UNIVERSITÀ - PER IL MINISTRO MORATTI LA RIFORMA VA AVANTI PARTE UN RIESAME DEGLI INSEGNAMENTI NEI 77 ATENEI MORATTI: «RICERCA, 54 MILA NUOVI POSTI» UNIVERSITÀ: ISCRITTI ON LINE ALL’ “ARESU” E ALLE POSTE SPAZIO PER L’INSEGNAMENTO, LO STUDIO E LA RICERCA I PRIMI DOTTORI IN INFORMATICA CAGLIARI: AL VOTO PER GOVERNARE L'ATENEO ================================================================== SUL PIANO SANITARIO NAZIONALE LA PAROLA ORA PASSA AI SINDACATI MEDICI: 9 SU DIECI SCELSERO L’OPZIONE SOLO PUBBLICO ASSOMED: “PER NOI CHE LAVORIAMO IN OSPEDALE BASTAVA CORREGGERE LA RIFORMA BINDI" AZIENDA MISTA: “I MALI COMUNI IN CORSIA AZIENDA MISTA: INTERVENGONO ORDINE DEI MEDICI E TRIBUNALE DEL MALATO SIRCHIA: NON LAVORERANNO I MEDICI CHE NON STUDIANO BLAIR AUMENTA LE TASSE PER MIGLIORARE LA SANITÀ MEDICI: «TROPPE RICETTE ANOMALE» A ROMA LUNEDI’ SCIOPERO DEI MEDICI SPECIALIZZANDI: TRAPIANTI MIDOLLO, ANCHE ARITZO IN PRIMA FILA DEPRESSIONE, IL MALE OSCURO DELLE DONNE ACIDO FOLICO, MAGIA PER LA MATERNITÀ LA «PIPETTA» DI NEHER PER STUDIARE I NEURONI SIMENONE:«NEI MOSCERINI IL CERVELLO UMANO» PROBIOTICI: MICRORGANISMI UTILI ALL’APPARATO GASTROINTESTINALE L'83% DELLE SARDE ALLATTA AL SENO SIMULAZIONI IN 3D PER IL CHIRURGO IL RUMORE AL LAVORO INDIVIDUATO L'ENZIMA CHE CAUSA LE ALLERGIE NUOVE ARMI CONTRO LE MALATTIE INFETTIVE VERSO UN VACCINO ORALE PER L'HIV ================================================================== ______________________________________________________________ Il Sole24Ore 18 apr. ’02 UNIVERSITÀ - PER IL MINISTRO MORATTI LA RIFORMA VA AVANTI Lauree specialistiche in pista da ottobre ROMA - La riforma dell'autonomia didattica delle università, fondata sui percorsi accademici in sequenza di primo e di secondo livello, va avanti. Da settembre-ottobre gli atenei potranno attivare le nuove lauree specialistiche: è stato il ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, a sciogliere gli interrogativi che da qualche tempo si sono addensati sul futuro della riforma per le richieste, rilanciate da alcune forze della maggioranza, di corpose modifiche all'impianto dell'autonomia didattica. Il ministro ha tracciato le prossime tappe parlando ieri al seminario sulla "nuova" università, organizzato a Roma dal Consiglio nazionale degli studenti (Cnsu). «Le proposte dei corsi di laurea specialistica degli atenei - ha detto Moratti - verranno sottoposte alla valutazione del ministero attraverso una procedura informatizzata che consentirà di accelerare i tempi per l'approvazione dei regolamenti prima dell'estate. Con il prossimo anno accademico le università saranno dunque in grado di attivare i corsi». Il ruolino di marcia fissato dal ministro (oggetto di una contestazione da parte degli studenti di sinistra in particolare per la politica sul diritto allo studio) non preclude, però, che vengano varati correttivi, anche se i tempi non sono definiti. Tutto dipende dai risultati del monitoraggio affidato alla commissione di esperti presieduta da Adriano De Maio (rettore del Politecnico di Milano). Obiettivo del ministro è «far sì che il sistema risponda in modo efficace alle esigenze e alle aspettative degli studenti». Comunque, per Letizia Moratti la riforma - a prescindere dalle carenze nella disciplina e nelle modalità di attuazione - rappresenta il tentativo con il quale, «dopo anni di immobilismo, si cerca di recuperare il ruolo primario dell'università in una società complessa, che ha visto negli ultimi anni radicali trasformazioni». All'incontro promosso dal Cnsu hanno partecipato i rappresentanti degli studenti dei 77 atenei italiani. Il seminario è stato introdotto dal presidente del Cnsu, Tommaso Agasisti, che ha sottolineato come la riforma non possa essere messa a repentaglio da propositi di ritorno al passato. «Il sistema basato sul "3+2", laurea e laurea specialistica, - ha affermato Agasisti - ha dimostrato di poter funzionare anche nelle facoltà per le quali maggiormente si temeva l'inadeguatezza dell'impianto. La sensazione è che si stiano realizzando quegli obiettivi di accelerazione nei tempi di preparazione e superamento degli esami, per ridurre il numero dei fuoricorso e gli abbandoni. Laddove questo non è accaduto si è trattato, più che di un problema strutturale, di incapacità o di cattiva volontà a livello locale». Il Consiglio nazionale degli studenti ha proposto di aumentare il grado di autonomia degli atenei e degli universitari nel delineare i curricula e ha raccomandato l'attivazione di corsi triennali indirizzati alla laurea specialistica, accanto a percorsi più professionalizzanti. Intanto, il sottosegretario all'Istruzione, Maria Grazia Siliquini, ha annunicato un tavolo tecnico per verificare gli sbocchi delle lauree triennali sul mercato del lavoro. M.C.D. ______________________________________________________________ Il Messaggero 20 apr. ’02 PARTE UN RIESAME DEGLI INSEGNAMENTI NEI 77 ATENEI di ANTONIO GALDO IL MINISTRO dell’Istruzione, Letizia Moratti, si prepara a scoprire le carte del governo su una questione centrale per il futuro del Paese: la formazione universitaria. Secondo indiscrezioni attendibili e in base agli interventi pubblici del ministro, la sua scelta politica è già chiara. L’autonomia dei 77 atenei italiani non si tocca; viene confermato l’impianto dell’ultima riforma con l’avvio, per il prossimo anno accademico, dei corsi di laurea di secondo livello, quelli specialistici; ci saranno correzioni per migliorare la qualità e l’efficienza del sistema. E qui è il punto. L’autonomia, infatti, è stata interpretata da diversi professori universitari (non tutti) come un arbitrio feudale. Soltanto così si spiega come sia stato possibile trascinare gli studenti nell’abisso di quasi 3.000 corsi di laurea di primo livello. Un folle record mondiale, con paradossi che sconfinano nella farsa: abbiamo 42 definizioni della laurea in psicologia. Dalla grafologia alla psicobiologia, fino alla psicologia del marketing. A distanza di appena ottanta chilometri, tra Cosenza e Catanzaro, i professori hanno pensato bene di mettere in piedi gli stessi corsi di laurea in farmacia. Più che concorrenza, sembra un caso di sovrapposizione partorita dalla sete del fortino. Ancora: gli atenei si sono gonfiati con corsi di laurea in beni culturali (16) che, con queste dimensioni, sforneranno migliaia di esperti in scienza dei monumenti. Disoccupati. E non formati, visto che a Napoli, per esempio, in un corso di laurea in beni culturali, gli esami di inglese sono tenuti da docenti di papirologia e di geografia. Fare ordine nella giungla delle lauree di primo livello è la premessa indispensabile per non ripetere l’arbitrio con i corsi di secondo livello. Ed è anche un modo per mostrare rispetto nei confronti degli utenti (1.658.777 studenti) e dare loro una prospettiva di formazione non virtuale, non finta. Perché se guardiamo i numeri, il nostro sistema universitario mostra un raccapricciante rapporto con il futuro. I laureati, nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni, sono appena il 9 per cento, mentre negli altri paesi dell’Unione europea si sfiora il 20 per cento. I fuori corso sono oltre 750 mila e il titolo legale (o, a questo punto, illegale?) si conquista a 28 anni, troppo tardi per trovare lavoro in un mondo che vede tanti trentenni già nei piani alti delle carriere e delle professioni. La formazione superiore affogata nella babele dei corsi di laurea è condannata a non avere un rapporto credibile con il mercato del lavoro, anche laddove le prospettive ci sono. Presidi e rettori hanno inventato, in tutto il territorio nazionale, 24 corsi di laurea in odontoiatria, lasciandosi sommergere da 13 mila domande di iscrizione. Eppure in Italia, dati alla mano, non c’è spazio per più di 600 dentisti l’anno. La sacrosanta autonomia assegnata alle università, e di conseguenza alle facoltà e ai professori, non deve impedire allo Stato, e quindi innanzitutto al governo, di fare il proprio mestiere. Definire le regole nell’interesse generale e non secondo le aspettative di qualche potentato accademico e burocratico; misurare i risultati e l’(ab)uso che si è fatto delle competenze assegnate ai 77 atenei; distribuire le risorse nazionali, circa 6 milioni di euro l’anno, anche sulla base di parametri di qualità che significano fatti concreti, non numeri. Per i corsi di laurea ci vogliono, tanto per capirci, le aule e i docenti competenti: non bastano le bandiere che si usavano nel Medioevo per attribuirsi un pezzo di territorio sul quale spadroneggiare. ______________________________________________________________ Il Messaggero 20 apr. ’02 MORATTI: «RICERCA, 54 MILA NUOVI POSTI» ROMA - L'Italia parte da «sottozero» nel campo della ricerca. È stata lasciata all'attuale governo una «eredità disastrosa» dai precedenti esecutivi. Lo ha affermato il premier Silvio Berlusconi nel presentare il piano del ministro Letizia Moratti sulla ricerca scientifica. Il governo, stando alle dichiarazioni di ieri a Palazzo Chigi, punta al rilancio. E’ previsto un incremento complessivo, nel periodo 2003-2006, di 14.175 milioni di euro. Lo stanziamento è stato approvato dal Consiglio dei ministri, dopo che la Moratti ha illustrato le linee guida per la politica scientifica e tecnologica. Coinvolte le Università e gli istituti scientifici di ricerca. Ecco i contenuti del piano: formare il nuovo capitale umano; sostegno alla ricerca orientata allo sviluppo di tecnologie; potenziamento delle attività di ricerca industriale e promozione delle capacità di innovazione nei processi e nei prodotti delle piccole e medie imprese. Sono i 4 assi strategici su cui poggerà la politica scientifica e tecnologica del governo. Si tratta di una nuova strategia per il potenziamento della ricerca, senza alcuna continuità con la prassi del passato. Il documento, che aveva già avuto l’approvazione del Cipe, dovrà essere recepito dal prossimo Dpef e costituirà la base per la formulazione del "programma nazionale per la ricerca 2003-2006". Il ministro Moratti ha anche sottolineato che sono previsti 54 mila nuovi posti per la ricerca. Ha poi fatto riferimento ai «punti di debolezza» del sistema italiano, che per le arenze che ha non riesce ad attrarre investimenti dall'estero, anche se esistono «punte di di eccellenza riconosciute a livello mondiale». Moratti ha quindi indicato le priorità su cui puntare, che riguardano alcune macro-aree: meccanica strumentale, informatica e telecomunicazioni, energia, ambiente, trasporti, agroalimentare, salute, beni culturali. Queste grandi aree, ha aggiunto, «dovranno essere "fertilizzate" attraverso lo sviluppo di specifiche classi di tecnologie abilitanti». Un riferimento, poi, alla «situazione dalla quale siamo partiti, anche in termini di spesa di ricerca rispetto al Pil che è diminuita, dal '92 a oggi, dall'1,3% all'1%. «Partiamo - ha detto Moratti - da una situazione di svantaggio e debolezza. Anche per un basso investimento da parte delle imprese e del privato nella ricerca». ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 18 apr. ’02 UNIVERSITÀ: ISCRITTI ON LINE È cominciata l’operazione «preiscrizioni on-line all’università» per l’anno accademico 2002-03 che coinvolge oltre 450 mila studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie superiori. È possibile iscriversi tutti i giorni, fino al 15 maggio, collegandosi al sito www.universo.miur.it. Il modulo potrà essere compilato a scuola, nelle università, a casa. La scelta non è vincolante e potrà essere modificata al momento dell’iscrizione vera e propria. ______________________________________________________________ ACagliari.it 18 apr. ’02 ALL’ “ARESU” E ALLE POSTE SPAZIO PER L’INSEGNAMENTO, LO STUDIO E LA RICERCA Mistretta:due nuove segreterie Cagliari - La conferma arriva direttamente per bocca del Rettore, Pasquale Mistretta: l’Università di Cagliari è interessata allo storico Palazzo delle Poste di Piazza del Carmine. La trattativa è stata aperta da poco e le notizie rimangono volutamente frammentarie per non pregiudicare la possibilità di un accordo. Lo stesso Rettore si è recato di persona, martedì 26 marzo, all’interno dell’edificio per constatare lo stato attuale dello stabile e per valutare la possibilità di sfruttamento. “Stiamo ancora attendendo una proposta concreta da parte dell’Ente Poste, per ciò che riguarda in senso stretto il costo e le modalità di alienazione. – fa sapere Mistretta, che aggiunge – Il progetto rientra nella più ampia ricerca di spazi fruibili dall’Università e dagli studenti, in particolare.” La mancanza di aule è stata spesso causa di disagio sia per gli studenti, costretti a numerosi spostamenti, sia per i docenti. In questo senso, già durante l’esposizione del bilancio 2001 dell’Ateneo, il Rettore aveva manifestato la volontà di cercare ed acquisire nuove costruzioni che possano garantire maggiore efficienza all’apparato didattico e burocratico dell’Università cagliaritana. Dopo lo spostamento degli ultimi reparti dalla Clinica Medica “Aresu” al Policlinico di Monserrato si è fatto spazio per l’insegnamento, lo studio e la ricerca, ora lo storico edificio eclettico di Piazza del Carmine potrebbe entrare a fare parte del patrimonio dell’Ateneo, per i medesimi scopi. All’interno dello stesso programma di ampliamento delle strutture verranno presto inaugurate due grandi segretarie, inserite in due enormi hall, l’una presso la Cittadella Universitaria di Monserrato, l’altra nel Polo Umanistico di Sa Duchessa ed in grado di ospitare contemporaneamente numerosi studenti evitando altresì lunghe code agli sportelli. L’Ente Poste, dall’altro lato, conferma l’interessamento da parte dell’Università, ma frena gli entusiasmi, “la decisione dovrà essere presa in sede nazionale e c’è ancora da risolvere il problema della sostituzione dell’Amministratore Delegato, Corrado Passera, passato a Banca Intesa.” Inoltre ci sarebbe da definire la questione della sistemazione dei locali di via Simeto- via Brenta, che dovrebbero ospitare gli uffici che sono presenti ai piani superiori del fabbricato di Piazza del Carmine. Da Roma, la conferma era arrivata qualche tempo fa indirettamente; infatti già altri edifici storici appartenenti all’Ente, in altre parti d’Italia, sono stati ceduti, come nel caso di Bari, alla pubblica amministrazione o ai privati. Qualche voce isolata vorrebbe la trattativa già naufragata per l’impossibilità di modificare la sistemazione dei muri all’interno dell’antico Palazzo e perché resterebbe comunque al proprio posto l’ufficio postale del piano terra, che potrebbe costituire qualche problema, ma queste sono soltanto illazioni. Per ora le trattative rimangono aperte e gli studenti incrociano le dita. ______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 19 apr. ’02 I PRIMI DOTTORI IN INFORMATICA Nuove professioni: laurea a cinque studenti universitari Sono l'avanguardia di un corso di studi che guarda al futuro CAGLIARI. Si chiamano Una Marzorati, Cristiano Melis, Antonio Pintus, Piergiorgio Sitzia, Christian Scioni e sono i primi dottori in Informatica dell'Università di Cagliari. La cerimonia di conferimento della laurea ai cinque ragazzi, di età compresa tra i 22 e i 25 anni, si è svolta nella settecentesca aula magna del Rettorato. "L'obiettivo è stato raggiunto - ha detto il rettore Pasquale Mistretta nel suo discorso introduttivo, davanti a una sala gremita - l'Università si era prefissata di creare delle nuove professionalità all'avanguardia e questi ragazzi sono la dimostrazione che ci è riuscita". Perché è questa la sfida a cui l'Ateneo di Cagliari deve oggi rispondere, formare degli specialisti di alto livello che sappiano tradurre e mettere in pratica quanto richiesto da un'economia in continua evoluzione. E sulla nuova laurea triennale in informatica - nata lo scorso anno come trasformazione del precedente corso di diploma - l'Università sembra aver scommesso molto facendo forse tesoro di felici esperienze imprenditoriali sarde che, nel settore della new economy o della ricerca tecnologica sembrano aver trovato la giusta chiave di lettura del futuro dell'economia isolana. Altre tre sedi staccate del nuovo corso di laurea sono state, infatti, create lontano dal Capoluogo: Iglesias, Ilbono e Sorgono. "In una società che cambia, - ha detto il rettore tra nuove professioni e nuovi scenari in cui la donna acquista un'importanza centrale (vedi giurisprudenza o economia dove la presenza femminile supera quella maschile) l'Università non può non farsene interprete". E la presenza femminile, ha specificato ancora Mistretta, è il simbolo vincente del cambiamento radicale della società e di cui l'Ateneo cagliaritano deve diventare "il presidio di qualità, quantità ed eccellenza". Quale futuro per questi cinque nuovi informatici e per le centinaia di altri che nei prossimi anni li seguiranno? "Spero in un lavoro nel campo della grafica - ha detto Una, 24 anni di Orotelli - possibilmente in Sardegna, anche se sarei disposta ad andare fuori dall'Isola". E sul fatto che "Sardegna vuol dire anche Europa", sembra trovarsi d'accordo anche Cristiano, 22 anni di Cagliari: "Qui da noi ci sono indubbiamente possibilità, ma per quanto mi riguarda, bisogna vedere se ciò che mi viene offerto nell'Isola mi interessa". La strada verso orizzonti più ampi non sembra spaventarlo. "Aspetterò qualche tempo - specifica il neo dottore - poi inizierò a vagliare le possibilità che mi si offriranno in Italia e all'Estero. Del resto ho faticato tanto per arrivare fin qui". Le votazioni finali ottenute dai ragazzi sembrano confermare i sacrifici di uno studio condotto con passione: due 110 e lode, un 110, un 107 e infine un 105. Antonella Loi ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 18 apr. ’02 CAGLIARI: AL VOTO PER GOVERNARE L'ATENEO Oggi l'ultima tornata: è alta l'affluenza alle urne CAGLIARI. Urne aperte all'Università per quelle che si preannunciano come le elezioni studentesche con la più alta affluenza degli ultimi dieci anni. Sono chiamati a votare quarantamila giovani, che si divideranno in 48 seggi sparsi per le facoltà (43 a Cagliari e uno a Nuoro, Oristano, Iglesias, Ilbono e Sorgono). Le liste presentate sono quattro: "Insieme per l'Università", "Nuovo Ateneo", "Studenti a Sinistra", "Uniti e liberi" - i cui candidati concorrono per gli organi centrali dell'Università. A questi organi - Consiglio d'Amministrazione, Senato accademico, Senato accademico allargato - si aggiungono quelli delle singole facoltà in cui sono state presentate anche liste specifiche. Compreso nella coltre di voti da esprimere c'è anche quello per il rappresentante dell'Ersu e del Cus. Accade anche uno studente si trovi a dover votare addirittura nove schede, come per esempio avviene in Medicina dove si elegge - oltre al Consiglio di Facoltà, il Consiglio di classe e il Consiglio di corso di laurea anche il "Consiglio di consulenza e d'indirizzo del Policlinico". In palio c'è insomma una fetta della torta del "governo dell'Ateneo" e delle facoltà, grande conquista raggiunta con l'entrata in vigore del nuovo Statuto. Ma nonostante questo, denunciano gli stessi rappresentanti, gli studenti latitano dalla politica "accademica". Quale è la causa? «Sicuramente il motivo principale è la diffidenza che regna nei confronti dei rappresentanti - dice Marco Pistis, membro uscente del Senato accademico allargato - grazie al lavoro di certe figure equivoche che pensano solo al proprio tornaconto personale e a fare incetta di cariche, specialmente le più remunerative. Grazie a certa gente, l'Università è col tempo diventato più un mercato che una fucina di idee». Ma la realtà di Cagliari appare più complessa. «Mancano ancora gli spazi dedicati unicamente agli studenti - continua Pistis - aule o bacheche per poter pubblicizzare le iniziative». Ciò che si ripete insomma è l'eterno dilemma di chi fa politica all'Università: come fare per coinvolgere il popolo studentesco? Forse l'eccezionale affluenza alle urne di queste elezioni 2002 ci indica che qualcosa sta cambiando. E lo stesso Rettore ci conferma che l'attenzione su queste giornate è particolare. «Queste sono elezioni speciali - ha dichiarato Pasquale Mistretta - a cui gli studenti stanno dando molto rilievo. Mi auguro che il corpo elettorale risponda in pieno a questa iniziativa, politica per gli studenti e amministrativa per me». Elezioni importanti ma sofferte che rischiano di subire un annullamento per un ricorso al Tar. La lista "Nuovo Ateneo" ha infatti annunciato un ricorso. Antonella Loi ================================================================== ______________________________________________________________ Il Sole24Ore 20 apr. ’02 SUL PIANO SANITARIO NAZIONALE LA PAROLA ORA PASSA AI SINDACATI Consiglio dei ministri - Il Governo ha approvato e trasmesso il Psn per il parere (NOSTRO SERVIZIO) ROMA - Prende il via il cammino del Piano sanitario nazionale 2002-2004. Il Consiglio dei ministri, nella seduta di ieri, ha autorizzato la trasmissione dello schema di Psn al parere dei sindacati più rappresentativi e delle commissioni parlamentari competenti. La proposta delinea una strategia in dieci mosse per ridefinire il profilo del Servizio sanitario nazionale. Si va dai tagli alle liste d'attesa al restyling della rete ospedaliera, dallo sprint ai centri d'eccellenza a servizi e cure a domicilio per anziani e malati cronici, fino alla formazione continua del personale. Con i Livelli essenziali di assistenza "sorvegliati speciali". E l'impegno a 360 gradi per favorire stili di vita sani. «Lo schema - recita il comunicato di Palazzo Chigi - è stato predisposto sulla base anche delle proposte formulate dalle Regioni e dalle Province autonome». È con le amministrazioni locali, infatti, che si gioca la vera partita: toccherà a loro dare attuazione alle indicazioni del Piano. Il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, ha già illustrato le linee generali del Psn alla Conferenza Stato-Regioni del 4 aprile. E l'accoglienza è stata tiepida: alcuni assessori non hanno nascosto malumori per le presunte «invasioni di campo» da parte dello Stato in un settore che ormai considerano di propria competenza. Anche per Rosy Bindi, deputata della Margherita ed ex ministro della Sanità, esiste questo pericolo. A suo avviso, il Piano «non è un vero piano, ma un insieme di idee confuse, annunci fumosi e ingerenze nella vita delle Regioni». Frutto di una precisa politica del Governo Berlusconi, che «vuole distruggere il sistema pubblico». E, in difesa di un Ssn solidale ed equo, al riparo dai rischi del federalismo, partirà lunedì una maxi raccolta di firme, promossa dal Comitato nazionale di sostegno e rilancio del Servizio sanitario nazionale, nato due anni fa per volontà di alcune associazioni mediche. Sono circa 800mila gli operatori in prima linea. Hanno aderito all'iniziativa i camici bianchi dell'Anaao-Assomed, i "generalisti" della Fimmg, gli specialisti del Sumai, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici, i veterinari della Civemp, la Federazione Collegi Ipasvi (infermieri), i farmacisti di Federfarma e i biologi dello Snabi. La raccolta di firme si concluderà l'8 giugno e sarà supportata da tre manifestazioni: l'8 maggio a Torino, il 22 a Roma, il 30 a Napoli. La ragione della mobilitazione? È scritta a chiare lettere sui manifesti che saranno affissi negli studi medici, nelle farmacie e negli ospedali: «Evitare il rischio che si creino regole e modelli di assistenza sanitaria, così diversi da una Regione all'altra, da rendere diversi anche gli italiani di fronte alla salute». Manuela Perrone ______________________________________________________________ Repubblica 18 apr. ’02 MEDICI: 9 SU DIECI SCELSERO L’OPZIONE SOLO PUBBLICO DI MARIA GULLO Si parlò di rivoluzione quando, nel maggio del ‘99, l’allora ministro della sanità Rosy Bindi introdusse con la Riforma ter il principio dell’esclusività per i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale. Che venivano messi di fronte a una scelta irreversibile: se lavorare unicamente per il sistema pubblico, con la possibilità di svolgere la libera professione "intra moenia", all’interno cioè della struttura stessa, o non concedere l’esclusiva e svolgere quella parte del loro lavoro liberoprofessionale "extra moenia", all’esterno, e senza vincolo alcuno. L’88,2 per cento dei medici coinvolti optò per il rapporto di esclusività ricevendo, per l’attività libero professionale intramuraria, un indennizzo mensile pari a circa 700 euro. Una sorta di scelta plebiscitaria, dunque, come emerse dal monitoraggio operato circa un anno dopo l’entrata in vigore della legge, dal Dipartimento di Programmazione del ministero. Fedeltà alla sanità pubblica, che, escludendo la provincia di Bolzano dove l’esclusiva è obbligatoria dal 1970, ha presentato il picco più elevato in Calabria, con un 94,5 per cento di preferenze, seguita dalla Basilicata con il 93,6. Liguria e Lombardia, invece, presentavano il dato più alto di rifiuto dell’esclusività, rispettivamente il 21,6 e il 14,9 per cento. Tuttavia sui risultati dell’applicazione della riforma Bindi in questi due anni scarsi, le opinioni sono contrastanti. "Sancire il principio dell’esclusività del rapporto con la propria azienda è stato un grande passo avanti, il livello minimo di garanzia in un sistema liberale", ha commentato Claudio Clini, medico e Direttore generale dell’Azienda ospedaliera SantobonoPausilipon di Napoli. "Da noi il 95 per cento dei medici ha optato per l’esclusiva e l’azienda si è fatta, dunque, garante delle loro prestazioni liberoprofessionali a beneficio del cittadino, che non si è trovato esposto a un rapporto fiduciario soggettivo. La 229 non ha però forse tenuto conto di criteri che premiassero coloro con una certa "preminenza nel mercato", nel qual caso le aziende avrebbero realmente governato la libera professione dei propri medici, con una differenziazione dell’offerta, all’interno della quale i cittadini avrebbero potuto esercitare libertà di scelta. Un modello auspicabile, da migliorare in linea con modelli organizzativi più evoluti come quelli inglesi e francesi, e in netta contrapposizione all’idea di Sirchia, che porterebbe alla privatizzazione del rapporto medicoazienda e quindi di quello medicopaziente, favorendo discriminanti economiche e creando di fatto una differenziazione sul diritto". Posizione diametralmente opposta quella di Roberto Testa, Direttore generale dell’Azienda ospedaliera "San Carlo Borromeo" di Milano. "Per l’azienda quel 90 per cento di medici che optò per l’esclusiva ha significato costi elevatissimi. Circa 24 milioni annui in più per ognuno di loro, tenendo conto che, in pratica, nessuno fa rientrare l’azienda di una cifra simile grazie alla libera professione: i medici che lavorano molto fuori sono solo un 1520 per cento. Senza tralasciare poi l’enorme difficoltà nel gestire e nel controllare il rispetto delle regole sottoscritte, dalle tariffe agli orari. Del resto quella fu una scelta scontata, poiché permetteva ai medici, oltre che di godere dell’indennizzo, di lavorare nei propri studi o, con convenzioni varie, nelle strutture private non accreditate". ______________________________________________________________ Repubblica 18 apr. ’02 ASSOMED: “PER NOI CHE LAVORIAMO IN OSPEDALE BASTAVA CORREGGERE LA RIFORMA BINDI" DI SERAFINO ZUCCHELLI * Il Ministro della salute ha finalmente delineato la "sua" riforma della sanità: la montagna ha partorito il topolino. Il ministro ha proposto interventi riguardanti l’orario di lavoro e l’attività liberoprofessionale. In merito bisogna preliminarmente riconoscere che la cosiddetta "riforma Bindi", all’interno di un impianto sostanzialmente condivisibile, presentava alcuni elementi di rigidità: l’eccessiva penalizzazione economica per coloro che avevano optato per la libera professione extramuraria, a parità di ore di lavoro, e l’irreversibilità della scelta per l’intramuraria. Sarebbe bastato rivedere tali limitazioni per introdurre quegli elementi di flessibilità di cui si sentiva il bisogno. In realtà in ministro è andato oltre prevedendo l’introduzione di due tempi di lavoro, tempo pieno e tempo definito, con la possibilità di continui passaggi da uno status all’altro. Si lascia intendere che la possibilità di effettuare attività extramoenia sia offerta anche a chi opta per il tempo pieno, mantenendo per ora gli attuali livelli stipendiali. Non si comprende bene se l’esercizio dell’intramoenia rimane un diritto di tutti coloro che non hanno optato per l’attività extramoenia, oppure se si tratta di una scelta opzionale della direzione strategica. Si tratta di una variabile di grande importanza perché è strettamente collegata con l’obbligo, per l’Azienda, di allestire spazi adeguati e con l’erogazione dell’indennità di esclusività di rapporto. La bozza "Sirchia" fa riferimento all’obbligo, per le Aziende, di acquistare prestazioni dai propri dirigenti medici per giungere all’azzeramento delle liste d’attesa, come atto preliminare all’autorizzazione ad effettuare attività intramoenia. Appare un’iniziativa velleitaria e basata su risorse che le Aziende dovranno reperire all’interno dei propri bilanci, in applicazione peraltro di una norma contrattuale già esistente e mai attuata. Sull’attività extramoenia (secondo i nostri dati il 45% dei dirigenti medici) rimane l’impressione che questo grande movimento "libertario" riguardi una stretta minoranza di colleghi, molto rumorosa, a fronte di una maggioranza silenziosa che aveva accettato la riforma Bindi e che era in attesa di piccoli aggiustamenti o di decisi interventi da parte delle direzioni aziendali miranti a garantire rispetto delle norme e soluzione del problema delle liste d’attesa, che anche e non soprattutto per la disonestà di pochissimi, tanto discredito getta sulla categoria. Un’altra novità è l’abolizione dell’incompatibilità della responsabilità di struttura per tutti coloro che esercitino l’opzione per l’extramoenia, abolendo uno dei capisaldi della riforma Bindi. Ulteriore proposta riguarda l’età pensionabile: una norma voluta da alcuni apicali, che, senza risanare i bilanci previdenziali, bloccherà ulteriormente le carriere. L’Anaao Assomed, comunque indisponibile ad una rinuncia alle condizioni normative ed economiche fino ad oggi conquistate, in mancanza di un confronto con le Regioni, cui il ministro ha addossato forti oneri economici senza il loro assenso, non trova le condizioni per esprimere un parere positivo sulla riforma. Si dovrà dare vita a quel tavolo a tre, GovernoRegioniAssociazioni professionali, già annunciato e mai realizzato. * Segretario Nazionale Anaao Assomed ______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 14 apr. ’02 AZIENDA MISTA: “I MALI COMUNI IN CORSIA “I mali comuni in corsia? Organico ai minimi termini e macchinari da sostituire” Tra azienda mista e la riorganizzazione di tutta la pianta organica della Asl n1 per poter dare il via alle nuove assunzioni, il direttore generale Antonello Scanu nei prossimi mesi dovrà lavorare non poco per tenere ben saldo il timone della nave sanitaria che «fa acqua da tutte le parti». Tuttavia «se i problemi sono tanti - ammette Scanu - nella macchina aziendale non tutto funziona male». Problemi da spartire con l’altra parte del guado: in viale San Pietro, il reparto di Radioterapia delle cliniche universitarie diretto dal professor Cesare Canalis rischia il collasso. Ha bisogno di medici specializzati per poter funzionare a pieno regime, abbattere le liste di attesa e sfruttare al meglio il potenziale tecnologico per cui sono stati investiti ben 4 miliardi. Ma le assunzioni sono ferme. «Per poter partire con i bandi per le assunzioni dobbiamo rifare la pianta dell’organico di tutta l’azienda, che ormai - confessa Scanu - non rispecchia più le reali esigenze della Asl. E finora - aggiunge - siamo andati avanti facendo affidamento su professionisti con contratti a prestazioni ospedaliere anche per le cliniche». Insomma un sistema tutto da riorganizzare e racconta:« Quando sono arrivato, nell’agosto del 2000, il reparto di Radioterapia diretto da Canalis stava per avviare il collaudo del nuovo acceleratore lineare. Nei tre anni precedenti si era provveduto all’acquisto del macchinario ma non si era riorganizzato il personale specializzato». L’attesa riguarda organico ma anche macchinari: come in Radiologia dove si aspetta il via libera della Regione per spendere due miliardi destinati per l’acquisto dei nuovi macchinari. «Abbiamo portato tutti i documenti a Cagliari. Ora si tratta di aspettare tre, quattro mesi al massimo». Gina Falchi ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 14 apr. ’02 AZIENDA MISTA: INTERVENGONO ORDINE DEI MEDICI E TRIBUNALE DEL MALATO E i pazienti stanno a guardare ”In questa guerra rischia veramente soltanto chi soffre” L’azienda mista? Un matrimonio che non s’ha da fare, almeno fino a quando i due promessi, ospedale e università, non la smetteranno di litigare. Niente polemiche, solo una banale constatazione: al presidente dell’ordine dei medici Agostino Sussarellu inutile cercare di solleticare perplessità su una vicenda che in questi giorni tiene banco fra tanti suoi colleghi nelle corsie, siano esse ospedaliere che universitarie. «L’argomento non è nuovo, da cinque mesi una commissione paritetica, formata da cinque componenti per parte, discuteva sugli aspetti organizzativi di una trasformazione importante. Le conclusioni erano prossime. Qualunque sia la veste l’importante è che la sanità funzioni». Ma la mobilitazione generale, la raccolta di firme di gran parte dei medici ospedalieri, la preoccupazione di un salto nel buio la dice lunga sulla mancanza di chiarezza: e Sassari, giurano i camici bianchi finiti sull’Aventino, farà da apripista, dopo toccherà ai colleghi cagliaritani. Nessuno sembra sapere con precisione cosa comporterà questo colosso, l’azienda mista di cui da una parte si narrano mirabilie, in risposta alle garanzie chieste dall’altra. Tra l’altro, malignità in camice bianco, l’azienda mista salta fuori dal cilindro mentre il mago si era dimenticato di rinnovare il piano sanitario regionale: secondo la legge doveva essere un passaggio triennale, ma i nostri ospedali sono fermi dall’85. I medici firmatari della protesta contro la cosa assicurano: la diffidenza c’è e non è a senso unico. Più di un universitario ha espresso perplessità per quello che sembra all’esterno una lotta di potere, più che un’esigenza di efficienza e modernità. «Bene sarebbe stendere un bel contratto prematrimoniale - dice Sussarellu - Capire e confrontarsi e stabilire sin da ora chi deciderà e che cosa. Non credo che il preside della facoltà di Medicina Rosati pensi davvero che chi rema contro siano pochi medici in malafede. Forse quelle firme chiedono solo quel principio di “leale collaborazione” previsto nel piano di realizzazione della rete ospedaliera regionale». In attesa di sapere come avverrà questa trasformazione, anche al tribunale del malato si affacciano al balcone: certo avrebbero gradito sapere qualcosa in più, per esempio come si ripercuoterà tutto questo sul paziente in termini di benefici e di assistenza. «Ma sotto questo aspetto non dovrebbe cambiare nulla - li rassicura Sussarellu - Sassari ha una tradizione antica che non verrà spazzata certo da un riordino organizzativo». Gli ultimi della catena, quelli che occupano i posti letto, pretendono chiarezza. La responsabile del tribunale del malato, Caterina Ligios, però non si sente di commentare la virata prossima ventura: «Faremo una riunione al più presto - dice - questa trasformazione ci mette in allarme, non vorremmo che cvi fosse in gioco la convenienza dei primari, un po’ meno le esigenze degli utenti. È anche vero che una sinergia ben pensata metterebbe a disposizione le migliori professionalità, un traguardo di cui potrebbero beneficiare per primi i pazienti. Staremo a vedere, certo avrebbero potuto consultarci. Noi nel frattempo stiamo portando avanti un lavoro importante, un monitoraggio in tutti i reparti ospedalieri della città, anche in quelli universitari». Patrizia Canu ______________________________________________________________ Il Messaggero 18 apr. ’02 SIRCHIA: NON LAVORERANNO I MEDICI CHE NON STUDIANO CERNOBBIO (Como) - Chi non studia non lavora. Il ministro Sirchia, fuga così ogni dubbio sul funzionamento dell'Ecm, il sistema di educazione medica continua che riguarda però tutto il personale sanitario. Il ministro ha spiegato che «il credito formativo sarà utilizzato per rinnovare la licenza professionale, partecipare a concorsi e ottenere nuovi incarichi». Sirchia ha difeso la scelta della raccolta punti, che obbliga tutti i sanitari, ed in questo caso i medici, a mettere assieme 150 punti in tre anni. E sulla sanità italiana il ministro ha ribadito la necessita di un cambiamento: «Altrimenti - ha detto - la sanità in Italia va incontro al disastro come quello che sta vivendo l'Inghilterra in questo momento». ______________________________________________________________ La stampa 14 apr. ’02 BLAIR AUMENTA LE TASSE PER MIGLIORARE LA SANITÀ «LE IMPOSTE SI TAGLIANO SOLO QUANDO SI PUÒ, SENZA SACRIFICARE I SERVIZI» Il premier britannico Tony Blair promette di creare nel suo paese «il miglior servizio sanitario d´Europa» e a questo scopo preannuncia, violando un tabù, un aumento delle tasse. In un´intervista con The Independent, Blair non è sceso nei dettagli del suo piano sanitario e del costo che comporterà, ma la voce è che si tratterà di 5 miliardi di sterline all´anno (più di 8 miliardi di euro). Il premier respinge le critiche del cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown, secondo cui si rischia di cadere in un budget pubblico da «old Labour». Blair ha spiegato che nel suo primo mandato elettorale da premier ha dovuto compiere «scelte dure nell´interesse generale del paese», ma che in questo secondo mandato, avendo alle spalle un sistema economico ormai completamente risanato, egli intende dare la priorità allo sviluppo dei servizi pubblici. «È giusto tagliare le tasse quando si può - ha spiegato Blair -. Ma non lo abbiamo mai fatto a danno degli investimenti nei pubblici servizi». ______________________________________________________________ Il Messaggero 17 apr. ’02 MEDICI: «TROPPE RICETTE ANOMALE» Raccolte centinaia di documenti: i dottori più attenti al Pertini, meno quelli del Policlinico I medici: dagli ospedali prescrizioni su fogli a forma di calzino di FRANCESCA MALANDRUCCO Si è presentato dal suo medico di base con una richiesta di esami necessari per affrontare un intervento chirurgico. Ma il paziente, un distinto signore romano, anziché presentare una normale ricetta su carta intestata con la firma dello specialista, ha mostrato con imbarazzo al suo dottore un bigliettino a forma di calzino, con una farfallina gialla stampata sullo sfondo azzurro. Eppure quella ricetta gli è stata consegnata al termine di una visita specialistica da un medico della terza clinica chirurgica del Policlinico Umberto I. Nella stessa struttura ospedaliera, pochi giorni più tardi, è stata compilata un'altra prescrizione “anomala". Anche questa volta non veniva riportato né il nome del paziente visitato, né quello del medico che aveva richiesto una serie di cure odontoiatriche, però, al posto del biglietto azzurro a forma di calzino, era stato utilizzato un cartoncino a forma di tubetto di dentifricio, con tanto di marchio pubblicitario. E ancora. Per ben tre volte i primari di altrettanti reparti ospedalieri hanno pensato bene di prescrivere ai loro pazienti una serie di esami da effettuare privatamente, ma necessari al ricovero e quindi già compresi e rimborsati nel regime di drg. Questi episodi non sono che la punta di un iceberg. Dall'inizio di gennaio fino alla fine di marzo l'Osservatorio per le prescrizioni improprie istituito dalla Fimmg del Lazio (la Federazione dei medici di medicina generale) ha raccolto ben 572 segnalazioni di ricette anomale solo a Roma. In 337 casi, specialisti di strutture pubbliche, dagli ospedali alle università, dagli ambulatori alle Asl, hanno preferito prescrivere lunghe liste di esami diagnostici su ricette bianche, lasciando al medico di base il compito di trascrivere gli accertamenti sul ricettario del servizio sanitario nazionale. A queste, poi, si aggiungono altre 200 ricette rosa che non solo non tengono conto delle direttive emanate dalla Commissione unica per il farmaco, prescrivendo medicine antinfiammatorie o anti ulcera a chi accusava un semplice malessere allo stomaco, ma ignorano anche le nuove regole imposte dalla Regione per arginare la spesa farmaceutica con l'entrata in vigore del ticket. Risultato: i pazienti disperati sono stati costretti a fare la spola tra ospedale e medico di base. «La maggior parte delle ricette che consideramo anomale, arrivano dal Policlinico Umberto I o dal Sant'Andrea - denuncia Pierluigi Bartoletti, segretario regionale della Fimmg -. Mentre la struttura ospedaliera più corretta da questo punto di vista è il Sandro Pertini. Qui solo tre ricette su 10 non sono corrette. La Fimmg - ha proseguito Bartoletti - intende fare un monitoraggio serio della situazione, denunciando i singoli casi direttamente alla Regione». Entro la prossima settimana la federazione dei dottori di base istituiranno un organismo ad hoc, composto da una quarantina di “medici sentinella" sparsi sul territorio regionale. A loro spetterà il compito di monitorare in modo puntuale e corretto le diverse situazioni. Non solo. La Fimmg intende anche organizzare corsi di formazione per l'appropriatezza prescrittiva. «Saranno gestiti dalla scuola di formazione in Medicina di Famiglia - dice Bartoletti - e rivolte non solo ai medici di base ma anche alle figure professionali che operano nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Vogliamo evitare che si continuino a verificare casi anomali come quello ad esempio delle 11 prescrizioni di esami propedeutici per altrettante visite specialistiche, richiesti insomma prima ancora di fare la visita. Forse quegli specialisti non sapevano di infrangere il codice di deontologia medica». ______________________________________________________________ Il Messaggero 20 apr. ’02 A ROMA LUNEDI’ SCIOPERO DEI MEDICI SPECIALIZZANDI: lunedì a rischio le sale operatorie Si definiscono una categoria fantasma, con tanti doveri e nessun diritto. Sono gli specializzandi in Medicina e Chirurgia che, dopo l'ennesimo, indiscriminato aumento delle tasse universitarie, hanno indetto una giornata di astensione dal lavoro per la giornata di lunedì 22. Senza di loro, molte camere operatorie resteranno ferme. Hanno già aderito alla protesta i 550 ragazzi che fanno parte della mailing list creata da loro stessi per l'occasione, anche se alcuni, temendo ritorsioni da parte del personale docente, alla fine si asterranno. Dallo scorso anno le tasse sono aumentate del 42%, esattamente 309 euro, per tutti gli specializzandi delle 79 scuole presenti alla Sapienza. «L'anno scorso racconta Luigi, specializzando in Endocrinologia pagavamo 1.400.000 lire; quest'anno ben 2.100.000 di lire». Sono documentatissimi questi dottori-studenti e citano a menadito leggi e articoli. «Ci hanno inserito arbitrariamente nella terza fascia contributiva (reddito annuo 66-91 milioni di lire) spiega Maria, specializzata in Endocrinologia pur essendo l'ammontare annuo della nostra borsa pari a circa 22 milioni di lire: l'Università ci considera studenti a ma il Policlinico ci utilizza come medici a tutti gli effetti». Non solo: «Ciò che noi percepiamo non è influente ai fini del reddito continua Maria quindi come hanno potuto inserirci proprio in quella fascia contributiva? Siamo noi con i nostri soldi a dover sanare i debiti del Policlinico?». Questa però è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La borsa di studio infatti non è stata adeguata al tasso di inflazione annua dal 1993. S.Tag. ______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 20 apr. ’02 TRAPIANTI MIDOLLO, ANCHE ARITZO IN PRIMA FILA Al piccolo centro del Mandrolisai la palma d'oro della solidarietà Elevatissimo il numero di donatori potenziali soddisfazione dell'Admo Giovanni Maria Sedda ARITZO. Il paese di Aritzo diventa ancora una volta punto di riferimento per i donatori volontari del midollo osseo e per quanti vogliano far parte dell'esercito della solidarietà. Questo centro, infatti, è quello che già da molti anni ha raggiunto un numero grandissimo di donatori, grazie all'associazione presieduta da Massimo Argiolas, che, in tutti questi anni, appunto ha effettato numerose iniziative di sensibilizzazione e di promozione culturale alla solidarietà. Per iniziativa della sezione Admo di Aritzo, con il patrocinio dell'amministrazione comunale, domani, con inizio alle 10, si terrà, nell'auditorium dell'Itc aritzese, un incontro dibattito sul tema: "Donazione e trapianto del midollo osseo". Sarà un convegno di alto livello scientifico e, proprio per questo motivo avrà carattere regionale. Le relazioni saranno tenute infatti da ricercatori, operatori del mondo ospedaliero e dell'università. Il convegno verrà aperto con i saluti del presidente dell'Admo, Massimo Argiolas, del sindaco di Aritzo, Paolo Fontana e del presidente della provincia di Nuoro, Francesco Licheri. Subito dopo interverranno il Licinio Contu, coordinatore regionale dei trapianti e presidente dell'Admo regionale; Giorgio La Nasa, direttore del centro trapianti di midollo osseo presso l'ospedale Binaghi di Cagliari; Carlo Carcassi, direttore della cattedra di genetica medica dell'università di Cagliari e Pierpaolo Bitti del centro trasfusionale dell'ospedale San Francesco di Nuoro. Interverranno anche Gianluca Marotto e Ivo Peddio, rispettivamente di Aritzo e Desulo, che hanno donato il midollo osseo. I lavori verranno coordinati da Sebastiano Figus, assessore comunale e consigliere del direttivo Admo di Aritzo. Sono invitati a partecipare tutti i donatori ma anche i simpatizzanti dell'intero territorio. In questo modo i donatori aritzesi continuano a diffondere i sentimenti della solidarietà. Così come fanno da molti anni diventando sempre più numerosi e fieri. L'associazione Admo Aritzese era nata nel 1996 all'interno del coro polifonico Bachis Sulis. Nello stesso anno raggiunse ben 500 nuovi aderenti. Praticamente l'intera popolazione idonea alla donazione su 1800 abitanti. Così il centro barbaricino del turismo montano divenne un paese di donatori con la percentuale di volontari più alta in Italia. Nel 1998 i donatori divennero 800 con adesioni anche dai paesi vicini. Sempre nel 1998 fu inaugurata la nuova sede dell'Admo, nel centro concesso dall'amministrazione comunale. ______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 19 apr. ’02 DEPRESSIONE, IL MALE OSCURO DELLE DONNE CAGLIARI. E' vero che la depressione è una malattia di "genere" in quanto le donne ne sono maggiormente colpite oppure è "soltanto" il peso sociale del disturbo a gravare sulla componente femminile della famiglia? Saranno due degli interrogativi cui saranno chiamati a rispondere clinici, ricercatori, psicoterapeuti e farmacologi nel convegno "Depressione: come e perchè", in programma domani nella sala conferenze del Banco di Sardegna, in viale Bonaria. Organizzato dall'area "Qualità della vita" della Commissione regionale delle Pari opportunità, l'appuntamento di carattere scientifico-informativo intende mettere l'accento sulla specificità femminile dell'esperienza depressiva. I lavori del convegno, in cui saranno illustrate anche le manifestazioni cliniche del disturbo, saranno coordinati, nella prima parte della mattinata, dal neuropsicofarmacologo Giovanni Biggio, del Dipartimento di biologia sperimentale dell'Università di Cagliari. Dopo il saluto della presidente della Commissione Franca Bergamini, introdurrà i lavori Noemi Sanna, consigliere regionale e psichiatra dell'Università di Sassari. Il farmacologo Gian Luigi Gessa, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell'ateneo di Cagliari, parlerà della funzione dei neurotrasmettitori con particolare riferimento a quelli delle emozioni e dell'umore. Spetterà a Maria Del Zompo, farmacologo clinico del Dipartimento di neuroscienze, illustrare gli studi sulle cause genetiche della depressione. La questione se il disturbo sia ascritto nel "pacchetto" genetico individuale è infatti uno degli interrogativi su cui si concentrano i ricercatori. Sarà compito di Caterina Burrai, psichiatra dell'Azienda sanitaria locale 8 di Cagliari, presentare le manifestazioni cliniche della depressione. Successivamente lo psichiatra Nicola Ciani dell'Università di Roma "Tor Vergata" presenterà un caso clinico di depressione grave ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 18 apr. ’02 ACIDO FOLICO, MAGIA PER LA MATERNITÀ La cura viaggia sulle foglie di una popolarissima lattuga. Fase preventiva che costa meno di ogni cura. Evita tremende malformazioni: spina bifida e labiopalatoschisi. Patologie da incubo: in Sardegna lo scorso anno circa seicento neonati che difficilmente vedranno l’alba del 2003. Malattie che devastano fragili corpi di neonati e costringono le famiglie a vivere tra ospedali e medicine costosissime. Le terapie ci sono ma, alle casse pubbliche, costano un miliardo a testa per paziente. La prevenzione invece costa 5 euro al mese. Poche monete da investire, giurano gli esperti, in modeste dosi di acido folico. Vitamina B9, madre di tutte le verdure a foglia larga. Almeno 0,4 milligrammi nel mese prima del concepimento e nei 2-3 mesi successivi. Nessun effetto collaterale, nemmeno in sovradosaggio e non ci saranno paure, timori di un parto amaro. Lo sanno in pochi, troppo pochi giurano gli organizzatori (il Rotary Club) di una conferenza che si terrà sabato alla sala convegni dell’Hotel Mediterraneo. Se si trattasse di un farmaco raro e costoso, lo saprebbero tutti. Le multinazionali farmaceutiche avrebbero speso centinaia di milioni in campagne pubblicitarie. Le associazioni a difesa dei malati avrebbero protestato sui costi e la Sanità pubblica avrebbe promesso di renderlo accessibile alle fasce deboli. Invece basta mangiare un’insalata. Stefano Oddini Carboni, 42 anni, cagliaritano, dentista e professore di Clinica odontostomatologica alla facoltà di odontoiatria di Cagliari, ha proposto al Rotary Club di promuovere una campagna di informazione. Sabato la prima tappa: una conferenza all’hotel Mediterraneo. «I guai nascono dalla mancanza di informazione», dichiara Oddini Carboni. «Vorrei che in tutte le famiglie si sapesse quanto sia banale prevenire. Le ragazze sanno cosa prendere per avere una buona abbronzatura o sconfiggere la cellulite, ma non sanno come prevenire le malformazioni ai propri figli. Eppure lo Stato dovrebbe avere tutto l’interesse a divulgare questa informazione, non solo per la salute dei cittadini, ma anche perché, mentre un bambino con spina bifida costa un miliardo alle casse pubbliche, gli integratori all’acido folico costano cinque euro al mese». E la vitamina B9 si trova nelle verdura a foglia larga, lattuga, spinaci, barbabietola, asparagi, broccoli, carote, pomodori, fagioli, agrumi, banane, avocado, datteri, meloni, fegato, lievito, latte e cereali. Alla conferenza saranno presenti esperti che spiegheranno i risultati di ricerche fatti in diversi paesi e pubblicati in riviste mediche come la New England Journal of Medicine. Oltre a una rappresentanza scientifica, ci sarà un referente sociale. «Le conferenze e gli studi che sinora sono stai fatti si sono rivolti solo agli esperti del settore medico», dice Oddini Carboni. La nostra intenzione adesso è quella di rivolgerci alle famiglie». Cristina Muntoni ______________________________________________________________ La stampa 17 apr. ’02 LA «PIPETTA» DI NEHER PER STUDIARE I NEURONI IL PREMIO NOBEL PER LA MEDICINA HA SPIEGATO A TORINO GLI ULTIMI SVILUPPI DELLA SUA INVENZIONE DA quando Erwin Neher e Bert Sakmann nel 1976 proposero un nuovo metodo per misurare l'attività elettrica di cellule muscolari e neuronali, l'elettrofisiologia ha avuto un notevole sviluppo scientifico e industriale. L'idea per la quale i due studiosi tedeschi del Max-Planck Institut di Göttingen ricevettero il Nobel per la Medicina nel 1991 si basa sull'uso di una particolare pipetta di vetro che consente di misurare piccolissime correnti ioniche dell'ordine del picoampere a livello di singoli canali di membrana. La pipetta è in grado di "vedere" l'attività elettrica di cellule cardiache che si contraggono, di neuroni cerebrali che comunicano tra loro e di cellule pancreatiche che rilasciano insulina. La tecnica sviluppata dai due scienziati tedeschi si è presto evoluta e oggi esistono diverse strategie per studiare i meccanismi molecolari che sono alla base dell'eccitabilità cellulare. Un vantaggio di questa tecnica dal nome singolare "patch-clamp", "pezza-bloccata"), è quello di non essere invasiva e quindi adatta per studiare proprietà funzionali di cellule di piccole dimensioni. E´ così stato possibile isolare meccanicamente singole proteine-canale, capirne il funzionamento e la struttura e sviluppare nuovi farmaci capaci di migliorare l'attività cellulare. Per esempio, i farmaci che stimolano le cellule beta del pancreas a produrre più insulina sono nati grazie a questa tecnica. Attualmente il "patch-clamp" e le sue varianti sono molto utilizzati nella ricerca di base in neuroscienze. La plasticità sinaptica, che sta alla base dei processi di apprendimento e memoria, e le degenerazioni del sistema nervoso che portano a patologie quali l'Alzheimer sono studiati con la tecnica del patch-clamp in parallelo con metodi di biologia molecolare. L'attenzione è al momento focalizzata sulla struttura e funzione della sinapsi nervosa che rappresenta l'elemento di congiunzione tra un neurone e l'altro, dove il rilascio di pacchetti di molecole di neurotrasmettitore permette a un neurone (presinaptico) di far pervenire al neurone adiacente (postsinaptico) un segnale di tipo eccitatorio o inibitorio. In entrambi i casi, il meccanismo dipende dall'organizzazione del terminale presinaptico, che contiene un centinaio di vescicole ciascuna delle quali racchiude 10-50 mila molecole di neurotrasmettitore pronte per essere rilasciate. Il movimento vescicolare verso la membrana presinaptica, la fusione della vescicola e la sua apertura dipendono da molti fattori, tra cui ioni di calcio intracellulari e la presenza di proteine di ancoraggio che formano veri e propri binari lungo i quali le vescicole prima si muovono e poi si ancorano per aprirsi e scaricare il proprio contenuto tra le sinapsi. Alcune di queste proteine sono state identificate ed etichettate con nomi fantasiosi (sintaxina, sinaptobrevina, Snare, Snap-25). Resta da capire il ruolo che queste strutture hanno nel controllo del rapido movimento vescicolare da cui origina il segnale sinaptico finale. Nella recente «lettura» annuale in onore di Rita Levi Montalcini che si è tenuta a Torino (organizzata dalla Fondazione Sigma Tau), Erwin Neher ha illustrato come si possano ottenere utilissime informazioni sull'interazione tra proteine di ancoraggio e vescicole grazie a nuove tecniche di misura che permettono di vedere la singola fusione vescicolare e il rilascio di neurotrasmettitore. Questi miglioramenti derivanti dall'idea originale del patch-clamp forniscono elementi essenziali per capire i meccanismi molecolari della trasmissione sinaptica e quindi la genesi di molte malattie neurodegenerative. (*)Rita Levi Montalcini Center for Brain Repair, Torino ______________________________________________________________ Corriere della Sera 15 apr. ’02 SIMENONE:«NEI MOSCERINI IL CERVELLO UMANO» Antonio Simeone: ho nostalgia di Napoli, ma in Italia non si fa ricerca Il genetista emigrato a Londra: LONDRA - «Ho iniziato i miei studi a tredici anni. Avevo uno zoo in garage: ranocchie, granchi, uccelli, lucertole. Li curavo, li osservavo per ore, a volte li operavo secondo criteri non proprio ortodossi. La mia passione assoluta è il banco del laboratorio, il microscopio: riesco a starci tutto il giorno, senza annoiarmi mai, da trent’anni. Finalmente, qui, ho tutto quello che serve per cercare risposte alle domande della biologia. La ricerca, in Inghilterra, è un paradiso... Ma la vita, da noi, è un’altra cosa. Sogno di poter tornare a Napoli, dove ho fatto le scoperte più importanti. Spero che qualcuno si ricordi di finanziare gli esperimenti degli scienziati italiani e invece, purtroppo, i fondi al Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche, sono stati tagliati. Ormai, si pagano soltanto gli stipendi». Antonio Simeone è uno dei nostri più grandi ricercatori. E’ nato a Benevento 43 anni fa, suo padre Nino era direttore dell’ufficio del registro, sua madre Anna è maestra, sua moglie - che abita a Napoli con le due figlie, Martina e Francesca - insegna scienze e biologia alle medie. Vive nel Kent, ha una bella casa, un bellissimo giardino che cura personalmente, ha vinto qui una cattedra, honoris causa e a vita, di Genetica dello Sviluppo al King’s College, dirige uno dei laboratori più quotati del Regno Unito. La Francia nel 2001 gli ha conferito il premio Bettencourt, 250 mila euro da destinare alla ricerca, un riconoscimento di poco inferiore al Nobel. Da Napoli è andato via controvoglia, sorride ma è un sorriso amaro, «dopo essere stato bocciato ad un concorso truccato. Non ho fatto denunce per non...». Antonio Simeone è un genetista. Studia le attività e le caratteristiche dei geni, gli elementi che progettano, costruiscono, organizzano e dirigono le attività che rendono possibile la vita. In ogni nostra cellula ne abbiamo da 70 a 100 mila e ogni cellula possiede all’incirca 3 miliardi di informazioni. «Tutti i geni hanno una missione da compiere: il risultato è la conservazione della specie e la sua ripetizione infinita, sempre uguale e sempre diversa. I geni hanno diverse specializzazioni: pensate al corpo umano come ad una città, ci sono quelli che mettono le fondamenta, gli architetti, gli operai, i politici. Sì, fra i geni ci sono anche i dirigenti politici, quelli che devono organizzare le strategie dei movimenti, del pensiero, ma anche delle emozioni, della chimica degli affetti. E chissà che l’organizzazione delle società umane non riproduca, non assomigli proprio a quei meccanismi interni che appassionano tanto noi biologi...». Simeone racconta con parole semplici l’avventura della sua ricerca: «Tutto comincia con il moscerino della frutta. Si chiama drosofila, è un piccolo insetto che voi donne conoscete bene, basta andare in un mercato... la genetica moderna deve tutto a questa mosca. A Napoli, con il professor Boncinelli, che è stato un maestro e anche un po’ un padre, cominciammo a lavorare sulla riproduzione del cervello. Utilizzando come una sonda il Dna di drosofila riuscimmo ad isolare 4 geni umani e a dimostrare che il meccanismo di costruzione del cervello di un insetto è lo stesso del cervello umano. L’informazione primaria necessaria era la stessa. In quel periodo, non uscii dal laboratorio per 4 mesi. Mia moglie, allora mia fidanzata, mi lasciò». Gelosa di una mosca? Simeone ride di gusto e poi continua il racconto: «Per secoli, le teorie scientifiche avevano stabilito che le teste degli esseri viventi venivano costruite in modo indipendente. E io, con Dario Acampora, ho dimostrato che non è così. I geni più importanti che abbiamo isolato, e che ancora stiamo studiando giorno e notte, si chiamano Otx1 e Otx2. Il primo è il responsabile dell’epilessia, il secondo governa tutte le informazioni utili a costruire la testa di un mammifero». I geni umani uguali a quelli di un insetto? «E’ così. Tanta superbia... Pensi che Otx2 sta anche nella spugna di mare, nei ricci, che non hanno cervello». Simeone spiega che, togliendo Otx2 all’embrione di un topo, quello nascerà senza testa. Ma la rivelazione più sorprendente è che un Otx2 prelevato da quel moscerino, installato nel topo, produce esattamente la testa di topo. «E siccome la drosofila vive sulla terra da mille milioni di anni, quando sul pianeta abitavano soltanto vermi e insetti, abbiamo scoperto che l’informazione genetica per costruire un cervello umano esisteva già allora ed è stata tramandata intatta fino ad oggi. Le domande che seguono, l’oggetto attuale della nostra ricerca, sono conseguenti: quale meccanismo molecolare fa uscire quell’organismo al posto giusto e non altrove? E infine, la vera questione, biologico- filosofica: quale evento evolutivo ha determinato il salto che ha portato alla costruzione del cervello e della testa come li conosciamo nei mammiferi?». Nella storia degli esseri viventi, i milioni di anni volano. Quaranta milioni di anni fa, arrivarono i pesci, con una testa e un cervello simili al nostro. Prima, «c’era solo un tubicino, che conteneva però gli Otx, le informazioni utili anche a costruire me, o lei». Noi umani arriviamo molto più tardi, circa 200 mila anni fa. E utilizziamo quei geni, poco sfruttati finora da ricci, pesci, insetti e vermi, per diventare come siamo... La sfida di una vita. «Senza passione questo sarebbe il lavoro più noioso del mondo». Lontani dall’olimpo dei biologi, noi cerchiamo risposte, ma soprattutto cure per i nostri mali. «Sono un ricercatore di base, io - rivendica Simeone - non curo nessuno. Ma sono felice che la ricerca medica si avvalga delle nostre scoperte». La clonazione? «Per ora è inutile all’uomo... Detto questo, la scienza non va limitata, mai. Lo sa che per clonare un essere vivente basterebbe un laboratorio piccolo, si potrebbe mettere su con 100 mila euro? E’ un meccanismo semplice. Molto più difficile lavorare sul transgenico, ovvero modificare le sequenze dei meccanismi genetici». Nel laboratorio londinese, il nostro scienziato ha fabbricato qualche decina di topi mutanti, spostando i loro geni progettisti, per costruire quella che lui chiama «genoteca». Da quei topi arriveranno quelle risposte? «Forse è una scommessa impossibile, ma voglio tentare lo stesso». Simeone non ha telefonino. Non ama i computer, anche se accetta di pubblicare il suo indirizzo email ( antonio.simeone@kcl.ac.uk ). Detesta le interviste. Odia le fotografie (questa è la prima che lo ritrae da solo, ne aveva soltanto in gruppo, con i suoi collaboratori). E’ un tipo semplice, molto spiritoso, si autodefinisce «uno ruspante, uno che appena può scappa sulle sue montagne, a pesca di trote nei ruscelli». Diffida dei ricercatori che pensano allo stipendio, «quelli veri sanno che con questo lavoro non si vedrà mai una lira, anzi un euro»). Ama follemente sua moglie, «Silvana è la protagonista vera della mia vita e la regista delle mie scoperte, soffro perché posso vederla soltanto una settimana al mese», le sue figlie di 9 e 4 anni a cui ha già comprato un microscopio, la Campania, quella ruvida «che è ancora intatta e che pochi conoscono». Ha fede: «Sono molto religioso: tutto quello che ho visto al microscopio non può essere avvenuto per caso». bpalombelli@corriere.it LA VITA Antonio Simeone è nato 43 anni fa a Benevento: suo padre, Nino, era direttore dell’ufficio del registro; sua mamma, Anna, era maestra LA FAMIGLIA È sposato con Silvana, insegnante di scienze e biologia alle medie, e ha due bambine, Martina e Francesca, di nove e quattro anni. Loro vivono a Napoli e lui riesce a vederle una settimana al mese LA CARRIERA Genetista, dopo aver svolto i suoi studi a Napoli, adesso Antonio Simeone vive nel Kent: ha vinto una cattedra di Genetica dello Sviluppo, honoris causa e a vita, al King’s College di Londra, dove dirige uno dei laboratori più quotati del Regno Unito IL PREMIO Lo scorso anno la Francia gli ha conferito il premio Bettencourt, 250 mila euro, da destinare alla ricerca: si tratta di un riconoscimento di poco inferiore al Nobel LO STUDIO Assieme a Dario Acampora, Simeone ha isolato nel moscerino drosofila i geni Otx1 e Otx2: il primo è il responsabile dell’epilessia, il secondo governa tutte le informazioni utili a costruire la testa di un mammifero LA SCOPERTA La ricerca ha dimostrato che l’informazione genetica per costruire il cervello umano esiste da mille milioni di anni (da quando sulla terra vive la drosofila), ed è stata tramandata intatta fino a oggi ______________________________________________________________ Repubblica 18 apr. ’02 PROBIOTICI: MICRORGANISMI UTILI ALL’APPARATO GASTROINTESTINALE Arrivano le lineeguida stabilite da Oms e Fao I microrganismi utili all’apparato gastrointestinale. Studi e interessi Avete mai provato a considerare quanto latte, yogurt e formaggio contiene il frigorifero di un supermercato? Vi siete mai domandati quanti di quei vasetti, a dispetto della pubblicità, contengono fermenti lattici veramente utili al nostro organismo? Domande banali che hanno convinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Fao ad elaborare delle linee guida internazionali tese a regolare la ricerca e il mercato dei batteri provita, i probiotici, e degli alimenti che li contengono. Questi microrganismi ‘utili’, insieme a germi, virus e microbi, popolano il nostro organismo dando vita ad un sistema complesso, nel quale giocano un ruolo così importante da poter essere paragonati ad un vero e proprio organo: la flora batterica. In molti laboratori di ricerca questi batteri vengono selezionati, coltivati ed utilizzati per produrre specifici alimenti: yogurt, latte e formaggio sempre più spesso, oltre ai classici fermenti lattici, contengono probiotici resistenti ai succhi gastrici e biliari tanto da risultare vivi e attivi lungo tutto l’apparato gastrointestinale. La loro capacità di favorire e mantenere lo stato di benessere dell’organismo ‘ospite’ era noto da più di un secolo, ma le prime evidenze scientifiche si sono avute solo dalla fine degli anni ‘70. Da allora i probiotici sono diventati oggetto di numerosi studi e hanno richiamato grossi interessi che le multinazionali tutelano con brevetti. In pochissime nazioni (Italia esclusa) esiste una norma che riguarda i fermenti lattici; per questo, ad ottobre dello scorso anno, l’Oms e la Fao hanno chiesto ai massimi esperti del settore di tracciare le prime linee guida. La stessa Commissione, di cui fa parte il professor Lorenzo Morelli, docente di Biotecnologie della Fermentazione all’Università Cattolica di Piacenza, tra poche settimane dovrebbe approvare il documento definitivo. «Da più di dieci anni l’Unione Europea sta finanziando circa 60 laboratori» spiega Morelli, «che studiano la reale efficacia dei batteri probiotici e i metodi d’identificazione dei diversi ceppi. Da questi e da altri studi traggono spunto le linee guida OmsFao che stiamo preparando, in primo luogo per tutelare la salute dei consumatori di tutto il mondo. I principi di base, in sintesi, sono: sicurezza, tollerabilità, efficacia nel mantenere uno stato di benessere nell’uomo e libera circolazione delle informazioni, soprattutto all’interno della comunità scientifica. Il protocollo che prepariamo farà parte del pacchetto di norme che in Europa regolano il settore alimentare e si ispira alla direttiva comunitaria del 1993 che regola l’uso dei fermenti lattici nell’alimentazione animale». Nell’elaborarla esperti e legislatori sono partiti dalla considerazione che i microrganismi patogeni, attaccando vitelli o maiali, influiscono negativamente sui parametri di crescita poiché le malattie che provocano si traducono in una minore assunzione di cibo. Quindi hanno indicato quali sono e come devono essere utilizzati i ceppi di probiotici in grado di competere con i batteri ‘cattivi’, andando così a sostituire gli antibiotici. ______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 20 apr. ’02 L'83% DELLE SARDE ALLATTA AL SENO ROMA. L'83,9 per cento delle donne sarde che hanno avuto fugli dal 1995 in poi ha allattato il figlio al seno per oltre sei mesi. La percentuale è superiore a quella media nazionale, che si attesta all'81 per cento. Meno positiva la situazione dei corsi di preparazione al parto: per carenza di strutture e servizi, nell'Italia insulare li ha frequentati solo il 28,2 per cento delle donne. Lo rivela il volume "Il percorso della maternità: gravidanza, parto e allattamento al seno", che rientra fra i temi studiati dall'Istat sulle condizioni di salute e ricorso a servizi sanitari. La ricerca (1999-2000) ha interessato 52.300 famiglie, i dati sull'allattamento al seno riguardano 2 milioni e 442mila donne. ______________________________________________________________ La stampa 17 apr. ’02 SIMULAZIONI IN 3D PER IL CHIRURGO I gemelli nepalesi con il cranio congiunto Jamuna e Ganga Shresta sono stati separati con successo grazie a un´operazione-maratona di 97 ore, un record mondiale. Oggi stanno bene e sono tornati in Nepal. L'équipe neurochirurgica e i chirurghi maxillo-facciali del General Hospital di Singapore hanno potuto realizzare il delicato intervento grazie al "Dextroscope" e al "Dextro Beam" nuovi sistemi "High Tech" per la simulazione chirurgica e la pianificazione degli interventi. Anche in Italia sarà possibile usufruire dei vantaggi di questa nuova tecnologia perché la Bracco (leader nella diagnostica per immagini) e la Volume Interactions di Singapore (importante istituto di ricerca nel settore dell´Information Technology) hanno concluso un accordo per sviluppare soluzioni integrate per la sanità. Fino a poco tempo fa, l´applicazione della realtà virtuale era orientata prevalentemente a obiettivi didattici (esempio: addestramento all´utilizzo di particolari strumentazioni o realizzazione di interventi in videochirurgia). Inoltre, ogni apparecchiatura aveva un proprio campo circoscritto d´impiego, per cui, il più delle volte, era necessaria l´integrazione tra rilevazioni e dati ottenuti con metodiche differenti. La nuova tecnica consente invece (con un´unica piattaforma hardware e software, vale a dire un computer e un software applicativo), di acquisire le immagini di un paziente (ottenute tramite Tac, ecografia, risonanza magnetica o altro esame diagnostico) elaborarle e visualizzarle in 3 dimensioni e disegnare le fasi di un intervento verificandone tutti i necessari presupposti di fattibilità e i potenziali rischi prima di eseguirlo sul paziente. Il chirurgo, tenendo in mano una particolare stilo che gli permette di "muoversi" o selezionare gli strumenti necessari, può così lavorare su un modello tridimensionale che riproduce nel massimo dettaglio il campo operatorio reale. La nuova tecnologia è in grado di consentire la pianificazione di un intervento chirurgico, anche il più complesso, con millimetrica precisione. La sua utilizzazione ha larghe prospettive non solo nella neurochirurgia, ma anche in altri tipi di interventi, nonché a fini diagnostici. Quindi i limiti della chirurgia si allargano ancora di più perché i chirurghi, invece di raffigurarsi mentalmente la patologia, possono vederla virtualmente grazie al Dextroscope, possono interagire con i dati specifici del paziente, simulare e provare gli interventi più complessi e i casi più rari. Dextrobeam è una interfaccia creata appositamente per proiettare le immagini su uno schermo dove possono essere viste in 3 dimensioni (mediante particolari occhiali stereoscopici) e consentire a più medici di pianificare gli interventi e discutere i casi. Attualmente questi sistemi sono testati e installati presso alcuni dei principali centri di ricerca e ospedalieri internazionali, tra cui il Max Planck Institute tedesco, il Dipartimento di Radiologia della Johns Hopkins University di Baltimora, e la celebre Mayo Clinic di Rochester nel Minnesota. Renzo Pellati ______________________________________________________________ Le Scienze 18 apr. ’02 IL RUMORE AL LAVORO Lo sfruttamento per indurre un moto uniderezionale è noto già da 90 anni Un semplice dispositivo in grado di convertire il suono di una sirena in una rotazione ha stimolato la speranza di poter un giorno raccogliere energia utile dal rumore ambientale. Normalmente, le vibrazioni casuali, che i fisici chiamano rumore, producono un moto imprevedibile e inutile. Non si può muovere un oggetto da A a B semplicemente agitandolo in tutte le direzioni. Ma nel dispositivo messo a punto da Yaroslav Zolotaryuk del Politecnico di Lingby, in Danimarca, un piatto piano sperimenta un attrito maggiore quando tenta di girare in una verso piuttosto che nell'altro, per cui ruota in modo prevedibile. Il dispositivo è stato descritto in un articolo pubblicato sulla rivista «Applied Physics Letters». La parte superiore del dispositivo è sorprendentemente semplice, costituita da due piastre rettangolari orizzontali connesse da una serie di molle. Un barra verticale nel centro della piastra più bassa passa attraverso il centro di quella superiore e due molle fissate a questa barra mantengono le piastre separate. La piastra superiore è però leggermente ruotata rispetto all'altra, conferendo una torsione all'intera struttura, che determina la direzione della rotazione. Quando la piastra superiore viene colpita in direzioni casuali, quella inferiore ruota in una singola direzione, trascinando il resto del dispositivo. La direzione preferenziale non è però dovuta alla distorsione della struttura, ma al fatto che c'è un attrito maggiore tra la piastra inferiore e la superficie su cui appoggia quando la piastra superiore viene schiacciata verso il basso, piuttosto che sollevata. Le molle convertono questa differenza in una direzione di rotazione preferenziale. In realtà è noto da circa 90 anni che è possibile utilizzare il rumore per indurre un moto unidirezionale, ma una rotazione può essere usata più facilmente per qualche scopo utile. ______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 18 apr. ’02 INDIVIDUATO L'ENZIMA CHE CAUSA LE ALLERGIE Una ricerca italo svizzera. Ora si pensa alla cura TORINO.Una ricerca italo-svizzera, che ha individuato un enzima responsabile di allergie e shock anafilattico, apre la strada a nuovi farmaci in grado di sostituire gli antistaminici evitandone gli effetti collaterali. L'enzima è la proteina PI3Kgamma, scoperta dai ricercatori dell'università di Friburgo e della facoltà di Medicina dell'università di Torino. L'enzima, secondo quanto anticipato dal quotidiano La Stampa, si trova nei globuli bianchi del sangue e, in particolare, in quelli chiamati mastociti, sensibili agli anticorpi che generano allergia. Il PI3Kgamma è responsabile della reazione immunitaria abnorme che il soggetto allergico produce quando viene a contatto con l'agente allergico, sia questo il polline, il fieno, ma anche il veleno prodotto dalla puntura di una vespa. Comunicando ai globuli bianchi l'arrivo dell'allergene, l'enzima scatena la loro risposta, in taluni casi acuta fino ad arrivare allo shock anafilattico. I professori Emilio Hirsh e Fiorella Altruda di Torino e Matthias Wymann di Friburgo, hanno quindi proceduto a sperimentare che cosa sarebbe accaduto a topi trasgenici, privati di tale enzima, nel caso in cui venisse loro inoculata una sostanza allergica capace di generare uno shock anafilattico. E' stato dimostrato così che quando PI3Kgamma è assente, i topi sono protetti da fenomeni che nello shock anafilattico possono causare risposte cardiovascolari dall'esito letale. Anche, più comunemente, la persona predisposta all' allergia (in Italia una su quattro) produce anticorpi che scatenano i fenomeni allergici(starnuto, asma, gonfiori) e ad amplificare la risposta degli anticorpi è enzima PI3Kgamma. Molte aziende farmaceutiche, a questo punto, stanno studiando come bloccare questo enzima con un farmaco rendendo l'uomo simile al topo transgenico utilizzato dai ricercatori. Duplice l'effetto del farmaco innovativo: evitare la crisi allergica e contenere la risposta allo shock anafilattico. ______________________________________________________________ Le Scienze 18 apr. ’02 NUOVE ARMI CONTRO LE MALATTIE INFETTIVE I nuovi risultati sperimentali saranno usati per mettere a punto nuovi farmaci farmaci in grado di uccidere selettivamente il parassita Le malattie causate da parassiti, come la malaria, uccidono ogni anno milioni di persone, nonostante gli sforzi fatti per debellarle. Secondo Pradipsing Rathod, ricercatore dell'Università di Washington, il primo passo verso lo sviluppo di nuovi farmaci economici e sicuri è quello di sviluppare una chiara comprensione delle nuove informazioni messe a disposizione dalla ricerca genetica. Per esempio, capire il ruolo di una singola proteina chiamata DHFR nei mammiferi e nel plasmodio della malaria potrebbe permettere di identificare altri punti deboli del parassita. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sulla rivista «Science». Il lavoro offre supporto a una nuova corrente di pensiero sulla cura delle malattie infettive fattasi recentemente largo fra i ricercatori, che pensano di poter migliorare i medicinali usati normalmente, che ormai hanno perso buona parte della loro efficacia. «Stiamo reinterpretando ciò che ha funzionato in passato ma nel contesto della nostra maggiore comprensione di come una cellula funziona,» dice Rathod. «Combinando questa reinterpretazione con i nuovi strumenti sviluppati negli ultimi anni, stiamo riscoprendo il problema è molto più complicato della semplice scoperta di nuovi farmaci.» Molti dati provengono dallo studio del genoma umano e dal lavoro in corso su quello del plasmodium, che dovrebbe essere sequenziato entro l'anno, permettendo per la prima volta di studiare le differenze metaboliche fra l'ospite e il parassita. I nuovi dati potranno essere usati per individuare farmaci in grado di uccidere selettivamente il parassita facendo meno danni possibile all'ospite, in questo caso l'uomo. Nella sua ultima ricerca, Rathod ha scoperto che il plasmodio è molto sensibile alle molecole che colpiscono il DHFR, in parte a causa della loro incamacità di ripristinare rapidamente le scorte dell'enzima. Le cellule dei mammiferi sono invece in grado di produrre rapidamente grandi quantità di questo enzima, nel caso in cui il farmaco dovesse penetrare per errore nelle cellule dell'ospite. ______________________________________________________________ Le Scienze 16 apr. ’02 VERSO UN VACCINO ORALE PER L'HIV Questa forma di somministrazione eviterebbe l’uso di siringhe La società statunitense ProdiGene è riuscita a produrre un granturco geneticamente modificato contenente una proteina che si trova sulla superficie dell’HIV che colpisce le scimmie. Questo risultato rende più reale la possibilità di creare un vaccino orale contro l'HIV, come hanno riferito i National Institutes of Health (NIH) americani, che hanno finanziato la ricerca. La proteina, SIV gp120, è l'equivalente di quella che verrà usata alla fine del 2002 durante il test clinico di un vaccino contro l'HIV, che verrà condotto in Tailandia. I ricercatori inietteranno un virus modificato che contiene geni dell'HIV e, in seguito, una massiccia dose della proteina HIV gp120. I ricercatori non si aspettano che l'iniezione della proteina provochi una forte reazione immunitaria nelle mucose, come potrebbe fare un vaccino assunto per via orale. "Per l'AIDS – ha spiegato Stuart Shapiro, dei NIH - un simile vaccino è importante per due aspetti. Per prima cosa, il virus HIV di solito entra nel corpo attraverso le mucose, per cui avere in esse una buona risposta immunitaria è importante. Inoltre, un simile vaccino è più sicuro di uno iniettabile, specialmente nel terzo mondo, dove gli aghi vengono riutilizzati e spesso non sono sterilizzati correttamente." La notizia è stata accolta con grande interesse dagli scienziati, poiché la proteina è difficile da produrre. Proprio per questo i NIH chiesero alla ProdiGene di creare un granturco che esprimesse la forma animale della proteina e di verificare la risposta immunitaria nei topi. Una fonte di HIV gp120 basata sul granturco avrebbe altri vantaggi, oltre alla possibilità di produrre vaste quantità di un vaccino economico somministrabile oralmente.