MORATTI: "PIÙ FONDI PER LA RICERCA" MA DAL 2003 SENZA ALBO GLI ISCRITTI AI CORSI UNIVERSITARI RINNOVATI DI ECONOMIA PAVIA, ARRESTATO PRIMARIO: VOLEVA "PIZZO" DA SPECIALIZZANDO CAGLIARI: IL TAR CONFERMA LA SOSPENSIONE DELLE ELEZIONI DEGLI STUDENTI I PREMI CARTESIO DELL'UNIONE EUROPEA PER LA RICERCA SCARSE FACOLTÀ: "NON È COLPA DEI BIDELLI" ADDIO A FRANCO RASETTI GENIO RIBELLE DELLA FISICA MODERNA IL SITO WEB DI PALAZZO CHIGI SCIVOLA SU INGLESE E INTERNET SCUOLA, NEL 2006 MANCHERANNO 200 MILA PROFESSORI ========================================================= SANITÀ MISTA: " GUERRA" TRA OSPEDALE E CLINICHE SANITÀ, 36 OBIETTIVI PER LA FORMAZIONE NASCE IL "MEDICO A ORE" PER L'OSPEDALE LOMBARDIA, PIÙ IRPEF PER IL DEFICIT SANITÀ TALASSEMIA: MEDICI ARABI A SCUOLA AL BINAGHI BARATTI: VILLA CLARA AL COMUNE-VIA IL SERT E IL CAMPUS IN SEMOLERIA GLI ANESTESISTI BOCCIANO LE SALE OPERATORIE IO, MEDICO "VOLONTARIO" IN CARCERE RISTORATORE:"LA ASL8 MI STA STRANGOLANDO" SIRCHIA: PER L'AIDS, PRESTO IL VACCINO ITALIANO TERAPIA GENICA PER IL CANCRO AI POLMONI SESSANTA MILIARDI PER LE "STAMINALI" UN ANTITUMORALE DALLA MIRRA I TUMORI SIMULATI AL COMPUTER IL CERVELLO? CONTINUA A CRESCERE FINO A 50 ANNI QUANDO I NEURONI S´INCEPPANO ALLE MOLINETTE TELEASSISTENZA PER I TUMORI PIÙ VICINA LA CURA PER IL PARKINSON ========================================================= Repubblica 5 dic. '01 MORATTI: "PIÙ FONDI PER LA RICERCA" MA DAL 2003 Diecimila miliardi in 5 anni - Il ministro: "Più fondi per la ricerca" Milano. La ricerca scientifica in Italia potrà contare su diecimila miliardi in più: ma solo a partire dal 2003. E' quanto ha affermato ieri il ministro Moratti durante l'inaugurazione del Centro di ricerca cardiovascolare dell'Istituto San Raffaele, ripetendo la promessa del governo di aumentare in 5 anni il finanziamento pubblico della ricerca dall'attuale 0,6% del Pil fino all'1%. Nell'occasione, però, Letizia Moratti è stata più specifica sulle forme in cui si concretizzerà questo impegno. Che si quantifica, per l'appunto, in 10 mila miliardi di lire (516 milioni di euro), e che sarà orientato a "favorire la concentrazione dei settori della ricerca in aree che offrano per l'Italia le maggiori potenzialità di sviluppo". Nelle scorse settimane, sono stati firmati dai più illustri rappresentanti della comunità scientifica numerosi appelli contro i tagli per la ricerca nella Finanziaria 2002. _________________________________________ Il Sole24Ore 8 dic. '01 SENZA ALBO GLI ISCRITTI AI CORSI UNIVERSITARI RINNOVATI DI ECONOMIA Formazione - Agli iscritti ai corsi universitari rinnovati non sarà possibile accedere agli attuali ordinamenti dei dottori commercialisti e dei ragionieriLauree economiche senza Albo Dopo il fallimento dell'unificazione le due categorie potrebbero trovarsi in competizione per le nuove leve Maria Carla De Cesari ROMA - Gli immatricolati e gli iscritti ai nuovi corsi di laurea dell'area di Economia non hanno per ora accesso agli Albi professionali. Gli ordinamenti dei dottori commercialisti e dei ragionieri sono infatti ancora modellati sui vecchi titoli universitari, i diplomi universitari o le lauree quadriennali in Economia e Scienze politiche. Tuttavia la battaglia delle due professioni per il futuro continua, fallita (o allontanata) la strada dell'unificazione, che avrebbe dovuto coronare, nelle intenzioni degli estensori del disegno di legge accantonato ieri dal Consiglio dei ministri, la riforma dei requisiti di accesso nel settore economico-contabile. Anzi, rispetto al passato la competizione si farà più aspra e inizierà dalle aule universitarie. Ma ora, tanto per cominciare, nessuna delle due categorie può dormire sonni tranquilli e permettersi il lusso di perdere nuove leve solo perché manca il raccordo tra i requisiti per l'iscrizione al Registro dei praticanti e i nuovi titoli universitari. Né vale l'obiezione che per sistemare "i passaggi" si possono attendere tre-cinque anni: è vero che le lauree triennali hanno debuttato, nella generalità degli atenei, quest'anno e che i corsi specialistici prenderanno le mosse nel 2002/2003. Tuttavia, grazie al meccanismo dei crediti, i primi diplomi potranno essere conferiti ben prima che sia trascorso il periodo di durate legale (tre e cinque anni). La riforma, infatti, permette agli studenti di utilizzare i curricula già maturati anche per il trasferimento ad altri corsi: così può accadere che gli studenti del secondo anno di un diploma universitario o della laurea (vecchio ordinamento) optino per l'iscrizione al terzo anno della nuova laurea. E il riconoscimento dei crediti connessi agli esami già sostenuti può far sì che nel giro di un anno si riesca a terminare il percorso. A questo punto, visto l'impasse del disegno di legge per l'unificazione tra dottori e ragionieri, il ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, potrebbe prendere in considerazione l'ipotesi già formulata nella scorsa legislatura. Vale a dire, varare due regolamenti, uguali, per raccordare i nuovi titoli universitari con i requisiti per l'accesso alle professioni. Lo strumento normativo è stato previsto dalla legge 4/99, come modificata dalla 370/99. In relazione alla laurea e alla laurea specialistica è possibile anche ridisegnare l'architettura degli Albi, in modo che entrambi i titoli di studio abbiano uno sbocco professionale; in parallelo vanno ripartite le competenze, così come devono essere rideterminate le prove dell'esame di Stato. Uno "schema" di regolamento è già stato messo a punto, nella scorsa legislatura, dalla commissione ministeriale presieduta da Giampaolo Rossi, che ha avuto il compito di coniugare la riforma universitaria con gli ordinamenti professionali. Secondo la proposta, il primo livello degli Albi (sia quello dei dottori, che quello dei ragionieri) è aperto ai laureati dei corsi "raggruppati" nella classe 17 (Scienze dell'economia e della gestione aziendale), che abbiano svolto tre anni di tirocinio e abbiano superato l'esame di Stato. Questi professionisti, denominati revisori dei conti, corrisponderebbero - nelle linee fondamentali - all'identikit tracciato nel decreto legislativo 88/92, anche se nell'oggetto professionale è riconosciuta pure la possibilità di prestare l'assistenza fiscale e l'attività di certificazione. Invece, i laureati specialisti (classi 64/S, Scienze dell'economia, e 84/S, Scienze economico-aziendali), abilitati dopo tre anni di tirocinio, hanno come prerogativa principale il patrocinio nel contenzioso tributario. La pratica professionale può essere svolta anche durante il corso universitario. Inoltre, le convenzioni tra Ordine e ateneo per modellare i curricula secondo una direttrice professionale, possono facilitare l'esame di Stato. Proprio su questi due elementi si giocherà - se sarà confermata l'impostazione - la concorrenza tra dottori e ragionieri per accaparrarsi le nuove leve. Tuttavia, anche la struttura su due livelli presenta grosse controindicazioni. La principale è la scelta di incorporare in due Ordini i futuri revisori contabili, che oggi fanno capo a un Registro indipendente. "La presenza di un Registro presso il ministero della Giustizia - scandisce il presidente dell'Istituto revisori contabili, Modesto Bertolli - si è dimostrata valida: non sentiamo l'esigenza di Ordini vecchio stile". _________________________________________ L'Unione Sarda 7 dic. '01 PAVIA, ARRESTATO PRIMARIO: VOLEVA "PIZZO" DA SPECIALIZZANDO I carabinieri lo hanno bloccato mentre stava intascando 10 milioni in contanti, parte di una mazzetta di complessivi 40 milioni, richiesti a un giovane medico che desiderava frequentare la specialità di Radiologia: così è stato arrestato mercoledì sera Rodolfo Campani, 59 anni, direttore dell'istituto di Radiologia del Policlinico S. Matteo di Pavia. Campani, accusato di concussione, si trova ora rinchiuso in una cella del carcere di Torre del Gallo a Pavia. L'arresto è avvenuto in flagranza, nel suo studio del Policlinico San Matteo. Secondo quanto si è appreso, il direttore di Radiologia avrebbe espressamente chiesto i soldi al giovane medico che sperava di entrare nel gruppo dei suoi specializzandi. Una richiesta per complessivi 40 milioni. La prima tranche di 10 doveva essere versata due giorni fa, ma i carabinieri sono venuti a conoscenza della trattativa e si sono presentati in ospedale insieme con il giovane medico. Nel momento in cui i soldi stavano per essere consegnati al primario, i militari sono intervenuti nel suo studio. Il denaro è stato sequestrato e il direttore di Radiologia è stato condotto in carcere. _________________________________________ Unione Sarda 6 dic. '01 CAGLIARI: IL TAR CONFERMA LA SOSPENSIONE DELLE ELEZIONI DEGLI STUDENTI Il Tar della Sardegna ha confermato la sospensione delle elezioni per il rinnovo delle rappresentanze degli studenti negli organi dell'Università. Il Tribunale Amministrativo Regionale non ha infatti modificato la decisione assunta lo scorso 19 novembre, con decreto urgente del presidente Alberto Manlio Sassu. Il Collegio - Presidente Sassu, Relatore Manfredo Atzeni, Consigliere Rosa Panunzio - ha accolto le argomentazioni dell'avvocato Benedetto Ballero che difendeva i ricorrenti. Il corpo elettorale è formato da circa 39 mila studenti, regolarmente iscritti. Le operazioni di voto si sarebbero dovute svolgere, il 20 ed il 21 novembre, nei 22 seggi dislocati a Cagliari e in quelli di Nuoro, Oristano, Iglesias, Ilbono e Sorgono. Le consultazioni riguardano il rinnovo dei rappresentanti degli studenti negli organismi universitari per il triennio 2001- 2004. _________________________________________ Le Scienze 5dic. '01 I PREMI CARTESIO DELL'UNIONE EUROPEA PER LA RICERCA Premiati gli sforzi congiunti di laboratori europei e non La storica Biblioteca Solvay di Bruxelles ha ospitato la cerimonia di premiazione del Premio Cartesio 2001, assegnato dall'Unione Europea a ricerche in tutti i campi dell'attività scientifica, comprese le scienze sociali ed economiche. I 700.000 Euro del premio sono andati a Jan Balzarini del Rega Institute for Medical Research della Katholieke Universiteit Leuven per il progetto "Sviluppo di nuovi medicinali contro il virus dell'immunodeficienza nell'uomo". La ricerca fa capo a una rete di laboratori, europei e non, per lo studio dei siti del ciclo di replica dell'HIV al fine di l'individuare più efficaci meccanismi di azione farmacologica. Come risultato sono stati individuati nuovi inibitori della trascrittasi inversa del virus che hanno permesso di mettere a punto il tenofoviro, un farmaco che ha ricevuto recentemente il sostegno del Comitato consultivo per i farmaci antivirali della Food and Drug Administation (FDA) americana. Michael North del Dipartimento di chimica del King College di Londra ha ricevuto il secondo premio per lo "Sviluppo di nuovi catalizzatori asimmetrici per la realizzazione di prodotti chimici". In questo progetto sono coinvolti ricercatori di Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Armenia allo scopo di individuare composti in grado di catalizzare la sintesi di molecole chirali, un ambito di ricerca la cui importanza è testimoniata dai Premi Nobel per la chimica di quest'anno, assegnati a William S. Knowles, Ryoji Noyori, e K. Barry Sharpless. _________________________________________ Unione Sarda 4 dic. '01 SCARSE FACOLTÀ: "NON È COLPA DEI BIDELLI" Nell'intervista da me rilasciata a Marco Manca (sull'Unione del 25 novembre) una frase infelice da me effettivamente pronunziata è risultata ingiustamente offensiva verso i bidelli della Facoltà di Lettere, ai quali sembra che io voglia imputare la responsabilità della brutta classifica attribuitaci dal Censis. Ovviamente, non nutro una così buffa opinione. La responsabilità (volevo in effetti dire: ma la fretta telefonica mi ha tradito) è di noi docenti e dell'istituzione nel suo complesso, e se i bidelli non sanno rispondere alle richieste di informazione, anche più elementare, degli studenti, è semplicemente perché la Facoltà non li mette in grado di farlo. Perfino uno strumento minimo di rapporto con gli studenti, il notiziario con i piani di studio, i programmi, ecc., che in tutte le Università della Penisola (ma anche all'Università di Sassari) viene distribuito tra luglio e settembre, da noi non è neppure in allestimento; e questo in un anno di novità radicali come l'attuale. Sandro Maxia (Cagliari) _________________________________________ Unione Sarda 7 dic. '01 ADDIO A FRANCO RASETTI GENIO RIBELLE DELLA FISICA MODERNA Esce di scena l'ultimo ragazzo di via Panisperna. Franco Rasetti, "spalla" e amico carissimo di Enrico Fermi, col quale condivise fatica e gloria negli anni eroici all'istituto di Fisica di Roma, è morto ieri nella sua casa Waremme, in Belgio Aveva compiuto 100 anni pochi mesi fa (era nato a Pozzuolo Umbro il 10 agosto 1901). Con lui se ne va l'ultimo testimone della nascita della fisica atomica. Uno scienziato controcorrente, che visse da protagonista gli anni delle intuizioni geniali ma, quando le ricerche vennero indirizzate verso fini bellici, per non legare il suo nome alla bomba atomica, abbandonò il campo e ritornò agli interessi giovanili, la paleontologia e la botanica, nei quali ha saputo lasciare la sua impronta. Di questo nuovo periodo della sua attività di scienziato resta un'opera completa sulla flora delle Alpi e fondamentali studi sul Cambriano, iniziati nei primi anni '40 in Canada (dove dirigeva il dipartimento di fisica dell'università di Laval, a Quebec) e completati con una serie di campagne di ricerca in Sardegna. Genio ribelle della fisica, Rasetti aveva iniziato gli studi universitari a Pisa nel 1918. Si era iscritto in ingegneria ma, per seguire l'amico Enrico Fermi (del quale il 29 settembre scorso è stato celebrato il centenario della nascita), cambiò ordine di studi e si iscrisse al terzo anno di fisica. Agli amici dirà che fece questa scelta per dimostrare a se stesso che era in grado di eccellere anche nella materia che gli era meno congeniale. E chi lo conosceva aveva buoni motivi per credergli. Estroverso, irriverente verso il mondo accademico (arrivò a portare un gatto nell'aula dove si tenevano le lezioni di meccanica razionale), svisceratamente individualista, fondò negli anni pisani una "Società antiprossimo". L'amicizia e il sodalizio con Fermi proseguì dopo la laurea e fu un punto fermo nella sua carriera di ricercatore. Fu con lui nell'Università di Firenze (dove lavorò come assistente nell'Istituto Fisico), Rasetti seguì l'amico a Roma, nel 1927. Entrò come "aiuto" nell'Istituto di Fisica diretto da Orso Mario Corbino mentre Fermi, le cui ricerche sulla "quantizzazione del gas perfetto monoatomico" avevano avuto risonanza mondiale, veniva chiamato a dirigere la cattedra di Fisica Teorica. Per Rasetti, gli onori accademici arrivarono nel 1930, quando vinse il concorso e andò a dirigere la cattedra di Spettroscopia. Fu in quegli anni che nacque e si consolidò quel nucleo di giovani brillantissimi fisici, i "ragazzi di via Panisperna", il cui nome rimarrà alla storia: Enrico Fermi, Franco Rasetti, Edoardo Amaldi, Ettore Majorana, Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Enrico Persico. Rasetti alternava gli studi e le ricerche romane con frequenti soggiorni nei maggiori centri di ricerca. Nel 1928-29 lavorò sull'"effetto Raman" nel California Institute of Technology e furono proprio queste ricerche a permettere al gruppo di Fermi di passare dalla spettroscopia atomica alla fisica nucleare. Negli anni 31-32 si perfezionò nel Kaiser Wilhelm Institut di Berlino per acquisire le tecniche di indagine sulla radioattività. Erano gli anni in cui la scuola di Fisica romana si imponeva all'attenzione del mondo scientifico e gli studi sui neutroni lenti portarono Rasetti alla Columbia University di New York. È di quegli anni, concordemente alla scelta di Fermi, la decisione di lasciare l'Italia e di trasferirsi in Canada per dirigere il dipartimento di fisica dell'università Laval. Qui diradò il suo impegno verso la fisica per ritornare agli interessi giovanili. Riprese ad andare per monti attratto dalla ricchezza dell'ambiente naturale canadese. Gli tornarono utili le doti di rocciatore, che gli avevano permesso di raggiungere in gioventù le maggiori cime delle Alpi, e gli studi sull'entomologia. Nel 1939 aveva donato al Museo Civico di Zoologia di Roma la sua raccolta di 30 mila coleotteri, tra i quali numerosi esemplari di nuove specie da lui raccolte e classificate anche nelle grotte del Carso triestino. In Canada, fu la scoperta di alcuni esemplari di trilobiti (fossili guida del Cambriano) a sollevare il suo interesse verso la paleontologia A spingerlo in questa direzione fu il progressivo distacco nei confronti delle ricerche sulla fisica nucleare. Ricercatore "puro", Rasetti aveva accolto con sempre maggiore disagio l'interesse delle grandi industrie e dei vertici militari verso le ricerche sulla scissione dell'atomo. Significative, a questo proposito, sono queste sue parole tratte da una biografia di Gianni Battimelli: "Il campo sta diventando troppo affollato; c'è troppa pressione per i miei gusti. A Roma nel 1931 si ritrovarono insieme tutti i fisici nucleari di tutto il mondo che avevano dato qualche contributo significativo; c'erano cinquanta o sessanta persone. Oggi capita che ce ne siano centinaia in una sola organizzazione governativa. Ai congressi ci vanno tre o quattromila persone. Nessuno conosce nessuno, e quei pochi che conosci sono persi in questa folla enorme. La ricerca si svolge in condizioni di pressione estrema, perché ci sono tante persone che lavorano allo stesso problema che non ci si può permettere di rilassarsi. Se stai lavorando su qualcosa su cui lavorano simultaneamente altri dieci gruppi, e ti prendi una settimana di vacanza, gli altri ti battono sul tempo e pubblicano prima. È una corsa disperata. Per questo faccio il paleontologo". La sua non fu una scelta snobbistica. Se nel gennaio 1943 rifiutò di partecipare al progetto anglo-canadese per lo sviluppo dell'energia nucleare a scopi militari, fu per un intimo convincimento che quella era una strada sbagliata. "Devo ammettere - scriverà ancora - che scoprire i segreti della Natura è tra le cose più affascinanti che ci possano essere. Ma può darsi che qualcosa sia insieme molto affascinante e molto pericoloso. La scienza può dire: "Se vuoi costruire una bomba da 100 megatoni devi fare così e così", ma la scienza non può mai dirci se dobbiamo costruire una bomba da 100 megatoni. Penso quindi che gli uomini dovrebbero interrogarsi più a fondo sulle motivazioni etiche delle loro azioni. E gli scienziati, mi dispiace dirlo, non lo fanno molto spesso". Questo era Franco Rasetti. Ambizione, fama e ricchezza non hanno mai condizionato il suo spirito libero e fu in perfetta armonia con se stesso che abbandonò definitivamente ogni incarico accademico per ritornare in Europa a completare i suoi "amati" studi: la flora alpina e i fossili del Cambriano. Fu questo interesse ad avvicinarlo alla Sardegna. Aveva settant'anni quando venne per la prima volta nell'Isola. Era l'autunno del 1969 e raggiunse le stazioni del Cambriano dell'Iglesiente: Cabitza, Monte Sa Gloria, Monte San Pietro, Canalgrande. Al suo fianco c'era un giovane appassionato d'Iglesias, Franco Todde. Conoscendolo, non c'è da stupirsi se preferì questa compagnia a quella dei paludati colleghi dell'università. Angelo Pani _________________________________________ Repubblica 8 dic. '01 IL SITO WEB DI PALAZZO CHIGI SCIVOLA SU INGLESE E INTERNET Traduzioni esilaranti nel sito della presidenza: il portavoce diventa "megaphone" Sul sito Web di Palazzo Chigi le biografie dei ministri tradotte in modo maccheronico da un programma automatico Il governo va alla sfida delle tre "I" ma scivola su inglese e Internet L'Università Bocconi trasformata in un sostantivo gastronomico E Letizia Moratti diventa lady "Joy" SEBASTIANO MESSINA VI RICORDATE il governo delle tre "I", cioè Inglese, Internet e Impresa? Dopo aver trasformato Palazzo Chigi in un'impresa, Berlusconi ha messo l'inglese su Internet. Detto, fatto. Purtroppo è una tragedia. L'inglese berlusconiano nel sito del governo è un pasticcio comico, maccheronico, da festival dello sfondone. E non in una paginetta secondaria, ma nelle biografie ufficiali dei ministri. Citiamo a caso, scorrendo le pagine del sito di Palazzo Chigi. Il maestro del ministro Buttiglione, il professor Augusto Del Noce, è diventato "August Of The Walnut", grazie all'inedita traduzione del cognome. Il ministro dell'Innovazione, Lucio Stanca, risulta amministratore dell'università milanese "Mouthfuls", nome che nasconde la traslazione fin troppo letterale del sostantivo gastronomico "bocconi". Non solo, ma il suddetto ministro "has covered loads with president of Ibm", cioè ha coperto non delle cariche ma dei carichi (con un telone?) insieme al presidente dell'Ibm. E alla fine ha lavorato "near the center of Ibm Italy", ciè non proprio lì dentro ma "near", nelle vicinanze (nel posteggio?). Direte: non è vero. Sbagliate. Sottovalutate il governo Berlusconi. Andate nel sito www.governo.it, e arrivate all'indirizzo del signor ministro (http://www.governo.it/sez_ministeri/biografie_inglese/stanca_lucio.html). Vedrete con i vostri occhi. Magari vi verrà voglia di continuare. Allora constaterete che il ministro Marzano è autore di circa 150 "banns", parola del lessico religioso adoperabile solo per le pubblicazioni di matrimonio. Che è un "ordinary professor", espressione che all'estero individua un docente dozzinale, scadente, di seconda scelta: ordinario, appunto. E che per sua volontà non ha fatto parte del "government Dynes", che sarebbe la versione angloamericana del governo Dini. Peggio è andata alla signora Moratti, ministro dell'Istruzione. Ignorando la distinzione che viene fatta alla seconda lezione di ogni corso d'inglese tra lui, lei ed esso, la sua scheda la colloca nel genere neutro e ci informa che "it has two sons". Non solo, ma a lei invece del cognome hanno tradotto il nome, facendone "lady Joy Brichetto", mentre il suo "piano aziendale" è diventato "slowly of reorganization". Piano, lentamente: non è la stessa cosa? Il "piano regolatore" di cui fu autore in gioventù il ministro Scajola viene invece presentato come un "flat", parola che indica una superficie senza asperità, uniforme, pianeggiante: un piano appunto. L'ipotesi che "piano" vada tradotto con "plan" non viene neanche presa in considerazione. Evidentemente, l'impiegato incaricato di preparare le biografie non era stato forgiato dal governo delle tre "I", e deve essersi affidato a un traduttore automatico, uno di quei programmi che fanno tutto da soli. Ma non è detto che lo facciano bene, come conferma proprio la scheda del ministro dell'Interno (carica che viene tradotta come "minister of the Inside", ministro del Dentro, anziché minister of Interior Affairs). Perché il traduttore automatico lascia intatte le parole che non sa tradurre, restituendoci un incrocio degno di "Un americano a Roma". E dunque nel caso del ministro, ribattezzato "Claudius Scajola", per dire che Berlusconi gli chiese una mano, la parola "chiese" passato remoto del verbo chiedere, in inglese "asked" viene tradotta con il plurale di chiesa, "the churches". Chiese. E cosa gli chiese? Di riorganizzare "Italy Force", che ha un suono simile a quello del partito del Cavaliere ma significa tutta un'altra cosa: Battaglione Italia. Neanche gli alleati vengono risparmiati. Il Fronte della Gioventù, di cui fu segretario Maurizio Gasparri, viene tradotto con "Forehead of Youth", che però significa "la parte alta della faccia dei giovani". Altero Matteoli, ex ministro dell'Ambiente, viene presentato come "minister of the Atmosphere", come se il suo compito fosse stato quello di mettere la musica e accendere l'incenso per creare, appunto, l'atmosfera. La Lega del ministro Bossi, anziché "league", è diventata "alloy", cioè una lega metallica come lo stagno o il bronzo. A lui non hanno tradotto né il nome né il cognome, ma la sigla di Varese, la sua città: era Va, è diventata Goes (ineccepibile: terza persona singolare del verbo andare). Il Guardasigilli Castelli invece, dopo "trent'years of job in company" si è candidato in un collegio a cavallo tra Lecco e Bergamo. "To horse". Andando a cavallo? Non viene risparmiato nemmeno il ministro Ruggiero, uno che conosce l'inglese alla perfezione. Il sito del governo, per dire che ha lavorato a un certo Fondo, usa la parola "bottom", che sarebbe inequivocabilmente il fondoschiena. Paga pegno persino il colto Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi: lo hanno trasformato nel "megaphone of the President", come se fosse un altoparlante. Il diabolico traduttore ha colpito senza guardare in faccia nessuno. Il Cavaliere, però, s'è salvato. La sua è l'unica scheda in perfetto inglese. Lui sì che conosce le tre "I". Adesso manca la quarta "I": Identificare the cretino who has combinato that pasticcio. _________________________________________ Il Messaggero 5 dic. '01 SCUOLA, NEL 2006 MANCHERANNO 200 MILA PROFESSORI Sostituiti soltanto in parte i pensionati ROMA - L'Italia ha importato infermieri, pizzaioli e ingegneri, forse importerà anche professori. Tra qualche anno ci sarà penuria di insegnanti. Si calcola che dei 750 mila attualmente in cattedra 400 mila potrebbero andare in pensione. Abbiamo i professori più anziani d'Europa, con un'età media tra i 50 e i 56 anni. Le uscite saranno a scaglioni, con un picco nel 2006, gli esperti stimano che saranno 200 mila i posti senza copertura. I sindacati. Cgil e Uil: "Sarà emergenza, come all'inizio degli anni Settanta con il boom dell'istruzione di massa, quando vennero assunti studenti non laureati". Le Università, infatti, sfornano tra i 18 e i 19 mila dottori l'anno, un numero insufficiente per "rifornire" la scuola e colmare una "voragine" del genere. Le carenze. Il pedagogista Vertecchi: "Anche in Germania e nel Regno Unito accade qualcosa di simile, ma noi siamo in ritardo, inoltre manca una vera politica del personale". Ma c'è chi sdrammatizza: "L'esodo è un'occasione per ridurre il numero degli insegnanti, recuperare risorse e investire in stipendi e carriere". In pensione entro il 2006, rimpiazzati da meno della metà. Sono i più anziani d'Europa Grande fuga dei prof: via 400mila in 5 anni di ANNA MARIA SERSALE ROMA - Nel giro di pochi anni ci sarà penuria di insegnanti. Si calcola che dei 750 mila docenti attualmente occupati circa la metà potrebbe lasciare la scuola per raggiunti limiti di età. L'Italia ha i professori più anziani d'Europa, la loro età media oscilla tra i cinquanta e i cinquantasei anni e gli esperti calcolano che in 400 mila abbandoneranno la cattedra. Finora la scuola era abituata ad un turn-over di 30 mila unità annue: pescando dalle liste dei precari e da quelle dei concorsi non era un problema rimpiazzare le uscite. Ma ora è diverso. "Siamo alla vigilia di una migrazione biblica - avverte Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil-scuola - Il picco è previsto per il 2006, quando si calcola che andranno in pensione le migliaia di persone entrate all'inizio degli Anni Settanta. La novità è che non ci saranno abbastanza laureati per rifornire la scuola e coprire i vuoti". Il fenomeno partirà al rallentatore, poi esploderà. C'è il tempo per evitare il peggio? "Ci sarà l'emergenza, rischiamo il collasso dell'intero sistema - sostiene Massimo Di Menna, segretario nazionale della Uil-scuola - Perché le università sfornano tra i 18 e il 19 mila laureati l'anno, un numero insufficiente per colmare una voragine del genere". L'Italia ha importato gli infermieri, i pizzaioli e gli ingegneri, forse importerà anche i professori. Dopo avere assorbito vincitori di concorso e precari in attesa, secondo i sindacati, resteranno scoperte almeno 200 mila cattedre. "Solo con un piano molto rigoroso - aggiunge Panini - è possibile arginare il problema". Stavolta il pre-pensionamento non c'entra. L'addio dei 400 mila è un evento fisiologico, che nelle aule avrà l'effetto di una scossa di terremoto. Nella storia della scuola non ci sono precedenti, per trovare un'emergenza in qualche modo paragonabile bisogna tornare al '62, quando con la media unificata e il boom dell'istruzione di massa non si trovavano laureati da assumere. "Allora con un decreto - spiega Di Menna - vennero autorizzati i presidi a chiamare personale privo dei titoli. Salirono in cattedra gli universitari degli ultimi anni, che andarono ad insegnare senza avere completato gli studi". Il pedagogista Benedetto Vertecchi è tra i primi a lanciare l'allarme: "Anche nel Regno Unito e in Germania sta accadendo qualcosa di simile. Forse c'è anche un problema di disaffezione o forse dobbiamo constatare un'involuzione negativa della professione che, solo a parole, tutti considerano determinante per lo sviluppo e la vita sociale. In realtà, è mancata una politica seria sul personale della scuola: dopo l'infornata del Settanta, fatta in condizioni di emergenza, si è continuato con la rincorsa affannosa per tappare i buchi. L'uscita dei 400 mila non è un mistero, basta guardare le statistiche, ora siamo già in ritardo". Ma c'è chi sdrammatizza: "Questo esodo sarà un'opportunità - afferma il professor Rosario Drago, esperto di problemi della scuola - Abbiamo 1 professore ogni 9 alunni, contro la media europea di 1 ogni 14. Sarà possibile ridurre il numero degli insegnanti e ricavare risorse per fare investimenti: soldi e carriere. Comunque, un pericolo c'è: se non prepareremo un sistema di reclutamento efficiente accadrà come negli Anni Settanta: in mancanza di laureati andranno in cattedra i farmacisti ad insegnare matematica". Giorgio Allulli, dell'Isfol, esperto di formazione, commenta: "Non basta un nuovo sistema di reclutamento, per trovare nuovi prof occorre rendere più appetibile la professione". L'uscita non sarà in blocco: sarà scaglionata, nell'arco di pochi anni. Le maggiori difficoltà riguarderanno le materie tecnico-scientifiche, soprattutto matematica e fisica, dove i candidati all'insegnamento scarseggiano già ora. Quanto a forme di reclutamento più diretto, saltando i concorsoni, la Moratti ha un progetto. E' contenuto nel Rapporto del pedagogista Bertagna e prevede lauree abilitanti, sicché sarebbe possibile entrare nella scuola molto presto, anche a 25 anni, un modo, tra l'altro, per ringiovanire le leve. ========================================================= _________________________________________ Unione Sarda 7 dic. '01 SANITÀ MISTA: " GUERRA" TRA OSPEDALE E CLINICHE I sindacati smentiscono le cifre che l'università ha fornito di recente alla Commissione regionale Costi posti-letto e produttività: "Inesattezze gratuite" Sassari. Il preside di Medicina Giulio Rosati, "sbaglia di grosso". Nell'incontro avuto recentemente alla Regione, alla presenza dei rettori delle università sarde, in cui si discuteva del futuro della sanità, "ha fornito dati inesatti che mirano a danneggiare l'immagine della struttura ospedaliera". È quanto affermano i sindacati Anpo, Cimo, Cumi-Aiss e i confederali di Cgil-Cisl- Uil medici. Secondo l'universitario prof. Rosati le cliniche meritano qualche "stella" in più perchè lo dicono le cifre, ma secondo i sindacati queste cifre sono "inesatte e tendenziose". In una nota, inviata alla presidente della Commissione sanità, Noemi Sanna, e all'assessore Giorgio Oppi, i sindacati criticano fortemente quanto dichiarato dai rettori delle università sarde quando dicono che "il futuro della Sanità è nelle aziende miste". Aziende che cambierebbero profondamente il sistema della sanità sassarese, soprattutto rispetto alla gestione della sinergia ospedale-clinica. Sistema che i sindacati ospedalieri non condividono. A proposito dei dati, le organizzazioni sindacali scrivono che è sufficiente "una semplice indagine burocratica per scoprire la verità: la delibera n. 3125 del 18/10/1997, che determina i posti letto dell'Azienda Usl n. 1, individua 607 posti letto destinati alle strutture universitarie convenzionate e 568 al presidio ospedaliero "Ss. Annunziata" di Sassari. Appare evidente che la reale distribuzione dei posti letto sconfessa le dichiarazioni del prof. Rosati quando afferma che l'ospedale di Sassari ha più posti letto dell'università". I sindacati sottolineano quindi che "è vero che il Ss. Annunziata fa un numero di ricoveri analogo a quello delle strutture universitarie, ma con un numero di posti letto inferiore e non superiore". E "ogni posto letto ospedaliero è sede di 34 ricoveri/anno, mentre un posto letto universitario ne produce 32". Sul fronte della produttività "si riscontra che un ricovero in ambiente universitario ha un costo-malattia (Drg) medio di lire 3.960.000 mentre un ricovero in ospedale ha un Drg medio di lire 4.324.000; questa differenza, moltiplicata per gli oltre 19.000 ricoveri significa circa sette miliardi a favore della struttura ospedaliera, e con un minor numero di posti letto - che significa costi inferiori di gestione". I sindacati stanno elaborando i dati sui costi di un posto letto nelle strutture ospedaliere per confrontarli con quelli di analoghe strutture universitarie: dai primi dati emergerebbe che un posto letto della clinica medica costi circa il triplo di uno della Medicina II. "Abbiamo il massimo rispetto per l'Università come sede di didattica, formazione e ricerca; abbiamo assoluto bisogno di un'università che svolga nel migliore dei modi i suoi compiti istituzionali e sappiamo anche che l'Università italiana, come quella locale, non brilla in tutto questo. Potrà un maggiore e più diretto coinvolgimento dell'università - si chiedono i sindacati - sul versante dell'assistenza (che è compito istituzionale del Ssn e dell'ospedale) sanare i mali dell'Università? Perché l'Università di Sassari, che solo un anno fa sosteneva l'autonomia gestionale con il Policlinico Universitario, oggi sostiene tutto il contrario? E perché divulgare dati inesatti per sostenere teorie insostenibili?". _________________________________________ Il Sole24Ore 4 dic. '01 SANITÀ, 36 OBIETTIVI PER LA FORMAZIONE Individuate le tematiche del piano quinquennale P.D.Bu. ART001(NOSTRO SERVIZIO) ROMA - Corsi e convegni dovranno rispettare trentasei obiettivi nei prossimi cinque anni (2002-2006) per consentire agli operatori sanitari di guadagnare i 150 crediti formativi necessari a lavorare per il Servizio sanitario nazionale. La lista messa a punto dalla Commissione nazionale per l'Ecm (Educazione medica continua) sarà esaminata dalla Conferenza Stato- Regioni ed è stata inviata in questi giorni alle categorie professionali e gli obiettivi - anticipati sull'ultimo numero del settimanale "Il Sole-24 Ore Sanità" - sono stati suddivisi in due gruppi. Il primo comprende sedici argomenti interdisciplinari in cui tutte le categorie possono riconoscersi, il secondo, venti obiettivi destinati a "specifiche categorie professionali". Il tutto, chiarisce la Commissione, potrà essere modificato una volta che saranno approvati il Piano sanitario nazionale 2002-2003 - abbandonato dopo la presentazione preliminare nella scorsa legislatura - e quello 2004-2006, che arriva fino alla scadenza del quinquennio. Gli obiettivi interdisciplinari comprendono, fra gli altri, la qualità dell'assistenza e della gestione dei servizi sanitari, l'etica, la deontologia, la valutazione degli interventi, l'integrazione socio-sanitaria, il consenso informato, la gestione del rischio biologico. Fino all'apprendimento e al miglioramento dell'inglese scientifico. Tra gli obiettivi "dedicati" alle esigenze delle singole categorie compare la formazione mirata a specifici percorsi diagnostico-terapeutici, alle patologie cardiovascolari, alle tematiche connesse ai trapianti. Inoltre figurano lo sviluppo dell'assistenza domiciliare integrata, l'innovazione tecnologica, la ricerca e la formazione manageriale per generalisti e pediatri, la telemedicina, la farmacovigilanza, la sicurezza degli alimenti, il controllo delle infezioni ospedaliere. E per quanto riguarda la ripartizione dei crediti, le ipotesi della Commissione prevedono che almeno il 60% dovrà arrivare dalla formazione riferita agli obiettivi, mentre il 40% potrà essere maturato attraverso percorsi formativi "autogestiti" dagli operatori. E se gli "eventi" programmati nei singoli curricula saranno in linea con gli obiettivi fissati, dopo il primo biennio della fase operativa di Ecm arriverà il premio: una maggiorazione percentuale di crediti non inferiore al 30% rispetto al valore accumulato fino a quel momento. _________________________________________ Il Sole24Ore 6 dic. '01 NASCE IL "MEDICO A ORE" PER L'OSPEDALE Sirchia cancella la riforma Bindi: meno vincoli per l'attività privata, si potrà lavorare fino a 70 anni Le linee guida del disegno di legge presentate dal ministro: spariscono di fatto intramoenia ed extramoenia. Critici i sindacati ROMA - Una forte spallata al rapporto in esclusiva con l'ospedale, niente più divisioni tra extramoenia e intramoenia. Ci sarà invece un'unica categoria di medici, i dipendenti, che potranno lavorare con meno vincoli nei loro studi. Nasce inoltre la figura del prestatore d'opera, il "medico a ore" che sottoscrive un contratto con l'azienda sanitaria. Questo propone il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, che dopo aver pensato ai farmaci e ai tagli sulla spesa, si dedica ai suoi colleghi. Per i medici finisce l'era Rosy Bindi, il ministro oggi deputato della Margherita che, con la sua Riforma, aveva diviso i dipendenti degli ospedali in due categorie: quelli che svolgono la libera professione sotto il controllo dell'azienda, in regime di rapporto esclusivo (intramoenia), e quelli che invece, pur avendo un contratto di dipendenza, preferiscono che la loro attività sia completamente "libera" (extramoenia), rinunciando a maggiorazioni di stipendio e avanzamenti di carriera, primariati compresi. Il doppio binario non esisterà più, o perlomeno viene stravolto, secondo il progetto di modifica alla legge 229 (la Riforma bindiana), che prevede una revisione dello stato giuridico del personale medico. Il rapporto di dipendenza con l'azienda sarà unico e tutti i camici bianchi che lo sottoscriveranno potranno svolgere l'attività privata, anche nei loro studi e senza i vincoli attuali. A loro si affianca una nuova figura: il "medico a ore", che stipula con l'azienda un contratto a termine e ha con essa un rapporto libero professionale, come fosse un consulente. In termini tecnici si parla di "collaborazione continuativa". PARLAMENTINO - È come se Sirchia avesse impugnato un cancellino per eliminare dalla lavagna i segni lasciati dal ministro precedente. Il progetto è stato presentato ieri al cosiddetto parlamentino dei medici (le 16 sigle sindacali più la Federazione nazionale degli ordini, la Fnomceo), nella stessa sala riunioni dove circa due anni fa era stata abbozzata la terza riforma della sanità italiana. Non c'è ancora niente di scritto, ma c'è la volontà di fare presto. Il ministro Sirchia ha esordito affermando di "voler dare impulso alla professione medica" e ha annunciato come molto vicina la prima bozza di un disegno di legge. NOVITA' - Molte le novità in arrivo. Viene introdotto il principio della reversibilità del rapporto esclusivo: chi ha optato per la dipendenza potrà cambiare idea e viceversa, non ci saranno più scelte definitive. Ancora da definire i dettagli per lo svolgimento della libera professione da parte dei dipendenti: ipotizzate due soluzioni diverse per le specialità cliniche (negli studi, in clinica, ecc.), e le specialità chirurgiche (si prevede restino nelle strutture ospedaliere per maggiore garanzia del cittadino). Dovrebbe essere il direttore generale ad avere l'ultima parola su quali strutture utilizzare. In sospeso la decisione sui dipendenti che si occupano di diagnostica e laboratoristi. Infine l'età pensionabile, uniformata a quella degli universitari. Gli ospedalieri potranno lasciare la corsia a 67 anni, con la prospettiva di un rinnovo annuale del contratto fino a 70 anni, sempre che faccia comodo all'azienda. PRO E CONTRO - "Qualcosa si muove anche se restano alcune incertezze quali gli aspetti concreti sulla libera professione", commenta Stefano Biasioli, del sindacato dei medici ospedalieri Cimo. Feroce la critica di Roberto Polillo, Cgil medici: "Hanno visto Harry Potter e hanno buttato giù questo piano che respingiamo per intero. Con la libera professione nasce una nuova categoria, quella dei medici precari". " L'obiettivo di dare più potere alla categoria - conclude Serafino Zucchelli dell'Anaao - è stato disatteso: creando un spazio di assoluto rilievo per il direttore generale delle Asl mdebac@corriere.it Margherita De Bac _________________________________________ Il Sole24Ore 5 dic. '01 LOMBARDIA, PIÙ IRPEF PER IL DEFICIT SANITÀ MILANO - Un aumento dell'Irpef, differenziato per fasce di reddito (fino allo 0,5% oltre i 60 milioni), per coprire il deficit della sanità: lo ha annunciato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni (nella foto). _________________________________________ L'Unione Sarda 7 dic. '01 TALASSEMIA: MEDICI ARABI A SCUOLA AL BINAGHI Talassemia.Definita la collaborazione tra il San Salvatore di Pesaro e il presidio di Monte Urpinu Pazienti da Egitto e Iraq per i trapianti di midollo osseo Apre a Cagliari una scuola internazionale sui trapianti di midollo osseo. L'indirizzo c'è già: ospedale Binaghi. La notizia, anticipata qualche giorno fa dall'Unione Sarda, adesso è ufficiale. Ma già dai giorni del G8, lo scorso luglio a Genova, si lavorava perché la Sardegna avesse un ruolo di primo piano in un'operazione scientifico-umanitaria rivolta ai Paesi Arabi il cui fulcro sarà l'ospedale "San Salvatore" di Pesaro. E il Microcitemico cagliaritano? Come dice Efisio Aste, medico e direttore generale dalla Asl 8, sarà sempre un patrimonio di conoscenze e professionalità per la sanità sarda e internazionale. "Non è stato scippato niente e nessuno", dice Aste. "Si è fatto in modo che la Sardegna entrasse dalla porta principale in un grande progetto. I trapianti si faranno qui, al Binaghi, diventeremo un riferimento nel Mediterraneo. Antonio Cao è un grande pediatra, mi inchino al professore con cui ho dato l'esame. Ma, mi creda", aggiunge Aste rivolgendosi al numero uno del Microcitemico, "non abbiamo tolto niente a nessuno". Funzionerà così: Cagliari ospiterà medici e piccoli pazienti in arrivo da Egitto, Siria, Barein, Giordania e, forse, Iraq. I trapianti verranno fatti al Binaghi: il reparto, completamente rinnovato, ha 13 posti letto, più 2 in day hospital. Ma, per la Sardegna, ci sarà un'altra ricaduta importante. Si parla infatti dell'istituzione di un registro unico di donatori volontari di midollo osseo. In pratica, si potrà operare con tutti i malati, indipendentemente dal paese di provenienza. È tutto legato al ruolo da protagonista che la Asl 8 ha nella "Scuola internazionale di formazione e perfezionamento per lo studio e la cura della Talassemia". Diretta da Ilja Gardi (direttore generale della azienda ospedaliera San Salvatore di Pesaro), la scuola si avvale di un comitato scientifico presieduto dall'ex ministro Umberto Veronesi (che ha preso il posto dell'attuale ministro, Girolamo Sirchia). Tra i cinque componenti del comitato c'è Giorgio La Nasa, responsabile del Centro trapianti di midollo osseo del Binaghi. Efisio Aste è molto soddisfatto. "Anche perché", aggiunge subito, "ce la siamo andata a cercare". Nel gennaio scorso, racconta Aste, "io e il dottor La Nasa ci siamo precipitati a Olbia per la presenza, in occasione di un convegno dell'Avis, del professor Guido Lucarelli". Direttore del centro di ematologia del San Salvatore di Pesaro, Lucarelli ha da tempo contatti con il mondo arabo. "Sapevamo dell'idea del professore di creare una scuola internazionale, iniziativa sostenuta anche dal nostro ministero degli Esteri. Ci siamo candidati per farne parte. E oggi", aggiunge Aste, "siamo dentro". Il 29 giugno, alla vigilia del G8 a Genova, Ilja Gardi scrive ad Aste e La Nasa, inviando la proposta che, di lì a poco, i grandi del mondo avrebbero avuto tra le mani. L'Italia, in pratica, sul fronte della talassemia, offre al mondo arabo le sue conoscenze e le sue professionalità. L'11 luglio è Aste a scrivere a Gardi, chiedendo "le procedure operative per l'adesione definitiva al progetto di cooperazione internazionale". Una settimana dopo la risposta da Pesaro: restano da definire i finanziamenti, ma le presenza di Giorgio La Nasa nel comitato scientifico "già inserisce la Asl 8 di Cagliari nel progetto". Un progetto che, tuttavia, viene messo in discussione da alcuni parlamentari sardi, proprio perché comporta il declassamento del Microcitemico, centro di riferimento internazionale per la talassemia. Efisio Aste non sembra farsene un problema. E Giorgio La Nasa è pronto ad ospitare colleghi e giovanissimi pazienti arabi nel Centro trapianti che dirige. Al Binaghi. Emanuele Dessì _________________________________________ la Nuova Sardegna 5 dic. '01 BARATTI: VILLA CLARA AL COMUNE - VIA IL SERT E IL CAMPUS IN SEMOLERIA Baratto di "Villa Clara": l'ex ospedale al Comune Accordo preliminare tra il Municipio e l'Asl 8 - All'Azienda sanitaria andrà l'ex mattatoio - L'area di Monte Claro dell'ex presidio è composta da 25 ettari ricchi di verde e diversi edifici Cagliari. L'ex mattatoio andrà alla Asl e l'area dell'ospedale psichiatrico al Comune. Un accordo preliminare è stato firmato dall'amministrazione municipale (assessorato all'Urbansitica) con l'azienda sanitaria. L'obiettivo, spiega Gianpaolo Marchi (responsabile dell'Urbanistica), "è quello di arrivare a portare nel patrimonio del Comune tutta la zona e i fabbricati dell'ospedale psichiatrico". Si tratta di un passaggio molto importante, se si considera che l'area interessata (l'ex psichiatrico) comprende venticinque ettari e numerose strutture edilizie. "In questo modo - prosegue l'assessore Marchi - a fianco del parco di Monte Claro si creerebbe un notevole polmone verde, che sviluppa il discorso dei parchi urbani". La Asl 8 (come contropartita) usufruirebbe dei locali dell'ex mattatoio (davanti alle poste di via Simeto), dove potrebbe accorpare quasi tutti i suoi uffici amministrativi e altri servizi. L'accordo preliminare prevede, tra l'altro, che il Sert di via dei Valenzani venga spostato in un'altra zona (forse nei nuovi locali dell'ex mattatoio), mentre al suo posto l'Asl vi sistemerebbe altri uffici. Come accennato si tratta di un accordo "preliminare", nel senso che le permute tra enti pubblici devono passare attraverso una serie di verifiche degli enti di controllo. Ma la strada è tracciata. Per l'amministrazione comunale l'acquisizione del comparto dell'ex psichiatrico permetterebbe di acquisire, senza ulteriori interventi di cubatura, un patrimonio edilizio pregiato in mezzo a un'importnate area verde. L'utilizzo futuro di quel patrimonio è ancora tutto da precisare. L'orientamento potrebbe essere legato a interventi ricreativi, culturali e turistici. Si darebbe, inoltre, una continuità al parco di Monte Claro creando, in tal modo, un'area di circa cinquanta ettari di grandissimo pregio interna alla città. Per avere un'idea della dimensione basti pensare che Monte Urpinu è di circa dodici ettari. In questo modo si darebbe sostanza al discorso sul percorso dei parchi urbani: dal colle di San Michele, con relativo castello, a tutto il comparto di Monte Claro; da Monte Urpinu al colle di Sant'Elia; da Calamosca alla (in un futuro) Sella Del Diavolo. Per la Asl, invece, si tratterebbe di approfondire il discorso di razionalizzazione delle strutture sanitarie e degli uffici. La struttura dell'ex mattatoio ha, infatti, tutti gli spazi necessari per ospitare uffici e servizi sanitari. Nello stesso tempo, la permuta permetterebbe di avviare il decentramento degli uffici direzionali: dal centro alla periferia. Per l'area di Sant'Avendrace il nuovo piano regolatore prevede un recupero di funzione, anche amministrativo e una riqualificazione della zona come collegamento con l'hinterland. L'accordo preliminare Comune-Asl 8 si inserisce in questa prospettiva. Un emendamento al nuovo Puc aveva reso possibile il riutilizzo della struttura in funzione servizi e altro. In quell'area, infine, sono previsti altri interventi (ratificati da accordi di programma più o meno equi): sia il recupero dell'ex cementeria, che dovrebbe ospitare servizi, centri direzionali e una nuova multisala cinematografica, sia la realizzazione di un campus universitario da situare nell'ex semoleria di Cellino. Roberto Paracchini _________________________________________ Il Sole24Ore 3 dic. '01 GLI ANESTESISTI BOCCIANO LE SALE OPERATORIE Indagine a tappeto dell'associazione di categoria (Aaroi): servizi antincendio inadeguati, scarsa igiene, pochi apparecchi salvavita Roberto Turno Servizi antincendio diffusamente inadeguati. Condizioni igienico-ambientali troppo spesso ancora non all'altezza dell'asetticità che la situazione (e la legge) imporrebbe. Apparecchi salva-vita fondamentali che stentano a diventare una realtà consolidata. E anestesisti che a trovarli ci vorrebbe un lanternino. Detta così, sembrerebbe di descrivere i gironi infernali della Sanità pubblica. E forse sarebbe troppo. Ma nelle sale operatorie, nelle rianimazioni e nei servizi di guardia delle strutture del Ssn, i conti davvero non tornano. Anche perché in reparti essenziali per prestare cure decisive agli assistiti - quando un minuto di ritardo o l'igiene che latita possono essere fatali - anche una piccola percentuale di difetto, non può e non deve passare sotto silenzio. E invece le percentuali di difetto di queste strutture del Ssn sono alte, spesso altissime. Allarmanti. Lo sostiene a chiare lettere l'Aaroi, l'associazione degli anestesisti e rianimatori che raggruppa l'80% dei 10mila specialisti operanti sul territorio. L'associazione, a conclusione di un'indagine a tappeto mai compiuta in precedenza - 146 ospedali, 339 sale di rianimazione, 880 sale operatorie, 78 dipartimenti di emergenza, 128 pronto soccorso, 116 punti nascita - non esita ad affermare: "Gli anestesisti bocciano le sale operatorie dei propri ospedali". Un'indagine - che presentiamo in anteprima - che la dice lunga sui troppi ritardi da colmare (strutturali, tecnologici, organizzativi, finanziari) per avere un servizio pubblico sanitario all'altezza. Curiamo le sale operatorie. Nel 67% di quelle censite non ci sono locali separati e distinti tra pazienti da operare e quanti si risvegliano dall'anestesia. Il rischio di introdurre agenti infettanti dall'esterno, poi, è altissimo: mancano i "locali filtro" per i pazienti (58,6%) e per il personale (54,2%). L'eccellenza ambientale, del resto, non raramente è un optional. In un quarto delle sale mancano i dispositivi per ricambiare l'aria, che per azzerare gas e vapori anestetici dovrebbe essere "trasformata" almeno 15 volte l'ora. Ma la lista del "non c'è", continua ancora: il filtraggio dell'aria è assente in una sala su tre, nel 13,6% dei casi manca l'impianto di condizionamento e nel 42,7% addirittura non è previsto il monitoraggio delle condizioni igieniche e dei rischi di inquinamento. Per non dire dei rilevatori di incendio: al 48% non esistono. Mentre i gruppi elettrogeni al 17,5% sono degli sconosciuti. Fase delicatissima post-operatoria, il risveglio del paziente è gravemente trascurato: nel l'85% delle strutture manca una sala ad hoc. E se si verificano complicazioni post intervento, spesso di tipo cardio-respiratorio, è bene contare sulla fortuna: scarseggiano impianti di ossigeno (32,4%), aspiratori per secrezioni (47%) e monitor (61%) indispensabili all'anestesista per avere sotto check le funzioni vitali del paziente. Altro che rianimazioni. Manca personale nei centri con più posti letto, dove può esserci un medico ogni 12 letti la mattina e ogni 20 la notte. E l'igiene latita: dai locali dedicati ai pazienti infettivi (65% di carenze), ai locali filtro per pazienti (45,5%) e per il personale (49%) agli autorespiratori in regola con la legge 820%) e ancora ai rilevatori anti incendio (32,7%). I defibrillatori sono poi ancora una pia illusione nel 12,7% delle rianimazioni. Infine, è un sogno da realizzare il monitoraggio continuo per ogni posto letto per elettrocardiogrammi (10,9%), pressione arteriosa/venosa centrale (20%) fino ad arrivare al 65,5% di mancato check della pressione intracranica. Anestesista cercasi. La carenza assoluta di questi professionisti, è uno dei buchi neri del Ssn. Con tutte i rischi del caso. Capita così che nel 4,1% dei casi censiti l'anestesista deve dividersi in due o in tre o di più ancora, per seguire più sale operatorie. Spesso (35%) senza poter contare sull'infermiere "dedicato". Per non dire della mancata presenza costante dell'anestesista e del rianimatore negli ospedali "sede di punto nascita", nei pronto soccorso, nelle chirurgie d'urgenza. Basta dire che per coprire questi vuoti, nel 34% dei centri di rianimazione il medico di guardia è chiamato a occuparsi in prima battuta delle urgenze in sala operatoria, nelle sale parto, al pronto soccorso: intanto, la rianimazione resta sguarnita fino a che non arriva l'anestesista reperibile. A trovarlo, però. _________________________________________ L'Unione Sarda 5 dic. '01 IO, MEDICO "VOLONTARIO" IN CARCERE La legge non prevede che i detenuti siano visitati da sanitari "esterni" all'istituto penitenziario Condannata e poi assolta per essersi rifiutata di intervenire Medici di frontiera costretti ad assistere i detenuti, nonostante la legge lo vieti. E chi si ribella finisce in tribunale, con la pesante accusa di aver rifiutato l'intervento. È la disavventura che ha vissuto una professionista, Silvana Marongiu, cinquant'anni, prima condannata a quattro mesi di reclusione (con la condizionale) e poi assolta con formula ampia. Tra la "tenaglia" della legge e quella della deontologia professionale, si trovano da tempo tutti i dottori che svolgono il servizio notturno di guardia medica nell'ospedale civile Santa Barbara. Ogni volta che arriva la telefonata dal carcere, nasce il dilemma. Andiamo, o no? La dottoressa Marongiu, nel 1996, decise di rompere questo sistema e si rifiutò. "Da mesi chiedevamo, come operatori della guardia medica, un intervento dell'Asl per chiarire la nostra situazione. Ma non c'è mai stata risposta. La legge, sull'assistenza ai detenuti, è molto chiara. Trenta giorni dopo l'arresto, cessa il servizio nazionale e comincia quello autonomo del ministero di Grazia e Giustizia. Quindi, perché rivolgersi alla guardia medica dell'Asl? Devono intervenire i medici del carcere". Invece, non succede così. Anche per una semplice iniezione, durante la notte gli agenti chiamano la guardia medica. Silvana Marongiu ha rotto il ghiaccio e si è ritrovata imputata "per aver indebitamente rifiutato l'intervento chiesto dalla casa circondariale per un detenuto che accusava un attacco di asma". "Mi sono ritrovata in tribunale con la legge che mi dava ragione", racconta. Ma, nonostante tutto, fu condannata a quattro mesi di reclusione, con la condizionale. Doccia fredda e subito appello. Difesa dall'avvocato Luigi Concas, nella seconda udienza, Silvana Marongiu è uscita a testa alta dal palazzo di giustizia. Il giudice della corte d'appello ha riconosciuto la sua totale estraneità al fatto. Ma il caso ha assunto una dimensione che è andata al di là del semplice processo. La direzione dell'Asl 7 ha scritto al direttore del carcere. "L'assistenza erogata dalla guardia medica, in quanto integrativa, dalle 20 alle 8, di quella medico generica, se richiesta a favore di un detenuto, non sembra configurarsi come pretesa legittima". E quindi la direzione sanitaria fa sapere di "essere disponibile a forme di collaborazione". Insomma, occorre un contratto. "Che finora non c'è stato", spiega la dottoressa Marongiu. La quale ricorda anche la legge numero 395 del 15 dicembre 1990. "L'assistenza sanitaria alle persone recluse è assicurata dal servizio sanitario penitenziario". E, in effetti, è così anche ad Iglesias. Ma soltanto di giorno. La notte nel carcere di Sa Stoia non c'è un solo medico disponibile, come invece avviene a Cagliari, Nuoro e Oristano. Neppure l'appello dei medici rivolto alla Regione ha sortito l'effetto sperato. Scriveva l'allora assessore alla sanità, Paolo Fadda: "Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria a favore delle persone recluse esistono specifiche normative al di fuori del servizio sanitario nazionale che disciplinano l'erogazione a tali categorie". E allora? "Ancora oggi, quando chiamano dal carcere, andiamo a prestare soccorso, com'è avvenuto anche di recente per due casi di morte. Nessuno ha scritto di fare il contrario. Ma a quale titolo andiamo?", si è chiesta la dottoressa Marongiu. La preoccupazione è che poi, se succede qualcosa, qualcuno potrebbe accusare i medici di aver svolto un servizio che non dovevano. Ma se non lo fanno finiscono in tribunale. Antonio Martinelli _________________________________________ L'Unione Sarda 5 dic. '01 RISTORATORE:"LA ASL8 MI STA STRANGOLANDO" Un noto ristoratore rischia il fallimento per la gestione delle mense ospedaliere Sul lastrico il titolare della pizzeria S. Andrea "Se l'Asl non mi darà il miliardo e mezzo che ancora mi deve fallirò". Messo al tappeto da un appalto vinto due anni fa per la fornitura dei pasti a degenti e operatori degli ospedali cagliaritani, Fernando Rosas, 58 anni, titolare di una nota pizzeria a Sant'Andrea, ora ha paura: "I fornitori incalzano e le banche non fanno credito. Telecom ed Enel mi hanno staccato le linee del ristorante: non ho soldi, l'attività va avanti con il gruppo elettrogeno. Sono finito nei guai, ora mi aiutino a uscirne". La storia dell'imprenditore è diventata tragica a partire da giugno, quando ha ricevuto l'ultima mensilità prevista dal contratto: "È scaduto l'appalto di ventiquattro mesi che prevedeva la fornitura dei pasti al San Giovanni di Dio, all'Oncologico, al Microcitemico, al Binaghi, al Marino e al San Marcellino di Muravera. Otto miliardi di fatturato nel biennio, un utile del quindici per cento e la possibilità di un business oltre quello della mia attività sul litorale. In attesa del nuovo bando per la fornitura del servizio, ho continuato a lavorare come previsto dal capitolato: quaranta dipendenti e pasti assicurati sino a fine ottobre. Ma non ho visto ancora una lira". Tra forniture e mano d'opera, trecentocinquanta milioni al mese. "Non so come rientrare: l'unico modo è ricevere i soldi in qualche modo. Parlerò con il direttore dell'Asl 8 e se necessario con l'assessore regionale alla Sanità Giorgio Oppi. Capisco che nel periodo in cui l'appalto era scaduto gli ospedali e i degenti non potevano rimanere senza mangiare. Ma i soldi per garantirli li ho anticipati di tasca e se non me li rende l'Asl non li rivedrò più. Non so che cosa fare né a quali porte bussare. Anche nel mio ristorante le cose non vanno bene come una volta: la clientela e gli affari si sono dimezzati, perché ho seguito con maggiore intensità le mense che ho in concessione". Oltre a quella dell'Asl che ha gestito per due anni, Rosas ha ancora in concessione le mense di tre case protette a Capoterra e quelle scolastiche di Monserrato. "Ma la mole di lavoro, di anticipazioni e di guadagno non è paragonabile a quella per la fornitura dei pasti agli ospedali. Peccato, perché credo di aver fatto un buon lavoro. E anche con l'Asl i rapporti erano ottimi, ma non avevo messo nel conto che sarebbe potuto accadere quello che sto vivendo. È da giugno che non chiudo occhio, sono a terra. Con quei soldi rilancerei subito le mie imprese, a cominciare dal ristorante. Invece ora mi aspetto che qualche fornitore presenti un'istanza di fallimento. Ho sempre rispettato gli impegni, ma da questa vicenda ho imparato che non bisogna aiutare nessuno, anche se in ballo c'è la fornitura dei pasti ai degenti degli ospedali". Dalla direzione dell'Asl 8 assicurano che qualcosa verrà fatta, anche se resta l'incertezza dei tempi di intervento: "Soldi in cassa al momento non ce ne sono", dice Efisio Aste, direttore generale dell'Asl 8: "Stiamo aspettando i soldi dalla Regione. Come arriverà il via libera dal tesoriere, speriamo di poter dare al signor Rosas almeno un'anticipazione". Lorenzo Piras _________________________________________ L'Unione Sarda 2 dic. '01 SIRCHIA: PER L'AIDS, PRESTO IL VACCINO ITALIANO Annuncio del ministro della Sanità Sirchia dopo le prime conferme scientifiche Nel 2002 la sperimentazione su cento volontari ROMA Il vaccino italiano contro l'Aids sta per trasformarsi in realtà. L' annuncio del ministro della Salute, Girolamo Sirchia, arriva dopo le conferme scientifiche che la strada intrapresa potrebbe essere quella giusta. Manca ancora la sperimentazione sull' uomo, ma gli ultimi dati rafforzano le possibilità che il candidato vaccino contro l' Aids di Barbara Ensoli possa essere efficace. La ricercatrice, anche ieri al lavoro, non ha voluto commentare l' annuncio del ministro, ma fino a pochi giorni fa l' entusiasmo nei confronti dei risultati delle sue ricerche era evidente e tale da contagiare tutto il suo gruppo. Gli studi su animali di laboratorio hanno dimostrato che la proteina Tat è riuscita a potenziare la risposta del sistema immunitario anche contro altri antigeni del virus, inoltre la stessa proteina, sulla quale i ricercatori dell' Istituto superiore di Sanità hanno scommesso, potrebbe proteggere e arrestare l'infezione per tutti i ceppi di virus Hiv in circolazione nel mondo. In alcuni laboratori scozzesi proseguono le prove di preparazione del candidato vaccino. Ad alimentare l' ottimismo sulla tabella di marcia della sperimentazione è il fatto che la delicatissima fase della produzione su larga scala del vaccino sta procedendo senza ostacoli. Nei due centri scozzesi che hanno cominciato a lavorare alla produzione nell'estate scorsa, quindi, tutto sta andando bene. E proprio a breve partirà la sperimentazione sull'uomo in tre centri italiani per verificare la sicurezza del vaccino e l' assenza di tossicità; le fasi successive verranno svolte anche in Africa. All'inizio del prossimo anno il farmaco potrebbe essere così inoculato nei primi 100 volontari. Nella prossima primavera verranno reclutati i volontari. Una mole di materiale destinata ad essere presentata al ministero della Salute, che dovrà autorizzare la sperimentazione sull'uomo. Quindi occorrerà il via libera dei comitati etici dei tre ospedali italiani (Policlinico Umberto I e Spallanzani a Roma, San Raffaele a Milano) in cui è prevista la sperimentazione. Soltanto dopo queste autorizzazioni potrà cominciare l'arruolamento dei pazienti: una quarantina per il vaccino terapeutico e 60-70 per il vaccino preventivo. Ma anche questo sarà solo uno dei molti passi per arrivare alla meta ultima di un vaccino da usare con tranquillità. Occorreranno almeno 7 anni per sapere se il vaccino funziona sull' uomo. _________________________________________ la Nuova Sardegna 5 dic. '01 TERAPIA GENICA PER IL CANCRO AI POLMONI Cura con l'aerosol per prevenire il tumore da fumo. Nel 2002 a Milano i primi test sull'uomo Venezia. Prevenire il tumore al polmone dei fumatori con un aerosol di geni trasportati da virus. La promessa è di Carlo Croce, un ricercatore italiano che lavora al Kimmel Cancer Center di Philadelphia e che è nella lista delle massime autorità mondiali in campo oncologico. Qualche tempo fa Croce aveva individuato un gene chiamato Fhit ( Fragile histidine triad gene ), la cui mancanza provoca la nascita del cancro polmonare nei fumatori. Poi ha continuato le sue ricerche su questa strada con l'obiettivo di mettere a punto una terapia genica: l'idea è quella di utilizzare un virus del raffreddore per reinserire, nelle cellule tumorali, il gene mancante e di provocare così la distruzione del tumore. L'esperimento funziona sugli animali e uno studio, appena pubblicato sulla rivista americana Jama e firmato da Croce, ha confermato le potenzialità di questa terapia. Ora si tratta di verificarla nell'uomo. "Grazie a una collaborazione con l'Istituto dei tumori di Milano in corso da tempo - ha detto Croce durante la presentazione del convegno dedicato alla ricerca sul cancro che comincia oggi a Rovigo - partirà il prossimo anno la sperimentazione clinica. Sceglieremo una dozzina di pazienti già ammalati di tumore al polmone non operabile ai quali inietteremo (l'aerosol si userà nella prevenzione, ndr ) i virus che trasportano il gene Fhit. Come tutte le sperimentazioni anche questa prevede che il primo tentativo sia condotto su persone già malate, per valutare innanzitutto la sicurezza del trattamento. Entro la fine del 2002 si sapranno i risultati. Questi pazienti avranno benefici limitati alla riduzione del tumore perché i virus non sono in grado di penetrare e di distruggere completamente il 100 per cento delle cellule tumorali". Ecco perché il vero vantaggio della terapia genica sarà la prevenzione. Il cancro, infatti, si sviluppa a tappe. La prima è la formazione di lesioni precancerose: le cellule cominciano a mostrare alterazioni, perdono subito il gene Fhit (che essendo un gene oncosoppressore dovrebbe impedire la crescita neoplastica) e hanno un'elevata probabilità di diventare maligne. Tutti i fumatori accaniti presentano lesioni precancerose e uno su sette andrà incontro a un tumore vero e proprio. "A questo punto - precisa Croce - la possibilità di somministrare il gene Fhit attraverso un aerosol di virus ci fa ipotizzare la possibilità di distruggere circa il 95 per cento delle cellule precancerose, il che significa ridurre del 95 per cento il rischio di andare incontro alla malattia". Questo trattamento può funzionare anche su altri tipi di tumore. Il gene Fhit viene facilmente eliminato per azione di alcuni cancerogeni ambientali: il fumo innanzitutto, ma anche i composti chimici, per esempio quelli che provocano il cancro alla vescica, o i virus, come il papillomavirus responsabile dei tumori al collo dell'utero: tutte neoplasie, insieme a quelle del seno e dell'esofago, candidate alla prevenzione con la terapia genica. Carlo Croce parlerà delle sue ricerche anche nell'ambito del congresso internazionale sul cancro che si tiene a Rovigo dove è nato l'anno scorso e si sta ampliando un nuovo polo oncologico di cui il ricercatore italo-americano presiede il Comitato scientifico. "Rovigo - ha detto Gianni Tessari direttore generale della Asl 18 che ha dato vita al nuovo centro e presidente del congresso - si candida come punto di riferimento nazionale e internazionale per la ricerca e la cura sul cancro in collaborazione con altri istituti, come quello diretto da Croce negli Stati Uniti, lo Sloan Kettering di New York e il Cancer Center di Houston. L'anno scorso ha trattato 7.000 pazienti e ha avviato circa 150 progetti di ricerca". Alla direzione scientifica è arrivata Maria Grazia Masucci, direttore del Karolinska Institutet di Stoccolma. Adriana Bazzi _________________________________________ Corriere della Sera 4 dic. '01 SESSANTA MILIARDI PER LE "STAMINALI" Stanziate più risorse per la ricerca sulle cellule staminali e i vaccini: infatti, un emendamento alla Finanziaria, ieri presentato dal governo, stabilisce che i 60 miliardi previsti nella Finanziaria 2001 (20 miliardi in ciascuno degli anni 2001, '02 e '03) per "attività formative", siano destinati "alla ricerca sulle cellule staminali e sui vaccini". _________________________________________ Le Scienze 6 dic. '01 UN ANTITUMORALE DALLA MIRRA Speranze per la produzione di una farmaco efficace contro il cancro del seno e della prostata Un gruppo di ricercatori della Rutgers University, in New Jersey, ha identificato nella mirra, uno dei doni portati al neonato Gesù dai re Magi, un composto che potrebbe diventare un nuovo potente agente nella lotta contro i tumori. Il composto uccide infatti le cellule neoplastiche, almeno in laboratorio, e sembra promettente anche come cura preventiva per i tumori del seno e della prostata. È la prima volta che un composto tanto utile viene individuato nella mirra e la scoperta è stata annunciata sul "Journal of Natural Products", edito dalla American Chemical Society. Mohamed M. Rafi, uno degli autori della ricerca, spera che il composto possa fornire la base per la produzione di un farmaco. La scoperta è stata fatta nell'ambito di uno studio molto vasto volto a identificare agenti antitumorali nelle piante. I ricercatori hanno utilizzato estratti di una particolare pianta della mirra, la Commiphora myrrha, e li hanno sperimentati su alcune particolari cellule di tumori al seno note per la loro resistenza alle molecole tradizionali. Verificato che la mirra uccideva le cellule, la ricerca è proseguita fino all'isolamento del composto, in precedenza sconosciuto, che è risultato appartenere alla classe dei sesquiterpenoidi, presenti in molti prodotti naturali. Questo composto uccide le cellule tumorali inattivando una proteina specifica, la Bcl-2, normalmente prodotta in grande abbondanza da queste cellule. I ricercatori pensano che la sovrapproduzione di questa proteina promuova la crescita delle cellule tumorali e le renda resistenti alla chemioterapia. Sulla base dei primi esperimenti, tuttavia, il composto non è risultato efficace quanto alcuni farmaci comunemente usati. _________________________________________ La Stampa 5 dic. '01 I TUMORI SIMULATI AL COMPUTER RICERCA INTERDISCIPLINARE TRA IRCC E POLITECNICO DI TORINO MESSO A PUNTO A TORINO UN PROGRAMMA CHE RIESCE A PREVEDERE LO SVILUPPO DELLE NEOPLASIE DELLA TESTA E DEL COLLO: UN AIUTO PREZIOSO PER IL CHIRURGO e Pier Paolo Del Santo COME e perché si sviluppa un tumore? Purtroppo questa domanda, nella sua terribile semplicità, ancora non trova una risposta esauriente, anche se grandi passi si sono fatti per identificare le cause ultime del processo di evoluzione tumorale sia a livello cellulare sia a livello molecolare. Benché si contino più di cento forme di crescita neoplastica, esiste una certa similarità tra i processi di sviluppo dei vari tipi di cellule tumorali. E' quindi un problema di grande attualità quello di spiegare la crescita tumorale non solo attraverso una descrizione qualitativa, ma cercando di inquadrarla come il risultato delle interazioni reciproche fra le diverse cellule (sane e tumorali) che formano l'organo o il tessuto malato. Dare soluzioni a questo problema, affascinante per il biologo e drammatico per il paziente, non è facile. La presenza in ogni organo di molteplici strutture, differenti e interagenti tra loro (per esempio muscolo, osso, cartilagine, vasi sanguigni) rende il sistema da studiare non omogeneo e variabile nel tempo. In queste condizioni non è possibile applicare semplici metodiche statistiche per lo studio della crescita di cellule neoplastiche. Di fronte all'esigenza di un'analisi di un sistema composto da milioni, o addirittura miliardi, di oggetti complessi (le cellule) in costante interazione fra loro, non c'è da stupirsi se, fino a pochi anni fa, l'idea di costruire un modello matematico per la crescita dei tumori fosse considerata utopistica. Ma pochi mesi fa, nella Palazzina reale di caccia di Stupinigi, si è tenuto un congresso su temi di Oncologia della testa e del collo organizzato dalla Divisione di otorinolaringoiatria dell'Ospedale Mauriziano di Torino. Tra i temi discussi, la modellizzazione della crescita tumorale ha destato l'interesse dell'uditorio per i suoi risvolti sia di ricerca sia di applicazione clinica. Il metodo che permette di eseguire i calcoli per la modellizzazione, e quindi di seguire l'evoluzione spazio- temporale del tumore fin dall'inizio (quando la neoplasia è costituita da poche cellule), si chiama "Local Interaction Simulation Approach" (LISA). A svilupparlo è stato un gruppo di ricercatori coordinati da Marco Scalerandi del Dipartimento di fisica del Politecnico di Torino, specialisti nel campo della propagazione di onde acustiche, elettromagnetiche, solitoni e nel campo della crescita e diffusione di particelle. Uno dei risultati di questa interdisciplinarità, che finalmente sta tornando in auge nell'università italiana dopo anni di arroccamento di ognuno nella propria disciplina, è proprio un modello di crescita tumorale. Un modello matematico è un ibrido fra la realtà, come la conosciamo attraverso l'osservazione fenomenologica, e una sua riformulazione in termini tali da poterla trattare matematicamente. In altre parole, un modello deve contenere tutti gli ingredienti necessari, ma allo stesso tempo essere, almeno inizialmente, abbastanza semplice da poter garantire una soluzione corretta e non ambigua del problema. Successivamente, quando si è sicuri di avere una buona base, occorre aggiungere nuovi ingredienti per rendere il modello sempre più realistico. Diventa così possibile sostituire alcuni esperimenti di laboratorio (di solito molto costosi sia come tempo sia come risorse) con esperimenti virtuali. Qui non possiamo descrivere il modello nella sua interezza. Possiamo però citare alcuni fra gli ingredienti più importanti: anzitutto la disponibilità, per ogni singola cellula o gruppo di cellule, dei nutrienti essenziali, trasportati dal sangue attraverso il sistema vascolare. Se questi scarseggiano, la cellula può morire (apoptosi) o cercare altrove regioni meglio irrorate; se abbondano, essa può duplicarsi (mitosi). Altri ingredienti sono, per esempio, la competizione per i nutrienti con le cellule sane o con altre specie cancerose, la pressione esercitata dal tumore contro i tessuti circostanti, la generazione di nuovi capillari (angiogenesi) stimolata da cellule neoplastiche e così via. Pur nella sua attuale semplicità, il modello, che funziona attraverso un gran numero di equazioni iterative accoppiate, permette di riprodurre tutti i decorsi osservati a livello cellulare: per esempio una crescita indefinita della neoplasia, l'inizio e il successivo mantenimento del processo di metastasi (diffusione in altri organi di "nidi" di cellule tumorali), la comparsa di un periodo di latenza (cioè d'inattività) anche infinitamente lungo. E, considerati i presupposti di versatilità e capacità di adattamento del modello in questione, pur rimanendo un lungo percorso da compiere, è realistica la speranza di poterlo trasformare entro qualche anno in uno strumento di valida applicazione terapeutica. [TSCOPY](*)IRCC, Candiolo Politecnico di Torino Guido Bongioannini _________________________________________ La Stampa 5 dic. '01 IL CERVELLO? CONTINUA A CRESCERE FINO A 50 ANNI LA "SOSTANZA BIANCA" SEGUITA A SVILUPPARSI NUOVI STUDI CONTRADDICONO LA CREDENZA CHE LO SVILUPPO CEREBRALE SI FERMI SUI VENT´ANNI UNO studio americano diretto da George Bartzokis avrebbe dimostrato che la crescita cerebrale continua fin quasi all´età di 50 anni, contraddicendo così l´idea comune che la maturazione del cervello si arresti entro i 20 anni. Questo studio potrebbe aiutare a capire meglio anche la dinamica di patologie quali la schizofrenia e il morbo di Alzheimer. Con la risonanza magnetica è stato misurato lo sviluppo cerebrale di 70 uomini sani tra i 19 e i 76 anni. Si è scoperto così che la "sostanza bianca", che manda segnali da una parte all´altra del cervello, continua a svilupparsi nel lobo frontale e temporale fino a circa 48 anni. La "materia grigia", ossia la corteccia cerebrale vera e propria, raggiunge invece il suo picco di sviluppo alla fine dell´adolescenza, per poi declinare lentamente. Dice Bartzokis: "Immaginate che il vostro cervello sia Internet, la materia grigia è il vostro computer, mentre la sostanza bianca è la linea telefonica che connette il computer a tutti gli altri computer del pianeta". E sottolinea poi che una persona è strutturalmente diversa a 17 anni e a 40. "Non si è davvero gli stessi. Ma la questione è: non si è gli stessi perché si è accumulata un´ingente mole di esperienze, o invece perché il cervello è differente? Questo studio suggerisce che è il cervello a cambiare". Per quanto riguarda le patologie degenerative senili, è ovvio che la comprensione di come le strutture del cervello si sviluppano e degenerano, lungo tutto l´arco della vita, è cruciale per una migliore conoscenza dei meccanismi d´azione del morbo di Alzheimer, così come della schizofrenia e della tossicodipendenza. Gli esordi del morbo di Alzheimer, malattia degenerativa del sistema nervoso, e gli esordi della schizofrenia, grave disturbo psichiatrico che si manifesta tipicamente nella prima età adulta, sono infatti strettamente legati al fattore-età. Bartzokis ha focalizzato il suo studio sui lobi frontali e temporali, ossia quelle parti del cervello che si occupano di memoria, ragionamento, pianificazione delle azioni e controllo, e proprio qui si sono evidenziate le anormalità cerebrali correlate a tali stati patologici. Inoltre le nuove tecniche di "imaging", che possono fotografare dal vivo le trasformazioni cerebrali evolutive e degenerative, possono anche essere usate per identificare i fattori - interni ed esterni - che interfericono con, o promuovono lo sviluppo, e che favoriscono oppure prevengono la degenerazione neuronale. "Ci vogliono 20,30 anni prima che l´Alzheimer si manifesti - dice Bartzokis - anche se a quel punto ha già gravemente intaccato molte aree cerebrali. Ma se si riesce a diagnosticare la degenerazione neuronale già a 50 anni, un´età in cui non sono ancora sintomi, allora intervenendo prontamente e correttamente si può cambiare la traiettoria della malattia. E invece di manifestare l´Alzheimer a 70 anni, la stessa persona verrà colpita a 110 anni". Prevenzione e diagnosi, allora, prima di tutto. Rossana Pecorara _________________________________________ La Stampa 5 dic. '01 QUANDO I NEURONI S´INCEPPANO CELLULE DEL CERVELLO: VERSO FARMACI CHE NE IMPEDISCANO LA FORMAZIONE NEL 1907, un medico tedesco, Alois Alzheimer, descrisse il seguente caso clinico: "Il primo sintomo espresso dalla donna, di 51 anni di età, fu una improvvisa forte gelosia nei confronti del marito. Presto la donna mostrò una amnesia rapidamente ingravescente; si perdeva nel proprio appartamento, trasportava oggetti, senza ricordarselo, su e giù per l'alloggio, li nascondeva, improvvisamente riteneva di venire uccisa e aveva momenti di urla incontrollate". Questo insieme caotico di sintomi amnesici-psicotici e la loro comparsa, nella maggioranza dei casi, in età avanzata è ora conosciuto come malattia di Alzheimer. Benché i sintomi siano conosciuti da circa un secolo, solo da 10-15 anni, soprattutto grazie all'esplosivo progresso della biologia molecolare, cominciamo a comprenderne le basi molecolari, un passo necessario senza il quale non è possibile instaurare una terapia efficace. E' ampiamente accettato che la causa della malattia sia l'accumulo, nello spazio esistente tra i neuroni, di una proteina denominata b-amiloide o Ab. Queste molecole derivano da una molecola più grande, Amyloid Precursor Protein (APP). Quando le molecole di Ab si aggregano tra di loro, nel tessuto interessato si formano delle fibre insolubili che costituiscono placche di amiloide. La presenza di queste placche nel cervello umano innesca la comparsa di una serie di difetti a carico delle cellule del sistema nervoso ed è così che le funzioni cerebrali cominciano a deteriorarsi. Sapere queste cose, però, non è sufficiente a orientare verso una terapia efficace: è tuttora necessario comprendere come il frammento Ab dell'amiloide viene a formarsi. Molti sono i ricercatori che hanno portato a chiarire come la proteina APP, il precursore della b-amiloide, sia una sorta di lunga catena che si inserisce nella membrana del neurone, con una componente extracellulare, una nel contesto della membrana stessa, e una immersa nello spazio intracellulare. Successivamente si è compreso come questa catena proteica abbia tre "punti deboli" , più suscettibili cioè a rotture, definiti a, b, g. Se una rottura della molecola APP avviene a livello delle regioni b e g vi sarà il rilascio di tre frammenti, di cui quello intermedio (tra b e g ) rappresenta l'Ab che si accumula nella malattia di Alzheimer, ed è perciò una rottura molecolare "pericolosa". In realtà, si può avere un altro tipo di frammentazione della molecola APP, precisamente in a e g, nel qual caso non si originano frammenti "pericolosi". Poiché il 5% di tutti i casi di Alzheimer insorge in età relativamente precoce, prima dei 60 anni, e in queste persone si presenta una mutazione genetica che porta ad eccessiva produzione di b-amiloide (scissione della molecola precursore tra b e g), si è in generale concluso che una tale iperproduzione di b-amiloide sia comunque alla base della malattia che colpisce anche gli individui senza quel difetto genetico. Questo assunto logico ha scatenato una gara tra ricercatori verso l'identificazione dei fattori proteici verosimilmente coinvolti nella frammentazione tra b e g. Sono stati finora identificati un enzima in grado di determinare rottura in b, denominato BACE, e un altro che determina rottura in g, la Presenilina. Tale scoperta indica all'industria farmaceutica una nuova via, la sintesi di inibitori di queste due molecole "cattive". In teoria, un farmaco di questo tipo potrebbe aiutare a fermare la progressione della malattia. Sono inoltre in corso studi volti a chiarire i meccanismi che regolano l'attività di BACE e Presenilina. Un altro obiettivo della ricerca è lo sviluppo e l'impiego di un vaccino in grado di prevenire la comparsa delle placche di amiloide tramite "digestione"del frammento Ab nell'attimo in cui viene rilasciato. Questo approccio sta guadagnando favore, specialmente dopo i risultati positivi ottenuti nel topo, in cui il vaccino previene la formazione di placche. Il passo finale per arrivare a curare l'Alzheimer potrebbe derivare da una maggiore comprensione degli enzimi responsabili del processo di rottura della APP a livello di a-g, cioè i meccanismi che portano al "taglio buono" della molecola, quello che previene la formazione del frammento Ab. A questo proposito, ricercatori provenienti dal Laboratorio europeo di Biologia molecolare di Heidelberg, ora al lavoro presso l'Ospedale S.Luigi di Orbassano nell'Istituto Scientifico della Fondazione Cavalieri Ottolenghi (www.ottolenghi.unito.it), hanno dimostrato che l'enzima proteolitico plasmina è essenziale per due eventi favorevoli contro lo sviluppo dell'Alzheimer. Infatti, a concentrazioni intracerebrali fisiologiche, la plasmina non solo è capace di tagliare la molecola APP al livello a, ma anche di demolire le placche di amiloide. Questi ricercatori hanno trovato come questa proteina sia fortemente ridotta in contenuto nei cervelli dei pazienti Alzheimer. Queste due scoperte suggeriscono nuove strategie per normalizzare i livelli cerebrali di plasmina nei casi in cui risulti effettivamente diminuita. Inoltre sono un´altra testimonianza di come negli ultimi anni le conoscenze sui meccanismi molecolari della malattia abbiano fatto progressi tali da fare ragionevolmente sperare in una terapia valida in tempi non troppo lontani. [TSCOPY](*)Fondazione Cavalieri Ottolenghi, Torino [/TSCOPY] Carlos G. Dotti (*) _________________________________________ La Stampa 5 dic. '01 ALLE MOLINETTE TELEASSISTENZA PER I TUMORI QUANDO un tumore è in fase talmente avanzata che non esiste più cura, non si può abbandonare il malato a se stesso e alla sua famiglia. Bisogna alleviare il dolore fino all´ultimo giorno, all´ultimo minuto". Per i medici, gli psicologi e gli psicoterapeuti del Centro di terapia antalgica e cure palliative dell´ospedale Molinette di Torino, prendersi cura di un paziente significa andare oltre il momento della dimissione dall´ospedale. In un piccolo reparto del più grande ospedale piemontese il malato è seguito anche quando le sue condizioni fisiche non gli consentono più di uscire da casa per raggiungere l´ospedale o un ambulatorio. Basta una minitelecamera, il televisore di casa e un collegamento alla linea telefonica: così i malati continuano a vedere e a essere visti dai loro medici, possono chiamare ed essere contattati una o più volte al giorno. E nei momenti più neri della loro sofferenza, quando il dolore cresce e diventa insopportabile, possono avere l´aiuto di uno psicologo. Fulvia Vignotto è la coordinatrice del Centro torinese: "Quando una persona scopre di essere malata di cancro - dice - entra in un mondo nuovo. L´individuo si rende conto che la sua vita non sarà più come prima, ma non sa come cambierà. Considerare un paziente come un corpo che necessita solo di competenze mediche è un errore. Quel corpo è governato da una testa che pensa e da un cuore che prova. Conoscere ciò che il paziente pensa sulla vita e sulla morte, conoscere le sue emozioni quando si parla della malattia, è essenziale". L´importanza delle cure palliative è stata sottolineata pochi giorni fa durante la Giornata nazionale per la ricerca sul cancro. Il Centro delle Molinette, però, è nato prima: sei mesi fa. Con Fulvia Vignotto lavorano Anna De Luca, due psicologhe e una psicoterapeuta. Ogni giorno c´è almeno un appuntamento fisso con il malato. Un impegno reso possibile anche grazie al Comitato piemontese Gigi Ghirotti, che ha finanziato una borsa di studio a una psicologa-psicoterapeuta, Barbara Colla, divenuta punto di riferimento per i pazienti a casa. L´attività del Centro inizia alle 8 del mattino. "Un colloquio - spiega Barbara Colla - può durare anche un´ora. Oppure capita che ci siano più contatti nel corso della mattina o del pomeriggio". Tutti i malati seguiti a distanza sono stati pazienti del reparto di Oncologia delle Molinette: "Li incontriamo al momento di tornare a casa, e se riteniamo che la teleassistenza possa giovare al malato e alla sua famiglia, offriamo questo servizio". Restare in contatto con l´ospedale quando l´ospedale diventa irraggiungibile è un modo per non sentirsi perduti. Continuare a poter vedere e parlare con il "tuo" medico significa non sentirsi semplicemente uno dei tanti, un "caso", un "malato terminale" per cui non c´è più nulla da fare. _________________________________________ Il Messaggero 3 dic. '01 PIÙ VICINA LA CURA PER IL PARKINSON Sperimentato con successo il trapianto di staminali nel cervello dei topi di BARBARA PALTRINIERI ROMA - Un passo avanti verso la possibilità di usare cellule staminali per curare malattie come il morbo di Parkinson. E' quanto sostengono sulla prestigiosa rivista Nature Biotechnology un gruppo di ricercatori statunitensi che sono riusciti a osservare la trasformazione di cellule staminali embrionali umane in diversi tipi di cellule del sistema nervoso con una resa molto elevata (attorno al 70-90%, ben più alta di quella raggiunta finora). La ricerca esce direttamente dal laboratorio di quel James Thompson dell'Università del Wisconsin che per primo nel 1998 riuscì a isolare staminali da embrioni umani. In quest'ultimo lavoro i ricercatori hanno coltivato in vitro le staminali embrionali umane con una sostanza, nota come FGF-2 (un particolare fattore di crescita), e hanno osservato che queste si organizzavano in vitro a formare i "precursori" di quelle che saranno poi i diversi tipi di cellule del sistema nervoso centrale. Questi "precursori" isolati e purificati, sono stati trapiantati nel cervello di topi appena nati: ha permesso ai ricercatori di osservare che si trasformavano in cellule nervose. Un risultato interessante, ma a questo punto ci si chiede se questo potrà avvicinare il momento in cui un trapianto di staminali ci aiutarerà nella lotta contro malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson. Angelo Vescovi, co-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali dell'Ospedale San Raffaele di Milano, sostiene che "da tempo si conoscono le potenzialità delle cellule staminali embrionali di trasformarsi in cellule neurali, e non credo che questo risultato avvicini le applicazioni terapeutiche auspicabili per curare i malati di Parkinson". "Se nell'organismo umano - continua Vescovi - dovessi riconoscere un organo che probabilmente non ha bisogno di staminali di tipo embrionale quello è proprio il cervello, dal momento che da tempo conosciamo le staminali neurali da tessuti adulti. Al contrario, sarebbe molto più interessante riuscire a produrre staminali del pancreas, in particolare per fornire quelle cellule beta-pancreatiche responsabili della produzione di insulina, quindi fondamentali per il trattamento del diabete". Infatti il pancreas è uno degli organi in cui è più difficile isolare e coltivare in vitro staminali da tessuti adulti e fetali, per curare le persone affette da diabete.