RUBBIA:RICERCA, UNA VERA RIFORMA FORMIGONI: IL NOSTRO SVILUPPO COMINCIA DALLA RICERCA "SCARSA PRESENZA DI ITALIANI POCHI SOLDI PER LA RICERCA" RICERCA: E I "RIBELLI" ORA SONO PIÙ DI TREMILA AI PRECARI RIMANGONO SOLO LE SUPPLENZE "E' REATO TELEFONARE A CASA DALL' UFFICIO" TELEFONARE DALL'UFFICIO È UN PECCATO VENIALE PRODOTTA L' ANTIMATERIA, SVELERÀ L' ORIGINE DELL' UNIVERSO ANTIMATERIA: PAVIA E BRESCIA HANNO BATTUTO HARVARD CAGLIARI: ALL' UNIVERSITÀ ESAME DI DIRITTO PER FARE IL PATOLOGO MEDICINA: TEST D'AMMISSIONE INGIUSTI! TAGLI A SCUOLE E MINISTERI, BLOCCO DELLE ASSUNZIONI ========================================================= LA SFIDA D'AUTUNNO COMINCIA DAI MEDICI LA SANITÀ PUNTA SU PARTNERSHIP UN GARANTE PER TUTELARE IL DIRITTO ALLA SALUTE DEI SARDI SANITÀ, CONTI IN ROSSO PER I LABORATORI DI ANALISI BUSINCO: CENTRO D'ECCELLENZA CONTRO I TUMORI RADIOLOGIA, LE TECNICHE PIÙ RAFFINATE PER SCONFIGGERE LE MALATTIE UN LEGAME TRA PESTICIDI E LA LEUCEMIA LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA DIVENTA VIRTUALE RIDURRE I MELANOMI NEI MALATI DI TUMORE L'ENZIMA CHE "ACCENDE" L'RNA UNA MUTAZIONE GENETICA CAUSATA DALLA MALARIA HA CREATO I CENTENARI DNA MUTATO DALLA MALARIA UNA SPIA PER L´ALZHEIMER ========================================================= ______________________________________________- Corriere della Sera 19 settembre '02 RUBBIA:RICERCA, UNA VERA RIFORMA Il ritardo da colmare La ricerca e la conoscenza che ne deriva sono l'espressione concreta di uno degli istinti più profondi dell'essere umano: la "curiosità". È la "curiosità" che ha guidato tutto il processo di evoluzione, che ha portato l'uomo a uscire dalle caverne e a conquistare la Luna. Per l' homo sapiens , il bisogno di ricercare per conoscere è quindi irrinunciabile. Ogni passata civilizzazione umana ha avuto una sua "scienza". Oggi siamo fortunati di vivere in un'epoca in cui alcuni dei segreti più profondi della natura sono arrivati alla nostra portata. La natura è stata generosa con noi e ci ha permesso di scoprire molte cose: stiamo vivendo il periodo più ricco nella storia delle scoperte scientifiche. Ma l'uomo è anche faber , cioè vuole inventare e costruire, per sé e per gli altri. Per costruire, bisogna conoscere e prevedere: da qui l'essenziale e universale legame tra la scienza e la tecnologia, tra la conoscenza e l'invenzione. Solo attraverso gli sviluppi della ricerca e il realizzarsi di nuove scoperte si può garantire il benessere della civiltà umana in tutti i suoi aspetti, primo fra tutti la protezione della salute e dell'ambiente. Anche l'Italia deve dunque affrontare seriamente una riforma del sistema scientifico per sostenere e garantire una crescita adeguata allo scenario internazionale. Nei Paesi più avanzati è ormai universalmente riconosciuto che il progresso economico sarà sempre di più legato al progresso delle conoscenze, come principale generatore di crescita, impiego e coesione sociale. Il potenziale di crescita economica dipende direttamente, attraverso un aumento della capacità produttiva, dagli investimenti nel rinnovamento delle conoscenze: se una attività non si mantiene competitiva, la sua crescita è impossibile. Una seconda funzione importante, conseguente alla ricerca, è la formazione, e cioè la trasmissione delle conoscenze. Di qui il fondamentale connubio tra ricerca e università, che deve alimentarsi continuamente con scambi verso il mondo produttivo e la società in generale. È quindi logico che ogni azione di riforma si basi simultaneamente sui cardini ricerca e formazione. Nel nostro Paese oggi si discute di riformare la ricerca. Le molteplici, precedenti riforme hanno conosciuto un difficile travaglio, peraltro senza arrivare alla maturità. Ciascuna riforma ne ha generata un'altra, ancor prima che la precedente avesse potuto conseguire piena ed effettiva attuazione. Dobbiamo rompere questo circolo vizioso, completando il processo, valorizzando i risultati ottenuti, sostenendo le nuove iniziative già proiettate verso scenari futuri, definendo i giusti tempi in base a criteri universalmente riconosciuti. A tale scopo, sono necessari buon senso, trasparenza e partecipazione di tutti i diversi attori in una condivisione consapevole, rispettosa delle relative responsabilità, dello Stato e delle Regioni, del mondo accademico, degli Enti di Ricerca, del mondo imprenditoriale, superando una mera contrapposizione di interessi settoriali. La riforma oggi intrapresa deve garantire che, partendo dalle radici di una buona cultura scientifica, peraltro universalmente riconosciuta, si possa far crescere e fruttificare la corrispondente economia basata sulla conoscenza, nella quale siamo il fanalino di coda: basti confrontare il numero di pubblicazioni scientifiche per abitante, dove l'Italia è nel plotone di testa, con il numero di brevetti, che è invece un quinto di quello degli Usa. Albert Einstein, che di ricerca se ne intendeva, sosteneva che non esiste una ricerca applicata a sé stante, ma solamente il risultato dell'applicazione della ricerca. Scindere la ricerca cosiddetta fondamentale da quella definita come "applicata", concetto oggi alla moda soprattutto presso coloro che non hanno mai messo piede in un laboratorio, è come separare l'albero dalle sue radici. Una ricerca non è condizionabile da ciò che non si conosce ancora, non può avere il risultato "garantito". L'elettricità non fu scoperta migliorando le candele; la biologia molecolare non è stata scoperta migliorando la botanica. La curiosità di sapere e la ricerca coraggiosa di concetti fondamentalmente nuovi sono elementi irrinunciabili da cui la società ha storicamente tratto il più grande beneficio. Ma gli scienziati devono essere anche preparati ad interagire in modo più diretto con le nuove problematiche della società. Il fatto che la scienza sia rivolta ad esempio allo studio dell'Universo in cui viviamo non significa che gli scienziati possano esimersi dai problemi della società che ne sostiene le attività. È ad esempio necessario costruire al più presto un più solido "ponte" tra la ricerca da una parte e l'economia e l'industria dall'altra. L'agire come ponte richiede simultaneamente fondazioni solide sia sul mercato che sul sistema della ricerca, con competenze e esperienze riconosciute in ambedue i campi. La riforma non sarà realizzabile senza nuove strutture e nuove regole, senza un ringiovanimento delle risorse umane e un rinnovamento dei quadri, e ovviamente senza addizionali investimenti. Un forte incremento del finanziamento pubblico alla ricerca è ineludibile, e ciò per tre ragioni: 1) sostenere i segmenti di ricerca non ancora matura per un intervento industriale diretto; 2) assicurare che la ricerca nei campi di maggiore importanza strategica per il Paese si possa sviluppare in maniera aperta, disponibile a tutti e non determinata e limitata da interessi settoriali, ma guidata verso obiettivi reali a beneficio di tutti i cittadini che vi contribuiscono; 3) creare grandi infrastrutture di base che permettano alla ricerca di affrontare e risolvere problemi complessi e di alta tecnologia. Alla fine dell'800, al ministro delle Finanze di allora, scettico sull'utilità delle ricerche di Faraday, quest'ultimo rispose: "Non so a cosa servirà l'elettricità, ma sono sicuro che un suo successore metterà su di essa una tassa", cosa peraltro puntualmente avvenuta. Carlo Rubbia Premio Nobel per la fisica _________________________________________________ Corriere della Sera 16 settembre '02 FORMIGONI: IL NOSTRO SVILUPPO COMINCIA DALLA RICERCA Formigoni Roberto Il governo regionale sta lavorando per rendere sempre più vivo ed efficace il suo rapporto con il sistema universitario. Ha infatti presente che formazione e ricerca sono risorse fondamentali per lo sviluppo della nostra società e delle nostra economia. L' articolo del professor Senn, che ho letto ieri su queste pagine, attira l' attenzione su tre direttrici di lavoro che sono anche pilastri della nostra politica. La prima: incrementare il rapporto tra sistema educativo e mondo del lavoro (e per questo assicurare la coerenza dei percorsi formativi). La seconda: preparare una rinnovata classe dirigente capace di supportare le politiche di sviluppo della Lombardia (e per questo favorire una condivisione da parte delle università degli obietti vi programmatici delle pubbliche amministrazioni). La terza: incentivare la partecipazione degli atenei al processo di riforma e di ammodernamento della formazione e della ricerca, per incrementare i livelli di eccellenza oggi espressi in svariati ambiti del nostro sistema. *presidente della Regione L' INTERVENTO La ricerca e lo sviluppo Sono tre direttrici che, come dicevo, stanno anche alla base dei nostri programmi sull' università, e in effetti la Regione è fattivamente impegnata a sostenere questi processi. Ne fanno fede alcune cifre: 50 milioni di euro all' anno per il diritto allo studio e l' edilizia universitaria, 40 per progetti di integrazione tra formazione universitaria e professionale, 15 per il sostegno dei centri di eccellenza. Ma ovviamente la nostra azione non si ferma qui. E' dello scorso giugno la sottoscrizione di un Patto con i Rettori di tutti gli atenei lombardi, nel quale sono condivisi obiettivi strategici e metodo di lavoro comune per costruire, nei prossimi tre anni, un sistema di governo della formazione e della ricerca basato sulla sussidiarietà, sull' autonomia e sul partenariato e orientato allo sviluppo e alla qualità. In questo quadro già abbiamo avviato alcuni impegnativi programmi: 1) Sostegno alla mobilità dei ricercatori. Una rete di Centri di assistenza, in rapporto con l' UE, permetterà di incrociare domanda e offerta su scala europea e di attirare in Lombardia un maggior numero di ricercatori. 2) Messa in rete dei Centri di eccellenza tra di loro e con il sistema delle imprese, secondo un modello già sperimentato da Politecnico Innovazione che ha interfacciato Piccole e Medie Imprese e Università. 3) Collaborazione sul fronte internazionale: valorizzare la nostra presenza a Bruxelles e favorire la nostra capacità di presentarci all' Unione europea come sistema, a partire dalla presenza di tutte le università lombarde nella Casa della Regione Lombardia a Bruxelles; rendere sistematica la collaborazione tra università e Regione nelle missioni all' estero; avviare infine un programma organico di attrazione dall' estero di studenti, ricercatori e docenti nella nostra Regione. 4) Sviluppo, nel campo della Sanità, di nuovi rapporti Regione- Università per quanto riguarda: la gestione di ospedali in cui sono presenti corsi di laurea in medicina, chirurgia, odontoiatria e altre professioni sanitarie, gli investimenti nell' edilizia sanitaria, i processi di innovazione tecnologica, la telemedicina. L' investimento nel sapere può trovare, nelle iniziative che ho ricordato, un volano anche per soggetti privati consapevoli della necessità di rispondere alla sfide del presente e del futuro. Roberto Formigoni ______________________________________________- Corriere della Sera 16 settembre '02 "SCARSA PRESENZA DI ITALIANI POCHI SOLDI PER LA RICERCA" Solo trenta i luminari del nostro Paese iscritti al congresso internazionale Roseghini Giovanna CREMA - Dei 350 scienziati iscritti al convegno di Crema, solo 30 sono italiani. Tra loro, grandi personalità da Maria Teresa Pazienza, tra i più noti studiosi del linguaggio naturale applicato ai meccanismi automatici, a Giancarlo Succi, direttore del laboratorio dei sistemi software avanzati dell' Università di Bolzano. "Gli italiani non si iscrivono a un convegno come uditori perché i congressi costano parecchio, e la ricerca italiana ha pochi soldi. Se le università ne spendessero la buona p arte per spedire i loro luminari ai convegni, dovrebbero sacrificare i fondi per la ricerca" spiega il professor Ernesto Damiani, coordinatore dell' iniziativa. Pur avendo il più basso numero di ricercatori al mondo rispetto al numero di abitanti, l' Italia riesce comunque a posizionarsi a ottimi livelli nel campo della ricerca, tra i migliori Paesi europei. "In Italia esiste un importante movimento di ricerca nei settori dei dispositivi intelligenti, ed esistono anche grosse realtà industriali che supportano la ricerca in questo senso - dice Damiani -. Gli scienziati italiani in genere si recano a un convegno solo quando hanno un motivo concreto per parteciparvi. A loro non basta ascoltare, devono partecipare attivamente. Si iscrivono, per esempio, quando hanno un nuovo importante articolo scientifico da pubblicare, da far conoscere ai colleghi". G. Ros. ______________________________________________- La Stampa 20 settembre '02 RICERCA: E I "RIBELLI" ORA SONO PIÙ DI TREMILA Ricerca/Continua il braccio di ferro con il governo. Gli scienziati: incontro subito con il ministro e i partiti di EMANUELE PERUGINI SONO sempre più numerosi e sono sempre più determinati a far sentire la loro voce. Ieri i ricercatori italiani che hanno promosso la manifestazione spontanea dello scorso 10 settembre, hanno annunciato in una conferenza stampa di voler chiedere un incontro al ministro dell'Istruzione e della Ricerca, Letizia Moratti e ai presidenti delle Commissioni Cultura di Camera e Senato. Infine, i ricercatori vorrebbero incontrare i segretari dei diversi partiti politici. Continua così il grande braccio di ferro tra governo e mondo della ricerca sul futuro del settore. Nei giorni scorsi erano circolate bozze di riassetto che avevano preoccupato la comunità scientifica italiana. Le bozze sono state smentite dal governo, ma il dialogo vero e proprio fra le parti non sembra ancora avviarsi. "È evidente - ha detto uno dei coordinatori del comitato promotore degli scienziati, Gino Falcone, del Cnr - che a questi incontri ci presenteremo, qualora ce ne fosse data l'occasione, per ribadire le ragioni del coinvolgimento della comunità scientifica, non certo per "negoziare" contenuti specifici". Quello che i ricercatori intendono chiedere al ministro e ai politici è, hanno detto, "un ruolo più autorevole della comunità scientifica" e "una immediata ridiscussione del progetto di riforma che rischia di stravolgere in modo pericoloso il sistema della ricerca pubblica italiana". Insomma la protesta dei ricercatori italiani va avanti nonostante le precisazioni del viceministro Guido Possa che aveva rinnegato la paternità del governo sul cosiddetto "decreto fantasma", il documento intorno al quale si sono accentrate le critiche della comunità scientifica. E nonostante che ieri anche Letizia Moratti avesse invitato a "non dare rilievo ad indiscrezioni di stampa e voci che non corrispondono all'effettivo livello di elaborazione dei testi da parte di commissioni di esperti" precisando che "i progetti relativi al riordino degli Enti di ricerca (Cnr etc.) e delle procedure concorsuali, sono in una fase assolutamente preliminare e non hanno carattere di ufficialità; pertanto i testi diffusi in varie forme non impegnano in alcun modo il Ministero". A riaccendere la polemica tra governo e ricercatori sono state del resto proprio le dichiarazioni di Possa, rilasciate il giorno dopo l'assemblea del 10 settembre. "Il viceministro ha confermato - ha detto Rino Falcone - che sta definendo una riforma del settore della ricerca senza nessun coinvolgimento né della comunità scientifica, né degli enti che intende riformare. Nel frattempo però ha sciolto il Cepr, il comitato degli esperti per la ricerca e non ha realizzato l'assemblea della Scienza, così come è previsto dalla legge. Noi siamo disponibili a un cambiamento, basta solo che il governo ci coinvolga e, soprattutto, trovi le risorse". Certo, in questo momento i ricercatori "militanti" sembrano avere al proprio fianco la comunità scientifica italiana. Tanto che sul sito Internet della rivista Le Scienze, continuano a fioccare le adesioni all'appello lanciato nel corso dell'assemblea del 10 settembre: ormai sono più di tremila e tra loro anche quella di Rita Levi Montalcini, di Carlo Rubbia, di Margherita Hack, di Franco Pacini e di Giovanni Bignami. I ricercatori "ribelli" hanno organizzato anche un osservatorio on-line accessibile all'indirizzo http://scienziaviva.wnet.it/osservatorioricerca come strumento di organizzazione e di monitoraggio. ______________________________________________- Il Sole24Ore 16 settembre '02 AI PRECARI RIMANGONO SOLO LE SUPPLENZE Un esercito di insegnanti precari - tra i 70 e gli 80 mila - nei giorni scorsi ha ottenuto una supplenza annuale dal Centro servizi amministrativi (ex Provveditorato agli studi) a copertura dei moltissimi posti vuoti sulle cattedre di tutto il territorio nazionale. Ma di immissioni in ruolo neanche a parlarne. E a farne le spese sono soprattutto - paradossalmente - gli aspiranti alla cattedra vincitori dell'ultima tornata concorsuale. Il decreto che manca. Secondo le stime dalla Uil Scuola i posti vacanti per il 2003-2004 sarebbero (si veda la tabella) almeno 28mila, considerati i "buchi" dell'organico di diritto e i pensionamenti di questo mese di settembre. Il decreto che - normalmente prima dell'inizio dell'anno scolastico - fissa il numero massimo di posti da attribuire, per il 2002/2003 non è stato ancora licenziato dagli organi competenti, cioè ministeri dell'Istruzione, della Funzione pubblica a dell'Economia. Ritardo mai verificatosi negli ultimi anni. L'Istruzione, per la verità, l'ha presentato prima delle vacanze estive ma sembra essere rimasto bloccato (per problemi di fondi) al ministero dell'Economia. Anche questa volta, quindi, come già era successo nel 2001, si dovuto far ricorso alle supplenze annuali. Con i conseguenti disagi per chi è in attesa di posto e per le scuole in generale. Vediamo perché. La "beffa" del concorso. Per assicurare un regolare avvio dell'anno scolastico i Centri servizi amministrativi hanno potuto assegnare entro il 31 luglio i posti liberi solo per supplenza annuale (cioè con incarico fino al 31 agosto 2003) nominando i docenti inseriti negli elenchi provinciali delle graduatorie permanenti. Questi ultimi dovranno però attendere l'emanazione del decreto per sapere se entreranno o meno nella rosa degli "eletti" oppure se dovranno attendere ancora per poter entrare di ruolo. Tuttavia, a causa del meccanismo delle nomine in ruolo (si veda il sevizio in basso) che prevede l'assegnazione dei posti al 50% tra i precari utilmente inseriti nelle graduatorie permanenti e l'altro 50% ai vincitori di concorso, questi ultimi risultano fortemente penalizzati. Essi sono stati, infatti, doppiamente beffati: in primo luogo perché non sono riusciti a entrare di ruolo neppure quest'anno e in secondo luogo perché, spesso, non hanno potuto ottenere neanche una supplenza annuale e quindi uno stipendio. Va infatti ricordato che l'assegnazione delle supplenze (a differenza dell'immissione in ruolo) avviene solo sulla base delle graduatorie dove i vincitori di concorso, anche se inseriti utilmente, sono comunque preceduti dai "vecchi" precari, cioè da coloro che hanno conseguito un'abilitazione e hanno tanti anni di servizio al loro attivo. Inoltre, anche se verrà emanato il decreto in corso d'anno scolastico, gli immessi in ruolo avranno decorrenza giuridica dal 1º settembre 2002, ma economica solo dal 1º settembre 2003. I neo assunti. Non bisogna stupirsi, dunque, se il profilo del neo assunto (si veda articolo qui a fianco) dà un'immagine sconsolante dei nuovi docenti. Si arriva alla cattedra spesso oltre i 40 anni, dopo una lunga attesa e un precariato di non meno di 5-7 anni. Ma così come è congegnato, il sistema di reclutamento non permette strade veloci, paradossalmente anche i vincitori di un concorso ordinario, nonostante la difficoltà delle prove, spesso rimangono senza lavoro per molti anni. Eppure, come detto sopra, i posti ci sarebbero. Degli oltre 28.000 posti in ruolo vacanti rilevati dalla Uil Scuola, più della metà riguardano le materne e le elementari, proprio i segmenti della scuola sui quali il ministro Moratti vuole applicare la sperimentazione della riforma scolastica. "Il problema del reclutamento nella scuola - afferma Massimo Di Menna segretario nazionale della Uil scuola - affonda le sue radici in un passato lontano. Ed è ben lungi dall'essere risolto. Anche se il meccanismo del doppio canale ha funzionato, è necessaria una completa revisione del sistema, che premi un intreccio tra preparazione teorica, competenze disciplinari ed esperienza fatta sul campo". Rimane, inoltre, il problema dell'anno di formazione: dopo il grande exploit dei corsi e-learning organizzati lo scorso anno dall'Indire, non si sa se quest'anno l'esperienza verrà ripetuta visto il basso numero di interessati, di coloro, cioè, che non hanno potuto frequentarlo lo scorso anno. pagina a cura di Daniela Girgenti ______________________________________________- Corriere della Sera 17 settembre '02 "E' REATO TELEFONARE A CASA DALL' UFFICIO" La Cassazione: per un dipendente pubblico anche una sola chiamata al giorno è peculato Haver Flavio ROMA - Gli impiegati pubblici possono telefonare dall' ufficio per motivi privati solo "in casi eccezionali, dei quali debbono informare il dirigente". E non importa se utilizzano l' apparecchio per una sola volta al giorno, per una conversazione che costa pochi centesimi di euro: se la chiamata non riguarda il lavoro o non è giustificata da gravi esigenze personali, debbono essere incriminati per peculato d' uso. Il principio è stato stabilito dalla Cassazione con la sentenza che ha ribaltato i l "non luogo a procedere perché il fatto non sussiste" deciso nei confronti di Rocco C. dal giudice per l' udienza preliminare di Campobasso il 16 gennaio del 2001. LE ACCUSE - L' uomo, dipendente del Provveditorato alle Opere pubbliche per il Molise , era stato messo sotto inchiesta per essersi "appropriato momentaneamente del telefono attivatogli in ragione del suo ufficio, effettuando 64 chiamate per motivi personali dal 31 marzo al 3 giugno del 1998". Una chiacchierata al giorno. E il giudice lo aveva prosciolto per "la sporadicità e l' importo esiguo delle telefonate". Ma la Suprema Corte ha bocciato questa tesi, disponendo che il gup di Campobasso riesamini la vicenda. LA REPLICA - Rocco C. è convinto di avere ragione. "Rifarei tutte l e telefonate. Sentivo una volta al giorno mia figlia, che si stava laureando alla facoltà di Ingegneria, a Roma, per farle coraggio. Era molto preoccupata, un padre che poteva fare se non chiamarla ogni giorno per risollevarle il morale?", si è chiesto l' impiegato. Che malgrado il rischio di una condanna non è pentito: "Sono un centralinista, per fare quelle chiamate avrei dovuto spostarmi all' esterno, creando disagi a chi si rivolgeva al Provveditorato. Le conversazioni duravano non più di trenta secondi e servivano a restituirle un po' di coraggio. Ora uso il telefonino personale - rivela - ma per lei lo rifarei ancora, accada quello che accada...". LA MOTIVAZIONE - Contro il proscioglimento aveva ricorso in Cassazione il Procuratore sostenendo che il gup aveva introdotto una sorta di "soglia di non punibilità che, in alcun modo, risulta contemplata dalle norme". E sottolineando che quelle 64 telefonate in due mesi, di cui alcune anche "non urbane", non potessero essere considerate sporadiche e come la legge punisca anche le condotte del pubblico ufficiale che risultino "prive di particolari connotazioni di gravità, antisocialità e riprovevolezza". La Suprema Corte ha condiviso questo orientamento ed ha chiesto al giudice di accertare se le telefonate "siano state fatte eccezionalmente dal prevenuto, in quanto effettivamente compulsato da rilevanti e contingenti esigenze personali". Nella motivazione, i giudici con l' Ermellino hanno ricordato come "in via generale deve osservarsi che, nel concreto assetto dell' organizzazione pubblica, viene in rilievo una sfera di utilizzo delle linea telefonica dell' ufficio per l' effettuazione di chiamate personali che non può considerarsi esulante dai fini istituzionali e nella quale, quindi, non si realizza l' evento appropriativo descritto. Si tratta - ha spiegato la Cassazione - delle situazioni in cui il pubblico dipendente sollecitato, durante l' espletamento del servizio, da impellenti esigenze di comunicazioni priva te, finirebbe, ove non potesse farvi rapidamente fronte tramite l' utenza dell' ufficio, per creare maggior disagio all' amministrazione sul piano della continuità e/o qualità del servizio. In questi casi - ha osservato la Suprema Corte -, verificand osi una convergenza fra il rispetto di importanti esigenze umane ed il più proficuo proseguimento dei fini pubblici, la stessa amministrazione ha interesse a consentire al dipendente l' utilizzo privato della linea d' ufficio". Flavio Haver ______________________________________________- Corriere della Sera 19 settembre '02 TELEFONARE DALL'UFFICIO È UN PECCATO VENIALE Beppe Severgnini, La Cassazione, dunque, ha deciso che chi telefona a casa da un ufficio pubblico può essere incriminato per peculato. Benissimo. Ora dobbiamo compiere il passo successivo: invece di perseguire i responsabili uno ad uno, chiudiamo l'Italia dietro una cancellata. Si fa più in fretta. Per chi volesse cominciare a ordinare il materiale: sono 7.456 chilometri, isole comprese. Vorrei infatti conoscere chi non ha mai telefonato a casa dall'ufficio (pubblico o privato). I costi non sono esorbitanti, anche perché molti usano il proprio cellulare (ci si può chiudere in bagno: maggiore privacy). E' giusto, allora, tollerare quest'abitudine (parliamo di qualche telefonata, non di cento)? Secondo me, sì. Le aziende sagge (private e pubbliche) sanno che il personale va giudicato dai risultati, e non perseguitato coi dettagli. Si fa un gran parlare di "risorse umane" e "motivazione", e poi ci si perde in queste pignolerie. Francamente, non capisco. Qualcuno dirà: ma chiudere gli occhi sulle telefonate dall'ufficio non è come tollerare il fumo dov'è vietato fumare? Non è un modo di accettare la micro- illegalità diffusa, eterno difettaccio italiano? Eh, no. Fumare è dannoso e pericoloso (anche dove è consentito). Telefonare a casa è un piccolo "benefit", una minuscola compensazione per chi deve restare otto ore in una stanza, e vivere di uno stipendio (i pubblici dipendenti onesti sono i nuovi poveri. Hanno scelto la sicurezza del posto, e la pagano salata). So bene cosa direbbe un giurista: la legge è questa, la Cassazione si è limitata ad applicarla. Può essere. Ma il giudice per l'udienza preliminare la pensava diversamente. E se esisteva una strada per arrivare a una decisione più saggia, e non è stata percorsa, è un peccato. Perché la pronuncia della Suprema Corte non fa altro che perpetuare il supremo equivoco: gli italiani si convincono che certe leggi sono parole messe in fila, e nessuno le fa rispettare. Tanto vale ignorarle, quindi. Non sono i giorni migliori per parlare di questi temi (vogliamo dirlo? Il Parlamento trasformato in self-service legislativo per il presidente del Consiglio non è un bello spettacolo). Ma va detto, ridetto, e poi detto ancora: il mancato rispetto delle norme resta il nostro tallone d'Achille. Se ne parlava su "Italians", giorni fa. Un lettore, Aldo (alcap_1999@yahoo.com), sosteneva: "La scarsa affidabilità del sistema-Italia dipende dalla mancanza di regole chiare e rispettate". Vero, purtroppo. Siamo la repubblica dell'illecito sistematico (spesso piccolo, talvolta grande). E la situazione ci è così familiare che non abbiamo più il coraggio d'affrontarla (e quando l'affrontano gli stranieri, ci scocciamo). Per tornare a essere reattivi, e chiamare reato il reato (e SENTIRLO come tale), dobbiamo sgombrare il campo dalle minuzie. Se chiamiamo "peculato" la telefonata dall'ufficio, non saremo più capaci di chiamare con lo stesso nome il peculato vero, e indignarci. E quando vedremo che, comunque, nessuno viene punito, ci convinceremo che regole e sanzioni sono come il gioco del lotto: la buona volontà non conta, tutto dipende dalla fortuna. Non mi sembrano concetti difficili. Eppure continuiamo a diseducarci, giorno dopo giorno: da una parte le dichiarazioni di principio, l'Italia retorica delle maiuscole (la Legalità, la Giustizia, lo Stato del Diritto). Dall'altro, la pratica quotidiana: spesso meschina, ma talvolta comprensibile. Meschino è appendere un cartello "vietato fumare" in ospedale, e tollerare che i medici passino con la sigaretta in bocca. Comprensibile - ripeto - è chiamare a casa dall'ufficio. Riassumendo. Per combattere i reati gravi, occorre depenalizzare le infrazioni veniali. Ovvero: per concentrarsi sulle questioni importanti, non bisogna perder tempo con le stupidaggini. Accadrà, questa rivoluzione? Neanche per sogno. E' troppo semplice, per gente sofisticata come noi. Avanti, dunque, con la cancellata. Fatela robusta, e metteteci dei cartelli. Occorre spiegare agli immigrati che non sta lì per loro. ______________________________________________- Corriere della Sera 19 settembre '02 PRODOTTA L' ANTIMATERIA, SVELERÀ L' ORIGINE DELL' UNIVERSO Il Cern di Ginevra vara una fabbrica di atomi freddi. Quaranta scienziati firmano l' esperimento, 14 sono italiani; Le particelle di anti-idrogeno sono state prodotte creando due nuvole di antiprotoni e positroni Caprara Giovanni Due nuvole di particelle atomiche si scontrano scatenando una fitta pioggia di migliaia di atomi di antimateria ogni ora. Il risultato, a lungo inseguito nei laboratori di tutto il mondo e che permetterà di decifrare meglio l' origine dell' universo, è stato ottenuto al Cern di Ginevra aprendo una porta fondamentale nella conoscenza della natura e uno squarcio nel mitico, fantascientifico antimondo. Vi hanno lavorato una quarantina di scienziati di varie nazioni: dal Brasile all' Inghilterra, dal Giappone alla Danimarca. E quattordici di loro, riuniti nel gruppo Athena, sono italiani, dell' Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e delle università di Pavia e Brescia. Oggi sul sito on line della rivista britannica Nature gli studiosi raccontano il loro exploit nel mondo della fisica. "In passato si era riusciti a fabbricare al massimo una decina di atomi di anti-idrogeno - spiega Gemma Testera della sezione genovese dell' Istituto e a capo del gruppo italiano protagonista nell' esperimento - ma erano pochi, caldissimi e troppo veloci e quindi inutilizzabili per ulteriori studi. Così, seguendo una strada diversa, siamo riusciti a generarne invece tantissimi e freddi, cioè in condizioni adeguate per proseguire nelle indagini". Forse è utile ricordare che l' antimateria, intuita dal fisico inglese Paul Dirac intorno agli anni Trenta, è uguale alla materia di cui anche noi siamo fatti, ma ha una carica elettrica contraria. Un elettrone, ad esempio, invece di essere negativo è positivo. Inoltre, se materia e antimateria vengono a contatto si distruggono reciprocamente generando energia. Gli atomi di antiidrogeno sono stati fabbricati creando prima due nuvole, una di antiprotoni e l' altra di positroni (cioè elettroni positivi) che poi fuse insieme hanno generato i nuovi atomi di antimateria. Gli scienziati italiani hanno in particolare lavorato sugli antiprotoni e sui rilevatori degli atomi studiati dal professor Alberto Rotondi e Evandro Lodi Rizzini rispettivamente delle università di Pavia e Brescia. Ma quali prospettive apre il risultato ottenuto a Ginevra? "Si potranno affrontare tre questioni fondamentali per decifrare la natura e l' origine dell' Universo" dice Gemma Testera. Sarà cioè possibile scoprire se la gravità agisce nello stesso modo anche sull' antimateria come prescrive la teoria della relatività di Einstein. Inoltre si capirà se gli antiatomi sono specularmente uguali a quelli normali; un aspetto che ha implicazioni dirette sulla cosmologia, vale a dire sull' origine del cosmo. Se infatti risulterà un' uguaglianza, sarà confermata l' idea che al momento del big bang, lo scoppio iniziale da cui tutto ebbe origine, materia e antimateria erano presenti in quantità equivalenti. E ciò potrebbe significare che esistono altri universi di antimateria in dimensioni parallele al nostro. "Queste - conclude Testera - saranno le ricerche che ci impegneranno nell' immediato futuro". Giovanni Caprara ______________________________________________- Corriere della Sera 20 settembre '02 ANTIMATERIA: PAVIA E BRESCIA HANNO BATTUTO HARVARD Dai due atenei i padri della scoperta dell' antimateria: "La realtà potrà avere nuove dimensioni" Rotondi, una carriera tutta in riva al Ticino Rizzini: l' amore per la fisica nato da bambino Caprara Giovanni DAL NOSTRO INVIATO PAVIA - L' assalto al fantastico mondo dell' antimateria dove forse esistono altre stelle, altri pianeti e chissà, magari anche altri esseri, è partito oltre che da Genova anche da due università lombarde: Pavia e Brescia. Qui, due gruppi di scienziati sono stati protagonisti assieme ad altri colleghi internazionali del risultato appena ottenuto al Cern, il centro di ricerche nucleari di Ginevra, dove sono riusciti a generare atomi di antiidrogeno freddi in grande quantità: mi gliaia ogni ora. Con essi sarà possibile indagare l' origine dell' universo, decifrare alcuni enigmi legati alla sua natura che nemmeno la teoria della relatività di Einstein ha potuto spiegare. E ciò aprirà un varco verso quegli antimondi che la sci enza d' avanguardia ha già prospettato come possibili. A Pavia il professor Alberto Rotondi, 52 anni, una vita passata a investigare il nucleo dell' atomo, è diventato un cacciatore di antimateria prima con gli acceleratori italiani e poi dal 1982 co n le grandi macchine del centro europeo Cern. "A poche decine di metri dai nostri impianti nei laboratori ginevrini - racconta Rotondi - c' era un gruppo americano dell' Università di Harvard. Eravamo in competizione e la nostra meta era comune. All' inizio ero molto preoccupato ma in fretta abbiamo maturato le conoscenze necessarie costruendo uno strumento piccolo ed efficace per scoprire la presenza degli atomi di antiidrogeno. Così abbiamo vinto la gara con i vicini americani". Rotondi è una storia tutta pavese. Dopo la laurea ottenuta nel ' 72 ha percorso tutti i gradini sino ad arrivare alla docenza dirigendo ora un gruppetto di cinque ricercatori con i quali ha condiviso il risultato. "La nostra Università dispone di attività di eccel lenza - dice il prorettore Giorgio Goggi anche lui illustre fisico del Cern -. Quattro aree importanti per il futuro ci vedono in primo piano e sono la biologia molecolare, le applicazioni delle genetica, l' elettronica e la fisica. Ricordiamo che da noi insegna il Premio Nobel Carlo Rubbia". L' esperimento ginevrino era partito ancora nel 1996 quando il professor Luciano Maiani, allora presidente dell' Istituto nazionale di fisica nucleare, aveva voluto che gli scienziati italiani partecipasser o all' impresa. Alla guida chiamava il professor Evandro Lodi Rizzini dell' Università di Brescia che ha poi coordinato il gruppo italiano sino all' anno scorso. Nel bianco edificio della facolta di ingegneria ora ha intorno a sé un team di sei speci alisti. Ma pure Rizzini ha un passato pavese avendo studiato al Collegio Ghislieri e insegnato all' Università della stessa città prima di approdare agli inizi degli anni Ottanta nell' ateneo della "Leonessa d' Italia". "Ho amato la fisica - racconta Rizzini - sin da quando bambino mio padre mi portava alla biblioteca dei ferrovieri di Cremona dove eravamo sfollati da Milano". Anche per il professore bresciano, dopo le esperienze nei centri italiani dell' Istituto nazionale di fisica nucleare, c ' era lo sbarco nella fucina europea del Cern di Ginevra. "Con il risultato conquistato - dice Rizzini - potremo finalmente affrontare una nuova fisica capace di rivelarci una dimensione diversa della nostra realtà". Giovanni Caprara UNIVERSITA' IN V ETRINA PAVIA La tradizione All' Università di Pavia, una delle più antiche d' Italia, sono iscritti 23mila studenti. Tremila vivono nei quattro collegi storici o nelle 17 residenze dell' Isu. La sede è in Strada Nuova 65. A Pavia è attivo anche l' Is tituto universitario di studi superiori: offre agli studenti, ma anche ai dottorati, una serie di corsi interdisciplinari, complementari a quelli delle singole facoltà. Informazioni sul sito www.unipv.it BRESCIA Le offerte L' Università degli studi d i Brescia ha sede in piazza del Mercato 15, tel. 030.29881, sito www.unibs.it. Sono allestiti corsi nell' ambito delle facoltà di Economia, Ingegneria, Medicina, Giurisprudenza. Le novità di quest' anno sono costituite da due corsi di laurea in Opera tore giuridico d' impresa e Consulente del lavoro nella Facoltà di Giurisprudenza e in cinque nuovi corsi a Medicina ______________________________________________- Corriere della Sera 20 settembre '02 LA FORZA SEGRETA DELLA COLLABORAZIONE Risultati che sono arrivati grazie agli investimenti fatti nel settore della Fisica Schmid Roberto La grande soddisfazione di fronte al fatto che tra i ricercatori che hanno collaborato all' esperimento Athena figurino docenti e ricercatori del Dipartimento di Fisica nucleare e teorica dell' Università di Pavia si collega alla scelta dell' ateneo pavese di potenziare la ricerca, in particolare il settore della Fisica. Va in questa direzione una serie di interventi mirati, tra i quali la realizzazione di un nuovo laboratorio per ricerche multidisciplinari, ivi incluso un nuovo tipo di propulsi one spaziale proposto da Carlo Rubbia per l' esplorazione planetaria. All' attività di questo laboratorio potrebbero partecipare altre Università e le principali Agenzie di ricerca. Proprio questo tipo di collaborazione ha consentito di lavorare su importanti programmi internazionali di ricerca che hanno già prodotto ottimi risultati. Cito fra tutti la realizzazione e il collaudo di grandi rivelatori di particelle. Quella di oggi è una scoperta di assoluta rilevanza scientifica. L' eccellenza de i risultati raggiunti in questo caso conferma che in molti settori della ricerca l' Ateneo pavese occupa posizioni di assoluto prestigio internazionale testimoniate dalle collaborazioni con i più qualificati centri di ricerca di tutto il mondo ; dai riconoscimenti attribuiti ai ricercatori pavesi e dal richiamo esercitato dall' Università di Pavia nei confronti di scienziati italiani e stranieri. *Rettore dell' Università di Pavia ______________________________________________ La Nuova Sardegna 20 settembre '02 CAGLIARI: ALL' UNIVERSITÀ ESAME DI DIRITTO PER FARE IL PATOLOGO CAGLIARI. Che cos'è il diritto soggettivo? Il criterio di pubblicità costituisce una articolazione di che tipo? Che cosa si intende per sospensione cautelare ad opera del giudice amministrativo? Ed ancora: è ammesso nel nostro ordinamento la proprietà privata delle strade? Questi sono solo alcuni dei sessanta quiz proposti ieri mattina in un concorso universitario per il passaggio di categoria. Tutto normale, si potrebbe pensare: si tratta di un esame per amministrativi che operano nel settore del diritto amministrativo. Invece no, le domande accennate sono state poste a settanta tecnici che hanno tentato di passare a un livello superiore, ma che non hanno niente a che fare col diritto amministrativo. Le categorie interessate e accorpate agli stessi quiz riguardavano l'area tecnico scientifica elaborazione dati, l'area servizi generali ausiliari tecnici, l'area funzionale tecnico scientifico e quella socio sanitaria. "Il buon senso - afferma Paolo Pani, professore ordinario di patologia generale - dice che i quiz dovrebbero essere funzionali alle materie di cui il tecnico si deve occupare. Ad esempio, un mio collaboratore, Sergio Laconi, tecnico di un laboratorio di patologia, ha fatto il concorso per il passaggio di categoria nell'area funzionale socio sanitaria; e si è trovato questi quesiti". Il professor Pani precisa anche di prendersi "tutte le responsabilità di questa denuncia". Non è possibile, continua Pani, "che un tecnico di laboratorio come Sergio Laconi, laureato in medicina, biologo molecolare con otto anni di esperienza a Chicago e 27 pubblicazioni, debba rispondere a 60 quesiti di diritto amministrativo. Pazzesco. Guardando quei quiz inizio a preoccuparmi. Ho provato a leggerli, ma temo che non ne azzeccherei nemmeno uno: non è che adesso retrocedono anche me... E io che avevo sempre pensato che per fare il tecnico di un laboratorio di patologia generale occorressero altre conoscenze...". ______________________________________________ L'Unione Sarda 17 settembre '02 MEDICINA: TEST D'AMMISSIONE INGIUSTI! Chiedo aiuto a voi giornalisti perchè portiate a conoscenza di tutti i cittadini la rabbia, il disgusto e l'impotenza di coloro che si trovano o si troveranno nella stessa mia situazione, per aver subito un grave danno dallo Stato al quale pago e paghiamo regolarmente le tasse per servizi inesistenti. Mi chiamo Anna Mereu e non sono nè un medico nè sono imparentata con nessun personaggio "famoso"; questo, in una società civile, non sarebbe o comunque non dovrebbe rappresentare un problema. Ma, purtroppo ancora una volta non è così. So di non dire nulla di nuovo tuttavia mi sento in dovere, non solo in quanto madre ma anche in quanto cittadina, di denunciare pubblicamente un episodio di continuata ingiustizia perpetrato nell'ambito della "pubblica istruzione". Ho una figlia di 18 anni che, dopo aver brillantemente superato l'esame di maturità scientifica col massimo punteggio e dopo esser stata segnalata dalla sua stessa scuola come candidata al premio di migliore alunna d'Italia per l'eventuale consegna della "medaglia" da parte del nostro Presidente della Repubblica", ha deciso di iscriversi alla facoltà di Medicina di Cagliari. Ciò detto, essendosi la stessa facoltà (pubblica) arrogata il diritto di rendere possibile l'iscrizione solo dopo il superamento di uno "pseudoesame" finalizzato ad appurare la preparazione dello studente i ben due ore!, mia figlia è risultata "non idonea" avendo riportato un punteggio di poco inferiore a coloro che, invece, sarebbero stati considerati idonei....E, fin qui, non ci sarebbe nulla di male (a parte il fatto che l'istruzione, dietro corresponsione di salate tasse universitarie, dovrebbe essere garantita da uno Stato che si definisce democratico e civile). Ma, il vero problema nasce dalla scelta del sistema di meritocrazia stabilito per l'accesso in questa facoltà. E' dunque meritocrazia eliminare uno studente che ha sempre dimostrato capacità e devozione per lo studio? E' un test di due ore che può stabilire se, in futuro, sarà o meno un buon medico? E' forse un test organizzato senza garanzie di giustizia e di correttezza a poter decidere del suo futuro? Come posso, se mai volessi anche accettare questo sistema troglodita di selezione, avere la garanzia che i compiti di "tizio" non siano stati "manomessi" in bene o in male, onde poter favorire qualcuno e discapito di altri? E allora vorrei vedere scritto sul giornale della mia città che una ragazza intelligente, con un curriculum scolastico eccellente, segnalata dal suo stesso Istituto (Liceo scientifico Alberti di Cagliari) come la migliore alunna, è stata scartata dalla facoltà di medicina ed ancora vorrei che qualcuno mi facesse capire se ad essersi sbagliati, nel valutare mia figlia, siano stati i numerosi professori "pubblici" delle scuole medie e del liceo che, all'unanimità, l'hanno giudicata eccellentemente o il test di ammissione proposto dai Baroni della facoltà....a cui non è interessato minimamente sapere quale fosse il parere dei loro colleghi nei confronti di questo o quello studente. Non abbiamo armi per difenderci...e questa la chiamano democrazia!!!! Aggiungo inoltre che sono convinta, e non solo in quanto madre, che, rifiutando mia figlia, abbiano perso un futuro e bravo medico, di cui credo abbiamo bisogno tutti, e non solo viceversa. Vi ringrazio per l'attenzione. mereu anna (annanickname@hotmail.com) ______________________________________________- L'Unione Sarda 21 settembre '02 TAGLI A SCUOLE E MINISTERI, BLOCCO DELLE ASSUNZIONI ROMA Riduzione dei giorni di degenza per favorire la riduzione delle liste di attesa per i servizi ospedalieri; blocco delle assunzioni a tempo indeterminato per i dipendenti pubblici; ma anche riduzione del 10% delle spese per l'acquisto di beni e servizi di ministeri, enti pubblici, enti previdenziali. E poi, il maestro unico nelle scuole elementari, il "taglio" dei dipendenti delle scuole. Il conto alla rovescia per la messa a punto della finanziaria è iniziato e il ministero del Tesoro ha già messo a punto una prima bozza di provvedimento relativo ai tagli alla spesa. Blocco assunzioni. Blocco delle assunzioni "a tempo indeterminato" nella Pubblica Amministrazione e, per particolari esigenze di servizio non dilazionabili, il tetto di spesa previsto è di 200 milioni di euro lordi a regime. Per gli enti locali che abbiano rispettati i criteri del patto di stabilità interno le eventuali nuove assunzioni devono essere contenute "entro percentuali variabili tra il 25% e il 50%" delle uscite". È inoltre prevista l'emanazione di ulteriori norme per accelerare i processi di mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni". Per i rinnovi dei contratti pubblici saranno previsti 765 milioni di euro. Sanità. Le Regioni dovranno garantire meno giorni di degenza per assicurare più contenute liste d'attesa e monitorare le prescrizioni mediche sul proprio territorio, come prevede il Patto di Stabilità interno sottoscritto nel giugno scorso con il Tesoro. Il rapporto posti letto/abitanti è definito a 5 per 1.000 abitanti. I direttori sanitari di ospedali e di Asl che sono in rosso decadranno automaticamente. Ministeri. La Finanziaria prevede che l'acquisto di beni e servizi da parte dei ministeri venga ridotto del 10%. L'ammontare finirà comunque in un fondo che potrà essere attivato solo per "sopravvenute maggiori esigenza di spesa per consumi intermedi". Anche gli enti previdenziali dovranno ridurre le proprie spese per l'acquisto di beni e servizi "in misura non inferiore al 10%". I comuni, le province e le regioni dovranno migliorare il proprio "saldo finanziario" per il 2003 del 3,1% rispetto al 2001. Tagli alla scuola. Riduzione delle classi (con il numero di alunni che salgono da 29 a 30) e ritorno della figura del maestro prevalente, tagli del 40% dei fuori ruolo e del 20% del personale ausiliario, mentre il rapporto fra insegnate di sostegno a portatori di handicap e alunni è fissato a uno per 145 alunni della provincia. Ritorna "il maestro": l'insegnamento "è impartito dal maestro prevalente". Mezzogiorno. Le somme previste nei vari capitoli di Stato per incentivare imprese nella promozione di investimenti e per la creazione di posti di lavoro, soprattutto nel Mezzogiorno, saranno inseriti in appositi fondi rotativi. Questi non conterranno le risorse destinate a interventi cofinanziati dall'Ue. ========================================================= ______________________________________________- Il Sole24Ore 16 settembre '02 LA SFIDA D'AUTUNNO COMINCIA DAI MEDICI Sara Todaro La querelle sulla riforma del rapporto di lavoro dei medici pubblici che cova sotto le ceneri. Il Piano sanitario a un passo dall'esame, sei mesi dopo il suo varo in Consiglio dei ministri. La mina del federalismo pronta a esplodere. La procreazione assistita che continua a spaccare trasversalmente tutte le forze politiche. E poi un pacchetto di leggi in cantiere - dalle medicine non convenzionali all'erboristeria, dalla salute mentale agli anziani non autosufficienti - che premono nei cassetti delle commissioni. In attesa del testa a testa sulla Finanziaria 2003, la battaglia parlamentare sull'assistenza sanitaria è destinata a scoppiare fragorosamente fin da questa settimana con le Camere che riprendono a pieno ritmo i lavori inaugurando un "autunno sanitario" come sempre caldissimo. Le due commissioni addette alla nostra salute (Affari sociali a Montecitorio, Igiene e sanità a Palazzo Madama) hanno ormai preparato l'agenda dei lavori. Con menu che divergono fortemente nei piani di maggioranza e di opposizione, soprattutto sulle grandi scelte e sulle strategie politiche di fondo. Medici. Deputati e senatori di Centro-destra e di Centro-sinistra stanno già affilando le armi. E non mancano le sorprese. Come anticipa Antonio Tomassini (Fi, presidente della commissione al Senato): "Non capisco fino in fondo gli ostacoli al Ddl di riforma dei medici pubblici presentato a Palazzo Chigi dal ministro Sirchia. Quelle misure rappresentano un preciso impegno preso dalla maggioranza nel suo programma elettorale. Se non ci saranno novità - attacca Tomassini - del problema ce ne occuperemo presto in commissione con le misure già al nostro esame. Cancellando l'irreversibilità della scelta per il rapporto esclusivo e liberando le possibilità di carriera per tutti". Un messaggio politico in piena regola, quello di Tomassini. Anche perché del capitolo-medici vorrebbe occuparsi in prima battuta anche la Camera, dove una "corrente di pensiero" in Forza Italia punta pure in tempi rapidi a un Ddl "asciutto" del Governo. Poi in Parlamento si vedrà che fare, Regioni permettendo. Regioni. Il versante dei governatori è una delle spine nel fianco del Parlamento. Di federalismo - la devolution tanto cara a Bossi, ma anche l'applicazione della riforma costituzionale voluta dall'Ulivo - se ne occuperà da subito ancora il Senato. "Vanno chiariti al più presto i poteri di Stato e Regioni, evitando le zone d'ombra della legge del Centro-sinistra. Io credo sia necessario un centro che dia indicazioni generali, controlli e riequilibri le varie frantumazioni", mette in guardia ancora Tomassini. "Siamo assolutamente contrari alla devolution che vorrebbe il Governo - controbatte invece Giuseppe Mascioni (Ds), vice presidente di commissione al Senato -. Consegnando alle Regioni il potere esclusivo sulla sanità, si metterebbe seriamente a rischio l'omogeneità delle prestazioni". E sulla riforma dei medici, Mascioni rincara la dose: "Solo grandi annunci, le solite mosche cocchiere del Governo. I medici sono con noi". Piano sanitario e altro. Di questioni "pesanti" su cui confrontarsi, del resto, maggioranza e opposizione ne troveranno a manciate in Parlamento. Anche alla Camera, infatti, si annunciano grandi novità. Giuseppe Palumbo (Fi, presidente della Affari sociali) è pronto a calare un asso: l'avvio del dibattito sul Piano sanitario 2002-2004, su cui sempre le Regioni hanno fatto pressing. "Il Piano ha avuto un iter travagliato. Ma ora abbiamo ricevuto le osservazioni della Stato-Regioni e da ottobre avvieremo la discussione. È il capitolo nevralgico da affrontare perché tocca i punti strategici del cambiamento annunciato dal Governo". Ma ancora la riforma dell'assistenza psichiatrica ("non riapriremo i manicomi") come la precisa codificazione delle medicine non convenzionali ("Vanno tutelati i malati da truffe e false illusioni"), assicura Palumbo, saranno materia calda per la Camera. Se la maggioranza preme, il Centro-sinistra anche a Montecitorio non è disposto a stare a guardare. L'ex ministro Rosy Bindi (responsabile per la Margherita) ribatte punto per punto: "Il Piano sanitario? Non c'è, se ne sono perse le tracce da mesi e le Regioni lo hanno duramente contestato. La verità è che tutte le grandi riforme annunciate dal ministro Sirchia non sono andate in porto. Non esistono. E questo vuoto politico sta provocando l'indebolimento del servizio pubblico. Si pensa a razionare, non a razionalizzare. E intanto si fanno le fortune dei privati". Parole secche e decise. Con una promessa: "Presenteremo un emendamento alla prossima Finanziaria per portare i fondi del Ssn al 7% del Pil". Chissà Tremonti come la pensa... Roberto Turno ______________________________________________- Il Sole24Ore 16 settembre '02 LA SANITÀ PUNTA SU PARTNERSHIP Rachele Nocera Sono sempre più diffuse, al Nord come al Sud, formule innovative di partnership pubblico-privato con l'obiettivo di aumentare la qualità del servizio sanitario contenendo i costi di gestione. A Volterra la Usl 5 di Pisa di fronte al bivio tra chiusura o riconversione del locale presidio ospedaliero ha imboccato decisamente la strada della sperimentazione gestionale. Una società mista a prevalente capitale pubblico - la Auxilium Vitae Volterra Spa - gestisce ora il Centro clinico multispecialistico, un polo riabilitivo di eccellenza che ha valorizzato il patrimonio immobiliare esistente trasformando l'ex ospedale in una struttura di riferimento per tutto il territorio nazionale. Il coinvolgimento degli Enti locali che insieme alla Usl detengono il capitale di maggioranza della società, l'appoggio della Regione e la rilevante partecipazione azionaria della Fondazione legata all'istituto di credito cittadino hanno garantito le risorse necessarie alla realizzazione del progetto. A tre anni dall'avvio delle attività il polo sanitario ha chiuso i bilanci in attivo realizzando importanti economie di gestione. Ma il risultato più rilevante è sicuramente la salvaguardia del patrimonio pubblico di strutture, professionalità e know how che la sperimentazione ha consentito e, soprattutto, nella garanzia di servizi sanitari di qualità per il territorio e non solo. Più complesso il modello allo studio per la riorganizzazione del Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma che fa leva sia sulle esternalizzazioni delle attività no core che sulla introduzione di istituti privatistici di gestione. Alla base della sperimentazione è la definizione di un nuovo assetto istituzionale con la nascita di una fondazione di gestione partecipata dall'Azienda Policlinico, dall'ateneo e dalla Regione Lazio ma aperta all'ingresso di capitali privati, a cui affidare la gestione delle attività core e le funzioni di indirizzo e vigilanza. Prevista poi la costituzione di società miste a cui trasferire le attività non connesse alle prestazioni assistenziali e i servizi intermedi e la Fondazione dovrebbe, inoltre, promuovere la creazione di consorzi di ricerca, anche a prevalente controllo privato, per la progettazione e realizzazione di impianti ad alta tecnologia con l'affidamento diretto dei servizi di ricerca e sviluppo, consentito dalla normativa vigente. A Bari la sperimentazione ha interessato la gestione e manutenzione delle apparecchiature per la diagnostica con l'affidamento di queste attività ad un Servizio di Ingegneria Clinica esterno all'azienda che cura l'intero ciclo, dal controllo degli impianti al collaudo delle attrezzature all'aggiornamento del personale fino alla consulenza sulla predisposizione dei capitolati di acquisto. Soluzione vantaggiosa per l'azienda da molti punti di vista: sia in termini di riduzione dei costi sia per il maggior controllo sulla gestione degli interventi di manutenzione prima affidati a una pluralità di ditte esterne. Le sperimentazioni stanno dando risultati dovunque positivi ma non mancano le criticità. La Commissione per le innovazioni gestionali dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, tracciando un primo bilancio, ha rilevato alcuni nodi irrisolti nel rapporto pubblico-privato: la scarsa propensione del sistema pubblico al rischio di impresa a cui fa da contraltare la diffidenza dei privati verso la Pa ma anche perplessità sullo status del personale da conferire ai nuovi soggetti giuridici, con il manifesto timore che il pubblico possa "scaricare" sulle società miste le proprie inefficienze. ______________________________________________ L'Unione Sarda 16 settembre '02 UN GARANTE PER TUTELARE IL DIRITTO ALLA SALUTE DEI SARDI Un garante che salvaguardi il diritto alla salute e restituisca ai cittadini la fiducia nelle istituzioni sanitarie. È la richiesta contenuta in una proposta di legge che ha come primi firmatari il presidente della Federazione regionale degli Ordini dei medici Pierpaolo Vargiu e quello dell'Ordine provinciale di Cagliari Raimondo Ibba. L'iniziativa, firmata da 28 consiglieri regionali appartenenti a diverse aree politiche, è stata presentata a Cagliari. L'obiettivo è quello di introdurre nell'ordinamento regionale una figura simile a quella del Difensore civico ma con competenze specifiche in campo sanitario e dotata di potere sanzionatorio nei confronti delle Asl e delle aziende private accreditate con il Sistema sanitario regionale. Come ha spiegato Pierpaolo Vargiu, il Garante della salute dovrà intervenire sulla base delle segnalazioni dei cittadini o su sua iniziativa, in stretta collaborazione con le associazioni di volontariato. Tra l'altro, in base alla proposta, l'ufficio del Garante sarà dotato di una struttura stragiudiziaria competente a dirimere le liti in materia medico-legale. L'innovativa proposta arriva all'indomani dell'approvazione, da parte della Commissione sanità, del testo di legge sull'Agenzia della Sanità, l'organismo tecnico-scientifico che dovrà affiancare il Governo regionale per migliorare la qualità della salute. La figura del Garante della salute è tuttora sconosciuta sia in Italia che in Europa e, ha evidenziato Raimondo Ibba, ha lo scopo di rendere il servizio sanitario più efficiente e funzionale alle esigenze dei cittadini. Per il funzionamento dell'ufficio la proposta prevede una spesa di 500mila euro all'anno. ______________________________________________- Corriere della Sera 19 settembre '02 SANITÀ, CONTI IN ROSSO PER I LABORATORI DI ANALISI Rischiano la chiusura numerose aziende private: la Regione non paga i rimborsi per le prestazioni in eccesso Sono in difficoltà le strutture che lavorano soprattutto con i pazienti esenti dal ticket Mottola Grazia Maria MILANO - Conti in rosso per le strutture sanitarie private. Mancano oltre 150 milioni di euro di rimborsi da parte della Regione per ripianare i bilanci di circa 300 aziende lombarde accreditate che effettuano prelievi, radiografie, trattamenti fisio terapici, risonanza magnetica. Se i soldi non arriveranno, i centri rischiano la chiusura. Ma l' assessore regionale alla Sanità, Carlo Borsani promette che "sarà possibile trovare una soluzione". La trattativa potrebbe cominciare già il 23 settembre , nell' incontro fissato al Pirellone. Ma, nonostante la possibilità di dialogo, la preoccupazione tra gli addetti ai lavori non cala. A tariffe basse, con tempi di attesa brevissimi, le strutture private convenzionate svolgono solo esami erogati die tro presentazione di ricette mediche. Nel 2001, però, le prestazioni ambulatoriali hanno sfondato il tetto massimo stabilito dal budget regionale, e il Pirellone, secondo quanto prevede il contratto di convenzione, ha provveduto all' abbattimento del la spesa, negando in percentuali che vanno dal 15 al 25 per cento, il pagamento delle analisi in eccesso. Una prospettiva pericolosa per la maggior parte delle aziende, che nel breve periodo, temono il fallimento. "E' assurdo quanto sta succedendo - spiega Valeria, titolare di un poliambulatorio vicino a Bergamo -, da un lato la Regione ci impone di lavorare rispettando i tempi di attesa, dall' altro ci penalizza se il fatturato sale; nello stesso tempo, però, non possiamo respingere le richiest e di analisi. Eppure due anni fa, quando sono cominciate le convenzioni, le premesse erano ben altre: la Regione ci aveva promesso un giro d' affari consistente, proprio nella previsione di un alto numero di prestazioni. Adesso, invece, si rifiuta di pagarle". L' incertezza di ricevere i rimborsi pesa ancora di più sulle strutture che effettuano esami su ultrasessantacinquenni e persone esonerate dal pagamento. Sono soprattutto laboratori di analisi e centri fisioterapici, dove la clientela cosi ddetta esente è pari a circa il 80-90 per cento. "Se non arrivano i soldi, chiuderemo" avverte Sandro, che gestisce un centro alle porte di Milano. "Ma prima di chiudere, daremo battaglia" precisa la moglie. Per adesso sono 75 i centri sul piede di g uerra. Riuniti sotto la sigla Aspri (tel. 02.76028196), e guidati dall' avvocato milanese Manlio Marino, promettono di impugnare il provvedimento regionale. Prossimo round: il 23 settembre. Grazia Maria Mottola ______________________________________________- L'Unione Sarda 21 settembre '02 BUSINCO: CENTRO D'ECCELLENZA CONTRO I TUMORI Un accordo tra Asl 8 e i privati consentirà di ammodernare anche il Microcitemico Per l'Oncologico in arrivo una valanga di finanziamenti Il "Businco" dovrà diventare il centro di riferimento per i malati tumorali non solo sardi, ma di tutto il centro-sud del Paese, mentre il Microcitemico sarà completamente ristrutturato. I progetti esistono, c'è un solo problema: mancano i soldi. Una difficoltà non da poco, visto che servono 60 milioni di euro per dotare l'Oncologico di nuove attrezzature, per di più ampliando il caseggiato, e fare il lifting al Microcitemico. Questo problema, all'Asl numero 8, pensano di averlo risolto con un nuovo strumento finanziario molto di moda, negli ultimi tempi, nella Sanità. Si chiama project financing, è una suddivisione della spesa tra pubblico e privato, che ricava il proprio tornaconto in altro modo. È un po' come per le autostrade: chi le costruisce, poi le regala allo Stato in cambio di lunghissimi contratti di gestione, e nell'incasso del pedaggio trova il proprio guadagno. Nel polo sanitario di via Jenner le cose non andranno proprio così, ma l'idea è la stessa: dopo aver sborsato poco più di un quinto dei soldi necessari per il progetto (il resto spetterà al socio), l'Asl 8 pagherà una rata annuale al partner privato, che otterrà anche la manutenzione delle apparecchiature e i cosiddetti "contratti di sponsorizzazione": ad esempio, potrà gestire gli spazi pubblicitari all'interno dei due ospedali, e gli incassi saranno sottratti dalla rata annuale. Qualcuno si è già fatto avanti: è la Siemens, azienda-leader nella produzione di apparecchiature sanitarie, che ha presentato un proprio progetto. Per la concorrenza c'è tempo fino alla fine del mese, quando scadrà la gara. Subito dopo inizieranno i lavori, con una precisazione: "Il socio privato ha tutto l'interesse di accelerare i tempi", sorride Efisio Aste, direttore generale dell'Asl 8, "perché prima conclude i lavori, prima inizia a guadagnare". Il direttore generale azzarda anche una data: cantieri aperti entro il 2002 e chiusi non più tardi del 2005. Burocrazia regionale permettendo, si capisce. Il progetto è molto ampio, tanto che è difficile riassumere i punti principali. Per quanto riguarda il Microcitemico, sono previste opere edili per circa dieci milioni di euro. Così come prevede la programmazione regionale, tutte le stanze dei piccoli degenti saranno dotate di un bagno indipendente e arriveranno anche locali per la socializzazione: "Lo scopo", spiega Aste, "è rendere meno pesante ai bambini il periodo di ricovero". Molto più complessa la parte di progetto riguardante il Businco, che nelle intenzioni dell'Asl 8 dovrà diventare un ospedale "d'eccellenza" tra i nosocomi oncologici di tutta l'Italia. A fare un enorme salto di qualità, se tutto andrà per il verso giusto, sarà soprattutto la Radioterapia. Nel reparto sono già in funzione due acceleratori lineari, l'Asl ha i fondi per acquistarne un terzo, mentre il quarto sarà "regalato" dal socio privato. Al Businco arriverà finalmente una risonanza magnetica, che ancora manca, ma il fiore all'occhiello saranno il ciclotrone e il Pet: attrezzature all'avanguardia (ne esistono cinque in tutto il territorio nazionale) per la diagnosi e la cura dei tumori. "I malati-pendolari non saranno più costretti ad emigrare nella Penisola", promette Efisio Aste, "e a Cagliari arriveranno i pazienti da altre regioni". Nell'attesa, all'Oncologico (da Trento) è arrivato il nuovo primario della Radioterapia, Maurizio Amichetti, e l'Asl sta cercando "altre figure professionali, tra cui fisici medici". Risolto un problema, se ne apre un altro: i locali che ospitano la Radioterapia, piccoli e oltretutto interrati, non possono contenere tutto quel "ben di Dio" tecnologico previsto dal project financing. È nata così l'idea (compresa nel progetto) di recuperare il caseggiato delle ex lavanderie del Businco, nel quale sarà trasferito l'intero reparto di Radioterapia, con un doppio vantaggio: l'ospedale avrà un nuovo padiglione e nei locali attualmente occupati dal reparto potranno essere sistemate altre strutture. È così, per usare le parole del direttore generale Aste, che l'Oncologico promette di diventare il centro di riferimento regionale per la diagnosi e la cura dei tumori. Luigi Almiento 21/09/2002 susanna manca, Cagliari mi chiedo come mai si voglia omettere una protesta delle mamme mia sorella ha mandato una lettera anche a voi. Sappiamo che i tempi di attesa per la nuova costruzione sono almeno di 2 anni e mezzo, e i bambini che stanno male ora cosa fanno? ripeto come ho scritto l'altro giorno le camere sono 5 più 3 ripostigli di scope, come voiavete scritto sono 200 bambini malati di tumori vari.Ieri si è tenuta una riunione per la casa famiglia: continuo a dire che stanno faccendo una buona cosa per la gente che viene da fuori, almeno anno un punto di riferimento,e soprattuto è una questione umanitaria (visto che essendo solidarietà sarà tutto gratis)e soldi ne partono a questa povera gente già sfortunata. ma a mio parere sarò ripetitiva se ci fosse un ospedale in grado di raccogliere più piccoli pazienti ( cioè più camere)non ci sarebbe tanto bisogno di preocuparsi più di tanto: le camere sono solo 5 e 3 ripostigli pieni di spiferi e senza nessuna norma igenica, ieri è stato promesso ad alcune mamme che avrebbero potuto usufruire del 4 piano,mandano il day hospital il 4 piano cosa risolvono? 5 camere e 3 sgabbuzzini, poveri piccini che hanno già la sfortuna di essere malati, mi dispiace solo dire che continuiamo a prenderci in giro ma non si tratta di prendere in giro noi; ma BAMBINI DI ANCHE UN ANNO MALATI DI NEUROBLASTOMA O LEUCEMIA. Vi chiedo di aitarci a chiedere ciò che è dovuto il diritto di almeno tentare di guarire. e parlo per tutti i bambini del 5 piano parcheggiati nel day hospital anche se sono in aplasia o con la febre se non ci sono più camere libere,perchè gia impegnate da altri 5 bambini sfortunati. Susanna Manca ______________________________________________- L'Unione Sarda 17 settembre '02 RADIOLOGIA, LE TECNICHE PIÙ RAFFINATE PER SCONFIGGERE LE MALATTIE Da domani a convegno per quattro giorni a Chia Laguna oltre duecento esperti provenienti da tutta Italia Malattie all'addome, all'apparato digerente, la sterilità maschile e femminile, i tumori alla prostata e all'ovaio. Paure quotidiane, problemi da affrontare, la lotta dei pazienti e dei medici per arrivare alla guarigione. Un campo estremamente vasto che interessa il mondo della "Diagnostica per immagine": e domani a Chia Laguna si aprirà un corso di aggiornamento sull'importanza del ruolo del radiologo, organizzato dall'istituto di Radiologia dell'Università cagliaritana diretto dal professor Giorgio Mallarini. Alla manifestazione parteciperanno oltre duecento professionisti provenienti da tutta Italia che affronteranno un approfondimento e un aggiornamento sulla diagnostica per immagini, che più di altri ha risentito dei positivi effetti della rivoluzione tecnologica, con apparecchiature sempre più sofisticate e in grado di fornire il più raffinato supporto alla terapia. E il congresso che partirà domani avrà proprio lo scopo - con i più importanti medici italiani della materia - di rispondere alle domande che riguardano i più frequenti mali dell'età moderna. Proprio la tecnologia ha permesso di sconfiggere innumerevoli malattie e il radiologo vede aumentare il suo peso nell'individuazione del male e nella diagnostica. Da una parte, quindi, la prevenzione, dall'altra l'individuazione del problema che permette poi la terapia adeguata. Il confronto di Chia Laguna tra i più importanti studiosi italiani può essere un contributo per fare il punto sulla situazione attuale e su un apporto di esperienze. Le scienze radiologiche sono adesso in grado di svelare cose che prima restavano nascoste e possono dare una risposta ai pazienti che hanno bisogno di cure. Il convegno durerà quattro giorni: vi partecipano tra gli altri numerosi direttori degli istituti di radiologia, tra cui Giulio Cesare Canalis (Sassari), Giovanni Simonetti (Roma), Giovanni Gandini (Torino), Antonio Rotondo (Bari). ______________________________________________- L'Unione Sarda 18 settembre '02 UN LEGAME TRA PESTICIDI E LA LEUCEMIA Nuove conferme per il legame tra pesticidi e leucemie nell'uomo. Particolarmente a rischio sembra essere l'esposizione agli insetticidi utilizzati in casa durante i primi mesi di vita del bambino. È quanto è emerso dallo studio condotto dalle università californiane di Stanford e Berkeley con il sostegno del Wwf . La ricerca dimostra chiaramente come i feti e i bambini siano i più sensibili e corrano i rischi maggiori. Sport e rischio infarto Attenzione a improvvisarsi campioni sportivi: in Italia l'11% dei casi di infarto sono dovuti proprio a situazioni fisico motorie eccessive. Mai fare sforzi bruschi e aggressivi, specie se non si è più giovanissimi: la morte cardiaca improvvisa è sempre in agguato e può colpire indifferentemente anche sui campi di calcio di periferia, nelle partitelle di tennis tra amici, così come nelle grandi manifestazioni internazionali. Lo rivela la ricerca sulle aritmie cardiache negli atleti (sia professionisti sia dilettanti) che Francesco Furlanello, consulente dell'Istituto policlinico San Donato di Milano, ha presentato durante un congresso sui problemi medici nell'attività sportiva. ______________________________________________- Le Scienze 20 settembre '02 LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA DIVENTA VIRTUALE Il modello potrebbe aiutare nella prevenzione delle malattie cardiovascolari Alcuni ricercatori dell'Università della California di Davis hanno messo a punto una simulazione al computer che mostra come le diramazioni e le curve delle arterie disturbano il flusso sanguigno e contribuiscono ai problemi cardiovascolari. Il modello è stato descritto sul numero di agosto della rivista "Journal of Biomechanical Engineering". In condizioni di riposo, il cuore pompa circa cinque litri di sangue al minuto. I vortici del flusso sanguigno determinano dove si depositano le placche di colesterolo, che danneggiano le arterie provocando diversi problemi. Il modello è stato elaborato da un team che comprendeva gli ingegneri meccanici Abdul Barakat e Harry Dwyer, la matematica Angela Cheer e i ricercatori Nader Shahcheraghi e Thomas Rutaganira, grazie alle immagini di tomografia assiale computerizzata dell'aorta, l'arteria più grande che trasporta sangue dal cuore. L'aorta esce dal cuore verso l'alto e si ripiega subito per trasportare sangue all'addome e alle gambe. Dalla sommità della piega si dipartono tre arterie principali, che portano il sangue alla parte superiore e inferiore del corpo e alla testa. Il modello mostra come il flusso viene influenzato dalle diramazioni e dalle curve. In particolare, si è visto che i punti pericolosi sono quelli dove il flusso oscilla continuamente avanti e indietro. La speranza dei ricercatori è che un giorno sia possibile riprendere immagini del'aorta dei pazienti, inserirle nel modello e vedere come effettivamente si comporta il flusso sanguigno, permettendo ai medici di stimare il rischio di malattie cardiovascolari. ______________________________________________- Le Scienze 19 settembre '02 RIDURRE I MELANOMI NEI MALATI DI TUMORE I ricercatori sono riusciti a iniettare ai pazienti nuovi linfociti T senza rigetto Una nuova terapia, che agisce sostituendo la maggior parte del sistema immunitario del corpo con cellule che combattono i tumori, ha dimostrato di essere in grado di ridurre le dimensioni dei melanomi di alcuni pazienti gravemente malati. I risultati dello studio clinico sono stati pubblicati sulla rivista "Science". La terapia si avvantaggia della capacità del sistema immunitario di condurre un assalto mirato su un intruso, e aiuta a rafforzare l'assalto moltiplicando il numero di cellule coinvolte. Questo approccio potrebbe funzionare anche per altri tipi di tumori e per alcune malattie infettive. A differenza di molti altri studi sui tumori, condotti sui topi, questo ha riguardato pazienti umani che non avevano ottenuto alcun giovamento dalle normali terapie. "Negli esseri umani - spiega Steven Rosenberg del National Cancer Institute americano, l'autore dello studio - è tutto più complesso. Ogni individuo, e ogni tumore, è diverso dagli altri, e tutto è più difficile". Il sistema immunitario produce linfociti T che attaccano le cellule tumorali, ma spesso non sono in grado di sconfiggere il tumore. In passato, i ricercatori avevano tentato di aumentare il numero dei linfociti prelevandoli dai pazienti stessi, inducendoli a moltiplicarsi in coltura e iniettandoli nuovamente, ma la tecnica si è dimostrata inefficiente. Sopprimendo il sistema immunitario del paziente per fare posto a nuove cellule, come si fa già per i trapianti, Rosenberg ha indotto le cellule trasferite a rimanere nel corpo, in modo da crescere e uccidere le cellule del tumore. In due casi, le cellule trasferite hanno ripopolato il sangue del paziente diventando dominanti. "È molto raro - afferma il ricercatore - ottenere un gran numero di linfociti T. Quando il corpo combatte l'influenza, è attivo forse soltanto il tre per cento dei linfociti T. In uno dei nostri pazienti, invece, abbiamo registrato l'attività del 90 per cento delle cellule per quasi quattro mesi". La ricerca ha riguardato 13 pazienti con melanomi in stadio avanzato che non avevano risposto alle cure tradizionali. Per garantire che fossero del "tipo" giusto, i linfociti T sono stati ricavati direttamente da campioni dei tumori. Prima di iniettare nuovamente le cellule, ai pazienti è stata somministrata una dose di chemioterapia per ridurre i rischi di rigetto. Pochi giorni dopo l'iniezione, in più della metà dei pazienti il numero di linfociti T osservato era aumentato considerevolmente. Ben sei pazienti, negli otto mesi successivi alla cura, hanno mostrato una riduzione fino al 95 per cento delle dimensioni dei melanomi. Gli altri quattro hanno mostrato una reazione mista, con la regressione solo di alcuni tumori. ______________________________________________- Le Scienze 19 settembre '02 L'ENZIMA CHE "ACCENDE" L'RNA La scoperta, avvenuta casualmente, potrebbe dare una risposta a una delle maggiori questioni della biologia molecolare Conoscere il genoma di un organismo è utile, ma ancora più importante è sapere da che cosa sono in realtà attivati i singoli geni. I biologi hanno tentato a lungo di scoprire gli stimoli che attivano l'acido ribonucleico (RNA), un componente chiave nell'espressione dei geni. Sulla rivista "Nature" appare ora un articolo di alcuni ricercatori dell'Università del Wisconsin di Madison, che sembra fornire la risposta. "Una delle più grandi questioni della biologia molecolare - afferma Judith Kimble dell'Howard Hughes Medical Institute - riguarda il modo in cui vengono controllati i geni. La nostra scoperta fornisce un pezzo importante di questo puzzle". All'interno del nucleo di ogni cellula si trovano i geni, che sono composti di DNA. Questa informazione genetica contiene tutte le istruzioni di cui la cellula ha bisogno per produrre le proteine, molecole che le permettono di svolgere funzioni speciali, come il trasporto dell'ossigeno da parte dei globuli rossi. Affinché avvengano queste attività cellulari, il DNA deve essere copiato in RNA, che trasporta le istruzioni all'esterno del nucleo nei mitocondri, dove le proteine vengono prodotte. Ma in questo processo qualcosa può andare storto: se l'RNA non viene attivato, spiega Kimble, "può essere sprecato o andare perduto. E se la cellula non presenta un particolare RNA, non avrà alcuna delle proteine che esso codifica". Studiando lo sviluppo embrionale di un microscopico verme, C. elegans, il gruppo di Kimble ha identificato due proteine, GLD-2 e GLD-3, che legate insieme formano un enzima in grado di attivare specifici RNA al di fuori del nucleo. La scoperta è stata compiuta per caso, mentre due ricercatori stavano studiando le due proteine singolarmente. A un certo punto si sono accorti che si legavano tra di loro e hanno immediatamente identificato la funzione dell'enzima risultante. ___________________________________________________ La Nuova Sardegna 21 settembre '02 UNA MUTAZIONE GENETICA CAUSATA DALLA MALARIA HA CREATO I CENTENARI RIMINI. Una particolare selezione genetica forse causata dalla malaria e che consiste anche nella carenza di un segnale chimico, è tra gli elementi che contribuiscono a creare l'eccezionale fenomeno di longevità tipico della Sardegna, dove si concentra un'altissima percentuale di centenari, 13,5 ogni 100mila abitanti contro i 7/8 dei Paesi occidentali. Nella zona di Nuoro questa concentrazione si caratterizza ancora di più, fino a toccare la quota straordinaria di 24 centenari ogni 100mila abitanti. Sono le novità scientifiche più rilevanti tra le molte presentate a Medlab, il congresso di Medicina di Laboratorio che si è chiuso ieri a Rimini. Ne hanno parlato in due relazioni ufficiali i ricercatori del gruppo Akea, l'ormai famosa equipe di scienziati italiani che dal '97 studia il processo di invecchiamento umano partendo proprio dal particolarissimo ceppo sardo, un fenomeno unico e noto in tutto il mondo. Fanno parte di Akea (dall'augurio sardo akent'annos), il responsabile professor Luca Deiana, il dottor Giovanni Pes e il dottor Ciriaco Carru, tutti dell'università di Sassari, il professor Claudio Franceschi dell'università di Bologna e la professoressa Giovannella Baggio, primario geriatra a Padova. La singolare concentrazione di centenari in Sardegna, hanno spiegato al congresso Franceschi e Pes, può essere dovuta a una particolare selezione genetica che la malaria ha provocato nei secoli, forse inducendo una mutazione del gene che regola l'enzima G6PD (glucosio-6-fosfato deidrogenasi). Ma se questo collegamento è un'ipotesi ancora da verificare, di certo, ecco la novità della ricerca, nei centenari l'enzima G6PD è carente in misura doppia rispetto alla popolazione normale. Questo deficit può provocare la distruzione dei globuli rossi a opera di farmaci o di particolari cibi come le fave (da qui il nome della malattia, favismo). Ma, per assurdo, sembra essere questo uno dei fattori che favoriscono il processo di invecchiamento. "È la prima volta nel mondo - ha aggiunto il professor Deiana - che si riesce ad accertare questa clamorosa differenza tra centenari e popolazione normale. Sembra peraltro che lo stesso dato si ripeta anche nella Beta-talassemia, la cosiddetta anemia mediterranea, come abbiamo spiegato al congresso. Ora si tratta di accertare i meccanismi genetici e molecolari che inducono il processo di invecchiamento". La distribuzione dei centenari nel territorio non è casuale, bensì si addensa in alcune zone geografiche. In Sardegna esistono, o sono esistiti, centenari in tutti i 377 Comuni. La ricerca di Akea ha ora individuato un'area di particolare concentrazione nel Nuorese dove è stata registrata un'incidenza di centenari pari a 24 ogni 100mila abitanti. ___________________________________________________ La Stampa 21 settembre '02 DNA MUTATO DALLA MALARIA "Il segreto della longevità" Il segreto della longevità? Una mutazione genetica dovuta alla malaria. Lo sostengono i ricercatori di Akea, un team di diverse università che, dal 1997, studia le cause della lunga vecchiaia "made in Sardegna". L'ipotesi è stata illustrata durante il congresso Medlab, sulla Medicina di laboratorio, chiusosi ieri a Rimini. "Una particolare selezione genetica, probabilmente causata dalla malaria - sostengono gli scienziati di Akea - contribuisce a creare l'eccezionale "proliferazione" di ultracentenari tipici dell'isola: 13,5 ogni 100 mila abitanti, contro i 7/8 della popolazione dei Paesi occidentali. La provincia di Nuoro, poi, fa segnare un record nel record". "La singolare concentrazione di centenari in Sardegna - hanno spiegato Claudio Franceschi, dell'università di Bologna, e il collega di Sassari, Giovanni Pes - può essere dovuta a una particolare selezione genetica che la malaria ha provocato nei secoli, forse inducendo una mutazione del gene che regola l'enzima G6PD (glucosio-6-fosfato deidrogenasi)". ___________________________________________________ La Stampa 19 settembre '02 UNA SPIA PER L´ALZHEIMER MEDICINA L´EVOLUZIONE DELLA RICERCA NEL CAMPO DELLA DEMENZA SENILE E´ POSSIBILE EVIDENZIARE GLI ACCUMULI DELLA PROTEINA CHE DISTRUGGE LE CELLULE NERVOSE OGNI anno in Italia, secondo un recente studio del Cnr, si riscontrano 120 mila nuovi casi di demenza nella popolazione oltre i 65 anni pari a un'incidenza dell´1,25%. Di questi, 80 mila sono di tipo Alzheimer, con un'incidenza maggiore tra le donne. Gli altri 40 mila casi vanno divisi tra demenza di origine vascolare e demenze di altro tipo. Tra i casi di Alzheimer solo un terzo viene diagnosticato precocemente e trattato con i farmaci già a disposizione. I metodi diagnostici più raffinati permettono di scoprire la malattia nei suoi stadi precoci o addirittura quando si hanno solo minimi segni di scadimento mentale, per lo più una perdita della memoria a breve termine. Questa popolazione, in parte di pre-Alzheimer, viene classificata di tipo MCI (minimal cognitive impairment). Stiamo parlando di almeno 100.000 mila persone. In alcune di queste la malattia insorgerà a distanza di 3-5 anni mentre altri si salveranno. Gli occhi dei ricercatori sono oggi puntati verso il gruppo MCI con la speranza di scoprire quali siano i fattori che causano il passaggio da disturbi della memoria alla malattia (il 30% degli individui MCI si convertiranno in pazienti Alzheimer). Combinando i risultati di test neuropsicologici mirati, della risonanza magnetica volumetrica che riesce a scoprire una diminuzione del volume di determinate parti della corteccia e i livelli di alcune proteine (beta- amiloide, tau fosoforilata) nel liquor cefalo-rachidiano, si può raggiungere una sicurezza diagnostica dell'85%. Tra i reperti più caratteristici riscontrabili post-mortem nel paziente c´è l'accumulazione della proteina beta-amiloide, che si ritiene sia tossica per le cellule nervose. Questa proteina viene prodotta nel cervello normale ma nel paziente tende ad aggregarsi sotto la forma di piccole placche, chiamate placche senili. Le placche senili segnano la progressiva distruzione delle cellule nervose. Chiaramente visibili al microscopio, sono uno dei segni diagnostici più sicuri della malattia. E' stato finora impossibile, anche mediante analisi molto sensibili del sangue o del liquor, rendersi conto dell'entità dei depositi di beta-amiloide nel cervello del paziente. La possibilità di misurare o addirittura "vedere" la distribuzione di beta-amiloide nel cervello sarebbe non solo un mezzo diagnostico diretto ma anche un criterio per valutare lo stadio della malattia. Bene: dopo il congresso mondiale sulla malattia di Alzheimer del luglio scorso a Stoccolma, le possibilità diagnostiche potrebbero essere radicalmente cambiate. Un derivato dell'anilina chiamato PIB (phenil-idro-benzotiazolo) si lega strettamente alla beta-amiloide. Il PIB, se iniettato nel sangue, passa facilmente nel cervello colorando le placche senili. Utilizzando il PIB con un isotopo radioattivo del carbonio si possono anche marcare le placche senili nel cervello dell'individuo vivente (ad esempio nel paziente Alzheimer) e renderle evidenti mediante una tomografia a emissione di positroni (Pet). Mediante una serie di studi compiuti nella scimmia (il cervello della quale produce una beta-amiloide molto simile a quella umana) si è accertata una bassa tossicità delle microdosi di PIB e si è definita con precisione la sua distribuzione nel cervello. Questi esperimenti hanno permesso di passare all´applicazione del PIB nell'uomo. Uno studio clinico risultante dalla collaborazione di tre centri, due in Svezia a Uppsala e a Stoccolma e uno in Usa a Pittsburgh, ha potuto mostrare per la prima volta delle foto della localizzazione della beta-amiloide nel cervello umano di cinque persone non colpite dalla malattia e di nove pazienti di Alzheimer. La differenza risulta molto chiara sia per la quantità nei depositi sia per la distribuzione della beta-amiloide. Se con il PIB si inietta un marcante radioattivo come il fluoro-desossi-glucosio, è possibile rendersi conto allo stesso tempo del consumo di energia delle parti del cervello già invase dalla malattia. Come previsto, la localizzazione principale della beta-amiloide marcata con il PIB è rappresentata dalle cortecce frontali e temporo-parietali. Ciò dimostrerebbe direttamente l'effetto dannoso dell´accumulo della beta- amiloide sul metabolismo energetico cerebrale (consumo di glucosio) e di conseguenza sul funzionamento delle cellule nervose. Pare dunque che la sostanza tracciante PIB messa in evidenza dalla tecnica Pet rispecchi fedelmente le condizioni della malattia. Se confermato, la tecnica PIB-Pet potrà essere utilizzata tra breve in centri specializzati non solo per la diagnosi precoce e la valutazione dello stadio della malattia ma anche per studiare gli effetti sia delle attuali terapie stabilizzanti sia di quelle miranti a ridurre l'accumulo della beta-amiloide cerebrale (eliminazione della sostanza mediante immunizzazione, dissoluzione della beta-amiloide o rallentamento della produzione) attualmente in studio. Ezio Giacobini