SCUOLA EUROPEA E «UOMO FLESSIBILE» SASSARI: LAUREE TRIENNALI IN FACOLTÀ DI MEDICINA: CACCIA AI FINANZIAMENTI MORATTI VUOLE ACCELERARE LA NUOVA RIFORMA DELLA SCUOLA MORATTI:"RIAPRIRÒ LE PREISCRIZIONI A SCUOLA" ========================================================= SIRCHIA:«FUORI LA POLITICA DALLA SANITÀ» SIRCHIA: ORA I MEDICI LASCINO LA POLITICA E INFILINO I CAMICI» FIMMG: «MEDICI FUORI DALLA POLITICA? SIRCHIA PUÒ DARE IL BUON ESEMPIO» PIANO DI SIRCHIA SUGLI IRCCS: IL MODELLO LOMBARDO IN 221 PROGETTI LA SFIDA DELLA BUONA SANITÀ POLICLINICO: IL GIUDICE - ILLEGITTIMI I CONTRATTI INTERINALI AL POLICLINICO SI VIOLA LA LEGGE SULL'INTERINALE MEDICINA: SÌ A QUELLA ALTERNATIVA SE LA PRATICA UN MEDICO OSPEDALI, ARRIVA L'ASSICURAZIONE PER I DIPENDENTI ELETTO IL CONSIGLIO DI CONSULENZA DEL POLICLINICO CAGLIARI: L'ULTIMO RIMEDIO DELLA SCIENZA CONTRO L'IMPOTENZA CAGLIARI: IL NUOVO INCUBO È IL MAL DI COMPUTER DAL MICROCITEMICO UNA SFIDA AI RICERCATORI DI LONDRA SAN RAFFAELE: TAC E PET INSIEME DIAGNOSI PIÙ SOFISTICATE TRAPIANTI DI MIDOLLO: DONATORI DECUPLICATI I DANNI CEREBRALI DELLA NICOTINA «GLI ANTICOLESTEROLO? DANNI AI NERVI, NON SOLO AI MUSCOLI» ARTRITE REUMATOIDE, UN AIUTO DAI FARMACI BIOTECH GLI ONCOLOGI: L’ITALIA È IN RITARDO NELLA CURA DEL DOLORE ========================================================= ______________________________________________ La Stampa 18 mag. ’02 SCUOLA EUROPEA E «UOMO FLESSIBILE» MOLTE LE DIFFERENZE TRA I VARI PAESI NEL CAMPO DELLA FORMAZIONE. È DIFFICILE PREVEDERE LE ESIGENZE DEL FUTURO LA presentazione di un quaderno dell'associazione Treelle (Long life learning) è in questi giorni l'occasione per nuove riflessioni e discussioni sulla scuola italiana. L'enfasi nella presentazione dei dati forniti è stata posta sulla necessità di una scuola «più europea». Ciò che può significare, a ben vedere, due cose: necessità di percorsi di insegnamento che portino alla formazione di cittadini europei, consapevoli di una storia e di una cultura ricche e diversificate, ma sostanzialmente riconducibili a tratti unificanti e comuni, storia e cultura dunque da rileggere e trasmettere alle nuove generazioni in questa chiave; ma anche, questo è il secondo significato, una scuola che garantisca standard di efficienza comparabili a quelli degli altri paesi europei. I dati che di solito si citano quando si parla della necessità di una scuola «a misura dell'Europa» riguardano il secondo significato e le questioni certamente importanti che in questa prospettiva si pongono, peraltro anche più facilmente argomentabili con dati e indicatori statistici. Le questioni che derivano dal primo significato, pure importanti, restano molto più in ombra, perché più difficili. Basti pensare a quanta nuova ricerca e quale riorientamento della didattica richieda ripensare storia e cultura in modo comparato: l'osservazione naturalmente vale per la nostra scuola come per tutte le altre. In una situazione in cui le richieste di formazione tecnico- scientifica sono giustamente pressanti, bisognerebbe allora riflettere anche seriamente sul fatto che l'impresa di costruire cittadini europei è un compito difficile, che richiede molte risorse e un impegno politico convinto. Ma veniamo al secondo significato. I nuovi dati confermano ritardi di efficacia e efficienza della scuola italiana rispetto a standard europei, anche se si mostra una tendenza da tempo stabilita a netti miglioramenti. Questa, per inciso, è una osservazione importante: in molti discorsi correnti sembra sempre che si debba partire da zero, ma non è affatto così. Il ritardo comunque resta: per esempio, la percentuale di ragazzi fra 15 e 19 anni che frequentano la scuola sono nella media europea 81, in Italia dieci in meno (ma quanto dipende dalla scuola e quanto da altre ragioni?); gli investimenti sono inferiori alla media europea, e male distribuiti; manca una seria verifica delle capacità e del rendimento degli insegnati. Questo è un punto delicato, che richiede di essere affrontato con decisione; bisogna solo non dimenticare, facendolo, che un reclutamento in molti casi lasciato per anni a procedure ope legis, vale a dire senza concorsi, non è una particolarità della scuola, ma purtroppo in generale del nostro sistema amministrativo, come non si stanca di ricordare il giurista Sabino Cassese. I dati del «quaderno» dicono poi che il rapporto insegnanti-studenti è superiore alla media europea. È un dato che potrebbe addirittura segnare un vantaggio, se non fosse che confrontato con i dati di rendimento del sistema formativo segnala piuttosto una inefficienza, forse una cattiva organizzazione o una cattiva distribuzione. Non so dire molto al riguardo, salvo qualcosa sull'Università. La mia esperienza è che i compiti didattici connessi alla progettazione e alla gestione dei nuovi corsi previsti dalla riforma, che ha come obiettivo fondamentale far crescere i possessori di un titolo universitario nel nostro paese, corsi in genere avviati a costo zero, hanno evidenziato una serissima carenza di organico. Parlando dell'Università, vale la pena ancora fare una osservazione che riprende la questione dei parametri sul rendimento delle nostre istituzioni formative, per non nascondercelo, ma di nuovo per non enfatizzarlo polemicamente. È vero che la percentuale di laureati sulla popolazione con più di 25 anni è per l'Italia inferiore alla media europea (10 su cento, a fronte di 25 su cento), ma per calibrare i giudizi sulle differenze bisogna tenere conto che fino a pochi anni fa non esistevano in Italia corsi universitari brevi, che entrano nelle statistiche degli altri paesi. C'è ancora un punto che vorrei porre a conclusione, che mi sembra rilevante per ogni riflessione su una scuola «più europea». Al di là di somiglianze e differenze riducibili a confronti di dati quantitativi rispetto a una «media» dei valori in Europa, è importante tenere presente che non esiste un modello di scuola europea. Al contrario, esistono differenze molto importanti nelle istituzioni di formazione, nel modo in cui sono organizzate e negli effetti che producono, tutte cose che per lo più non si vedono nei confronti di indicatori sintetici. La parte e l'influenza dello Stato nell'organizzare le istituzioni scolastiche, per esempio, sono notevolmente diverse a seconda dei paesi; il problema della combinazione di istruzione generalista e formazione professionale è risolto in modi diversi nei percorsi formativi previsti; in Svezia e in Inghilterra, come del resto in Giappone e negli Stati Uniti, l'istruzione specialistica mirata alla professione ha una importanza molto limitata nell'accesso a ruoli professionali e manageriali; il contrario si verifica per Germania, Italia e Svizzera: qui i laureati hanno 2000 volte la probabilità di soggetti con titolo di studio inferiore di accedere a ruoli professionali o dirigenziali, mentre in Inghilterra la differenza scende a 1400 (e molto di più scende negli Stati Uniti); capire bene perché permetterebbe una migliore comprensione dei processi formativi all'interno della società. Le differenze qualitative che ora abbiamo evocato entrano meno nella discussione pubblica, e il richiamo alla necessità di una scuola «europea» considerata come media di dati statistici rischia di nasconderli. Un'ultima osservazione per concludere. Tutte le scuole di tutti i paesi dovranno confrontarsi con mutamenti importanti del mercato del lavoro e delle possibilità di iniziativa economica autonoma. Il «capitalismo flessibile» non fissa più le persone in stabili ruoli lavorativi, rischia di rendere presto obsoleta una capacità acquisita, rende meno prevedibili le carriere. Quali saranno le conseguenze a lungo termine nessuno può con chiarezza prevedere: si va da scenari piuttosto apocalittici circa la capacità di reggere un simile gioco da parte della maggioranza delle persone, a scenari rosei che sottolineano il valore dell'autonomia e della libera capacità di movimento che la nuova condizione consentirebbe di realizzare. Probabilmente, come spesso succede, la verità starà nel mezzo; o per meglio dire, potremo tenere il timone orientato a una accettabile rotta se saremo capaci di orientare, compensare, organizzare le condizioni del processo economico e gli adattamenti a questo delle persone. Va da sé che la cura della formazione delle persone ha un significato decisivo al riguardo. Il punto è che nessuno sa bene quale tipo di formazione richiederà davvero questo temuto o magnificato «uomo flessibile», che oltretutto vogliamo che rimanga un cittadino, e un uomo. Quando si vedono di fronte a noi problemi come questo, vale almeno una raccomandazione per chi si occupa di formazione e per tutti noi: essere diffidenti nei confronti di chi con troppa sicurezza ci presenta le sue ricette. Arnaldo Bagnasco ______________________________________________ L’Unione Sarda 17 mag. ’02 SASSARI: LAUREE TRIENNALI IN FACOLTÀ DI MEDICINA: CACCIA AI FINANZIAMENTI Per il momento l’azienda mista è un traguardo lontano. Gli studenti però sono riusciti ad ottenere ugualmente una piccola vittoria dall’incontro di mercoledì con l’assessore alla Sanità Giorgio Oppi tenutosi a Cagliari. È infatti fissato per martedì l’appuntamento tra l’assessore, il rettore Alessandro Maida e il preside della Facoltà di medicina Giulio Rosati, per definire i contorni di un protocollo d’intesa che verrà siglato entro giugno e con cui verrà garantita una copertura economica per i nuovi corsi di laurea triennali in medicina che partiranno a settembre. Soddisfatti gli studenti che dal nuovo anno accademico avranno il titolo equiparato a quello delle altre università italiane ed europee. I vecchi diplomi di laurea quindi diventeranno lauree a tutti gli effetti e gli studenti sassaresi potranno senza difficoltà concorrere ed essere competitivi sul mercato del lavoro come gli altri laureati italiani e stranieri. (gi. fa.) ______________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’02 MORATTI VUOLE ACCELERARE LA NUOVA RIFORMA DELLA SCUOLA Un rapido esame in Senato potrebbe consentire di riaprire le iscrizioni alla primaria Il Governo vuole accelerare la nuova riforma della scuola ROMA - Ha fretta Letizia Moratti, ministro dell'Istruzione, di attuare la riforma della scuola. Se l'esame del disegno di legge delega, approvato in marzo dal Consiglio dei ministri, verrà concluso rapidamente dal Parlamento, saranno riaperte le iscrizioni per l'anno scolastico 2002/2003, consentendo ai bambini che compiranno sei anni entro il 28 febbraio di anticipare l'ingresso nelle aule. La conferma del ministro nel proposito - annunciato in occasione dell'approvazione del Ddl da parte del Consiglio dei ministri lo scorso marzo - è arrivata al termine della replica alla commissione Istruzione del Senato. Il provvedimento sui nuovi termini per le iscrizioni potrebbe essere varato dopo il voto favorevole del Senato che - secondo il responsabile scuola di An, Giuseppe Valditara - è preventivabile per la fine di giugno. L'anticipo dell'ingresso a scuola è una possibilità che potrebbe interessare tra 50 e 80mila bambini: dunque una platea cospicua che, in caso di adesioni in massa, metterebbe in discussione la mappa delle classi, la logistica e il numero delle assunzioni preventivato. Ed è per questo che l'ex ministro Luigi Berlinguer e una parte del sindacato, la Cgil scuola, giudicano l'operazione "impossibile" e "una scelta esclusivamente di immagine". Se l'opzione verrà confermata "la scuola - ha commentato Enrico Panini, segretario generale della Cgil - sarà costretta, per l'ennesima volta, a improvvisare soluzioni per decisioni che non tengono in considerazione né i tempi né le aspettative del sistema". Tuttavia, al di là delle soluzioni che verranno adottate per il prossimo anno, la possibilità di anticipare i tempi per l'iscrizione alle scuole dell'infanzia e primaria suscita qualche perplessità all'interno della stessa maggioranza. Franco Asciutti (Fi), relatore del disegno di legge, ha ribadito la necessità di rispettare, per quanto riguarda i tempi della materna, i tempi evolutivi del bambino. In commissione Letizia Moratti ha difeso con fermezza l'impianto della riforma, rispondendo alle perplessità manifestate dai senatori e ha raccomndato di "favorire un rapido iter parlamentare per la legge delega". "L'anticipo delle iscrizioni - ha detto il ministro - non significherà anticipazione degli appprendimenti. Si tratta di costruire contesti adeguati perché ciascun bambino possa mettere a frutto le proprie conquiste attraverso progressive esperienze". Questa chance sarà insomma accompagnata da "interventi mirati". Il ministro ha ribadito la volontà di fare della formazione professionale un'alternativa valida al canale scolastico: "I saperi di base previsti nel percorso dell'obbligo scolastico saranno rafforzati nell'istruzione e formazione professionale. I percorsi di eccellenza nell'istruzione professionale e tecnica confluiranno - ha specificato Moratti - nei licei tecnologici ed economici, così da consentire l'accesso all'università. L'istruzione professionale di competenza regionale riguarderà tutti quei profili che saranno concordati con le Regioni e che dovranno mantenere gli attuali livelli culturali e professionali". Gli indirizzi dei futuri licei verranno ridotti, così come sarà ridimensionato il numero delle discipline, che non garantisce un buon livello di competenze. ______________________________________________ Corriere della Sera 16 mag. ’02 MORATTI:"RIAPRIRÒ LE PREISCRIZIONI A SCUOLA" Moratti: vorrei partisse a settembre la riforma per l’ingresso anticipato alle elementari ROMA - Apertura ai suggerimenti che verranno dall’opposizione per migliorare la riforma della scuola. Ma soprattutto l’auspicio che l’iter parlamentare sia breve in modo che la riforma possa partire da settembre con le iscrizioni alla prima elementare e al primo anno di scuola materna per i bambini di cinque anni e mezzo e di due anni e mezzo: "Riapriremo le preiscrizioni, poi, naturalmente, dipenderà dall’iter parlamentare della legge". Così il ministro Letizia Moratti, intervenendo in commissione Istruzione al Senato, dove è in corso l'esame della legge delega, ha invitato l’opposizione ad evitare il muro contro muro. Nella speranza che il provvedimento sia varato entro luglio. "Sono molto fiduciosa - ha detto la Moratti - che si possa arrivare ad una approvazione che ci consenta di dare risposte positive alle migliaia di famiglie che attendono di sapere se possono iscrivere anticipatamente, se lo vogliono, i loro figli a scuola già dal prossimo settembre". "L’impegno perché l’iter parlamentare sia breve sarà massimo" ha assicurato Mario Mauro, responsabile scuola di Forza Italia. Ma l’opposizione protesta. "Non si possono mettere in agitazione o illudere i genitori italiani solo per propaganda - ha dichiarato l'ex ministro Luigi Berlinguer -. Mancano i tempi tecnici perché la riforma possa partire già dal prossimo settembre". Anche per il leader della Cgil scuola, Enrico Panini, "riaprire fra alcune settimane le pre-iscrizioni è un errore grave". Un sondaggio dice che i telefoni cellulari e i videogiochi sono diventati il tormento dei professori. Al punto che alcuni chiedono il metal detector all'ingresso dell'aula. Il dato emerge da un'indagine del Centro Studi per l’Adolescenza, condotta su 755 insegnanti italiani di scuole medie inferiori e superiori, di età compresa fra i 30 e i 60 anni. L’ingresso dell’hi-tech nelle scuole , sotto forma di telefonini e giochi elettronici , e l’elevata alfabetizzazione informatica dei ragazzi, spingerebbe gli insegnanti sull’orlo di un esaurimento nervoso . Sei insegnanti su dieci (58 per cento) confessano di non farcela e addirittura fuggirebbero dalla scuola. Gli intervistati indicano come autentici strumenti di vessazione i telefonini (41 per cento), che i ragazzi fanno squillare durante le lezioni e con cui si inviano di continuo sms. ========================================================= ______________________________________________ La Nuova Sardegna 17 mag. ’02 SIRCHIA:«FUORI LA POLITICA DALLA SANITÀ» Il ministro Sirchia boccia i direttori generali: troppo potere dall'inviato Mauro Lissia VILLASIMIUS. I direttori generali delle aziende sanitarie hanno troppo potere, è ora di pensare a un'amministrazione più democratica degli ospedali: parole del ministro della salute Gerolamo Sirchia, pacato nei toni ma categorico nei contenuti. E' stato un monologo di quindici minuti. Difronte, i delegati dello Snami, il secondo sindacato dei medici di famiglia. VILLASIMIUS. I direttori generali delle aziende sanitarie hanno troppo potere, è ora di pensare a un'amministrazione più democratica degli ospedali: parole del ministro della salute Gerolamo Sirchia, pacato nei toni ma categorico nei contenuti. E' stato un monologo di quindici minuti. Difronte, i delegati dello Snami, il secondo sindacato dei medici di famiglia. A loro, riuniti da ieri e fino a domani al Tanka Village per il 21º congresso nazionale, ha spiegato un'idea di sanità più umana, coi medici uniti, slegati dai condizionamenti politici e protagonisti delle scelte che contano: «Un tempo non lontano l'amministrazione era al servizio dei medici - ha detto il ministro, fra gli applausi - oggi non è più così, i direttori generali nominano i primari, cacciano via chi vogliono, mettono nell'angolo chi non è d'accordo e fanno andare avanti solo quelli che brigano, che fanno politica anzichè occuparsi dei malati. C'è un potere della politica e dell'amministrazione, unito a una visione economicistica becera dell'assistenza, un potere che non capisce le esigenze dei malati e delle famiglie. Sarà difficile smontare questo meccanismo, ma bisogna impegnarsi a farlo». Come? L'idea è di trasformare le Asl in qualcosa di molto simile alle fondazioni, un mezzo richiamo al passato: «Il direttore generale resterebbe - ha spiegato il ministro della salute - ma lo vedrei affiancato da un consiglio di amministrazione snello, fatto di gente che capisce i problemi di cui si tratta. Le decisioni importanti non possono essere lasciate alla volontà di un uomo solo, dev'esserci un momento di confronto democratico». Non un ritorno ai vecchi comitati di gestione («per carità, quelli creavano solo confusione») ma un organismo dove i progetti e le scelte passino per canali democratici. Perchè il rilancio della sanità possa avvenire - ha aggiunto il ministro - è prima di tutto necessario che i medici ritornino alla funzione originaria: «Oggi il medico viene dipinto come un criminale che lucra e incassa in nero su tutto. Avanti così e saremo tutti impiegati dello Stato, mentre invece siamo professionisti». Da qui un invito forte all'unità: «Se non finiranno le faide interne e i medici non si sganceranno dalla politica, continueremo a perdere credibilità. Se la gente va dal mago e spende diecimila miliardi di lire l'anno, vuol dire che non ha trovato altrove, come trovava una volta, ascolto o comprensione. La categoria dei medici ha perso molto del proprio credito, è inutile fare finta di non vedere. E' la società che è cambiata, in mille modi e non sempre in meglio. La società oggi è profondamente diversa, si pensi solo alla problematica dei malati cronici. Il cronico non ha bisogno di tutte le strutture per acuti, ma si continua a investire sugli acuti e al cronico nessuno ci pensa. Il cronico ha bisogno di un'assistenza diversa, anche di sostegno psicologico. Ci vuole tanta comprensione e tanta umanità più che le medicine, perchè quelle sono sempre le stesse. Bisogna ridare al medico la sua funzione originaria - ha detto ancora Sirchia - che è quella di essere una persona di riferimento per la gente, che deve prendersi cura dei vari aspetti del malato, non solo di quello che può essere un soffio al cuore, per esempio, ma anche di un disagio psichico che va riconosciuto». Sirchia - che dal Tanka si è poi spostato all'hotel Timi Ama, per presenziare al corso nazionale di medicina embrio-fetale dell'Aogoi (associazione ostetrici ginecologi ospedalieri) - non si è sottratto a una prima valutazione delle proposte avanzate dallo Snami in vista del rinnovo contrattuale: «Le visite domiciliari a pagamento? Bisogna pensarci, anche se non è possibile chiedere all'assistito di pagare due volte un servizio». Sull'autocertificazione il ministro è apparso possibilista: «Responsabilizzare il paziente può essere un'idea bellissima, bisogna riflettere su come farlo. Quando lavoravo all'assessorato, a Milano, ho visto molti certificati medici falsi. E' un problema da valutare con attenzione». Attenzione e prudenza, visto che - ha fatto i conti il ministro - mancano i 15 mila miliardi di vecchie lire necessari per assistere a casa tutti i malati cronici con gli specialisti. Pochi soldi- molti problemi ha tagliato corto Sirchia, ricordando fra l'altro quanto sia «obsoleto in vari aspetti» il sistema sanitario nazionale e quanto sia inadeguata la rete ospedaliera nazionale: «Va ripensata - ha spiegato - ma senza tagliare le strutture di valenza strategica». ______________________________________________ La Nuova Sardegna 17 mag. ’02 SIRCHIA: ORA I MEDICI LASCINO LA POLITICA E INFILINO I CAMICI» Il ministro Sirchia a Cagliari al congresso dei medici Snami «Non solo farmaci, l'intera categoria deve recuperare credito» dall'inviato Mauro Lissia VILLASIMIUS. I direttori generali delle aziende sanitarie hanno troppo potere, è ora di pensare a un'amministrazione più democratica degli ospedali: parole del ministro della salute Gerolamo Sirchia, pacato nei toni ma categorico nei contenuti. E' stato un monologo di quindici minuti. Difronte, i delegati dello Snami, il secondo sindacato dei medici di famiglia. A loro, riuniti da ieri e fino a domani al Tanka Village per il 21º congresso nazionale, ha spiegato un'idea di sanità più umana, coi medici uniti, slegati dai condizionamenti politici e protagonisti delle scelte che contano: «Un tempo non lontano l'amministrazione era al servizio dei medici - ha detto il ministro, fra gli applausi - oggi non è più così, i direttori generali nominano i primari, cacciano via chi vogliono, mettono nell'angolo chi non è d'accordo e fanno andare avanti solo quelli che brigano, che fanno politica anzichè occuparsi dei malati. C'è un potere della politica e dell'amministrazione, unito a una visione economicistica becera dell'assistenza, un potere che non capisce le esigenze dei malati e delle famiglie. Sarà difficile smontare questo meccanismo, ma bisogna impegnarsi a farlo». Come? L'idea è di trasformare le Asl in qualcosa di molto simile alle fondazioni, un mezzo richiamo al passato: «Il direttore generale resterebbe - ha spiegato il ministro della salute - ma lo vedrei affiancato da un consiglio di amministrazione snello, fatto di gente che capisce i problemi di cui si tratta. Le decisioni importanti non possono essere lasciate alla volontà di un uomo solo, dev'esserci un momento di confronto democratico». Non un ritorno ai vecchi comitati di gestione («per carità, quelli creavano solo confusione») ma un organismo dove i progetti e le scelte passino per canali democratici. Perchè il rilancio della sanità possa avvenire - ha aggiunto il ministro - è prima di tutto necessario che i medici ritornino alla funzione originaria: «Oggi il medico viene dipinto come un criminale che lucra e incassa in nero su tutto. Avanti così e saremo tutti impiegati dello Stato, mentre invece siamo professionisti». Da qui un invito forte all'unità: «Se non finiranno le faide interne e i medici non si sganceranno dalla politica, continueremo a perdere credibilità. Se la gente va dal mago e spende diecimila miliardi di lire l'anno, vuol dire che non ha trovato altrove, come trovava una volta, ascolto o comprensione. La categoria dei medici ha perso molto del proprio credito, è inutile fare finta di non vedere. E' la società che è cambiata, in mille modi e non sempre in meglio. La società oggi è profondamente diversa, si pensi solo alla problematica dei malati cronici. Il cronico non ha bisogno di tutte le strutture per acuti, ma si continua a investire sugli acuti e al cronico nessuno ci pensa. Il cronico ha bisogno di un'assistenza diversa, anche di sostegno psicologico. Ci vuole tanta comprensione e tanta umanità più che le medicine, perchè quelle sono sempre le stesse. Bisogna ridare al medico la sua funzione originaria - ha detto ancora Sirchia - che è quella di essere una persona di riferimento per la gente, che deve prendersi cura dei vari aspetti del malato, non solo di quello che può essere un soffio al cuore, per esempio, ma anche di un disagio psichico che va riconosciuto». Sirchia - che dal Tanka si è poi spostato all'hotel Timi Ama, per presenziare al corso nazionale di medicina embrio-fetale dell'Aogoi (associazione ostetrici ginecologi ospedalieri) - non si è sottratto a una prima valutazione delle proposte avanzate dallo Snami in vista del rinnovo contrattuale: «Le visite domiciliari a pagamento? Bisogna pensarci, anche se non è possibile chiedere all'assistito di pagare due volte un servizio». Sull'autocertificazione il ministro è apparso possibilista: «Responsabilizzare il paziente può essere un'idea bellissima, bisogna riflettere su come farlo. Quando lavoravo all'assessorato, a Milano, ho visto molti certificati medici falsi. E' un problema da valutare con attenzione». Attenzione e prudenza, visto che - ha fatto i conti il ministro - mancano i 15 mila miliardi di vecchie lire necessari per assistere a casa tutti i malati cronici con gli specialisti. Pochi soldi- molti problemi ha tagliato corto Sirchia, ricordando fra l'altro quanto sia «obsoleto in vari aspetti» il sistema sanitario nazionale e quanto sia inadeguata la rete ospedaliera nazionale: «Va ripensata - ha spiegato - ma senza tagliare le strutture di valenza strategica». ______________________________________________ La Nuova Sardegna 18 mag. ’02 FIMMG: «SE VUOLE I MEDICI FUORI DALLA POLITICA SIRCHIA PUÒ DARE IL BUON ESEMPIO» m.l. CAGLIARI. «Il ministro Sirchia vuole i medici fuori dalla politica? Siamo d'accordo, ma intanto dia lui il buon esempio»: la frecciata arriva da Antonio Carta, il segretario regionale della Fimmg, il sindacato cui aderisce la metà dei medici di famiglia italiani, il sessanta per cento in Sardegna, dopo l'intervento del ministro al congresso della Snami, in corso a Villasimius (la Fimmg non è stata invitata). Carta vuole dire come la pensa anche la maggiore sigla sindacale dei camici bianchi. E contesta: «Sirchia dice che bisogna arginare il potere dei direttori generali e noi siamo d'accordo, è un problema vero. Ma dica anche chi dovrebbe nominare questo consiglio di amministrazione da affiancare ai manager, perchè se la nomina è politica allora è chiaro che si vuole tornare al vecchio comitato di gestione. E non va bene». Carta insiste: «Gli strumenti normativi per controllare i direttori generali ci sarebbero, basta controllare conti e gestione. Nessuno è mai stato rimosso, sarà perchè è la Regione a nominarli?». Carta prende le distanze anche da alcune valutazioni - espresse peraltro come provocazione - dal ministro della Salute: «Dire che i medici sono ormai considerati come criminali mi sembra un'espressione demagogica, così come il problema della crediblità. Lui dice che l'abbiamo persa, l'Organizzazione mondiale della sanità dice invece che il nostro sistema sanitario nazionale è il secondo al mondo... Se poi guardiamo la vita media degli italiani, scopriamo che quella degli uomini va verso i 75 anni e quella delle donne arriva a 85. La Sardegna poi, è ancora più fortunata». In realtà - secondo il segretario della Fimmg - è la società che cambia: «La popolazione invecchia e servono nuove strategie per dare risposte a pazienti soli e anziani. Solo che, come Sirchia ci dice, mancano i soldi. E qui siamo in perfetto accordo con i colleghi dello Snami, s'investe troppo poco in sanità, è indispensabile salire almeno dal 6,5 al 7,5 per cento del prodotto interno lordo». Polemico, il segretario Fimmg, sul tema della riforma: «Quella del ministro Bindi non è stata neppure attuata ma se ne parla come se fosse fallita. E' singolare, prima realizziamola poi semmai possiamo buttarla via». Le ultime valutazioni riguardano le due proposte avanzate al congresso Snami nella giornata di apertura: l'autocertificazione fino a tre giorni di malattia e la fine delle visite domiciliari gratis. Carta dice: «L'autocertificazione è un'ipotesi da guardare con attenzione, fra l'altro quella fino al primo giorno è già in vigore in molte aziende». Il problema però è generale: «Bisogna eliminare tutti i carichi burocratici abnormi e incongrui che gravano sui medici di famiglia. Un modo potrebbe essere incentivare l'assunzione di personale di studio, che tra l'altro sarebbe un modo per creare posti di lavoro». Sulle visite a casa la posizione della Fimmg è più articolata: «Il nostro sindacato è per l'associazionismo fra medici, il futuro è questo - spiega Carta -. Garantendo l'apertura degli ambulatori a tempo pieno si offrirebbe un servizio importantissimo agli assistiti, che saprebbero di trovare sempre un medico pronto ad ascoltarli, lasciando alle strutture pubbliche i casi più critici». ______________________________________________ La Repubblica 16 mag. ’02 PIANO DI SIRCHIA SUGLI IRCCS: IL MODELLO LOMBARDO Centri di ricerca grandi ospedali, è qui il futuro Il Piano sanitario del ministro Girolamo Sirchia lo ho messo tra gli obiettivi e, a pagina 40, ne indica le modalità: «Attivare, in accordo con le Regioni, alcune sperimentazioni in altrettanti Irccs (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico), in cui gli enti siano trasformati in Fondazioni di tipo pubblico onde migliorare la gestione di tali importanti istituti». E giù con il "controllo pubblico" e i "privati mecenati", come, guarda caso, le "Fondazioni bancarie" che proprio adesso avranno una maggioranza di politici degli enti locali a muovere soldi. «Un modo elegante di trasferire risorse», commentano gli addetti ai lavori. Per esempio, in Lombardia, dove non mancano Fondazioni bancarie e il Polo ha saldamente in mano Regione, Provincia e Comune, vuoi vedere che la trasformazione del primo ospedale pubblico in fondazione (leggi "Policlinico Francesco Sforza": fusione dell’Irccs Ospedale Maggiore con l’Azienda ospedaliera Istituti Clinici di perfezionamento) trova subito i suoi mecenati? Quell’invenzione, perfezionata nel febbraio scorso, del presidente Roberto Formigoni, che piace al ministro Sirchia (tanto da portarla ad esempio nel piano sanitario nazionale) nata con un patrimonio di 250 mila euro e un progetto da 289 milioni di euro per costruire, entro il 2007, il "nuovo policlinico d’eccellenza", nella stessa area, tra ristrutturazioni e nuovi edifici. Obiettivo: 900 posti letto (ora la somma dei due ospedali d’origine ne conta 1667), 5600 prestazioni in più delle attuali (da 77.500 a 83.100, meno ricoveri, più day hospital), oltre 5mila dipendenti. Un risparmio, dice Formigoni; un vantaggio, fa eco il ministro che scrive nel suo Piano: «In una parola si vuole rilanciare gli Irccs pubblici che oggi si confrontano spesso malamente con quelli privati, per efficienza di gestione e gradimento della popolazione, creare reti di Centri di Eccellenza… dotarli di più risorse…». «Se il progetto è coerente e trasparente, potrebbe dare i suoi frutti per la ricerca», sostiene Fabrizio Gianfrate, vicepresidente della Fondazione privata del gigante farmaceutico Smith Kline, non senza un sottile scetticismo di chi vuol vedere il passaggio dai progetti alla realtà. Fondazione, parola magica, tanto in politica (vedi D’Alema, D’Antoni o Amato: piace l’esempio tedesco, le Fondazioni di studio che guidano le strategie di Spd e Cdu) che nella sanità o all’università (la "via giusta per gli atenei" secondo la proposta del Politecnico di Milano e dell’Università di Torino). Alla fine degli anni Novanta ne nasceva una a settimana, parola del Centro di documentazione della Fondazione Agnelli, (www.fga.it/info/centrodoc.html). Presto fatto l’identikit: giovani, intorno ai vent’anni, generalmente povere (tranne quelle bancarie, le affiliate a grandi industrie, o le sponsorizzate in grande stile, come Telethon), ricevono contributi pubblici, hanno agevolazioni fiscali. E’ certo che la manovra sulle Fondazioni bancarie, vero forziere nel mondo del mecenatismo, darebbe ossigeno ai 15 Irccs sulla cui efficienza gestionale e programmatoria si sono abbattute le critiche della Corte dei Conti nella relazione sul quadriennio 19972000 (fondi passati da 150 milioni di euro a più di 242). Per chi teme privatizzazioni, c’è la parola di Sirchia: «Resterà il controllo pubblico». E una lancia in favore delle Fondazioni che potrebbero gestire i grandi ospedali, la spezza anche l’ex ministro e grande oncologo Umberto Veronesi. Veronesi cita l’esempio americano: Mayo Clinic, John Hopkins University o Sloan Kettering hospital non sono Fondazioni ma sostenute da Fondazioni con lo stesso nome. Pensa, l’oncologo, all’ospedale nonprofit, «la Community Foundation», ha scritto sul settimanale Oggi, «ente espressione delle esigenze della gente e della realtà in cui opera». Le "Community Foundation" raccolgono i fondi dalle piccole donazioni della comunità mobilitata su un problema specifico; sono diffuse anche in Gran Bretagna e ora in Germania e Paesi dell’Est, e se ne contano oltre 500. Sulla loro falsariga la Fondazione Cariplo ha avviato il progetto delle "Fondazioni delle Comunità locali". «Negli Usa», commenta Gianfrate, della Fondazione Smith Kline, «ogni grande azienda o magnate si sente impegnato, moralmente impegnato, a promuovere ricerca, aiutare i poveri, il Terzo mondo, investire in cultura, assistenza, sanità. E’ l’etica protestante, direi. E c’è anche l’aspetto di una forte detraibilità». O, come ha scritto qualcuno «le fondazioni sono figlie di severe tasse di successioni: si preferisce cedere parte cospicua del patrimonio». (m. pag.) ______________________________________________ Il Sole24Ore 14 mag. ’02 IN 221 PROGETTI LA SFIDA DELLA BUONA SANITÀ Forum P.A. 2002 - Sono quelli messi in gara da 150 Asl, 60 ospedali e 11 soggetti diversi alla 2° edizione del Premio dedicato al Ssn Duecentoventuno buone idee per la Salute proposte da altrettanti "innovatori" (150 Asl, 60 aziende ospedaliere e ospedali, 11 soggetti diversi) che hanno un chiodo fisso in testa: quello di vincere le quattro sfide di una Sanità pubblica in cambiamento che mira ad assicurare al cittadino una effettiva libertà di scelta tra quanto c'è di meglio per rispondere al bisogno di salute. Un carnet decisamente ricco quello offerto quest'anno dalla seconda edizione del «Premio qualità in Sanità» promosso da Forum P.A. 2002, dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni, dal settimanale «Il Sole-24 Ore Sanità» e dal Centro Studi 3M Salute. Criteri guida - quest'anno più che mai - per le amministrazioni che hanno proposto i progetti e per la giuria che ha selezionato i sei vincitori e i sei segnalati, i percorsi di aziendalizzazione, economicità della gestione, qualità delle prestazioni, efficienza delle strutture. Una sfida sulla strada della competitività del Ssn e sui percorsi di miglioramento della qualità e di verifica della performance che è oggetto d'attenzione soprattutto al Nord (61% delle proposte, in testa Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte) anche se non mancano idee d'eccellenza provenienti un po' da tutta Italia e caratterizzate da denominatore comune: l'attenzione alle procedure innovative, ai sistemi di certificazione della qualità e verifica delle performance, alla rilevazione della customer satisfaction. Una passerella, quella del Forum P.A., che non a caso si traduce nella migliore opportunità di benchmarking a disposizione delle strutture del Ssn per affrontare tutti i problemi "sempreverdi" della Sanità pubblica: a partire dalla riduzione delle liste d'attesa e dall'aumento della sicurezza per gli operatori del settore, oggetto durante la settimana del Forum di specifici eventi congressuali. A offrire la miglior testimonianza sulla qualità e sui contenuti della gara sono i criteri utilizzati per la selezione e la valorizzazione delle esperienze di eccellenza e di crescita della cultura e dell'auditing della qualità nel settore. Armi della scelta l'efficacia e la concretezza dei risultati ottenuti; l'estensività dell'azione; il rapporto costi/benefìci; il coinvolgimento, la formazione e la partecipazione dei dipendenti (cliente interno); il coinvolgimento e la partecipazione dell'utenza (cliente esterno); l'attività di benchmark eventualmente messa a segno; la sostenibilità organizzativa; l'esemplarità e trasferibilità del progetto. Occhio ai sistemi di total quality management (Tqm) e di verifica di qualità (Vrq) anche per i selezionatori della 3M che hanno destinato il premio speciale «Tecnologia, organizzazione e gestione: innovare per vivere meglio» a uno dei sei progetti segnalati dalla giuria del Premio. Una coincidenza di scelte e di giudizio che lascia intravedere una speranza in più per un Ssn che ha ancora tante pagine di buona Salute da scrivere a beneficio dei propri cittadini-utenti. Pagina a cura di Sara Todaro Paolo Del Bufalo ______________________________________________ L’Unione Sarda 15 mag. ’02 POLICLINICO: IL GIUDICE - ILLEGITTIMI I CONTRATTI INTERINALI Illegittimi e antisindacali: questo il verdetto del giudice del Tribunale chiamato a pronunciarsi su un ricorso della Cgil che metteva in discussione i contratti di lavoro interinale stipulati dall’Università al Policlinico senza l’assenso del sindacato. Alla condanna segue anche un ammonimento per il futuro: queste norme non possono essere scavalcate. Il “caso” risolto in prima istanza dal giudice Leuzzi riguarda un ricorso presentato due anni fa dal Sindacato nazionale università e ricerca aderente alla Cgil contro l’assunzione costante di infermieri professionali con contratti di lavoro interinale. In sostanza, secondo la Cgil-Snur, per sopperire alle carenze dell’organico tra gli infermieri professionali, la direzione del Policlinico avrebbe fatto ricorso col pretesto dell’emergenza a personale con contratti interinali. «Un sistema inaccettabile - ha commentato il dottor Stefano Fenu, firmatario dell’esposto - poiché in questo modo venivano risolti problemi di organico che invece avevano necessità del confronto sindacale. Soprattutto trattandosi di personale da utilizzare in delicati servizi ospedalieri. Si potevano scegliere altri tipi di contratto, è stato scelto invece quello meno opportuno». E il giudice ha condannato l’Università nella persona del Rettore e dato ampia ragione al sindacato che ieri ha così commentato: «Questa sentenza impegna l’Università e la sua direzione generale a ripristinare un terreno di legalità nell’utilizzo del lavoro interinale e di correttezza nel sistema delle relazioni sindacali. La segreteria dello Snur verificherà nei prossimi giorni il comportamento dell’amministrazione su questa materia». ______________________________________________ La Nuova Sardegna 15 mag. ’02 AL POLICLINICO SI VIOLA LA LEGGE SULL'INTERINALE Lavoro temporaneo CAGLIARI. L'Università di Cagliari ricorre in modo improprio al lavoro interinale nel policlinico universitario e il giudice del lavoro ha riconosciuto l'illegittimità del comportamento denunciato in un ricorso da Snur-Cgil (sindacato nazionale università e ricerca). «E' stata depositata la sentenza del giudice del lavoro del tribunale di Cagliari sul ricorso per il sistematico utilizzo di contratti di fornitura di lavoro temporaneo presso il policlinico universitario - è scritto nella nota diramata dal sindacato -, in violazione della vigente normativa contrattuale. Il giudice del lavoro ha riconosciuto l'illegittimità del ricorso ai contratti di lavoro interinale per sopperire in modo stabile e continuativo a carenze di organico di diversi profili (specie infermieri professionali), anche per l'esecuzione di prestazioni lavorative non consentite... Il giudice del lavoro ha quindi stabilito che costituiscono comportamento antisindacale, ai sensi dell'articolo 28 legge 300 (lo statuto dei lavoratori promulgato nel 1970) le deliberazioni adottate nel corso dell'ultimo anno dal policlinico universitario di Cagliari in tema di contratti di lavoro interinale, in assenza di preventiva e completa informazione al sindacato». «Questa sentenza - si commenta ancora - che conferma la fondatezza delle contestazioni prodotte dallo Snur in questi ultimi ammi, impegna l'univesrità a ripristinare un terreno di legalità nell'uso del lavoro interinale e di correttezza nel sistema delle relazioni sindacali». ______________________________________________ La Stampa 18 mag. ’02 MEDICINA: SÌ A QUELLA ALTERNATIVA SE LA PRATICA UN MEDICO La medicina tradizionale apre le porte a quella non convenzionale. Una resa non senza condizioni: l'esercizio delle medicine e delle pratiche non convenzionali deve spettare solo al medico, l'efficacia dei trattamenti deve essere provata e il Parlamento deve emanare una legge ad hoc. Nessuno spazio, dunque, per apprendisti stregoni e rimedi improvvisati. Sulla storica svolta si esprimerà domani il Consiglio Nazionale della Fnomceo (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri) all'indomani del Convegno nazionale sulle medicine non convenzionali promosso a Terni. La nuova impostazione segna un passaggio epocale che va dal totale rifiuto di qualsiasi forma medica diversa da quella tradizionale ad un'apertura strettamente regolamentata. Obiettivi principali sono: governare il fenomeno delle medicine cosiddette alternative che ormai si è imposto sul territorio nazionale e la tutela dei diritti dei cittadini. Secondo i più recenti dati Istat, gli italiani che hanno utilizzato cure non convenzionali sono circa nove milioni, pari al 15,6% della popolazione. In Europa supera il 20%. «Siamo difronte a una realtà non solo medica - afferma in un comunicato la Fnomceo - ma anche sociale, culturale, economica e filosofica che deve essere affrontata evitando una sterile contrapposizione tra detrattori e sostenitori». La federazione inoltre richiama l'attenzione del Parlamento sulla necessità di una legge organiga che regolamenti questo vasto settore in modo da tutelare al meglio il cittadino. A tal fine la federazione suggerisce nove tra medicine e pratiche che potrebbero essere integrate nella nostra medicina tradizionale e regolamentate con un disegno di legge: agopuntura, fitoterapia, medicina ayurvedica, medicina antroposofica, omeopatia,medicina tradizionale cinese, omotossicologia, osteopatia e chiropratica. La Fnomceo, propone anche la costituzione di un'Agenzia Nazionale per le medicine e le pratiche non convenzionali di cui essa stessa dovrebbe far parte con ministero della Salute, ministero dell'Istruzione e Regioni. Infine si propone, insieme a tutti gli ordini provinciali, per l'esercizio di un'adeguata attività di vigilanza su eventuali abusi. ______________________________________________ Il Sole24Ore 17 mag. ’02 OSPEDALI, ARRIVA L'ASSICURAZIONE PER I DIPENDENTI ROMA - Le strutture ospedaliere pubbliche e private saranno responsabili civilmente dei danni provocati ai pazienti dal proprio personale sanitario, medico e non. E dovranno stipulare obbligatoriamente un'assicurazione per responsabilità civile nei confronti degli assistiti, secondo tariffe nazionali predeterminate, altrimenti non potranno esercitare l'attività. A cercare di mettere una pezza su una delle questioni dirompenti dell'attività sanitaria, a fronte di una giurisprudenza che sempre più va orientandosi a tutela degli assistiti, è un disegno di legge che è stato approvato a larga maggioranza, in sede referente, dalla commissione Igiene e sanità del Senato. E che presto affronterà l'esame dell'aula di Palazzo Madama per poi affrontare i marosi della Camera. «Nuove norme in tema di responsabilità professionale del personale sanitario»: questo il titolo del Ddl, presentato fin dall'inizio della legislatura dal presidente della commissione Igiene, Antonio Tomassini (Fi). Un provvedimento che, in seguito alle modifiche approvate, ha lasciato a margine anche la responsabilità dei medici di famiglia, capitolo non meno scottante che probabilmente tornerà alla ribalta in occasione dell'esame in assemblea. La responsabilità. La responsabilità civile per danni provocati ai pazienti dal personale sanitario è sempre a carico della struttura ospedaliera pubblica o privata. La responsabilità riguarda l'intera sfera di prestazioni erogate negli ospedali e nelle case di cura, incluse quelle ambulatoriali, diagnostiche e di intramoenia: non ne fanno parte, però, le prestazioni escluse dai Lea (Livelli essenziali di assistenza) e includono quelle svolte dalle strutture private accreditate. Sebbene responsabile, la struttura ospedaliera potrà avviare l'azione disciplinare nei confronti del dipendente, ma solo se il danno è frutto di dolo o di colpa grave. E solo in caso di dolo, ospedale e case di cura potranno rivalersi nei confronti dei responsabili. Assicurazione obbligatoria. Se privi della polizza di responsabilità civile, ospedali pubblici e cliniche private non potranno esercitare l'attività. Sarà un decreto ministeriale (Salute, di concerto con Giustizia e Attività produttive) a definire il tetto minimo della polizza. Azione giudiziaria per il risarcimento del danno. Il paziente danneggiato avrà la capacità di azione diretta per ottenere il risarcimento del danno da parte dell'assicurazione, entro i limiti della polizza sottoscritta dalla struttura. In caso di postumi non ancora definiti, richiesta di risarcimento e offerta dell'assicuratore avranno valore provvisorio. Se il danneggiato accetterà la somma proposta dall'assicuratore, il risarcimento dovrà avvenire entro 20 giorni dall'accettazione della proposta da parte del paziente. Arbitrato. Se paziente e assicurazione non trovano un accordo, ci si potrà rivolgere a un collegio arbitrale, composto da tre membri (due dei quali nominati da ciascuna delle parti secondo l'articolo 810 Cpc). Il procedimento del collegio arbitrale dovrà concludersi entro 90 giorni, salvo accordi diversi, e dovrà svolgersi «secondo equità», senza possibilità di impugnazione. Con un emendamento al Ddl è stato inoltre deciso di costituire in ogni Regione un «Albo» degli arbitri e dei consulenti tecnici d'ufficio: dagli iscritti a questo «Albo» sarà scelto il terzo membro del collegio arbitrale. R.Tu. ______________________________________________ L’Unione Sarda 15 mag. ’02 ELETTO IL CONSIGLIO DI CONSULENZA DEL POLICLINICO Trionfa la Cisal nel consiglio di consulenza del policlinico CAGLIARI. Le elezioni per il rinnovo del consiglio di consulenza e di indirizzo del policlinico universitario hanno confermato il Csa di Cisal primo sindacato dell'università. "Ben otto dei nove consiglieri eletti sono stati candidati dalla Cisal", si legge in un comunicato. «Di particolare importanza, per i consensi ottenuti, l'elezione della professoressa Marisa Marrosu (già assessore regionale alla Sanità) in prappresentanza dei docenti ordinari e di Virgilio Boi, funzionario tecnico (già segretario generale della Cisl), in rappresentanza del personale tecnico amministrativo». Il nuovo consiglio d'amministrazione si insedierà a giorni e dovrà subito affrontare sia problemi organizzativi che di bilancio. ______________________________________________ La Nuova Sardegna 16 mag. ’02 CAGLIARI: L'ULTIMO RIMEDIO DELLA SCIENZA CONTRO L'IMPOTENZA Dopo il viagra, ecco l'apomorfina Stefano Ambu CAGLIARI. Sesso: dopo il viagra, l'apomorfina. Meno potente, ma praticamente senza controindicazioni. Una molecola lontana parente della morfina che agisce direttamente sull'ipotalamo: è l'ultimo rimedio della scienza per combattere il decifit erettile, ovvero la disfunsione fisica ma anche psicologica che impedisce all'uomo di avere una normale vita sessuale. Quando sarà in farmacia, è facile che esploda il can can mediatico. Anche perchè gli italiani che soffrono di deficit erettile non sono pochi: circa tremilioni. "Ma - spiega Antonello De Lisa, professore associato di urologia all'università di Cagliari - il caso viagra, al di là di qualche episodio di cattiva formazione, è servito a rompere il tabù sesso nei rapporti col medico: le visite degli specialisti sono passate da 18 a 70 al mese". L'apomorfina avrebbe un effetto meno dirompente del suo predecessore. "Le molecole potenzialmente utili alla lotta ai disturbi sessuali - spiega Enzo Usai, direttore della clinica urologica dell'università di Cagliari - sono moltissime: questo convegno è utile per far un po' il punto sulla situazione". Una giornata che invita a non mollare: nel campo del deficit erettile - questo il messaggio del congresso - qualche rimedio c'è sempre. Quasi sempre alla base c'è una causa psicologica: lo psichiatra può essere d'aiuto, ma ci sono anche problemi fisici legati spesso all'età ma anche ad anomalie genetiche e alla presenza di altre patologie. In questi casi, il toccasana può essere l'apomorfina o un intervento chirurgico. La lotta alle disfunsioni sessuali dell'uomo è anche di tipo formativo: sono moltissimi quelli che si vergognano ad affrontare il problema. E si rassegnano. "Sbagliando - spiega De Lisa - c'è una soluzione a ogni guaio. È un dato di fatto che chi fa sesso vive meglio: nel mondo del lavoro e nei rapporti sociali. È vero, può essere difficile ammettere, con se stessi e con gli altri una patologia di questo tipo: ma una volta superato questo ostacolo si è già a metà strada lungo la via della guarigione. Questo congresso, ma anche la settimana andrologica promossa alcuni mesi orsono, può essere utile a ridurre le distanze ancora lunghe tra il medico e il paziente". ______________________________________________ L’Unione Sarda 15 mag. ’02 CAGLIARI:IL NUOVO INCUBO È IL MAL DI COMPUTER C’è anche il mal di mouse: e con mouse si intende quello che, tecnicamente, in un computer, viene definito dispositivo di puntamento. Tenosinovite posturale da uso incongruo di un dispositivo di puntamento di un elaboratore è il nome scientifico della malattia. In parole povere: lavorare tutti i giorni al computer con mouse e tastiera, muovendo mani e polsi in maniera sempre uguale, può provocare infiammazioni e lesioni ai tendini e ai legamenti. Sono le nuove malattie professionali: e all’Inail lo sanno bene. «Se l’ipoacusia», spiega Carlo Manca, dirigente medico regionale dell’Istituto, «che per anni ha rappresentato oltre la metà dei casi denunciati dai lavoratori, è scesa sotto la soglia del 50 per cento», oggi sono in aumento «tutte quelle patologie legate al sistema muscolo-scheletrico». Qualche esempio? «Le artropatie, le discopatie e le sindromi del tunnel carpale». Che, da sole, rappresentano il 70 per cento delle forme di malattie non tabellate, non presenti cioé nella tabella dell’Inail. Dicono le statistiche, che i nuovi mali colpiscono soprattutto le donne. Ma l’attenzione dell’Inail verso queste malattie professionali da terzo millennio è sempre più grande: merito, anche, del decreto legislativo 38/2000 che all’articolo 10 prevede l’aggiornamento periodico delle malattie di origine lavorativa «attraverso l’osservazione di quelle di natura probabile o possibile che, una volta acquisite le evidenze epidemiologiche e scentifiche, andranno ad aggiungersi all’elenco». Tra le malattie classiche, invece, la Sardegna deve fare i conti con la silicosi, la malattia dei minatori. «A cui oggi vanno a sommarsi sordità, malattie della pelle e dell’apparato respiratorio». ______________________________________________ L’Unione Sarda 16 mag. ’02 DAL MICROCITEMICO UNA SFIDA AI RICERCATORI DI LONDRA Iniziato a Villasimius il convegno internazionale dei ginecologi sulle malattie prenatali «Così il bambino nascerà sano» Lo spettro della sindrome di Down si allontana, i bambini nasceranno sani. Ci sono due esami, nome tecnico translucenza nucale e visualizzazione dell’osso nasale, che riducono al 10 per cento il rischio di partorire un bimbo affetto da malformazioni genetiche. E sono arrivati dall’Olanda e dalla Svezia, dagli Usa e dall’Inghilterra, dalla Svizzera, dalla Croazia, Napoli, Palermo, Bolzano, Lecco, Venezia, Roma, Cosenza. Seicento tra gli specialisti più quotati al mondo, studiosi e ricercatori: sino a domenica Villasimius ospita il gotha dei ginecologi, scienziati ed esperti che l’Aogoi, l’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani, ha chiamato a convegno per il secondo corso di aggiornamento in medicina embrio-fetale e perinatale. Ci sono Kypros Nicolaides, responsabile scientifico della Isuog (International society of Ultrasound in Obstetrics and Ginecology), Asim Kurjak, presidente della Wapm (World association of perinatal medicine), e i docenti universitari Visser, Bui, Hobbins, Fisk. E lo scienziato Antonio Cao, il segretario regionale dell’Aogoi Gianfranco Marongiu, Andrea Podda di Tiscali con la relazione sulla telemedicina. A dirigere il corso è Giovanni Monni, arzanese, responsabile del servizio ostetricia e ginecologia dell’ospedale Microcitemico, presidente della Sieog, Società italiana ecografia-ostetricia-ginecologi: medico attento, dalle spiegazioni chiare e appassionate. Non è un caso: il Microcitemico è stato il primo centro in Italia a introdurre - era il ’96 - il test ecografico di screening per la trisomia 21 con la tecnica della translucenza nucale. E con diciottomila esami eseguiti, il centro è secondo nel mondo solo a Londra. Basta pensare che tra il 2000 e il 2001 più di un terzo dei bambini nati in Sardegna (5 mila su 13 mila nati) è stato sottoposto alla misurazione della translucenza nucale proprio dall’equipe di Monni. E nella giornata di ieri - secondo appuntamento del corso di aggiornamento nelle sale del Timi Ama - la translucenza nucale e la visualizzazione dell’osso nasale sono state al centro di domande, dibattiti, relazioni. A ragione: i risultati ottenuti sono sorprendenti. Oggi basta un semplice esame ecografico per rassicurare la donna: «La translucenza nucale», spiega Monni, «consente di individuare l’80 per cento dei feti con sindrome di Down. Associando anche la valutazione dell’osso nasale, si arriva a una percentuale del 90 per cento». Se non è certezza, poco ci manca. Il 3-5 per cento dei neonati nasce affetto da gravi malformazioni, il più delle volte determinate geneticamente: sindrome di Down, trisomia 21, talassemia, fibrosi cistica, sindrome di Duchenne. Ai genitori altro non restava che interrompere la gravidanza alla cieca, adottare un bambino, ricorrere all’inseminazione eterologa. O prendere la decisione, terribile, di non avere figli. I medici del Microcitemico hanno portato al corso la loro esperienza. Che va avanti da venticinque anni, dal 1977, quando all’ospedale di via Jenner venne eseguita la prima diagnosi prenatale di talassemia in Europa. Arrivando sino al ’93, anno in cui è entrato in funzione il Centro di fecondazione assistita: cinque coppie sterili hanno avuto il loro bambino. Francesca Figus ______________________________________________ L’Unione Sarda 18 mag. ’02 MICROCITEMICO, BAMBINI DA RECORD Fecondazione assistita. Cinquecento coppie sterili sono riuscite ad avere un figlio Quattrocento euro per una gravidanza in laboratorio In altri tempi li avrebbero chiamati figli dello spirito santo. Perché di miracolo si tratta: ma è un miracolo della scienza. Dal 1993 al Microcitemico sono nati cinquecento bambini: ma le loro culle non sono nel reparto di ostetricia. I bambini sono figli di coppie sterili, quelle per cui il verdetto degli specialisti era stato implacabile: non riuscirete mai a mettere al mondo un figlio. E invece da nove anni il Centro di fecondazione assistita guidato da Giovanni Monni può vantare numeri da primato: 500 bambini, 2200 cicli di fivet, 2000 inseminazioni. A cui bisogna aggiungere le 18 mila translucenze nucali - test ecografico di screening per la trisomia 21 - che portano il Microcitemico tra i primi centri al mondo per casistica, secondo solo a Londra. Il Centro di fecondazione è pubblico: con costi per i pazienti assolutamente sostenibili. Il ticket per gli esami e il prelievo di un ciclo di fivet, la fertilization in vitro transfer con una percentuale di successo, a seconda dell’età, pari al 25 per cento, costa 280 mila lire. Poco più di 140 euro. Che diventano 400 se al ticket si sommano farmaci, esami e analisi a pagamento. Un altro mondo, se questi 400 euro vengono messi a confronto con i 4 mila o i 10 mila euro che chiedono i centri privati. E con le liste d’attesa lunghe anni: il centro di Bologna, che pure è uno dei più seri e affidabili d’Italia, ha tempi d’attesa di quattro, cinque anni. Tre a Roma: ma per chi desidera un figlio, è una vita. Una realtà, questa della fecondazione in vitro, un pianeta fatto di tecniche avanzatissime e ricerche minuziose, etica e business, coscienza e rispetto, dolore e speranze che ieri è stato al centro della giornata di studi del corso Agoi, aggiornamento in medicina embrio-fetale e perinatale organizzato dall’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani. Che ha portato alla luce dati su cui è necessario riflettere: in Italia sono centomila le coppie che cercano di avere un figlio. È il figlio a tutti i costi, il figlio di esami e provette, fivet e icsi, embrioni congelati, umiliazioni e illusioni. È il figlio dei viaggi della speranza. Prendete il centro del Microcitemico: il 50 per cento dei pazienti arriva dal territorio della Asl 8, il 35 dalle tre province, e il 15 per cento non abita in Sardegna. Ma in Sardegna sbarca dall’Italia e dall’Europa alla ricerca disperata e troppo spesso esasperata di un figlio. Ma le pazienti non devono dimenticare che le percentuali di successo della fertilizzazione in vitro non sono le stesse per tutte le donne. Spiega Monni: «A 24 anni la percentuale di successo della fecondazione assistita può essere del 40 per cento, a 38 cala a poco più del 20, e a 43 anni è non molto superiore al 3 per cento». Poche illusioni, e tanta forza: chi sceglie la fecondazione deve combattere l’integralismo dei laici da una parte e l’integralismo dei cattolici dall’altra: gli specialisti che ieri si sono dati convegno a Villasimius, ne sono certi. Luca Gianaroli, direttore di un centro privato di riproduzione assistita a Bologna, e Giovanni La Sala, che guida il centro pubblico di Reggio Emilia, prima di tutti. «Ma noi partiamo da un presupposto sacrosanto», dice Monni: «la donna è la nostra paziente, il feto anche». Il resto è tecnica, ricerca, passione e rispetto. Francesca Figus ______________________________________________ La Nuova Sardegna 18 mag. ’02 SAN RAFFAELE: TAC E PET INSIEME DIAGNOSI PIÙ SOFISTICATE MILANO. In un unico strumento Tac e Pet, per avere contemporaneamente le due informazioni in una sola immagine ad altissima definizione e arrivare a diagnosticare un tumore in maniera più veloce e accurata: è il rivoluzionario sistema di diagnostica per immagini installato per la prima volta in Italia all' Ospedale San Raffaele di Milano e presentato stamattina nel corso di una conferenza stampa. Si tratta di un apparecchio costosissimo (il suo prezzo di listino va dai 2,5 ai 5 milioni di euro) presente al mondo in una decina di esemplari, due dei quali sono attualmente al San Raffaele di Milano. Ma il suo utilizzo è previsto soltanto attraverso il Servizio sanitario nazionale - pagando quindi, se non si è esenti, il solo ticket da 70 mila lire - mentre non è nemmeno previsto un servizio per pazienti solventi. Per accedere a questo esame è necessaria però la valutazione di uno specialista oncologo oltre, naturalmente, all'impegnativa del medico di base. Il nuovo tomografo TAC-PET consente di ottenere contemporaneamente le immagini funzionali ottenute da un tomografo Pet di ultima generazione e le immagini anatomiche di un tomografo Tac spirale, riducendo così i tempi dell'esame e migliorando l'accuratezza dell' indagine diagnostica. ______________________________________________ La Nuova Sardegna 18 mag. ’02 TRAPIANTI DI MIDOLLO: DONATORI DECUPLICATI PADOVA. Dal 1979, anno del primo trapianto di midollo osseo negli Stati Uniti, sono stati fatti molti passi in avanti, sia nel campo della ricerca e dell' applicazione che nel settore delle donazioni, che sono aumentate di dieci volte rispetto all' epoca del primo intervento. E' più che positivo il bilancio tracciato dal professor Claudio Anasetti, direttore responsabile del Fred Hutchinson Research Center di Seattle e primo medico ad aver sperimentato la tecnica del trapianto di midollo osseo. Anasetti è a Padova per partecipare ad un incontro sul presente e futuro del trapianto di cellule staminali emopoietiche, organizzato dall' Admo, che vede riuniti una ventina tra i massimi esperti del settore. "Dal primo trapianto operato - rileva Anasetti - la situazione a livello mondiale è decisamente migliorata" e per quanto riguarda l' Italia ricorda che il numero di trapianti di midollo osseo da donatore non correlato, cioè non consanguineo, è cresciuto negli anni a dismisura. ______________________________________________ Le Scienze 17 mag. ’02 I DANNI CEREBRALI DELLA NICOTINA Nei ratti, la creazione di nuove cellule nel giro dentato dell'ippocampo è risultata inferiore del 50 per cento Secondo alcuni ricercatori dell’Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM) di Bordeaux la nicotina può uccidere le cellule del cervello e interrompere la formazione di nuove nell'ippocampo, una regione cerebrale importante per la memoria. La scoperta potrebbe spiegare i problemi cognitivi presentati da molti fumatori accaniti al momento di smettere. I ricercatori hanno compiuto un esperimento in cui ad alcuni ratti sono state somministrate dosi di nicotina quotidianamente per sei mesi. A livelli di nicotina nel sangue confrontabili a quelli che si misurano nei fumatori, si è visto che la creazione di nuove cellule nel giro dentato dell'ippocampo era inferiore del 50 per cento e ch il tasso di morte cellulare risultava accresciuto. I risultati sono stati descritti sulla rivista "Journal of Neuroscience". “Le implicazioni per i fumatori - spiega Pier Piazza, ricercatore dell’INSERM - sono ancora poco chiare, e la perdita di "plasticità neuronale" potrebbe causare problemi cognitivi, che per ora non sono stati oggetti di studio negli animali. Questo sarà il prossimo passo. Ma l'ippocampo è coinvolto nella memoria e anche la neurogenesi sembra svolgere un ruolo, per cui possiamo aspettarci qualche effetto. I problemi cognitivi nei fumatori che stanno cercando di smettere sono ben documentati. Ma non è mai stata data una buona spiegazione per questo. Potrebbe essere che mentre fumano l'effetto stimolante della nicotina mascheri la perdita di plasticità neuronale. Quando smettono, la deficienza rimane." Come la nicotina uccida le cellule non è ancora chiaro. Studi precedenti sull'esposizione dei feti suggeriscono che essa possa indurre l'apoptosi, la morte cellulare programmata, nelle cellule immature. Questo significa che la nicotina potrebbe uccidere cellule anche in altre parti del corpo. Il giro dentato è una delle due sole regioni del cervello in cui si formano nuove cellule. ______________________________________________ Il Messaggero 14 mag. ’02 «GLI ANTICOLESTEROLO? DANNI AI NERVI, NON SOLO AI MUSCOLI» di FEDERICO UNGARO ROMA- Nove mesi fa, si scoprì che, in alcuni casi limitati, le statine potevano danneggiare seriamente i muscoli, ora sembrano poter far male anche ai nervi. Lo sostiene un articolo pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista scientifica Neurology. Anche se, bisogna sempre ricordarlo, nella stragrande maggioranza dei casi le statine possono salvare la vita, riducendo del 30 per cento il rischio di infarto e ictus. La nuova ricerca, condotta da David Gaist dell'Università della Danimarca meridionale di Odense, ha preso in esame per cinque anni 166 pazienti colpiti da neuropatie periferiche, cioè da disturbi che interessano i nervi che connettono il cervello e la spina dorsale ai vari organi del corpo. I pazienti sono stati divisi in tre gruppi: a quelli del primo (in totale 35) la malattia era stata diagnosticata con certezza. Per quelli del secondo (54 persone) la diagnosi era di "probabile neuropatia", per quelli del terzo (77 pazienti) di "possibile neuropatia". Nove dei membri del primo gruppo avevano assunto delle statine per quasi tre anni e in questo caso la probabilità di sviluppare la malattia era più alta di 16 volte rispetto a coloro che invece non assumevano questi farmaci. Tenendo conto di tutti e tre i gruppi, il rischio neuropatia per chi assume le statine è più alto di circa quattro volte. «Lo studio è particolarmente originale, perché fino ad oggi non si è approfondito molto questo problema», spiega Giuseppe Sanges, esperto di neurologia dell'ASL Napoli 5. «Devo dire che comunque i risultati non mi sorprendono, perché da tempo si conosce la possibilità che le statine possano avere effetti collaterali anche sui nervi. Per questo noi medici suggeriamo sempre che per combattere il colesterolo è meglio cambiare dieta e assumere stili di vita più sani, piuttosto che ricorrere ad un uso massiccio di farmaci che poi possono avere pericolosi effetti collaterali», aggiunge. Effetti collaterali clamorosamente saliti all'attenzione dell'opinione pubblica dopo che la scorsa estate il farmaco anticolesterolo Lipobay della Bayer era stato ritirato dal mercato per alcune morti sospette in Italia e nel resto del mondo. «Attenzione comunque a non generare allarmi - spiega Mario Sabatelli del centro per le neuropatie del Policlino Gemelli dell'Università Cattolica di Roma -. Uno studio precedente dello stesso autore ha dimostrato che la percentuale di persone interessate a questo problema è molto bassa, circa uno su 14 mila e comunque nella maggior parte dei casi gli effetti erano reversibili. La cosa importante è che i medici che hanno in cura pazienti che assumono le statine facciano attenzione all'eventuale sviluppo di sintomi legati alle neuropatie». Una posizione condivisa dallo stesso Gaist. «Questi dati non devono essere un ostacolo all'uso delle statine. L'importante è che non appena un paziente presenta i sintomi della neuropatia smetta subito di assumere questi farmaci». ______________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’02 ARTRITE REUMATOIDE, UN AIUTO DAI FARMACI BIOTECH La società italiana di reumatologia ha fissato le linee guida per l'uso delle nuove medicine per un malattia che solo in Italia colpisce tra le 300 e le 350mila persone. Arrivano i nuovi e costosissimi farmaci biotecnologici per la cura della forma più aggressiva e invalidante dell' artrite reumatoide, ma questi andranno somministrati, gratuitamente, secondo precise indicazioni diagnostiche ai malati più gravi. Lo ha stabilito la Società italiana di reumatologia che ha fissato le linee guida di comportamento. 350mila le persone colpite in Italia L'artrite reumatoide, hanno spiegato i reumatologi in una conferenza stampa a Roma, colpisce dalle 300 alle 350.000 persone in Italia, in prevalenza donne, ma oggi esiste la dimostrazione scientifica che un intervento terapeutico corretto tra le 2 settimane e i 4 mesi dall'inizio dei sintomi, consente di modificare in modo sostanziale il decorso, la prognosi e quindi il destino dei malati che soffrono della forma più grave. I nuovi medicinali biotech autorizzati dall'agenzia europea dei medicinali (Emea) e disponibili anche in Italia sono due ma presto ne arriveranno altri. Si tratta di molecole che bloccano alcune sostanze liberate nel corso della malattia come il tumor necrosis factor (Tnf); e per rendere la distribuzione dei medicinali gratuita e uniforme in tutte le Regioni secondo le indicazioni dell'Emea, proseguirà il progetto di farmacovigilanza Antares promosso dal ministero della Salute. Obiettivo: rendere i farmaci gratuiti L'iniziativa, ha ricordato Roberto Raschetti, responsabile del servizio di farmacovigilanza del ministero, ha l'obiettivo di rendere dispensabili dal servizio sanitario nazionale ( e dunque gratuiti per il cittadino) farmaci complessi da gestire e registrati dall'Emea in condizioni eccezionali. Su questi farmaci è attivo un sistema di monitoraggio e sorveglianza. Le linee guida per l'uso delle nuove medicine Due sono i momenti fondamentali individuati dalle linee guida dei reumatologi: la necessità di una diagnosi corretta precoce e l'impostazione di una terapia altrettanto corretta e precoce, al massimo entro 4 mesi dall'inizio dei sintomi. Ma per questo è necessaria una organizzazione sanitaria precisa, un corretto uso dei farmaci e soprattutto un comportamento uniforme in tutte le Regioni. Ma Nonostante l'impegno del Ministero della Salute, attraverso il progetto Antares, affermano i reumatologi, il trasferimento sul territorio delle risorse non è omogeneo e non consente di controllare le effettive priorità nella scelta dei pazienti da trattare. Alcune Regioni infatti si sono attenute al progetto, mentre altre hanno provveduto a mettere in atto adeguati strumenti di rimborso o hanno preferito immaginare erogazioni in molte sedi, spesso non provviste di specifica competenza reumatologica, piuttosto che consentire a Centri qualificati di definire le reali priorità degli interventi. ______________________________________________ Il corriere della Sera 19 mag. ’02 GLI ONCOLOGI: L’ITALIA È IN RITARDO NELLA CURA DEL DOLORE Cognetti (Aiom): bisogna cambiare, altrimenti si favoriscono le richieste di eutanasia DAL NOSTRO INVIATO ORLANDO (Florida) - Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità ogni anno i tumori colpiscono 10 milioni di persone e ne uccidono 6 milioni. Le previsioni parlano, per il 2020, di 20 milioni di nuovi casi e di 10 milioni di morti nel mondo. E, se è vero che gli sforzi della ricerca e i progressi delle terapie hanno permesso di aumentare la sopravvivenza, è altrettanto vero che ancora poco si fa per garantire una buona qualità di vita dei pazienti. Così il congresso annuale dell’Asco, la società americana degli oncologi clinici che si è aperto a Orlando alla presenza di 25 mila delegati, dedica la sua prima giornata al tema della qualità della vita. Gli esperti di tutto il mondo si confrontano e l’impegno dell’Italia per le cure palliative, nonostante i passi avanti, si rivela in grave ritardo, soprattutto per il controllo del dolore nei malati di cancro. «Secondo un’indagine dello scorso anno, in 20 ospedali italiani - riferisce Francesco Di Costanzo, segretario dell’Associazione degli oncologi medici italiani (Aiom) - il 91,2% dei malati riporta qualche forma di grave sofferenza e il 46% dolore intenso al limite della sopportabilità. Di questi soltanto il 28,5% aveva ricevuto un trattamento analgesico nelle precedenti 24 ore». «Il medico è ancora molto cauto, anche perché spesso crede che la morfina dia assuefazione: ma un nostro studio dimostra che avviene solo nell’1% dei casi», ha detto l’ex ministro alla Sanità Umberto Veronesi. Eppure una legge dell’anno scorso ha semplificato le modalità di prescrizione, approvvigionamento, detenzione, trasporto e consegna delle sostanze oppioidi e oggi esistono in commercio numerosi preparati, anche sotto forma di cerotti, che si possono facilmente somministrare. «Vincere il dolore grave associato al cancro è oggi possibile - aggiunge Francesco Cognetti, presidente dell’Aiom -. Il rischio è che, di fronte a un mancato controllo del dolore, il paziente e i familiari siano portati a chiedere soluzioni estreme, quali l’eutanasia».