LE RIVOLUZIONI TECNOLOGICHE DELLA RICERCA FONDAMENTALE MA QUANTI SPRECHI LEGALIZZATI NELLE UNIVERSITÀ LA RICERCA MALATA INVECCHIA E NON HA FONDI E LE DONNE NELLA RICERCA? QUASI SPARITE UNIVERSITÀ, CONTINUA L'ALLARME ROSSO MILANO CITTÀ DELLE NUOVE SCIENZE» CAGLIARI: COMINCIA LA SETTIMANA DELLA SCIENZA MANCANO 12 INSEGNANTI: INFERMIERI FUORI CORSO PSICOLOGIA: ADESSO DATECI I PROFESSORI E I TIROCINI CAGLIARI: DISCO VERDE PER MISTRETTA TASSE: MISTRETTA CONFERMA: SERVONO DUE MILIONI DI EURO DIETROFRONT DI MISTRETTA SULLE TASSE ADDIO AL PROFESSOR MARCO SOMALVICO PIONIERE DELL' INTELLIGENZA ARTIFICIALE =========================================================== CAMICI BIANCHI IN PIAZZA: CORTEO DEGLI “SPECIALIZZANDI” LA MARCIA DEGLI 'SPECIALIZZANDI' SIRCHIA: RISCHIOSO AZIENDALIZZARE TROPPO LE STRUTTURE DI CURA ROMA: FINISCE AL TAR IL PIANO DI RILANCIO DEL POLICLINICO CAGLIARI: UNA GIORNATA A BABYLANDIA ISILI: PARTE LA RISCOSSA DEI TALASSEMICI «UN GEL CHIRURGICO RIDUCE LA VISTA AGLI OPERATI DI CATARATTA» CUF: "MA LA NOSTRA SALUTE NON È UN PRODOTTO" I TEST DEL MINISTERO NON BOCCIANO L' OMEOPATIA L' IBM CONTRO I GIAPPONESI PER COSTRUIRE IL COMPUTER «VELOCE COME IL CERVELLO» ERBE MEDICINALI COME I FARMACI» UN NUOVO METODO PER DIAGNOSTICARE I TUMORI MALI REUMATICI, NUOVE CURE MIGLIORI E MENO COSTOSE BATTERI: RESISTONO AGLI ANTIBIOTICI, MA NON AL MIELE TRAPIANTI DI POLMONE CHI CURARE PER PRIMO? =========================================================== _____________________________________________ Le Scienze 21 Nov. 02 LE RIVOLUZIONI TECNOLOGICHE DELLA RICERCA FONDAMENTALE Tullio Regge Mark Mezard, del CNRS francese, e Riccardo Zecchina, dell’International Centre for Theoretical Physics di Trieste, hanno risolto analiticamente la K-SAT, un problema che ossessionava da tempo i computer scientist. Collegato a questi risultati è un algoritmo che riesce a risolvere i cosiddetti problemi di complessità NP, che erano in pratica inaccessibili anche ai computer delle ultime generazioni. Per usare un linguaggio non rigoroso ma forse più comprensibile, i due ricercatori hanno sviluppato un metodo per risolvere rapidamente un sistema di condizioni logiche che legano tra di loro un gran numero di incognite booleane. Non è questa la sede adatta per una discussione tecnica del lavoro, e mi limiterò ad alcune considerazioni di carattere generale. In primo luogo il lavoro è importante e avrà un forte impatto tecnologico ed economico. In secondo luogo è stato ottenuto da istituzioni scientifiche pubbliche e da ricercatori non condizionati da interessi privati (vedi le famigerate multinazionali che pure, corre voce, hanno investito risorse ingenti in questo filone di ricerca). Mi attendo una frenetica corsa verso nuovi risultati e una feroce guerra di brevetti, di certo meno preoccupante e sanguinosa di quella che si prospetta in Iraq. In primo luogo, una rondine non fa primavera: mi felicito con Mazard e Zecchina per il risultato raggiunto ma vorrei che non restasse un caso isolato. Mi auguro anche, e soprattutto, che si prendano misure adeguate per evitare che vengano rapiti oltre oceano da potenti interessi. Per quanto ne so, ambedue i ricercatori non ricoprono incarichi accademici presso Università europee. Fra l’altro l’ICTP di Trieste, da un punto di vista formale, è un’istituzione posta sotto l’egida delle Nazioni Unite e solo geograficamente italiana. Senza indulgere nelle solite vacue e inadeguate litanie, si prospettano tempi duri per il nostro paese, non solo per l’aggressività delle multinazionali ma anche per la palese inadeguatezza dei nostri politici. Nessuno nega la necessità di una profonda revisione e ristrutturazione della ricerca scientifica italiana, ma temo che la proposta a livello governativo di cui da settimane si sta parlando sia non solo inadeguata, ma anche controproducente. Quasi tutti i nostri centri di ricerca sono profondamente burocratizzati e assorbono gran parte delle loro risorse in mansioni amministrative. E non esistono controlli adeguati sul livello dei risultati ottenuti. La conversione a breve scadenza di una struttura sclerotica e fatiscente in una «Ferrari della ricerca» mi lascia perplesso. Occorre una graduale ma profonda revisione della ricerca italiana e una sua integrazione nella realtà europea con accordi strutturali a livello UE. © 1999 - 2002 Le Scienze S.p.A _____________________________________________ Corriere della Sera 20 Nov. 02 MA QUANTI SPRECHI LEGALIZZATI NELLE UNIVERSITÀ LE SPESE Convegni sul nulla e corsi senza studenti De Rienzo Giorgio Con ironia e insieme con durezza Cesare Segre, sabato scorso, ha parlato della ricerca che «rischia di ridursi o cessare, per scarsità di finanziamenti». Ha aggiunto che la «penuria sempre più catastrofica» dei fondi «minaccia» di annullare l' Università, per la sordità totale del Ministro Tremonti a questi problemi. Sono parole sacrosante. Ma certo gioverebbe dare a questi appelli, che si sono ripetuti autorevolmente negli ultimi mesi, una maggiore forza morale, se alle sicure colpe dei politici si affiancassero anche quelle (non minori) dei tanti piccoli centri di potere, sparsi nei nostri Atenei, che hanno portato al collasso la ricerca e l' università. C' è almeno un ottanta per cento dei magri fondi assegnati a pioggia dallo Stato alle singole Facoltà o addirittura ai singoli docenti che, sotto il pretesto di fantomatici progetti quasi mai realizzati, finisce con il coprire spese personali o per essere utilizzato come moneta di scambio. Da questi fondi si attinge per finanziare cicli di lezioni (disertate quasi sempre dagli studenti) o per organizzare convegni sul nulla, in cui si invitano e gratificano di gettoni di presenza colleghi italiani o stranieri, dai quali poi - per scambio - si è invitati ad altri cicli di lezioni o altri convegni. Di fatto sono soldi per arrotondare gli stipendi o per creare reti di amicizie e alleanze in vista dei concorsi. Uno spreco legalizzato. Non solo. In regime di autonomia i centri di potere annidati nelle Facoltà come procedono nell' assegnazione delle cattedre e nella gestione dei concorsi? Non badano alle reali esigenze didattiche, ma spesso - contando sull' impunità che dà il gruppo mafioso di potere - puntano a un consolidamento di forza inventando insegnamenti per pochi studenti. Si viene così a creare un meccanismo perverso, il quale genera poi - a catena - corsi di studio strampalati. Credo che il grido d' allarme dei Rettori avrebbe più forza e più ascolto, persino presso i politici, se fosse accompagnato da un' autodenuncia di queste forme di nepotismo, che uccidono comunque le università e la ricerca, al di là della povertà o della ricchezza dei fondi. Giorgio De Rienzo _____________________________________________ Il Messaggero 21 Nov. 02 LA RICERCA MALATA INVECCHIA E NON HA FONDI Dopo l’appello del Cnr/La nostra scienza in crisi, priva di un futuro credibile di FEDERICO UNGARO SE il Cnr naviga in brutte acque - come ha detto martedì il suo presidente Lucio Bianco alla presentazione del report 2002 sulle attività dell’ente - anche il resto del mondo della ricerca italiana non è da meno. Anzi, la situazione è, se possibile, ancora più difficile. Il problema centrale è sempre lo stesso: mancano i soldi. Ma alla cronica carenza di fondi si uniscono anche altri fattori particolarmente importanti, come lo scarso numero dei ricercatori, un terzo dei quali destinati ad andare in pensione entro il 2005, la fuga dei cervelli verso l’estero e gli scarsi investimenti industriali in ricerca. L’insieme di questi fattori fa apparire il nostro paese come un gigante industriale con un cervello minuscolo. Abbiamo infatti una delle più grandi economie industrializzate del mondo, ma paradossalmente abbiamo un settore di ricerca e sviluppo arretrato rispetto a quello degli altri paesi. E se oggi il gap non si sente troppo, tra qualche anno il fossato che ci separa non solo dall’ultima superpotenza economica, militare e scientifica del pianeta, gli Stati Uniti, ma anche da paesi molto più alla nostra portata come la Francia o l’Inghilterra si allargherà sempre di più. Qualche settimana fa, questa situazione è stata efficacemente sottolineata dal presidente della conferenza dei rettori, Paolo Tosi che in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha ricordato che «se ci fosse una Maastricht per la ricerca e la formazione superiore, l’Italia non sarebbe in Europa». Il primo punto dolente è rappresentato dal mondo della ricerca, ormai fortemente invecchiato. Secondo una ricerca del Cnr condotta da Sveva Avveduto, il 30 per cento degli scienziati italiani andrà in pensione entro il 2005. Per coprire il buco che si verrà a creare, le Università dovrebbero sfornare circa 12 mila ricercatori l’anno. Attualmente ne escono circa 4 mila. I dati della Avveduto riguardano i trend registrati nel periodo tra il 1991 e il 1999. La riforma delle pensioni consentirà a qualche professore di continuare a lavorare anche se avrà raggiunto il limite di età per andarsene a casa, ma questo non basterà a fermare l’esodo di massa. Anche senza il problema del pensionamento, l’Italia ha comunque pochi ricercatori: ce ne sono 3,3 ogni mille lavoratori, mentre la media europea è di 5,7. E molti di questi pochi alla fine se ne vanno a cercare fortuna all’estero, sia perché attratti da stipendi più alti (in media due o tre volte di più), sia perché in Italia la carriera universitaria non dipende sempre dal merito. «Il paradosso italiano è che formiamo ottimi scienziati e poi facciamo sfruttare le loro qualità agli altri paesi», commenta Flaminia Saccà, segretario nazionale dell’Associazione dottorandi e dottori di ricerca, che da anni si batte per potenziare la ricerca in Italia. Il secondo punto dolente è sicuramente quello dei finanziamenti. Attualmente il nostro paese destina poco più dell’1 per cento del Prodotto interno lordo per le attività di ricerca, contro una media europea di circa il 2,3. Lo 0,6 per cento arriva dal finanziamento pubblico, il resto da quello privato. Il progetto originario della Finanziaria prevedeva una riduzione del 10 per cento delle risorse rispetto a quelle stanziate l’anno prima. Una situazione che ha suscitato un coro di proteste da parte di scienziati e rettori e che ha spinto il governo a fare, almeno parzialmente, marcia indietro. Così Alleanza nazionale ha presentato alla Camera un emendamento per stanziare 60 milioni di euro per gli stipendi dei docenti e 140 per studenti e laboratori scientifici. Al Senato poi ulteriori emendamenti dovrebbero alzare i finanziamenti aggiuntivi fino a 350 milioni, sempre 100 in meno rispetto alla quota minima di 450 milioni per pagare gli aumenti di stipendio. Nonostante un appello lanciato ai senatori dai presidenti di molte società scientifiche, difficilmente se ne troveranno altri. Tanto che nel corso degli Stati generali della ricerca tenuti a Milano, il ministro per l’Istruzione e la ricerca scientifica Letizia Moratti ha ammesso che «in questa Finanziaria le esigenze di una congiuntura non favorevole ci hanno impedito di fare un passo avanti sostanziale nell’incremento dei fondi pubblici per la ricerca dallo 0,6 per cento all’1 per cento che resta comunque un impegno di legislatura». Intanto però, i centri di ricerca rischiano di avere solo i fondi necessari alla gestione amministrativa e non avranno più niente con cui finanziare i progetti di ricerca. L’esempio più emblematico di questa situazione è stato denunciato proprio martedì scorso dal presidente del Cnr Lucio Bianco, che ha ammesso che senza nuovi fondi l’ente rischia la chiusura. Il terzo punto dolente è rappresentato dal sistema paese. Secondo i dati del terzo rapporto “L’Italia nella competizione tecnologica internazionale" (edizioni Franco Angeli), le imprese italiane investono in ricerca lo 0,57 del Pil, contro l’1,21 della Gran Bretagna, l’1,35 della Francia, l’1,55 della Germania, il 2,16 degli Usa e il 2,18 del Giappone. Nell’ultimo decennio del ventesimo secolo, la quota italiana di esportazioni ad alta tecnologia è passata dal 2,94 per cento del 1992 al 2,48 del 1998. «Dagli inizi degli anni 90, le imprese italiane hanno subito un forte ridimensionamento causato anche dall’acquisizione da parte di capitali stranieri e questo ha determinato un calo degli investimenti nel settore della ricerca», spiega Luciano Caglioti, responsabile del Cnr per i rapporti con l’industria. «In Italia - aggiunge Caglioti - manca un sistema misto pubblico privato, come il Fraunhofer in Germania, in cui si passi dalla ricerca di base a quella applicata. Questo ha consentito all'industria tedesca di poter contare su uno zoccolo duro tecnologico». Non per niente, uno degli obiettivi del governo è proprio quello di stimolare il rapporto tra industrie e università, per potenziare gli scambi tra mondo della ricerca e imprenditoria. Magari spingendo i ricercatori ad avere una visione più imprenditoriale del loro lavoro e a mettere a punto più brevetti. Proprio questa è la direzione in cui sembra orientarsi il decreto ministeriale di riforma del Cnr che, secondo il viceministro con delega alla ricerca scientifica Guido Possa, dovrebbe essere pronto per la prossima primavera. Sebbene l'unico testo circolato sia stato poi smentito dal governo, alcune indiscrezioni fanno pensare che l'ente sarà completamente rifondato. Ai cento istituti oggi esistenti, potrebbe essere sovrapposta una struttura di 14-15 dipartimenti i cui dirigenti saranno di nomina politica. Questa struttura avrà il compito di dirigere le attività di ricerca, trasformando gli istituti oggi autonomi in meri organi esecutivi. Il consiglio direttivo sarà composto da 8 persone, di cui due saranno di nomina ministeriale, due verranno dal mondo della ricerca e altri poi dalla conferenza dei rettori e dal mondo dell'imprenditoria. Altri rappresentanti dell'industria siederanno nel comitato scientifico, che sarà composto comunque in gran parte da ricercatori. Una riforma che non sembra piacere né a Bianco né a molti ricercatori del Cnr, che temono in questo modo di veder annullata la libertà di ricerca degli scienziati. _____________________________________________ Il Messaggero 21 Nov. 02 E LE DONNE NELLA RICERCA? QUASI SPARITE In Italia scienza e cultura non amano le donne, le penalizzano nella carriera e anche lo spoils system sembra nascere sotto il segno del maschilismo. A denunciare l’ennesima discriminazione è una ricerca condotta dalla Commissione per la valorizzazione della componente femminile nella ricerca scientifica, presentata ieri a Roma alla Casa Internazionale delle Donne, dalla quale emerge che la presenza femminile tra le alte dirigenze non supera il 17,5 per cento. In particolare, dopo l’approvazione dello spoils system, al ministero per l’Università e la Ricerca solo 2 donne su 14 dirigenti sono state confermate e 5 sono state spostate o messe in aspettativa. E dopo la riforma del Cnr avviata nel 1999 la percentuale di donne che dirigono un istituto è passata dal 5 per cento al 2 per cento. _____________________________________________ Repubblica 22 Nov. 02 UNIVERSITÀ, CONTINUA L'ALLARME ROSSO Marinelli: se non si cambia, tra 2 anni non pagheremo gli stipendi Emerge alla conferenza dei rettori l'ipotesi di recuperare parte dei tagli della finanziaria. Ma è tutto da verificare LORENZA PAMPALONI L'allarme non è cessato, anzi. La Crui, la conferenza dei rettori italiani, presieduta da Piero Tosi (università di Siena), riunitasi ieri mattina a Roma, riconsegna tutte le paure e le incertezze sul futuro degli atenei: dai bilanci in rosso ai tagli previsti nella Finanziaria di Tremonti. La sola schiarita viene dagli emendamenti presentati da diversi partiti (Ds, An, Forza Italia...) per non decurtare i fondi agli atenei e dall'impegno del ministro Moratti che, come ha spiegato il rettore di Firenze Augusto Marinelli, «si sta impegnando fortemente per modificare la situazione». Una situazione che resta però pesantissima: se si recupera almeno quel 2,5% di risorse tagliate dalla Finanziaria si consente, come ha scritto la Crui ieri, in un comunicato, «la mera sopravvivenza del sistema universitario», in caso contrario i rettori prevedono «l'ingovernabilità» degli atenei con gravissime ripercussioni sul diritto allo studio. Significa, in altre parole, una riduzione dell'offerta formativa e dei servizi e, per gli atenei in cui sarà possibile, forse un aumento delle tasse studentesche. E' ancora più esplicito il rettore Marinelli: «Se non ci saranno cambiamenti, nel giro di due o tre anni, potremmo avere problemi anche per pagare gli stipendi al personale docente e non. Oggi non è così chiarisce subito il rettore fiorentino sgombrando il campo da voci circolate in questi giorni Il nostro ateneo, a differenza di altri, è già riuscito a pagare quel 4,3 per cento in più degli stipendi dei docenti». Ma i sacrifici sono dietro la porta: «Ora il novanta per cento delle spese di bilancio sono per pagare gli stipendi al personale, il dieci per cento per far funzionare l'università. Lo squilibrio è evidente. La prima percentuale continua a crescere, la seconda a diminuire. Solo quest'anno il nostro ateneo ha speso 8 milioni di euro di tasca propria per pagare l'aumento degli stipendi stabilito per legge, l'anno prossimo questa cifra è destinata a raddoppiare, e fra tre anni a triplicare... Per quanto possiamo andare avanti?». Professor Marinelli, lei ha parlato di un «bilancio di guerra», dove pensa di tagliare per l'università di Firenze? «Per prima cosa ho deciso che presenterò il bilancio in consiglio di amministrazione il 20 dicembre, cioè dopo la Finanziaria, quando avremo un quadro preciso delle decisioni del Governo. Poi, siccome gli stipendi non si possono tagliare, la sola strada sarà tagliare sui servizi: dalle dotazioni ai dipartimenti e alle facoltà, ai fondi di ricerca, dalle pulizie alle spese per telefono e riscaldamento, fino alle borse di studio». Il nodo su cui si avvitano le preoccupazioni di chi deve dirigere la macchina universitaria infatti è duplice: da una parte il taglio del 2,5% dei finanziamenti erogati dallo Stato, ma dall'altra è assai più grave il fatto che tutti gli aumenti degli stipendi del personale docente e tecnico amministrativo vadano a pesare sulle tasche delle singole università. Non erano questi i principi che ispiravano l'autonomia degli atenei. Eppure succede così dal 1999. E nelle ultime due finanziarie la cosa è stata confermata con spese che non dipendono dalle università e che sono in crescita esponenziale. Se tutto il fondo di finanziamento ordinario viene assorbito dalle spese per il personale, è chiaro infatti che non resta niente per gestire il normale funzionamento dell'azienda ateneo. E di allarme bilancio si parlerà anche stamani, nella seduta ordinaria del consiglio di amministrazione. L'argomento sarà una delle voci dell'ordine del giorno di oggi. C'è allarme e preoccupazione anche da parte dei sindacati. In consiglio si annuncia battaglia. Già da ora c'è chi si dichiara contrario a chiudere qualsiasi bilancio e preferirebbe addirittura il commissariamento. Lo annunciano Massimo Grandi e i rappresentati degli Studenti di sinistra: «A un bilancio di guerra l'unica risposta possibile è dire di no, votare contro». _____________________________________________ Corriere della Sera 18 Nov. 02 «MILANO CITTÀ DELLE NUOVE SCIENZE» Decleva: biotecnologie e conservazione dei beni culturali sono le chiavi del nostro futuro Nel passato, i progetti furono politici e industriali. Oggi si punti sulla ricerca Panza Pierluigi Alla Rotonda della Besana è esposta una mostra sulla Milano di duecento anni fa («Napoleone e la Repubblica italiana. 1802-1805»), quando era capitale della Repubblica. A Palazzo Reale, una mostra sulla Milano di cento anni fa, quando era capitale de l progresso («Il Mondo Nuovo. Milano 1890-1915»). Insomma, Milano si interroga sul passato per mettere a punto un progetto di «modernità» per il futuro. E se nel passato «modernità» voleva dire misurarsi con la politica e l' industrializzazione, oggi , per il rettore dell' Università degli Studi, lo storico Enrico Decleva, la «modernità» si misura con la ricerca avanzata nel campo delle nuove scienze e con la gestione del patrimonio artistico ed editoriale che sono un marchio della nostra città. Partiamo dal 1802, quando Milano era capitale... «Duecento anni fa era in corso un progetto politico-istituzionale. Con Napoleone Milano fu capitale. Ma il progetto fallì, e quando venne ripreso dai Savoia fu portato a esiti che non avevano più Milan o come perno. La città fu però "capitale" del progresso illuministico, e seppe richiamare a sé le forze nuove del Paese». Cent' anni fa, invece, fu perno del progresso del Paese... «Cent'anni fa il progetto non era più politico, ma economico e socia le, e la città divenne centro del progresso. La specificità di Milano fu sempre quella di saper guardare oltre le Alpi e di irradiare verso la Penisola quanto apprendeva da svizzeri, francesi, alsaziani. cent'anni fa questa specificità servì al progresso. Brioschi, ad esempio, fondò il Politecnico di Milano sul Modello di quello di Zurigo. Le nostre industrie si svilupparono sul modello di quelle d' oltralpe. Milano cercò allora di dimostrare all' Italia che lo sviluppo industriale era possibile senza creare le lacerazioni, come successo nella Prima Rivoluzione industriale. Milano tese a sviluppare un' idea tranquillizzante della modernità. I drammi del Fascismo mostrarono invece che il progresso può essere lacerante e incontrollabile, e n on solo quello esaltato nel "Ballo Excelsior"». Questa è l' idea di Horkheimer e Adorno, ovvero del progresso illuministico che si trasforma in mito negativo. Ci si può riprendere da ciò o siamo condannati? «Storicamente c' è stato un successivo momento, per ora non oggetto di mostre, che segnò un rilancio della città: quello della ricostruzione. Avvenne sullo stesso modello d' inizio secolo: solo che, a sostenere gli sforzi, ci fu il piano Marshall anziché la Banca mista. Ma ci fu poi una data importante in cui la città si ripropose come elemento di sviluppo e non venne sostenuta. Fu tra il ' 57 e il ' 58, quando Milano pose la propria candidatura per diventare capitale del Mercato Comune europeo e non fu sostenuta dal Governo. C' era la candidatura parallela di Torino. I nostri rappresentanti a Strasburgo si divisero». Insomma, ad ogni avanzamento succede una caduta. E oggi a che punto siamo? «Dopo crescita del centralismo romano, anche nell' economia, il modello liberista portato dall' Assolombarda a Confindustria decenni fa è stato indebolito da tutti gli anni delle "Partecipazioni Statali". Inoltre la crescita regionale è stata più diffusa, il Nord-est è emerso come nuova realtà economica. Insomma, il peso di Milano si è ridotto e fatica a mantenere uno ruolo proporzionato a quello di 200 o di 100 anni fa. Per decenni, il sogno regionalista di Bassetti si è perso. E solo ora la Regione sta ottenendo le possibilità di esercitare un ruolo di maggiore influenza». Come ripotenziare la città? «Milano non deve dimostrare nulla di fronte al resto d' Italia; il problema è la sfida con le città non capitali dell' Europa. Non dobbiamo pensare a un potenziamento di attività industriali, perché anche le produzioni tradizionali saranno sempre più sviluppate in Asia e nei Paesi che stanno entrando nella Unione europea». E allora? «Bisogna puntare su settori più innovativi, come quelli della ricerca e dell' alta formazione, anche per formare nuova imprenditorialità. Penso allo sviluppo che può avere un settore come quello delle Bioscienze, con ampie ricadute nella sanità e nell' industria. Penso anche al settore dei beni culturali e librari, nel quale possiamo sviluppare e fornire ricerche d' avanguardia nel campo della conservazione con ricadute informatiche e industriali. E' importante, però, creare un sistema tra università, enti, industrie, le cui potenzialità devono sommarsi, non elidersi. Uno dei pregi storici di Milano è stato quello di non essere una città monarchica; ma se i poteri medi si combattono questo diventa una debolezza». Lei è anche uno storico dell' editoria. Non manca anche un museo editoriale? «Intanto abbiamo un grande progetto, quello di realizzare la grande Biblioteca Europea, che ha valore sostanziale in sé come fattore di sviluppo. Un museo dell' editoria può essere legato a questo progetto, ma dev'essere una realtà espositiva che si rinnova e che dà forza di richiamo. Come Università Statale abbiamo appena costituito un centro per la conservazione e la valorizzazione dei mestieri legati alla carta stampata». Pierluigi Panza _____________________________________________ L’Unione Sarda 20 Nov. 02 CAGLIARI: COMINCIA LA SETTIMANA DELLA SCIENZA Comincia la rassegna di studi, conferenza in aula magna Scienza e società a confronto Comincia la settimana cittadina della scienza con la manifestazione “Scienza società scienza”. La terza edizione della rassegna, in programma alla Cittadella dei musei fino al 29 novembre, si apre oggi alle 10 nell’aula magna dell’Università con la relazione del rettore Pasquale Mistretta e la conferenza inaugurale di Edoardo Boncinelli, docente della Sissa di Trieste, dal titolo “Il cervello, la mente e l’anima”. La manifestazione, che ha lo scopo di avvicinare i cittadini al mondo della scienza, proseguirà per tutta la settimana con mostre e dibattiti quotidiani, conferenze e spettacoli. In programma una mostra divulgativa di biologia, chimica, fisica e matematica e una storica su “Scienziati di ieri e di oggi”, un laboratorio di attività creative per bambini e ragazzi, dimostrazioni ed esperimenti interattivi. Tutte le mattine gruppi di studenti discuteranno con esperti su argomenti legati alle diverse discipline scientifiche. Nei pomeriggi, invece, spazio agli spettacoli teatrali ispirati alla scienza, che avranno come protagonisti studenti e attori professionisti, e a diverse conferenze (aula magna rettorato - Palazzo Siotto) con docenti provenienti da alcune università italiane. La rassegna sarà chiusa da una tavola rotonda su “Guerra, globalizzazione e etica della scienza”. (b.m.s.) _____________________________________________ L’Unione Sarda 23 Nov. 02 PSICOLOGIA: ADESSO DATECI I PROFESSORI E I TIROCINI Scienze politiche: dopo undici giorni finisce l’occupazione L’appello di Se volete iscrivervi all’Università, prendere una laurea e magari esercitare la libera professione, chiedete prima agli studenti di Psicologia: ve lo sconsiglieranno. A meno che non vogliate stazionarci a lungo, senza avere prospettive sicure. Così come stanno facendo i 6.000 futuri psicologi, in occupazione da qualche giorno per le troppe cattedre scoperte e i tirocini mancati. «Siamo almeno in 4.000, iscritti ai nuovi corsi triennali partiti nel 2000/2001», spiega la rappresentante degli studenti Anna Erbì, «alle prese con due problemi insormontabili». Il primo: mancano 18 professori, comprese importanti materie del triennio. Un esempio? Sociologia dei processi culturali e comunicativi, esame fondamentale del primo anno: nessuno l’ha potuto sostenere. Così come Didattica e psicologia speciale, che si dovrebbe affrontare nel secondo anno. Materie inserite nei piani di studi e indispensabili per la laurea. Ma poiché non ci sono fondi per far partire i bandi di concorso e per nominare i supplenti, gli insegnamenti sono sospesi. Poi c’è il tirocinio e la mancata stipula della convenzione tra ateneo e ordine degli psicologi. «Nel triennio è previsto un minimo di 250 ore ma», continua Anna Erbì, «gli iscritti al terzo anno non ne hanno frequentato nemmeno una». Non va meglio ai “reduci” del quinquennio (gli iscritti prima del 2000). Francesco Bellu: «Non possiamo assistere alle lezioni né sostenere gli esami di 5 materie fondamentali, e non ci garantiscono neanche gli appelli regolari, contravvenendo al protocollo siglato dal rettore e dal consiglio di facoltà». Le soluzioni proposte? «A lungo termine l’apertura dei bandi di concorso per i docenti di ruolo e, al più presto, l’istituzione delle supplenze, necessarie per la sopravvivenza dei corsi». Con Psicologia, resta occupata anche Lettere mentre, dopo ben 11 giorni, è finita l’occupazione in Scienze politiche. «Nessuna smobilitazione», premettono Luca Belà e Luigi Pisci. «Anche perché», aggiungono, «non siamo affatto soddisfatti delle aperture del rettore. Il fatto che gli studenti lo abbiano ascoltato, non significa che siano disposti a trattare: l’obiettivo nostro era, e resta, il ripristino del regolamento tasse dello scorso anno». Per Belà e Pisci, di positivo, «c’è l’aver sviluppato un movimento che ha aperto una trattativa. La guardia resta alta, insieme al sostegno per Lettere e Psicologia». Mauro Caproni _____________________________________________ L’Unione Sarda 21 Nov. 02 MANCANO 12 INSEGNANTI: INFERMIERI FUORI CORSO Gli studenti del corso universitario sono già condannati a finire automaticamente fuori corso Esposto in Procura per le lezioni negate Mancano ancora 12 insegnanti nella scuola per infermieri Immaginate di essere iscritti a un corso accademico, di aver pagato regolarmente le tasse e di aver sostenuto con profitto tutti gli esami. E immaginate anche di finire vostro malgrado fuori corso, perché mancano i professori delle materie più importanti, e non potete andare avanti con gli studi. Non è un brutto sogno, ma la realtà che stanno affrontando novanta studenti del diploma universitario per infermiere, che il 3 ottobre scorso hanno iniziato il nuovo anno senza aver la possibilità di seguire le lezioni di infermieristica. Non materie secondarie, ma insegnamenti basilari e indispensabili per ottenere il diploma. Sotto accusa è la mancata nomina di dodici docenti (infermieri specializzati), scelti per concorso. Il senato accademico avrebbe dovuto pubblicare il bando già da questa estate, ma per mancanza di fondi (servono 52.000 euro) la delibera è rimasta bloccata. ««La situazione è paradossale - spiega Daniela Sollai a nome di tutti i colleghi - perché nel primo semestre sono previste cento ore di infermieristica, seguite dal tirocinio propedeutico. È chiaro che senza queste lezioni non solo la pratica, ma anche il secondo semestre andrebbe in fumo». Con conseguenze facilmente immaginabili: un esercito di fuori corso, conseguimento ritardato del titolo, aumento delle tasse. Nonostante le sollecitazioni dei responsabili del corso, tra cui il presidente Alessandro Riva, la coordinatrice didattica Diletta Peretti e quella per il tirocinio Maria Rita Pinna, non è stato fatto nulla. Il senato accademico integrato, che lunedì scorso si è riunito per discutere sulla rielezione di Mistretta, aveva all’ordine del giorno anche l’esame della questione. «Purtroppo il nostro problema non è stato neanche sfiorato - si sfoga la Sollai - evidentemente il fatto che così tanti studenti non possano proseguire gli studi non interessa a nessuno». Agli aspiranti infermieri rimane così un’ultima possibilità: «Chiediamo che il presidente Riva abbia mandato per nominare dei docenti senza bando e selezione, con una procedura d’urgenza, oltre, naturalmente, allo stanziamento immediato dei fondi». Nel frattempo, in mancanza di risposte che tardano ad arrivare, gli studenti hanno deciso di inviare un esposto alla Procura della Repubblica, chiedendo che si faccia luce su questa incredibile vicenda. Mauro Caproni _____________________________________________ La Nuova Sardegna 19 Nov. 02 DISCO VERDE PER MISTRETTA Cagliari, sì al terzo mandato del rettore CAGLIARI. Sì scontato per il rettore Pasquale Mistretta. Il capo dell'ateneo aveva proposto la modifica dello statuto per permettere un terzo mandato alla guida dell'ateneo. Lo statuto, modificato da ieri sera, prevedeva solo due trienni di governo dell'università (tale è la durata di ogni mandato). Da qui la richiesta del responsabile dell'università di modifica dello statuto: per potersi ricandidare. Il sì alla modifica dello statuto è stato pronunciato ieri sera dal senato accademico integrato con trentaquattro voti a favore del cambiamento, dieci no e un astenuto. Il rettore Mistretta ha chiesto che le votazioni fossero a scrutinio segreto. Evidentemente per evitare che i componenti del senato si sentissero in qualche modo influenzati sul voto. Il senato integrato ha quarantasette componenti e delibera a maggioranza assoluta. Ieri sera erano presenti quarantacinque persone. Il senato accademico integrato ha votato a favore (con trentaquattro sì) della ricandidatura dell'attuale "Magnifico" Università, disco verde al terzo mandato per il rettore Pasquale Mistretta, intanto, rimarrà in carica fino a novembre del 2003, ma le nuove elezioni si terranno sei mesi prima della scadenza, in maggio. In questi ultimi giorni Mistretta ha cercato di ricucire lo strappo con gli studenti: ieri ha annullato gli aumenti delle tasse universitarie, anticipando un'eventuale decisione del Tar. Nelle settimane scorse, però, anche alcuni consigli di facoltà avevano negato la fiducia al Magnifico: il corso di laurea in Scienze matematiche e quello in Scienze fisiche avevano dato un voto negativo, mentre a Medicina nel consiglio di facoltà c'erano state opinioni divergenti. La modifica dello statuto, come già accenato, renderà la dialettica elettorale per il prossimo mandato necessariamente ridotta. Sono diversi, infatti, i docenti che non desiderano porsi in competizione con Mistretta. Tra i candidati, per il momento, l'unico ufficiale - oltre all'attuale rettore - è l'anatomo patologo Giuseppe Santacruz. Tra i possibili concorrrenti potrebbe esserci anche il fisico Franceco Raga e, forse, il pediatra ed endocrinologo Carlo Pintor. Tra i temi della prossima campagna il decentramento dei poteri. _____________________________________________ L’Unione Sarda 20 Nov. 02 TASSE: MISTRETTA CONFERMA: SERVONO DUE MILIONI DI EURO riprende oggi le trattative sulle tasse. «Disposto a ricominciare da zero» Gli studenti: rivediamo le condizioni per poveri e meritevoli La modifica dello statuto che dà il via libera alla terza ricandidatura di Pasquale Mistretta (in realtà la quarta, perché i primi tre anni pre-statuto erano stati abbuonati) e l’annullamento del regolamento delle tasse, da un lato restringono le ipotesi di nuove candidature (il voto di lunedì è stato interpretato come un referendum a suo favore anche se Beppe Santa Cruz conferma che correrà) dall’altro riapre i giochi per la rivisitazione di un regolamento delle tasse che rischiava di trasformarsi in un boomerang per il rettore. Oggi riprende la trattativa con gli studenti in vista della scadenza del cinque dicembre, data entro la quale il consiglio di amministrazione dovrà votare il nuovo regolamento. Ma le posizioni sembrano distanti. Mistretta ribadisce che «l’obiettivo finale è raccogliere dalle tasse due milioni di euro, come stabilito nel bilancio di previsione» e di essere «disponibile a qualunque rivisitazione ma senza modificare la tassa minima stabilita dal ministero», cioè 165 euro. Sul resto si può trattare. I rappresentanti del Collettivo studenti a sinistra chiedono «il rispristino del vecchio regolamento», quelli di Università per gli studenti non contestano il principio di intangibilità della tassa minima ma preannunciano una serie di emendamenti: per il ripristino dell’assegno di disagio (50 euro), delle agevolazioni per i fuori sede e delle tre rate, per la ridefinizione dei contributi di facoltà, per la riduzione del divario tra tasse per le lauree biennali e specialistiche. Ma per l’Ateneo cagliaritano ci sono altri problemi in vista, soprattutto la battaglia per ridurre al minimo i tagli alle università previsti dalla Finanziaria nazionale. E forse anche per questo il senato accademico integrato ha deciso di rinnovare la fiducia a Mistretta, considerato abile nel procacciare soldi per l’università. Non a caso il magnifico definisce quello di lunedì «solo un passaggio in un momento delicatissimo per gli atenei italiani e quelli del sud in particolare che non possono contare sugli investimenti del tessuto produttivo» e confessa di avere davanti «un periodo durissimo». Rivela che «dal 19 agosto a lunedì il mio impegno è stato superiore a quello che ho profuso in 11 anni di rettorato» e annuncia: «Dovrò lavorare molto per cercare di ridurre al minimo l’impatto di una Finanziaria senza risorse che determinerà scelte di campo che non potranno soddisfare tutti. Mi riferisco», dice Mistretta, «alla didattica e ai finanziamenti per la ricerca che sono di competenza del nostro bilancio. Purtroppo si profilano tempi duri e devo lavorare per trovare il modo di motivare chi lavora in un’università che per il mondo politico non conta». Mistretta critica chi, lunedì, gli ha negato il consenso (parte del polo scientifico). «Non hanno capito granché e non si sono guardati dentro perché se avessero osservato avrebbero visto ciò che è stato fatto per loro. Forse il troppo distrae e impedisce di volare alto». Quanto al regolamento, dice che «la questione tasse è parte di una politica che con gli studenti abbiamo cercato di esprimere nel miglior modo possibile» e sottolinea che è stato «rimesso in gioco solo perché è stato saltato un passaggio formale. Tuttavia», conclude, «visto che si riparte da zero non ho preclusioni nei confronti di diverse ipotesi di lavoro». Lunedì il senato accademico intergrato ha dato il via libera anche al decentramento del budget che consente a facoltà e dipartimenti di avere più potere. Lunedì due dicembre il Sai voterà la modifica statutaria per l’allungamento del mandato a presidi e direttori di dipartimento. Fabio Manca _____________________________________________ L’Unione Sarda 21 Nov. 02 DIETROFRONT DI MISTRETTA SULLE TASSE Università. Annullato con un decreto il regolamento che ha introdotto gli aumenti: studenti soddisfatti E in serata via libera al rettore per il terzo mandato Diefront sugli aumenti. Il rettore Pasquale Mistretta ha firmato ieri un decreto che revoca il “Regolamento tasse e contributi 2002/2003”. Una decisione per molti versi clamorosa, condizionata da due scadenze: il voto del senato accademico integrato per il via libera al Mistretta-ter (ieri sera a larghissima maggioranza) e l’ordinanza del Tar, attesa per oggi, sul ricorso degli studenti contro il caro-tasse. Mistretta, ieri mattina, ha scelto un’affollata assemblea, organizzata da “Università per gli studenti” nell’aula D della cittadella di Monserrato, per annunciare l’annullamento della delibera approvata dal consiglio di amministrazione. Una decisione, si legge nel decreto, di “autotutela”. Mistretta, in pratica, ammette il fondamento dei ricorsi presentati al Tar il 6 e il 12 novembre (primi firmatari, rispettivamente, Francesco Bachis e Giuseppe Frau): si contestava la violazione dell’articolo dello statuto che prevede l’acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio degli studenti. Il rettore, nel decreto, rileva «la fondatezza delle motivazioni dei ricorrenti». Non solo: Mistretta dispone «il rimborso della contribuzione eccedente» nel caso in cui il nuovo regolamento dovesse prevedere importi diversi da quelli decisi il 17 ottobre. Le segreterie delle dieci facoltà sono, comprensibilmente, in preda al panico. Il nuovo regolamento dovrebbe essere approvato il 5 dicembre prossimo: per quella data è convocato il consiglio di amministrazione. Ma già domani inizierà la contrattazione tra il rettore e il Consiglio degli studenti. Chissà se la decisione del rettore di annullare il nuovo regolamento sulle tasse ha davvero condizionato il voto, ieri sera poco prima delle 21, del senato accademico integrato. Di sicuro il rettore ha doppiato lo scoglio del voto segreto con una maggioranza larghissima: ha avuto il lasciapassare per la terza candidatura con 34 voti a favore. In 10 hanno votato no, più una scheda bianca di astensione, quasi certamente quella del rettore. In votazione c’era l’articolo 12 dello Statuto dell’Università. «Il rettore», recita, «è eletto tra i professori di ruolo di prima fascia a tempo pieno. Dura in carica tre anni accademici e non è eleggibile per più di due mandati consecutivi». Da ieri sera cambia solo il “due”, diventato “tre”: Mistretta (70 anni) potrà concorrere per il terzo mandato da rettore. Le paure della vigilia erano legate soprattutto al voto segreto: anche la decisione di procedere con le schede è stata messa ai voti. Ma, al termine dello scrutinio, il magnifico rettore uscente si è trovato con 24 voti di vantaggio. Un’enormità, che sembra il preludio a una nuova candidatura senza avversari. Il senato accademico integrato (i cui lavori, con un ampio ordine del giorno, sono andati avanti sino a tarda sera) è un organismo di rappresentanza esteso a tutte le categorie presenti nell’Università. Ha il compito di approvare e modificare lo statuto. I componenti sono 46. Ieri hanno risposto tutti presente, con l’eccezione del professor Sergio Del Giacco. Assente giustificato: era a Milano per un convegno. La giornata più lunga per Mistretta-rettore era iniziata di buon mattino. Con gli studenti. Poi una pasta all’ora di pranzo in un bar di Pirri (ancora con alcuni ragazzi), quindi l’austero teatro anatomico di via Porcell. E quei 34 sì. «Un segno di fiducia, ma anche l’avvio di un impegnativo percorso, superiore», ha detto Mistretta, «a quello affrontato in tutti questi anni». Alle undici di notte, finalmente, in pizzeria con la signora. Emanuele Dessì Le proposte del rettore Mistretta incontra gli studenti per le tasse Nulla di fatto. L’incontro fra Pasquale Mistretta, rettore dell’università, e gli studenti a proposito delle tasse, non ha fatto registrare alcun passo in avanti. «Gli studenti che hanno pagato solo il bollo virtuale, e non la prima rata di 276 euro, sono 37 mila 800 - ha detto Mistretta - mentre le matricole iscritte al primo anno sono in tutto 7000». La proposta del rettore è quella di dividere la tassa universitaria in tre rate da versare in dicembre, febbraio e aprile. «Ma la tassa minima non può scendere sotto il 165 euro, così com’è stato stabilito per tutte le università italiane», ha confermato. Fra le novità proposte da Mistretta, una distinzione fra i redditi degli studenti lavoratori che abitano ancora in famiglia. La tassa per l’Ersu e il contributo per ogni facoltà non saranno più stabilite secondo una quota fissa ma verranno pagate in base al reddito di ogni studente. Saranno esclusi quelli appartenenti alle prime due fasce. Adesso la palla passa ai ragazzi: gli studenti hanno tempo fino al 5 dicembre per formalizzare una proposta alternativa. _____________________________________________ Corriere della Sera 19 Nov. 02 ADDIO AL PROFESSOR MARCO SOMALVICO PIONIERE DELL' INTELLIGENZA ARTIFICIALE Panza Pierluigi Il professor Marco Somalvico del Politecnico di Milano, uno dei maggiori esperti italiani di intelligenza artificiale, è morto l' altro ieri a Milano per un improvviso malore. Aveva 61 anni. «Era un personaggio molto noto in università - lo ricorda i l rettore, Giulio Ballio - per la sua cultura e perché alternava il suo impegno di ricercatore all' attenzione per i più deboli. Si è occupato a lungo del tutoraggio per aiutare gli studenti meno preparati e dei portatori di handicap». Somalvico era nato a Como il 10 ottobre 1941. Si era laureato in Ingegneria elettronica nel 1965; dal 1980 era professore di Intelligenza Artificiale al Politecnico. Nel 1971, dopo tre anni di ricerca alla Stanford University, aveva fondato, al Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico, il Progetto di Intelligenza Artificiale e Robotica. È stato membro del Comitato Editoriale di riviste internazionali come il «Journal of Robotic Systems and Applications e Robotik» e presidente del Comitato Organizzatore della «International Joint Conference on Artificial Intelligence», svoltasi a Milano nel 1987. E' stato invitato a svolgere soggiorni di ricerca e conferenze in USA, Regno Unito, Francia, Germania, Austria, Russia, Georgia, Cecoslovacchia , Polonia. Nel 1998 era stato insignito del Premio Joseph Engelberger Robotics Award, massima onorificenza mondiale per la robotica. È stato socio fondatore della SIRI (Società Italiana di Robotica Industriale) nel 1975 e della AIIA (Associazione Ita liana per l' Intelligenza Artificiale) nel 1987. P.Pan. =========================================================== _____________________________________________ Corriere della Sera 20 Nov. 02 CAMICI BIANCHI IN PIAZZA: CORTEO DEGLI “SPECIALIZZANDI” Corteo degli “specializzandi” blocca il traffico, oggi donazione di sangue per protesta «Siamo studenti in ospedale e medici in tribunale» Turni massacranti, niente ferie né giorni di malattia, pesanti responsabilità verso i pazienti, tutto per ottocento euro al mese (senza contributi): per i medici specializzandi dell’isola ce n’è abbastanza per sentirsi sfruttati e scendere in piazza. Lo hanno fatto ieri, unendosi alla protesta dei colleghi di tutta Italia. Cinquecento camici bianchi in corteo, dal piazzale dei Centomila a piazza Palazzo, per incontrare il Prefetto. Si ribellano perché sono stanchi di essere trattati come studenti o poco più, pur garantendo nei diversi reparti un lavoro spesso indispensabile. Chiedono di essere riconosciuti come medici specialisti in formazione. Vorrebbero il contratto di lavoro che gli spetta, essere uguali al resto d’Europa. «Siamo considerati poco più che studenti - protesta Saber Barbar, specializzando al secondo anno di medicina interna - 800 euro al mese e niente diritti: contributi pensionistici, ferie, tutela per la malattia. Lavoriamo e tante volte copriamo le carenze dell’organico. Un cambiamento per il nostro settore doveva già esserci dal 1993: un contratto di formazione lavoro e ciò che ne consegue sul piano assistenziale». I medici sfilano per le strade, sono accompagnati dai colleghi di Sassari e da decine di studenti degli ultimi anni della facoltà di Medicina. «Mi è sembrato giusto venire a manifestare perché se gli specializzandi otterranno qualcosa sarà meglio anche per il mio futuro», segnala Daniela Muscas, 23 anni, studentessa del quarto anno. Anche oggi i neo medici, già in sciopero da una settimana, non si fermano. Proseguono con un’iniziativa del tutto diversa dai giorni precedenti: donano il sangue al Brotzu. Motivazione tra sarcasmo e altruismo :«È l’unico salasso a cui ci sottoponiamo volentieri». Parola di Raffaella Gaeta e Alessandro Ponticelli, 30 anni, specializzandi in fisiatria e pediatria. E poi gli striscioni: «Medici specializzandi, lavoratori senza diritti. Servi della gleba sanitaria. Studenti in ospedale, medici in tribunale». Sono in tanti a non sapere dei loro problemi, ma loro in un volantino spiegano le motivazioni e si scusano per gli eventuali disagi creati. I neo medici all’una arrivano in Piazza Palazzo, il prefetto Efisio Orrù riceve una delegazione, ascolta le loro esigenze, «ci dà ragione» racconta all’uscita Saber Barbar. «Trasmetterà al Governo la nostra protesta». Di un altro problema sta discutendo animatamente un gruppo di specializzandi: «Manca un tutor, un punto riferimento. Siamo un po’ allo sbaraglio, dovrebbero seguirci di più. Ogni tanto abbiamo l’impressione di essere addirittura in mezzo ai piedi». Da anni gli specializzandi combattono, ma sembra che qualcuno preferisca alimentare una categoria di lavoratori precari di basso costo. La manifestazione, comunque, è stata un successo: mentre in città gli specializzandi passavano per via Roma e per il Largo Carlo Felice, a Roma un corteo gemello percorreva le vie che da piazza Esedra portano alla piazza Santi Apostoli. Francesca Grezzo _____________________________________________ La Nuova Sardegna 20 Nov. 02 LA MARCIA DEGLI 'SPECIALIZZANDI' Cinquecento medici sardi hanno attraversato le vie della città per rivendicare i loro diritti «Lavoriamo anche più di cinquanta ore a settimana» Prima l'incontro in prefettura, poi quello con il rettore CAGLIARI. Formazione più qualificata a tutela della propria dignità professionale e della salute degli utenti. Sono soltanto alcune delle richieste dei medici specializzandi che ieri hanno sfilato per le strade del centro cittadino. Il corteo (composto da circa cinquecento persone, compresa una nutrita rappresentanza dell'ateneo di Sassari) è partito alle ore 10 dalla piazza dei Centomila e attraverso viale Diaz, via Roma, il largo Carlo Felice, piazza Yenne, via Santa Margherita, via Ospedalò, viale Buon Cammino e via Canelles si è diretto in piazza Palazzo. Dove una delegazione di manifestanti è stata ricevuta dal prefetto, Efisio Orrù. Molti i problemi sul tappeto. I medici specializzandi, per esempio, hanno denunciato di lavorare negli ospedali universitari anche più di cinquanta ore a settimana senza tutela salariale, previdenziale, assicurativa e della maternità. Hanno detto di percepire una borsa di studio mensile di 966,67 euro lordi congelata fino al 2006 mentre direttive comunitarie recepite dal decreto legge 368 del 1999, mai applicato, prevedono un contratto di formazione lavoro come in tutti i paesi dell' Unione Europea. In serata, poi, alcuni rappresentanti dei medici specializzandi hanno incontrato il rettore, il preside della facoltà e i direttori delle scuole di specializzazione per chiedere loro l'appoggio formale dell'ateneo e della facoltà. «Siamo medici a tutti gli effetti - hanno spiegato alcuni manifestanti - professionisti-specialisti in formazione che svolgono nei policlinici universitari e nelle strutture sanitarie accreditate le medesime attività dei colleghi di ruolo. E copriamo integralmente e quasi sempre autonomamente attività di competenza strettamente specialistica. In particolare guardie diurne e notturne nei reparti di degenza e in pronto soccorso, visite ambulatoriali, esami strumentali, consulenze specialistiche ed emergenze». Ma non solo. «Spesso siamo anche gli unici interlocutori e operatori per il comune cittadino. Costituendo una forza lavoro a tutti gli effetti, utilizzata come manovalanza a basso costo. Senza alcuna tutela assicurativa, previdenziale e salariale». Per un'anomalia legislativa, invece, gli specializzandi ufficialmente sono ancora studenti, non lavoratori. Costretti a versare la tassa annua di iscrizione alla scuola fino a 1500 euro, secondo l'università di appartenenza. Ecco perchè l'astensione dall'attività assistenziale degli specializzandi è l'ultima ed estrema risorsa di protesta «per far recepire ciò che altrimenti non potrà più trovare alcuna espressione legislativa». Dal loro canto le Regioni hanno chiesto che per attivare i contratti di formazione per i medici specializzandi vengano previsti fondi aggiuntivi, pari a 100 milioni di euro annui, rispetto a quelli previsti dall'accordo dell'8 agosto. Già il 16 luglio scorso la conferenza dei presidenti delle Regioni aveva richiamato l'attenzione del governo sulle problematiche relative allo stato giuridico e al percorso formativo dei medici in formazione specialistica ed in particolare a quelle riguardanti l'attuazione della legge 368/99 per l'attivazione dei contratti di formazione lavoro per gli specializzandi. In attesa di risposte in grado di sbloccare la situazione, lunedì prossimo, i medici specializzandi incontreranno i parlamentari sardi, la commissione Sanità del consiglio regionale, l'assessore Giorgio Oppi e il presidente della giunta Mauro Pili. Mentre oggi, alle 8.30, in molti si presenteranno presso il centro trasfusionale dell'azienda ospedaliera 'Brotzu' per una donazione di sangue. Medici in corteo CAGLIARI. Dopo la protesta nata a Sassari i medici specializzandi scendono in corteo anche a Cagliari: chiedono formazione più qualificata a tutela della propria dignità professionale e della salute degli utenti. Sono soltanto alcune delle richieste dei medici che hanno sfilato per le strade del centro cittadino. Il corteo (composto da circa cinquecento persone, compresa una nutrita rappresentanza dell'ateneo di Sassari) è partito alle ore 10 dalla piazza dei Centomila e attraverso viale Diaz, via Roma, il largo Carlo Felice, piazza Yenne, via Santa Margherita, via Ospedalò, viale Buon Cammino e via Canelles si è diretto in piazza Palazzo. Dove una delegazione di manifestanti è stata ricevuta dal prefetto, Efisio Orrù. Molti i problemi sul tappeto. I medici specializzandi, per esempio, hanno denunciato di lavorare negli ospedali universitari anche più di cinquanta ore a settimana senza tutela salariale, previdenziale, assicurativa e della maternità. Hanno detto di percepire una borsa di studio mensile di 966,67 euro lordi congelata fino al 2006 mentre le direttive comunitarie recepite dal decreto legge 368 del 1999, che non è stato mai applicato, prevedono un contratto di formazione lavoro come in tutti i paesi dell' Unione Europea. _____________________________________________ La Stampa 20 Nov. 02 SIRCHIA: RISCHIOSO AZIENDALIZZARE TROPPO LE STRUTTURE DI CURA , bisogna cambiare il sistema I medici specializzandi sono sul piede di guerra, spalleggiati dalla conferenza delle Regioni che, rispetto ai fondi previsti dall´accordo dell´8 agosto, reclama per i loro contratti di formazione altri 100 milioni di euro all´anno. «Le risorse a disposizione sono quelle che sono - afferma il ministro della Sanità, Girolamo Sirchia al termine di una giornata di incontri con il collega Tremonti e il rappresentante dei governatori, Ghigo - comunque siamo pronti ad affrontare la questione assieme a chi ha firmato l´intesa». Ministro Sirchia, cosa risponde alle richieste degli specializzandi e della conferenza delle Regioni? «Un attimo, non si può pretendere tutto e subito. Bisogna analizzare bene la situazione partendo dalle competenze. L´8 agosto 2001 è stato raggiunto un accordo che parla chiaro. Da quel momento in poi lo Stato avrebbe trasferito le risorse alle Regioni e queste si sarebbero occupate del problema. Certo ora è auspicabile che nell´emergenza prevalga lo spirito di collaborazione e, per quanto sarà possibile, il governo negozierà e farà progressivamente la sua parte. Siamo davanti ad una questione grave scaturita da un atto del precedente esecutivo, che recependo una direttiva europea del `99, trasformò le borse di studio in contratti di formazione lavoro raddoppiando il costo degli specializzandi. Una spesa ingente che non è stata coperta. Perciò adesso abbiamo a che fare con una legge senza il relativo finanziamento. Dopo essere stato ritirato alla Camera, verrà ripresentato l´emendamento alla Finanziaria sul rapporto di lavoro extramoenia dei "camici bianchi" che lavorano in privato? «Abbiamo riflettuto punto per punto e abbiamo deciso che l´emendamento sarà lievemente corretto e ripresentato al Senato. Stiamo valutando in questi giorni la possibilità di apportare qualche modifica al testo: non è ancora pronto, però non vediamo ostacoli ad una sua riproposizione in aula. E´ sbagliato, comunque, considerarla una tassa. Piuttosto è una royalty utile ad evitare danni alle strutture pubbliche. Il versamento verrà chiesto soltanto ai professionisti che occupano una posizione di rilievo all´interno dell´ospedale». Ospedali uguale aziende, condivide quest´equazione? «Gli ospedali non sono aziende di profitto o enti economici. Il compito dei medici è curare bene i malati, non si può snaturare la loro missione e trasformarli in economisti. Far quadrare i bilanci è fondamentale ma l´economia non deve prevaricare la qualità delle prestazioni offerte ai cittadini. E´ rischioso aziendalizzare troppo le strutture di cura, anche se il sistema va aggiornato in alcuni punti. Ci sono errori ai quali occorre ovviare perché stanno affiorando le debolezze del federalismo sanitario. D´altronde stiamo sperimentando gli effetti di una riforma necessaria che, per forza di cose, è stata attuata in tempi stretti, così ora dobbiamo accertarci con la massima cura che i livelli essenziali di assistenza siano effettivamente erogati ovunque nello stesso modo. Ciò è indispensabile a garantire ovunque uguali livelli di cura». Qualche dubbio sul federalismo? «No, però è una via da percorrere senza salti, con paletti tra ciò che deve fare lo Stato e ciò che tocca alle Regioni. Altrimenti si rischia di mandare in tilt l´intero sistema. Il federalismo è un processo positivo che a causa di qualche errore può provocare una reazione popolare molto negativa come dimostra il contestato ticket sui farmaci a discrezione delle Regioni». Quali priorità sono state individuate? «Siamo al lavoro per reperire nuove risorse a favore della lotta contro i tumori. Cerchiamo una soluzione adeguata all´interno del piano oncologico nazionale. Servono fondi e organizzazione e un aiuto arriverà dalla messa in rete degli istituti di ricerca che si estenderà presto ai centri del Sud. Per la prima volta abbiamo varato un piano di co-finanziamento della ricerca: obiettivi di interesse pubblico sostenuti congiuntamente da Stato e privati. E´ il principio di sussidiarietà in base al quale abbiamo risolto l´emergenza sangue facendo un passo indietro rispetto alle associazioni non più vincolate ad antiche subalternità e dipendenze. Attraverso la mobilitazione di 300 centri trasfusionali abbiamo ottenuto 100mila donatori in più. Il mese prossimo, poi, arriverà in Italia un nuovo farmaco anti-Aids, la molecola tenofovir, già approvata dalla Cuf». Recenti scandali hanno riportato sotto i riflettori la questione dei trapianti. Come è intervenuto il dicastero della Salute? «C´è una forte richiesta di trasparenza legata al mondo dei trapianti. Per questo dal prossimo gennaio tutti i dati relativi ai risultati, alla disponibilità di organi e alle liste di attesa dei pazienti diverranno pubblici attraverso la loro diffusione sul sito Internet del nostro ministero». _____________________________________________ Corriere della Sera 21 Nov. 02 FINISCE AL TAR IL PIANO DI RILANCIO DEL POLICLINICO Finisce al Tar il protocollo d' intesa sull' Umberto primo. La terza sezione del tribunale amministrativo ha esaminato ieri in camera di consiglio i ricorsi presentati da una trentina di primari, ma il piano di rilancio è stato impugnato anche da 280 medici guidati dal preside della facoltà di Medicina, Luigi Frati. I ricorsi analizzati ieri (la decisione è stata rinviata al merito) sono stati presentati dai medici ultrasessantenni del Policlinico, che «in base al protocollo d' intesa - ha spiegato Frati - perderebbero per limiti di età il primariato». I ricorsi sono stati firmati da molti nomi illustri, come Ferdinando Aiuti, Benedetto Marino, Franco Mandelli, Carlo Baroni, Luigi Romanini. L' altro gruppo di ricorsi, che contesta la legittimità dell' intero protocollo d' intesa, vede 280 professori schierati contro la Regione, l' azienda Umberto primo, l' università La Sapienza, Murst e il ministero della Salute. «Questi ricorsi - ha precisato Frati - non sono altro che la traduzione giudiziaria dei nostri rilievi al protocollo. Siamo favorevoli alla collaborazione con la Regione nella salvaguardia, però, delle rispettive competenze. Per quanto riguarda l' università, il protocollo non è conforme alle deliberazioni del Senato accademico: il piano presenta alcuni aspetti di illegittimità che possono danneggiare l' istituzione universitaria». Oltre che per contestare il programma di rilancio del Policlinico, i docenti hanno impugnato davanti al Tar anche il piano sanitario regionale. «In questo caso - ha continuato Frati - ci siamo coalizzati con le altre facoltà di Medicina, Cattolica e Tor Vergata, perchè non siamo stati consultati per la redazione del programma che dovrebbe migliorare la sanità». _____________________________________________ L’Unione Sarda 21 Nov. 02 CAGLIARI: UNA GIORNATA A BABYLANDIA Ha preso ieri il via alla Fiera il progetto del Comune e della Clinica pediatrica dedicato ai più piccoli Laboratori, musica, libri e venerdì i pediatri a convegno Il Geomag li fa impazzire. Il tamburo li ipnotizza. I palloncini li incantano. Ma entrano piano, i bambini, nel padiglione della Fiera. Mano nella mano, in fila per due, grembiule blu e colletto bianco. Entrano zitti dalla grande porta a vetri: fanno pochi passi, si fermano, si guardano intorno. E poi corrono veloci, come un fiume che rompe gli argini, sulla moquette rossa. Corrono verso le costruzioni a calamita, verso gli strumenti musicali del Conservatorio, verso lunghi palloncini che diventano spade e farfalle e fiori. Corrono e cantano, suonano, ballano. C’è silenzio solo davanti ai libri: quelli portati dalla Provincia e dal suo Servizio bibliotecario, e quelli di Tuttestorie, libreria per bambini e ragazzi di via Costuzione che alla Fiera allestisce laboratori di favole e sogni e inglese. Perché per Babylandia sono arrivati un po’ tutti. C’è l’Unicef, c’è il Conservatorio Pier Luigi da Palestrina con Gabriella Piu, Tiscali e il Teatro delle Mani, la Provincia di Cagliari con il Progetto Equal, la Plast Wood di Calangianus con le sue costruzioni a barrette e sfere calamitate. C’è il pagliacco Aspino che combatte l’Aids, c’è la Regione, con un progetto di educazione ambientale, c’è la libreria Tuttestorie, e ci sono i volontari di Abi e Abos. Dice Luciana Marotta, presidente dell’Associazione bambini ospedalizzati: «Da dieci anni, ogni giorno, mattina e sera, l’Abos entra nelle corsie del Microcitemico per giocare e tenere compagnia ai piccoli pazienti. E strappargli un sorriso nei lunghi mesi di cure a cui sono sottoposti». Questa è Babylandia, una cosa per ogni posto, un posto per ogni cosa: i giochi, la musica, la lettura, lo studio, e la solidarietà. Perché crescere, è difficile. Lo sa bene Carlo Pintor, direttore della Prima clinica pediatrica dell’Università, che Babylandia l’ha voluta fortemente e con entusiasmo l’ha organizzata. I soldi arrivano dal Comune: sono i fondi della 285, legge nazionale che finanzia gli enti locali, messi a disposizione dai Servizi Sociali guidati da Tarsilla Rossi. E per cinque giorni, la Fiera diventa il paese dei bambini: sino a sabato, da una parte il percorso interattivo per bambini, dall’altra, nelle nuove sale del Centro congressi, insegnanti, educatori, medici, presidi, politici danno vita a incontri, dibattiti, tavole rotonde. In più, parallelamente a Babylandia, venerdì inizia il corso nazionale di aggiornamento in Pediatria, curato da Carlo Pintor e Adriano Corrias. Con un risultato: il bambino viene analizzato in tutte le sue sfaccettature. E una speranza: «Che Babylandia diventi uno spazio fisso nella nostra città», promette il sindaco Emilio Floris. Stamattina il paese dei bambini apre di nuovo le sue porte. Ieri al Centro congressi sono arrivati il rettore Pasquale Mistretta, il direttore generale dell’Ufficio Scolastico Armando Pietrella, l’assessore alla Pubblica Istruzione del comune di Quartu Gabriele Marini, che sta portando avanti un progetto contro la dispersione scolastica, il preside di Medicina Gavino Faa, il direttore generale del policlinico universitario Rossella Coppola, Alberto Granese, preside di Scienze della formazione. Stamattina alla Fiera arrivano invece le scuole materne di via Serbariu, le elementari di via Stoccolma, di via Garavetti e di via Machiavelli, più il centro di aggregazione comunale di Burcei. Babylandia rimane aperta sino a sabato, l’ingresso è gratuito, gli orari: dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19. Intanto, in tutto il mondo si festeggia l’anniversario della Convenzione dei diritti per l’infanzia. Cagliari lo fa a suo modo: con il paese dei bambini. Francesca Figus _____________________________________________ L’Unione Sarda 21 Nov. 02 ISILI: PARTE LA RISCOSSA DEI TALASSEMICI Isili. Una raccolta di firme indirizzata alla Regione è iniziata con la solidarietà dei sindaci della zona Contestata la scuola internazionale di studi a Pesaro ISILI Una raccolta di firme indirizzata al presidente della Regione Mauro Pili per far nascere in Sardegna la “Scuola internazionale di talassemia”. La proposta, avanzata dalla presidentessa dell’associazione talassemici sardi Viola Liviana, preoccupata perché il ministro della sanità Gerolamo Sirchia ha scelto le Marche (dove esistono appena 12 casi di talassemia) e l’ospedale di Pesaro come sede della scuola, è stata immediatamente raccolta da tutti i sindaci del Sarcidano e da Ilse Atzori, madre di una bambina talassemica di Isili, impegnata in prima persona in tutte le iniziative volte a far conoscere le problematiche dei talassemici in tutto il Sarcidano-Barbagia di Seulo. E in pochissimi giorni, nel solo paese di Isili, da sempre in prima linea nelle iniziative di solidarietà, Ilse Atzori ha raccolto 1300 firme, cifra altissima se si considera che nel resto dell’isola le firme già depositate sono 8000. Il sindaco Salvatore Pala ha diffuso un invito ai 14 colleghi del territorio (che hanno risposto in massa) e a tutti i cittadini maggiorenni del capoluogo del Sarcidano «affinché pongano una firma per far si che la scuola internazionale di talassemia venga istituita in Sardegna, all’Istituto Microcitemico di Cagliari dove sono presenti 1300 talassemici e 200 mila portatori sani». Attivissima anche la figlia di Ilse Atzori, Maria Luisa, 14 anni, che convive con la malattia sin dalla nascita: «Noi talassemici chiediamo che i politici sardi Ñ spiega con un dolce sorriso Ñ prendano in mano la richiesta della nostra associazione, affinché la scuola internazionale venga aperta a Cagliari e non a Pesaro. In Sardegna siamo 1300 e ci rendiamo conto che i medici del Microcitemico stanno facendo passi da gigante nello studio di nuovi farmaci: questa scuola darebbe nuovo impulso alla loro attività e tanta speranza a tutti noi». Un appello toccante, immediatamente raccolto dalla presidentessa dell’associazione commercianti isilesi Paola Piras: «La raccolta di firme è solo il primo passo di una battaglia che noi commercianti vogliamo combattere a fianco dei malati sardi di talassemia, spesso trascurati dai nostri politici. La scuola internazionale di studio e ricerca deve nascere a Cagliari Ñ precisa Ñ e stiamo già studiando anche una clamorosa azione di protesta, se ciò non avverrà in tempi brevi: una giornata di “sciopero” dei commercianti con la serrata di tutte le attività». Le adesioni all’appello lanciato da Ilse Atzori non si contano più: «Nello stesso liceo scientifico Pitagora Ñ spiega Ñ sono state raccolte 250 firme, arrivano segnali incoraggianti anche da Laconi ed Escolca: tutto il territorio del Sarcidano stà rispondendo con commovente partecipazione all’iniziativa». Rosaria Scanu, impiegata di Gergei, stà promuovendo la raccolta di firme nel suo paese: «In Sardegna la talassemia è una malattia gravissima eppure se ne parla pochissimo. È necessario far nascere questa scuola, ma soprattutto uscire da questo tabù, far conoscere le problematiche dei talassemici, convincere la classe politica sarda ad aprire un tavolo di trattativa col ministero della sanità». In prima linea anche i sindaci del territorio. «Chiamerò a raccolta la popolazione Ñ spiega il sindaco di Escolca Salvatorangelo Planta Ñ affinché giunga anche dal mio paese un prezioso contributo in favore dei talassemici sardi: l’apertura della scuola nell’isola, infatti, darebbe un impulso alla ricerca». Pierpaolo Fadda _____________________________________________ Corriere della Sera 20 Nov. 02 «UN GEL CHIRURGICO RIDUCE LA VISTA AGLI OPERATI DI CATARATTA» Fagnani Giovanna Maria ABBIATEGRASSO - Dopo essere stati operati di cataratta, capita a volte di dover tornare in ospedale e sottoporsi a un altro intervento, perché la vista si è di nuovo offuscata. Colpa della lente artificiale che viene posta nell' occhio (in sostituzione della «lente» naturale, il «cristallino») che può opacizzarsi. Fino ad oggi si pensava che la perdita di chiarezza fosse più frequente nei pazienti con particolari patologie, come il diabete. La vera causa dell' opacizzazione, nel caso dell' utilizzo di lenti «pieghevoli», potrebbe invece essere la sostanza «viscoelastica» che viene iniettata nell' occhio del paziente durante l' intervento. Si tratta di una specie di gel, estratto dalla pinna dei pescecani, che protegge le altre parti dell' occhio durante l' operazione. A sostenerlo è il team di chirurghi dell' unità operativa di oculistica dell' ospedale «Costantino Cantù» di Abbiategrasso, guidato dal primario Fabio Ferentini. L' équipe, composta da cinque medici, oltre all' attività ospedaliera dedica oltre 200 ore l' anno alla ricerca (non retribuita). Il gruppo è riuscito a identificare la formula chimica del materiale che può formarsi nell' occhio quando viene utilizzata quella particolare sostanza. Si tratta dell' idrossiapatite, presente anche in natura. «Questo minerale è formato da calcio e fosfati - spiega il primario -. I due elementi si uniscono a temperature elevatissime. Nell' occhio, invece, a unirli sarebbe proprio quella sostanza viscoelastica che agisce da catalizzatore». Per evitare quindi la perdita di chiarezza della lente artificiale, basterebbe usare una sostanza analoga: in commercio ne esistono diverse. La scoperta, ottenuta con il controllo di 458 pazienti operati ad Abbiategrasso negli ultimi tr e anni e grazie alla collaborazione con gli istituti di mineralogia delle università di Pavia e di Grenada (l' ospedale non disponeva degli strumenti scientifici sufficienti), è stata presentata al Congresso Europeo dei chirurghi oculisti di Nizza e verificata con altri casi già segnalati da ricercatori americani. Per informazioni, ci si può rivolgere allo 02.9486202. G. M. F. _____________________________________________ Repubblica 21 Nov. 02 CUF: "MA LA NOSTRA SALUTE NON È UN PRODOTTO" Appello di Filippo Drago della Cuf: "Attenzione a comprare online" «L’acquisto di farmaci "on line", sia dal punto di vista medico che farmacologico, è una pratica da combattere fino in fondo», afferma con forza dalla Cuf, Filippo Drago, direttore della Scuola di specializzazione in Farmacologia dell’Università di Catania e coordinatore della Commissione di Farmacovigilanza della stessa Cuf. «Uno dei casi gravi più recenti riguarda un sito che vendeva sibutramina senza prescrizione medica. E’ stato attivo fino a qualche mese fa, quando, dopo alcune segnalazioni all’azienda produttrice si è riusciti a risalire al sito, di proprietà svizzera, e a farlo chiudere. La questione più rilevante è proprio questa: la vendita in rete di farmaci senza ricetta lì dove ne è previsto per legge l’obbligo». Ma le problematiche sono anche altre. «Questi sono siti di carattere esclusivamente commerciale», spiega Drago, «dove il farmaco viene presentato con un profilo rischibenefici assolutamente falsato. Spesso poi ai prodotti pubblicizzati vengono attribuite caratteristiche terapeutiche che non possiedono, almeno secondo criteri scientifici: si vendono molti prodotti, come gli integratori alimentari, che non hanno caratteristiche farmacologiche. O sostanze spacciate per dopanti, dimagranti, che incrementano intelligenza e memoria: presentate con un profilo farmacologico che non ha evidenze scientifiche e prove cliniche». L’utente è indotto in sostanza all’acquisto con false illusioni, tuttavia, come nel caso dei bollini di qualità per i siti di "ehealth", ci si pone il problema del controllo costante. «Per tutte queste ragioni», continua l’esperto, «l’impegno per limitare il fenomeno deve essere al massimo. Servirebbe certo una struttura che controlli il fenomeno in modo costante, che forse dovrebbe nascere a livello volontaristico, anche se in teoria i controlli di questo genere dovrebbero essere competenza dei Nas». Inoltre, visto che la maggior parte dei siti che fanno "spamming" e vendono farmaci con obbligo di prescrizione senza di essa sono stranieri, il controllo diventa molto più difficile. Un’altra questione di cui tenere conto è l’utilizzo indiscriminato che il provider può fare dei dati sanitari personali che vengono raccolti, una violazione pericolosa della privacy. Nessuno ci assicura che dall’altra parte del monitor ci sia della deontologia professionale, anzi. «Più che la violazione della privacy la questione è come il provider finisca per sostituirsi al medico, anche nelle visite virtuali che spesso vengono richieste prima dell’acquisto del farmaco, e questo è un reato», mette in guardia Dago. L’unico modo per difendere veramente il cittadino dai pericoli dello shopping di medicinali in rete sembra essere, ancor una volta, l’informazione. «Informare è l’unico modo», conclude l’esperto, «ma non attraverso lo stesso media, non attraverso la rete. Il messaggio che deve passare è che è pericoloso acquistare farmaci o altri prodotti spacciati per tali sul "web", perché si rischia seriamente in termini di salute». (m. g.) _____________________________________________ Corriere della Sera 20 Nov. 02 I TEST DEL MINISTERO NON BOCCIANO L' OMEOPATIA Primi dati delle prove sulle cure alternative. Indagine ad Aviano: il 10% dei malati di tumore usa anche terapie diverse De Bac Margherita ROMA - Non si trovava chi fosse in grado di farlo, e allora per punzecchiare i topini hanno chiamato un agopuntore dalla Cina. Per sei mesi l' esperto di piccoli animali si è trattenuto a Roma, coinvolto in una delle più originali sperimentazioni che l' Istituto superiore di Sanità abbia mai condotto: verificare se la tecnica orientale, molto in voga anche in Italia, funziona nell' ictus cerebrale. I primi dati sono già in elaborazione. E sembra che i risultati preliminari non siano eclatanti. Prova della verità per le terapie non convenzionali. Per la prima volta l' Istituto ha avviato un progetto di ricerca con lo scopo di dare una valutazione ufficiale e circoscrivere il fenomeno della medicina alternativa, che in Italia coinvolge nove milioni di persone (dati Istat). Il progetto, partito tre anni fa, coordinato dal farmacologo del ministero della Salute Roberto Raschetti, è a buon punto. Una seconda sperimentazione sui rimedi omeopatici nel trattamento dell' edema è in corso a Verona. L' Istituto oncologico di Aviano ha invece svolto un' indagine sull' uso delle terapie non convenzionali in oncologia. Il 10% dei pazienti si curano con l' altra medicina. Aloe, fitoterapia, pranoterapia, perfino yoga. Infine uno studio sui prodotti ayurvedici, sospettati di essere contaminati da metalli. AGOPUNTURA - Non ci sono farmaci per l' ischemia cerebrale. Ecco perché i ricercatori hanno deciso di focalizzare l' attenzione su questa patologia, che in Cina viene molto spesso trattata con l' agopuntura. Inoltre, esistevano già modelli animali nei quali era possibile indurre l' ictus. L' agopuntore è venuto dall' Accademia delle scienze di Pechino, con la collaborazione dell' Istituto Paracelso. OMEOPATIA - Lo studio è coordinato d al professor Paolo Bellavite, dell' università di Verona. Si vuole vedere se l' omeopatia favorisce nei ratti il riassorbimento degli edemi muscolari, fungendo da antinfiammatorio, o è solo acqua fresca, come sostengono gli scettici. È stato fatto i l confronto con i placebo. «Abbiamo concluso il lavoro - anticipa Bellavite -. Servono però test di approfondimento. Non abbiamo finora trovato prove sull' inutilità di queste sostanze, che anzi hanno risposto in molti casi positivamente. Occorrono approfondimenti». ONCOLOGIA - Il 10% di 426 pazienti di 4 reparti di oncologia (ricoverati quindi per cure tradizionali) hanno dichiarato su un questionario di aver utilizzato rimedi alternativi dopo la diagnosi di tumore. Soprattutto farmaci naturali , come aloe o fiori di bach, ma anche omeopatia, diete, pranoterapia, multiterapia Di Bella, manipolazione corporea, per finire con iridologia e yoga. Il 62% dei malati non ne ha informato il medico. «È un dato su cui riflettere e da non sottovalutar e - commenta l' oncologo Tirelli -. Non ci fermiamo qui. Intendiamo concentrare l' attenzione sulle terapie più diffuse e sperimentare se hanno una qualche efficacia o, al contrario, interagiscono negativamente con i farmaci. Non possiamo ignorare il problema, non vogliamo rischiare un secondo caso Di Bella». Margherita De Bac mdebac@corriere.it NOVE PRESCELTE L' Ordine dei medici quest' anno con un documento ha riconosciuto come atti medici nove discipline alternative, che devono essere pratica te solo da laureati in medicina: agopuntura, fitoterapia, ayurvedica, medicina tradizionale cinese, antroposofica, omeopatia, omotossicologia, osteopatia, chiropratica IL FENOMENO Sono 9 milioni gli italiani che si curano con le medicine alternative, secondo l' indagine Istat su 30 milioni di famiglie. Dal ' 91 al ' 99 i clienti di queste discipline sono triplicati. La regina è l' omeopatia, prescritta anche ai bambini: il 10% fra 3 e 5 anni prendono prodotti di origine animale, vegetale o minerale SPERIMENTAZIONI A buon punto il progetto dell' Istituto superiore di Sanità sulle terapie non convenzionali. Comprende anche due sperimentazioni sui topi per valutare l' efficacia dell' omeopatia negli edemi e dell' agopuntura nell' ictus cerebrale. Si è visto che il 10% dei pazienti con tumore scelgono cure alternative LA DIRETTIVA Viene votata a Strasburgo la direttiva europea sulle erbe medicinali tradizionali. Bisognerà indicare sull' etichetta e sul foglietto illustrativo informazioni scientifiche, semplici e chiare, sull' eventuale tossicità e possibili interazioni con cibi, bevande, altri farmaci. Erbe in commercio solo se provviste di un dossier 10.000 I MEDICI che prescrivono medicinali alternativi ai farmaci classici 62% I PAZIENTI con tumore che non dichiarano al medico di ricorrere a rimedi alternativi _____________________________________________ Corriere della Sera 20 Nov. 02 L' IBM CONTRO I GIAPPONESI PER COSTRUIRE IL COMPUTER «VELOCE COME IL CERVELLO» Asci-Purple sarà pronto nel 2004 Risulterà due volte più rapido del calcolatore della Nec Caprara Giovanni MILANO - Il computer più veloce del mondo è diventato una questione di orgoglio nazionale. Per questo il segretario all' Energia del governo americano ha finanziato con 290 milioni di dollari (circa 300 milioni di euro) il progetto di due supercomput er studiati dall' Ibm capaci di riconquistare il primato perso nell' aprile scorso. A strapparlo agli States è stato il nemico di sempre nella guerra informatica, il Giappone, che è riuscito a mettere insieme un gigantesco elaboratore in grado di eseguire 40 trilioni di operazioni in un secondo. Pagato dal governo di Tokyo, è stato concepito soltanto per simulare per la prima volta tutti i meccanismi ambientali che coinvolgono la Terra ed è stato battezzato Earth Simulator. L' impresa è riuscita alla società Nec che, per arrivare a questo risultato, ha unito fra loro ben 5 mila processori che funzionano come un' unica macchina. Earth Simulator ha declassato il detentore del titolo che finora era il supercomputer Asci White dell' Ibm, cinque volte meno veloce. «C' è un pizzico di nazionalismo - dice Jack Dongarra dell' Università del Tennessee - ma ci piace pensare che il più potente debba essere negli Usa». E così è partita la rivincita che dovrebbe portare l' Ibm alla realizzazione di Asci- Purple nel 2004. Quando accenderà i suoi processori riuscirà ad arrivare a cento trilioni di operazioni al secondo (oltre il doppio del rivale nipponico) e servirà a simulare lo scoppio di nuovi ordigni nucleari; creerà cioè delle bombe atomich e virtuali. Viene presentato già come la macchina più simile al cervello umano in quanto a velocità d' azione. Ma, per evitare che qualcuno pensi di rimettersi in gara di nuovo, Ibm sfornerà anche per l' anno successivo un secondo supercomputer chian ato Blue Gene/Lite che, dotato di 130 mila processori, arriverà a macinare 360 trilioni di operazioni al secondo, superando di quasi quattro volte il fratello minore appena nato. Entrambi troveranno posto al Lawrence Livermore National Laboratory di Livermore, in California, del Dipartimento dell' Energia, dove ancora vigila l' occhio di Edward Teller, il padre della bomba termonucleare. Ma nel silenzio della gara sembra stia scaldando i muscoli un terzo incomodo, Hewlett-Packard e forse anche un quarto, la Cray. E i bene informati aggiungono che la Nec non è intenzionata a gettare la spugna. Giovanni Caprara _____________________________________________ Corriere della Sera 20 Nov. 02 ERBE MEDICINALI COME I FARMACI» Regole europee: foglietto illustrativo con avvertenze De Bac Margherita ROMA - Circa 123 milioni di cittadini americani usano le erbe medicinali. Per dimagrire, lenire il dolore, migliorare le prestazioni sessuali e sportive, stimolare il tono dell' u more, rinvigorire la memoria. Le piante però non sempre sono innocue. In caso di abuso o impiego non appropriato possono scatenare effetti collaterali indesiderati e contrastare l' effetto di altre sostanze prese contemporaneamente. La Fda, l' ente americano che autorizza il commercio di farmaci e presidi sanitari, ha organizzato un sistema di sorveglianza in Usa. Circa 2.900 gli e venti di tossicità (su 123 milioni di utenti), 104 i morti. Il prodotto su cui convergono i sospetti peggiori è l' efedrina. Anche l' Europa si sta attrezzando per tutelare gli utenti. Verrà votata domani dal Parlamento di Strasburgo u na direttiva che introduce regole severe. Le erbe medicinali tradizionali dovranno rispondere a determinati requisiti di efficacia e sicurezza, dimostrati in un dossier che verrà esaminato con una pr ocedura semplificata. Obbligo di riportare su etichette e foglietti illustrativi informazioni scienti fiche, semplici e chiare, indicando fra l' altro l' eventuale tossicità e il rischio di interazione con cibi, bevande o farmaci. Per erbe tradiziona li si intendono quelle impiegate per almeno 30 anni e in commercio negli Stati dell' Ue da almeno 10 anni. Prevista la creazione d' un Comitato europeo (sull' esempio dell' Emea, l' agenzia per l' approvazione centralizzata dei farmaci). «L' approvaz ione a Strasburgo sarà il passaggio decisivo della direttiva - spiega Giuseppe Nisticò, relatore della proposta alla Commissione Ambiente e sanità dell' Ue -. Tutti i Paesi dovranno organizzare un sistema di sorveglianza. Nessuno sa, per esempio, qua nte sono le vittime dell' efedrina». Il nostro ministero della Salute ha avviato il controllo prima dell' estate attraverso un sito (www.ministerosalute.it) dove medici ed erboristi possono segnalare eventi avversi. Secondo l' associazione U nierbe, in Italia sono 4.300-4.500 le erboristerie. La maggior parte delle piante officinali vengono importate dall' Est europeo, America latina e Cina. Nella relazione di Nisticò si citano esempi di erbe a rischio. Oltre all' efedra, erba di San Giovanni, g inkgo biloba, lo stesso ginseng. M. D. B. _____________________________________________ Le Scienze 22 Nov. 02 UN NUOVO METODO PER DIAGNOSTICARE I TUMORI La ricerca si basa sull’analisi digitale delle differenze indotte dal tumore nei geni Gli scienziati dei Johns Hopkins Medical Institutions sono riusciti a diagnosticare con successo il tumore dell’ovaia semplicemente facendo uso di un esame del sangue. Il test si basa sull’analisi digitale dei polimorfismi dei nucleotidi (SNP), con cui i ricercatori verificano se nel sangue sono presenti tracce di DNA proveniente dalle cellule del tumore. Gli scienziati separano i due segmenti di codice presenti in ciascun gene alla ricerca di differenze che possano indicare la presenza di cellule tumorali. Il gruppo di scienziati ha esaminato 54 campioni di sangue proveniente da pazienti con tumori in varie fasi di sviluppo. L’analisi SNP ha permesso di rivelare le differenze, i cosiddetti “squilibri allelici” , nell’87 per cento (13 su 15) dei pazienti con un tumore allo stadio iniziale e nel 95 percento (37 su 39) dei pazienti con un tumore allo stadio avanzato. Nessuno squilibrio allelico è stato osservato in 31 campioni di sangue provenienti da pazienti sani. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista “Journal of the National Cancer Institute”. Il gruppo di medici sta anche cercando di mettere a punto un metodo altrettanto accurato che possa funzionare con altri tipi di tumore e che possa essere utilizzato su vasta scala. L’aspirina riduce i rischi di attacco cardiaco Può aiutare anche se somministrata nel corso di un attacco I risultati di una ricerca del Mount Sinai Medical Center & Miami Heart Institute mostrano che l’aspirina può ridurre del 32% il rischio di un primo attacco cardiaco. La scoperta è stata presentata a Chicago all’American Heart Association. Il cardiologo Charles H. Hennekens ha pubblicato il primo trial randomizzato sull’aspirina come prevenzione primaria. I risultati confermano le recenti linee guida dell’American Heart Association sull’utilizzo dell’aspirina nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Gli attacchi di cuore sono la prima causa di morte negli Stati Uniti e provocano più di 500.000 decessi l’anno. Approssimativamente nell’80% dei casi, nelle persone sotto i 65 anni, la morte è dovuta al primo attacco cardiaco. “Un utilizzo più diffuso dell’aspirina come terapia per le persone a rischio - afferma Hennekens - potrebbe evitare più di 160.000 attacchi cardiaci l’anno e anche diverse altre malattie cardiovascolari.” Il trapianto di cellule muscolari può aiutare i malati di cuore Il metodo permetterebbe di ridurre al mimino i rischi di rigetto Un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan ha scoperto che cellule provenienti dai muscoli dei pazienti possono, se trapiantate nel cuore, generare nuove fibre muscolari. Il risultato è stato osservato su tre pazienti in attesa di un trapianto cardiaco. Ai tre, prima del trapianto, sono state iniettate nel cuore cellule muscolari. Dopo aver ricevuto un cuore nuovo, i pazienti hanno concesso ai medici di esaminare i loro vecchi cuori danneggiati, alla ricerca di segni che mostrassero una qualche crescita delle cellule. L’esame dettagliato, il primo nel suo genere, ha mostrato che le cellule iniettate non solo erano sopravvissute nel nuovo ambiente, ma avevano cominciato a formare fibre muscolari. Inoltre, nelle aree dove erano state iniettate le cellule, si è avuto un aumento nella formazione di piccoli vasi sanguigni. “Questa esperienza - afferma il chirurgo cardiaco Francis Pagani, che ha presentato i risultati all’American Heart Association - ci fornisce una prima indicazione che i trapianti di cellule muscolari, anche se provenienti da muscoli del tutto differenti, potrebbero un giorno essere usati per riparare i danni al cuore, senza grandi rischi di rigetto. La strada è ancora lunga, ma la via sembra incoraggiante.” _____________________________________________ Repubblica 21 Nov. 02 MALI REUMATICI, NUOVE CURE MIGLIORI E MENO COSTOSE Al congresso di Bari presentati studi sui Coxib: "Fanno risparmiare sui farmaci gastrolesivi" DI ANNAMARIA MESSA Bari Per un italiano su dieci sono dolori: 5 milioni e mezzo di persone alle prese con malattie reumatiche che affliggono a ogni età e non solo da anziani. Oltre 2 milioni di malati hanno meno di 50 anni e 1 su 4 tra loro ne ha meno di 35. Al primo posto l’artrosi, poi reumatismi extrarticolari, artrite reumatoide, spondiloartriti, gotta, connettiviti, lombosciatalgie. In 350 mila hanno artrite reumatoide (80% donne dai 40 ai 50 anni) e ogni anno si aggiungono circa 10 mila nuovi casi. Con sofferenze, difficoltà nel lavoro, inabilità, problemi d’ansia e depressione per la cattiva qualità di vita. Sul fronte terapeutico finora limitato più che altro ai Fans, antinfiammatori, più sintomatici che terapeutici, notevolmente gastrolesivi, si aprono ora nuovi spiragli con i farmaci di origine biologica, detti "anti TNF", che bloccano le citochine, sostanze responsabili degli attacchi dolorosi, in dirittura d’arrivo e si confermano i Coxib da un paio d’anni in uso. «I farmaci "anti TNF" riescono a controllare bene la malattia, portano un alto ritorno in termini di qualità della vita. Da usare con criteri estremamente rigidi in patologie artritiche selezionate, hanno costi davvero elevati ma gli effetti sono altrettanto elevati» precisa il reumatologo Raffaele Numo, primario Unità operativa ospedaliera di Reumatologia al Policlinico di Bari, presidente (con Giovanni Lapadula, direttore dell’Unità Operativa Universitaria) del 39.mo Congresso nazionale della Società italiana di Reumatologia. Anche i Coxib costano più dei Fans ma non danneggiano lo stomaco, quindi evitano la necessità di ulteriori farmaci gastroprotettori o antisecretori. E fanno risparmiare il Ssn. Lo dice Pierluigi Russo (Dipartimento Fisiologia Umana e Farmacologia, Università La Sapienza, Roma), sulla base dei risultati dello studio dell’Asl di Ravenna su circa 3 mila pazienti con osteoartrosi: «Una terapia con Rofecoxib costa al giorno 1,87 euro invece degli 1,46 del gruppo Fans ma minori prescrizioni di gastroprotettori e più brevi degenze per complicazioni gastrointestinali (così la spesa è + 165 euro al giorno) fanno risparmiare il 7,4%». L’11,6% dei 2.944 pazienti in trattamento con Fans (quelli a maggior rischio per gastrolesività) è stato trasferito a rofecoxib ed è stata verificata sia la riduzione del 61% d’uso di farmaci gastroprotettori che la minore degenza: 3,3 giorni contro i 16,8. «È la prima dimostrazione dell’impatto con l’introduzione dei Coxib nel concomitante uso di gastroprotettori» afferma Russo, «ma già dà indicazioni interessanti sotto il profilo farmacoeconomico». _____________________________________________ Le Scienze 29 Nov. 02 BATTERI: RESISTONO AGLI ANTIBIOTICI, MA NON AL MIELE Le proprietà antimicrobiche del nettare sono ancora allo studio Se le ferite non riescono a guarire perché i batteri resistono agli antibiotici, potrebbero essere curate con il miele. Le proprietà medicinali, tradizionali e leggendarie, del miele sembrano essere confermate da una ricerca pubblicata recentemente sulla rivista “Journal of Applied Microbiology”. Già nell’antico Egitto, il miele era usato come medicinale. Finora si riteneva che le sue proprietà terapeutiche fossero dovute semplicemente alla sua densa consistenza, in grado di tenere l’aria lontana dalle ferite, e dal suo contenuto di zuccheri che rallenta la crescita dei batteri. Ma la microbiologa Rose Cooper, dell’University of Wales Intitute di Cardiff, ha mostrato che c’è dell’altro. Rispetto a una soluzione mielosa artificiale, con la stessa densità e la stessa concentrazione di zucchieri, il miele naturale uccide infatti i batteri con un’efficienza tre volte superiore. Alcuni tipi di miele, se diluiti, formano perossido di idrogeno, che uccide i batteri e può essere usato per pulire le ferite. Tuttavia, questa non è la sola forza in gioco. Anche altre varietà di miele, che non generano questa sostanza, sono infatti in grado di arrestare la crescita dei batteri. Le ricerche di laboratorio, svolte su Staphylococcus ed Enterococcus in grado di resistere ai tradizionali antibiotici, hanno dimostrato le proprietà antimicrobiche del miele potrebbero derivare dagli enzimi secreti dalle api che lo producono o, in alternativa, alla sua acidità o a elementi chimici presenti nel nettare della pianta di origine. Molti medici sono tuttora scettici, eppure alcune industrie farmaceutiche stanno già lanciando sul mercato speciali bendaggi impregnati di miele per il trattamento di ferite. _____________________________________________ La Stampa 20 Nov. 02 TRAPIANTI DI POLMONE CHI CURARE PER PRIMO? SORGE UNA QUESTIONE DI EQUITA´: C´E´ CHI SOSTIENE CHE DOVREBBE AVERE PRECEDENZA IL NON FUMATORE I dati diffusi il 10 novembre, giornata dedicata alla lotta contro i tumori, parlano fin troppo chiaro. Uno per tutti: il 30 per cento delle morti per tumore è causato dal fumo. È un dato allarmante. Non lo sono di meno i costi sociali, stimabili sia in termini di risorse sanitarie impiegate nella terapia di danni da fumo, sia in termini di risorse sottratte all´impiego su altri versanti. Oltre al rilievo medico, il problema fumo ha dunque anche una valenza etico- economica che si riflette nella determinazione di dilemmi in fatto di allocazione delle risorse sanitarie. Ad esempio: a chi dare precedenza, in una lista d'attesa per trapianto di polmone, fra un paziente che, pur non avendo mai fumato, ha sviluppato un carcinoma e un altro che invece ha alle spalle una storia da fumatore accanito? Riconosciuto il diritto a un minimo di cure, la questione della ripartizione delle risorse appare duplice: intanto si tratta di stabilire (in linea teorica) come ripartire il totale dei fondi a disposizione del sistema sanitario, e quindi quali quote destinare a quali istituzioni, quali prestazioni erogare, in quale ordine di priorità e così via; e poi il problema consiste invece nello stabilire le modalità individuali di accesso alle risorse. La riflessione bioetica degli ultimi anni ha messo in rilievo come non sia affatto scontata l'applicazione incondizionata del diritto al minimo di cure. Alcune voci si sono infatti levate per sostenere la causa della responsabilizzazione dei singoli individui, le eventuali responsabilità dei quali, quanto all'insorgenza delle patologie per cui si fa richiesta di intervento, dovrebbero calibrare di volta in volta tale diritto. Uno dei casi più discussi riguarda proprio la domanda di cure da parte di fumatori accaniti andati incontro a carcinoma polmonare: ciò che al proposito ci si domanda è se non sia opportuno, dopo l'accertamento della diretta imputabilità del male a comportamenti notoriamente nocivi per la salute, produrre limitazioni all'accesso alle risorse determinanti l'arretramento, quando non addirittura l'esclusione, dalle liste di attesa. Ciò in quanto si ritiene contrario all'equità consentire la possibilità di fruizione paritetica di beni sanitari scarsi senza tener conto delle eventuali responsabilità a carico della persona. Le quali responsabilità, d'altra parte, non vanno senza conseguenze sul piano sociale. Naturalmente non mancano i disappunti: vuoi perché l'asettica imputazione di responsabilità urta contro il senso della drammatica uguaglianza di fronte alla malattia, vuoi perché esistono ragioni importanti che depongono a sfavore di queste forme rigide di responsabilizzazione. Al proposito pare innanzitutto che, da un punto di vista strettamente scientifico, non sia sempre possibile risolvere in modo univoco i fattori patogeni in un'unica causa determinante, nella quale inscrivere la responsabilità della persona. Inoltre si sottolinea il fatto che l'introduzione di una forma di responsabilizzazione forte, comporterebbe di fatto la creazione di un potere di supervisione - si è parlato addirittura di "polizia morale" - facente capo alla classe medica, alla quale sarebbe così riconosciuto il potere, da un lato, di intromettersi nella (e giudicare della) vita privata dei pazienti per ragioni che esulano dagli interessi della terapia, e d'altro lato, di scegliere a chi dare maggiori chances di vita sulla base di un giudizio comparativo di tipo morale fra gli stili di vita condotti dai pazienti stessi. Ciò detto, la questione dell'equità rimane. Tanto che sullo sfondo di autorevoli suggerimenti domina il duplice sforzo pedagogico di sensibilizzare e responsabilizzare i cittadini, ciascuno dei quali si ritiene debba accollarsi, in sede sanitaria, per quanto senza incorrere negli effetti avversi appena riportati, gli esiti nefasti di eventuali abitudini rischiose come il fumo. Alberto Asero