMA Contro l' artrite ricerche sulle cellule staminali prelevate dal midollo, coltivate in laboratorio e poi "differenziate" per ricostruire cartilagini e ossa. Queste le ultime applicazioni delle "cellule madri" in ortopedia, che in futuro potrebbero permettere di curare anche gli anziani malati di artrosi. Ne hanno dato notizia i ricercatori, al Congresso di ortopedia e traumatologia, in corso a Roma. "Si tratta ancora di ricerche di laboratorio - ha precisato il presidente del congresso, Ernesto De Santis, dell' Università Cattolica di Roma - per le ricadute pratiche si dovranno attendere almeno 5 anni". ========================================================= ________________________________________________ Il Sole24Ore 13 nov. '01 PER IL DIPENDENTE ACCESSO ALLE E-MAIL CHE LO RIGUARDANO Così il Garante della privacy ROMA - La privacy non si ferma neanche davanti alle e-mail: le aziende, infatti, devono consentire al dipendente che ne faccia richiesta l'accesso a tutte le informazioni personali e le valutazioni professionali che lo riguardano, anche a quelle contenute nella posta elettronica aziendale. E per quanto non sia obbligata a esibire o copiare ogni documento, l'azienda deve comunque estrarre dagli atti tutte le informazioni relative al solo interessato e comunicargliele in modo facilmente comprensibile. È quanto ha stabilito il Garante per la privacy, che ha accolto il ricorso di un funzionario di una società che aveva richiesto di conoscere il contenuto di alcune e-mail indirizzate, da altri dipendenti, al dirigente del dipartimento Risorse umane, e nelle quali si esprimevano giudizi professionali che erano poi stati alla base di un procedimento disciplinare nei suoi confronti. La società, su invito del Garante ad aderire alle richieste del ricorrente, ha fatto pervenire al dipendente le copie di tre messaggi, in cui erano stati cancellati i riferimenti ai mittenti e alle altre persone citate. La comunicazione è stata giudicata incompleta e inesatta dall'interessato, che ha ribadito le istanze presentate nel ricorso. Nel provvedimento, il Garante ha ribadito che "l'ampia definizione di dato personale adottata dalla direttiva comunitaria e dalla legge sulla privacy comprende non solo dati di tipo oggettivo (nome, cognome, data di nascita), ma anche altri dati personali contenuti in valutazioni soggettive, ispezioni, relazioni, in possesso dell'azienda". È quindi legittima la richiesta di accesso del dipendente per conoscere il contenuto delle e-mail che contengono tali valutazioni. Il Garante, sempre ieri, ha inoltre precisato che denunciare alla Centrale rischi della Banca d'Italia la posizione di "sofferenza" (a prescindere dall'ammontare del debito) di un correntista non viola la privacy. Infatti, le banche che effettuano la segnalazione non fanno altro che adempiere a specifiche disposizioni della normativa vigente. Il Garante ha in questo modo rigettato il ricorso di un cliente che aveva chiesto, senza esito, al suo istituto bancario la cancellazione del proprio nominativo dal registro informatizzato della Banca d'Italia, che raccoglie le posizioni di insolvenza nei confronti delle banche dei singoli clienti e ne certifica l'indebitamento globale rispetto al sistema del credito. ________________________________________________ Corriere della Sera 12 nov. '01 ARRIVA LA MAGLIETTA CHE FA LE ANALISI MEDICHE Dal cerotto che avverte delle infezioni ai calzini che spiano la circolazione del sangue. Varie aziende e laboratori sono al lavoro per realizzare check-up a distanza Vigna Simona Arriva la maglietta che fa le analisi mediche Un calzino "smart", intelligente, per avvertire che il sangue circola male nel piede o nella gamba. Una maglietta intessuta di biosensori che registra fino a 40 parametri fisiologici della persona che la indossa. Un cerotto di polimeri a emissione luminosa da applicare sulla ferita per rilevare batteri e colonie patogene sul nascere. Roba da cyber- man? Gadget semi-seri per chi ha tutto e vuole di più? No. Si tratta, piuttosto, di alcuni dei nu ovi dispositivi diagnostici "da casa destinati a breve a far parte della vita quotidiana di chiunque ne abbia bisogno. Quello dei piccoli cervelli di silicio da indossare (o da installare nell' appartamento) per il controllo della salute è un settore che negli Stati Uniti è diventato il più prolifico dell' intero campo della tecnologia medica. E che, nel giro di un paio di anni, potrebbe essere pronto a invadere il mercato dei consumatori. Per far risparmiare una visita al pronto soccorso, magar i. O per tenere sotto controllo le condizioni fisiologiche di chi è più a rischio di imprevisti. Come le persone anziane che decidono di continuare a vivere da sole. E i malati cronici - in prima fila i diabetici, ad esempio -, che per colpa di una c attiva circolazione non rilevata in tempo possono andare incontro a interventi chirurgici seri. "Il nostro obiettivo e' quello di progettare sistemi per un monitoraggio preventivo con una tecnologia che sia alla portata di tutti e in più non richieda grandi compromessi nello stile di vita", spiega Alice Pentland, direttore medico del Center For Future Health all' Università di Rochester, un leader nel settore e responsabile della messa a punto dei calzini e dei cerotti intelligenti. Varie aziend e e laboratori sono già avanti sulla strada della tecnologia del check-up a distanza che, tramite sensori nascosti nel tessuto di una maglietta o in semplici braccialetti, rileva i dati vitali di una persona e li trasmette via radio ad un ricevitore che può essere attaccato al pc di casa. Ma, di recente, dottori e ingegneri si sono messi al lavoro per sviluppare materiali e dispositivi di micro-elettronica che rendano possibile addirittura la diagnosi di condizioni mediche. Con il cerotto smart, ad esempio, i ricercatori si aspettano di fornire un sistema di allarme per combattere anzi tempo le infezioni batteriche e, in futuro, anche altre derivate da virus, funghi e parassiti. I sensori studiati al momento sono in grado di identificare gl i organismi batterici presenti in una ferita, la loro quantità e perfino la loro sensibilità a certi antibiotici legandosi alle specifiche sequenze di Dna dei microbi. Il legame causa un cambiamento nella luce emessa dai polimeri usati come sensori e , all' istante, la persona è in grado di ricevere le informazioni. Un altro dispositivo del genere, già in fase di sperimentazione, è un "sensore epidermico" per il controllo dei livelli di glucosio nell' organismo. Ma nella farmacia del domani si potranno trovare anche gli "occhiali computerizzati" - messi a punto dal Center for Future Health in collaborazione con i Media Lab di Cambridge - in grado di assistere gli anziani con problemi di memoria grazie a un software miniaturizzato che istanta neamente identifica certi oggetti, facce o segnali stradali. Altri centri e laboratori privati stanno poi sviluppando sistemi che possano essere installati nelle case per tenere sotto controllo la salute di chi vi abita. I Media Lab, la Georgia Tech University e gli Intel Architectural Labs hanno già tutti messo a punto "smart houses", case intelligenti, che si servono della potenza dei computer e di sensori biometrici per rilevare cambiamenti di stile di vita di una persona senza per altro esse re troppo intrusivi. Fra i progetti, quelli che usano sensori di pressione nel pavimento per determinare alterazioni nel movimento e nell' andatura di un individuo e quelli che si servono di videocamere e microfoni per rilevare i primi segnali di pro blemi cardiaci in chi è a rischio. E sulla lista dei prototipi ci sono già i "monitor della pelle" - ovvero dei sistemi di imaging, da sistemare magari nel bagno, che possono "fotografare" la superficie corporea di un individuo e comparare automatica mente le immagini a quelle archiviate in precedenza: uno strumento, questo, che potrebbe tornare utile a chi è predisposto alla comparsa di nei sospetti. Come per ogni tecnologia di monitoraggio elettronico, anche questa tira in ballo la tematica del la privacy con tutti i suoi risvolti negativi. Ma i ricercatori non ne sono affatto preoccupati. "Si sta parlando della generazione dei baby boomers, il gruppo demografico più numeroso di tutti i tempi, che si sta incamminando verso il pensionamento - commenta Jim Larson, responsabile dei progetti agli Intel Architecture Labs di Hillsboro, in Oregon -, e una tecnologia del genere farà un' enorme differenza per tutti coloro che dovranno affrontare i problemi della vecchiaia pur volendo continuare a vivere in maniera indipendente". Simona Vigna