IL RETTORE: LE CAMERE DELLA CLINICA ARESU DIVENTERANNO AULE IL RETTORE: "L'ALBERGO DEL POVERO È NOSTRO" SCALFARI: LETIZIA MORATTI MINISTRA FILDIFERRO SAPIENZA, MENO TASSE PER FASCE "DEBOLI" LA PROF (PATRIZIA FARCI) HA UN GRAN FEGATO ========================================================= FORMAZIONE DEI MEDICI, PARTE LA CORSA AI CREDITI SIRCHIA:NELLE FONDAZIONI IL FUTURO DEGLI OSPEDALI SIRCHIA: PER LA SALUTE LA QUALITÀ NON È UN OPTIONAL MEDICI: CASINI CONGELA IL RAPPORTO DI ESCLUSIVITA' SIRCHIA CANCELLERA' l'ESCLUSIVITA' COSTA(FI)DENUNCIA: IN SARDEGNA UN BOOM DELLE RICETTE DOPING E INTEGRATORI, PIÙ SPAZIO ALLA MEDICINA DELLO SPORT "SENOLOGIA: UNA DONNA SU TRE A RISCHIO" "MIGLIAIA DI PROTESI OSSEE SONO PERICOLOSE" L'ICONA INFRANTA DEL GENE IL CUORE DELL´UOMO POTREBBE AUTORIPARARSI GEL O UN CEROTTO CONTRO L´ANDROPAUSA BISTURI E "BENDAGGI" PER LA GRANDE OBESITÀ DULBECCO: LA FATTORIA DEI TRAPIANTI SARDEGNA, L'ISOLA CHE HA SCOPERTO L'ELISIR DI LUNGA VITA ========================================================= TELECOMUNICAZIONI, CAVO SOTTOMARINO SARDEGNA ITALIA LA LUCE "FERMATA" IN UN BLOCCO DI CRISTALLO ========================================================= ______________________________________________ L'Unione Sarda 28 Dic. '01 IL RETTORE: LE CAMERE DELLA CLINICA ARESU DIVENTERANNO AULE Università, la carica delle matricole Con le iscrizioni cresce anche il numero dei laureati Cresce il numero dei laureati ma, soprattutto, aumentano le immatricolazioni: il 14 per cento in più. Risultato: l'Università scoppia. "Alcuni atenei stanno facendo pubblicità per acquistare studenti. Io sono pronto a vendere". Pasquale Mistretta, rettore dell'Università di Cagliari, maschera con una battuta uno dei problemi più sentiti: lo spazio. Tanto più dopo l'avvento della riforma che, con l'eccezione di Giurisprudenza e Lettere, a Cagliari è partita con un anno di anticipo rispetto alle altre realtà accademiche. "Milleduecento matricole in più rispetto alle seimila dello scorso anno dimostrano il successo del nuovo percorso formativo, che via via sostituirà il vecchio, in piedi sino a quando tutti gli iscritti non si saranno laureati". Per tirare le somme, nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, il rettore ha scelto la vecchia aula di Anatomia umana, quasi il simbolo di un ateneo che cresce senza travolgere il passato. Un discorso che, tuttavia, non accomuna la Clinica Aresu, destinata al trasloco in tempi brevissimi nel nuovo Policlinico di Monserrato. "Anche se avessi 20 o 30 miliardi per 80 posti letto, non avrebbe senso rifarla in chiave sanitaria". Il programma del trasloco a Monserrato è già pronto: entro tre mesi i pazienti, preceduti dai professori e dalle cattedre di Medicina interna, Endocrinologia e le due Reumatologie. A Monserrato, "in pieno accordo con l'assessore alla Sanità Giorgio Oppi e con il direttore generale della Asl 8 Efisio Aste", dice Mistretta, verranno trasferite anche alcune Chirurgie del San Giovanni di Dio. "Le cliniche chirurgiche, evidenzia il rettore, "hanno pochi professori universitari e molti medici e infermieri ospedalieri. Io sono per la pari dignità nei ruoli e nel lavoro e di prospettiva di carriera". A Monserrato saranno attivati anche alcuni letti di Rianimazione, indispensabili non solo per l'attività chirurgica. Sul futuro della Clinica Aresu, Mistretta non ha dubbi: per la facoltà di Medicina è garantita una continuità di presenza, ma slegata dalla sanità. E, investendo due o tre miliardi, si uniranno coppie di cameroni da 8 letti da trasformare in aule da 60/70 posti, rispondendo alle esigenze anche di altre facoltà. Mistretta: "L'anno venturo spero di non farmi trovare impreparato per il terzo anno della riforma". A star peggio, per ammissione del rettore, sono Lingue e Scienza della formazione. Sul fronte edilizio, un po' di ossigeno arriverà per il polo giuridico-economico dall'ex Albergo del povero di viale Fra' Ignazio (che a fine mese passerà dal Comune all'Università) e, per le facoltà di Sa Duchessa e piazza D'Armi, dall'area di via Is Maglias al centro del piano integrato Coimpresa, Comune e Regione. Mistretta, che siede in Municipio tra i banchi del centrosinistra, sottolinea "la sensibilità della Giunta" nel collaborare per la soluzione dei problemi logistici. E nel progetto del sindaco per "Cagliari Capitale" vede un ruolo importante per l'Università. Gratitudine, Mistretta, manifesta anche alla Regione, "al di là dei colori". Tra i poco meno di 500 miliardi del bilancio, sono sempre di meno i soldi che arrivano dallo Stato. "Una crescita, la nostra, a costo zero", dice Mistretta. Da qui a parlare di tasse il discorso è breve. Per l'anno accademico in corso gli aumenti sono rimasti congelati. Ma, ha detto il rettore, servono almeno una decina di miliardi in più rispetto ai 20 che oggi garantiscono gli studenti. "In tanti pagano una media di 400 mila lire all'anno, 6.300 studiano gratis. Noi svolgiamo un grande ruolo sociale, peccato che di questo non si tenga conto negli indicatori cui si fa riferimento per i finanziamenti pubblici". Nel regno dei fuoricorso (circa 16 mila), il rettore sottolinea con soddisfazione come stia crescendo il numero dei laureati, quasi tremila lo scorso anno. Anche grazie a un provvedimento dello stesso Mistretta che, finalmente, impone ai docenti tempi rapidi per la discussione delle tesi di laurea. Emanuele Dessì ______________________________________________ L'Unione Sarda 3 gen. '02 IL RETTORE: "L'ALBERGO DEL POVERO È NOSTRO" Si concretizza la permuta con il Comune per l'edificio di viale Fra' Ignazio Il rettore: arricchirà il polo giuridico-economico Il polo giuridico-economico si arricchisce di un tassello importante. Dal primo gennaio è passato dal Comune all'Università l'ex Albergo del Povero, in viale Fra Ignazio 84. Il passaggio di proprietà è legato a una permuta. L'amministrazione comunale ha ceduto all'ateneo anche l'ex istituto dei sordomuti in cambio di una palazzina di cinque piani in via della Pineta 75/77, già sede dell'istituto di Fisica medica. Nell'affare è rientrato anche il trasferimento delle Missionarie della Carità (le suore di madre Teresa di Calcutta) che, qualche anno fa, hanno potuto lasciare la vecchia sede di piazza San Sepolcro per i più confortevoli locali tra via Porcell e via Ospedale. L'accordo per la permuta era stato ratificato dal Consiglio comunale il 18 maggio del '99, ma a ritardare il passaggio di mano sono state valutazioni e perizie sull'agibilità dello stabile. Adesso è tutto a posto: le chiavi sono nelle mani del rettore. "La prima cosa da fare", spiega Pasquale Mistetta, "è incontrare i presidi delle facoltà di Giurisprudenza, Economia e Scienze politiche e, con loro, i rappresentanti degli studenti per discutere, insieme, su che cosa fare". Mistretta ha già un orientamento: quello di realizzare servizi comuni per le tre facoltà, con risparmi di soldi e di spazi, "cercando di creare le giuste sinergie tra le facoltà". Una certezza: non ci saranno aule e non ci sarà una mensa universitaria ma, come spiega il rettore, si punta a uno snack bar simile a quello in funzione in via Trentino, con alcune decine di posti, ideale per la pausa pasto. Il vecchio centro sociale Anfiteatro potrebbe ospitare le presidenze delle tre facoltà. Tra i servizi comuni, Avanguardia Studentesca, con un volantino affisso sulla facciata dell'edificio abitato da troppi anni solo dal custode e da qualche cane, chiede l'ampliamento della biblioteca del polo giuridico- economico. Il rettore lascia intendere che potrebbe essere una soluzione, sulla falsa riga di quanto è stato già fatto alla Cittadella di Monserrato. I progetti dell'Università chiuderanno una querelle andata avanti per una decina d'anni. Negli anni '90 si era pensato anche di trasferire in viale Fra Ignazio le Missionarie della Carità. Altra proposta era stata quella di un centro specializzato per i malati di Aids. Proposta osteggiata nell'aula dell'assemblea municipale - nel settembre del 1996 - da Luigi Concas, amministratore comunale ma soprattutto docente di Diritto penale nella facoltà di Giurisprudenza. "In quella zona", disse Concas, "ci sono migliaia di studenti che aspettano risposte ai loro problemi". Si parlò anche di una mensa universitaria, proposta bocciata per l'assenza, nella zona, di un numero adeguato di parcheggi. La struttura dell'ex Albergo del Povero presenta un nucleo centrale di stanze. Intorno ci sono quelle che un tempo erano le camere da letto destinate agli ospiti. L'edificio, ovviamente, andrà incontro a un radicale intervento di ristrutturazione, legato alle esigenze delle tre facoltà che ruotano attorno. "Abbiamo inserito in bilancio, poco prima della fine del 2001, due miliardi", fa sapere il rettore. "Anche se, nell'edilizia pubblica, il problema spesso non è quello di avere i fondi, ma di metterli a frutto in tempi ragionevoli". Pasquale Mistretta, comunque, sa di poter contare sul Comune che, sul problema della ricerca degli spazi, è in sintonia con l'Università. "Sono certo che se dovessi chiedere al Comune l'autorizzazione a procedere, verrebbe concessa in 24 ore". Emanuele Dessì ______________________________________________ L'espresso 02 gen. '02 SCALFARI: LETIZIA MORATTI MINISTRA FILDIFERRO Ha cancellato i cicli varati da Berlinguer. Pensa a una scuola-azienda ma non sa come farla. E intanto arruola cardinali di Eugenio Scalfari A Letizia Moratti sono stati dati vari soprannomi; accade così per quasi tutti i personaggi e lei certamente lo è. L'ho incontrata un paio di volte quando era presidente della Rai; mi sembrò che avesse imparato in breve tempo le tecniche d'una grande azienda di telecomunicazione e i complessi problemi che ne derivavano. Il fatto che la Rai fosse di proprietà pubblica non mi pare che ai suoi occhi facesse differenza: un'azienda è un'azienda e ciò che conta è che operi come tale. Poi la incontrai ancora in una trasmissione televisiva in cui si faceva un po' di storia e di analisi del capitalismo italiano, ma ne sapeva poco o niente, ripeteva concetti banali, preoccupata soprattutto di dire bene il quasi nulla che conosceva dell'argomento. Secondo me la signora Moratti ha uno scheletro di fil di ferro; non so se sia un complimento, forse per lei lo è; attraverso quella rete fatta di materia ferrigna passano impulsi elettrici e si formano campi magnetici. I sentimenti direi di no, col ferro sono incompatibili. Del resto per un perfetto manager - specie se donna - i sentimenti sono del tutto opzionali e piuttosto pericolosi da maneggiare; meglio escluderli dal proprio sistema psicofisico. Probabilmente esser costruiti col fil di ferro è causa e contemporaneamente effetto di una nevrosi, ma chi non ha una nevrosi? Napoleone, per dire, era un nevrotico all'ennesima; Letizia Moratti, probabilmente, anche. "Toutes proportions faites". Da qualche mese, per sua scelta come lei continua a ripetere, tra tanti incarichi prestigiosi offerti da Berlusconi ha deciso di fare il ministro dell'Istruzione. Come prima decisione ha preso quella di togliere l'aggettivo "pubblica" dall'intestazione del ministero, dimenticando che in Inghilterra chiamano pubbliche anche le scuole private. Ma lei è fatta così: l'azienda è l'azienda, gli aggettivi non la qualificano, quindi è meglio abolirli. *** La prima cosa che ha fatto appena nominata ministro è stata quella di sospendere i nuovi cicli scolastici già adottati con legge del Parlamento nell'ambito della riforma proposta dal suo predecessore Luigi Berlinguer. I cicli non sono che l'espressione organizzativa di una certa idea di scuola, perciò vengono disegnati a coronamento di una riforma la quale, come qualunque tipo di costruzione, deve cominciare dalle fondamenta. Ma donna Letizia pensò bene di cominciare dal tetto: volendo demolire poteva andar bene anche così. Ma il primo guaio è sopraggiunto quando il ministro ha voluto passare alla costruzione dei nuovi cicli senza ancora avere in testa una sua idea di scuola. Ne è nata una gran confusione con cicli accavallati l'uno sull'altro e diminuzione degli anni di scuola superiore da cinque a quattro. In più una biforcazione tra i tredici e i quattordici anni degli alunni per la scelta della scuola superiore o del corso di istruzione professionale. Il disegno è questo, per confuso che sia, ma - dice il ministro - per ora è soltanto una proposta tutta da discutere e probabilmente da modificare. L'essenziale per lei è che i cicli di Berlinguer siano stati cancellati; che cosa verrà dopo lo si vedrà. Naturalmente c'è dell'altro. C'è il tempo pieno per gli alunni che è diventato opzionale e chi lo vuole se lo paghi. Le ore di lezione sono state ridotte. Le commissioni per gli esami di Stato saranno tutte formate da docenti interni. Dai licei classici è stata tolta la matematica, da quelli scientifici il latino; per abbreviare la scuola superiore da cinque a quattro anni. Se non basta si toglierà qualche altra cosa. I professionali si divideranno tra ore passate negli istituti e "stage" nelle aziende che faranno richiesta di apprendisti. Gli sponsor saranno incoraggiati a intervenire anche nel finanziamento delle scuole superiori ma meglio ancora se investiranno nella creazione di scuole private. Queste ultime saranno sovvenzionate dai "bonus" concessi largamente alle famiglie. Infine tutta la legislazione scolastica passerà alle Regioni. Questo l'ha deciso Bossi con la devolution ma la Moratti l'ha accettato senza fiatare. La sua riforma richiederà tempo, terminato il quale anche la legislatura volgerà al termine. Dopo di me il diluvio, disse Luigi il Beneamato. Anche la donna fildiferro la pensa così? *** I giovani - studenti e non - intanto protestano. Non vogliono la scuola-azienda. Ma il ministro ha in testa solo quel modello. Quale ne sia il contenuto lei stessa non sa spiegarlo. Certo scegliere un vescovo come relatore agli Stati generali della scuola pubblica (e che vescovo!) e un cardinale come presidente della commissione per la deontologia degli insegnanti, è una bella partenza. Ma ne vedremo ben altre perché cose da fare non mancano. Comunione e liberazione applaude, i grandi giornali deprecano la protesta di piazza dei giovani e l'opposizione dell'opposizione. In fondo - dicono - anche la scuola dovrebbe essere un tema bipartisan. Roba da matti. ______________________________________________ Corriere della Sera 19 dic. 01 SAPIENZA, MENO TASSE PER FASCE "DEBOLI" La riduzione possibile grazie a cinque miliardi non spesi quest'anno Ridotte alla Sapienza le tasse per le fasce contributive più deboli. Lo ha deliberato ieri il consiglio di amministrazione dell'ateneo, "in pieno accordo" con i rappresentanti degli studenti, come ha reso noto la stessa università in un comunicato. Per far scendere le tasse saranno impiegati cinque miliardi non utilizzati in quest'anno accademico per i servizi agli studenti, che sarebbero finiti in economia nel bilancio in chiusura. Questi soldi saranno riassegnati agli studenti nel bilancio del prossimo anno. Il consiglio di amministrazione ha così deciso di lasciare inalterate le tasse della prima classe contributiva (0- 35 milioni); di diminuire l'aumento al 20 per cento sulla II fascia (35-66 milioni), anziché del 33 per cento come stabilito nella precedente delibera del luglio scorso; di far scendere l'aumento al 30 per cento delle tasse per la III fascia (66-91), contro il 35 per cento della precedente delibera; di lasciare inalterato l'aumento del 37% per la IV fascia (91-122 milioni), così come quello del 39 % per il V livello contributivo (oltre 122 milioni). _________________________________________ L'Unione Sarda 05 gen. '02 LA PROF (PATRIZIA FARCI) HA UN GRAN FEGATO Patrizia Farci tra Cagliari e gli Stati Uniti La signora ha un bel fegato. Patrizia Farci, cagliaritana, ha conquistato una cattedra di Medicina interna e un posto in prima fila nel mondo della ricerca. Di lei parlano le riviste più prestigiose, da "Science" al "New England journal of medicine". Oggi si divide tra il Policlinico di Cagliari, sede del "suo" Centro per lo studio delle malattie del fegato e gli Stati Uniti. È di casa nei NIH (National Institutes of Healt) di Bethesda e Washington, ma anche a Londra, nel laboratorio diretto da Sheila Sherlock, madre dell'epatologia moderna. I suoi studi sull'epatite delta e sull'epatite C sono considerati fondamentali. Per questo dialoga con luminari come Robert H. Purcell e Harvey H. Alter. Un'autorevolezza scientifica ormai riconosciuta a livello internazionale. Non a caso il suo nome è finito nel "Wos'is Who in the world". Ma la più clamorosa consacrazione l'ha avuta con un premio speciale dal NIH di Bethesda, proprio a ridosso del Congresso mondiale sulle malattie epatiche. Celebrata all'estero ma anche in Italia, proprio l'anno scorso il presidente Ciampi le ha attribuito il titolo di "Ufficiale della Repubblica". Patrizia vola alto, ma come tutte le donne, a caro prezzo. Sposata con un virologo di Milano, ha un bambino, Emanuele, di tre anni e mezzo. Mica facile essere scienziata, mamma e moglie, se non ci fosse Severina, mitica tata di famiglia da cinquant'anni, che fa la spola con lei da una parte all'altra dell'Atlantico. Donna di ferro per necessità, medico per vocazione, Patrizia Farci ha imparato a lottare dalla madre, vedova giovane con tre figlie da crescere. Un esempio, un punto di riferimento. "Quando è morto mio padre, ci ha detto "Io vado a lavorare" e non si è mai fermata. Da lei ho appreso i principi, i valori, le cose che contano. Una cultura assorbita lentamente, discorsi che oggi ritornano. Avevamo un legame molto forte. È morta a 80 anni, per una malattia al fegato". Tragica coincidenza per una figlia che alla cura del fegato avrebbe dedicato la vita. "In Sardegna c'era un'altissima incidenza di morti per cirrosi epatiche e tumori. Per questo, dopo la laurea, ho preso la specializzazione in gastroenterologia e malattie infettive". Quindi il trasferimento a Torino, nell'istituto del professor Rizzetto, illustre epatologo. Poi un lungo soggiorno a Londra, dalla professoressa Sherlock e il rientro a Cagliari per organizzare il Centro per la cura delle malattie del fegato. "Intanto cambiava l'approccio alla malattia. Da quello tradizionale si passava alle tecniche di biologia molecolare. E per studiare biologia molecolare con Robert H. Purcell, nell''89 sono andata negli Stati Uniti". Insomma, sempre di corsa. "E non è facile. Bisogna avere una grande capacità di lavoro per fare contemporaneamente il medico, la ricercatrice, l'insegnante e la madre di famiglia. Ci vuole passione, entusiasmo, capacità, non basta essere intelligenti. Si deve essere disposti ai sacrifici, seguire un certo ritmo, tenersi in allenamento. Soprattutto quando si hanno un marito e un figlio". Che rapporto ha col bambino? "Faccio il possibile per stargli vicino. Lo accompagno a scuola, lo vado a prendere, mi faccio aiutare da Severina. Ma mi vengono egualmente i sensi di colpa: mi chiedo se gli do abbastanza". E suo marito? "Ha un posto molto importante nella mia vita. È un virologo italiano del San Raffaele che ho conosciuto negli Usa, al NIH, quando lavorava con Robert Gallo". Ha tempo per curare altri interessi? "Poco. Mi piacciono Bach, Beethoven, Mozart, Brahms. Cerco di leggere". Fa politica? "La seguo, ma non sono iscritta a un partito. Penso che la politica dovrebbe garantire il meglio ai cittadini. Ma l'Italia è un paese senza regole, che assegna appena l'1,5 per cento del Pil alla ricerca. Tra i politici, apprezzo Ciampi". È conservatrice o progressista? "Sono per le riforme. Nella società di oggi ci sono troppe disuguaglianze. E non possiamo ignorare la gente che muore nei paesi del Terzo mondo". È religiosa? "Sì, ma non praticante". Per le donne è più difficile conquistare il successo? "Le donne devono sempre lavorare più degli uomini per farsi apprezzare. Quelle di successo poi, sono sottoposte a una sorta di esame molecolare. Per loro diventa tutto difficile". È così anche all'università? "Certo, penso che il problema sarà risolto quando ci sarà lo stesso numero di uomini e donne. La natura è troppo intelligente per aver fatto la donna diversa dall'uomo. D'altro canto, il più grande chirurgo della mammella è una donna". Cosa pensa del divieto di clonazione umana? "In una fase di grande progresso come quella in cui viviamo è difficile porre limiti. E, in ogni, caso non è un compito che spetta allo scienziato. Oggi forse non siamo pronti a prendere certe decisioni". È favorevole all'inseminazione artificiale? "Sì, ma diventare mamma a 60 anni mi sembra contro natura. Difficile disciplinare l'attività per legge, ma senza regole si rischia il Far west". Consentirebbe l'inseminazione eterologa? "È un problema ancora aperto. Mi chiedo che traumi potrebbe avere in futuro un bimbo concepito con questa tecnica". Che posizione ha sull'aborto? "Sono favorevole". Nei suoi esperimenti ha mai usato animali? "Ho molto rispetto per gli animali, ma ho fatto numerose ricerche sugli scimpanzé". È favorevole al riconoscimento delle coppie gay? "È un problema difficile, non siamo ancora maturi per prendere una decisione. Certo i gay sono persone sensibili, generose, intelligenti, ma non so se sia giusto riconoscere loro il diritto di coppia". Lei trascorre parecchio tempo negli Usa: cosa non apprezza della società americana? "Sono contraria alla pena di morte e al razzismo. Non mi piace neppure la sanità a pagamento, perché non tutti se la possono permettere e i malati cronici finiscono per strada". Cos'ama degli Stati Uniti? "Gli americani sono un popolo aperto. Ti accolgono, e se vali ti aiutano. Danno a tutti una chance". Ci vive volentieri? "Sì, anche perché c'é un forte senso della giustizia. Lì chi sbaglia paga. Per fare un esempio: un direttore del NIH è stato licenziato perché aveva fatto un viaggio in Italia a spese dell'Istituto con una segretaria e non lo aveva dichiarato. Allo stesso tempo, il cittadino ha la certezza dei propri diritti e non deve lottare ogni giorno per difenderli". Dov'era l'11 settembre? "A Washington, in casa di un collega. Verso le 9,30 la moglie ha detto: "Sta succedendo qualcosa". Subito dopo ero terrorizzata, perché il bambino era all'asilo, mio marito a 40 chilometri di distanza e Severina a casa". Da allora ha notato un cambiamento nella società americana? "Parecchio. Prima ci si sentiva più protetti. È come se si fosse rotto qualcosa. Il giorno dopo l'attentato un dolore spettrale si leggeva sul viso degli americani, ma erano tutti al lavoro". In futuro cosa potrebbe succedere? "Certo muterà l'atteggiamento degli americano verso l'esterno. Hanno capito che non è giusto chiudersi, ignorare milioni di persone che soffrono e non hanno niente. Sotto questo aspetto, mi sembra che anche Bush sia cambiato. È maturato, ha acquisito sicurezza. Colpire il Pentagono è il massimo smacco che l'America potesse subire". È finito il sogno americano? "No, perché è un popolo che quando cade ha la capacità di rialzarsi, grazie alla sua serietà ed alla sua grande capacità di lavoro". Che pensa della guerra? "Non mi sembra il metodo migliore per combattere il terrorismo". Come appare l'Italia vista dagli Stati Uniti? "Un paese senza regole. Un popolo bello, simpatico, intelligente ma senza disciplina. "That's Italia" dicono (questa è l'Italia). Lascerebbe la Sardegna? "Me lo propongono continuamente. È una tentazione, perché mi fanno ponti d'oro, mentre qui è tutto più difficile. Ma io sono legata alla mia terra. E, per me, l'Italia è la Sardegna". Lucio Salis GRAZIE AI SUOI STUDI PASSI AVANTI NELLA CURA DELLE EPATITI Patrizia Farci ha studiato a Cagliari, prima al Liceo Scientifico poi all'Università, dove si è laureata in Medicina. Dopo la specializzazione in Gastroenterologia e Malattie infettive, ha frequentato a Torino l'istituto del professor Rizzetto. Ha trascorso quindi un lungo periodo a Londra, presso il centro diretto dalla professoressa Sheila Sherlock, luminare dell'epatologia. La sua attività si è sempre svolta tra Cagliari, dove ha fondato il Centro per la cura delle malattie del fegato e i National Institutes of Healt di Bethesda e Washington. Proprio a Bethesda ha ricevuto di recente un premio speciale per i suoi studi sulle epatiti virali croniche e sui meccanismi patogenetici delle infezioni acute e croniche da virus epatici. Di particolare rilievo le sue ricerche su sulle terapia per l'epatite delta, pubblicate nel 94 sul New England Journal of medicine. Sulla stessa rivista è uscita nel '91, una sua pubblicazione sul virus dell'epatite C. Nel 2000, invece, "Science" ha pubblicato uno studio sui problemi immunitari riguardanti il virus C rispetto a quelli A e B. Attualmente Patrizia Farci è una delle cattedratiche più giovani in Italia. ========================================================= ______________________________________________ Il Sole24Ore 03 gen. '02 FORMAZIONE DEI MEDICI, PARTE LA CORSA AI CREDITI Al via l'aggiornamento - Da conquistare 150 punti in cinque anni ROMA - Decolla il programma di Educazione continua in medicina (Ecm), cioè la formazione "a punti" per il personale sanitario (non solo medici, è questa la specificità rispetto all'Europa). Dal 1° gennaio, informa il ministero della Salute, è consentita la richiesta di accreditamento degli eventi formativi residenzialì e dei progetti formativi aziendali, una delle novità del 2002, mentre per quanto riguarda la formazione a distanza l'accreditamento dei corsi è previsto dal 1°luglio. Ogni operatore sanitario (circa 900mila persone tra medici, infermieri e tecnici del servizio sanitario) deve "conquistare" 150 crediti formativi nell'arco di un quinquennio (si veda "Il Sole-24 Ore" del 4 dicembre 2002). Poiché le richieste di accreditamento devono essere registrate almeno 90 giorni prima della data di svolgimento, nel primo trimestre 2002 non ci saranno eventi formativi inclusi nel programma Ecm. L'avvio a regime presenta alcune novità rispetto alla sperimentazione effettuata lo scorso anno, che riguardano sia i 900mila operatori sanitari chiamati ad acquisire i crediti formativi, sia gli oltre 10mila organizzatori finora registrati. Sono stati definiti gli obiettivi formativi di interesse nazionale per il quinquennio 2002- 2006 distinti in due gruppi: il primo è generale; il secondo è invece specifico per categorie professionali, aree e discipline. L'offerta di Ecm è stata inoltre potenziata con l'individuazione del "progetto formativo" predisposto da un'azienda pubblica o privata che è rivolto a una o più categorie professionali presenti nell'azienda oppure al personale convenzionato con la stessa. Il progetto formativo aziendale è globalmente accreditato e i dipendenti ai quali è rivolto sono tenuti, per conseguire i crediti formativi, a soddisfare almeno il 90% degli impegni previsti. Gli organizzatori di attività formative devono versare un contributo alle spese di accreditamento determinato in proporzione ai crediti formativi attribuiti all'evento o al progetto formativo: da un minimo di 258,23 euro (500milia lire) fino a un massimo di 774,68 euro (1,5 milioni di lire). _________________________________________ Repubblica 05 gen. '02 SIRCHIA:NELLE FONDAZIONI IL FUTURO DEGLI OSPEDALI Chi ha vissuto per anni in un grande ospedale metropolitano pubblico ha assistito al progressivo decadimento di questi importanti enti. I Policlinici sono stati per anni fari di riferimento per i pazienti e vanto della medicina italiana ed hanno generato schiere di buoni medici che hanno operato con onore in vari ospedali italiani. Ben presto queste scuole sono state ridimensionate, il potere dei medici ridotto, il governo di questi grandi enti assunto da dirigenti di nomina politica, che spesso hanno portato negli ospedali la logica del sottogoverno. La burocrazia pubblica ha nel contempo accresciuto i suoi vincoli. È iniziato anche un progressivo appiattimento delle carriere e dei ruoli: oggi i medici sono tutti dirigenti, non si parla più di primari, aiuti ed assistenti. I caposala sono infermieri come tutti gli altri, non infermieri che acquisiscono un diploma di dirigente del reparto. Le suore hanno lasciato gli ospedali. Tutti uguali, alle dipendenze di un direttore generale che ha un potere pressoché assoluto sui suoi dipendenti, decide delle sorti dell'ospedale, anche se non possiede sufficienti conoscenze di medicina e di organizzazione ospedaliera. L'unica preoccupazione di molti direttori generali è far quadrare il bilancio, anche se questo sforzo non si può certo definire coronato da successo. Da quando poi abbiamo chiamato gli ospedali Aziende la loro impronta economicistica è diventata a dir poco preoccupante e, non a caso, negli incontri sulla sanità si sente parlare quasi esclusivamente di conti e non di malati o di medicina. L'esito di questo cambiamento è sotto gli occhi di tutti: troppo spesso le strutture sono degradate, l'accoglienza insufficiente, la produttività scarsa. E ciò avviene malgrado operino in queste strutture alcuni tra i più valenti medici del Paese, che, nonostante le molte difficoltà, offrono prestazioni di altissima specialità e mantengono la medicina italiana a livello di quella internazionale. Che fare di fronte a questa situazione? Io credo che una soluzione esista ed è quella già intrapresa da altre nazioni (Usa dapprima, e poi Spagna, Germania) e contemplata in via sperimentale dalla legge finanziaria appena approvata: è quella di affidare questi grandi ospedali pubblici a Fondazioni senza scopo di lucro, che ne garantiscano la missione pubblica attraverso la maggioranza degli enti pubblici (Stato, Regione, Comune) in consiglio di amministrazione, nel quale peraltro possano entrare in minoranza alcuni mecenati (come le Fondazioni Bancarie) che apportino consistenti capitali proprio per garantire che il servizio resti pubblico, ossia i pazienti non vengano selezionati, le patologie non discriminate, la ricerca e lo sviluppo non sacrificati, la didattica potenziata. La trasformazione dei grandi ospedali metropolitani in Fondazioni a missione pubblica consente anche un recupero di efficienza, di qualità e di attenzione al personale che lavora e ai pazienti che utilizzano l'ospedale. La Fondazione, infatti, oltre che gestire in proprio, ha la facoltà di appaltare in tutto o in parte la gestione ad altri soggetti, pubblici o privati, e quindi avvalersi in tal modo di professionalità esperte nella gestione e di procedure snelle, che il diritto pubblico e le regole dell'amministrazione pubblica non consentono, e che nel contempo rendono impossibile il sottogoverno. La necessità di perseguire l'efficienza e la qualità al fine di non perdere il favore dei pazienti/clienti e far quadrare i conti lascia infatti poco spazio agli "affari" o ai favoritismi, che rappresentano costi addizionali senza vantaggi. Non più quindi personale selezionato in base alle appartenenze politiche o all'anzianità, ma caccia ai migliori per assicurarsi i professionisti ed i cervelli più valenti, capaci di attirare i pazienti per la qualità delle cure che sanno prestare. Non più inutili e dannose lungaggini burocratiche che peraltro sappiamo non garantire trasparenza; non più interferenze di organismi terzi di cui è ricca la pubblica amministrazione. Il gestore sarà pagato per i suoi servizi, ma non deve fare utili sulla gestione, che deve avvenire sotto la vigilanza e secondo le regole dettate dal consiglio di amministrazione nel rispetto della missione pubblica dell'ospedale: se questa provoca disavanzi, essi sono programmati e ripianati dalla Fondazione, in piena trasparenza. Se il gestore è incapace, si assuma il rischio di coprire ulteriori disavanzi. Questo modello, non vi è ragione che non funzioni anche da noi. Se così sarà, avremo trovato il modo di rilanciare i nostri grandi Ospedali pubblici ed i loro inestimabili valori professionali, dando alla qualifica "pubblico" anche il significato di accogliente, efficiente ed orientato a soddisfare in pieno i bisogni della gente, senza obbligare i pazienti a subire, come oggi avviene, disservizi, disattenzioni o lunghe attese che tanto offendono e che talora vanificano nei fatti il valore di un servizio nazionale di tipo pubblico. L'autore è ministro della Salute ______________________________________________ Il Sole24Ore 30 Dic. '01 SIRCHIA: PER LA SALUTE LA QUALITÀ NON È UN OPTIONAL Sempre più frequentemente emerge in sanità l'intolleranza dell'opinione pubblica verso disservizi e incidenti anche gravi che originano dalla mancanza di un sistema di garanzia di qualità negli erogatori di servizi, e che vanno dagli errori medici alle lunghe liste d'attesa, dalle evidenti duplicazioni di compiti e servizi alla mancanza di piani formativi del personale strutturati e documentati, dalla mancanza di procedure codificate a evidenti sprechi. È mia intenzione affrontare questi problemi utilizzando il sistema di norme della qualità messo a disposizione dal l'esperienza delle grandi aziende per rilanciare i servizi sanitari. La necessità di un sistema di assicurazione della qualità per le organizzazioni è emersa fin dagli anni 70 nell'industria manifatturiera, quando questa si accorse che l'insensibilità ai bisogni dei clienti e gli alti costi di produzione legati alla disorganizzazione e agli errori rischiavano di comprometterne la stessa sopravvivenza. Molti ricordano l'enorme sforzo fatto dall'industria automobilistica americana, ma anche giapponese, per recuperare il consenso dei mercati che avevano progressivamente perduto. La metodologia che più si è affermata nel tempo per realizzare il sistema è quella nota come Iso 9000, che oggi è la più seguita e che ben si adatta anche ai servizi sanitari. Il sistema di garanzia di qualità Iso 9000 si basa sull'applicazione di venti norme che includono l'organizzazione aziendale e l'identificazione dei poteri e delle responsabilità, la minuziosa analisi dei processi, la stesura e la manutenzione delle procedure generali e operative. ______________________________________________ Corriere della Sera 19 dic. 01 MEDICI: CASINI CONGELA IL RAPPORTO DI ESCLUSIVITA' Alla Camera Casini dichiara inammissibile l'emendamento Medici, bloccata la riforma di Sirchia Non cambia il rapporto di esclusività ROMA - Golpe. Blitz. Manovretta da vecchio barone. Sommerso dalle feroci critiche dell'opposizione e giudicato infine inammissibile dal presidente della Camera Pierferdinando Casini, ha avuto vita breve, brevissima il maxiemendamento presentato dal governo durante la votazione della Finanziaria. I deputati del centrosinistra sono insorti contro le proposte riguardanti l'esclusività di rapporto dei medici del servizio sanitario pubblico. Le nuove regole davano la possibilità ai camici bianchi che avessero scelto il rapporto di lavoro esclusivo (intramoenia, cioè attività libero professionale svolta sotto il controllo anche economico dell'azienda), di ripensarci e, con un preavviso di sei mesi, di ritornare a fare visite o interventi chirurgici privati in regime di extramoenia (cioè in clinica). Non solo. L'emendamento cancellava ogni tipo di penalizzazione economica e di carriera per i dipendenti non-esclusivisti. In pratica, attraverso la correzione di due delle norme più contestate dai medici ospedalieri, comportava lo stravolgimento di un pezzo della Riforma introdotta nel 2000 dall'ex ministro Rosy Bindi. Un segnale politico forte per i medici ai quali l'attuale ministro della Salute, Girolamo Sirchia, aveva promesso interventi sostanziali. È di pochi giorni fa l'annuncio di un disegno di legge che prevede la controriforma dell'esclusiva e al suo posto introduce due categorie: i dipendenti e i liberi professionisti, che hanno con l'ospedale un rapporto da prestatori d'opera. Nella legge attuale chi decide per l'intramoenia non può tornare indietro, ma in cambio riceve un'indennità di esclusiva, un milione circa in più al mese in busta paga. Chi opta al contrario per l'extramoenia non può ambire al ruolo di primario o dirigere una struttura importante. Ma il "golpe", come è stato chiamato, è fallito. Tutti i leader dell'opposizione hanno manifestato un profondo dissenso e nella maggioranza anche Gianfranco Fini ha dovuto ammettere che era giusto "fermarsi un attimo per riflettere sulla fondatezza di quanto è stato richiamato. Mi auguro però - ha continuato il vicepresidente del Consiglio - che questa disponibilità a riflettere e ragionare non venga presa come debolezza o sia utilizzata come pretesto di propaganda". Epilogo. Dopo tanto trambusto l'emendamento sulla sanità è stato ritirato perché giudicato inammissibile da Casini in quanto "carente di compensazione". Un termine tecnico per indicare che l'eliminazione del rapporto di esclusività per i dirigenti avrebbe determinato "maggiori oneri" per il sistema sanitario pubblico. La prima a battere le mani per la decisione di Casini è stata proprio la Bindi che ha accusato Sirchia di aver manovrato dietro le quinte: "Non si fa mai vedere e al confronto a viso aperto preferisce le manovrette dei vecchi baroni - dice la deputata della Margherita -. Ma stavolta non gli è andata bene e il tentativo di controriformare con un emendamento presentato in zona Cesarini è andato a vuoto". Margherita De Bac mdebac@corriere.it _________________________________________ Corriere della Sera 05 gen. '02 SIRCHIA CANCELLERA' l'ESCLUSIVITA' OSPEDALI E ANZIANI LA RIFORMA DI SIRCHIA Il ministro vuole riorganizzare la Sanità per aumentare l'assistenza. Le novità per i medici ROMA - Medici, farmaci, anziani, ospedali. Saranno questi gli argomenti al centro del colloquio tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro della Salute Girolamo Sirchia. Si vedranno nelle prossime ore, nella villa dove il premier sta trascorrendo le vacanze di Natale, ormai agli sgoccioli. Nel suo cuore primeggiano questa rosa di temi, centrali per la riorganizzazione della sanità, posta di fronte a un bivio. La prossima settimana verrà definito il Piano Sanitario nazionale, da sottoporre alle commissioni parlamentari presiedute da Antonio Tomassini (Senato) e Giuseppe Palumbo (Camera). Un progetto più snello rispetto a quello sottoscritto da Umberto Veronesi, anche alla luce del cambiamento che assegna al ministero un ruolo di coordinamento lasciando alle Regioni larga autonomia. A breve sarà pronto il disegno di legge che cancella l'esclusività e prevede per i medici due nuove categorie: il dipendente, padrone di svolgere le visite private senza vincoli, e il libero-professionista che ha con la struttura pubblica un rapporto di "prestatore d'opera". Gli ospedali saranno ridisegnati anche per offrire agli anziani maggiori opportunità. Ridotti i letti per malati acuti a vantaggio di quelli riabilitativi e residenziali. Nel Paese più vecchio del mondo, l'Italia, è una mossa obbligata. E infine i farmaci. É pienamente riuscita l'operazione generici che determinerà nel 2002 un risparmio di 800 miliardi. L'arrivo delle medicine non di marca, dai prezzi molto più bassi, hanno indotto alcune aziende a tagliare il prezzo dei loro prodotti di punta, non più competitivi. Sirchia a dicembre ha dichiarato di essere d'accordo con le industrie per altri sconti. Farmindustria ha smentito. M. D. B. ______________________________________________ L'Unione Sarda 20 Dic. '01 COSTA (FI) DENUNCIA: IN SARDEGNA UN BOOM DELLE RICETTE Spesa sanitaria nel mirino Nei primi sette mesi del 2001 sono state emesse in Sardegna un milione e centomila ricette in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, pari ad un incremento del 20,5%. Lo denuncia il deputato Raffeale Costa (FI) il quale, sul fenomeno della "lievitazione" del numero delle ricette, ha presentato 20 interrogazioni, una per ogni regione d'Italia, al ministro della Salute Sirchia. Secondo i dati resi noti dal parlamentare, nell'Isola, nel solo mese di luglio, le prescrizioni sono state 190.000, il 25% in più del luglio 2000. Analogo l' andamento della spesa: l'aumento delle ricette - rileva Costa - ha prodotto un rincaro a luglio di 13 miliardi (+29,5%) e di 83 miliardi negli ultimi sette mesi (+27%). "Si dice che vi sia un effetto ticket - osserva il deputato di Forza Italia - può darsi, ma questo effetto dovrebbe incidere sulle richieste dei farmaci, non sul corretto rilascio delle ricette". Costa interpella quindi il ministro per sapere "se sia sufficiente il decreto in corso di approvazione per ridurre l'emorragia senza colpire gli utenti" e se a parere di Sirchia "il modo attuale di gestire il fenomeno sia adeguato o se i controlli dovrebbero essere più efficaci". Intanto i medici italiani promuovono (con il 7) il ministro della Salute. E' quanto è emerso dal sondaggio condotto da "Salute-Repubblica" e pubblicato nel numero di domani. L'inchiesta ha raccolto le opinioni di 50 fra docenti universitari, primari ospedalieri, rappresentanti del mondo industriale, esponenti di associazioni mediche e cittadini. Il voto medio che gli intervistati hanno dato a Sirchia è stato 7,3; genetica e cardiologia sono state indicate come le discipline che hanno registrato i progressi maggiori e gli sprechi sono stati indicati come i principali mali della sanità italiana. In un sondaggio analogo condotto lo scorso anno dalla stessa testata aveva promosso con 8 l'ex ministro della Sanità, Umberto Veronesi. ______________________________________________ La Nuova Sardegna 04 gen. '02 DOPING E INTEGRATORI, PIÙ SPAZIO ALLA MEDICINA DELLO SPORT Facendo riferimento all'articolo "Sport e integratori al limite del lecito" comparso sulla Nuova Sardegna a proposito del convegno "Allenamento e integratori alimentari", vogliamo intervenire sugli argomenti trattati, che almeno da quanto possiamo dedurre dai titoli delle relazioni, erano di estremo interesse ed attualità. Tuttavia, limitandoci a quanto compare nell'articolo, cogliamo per l'ennesima volta un che di confuso allorquando si cerca di chiarire il significato di integratore alimentare e di sostanza dopante. Non avendo partecipato ai lavori del convegno non conosciamo cosa abbiamo affermato nel merito i relatori, certamente bisogna ben guardarsi dal confondere il concetto di integrazione nutrizionale con quello di doping. Infatti l'integrazione nutrizionale sembra essere presentata come una sorta di anticamera del doping...mentre nel linguaggio tecnico-scientifico si intede, in modo non equivoco, una pratica nutrizionale volta ad "integrare" eventuali deficit alimentari. Qualcuno ci deve spiegare, dati di letteratura scientifica alla mano, quali siano i deficit nutrizionali di cui soffre l'atleta nel mostro Paese, se questo segue una dieta normalmente variata. Diversamente, per doping si intende il tentativo, e lo sottolineamo il tentativo, di migliorare al di là dell'allenamento, attraverso l'uso di farmaci, le funzioni fisiologiche dell'organismo deputate al movimento e/o al controllo del movimento. Queste informazioni opportunamente filtrate per essere rese fruibili al grande pubblico attraverso un processo detto di devulgazione scientifica, spesso non passano per i canali corretti. Infatti, a fronte di ormai oltre 40 medici specialisti in Medicina dello sport diplomati presso la nostra scuola di specializzazione, quelli che esercitano a tempo pieno la specialità presso strutture accreditate sono una parte molto esigua. Il risultato di questa situazione è che spesso problematiche di stretta pertinenza di questa specialità sono affrontate da medici specialisti in altre discipline o da persone che non hanno formazione adeguata per trasferire i risultati della ricerca, specifica di questo settore, verso la più ampia divulgazione. In conclusione crediamo che sia ormai tempo che chi ha responsabilità politico- amministrative nel nostro territorio, prenda atto dell'ormai conclusa fase volontaristico-pionieristica della medicina dello sport e crei spazi a coloro che ormai da anni si occupano a tempo pieno di medicina e sport (gli specialisti in medicina dello sport) e che hanno titolo per essere i garanti, oltrechè della prevenzione, dell'informazione scientifica indipendente a scopo didattico e divulgativo. Alberto Concu Direttore della Scuola di specializzazione in Medicina dello sport dell'Università di Cagliari Franco Melis Specialista in Medicina dello sport e specialista in Farmacologia, responsabile del gruppo di ricerca sui doping del Citas dell'Università di Cagliari ______________________________________________ L'Unione Sarda 19 dic. 01 BORDATE DEI PENSIONATI CGIL CONTRO LA RIVOLUZIONE SANITÀ Congresso regionale: governo nel mirino Alghero Un invito alla cooperazione tra i popoli, soprattutto dopo i fatti dell'11settembre, duri attacchi alla politica socio-assistenziale del governo Berlusconi e critiche anche alla Regione che non ha ancora varato il piano sanitario. Questi, in estrema sintesi, i temi affrontati nel corso dell'ottavo congresso regionale Spi-Cgil Sardegna, l'incontro annuale dei pensionati sardi che si concluderà domani nella sala convegni dell'hotel Catalunya con l'elezione del nuovo direttivo e i delegati al congresso nazionale previsto per gennaio. La relazione introduttiva affidata al segretario uscente Francesco Porcu ha toccato argomenti sia di carattere internazionale sia strettamente locali. Bordate al vetriolo al governo centrale colpevole, è stato detto, di aver "minato i diritti dei lavoratori e dei pensionati con l'abbassamento delle tutele sociali verso le categorie più deboli". Lo stesso aumento di un milione al mese per tutti i pensionati al minimo, secondo lo Spi, "ha carattere di vendita del prodotto con il trucco visto che su sette milioni di pensionati dell'agevolazione ne potranno usufruire solamente due milioni". Parole di condanna anche per la Giunta regionale. "Con Palomba avevamo proclamato lo sciopero generale Ñ ha ricordato il segretario uscente Ñ nei confronti della Giunta Floris ci sono stati documenti di protesta delle segreterie regionale Cgil, Cisl e Uil perché non aveva realizzato alcun obiettivo della piattaforma sindacale. Oggi Ñ ha continuato Porcu Ñ siamo di fronte ad una mancanza di programmazione in tutti i settori e allo stesso tempo, ci sembra, dalle dichiarazioni programmatiche di Pili, che la Regione sarda nei suoi ordinamenti amministrativi sia più centralista dello Stato". Ma durante i lavori del congresso regionale Spi-Cgil non sono mancati momenti di riflessione circa l'operato interno dell'organizzazione dei pensionati che non ha saputo portare avanti con tenacia le battaglie per la conquista dei propri obiettivi. "Spesso ci siamo limitati ai documenti di protesta Ñ ha ammesso il segretario regionale dei pensionati Ñ senza le conseguenti prese di posizione che coinvolgessero le tre confederazioni, Cgil, Cisl e Uil". Nel pomeriggio è prevista una tavola rotonda sulla pace dei popoli con la partecipazione del professor Paolo Fois, del'Università di Sassari e i rappresentanti di Kurdistan, Bosnia e Palestina. Caterina Fiori _________________________________________ La Nuova Sardegna 05 gen. '02 "SENOLOGIA: UNA DONNA SU TRE A RISCHIO" Silvana Tocco replica a Franco Mulas e denuncia una totale assenza di programmazione nei servizi "Sarebbero 20mila le nuoresi della Asl n.3 con potenziali noduli" NUORO. Cancro alla mammella e donne nuoresi a rischio. Questo il tema del botta e risposta tra Silvana Tocco e Franco Mulas, direttore della Asl. Nei giorni scorsi in una sua lettera Mulas aveva criticato alcune affermazioni contenute nel dossier spedito nel maggio del 2001 dalla stessa Tocco alla direzione generale, in cui si denunciavano una serie di carenze interne ai vari reparti. E in particolare il direttore faceva il punto sulla Unità senologica recentemente contestata. Proprio su questo argomento interviene oggi Silvana Tocco con una replica articolata. La polemica sullo stato della sanità nuorese è partita qualche settimana fa dalla pubblicazione in queste colonne della lettera-dossier scritta nel maggio scorso dalla dottoressa Tocco, su incarico dello stesso Mulas, e spedita al direttore generale della Asl con i necessari suggerimenti per correggere alcune storture, anche gravi, che stavano determinando sprechi e servizi abbastanza approssimativi. Tutto naturlmente, in quella lettera, si faceva e scriveva, in vista di un miglioramento della sanità nuorese e a vantaggio del cittadino- paziente. Negli stessi giorni è esplosa poi la questione del "buco" di 101 miliardi nel bilancio della Asl. E questo fatto ha inasprito la polemica. Tanto che il direttore Franco Mulas ha scritto una lettera al giornale nella quale smentiva alcuni dati (i 600 dirigenti - diceva - erano così per contratto ed erano tutti medici) e interveniva sulla Unità senologica precisando alcuni punti. Ed eccoci adesso alla replica di Silvana Tocco. "Caro direttore, riguardo alla sua nota di direttore generale della Asl di Nuoro, pubblicata su La Nuova il 30 dicembre scorso, ho qualche difficoltà, da medico abituato alla logica scientifica, a penetrare il linguaggio politico e burocratico, perciò mi atterrò al concreto. Nessuno scoop Il termine sensazionalismo è improprio, qui nessuno vuole fare scoop, ma si tratta di problemi seri che riguardano la salute dei cittadini. Nessuno degli addetti ai lavori prima di oggi aveva avuto l'ardire di rendere pubblici i fatti. E io me ne assumo intera la responsabilità e ringrazio "La Nuova" per avermi dato voce. Credo ancora che compito della stampa sia quello di informare con obiettività e tramite l'informazione rigorosa tenere sotto controllo e sotto pressione i detentori del potere, perché usino quel potere e il denaro pubblico nel modo più giusto nell'interesse di tutti. Dirigenti e costi Per quanto riguarda i dirigenti, ci sono dirigenti e dirigenti. Nella Carta dei Servizi, per esempio, si legge che vi sono vari dipartimenti, ed è noto che i responsabili sono rimunerati con lauti supercompensi. Sarebbe interessante sapere, carte alla mano, quale lavoro di coordinamento e organizzazione abbia svolto ogni capo dipartimento, quali frutti abbia prodotto e quanto sia costato. Per conoscere in modo esatto la ripartizione dei costi, sarebbe necessario scorporare i dati, verificare quante e quali figure professionali lavorino in ogni servizio, quanto si spende in ogni settore e per i differenti tipi di incarico. Diversamente sarà impossibile sapere se ci siano sprechi e dove sia possibile tagliare le spese per ripartire le risorse in modo da migliorare i servizi. Linee sull'oncologia Quanto alle nuove linee guida oncologiche regionali: speriamo che i direttori generali ne informino anche noi medici. Conosciamo solo quelle cliniche e pare non basti. Protocollo di intesa Asl-Provincia di Nuoro- Associazione Europa Donna? Non si riesce a sapere di che si tratti, la Asl non lo spiega, la Provincia si è assunta solo l'onere di elargire denaro, e avrebbe già finanziato l'Associazione "Europa Donna" con quindici milioni di lire (che fanno 7.747 euro). Bene, si dica ai cittadini chi rappresenta tale associazione, quante sono le persone coinvolte, quali professionalità mette a disposizione, come sono usati tali fondi, quali altri finanziamenti sono previsti, qual è il progetto, in che consista il protocollo. Unità senologica Sarebbe utile sapere che cos'è in concreto l'Unità Senologica e come dovrebbe funzionare. Il coordinamento contemporaneo o consequenziale fra i vari medici che si occupano via via dei pazienti tumorali esiste già, senza oneri aggiuntivi. Il cancro alla mammella è una malattia che nell'arco della vita colpisce il trenta per cento delle donne, quasi una su tre. E' pertanto una malattia sociale importante. Donne a rischio di cancro L'età più a rischio va dai 45 ai 70 anni, fascia di età che nella Asl nº 3 di Nuoro significa almeno 20.000 donne. La disponibilità di terapie sempre più efficaci permette la guarigione o una sopravvivenza sempre più lunga in condizioni ottimali a un numero sempre maggiore di donne. Il risultato finale dipende da molti fattori. Ma è provato che i migliori successi si ottengono se il tumore al momento della diagnosi ha diametro inferiore a due centimetri. Il 20 per cento delle diagnosi viene dalle mammografie preventive, l'80 per cento dalla scoperta del nodulo da parte della donna o di un medico. Il risultato non presenta differenze nei due gruppi se il tumore è più piccolo di due centimetri. La mammografia in mani esperte permette la diagnosi precoce o almeno un serio sospetto di lesione anche in assenza di nodulo palpabile. Praticano con regolarità l'autopalpazione e la mammografia periodica le donne più informate, più abituate a occuparsi del proprio corpo e della propria salute, più vicine alle sedi in cui si effettua l'esame, e le pazienti di medici che abitualmente fanno opera di informazione, praticano di routine la palpazione delle mammelle, insegnano l'autopalpazione. Mancano i servizi Partendo da questi dati, per la diagnosi precoce si dovrebbe agire su due fronti: l'informazione, con un lavoro continuo e capillare per raggiungere il maggior numero di donne, e un'organizzazione ottimale dei servizi. Qui mancano l'uno e l'altra. Per arrivare al maggior numero possibile di donne, il canale principale, il più agile e più professionale dovrebbe essere quello dei medici di fiducia (per favore: non per far spedire cartoline all'assessore Oppi). Per iniziare non sarebbe male un buon corso di aggiornamento in mammologia. E ci sono mille altri modi, radio, televisione. giornali, opuscoli. In realtà, se partisse subito un programma di sensibilizzazione che raggiungesse lo scopo anche solo con il cinquanta per cento delle donne a rischio di questa Asl, non si riuscirebbe a far fronte a un numero esorbitante di richieste di mammografia. I servizi esistenti a Nuoro non basterebbero neppure per le nuoresi. E' necessario pertanto individuare dei criteri per pre-selezionare le donne a cui praticare l'esame. Oggi non si saprebbe neppure da dove cominciare. Senza programmazione Non si conosce il numero delle mammografie eseguite ogni anno nei due ospedali nuoresi, quante in assenza o in presenza di lesioni sospette, quante a pazienti già operate, e quale sia la percentuale di tumori diagnosti-cati in ciascuno dei primi due gruppi. Non si sa neppure se nella nostra Asl ci siano le stesse proporzioni del 20 e 80 per cento. Nè si conosce quante mammografie e quante eventuali ecografie si possano programmare. Non è previsto differenziare le prenotazioni per le varie categorie. Neppure in vista di questa vaga Unità Senologica è stato fatto alcun lavoro conoscitivo, di programma e di organizzazione. Se la mammografia pone diagnosi o sospetto di tumore devono essere prese decisioni diagnostiche e/o terapeutiche, e a questo punto inizia la collaborazione fra le varie figure professionali: oncologo, chirurgo, anatomo- patologo e tutti gli altri. E se proprio si crede necessario istituzionalizzare la figura di un coordinatore, la sola persona indicata è l'oncologo. Visite gratuite e ticket Vorrei in conclusione porre una domanda tecnica a Mulas e a Soru, entrambi medici prima che dirigenti: che differenza c'è sul piano strettamente clinico e preventivo tra la visita delle mammelle effettuata gratis dalla sottoscritta, ancora gratis nel Centro Prevenzione Tumori dalla dottoressa Moni, ginecologa con tre decenni di pratica clinica, e la palpazione con 33.000 lire di ticket (17 euro) effettuata in ospedale da una radiologa?". ______________________________________________ La Stampa 19 dic. 01 "MIGLIAIA DI PROTESI OSSEE SONO PERICOLOSE" Annuncio choc della Regione dopo l´avvio di un´inchiesta in Procura Migliaia di persone in Italia e nel mondo rischiano di dover essere rioperate perché la loro protesi ossea è difettosa. Protesi d´anca, di ginocchio o della spalla. E´ l´annuncio choc fatto ieri dalla speciale commissione nominata dalla Regione Piemonte, dopo la scoperta che un tipo di supporto artificiale importato in Italia dalla ditta torinese R&msa avrebbe continuato a esser venduto fino al `91 (e utilizzato fino al `92) malgrado la Casa madre avesse segnalato il pericolo due anni prima. All´origine del difetto, l´utilizzo dei raggi gamma per sterilizzare questo prodotto in polietilene: anziché renderlo "pulito" lo indeboliva. "Quella miscela - rivela ora il professor Paolo Gallinaro, direttore della prima Clinica ortopedica del Cto e membro della speciale commissione regionale - è stata utilizzata quasi ovunque nel mondo, non solo per le protesi d´anca". L´annuncio più clamoroso, però, è che dopo aver ritirato la protesi difettosa, la ditta francese Depuy ha commercializzato dal `92 al `98 (sempre nel mondo e sempre per interventi all´anca, al ginocchio e alla spalla) un altro tipo di polietilene, Hylamer, rivelatosi anch´esso, nell`autunno `98, troppo debole a causa di una certa lavorazione. Dal `98 a poche settimane fa, inoltre, anche alcuni lotti di un terza generazione di protesi (zirconia) - prodotta dalla francese Saint Gobin e destinata soprattutto alla ricostruzione della testa del femore - si sono rivelati a rischio: "Rispetto a una previsione di rottura di 4 casi su 10 mila - rivela la commissione regionale - si è scoperto che quei lotti, classificati con la sigla "Th", hanno un tasso di cedimento del 10 per cento, un´enormità". Dell´inchiesta della Regione non si sarebbe mani saputo se il procuratore Guariniello non avesse indagato sul caso della prima protesi difettosa. Così, adesso, la notizia (e l´allarme) si amplifica: si calcola che i pazienti che potrebbero essere sottoposti a un intervento riparatore non sono più duecento, ma molti, molti di più. Migliaia. E non solo in Piemonte e in Italia. Nel mondo. "Noi al Cto - precisa Gallinaro - non abbiamo mai utilizzato quella protesi finita nell´inchiesta di Guariniello, e abbiamo utilizzato anche poche Hylamer. Quindi i pazienti che richiameremo saranno probabilmente pochi". Ma gli altri ospedali? E´ ciò che la Regione dovrà scoprire con il lavoro la Commissione d´indagine nominata dall´assessore regionale alla Sanità, Antonio d´Ambrosio. "Tutti i pazienti ai quali è stata impiantata una protesi difettosa riceveranno una lettera a casa, saranno visitati da specialisti, e si deciderà se intervenire chirurgicamente". Ospedali e Regione, ovviamente, chiederanno i danni ai responsabili dell´"incidente", "compresi quelli d´immagine", sottolinea l´ingegner Enrico Bighetti, direttore generale del Cto. La segnalazione che alcuni lotti di protesi in zirconia fossero pericolosi è partita il 25 luglio scorso dalla casa francese, subito diffusa dal nostro ministero della Salute. Anche il caso dell´Hylamer è stato segnalato al ministero. Ed è scattata la caccia ai pazienti, vittime due volte. L´EMERGENZA SANITA´ SI ARRICCHISCE DI UN NUOVO FRONTE Marco Accossato ______________________________________________ Manifesto 19 dic. 01 L'ICONA INFRANTA DEL GENE Una critica radicale del riduzionismo in biologia nel nuovo libro della filosofa della scienza Evelyn Fox Keller YURIJ CASTELFRANCHI Evelyn Fox Keller rideva, quando raccontava qualche tempo fa in una intervista a il manifesto (27/10/2001): "Indovina cosa è successo col mio libro? Erano furiosi, assolutamente furibondi!". Il libro di cui parlava è da poco tradotto in italiano da Garzanti, nella versione precisa e vivace di Sylvie Coyaud: Il secolo del gene (pp. 150, L. . 35.000). I furiosi, dice lei, sono molti biologi. E in effetti, su Nature, Jerry Coyner (professore di ecologia ed evoluzione all'università di Chicago) recensiva così il libro dell'epistemologa e filosofa femminista: "Il secolo del gene è in realtà una jihad contro la nostra nozione di gene [...] Keller si dilunga in lamentele, ma è vuota nella sostanza [...] Il livello di analisi è superficiale in maniera irritante". E chiudeva: "Pare che il fisico Richard Feynman abbia detto che la filosofia della scienza è utile agli scienziati quanto lo è l'ornitologia per gli uccelli. Una critica eccessiva, perché la filosofia può dare agli scienziati una prospettiva intellettuale sul proprio lavoro. Ma Il secolo del gene si può classificare come un'ornitologia aneddotica e poco informata. Il gene non è un albatro". Arrabbiato davvero. Certo, nella comunità scientifica, e tanto più nel mondo anglosassone, vige la regola (sana) di uno scetticismo agguerrito: non è raro vedere demoliti con affilato sarcasmo, e una punta di sadismo, libri o articoli di ricercatori illustri. Ma qui c'è anche altro. Keller analizza il "Progetto genoma" in chiave radicalmente antiriduzionista (come hanno fatto già molti biologi e storici della biologia). E, il che è peggio, lo fa da outsider. Scrisse anni fa (inSul genere e la scienza) che, come scienziata e donna, la condizione di oustider le "era venuta gratis" e che adorava conviverci. Oggi, fisica di formazione e poi storica e filosofa della scienza, analizza la genetica contemporanea da un punto di vista epistemologico, e si accorge che "il primato del gene quale concetto fondamentale per spiegare struttura e funzione biologica appartiene ormai al secolo scorso". Ovvero: mentre i geni vengono brevettati a ritmo crescente, mentre alcuni ci deliziano mensilmente con l'individuazione di geni "dell'alcolismo" o "dell'omosessualità", Evelyn Fox Keller ci dice divertita che il maggior successo del "Progetto genoma" sarà quello di accelerare la sepoltura del concetto di gene: "oggi siamo in uno di quei momenti preziosi in cui il successo insegna l'umiltà [...]. Per quasi cinquant'anni ci siamo illusi che la scoperta delle basi molecolari dell'informazione genetica avrebbe svelato 'il segreto della vita', che bastasse decodificare il messaggio nella sequenza dei nucleotidi per capire 'il programma' che fa di un organismo quello che è". E invece, dice Keller, i risultati delle ricerche genetiche stanno avendo per risultato quello di sgretolare l'icona del riduzionismo genetico. Dieci anni fa, in un articolo dal titolo Visioni del Graal il Nobel Walter Gilbert diceva che il nostro genoma può entrare in un compact disc, e che uno potrebbe portarlo in tasca per mostrarlo e dire: "ecco un essere umano, questo sono io". Questo era il riduzionismo genetico: immaginare che il Dna fosse programma e destino della nostra esistenza e, di qui, quasi sinonimo dell'identità stessa. L'idea si basava su uno degli assunti fondanti della genetica molecolare: il gene, scritto sul Dna, è l'insieme di istruzioni per fare una proteina; a sua volta ogni proteina è mattone di un pezzo di noi, oppure regolatore di funzioni del metabolismo. Come disse sbrigativamente Francis Crick, "il Dna fa l'Rna, l'Rna fa le proteine e le proteine fanno noi". Ben presto scoprimmo che le cose sono più complesse: un gene può essere coinvolto nella sintesi di molte proteine (a volte decine, o persino centinaia), una proteina, viceversa, può avere a che fare con più geni, e un certo frammento di Dna può venire riorganizzato e trascritto in molte maniere diverse. Non solo. I geni non segnano il destino di un organismo perché la loro attività dipende fortemente dall'ambiente. In certi casi (nei batteri, per esempio), persino le mutazioni sembrano aumentare in risposta a stress ambientali, forse proprio nella direzione di permettere all'organismo di adattarvisi. Insomma, il genoma è fluido, complesso, non docile a farsi ingabbiare in una descrizione meramente riduzionistica: non è più possibile mantenere una definizione "funzionale" di gene (come dell'unità che codifica una proteina) assieme a una sua definizione "strutturale" (che lo localizzi come un determinato segmento di Dna). Già quindici anni fa uno storico della biologia come Richard Burlan diceva: "la struttura del Dna è un dato di fatto, ma nessun dato di fatto ci dice cosa sia un gene". Secondo il biologo Peter Portin "il vecchio termine di gene, essenziale in una precedente fase di analisi, è diventato inutile". Il genetista William Gelbart aggiunge: "i geni hanno fatto il loro tempo", e oggi "non sono oggetti materiali, ma meri concetti che hanno accumulato molta zavorra storica". Keller, proprio ora che nell'immaginario mediatico il gene è diventato l'icona, l'atomo concettuale di cosa sia un vivente, la parola "del linguaggio di Dio", dice che è giunto il momento di sbarazzarsene. I suoi critici hanno però ragione: quando l'epistemologa americana tenta di proporre alternative (prese a prestito dalla teoria dell'informazione o dalla computer science) è poco chiara e convincente. Ed è vero che il riduzionismo è utile epistemologicamente in alcune fasi della ricerca, e che i biologi molecolari non sono tanto sprovveduti da utilizzare il concetto di gene in maniera incoerente: sanno che una sua definizione univoca non esiste più, ma usano definizioni parziali che funzionano operativamente e che permettono di identificare (e brevettare) sequenze di Dna legate a determinate proteine, di formulare ipotesi, di spiegare osservazioni sperimentali. Il gene per evanescente che sembri, funziona ancora per fare scienza. Keller ne e è conscia: è improbabile, dice, che i biologi smettano di parlarne nei prossimi anni. Perché il gene "è una comoda stenografia per gli scienziati". E perché "è uno strumento di persuasione indubbiamente efficace, non solo per promuovere programmi di ricerca e ottenere finanziamenti, ma anche e forse soprattutto per vantare i prodotti di un'industria biotech in rapida espansione". Evelyn Fox Keller non dice cose nuove né rivoluzionarie, e lo sa. E i biologi sanno che non dice cose sbagliate. Sanno che i geni non sono gli interruttori del destino, sanno che non sono definibili come pezzetti di Dna con su scritto la formula per fare una proteina. Ma pensano che la studiosa esageri in maniera provocatoria. E, forse, alcuni non gradiscono che il sipario che separa la scienza dal pubblico si apra, in libri come questo, non solo a spiegare i fatti della scienza, ma anche a mostrare il laboratorio epistemologico, complicato, contraddittorio, disordinato, litigioso, che fa della scienza un gioco fantastico. "Sai cosa è successo col mio libro? - raccontava Keller nella stessa intervista - Non immaginavo che avrebbe potuto scatenare controversie. Stavo cercando semplicemente di capire perché i biologi molecolari, quando parlano pubblicamente, raccontano storie fantastiche su cosa facciano i geni, anche se sanno perfettamente che non sono vere. Sai cosa mi hanno detto? 'Se dicessimo davvero come stanno le cose, la gente non potrebbe capire, è troppo complicato'. Si sbagliano. Certa gente, oggi, adora questo genere di complicazioni". ______________________________________________ La Stampa 04 gen. '02 IL CUORE DELL´UOMO POTREBBE AUTORIPARARSI cioè una scorta di staminali, in grado di trasformarsi in tessuto e vasi sanguigni WASHINGTON Ognuno di noi custodisce nel proprio organismo la "materia prima" con cui, in teoria, potrebbe costruirsi un cuore di ricambio. Detto in modo più serio: anche in età adulta conserviamo una scorta di cellule staminali, cioè ancora "primitive" e indifferenziate, che sono in grado di trasformarsi in cellule cardiache. La scoperta appare con grande evidenza sull´ultimo numero del prestigioso "New England Journal of Medicine", uscito ieri 3 gennaio. L´équipe che è giunta a questo risultato - straordinario anche sul piano emotivo oltre che sul piano scientifico - lavora al New York Medical College di Valhalla (N.Y., Usa) e comprende molti nomi italiani. Guida il gruppo Piero Anversa, un medico che si è laureato all´Università di Parma ma lavora da 25 anni negli Stati Uniti. Federico Quaini, tuttora all´Università di Parma, ha sviluppato il metodo per identificare le cellule staminali del cuore. Al lavoro hanno contribuito Nicoletta Finato e Carlo Beltrami dell´Università di Udine. Del laboratorio americano fanno parte anche Annarosa Leri, Antonio P. Beltrami e Bernardo Nadal-Girard, oltre a Konrad Urbanek e Jan Kajstura. In sostanza i ricercatori sono riusciti a dimostrare che nei pazienti che hanno subito il trapianto del cuore, molte cellule indifferenziate del paziente stesso migrano nell´organo innestato e qui diventano nuove cellule cardiache a tutti gli effetti. Queste cellule si riproducono molto attivamente: dopo un certo tempo rappresentano il 7-10 per cento del muscolo cardiaco. E´ come se il cuore estraneo venisse colonizzato da nuove cellule cardiache del paziente che ha ricevuto l´organo. Alla fine il trapiantato si ritrova, per così dire, con un cuore meticcio. Finora solo due studi avevano cercato di identificare cellule staminali cardiache ma entrambi erano arrivati a conclusioni negative. A questo punto, invece, non rimane più alcun dubbio: esistono cellule staminali del muscolo cardiaco. Un giorno, forse, sapremo anche utilizzarle per riparare le parti del cuore danneggiate da un infarto. Ischemia del miocardio e insufficienza cardiaca grave potrebbero trovare così una terapia radicale, che rigenera l´organo riportandolo all´efficienza originaria. I ricercatori però non vogliono creare illusioni: molti sono ancora i passi da compiere per arrivare alla fase clinica. pi. bi. ______________________________________________ La Stampa 02 gen. '02 GEL O UN CEROTTO CONTRO L´ANDROPAUSA UOMINI E INVECCHIAMENTO ANCORA IN CORSO LE INDAGINI PER STABILIRE I DIVERSI EFFETTI DELLE CURE CON TESTOSTERONE DI recente stampa e tv hanno fatto da cassa di risonanza all'annuncio che ora anche per l'uomo è disponibile una specifica terapia sostitutiva ormonale con testosterone, somministrabile per via transdermica (cerotto), come da anni avviene per le donne nel trattamento sostitutivo con estrogeni. L'ormone maschile di cui si sta parlando è prodotto dal testicolo. Nella persona che invecchia, pur con una grossa variabilità da persona a persona, un difetto di produzione si manifesta in modo strettamente correlato con il progredire della età. E' altrettanto ben dimostrato che dalla carenza di testosterone dipendono almeno in parte molti dei fenomeni regressivi tipici della vecchiaia, come la diminuzione delle masse muscolari, l'aumento del grasso corporeo, la diminuzione della densità ossea, il deterioramento delle prestazioni cognitive e del tono dell'umore, il calo del desiderio sessuale. Questo quadro clinico, già definito con il termine di andropausa, è ora etichettato in modo più appropriato con quello di PADAM, acronimo di "partial androgen deficiency of aging male", cioè quella sindrome sostenuta da una parziale carenza di ormone maschile. Ecco perché si e poi ragionevolmente tentato di frenare la comparsa di molti di questi sintomi con un trattamento sostitutivo che per ora è disponibile nella formulazione di testosterone transdermico (cerotto) e che fra non molto sarà anche in Italia come crema da spalmare sulla cute. Negli ultimi tempi una ondata di ottimismo incontrollato ha portato a titoli del tipo "arriva il testosterone gel: una droga per i maschi", "anche per l'uomo l'ormone antivecchiaia", "negli ormoni la fontana della giovinezza" e così via. Purtroppo però gli studi che hanno dimostrato gli effetti positivi di questo trattamento per l'uomo che invecchia non hanno ancora raggiunto un tale numero di soggetti trattati e una tale durata nel tempo da consentire certezze. Molte indagini in questo senso sono tuttora in corso e solo quando saranno ultimate si potrà confermare o meno le ricadute positive preannunciate dagli studi preliminari e soprattutto verificare il peso dei temuti effetti negativi sulla prostata (tumori). Gli effetti negativi sulle nostre arterie invece sembrano aversi solo quando il trattamento con testosterone è fatto con dosaggi molto alti, come è abitudine sconsiderata e assurda in certi ambienti di culturismo; quando invece i trattamenti sono di tipo rigorosamente sostitutivo, non solo non ci sarebbero fatti complicativi, ma addirittura sembrano esserci segnali di protezione nei confronti della stessa malattia aterosclerotica. Più difficile invece è fare chiarezza almeno per ora sull'altro versante, quello della patologia prostatica. Gli studi in proposito sembrano aver dimostrato che il trattamento con testosterone non sia capace di promuovere la insorgenza del cancro della prostata ma che possa sicuramente accelerare la progressione di un cancro preesistente. Una puntualizzazione su questi temi si è fatta in occasione della terza edizione delle Giornate Italiane di Endocrinologia Geriatrica organizzata dalla Cattedra di Geriatria della Università di Parma (12-13 novembre). Per quanto concerne le terapie sostitutive ormonali, l'attenzione finora riservata solo alla donna sta ora concentrando anche sull'uomo; a ulteriore conferma ricordo la recente istituzione di una Società Scientifica Internazionale sull'Aging Male e l'avvio di periodici incontri congressuali su questo tema, l'ultimo dei quali si è svolto recentemente a Ginevra con un migliaio di partecipanti provenienti da 40 paesi. Il prossimo si terrà fra pochi mesi a Berlino. [TSCOPY](*)Università di Parma [/TSCOPY] Giorgio Valenti (*) ______________________________________________ La Stampa 02 gen. '02 BISTURI E "BENDAGGI" PER LA GRANDE OBESITÀ LE TECNICHE "BARIATRICHE" NON SOLO CHIRURGIA PER RESEZIONI INTESTINALI MA "STROZZATURE" REGOLABILI DELLO STOMACO NEI casi di grave obesità, quando falliscono le terapie dietetiche e farmacologiche, può essere utile ricorrere al bisturi del chirurgo per porre rimedio ad una patologia che trascina pesanti effetti collaterali (scompenso cardiorespiratorio, diabete, ipertensione, iperlipidemie). Negli ultimi decenni sono state proposte diverse tecniche chirurgiche dal National Institute of Health (definite "bariatriche" perché agiscono sul peso corporeo, termine greco): si possono dividere in interventi che riducono il volume gastrico provocando un precoce senso di sazietà, e interventi che (oltre a ridurre il volume gastrico) riducono anche la superficie intestinale destinata all´assorbimento dei principi nutritivi. Questi ultimi richiedono l´esecuzione di ampie resezioni (by pass intestinali, diversione bilio-pancreatica), viceversa quelli restrittivi sono più rispettosi dell´anatomia normale. Secondo alcuni, il bendaggio gastrico regolabile è l´intervento restrittivo preferibile, perché viene eseguito per via laparoscopica (è definito lap-band, da "lap" laparoscopio, "band" bendaggio), ha minori effetti collaterali, minor degenza (non più di 3 giorni), e soprattutto è reversibile quando non è tollerato. Il bendaggio viene posto attorno alla parte superiore dello stomaco che risulta in tal modo diviso in due parti. La tasca superiore, più piccola, può contenere solo una modesta quantità di cibo, e quando è piena il soggetto accusa sazietà. La "strozzatura" provocata dal bendaggio può essere regolata (così come si farebbe con una cintura), mediante una semplice immissione (o sottrazione) di acqua distillata nel piccolo serbatoio collegato al cingolo gastrico (di silicone). Inizialmente i cibi vengono somministrati in forma semiliquida, per passare successivamente ad una dieta ipocalorica da 1200-1400 calorie. I risultati ottenuti con questa tecnica presentati al congresso nazionale dell´Adi (Associazione Italiana di Dietetica) che si è svolto a Orvieto, hanno dimostrato che la digestione gastrica e l´assorbimento dei principi nutritivi nel sottostante intestino continuano a svolgersi in modo fisiologico e la perdita di peso è evidente per il minor introito calorico. I pazienti vanno selezionati sul piano comportamentale, perché possono barare con sé stessi, mangiando spuntini ipercalorici. Inoltre devono imparare ad evitare la dilatazione della tasca gastrica superiore che può indurre nausea e vomito. Infine devono abituarsi a consumare il pasto in un tempo non inferiore ai 20-25 minuti (masticando lentamente e a lungo). Il trattamento chirurgico va integrato con la psicoterapia, per modificare l´importanza del valore attribuito al cibo: con l´aiuto dello psicologo l´iperfagia e l´obesità non fungono più da riparo contro l´ansia e la depressione. Per ritardare lo svuotamento gastrico oggi c´è un´altra possibilità: l´inserimento di un pace-maker (più propriamente definito "Gastric Pacer") nello strato muscolare dell´antro gastrico, in grado di regolarizzare la motilità gastrica e la sazietà. Il vero problema dei grandi obesi infatti è il ripristino di una sazietà normale. Si definiscono "grandi obesi" i pazienti con indice di massa corporea (BMI) superiore a 35. Si ottiene questo coefficiente dividendo il peso (in Kg) del soggetto per l´altezza elevata al quadrato. Il problema "sovrappeso-obesità-grande obesità" è stato stimato in 44.300 miliardi di lire all´anno, di cui 21.350 miliardi a carico del servizio sanitario nazionale. Pertanto, ogni risorsa economica, destinata alla prevenzione e alla ricerca in questo importante settore della salute umana, deve essere considerata un investimento per il Paese. Renzo Pellati _________________________________________ Repubblica 04 gen. '02 DULBECCO: LA FATTORIA DEI TRAPIANTI I maialini clonati permetteranno di aggirare le difese che portano al rigetto degli organi impiantati Ci vorrà ancora del tempo per superare tutti i problemi: bisognerà riuscire a modificare altri geni RENATO DULBECCO L'ANNUNCIO di un notevole progresso nella clonazione di maiali adatti per trapianti nell'uomo ha prodotto grande sensazione nella stampa di tutto il mondo. Ci si può chiedere perché. La ragione è che c'è un grande bisogno di trapianti in pazienti affetti da varie malattie, ma gli organi adatti per tali trapianti sono molto scarsi. Per esempio una persona con un'infezione da certi virus, come epatite B o C, può avere un fegato distrutto dall'infezione in modo tale che solo il rimpiazzo dell'organo con un fegato funzionale può permettere la sopravvivenza. Lo stesso vale per un buon numero di malattie che colpiscono organi diversi. Ma ottenere un organo per trapianto è molto difficile. Per esempio, negli Usa, tra i pazienti con grave insufficienza epatica solo il 20 per cento ricevette un trapianto tra il '95 e il '99. Questi sono trapianti ottenuti da donatore umano; si può capire che essi siano rari, perché un organo intero si può solo ottenere da una persona deceduta per un incidente, e che altrimenti sia in buone condizioni di salute. Da anni si è perciò pensato a ottenere organi per trapianto da animali, e si sono fatti tentativi usando organi prelevati da scimmie, che sono gli animali più vicini all'uomo. I pochi tentativi però non hanno avuto successo, perché gli organi trapiantati venivano rigettati, cioè venivano distrutti. Il meccanismo della distruzione del trapianto ha a che fare con la funzione di un sistema difensivo presente in tutti gli animali, il sistema immunitario. Questo sistema è basato su cellule note come linfociti, che sono presenti in tutto il corpo. Alla loro superficie i linfociti hanno molecole che formano dei disegni speciali con i quali possono interagire con altre molecole. Quando una sostanza estranea nel corpo di un individuo, alcuni dei linfociti la riconoscono perché si lega ai loro disegni; allora c'è una reazione diretta a eliminare la sostanza estranea, che può avvenire in due modi. Uno è la produzione di anticorpi, cioè molecole circolanti nel sangue capaci di bloccare la sostanza estranea; questo avviene quando la sostanza è un batterio, o un virus, o anche una sostanza chimica. L'altro tipo di reazione, che avviene quando la sostanza estranea è una cellula o un organo, è la sua distruzione da parte dei linfociti che la riconoscono attraverso i loro disegni e si legano ad essa. Quest'ultimo metodo è quello che porta al rigetto di un trapianto tra individui della stessa specie. Ciò che rende il trapianto estraneo all'organismo sono le molecole presenti alla superficie delle cellule. Nel corpo di un individuo c'è compatibilità tra tutte le sue cellule e il suo sistema immunitario; ma quando si introduce il trapianto le sue cellule sono spesso incompatibili con il sistema immunitario del ricevente, e vengono rigettate. Questo non avviene soltanto per i trapianti da un animale di specie diversa: anche un trapianto da un essere umano a un altro può essere rigettato. Le molecole responsabili sono note; e perciò possibile classificare quelle presenti sulle cellule della persona che riceve il trapianto e quelle presenti sulle cellule del trapianto stesso, in modo da selezionare la combinazione più favorevole. Generalmente un accordo perfetto non si trova, eccetto che nei casi in cui il donatore e il ricevitore di organo siano gemelli identici; negli altri casi c'è sempre un certo pericolo di rigetto, che però può essere controllato con l'uso di appositi farmaci. I risultati possono essere molto buoni, come dimostrato dall'esistenza di pazienti che hanno ricevuto un trapianto cardiaco dieci anni fa, e continuano a essere in buona salute. Il rigetto immunologico è l'ostacolo all'uso di organi di animali per trapianti umani. Già da tempo questo problema è stato riconosciuto, e molta ricerca è stata indirizzata a risolverlo. L'interesse è stato concentrato sulla possibilità di usare organi di maiale, che hanno dimensioni compatibili con quelli umani. Lo studio immunologico dei maiali, e di altri animali, dimostrò che i loro organi vengono rigettati per un meccanismo diverso da quello che causa il rigetto di organi umani: è un rigetto molto rapido, che avviene in pochi giorni, mentre il rigetto di un organo umano è più lento, richiede settimane. È stato possibile accertare che questo rigetto rapido avviene per un meccanismo diverso da quello del rigetto lento: non è dovuto all'attacco diretto dei linfociti sulle cellule, ma alla produzione di anticorpi che suscitano una catena di reazioni responsabili per la loro morte. Un risultato importante è stato stabilire quale è la sostanza presente alla superficie delle cellule del trapianto animale che suscita questa risposta: è uno zucchero speciale (galattosio) attaccato a molecole di superficie. Questo zucchero è presente sulle cellule di tutti gli animali, eccetto l'uomo e alcune scimmie. L'assenza dello zucchero sulle cellule umane fa risultare le cellule di animali estranee all'uomo, così suscitando la risposta immunitaria. Il gene responsabile per la presenza dello zucchero negli animali è stato identificato; esso non è attivo nell'uomo. Gli scienziati di cui parla la recente notizia sono partiti da queste conoscenze per cercare di ottenere maiali i cui organi non suscitino il rigetto acuto nell'uomo. Allo stadio presente delle ricerche, hanno prodotto 9 maialini che posseggono solo una copia del gene responsabile. (Bisogna ricordare che tutti gli animali posseggono due copie della maggioranza dei geni, una derivante dal padre, l'altra dalla madre). Perciò i loro organi causerebbero ancora il rigetto acuto. Ma incrociandoli tra di loro si otterranno maiali in cui entrambe le copie del gene siano inattive, ed essi produrranno organi che non provocheranno il rigetto acuto. Col metodo della clonazione da uno di essi potrà poi ottenere un numero indefinito di maiali con le stesse proprietà. Questo è certamente un passo importante; però non è ancora la risoluzione completa del problema, perché gli organi di questi maiali ancora susciteranno il rigetto lento. Ora è necessario modificare altri geni in modo da abolire o ridurre questo problema. È un compito difficile, perché molti geni sono coinvolti nel generare il rigetto lento; ma, studiando i sistemi linfatici del maiale e dell'uomo si spera di identificare i geni che sono principalmente responsabili, e modificarli in modo da renderli compatibili tra le due specie. _________________________________________ Corriere della Sera 05 gen. '02 SARDEGNA, L'ISOLA CHE HA SCOPERTO L'ELISIR DI LUNGA VITA Ben cinque persone sono tra i 40 più longevi nel mondo. L'esperto: occorre serenità, tanta fortuna e l'affetto di tutti i parenti DAL NOSTRO INVIATO ORROLI (Nuoro) - L'elisir di lunga vita ha il dolce sapore di Sardegna. Non c'è più tziu (zio) Antonio Todde e il Guinness degli ultracentenari va aggiornato: al primo posto è ora il giapponese Jukichi Chugani, 112 anni il prossimo 23 marzo; poi John Ingram Mc Monan, americano, di qualche mese più giovane. Ma terzo è ancora un sardo, Giovanni Frau, 111 anni compiuti il 29 dicembre scorso, di Orroli (Nuoro). E fra i primi 40 uomini più vecchi al mondo ci sono Lucia Garau, Capoterra (Cagliari) prossima ai 109 anni, Cesare Mattana di Quartu Sant'Elena (Cagliari), Pasquale Frasconi di Aglientu (Sassari) e Salvatore Dettori, Ottana (Nuoro), tutti oltre la soglia dei 108 anni. "Classifica provvisoria - avverte Luca Deiana, professore di biochimica clinica all'università di Sassari - chissà se Chugani e Mc Monan sono ancora vivi. Ogni tanto spunta fuori qualche nuovo supervegliardo e spesso è difficile controllare l'esattezza delle date di nascita". Anche a Todde è stato negato per quasi un anno il riconoscimento di uomo più vecchio del mondo: nel Guinness era stato inserito l'americano Benjiamin Harrison Holcomb e ci sono voluti attestati e sigilli di conferma perché l'ambito diploma varcasse l'Atlantico e fosse consegnato al legittimo detentore. Deiana è responsabile del Progetto Akea (dall'augurio: "a kent'annos", a 100 anni, che i sardi si scambiano nelle feste), che studia questo straordinario fenomeno: nell'isola ci sono 223 ultracentenari, 141 sono stati intervistati, di 129 c'è una cartella clinica: hanno accettato di fare il prelievo del sangue e di sottoporsi a prove di efficienza fisica e mentale. Gli studiosi lavorano sul loro Dna e chissà che un giorno non lontano sia possibile scoprire il segreto di questa eccezionale concentrazione di longevità. Perduto, con la morte di Antonio Todde, il primo posto nel Guinness, la Sardegna conserva altri due primati: la percentuale più alta di ultracentenari in vita nel mondo in rapporto alla popolazione (1 milione e 600 mila abitanti); il rapporto fra uomini e donne, favorevole al gentil sesso ovunque in percentuale di 7 a 1, mentre nell'isola è sempre in favore delle donne ma soltanto per 2 a 1 e in Barbagia addirittura di 1 a 1. C'è un paese, Orroli, in provincia di Nuoro, 3 mila abitanti, che ha battuto ogni record di longevi: "Dal 1986 - dice il sindaco Marco Pisano - 11 persone sono riuscite a superare i 100 anni. E oggi i viventi con più di 90 anni sono 41". A Orroli ci sono una quarantina di ultranovantenni viventi. Giovanni Frau, 8 figli, 14 nipoti, uno stuolo di pronipoti, vuole andare oltre ogni primato:"Voglio vivere ancora a lungo, devo accudire ai miei buoi. Arriverò almeno a 120 anni". Frau cammina spedito, ogni tanto chiede di essere accompagnato a Cagliari, dove vive una figlia, e fa da solo i 20 gradini di una scala. Fante nella prima Guerra mondiale, ferito e decorato. La sua ricetta di lunga vita: "Lavorare e vivere all'aria aperta, non fare stravizi, pane e formaggio, un bicchiere di vino rosso ogni tanto". Deiana conferma: "A quell'età si arriva per una serie di concomitanze: potenzialità genetica, condizioni ambientali di vita (cibo genuino, acqua pura, aria pulita), serenità, misura e una buona dose di fortuna. Non è un caso: quasi tutti gli ultracentenari vivono in famiglia, circondati dall'affetto di figli e nipoti". Antonio Todde era un caso speciale: a ogni stagione, fin quasi a 90 anni, faceva a piedi più di 100 chilometri per portare il suo gregge a svernare dalla Barbagia al Campidano. Da ieri il suo primato resiste fra le stelle: in una navicella spaziale Soyuz in orbita intorno alla terra c'è una targa con il suo nome, data di nascita e scritta in inglese: in onore dell'uomo più vecchio del mondo. E nessuno, per ora, pensa di sostituirla. Alberto Pinna ========================================================= ______________________________________________ L'Unione Sarda 20 Dic. '01 TELECOMUNICAZIONI, CAVO SOTTOMARINO SARDEGNA ITALIA Un cavo sottomarino permetterà alla Sardegna di potenziare il collegamento telematico con la penisola ed abbattere i prezzi delle telecomunicazioni. E partito ufficialmente il progetto di continuità territoriale telematica, elaborato dall'assessore regionale all'Industria Giorgio La Spisa, che martedì ha avuto il placet della Giunta, che ha stanziato 30 miliardi per la realizzazione di infrastrutture e servizi tecnologici informatici e relativi al settore delle telecomunicazioni. "Il collegamento renderà competitivi i costi di connessione, manutenzione e realizzazione di nuove reti",ha spiegato La Spisa, sottolineando la rapidità con cui la Regione intende realizzare l'infrastruttura e spiegando i vari passaggi attraverso cui il progetto sarà portato a termine. "Il primo passo - ha detto - sarà la costituzione di una società consortile con le aziende del settore delle telecomunicazioni, alla quale la Regione parteciperà in forma minoritaria (49 per cento), in previsione di un progressivo abbandono". L'esecuzione dell'opera (500 chilometri e del valore di 70 miliardi) sarà affidata con una procedura ad evidenza pubblica che garantirà la massima trasparenza. "Tra una ventina di giorni partiranno i bandi, adeguatamente pubblicizzati, che inviteranno gli operatori del settore delle telecomunicazioni che siano interessati ad inserirsi nell'iniziativa",ha spiegato La Spisa. Quanto ai tempi, la società consortile dovrebbe vedere la luce fra qualche mese, mentre per la messa in opera dell'intera infrastruttura bisognerà aspettare almeno un anno. Una volta realizzato, il collegamento telematico tra l'isola e il continente (formato da 48 fibre ottiche), consentirà di abbattere il monopolio nel campo delle telecomunicazioni e, soprattutto, di ridurre le tariffe. La Giunta ha approvato anche altri provvedimenti. SANITÀ. Sono stati stanziati 13,4 miliardi per i servizi socio-assistenziali dei comuni per il 2001 e 5 miliardi da ripartirsi sempre fra i comuni, a sostegno dei progetti obiettivo per il 2001 a favore delle persone affette da disturbi psichici e da ritardo mentale grave. La Giunta ha anche predisposto la costituzione di azienda di rilievo interregionale per i presidi ospedalieri Microcitemico e Oncologico. PROGRAMMAZIONE. Via libera ai mutui in favore delle comunità montane a totale carico dello Stato per un importo di 20 miliardi. ACQUA. Approvato il programma di interventi strategici predisposto dall' assessore Silvestro Ladu. Tra le priorità indicate, alcune aree del Sulcis, Castelsardo e del Cedrino. ALLUVIONE. Approvato il programma di interventi per la riparazione dei danni subiti dalle infrastrutture viarie, idriche, idrauliche, fognarie e igienico sanitarie (27,4 miliardi). Saranno destinate ad Assemini, Decimomannu, Uta, Nuraminis, Aritzo, Arzana, Loceri, colpite dall'alluvione del '99. A. Z. ______________________________________________ Corriere della Sera 04 gen. '02 LA LUCE "FERMATA" IN UN BLOCCO DI CRISTALLO E' la prima volta che un raggio viene "imprigionato" in un materiale solido, portato a 268 gradi sotto zero L'esperimento in un laboratorio militare Usa. Possibili computer superveloci e nuovi tipi di telecomunicazioni Nel laboratorio militare dell'aviazione americana di Hanscom, un luogo sperduto nel Massachusetts, due scienziati, Philip Hemmer dell'A&M University del Texas e Selim Shahriar del Mit, sono riusciti in un passo decisivo per dominare la luce. L'hanno bloccata e immagazzinata in un materiale solido, un cristallo (silicato di ittrio drogato con atomi di terre rare) già noto perché adoperato nelle memorie dei computer, aprendo così le porte a quelle applicazioni da fantascienza che avevano spinto gli scienziati verso la grande sfida. Finora la partita giocata in diversi laboratori statunitensi impegnati in una gara contro il tempo aveva soprattutto visto i successi della signora Lene Vestergaard Hau, una scienziata danese docente all'università di Harvard. Nel 1999 era riuscita a rallentare un fascio luminoso sino a 60 chilometri orari e nel febbraio dell'anno scorso ad intrappolarlo in un gas. Sembrava una magia, perché normalmente i fotoni, le particelle di cui è composta la luce, viaggiano alla velocità di 300 mila chilometri al secondo. Invece lei era stata in grado prima di frenarli e poi di imprigionarli. Per gli scienziati era un grande risultato ma dal significato ancora ristretto ai laboratori. Per immaginare delle applicazioni bisognava fare il salto verso un materiale solido ed è quello che sono riusciti a compiere Hemmer e Shahriar, finanziati dal Pentagono sempre a caccia di innovazioni. Il risultato sarà pubblicato sulla Physical Review Letter del prossimo 14 gennaio. "Abbiamo bloccato la luce raffreddando il materiale solido ad una temperatura di 268 gradi sotto lo zero centigrado" spiega Hemmer, 47 anni, che abbiamo raggiunto telefonicamente in Texas. "Ma siamo convinti - aggiunge - che per le applicazioni non sarà necessario arrivare a temperature così basse che presenterebbero ovviamente degli ostacoli. Immagazzinare la luce in un solido non solo era più complicato ma ha permesso di entrare nel mondo già noto dell'elettronica". Due i campi in cui si prospettano applicazioni importanti: i computer quantistici e le telecomunicazioni. "Nei primi sarà possibile immagazzinare una quantità gigantesca di informazioni con una precisione assoluta e totale - precisa Hemmer - mentre nelle telecomunicazioni si trasmetterà una massa altrettanto enorme di dati, incomparabile rispetto ad oggi. Inoltre essendo i dati manipolati quantisticamente - prosegue lo scienziato - la loro sicurezza sarà totale e inviolabile". Ma se queste sono le prospettive più rilevanti altre sarebbero dietro l'angolo e tra le più seducenti vi sarebbe anche un tipo di trasmissione nuovissimo che abbina contemporaneamente l'ottica e l'acustica. L'accelerazione nel dominio della luce impresso dal Pentagono non rappresenta tuttavia la tappa conclusiva della storia. Troppi scienziati sono ancora in gara e altre sorprese non mancheranno. gcaprara@corriere.it Giovanni Caprara ______________________________________________ La Stampa 04 gen. '02 IL LAVORO DEL GRUPPO PUBBLICATO SUL NEW ENGLAND JOURNAL OF MEDICINE L´organismo sa spostare i suoi "mattoni" Lo scienziato: si potrebbero curare i malati senza la chirurgia PROFESSOR Anversa, può sintetizzare la scoperta del suo gruppo? "Abbiamo dimostrato la migrazione di cellule maschili nel cuore di pazienti trapiantati che avevano ricevuto il loro nuovo muscolo cardiaco da una donatrice. La diversità di sesso trapiantato/donatrice è determinante per provare che si tratta di cellule staminali del paziente, cioè di cellule pluripotenti, ancora in uno stadio immaturo dal quale possono evolvere verso tipi diversi di tessuti e di organi. Un metodo messo a punto da Federico Quaini, che dall´Università di Parma è venuto per due anni a lavorare qui negli Stati Uniti". Perché la diversità di sesso trapiantato/donatrice è stata decisiva per la scoperta? "Perché solo così è possibile distinguere l´origine delle cellule. In pratica, l´Università di Udine ha fornito al New York Medical College otto cuori tratti dai cadaveri di uomini che avevano ricevuto il loro cuore nuovo da una donatrice. Uomini, insomma, con un cuore di donna. Ovviamente le cellule cardiache dell´uomo e della donna sono identiche, tranne che per un particolare: il cromosoma sessuale, che è XX nella femmina e XY nel maschio. Bene: negli otto cuori autoptici che abbiamo studiato abbiamo identificato numerose cellule con cromosoma XY. Si tratta evidentemente di cellule cardiache prodotte dal paziente dopo aver subito il trapianto. In alcuni casi arrivano a rappresentare il 10 per cento del muscolo cardiaco e le abbiamo trovate sia nell´atrio (la parte superiore del cuore) sia nel ventricolo". Quanto tempo ci vorrà per sapere se stimolando la crescita delle cellule staminali cardiache si può rimediare ai danni dell´infarto? "Tra due anni potrò rispondere a questa domanda. E´ il tempo necessario per completare gli studi che abbiamo in progetto. Ciò che ora intendiamo scoprire è da dove vengono le cellule che migrano nel cuore trapiantato. Due sono le possibilità: o derivano da quella parte dell´atrio che viene lasciata al paziente e sulla quale il chirurgo cuce il cuore donato, o derivano dalle cellule ematopoietiche del midollo osseo. Un esperimento che abbiamo in corso ce lo dirà. Contiamo di pubblicarne l´esito tra qualche mese. Ora comunque è certo che l´uomo possiede cellule primitive del cuore. Il nostro obiettivo è capirne a fondo la biologia per imparare a stimolarle e poi inviarle a riparare le parti del muscolo cardiaco compromesse. Siamo a livello sperimentale, partiamo da topolini per passare ai ratti, al cane e infine all´uomo. Non è detto che sia necessario moltiplicare queste cellule in provetta e poi metterle in sede: pensiamo che sia possibile stimolare lo sviluppo delle staminali direttamente nel paziente e poi farle migrare dove ce n´è bisogno". Da quanto tempo i cuori erano stati trapiantati? "Gli otto cuori femminili di provenienza autoptica che abbiamo studiato avevano una "anzianità di trapianto" compresa tra 4 a 520 giorni. In tutti abbiamo identificato cellule maschili, anche nel cuore che aveva resistito soltanto quattro giorni. Ciò significa che le cellule staminali cardiache sono molto reattive. E´ un motivo per sperare che si possa arrivare a una terapia concreta. Soltanto negli Stati Uniti sarebbero cinque milioni i potenziali pazienti; in Italia i nuovi casi interessati sono circa 150 mila all´anno". Professor Anversa, qualche notizia biografica. Qual è la sua storia di ricercatore? Quante sono le sue pubblicazioni scientifiche? "Sono venuto negli Stati Uniti grazie a una borsa di studio Nato ma, anche se sono qui da 25 anni, per me non è proprio il caso di parlare di "fuga dei cervelli": ho avuto un insegnamento universitario in Italia e non è escluso che ritorni nel mio paese, forse al San Raffaele di Milano. Semplicemente sono rimasto qui perché l´ambiente era più favorevole. Sono sposato e ho un figlio ingegnere che lavora alla General Electric: è sempre su qualche aereo, viaggia ancora più di me. Le pubblicazioni? Non le ho contate, saranno più di 200. Certo quest´ultima mi fa particolarmente piacere. Il "New England" le dedica anche un commento di Roberto Bolli, il "Wall Street Journal" ha rilanciato la notizia. Un bel modo di iniziare il 2002".