CAGLIARI: OLTRE 7 MILIONI DI EURO PER CATTEDRE, BORSE, ASSEGNI DI RICERCA UNIVERSITA': 8 MILIONI DI EURO PER CATTEDRE CAGLIARI: RIVOLTA DEI PROF LASCIATI A SECCO STUDENTI STRANIERI IN ITALIA: "DOPO VOGLIAMO RESTARE QUI" QUARTU: ALLE FORNACI I FUTURI INGEGNERI ========================================================= SIRCHIA: LA MIA CURA PER LA SANITA' ROSATI: "SANITÀ IN RITARDO? COLPA DELLA REGIONE E DEI POLITICI" UNA SANITÀ PER SOLI RICCHI? ARRIVANO I TAGLI SPORT: TUTTI CONTRO LE VISITE A PAGAMENTO CASTELLINO: "ASL COME IMPRESE DI SERVIZI" "MUTUE PRIVATE E FONDAZIONI, LA SANITÀ CAMBIA" SASSARI: SU NEUROCHIRURGIA, C'È UN'INCHIESTA SASSARI: NEUROCHIRURGIA - ANESTESISTI IN GUERRA PATCH ADAMS AL PALAZZETTO UN NASO ROSSO CAMBIA IL MONDO IL PATCH ADAMS-PENSIERO: "AIUTIAMO LA GENTE A VIVERE BENE" CAGLIARI: LA SETTIMANA DEL CERVELLO: TRE SEMINARI LINFOCITI ANTIRIGETTO IN PAZIENTI LEUCEMICI LA CHIRURGIA ASSISTITA DAL CALCOLATORE CLONAZIONE LA RICERCA CONTRO L'IPOCRISIA GENI E ANORESSIA INQUINAMENTO ATMOSFERICO E DISTURBI CARDIOCIRCOLATORI GENI E COLESTEROLO, L'ANOMALIA DEI SARDI AGOPUNTURA, METODO E SCIENZA COME "VALIDARE" I RISULTATI CLINICI IL GIUDICE: MARIJUANA PER COMBATTERE IL DOLORE ========================================================= _________________________________________ L'Unione Sarda 14 mar. '02 CAGLIARI: OLTRE 7 MILIONI DI EURO PER CATTEDRE, BORSE, ASSEGNI DI RICERCA Università. Soddisfazione nel Senato accademico per l'arrivo di 250 rinforzi Nella manovra-Mistretta oltre 7 milioni di euro Cattedre, borse, assegni di ricerca: è una manovra da 7 milioni 746 mila euro (circa 15 miliardi di lire) e 250 posti di lavoro quella illustrata ieri dal rettore Pasquale Mistretta al senato accademico dell'Università. Una proposta articolata - che riguarda 10 facoltà e 13 aree disciplinari dell'Ateneo - che trova la sua fonte in risorse proprie e in finanziamenti ministeriali e regionali. Mistretta ha indicato 20 cattedre di prima fascia, 12 di seconda e 40 ricercatori di ruolo, per un importo di 3 miliardi 800 milioni di lire. Ancora: 101 assegni di ricerca con contratto biennale e 15 con contratto annuale, per 3 miliardi e 470 milioni di lire per il 2002, 3 miliardi e 70 milioni per il prossimo anno. Gli assegni sono riservati a laureati già specializzati e ai dottori di ricerca. C'è spazio anche per 70 borse per dottorati di ricerca triennali pari a 5 miliardi e 460 milioni di lire, riservate ai neolaureati. I soldi messi a disposizione entreranno a regime a partire dal prossimo autunno, quindi con il nuovo anno accademico, 2002/2003. Il Senato accademico ha apprezzato la manovra e le ripartizioni ipotizzate da Mistretta, frutto di un lavoro durato mesi e reso possibile anche grazie a una certosina analisi dei numeri del bilancio affidata alle aree Finanze e Ricerca scientifica, coordinate da Marilena Bernardi e Angela Carrera. Lunedì prossimo la commissione dei 18 rappresentanti delle aree scientifico-disciplinari universitarie si riunirà per stabilire le modalità per la ripartizione dei fondi nei 45 dipartimenti che fanno capo alle 10 facoltà. La commissione dovrà anche soffermarsi sulle linee guida dei finanziamenti per la ricerca scientifica (altri 4 miliardi e 200 milioni di lire) e per i Progetti giovani ricercatori (400 milioni di lire). _________________________________________ La Nuova Sardegna 14 mar. '02 UNIVERSITA': 8 MILIONI DI EURO PER CATTEDRE Ecco i fondi, più tranquilli i prof Oltre 8 milioni di euro tra ministero e Regione per finanziare cattedre, dottorati e assegni di ricercaDopo la levata di scudi degli oltre cento esclusi dai finanziamenti ministeriali all'università La prossima settimana divisione facoltà per facoltà CAGLIARI. Cattedre, borse di studio e assegni di ricerca: con 15 miliardi l'ateneo garantisce la copertura del bilancio per le attività messe in forse tra la primavera e l'estate scorse da una diversa impostazione della ripartizione dei fondi. Da ieri è acqua passata perché due tecnici dell'ateneo, Marilena Bernardi e Angela Carreras, hanno lavorato alla programmazione finanziaria cercando nelle pieghe del bilancio i soldi per garantire ricerche, dottorati insomma quello che per alcune settimane sembrava fosse a rischio a vantaggio di altri gruppi di lavoro. Naturalmente, dall'amministrazione universitaria è impossibile sapere di più perché con la seduta di ieri il senato accademico ha chiuso un argomento imbarazzante. Ecco il comunicato dell'università: "Ieri il rettore Pasquale Mistretta ha illustrato al senato accademico una proposta riguardante le strategie e le applicazioni esecutive per la ricerca scientifica e la copertura di nuovi incarichi all'interno delle 10 facoltà e delle 13 aree disciplinari dell'ateneo. La proposta del rettore - si continua - si regge su una manovra finanziaria che fa capo a risorse proprie e a fondi ministeriali e regionali. I posti messi a disposizione entrano a regime a partire da questo autunno, con l'anno accademico 2002-2003. Nel dettaglio, il professor Mistretta ha indicato ai presidi delle dieci facoltà e agli altri rappresentanti di area del senato, una ipotesi di equilibrata e necessaria ripartizione dei fondi". Dunque: "Venti cattedre di prima fascia, 12 cattedre di seconda fascia e 40 ricercatori di ruolo - si annuncia nel comunicato - per una cifra pari a 3 miliardi e 800 milioni di lire". Poi: "Centouno assegni di ricerca con contratto biennale e 15 con contratto annuale. Risorse in ballo pari a 3 miliardi e 470 milioni di lire per il 2002, 3 miliardi e 70 milioni per il prossimo anno. Gli assegni sono riservati a laureati già specializzati e a dottori di ricerca. Settanta borse per dottorati di ricerca triennali pari a 5 miliardi e 460 milioni di lire. Le borse sono dedicati ai neo laureati". Non è finita: "Lunedì la commissione dei 18 rappresentanti delle aree scientifico disciplinari universitarie si riunisce per stabilire le modalità di ripartizione dei fondi nei 45 dipartimenti che fanno capo alle 10 facoltà. Si seguiranno le disposizioni interne e le indicazioni di riequilibrio dettate dal ministero". Infine: "La commissione deve anche interpretare e stabilire le linee guida dei finanziamenti per la ricerca scientifica, che ammontano a ulteriori 4 miliardi e 200 milioni di lire, e delle risorse dedicate ai progetti giovani ricercatori, pari a 400 milioni di lire". Finisce qui la polemica scoppiata a gennaio quando i professori e i ricercatoi soprattutto delle aree scientifiche scoprirono che, dando seguito a criteri introdotti dal prorettore (su mandato del senato accademico) decine di docenti si sarebbero ritrovati senza una lira nel corso del 2002-2003. I criteri in sé avevano una qualità e una logica, ma l'accusa era che il prorettore (Giaime Marongiu) li aveva applicati con eccessiva rapidità. Marongiu un paio di settimane fa si è dimesso per una ragione diversa: non era d'accordo col rettore che ha annunciato l'intenzione di cambiare lo statuto per aumentare da tre a quattro il numero massimo di mandati della sua carica. Questa modifica permetterebbe a Mistretta di restare al rettorato per altri tre anni. _________________________________________ La Nuova Sardegna 13 mar. '02 ATENEO, RIVOLTA DEI PROF LASCIATI A SECCO Tempesta sul senato accademico oggi riunito per rivedere la divisione dei fondi ministeriali Contestato il prorettore Giame Marongiu in un documento con oltre cento firmeCAGLIARI. Stamani si riunisce il senato accademico, all'ordine del giorno c'è la ripartizione dei fondi per la ricerca scientifica, oltre un centinaio di docenti universitari saprà così se i presidi delle facoltà stanno dalla loro parte o col prorettore Giaime Marongiu che, giorni fa, si è dimesso per altra ragione (è in disaccordo col rettore Pasquale Mistretta deciso a mettere mano allo statuto per aggiungere un mandato ai tre già fatti). Il retroscena è questo: ai primi di gennaio un gruppo di docenti ha scritto un documento dove si stigmatizzavano non tanto i criteri scelti dal prorettore per dividere i fondi erogati dal ministero ma i risultati caduti su decine di docenti esclusi (si racconta) perfino dalle lirette necessarie per mandare gli studenti meritevoli a migliorarsi altrove. Si tratta di un tormentone che ha imperversato nelle ultime settimane soprattutto nelle aree scientifiche. Per capire: l'università conduce ricerche i cui esiti vengono consegnati alla società attraverso convegni, libri, pubblicazioni su internet, mezzi di informazione specializzati e no ecc. Un risultato scientifico, una novità, hanno dietro un'attività che costa: materiali da utilizzare, ambienti in cui condurre le ricerche, formazione dei giovani, aggiornamento dei docenti ecc. I soldi per mandare avanti tutto questo in ambito universitario arrivano in parte dal ministero, in parte da altre fonti, pubbliche e private: Marongiu, su mandato del senato accademico, nell'autunno scorso aveva elaborato un'ipotesi per dividere i fondi ministeriali tenendo conto delle altre sorgenti di finanziamento indicate dalla legge che ha reso autonome le università anche su questo delicato aspetto. Perfino i detrattori gli riconoscono di non aver agito di nascosto: tra ottobre e novembre 2001 nella cittadella universitaria di Monserrato si tenne addirittura un forum con ampia partecipazione di cattedratici, ricercatori, insomma il mondo universitario. Di più: il documento elaborato da Marongiu era arrivato anche al senato accademico. E qui sta uno dei punti controversi: il senato l'aveva approvato oppure semplicemente discusso? Non c'è unità di vedute neppure su questo aspetto formale che, invece, dovrebbe essere piuttosto chiaro perché esistono i verbali delle sedute dove si dà conto di quello che viene detto, discusso ed eventualmente deciso. La polemica rivolta contro il prorettore in sintesi afferma: Marongiu, dopo aver elaborato i criteri, non avrebbe dovuto procedere tanto speditamente alle ripartizioni. Infatti l'azione ha provocato uno sbilanciamento della spesa a favore dei docenti universitari titolari di altri finanziamenti (chiesti spesso assieme ad altre università alle Regioni, alle case farmaceutiche, alle industrie, agli enti gestori di attività di tipo tecnico, ai mecenati in genere) e avrebbe messo in seria difficoltà quelli che vanno avanti coi soli fondi universitari distribuiti in autonomia dall'ateneo stesso. Anche i detrattori sostengono che Marongiu non voleva discriminare tanto pesantemente gli uni rispetto agli altri, ma siccome lo scorso anno il ministero ha dimezzato i fondi "autonomi" (un tempo: il 60 per cento delle erogazioni ministeriali complessive), la ripartizione pensata da Marongiu poteva forse essere applicata, ma con una serie di cautele per non schiacciare i professori non titolari di finanziamenti esterni all'università. Qui entra in scena il rettore, chiamato in causa dai rivoltosi (c'è un documento con più di cento firme contro la ripartizione versione prorettore). E sembra che oggi Mistretta si presenterà al senato con un'ipotesi di bilancio che assorbe alcune proposte di Marongiu, elimina le discriminazioni finanziarie più penalizzanti e rimette in una carreggiata percorribile l'intera rivisitazione dei criteri di assegnazione. Resta da vedere se l'assenza del prorettore (le dimissioni sono state accettate) non finirà per creare ulteriori imbarazzi. Da un lato, infatti, si riconosce a Marongiu l'impegno profuso per trovare un filo conduttore che reggesse alla logica e alle necessità, dall'altro si ammette che la protesta dei rivoltosi non era condivisibile nella forma (perché eclatante) ma lo era nella sostanza (ha messo in luce la situazione). Insomma, i partiti del pro e contro si ritrovano su un punto: il professor Marongiu ha avuto troppa fretta di realizzare le sue pensate. Alessandra Sallemi _________________________________________ Corriere della Sera 15 mar. '02 STUDENTI STRANIERI IN ITALIA: "DOPO VOGLIAMO RESTARE QUI" Ricerca della Fondazione Agnelli: sono quasi 150 mila i giovani che seguono corsi nel nostro Paese TORINO - I ragazzi stranieri che studiano nelle nostre scuole non denunciano forme di conflitti con i loro compagni di classe italiani, sono più indietro rispetto alla loro età (ma solo per la difficoltà iniziale della lingua), intendono proseguire gli studi oltre le medie (39,3% contro il 29 degli italiani), in genere optano verso istituti professionali, non segnalano forme di rigetto da parte dei loro coetanei italiani. E alla domanda, "vorresti tornare alla terra d'origine dei tuoi genitori o cambiare Paese?" la risposta è: restare in Italia. E i genitori? La maggior parte ritiene che non può più tornare indietro per non separarsi dai figli. Ed è singolare il fatto che la maggior parte dei ragazzi svolga una funzione di "mediazione" tra la nuova realtà e i genitori, spesso come traduttori. Paradossale poi che chi ha più difficoltà ad apprendere l'italiano siano i latino-americani. Comunque tutti imparano più in fretta degli italiani, proprio perché hanno l'ambizione di inserirsi presto nel mondo del lavoro. Questo è, in sintesi, il risultato di una ricerca sull'esperienza degli studenti stranieri svolta su un campione misto di 1.000 allievi di terza media e pubblicata dalla Fondazione Agnelli con il titolo Una scuola in comune. Esperienze scolastiche in contesti multietnici italiani (a cura di Graziella Giovannini e Luca Queirolo Palmas). Un ulteriore contributo riguarda due realtà locali e si intitola Scuola e società multietnica. Modelli teorici e studenti immigrati a Torino e Genova (a cura di Lorenzo e Maria Grazia Fischer). La ricerca - presentata ieri nella sede della Fondazione Agnelli - è stata realizzata, con fondi del Murst e della Fondazione Agnelli, da alcune équipe dell'Ais, coordinate da Luisa Ribolzi, docente all'università di Genova. Ai ragazzi di Torino, Genova, Brescia, Padova, Modena, Bologna, Ravenna, Arezzo e Bari (ma mancano Milano e Roma), è stato sottoposto un fitto questionario. Il campione era molto variegato: Paesi dell'Est europeo (24,2%) e latino-americani (21,9), Africa mediterranea, Medio Oriente, Asia. In tutto, 182 nazionalità. La popolazione scolastica straniera è passata, in 15 anni, da 6.104 ('83-'84) a 147.406 (2000-'01). _________________________________________ L'Unione Sarda 10 mar. '02 QUARTU: ALLE FORNACI I FUTURI INGEGNERI Il Comune tratta con l'Ateneo per i laboratori alle "Picci" Dove c'era la centrale dello spaccio della droga Comune e Università vogliono formare i futuri ingegneri. L'operazione è ancora tutta da definire, sia per quanto riguarda le cifre da impiegare che per la ristrutturazione degli edifici: un ettaro di "coperto" ancora in eternit e con gli stabili da adattare alla nuova destinazione. Il complesso è quello delle fornaci Picci, reperto di archeologia industriale che il Comune vuol provare a recuperare. L'Università è disposta ad accettare l'invito, anche perché alla facoltà di Ingegneria servono laboratori. La politica di decentramento inaugurata dall'ateneo cagliaritano con l'apertura della cittadella e del Policlinico a Monserrato sembra quindi destinata a proseguire: anche Quartu è interessata al progetto, ancora da valutare nella sua interezza, ma già avviato con successo, di realizzare in una parte delle Fornaci Picci laboratori e aule sperimentali a beneficio della facoltà di Ingegneria. Una settimana fa, dopo un sopralluogo, il preside di Ingegneria meccanica Francesco Ginesu, Antonello Sanna docente di Ingegneria civile, Franco Nuzia di Ingegneria meccanica, si sono mostrati entusiasti dell'invito formulato dal sindaco Davide Galantuomo e dall'assessore all'Urbanistica Giorgio Deiana. Ora però la parola passa al rettore, Pasquale Mistretta, che prossimamente farà tappa in città proprio per visitare le fornaci. Il complesso è abbandonato nonostante ciclicamente l'amministrazione prometta interventi per il risanamento, troverebbero ampio spazio i laboratori che nella facoltà di piazza D'Armi sarebbero sacrificati in locali decisamente più ristretti. "Quella di portare in città l'Università è un'idea che ci affascina, anche perché Quartu merita la presenza di un'istituzione così prestigiosa", dice il sindaco Davide Galantuomo. "Stiamo programmando la riconversione delle fornaci Picci, per troppi anni simbolo di degrado e abbandono, che possono diventare il simbolo di una rinascita culturale che parte dalla formazione dei giovani per le nuove frontiere produttive che potrebbero essere aperte dalla facoltà di Ingegneria". Ma prima bisognerà bonificare l'area: i tetti dei capannoni abbandonati da venticinque anni sono rivestiti di eternit. L'Asl 8, allertata dal Comune per verificare se esistono pericoli per la salute delle persone, non molto tempo fa ha effettuato un sopralluogo. In verità, quella dell'amianto alle Fornaci non è una scoperta di oggi, ma vale la pena ricordare che qualche rischio è da mettere in conto, anche se sembra sia imminente la gara d'appalto per ripulire e riadattare il rivestimento degli edifici dove un tempo venivano fabbricati i mattoni. Prima l'amministrazione ha intenzione di recintare l'area, che poi è quella dei capannoni, e per farlo dovrà spendere circa un miliardo. "In accordo con l'Università, ci sarà senz'altro la possibilità di accedere ai finanziamenti nazionali e comunitari per restaurare i locali", spiega l'assessore all'Urbanistica Giorgio Deiana. "In passato ci sono stati contatti fra l'amministrazione e l'Università, proprio per verificare la possibilità di aprire la facoltà di Ingegneria. Prenderemo presto contatti con il rettore per decidere la localizzazione delle aree". Lorenzo Piras ========================================================= _________________________________________ Corriere della Sera 10 mar. '02 SIRCHIA: LA MIA CURA PER LA SANITA' Sirchia Girolamo La necessità di garantire ai cittadini un sistema sanitario equo è davvero urgente per il nostro Paese. L' equità dovrebbe guidare le politiche sanitarie, ma è stata finora sottovalutata dal dibattito, uscendo spesso perdente nel conflitto con l' efficienza. Si sono create così diverse iniquità di sistema che vanno dalle differenze quali- quantitative nei servizi erogati in varie aree del Paese, alle disuniformi e lunghe liste d' attesa anche per patologie che non possono aspettare, allo scarso rispetto per il malato, agli sprechi e inappropriatezza delle richieste e delle prestazioni, al condizionamento delle libertà di scelta dei malati, alla insufficiente attenzione posta al finanziamento e all' erogazione dei servizi per cronici e anziani, fino alla doppia corsia realizzatasi presso molti Ospedali con il sistema attuale di libera professione intramoenia; non è infrequente, infatti, che l' ospedale e il personale sanitario siano concordemente favorevoli a offrire come alternativa al l' attesa prolungata per alcune prestazioni le stesse prestazioni a pagamento. Iniquità genera iniquità, e le lunghe liste di attesa innescano talvolta il sistema perverso della raccomandazione, per cui il Servizio può risultare ottimo o accettabile per una parte dei cittadini, ma non altrettanto buono per gli altri. Nel 1999 un gruppo di esperti anglosassoni, il cosiddetto "Gruppo di Tavistock", ha sviluppato alcuni principi etici di massima che si rivolgono a tutti coloro che hanno a che fare con la sanità e la salute e che, non essendo settoriali, si distinguono dai codici etici elaborati dalle singole componenti del sistema (medici, enti, ecc.). Nel 2000 i cosiddetti 7 principi di Tavistock di seguito riportati sono stati aggiornati e offerti alla considerazione internazionale. 1. Diritti. I cittadini hanno diritto alla salute e alle azioni conseguenti per la sua tutela. 2. Equilibrio. La cura del singolo paziente è centrale, ma anche la salute e gli interessi della collettività va nno tutelati. In altri termini non si può evitare il conflitto tra interesse dei singoli e interesse della collettività. Ad esempio, la somministrazione di antibiotici per infezioni minori può giovare al singolo paziente, ma nuoce alla collettività, in quanto aumenta la resistenza dei batteri agli antibiotici. 3. Visione olistica del paziente, che significa prendersi cura di tutti i suoi problemi e assicurargli continuità di assistenza (dobbiamo sforzarci continuamente di essere ad un tempo specialisti e generalisti). 4. Collaborazione. Degli operatori della sanità tra loro e con il paziente, con il quale è indispensabile stabilire un rapporto di partenariato: "Nulla che mi riguardi senza di me" è il motto del paziente che dobbiamo rispetta re (Maureen Bisognano, Institute of Health Care Improvement, Boston). 5. Miglioramento. Non è sufficiente fare bene, dobbiamo fare meglio, accettando il nuovo e incoraggiando i cambiamenti migliorativi. Vi è sempre ampio spazio per migliorare, giacché tutti i sistemi sanitari soffrono di "overuse, underuse, misuse" delle prestazioni (uso eccessivo, uso insufficiente, uso improprio). 6. Sicurezza. Il principio moderno di "primum non nocere" significa lavorare quotidianamente per massimizzare i be nefici delle prestazioni, minimizzarne i danni, ridurre gli errori in medicina. 7. Onestà, trasparenza, affidabilità, rispetto della dignità personale sono essenziali a qualunque sistema sanitario e a qualunque rapporto tra medico e paziente. Altri d ue principi che alcuni propongono di aggiungere ai 7 sopraelencati sono la responsabilizzazione di chi opera in sanità e la libera scelta del paziente. A tutti questi principi il nostro Piano Sanitario Nazionale di prossima emanazione intende ispirar si, proponendo azioni concrete e progressive per attuarli, convinti come siamo della necessità di una svolta che dia concretezza logica ai diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione. Questa è la logica che ci ha spinto a garantire con le Regioni , per la prima volta, i provvedimenti che potranno risolvere il problema delle liste di attesa e di livelli essenziali di assistenza, ossia le prestazioni appropriate che lo Stato garantisce a tutti gli italiani in ogni parte del Paese. Girolamo Sirchia *Ministro della Salute _________________________________________ L'Unione Sarda 11 mar. '02 ROSATI: "SANITÀ IN RITARDO? COLPA DELLA REGIONE E DEI POLITICI" Sassari: Parla il preside di Medicina "Sanità in ritardo? Colpa della Regione e dei nostri politici" L'appoggio dei politici non basta. Dalla sua scrivania al primo piano della clinica neurologica, il preside della facoltà di Medicina Giulio Rosati punta il dito contro i consiglieri regionali sassaresi: "A parole, si danno un gran daffare. Promettono di lavorare per siglare l'intesa fra Regione e università mentre, di fatto, non concludono niente. Sono troppo presi dai loro problemi locali". Eppure dall'impegno dei politici locali dipendono non solo le dodici lauree (tre anni più due di specializzazione) nelle professioni sanitarie (infermieri, ostetrici, audioprotesisti) che hanno fatto scattare la protesta di studenti e docenti, ma il più generale stato della sanità sassarese. Sulle promesse dei rappresentanti di centrodestra (Tonino Frau, An), centrosinistra (Giacomo Spissu, Ds) e "non allineati" (Giacomo Sanna, Psd'Az) il preside è scettico. Soddisfatto, invece, per l'impegno assunto dall'assessore alla Sanità: " Giorgio Oppi è stato l'unico a muoversi. Ha avviato una delibera della Giunta regionale che dà priorità alla stipula dei protocolli d'intesa. Non è tanto un'esigenza dell'università quanto degli studenti: è a loro che bisogna garantire un'adeguata formazione didattica e professionale". Non solo: le lauree in professioni sanitarie significano, in tempi di disoccupazione dilagante, il posto fisso assicurato. Mica poco. Un accordo si era quasi raggiunto quattro anni fa, ma qualcosa andò storto e non se ne fece più niente: "La complessa situazione politica cagliaritana Ñ spiega il preside alzando gli occhi in gloria Ñ mandò tutto a monte". Sono circa dieci anni che lui e il rettore Maida siedono al tavolo delle trattative regionali: "Si rischia di perdere l'occasione per far decollare un sistema sanitario finalmente efficiente, che oltre all'assistenza curi anche gli aspetti didattici e formativi". L'assimilazione alla Asl "lede l'immagine delle nostre cliniche, declassandoci al rango di ospedale territoriale, mentre le nostre competenze sono ben altre. Con l'autonomia potremmo migliorare le prestazioni sanitarie incrementando il numero dei posti letto e garantendo il lavoro ai nostri ragazzi". Gina Falchi _________________________________________ L'Unione Sarda 13 mar. '02 UNA SANITÀ PER SOLI RICCHI? ARRIVANO I TAGLI Dopo l'esclusione delle cure riabilitative dall'esenzione si spera nell'intervento regionaleUna sanità per soli ricchi?Arrivano i tagli, rischio licenziamenti all'FktAddio caro vecchio ticket. Anche se prima di gridare al lupo al lupo occorre aspettare ancora le deroghe della Regione che entro giugno, dovrà decidere quali delle prestazioni potranno usufruire nuovamente dei ticket a spese del bilancio regionale. Nell'attesa, le liste dei pazienti per questo tipo di terapie diminuiscono sia nei centri di riabilitazioni pubblici che privati. Maria Lucia Melis, segretaria dell'Fkt, unico centro privato del capoluogo lamenta un calo di pazienti dell'ottanta per cento. "Chi fa i trattamenti non viene qui a perdere tempo, - spiega - anche perché molti pazienti arrivano dai paesi. La maggior parte sono anziani, con patologie croniche e con una pensione sociale, che di certo non è sufficiente a coprire i costi. Questa situazione mette a rischio anche i nostri posti di lavoro. Una collaboratrice è già andata via e altri di noi potrebbero seguirla". Così con un decreto legislativo il ministro della salute Sirchia ha deciso i tagli da applicare ai livelli essenziali di assistenza. In poche parole chi vorrà usufruire delle terapie strumentali come: radar, ultrasuoni, elettroforesi, laser, presso e depresso terapia, trazioni meccaniche, ionoforesi e massoterapia, dal 25 febbraio deve pagare per intero la prestazione. Anche i pazienti esenti dovranno sborsare euro. I costi variano in base ai cicli di terapia prescritti dai medici: dai 44 euro circa ai 108 euro e anche più. Un vero salasso se si pensa alle povere tasche dei pensionati che sono i maggiori interessati a questo tipo di terapie. Per non parlare poi delle persone che soffrono di patologie quali insufficienza renale, allergia o intolleranza ai farmaci e problemi epatici. La terapia strumentale agisce sul dolore, quindi è adatta soprattutto a quelle persone che potrebbero avere delle complicazioni con l'utilizzo dei farmaci, le prestazioni infatti sono esenti da controindicazioni. Patrizia Filia _________________________________________ L'Unione Sarda 13 mar. '02 SPORT: TUTTI CONTRO LE VISITE A PAGAMENTO È allarme tra le società sportive per le nuove normative in materia di Sanità che impongono il pagamento del certificato medico di abilitazione all'attività agonistica anche ai giovanissimi atleti. Già da qualche giorno infatti al centro di medicina sportiva il salatissimo conto viene fatto pagare anche ai minorenni che sino a qualche mese fa erano invece del tutto esentati. La colpa è tutta del recente accordo tra Regioni e Governo che prevede che anche le certificazioni di idoneità all'attività sportiva siano a carico degli interessati perché escluse dai cosiddetti livelli essenziali di assistenza. Disposizioni che - e qui sta la pietra dello scandalo - valgono anche per i minorenni. "Mi auguro che si trovi al più presto una soluzione perché in caso contrario non voglio neanche immaginare le conseguenze". A parlare è Raffaele Lai, presidente della polisportiva Puri e Forti che tra le sue fila conta oltre 260 tesserati under 18. "Pagare le visite mediche anche per i minori - prosegue Lai - significa andare a sbattere contro un muro gigantesco, spero solo che tutte le società sportive si impegnino per vincere questa battaglia di civiltà". Gli fa eco Totoni Sanna presidente della Nuoro softball che auspica un intervento della Regione"per mettere al più presto una pezza a questa situazione incomprensibile". Concetti molto simili a quelli espressi da chi con i ragazzi ha a che fare tutti i giorni. "È una scelta assurda - commenta Pietro Olianas, allenatore di calcio giovanile - che penalizza le fasce più povere. Così rischiano di morire proprio le società che dell'impegno sociale per i ragazzi hanno fatto la loro ragione di vita". Un problema scottante venuto a galla già nelle scorse settimane quando lo stesso presidente del Coni provinciale, Giorgio Pisano, aveva preso carta e penna rivolgendosi agli assessori regionali alla Sanità e allo Sport. "A parere del Coni - scrisse il presidente - questo fatto rappresenta un ulteriore colpo alla diffusione e alla pratica dello sport dilettantistico e di base, ai danni delle società, soprattutto delle zone economicamente più disagiate". Dalla Regione comunque arrivano le prime rassicurazioni: il problema verrà risolto. "Abbiamo portato in giunta un emendamento - ha spiegato Roberto Capelli, presidente della commissione regionale allo sport - che aumenta i fondi destinati alla sanità a 2 miliardi. Appena la finanziaria verrà approvata l'assessore provvederà alla stipula delle convenzioni con le Asl". Le visite per gli atleti minorenni insomma dovrebbero ritornare gratuite entro qualche settimana. E nel frattempo? "Sarebbe meglio - consiglia Capelli - spostarle di qualche settimana". _________________________________________ Il Sole24Ore 13 mar. '02 CASTELLINO: "ASL COME IMPRESE DI SERVIZI" Carlo Castellano rilancia le proposte di Confindustria sulla sanità: efficienza solo dalla managerialità"Asl come imprese di servizi"No alle tasse, meglio i ticket - Largo ai Fondi sanitari integrativi Roberto Turno ROMA - Più ticket, meno tasse. E largo ai Fondi sanitari integrativi, ripensando alla radice il sistema di finanziamento dell'assistenza sanitaria. Carlo Castellano, responsabile del "progetto Sanità" di Confindustria, rilancia le proposte degli industriali in materia sanitaria. Non senza sottolineare: le aziende sanitarie devono trasformarsi a tutti gli effetti in imprese di servizi. Certo, conservando alla mano pubblica il ruolo di "azionista di maggioranza" e garantendo l'universalità delle prestazioni. Ma imboccando la strada della qualità e dell'efficienza con una conduzione davvero manageriale. Anche con contratti privatistici per tutto il personale. Una sfida cui la Confindustria è pronta a partecipare, mettendo a disposizione delle Regioni i servizi e il know- how del sistema industriale. Professor Castellano, tra federalismo, patto di stabilità e varo dei Lea (livelli essenziali di assistenza) nel Ssn s'è messo in moto un processo nuovo di zecca. Che giudizio dà Confindustria? I livelli essenziali di assistenza vanno nella giusta direzione. Ma siamo solo all'inizio di un percorso. I Lea, che di fatto sono onnicomprensivi, andranno aggiornati nel tempo. E dobbiamo domandarci, a questo punto, se le risorse pubbliche assicurano una copertura qualitativamente e quantitativamente adeguata. E lei, cosa risponde? Che ci sono dei seri dubbi. Un elemento di criticità, e non trascurabile, esiste. E, anzi, negli anni rischia di crescere. Che fare, allora? Così come oggi sono impostati i Lea, e dato il quadro normativo, non si vede la possibilità di creare i Fondi sanitari integrativi. Ecco, questo è un da affrontare subito. Perché le risorse pubbliche, sebbene tendano al 6% del Pil, saranno insufficienti a far fronte alla domanda crescente di salute. Qualche Regione ha messo mano alla leva fiscale. Come Confindustria riteniamo che la pressione fiscale, sui cittadini come sulle imprese, non può assolutamente crescere. È una strada impercorribile, che oltretutto negherebbe gli impegni del Governo. Occorrono nuove soluzioni. Per questo chiediamo l'attenzione del Governo e delle parti sociali ad affrontare nel suo complesso il problema del finanziamento del Ssn. Ci sono anche i ticket... Questa è senz'altro una strada da percorrere, naturalmente proteggendo le persone in condizioni di particolari cronicità. È stato troppo affrettato eliminare i ticket con la Finanziaria 2001. Curiosa, poi, l'anomalia italiana: siamo i soli in Europa ad aver cancellato il co-payment. Ma non vi spaventa il federalismo? Il federalismo è un percorso inevitabile. E condivisibile. Soprattutto perché avvicina il Ssn alle realtà locali. Ma è solo una base di partenza, non la conclusione di un processo. Lo spostamento del potere verso le Regioni, va accompagnato con la capacità di esprimere maggiori livelli di efficienza e qualità del servizio. È questa la vera sfida che ci attende. Ma, sia chiaro, salvaguardando un principio irrinunciabile per Confindustria: l'universalismo delle prestazioni. E come giocare la sfida della qualità? Le Regioni devono procedere sulla strada della razionalizzazione e della massima efficienza. Le aziende sanitarie devono diventare a tutti gli effetti delle imprese di servizi, anche se l'azionista rimane pubblico. E dovranno poter contare su contratti di tipo privatistico per tutti gli operatori. Una sfida che sembra impossibile. Ma ormai ineludibile. Per questo la Confindustria è disponibile a lavorare con le Regioni e con la Stato- Regioni per facilitare questo processo di adeguamento manageriale delle aziende sanitarie. Studiando insieme progetti innovativi, mettendo a disposizione i servizi e il nostro know-how manageriale. Ormai, dev'essere chiaro a tutti, scorciatoie non ce ne sono più. Solo assicurando autonomia e capacità manageriale sarà possibile fare quel salto di qualità che ormai gli assistiti pretendono. _________________________________________ Corriere della Sera 14 mar. '02 "MUTUE PRIVATE E FONDAZIONI, LA SANITÀ CAMBIA" Il centrodestra vota la riforma: più libertà di scelta. La sinistra: finite le cure uguali per tutti La Regione prepara un' assicurazione obbligatoria per l' assistenza degli anziani Cremonesi Marco Ci è voluto quasi un mese e mezzo di sedute a ritmo serrato, il voto di 3.014 emendamenti, la discussione di 181 ordini del giorno. Ma alla fine, con un applauso dai banchi del centrodestra, il piano sociosanitario della Regione Lombardia è stato app rovato. Una gestazione difficile, che non è bastata ad avvicinare le posizioni della Casa delle Libertà e del centrosinistra. Perché, al di là delle correzioni (relativamente limitate) apportate durante la maratona d' aula, la divisione profonda è su i principi. Per la maggioranza (la voce è dell' assessore alla Sanità, Carlo Borsani) il piano è "uno strumento di programmazione e di efficienza che garantisce a tutti i lombardi prestazioni di alto livello anche in presenza di risorse insufficienti ". Per Ulivo e Rifondazione comunista si tratta della "messa in saldo del sistema pubblico e la rinuncia della Regione a garantire una sanità uguale per tutti". In posizione intermedia i radicali, che nel voto finale si sono astenuti. Pur condividend o l' impostazione del centrodestra. A dividere è soprattutto il ruolo dei privati. Il piano fornisce cornice a quanto già introdotto con la legge 31/97: accreditamento al sistema di soggetti privati e acquisto, da parte della Regione (o meglio delle Asl), delle prestazioni sia sanitarie che socioassistenziali. L' acquisto può avvenire anche per via indiretta, con il ricorso a buoni e voucher forniti alle famiglie (800 mila lire al mese), in nome della libertà di scelta. Rimangono tuttavia in omb ra quelle che potrebbero essere, nel bene o nel male, le esperienze più innovative: è da chiarire, infatti, il percorso verso le ipotizzate assicurazioni (o addirittura mutue) private, che peraltro richiederebbe una modifica legislativa nazionale. L' idea sembra quella di un' assicurazione obbligatoria per coprire i costi dell' assistenza e delle cure geriatriche. Ma sarebbero anche possibili polizze facoltative per le prestazioni che il sistema sanitario nazionale non paga più, in quanto e sclu se dai Livelli essenziali di assistenza (Lea). La Regione, in ogni caso, ci punta, e parecchio. Anche ieri, Borsani ha parlato delle mutue private come di "un' alternativa alla reintroduzione dei ticket farmaceutici". Sfuggente anche il profilo dei f uturi ospedali-fondazione: non solo quali e quanti (Policlinico a parte), ma anche il contenuto concreto dei possibili accordi pubblico-privato: "Dobbiamo avere le mani libere - spiega Borsani - per valutare caso per caso". La maggioranza, come ha an che rimarcato il presidente Roberto Formigoni, ha votato "compatta, paziente e coraggiosa". Ciò non significa che qualche perplessità su una rivoluzione di questa portata non sia mancata anche all' interno del centrodestra. Con Romano La Russa (An), che ha posto il suo partito come garante del "saldo ancoraggio pubblico del sistema". E Davide Boni (Lega), che ha promesso di vigilare affinché nell' attuazione del piano "non intervengano fattori che nulla hanno a che vedere con i propositi condivi si". Mentre Domenico Zambetti (Cdu) ha ammonito contro il possibile prevalere della "sola componente organizzativa e tecnica". Dopo il via libera, in Regione si sono svolti due incontri stampa contrapposti. Con il centrosinistra a elencare le ragioni del no, e Formigoni e gli assessori Borsani e Abelli a controbattere. Punto per punto. Carlo Porcari (Ds): "L' unica cosa buona del piano è che sancisce il fallimento dell' accreditamento selvaggio ai privati". Borsani: "L' accreditamento è stato fe rmato solo in quei campi in cui siamo arrivati al corretto regime". Carlo Monguzzi (Verdi): "Non sapremo più se un esame ci serve o serve ai bilanci del laboratorio". Roberto Formigoni: "La nostra vigilanza è e sarà rigorosa. E il dubbio sull' utilit à della prestazione non vale solo per i privati: anche gli amministratori pubblici devono far quadrare i bilanci". Gianni Confalonieri (Rifondazione comunista): "I buoni per gli anziani accompagnati dal taglio dei servizi sul territorio lasciano le f amiglie da sole". Giancarlo Abelli (assessore alla Famiglia): "I buoni sono aggiuntivi, non sostitutivi. E i posti letto nelle residenze passeranno da 44 a 53 mila entro il 2012". In ogni caso, secondo il centrosinistra, la battaglia contro il piano non è conclusa: "Spiegheremo a tutti i lombardi quello che li attende", annuncia Confalonieri. Mentre Monguzzi invita i cittadini, addirittura, "alla rivolta". Marco Cremonesi HANNO DETTO Roberto Formigoni È un piano in divenire che coniuga efficienz a ed equità. L' opposizione esce dall' ostruzionsimo con le ossa rotte Giancarlo Abelli Al di là di qualche schermaglia, con le associazioni c' è stato un buon lavoro comune: noi puntiamo molto sul non profit Fiorenza Bassoli La libertà di scelta è s oltanto propagandata. Questo è un piano recessivo: si pensa di risolvere i problemi con qualche minimo trasferimento ________________________________________ L'Unione Sarda 14 mar. '02 SASSARI: NEUROCHIRURGIA - ANESTESISTI IN GUERRA : interpellanzaL'assessore Giorgio Oppi non può continuare a tacere sulla situazione in cui versa la Neurochirurgia di Sassari. Lo ribadisce in un'interpellanza il consigliere regionale di Rifondazione comunista Walter Vassallo che già l'11 ottobre dello scorso anno aveva rivolto una segnalazione agli assessori alla Sanità e al Lavoro. Vassallo aveva raccolto l'appello del direttore della clinica di Neurochirurgia Francesco Crotti che lamentava pesanti carenze in reparto legate alla mancanza di personale qualificato. Ora il consigliere regionale ritorna sul caso alla luce della pesantissima denuncia presentata dagli anestesisti proprio nei confronti del professor Crotti. Secondo Vassallo gli accertamenti devono essere svolti da due distinte commissioni: quella già nominata dalla Asl dovrebbe limitarsi all'esame dei disservizi "eventualmente prodotti nei rapporti tra i diversi settori sanitari", l'altra invece dovrà accertare "l'effettivo livello di professionalità dell'attività finora svolta dall'Istituto di Neurochirurgia e dal suo direttore. _________________________________________ La Nuova Sardegna 13 mar. '02 SASSARI: SU NEUROCHIRURGIA, C'È UN'INCHIESTA La procura della Repubblica indagherà sui pesanti addebiti di anestesisti e rianimatori al direttore Crotti Il responsabile della clinica ribatte punto per punto alle accuseSASSARI. La magistratura non ha atteso le conclusioni dell'Asl e ieri il procuratore della Repubblica Giuseppe Porqueddu, dopo la pubblicazione sulla "Nuova" dell'esposto di diciannove anestesisti sulla situazione nella clinica di Neurochirurgia, ha deciso di aprire un'inchiesta che seguirà personalmente, affiancato dal sostituto Paolo Piras. E ieri l'Asl ha proseguito la propria inchiesta nominando tre periti: un medico legale, un neurochirurgo e un rianimatore. Il medico legale, secondo indiscrezioni, dovrebbe essere Francesco Lubino, dell'università di Sassari, mentre gli altri due specialisti proverrebbero da strutture sanitarie di altre città. L'inchiesta (ed è questa l'unica notizia che si è avuta dalla direzione dell'Asl) era stata comunque avviata dalla direzione dell'azienda sanitaria subito dopo l'arrivo dell'esposto dei diciannove anestesisti contro il direttore di Neurochirurgia Francesco Crotti, che porta la data del 5 febbraio scorso. In questo tempo il direttore sanitario Franco Melis ha svolto accertamenti e ha tenuto approfonditi colloqui con alcuni dei firmatari e con lo stesso professor Crotti, sino alla nomina dei tre periti avvenuta ieri. Sembra che la direzione sanitaria attendesse l'esito di questi accertamenti (che stando a indiscrezioni dovrebbero essere compiuti in tempi relativamente rapidi) prima di informare ufficialmente la magistratura dell'accaduto. Ma è probabile che vista l'apertura dell'inchiesta da parte della procura, i magistrati forse già da oggi chiederanno quanto meno di acquisire l'esposto degli anestesisti. Il direttore dell'Asl Antonello Scano ha dal canto suo preferito limitarsi a dichiarazioni sintetiche e formali: "La nostra inchiesta era stata avviata subito dopo l'arrivo dell'esposto - ha detto dalla propria abitazione, dove in questi giorni è costretto da una influenza -. Posso soltanto dire che simili episodi non gettano certo una buona luce sulla sanità; spero che tutto si concluda in tempi brevi e con esiti onorevoli per tutti i protagonisti". Si è inoltre appreso che in seguito alla pubblicazione dell'esposto degli anestesisti, ieri alcuni pazienti destinati a essere ricoverati in Neurochirurgia avrebbero manifestato perplessità e rivolto numerose domande ai rispettivi medici. Nel reparto interessato dalle accuse, d'altro canto, ieri l'attività si è svolta normalmente e (come si legge nell'articolo qui a fianco) anche in maniera piuttosto serena. Al di là dei risultati delle diverse inchieste e quindi della veridicità o meno delle pesanti accuse contenute nell'esposto, da quanto si ricorda, è la prima volta che la tradizionale "solidarietà" tra medici viene meno in Sardegna in maniera così violenta e clamorosa. Gli anestesisti - sembra in altre circostanze accusati di Crotti di poca collaborazione e (stando al loro esposto) di essere responsabili del cattivo esito di alcuni interventi - hanno replicato in modo devastante. Per dimostrare l'inutilità di prolungati ricoveri nel loro reparto (ospedaliero, mentre Neurochirurgia è una clinica naturalmente universitaria), citano numerosi casi di pazienti descrivendo esiti disastrosi di interventi, ipotizzando ritardi e altre omissioni, dipingendo insomma un quadro fosco di un reparto dove già di per sè entrano pazienti che molto spesso devono essere sottoposti a operazioni difficili e delicate. Un quadro fatto di uomini e donne rimasti paralizzati, in stato vegetativo, sottoposti a sofferenze che nell'esposto vengono elencate puntigliosamente. Non si poteva insomma non tenerne conto, visto che a firmarlo non sono stati dei profani ma ben diciannove specialisti, per di più particolarmente esperti nei casi e nelle patologie di cui si parla. Sembra che alcuni di essi ieri abbiano manifestato perplessità per la dimensione pubblica assunta dalle loro accuse. Ma certo non era pensabile che una simile denuncia scritta da medici specialisti contro un altro medico specialista potesse ridursi a una lavata di testa nel chiuso degli uffici della direzione Asl. _________________________________________ L'Unione Sarda 14 mar. '02 PATCH ADAMS AL PALAZZETTO UN NASO ROSSO CAMBIA IL MONDO Al Palazzetto eccezionale incontro (grazie a Kirighì) con il medico-clown che ha ispirato un film Un naso rosso cambia il mondoPatch Adams, un attivista politico che si batte per la felicitàIl biglietto d'ingresso è una spennellata di rosso sulla punta del naso. Te la dà la dottoressa Cuoricina, medico clown in camice bianco, e non accettarla è un po' come entrare a teatro di straforo. Così, naso dopo naso, millecinquecento nasi rossi, uno più, uno meno, riempiono una buona metà del Palazzetto dello sport che il Comune ha messo a disposizione dell'associazione Kirighì per accogliere Patch Adams. Sono rossi i nasi dei 57 soci della solleticante associazione di medici, psicologi, fisioterapisti, attori, pedagogisti che porta allegria ai piccoli ricoverati del Brotzu ma vorrebbe allargare il suo raggio d'azione. Rossi quelli dei loro genitori, degli amici, degli specialisti, degli studenti. Molti arrivano da Nuoro, Lanusei, Oristano. We can meet at last! hanno scritto in rosso su un grande striscione bianco gli allievi della V D del "Benedetto Croce". Un invito affettuoso e pressante ad incontrare Patch che il medico-clown americano, appena entrato nel palazzetto, coglie al volo. Coi suoi quasi due metri di altezza per un corpo agilissimo rivestito di abiti clowneschi, scavalca le transenne, stringe mani, ricambia abbracci. Entrasse in campo Robin Williams, l'attore che col suo film ha fatto conoscere al mondo la straordinaria storia del "medico del sorriso", non susciterebbe più entusiasmo. Una lunga coda di cavallo, metà grigia metà blu, due bei baffoni all'insù e un osso di chissà quale animale all'orecchio sinistro (in passato era una forchetta), Patch è un uomo maledettamente serio. "Quando ti ho sentito dire che l'umorismo è importante quanto l'amore credevo di aver capito e invece era solo l'inizio", lo accoglie Serenella Porcedda, (dottoressa Bollicina Ariosa) felicissima presidente del Kirighì. La storia di Patch Adams, che da anni gira il mondo per portare il suo messaggio d'amore e sollecitare aiuti per la realizzazione di un ospedale a sua somiglianza, comincia intorno alle dieci. Finirà soltanto dopo le 17. Un breve lunghissimo incontro fatto di emozioni e di denunce. Per comunicare gli bastano le braccia e le mani, gli occhi azzurri e il sorriso. Per farsi capire gli serve un interprete: è Anton Gerada, che Patch bacia sulla testa con affetto "anche se è un maltese". Adams comincia a spiegare come un naso rosso possa migliorare il mondo e il suo è un appassionato j'accuse di una società dominata dai soldi. "Sono un attivista politico", si presenta, "e non tollero che i governi utilizzino il potere anziché pace e giustizia per proporre le loro azioni". (Ai gentili e sconosciuti governanti che gli renderanno omaggio pochi minuti dopo - il sindaco Emilio Floris e il vice Edoardo Usai - risponderà con una stretta di mano e un bacio. Anche questo è amore). Cinquantasei anni, cresciuto fuori dagli Stati Uniti nelle basi militari dove suo padre era soldato professionista, ("ma ho avuto una madre favolosa"), ne ha sedici quando diventa orfano di guerra. Sarà quella morte a regalare a Hunter Daugherty Adams il nomignolo che ora lo accompagna. Patch significa toppa, come la toppa di panno nero che il ragazzo porta all'occhiello - in omaggio ai marines morti in Vietnam - quando entra al Medical College of Virginia. Troppo diverso dai suoi compagni, lascerà presto quell'università chiusa ai neri che non accetta i suoi capelli lunghi, e lo critica aspramente quando si presenta in corsia con un naso rosso di gomma e alcuni palloncini colorati in mano. Pagliacciate, dicono loro, americanate, potremmo dire noi. Patch sa che che c'è ben altro. C'è la consapevolezza che un sorriso è un farmaco prezioso. "Quando tornai negli Stati Uniti, dopo la morte di mio padre, mi scontrai subito con un mondo, quello del sud, dove il razzismo era di casa, dove i diritti civili valevano ben poco. Ero un ragazzo strano, prima di diventare un clown di classe. Finii tre volte in psichiatria dopo altrettanti tentativi di suicidio. Non tolleravo di vivere in un mondo così ingiusto. Al terzo ricovero mi sono guardato intorno. Sapete perché il mio compagno di stanza soffriva tanto, perché aveva tanto terrore degli scoiattoli? Perché nessuno veniva mai a trovarlo in ospedale. Questa era la differenza tra lui e me". Fu così che una volta uscito, Patch si disse che doveva trovare la forza di cambiare la società. Avrebbe servito l'umanità diventando medico, avrebbe trasformato la sua voglia di felicità in un atto politico. Per imparare a stare con la gente cominciò a fare telefonate a caso, passò giornate intere negli ascensori, si travestì da barbone. Arrivò persino a infiltrarsi nel Klu Klux Klan, per capire il loro odio verso i neri. È l'inizio del clowning: "Far sorridere, curare i malati a mio modo, non mi pesava. Più davo amore più avevo energia". Dare amore, per Patch Adams, che questo mese visiterà sette paesi, significa denunciare un sistema capitalistico che consente solo ai ricchi di curarsi, che fa vivere in estrema povertà ottanta milioni di statunitensi, che equipara la ricchezza alla felicità, che gli ha impedito finora di realizzare il suo sogno più grande: l'ospedale in West Virginia, 310 ettari di terreno con cascate grotte e laghi, 40 posti letto per i malati e un'assistenza speciale e gratuita. Forse, annuncia, comincerà a nascere in primavera. "Sarà talmente bello lavorarci che i medici avranno uno stipendio assai basso: non i previsti 185mila dollari l'anno ma solo tremila". Nonostante questo, le richieste di lavorare con Patch sono migliaia. Chi ha detto che un naso rosso non può cambiare il mondo? Maria Paola Masala _________________________________________ La Nuova Sardegna 14 mar. '02 IL PATCH ADAMS-PENSIERO: "AIUTIAMO LA GENTE A VIVERE BENE" IL MEDICO CHE FA MIRACOLI COL SORRISO A Cagliari il terapeuta americano che cura vestendosi da clown di Alessandra Sallemi CAGLIARI. Magico incontro al palazzetto dello sport tra Patch Adams medico clown e gli operatori di tante discipline ogni giorno impegnati con la sofferenza umana. Adams, 56 anni, divenne noto negli Usa per un ospedale allestito in una casa di sei stanze con un migliaio di pazienti l'anno dove si curava il corpo ma, soprattutto, si teneva conto dello spirito e dove medici e infermieri lavoravano senza sosta e senza paura. Paura di scoprire quanto il buon umore e il sorriso pesassero in una terapia a volte più della Medicina. L'esperienza durò 12 anni, convinse Adams che la terapia del sorriso andava studiata a fondo e tutto questo divenne anche un film che ha regalato notorietà internazionale al medico clown nonché proventi per un milione di dollari l'anno. Soldi che Patch Adams ha impegnato nella costruzione del suo "Dream Hospital" in Virginia, tutti meno 400 dollari al mese, il tanto col quale vive. Così Adams al meeting "Abbracciamo l'umorismo" organizzato dall'associazione di volontari "Kirighì", attivi all'ospedale Brotzu fra i bambini ricoverati in pediatria. Patch Adams, tradotto dal simpatico interprete Anton Gerosa: "... Siamo stati l'unico gruppo di medici negli Usa a non avere assicurazione per risarcire il paziente, noi ci rifiutiamo di aver paura della gente, noi riconosciamo che la Medicina è imperfetta... basta una settimana di pratica medica per rendersi conto di quanta umiltà ci vuole... Le mie prime visite duravano 3, 4 ore, a fronte dei 7 minuti del medico Usa... quando visitavo nelle case aprivo gli armadi, gli sgabuzzini, Dio salvi la privacy, sapevo che solo conoscendo intimamente il paziente potevo far succedere grandi eventi medici, soprattutto quando mi recavo a un capezzale... Non ero mai sicuro al 100 per cento di poter offrire una cura, ma ero sicuro di offrire attenzione, conforto... Il nostro ospedale fu un progetto pilota, avevamo ospiti che dormivano da noi la notte, da 5 a 50 persone: persone sole, disperate, pericolose. Il mio migliore amico è stato assassinato da uno di questi pazienti. Mai in quegli anni capitò che qualcuno ci facesse una donazione: curavamo gratis e per mantenerci si lavorava fuori. Lo dico non per dire che ci siamo sacrificati, ma per spiegare che quella pratica medica era entusiasmante, non mi sono mai sentito consumato da questa vita, è stata un'esperienza estatica che mi spinge oggi a voler costruire l'ospedale del sogno... Confermo quello che leggevo in letteratura: nessuno dei nostri cittadini aveva vitalità, che importanza aveva che io correggessi la pressione se poi la loro vita faceva schifo? Abbiamo capito che dovevamo affrontare la mancanza di vitalità, ecco perché abbiamo voluto integrare la Medicina con le arti dello spettacolo, la natura, l'agricoltura... la medicina vera è quella di aiutare la gente a vivere bene. Nella forma più semplice incoraggiare il paziente a non fumare, mangiar sano e fare esercizi fisici, a livello più complesso riguarda la loro capacità di comunicare, godere della vita, che non è una lotta ma un privilegio favoloso... capimmo che bisognava costruire un ospedale sogno, non un ospedale per i poveri, ma un luogo dove reinventare la medicina-business... La prossima primavera credo saremo in grado di costruire il nostro ospedale: 310 ettari con 3 cascate, caverne, un lago, 4 ettari di montagna coperta di alberi e un terreno che da 30 anni non riceve fertilizzanti. Saremo un ospedale rurale con 40 posti letto per i pazienti, 60 per lo staff, 40 per l'insegnamento, insegneremo agricoltura e le tecnologie compatibili, 10 mila metri quadrati saranno dedicati alle arti, sarà un ospedale magico, buffo anche nell'aspetto. Gestiremo tutto con costi inferiori del 5 per cento rispetto a un ospedale normale: sarà un luogo così bello in cui lavorare che medici e infermieri avranno una notevole riduzione di stipendio. Negli Usa un medico ospedaliero guadagna 185 mila dollari l'anno, noi pagheremo 3 mila dollari l'anno, abbiamo già migliaia di domande". Quindici minuti di pausa e poi lezione sulla felicità. "... Non voglio parlare della felicità in un momento della vita, ma di una piattaforma da cui lanciare la nostra vita. Sto parlando non della gioia che si prova a ricompensa di qualcosa o che si cerca nei libri di autoaiuto, ma di quella gioia che ti vedo esprimere e per la quale tu non oseresti insultare la vita lamentandoti... sto parlando di come si vive la vita nuotando in un mare di gratitudine per l'amicizia, per la natura, per le arti... Ma la razza umana ha sempre celebrato la sofferenza: anche se ci sono tante cose belle ogni giorno non è mai nato un quotidiano per pubblicarle... questo amore per la sofferenza ha fatto sì che le nostre strade sembrino corsie di ospedale psichiatrico dove uno straniero non è una caratteristica emozionante, ma qualcosa che incute timore... Alzate la mano se pensate che ci sia qualcosa di più importante dell'amore: esiste forse una scuola dove si insegni come amare gli altri? Cosa posso dire della gioia? Che è una scelta: se non facciamo noi la nostra scelta, accurata e precisa, allora il mondo ci darà una vasta gamma di scelte... se viviamo in un ambiente di emozioni negative quali rabbia, lamentela, cinismo, se noi le muoviamo dentro di noi, queste emozioni finiranno per nuocere al nostro sistema biochimico". Perché si veste da clown: "Ho provato a mettere il vestito commerciale. In un aeroporto, per esempio, avevo l'effetto di intimidire le persone. Vestito così l'aeroporto si trasforma in una diversa esperienza e anche io mi diverto moltissimo. Ma la conseguenza profonda è: quando c'è violenza e io mi metto il vestito da clown questa si ferma. Negli ultimi 30 anni il mio agire ha fermato migliaia di azioni di violenza. Così vestito so di riuscire nella mia intenzione di diffondere la pace, ciò che ci vuole per portare gioia nella vita di tutti i giorni. Un principio ben enunciato nel film di Benigni, La vita è bella". _________________________________________ L'Unione Sarda 12 mar. '02 CAGLIARI: LA SETTIMANA DEL CERVELLO: TRE SEMINARI Quattro dipartimenti universitari (Filosofia e teoria delle scienze umane, Neuroscienze, Scienze pedagogiche e filosofici, Tossicologia), sette studiosi, tre seminari e un protagonista, il cervello. Al quale è dedicata in tutto il mondo la settimana promossa dalla Dana Foundation. "Riflessioni sull'umano" è il tema di cui discuteranno docenti dell'Università di Cagliari, Roma e Pisa. Il primo incontro, "La questione etica" si terrà domani alle 16 nella facoltà di lettere e filosofia e vedrà gli interventi di Vanna Gessa Kurotschka ("Manipolabilità della vita, umano e post umano") e di Francesca Crasta, "Mente e corpo, alle origini della questione"."Vita e biologia" è l'argomento del seminario del 20 marzo (stessa ora, stessa sede). Sarà Micaela Morelli a parlare delle "basi biologiche della mente", mentre "I geni interferiscono sulle funzioni della mente?" è la domanda che porrà Maria del Zompo.Terzo incontro "Cervello mente coscienza", lunedì 25 alle 16 nella Cittadella dei musei. "Le molecole delle emozioni" è il tema di Gian Luigi Gessa. Alberto Oliverio parlerà di "Individualità biologica e coscienza", Remo Bodei di "Logica del delirio". Introdotto da Vanna Gessa, il seminario sarà chiuso da Maria Del Zompo. _________________________________________ Il Sole24Ore 15 mar. '02 LA CHIRURGIA ASSISTITA DAL CALCOLATORE Scienze della vita e ingegneria coppia vincente Antonella Benanzato La chirurgia assistita dal calcolatore, la robotica medica, la biointerventistica terapeutica e l'utilizzo della rete per teleconsulti e sensoristica indossabile sono il futuro prossimo dell'ingegneria biomedica. "Lo stato attuale delle nuove tecnologie diagnostiche - sottolinea Luigi Donato, dell'Ifc-Cnr (Pisa) - prevede l'esistenza di un ciclo diagnostico-terapeutico che si sintetizza in tre momenti fondamentali e che coinvolgono lo stato del soggetto, la rilevazione dei sintomi e dei segni e infine l'erogazione del trattamento. Naturalmente l'integrazione informatica rende più veloci e precise queste fasi grazie, per esempio, a una maggiore accessibilità della storia sanitaria dei pazienti in termini spaziali, temporali e di livello di prestazione". Le tecnologie informatiche permettono infatti la possibilità di attuare una standardizzazione, un'archiviazione e un'accessibilità dei dati in tempo reale. Ma se da un lato l'integrazione di ausili tecnologici estremamente innovativi garantisce l'eccellenza nel lavoro del personale medico, dall'altro il rapporto umano medico-paziente rimane un punto fermo e cruciale nella professionalità medica. "Il rapporto medico-paziente - sottolinea Donato - non può e non deve essere sostituito dall'utilizzo di innovazioni tecnologiche". L'Italia . La vera novità di questi ultimi anni consiste nell'incrocio tra nuova biologia (postgenomica, proteomica, biologia cellulare) e nuova ingegneria (tecnologie dell'informazione, tecnologie di comunicazione, nuovi materiali e robotica), che genera la nuova ingegneria medica. "La complessità crescente delle nuove tecnologie impiegate nella sanità - conclude Luigi Donato - comporta l'introduzione di figure altamente specializzate che possano affrontare con preparazione il cambiamento a cui stiamo assistendo. L'industria italiana ha dimostrato la propria capacità di competere sul mercato biomedico internazionale, acquisendo posizioni di leadership in alcuni settori ad alta tecnologia. Una delle possibilità di successo che potrebbe avere l'industria biomedica del nostro Paese risiede in quei settori che coniugano nuova domanda con nuove tecnologie e nuove conoscenze". Innovazione. Le innovazioni tecnologiche connesse al settore medico permettono infatti un notevole risparmio sul fronte della diagnostica poiché l'anamnesi del paziente è costantemente consultabile dal qualsiasi medico in qualsiasi luogo. Il tutto grazie a servizi di managed care (gestione della cura) in fase embrionale, di call center, telemedicina curativa-riabilitativa; l'ultima novità è la sensoristica indossabile grazie alla quale il paziente a rischio, al quale sono stati applicati dei sensori, riesce a comunicare al proprio medico a distanza variazioni nei parametri principali della propria patologia, agevolando in questo modo la fase diagnostica a distanza e terapeutica. _________________________________________ Le Scienze 14 mar. '02 LINFOCITI ANTIRIGETTO IN PAZIENTI LEUCEMICI Attaccando e distruggendo le cellule neoplastiche riducono il rischio di future ricadute della malattia Quando un paziente malato di leucemia viene sottoposto a un trapianto di midollo osseo, è un bene che il tessuto trapiantato non sia perfettamente compatibile con l'organismo del destinatario. In questo caso, infatti, i linfociti T, cellule del sistema immunitario prodotte dal midollo del donatore dopo l'intervento, attaccano e distruggono le cellule leucemiche ancora presenti nel corpo del paziente e prevengono successive ricadute della malattia. D'altra parte, gli stessi linfociti T provenienti dal midollo del donatore possono attaccare altri tessuti del destinatario e provocare una crisi di rigetto. Ai pazienti, allora, vengono somministrati farmaci immunosoppressori, che però favoriscono le recidive della leucemia. Un gruppo di ricercatori della Scuola di Medicina dell'Università di Perugia e dell'Ospedale San Martino di Genova ha fatto una scoperta che permetterà forse di evadere da questo circolo vizioso: altre cellule immunitarie prodotte dal midollo del donatore, i linfociti Killer Naturali (NK), hanno la capacità di distruggere le cellule leucemiche residue nel corpo del destinatario e al tempo stesso di prevenire il rigetto del tessuto impiantato. Lo studio, descritto sull'ultimo numero della rivista "Science", è stato inizialmente condotto su volontari malati di leucemia sottoposti a trapianto di midollo osseo. Dopo avere osservato il comportamento dei linfociti NK nel loro organismo, i ricercatori hanno messo a punto e sperimentato su topi leucemici un trattamento preparatorio al trapianto. Prima dell'intervento, hanno somministrato Killer Naturali del donatore all'animale destinatario. I risultati sono stati incoraggianti: i linfociti NK somministrati agli animali hanno attaccato e distrutto le cellule leucemiche del loro midollo osseo, riducendo così il rischio di future ricadute della malattia. Inoltre, hanno distrutto le cellule del destinatario che avrebbero potuto in seguito aggredire il tessuto trapiantato e quelle che avrebbero potuto stimolare un'aggressione da parte dei linfociti T del donatore. "La scoperta ha importanti ricadute cliniche", commenta sulle pagine di Science Klas Kärre, biologo del Karolinska Institute di Stoccolma, "perché garantirà trapianti di midollo osseo sicuri anche ai pazienti che non possono tollerare trattamenti immunosoppressori." _________________________________________ Corriere della Sera 14 mar. '02 CLONAZIONE LA RICERCA CONTRO L'IPOCRISIA Bloccare la sperimentazione significa mettere a rischio milioni di persone, soprattutto nelle generazioni futureE' giusto stabilire quali cellule umane possano essere riprodotte e quali no? L'amministrazione Bush ha tracciato un confine: una scelta politica, non etica L'irto cammino della clonazione di cellule embrionali umane, concessa qualche giorno fa sotto stretti vincoli in Inghilterra dalla Camera dei Lord, e limitata negli Stati Uniti alle sole linee di cellule già esistenti, mostra, una volta di più, quanto difficile sia integrare i nuovi poteri conferiti all'umanità dal progresso scientifico con dei valori collettivi precedentemente consolidati. Le legislazioni delle nazioni moderne fanno fatica a tener dietro al passo della scienza e della tecnologia. Basti pensare anche ai delicati, e in gran parte irrisolti, problemi di diritto sulla proprietà intellettuale e sulla protezione della privacy generati dalla diffusione di Internet. Nel caso della clonazione, comunque, pochi legislatori, e praticamente nessuno degli esperti, nutrono dubbi sulle grandi promesse terapeutiche di queste ricerche, se solo le si lasciassero proseguire. I dubbi risiedono altrove, e sono di natura etica. Per chiarezza, conviene andare al nucleo della questione e non misurare troppo le parole. Quale deve essere, in una società genuinamente moderna, il valore sommo? La miglior possibile qualità della vita per il maggior numero possibile di persone sembra un eccellente candidato. Lasciamo da parte la vecchia e abbandonata dottrina del cosiddetto "utilitarismo", giustamente criticata per essere stata di questa idea-guida una squallida caricatura. Gli utilitaristi avevano, infatti, preteso di misurare queste dimensioni umane con dei numeri, massimizzando funzioni matematiche e facendo calcoli algebrici sulla felicità. Sgombrato il campo da queste ingenuità, resta un'intuizione di fondo, tuttora viva e luminosa. I razionalisti in genere, e la maggior parte degli scienziati in particolare, l'adottano senza riserve. Per loro, una politica è buona, una legge è buona, una tecnologia è buona se, e solo se, migliora la qualità della vita di molte persone, a scapito di nessuno. Contro questa semplice idea, però, ne insorge una del tutto diversa, variamente incarnata nelle recenti ideologie totalitarie e in diversi integralismi religiosi. In essenza, astraendo dalle pur importanti diversità, quest'altra idea, antagonista della precedente, propugna valori eterni che devono, se necessario, soverchiare il benessere e la felicità delle persone reali. Le moltitudini in carne ed ossa sono, a detta di chi l'abbraccia e la diffonde, solo uno strumento in un disegno più vasto e più alto, un punto su una linea che viene da lontano e prosegue verso l'infinito. I sostenitori di questa diversa idea sono stati da sempre poco sensibili ai sacrifici che essa impone, compreso il sacrificio della salute e della vita. Le democrazie moderne tentano di conciliare una componente razionalista maggioritaria, ereditata dall'Illuminismo, con il rispetto degli ideali trascendenti ancora ben vivi nelle varie religioni. Il risultato, per quanto riguarda la ricerca bio-medica sulle colture di cellule umane, è un compromesso malcerto, che non di rado smaschera un'ipocrisia di fondo. L'amministrazione Bush, condizionata da elettori religiosi intransigenti, ha concesso, come ho detto sopra, la prosecuzione delle ricerche su circa trecento linee cellulari già esistenti e stabilizzate, ma ha proibito di creare linee nuove. La logica di questo compromesso, però, non è difendibile sotto nessun profilo. Se tale ricerca è eticamente ammissibile, non si vede perché congelarla allo stato attuale. Se, invece, è eticamente riprovevole, allora non dovrebbero essere accettabili neanche le linee cellulari esistenti. I comitati di bioetica, da anni, si stillano il cervello per arrivare a decidere, in modo non arbitrario, se un gruppo di cellule umane debba ricevere alcuni degli attributi di una persona vera e propria. Le nozioni di "dignità", di "integrità" e di "diritti naturali" della persona, sacrosante quando applicate nel loro ambito proprio, vengono allargate fino a lambire confini malcerti. La biologia moderna, dal canto suo, ci assicura che ogni cellula del corpo umano contiene integro l'intero patrimonio genetico dell'individuo e che, quindi, difficoltà tecniche a parte, è astrattamente concepibile ricostruire tale individuo a partire da ogni sua cellula. La "clonazione" da fantascienza, che nessun sano di mente si propone di fare, è proprio basata su questa possibilità astratta. Certamente questa integrità fondamentale del patrimonio genetico individuale dà un'arma a chi vuole sostenere la tesi che in ogni cellula, e a maggior ragione nell'embrione, sta racchiuso un individuo. La frontiera tra ciò che è solo astrattamente potenziale e ciò che, invece, è vivo e reale appare sfumata ad alcuni, ben netta ad altri. Ma i razionalisti hanno una maledetta propensione ad andare dritti alla sostanza. La ben più modesta, e già forse domani accessibile, tecnologia per rigenerare interi organi, o vitali componenti biochimiche specifiche a un certo individuo, li spinge a sviluppare la "clonazione" intesa in quest'altro senso. Hanno a cuore la salute e la sopravvivenza delle persone reali, di quelle che camminano oggi, o che cammineranno domani, su questa dura terra. La scienza manipola ogni giorno anche astrazioni di raffinata sottigliezza, nelle sue teorie, ma non se la sente di accomunare in astratto i diritti di un essere umano reale con quelli di un tessuto in coltura. Dato che nessun individuo è geneticamente identico a nessun altro, e dato che la farmaco-genetica si è avviata a grandi passi verso terapie efficaci strettamente "su misura" per ciascuno di noi, è immenso, per lo scienziato, il valore delle informazioni ottenibili solo mediante la coltura di cellule umane. Da decenni, in quei laboratori, si respira l'aria della perfetta continuità del vivente, si coltivano e si mutagenizzano con successo cellule di insetto, di topo, di scimmia, e di molte altre specie. Linee cellulari umane di origine patologica (come le famose cellule HeLa, generate decenni orsono da un prelievo in un'attempata paziente americana) hanno fatto mietere cospicui successi biologici e clinici. Non si accetta, quindi, a cuor leggero di dover fermare queste ricerche su una soglia ritenuta arbitraria e paralizzante. La scelta morale è difficile nei suoi dettagli, ma è chiara nel fondo. Per dirla con Kant, si tratta di decidere se ogni essere umano reale (e qui si deve insistere sull'aggettivo reale) è un fine, o se è un mezzo per servire qualche più alto ideale. Bloccare la ricerca sulle cellule umane significa mettere a rischio le persone reali, soprattutto delle generazioni future. Qualunque siano le astrazioni e i criteri addotti contro la continuazione delle ricerche, non va dimenticato che la scelta di fondo è questa. A suo modo, è una scelta semplicissima. _________________________________________ Le Scienze 14 mar. '02 GENI E ANORESSIA Analizzate 192 famiglie con almeno una coppia di componenti affetta da anoressia nervosa o altri disturbi della nutrizione Un gruppo di ricercatori di varie nazioni e istituzioni, guidato da Dorothy Grice della Scuola di Medicina dell'Università della Pennsylvania, ha identificato una regione del cromosoma 1 che potrebbe contenere geni che rendono un individuo vulnerabile allo sviluppo dell'anoressia nervosa. Lo studio, pubblicato sulla rivista "American Journal of Human Genetics", rappresenta la prima analisi di tutto il genoma in cui vengono stabiliti legami con disordini nutrizionali. I ricercatori hanno in particolare ricercato geni che ricorrono nelle famiglie dove due o più individui soffrono di anoressia nervosa. I risultati forniscono una prova della base genetica della malattia più forte di quella ottenibile dagli studi associativi basati sulla popolazione, in cui gli individui affetti dal problema vengono confrontati con campioni della popolazione generale. Usando un campione di partecipanti provenienti da famiglie con almeno due componenti affetti da anoressia nervosa restrittiva, un sottotipo della malattia ben definito clinicamente, i ricercatori hanno identificato possibili luoghi di suscettibilità nel cromosoma 1p. Anche altre regioni di altri cromosomi hanno dato segnali statistici di collegamento, ma non altrettanto forti. Questo significa che i geni coinvolti nel disturbo potrebbero in realtà essere molti, ma ora resta il problema di riuscire realmente a identificarli e a caratterizzarne la funzione. L'analisi del campione iniziale di 192 famiglie con almeno una coppia di componenti affetta da anoressia nervosa o altri disturbi della nutrizione, come la bulimia nervosa, ha offerto solo modesti segnali di un collegamento genetico. Per aumentare la capacità di individuare questi legami, i ricercatori hanno ristretto la loro analisi alle famiglie con elementi che soffrivano del sottotipo della malattia, caratterizzato da una grave limitazione dell'assunzione di cibo. In questa seconda analisi il collegamento con il cromosoma 1p è apparso subito molto evidente. _________________________________________ Le Scienze 12 mar. '02 INQUINAMENTO ATMOSFERICO E DISTURBI CARDIOCIRCOLATORI Più problemi per i soggetti a rischio di infarto Uno studio pubblicato sulla rivista "Circulation" organo ufficiale dell'American Heart Association.) ha dimostrato per la prima volta che l'inquinamento atmosferico può causare la costrizione dei vasi sanguigni. Per poter compiere questa scoperta, 25 volontari sani hanno respirato per due ore elevate concentrazioni di particolato e ozono. Dopo l'esposizione a queste sostanze inquinanti è stato possibile misurare una costrizione dei vasi sanguigni in media fra il 2 e il 4 per cento. La stessa costrizione non è stata osservata dopo un esperimento di controllo, in cui i volontari hanno respirato, sempre per due ore, aria pulita. "Esistono abbondanti dati epidemiologici - ha spiegato Robert D. Brook, coautore dello studio e ricercatore presso l'Università del Michigan ad Ann Arbor - che mostrano come l'inquinamento atmosferico sia associato a problemi respiratori e cardiovascolari, ma non è ancora stato ben capito quale sia l'associazione fisiologica. Questa scoperta suggerisce un possibile motivo per cui il tasso di infarti e altri eventi cardiovascolari in persone già soggette a problemi cardiocircolatori aumenta con l'esposizione ad aria inquinata." I ricercatori si sono concentrati sull'ozono e sul particolato più fine, con diametri inferiori a 2,5 micron, che proviene principalmente dagli scarichi dei motori. A differenza di quelle più grandi, queste particelle possono raggiungere gli alveoli polmonari, da dove influenzano il resto del sistema cardiovascolare, forse addirittura entrando nel flusso sanguigno. Le dimensioni dell'arteria brachiale dei volontari sono state misurate utilizzando ultrasuoni, prima dell'inalazione e al suo termine. La concentrazione del particolato, circa 150 microgrammi per metro cubo di aria, era pari a circa il doppio di quella ritenuta sicura dall'Agenzia di Protezione Ambientale americana. "Il livello di restringimento dell'arteria - ha concluso Brook - non è probabilmente in grado di produrre problemi significativi in individui sani, ma può stimolare eventi cardiaci in chi è già a rischio di infarto." _________________________________________ La Nuova Sardegna 11 mar. '02 GENI E COLESTEROLO, L'ANOMALIA DEI SARDI Pubblicato sulla prestigiosa rivista "Lancet" lo studio di due ricercatori sassaresi SASSARI. Sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale "Lancet", nel numero uscito ieri, i risultati dello studio a cui hanno partecipato due ricercatori dell'università di Sassari, Ciriaco Carru e Gianni Pes, e che ha portato alla scoperta del gene responsabile di una variante dell'ipercolesterolemia ereditaria, una malattia che provoca un aumento del rischio di infarto. Un riconoscimento, la pubblicazione dello studio, di grande valenza che premia un risultato di indubbia importanza nella lotta al colesterolo. Carru e Pes hanno fornito un grande contributo al gruppo di studio compiendo le ricerche in Sardegna dove la patologia si presenta con delle anomalie. I ricerctaori hanno individuato una nuova forma dell'ipercolesterolemia che hanno definito di tipo recessivo perchè viene trasmessa quando entrambi i genitori sono portatori sani. Una scoperta utile a comprendere i meccanismi attraverso i quali il colesterolo "viaggia" al'inerno delle cellule dell'organismo. I risultati ottenuti potranno avere importanti riflessi nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, che sono tra le principali cause di mortalità. _________________________________________ Repubblica 14 mar. '02 AGOPUNTURA, METODO E SCIENZA COME "VALIDARE" I RISULTATI CLINICI Una Commissione coniuga l'attenzione cinese al singolo caso con i canoni occidentali. Due convegni DI ANNAMARIA MESSA Metti un agopuntore. Naturalmente anche medico, quindi con due competenze unite. Ma non basta. La medicina scientifica ha bisogno di un modello unico per validare l'agopuntura. Il problema è che l'antica medicina cinese guarda al malato più che alla malattia quindi, pur nell'ambito della stessa patologia, diversifica i trattamenti. Il che significa, per esempio, "che dividiamo in 7 categorie diverse le persone che soffrono di emicrania e ci sono 7 trattamenti diversi a seconda dei casi e delle tipologie", spiega Aldo Liguori, docente al Corso di perfezionamento in tecniche di agopuntura all'università La Sapienza e presidente AIAM, l'Associazione Italiana Agopunturamoxibustione e Medicina tradizionale cinese. Per superare la difficoltà di trovare un modello, mediando tra le due medicine, è al lavoro una specifica Commissione di ricerca che coinvolge 6 università italiane. La proposta di soluzione che coniuga antico e nuovo è in dirittura d'arrivo. Con punti di riferimento tali da non sacrificare l'essenza e le regole dell'agopuntura ma che nello stesso tempo consentono l'inserimento nei canoni scientifici. Se ne parlerà dal 7 al 9 novembre prossimi nel simposio promosso a Roma, al Consiglio Nazionale delle Ricerche, dall'Associazione mondiale di agopuntura e dall'associazione di settore dell'Istituto Paracelso. Intanto, qualche anticipazione è venuta dal XV Convegno nazionale dell'AIAM e dal X Incontro della Commissione Interuniversitaria per la Ricerca in Agopuntura. A impostare la problematica da questo punto di vista, John Osborn, ordinario di metodologia, epidemiologia, igiene, all'università romana. Due i grossi pilastri, come ha tenuto a precisare, della medicina basata sull'evidenza: quello dell'esperienza clinica, individuale, del medico e quello del trial clinico randomizzato, la formula più accreditata per validare una procedura. Serve l'esperienza insomma ma nello stesso tempo sono indispensabili riferimenti certi. E anche nel caso dell'agopuntura si tratta di definire il trial clinico randomizzato, pur senza 'legare troppo' le mani dell'agopuntore per non snaturare la disciplina. "In una sperimentazione clinica rigorosa l'agopuntura forse perde qualche cartuccia ma dimostra comunque il suo effetto sicuro in un certo ambito di patologia. Nella pratica, in seguito, il medico che la userà riuscirà a fare anche di più", sottolinea Aldo Liguori. Ma non si può prescindere da una sperimentazione oggettiva e in grado di dare riferimenti certi. Il punto è quello di fornire la metodologia da usare in questi trial clinici. Tenendo conto che chi fa agopuntura nelle ricerche oltre che bravo medico e agopuntore deve essere anche molto esperto. Al di là delle diverse associazioni di settore (i cinesi dicono degli occidentali che dove c'è un agopuntore c'è un'associazione...) l'agopuntura è ormai abbastanza codificata: ci può essere un indirizzo piuttosto che un altro ma i punti salienti sono fermi e alcune cose sono diventate molto chiare. "Per esempio, il fatto che le tecniche di infissione e manipolazione dell'ago devono essere indolori e prevedere un determinato movimento di manipolazione dell'ago perché il trattamento sia efficace. Anni fa", ricorda il presidente AIAM, "molti medici agopuntori inserivano l'ago di pochi millimetri, con effetti quindi molto ridotti". Ora è chiaro a tutti che il range varia da punto a punto ma può arrivare fino a diversi centimetri. E la strada verso il 'modello' scientificamente accettato sembra sempre più breve. _________________________________________ Corriere della Sera 13 mar. '02 IL GIUDICE: MARIJUANA PER COMBATTERE IL DOLORE Prima sentenza in Italia per una malata di tumore. In Olanda e Canada è venduta in farmacia Il tribunale di Venezia ordina alla Asl di procurarsi i medicinali per la paziente I derivati della cannabis risultano molto efficaci ma nel nostro Paese sono illegali Monti Daniela MILANO - Malata di tumore al polmone, è stata autorizzata dal giudice ad assumere temporaneamente farmaci a base di cannabis sativa (nome scientifico della marijuana) per alleviare dolori che neppure la morfina riesce più a controllare. Con un provvedimento d' urgenza, il magistrato veneziano Barbara Bortot ha ordinato all' Asl di San Donà di Piave, in provincia di Venezia, dove risiede la donna, di procurarsi all' estero i medicinali per poi passarli gratuitamente alla paziente, quasi fossero comuni farmaci inseriti nella fascia A del prontuario. E' la prima volta che accade in Italia: mai il Servizio sanitario era stato obbligato a "passare" prodotti che il nostro Paese non solo non commercializza, ma che considera pure illegali. L' uso d i marijuana per scopi terapeutici è ammesso infatti in Olanda e Canada, dove è venduta in farmacia, Gran Bretagna, Spagna, Australia e in alcuni Stati americani. In Italia invece non esistono cannabinoidi registrati, né fonti legali di approvvigionamento per finalità di sperimentazione medica (che infatti, nonostante alcuni tentativi, non è mai stata avviata): chi decide di curarsi con la marijuana non ha altre possibilità che rifornirsi al mercato nero, coltivarsela in proprio (rischiando l' arresto), o rivolgersi alla magistratura. MOTIVAZIONI - Il giudice veneziano ha motivato il suo provvedimento con le gravi condizioni in cui versa la signora, per la quale "il ricorso massiccio alle sostanze analgesiche consentite nel nostro Paese - ha scritto il magistrato - è del tutto inutile e ancor dannoso". Unica alternativa, ha riconosciuto dunque il giudice, "è la somministrazione di sostanze a base di cannabis, in uso in molti Stati stranieri, che, a dire degli specialisti, potrebbe migliorare la qualità della sua vita", attenuando le sofferenze quotidiane. Non è ancora chiaro quale sarà la durata del provvedimento. "La strada comunque è aperta", commenta Salvatore Grasso, cardiologo di Palermo. E' presidente dell' Associazione per la cannabis terapeutica, che un paio di settimane fa ha presentato una bozza di proposta di legge per agevolare l' utilizzo di farmaci contenenti derivati naturali e sintetici della marijuana (hanno già aderito una decina di parlamentari, da Forza Italia a Rifondazione). Secondo Grasso, la decisione della signora veneta di ricorrere al giudice potrà innescare molti "fenomeni di imitazione". Prova a quantificare: sono 50.000 i malati di sclerosi multipla "e moltissimi potrebbero tentare l' alternativa della cannabis, efficace contro la spasticità". Sono 150 mila gli epilettici che non riescono a eradicare le crisi, "mentre la cannabis consente un buon controllo". Ma è come antidoto alla nausea indotta dalla chemioterapia che la marijuana potrebbe dare i risultati migliori: "I cannabinoidi si sono dimostrati più efficaci delle terapie tradizionali", garantisce il medico. IN OLANDA - Il Bureau voor medicinale cannabis, ufficio istituito dal ministero olandese della Sanità, è disponi bile a soddisfare richieste di farmaci a base di marijuana provenienti dall' Italia. Quindi saranno olandesi gli estratti naturali di cannabis che il giudice ha "ordinato" per la signora veneta. L' Asl di San Donà ha 30 giorni di tempo per farseli mandare, ma l' avvocato Giancarlo Tonetto, legale della donna, è ottimista: "Speriamo di poterli avere già dalla prossima settimana". Sulla carta esiste però un' altra strada per ottenere questi farmaci, non passa dal giudice, ma dal ministero della Salute, a cui spetta il compito di autorizzarne l' acquisto all' estero. "Utopie: per questa via non si è mai riusciti a ottenere niente - si scalda Grasso -. Adesso ci riproviamo: un medico dell' Umberto I di Roma si è rivolto al ministero per un paziente epilettico. Speriamo che Venezia ci spiani la strada". Daniela Monti dmonti@corriere.it _________________________________________ Corriere della Sera 14 mar. '02 "DALLA SCLEROSI MULTIPLA ALL' EPILESSIA FUNZIONA, MA CI SONO ANCORA RISCHI" Il farmacologo Di Chiara: "Non siamo ancora in grado di dosare al meglio il suo principio attivo" Bazzi Adriana MILANO - La letteratura scientifica elenca almeno una trentina di patologie che potrebbero trarre beneficio dall' uso della marijuana: dal dolore alle convulsioni epilettiche, dalla sclerosi multipla alla perdita di appetito nei malati di Aids. "E' v ero - conferma Gaetano Di Chiara, farmacologo all' Università di Cagliari - ma siamo ancora nel campo del folklore". Intende dire che non funziona? "No, anzi. La marijuana, o meglio il suo principio attivo che è il 9 delta tetraidrocannabinolo, funzi ona contro la nausea e il vomito indotto dalle chemioterapie anticancro e come tale è stato autorizzato anche dall' Fda, l' ente federale americano per il controllo dei farmaci. Ed è un ottimo analgesico: probabilmente la marijuana, legandosi ad alcu ni recettori cerebrali, stimola la liberazione di endorfine, antidolorifici naturali prodotti dal cervello. Ma il suo impiego in terapia pone una serie di problemi che devono essere risolti". Quali? "Il primo problema è che la marijuana non è un farm aco in senso classico, ma una miscela di sostanze diverse, come lo sono il tabacco o l' oppio: è difficile valutare la quantità di principio attivo che l' organismo riesce ad assorbire. In altre parole è difficile stabilire quali dosi servano per ott enere un certo effetto terapeutico. Non solo: la via di somministrazione migliore sarebbe il fumo, ma il malato dovrebbe saperlo fare: a seconda del modo, cambia la quantità di principio attivo che entra nel circolo sanguigno". Si potrebbe però utili zzare il principio attivo purificato o un derivato sintetico. In commercio esistono preparati a base di delta 9 tetraidrocannabinolo. "Anche in questo caso non mancano i problemi: il delta 9 per i farmacologi è una bestia nera, è difficilissimo da ma neggiare. Innanzitutto è solubile soltanto nei grassi e questo ne ostacola l' uso. Poi si somministra per via orale e l' assorbimento è molto variabile: dipende da quando si è mangiato l' ultima volta. Tutti questi ostacoli non solo limitano l' impie go nella clinica, ma rallentano anche le ricerche e gli studi controllati". Perché allora tanta attenzione nei confronti della marijuana? "I motivi sono almeno due. Il primo è che gli studi sulla marijuana possono aprire prospettive interessanti per il futuro: l' obiettivo è quello di sviluppare farmaci simili al suo principio attivo, ma più maneggevoli e con effetti controllabili". E il secondo? "Il fatto che la marijuana sia una droga e questo suscita curiosità nel pubblico. Ma la sua utilità terapeutica non deve far pensare che sia innocua: l' uso ricreativo è sempre da condannare. Del resto l' eroina è uno dei migliori analgesici che si conoscano, ma tutti sanno che è anche la droga peggiore". Adriana Bazzi