MISTRETTA: PER IL 2003 PIÙ TASSE, MENO SERVIZI MISTRETTA: SERVONO DUE MILIONI DI EURO TASSE MISTRETTA: "LA REGIONE CI DICA SE INTENDE INVESTIRE NELLA FORMAZIONE" MISTRETTA MINACCIA LO SCIOPERO CONTRO BERLUSCONI NASCE UN PARTITO TRASVERSALE A SOSTEGNO DELL’ATENEO SCIENZE DELLA FORMAZIONE: «COL BOLLINO ROSSO VOGLIONO TAGLIARCI I FONDI» E LE IMPRESE PESCANO NEGLI ATENEI D’ECCELLENZA AGRO’:«TAGLI ALLA RICERCA O AGLI STIPENDI DEI DOCENTI» LETTERE: INCORAGGIATI I MEDIOCRI SEMPRE PIÙ ALTO IL NUMERO DEGLI STUDENTI-LAVORATORI NELLE UNIVERSITÀ ITALIANE. CAGLIARI: I “NUOVI POVERI” SONO FIGLI DELL’EURO ITALIANO È BELLO: LA NOSTRA LINGUA NELLA CINQUINA VINCENTE COME INBROGLIARE I FILOSOFI =========================================================== SANITÀ, NEGLI OSPEDALI CINQUE POSTI LETTO OGNI MILLE ABITANTI ANAAO-ASSOMED: RAZIONALIZZARE LA SANITÀ SENZA LICENZIARE NUOVI TICKET SU VISITE SPECIALISTICHE E DIAGNOSTICA E’ DI MODA IL MEDICO-EROE AL POLICLINICO I GIOVANI DOTTORI IMPARANO ANCHE AD AMARE I MALATI ASL8: LA SANITÀ A PORTATA DI TELEFONO LO SPECIALISTA? BASTA UNA TELEFONATA ASL8: VISITA OCULISTICA? SÌ, MA NEL 2003 TRA DUE MESI I MEZZI PUBBLICI PER IL POLICLINICO UNIVERSITARIO INTERVENTO D'AVANGUARDIA AL MARINO DI CAGLIARI LA PANCREATITE NON PIÙ MALATTIA SOLO MASCHILE SEQUENZIATO IL GENOMA DELLA ZANZARA CHE PROVOCA LA MALARIA NUOVA TECNICA PER ZITTIRE I GENI ORTOPEDIA D'AVANGUARDIA A CAGLIARI ALLARME INFEZIONI IN CORSIA PIÙ MORTI CHE SULLE STRADE =========================================================== __________________________________________________________________________ Unione Sarda 5 ott. ’02 MISTRETTA: PER IL 2003 PIÙ TASSE, MENO SERVIZI Università. Illustrata dal rettore Pasquale Mistretta la bozza del documento contabile per il 2003 Più tasse, meno servizi Gli studenti: «Proposta provocatoria e inaccettabile» Non erano maldisposti, gli studenti. Quasi tutti si erano rassegnati a pagare più tasse dopo otto anni di tregua. Chiedevano, in cambio, l’impegno a potenziare i servizi (più biblioteche, più aule, più appelli) e a ridurre gli sprechi. E l’accordo con il rettore giovedì sembrava a portata di mano (aumenti lievi per tutti fuorché per i redditi da 41 mila euro in su) tanto che, mentre era in corso il consiglio di amministrazione, girava voce che Pasquale Mistretta stesse per chiedere il voto (non previsto) sulla sua proposta di regolamento delle tasse e dei contributi. Poi, a sorpresa, il colpo di mano: il rettore propone l’introduzione dei contributi di facoltà (uguali per tutti), ma soprattutto illustra ai 20 del cda la bozza di bilancio di previsione. E che cosa prevede? Tagli ai servizi agli studenti. Uno schiaffo. Seguono mugugni. Il dialogo, sino ad allora fluido, si fa gelido. I cinque rappresentanti degli studenti sbottano: «Proposta provocatoria e inaccettabile». I nove docenti, gratificati da un aumento contrattuale che pesa sul bilancio per oltre 5 milioni di euro, non battono ciglio (contestano, semmai, una eccessiva autonomia del rettore nella trattativa con gli studenti), i tre componenti del personale tecnico e amministrativo (anch’essi con una busta paga più pesante di 3 milioni) esprimono qualche riserva, quelli del ministero e della Regione sono con il rettore (con qualche distinguo). «Da una parte ci tolgono i soldi poi pretendono che li rimettiamo dall’altra parte, con le tasse», sbotta Gianfranco Moro, Uniti e liberi. «Ma c’è anche un altra verità», rivela Fabiola Nucifora: «ci vogliono usare per coprire il buco in bilancio lasciato dalla Regione che deve all’università 15 miliardi di lire per il policlinico». Provocazione, dunque. E come altro si potrebbe definire il taglio del fondo per il miglioramento dei servizi agli studenti che passa da 994 mila euro dell’anno scorso a 150 di quest’anno che, per spiegarla in lire, significa passare da 1,8 miliardi a 300 milioni. Massacrati anche i fondi per i programmi di studio all’estero (Erasmus, Socrates, Leonardo) che precipitano da 1,1 milioni di euro a 244 mila, le borse di studio e dottorati di ricerca che erano 4,8 milioni di euro quest’anno e l’anno prossimo non supereranno il milione e mezzo, i trasferimenti alle rappresentanze studentesche ridotti della metà (da 97 a 50 mila). Alcune voci vengono azzerate: gli interventi per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti dei disabili (erano 120 mila euro), le borse per attività di ricerca e formazione, gli assegni di ricerca, le escursioni e i viaggi di istruzione degli studenti. Pasquale Mistretta si difende: «Ho proposto tagli alle spese voluttuarie», dice. Gli studenti, increduli, evitano commenti: «Parlano i fatti». E ribadiscono: «Se i tagli al bilancio saranno confermati congeliamo gli aumenti per un anno in attesa dei fondi del ministero che aumenteranno con la diminuzione dei fuori corso. Poi facciamo un documento, firmato da tutto il cda, per chiedere alla regione un fondo speciale per l’università». Su questo c’è un minimo di condivisione mentre il Collettivo studenti a sinistra ribadisce il no: a rincari e tagli. Il rettore, per ora, conferma tutto ma promette razionalizzazione e guerra agli sprechi: «Faremo una verifica semestrale della produttività dei singoli corsi di laurea e dell’attività dei docenti, individueremo percorsi mirati per gli studenti a tempo parziale, garantiremo sessioni ed esami flessibili, ridurremo supplenze e contratti all’indispensabile, apriremo di più le biblioteche di facoltà». Gli studenti sono irremovibili: «Se prima del prossimo incontro col rettore non ci sarà un passaggio formale con la Regione, il nostro voto sulle tasse sarà contrario». Mistretta, che lunedì proporrà al senato accademico un’ulteriore modifica dello statuto per garantirsi la rielezione per il quarto mandato consecutivo, chiosa: «Servono due milioni di euro. Non si scappa: con loro o senza di loro andrò avanti». Fabio Manca __________________________________________________________________________ Unione Sarda 4 ott. ’02 MISTRETTA: SERVONO DUE MILIONI DI EURO TASSE Cagliari Tasse: all’Università è rottura tra studenti e rettore Nuova rottura tra gli studenti universitari cagliaritani e il rettore. Ieri, nel corso della seduta del consiglio di amministrazione dell’ateneo, Pasquale Mistretta ha proposto un lieve aumento delle tasse e l’istituzione di un contributo di facoltà che varia da 35 a 50 euro. Contestualmente ha presentato la bozza del bilancio di previsione in cui sono previsti tagli ai servizi agli studenti. Una proposta definita "provocatoria e inaccettabile" che ha irrigidito i rappresentanti dei 38 mila studenti che ora - dopo un periodo di disponibilità a trattare - hanno deciso di assumere una posizione più intransigente. Per i prossimi giorni è previsto un nuovo incontro tra le parti per cercare una mediazione. Per Mistretta la proposta è ancora aperta, "ma servono due milioni di euro". Fabio Manca Università. Il rettore annuncia al Consiglio di amministrazione: servono due milioni di euro Tasse, gli studenti vanno alla guerra Contestati i nuovi contributi di facoltà e i tagli al bilancio L’accordo sembrava vicino ma i tagli al bilancio prospettati ieri da Pasquale Mistretta scavano un nuovo solco profondo tra gli studenti e il rettore. Ieri mattina, nel corso del consiglio di amministrazione, Mistretta ha prima illustrato la sua proposta di regolamento delle tasse e dei contributi ribadendo la necessità di reperire dalle tasche degli studenti 2 milioni di euro attraverso un lieve aumento delle tasse e l’introduzione del (contestato) contributo di facoltà, poi ha presentato la bozza di bilancio di previsione che prevede tagli ad alcuni servizi agli studenti. Un "ricatto inaccettabile" per i rappresentanti di Uniti e liberi (vicini a Cl) e Insieme per l’Università (Margherita) che hanno irrigidito la loro posizione avvicinandola a quella dei colleghi del Collettivo studenti a sinistra già contrari a qualunque ipotesi di aumento. Anche il consiglio si è diviso: se i 9 docenti, i 3 rappresentanti del personale tecnico e amministrativo, quelli del Banco di Sardegna e della direzione delle entrate hanno dato il loro sostegno di massima al rettore, gli altri hanno espresso perplessità. Ma i giochi non sono chiusi. Martedì prossimo le parti si incontreranno di nuovo per tentare di raggiungere un compromesso che studenti e rettore, nonostante tutto, cercano ancora. Mistretta (che ha convocato il prossimo cda per il 17 ottobre) vorrebbe siglare un protocollo di intesa che rafforzi il fronte universitario nella grande rivendicazione con Regione e Ministero per ottenere più fondi. Le nuove tasse. Il rettore, come annunciato, ha proposto un aumento di 8 euro per le fasce di reddito sino a 46 mila euro e di 258 euro per i redditi superiori. Significa che chi dichiara oltre 46 mila euro pagherà 774 euro di tasse e chi va oltre i 61.974 (120 milioni di lire) ne verserà 1032. I contributi di facoltà. È la principale novità della proposta del Rettore: i contributi di facoltà varieranno da 35 a 50 euro all’anno a seconda del "peso" degli studenti sul bilancio dell’Università. Gli iscritti a Giurisprudenza, Economia e Scienze politiche pagheranno 35 euro, chi studia Lettere, Filosofia, Scienze della formazione e Lingue ne verserà 40, cinque euro in più chi frequenta le facoltà di Ingegneria, Farmacia, Scienze matematiche fisiche e naturali, 50 per Medicina. Con l’aumento della tasse il rettore pensa di ricavare un milione di euro, altrettanti grazie ai contributi di facoltà. Ma - dice Mistretta - le mie proposte sono aperte ed emendabili, parliamone. I tagli. Nella bozza di bilancio di previsione illustrata ieri son previsti tagli agli stanziamenti per Erasmus, che passano da 1 milione a 240 mila euro, il Fondo per il miglioramento dei servizi agli studenti (da 1 milione a 150 mila), gli interventi per l’assistenza allo studio ai disabili (da 120 mila a zero), le borse di studio e i dottorati di ricerca (da 4,2 a 1 milione). Tagliato anche l’assegno di disagio. "Ci sono 6700 esenti e 5000 studenti che pagano il minimo", si giustifica il rettore. Replicano gli studenti: "Gli esenti sono troppi, meglio poco ma a più persone". Fabio Manca __________________________________________________________________________ Unione Sarda 29 ott. ’02 ANCHE MISTRETTA MINACCIA LO SCIOPERO CONTRO BERLUSCONI Malumori per il maggiore carico delle tasse Meno soldi per l'università CAGLIARI. "Se la Finanziaria taglierà le risorse per l'Università, l'Ateneo cagliaritano potrebbe perdere milioni di euro, con conseguenze gravissime per i servizi agli studenti". Parole allarmanti quelle del rettore Pasquale Mistretta, che dà voce alla protesta dei rettori di tutta Italia che minacciano le dimissioni qualora il governo non recuperi almeno 597 milioni di euro. In un documento redatto dalla Crui (Conferenza dei rettori delle Università italiane) e indirizzato a Berlusconi, ai ministri Moratti e Tremonti, i vertici accademici chiedono che si faccia fede agli impegni presi a luglio che prevedevano "un incremento delle risorse finanziarie destinate alle Università". Nella prossima Finanziaria, la promessa rischia di rimanere lettera morta. I tagli previsti renderebbero impossibile mantenere gli stessi "livelli di contribuzione studentesca e di diritto allo studio assicurati finora", con conseguenze gravissime per gli Atenei e in particolare per quelli periferici. Questi ultimi sarebbero costretti a cercare finanziamenti altrove. "Le università sono statali e pertanto non possono fallire - precisa Mistretta - ma un taglio così drastico le costringerebbe a sospendere o limitare i servizi. Dei soldi disponibili da noi, il 91 per cento è destinato agli stipendi per docenti e amministrativi, che vanno garantiti". Secondo il rettore cagliaritano la strada da seguire sarebbe quella degli investimenti privati, cosa peraltro difficile data la crisi dell'economia isolana. La conseguenza è che i costi andrebbero a gravare soprattutto sugli studenti con il taglio dei servizi e, non ultimo, "l'aumento delle tasse". A Cagliari, dove la protesta per l'annunciato aumento delle tasse universitarie si è già infiammata, il peso dei rincari potrebbe diventare ancora più gravoso. "Nella nostra università abbiamo una situazione particolare - sottolinea il Rettore -: le tasse sono ferme dal 1994, nonostante il costo della vita sia aumentato, ragion per cui qui non ha senso parlare di aumenti". Per le 40 mila famiglie degli studenti si prospettano, insomma, tempi di grandi sacrifici. "Abbiamo bisogno di soldi freschi, non statali - dice Mistretta - che ci permettano di compensare i tagli: recuperare i soldi persi non sarà impresa da poco". Se da una parte Mistretta assicura che comunque le fasce deboli saranno tutelate (pagheranno il minimo previsto per legge, 164 euro) dall'altra non nega che ad attendere l'università ci sono giorni neri. "La minaccia di dimissioni non servirà a niente - ammette Mistretta -. Tremonti davanti a un problema drammatico come il pareggio di bilancio non si lascerà intenerire. E purtroppo le università sono in secondo piano: non siamo né un problema né una spesa prioritaria". Antonella Loi __________________________________________________________________________ Unione Sarda 4 ott. ’02 MISTRETTA: "LA REGIONE CI DICA SE INTENDE INVESTIRE NELLA FORMAZIONE" Lo ribadisce: "Questa è una battaglia di campo, per la cultura, per il futuro. Gli studenti li capisco, fanno la loro parte, ma io penso a loro e ai loro figli". Determinato, convinto che non ci siano altre strade se non quella degli aumenti, seppure leggeri, dopo otto anni di blocco, Pasquale Mistretta da settimane media, propone, smussa alla ricerca di un difficile accordo con i rappresentanti dei 38 mila iscritti nel suo ateneo. Un accordo che riveste un’importanza strategica anche in vista di un’altra partita: quella con la Regione, da troppo tempo distratta nei confronti dell’Università. Per questo il rettore punta a un protocollo di intesa con gli studenti che partendo dalle tasse arrivi a mettere le basi per una grande rivendicazione nei confronti di Villa Devoto. "Ciascuno deve fare un passo avanti", dice, "anche la Regione che deve valutare in che misura la formazione sia più importante di un sovrappasso autostradale. Siamo la più grande azienda pubblica sarda", aggiunge, "ma non possiamo vivere a costo zero per troppo tempo". (f.ma.) __________________________________________________________________________ Unione Sarda 5 ott. ’02 E IN CONSIGLIO REGIONALE NASCE UN PARTITO TRASVERSALE A SOSTEGNO DELL’ATENEO Il rettore punta alla firma di un protocollo di intesa con gli studenti per rinforzare il potere contrattuale in vista di una richiesta alla Regione di un aumento dei finanziamenti. I rappresentanti dei 38 mila iscritti all’ateneo sollecitano quanto meno un incontro con i capigruppo e con il presidente Pili per chiedere l’istituzione di un fondo speciale per l’università. Ma i messaggi, evidentemente, sono già arrivati forti e chiari in Consiglio regionale. Anche perché tra Regione e Università sono in corso da tempo partite importanti. Che giustificano attenzione, soprattutto ora che si avvicina il dibattito sulla Finanziaria. Non a caso in via Roma si è già formato un partito trasversale pro Ateneo. Paolo Fadda, capogruppo della Margherita, dichiara la «disponibilità del gruppo ad un incontro propedeutico al dibattito sulla Finanziaria all’interno del quale porteremo con risolutezza i problemi dell’università», chiarisce che «la crisi economica e l’inflazione rendono inaccettabili per le famiglie nuove tasse o tagli a studenti e categorie svantaggiate» e si schiera al fianco degli studenti per «condurre tutte le battaglie necessarie». Anche sul fronte opposto si preparano iniziative. Martedì Massimo Fantola (Riformatori) e Pietro Pittalis (Fi), assieme al rappresentante di Alternativa studentesca, Federico Ibba, presenteranno una proposta di legge per la creazione di un fondo per potenziare i servizi per gli studenti universitari. F. Ma. __________________________________________________________________________ Il Tempo 3 ott. ’02 SEMPRE PIÙ ALTO IL NUMERO DEGLI STUDENTI-LAVORATORI NELLE UNIVERSITÀ ITALIANE. Calano gli studenti a tempo pieno. Inoltre gli studenti lavoratori riescono a bruciare i tempi del primo impatto con il mondo del lavoro e, per la prima volta nella storia delle indagini di questo tipo, effettuano il "sorpasso" sui colleghi che dispongono pienamente del proprio tempo per studiare. I primi, quelli lavoratori sono il 54 per cento. I secondi, vale a dire i solo-studenti sono il 46 per cento. Lo afferma l'ultimo rapporto Euro Student, "Terza indagine sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari italiani", promossa dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu) e realizzata dalla Fondazione Rui, in collaborazione con l'Università degli Studi di Camerino. Dai risultati della ricerca, che ha cadenza triennale ed è giunta alla terza edizione (la prima, nel 1994), emerge un'accresciuta efficienza dei servizi per il diritto allo studio che vede un raddoppio degli studenti, fra il 1997 e il 2000, che hanno fruito di almeno un servizio universitario. L'attenzione alla qualità dei servizi incide anche sulle dimensioni della mobilità territoriale. Il 45 per cento degli studenti è iscritto fuori della provincia di residenza, spesso sacrificando la vicinanza della sede di studio a favore di una maggior qualità ambientale. La scarsa offerta di alloggi trova riscontro nell'indagine: solo uno studente fuori sede su dieci dichiara di aver trovato alloggio in strutture universitarie. Non manca, inoltre, da parte degli universitari, il giudizio sulla didattica e i professori. In particolare, per gli universitari italiani i docenti hanno una grande competenza professionale, sono cioè degli "studiosi autorevoli". Più difficilmente sanno insegnare e stimolare l'interesse: non incarnano, in sostanza, il sogno degli studenti che vorrebbero incontrare, nelle aule degli atenei, "maestri coinvolgenti". Le valutazioni cambiano però a seconda del campo di studi: gli studenti di agraria e dei gruppi scientifico e letterario, per esempio, esprimono posizioni generalmente migliori degli altri gruppi. Analoga tendenza si delinea per gli studenti degli atenei di medie dimensioni. Il campione dell'indagine è formato da 7mila studenti che hanno risposto ad un questionario postale inviato nel settembre 2000 a trentamila universitari. Le risposte fornite si riferiscono all'anno accademico 1999-2000. Nel campione prevale la componente femminile: 55,7% contro il 44,3% dei maschi. La prevalenza delle studentesse rispecchia la composizione strutturale della popolazione universitaria, da alcuni anni a maggioranza femminile. L'età media degli studenti continua a crescere negli anni: è aumentata di oltre mezzo anno dalla prima indagine Euro Student del 1994, quando era di 22,7 anni. Oggi è di 23,4 anni. Gli studenti in sede sono il 38,4% del totale. I fuori sede, il 21%. Il 24,5% è costituito da pendolari. La quota rimanente, da studenti che studiano rimanendo a casa propria. Secondo la ricerca è molto diffusa, tra gli studenti, l'ansia da lavoro. Gli universitari bruciano i tempi del primo contatto con il mondo dell'occupazione. L'ansia da lavoro guida anche la scelta della facoltà, figurando tra i "motivi" forti che indirizzano verso un determinato indirizzo di studi. Questa serie di fattori fa sì che il declino della presenza di studenti "a tempo pieno" costituisca una delle più rilevanti tendenze della condizione studentesca. Studenti e studentesse sono attratti allo stesso modo dal lavoro e 1 studente su 3 svolge un lavoro occasionale o saltuario. A fianco dell'intera gamma dei "lavoretti" tradizionali ( sono molto segnalati la baby-sitter e la hostess, oppure il cameriere e l'istruttore sportivo e tutte le mansioni di segreteria o di servizio in uffici, studi professionali e via dicendo), si registra un boom di "nuovi" lavori. Compaiono tutte le figure dell'editoria elettronica, delle pubbliche relazioni, dell'informazione on-line e del terziario avanzato, così come del settore non profit. Più facilmente degli studenti, le studentesse svolgono lavori e occupazioni che richiedono un impegno di tempo limitato nella giornata e nella settimana. A svolgere lavori continuativi a tempo pieno sono più frequentemente i maschi. L'ansia da lavoro è un fenomeno diffuso anche in Europa. Dall'indagine internazionale emerge che nei sette Paesi che con l'Italia partecipano al progetto Euro Student - Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Olanda - gli studenti che lavorano quasi sempre sono la maggioranza. Tra i primi in questa classifica olandesi e austriaci, che con le loro rispettive percentuali di diffusione del lavoro studentesco, 77 per cento e 74 per cento, si classificano come i più "stakanovisti". Seguono tedeschi (66 per cento), irlandesi (58 per cento) e italiani (54 per cento). Fanalini di coda, finlandesi e francesi che segnano comunque consistenti percentuali. D.M. __________________________________________________________________________ Unione Sarda 29 Sett. ’02 SCIENZE DELLA FORMAZIONE: «COL BOLLINO ROSSO VOGLIONO TAGLIARCI I FONDI» «Cornuti e mazziati». Alberto Granese, preside di Scienze della formazione, ama la sintesi. Soprattutto da quando il Comitato di valutazione ministeriale ha assegnato un bollino rosso (cioè, un giudizio negativo) alla sua facoltà. «Certo, cornuti e mazziati: prima lo Stato non ci dà il budget per poter coprire le docenze vacanti», lamenta Granese, «ed ora ci affibbia il bollino rosso, che comporterà un ulteriore taglio dei fondi». Risultato: si ruba ai poveri per donare ai ricchi. Robin Hood non gradirebbe. Il preside di Scienze della formazione è stufo del disinteresse delle istituzioni per l’Università cagliaritana: «I nostri 40 mila studenti sono cittadini sardi, ma la Regione interviene solo per le cosiddette “spese finalizzate”, negandoci qualsiasi altra forma di contributo». Solo nella sua facoltà, sono iscritti settemila studenti: «Non svolgiamo incarichi per conto terzi», sbotta Granese, «ci reggiamo sui finanziamenti statali e sulle tasse universitarie». Argomento scottante, quello delle tasse che stanno per aumentare, e il preside ha una sua opinione: «Non voglio dire cose impopolari, però ogni studente costa da otto a dieci volte di più del contributo che paga con le tasse. Il servizio offerto dall’Ateneo è insufficiente, me ne rendo conto: per questo servono risorse, ma le istituzioni ci ignorano. Non resta altra strada che l’aumento delle tasse». I bollini rossi ministeriali dispiacciono a tutti, particolarmente agli studenti. Parola di chi li conosce bene: per sei anni, fino a pochi mesi fa, Francesco Luigi Sotgiu è stato presidente dell’Ersu: «Dispiace dirlo, ma se vogliamo un’Università qualificata dobbiamo mettere mano al portafogli», allarga le braccia. Secondo Sotgiu, parlare di aumenti stellari è un errore: «Le tasse universitarie erano bloccate da otto anni: se consideriamo gli indici Istat, scopriamo che in realtà sono diminuite». Intanto, prosegue la fuga di studenti verso gli Atenei del Continente: «Chi ha i soldi manda i figli in quelli d’eccellenza, mentre chi non ne ha è costretto ad accontentarsi di un’Università sempre più in crisi di finanziamenti, e che quindi offre sempre meno. Dobbiamo invertire questa tendenza», ammonisce Francesco Luigi Sotgiu, «e risollevare con le tasse il nostro Ateneo: se molti ragazzi spendono cento euro per un paio di scarpe, perché le famiglie non hanno i soldi per pagare le tasse universitarie?». Luigi Almiento __________________________________________________________________________ Corriere della Sera 5 ott. ’02 E LE IMPRESE PESCANO NEGLI ATENEI D’ECCELLENZA SBOCCHI Dove si è creato un asse strategico con il mondo del lavoro Da Napoli a Catania, da Crotone a Bari fioriscono i progetti Parlando di Mezzogiorno, suscita sempre un po’ di scetticismo l’accostamento fra innovazione tecnologica, ricerca e sbocchi occupazionali. Sono troppi i fattori da allineare perché il prodotto finale sia un sensibile incremento dell’occupazione. Ma ora l’asse strategico dei corsi di studio e delle professioni viene accompagnato da analisi territoriali dei fabbisogni formativi e dei profili professionali più richiesti dalle imprese. Università e scuole vengono affiancate dalle istituzioni e dalle industrie e i risultati non mancano. A Crotone le imprese attingono forza lavoro, soprattutto tecnici intermedi, dagli stage scolastici e il diploma di laurea triennale in logistica e produzione, sostenuto dagli enti locali, ha permesso il totale assorbimento all’Eni di tutti i laureati. E sempre sulla costa ionica, da Catania , partono iniziative importanti. Enrico Rizzitelli, ex rettore dell’ateneo e ora docente di chimica, le snocciola con orgoglio. «Abbiamo definito un accordo con l’università Sant’Anna e con la Scuola Normale di Pisa per realizzare una nostra scuola d’eccellenza. L’obiettivo è ambizioso, vogliamo formare figure professionali importanti: studenti e professori eccellenti, ma anche un’ottima classe dirigente. Avevamo iniziato con Giurisprudenza, Fisica, Informatica, Chimica, Scienze e tecnologie alimentari e ora si sono aggiunti i master in Economia, condotti interamente in perfetta lingua inglese, in collaborazione con l’università di Rotterdam». A Catania si formano ingegneri e ricercatori, ma il fiore all’occhiello è la microelettronica. A sostegno di questi corsi sono scesi in campo il consorzio di Astrofisica, gli enti locali, Omnitel e ST Microelettronica, che ormai ha un piede stabile dentro l’università. I brevetti di questa azienda nascono con la collaborazione dell’università catanese. Il legame dell’ateneo di Siracusa con quello di Catania ha prodotto un corso sul controllo di gestione. Gli industriali siracusani hanno messo in cantiere anche il progetto «Mentore», per progettare e gestire i percorsi formativi. Lo hanno fatto con l’istituto professionale commerciale e per i servizi turistici di Siracusa. Metà dei giovani, dopo sei mesi di tirocinio, sono stati assunti dalle piccole imprese locali. Varcato il Vallo della Lucania, l’università di Salerno , guidata da Raimondo Pasquino, mette in vetrina i suoi due gioielli: la Scuola speciale «ICT Skills Shortage», orientata a ridefinire metodologie di formazione e di insegnamento per soddisfare le richieste delle industrie e della società, e il progetto «Il rischio idrogeologico», che realizza piani di formazione scientifica per figure professionali di alto profilo. È sempre l’ateneo di Salerno che riesce a mettere in rete tutti i settori della ricerca agroalimentare, compresi CNR e altri piccoli centri. A Napoli , è nato un esperimento interessante, il progetto «Nord-Sud». Obiettivo: preparare nei prossimi cinque anni 500 ingegneri d’eccellenza nei settori aerospaziale, informazione e packaging . L’accordo tra il politecnico di Torino, l’ateneo partenopeo Federico II, le regioni Campania e Piemonte e la Confindustria, ha permesso agli studenti di frequentare gli stage nelle due regioni e di poter effettuare anche lo scambio dei docenti. La marcia del Sud verso l’innovazione ormai non si arresta più. E mentre a Bari si consolida l’esperienza di Tecnopolis, a Foggia ha messo radici profonde il progetto «10.000» per l’imprenditorialità giovanile. Progetto messo a punto dagli istituti tecnici insieme all’Associazione degli industriali e rivolto agli studenti del quarto e quinto anno delle scuole superiori foggiane. Osservatorio provinciale Nord-Sardegna, diffusione della cultura d’impresa, orientamento universitario e mercato del lavoro rappresentano infine i capisaldi dell’intervento congiunto dell’università di Sassari e degli industriali locali. La rotta del Sud per il decollo è delle migliori, ora si spera nei venti favorevoli. Franz Foti __________________________________________________________________________ Corriere della Sera 1 ott. ’02 AGRO’:«TAGLI ALLA RICERCA O AGLI STIPENDI DEI DOCENTI» Finazzi Agrò: c’è già chi sta pensando di trasferirsi in Giappone dove i fondi sono decuplicati. Fabiani: non potremo crescere Il rettore di Tor Vergata contro la Finanziaria. Allarme anche da Roma Tre: non assumeremo più «Alcuni tra i nostri ricercatori stanno pensando di andare in Giappone, dove i fondi sono stati decuplicati e ci sono nuove possibilità. Del resto, adesso, con questi tagli, noi abbiamo solo due possibilità: possiamo non pagare gli stipendi ai docenti oppure decurtare le spese da ricerca e dottorati». Il rettore di Tor Vergata, Alessandro Finazzi Agrò, sa di non essere solo, nel lanciare questo allarme, perché alla sua voce (oltre a quelle di chi gestisce tutti gli atenei d’Italia) si aggiunge subito quella del Rettore di Roma Tre, Guido Fabiani, economista: «Nonostante il nostro essere sottodimensionati e nonostante il fondo di riequilibrio che abbiamo ottenuto, non potremo crescere, rimarremo in pieno deficit organico: non assumeremo nuovi docenti, come avremmo dovuto». Le difficoltà finanziarie delle università della capitale hanno una precisa ragione: «Secondo ciò che si prospetta, la cifra tagliata in finanziaria dal fondo ordinario sarebbe pari al bilancio di tre atenei di media grandezza. In queste condizioni...». Fabiani non ha dubbi: «Alcuni atenei romani sono in evidente difficoltà, non so proprio cosa accadrà, se certe cifre saranno confermate». Per evitarlo, i rettori italiani, compresi i romani, stanno facendo pressioni sul Governo. «Per noi la situazione è gravissima». Finanziaria bocciata dai rettori, dunque. Non una, ma una serie di cause. «Oltre ai tagli su altre voci, che è impossibile elencare, c’è da considerare anche l’aumento degli stipendi dei docenti - spiega Fabiani - che, si noti, oltre ad essere una cifra rilevante, non è stato deciso dagli atenei, ma si ripercuote sui nostri bilanci, senza alcuna possibile opposizione». Non solo: «La legge - ricorda Finazzi Agrò - dice che le spese per il personale non devono superare il 90 per cento del finanziamento. Ecco, tra tagli ai fondi e aumenti per i docenti, siamo ben oltre». Quali conseguenze possono esserci, anche a breve termine? «Decurtare le spese per ricerca e dottorati, daremo solo gli stipendi per la didattica», risponde Finazzi Agrò. Che aggiunge una considerazione: «Non è giusto dire che così si mortifica l’istituzione universitaria, perché addirittura se ne snatura il ruolo. Per definizione, noi dobbiamo occuparci anche e soprattutto dell’attività di ricerca». Non sarà possibile, anche perché, come i rettori romani ricordano, «la ricerca paga già una cronica mancanza di fondi». «È vero che il mondo della ricerca verte da tempo in condizioni difficili, ma è anche vero - ribadisce l’economista Fabiani - che simili tagli non si erano mai verificati. Mi spiego: non poter garantire cio che è consolidato è una situazione completamente nuova, che non si era mai verificata nel passato». Anche secondo Guido Fabiani, il pericolo principale è che i giovani ricercatori, le menti migliori, scelgano di andare all’estero: «Anche per quel che riguarda il dottorato, non solo pre la ricerca. È naturale, in questa situazione quasi inevitabile, che i giovani migliori si guardino intorno, e che, dopo averlo fatto, scelgano di trasferirsi dove hanno la possibilità di lavorare». Fabiani, recentemente eletto nel comitato di presidenza della Conferenza dei rettori, ricorda il documento approvato in quella sede: «Senza il recupero di almeno 59 milioni di euro...gli atenei non saranno in grado di garantire il pareggio di bilancio nei vincoli di legge e di mantenere gli stessi livelli di contribuzione studentesca e di diritto allo studio finora assicurati». Alessandro Capponi __________________________________________________________________________ Unione Sarda 4 ott. ’02 LETTERE: INCORAGGIATI I MEDIOCRI Amo libri, arte, film Ma non certo grazie all’Università Sono una giovane studentessa in Lettere. Ho letto con curiosità la lettera della ragazza laureatasi nella mia facoltà e disperata perché non è riuscita superare il concorso per accedere alla scuola di Specializzazione per insegnanti. L’autrice lamentava, tra l’altro, domande non troppo inerenti alla sua laurea e una concorrenza agguerrita. Ho letto con altrettanto interesse la vostra risposta che, se ho ben inteso, sarebbe: purtroppo qua la disoccupazione è altissima (fatto inconfutabile), bisogna rimboccarsi le maniche (giustissimo), ci vuole una formazione specialistica e rigorosa per gli insegnanti. E, infine, «non si arrenda, studi». Probabilmente è da tanto che non entrate nella facoltà di Lettere. Forse ai vostri tempi gli insegnanti veramente esigevano preparazione e cultura. Per quanto mi riguarda, ho assistito ad esami in cui l’unica cosa che importava al docente era sentirsi ripetere a memoria quello che lui che aveva scritto nei libri (che erano gli unici libri) di testo su cui gli studenti dovevano preparare l’ esame; ho visto allievi passare esami dopo 10 giorni di studio sul Bignami; ho capito che l’unica cosa che ci viene richiesta è saper trattare gli argomenti che interessano al docente, e che non sempre questi coincidono con gli argomenti più importanti della materia. È vietato avere opinioni personali. Condannavate la mediocrità come nociva per chi studia e per chi cerca lavoro: ma se sono proprio i mediocri quelli che più si avvicinano ai canoni dei docenti! Naturalmente non tutti i professori della mia facoltà sono così, ma sono troppo pochi. Io so chi ha diretto “La grande illusione”, so chi ha scritto “Uomini e topi”, amo la letteratura, il cinema, l’Arte, la musica: penso però che questo non mi aiuterà mai a superare gli esami e i concorsi, semmai sarà sempre un piacere privato e personale, che migliorerà la qualità della mia vita. Con mio grande rammarico ho constatato che molte delle cose che so in questi campi non le ho apprese a scuola. A scrivere non è la solita studentessa frustrata da troppi esami andati male, la mia media è alta, ma una povera illusa che dall’università (e dagli stessi esami) si aspettava di più e di meglio. Lettera firmata __________________________________________________________________________ Unione Sarda 3 ott. ’02 CAGLIARI: I “NUOVI POVERI” SONO FIGLI DELL’EURO Anche gli insegnanti sull’orlo dell’indigenza e c’è chi di nascosto chiede aiuto alla Caritas Un solo stipendio non basta più alla vita della famiglia Si inizia tagliando il superfluo, se c’è: la vacanza, la palestra, la pizza, il cinema, i vestiti. Poi passa il tempo e ti accorgi che anche l’affitto e le bollette sono un problema. E poi anche il cibo. Ti rendi conto che c’è una forza che ti risucchia verso la periferia, i margini sociali, e non puoi fare nulla. Maledetto euro, maledetti rincari. Sei un insegnante stimato, ogni giorno dai qualcosa di immateriale ai tuoi studenti, la cultura. Ma sei povero. Uno dei nuovi poveri del nuovo secolo, del secolo della moneta unica. Uno dei 34 mila cagliaritani che chiedono aiuto a un amico o ad un parente, più spesso alla parrocchia, qualche volta all’usuraio. Anche se guadagnano un milione e otto al mese e prima, come si dice, “stavano bene”. Ora, con un figlio e moglie a carico si è poveri. Anche se si è colletti bianchi. E non è solo una definizione, ma un problema maledettamente concreto anche se si vede poco. Lo dice il Censis, lo attesta l’Osservatorio industriale, lo confermano i servizi sociali del Comune e la Caritas, che ha effettuato un sondaggio su un campione significativo di cagliaritani. Sostengono, alla Caritas, che l’euro ha fatto crescere sino al 40 per cento la percentuale delle famiglie che vive ai limiti o al di sotto della soglia di povertà. Quasi una famiglia su due. Una boutade? «No», rivela Mariuccia Cocco, responsabile regionale della Caritas. «Si tratta di dati attendibili, scientifici. Perché accanto ai disoccupati, ai tossicodipendenti, alle ragazze madri, ai malati cronici, agli immigrati, agli anziani, alle nuove schiave, agli ex carcerati, ci sono quelli che si ritrovano poveri senza nemmeno accorgersene e che per dignità hanno difficoltà a rivelarlo, a far sapere alla gente che da benestanti sono diventati indigenti. E non sempre perché hanno perso un lavoro. È gente che ha bisogno di “integrazioni”, soldi, vestiti, cibo, che qualche volta si rivolge alla parrocchia o al nostro centro d’ascolto, ma più spesso si nasconde e, se lo scopriamo, lo scopriamo con il passaparola. Non a caso nel mondo del volontariato si cercano strumenti e indicatori nuovi, più sofisticati per scoprire le nuove povertà». Ogni anno la Caritas registra mediamente 600 nuovi casi (ma quest’anno sono stati molti di più) e li aggiunge, su indicazione delle parrocchie che “certificano” lo stato di povertà e autorizzano il prelievo di generi alimentari, vestiario e altro, all’elenco delle 1200 famiglie (10 mila persone) assistite. Altri, circa 1500 persone, si rivolgono ai “vincenziani”, circa 500 famiglie fanno capo ai servizi sociali del Comune, molti si disperdono tra le 650 organizzazioni di volontariato che operano in provincia. Difficile rivelarsi, esibire ai vicini e al mondo il certificato di povertà. Che diventa esclusione sociale. Non a caso c’è chi pur di salvare l’apparenza, cerca di mantenere uno stile di vita appena dignitoso. E per farlo cade nelle mani degli usurai. «Fenomeno crescente», garantisce la presidente della Caritas, che ha creato un “Centro d’ascolto per usurati” e una Fondazione antiusura che aiuta le vittime dei cravattari ma a patto che li denuncino. «Purtroppo», dice, «crescono gli usurati ma diminuiscono le denunce perché c’è chi ha paura e chi, paradossalmente, giudica il suo usuraio un benefattore». Fenomeno che non sfugge nemmeno all’Arcivescovo Ottorino Pietro Alberti. «I poveri bisogna andare a cercarli», dichiarò alcuni mesi fa. Tarsilla Rossi, assessore ai servizi sociali, chiede al mondo del volontariato un lavoro «in sinergia»: «Aiutateci a trovarli e assieme troveremo una soluzione. Sappiamo che i nuovi poveri vogliono salvare la dignità. Bene, noi non daremo soldi ma un lavoro pro tempore al cimitero o in un altra nostra struttura». Certo non a tutti, non a migliaia di nuovi poveri relativi. Fabio Manca __________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 ott. ’02 COME INBROGLIARE I FILOSOFI La storia tragicomica dei divieti all'insegnamento Guido Garau NON ha la barba bianca di Aristotele, nè la saggezza "cinica" di Antistene, che a cent'anni morì dalle risate dopo aver visto un asino ubriaco. Eppure Telemaco Arangino di Pirri, fuoricorso, il titolo di Filosofo alla fine se l'è guadagnato. Gliel'ha dato l'Università di Cagliari appena due mesi fa, dopo una regolare discussione della tesi. Peccato che al lato pratico (ossia per trovare lavoro) il valore di quel titolo sia pari a zero: presentando domanda di supplenza al liceo scientifico "Pacinotti", Arangino ha scoperto con una certa amarezza di non poter insegnare. Il motivo? Due decreti ministeriali del '97 impediscono l'accesso alle classi di concorso e alla Ssis a tutti gli studenti immatricolati prima del '97, che non sono riusciti a laurearsi in Filosofia entro l'anno accademico 2000-2001. Per superare l'incredibile ostacolo burocratico occorre rimpinguare il piano di studi, sostenendo dai quattro ai sette esami in più, per un massimo di tre all'anno. Ma non chiedetegli di prenderla con filosofia. "E dire - sospira con malcelata stizza e molta ironia il protagonista - che nel Notiziario del 2000 della Facoltà c'è scritto che la collocazione più usuale per i laureati in filosofia è l'insegnamento". Nella sua stanza campeggiano la "Storia della Filosofia" di Giovanni Reale, quella monumentale di Nicola Abbagnano e quella scientifica di Ludovico Geymonat. Stanno ad indicare l'imposizione storicistica della facoltà di Filosofia dell'Ateneo cagliaritano. "La cosa più assurda", continua Arangino, "è che i laureati in lettere, materie letterarie, scienze politiche e sociologia, oltre a non avere il titolo di "dottore in filosofia", possono partecipare ai concorsi per l'insegnamento di tutte le scienze umane, filosofia compresa. A quelli come me, immatricolati prima del '97, che hanno sul libretto ben quattordici esami di filosofia pura ma che non sono riusciti a concludere gli studi entro il 2001, non è permesso. E poi, è ridicolo che chiedano di sostenere esami che nemmeno sono impartiti". Qualche esempio? Chiediamo. "Sociologia della comunicazione di massa", ad esempio, o "Metodologia e tecnica della ricerca sociale". Telemaco si è visto respingere la domanda di supplenza presentata al "Pacinotti" e ha fondato un comitato, per raccogliere la voce di tutti i laureati che si sentono presi in giro. "Finora siamo in venti, dice, ma chissà quante persone ancora ignare scopriranno presto di non poter insegnare". Ma c'è qualcosa che gli brucia più di qualsiasi decreto e, congedandoci, rivela di cosa si tratta: "Non dovessi vincere il ricorso, un giorno un lavoro lo troverò comunque. Ma quello che mi sembra assurdo è che i filosofi, che sono stati, storicamente, gli insegnanti per eccellenza, oggi non contino più niente. Aristotele fondò una scuola e fu maestro di Alessandro Magno, Platone considerava i suoi discepoli le uniche guide per la democrazia. Anche l'epoca moderna ha avuto i suoi maestri, buoni e cattivi maestri: i vari Sartre, gli Heidegger, i Marcuse. Tutti avevano un ruolo, e venivano riconosciuti importanti. Oggi non è più così, e questo mi amareggia molto". Come dargli torto? __________________________________________________________________________ Corriere della Sera 1 ott. ’02 ITALIANO È BELLO: LA NOSTRA LINGUA NELLA CINQUINA VINCENTE E’ una delle più studiate, quasi alla pari dello spagnolo. Un’inchiesta dell’Università La Sapienza rivela il successo degli ultimi anni E venne l’ora dell’italiano. Con tanto di sorpresa: la lingua di Dante è fra le cinque più studiate al mondo. Alle spalle dell’inarrivabile inglese, e ancora considerevolmente lontana dal francese (questa però in netto declino). Quasi alla pari, invece, con tedesco e spagnolo, in una volata a tre che la vede di volta in volta davanti all’una e alle calcagna dell’altra. La fonte è di prestigio: una squadra di ricercatori dell’università romana La Sapienza, guidata da Tullio De Mauro, ha condotto un’inchiesta negli 88 istituti di cultura italiana all’estero, documentando l’esistenza di circa 50 mila studenti iscritti ai corsi. Ripartiti in modo ineguale nei vari continenti, ma complessivamente in forte avanzata. Quanto al contesto in cui la notizia viene diffusa, è il più solenne possibile: la settimana ufficiale in cui si celebra la lingua italiana nel mondo, con videoconferenze e dibattiti in molte capitali, spettacoli teatrali e proiezioni, cerimonie e testimonianze, oltre a varie mostre (comprese quella sulle terze pagine del "Corriere"). Riavutasi dal colpo, i linguisti che fino a ieri avevano intonato il de profundis per l’italiano si stanno precipitando ad analizzare i dati. Occorre capire perché il fenomeno stia avvenendo e forse rimettere in discussione il concetto stesso di globalizzazione. E’ vero infatti che ormai si canta in inglese, i titoli dei film americani non si traducono, una banca italianissima pretende di far pronunciare le sue iniziali all’anglosassone, ai ragazzi si insegna che english is a must , e dopo i computer presto si scoprirà che le confezioni di medicinali portano indicazioni in inglese. In un paese di esterofili, chi non è capace di rispondere yes I do al primo che passa si sente profondamente in colpa. Ma qualcosa presto cambierà, appena ci renderemo conto della mezza rivoluzione che ci riguarda. In particolare, avrà un peso quel quarto o quinto posto assoluto (la questione è controversa) che le statistiche ormai ci accreditano. Purché non si dimentichi che essere una delle lingue più studiate (in cinque anni le iscrizioni ai corsi su scala mondiale sono aumentate quasi del 40 per cento) non significa "più parlate". E’ ovvio infatti che, in termini assoluti, lingue come il russo, l’arabo o il cinese ci sovrastano, confinandoci al diciannovesimo posto. Ma quel che conta davvero è l’attrazione esercitata da una lingua al di fuori dei suoi confini: è qui, anche grazie alla preparazioni degli insegnanti e al buon rapporto con gli allievi, che stiamo facendo passi da gigante. Che cosa spinge una casalinga giapponese o uno studente australiano a imparare la lingua di Dante? Un tempo, solo il fascino culturale, musicale e artistico della nostra antica civiltà. Oggi, rilevano i ricercatori della Sapienza, contano la "spendibilità sociale" e la possibilità di lavorare con ditte italiane. Ma non è tutto. Sarà meglio rivedere certi giudizi sulla globalizzazione, dal momento che l’inglese sta provocando un "effetto traino" positivo su altri idiomi, il nostro in prima fila. Come già aveva avvertito Tullio De Mauro, il dominio anglo-americano insomma sta relegando in posizione subalterna tutti gli altri, consentendo all’italiano di guadagnare posizioni e prestigio rispetto a francese, tedesco, spagnolo. E qui il nazionalismo non c’entra: la politica deve cogliere il momento favorevole, assecondando il mito della "bella Italia". Dopotutto, i danesi del bel film di Lone Scherfig, Italiano per principianti , realizzano il loro sogno linguistico italofono innamorandosi a Venezia. Dario Fertilio =========================================================== __________________________________________________________________________ Unione Sarda 1 ott. ’02 SANITÀ, NEGLI OSPEDALI CINQUE POSTI LETTO OGNI MILLE ABITANTI TORINO. Dall’ago al catetere, dalle lastre alla Tac. Tutti i dispositivi sanitari che oggi vengono acquistati dalle Asl a prezzi molto diversi, dovranno avere un tariffario con un massimo e minimo grazie ad una commissione che dovrà osservare l’andamento dei prezzi dei presidi. Arriva anche qui la scure del ministero della Salute, almeno nelle intenzioni del ministro Girolamo Sirchia, che ha annunciato un altro tassello alla sua strategia di lotta agli sprechi. «Ho proposto l’inserimento in finanziaria di una commissione analoga a quella dei farmaci per poter avere un osservatorio dei prezzi di acquisto dei presidi sanitari. Non è possibile - ha detto parlando al congresso degli oncologi a Torino - che per uno stesso strumento si debbano pagare prezzi molto differenti. E questo è un altro ambito di possibile risparmio per le Regioni». Intanto in Finanziaria si rafforzano i paletti a difesa del patto di stabilità interno firmato nell’agosto del 2001. Le Regioni dovranno garantire meno giorni di degenza per assicurare più contenute liste d’attesa e monitorare le prescrizioni mediche sul proprio territorio, come prevede il Patto di Stabilità interno sottoscritto nel giugno scorso con il Tesoro. Il rapporto posti letto/abitanti è definito a 5 per 1000 abitanti. Si farà ricorso alla flessibilità di orari e alla turnazione per garantire l’apertura di laboratori e fornire servizi sette giorni la settimana, senza aumentare le spese. I direttori sanitari di ospedali e di Asl che sono in rosso decadranno automaticamente. Previsto anche l’arrivo della card elettronica, ma in via sperimentale. Inoltre per la maggior parte dei cittadini, poi, le cure termali non saranno più a carico del servizio sanitario nazionale. Saranno infatti riconosciute solo agli invalidi di guerra, ai grandi invalidi per servizio, agli invalidi civili al 100%, ai grandi invalidi del lavoro. Ma i risparmi possono venire anche dalla ristrutturazione delle rete ospedaliera che tante polemiche ha innescato in alcune regioni. Secondo il ministro non ha senso mantenere una rete ospedaliera disegnata 20 anni fa «con servizi diffusi ma mediocri». L’obiettivo non è quello di chiudere gli ospedali ma che vengano distribuiti meglio poli di cure di eccellenza e presidi di supporto alle cure territoriali. «Oggi - ha detto Sirchia - ci sono presidi nei quali tutti fanno tutto e il livello tende ad abbassarsi». Per i tumori poi serve una rete nazionale, con un centro oncologico per ogni provincia. Oggi al sud ci si ammala di meno ma si muore di più, «evidentemente per diagnosi e terapia non si è ancor arrivati all’eccellenza». __________________________________________________________________________ Unione Sarda 3 ott. ’02 ANAAO-ASSOMED: RAZIONALIZZARE LA SANITÀ SENZA LICENZIARE Sull’Unione Sarda di domenica primo settembre è stato dato grande rilievo al problema dei piccoli ospedali. Il titolo “Piccoli ospedali condannati a morte” parla da sé. La segreteria del sindacato medici Anaao Assomed Sardegna, riunita a Oristano il 12 settembre, ha esaminato il problema alla luce delle peculiarità della Regione Sardegna. La necessità di chiusura e/o riconversione dei piccoli ospedali, è stata messa in evidenza da più di un decennio, ma la maggior parte delle regioni l’hanno ignorata (escluse la Toscana e l’Emilia Romagna) in quanto fino al 2000 è stato lo Stato a ripianare il deficit sanitario. Con l’introduzione delle norme sul federalismo ed il patto di stabilità firmato nel 2001, saranno le Regioni a dover mettere in atto le misure antideficit, oltre a quelle già dettate dalle leggi nazionali come la riduzione dei posti letto. Torna quindi prepotentemente alla ribalta il problema dei piccoli ospedali. Se di tagli si deve parlare sorgono spontanee alcune domande. 1) Si taglieranno i posti letto proporzionalmente in parti uguali nel pubblico e nel privato convenzionato? 2) Quali criteri verranno adottati per decidere quali ospedali vanno chiusi e quali riconvertiti? 3) Quali reparti è giusto mantenere, o eventualmente potenziare, e dove? 4) Quali criteri saranno adottati per decidere i tagli dei posti letto nelle varie aree geografiche? Per rispondere a questi quesiti occorrerebbe quantomeno avere a disposizione i dati epidemiologici della nostra regione ed applicarvi le linee guida delle società scientifiche. Il rischio evidente è che si proceda alla chiusura dei servizi e reparti determinando pericolosi vuoti dell’assistenza anziché una effettiva razionalizzazione della offerta ed un reale abbattimento dei costi. Per ovviare a un tale pericolo è necessario che, prima della eventuale chiusura dei piccoli ospedali si proceda alla diversificazione delle prestazioni alternative al ricovero come day-hospital e day-surgey; al potenziamento dell’assistenza domiciliare e della medicina del territorio, e della diagnostica ambulatoriale; alla individuazione e attivazione delle strutture per lungodegenti e riabilitazione; al potenziamento e allo sviluppo della rete 118. Certamente non è agevole tagliare posti letto in assenza di una collaudata integrazione funzionale ospedale-territorio; anche in questo senso si sente la mancanza di un piano sanitario regionale da ben 17 anni!. Potrebbe fungere da modello la Regione Toscana, dove l’ampliamento dei servizi territoriali è andato di pari passo con la prima fase di riorganizzazione (chiusura dell’ospedale più piccolo con accorpamento dei servizi in un ospedale più grande e vicino, attivazione locale di unità operative di urgenza e di diagnosi per le patologie più frequenti, sviluppo di servizi ambulatoriali di alta qualità eccetera. Il tutto è avvenuto senza licenziamenti e con spostamenti del luogo di lavoro intorno ai 10-20 Km. Gli ospedali delle isole e delle zone di montagna sono stati mantenuti. La segreteria regionale del sindacato medici Anaao Assomed auspica che il dibattito politico possa svilupparsi non su inutili guerre di campanile, ma su precisa considerazioni di ordine scientifico e sociale indirizzate in maniera da soddisfare le esigenze della popolazione. Devono essere definiti i criteri senza i quali solo l’egoismo dei singoli può avere il sopravvento. Inoltre la nostra organizzazione sindacale ribadisce la necessità che, come avvenuto in altre regioni, tutte le strutture operanti attualmente, una volta accertato che non presentino i requisiti stabiliti dai criteri del Ministero, siano convertite in strutture polifunzionali di diagnostica ed in strutture di assistenza per anziani e cronici. Ciò senza la perdita di nessun posto di lavoro e dopo aver provveduto a soddisfare le esigenze sanitarie della popolazione Alberto Desogus Anaao Assomed __________________________________________________________________________ Il Messaggero 3 ott. ’02 E’ DI MODA IL MEDICO-EROE di LUIGI CANCRINI I MEDICI sono tanti e perfino troppi in Italia. Il numero degli studenti che premono per iscriversi alla Facoltà di Medicina continua, tuttavia, ad aumentare. Faccio il medico ormai da quarant’anni, ho insegnato a lungo nell’Università e mi chiedo il perché di questa situazione un po’ assurda. Trovare lavoro come medico è sempre più difficile. Entrare nelle scuole di specializzazione è privilegio di pochi, laureati con 110 e lode e ben sostenuti da famiglie forti. I pochi che entrano nelle strutture ospedaliere si trovano di fronte, spesso, a condizioni di lavoro piuttosto scomode, a stipendi non eccezionali, ad una professione non particolarmente qualificata. Umanamente, la settorializzazione sempre più marcata delle specialità rende sempre più precario e instabile il rapporto tra medico e paziente. La moda sempre più diffusa della medicina alternativa, mi dico spesso, dipende proprio da questo, dalla necessità di centrare di nuovo l’attenzione del medico sulla persona malata invece che sui suoi sintomi, sulla possibilità di difendere la salute oltre che su quella di combattere la malattia. L’idea per cui, stando così le cose, siano sempre di più quelli che sperano di fare il medico non è per niente facile da comprendere. Più facile da comprendere, semmai, è la preoccupazione dei genitori per un figlio che si avvia ad una carriera di studi lunga, pesante, povera di sbocchi nel breve e nel medio termine. I serial televisivi centrati su E.R. o sul Medico in Famiglia possono aver avuto una qualche importanza? Probabilmente sì, se i dati degli iscritti a Medicina sono aumentati anche ai tempi del dottor Kildare o della valigetta del dottore di Cronin. Il fatto che questi serial abbiano tanto successo fra i giovani, tuttavia, è sicuramente espressione di un bisogno profondo e diffuso di eroi del nostro tempo, di personaggi positivi da imitare e con cui identificarsi sicuramente molto diversi da quelli del passato. Sono pochi i ragazzi che sognano di fare il guerriero in Italia ed in Europa, oggi, all’interno di una generazione che ama soprattutto la pace e pochi sono, ugualmente, quelli che sperano di fare un lavoro anonimo in fabbrica o al ministero. Occuparsi degli altri facendo il prete o il politico non piace decisamente più. Differenziarsi, essere se stessi, realizzarsi in un lavoro sentito come utile agli altri oltre che a se stesso è sogno e bisogno diffuso, invece, particolarmente fra le donne. L’idea che il medico possa fare qualcosa di concreto, di utile, occasionalmente di esaltante, è presente e diffusa ancora oggi. Ha, soprattutto, poche alternative oltre a quelle offerte da psicologia e sociologia (facoltà ugualmente assai affollate) fra quelle che vengono considerate professioni di interesse sociale. Spiegare quello che è accaduto e che continua ad accadere non serve a molto, tuttavia, nel momento in cui si pensa a quello che accadrà in futuro. Dove l’unica idea consolatoria, l’unica soluzione davvero praticabile, forse, è quella basata sull’idea per cui i medici che non servono in Italia ed in Europa sarebbero tremendamente utili altrove, in altri luoghi nel mondo dove povertà e sottosviluppo incidono ancora pesantemente sulla mortalità infantile e sulla salute degli adulti. In Africa, in America Latina ed in Asia, in tutti i paesi, cioè, in cui i malati sono molti e i medici pochi. Quello di cui c’è bisogno per guardare oltre le difficoltà legate al numero dei medici e degli aspiranti medici in Italia, mi dico, è un grande slancio di fantasia. Un mondo un po’ meno ingiusto di quello in cui viviamo e di cui ci si possa sentire davvero tutti cittadini. Un Occidente ricco capace di incontrarsi senza paura con i problemi dei paesi poveri: accogliendo chi pensa di poter essere utile qui con la sua voglia di faticare e di sacrificarsi ed esportando il lavoro di persone qualificate capaci di usare le loro competenze per aumentare la speranza di vita ed il benessere di chi oggi ne ha poco, dando sbocchi concreti, così, alla voglia di vivere e di aiutare gli altri dei suoi giovani migliori. __________________________________________________________________________ La Stampa 3 ott. ’02 NUOVI TICKET SU VISITE SPECIALISTICHE E DIAGNOSTICA LE RELAZIONI TECNICHE IN PARLAMENTO. MOODY´S SCETTICA SULL´EFFETTO DEL TAGLIO DELLE TASSE Da sanità e pubblico impiego 10 miliardi di euro di risparmi in tre anni ROMA Tornano i ticket sanitari, almeno quelli sulle visite specialistiche e sulla diagnostica, con un risparmio sulla spesa sanitaria valutato in 1,9 miliardi. Lo dice la legge Finanziaria che per il comparto sanità prevede un risparmio complessivo di 8 miliardi in tre anni. Un miliardo e nove frutterà invece il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione. Queste le novità più rilevanti che stanno emergendo dalle relazioni tecniche presentate in Parlamento. Sul piano politico, invece, se il governo ha dovuto incassare il sostanziale dissenso degli imprenditori e le variegate perplessità dei sindacati, da oggi a tutta la prossima settimana, dovrà recepire anche le sottolineature che giungono dalle agenzie di rating, dagli enti locali (altro fronte di contestazioni) e dalla banca centrale. Giusto ieri, per esempio, Moody´s, la più prestigiosa agenzia di rating, ha fatto le pulci alla manovra. Tre le critiche principali. Prima: non è chiaro l´impatto che i tagli alle tasse avranno sulla crescita (quei soldi, per esempio, potrebbero alimentare più i risparmi che i consumi); seconda: non sono stati affrontati i problemi strutturali della spesa (e anche questa è un´antica "qaestio"); terza: il ricorso a misure «una tantum» come la vendita del patrimonio pubblico, rientra nella politica della «pezza a colore» che potrebbe essere contestata da Bruxelles proprio perché si tratta di un intervento estemporaneo. Moody´s, in definitiva, ricalca le critiche di Confindustria secondo cui questa Finanziaria non sarebbe una manovra di svolta ma solo un´operazione di make-up. Va da sé che la soluzione - secondo l´agenzia - sarebbe quella di una più decisa sterzata in senso rigorista. Peccato che il governo si trovi a fronteggiare spinte che vanno in senso diametralmente opposto, come quelle degli enti locali che si lamentano per la stretta ai cordoni della borsa. Oggi si riuniranno a Roma i presidenti delle Regioni e delle Province autonome, portatori - già si sa - di un forte dissenso, rincarato dal fatto di dover affrontare anche la ripartizione del fondo sanitario nazionale. L´incontro col governo di tutti gli enti locali è previsto invece per domani. La prossima settimana il ministro Tremonti dovrà raccogliere anche le audizioni delle commissioni Bilancio di Camera e Senato e venerdì 11 quella del governatore della Banca d´Italia Fazio. CONCORDATO. Secondo il viceministro dell´Economia Mario Baldassarri, gli otto miliardi di entrate previsti dalla finanziaria verranno tutti dal concordato fiscale. A questi potrebbero aggiungersi le ricadute dello scudo fiscale sul quale però il governo ha preferito non fare previsioni (ma si parla di due miliardi). SANITA´.Il ripristinato del ticket sulle visite specialistiche e sulla diagnostica - si diceva - porterà risparmi per 1 miliardo di euro. La misura è prevista all'articolo 30 della legge Finanziaria e, secondo la relazione tecnica allegata, dovrebbe portare ad un risparmio di 1 miliardo e 84 milioni di euro nel 2003 e 2 miliardi e 169 milioni per gli anni 2004 e 2005. PUBBLICO IMPIEGO. Il blocco delle assunzioni frutterà una riduzione di spesa per quasi 1,9 miliardi in tre anni. Nel blocco rientrano le forze armate e i corpi di polizia. Per il personale della scuola (docente e non) sono previsti tagli per 425 milioni in quattro anni, concentrati soprattutto sul personale ausiliario. RESIDUI PASSIVI. Il sottosegretario Giuseppe Vegas ha riferito che i residui passivi degli investimenti in opere pubbliche che scadono nel 2002 verranno mantenuti in bilancio un anno in più. ENTI INUTILI. Ci saranno sei mesi di tempo per «l´individuazione di enti e organismi pubblici, inclusi le agenzie» ritenuti indispensabili. Gli altri - sentito il ministro della Funzione pubblica - saranno liquidati. La norma era prevista anche dalla precedente finanziaria ma non ha sortito esiti apprezzabili. Il governo ci riprova. FONDO PER IL FEDERALISMO. Sempre entro sei mesi dall´approvazione della Finanziaria, verrà istituito un fondo unico presso il ministro dell´Economia, in cui confluiranno tutti i trasferimenti erariali attualmente attribuiti alle regioni. Dovrebbe essere il primo passo verso il federalismo fiscale. CUMULO DEI REDDITI. L´abolizione del divieto di cumulo, a regime, dovrebbe consentire allo Stato una minore spesa previdenziale di 52 milioni l'anno dal 2004. Raffaello Masci __________________________________________________________________________ Il Messaggero 4 ott. ’02 AL POLICLINICO I GIOVANI DOTTORI IMPARANO ANCHE AD AMARE I MALATI di SALVATORE SPOTO LA testimonianza di fratellanza e solidarietà lasciata a Roma da monsignor Josemaría Escrivá è in un angolo della periferia più affollata e bisognosa della città, in via Longoni, al Prenestino. Qui opera il Policlinico Universitario “Campus Bio-medico". E’ una struttura moderna, dove i principi della scienza vanno a braccetto con la solidarietà per fare del malato una persona da curare e fraternamente amare. In questo ospedale medici e infermieri, altamente specializzati, imparano a collaborare nell’interesse del paziente fin dai banchi dell’università. «Solo così è possibile raggiungere un alto grado di affiatamento - spiega il dottor Felice Barela, direttore del comprensorio sanitario - solo così è possibile essere più vicini ai malati». Nel "Campus", vigono regole, consuetudini e, per molti versi, tradizioni legate allo stile accademico anglosassone. Gli studenti non trovano mai chiuse le porte dei docenti: questa è scuola di vita oltre che di scienza. Se il rapporto tra docenti e allievi è di uno a cinque, in assoluto uno dei più alti in Italia, altrettanto alto è quello tra medici, paramedici e pazienti. Il principio ispiratore? Quello insegnato da Escrivá: essere vicini a chi soffre con attenzione umana, scientifica e spirituale». Attualmente funzionano i corsi di laurea in Medicina e chirurgia ed in Ingegneria Biomedica, le lauree triennali per diventare infermieri specializzati e dietisti, ma il "Campus" si prepara a diventare ancora più grande. «Siamo qui in via transitoria - prosegue Felice Barela - in attesa del trasferimento della struttura a Trigoria. Entro il 2005, su un’area, in parte offerta da Alberto Sordi, funzionerà un complesso ospedaliero con 350 posti letto. Ci saranno anche un Polo didattico e centri per le ricerche e per l’assistenza agli anziani, oltre alle residenze per gli studenti». __________________________________________________________________________ Unione Sarda 3 ott. ’02 ASL8: LA SANITÀ A PORTATA DI TELEFONO Chiamando lo 070.47.47.47 si potranno fissare gli appuntamenti per visite ed esami clinici Attivo da oggi il Centro unificato di prenotazione dell’Asl 8 Il pellegrinaggio telefonico tra ambulatori e reparti ospedalieri, per ottenere una prestazione specialistica in tempi umani, è finito. Ora c’è il “numero magico” 070.47.47.47, che spalancherà agli assistiti le porte di tutte le strutture sanitarie dell’Asl numero 8: basterà chiamarlo per fissare l’appuntamento in uno dei sette ospedali o delle 350 strutture specialistiche che fanno capo all’Azienda. Come ogni neonato (oggi è il suo primo giorno di vita), la nuova struttura ha un nome: si chiama Cup (Centro unificato di prenotazione), il suo call center è ospitato in uno dei padiglioni dell’ex ospedale psichiatrico Villa Clara. Da oggi, prenotare le prestazioni specialistiche (soltanto quelle, il discorso non vale ad esempio per i classici esami del sangue) non sarà più possibile nei singoli reparti o ambulatori: ad accettarle saranno soltanto gli operatori del Centro unificato. Alla conferenza-stampa di ieri mattina, il direttore generale dell’Asl 8 si è soffermato su che cos’è, ma soprattutto su che cosa non è, il nuovo call center: «Non è un servizio medico telefonico», ha esordito Efisio Aste, «e non fornisce consulenze su patologie, terapie ed esami». Quelle, resteranno di competenza del medico di base, al quale spetta la decisione di consigliare ai pazienti se sottoporsi a visite o ad esami specialistici, e a quali. «Chi telefona qui», ha aggiunto Aste, «deve avere già l’impegnativa in mano». È quando il medico di base si è già pronunciato, che entra in scena il Centro unificato. Telefonando allo 070.47.47.47, dopo aver fornito i propri dati personali, si dovrà chiedere l’appuntamento per la prestazione scritta sull’impegnativa. Consultando il computer (la rete realizzata dal docente universitario di Informatica Gianni Fenu è collegata con tutti i reparti ospedalieri e gli ambulatori dell’Asl 8), l’operatore proporrà la struttura sanitaria che ha la lista d’attesa più breve. È solo un consiglio, perché la scelta su dove farsi visitare o esaminare spetterà al paziente, al prezzo però di un’attesa più lunga. Al Centro unificato di prenotazione, realizzato con una spesa di centomila euro interamente a carico dell’Asl 8, ci dovremo rivolgere soltanto per sottoporci alla prima consulenza specialistica: dopo la prima visita, se saremo soddisfatti delle prestazioni ricevute, il compito di fissare gli appuntamenti successivi spetterà alla struttura alla quale ci siamo già rivolti. Per questo, in ogni reparto o ambulatorio, l’orario di lavoro sarà diviso tra “prime” e “seconde” visite. «Grazie al Centro», assicura Efisio Aste, «gli assistiti non dovranno più telefonare a mezza città per ottenere le prestazioni specialistiche, e si eviteranno anche gli appuntamenti multipli». Succede spesso, infatti, che la gente prenoti la stessa visita in diverse strutture e rispetti soltanto l’appuntamento più vicino nel tempo, senza disdire gli altri. Pianificare il lavoro era dunque impossibile. Fin qui è tutto abbastanza semplice, ma qualche complicazione non manca. La più importante è che il Cup vale soltanto per le strutture di proprietà dell’Asl 8, e non per le altre. Ad esempio, non si possono prenotare le prestazioni specialistiche al “Brotzu” (che è un’azienda sanitaria autonoma), né al Policlinico di Monserrato (appartiene all’Università) né, tantomeno, nelle case di cura e negli studi specialistici privati, compresi quelli convenzionati con l’Asl 8. «Il Centro è dell’Asl», si affretta a precisare il direttore generale, «ed è collegato soltanto con le nostre strutture, ma sia ben chiaro: non è un mezzo per fare concorrenza al “Brotzu”, all’Università o ai privati convenzionati. Serve solo per ottimizzare il lavoro nelle nostre strutture». Dopo un primo periodo di rodaggio, al Cup arriverà un’importante novità: il collegamento telematico con tutte le farmacie che si trovano nel territorio dell’Asl 8. «L’accordo con la Federfarma è già stato raggiunto», assicura Efisio Aste, «tra due mesi le prestazioni specialistiche potranno essere prenotate durante l’acquisto dei medicinali». Il farmacista non avrà un guadagno diretto da questo nuovo compito, ma offrendo il servizio potrà “fidelizzare” i clienti. Il marketing, insomma, si fa strada tra le Zigulì. Da stamani si parte, pur tra le paure e i correttivi che ogni novità richiede, ma Aste è ottimista: «Metteremo a punto la macchina in brevissimo tempo». Ed ora, come si dice, via alle telefonate. Luigi Almiento __________________________________________________________________________ Unione Sarda 2 ott. ’02 LO SPECIALISTA? BASTA UNA TELEFONATA Superato il collaudo per il Centro unificato di prenotazioni della Asl 8 In un giorno 2400 chiamate, il più richiesto è l’oculista Ce n’era bisogno e lo si è visto fin dal debutto: 2400 chiamate nel primo giorno di lavoro. Il Cup (Centro unificato di prenotazione) della Asl 8 è stato tempestato di telefonate di assistiti in attesa di una visita specialistica. Gli operatori (10 per turno, dalle 7,30 alle 20, rispondono allo 070.47.47.47) hanno avuto un gran da fare ma sono comunque riusciti a contenere i tempi medi di attesa in due minuti e venti secondi. Risposte non proprio fulminee ma neanche eccessivamente lente, soprattutto se si tiene conto che l’apparato è ancora in fase di rodaggio. Fuori dalla media, il più sfortunato è stato il signore che è rimasto per nove minuti e 53 secondi a sentire le Quattro Stagioni di Vivaldi prima di riuscire a parlare con un operatore. «Un caso unico, capitato in un momento di caduta della procedura», spiega Mariano Fresu, coordinatore informatico del Cup. Per dirla in parole semplici, è capitato che un addetto ha sbagliato un’operazione bloccando il suo computer e, a catena, tutti gli altri. A parte questo inconveniente, avvenuto attorno alle dieci del mattino, i tempi di attesa medi sono scesi nel pomeriggio a meno di due minuti per azzerarsi nell’ultima mezz’ora tra le 19,30 e le 20. Diversamente da quel che succede per altri call centerse le linee sono eccessivamente intasate, l’utente viene invitato a richiamare e il collegamento si chiude automaticamente. «Abbiamo fatto questa scelta per evitare costi telefonici elevati agli assistiti, costringendoli a stare al telefono per troppo tempo», spiega Fresu. Alle 13 avevano chiamato in 1100, alle 18 in 2200. Non tutte le telefonate sono andate a buon fine, concludendosi cioè con la prenotazione della visita. Molti hanno riattaccato prima di riuscire a parlare con gli operatori, altri hanno rinunciato alla prenotazione perché la data o il reparto non erano di loro gradimento. A conti fatti, solo dal 40 per cento delle chiamate è scaturita una prenotazione. Le visita più richiesta è stata quella dall’oculista (130 appuntamento fissati). A seguire radiologia (84), otorinolaringoiatria (69), dermatologia (62), cardiologia (55), ortopedia e traumatologia (42), neurologia (36), pneumologia (32) e ostetricia e ginecologia (26). Meno di venti richieste per tutti gli altri settori. Un solo appuntamento, infine, con specialisti in anestesia e rianimazione, chirurgia d’urgenza, dietologia, nefrologia e oncologia. Per quanto riguarda i pazienti (dati alle 17,30), la fascia d’età che ha maggiormente chiesto il ricorso allo specialista, com’era prevedibile, è quella oltre i sessant’anni (213 visite). Più si avanti con gli anni, insomma, maggiore è la frequentazione del medico: da utenti tra i 40 e i 60 anni sono arrivate 207 telefonate, calate a 136 per gli assistiti tra i 20 e i 40 anni, 67 per quella tra i 5 e i 20 e 30 per i bambini al di sotto dei cinque anni. Non sono mancati neppure i saggi di stupidità via cavo: quelli di chi si è esibito in insulti o offese di vario genere. Pochi, per fortuna. __________________________________________________________________________ Unione Sarda 3 ott. ’02 ASL8: VISITA OCULISTICA? SÌ, MA NEL 2003 Impossibile ottenere un appuntamento in tempi brevi negli ambulatori pubblici Al Cup dell’Asl 8 la prima data disponibile è il 7 gennaio Prenotazioni Oltre che al call-center dell’Asl 8 (070-474747) ci si può rivolgere all’ospedale “Brotzu” (070-539680) o al Policlinico universitario (070- 60286049), dove sono in funzione centri unici di prenotazione. Trattandosi di strutture ad alta specializzazione, ospedale e Policlinico non offrono prestazioni agli esterni per tutti i settori. I tempi della lista d’attesa (come illustrato nel grafico) variano da una specializzazione all’altra. La giornata inizia male. Anzi, malissimo. Almeno per l’occhio destro che di svegliarsi non ne vuol sapere. Dio mio, di nuovo. Era già successo in primavera: al risveglio resta chiuso. Che sia un male di stagione, una sindrome dei periodi intermedi, alla fine dell’inverno e in autunno. Boh, chissà? Normalissimo, ma chiuso. Nessun gonfiore, Nemmeno un micron di cispa. Perfetto, a vederlo allo specchio. Però la palpebra non si solleva. No, meglio non forzarlo. Poi succede come in aprile che si ulcera la cornea e mi fa un male cane. Mah, sarà una fesseria. Però, il collega mi ha detto che anche alla sua domestica era iniziato così. Sembrava nulla ma alla fine hanno scoperto che aveva un tumore al cervello. No, no, meglio prevenire. Io sono per la diagnosi precoce, tutto si cura se si interviene tempestivamente. Chiamo il mio medico e sento che mi dice. Devo andare dall’oculista? Benissimo, dottore, passo in ambulatorio a ritirare l’impegnativa. Forse mi converrebbe fare una visita privata, se paghi non devi aspettare. Come minimo, però, sono 70 euro. Col servizio pubblico me la cavo col ticket. Meglio risparmiare. Direi indispensabile, visto che le vacanze (benedette siano) mi hanno azzerato il conto. Magari non c’è neppure tanto da aspettare. Ho letto che l’Asl 8 ha inaugurato un call-center, sì un centro di raccolta delle prenotazioni. Come per il telefonino, se qualcosa non va, tu chiami e parli con un operatore che ti risolve il problema. Il numero, il numero...? Ma si, è sul giornale. Allora, 070-474747. Perché cade la linea dopo le prime quattro cifre? Ho capito, troppe chiamate, come quando ho tentato di partecipare a quel quiz televisivo e non sono mai riuscito a parlare perché alla terza cifra scattava l’occupato. Che ore sono? Le 10,10. Aspetto cinque minuti e riprovo. Bene, bene, non cade la linea. Accidenti, però è occupato. Mi sa che provo e riprovo in continuazione, basta schiacciare il tasto ripeti. Ma sta chiamando tutto il mondo, Sono sei minuti che ripeto. Finalmente...libero. E figurati se non ti pregano di attendere. E certo che aspetto, mica ci rinuncio alla “priorità acquisita”, fossi pazzo, è mezz’ora che tento e ritento. Nel frattempo mi ascolto Vivaldi. Sicuramente le “Quattro Stagioni”, vediamo un po’..., la Primavera. Pronto, avrei bisogno di una visita oculistica. Impossibile a Cagliari? E dove? A Selargius. Va bene, quando? Il 7 gennaio 2003. Ma a me serve subito. Impossibile. Ok grazie, cercherò altrove. E ora? Proviamo al ”Brotzu”, Oculistica c’è anche lì e hanno pure un centro prenotazioni. Il numero è sull’elenco. Eccolo, 070-539680. Occupato. Faccio come con l’Asl chiamo finché non è libero. Maledizione è un quarto d’ora che chiamo. Sono già le 11,05. Eccolo, beccato, libero. Come? L’oculistica non visita gli esterni. Solo i pazienti già in cura da voi oppure quelli urgenti inviati dal pronto soccorso. Grazie. E ora? Faccio un tentativo al Policlinico universitario. Di sicuro hanno un centro prenotazioni, ormai ce l’hanno tutti. Trovato: 070-60286049. Libero. L’ambulatorio di oculistica ancora non è in funzione? Lo state allestendo ma per ora niente visite. Benissimo, buona giornata. Ho l’impressione che non ci sia alternativa: o mi tengo l’occhio così com’è fino al nuovo anno o pago uno specialista e mi faccio visitare in tempi decenti. Mi sa che mi conviene sacrificare un po’ di euro, piuttosto che salutare tutte le mattine il nuovo giorno in meno. Passi per la musica, ma la vista no, la voglio stereo. Ma si, chiamiamo l’oculista consigliato dal mio medico. Pronto, il dottore non c’è, l’appuntamento può prenderlo lei. Perfetto. Meglio al mattino, diciamo alle 9. Il costo? Settantacinque euro. Allora lo fissiamo per dopodomani. Certo, sarò puntuale, mi rendo conto che il dottore non può perdere tempo. Caspita se per lui il tempo è prezioso, 75 euro a visita. Il mio occhio invece sembra che non valga nulla, tant’è che per sapere che accidenti ha dovrei aspettare fino a gennaio. Poi dicono che puoi scegliere tra pubblico e privato. Chiamala scelta. Stefano Lenza __________________________________________________________________________ Unione Sarda 2 ott. ’02 TRA DUE MESI I MEZZI PUBBLICI PER IL POLICLINICO UNIVERSITARIO Per ora l’unico mezzo pubblico per raggiungere il Policlinico di Monserrato in tempi accettabili è l’ambulanza, ma ora ci penserà il Ctm. Tra due mesi nascerà la linea 29 che farà capolinea al Policlinico universitario, con una fermata davanti alla Cittadella dell’Ateneo. Un bus che raggiunge il polo dell’Ateneo, in realtà, esiste già, ma con percorsi e frequenze che lasciano insoddisfatti i passeggeri. La linea 29 (la ventottesima del Ctm), partirà dal centro cittadino e andrà diritta al Policlinico: senza tanti e inutili giri, attraverserà viale La Plaja, percorrerà un tratto della statale 131 bis, entrerà nella circonvallazione 554 e svolterà allo svincolo per Sestu, dove si trova il polo universitario. In città, il "29" attraverserà anche via Dante e piazza Giovanni XXIII. (l. a.) __________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 2 ott. ’02 INTERVENTO D'AVANGUARDIA AL MARINO DI CAGLIARI Una proteina per saldare le fratture più difficili Sabrina Zedda CAGLIARI. C'è una nuova speranza per i pazienti che non riescono a guarire da una frattura. Si chiama "proteina osteogenica numero uno", sostanza in grado di stimolare la formazione del callo osseo che ha trovato applicazione, per la prima volta in Italia, all'ospedale Marino, grazie ad un eccezionale intervento chirurgico compiuto dall'équipe del professor Claudio Velluti. I primi risultati sembrano incoraggianti. "Seguendo alcuni congressi all'estero, ho saputo dell'esistenza di una proteina, già in uso negli Stati Uniti, in grado di provocare la formazione del callo osseo", spiega il professor Velluti, direttore della Clinica ortopedica dell'Università di Cagliari: "La cosa mi ha subito colpito perché intuii che questa poteva essere la speranza per un mio paziente costretto da due anni all'immobilità per via di alcune fratture che non riuscivano a guarire". Il tempo d'ottenere le autorizzazioni necessarie da parte delle istituzioni competenti, ed ecco che Velluti riesce a farsi spedire, da una grossa casa farmaceutica irlandese, alcune fiale del "miracoloso" farmaco, il cui costo supera i 4500 euro la boccetta. Tre mesi fa l'operazione: "Siamo intervenuti - prosegue il professore - su ambedue i femori e sulla tibia sinistra del paziente. Oggi, a tre mesi di distanza dall'intervento, il callo osseo è già in formazione e il paziente è in grado di camminare. Persino il dolore è scomparso". Risultati incoraggianti dunque, anche se il direttore della Clinica ortopedica preferisce mantenersi cauto: "Perché il callo osseo si formi completamente occorre ancora qualche mese; stando ai primi risultati comunque, non possiamo che essere contenti". Tuttavia una precisazione va fatta: la proteina osteogenica numero uno non va assolutamente presa come una panacea per tutti i mali. Può essere utilizzata solo nell'uno per cento dei pazienti. In poche parole, il preparato è l'ultima spiaggia nei casi in cui si siano mostrate inefficaci tutte le altre cure: dalla fisioterapia sino all'intervento chirurgico. In Sardegna sono una decina i pazienti che attendono d'essere curati con questo nuovo sistema. In tutto il mondo, gli interventi eseguiti sinora sono stati invece una trentina, con risultati positivi in almeno 25 di questi. La speranza ora è che l'uso della proteina possa estendersi anche ad altre patologie in cui sia necessario stimolare la formazione del callo osseo, come ad esempio nei casi di tumore. Rivoluzionario intervento chirurgico al Marino Per saldare le fratture ora basta una proteina CAGLIARI. Per la prima volta in Italia un'equipe della clinica ortopedica e chirurgica dell'università ha effettuato un rivoluzionario intervento su un paziente con frattura del femore, utilizzando una proteina osteogenica. L'intervento sarà illustrato oggi alle ore 10,30 nell'aula riunioni biblioteca dell' Unità Spinale, al secondo piano del Marino: il professor Claudio Velluti presenterà i risultati dell'intervento. La novità della tecnica utilizzata consiste nell'impiego di una proteina speciale sinora mai utilizzata in Italia, e pochissime volte in in Europa, che consente la formazione del callo osseo. Si tratta dell'"osteogenic Protein 1", questo il nome scientifico del preparato utilizzato dai chirurghi ortopedici cagliaritani: l'osteogenic protein 1 è usata da tempo e con buoni risultati negli Stati Uniti e in Australia. La proteina ha un ruolo particolarmente importante nelle pseudo artrosi, patologie che rallentano o impediscono la formazione del callo osseo costringendo i pazienti all'immobilità. Durante l'incontro, il professor Velluti illustrerà sia le caratteristiche, il valore medico-scientifico e le ripercussioni nella realtà sociale isolana della proteina, sia il metodo e le varie fasi dell'intervento chirurgico. __________________________________________________________________________ Repubblica 3 ott. ’02 LA PANCREATITE NON PIÙ MALATTIA SOLO MASCHILE Fumo e alcol, il rischio ora è per le donne Uno studio fa accantonare la vecchia convinzione che sia una patologia tipicamente "da uomini" DI SIVIA BAGLIONI La pancreatite cronica è sempre stata considerata una patologia tipicamente maschile, provocata dagli eccessi alcolici e dal fumo, ma i dati della prima indagine epidemiologica italiana permettono di tracciare un identikit del paziente molto diverso da quello atteso e fanno luce su un quadro patologico complesso e in parte ancora sconosciuto. Il progetto "PanCroInf", realizzato con il sostegno di Solvay Pharma e presentato alla vigilia del XXVI Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Studio Pancreas (AISP), rivela che 1 terzo dei pazienti colpiti da pancreatite cronica sono donne, ridimensiona il ruolo di alcol e fumo come fattori scatenanti e dimostra, viceversa, che spesso la predisposizione genetica è un importante fattore eziologico. «In Italia», spiega Giorgio Cavallini, direttore della Cattedra di Gastroenterologia dell’Università di Verona e coordinatore della ricerca «si stima che ogni anno circa 15 mila nuovi pazienti vengono colpiti da questo processo infiammatorio a carattere evolutivo che progressivamente distrugge la ghiandola pancreatica, determinando un’insufficiente produzione di enzimi digestivi e di insulina, con la conseguente comparsa di problemi digestivi e diabete. Per fotografare questa malattia sotto tutti gli aspetti abbiamo arruolato ben 383 pazienti in 20 centri ospedalieri e universitari distribuiti su tutto il territorio nazionale». La pancreatite cronica dura non meno di dieci anni e l’età media dei pazienti è di circa 50 anni. Ma la novità dello studio è che ha evidenziato le differenze tra i sessi: negli uomini la malattia si manifesta tra i 30 e i 59 anni (con un picco tra i 41 e i 50), mentre nelle donne l’età d’esordio è tra i 26 e i 61 anni (con un picco tra i 21 e i 30); inoltre solo il 33 per cento degli uomini colpiti dichiara di consumare quotidianamente più di un litro di vino e solo il 23 di fumare più di 20 sigarette; le donne si dichiarano astemie per il 70 per cento e non fumatrici per il 60. «Questi dati», dice Cavallini, «dimostrano che alcol e fumo, da sempre indicati come cause primarie, sono solo cofattori che accelerano il processo infiammatorio e che potrebbero avere un impatto diverso a seconda del sesso del paziente. D’altronde questa malattia è molto complessa e tra gli obiettivi dello studio "PanCroInf" vi è proprio quello di chiarire i meccanismi d’insorgenza e di verificare l’efficacia delle terapie proposte. Sono state evidenziate forme di pancreatite cronica provocate dall’abuso di alcol (33%), da ostruzioni (33%), da distrofia cistica della parete duodenale (7%), da fenomeni autoimmunitari (6%), da difetti genetici ereditari (5%) e da malformazioni congenite estremamente rare, ma in molti casi non è stato possibile riconoscere alcuna causa precisa». __________________________________________________________________________ Le Scienze 3 ott. ’02 SEQUENZIATO IL GENOMA DELLA ZANZARA CHE PROVOCA LA MALARIA L'A. gambiaeè la più comune specie di zanzare in Africa e trasmette il parassita Plasmodium falciparum Il genoma dell'Anopheles gambiae, la zanzara che trasmette il parassita della malaria agli esseri umani, è stato completamente sequenziato da un gruppo di ricerca internazionale che comprende anche scienziati italiani. La malaria affligge ancora oggi più di 500 milioni di persone e causa quasi tre milioni di morti all'anno, il novanta per cento dei quali nell'Africa sub- sahariana. L'A. gambiae è la più comune specie di zanzare in Africa e trasmette il parassita della malaria, Plasmodium falciparum attraverso il sangue. La tecnica usata per completare il sequenziamento è stata quella cosiddetta a "shotgun" (mitraglia), consistente nel collegare fra di loro frammenti di DNA sequenziati a caso e provenienti da tutto il genoma. La sequenza così ottenuta è lunga 278 megabasi (ognuna delle quali equivale a un millione di nucleotidi, l'unità base del DNA). Il principale autore dello studio, che sarà pubblicato il 4 ottobre sulla rivista "Science", è Robert A. Holt della Celera Genomics, Inc. Holt e colleghi hanno effettuato studi particolari sui geni che vengono attivati o disattivati quando la zanzara femmina si nutre di sangue. "In questo modo - spiega il biologo - si potranno trovare metodi per sviluppare vaccini in grado di bloccare la trasmissione del parassita. La conoscenza del genoma faciliterà anche la comprensione delle basi molecolari della resistenza agli insetticidi." __________________________________________________________________________ La Stampa 2 ott. ’02 NUOVA TECNICA PER ZITTIRE I GENI LA SCOPERTA MOLECOLE DI RNA POSSONO BLOCCARE PROCESSI GENETICI CAUSA DI MALATTIE L'attenzione per il DNA, la molecola che contiene il codice genetico, non ha fatto dimenticare l'altro acido nucleico, l´RNA, o acido ribonucleico, che pure riveste in biologia un ruolo fondamentale. Anzi, si può ricordare con una frase famosa che "in principio vi era l'RNA ": pare infatti che l'origine della vita sulla Terra sia dovuta a informazioni genetiche scritte nell'RNA, che sarebbe stato poi sostituito dal composto de-ossigenato, più stabile. Funzione primaria dell'RNA è rimasta quella di assicurare il trasferimento dell'informazione contenuta nel DNA dal nucleo ai ribosomi, le officine nel citoplasma dove vengono assemblate le proteine: la molecola, a singolo filamento, che compie tale funzione è per l'appunto l'RNA "messaggero", che agisce come "stampo" per la formazione delle proteine stesse. Sono state proprio ricerche condotte sul manifestarsi di particolari caratteristiche in piante e nematodi (vermi) che, inaspettatamente, hanno rivelato una possibilità che alcuni definiscono "rivoluzionaria", vale a dire un modo privo di particolare tossicità per "zittire" dei geni indesiderati. Una indicazione della crescente importanza di questa ricerca è fornita indirettamente dal numero delle pubblicazioni sull'argomento, che è aumentato in misura esponenziale negli ultimi anni. Come si è arrivati a prospettare tale eventualità? Gli studi da cui ha preso origine questo indirizzo di ricerca sono iniziati sia da vegetali sia da organismi inferiori, ad esempio il Caenorabditis elegans, un minuscolo verme largamente usato per la sua semplicissima struttura: si vide infatti quattro anni fa nei laboratori del Carnegie Institute di Baltimora che l'introduzione di piccole molecole di RNA a doppio filamento nel suddetto nematode poteva inibire in modo specifico l'attività di alcuni geni contenenti sequenze omologhe: l'aspetto più interessante era che questo meccanismo appariva largamente usato in natura (e da tempo immemorabile) in una quantità di organismi vegetali e animali, ad esempio da molte piante, allo scopo di eliminare virus dannosi. A questo fenomeno lo studioso americano Andrew Fire dette il nome di "Interferenza da RNA", mentre la denominazione sintetica dei composti attivi è quella di "siRNA" (short interfering RNA), a significare come siano proprio piccoli pezzi di RNA, di circa 20 nucleotidi, ad essere dotati di tale attività. Lo stesso fenomeno fu poi osservato in cellule di Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta, in cui l'azione di alcuni geni veniva bloccata dalla presenza appunto di piccoli frammenti di "siRNA". Il fenomeno si prestava ovviamente ad importanti studi sperimentali: fino ad ora il metodo più usato per ridurre l'espressione dei geni nelle cellule era basato sulle cosiddette sequenze "antisenso", vale a dire oligonucleotidi a singolo filamento con sequenza genetica "complementare" a quella dell'RNA messaggero. Tali molecole anti-senso interagiscono coll'RNA in vari modi, provocando una sensibile riduzione dell'attività genica ma il loro impiego si scontra con varie difficoltà: fra esse l'instabilità degli oligonucleotidi e la scarsità di sequenze-bersaglio nell'RNA messaggero a causa delle piegature dello stesso RNA e quindi la necessità di saggiare sequenze antisenso multiple prima di trovare quelle ad azione inibitoria maggiore. Per quanto riguarda invece il "siRNA", gli esperimenti hanno dimostrato una notevole attività sia in cellule vegetali che animali, compreso, da poco tempo, cellule di mammiferi, nelle quali si è vista una inibizione genica specifica di forte entità; si conferma così come un processo fisiologico, presente in natura a scopo difensivo, possa essere rivolto sia allo studio della funzione genica, che a finalità terapeutiche. Quali possono essere le applicazioni in patologia umana? A giudicare dalle cospicue somme destinate recentemente in America a studi di questo genere, le attese sono grandissime. Esperimenti su cellule umane hanno mostrato infatti come questa "interferenza" sia in grado di "zittire" geni che sono indispensabili per la riproduzione di virus nelle cellule stesse o addirittura bloccare dei geni alterati che possono indurre la formazione di tumori. Forse è possibile, con tale meccanismo, rendere una cellula linfatica resistente al virus HIV, responsabile dell'AIDS, o le cellule nervose al virus della poliomielite, oppure , sempre secondo le aspettative più rosee, impedire l'azione di meccanismi genetici tumorali. Un primo bersaglio potrebbero essere quei "trascritti" genici che causano alcune malattie genetiche del sistema nervoso, come l'atrofia muscolare spino-bulbare, poiché tali trascritti si sono dimostrati sensibili, in vitro, all'azione dei "si-RNA" corrispondenti: ricordiamo che questa azione sarebbe altamente specifica per il gene "zittito" e non dovrebbe toccare i geni vicini. Rimane il punto interrogativo se questi fenomeni osservati in vitro possano essere confermati in organismi viventi (i risultati ottenuti con le sequenze anti-senso sono stati abbastanza deludenti). Un altro problema è quello di assicurare che questo "siRNA" venga indirizzato nei tessuti ed organi voluti, ed a questo riguardo occorre segnalare i recentissimi dati provenienti dalla Università del Wisconsin e pubblicati su "Nature", che dimostrano una soddisfacente distribuzione del "siDNA", iniettato nella vena caudale del topo, nei vari organi principali, come fegato, reni, polmone e altri. La qualità degli studiosi impegnati in questa ricerca (e non mancano scienziati italiani) è tale da farci sperare in importanti risultati. __________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 ott. ’02 ORTOPEDIA D'AVANGUARDIA A CAGLIARI Primo intervento in Italia con la Osteogenic Protein 1 CAGLIARI. Per la prima volta in Italia una équipe della Clinica ortopedica e chirurgica dell'università di Cagliari ha fatto un rivoluzionario intervento su un paziente con frattura del femore, utilizzando una proteina osteogenica. Oggi il professor Claudio Velluti presenterà i risultati dell'intervento. La novità della tecnica utilizzata consiste nell'impiego di una proteina speciale sinora mai usata in Italia, e pochissime volte in in Europa, che consente la formazione del callo osseo. L'Osteogenic Protein 1 è usata da tempo negli Stati Uniti e in Australia: ha un ruolo particolarmente importante nelle pseudo artrosi, patologie che rallentano o impediscono la formazione del callo osseo costringendo i pazienti all'immobilità. __________________________________________________________________________ La Stampa 3 ott. ’02 ALLARME INFEZIONI IN CORSIA PIÙ MORTI CHE SULLE STRADE BARCELLONA Negli ospedali italiani si muore per infezioni, contratte in corsia, in sala operatoria o in terapia intensiva, come sulle strade per incidenti d´auto. Sono 6-7 mila l´anno, infatti, le morti per «infezioni nosocomiali», tante quanto quelle per incidenti stradali, oltre 6 mila. Cinque pazienti su 100 ricoverati in ospedale, e uno su tre in terapia intensiva, contraggono infezioni, polmoniti in cima alla lista, per un totale di oltre 500 mila ogni anno. Per curarle occorrono 3 milioni 730 mila giornate di degenza in più, con costi per circa 1 mld 865 mln di euro, calcolando che il «prezzo» per ogni giorno di ricovero è almeno di 500 euro. I dati arrivano dal XV Congresso annuale della Società europea di terapia intensiva, in corso a Barcellona. Circa un terzo delle infezioni, e almeno duemila morti, però, sarebbero evitabili, secondo gli esperti «con i metodi oggi disponibili: le procedure di igiene e profilassi, a partire dal semplice lavaggio delle mani, ma soprattutto terapie farmacologiche appropriate». «Al primo posto fra le cause delle infezioni nosocomiali - spiega il professor Ercole Concia, della Divisione di malattie infettive dell´Università di Verona - l´Organizzazione mondiale della sanità cita le terapie antibiotiche inadeguate, responsabili del fenomeno delle resistenze a questi farmaci. Una cura non giusta riesce infatti ad "ammazzare" i batteri più sensibili, ma non gli altri più difficili e "aggressivi", che riescono a sfuggire al farmaco (come lo Staphilococco aureus, enterococchi, Pseudomonas, all´origine di polmoniti, batteriemie, infezioni della cute) e trovano terreno fertile per ´colonizzarè. A ciò si aggiungono poi una serie di atti medici, dall´inserimento di un catetere a interventi chirurgici che ledono le normali barriere e immunodeprimono il paziente, favorendo le infezioni». Ovviamente giocano un ruolo importante le condizioni igieniche e la qualità dell´assistenza in ospedale. «Perchè - spiega Concia - se un paziente è costretto in una camerata con 10 letti, è ovvio che la trasmissione è facilissima. Non ultimo, poi, l´igiene osservata dai medici, dal lavaggio delle mani dopo qualsiasi procedura alle condizioni igieniche della struttura». "Nota dolente", infine, la carenza di personale: in Italia ad esempio mancano 40mila infermieri rispetto al fabbisogno, e «con il blocco delle assunzioni - riferisce - anche per i medici ci saranno problemi. È ovvio che dover assistere più pazienti, fa sì che il personale sia meno attento, anche solo perchè mancanza di tempo». Sul fronte delle terapie è da poco arrivato in Italia, un nuovo antibiotico, a disposizione degli ospedali (in fascia H), mirato proprio alla cura delle infezioni causate da agenti patogeni Gram positivi, che ha dimostrato una specifica efficacia contro i batteri ormai resistenti agli antibiotici tradizionali. «La molecola Linezolid, è il primo antibiotico innovativo da 30 anni a questa parte», spiega la professoressa Teresita Mazzei, farmacologa dell´Università di Firenze. «Se si guarda infatti la storia di questi farmaci - gli fa eco Concia - vediamo che dalla scoperta della penicillina, nel 1929, sono arrivati tanti antibiotici, con un picco di 37 nel decennio 1980-90, per scendere a 7 fra il ´90 e il 2000». La caratteristica di questo prodotto è nel suo meccanismo di azione nuovo: mentre gli altri antibiotici agiscono a valle dei processi di replicazione batterica (sintesi proteica), questo lavora a monte. Non interferisce con altri antibiotici e permette di trattare anche le resistenze. r. cri.