LA SARDEGNA RISCHIA: SCUOLA A 2 VELOCITÀ LO SPIRITO DI NATTA GUIDI LA RICERCA LA RICERCA RIPARTE CON LA VECCHIA DOTE DI RISORSE UNIVERSITÀ, SUPERMASTER IN OFFERTA UNA LEGGE SALVA MATRICOLE NEGLI ATENEI A NUMERO CHIUSO BERLINGUER: LA CONTRORIFORMA E' UN VERO PASTICCIO ORA HA TUTTI CONTRO" A MARZO VIA AI TEST DI EFFICIENZA NELLE SCUOLE BUSH RIVOLUZIONA LA SCUOLA "SOLDI SOLO A CHI SA INSEGNARE" LAVORARE STANCA ========================================================= DECRETO ANTI ESCLUSIVITÀ. LA PROTESTA DEGLI SPECIALISTI DEL LAVORO SANITÀ, IN ARRIVO IL MEDICO A ORE SANITA' NIENTE PIÙ LISTE D'ATTESA PER CHI SPENDE AIUTI A CHI TIENE GLI ANZIANI IN CASA LAZIO: "IL TICKET SUI FARMACI COLPISCE I PIÙ DEBOLI" AREE A RISCHIO: 800 DECESSI OGNI ANNO SASSARI: CANALIS CONTRO ASL E REGIONE NUORO: ALLA ASL FORNITORI IN ODORE DI MAFIA SASSARI: AL POLICLINICO LA DIAGNOSI PRECOCE SULLA SORDITÀ È REALTÀ OSPEDALE MARINO: "DISAGI IN CORSIA? COLPA DELLA ASL GENETICA DEL DOLORE GENETICA E DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ PARTO CESAREO PER UN' ITALIANA SU TRE FORMICHE, CONTRO LE INFEZIONI FANNO PULIZIA ========================================================= MICROPROCESSORI SEMPRE PIÙ VELOCI ========================================================= _________________________________________________ L'Unione Sarda 8 gen. 02 LA SARDEGNA RISCHIA: SCUOLA A 2 VELOCITÀ di Silvano Tagliagambe Nel mondo della scuola il 2001 si è chiuso con la diffusa protesta degli studenti e di molti docenti contro il progetto di riforma, presentato dal ministro Moratti ai recenti Stati generali dell'Istruzione. Oltre che taluni punti specifici contenuti nel progetto (in particolare la riduzione di un anno della durata delle scuole secondarie superiori) la protesta era diretta a contestare il pericolo di un ridimensionamento del ruolo dell'istruzione pubblica a favore della scuola privata. Non intendo sottovalutare questo rischio né sottrarmi, per parte mia, all'obbligo di ribadire la funzione insostituibile che la scuola pubblica ha nel nostro Paese, che rende improponibile ogni possibile forma di riduzione delle sue prerogative e delle risorse da destinare ad essa. Vorrei però segnalare un altro pericolo incombente, di cui ho avuto la possibilità di avvertire, proprio in quanto componente del gruppo ristretto che ha lavorato alla riforma dei cicli, tutta la portata, e che non mi pare venga invece colto neppure dagli osservatori più attenti: quello della contrapposizione tra scuola nazionale (o repubblicana, se si preferisce) e scuole regionali. Il rischio che si profila in modo, purtroppo, assai concreto è cioè quello della frantumazione del nostro sistema scolastico nazionale in tanti sistemi scolastici locali quante sono le nostre regioni. La riforma dei cicli scolastici, avviata da Luigi Berlinguer e poi portata a compimento da Tullio de Mauro, si era attestata su un equilibrio che sembrava ragionevole tra l'istanza nazionale e quelle locali, stabilendo che l'80% dei piani di studio (o dei curricoli, se si preferisce) dovesse essere di competenza dello Stato e il 20% riservato alla libera programmazione del territorio di riferimento. Questa soluzione è stata però indebolita dalla legge costituzionale di modifica al titolo V della Costituzione, poi confermata dal voto popolare con l'ultimo referendum, che sottrae il sistema dell'istruzione alla legislazione esclusiva dello Stato, com'era finora, per farlo rientrare tra le materie di legislazione concorrente Stato-Regioni. In più l'art. 3 della legge costituzionale 18/10/2001, n. 3, stabilisce che "nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato". Pur in presenza di questo fatto nuovo, il progetto di riforma presentato dal ministro Moratti agli Stati generali riproponeva la scelta dei due precedenti ministri dei governi di centro-sinistra, ribadendone il valore di cardine insostituibile ai fini della difesa di un sistema scolastico unitario. Questa linea è stata apertamente contestata e contrastata dai presidenti di diverse Regioni in particolare del nord e del centro, tra i quali si è registrata una sintonia che andava al di là dei diversi schieramenti politici di appartenenza, concordi nel rivendicare alle Regioni medesime, in virtù di quanto stabilito dalla nuova legge costituzionale, il ruolo di protagoniste delle politiche scolastiche, con riferimento non solo all'organizzazione e alla gestione del sistema, ma anche a scelte di carattere culturale e programmatico. Di fronte all'ampiezza e alla decisione di questo fronte, guidato dal governatore della Lombardia, che mira a svuotare progressivamente dall'interno le prerogative dello Stato, riducendole di fatto a un guscio vuoto, l'assegnazione allo Stato, prevista dal già citato art. 3, della legislazione esclusiva in materia di "norme generali dell'istruzione" rischia di fare la fine della classica, pudica foglia di fico, che cerca invano di coprire una situazione di fatto la cui evidenza non è più occultabile. Va segnalato che questa posizione è sostenuta e spinta avanti con decisione anche da ambienti culturali e accademici (in particolare dai rettori di alcuni, prestigiosi atenei del centro-nord) che di fronte alle attuali lacune della scuola italiana vanno da tempo proclamando l'esigenza di scuole (elementari ma, soprattutto, medie e medie superiori) "di eccellenza", tali da "garantire ai talenti la possibilità di esprimersi liberamente e di spiccare il volo" (uso di proposito espressioni più volte sentite durante i confronti con esponenti del mondo culturale e universitario) e, comunque, da assicurare una preparazione adeguata all'accesso a Facoltà e Corsi di laurea anch'essi "di eccellenza". Non è certo un atto di sfiducia nei confronti della scuola pubblica delle Regioni del mezzogiorno d'Italia (e, tra queste, inevitabilmente, anche della Sardegna) paventare il rischio che, in un quadro quale quello che sembra profilarsi all'orizzonte, le attuali disparità di sviluppo economico e di disponibilità di risorse possano finire con il riflettersi anche sulla qualità dei sistemi scolastici regionali. Non vorrei cioè, per essere esplicito fino in fondo, che in un futuro non tanto remoto, le famiglie sarde che ne hanno la possibilità possano essere indotte a mandare i loro figli a frequentare fuori non solo l'università, come sempre più spesso accade già ora, ma anche il liceo e magari le scuole medie. Perché questa, sì, sarebbe, a mio avviso, la condanna a morte della scuola pubblica e della funzione (lo ripeto, insostituibile) di promozione sociale e di garanzia della possibilità di accesso a qualsiasi ruolo, compresi quelli più elevati della classe dirigente, anche per i figli delle famiglie meno abbienti, che essa ha sin qui esercitato. Silvano Tagliagambe _________________________________________________ Corriere della Sera 09 gen. 02 LO SPIRITO DI NATTA GUIDI LA RICERCA Caprara Giovanni Università e industria LO SPIRITO DI NATTA GUIDI LA RICERCA La ricerca ad alto livello in Lombardia (e in Italia) si è fermata a Giulio Natta; cioè a quegli inizi degli anni Sessanta che segnarono l' epoca del "miracolo economico". E Milano e la Lomb ardia ne erano i motori tanto da riuscire a "fabbricare" un Nobel per la chimica dal quale discese non solo un grande prestigio culturale per il Politecnico, la città e la regione che lo avevano generato, ma anche un rilevante interesse economico. Pe rché Natta (lo ricordiamo consapevoli che molti lo hanno dimenticato) aveva scoperto il polipropilene, una materia plastica che diventò più nota con il nome di Moplen. E la Montedison ancora oggi incassa gli utili. Infatti l' inaspettato ex ploit era frutto di un matrimonio d' interesse tra l' Università e l' industria che decideva di finanziare le ricerche di Giulio Natta. La Montecatini di allora aveva rischiato e puntato sull' uomo che fece poi una scoperta, appunto da Nobel, la quale si trad usse immediatamente in uno straordinario affare. E da allora? A giudicare dal recente rapporto dell' Unioncamere, lo "spirito di Natta" si è dissolto nel nulla se le statistiche delle spese della ricerca nelle diverse aree europee pongono la nostra R egione in coda, con alle spalle soltanto le zone di Atene, di Lisbona e dell' Andalusia. Questa è la posizione in Europa dell' Italia della ricerca grazie alla sua spesa ridotta a uno striminzito 1% del Prodotto interno lordo (Pil), drammaticamente p iù basso della media dell' Unione. Carente è soprattutto la ricerca privata, peraltro in gran parte (circa 35%) realizzata in Lombardia, mentre la quota pubblica è ridotta al 12%. Esattamente il contrario di quanto accade nel Lazio. Infatti in Lombar dia, a parte qualcosa del Cnr e dell' istituto di fisica nucleare Infn, non ci sono sedi di altri grandi enti nazionali come l' Enea, l' agenzia spaziale Asi o il Centro italiano di ricerche aerospaziali Cira. Purtroppo le grandi industrie si sono ti rate indietro dal suolo lombardo. La chimica e la farmaceutica sono tramontate. L' Enel ha chiuso il suo centro di ricerca che aveva a Milano. Oggi fanno eccezione i laboratori Pirelli per le telecomunicazioni, rimasti gli unici a investire con una c erta prospettiva, e qualche industria elettronica come la ST Microelec tronics. Ciò che è più grave è che non solo non si fa ricerca di base ad alto livello come all' epoca di Natta, ma anche per la tecnologia si assiste "al ripiegarsi su un' innovaz ione pigra, in gran parte importata", ricorda il professor Renato Ugo, presidente dell' Airi, l' associazione italiana della ricerca industriale. Le medie aziende che investono qualcosa lo fanno con una visione ristretta di due- tre anni e senza breve ttare, esponendosi alla concorrenza straniera, che ha presto il sopravvento. Sono queste aziende ad aver creato un "sommerso della ricerca" che complica ulteriormente la scena. Manca insomma in Lombardia, come in Italia, una cultura della ricerca. No nostante centri universitari d' eccellenza come Milano e Pavia, e un certo sviluppo nell' area biomedica (dal San Raffaele al Mario Negri), il mondo industriale rimane lontano da quell' impegno, da quel coinvolgimento da cui nacque lo "spirito di Nat ta" che se fossimo capaci di far rivivere (al di là dei reiterati proclami politici) cambierebbe davvero le cose. Naturalmente in meglio. _________________________________________________ Il Sole24Ore 10 gen. 02 LA RICERCA RIPARTE CON LA VECCHIA DOTE DI RISORSE Per il viceministro Possa i fondi si sono assestati, ma i rettori protestano M.C.D. ROMA - Gli stanziamenti per la ricerca nella nuova Finanziaria confermano i livelli del 2001. Le proteste nei confronti del Governo sono "una forma di strumentalizzazione". Guido Possa, viceministro all'Istruzione, difende l'operato dell'Esecutivo in una fase economica difficile e respinge l'accusa di disinteresse. Da rettori, professori e ricercatori, invece, si leva un coro di critiche: la diminuzione, in termini reali, dei finanziamenti statali alle università è foriera di un abbassamento della qualità del sistema dell'alta formazione, mentre le risorse per la ricerca universitaria, di base e applicata, restano molto basse. "La "fuga dei cervelli" non si arresterà - pronosticava una mozione votata dai rettori nello scorso ottobre - se mancherà un deciso impegno sul fronte delle risorse finanziarie e infrastrutturali". Le risorse. Il fondo per il finanziamento ordinario delle università - le risorse principali per la vita degli atenei statali, destinate non solo alla didattica ma anche all'attività di ricerca - nel 2001 è stato di oltre 6.145 milioni di euro (11.900 miliardi di lire), nel 2002 è di 6.189 milioni di euro (11.983 miliardi di lire). L'aumento, secondo Luciano Modica, presidente della Conferenza dei rettori, non è sufficiente a pagare nemmeno un terzo dell'adeguamento retributivo dei professori. Che i cordoni della borsa siano stati stretti lo ammette anche Possa, che però ricorda "l'impegno del Governo a trovare 51,6 milioni di euro (100 miliardi di lire) per integrare il fondo". Il fondo per il finanziamento degli enti di ricerca ha, nel 2002, una dotazione di 1.575 milioni di euro (circa 3.050 miliardi di lire), una cifra grosso modo corrispondente a quella del 2001 (comprese le risorse per gli istituti di fisica nucleare e di fisica della materia). Al Fondo per la ricerca applicata sono destinati, nel 2002, 420 milioni di euro (813 miliardi di lire), contro i 622 milioni di euro del 2001. Infine, il Firb, il Fondo per la ricerca di base, dispone di circa 13 milioni di euro, mentre nel 2001 è stato finanziato con 377 milioni di euro, provenienti dagli incassi delle licenze Umts. Tuttavia - fanno notare al ministero - la posta vale per il biennio 2001/2002, tanto è vero che si stanno selezionando i progetti meritevoli di essere finanziati. I soldi non sono tutto... Secondo Guido Possa, per far decollare il sistema della ricerca si deve agire sulle modalità della spesa, cercando di non disperdere le risorse e fare perno su team motivati e "produttivi". L'altra priorità - spiega Possa - è di stabilire, nel rispetto dei compiti istituzionali, un collegamento sistematico e fruttuoso tra università ed enti di ricerca, da una parte, e imprese, dall'altra. E per riuscire nell'intento bisogna superare le barriere culturali dei due poli, nella considerazione che l'innovazione rappresenta un atout. Infine, Possa sottolinea il ruolo delle Fondazioni bancarie, che tra i propri compiti statutari possono annoverare l'impegno nella formazione e nella ricerca. ...Ma senza soldi si rimane deboli. Se mancano adeguati finanziamenti non si riesce - secondo Modica - a creare infrastrutture per sostenere la ricerca di cui ha bisogno un Paese avanzato. E senza infrastrutture, senza la possibilità di assumere anche personale a tempo determinato, anche le commesse per conto terzi restano confinate in una dimensione limitata. I finanziamenti pubblici sono essenziali - dice Modica - per spingere gli investimenti privati. Eppure il fondo per la ricerca universitaria (l'ex 40%) assegna - teoricamente - a ogni professore e ricercatore una dote di 2.840 euro. Tuttavia, il problema delle risorse limitate è solo un verso della medaglia: ancora oggi i finanziamenti sono dispersi - afferma Modica - in mille rivoli, tanto è vero che oltre 50 milioni di euro del fondo di finanziamento ordinario delle università va ai consorzi di ricerca, che invece dovrebbero essere in grado di mantenersi sul mercato. E, per finire, il capitolo della valutazione: ancora oggi nella ricerca manca il giudizio sui risultati. Non si premia cioè chi fa bene, penalizzando chi usa soldi pubblici con risultati mediocri. _________________________________________________ Corriere della Sera 10 gen. 02 UNIVERSITÀ, SUPERMASTER IN OFFERTA Ripresa dell'anno accademico con iniziative e proposte innovative nella formazione post-laurea Domani, in Cattolica, mostra e celebrazioni per l'VIII centenario di Gioacchino da Fiore La ripresa dell'anno universitario è all'insegna dell'iscrizione a nuovi master in temi cari alla contemporaneità (globalizzazione, e-business...) e all'avvio di iniziative culturali e scientifiche. Ieri, l'Università degli Studi ha firmato la convenzione con Finmeccanica per l'istituzione, a Crema, di un centro per l'intelligenza artificiale. Domani, la Cattolica ricorderà l'VIII centenario della morte del teologo Gioacchino da Fiore, con un convegno sulla sua figura ("Profezia e simboli nel Liber Figurarum", aula Pio XI) e una mostra (aula Leone XIII, sino al 20 gennaio) sulla sua opera più famosa, il "Liber Figurarum", con esposizione di una trentina delle pregiate tavole del testo. Dal punto di vista didattico, però, è soprattutto l'ora di scegliere un master. Per i laureati di tutti gli atenei sono aperte le iscrizioni all'VIII Corso in Educazione allo Sviluppo. Il corso, in collaborazione con l'Unicef e sostenuto dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, e ha come obiettivo approfondire il concetto di globalizzazione in alcune delle sue applicazioni più emblematiche, quali i diritti umani, l'economia, l'ambiente (iscrizioni presso l'Unicef, via Ugo Foscolo 3). Un'altra novità sono i master serali. Dopo quelli offerti dalla Bocconi, ora ne propone uno il MIP del Politecnico. E' il Master Serale in Innovazione e Gestione d'impresa (iscrizioni sino al 15 gennaio). Si tratta di un percorso di formazione manageriale destinato a laureati in discipline tecnico-scientifiche, economiche e umanistiche già impegnati in attività di lavoro. In funzione delle singole esigenze lavorative, è possibile frequentare solo il primo anno, arrivando a conseguire il diploma, oppure proseguire per il secondo anno e conseguire l'MBA. Il corso è indicato a coloro che vogliono imprimere una svolta alla propria carriera professionale: le statistiche dicono che entro un paio di mesi dal termine delle lezioni l'85% degli allievi è in grado di modificare la propria posizione professionale. Con il contributo del Fondo Sociale Europeo, la Statale ha attivato i seguenti Master a frequenza gratuita: Progettazione del paesaggio, Tecnologie innovative per le produzioni florovivaistiche, Gestione del sistema vitivinicolo, Tecnologie erboristiche, Gestione dell'ambiente e del paesaggio: conoscenza, comunicazione, azione, Redattore di editoria libraria con conoscenza delle tecnologie digitali, Metodologie di base dell'informatica e della comunicazione per le scienze umanistiche, Gestione dei documenti e degli archivi contemporanei, Storia, didattica e comunicazione. Quest'ultimo, organizzato dal dipartimento di Storia della società e delle istituzioni della Facoltà di Scienze, fornisce le indicazioni su come far diventare la storia un business. Con scadenza delle domande il 14 gennaio, l'Università della Bicocca dà il via al master in Tecnologie Informatiche per la Nuova Economia. Se quello dell'Unicef è un master sulla globalizzazione, questo è un master nell'e- business. Un settore che, con l'emergere della economia digitale, prevede un'esplosione del cosiddetto "Virtual Marketplace". Le stime nell'e-business rilevano che in Italia si passerà da 16.000 miliardi del 2001 a 35.000 miliardi nel 2002. "Stiamo assistendo alla crescita di una nuova economia, dove i mercati elettronici sono accessibili a grandi e piccole aziende", spiega la professoressa Messina, docente di Ricerca Operativa alla Bicocca. "Gli scambi via e-commerce coinvolgeranno sempre più le piccole-medie imprese. Per questo si prevede una notevole richiesta di addetti qualificati". Il 21 gennaio, inoltre, inizierà alla Bicocca il master in Bioinformatica, che riguarda anche il trattamento dati riguardanti il progetto genoma. Al San Raffaele ultimo giorno utile per inoltrare le iscrizioni al corso di perfezionamento in Farmacogenomica. _________________________________________________ L'Unione Sarda 11 gen. 02 UNA LEGGE SALVA MATRICOLE NEGLI ATENEI A NUMERO CHIUSO Sanatoria in vista per migliaia di studenti che si erano visti rifiutare l'iscrizione nelle facoltà a numero chiuso. È stato presentato al Senato un disegno di legge che, se approvato, consentirà loro di superare gli sbarramenti e proseguire gli studi. Ma attenzione: il provvedimento salva matricole interessa solo quegli studenti che, dopo essersi vista respingere la richiesta di iscrizione, si erano rivolti al Tar e, dopo aver ottenuto la sospensiva, avevano regolarmente sostenuto gli esami. Il disegno di legge, presentato dai senatori del Ccd-Cdu consentirà di evitare che una sentenza del Consiglio di Stato (al quale si sono rivolti gli Atenei per chiede l'annullamento della decisione del Tar) possa invalidare il corso di studi delle matricole. Le migliaia di studenti interessati dovranno però avere pazienza: la discussione in Commissione non è ancora iniziata. Nella relazione introduttiva viene spiegato che il disegno di legge è stato presentato perché "il numero dei posti messi a disposizione per ogni ateneo è risultato del tutto inadeguato ed i sistemi selettivi hanno determinato situazioni di illegittimità e disparità di trattamento". _________________________________________________ Repubblica 13 gen. 02 BERLINGUER: LA CONTRORIFORMA E' UN VERO PASTICCIO ORA HA TUTTI CONTRO" LA POLEMICA L'ex ministro Luigi Berlinguer stronca la "controriforma" MARINA CAVALLIERI ROMA - "Non chiamiamola riformaMoratti, non chiamiamola controriforma, diciamo piuttosto pasticcio". Il professor Luigi Berlinguer, ex ministro della Pubblica istruzione, grande artefice di una riforma scolastica approvata dal Parlamento e accantonata dall'attuale governo, parla chiaro: "Hanno voluto creare una grande attesa e poi hanno partorito un topolino, un puzzle indecifrabile, un aborto". Non si ferma: "Si sono mossi con un intento catartico, volendo cancellare tutto quello che aveva fatto il centrosinistra, senza nessun senso di responsabilità politica hanno detto: cancelliamo il male". E ora? "Ora il ministro Moratti si è messa in un cul di sacco". Professore, può spiegare meglio? "La Moratti ha strizzato l'occhio a tutte le corporazioni della scuola che poi le hanno messo i bastoni tra le ruote. Con una pseudo riforma della formazione professionale ha offeso la nuova Costituzione e la vecchia. Con il suo progetto lo Stato si riappropria della formazione professionale, è un'offesa alle Regioni e la Lega si è sentita presa in giro. Copiando il nostro progetto di continuità delle elementari e medie, la sua è solo una timida copiatura, si è messa contro il mondo cattolico e la Cisl. Sempre il mondo cattolico le è ostile per la sua idea di tagliare la scuola materna, anche lì è andata a toccare degli interessi e anche uno dei punti di forza del nostro sistema scolastico". Ora cosa succederà? "Parliamo prima di quello che sta già succedendo" Ce lo racconti. "In questi mesi, per creare questo gioiello, hanno bloccato il processo di autonomia, hanno bloccato la formazione post secondaria, hanno bloccato il sostegno all'obbligo scolastico, bloccato la riforma dei provveditorati, mentre facevano tutte queste cose hanno anche fermato i nuovi curriculum, la possibilità che i ragazzi imparassero inglese già nei primi anni di scuola, che studiassero musica. Loro che dicono di voler incentivare l'insegnamento dell'inglese nelle scuole lo hanno di fatto bloccato, un insegnamento che era già legge dello Stato. Sono molto preoccupato". E' più preoccupato per la sua riforma cancellata o per la nuova? "Sono preoccupato che si torni a prima del '96 e che si cancelli anche l'obbligo scolastico. Mi sanguina il cuore. L'obbligo scolastico non si tocca, 40 mila ragazzi in più nelle scuole che non si possono mandare a lavorare. Avevamo faticato per fare una riforma profonda, avevamo spianato la strada. Non si può azzerare tutto. Aznar quando è salito al governo non ha fatto piazza pulita. Bush che in campagna elettorale parlava di vaucher e buoni scuola ha fatto poi marcia indietro trovando un accordo con l'opposizione. Da noi invece...". Non salva niente della riforma Moratti? "Salvo l'idea di riformare la formazione professionale ma lo devono fare, c'era già ma va colta nella sua ampiezza, condivido l'uscita dalla scuola a 18 anni, una norma che va solo attuata, è già una nostra legge". Cosa proponete come opposizione? "Sfidiamo il ministro a non essere ostaggio dei conservatori, mandi avanti le cose che ci sono come legge, sostenga l'obbligo scolastico, faccia partire i nuovi curriculum, dia dignità alla funzione pubblica della scuola, rispetti la competenza regionale nella formazione e non anticipi la scelta della formazione professionale a 14 anni". Pensa che ci sarà presto un accordo in seno alla maggioranza? "Non sono io che posso dirlo". Ma cosa prevede? "Ci può essere un accordo sul cancellare tutto quello che si era fatto, temo che possa essere questa l'unica intesa". Crede che il ministro Moratti, se ci fosse qualche rimpasto, possa essere sostituito? "Quello è un ministero che scotta". ________________________________________________ Corriere della Sera 10 gen. 02 A MARZO VIA AI TEST DI EFFICIENZA NELLE SCUOLE ROMA - Scuole italiane sotto esame, dalle materne alle superiori. Il 15 marzo partirà la prima esperienza nazionale di valutazione dell'efficacia della didattica e dell'efficienza organizzativa. Il test riguarderà 2 mila 500 istituti su un totale di 10 mila. Intanto al ministero dell'Istruzione si sta mettendo a punto il testo della legge di riforma della scuola. Quasi certa la durata quinquennale dei licei, con l'ultimo propedeutico all'università. Il discorso è ancora aperto sull'inizio facoltativo della scuola a cinque anni e mezzo invece che a sei. La proposta, dopo il vaglio dei sindacati, potrebbe essere presentata in uno dei prossimi consigli dei ministri, forse addirittura domani. VALUTAZIONE - Tra due mesi partirà il progetto-pilota di valutazione delle scuole messo a punto dalla commissione ministeriale presieduta dal professor Giacomo Elias. Si tratta di un primo esperimento che servirà alla preparazione di un sistema nazionale. "Siamo entrati nella fase operativa. A giorni - ha spiegato Elias - sarà inviata a tutte le scuole che parteciperanno al progetto, circa 2.500, una lettera nella quale si richiedono una serie di informazioni relative, tra l'altro, al grado di informatizzazione degli istituti. Sulla base di tali informazioni, il ministero deciderà se operare utilizzando questionari a supporto elettronico oppure cartaceo". Le prove negli istituti dovrebbero svolgersi tra il 15 marzo e il 15 aprile. LE PROVE - Il progetto pilota comprende due momenti distinti di valutazione. E' previsto un questionario a risposta multipla per saggiare le competenze di italiano e matematica. I test saranno calibrati per ogni ordine di scuola (elementari, medie e superiori). Le prove saranno effettuate nelle quinte elementari, terze medie e al secondo anno delle superiori. Tutti i questionari perverranno quindi ad un centro di raccolta per la rielaborazione. La scelta del questionario in questa fase è stata dettata dalla necessità di avere risposte in tempi rapidi, ma in futuro non sono esclusi altri tipi di prova. Il secondo momento di verifica riguarderà l'efficienza organizzativa della scuola. Ogni istituto, dalle materne alle superiori, dovrà compilare un questionario riguardante l'offerta formativa: corsi di recupero, attività integrative, laboratori, lingue straniere e via dicendo. LA RIFORMA - Un'ipotesi di riforma, frutto di una mediazione tra i partiti della maggioranza, sarà sottoposta oggi ai sindacati e ai rappresentanti delle Regioni che, dopo la riforma della Costituzione, hanno acquisito significativi poteri in materia di formazione e istruzione. Tra le forze politiche esistono dei distinguo, ma nessuna divergenza appare così profonda da bloccare il percorso della riforma. Riassumiamo gli aspetti principali. I licei dureranno cinque anni e non quattro, come prevedeva la commissione Bertagna. L'ultimo anno dovrebbe prevedere dei collegamenti con le università. I bambini potranno frequentare il primo anno di materna a due anni e mezzo invece che a tre anni. E di conseguenza sarà possibile iniziare il percorso scolastico a cinque anni e mezzo invece che a sei. Si tratterebbe, però, di una possibilità offerta alle famiglie e non di un obbligo. Quale sarà il giudizio dei sindacati? Se oggi daranno il segnale verde, l'ipotesi si potrebbe trasformare quasi subito in un disegno di legge. _________________________________________________ Repubblica 09 gen. 02 BUSH RIVOLUZIONA LA SCUOLA "SOLDI SOLO A CHI SA INSEGNARE" E' la prima legge di modifica del sistema dal 1965. Destra e sindacati protestano La riforma premia il pubblico, ma con alti standard Finanziamenti per 30 miliardi di euro in base a test periodici sul rendimento Respinto il progetto dei "voucher", che avrebbe travasato tutti i fondi negli istituti privati DAL NOSTRO INVIATO VITTORIO ZUCCONI Washington - Nel segno del sempre invidiabile pragmatismo e del senso di responsabilità collettiva che distingue la politica americana nei passaggi cruciali, è diventata legge da ieri la prima riforma scolastica dal 1965 oggi ed è partita con la riaffermazione solenne della centralità dell'insegnamento pubblico. E' nata la riforma della scuola che il candidato Bush aveva promesso in campagna elettorale nel nome delle ideologie di parte, ma che il presidente Bush ha saggiamente modificato, nel nome dell'interesse nazionale, abbandonando quei controversi "buoni scuola" che pure la destra confessionale aveva tanto voluto. Invece, sulle scuole pubbliche americane, dall'asilo alla dodicesima classe, l'ultima del liceo, cadrà una pioggia di soldi federali, ben 26 miliardi di dollari, quasi 30 miliardi di euro in più all'anno, ma la grande carota nasconde un grosso bastone: per ottenere la loro quota di finanziamenti, le scuole dovranno dimostrare di esserseli meritati, di insegnare davvero e di non essere semplici macchine da pezzi di carta. E se questo non piace a maestri e professori sindacalizzati, il mondo della scuola pubblica può vantare una grande vittoria. Bush ha rinunciato ai voucher, a quei "buoni scuola" che la destra religiosa pretendeva per finanziare i pochi con i soldi di tutti, nella crociata contro l'insegnamento pubblico tristemente scimmiottata da politicanti in altre nazioni. Da oggi, dunque, sono i professori a essere sotto esame in America insieme con i loro ragazzi. La legge di riforma firmata dal presidente nella palestra di un liceo statale dell'Ohio, in quello che lui stesso, l'ideologo del 2000 divenuto il pragmatico del 2002 ha chiamato "il cuore dell'America, la scuola pubblica", tocca un sistema scolastico che nessuno aveva più osato modificare dalla lontanissima riforma di Lyndon Johnson, 37 anni or sono. Ma non pretende di stravolgere cicli, di cambiare curricula o di reinventare l'insegnamento. Parte invece dal presupposto, così classicamente americano, che la sostanza importa più della confezione e il problema delle scuole americane non sono le materie di insegnamento o i computer in classe, ma il modo con il quale sono insegnate. Elementari, medie, high school americane stavano diventando, nel settore pubblico, semplici recinti temporanei per i figli delle classi marginali, cinghie di trasmissione verso titoli e diplomi che non impedivano lo scandalo di liceali diplomati eppure "tecnicamente analfabeti". Ma ora, dice Bush che ha firmato la riforma al fianco di Ted Kennedy, il leader della sinistra democratica, "non ci saranno più scuse. I soldi ci sono, gli insegnanti non potranno più lamentarsi di non avere i mezzi, ma saranno chiamati a rispondere del loro lavoro, a dimostrare che i loro studenti sanno leggere, scrivere e far di conto", obbiettivo minimalista eppure già rivoluzionario. Ai singoli stati della federazione americana, nella sola, ma importante concessione all'ideologia anti centralista dei conservatori, spetterà il compito di disegnare test annuali per misurare dal 2005 il livello di apprendimento dei loro alunni, un esame che metterà indirettamente alla prova gli insegnanti e non gli allievi. "Chi fallirà, dovrà pagare le conseguenza del fallimento, le scuole che non saranno all'altezza degli standard stabiliti dagli stati, si vedranno negati i fondi". E le famiglie avranno sovvenzioni per trasferire i figli in altre scuole migliori, ma sempre all'interno del sistema pubblico. I sindacati della scuola, che negli Stati Uniti sono rimasti tra i pochi sindacati forti e potenti, si erano opposti a questa responsabilizzazione delle cattedre e il loro voto era andato, come sempre, al partito democratico che è il difensore dei diritti acquisiti nella scuola pubblica. Ma la minaccia dei "buoni scuola" è stata più forte della paura di essere messi sotto esame, perché i voucher, gli assegni che il governo avrebbe passato ai genitori che volevano spostare i figli in scuole private, si sarebbero tradotti in una gigantesca trasfusione del danaro di tutti alle scuole dei pochi e dunque in un nuovo deperimento dell'insegnamento pubblico. La minaccia ha funzionato. Ted Kennedy, il santo protettore del sindacato insegnanti, ha offerto il voto della sinistra alla riforma in cambio della rinuncia ai buoni scuola tanto cari alle scuole confessionali, Bush ha incassato quello che poteva, rinunciando a uno scontro che sarebbe stato amarissimo per tutti e ha comunque potuto dire, oggi, di avere mantenuto l'impegno a intervenire nel mondo della scuola. E di agire perché "nessun bambino sia lasciato indietro", come diceva il suo slogan. Il successo di questa riforma non è, naturalmente, garantito. Gli insegnanti hanno ragioni di temere test generalizzati che non terranno conto delle spaventose differenze sociali, e dunque culturali, tra una scuola pubblica in un ghetto di Los Angeles abitato da figli di immigrati e scuole nei buoni sobborghi bianchi, dove il sostegno delle famiglie e il livello di cultura generale è radicalmente più elevato. Ma il tentativo di impedire il crescente degrado di istituti che tiravano a campare promuovendo tutti, senza curarsi dell'apprendimento reale, era necessario, in un'America dove il gap tra i prodotti delle scuole private e i profughi di quelle pubblica stava diventando abisso. E Bush, uno dei presidenti più "ideologizzati" del dopoguerra, ha dimostrato di avere più senso dello stato, più sensibilità al bene comune, di quando gli fosse stato dato credito. I professori dovranno tornare tra i banchi degli studenti, ma avranno almeno il conforto di avere sentito dire da Bush che, nell'anno 2002, la scuola pubblica resta il motore e il cuore indispensabile di una società democratica ed egualitaria. _________________________________________________ Il Messaggero 7 gen. 02 LAVORARE STANCA L'ufficio, il luogo più odiato dagli italiani Ansia, stress e frustrazione i sintomi più diffusi. Solo uno su dieci dice di essere soddisfatto di EMANUELE PERUGINI ROMA - Deprimente, soffocante e fonte di inguaribile infelicità, ecco come la maggior parte degli italiani considera il lavoro. Siamo letteralmente terrorizzati dal lavoro e tendiamo ad odiare il nostro ufficio. Ma se fino ad oggi questa poteva essere solo un'intuizione suggerita dai soliti luoghi comuni sulla italica "voglia di lavorare", ora non ci si può più nascondere dietro un dito. La maggior parte di noi, odia talmente tanto il suo lavoro da aver eletto il proprio ufficio come il luogo dove si manifesta il più triste dei sentimenti, l'infelicità. Una situazione davvero drammatica che si manifesta in percentuali altissime. Lo rivela un sondaggio proposto da una rivista specializzata che cerca di scrutare le cause dell'infelicità degli italiani. Il 62 per cento degli intervistati da "Riza Psicosomatica" non ha avuto dubbi. Alla domanda "In quale momento della giornata ti senti più infelice" hanno risposto senza battere ciglio "in ufficio". A conferma che poi nei confronti del lavoro non ci sia un atteggiamento particolarmente positivo, ecco altre due risposte molto indicative. Il 41 per cento degli intervistati dice di sentirsi molto triste durante la pausa pranzo, mentre il 35 per cento dice di esserlo soprattutto la domenica sera, quando la consapevolezza della fine del week end e il rientro imminente al lavoro rende tutti un po' nervosi. Insomma si tratta di una vera e propria confessione dei vizi nazionali. Pochi, solo il 10 per cento degli intervistati dice di essere felice e di avere dei motivi di soddisfazione dal proprio lavoro. Dietro a queste cifre si cela un profondo disagio che può indurre a conseguenze ben più gravi, che, in certi casi, possono addirittura assumere il profilo di vere e proprie patologie. Ansia, stress, frustrazione sono i sintomi più diffusi e comuni tra i lavoratori italiani. "Lavorare non è mai stato un piacere, anzi è sempre stato un dovere". A parlare così è Sergio De Risio, direttore dell'istituto di Psichiatria e Psicologia dell'Università Cattolica di Roma. Uno specialista dei disagi che si sviluppano in ambiente di lavoro e delle patologie a cui questi portano. A gennaio sarà pubblicato dalla Franco Angeli editore un suo libro dal titolo "La salute aziendale e il problema del mobbing", in cui, in collaborazione con gli Istituti di medicina legale e di Medicina del Lavoro, sono affrontate dettagliatamente tutte le questioni legate a questa particolare patologia professionale. "È vero - ha detto De Risio, che ha confermato i dati del sondaggio di Riza Psicosomatica -, tra i lavoratori italiani si sta verificando una sempre maggiore caduta nella motivazione". La colpa è del modo di lavorare e di coinvolgere i lavoratori nei processi produttivi: un lavoratore che soffre di questo tipo di disagio rende anche di meno, circa il 60 per cento, rispetto a uno che invece si sente appagato del suo ruolo. "Il nostro sistema - ha spiegato lo specialista della Cattolica - ha prodotto gradualmente nel tempo, una progressiva "deresponsabilizzazione" dei lavoratori in relazione alle funzioni che svolgono e che a loro spettano". Meno responsabili, ma anche meno coinvolti. E i lavoratori, come reagiscono a questo calo della voglia di lavorare? Con quali strategie cercano di sfuggire allo stress dell'odiato lavoro? "In mille modi diversi e - dice il professore - ciascuno secondo il suo percorso individuale". Insomma si tende ad occupare il tempo destinato al lavoro in maniera personale e in questo si comprendono molte attività compresa quella sessuale del flirt con la collega o, ancora più diffusamente, della ricerca su Internet di materiale pornografico. Insomma si fa di tutto meno che lavorare. E il sesso in ufficio ha conosciuto un vero e proprio boom. Secondo uno studio realizzato dall'associazione "Donne e qualità della vita" su 50 aziende per ciascuna della venti maggiori città italiane, il 38% degli intervistati ha ammesso di intrattenere relazioni sentimentali o affettive durante gli orari di lavoro. Su 2.500 impiegati e manager intervistati, ben il 56% ha detto che una relazione in un contesto lavorativo li ha motivati maggiormente per il lavoro. Una tendenza questa più diffusa al Nord che al Sud del paese, ma che pare essere comunque molto apprezzata. "Nel Centro-Sud - spiega Serenella Salomoni - non c'è un'etica protestante del lavoro. Si cerca il divertimento e in generale il piacere di vivere fuori dagli orari dell'ufficio. Per questo il Nord è il centro di questa tendenza". Insomma a Roma va più di moda la fuga dall'ufficio che non la cotta con la segretaria. Ma l'amore in ufficio aiuta la produttività? Pare di sì. Gli innamorati da ufficio hanno confessato nel 77% dei casi di avere raddoppiato il tasso di produttività per la propria azienda. Nel 62% dei casi si sono identificati maggiormente con gli interessi della propria azienda. Addirittura nel 42% dei casi hanno rispettato maggiormente il proprio capo. Non sono d'accordo cento capiufficio intervistati: per l'87% l'amore in ufficio è una jattura. ========================================================= _________________________________________________ Corriere della Sera 10 gen. 02 DECRETO ANTI ESCLUSIVITÀ. LA PROTESTA DEGLI SPECIALISTI DEL LAVORO Sirchia: pronta la nuova riforma per i medici ROMA - Un disegno di legge ragionato, che cancella l'esclusività e restituisce ai medici il diritto di tornare sulle proprie scelte, di non perdere denaro e prospettive di carriera solo perché hanno deciso di continuare a svolgere la libera professione. La maggioranza si compatta attorno alle proposte del ministro Girolamo Sirchia che ha annunciato ufficialmente a presidenti delle commissioni parlamentari e ai sottosegretari di voler attuare la controriforma dei camici bianchi, assimilati secondo lui al ruolo di "schiavi" dalla legge di Rosy Bindi. È la prima volta che il ministro parla del progetto, che sta a cuore a Berlusconi e ai sindacati medici filogovernativi. Non c'è ancora niente di scritto, ma sono state confermate le linee già abbozzate in una riunione di metà dicembre con i sindacati di categoria. I medici che hanno scelto il rapporto esclusivo con la Sanità pubblica potranno ripensarci e riprendere l'attività privata nei loro studi senza vincoli con l'azienda e penalizzazioni. I chirurghi invece dovranno operare in ospedale. Accanto ai dipendenti, i "consultant", che hanno con il servizio pubblico un rapporto libero professionale. Meno potere ai direttori generali, in pensione a 70 anni. Conferma il suo dissenso l'Anaao Assomed, primo sindacato autonomo degli ospedalieri: "Il precariato aumenterà perché i neo assunti avranno 5 anni di contratto a tempo determinato. A rischio la sopravvivenza dell'indennità per l'esclusività di rapporto". In vena polemica anche la Cimo. Il sindacato ospedaliero più vicino a Sirchia avrebbe preferito una soluzione più rapida, da attuare con l'emendamento alla Finanziaria dichiarato "inammissibile" per ragioni di copertura: "Esistono gravi problemi che non possono essere affidati a uno strumento lento e precario come un disegno di legge". Intanto domani i medici del lavoro protestano a Montecitorio contro la norma della Finanziaria che include tra i medici "competenti" per la sicurezza (legge 626) anche medici legali e igienisti. E chiedono al presidente Ciampi di non firmare la norma. M. D. B. _________________________________________________ Repubblica 10 gen. 02 SANITÀ, IN ARRIVO IL MEDICO A ORE Sirchia propone lo slittamento di 6 mesi o un anno per la scelta tra attività pubblica e privata ROMA - Prorogare il tempo definito per i medici, facendo slittare di 6 mesi o anche di un anno il termine per la scelta fra pubblico e privato, fissato al primo febbraio prossimo. Il rinvio, da attuare con un decreto legge visti i 'tempi stretti', riguarderebbe quel 20% di camici bianchi 'part time', in attesa che arrivi al traguardo la riforma della riforma Bindi, a cui sta lavorando il ministro della Salute, Girolamo Sirchia. E' quanto emerso ieri durante la riunione fra il ministro, i responsabili sanità dei partiti di maggioranza, i presidenti delle Commissioni Sanità di Camera e Senato e il sottosegretario alla Salute, Cesare Cursi. Una verifica del lavoro svolto finora e l'elenco delle priorità da attuare. L'ipotizzato decreto di proroga del tempo definito per i medici, la cui scadenza era già stata rinviata al primo febbraio dalla legge 'tagliaspesa', sarà la prima 'spallata' alla riforma Bindi, che sarà poi superata dal disegno di legge, ancora una bozza, con le nuove regole sullo stato giuridico dei camici bianchi. Possibilità di cambiare la propria scelta per i medici in esclusiva con il servizio pubblico e di esercitare la libera professione nel proprio studio o in ambulatorio, o, in alternativa, di stipulare contratti liberoprofessionali individuali con l'azienda sanitaria. L'intramoenia, l'esercizio dell'attività libero professionale nelle strutture pubbliche, rimane per i chirurghi, con le aziende sanitarie che concorderanno con i sindacati le prestazioni di cui hanno bisogno. Si punta, inoltre, ad elevare l'eta pensionabile a 70 anni. Critiche al progetto di Sirchia arrivano dai sindacati dei medici. In particolare, l'Anaao e l'Assomed confermano il no alle norme in arrivo che modificheranno il regime in intramoenia, incentivando fortemente il rapporto libero professionale". _________________________________________________ L'Unione Sarda 08 gen. 02 SANITA':NIENTE PIÙ LISTE D'ATTESA PER CHI SPENDE Rivoluzione nella sanità: medici come liberi professionisti nelle strutture ma con tariffe pubbliche In arrivo le visite specialistiche a pagamento nella Asl del Sulcis Code zero, liste d'attesa abolite. Una rivoluzione nel settore della specialistica sta per investire la Asl 7 del Sulcis. E promette faville: i virtuosi dello stetoscopio non saranno più inavvicinabili. E non bisognerà sottoporsi ad attese, che in qualche caso durano mesi, prima di riuscire a sdraiarsi sui loro lettini per pronunciare il consueto trentatré. "Lo specialista che vuoi e quando vuoi". È questa l'idea che sta alla base della rivoluzione annunciata. Ma, attenzione, non sarà per tutti. Perché la formula funzioni ci vuole un passe-partout: il denaro. Soltanto a colpi di euro, infatti, le porte degli ambulatori si spalancheranno a comando. Niente soldi, si fa la coda. Insomma lo slalom che consentirà di destreggiarsi tra elenchi infiniti, agende, calendari e liste d'attesa sarà possibile soltanto a una condizione: pagando. La solita speculazione sulla pelle dei malati? Neppure per idea. La medicina a tassametro é ormai una pratica che tende a farsi sempre più strada nell'assistenza pubblica. Il Governo ha annunciato tagli ai bilanci delle Asl e ritocchi ai "Livelli essenziali di assistenza". Le cure gratis saranno ridotte quasi esclusivamente a quelle salvavita; per tutto il resto, si pagheranno robusti ticket quando non l'intera terapia. In quest'ottica sarà la stessa Asl a gestire il nuovo sistema. Peraltro gli amministratori dell'azienda sanitaria del Sulcis non stanno scoprendo nulla di nuovo. "La specialistica a pagamento viene da tempo praticata in molte altre parti d'Italia - spiega il dottor Marco Grussu, direttore del Distretto di Carbonia - ed è prevista da un preciso istituto contrattuale". Si chiama intramoenia l'innovazione che ha consentito agli specialisti che lavorano in convenzione con le Asl di esercitare la libera professione, a pagamento, avvalendosi dei mezzi e delle strutture della stessa azienda. "Se fino ad ora non abbiamo adottato questo sistema è stato soltanto perché non disponiamo dei locali adatti", aggiunge il dottor Grussu. Il rimedio è dietro l'angolo. Nel giro di un paio di mesi sarà nuovamente disponibile il poliambulatorio "ex Inam" di piazza San Ponziano. "Stiamo completando la ristrutturazione e avremo tutto lo spazio che ci serve", annuncia Marco Grussu. Il gioco è fatto. Terminate le prestazioni di lavoro previste nella convenzione, l'oculista - per citare un esempio - potrà prolungare l'orario per ricevere i pazienti a pagamento che hanno prenotato la visita allo sportello pagando la parcella stabilita dalla stessa azienda. Lo specialista ne incasserà una parte, l'altra finirà nelle casse della Asl. Effetti collaterali? Innanzi tutto una riduzione delle spese. Nel distretto di Carbonia ogni anno si spendono 8 miliardi per assicurare più di 20 mila visite specialistiche, soltanto il 30 per centro quali rientra con i ticket. Ma ci sarà anche un effetto di alleggerimento delle liste d'attesa chilometriche perché, "per quanto si faccia, in certi settori la richiesta di sanità è tale che non riusciamo a evitarle", come spiega il dottor Marco Grussu. È quello che succede per le branche più gettonate come l'oculistica, l'ortopedia o l'odontoiatria, mentre ci sono specialità come la pneumologia, la chirurgia o l'otorinolaringoiatria dove l'attesa è zero e, quindi, non ci sarà bisogno degli specialisti a pagamento. La sanità a tassametro sboccerà a primavera. E non riguarderà soltanto le visite specialistiche ma tutte le prestazioni sanitarie ospedaliere e ambulatoriali. Mentre, quando sarà completata la ristrutturazione del "Sirai", apriranno anche le corsie a pagamento. Insomma sarà un ritorno al passato con l'assistenza a due livelli, per chi ha i soldi e per chi non li ha. Sandro Mantega _________________________________________________ Corriere della Sera 08 gen. 02 AIUTI A CHI TIENE GLI ANZIANI IN CASA Il governo pensa ad un bonus. L' Italia è il Paese con il minor numero di letti negli ospizi De Bac Margherita Il contributo potrebbe essere di 500 euro. Domani si discute il Piano sanitario nazionale Aiuti a chi tiene gli anziani in casa Il governo pensa ad un bonus. L' Italia è il Paese con il minor numero di letti negli ospizi ROMA - Il Paese più vecchio d el mondo, con il suo 18,1% di ultrasessantacinquenni, pensa agli anziani abbozzando una serie di progetti che dovrebbe portarci negli anni futuri a gestire con tranquillità i problemi delle persone con i capelli bianchi. Di anziani si occupa il Piano sanitario nazionale 2002-2004, pronto entro gennaio. A questo potrebbe aggiungersi il programma di sostegno alle famiglie bisognose presentato dal sottosegretario alla Salute, Cesare Cursi. Il viceministro pensa a un aiuto in denaro per i nuclei con redditi bassi che decidano di tenere con sé il nonno, anziché mandarlo in un ospizio. Una cifra tutta da definire (si parla di 500 euro, ma potrebbero essere di più o di meno) che trova come riferimento l' assegno già previsto per queste situazioni dalla Lombardia. "La proposta verrà analizzata dalla conferenza Stato-Regioni - precisa Cursi -. E' da studiare anche il modo con cui finanziare il bonus. Lo Stato potrebbe ad esempio sostenerne una parte. E' un' ipotesi di lavoro che si aggiunge all e iniziative già annunciate dal ministro Sirchia, come la creazione di nuove residenze, il potenziamento dell' assistenza domiciliare e l' aumento dei posti letto di riabilitazione". I bonus sarebbero limitati alle famiglie con anziani autosufficient i o parzialmente autosufficienti, quindi i meno problematici fra gli "over". "Recuperare il rapporto con un anziano è un arricchimento", è convinto il sottosegretario, ripetendo però che la sua è un' ipotesi ancora tutta da definire nei dettagli. PRI MATO - In base all' ultimo studio dell' Us Census Bureau americano, il massimo istituto demografico del Paese, l' Italia conduce indisturbata la classifica dei Paesi più attempati con il 18,1% degli over 65. Al secondo posto, la Svezia, ferma al 17,3 %. "Quella di Cursi è un' ottima iniziativa purchè si passi ai fatti - commenta Roberto Bernabei, geriatra dell' Università Cattolica di Roma, dove è in funzione un valido centro della terza età -. Il problema della vecchiaia degli italiani è stato s ottovalutato dai precedenti governi e ora ne scontiamo le conseguenze. Mancano soprattutto letti adatti per questi pazienti così fragili e malati". Un' indagine del Cnr, non ancora conclusa, mostra percentuali preoccupanti. Il 15% degli over 75 non è autosufficiente, ma dopo questa età la quota sale in modo esponenziale. Dopo gli 85 anni, appena il 10% può dirsi pienamente autosufficiente, cioè indipendente. "Da noi c' è un paradosso insoluto - continua Bernabei -. Siamo il Paese al mondo con il minor numero di letti nelle case di riposo, 20 ogni 1.000 over 65. Nessun altro Paese industrializzato scende sotto la media di 60 letti ogni 1.000. Noi abbiamo una disponibilità pari a un terzo". Un altro numero allarmante. Si calcola che il 30-40% degli anziani sia solo. MEDICI - Il Piano sanitario nazionale verrà discusso domani in una riunione della maggioranza. Prevista, tra l' altro, la trasformazione degli ospedali generali, non specialistici, in centri di riabilitazione e convalescenza per i pazienti geriatrici e di hospice per quelli oncologici. Si parlerà anche di medici e della poderosa spallata all' esclusività del rapporto. "Un passaggio necessario - è favorevole Antonio Tomassini, presidente della Commissione sanità del Senat o, FI, ispiratore di tutti gli emendamenti alla Finanziaria che avrebbero voluto dare un colpo di spugna immediato all' attuale legge -. I medici erano stati fatti schiavi e vanno affrancati". Nasceranno due nuovi tipi di medici, i dipendenti (liberi di fare attività privata senza vincoli) e i cosiddetti "consultant" che avranno con l' azienda un rapporto libero professionale. "Potranno essere utilizzati, a esempio, per intervenire sulle liste di attesa o nei servizi più carenti - dice Tomassini -. Il rischio è che questi prestatori d' opera vengano presi non secondo criteri di qualità, ma politici". M. D. B. EMERGENZA TERZA ETA' RECORD I più vecchi L' Italia è il Paese con il maggior numero di anziani: il 18,1% della popolazione ha oltre 6 5 anni di età. Il 30- 40% vive da solo PARADOSSO Pochi posti letto Il Paese con il maggior numero di anziani ha il minor numero di letti nelle case di riposo: 20 ogni 1000 anziani contro una media di 60 letti ogni 1000 nei Paesi industrializzati LA PR OPOSTA Aiuti alle famiglie Aiutare le famiglie con redditi bassi e con anziani autosufficienti o parzialmente autosufficienti con un contributo di 500 euro (ma la cifra è da definire), sul modello di quello adottato dalla Regione Lombardia NUOVO PIAN O Specialisti Domani riunione di maggioranza per decidere sulla trasformazione degli ospedali generali non specialistici in centri di riabilitazione per i pazienti geriatrici. Si parlerà anche del rapporto di esclusività dei medici _________________________________________________ Corriere della Sera 10 gen. 02 LAZIO: "IL TICKET SUI FARMACI COLPISCE I PIÙ DEBOLI" Il provvedimento, che prevede la spesa di un euro a medicinale, sarà varato domani dalla giunta Storace "Iniquo e inutile". Contro il ticket di un euro (1936,27 lire) sui farmaci, che sarà varato domani dalla Regione Lazio, l'opposizione è pronta ad avviare una campagna di massa. "Saremo davanti agli ospedali, davanti alle Asl, davanti alle farmacie..." promettono il segretario della Federazione ds di Roma, Nicola Zingaretti e il segretario regionale Michele Meta. La tassa è inutile, sostengono, perché "non viene praticata nessuna distinzione fra i farmaci che servono e quelli che non servono". Secondo Giulia Rodano (ds), Storace si nasconde "dietro presunte responsabilità" di Badaloni. "Il centodestra deve dirci perché ha fatto aumentare il numero e la spesa per i ricoveri ospedalieri e per le prestazioni specialistiche, perché ha aumentato a dismisura incarichi nelle aziende sanitarie del Lazio, perché ha eliminato tutte le misure di risanamento che aveva assunto la giunta di sinistra", interroga la vicepresidente della commissione Sanità. Durissimi i consiglieri di Rifondazione, convinti che l'introduzione del ticket decreti "l'incapacità amministrativa della giunta Storace e la squallida azione di smantellamento della Sanità pubblica". Secondo l'opposizione il provvedimento, con "l'assurdo limite della prescrizione di un solo farmaco a ricetta", graverà solo sulle fasce deboli , aggiungono il capogruppo di Rifondazione Salvatore Bonadonna e Romolo Rea, membro della commissione Sanità , convinti che Storace voglia "smantellare il servizio pubblico" per favorire i privati : il nuovo "balzello", che porterà 45 miliardi di maggiori introiti, non potrà ripianare "il buco della spesa sanitaria". Una cifra che secondo l'opposizione ondeggia tra 1.700 e 2.000 miliardi . "É solo una manovra leggera per calmierare la spesa farmaceutica" replica il presidente della commissione Sanità, Alessandro Foglietta (An): "La sinistra fa solo demagogia". Il Codacons dice no al "balzello di un euro" e invia alla Regione una diffida. Polemici anche i sindacati. Per Alberto Sera, segretario generale della Uil di Roma e del Lazio, questo "gran polverone di cambiamenti" potrebbe nascondere "l'intenzione di proseguire nella manovra di ricapitalizzazione in dieci anni delle Asl e relativa vendita del patrimonio". Eppure, sostiene Luciano Ciocchetti, capogruppo Ccd, il ticket è "una scelta obbligata". Sarcastico il commento del presidente Storace, in Tunisia per incontri di lavoro: "L'opposizione fa il suo mestiere, talmente bene che glielo faremo fare per i prossimi dieci anni" _________________________________________________ L'Unione Sarda 10 gen. 02 AREE A RISCHIO: 800 DECESSI OGNI ANNO PORTOSCUSO Nuovo allarme per la salute di chi abita nelle aree ad alto rischio di crisi ambientale. È arrivato dall'Oms, organizzazione mondiale della sanità. Nelle tredici aree prese ad esame, compresa quella di Portoscuso, si contano 800 morti in più ogni anno. Nel periodo 1990-94 ci sono stati 4.167 decessi. "Considerando la durata del periodo di incubazione delle malattie causa dei decessi aggiuntivi, come malattie circolatorie e cerebrovascolari, dell'apparato digerente e respiratorio, cirrosi, diabete, tumori in genere, e della persistenza nell'ambiente di molte sostanze inquinanti - osserva Roberto Bertollini, direttore del centro europeo ambiente e salute dell'Oms - si può presumere che le cifre relative ai morti in eccesso siano riscontrabili anche negli anni seguenti". Un nuovo campanello d'allarme che scatenerà una nuova ondata di polemiche. (a. m.) _________________________________________________ L'Unione Sarda 10 gen. 02 SASSARI: CANALIS CONTRO ASL E REGIONE Manca il personale: j'accuse del direttore di Scienze radiologiche Cesare Beffati nella battaglia contro i tumori Inutilizzato il nuovo acceleratore lineare costato quattro miliardi Il traguardo sembrava ormai vicino: un Centro di radioterapia competitivo a livello nazionale. Esiguità di personale e burocrazia (trafile a dir poco infinite) hanno riportato tutti a una triste realtà. La situazione del reparto è disastrosa: "Siamo a corto di organico e corriamo il rischio di non riuscire ad effettuare i cinquanta trattamenti che abbiamo previsto con l'arrivo del nuovo acceleratore lineare". L'allarme viene lanciato da Cesare Canalis, direttore dell'Istituto di radiologia delle cliniche universitarie, che denuncia una carenza cronica di medici e infermieri. Un vuoto professionale che oggi sembra davvero difficile da colmare: praticamente impossibile, per esempio, attivare contratti a tempo determinato per i medici specializzati, che proprio per la precarietà del posto di lavoro, alla lunga preferiscono approdare ad altri lidi accettando ben più allettanti offerte di altri ospedali e reparti radioterapici del continente. La positiva fase di crescita che il centro sassarese delle Cliniche radiologiche aveva finalmente imboccato qualche mese fa, potrebbe ora sfumare e tutto per una direttiva regionale che non consente più di attivare contratti a tempo determinato per gli specializzandi in attesa della pubblicazione dei bandi di concorso. E sarebbero così stati spesi inutilmente anche i quattro miliardi, stanziati dall'Università e dall'Asl, per acquistare il nuovo acceleratore (costato circa due miliardi) e per adeguare i locali. "Siamo seriamente preoccupati - afferma Canalis - speravamo che con l'acquisto del nuovo macchinario per il trattamento dei pazienti la situazione sarebbe migliorata e che avremmo avuto a disposizione un maggior numero di professionisti. Dopo la fase di installazione e collaudo ci stavamo preparando a un incremento dei trattamenti: da venti a oltre quaranta al giorno. Con l'obiettivo di raggiungere quota sessanta". In questo modo avremmo potuto snellire più rapidamente le lunghe liste di attesa. "Allo stato attuale invece - aggiunge - abbiamo fatto passi indietro da gigante". Nel reparto di radioterapia sono presenti quattro unità sulle diciotto previste: due medici e due tecnici. La scuola di specializzazione, della durata di quattro anni, sforna appena due specializzati l'anno e "dato che non esistono più le borse di studio regionali, che vincolavano questi medici ad operare nel reparto in cui si formano, è ovvio che si rivolgono a centri più appetibili del nostro. Noi vorremmo accogliere almeno sei specializzandi alla volta per sopperire alla mancanza di organico e questo consentirebbe di soddisfare un ampio bacino di utenza proveniente oltre che dal sassarese in particolare dalla provincia di Nuoro". Una fuga di risorse umane che non giova certo all'immagine dell'Istituto e che vanifica i sacrifici fatti da medici e tecnici costretti a turnazioni forzate e continue per seguire i pazienti. Malati che non possono essere certo abbandonati a se stessi. Ma Canalis non nasconde il timore che la politica dell'Asl miri "a investire svariati miliardi per creare altri centri di radioterapia sul territorio che resterebbero tra l'altro sottoutilizzati proprio per la mancanza di medici e tecnici. Così ci si contenderebbe i già pochi specializzandi tra un centro e l'altro senza risolvere il problema della carenza di personale e anzi peggiorando l'attività dei centri attualmente attivi". La speranza è che l'Asl faccia scelte diverse, mirate al miglioramento dei servizi e alla formazione di nuovi specialisti. Un altro sogno? Gina Falchi _________________________________________________ L'Unione Sarda 08 gen. 02 NUORO: ALLA ASL FORNITORI IN ODORE DI MAFIA Richiesta di informazioni sugli eventuali contatti del boss Antonino Trigila e di altri trenta presunti affiliati siciliani La Dia di Siracusa indaga anche in città sulla cosca di Noto L'ombra inquietante della mafia si staglia anche sulla sanità nuorese. La procura generale di Siracusa ha infatti avviato un'indagine top secret che per quanto è dato sapere è ancora in una fase definita "ricognitiva" ma che è comunque arrivata sino agli uffici Asl di Nuoro. Un'indagine che potrebbe essere ad ampio spettro cioè coinvolgere anche altre aziende sanitarie del Paese ma che ha subito creato molta preoccupazione negli uffici di via Demurtas. La questione è in questi termini: poco prima di Natale la magistratura siciliana ha chiesto la collaborazione dei vertici dell'Asl di Nuoro per capire se il personale dell'azienda sia stato in qualche modo contattato da alcuni esponenti di spicco della criminalità organizzata del siracusano. Per questo il direttore amministrativo Giorgio Tidore ha inviato una lettera riservata indirizzata a tutti i responsabili dei vari servizi dell'azienda in cui si chiede di verificare se le persone indicate in una lista preparata dalla Procura di Siracusa abbiano avuto "rapporti a qualsiasi titolo con le strutture aziendali da loro dirette". Nella missiva è anche specificato che l'invito è conseguente alla richiesta di una non meglio specificata autorità giudiziaria (la procura di Siracusa appunto). La parte più interessante dell'intera faccenda riguarda però i nomi che compaiono nell'elenco allegato alla lettera protocollata come urgente e riservata e firmata da Tidore. Quello che apre la lista corrisponde infatti ad Antonino Trigila, 50 anni, di Noto, paesino ad alta densità mafiosa in provincia di Siracusa, considerato dagli inquirenti il capoclan della cosca "Pinnintula" (dal suo stesso soprannome) affiliata - sempre secondo la magistratura siciliana - ai catanesi di Nitto Santapaola. Seguono poi altri trentuno nomi tra i quali si contano ben dodici donne. Tutti personaggi residenti nel siracusano e tutti accomunati dal particolare non certo trascurabile di essere in odore di criminalità organizzata. Ancora: l'ultimo nome che compare sulla lista corrisponde a quello di una società, la "Siam", con sede legale proprio a Noto. Ditta che è ipotizzabile si occupi di forniture di servizi sanitari ma di cui non c'è traccia alcuna negli elenchi telefonici. Questo il quadro. Resta però da chiarire il motivo per cui la magistratura siciliana abbia concentrato la sua attenzione su Nuoro. Potrebbe trattarsi come già accennato di una sorta di attività perlustrativa che ha coinvolto anche altre aziende sanitarie sparse in tutta Italia. Un accertamento insomma che mira a verificare se la mafia di Noto stia cercando terreni vergini dove investire i proventi delle proprie attività illecite. Una ipotesi che potrebbe trovare conferme indirette dal fatto che solo qualche mese fa, a luglio, la procura antimafia di Siracusa aveva sequestrato beni per oltre cinque miliardi ad un affiliato del clan "Pinnitula". La cosca potrebbe essersi così trovata nella necessità di cercare nuovi eldorado in cui l'attenzione verso la criminalità organizzata è meno forte rispetto alle realtà in cui normalmente operano. Ma dietro al significato da attribuire alla richiesta e alla lista di nomi e cognomi che l'accompagna potrebbe anche nascondersi un'altra e più inquietante ipotesi: e cioè che la magistratura antimafia abbia già raccolto elementi tali per cui il rischio di infiltrazioni mafiose nella nostra provincia potrebbe essere già un fatto concreto e attuale. Anche se dal tenore della richiesta si intuisce abbastanza chiaramente come l'attività investigativa sia ancora in una fase preliminare. All'interno di questi ipotetici e per nulla rassicurati scenari comunque una cosa appare certa: la richiesta fatta dalla magistratura siciliana non è affatto in relazione con i due filoni d'inchiesta avviati dalla Procura nuorese sulla gestione degli appalti per la ristrutturazione dell'edilizia sanitaria nuorese. Inchieste quelle condotte dall'ufficio del procuratore capo, Roberto Saieva, e dal suo sostituto, Francesco Rigato, che un anno fa avevano portato al sequestro di decine di documenti dagli uffici di via Demurtas ma che coinvolgerebbe solo personaggi locali, anche se molto conosciuti. Su questo fronte comunque qualche novità potrebbe essere imminente. Almeno uno dei due fascicoli giudiziari aperti dai pm infatti sembra arrivato ormai ad una svolta, tanto che già nelle prossime settimane potrebbero essere formulate le prime richieste di archiviazione o di rinvio a giudizio per abuso d'ufficio. Massimo Ledda _________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 gen. 02 AL POLICLINICO DI SASSARI LA DIAGNOSI PRECOCE SULLA SORDITÀ È REALTÀ Un esame facile e indolore offerto dal Policlinico Sassarese SASSARI. La diagnosi precoce della sordità congenita diventa una realtà. Dal 1ºgennaio di quest'anno il reparto di neonatologia del Policlinico sassarese ha attivato un nuovo servizio di diagnostica neonatale grazie al quale sarà possibile diagnosticare in tempo utile la sordità congenita e approntare una terapia conseguente per porvi rimedio in modo efficace. Il servizio sarà curato dai pediatri neonatologi Antonello Flumene e Giuseppe Pilo con il supporto di una sofisticata apparecchiatura, l'"echo screen plus", che consente di effettuare il test di verifica nel neonato sotto i sei mesi in modo non invasivo e assolutamente indolore. Il Policlinico sassarese, da sempre all'avanguardia sul fronte della prevenzione, è la prima e unica struttura in Sardegna dove viene effettuato il cosiddetto "test delle emissioni otoacustiche". L'amministratore del Policlinico, dottor Piero Bua, ha espresso grande soddisfazione per l'importante traguardo. "La prevenzione - ha dichiarato il manager della struttura sanitaria di viale Italia- è un imperativo categorico della nostra struttura, la nostra preoccupazione principale è offrire tutte la garanzie possibili alla mamma e al bambino". Ma quali sono le caratteristiche del nuovo servizio? "Il sistema è semplice - spiega il neonatologo Antonello Flumene- infatti lo strumento sfrutta il principio fisiologico delle otoemissioni acustiche, esito della stimolazione della coclea. L'Echo screen emette dei segnali che vengono recepiti dall'organo uditivo del neonato il quale risponde con un impulso che viene registrato e valutato. Grazie a questa valutazione siamo in condizioni di diagnosticare, per tempo, i casi di sordità congenita e avviare una terapia idonea prima che i danni si siano strutturati". La sordità congenita è una patologia diffusa che colpisce almeno il 3 per cento dei neonati con effetti, nel lungo periodo, facili da immaginare. Fino a questo momento, però, l'accertamento veniva fatto con sistemi basati sull'attenzione e quindi sulla collaborazione del bambino. "Per intervenire in modo efficace sui casi di sordità- prosegue Flumene- è indispensabile accertare la patologia entro i primi sei mesi di vita, un periodo durante il quale lo specialista, per ovvi motivi, non può contare sulla collaborazione del paziente. Adesso invece è possibile effettuare il test anche mentre il bambino dorme". Ecco come avviene: nell'orecchio del piccolo paziente viene introdotto un auricolare collegato a un apparecchio che emette un segnale. La coclea del neonato riceve quel segnale e reagisce emettendo a sua volta un impulso che viene catturato dallo strumento e misurato. A questo punto è il neonatologo, sulla base di alcuni parametri, a valutare il dato e accertare o meno la presenza della patologia. Il nuovo sistema, dunque, non è solo semplice ma anche economico perché consente una diagnosi precisa con un notevole risparmio di tempo e denaro "un aspetto, questo, da non sottovalutare - fa notare l'amministratore del Policlinico Piero Bua- visto che a tutt'oggi la Sardegna è l'unica Regione che non ha ancora predisposto un tariffario relativo alle prestazioni di assistenza ospedaliera per il bambino". _________________________________________________ L'Unione Sarda 09 gen. 02 OSPEDALE MARINO: "DISAGI IN CORSIA? COLPA DELLA ASL La Uil rilancia le accuse sulla situazione all'ospedale Marino Insufficiente il personale ausiliario addetto alle pulizie L'Asl 8 risparmia ma chi ci rimette sono i malati: lo afferma la Uil-Sanità a proposito della situazione in cui si trovano i ricoverati della divisione di ortopedia dell'ospedale Marino per la scarsità del personale addetto alle pulizie. Colpa della privatizzazione, aggiunge il sindacato, che sottrae unità lavorative e rende difficile ogni forma di assistenza. Attualmente - afferma in una nota Guido Sarritzu, responsabile regionale della Uil-Flp - i pazienti ricoverati nel reparto al centro della polemica sono 43, mentre gli infermieri sono 17 (addetti all'assistenza) e 5 gli ausiliari (addetti alle pulizie). "La situazione - sottolinea il sindacalista - è preoccupante anche se bisogna dare atto alla direzione sanitaria dell'impegno per razionalizzare il personale". Il rapporto infermieri-ricoverati dovrebbe essere di uno a quattro (come prevede il regolamento sanitario) ma i degenti dell'ospedale Marino (con particolare riferimento a quelli del reparto di Ortopedia) devono fare i conti anche con altri disservizi: primo fra tutti quello dei pasti che oggi vengono preparati in appalto da una ditta esterna nonostante le cucine appositamente attrezzate non più tardi di due anni fa. "Difficile fare programmi con questi numeri" aggiunge Sarritzu il quale nella sua nota mette in risalto anche l'alto numero degli interventi effettuati in via d'urgenza. La media è di 15 al mese, cioè mobilitazione praticamente costante dell'intero apparato chirurgico dell'ospedale. La politica del risparmio avviata dalla Asl 8, insomma, non accontenta nessuno: i medici ce la mettono tutta per limitare la carenza dell'organico, ma il sindacato ammonisce: la situazione è critica, così non si può andare avanti. Una situazione più o meno analoga si registra anche in altri ospedale dove si temono ulteriori "tagli" al personale infermieristico: chi va in pensione oggi non viene più reintegrato. La scure della Asl è sempre dietro l'angolo e minaccia da vicino il poliambulatorio di viale Trieste e la clinica Aresu dopo il recente accordo con l'Università per il trasferimento dell'alta chirurgia alla Cittadella di Monserrato. Per la sanità, insomma, non è proprio un buon inizio d'anno. _________________________________________________ Le Scienze 11 gen. 02 GENETICA DEL DOLORE La mancanza del gene DREAM è associato a una forte produzione di dinorfina Alcuni dei processi più importanti e interessanti che avvengono nel nostro corpo riguardano la produzione e la trasmissione degli stimoli del dolore. Ora un gruppo di genetisti dell'Università di Toronto ha scoperto un meccanismo genetico implicato nella modulazione del dolore, che potrebbe permettere lo sviluppo di sistemi completamente nuovi per il suo controllo. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista "Cell". Il gene in questione si chiama DREAM (downstream regulatory element antagonistic modulator) e i topi transgenici che ne sono privi hanno mostrato una notevole perdita di sensibilità al dolore. "Si tratta - ha spiegato Michael Selter, che ha partecipato alla ricerca -di uno sviluppo notevole: c'è un grande interesse in questa scoperta perché è completamente diversa dagli approcci tradizionali che i ricercatori hanno adottato nello studio del dolore." In passato si sapeva che il gene DREAM inibisce la produzione della dinorfina, che ha normalmente luogo in risposta a stimoli di dolore o di stress. Di fatto, lo scopo della nuova ricerca era quello di determinare la funzione fisiologica del gene. Nei topi privati di questo gene si è osservata una forte produzione di dinorfina nella spina dorsale, associata a una riduzione della sensibilità al dolore acuto, infiammatorio e neuropatico. Al momento il controllo del dolore viene effettuato mediante farmaci come la morfina, che stimolano i recettori di varie proteine della classe delle endorfine, come la dinorfina. Il gene DREAM funziona però in un modo completamente diverso, legandosi direttamente al DNA e regolando la produzione di una proteina antagonista delle endorfine. È importante notare che i topi privi del gene DREAM non hanno mostrato alcuna anomalia, né riduzioni delle funzioni motorie, dell'apprendimento o della memoria. _________________________________________________ Le Scienze 09 gen. 02 GENETICA E DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ La selezione dell'allele è avvenuta relativamente di recente nell'evoluzione umana Secondo quanto pubblicato sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Science", il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) sarebbe legato a una selezione genetica positiva, il che indicherebbe un originario meccanismo etologico per sopravvivere meglio in un ambiente. Come dice il suo nome, il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è caratterizzato da una mancanza di concentrazione e da un comportamento impulsivo e iperattivo che si manifesta nei bambini prima dei sette anni di età, causando notevoli difficoltà nel processo di apprendimento. Per trovare un'origine genetica del disturbo, Robert Moyzis, docente di biochimica del College of Medicine dell'Università della California a Irvine ha studiato con alcuni colleghi i geni di 600 individui in tutto il mondo. I ricercatori hanno trovato 56 variazioni, o alleli, del gene DRD4, che codifica per il recettore della dopammina, un mediatore chimico del sistema nervoso centrale. Un allele, noto come 7R, è risultato associato all'ADHD e a un tratto comportamentale noto come "ricerca di novità" (novelty seeking). L'analisi suggerisce che questa variazione genetica è avvenuta relativamente di recente nell'evoluzione umana, tra 10.000 e 40.000 anni fa. "L'evidenza di una selezione positiva nella variazione genetica associata all'ADHD e alla ricerca di novità - ha commentato Moyzis - fornisce qualche indicazione sul perché il disturbo possa risultare così pervasivo e su come sia possibile individuare terapie più efficaci". _________________________________________________ Corriere della Sera 09 gen. 02 PARTO CESAREO PER UN' ITALIANA SU TRE Il record in Campania. "Nelle cliniche un uso selvaggio". Ma per le immigrate non vale De Bac Margherita Indagine dell' Istituto superiore di Sanità: primi in Europa, battiamo anche gli Usa. Flamigni: ci sono dei rischi Parto cesareo per un' italiana su tre Il record in Campania. "Nelle cliniche un uso selvaggio". Ma per le immigrate non vale ROMA - L' assistenza sanitaria in generale è migliore per le italiane che non per le immigrate. Ma c' è un' eccezione ed è rappresentata dal parto. Uno studio dell' Istituto superiore di Sanità (Iss), laboratorio di epidemiologia, mostra che fra le straniere l ' incidenza di parti cesarei è nettamente inferiore rispetto alla popolazione femminile autoctona per la quale, al contrario, avere un figlio in modo naturale sta diventando una vera e propria rarità. Paradossalmente le extracomunitarie godono di que sto vantaggio, secondo percentuali diverse tra le etnie. Il bisturi è meno utilizzato fra le cinesi e le cingalesi, superiore invece l' incidenza degli interventi ostetrici tra le africane e le europee dell' Est. La differenza di trattamento può dipe ndere in parte dalla solidità e la forza sociale acquisite col tempo dalle comunità. CAUSE - La spiegazione del fenomeno? Una è positiva: rispetto a sei anni fa, data della precedente indagine dell' Iss, le immigrate hanno conquistato maggiori diritt i sanitari. L' altra è negativa e la sottolinea Pietro Puzzi, uno dei fondatori dell' Associazione per l' assistenza appropriata in ostetricia e ginecologia (Andria): "Le straniere non vanno a partorire nelle cliniche private, dove il ricorso al cesa reo è arrivato a livelli selvaggi. Inoltre durante la gravidanza incontrano meno medici perché sono seguite nei consultori, si sottopongono a un minor numero di analisi. Risultato: hanno un' assistenza al parto non medicalizzata". DATI - Del problema si è parlato al convegno organizzato dall' associazione Andria, dove la dottoressa Angela Spinelli, dell' Iss, ha presentato i dati più recenti sul taglio cesareo in Italia. Un quadro allarmante. Dal ' 96 al ' 99 le donne che hanno un figlio con int ervento chirurgico sono passate dal 28% al 32,9%, una su tre. È la percentuale più alta d' Europa, che sfiora clamorosamente il limite massimo indicato dall' Organizzazione mondiale della Sanità, 10-15%. Oltre che in Europa siamo tra i primi al mondo , dove abbiamo superato anche gli Usa e il Brasile. Nella graduatoria per Regioni, la capolista incontrastata è la Campania, col 51% dei parti addominali, ma il Nord non scherza. L' Emilia-Romagna ha toccato quota 30%, mentre Bolzano si mantiene sul 18%. I tassi più alti riguardano le primipare con più di 35 anni. Avere un bambino come succedeva alle nostre mamme è sempre più difficile. Secondo l' Andria "le associazioni dei ginecologi fanno barriera". ESTINZIONE - Il parto naturale (o vaginale) è in estinzione nelle cliniche private e non ci vuole molto a intuirne la ragione. Rende di meno. Rispetto all' 81 qui i cesarei sono quadruplicati, dall' 11 al 44%. Sono raddoppiati nel pubblico, che in genere polarizza i casi a rischio, quindi le situazioni dove è opportuno l' intervento cesareo (che prende il nome da Giulio Cesare o il primo dei Cesari, Scipione l' Africano che avrebbero visto la luce, secondo la leggenda, facendosi largo attraverso un taglio all' addome). PREVENZIONE - Il b oom dei cesarei dipende anche dal fatto che in Italia si è fatto poco o nulla per invertire la tendenza. Eppure si è visto che laddove, con corsi e coinvolgimento delle équipe mediche, è stata attuata una politica di contenimento, i risultati sono ar rivati, fulminei. Un esempio è il San Gerardo di Monza. Da quando si è diffusa la notizia che lì è possibile partorire come natura prescrive, è diventato un centro maternità gettonatissimo. Non basta. L' Iss sta lavorando su un' indagine che ha l' ob iettivo di quantificare il presunto favore della donna nei riguardi del cesareo. Invece è il contrario. La grande maggioranza di quelle che lo hanno subìto, a volte senza comprenderne la motivazione, dichiarano che avrebbero preferito partorire spont aneamente, sia pur con tutto il corredo di doglie e dolori. "La donna poco informata ha una scarsa possibilità di negoziare con il ginecologo - fanno notare i fautori dell' assistenza ginecologica appropriata -. Dovrebbe essere invece messa ne lla condizione di arrivare a una scelta consapevole e questo avviene nella minoranza dei casi". UTILITÀ - Il cesareo è utile? Prescindendo dai casi in cui c' è un' indicazione inattaccabile, qual è il rapporto costo-beneficio di questa opzione? Nel s uo libro Avere un bambino, il ginecologo Carlo Flamigni analizza pro e contro, ricorda che si tratta di una pratica non completamente priva di rischi e conclude: "I costi sono piuttosto elevati e giustificano i tentativi, in atto un po' ovunque, di a bbassare in modo significativo l' incidenza dei cesarei con l' applicazione di linee guida prudenti, ma sagge". Margherita De Bac mdebac@corriere.it I DATI 33 E' la percentuale delle donne che in Italia partorisce con taglio cesareo. Siamo i primi in Europa e fra i primi nel mondo 51 E' la percentuale di cesarei in Campania, prima in Italia. La provincia con l' incidenza più bassa è Bolzano (18%) 15 Dovrebbe essere la percentuale massima di cesarei, rispetto al totale dei parti, secondo l' Oms: in Italia è così solo tra le immigrate 44 E' la percentuale di ricorso ai cesarei nelle cliniche private: rispetto al 1981 (11 per cento) si è quadruplicato 26 E' la percentuale di ricorso al cesareo negli ospedali, che assorbono anche i casi diffici li: è nettamente inferiore alle cliniche private _________________________________________________ Corriere della Sera 06 gen. 02 FORMICHE, CONTRO LE INFEZIONI FANNO PULIZIA Della Volpe Anna IGIENE ANIMALE Formiche, contro le infezioni fanno pulizia L' igiene innanzi tutto. Non è lo slogan di una marca di detersivi bensì il motto che anima le formiche della specie Atta colombica, una delle varietà cosiddette taglia-erba perché tag liano e trasportano al formicaio pezzi di foglie che utilizzano come substrato per coltivare funghi di cui si nutrono. C. Currie e A. Stuart, ricercatori dell' università di Toronto, hanno infatti scoperto che questi insetti, diffusi soprattutto nell ' America centrale e meridionale, adottano misure igieniche finora insospettate ogni qualvolta le loro fungaie subiscono l' attacco di un parassita. Le formiche taglia-erba non si limitano a prevenire le infezioni trasferendo nel formicaio alcune spe cie batteriche produttrici di antibiotici, fatto di per sé già degno di nota, ma strigliano e ramazzano le fungaie con tecniche particolari che prevedono la pulizia di ogni singolo micelio fungino e la rimozione, a scopo preventivo, di tutto c iò che potrebbe costituire un buon mezzo di crescita per i parassiti. Tutto ciò utilizzando ad arte la bocca. Gli interventi eccezionali vengono messi in atto solo quando viene rilevata la presenza di un parassita, e non costituiscono perciò u na prassi abituale. Gli studiosi lo hanno dimostrato spargendo sulle fungaie di alcune colonie di A. colombica due diversi parassiti, Trichoderma ed Escovopsis, il secondo dei quali molto pericoloso perché specializzato nell' infezione del tipo di fu ngo coltivato dalle formiche. Con sorpresa hanno potuto constatare che gli insetti, oltre ad avviare le procedure di emergenza, sono persino in grado di distinguere la pericolosità di un parassita rispetto all' altro. Anna Della Volpe ========================================================= _________________________________________________ Le Scienze 08 gen. 02 MICROPROCESSORI SEMPRE PIÙ VELOCI il Pentium 4 ha un numero di transistor doppi rispetto al Pentium 3 L'ultima frontiera della tecnologia dei microprocessori ha fatto il suo debutto: l'Advanced Micro Devices, meglio conosciuta come AMD, ha presentato l'Athlon XP 2000+ da 1,67 gigahertz, mentre l'Intel si è spinta oltre, arrivando a 2,2 gigahertz con il Pentium 4. Per quest'ultimo è stato prodotto il maggiore sforzo tecnologico per la riduzione delle dimensioni dei componenti, arrivando al limite di 0,13 micron. "Questo limite - ha spiegato Dan Scovel, analista della Needham & Co. - era una necessità dettata da questioni di dimensioni della piastrina e di costi di produzione. In questo modo possono essere prodotti molti più chip a partire da un singolo wafer e le prestazioni subiscono un notevole incremento, poiché molti più transistor possono essere impacchettati in un singolo processore. Risultato: il Pentium 4 ha quasi il doppio dei transistor del Pentium III". Nonostante la prestazione di punta non sia pari a quella del pentium 4, anche il risultato dell'AMD appare degno di nota. L'XP 2000 è l'ultimo di una serie di nuovi processori battezzati Athlon XP 1700, 1800, 1900, con cui l'azienda l'anno passato ha cominciato la corsa al gigahertz.