PERA: PIÙ RISORSE PER UNIVERSITÀ E RICERCA "UNIVERSITÀ IMPOVERITA" BALLIO: LA RIFORMA ABBASSA LA QUALITÀ NON C’È RICERCA SENZA FONDI CAGLIARI: SI BLOCCA LA TRATTATIVA SULLE TASSE REGIONE: "ALTRI INCENTIVI A FAVORE DEGLI STUDENTI" IL CONSIGLIO REGIONALE SI IMPEGNA A SISTEMARE GLI SPECIALIZZANDI UNIVERSITÀ CATTOLICA: RICERCA POSSIBILE CON L' AIUTO DEI PRIVATI LUCA FANFANI CONTRO MISTRETTA LUISS: LA LINGUA ITALIANA: UN LIMITE PER L' UNIVERSITÀ UN’INVASIONE DI E-MAIL STA PER ABBATTERSI SULLA SCUOLA SASSARI: ATENEO DEI VELENI: GIALLO IRRISOLTO TEOLOGIA TRA LE FACOLTÀ UNIVERSITARIE? IL RETTORE AL CARDINALE: «SI PUÒ FARE» LE SCIENZIATE CAGLIARI: GLI STUDENTI DI PSICOLOGIA HANNO VINTO LA BATTAGLIA E’ DAVVERO COSÌ RIPUGNANTE LA SPECIE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI? =========================================================== CONTI IN ROSSO IN SANITÀ: PROTESTE INGIUNZIONI E DEBITI: LE ASL SONO AL COLLASSO MANAGER ASL, LO STIPENDIO AUMENTA DEL 20% DESTITUITA LA PRESIDENTE DELLA CROCE ROSSA SARDA «LA SCUOLA DI TALASSEMIA NON DEVE ESSERE TRASFERITA» POLICLINICO, IL DIRETTORE GENERALE DIMISSIONARIO (A SASSARI) SVINCOLO POLICLINICO: ZIRONE PREMIA I GIORNALISTI BUONI COLLEGAMENTO DIRETTO CON IL POLICLINICO UN ONCOLOGO CONTRO I CENTRI MULTIDISCIPLINARI «IL FUTURO? COMBATTEREMO IL TUMORE AL POLMONE CON UNO SPRAY» GESSA: ALCOL, COME UNA DROGA QUANTI RISCHI PER I GIOVANI CAZZULLO: MALATTIE MENTALI, GLI AFFETTI PIÙ POTENTI DEGLI PSICOFARMACI AMALDI, UN QUARK CONTRO IL CANCRO PER CURARE MEGLIO LE METASTASI OSSEE NASCE LA FIGURA DELL’OSTEONCOLOGO GUIDO PEGNA: "IL CELLULARE NON È PERICOLOSO" GLI UTENTI DI TUTTA EUROPA CHIEDONO DI SCEGLIERE LE CURE SPORTIVI, C´È LA FABBRICA DI CARTILAGINI OBESITÀ E DIABETE VANNO A BRACCETTO AL CERN MAMMOGRID PER I TUMORI DELLE DONNE BIOMETRIA, LA MISURA DEL CORPO UNA NANOPOMPA PER LE CELLULE ARTIFICIALI CONTRO L'IMPOTENZA IN AUMENTO ARRIVANO NUOVE TERAPIE =========================================================== _____________________________________________ Corriere della Sera 27 Nov. 02 PERA: PIÙ RISORSE PER UNIVERSITÀ E RICERCA Cremonesi Marco «Le risorse sono essenziali per l' università, e io mi auguro che la prossima discussione della legge finanziaria in Senato sia l' occasione per trovarne». Chi parla è Marcello Pera, il presidente del senato, ieri mattina a Milano per l' inaugurazione del 35esimo anno accademico della Iulm, la Libera università di lingue e comunicazione. In un' aula magna affollata anche dalle massime autorità cittadine, la seconda carica dello Stato è intervenuta sui temi delicati del finanziamento all' università e alla ricerca, dopo che il rettore Giovanni Puglisi nella sua relazione non ha risparmiato critiche al modello accademico italiano, caratterizzato da «percorsi formativi costretti su binari rigidissimi e talora poco coerenti con le esigenze della professionalizzazione». Secondo Pera, «l' impostazione egualitaria corrisponde a un dovere dello Stato per quanto riguarda l' istruzione di base. Lì è in gioco la cittadinanza e la democrazia». Diverso è il caso della formazione superiore: «Qui è realistico ritenere che non tutte le offerte siano di eguale valore e non tutte le ricerche siano di uguale peso». La seconda carica dello Stato ha anche riconosciuto che «l' autonomia degli atenei non ha dato risultati eccellenti». E ha citato, come esempio dei corsi fioriti in Italia negli ultimi anni, l' indirizzo in Scienze della pace: «Io mi chiedo se simili corsi abbiano una collocazione sul mercato. Se ci sia stato uno studio preventivo per verificare se l' offerta formativa è utile e adeguata». La cerimonia è stata anche l' occasione per cambiare il nome della strada in cui sorge la Iulm. Fino a ieri era via Filippo da Liscate, da oggi si chiama via Carlo Bo, in onore del grande letterato - scomparso nel luglio dello scorso anno - che dell' università della comunicazione milanese è stato il fondatore e per lunghi anni il presidente. Tra le commemorazioni, quella del sindaco Gabriele Albertini, che ha ricordato le sfaccettature della personalità del maestro scomparso: «Era uno de gli intellettuali più raffinati del nostro tempo, ma diceva di essere soltanto un lettore. ra una delle coscienze religiose più limpide, ma amava definirsi semplicemente un aspirante cattolico». Soprattutto, «a dispetto della sua ritrosia, Bo è stato un uomo che ha profuso uno straordinario impegno per la società». All' esterno dello Iulm si è svolta la protesta dei lavoratori della Actaris, multinazionale che ha annunciato il licenziamento di 68 dipendenti. M. Cre. LA SCHEDA L' UNIVERSITA' Fondata nel 1968 da Carlo Bo e Silvio Baridon, la Libera università di lingue e comunicazione è un ateneo privato che offre due facoltà e 9 corsi di laurea. Dall' anno prossimo partirà il nuovo corso in Comunicazione e gestione nei mercati dell' arte e d ella cultura IL CAMPUS Nell' autunno del 2003 sarà definitivamente completato il campus dello Iulm, una delle strutture universitarie architettonicamente più avanzate d' Italia. _____________________________________________ Corriere della Sera 27 Nov. 02 BALLIO: LA RIFORMA ABBASSA LA QUALITÀ Panza Pierluigi Alla sua prima inaugurazione di anno accademico, Giulio Ballio, subentrato dopo 8 anni ad Adriano De Maio nella conduzione del Politecnico non ha nascosto perplessità sulla riforma universitaria. «Non ci aspettano tempi felici ed è inutile prenderci in giro: il corso di laurea che prevede il tre più due è destinato ad abbassare la qualità delle persone formate, e quindi a ridurre la qualità della produzione di innovazione». Ad ascoltarlo una platea di docenti e autorità, tra le quali il Ministro per l' Innovazione Lucio Stanca, il viceministro dell' Istruzione Guido Possa, il sindaco Gabriele Albertini, gli assessori Salvatore Carrubba e Domenico Zampaglione e i rettori Adriano De Maio, Carlo Secchi, Enrico Decleva, Marcello Fontanesi». Sec ondo Ballio, inoltre, l' università italiana «è di fronte a un equivoco», cioè quello di pensare che la competizione tra atenei migliori la qualità della formazione. «Il sistema universitario ha un padrone che sembra divertirsi a veder competere i di versi atenei. Con il risultato che si mette a rischio la capacità di produzione di innovazione». Quanto al Politecnico, «si è potenziato integrandosi sempre più con il territorio. In pochi anni, inoltre, sono stati acquisiti o affittati 70.000 mq. Le biblioteche da 25 sono passate a 30, le aule informatiche da 11 a 38». (p.p.) ____________________________________________ Il Mattino 27 Nov. 02 "UNIVERSITÀ IMPOVERITA" Dai rettori campani appello contro i tagli LORENZO CALÒ Troppi tagli alla ricerca e agli investimenti per l’adeguamento del nostro sistema universitario agli standard europei. Le critiche alla Finanziaria in discussione al Senato unificano il mondo accademico campano in una stringente requisitoria contro "la disattenzione del governo" rispetto ai problemi dell’università. L’atto di accusa è stato firmato dai rettori di tutti gli atenei campani, riuniti ieri all’Orientale su invito di Pasquale Ciriello, padrone di casa e presidente del comitato regionale di coordinamento delle università della Campania. Presenti al tavolo Gennaro Ferrara (università Parthenope), Aniello Cimitile (università del Sannio), Raimondo Pasquino (università di Salerno), Francesco De Sanctis (Suor Orsola), Guido Trombetti (Federico II) e Antonio Grella (Seconda Università). Subito le cifre: circa 500 milioni di euro in meno previsti dalla Finanziara per l’università e la ricerca, riduzione degli investimenti dall’1,4% allo 0,6% con conseguente necessità da parte degli atenei di procedere a tagli del 10% rispetto allo scorso anno in termini di spese destinate ai servizi per gli studenti. Questo il quadro a tinte fosche che diventa addirittura da incubo se si confrontano gli standard qualitativi dell’offerta universitaria in Italia rispetto ai parametri europei. "Noi siamo uomini delle istituzioni - ha ricordato il rettore dell’università Federico II Guido Trombetti - per questo rinnoviamo l’appello a tutte le forze politiche perché le perplessità espresse dal ministro Moratti sull’esiguità dei fondi per la ricerca siano condivise". E sullo sfondo c’è la messa in discussione dello stesso spirito alla base dell’istituzione universitaria, vale a dire il binomio formazione-ricerca fortemente penalizzato dalla drastica riduzione degli stanziamenti. "In questo momento - ha avvertito Ciriello - noi conduciamo una battaglia insieme agli studenti perché difendiamo un interesse comune che passa anche attraverso la sensibilizzazione delle famiglie". "Ai ragazzi dico - ha aggiunto di rimando Cimitile - di continuare a frequentare l’università e di resistere con impegno perché ci si iscrive in molti ma sono pochi quelli che completano gli studi". Ma non solo. Sono in fermento anche i giovani specializzandi di Medicina che chiedono l’applicazione del contratto di lavoro (attualmente sono equiparati a borsisti). Sul versante campano, oltre al sensibile incremento delle iscrizioni, anche l’annoso problema delle carenze strutturali dovuto a una precaria condizione dell’edilizia universitaria. "Affiancheremo i rettori in questa battaglia - ha annunciato la Confederazione degli Studenti - e ci batteremo perché i tagli agli atenei non si traducano in ulteriori disagi per i ragazzi". _____________________________________________ Il Messaggero 28 Nov. 02 NON C’È RICERCA SENZA FONDI di LUCIANO CAGLIOTI* sempre affrontato dal mondo della ricerca pubblica, che da qualche decennio va segnalando in tutte le sedi — stampa compresa — che la ricerca è il motore del progresso, dello sviluppo, dell'occupazione, che senza una cultura dell'innovazione si perde competitività, si finisce fuori mercato e si devono chiudere o vendere gli stabilimenti. Inascoltati noi, per decenni, fino al verificarsi delle pessimistiche previsioni — talune crisi industriali sono anche conseguenza di insufficiente competitività tecnologica — per quanto riguarda l'industria, ed al sostanziale stato di asfissia del comparto degli enti di ricerca e dell'Università. Due considerazioni, che illustrano le premesse sulle quali si inserisce la "Prima giornata della ricerca". Nella stessa giornata, il presidente del Cnr Bianco ha firmato la prima disdetta della partecipazione per il 2004 del Cnr ad una serie di enti ed associazioni internazionali, quella all'European Science Foundation. Una decisione drammatica, certo non presa a cuor leggero e non evitabile. E questo condensa lo stato del massimo ente pubblico, ed esemplifica quello delle Università e degli altri enti. La seconda considerazione riguarda le imprese. La ricerca industriale in Italia è assai meno sviluppata di quanto non sia negli altri paesi europei. Secondo un impietoso studio del prof. Stefano Ceri del Politecnico di Milano (marzo 2002) sul dottorato di ricerca, «le imprese italiane hanno in pratica rinunciato a fare ricerca anche di breve termine» , «in alcuni settori, quali la telefonia e l'energia elettrica, la caduta dei monopoli ha comportato il ridimensionamento o addirittura la cancellazione di importanti attività di ricerca»...,«negli Usa l'industria assorbe l'80% dei dottori di ricerca e nella vicina Germania circa il 50% mentre in Italia solo il 5%». Di questo malessere sono pienamente consci i responsabili industriali. E questo pone il problema di come ci stiamo raffrontando all'interno del sistema Europa, e di quali provvedimenti sapremo prendere per non rendere irreversibile il distacco. Nei numerosi interventi e nelle tavole rotonde (assenti dal programma gli enti di ricerca) è stato affrontato il problema dei giovani, di come offrire una situazione appetibile per lavorare in Italia, e Salamini, esperto italiano che lavora al Max Planck, ha chiarito come sia importante che alcuni italiani abbiano posizioni di primo piano in istituti di ricerca esteri, per costituire per i nostri giovani un punto di riferimento.Non sono mancate polemiche e testimonianze sulle pecche del sistema, con una certa enfasi nelle critiche alle università, e non è mancata una testimonianza di ottimismo da parte di Pasquale Pistorio, presidente di Stm, che nel Sud è riuscito a far decollare una solidissima impresa hi-tech. Risulta chiara una posizione comune che riconosce l'urgenza del problema della competitività dell'Italia. Benvenuta quindi questa prima giornata della ricerca, con l'augurio che la presenza di Carlo Azeglio Ciampi e la forza della partecipazione (i ministri Moratti, Buttiglione, Stanca, Possa, Enrico Letta, il presidente D'Amato, Pistorio, Ugo ecc.) facciano avere a questa prima giornata il successo nei fatti che tante giornate in tanti decenni non hanno avuto. * Ordinario di Chimica Organica Università La Sapienza, Roma _____________________________________________ L’Unione Sarda 30 Nov. 02 CAGLIARI: SI BLOCCA LA TRATTATIVA SULLE TASSE Il rettore resta sulle vecchie posizioni: serve un gettito di 2 milioni Gli studenti contro Mistretta: «Promesse tradite» Nuovo regolamento no, nuovo regolamento sì. A meno di 10 giorni dal dietrofront sulla questione tasse, il rettore cambia nuovamente idea. Inutile l’incontro con il consiglio degli studenti, tenutosi ieri nel centro area didattica: il 5 dicembre il consiglio di amministrazione voterà (e molto probabilmente approverà) le nuove norme. Obiettivo del magnifico: racimolare due milioni di euro. Tanto serve all’ateneo per appianare il bilancio. E se i contributi e finanziamenti esterni sono quasi irrisori, la strada per ridare linfa alle casse sembra essere solo una: il rincaro. «Per anni abbiamo cercato di non far gravare sugli studenti i costi sostenuti per rinnovare e migliorare l’offerta. Inoltre», aggiunge il rettore, «è dal 1994 che l’importo delle tasse non ha subito alcun mutamento. Adesso però, per continuare a crescere e per responsabilizzare maggiormente gli studenti rispetto al nostro operato, ritengo non sia sbagliato chiedere agli stessi e alle loro famiglie di partecipare al costo delle attività del nostro ateneo». Scontata la replica degli studenti: «Ma quali progressi?», rilancia stizzito Sergio Uras, rappresentante del corso di laurea in Filosofia e portavoce del gruppo “Studenti a sinistra”. «I servizi e la didattica erano e rimangono insufficienti, in più il nuovo regolamento servirà solamente a discriminare gli studenti disagiati». Idee politiche e metodi diversi ma stessa identità di vedute sul fattore tasse per l’esponente di “Uniti e Liberi”, Matteo Orrù: «Mistretta ha chiesto il nostro parere in merito alle nuove norme, ma non ha mai voluto parlare di servizi. A Cagliari si studia tra mille difficoltà», conclude Orrù: «Penso che un aumento delle tasse sia improponibile di fronte a una situazione di questo tipo». Il 5 dicembre si avvicina e molti degli studenti, pur scoraggiati, promettono battaglia. «Mistretta è l’uomo delle promesse mai mantenute», tuona a dispetto del cognome Daniele Pacifico, rappresentante del “Collettivo antagonista”. «In consiglio di amministrazione gli studenti sono in netta minoranza, ma noi continueremo a lottare». Federico Fonnesu _____________________________________________ La Nuova Sardegna 28 Nov. 02 REGIONE: "ALTRI INCENTIVI A FAVORE DEGLI STUDENTI" CAGLIARI. Il consiglio regionale potrebbe ridisegnare le politiche dell'istruzione universitaria in Sardegna. Gli incentivi agli atenei, previsti in una proposta di legge presentata dai consiglieri Massimo Fantola e Pietro Pittalis, garantirebbero, infatti, il potenziamento dei servizi offerti allo studente, assicurandogli una più completa attuazione del diritto allo studio. Servono 34 milioni di euro per sostenere l'istruzione universitaria e 2 milioni supplementari per consentire all'ateneo cagliaritano di contenere le tasse per gli studenti. Si tratta d'un provvedimento che mira al miglioramento della qualità della vita universitaria, alla riduzione dei tempi medi di laurea e alla dimunuzione del numero di abbandoni. "Bisogna garantire a tutti l'accesso, la frequenza e la regolarità degli studi - affermano. Occorre attenzione per tutto il territorio ma puntiamo anche a migliorare la qualità dei servizi e a contenere i costi di gestione dell'edilizia residenziale universitaria, con un Piano triennale di diritto allo studio". Tra gli articoli della proposta figurano quelli riguardanti le borse di studio (le attribuirebbe l'Ersu, con concorso pubblico) e i prestiti d'onore. Un plauso all'iniziativa giunge da Avanguardia studentesca. "Dopo i tagli del governo nazionale - commenta il presidente Federico Ibba - solo la Regione può garantire il diritto allo studio, l'attuazione di servizi innovativi e l'ampliamento dell'offerta formativa del sistema universitario isolano". _____________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Nov. 02 IL CONSIGLIO REGIONALE SI IMPEGNA A SISTEMARE GLI SPECIALIZZANDI CAGLIARI. L'urgente sistemazione dei medici specializzandi, l'immediato accreditamento dei soldi alle cliniche private convenzionate con le Asl. Sono i due impegni che ieri il consiglio regionale, con l'approvazione di una mozione e di un ordine del giorno, ha consegnato alla giunta. I documenti - con l'eccezione di Rifondazione comunista per una parte - sono stati presentati e votati sia dalla maggioranza di Centrodestra sia dall'opposizione di Centrosinistra. La mozione, primo firmatario Luca Deiana, è stata discussa dopo l'ennesima manifestazione dei medici specializzandi. La giunta è stata impegnata a chiedere al governo la rapida e completa applicazione del decreto legislativo in materia (il 368 del 1999) nonché a definire un contratto di lavoro di tipo subordinato nel quale siano specificati gli obiettivi didattico-formativi che dovranno essere raggiunti. La mozione (sottoscritta da tutti i componenti della commissione Sanità) chiede anche che ai medici iscritti nelle scuole di specializzazione siano assicurato un trattamento economico e contributivo adeguato. Il documento prende lo spunto dalla protesta che da alcune settimane gli specializzandi di tutta Italia stanno attuando per la mancata applicazione di un decreto legislativo, con il quale si dovrebbero attuare alcune direttive comunitarie in materia di libera circolazione dei medici, di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, dell'applicazione agli stessi medici specializzandi delle tutele previdenziali e assicurative previste anche dagli altri Stati europei. La situazione che si registra attualmente nelle scuole di specializzazione è - ha rilevato Deiana, illustrando la mozione - «estremamente ingiusta e penalizzante» perché i giovani medici svolgono in pieno il loro lavoro, come fossero completamente «strutturati», quindi come se avessero completato il loro corso di specializzazione. Lavorano a tempo pieno e con completa dedizione, ma non hanno - ha aggiunto - alcun diritto. La normativa comunitaria, invece, prevede per questi giovani medici un trattamento economico più congruo e più rispondente al lavoro svolto. Questi concetti sono stati confermati e ampliati da Raimondo Ibba (Sdi), intervenuto per «dare forza ad una battaglia che non è corporativa ma di giustizia e di libertà». I duecento giovani medici sardi, che frequentano le scuole di specializzazione presso le università isolane, sono essenziali - ha sottolineato l'esponente socialista - per il buon funzionamento delle strutture sanitarie isolane, per la loro abnegazione e per la loro dedizione al lavoro. Al termine del dibattito, il Consiglio ha approvato anche l'ordine del giorno presentato dalla commissione Sanità (49 sì e 2 contrari) che chiede alla giunta di accreditare rapidamente i soldi alle cliniche private convenzionate. L'arretrato sta provocando serie ripercussioni gestionali, tanto è vero che numerose cliniche non stanno pagando i dipendenti da diversi mesi. E' stato però respinto l'ordine del giorno di Rifondazione comunista che che indicava, per le cliniche, la priorità di pagare gli stipendi arretrati una volta ottenuti i fondi. Di sanità si parlerà nuovamente in consiglio regionale. Le difficoltà finanziarie riconosciute dallo stesso assessore Giorgio Oppi sono state riprese dall'ex presidente Mario Floris: «Dobbiamo discutere come, se sarà approvata la devolution di Bossi, la Regione potrà finanziare la sanità». _____________________________________________ Corriere della Sera 26 Nov. 02 UNIVERSITÀ CATTOLICA: RICERCA POSSIBILE CON L' AIUTO DEI PRIVATI Due le facoltà: Economia e Medicina, frequentate da oltre quattromila studenti Di Frischia Francesco Il «vincolo mortificante» delle scarse risorse che la politica destina alle università può diventare «una opportunità di reperire finanziamenti aggiuntivi nel settore privato». Lorenzo Ornaghi, neorettore dell' Università Cattolica del Sacro Cuore, critica la Finanziaria nella giornata inaugurale dell' anno accademico 2002-2003 nella sede romana dell' ateneo, alla presenza del presidente della Cei e cardinale vicario di Roma, Camillo Ruini, e di numerose personalità della politica e della cultura, come il vicepresidente del Senato, Domenico Fisichella. Alla scarsità di fondi nella Finanziaria, in discussione in Parlamento, Ornaghi aveva accennato nel suo discorso inaugurale. Poi il rettore ha precisato: «La scarsità di risorse rimane vincolo mortificante e penalizzante, però tutte le università, e la nostra di sicuro, devono potersi organizzare per reperire le risorse al di fuori del vincolo pubblico». A chi gli faceva notare i rischi che la ricerca scientifica corre utilizzando eventuali investimenti che provengono dalle multinazionali, Ornaghi ha risposto che «la preoccupazione è vera e il rischio c' è: ma - ha aggiunto - tanto più è forte e consapevole l' autonomia della scienza e del mondo accademico, tanto inferiore è la possibilità di condizionare la ricerca. Le cooperazioni, quelle vere, vanno avanti quando entrambi i soggetti sono consapevoli di poter operare su piani specifici». Il rettore ha sottolineato il forte legale tra il policlinico Gemelli, che conta oltre 2. 000 letti, e la Capitale: «L' alta qualità dell' assistenza deve sempre camminare di pari passo con un' alta qualità della ricerca: sono campi inscindibili». La sede capitolina della Cattolica, divisa in due facoltà (Medicina e Economia) è oggi frequentata da oltre 4 mila e 200 studenti, iscritti ai diversi corsi di laurea. Più di mille gli specializzandi, inseriti nelle 47 scuole di specializzazione. Docenti, ricercatori e assistenti sono 720. Il cardinale Camillo Ruini ha espresso nell' omelia della messa inaugurale dell' anno accademico «tutta la fiducia della Chiesa italiana verso l' università Cattolica e le attese soprattutto nei confronti del grande Policlinico». L' ateneo, secondo il cardinale, «ha e deve avere la sua piena autonomi a rispetto alla Chiesa, ma - ha concluso - in questa c' è una vicinanza reciproca per le radici e per la condivisione degli scopi». F. D. F. _____________________________________________ La Nuova Sardegna 27 Nov. 02 LUCA FANFANI CONTRO MISTRETTA Basta con l'accentramento» Battaglia per il rettorato, il geologo Luca Fanfani propone un'alternativa a Pasquale Mistretta "Esiste un'area che vuole cambiare guida all'ateneo" CAGLIARI. La sfida è di quelle non facili. Ma Luca Fanfani non si perde d'animo. Professore ordinario di mineralogia nel corso di laurea in geologia, Fanfani rappresenta, in Senato accademico, l'aggregazione d'area di fisica, matematica e scienze della terra: quella che più di tutte ha espresso disapprovazione per la modifica dello statuto, che permetterà la terza candidatura dell'attuale rettore, Pasquale Mistretta. Sfida non facile, si è detto: non tanto quella di sviluppare un dibattito sul funzionamento dell'università di Cagliari, quanto quella di esprimere un candidato per le prossime elezioni. Il rettore Mistretta viene considerato uomo abile e intelligente, in grado di costruire un robusto sistema di alleanze. Molti dicono che, una volta ottenuta la modifica dello statuto, il rettore Mistretta avrà strada facile per la rielezione... «Questo non significa niente. Certamente il professor Mistretta, uomo capace e intelligente, avrà tessuto le sue alleanze. Ma noi speriamo di allargare le nostre sino a creare un fronte in grado di esprimere un candidato che sappia avere esito positivo». Qual è la carenza principale nella gestione di Pasquale Mistretta? «La mancanza di decentramento, c'è troppo accentramento». Sul territorio, però, l'università è stata decentrata... «Parlo di decentramento dei poteri e dei centri di spesa. Le facoltà, ad esempio, dovrebbero avere maggiore autonomia nella didattica (docenti, supplenze e contratti) e nei servizi. I dipartimenti, invece, nella ricerca e relativi servizi (biblioteche)». Facoltà e dipartimenti non hanno già la loro autonomia si spesa? «Non è affatto chiaro. I finanziamenti sono spesso decisi a livello centrale, volta per volta, con accordi tra rettore e preside o responsabile di dipartimento. Oggi manca la fase della programmazione». Prima ha parlato di accentramento... «Sia chiaro, il professor Mistretta ha grandi meriti come quelli che gli vengono riconosciuti da tutti per lo sviluppo dell'edilizia universitaria. Ma con gli anni si sono accentuati una serie di difetti: di gestione troppo personalistica». Ovvero? «Lee scelte sono fatte non attraverso una politica di programmazione elaborata dal senato accademico, bensì passano tramite il rapporto personale tra il rettore e il docente o tra il responsabile dell'ateneo e il singolo settore universitario». Il senato accademico, però, potrebbe far valere il suo ruolo. «In effetti il senato non traduce adeguatamente i malumori dei vari settori dell'ateneo. Ma questo fatto deriva anche dal tipo di rapporto impostato dal rettore. Non è un caso che, oggi, non ci sia un pro-rettore. L'ultimo è stato Giaime Marongiu, andato via a metà mandato. E non ci sono nemmeno delegati». Lei è stato prorettore e delegato alla ricerca proprio durante due mandati di Pasquale Mistrettta... «Sì e me ne sono, poi, andato per gli stessi motivi: troppo accentramento dei poteri da parte del rettore». Nel senato accademico, però, vi sono state tensioni anche tra i presidi di facoltà e i responsabili delle aggregazioni d'area. «Sì, è vero: le facoltà hanno compiti didattici e le aggregazioni di ricerca. Ma è compito del rettore mediare ed essere sintesi di questi due importanti settori. Nel passato quest'opera di mediazione è stata fatta molto poco...». Dividi et impera? «Viene il sospetto che sia così». A cosa dovrebbe puntare l'università? «Ad avere un rapporto migliore con la Regione e gli enti locali. Il governo dell'isola dovrebbe capire che l'università è il polo più importante in termini di ricerca, formazione, sanità e cultura. Soprattutto oggi, in cui i tagli del governo centrale diventano sempre più massicci, la Regione dovrebbe essere molto più presente. Il rettore dovrebbe agire anche in questo senso. In più: bisognerebbe muoversi verso un sistema universitario regionale». Parliamo di tasse universitarie... «Anche questo capitolo mostra il modo di agire del rettore. Nessuno nega che le tasse vadano ritoccate. Solo che il capo dell'ateneo ne ha deciso l'aumento senza interpellare il consiglio degli studenti. Da qui il ricorso al Tar. Ripeto: occorre programmazione su tutti i fronti. Oggi, ad esempio, la Riforma permette ampie possibilità di offerta didattica, ma questa va anche gestita. Mentre, spesso, questo non capita». Sarà lei il candidato dell'area che esprime? «Non credo e non mi interessa più di tanto. Oggi come oggi il problema è quello di aprire un confronto culturale sull'università». Roberto Paracchini _____________________________________________ Corriere della Sera 25 Nov. 02 LUISS: LA LINGUA ITALIANA: UN LIMITE PER L' UNIVERSITÀ «Può dispiacere in misura diversa e a me dispiace enormemente, ma bisogna arrendersi al fatto che nel contesto mondiale la lingua italiana è un dialetto parlato e capito da un numero sempre più irrilevante, percentualmente, di persone e che quindi no n può essere usato se non all' interno di un territorio delimitato e ristretto»: lo ha annunciato Adriano De Maio, neorettore della libera università Luiss Guido Carli, all' inaugurazione del nuovo anno accademico. De Maio ha specificato che l' uso dell' italiano è uno dei punti critici dell' università, sia per quanto riguarda gli studenti italiani «che hanno meno possibilità di interagire in un mondo sempre più globalizzato», sia «per la politica di internazionalizzazione dell' università che in questo modo si preclude la possibilità di reclutare studenti stranieri». All' inaugurazione sono intervenuti il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini e il presidente della Confindustria Antonio D' Amato, il quale ha sottolineato che l' Italia, «anziché attraversare una fase di declino, come molti pensano, può contare su grandi risorse imprenditoriali e questo punto di forza deve essere sempre più cementato con investimenti nella scuola». Ha ribadito inoltre che Confindustria si impegnerà per rendere la Luiss un punto di eccellenza nella formazione europea. Un investimento che avrà un ritorno nella possibilità di reclutare professionisti di qualità. _____________________________________________ L’Unione Sarda 28 Nov. 02 SASSARI: ATENEO DEI VELENI: GIALLO IRRISOLTO Alla sbarra per le lettere contro una docente di Fisiologia diffuse nelle Università Ricercatori assolti, non offesero la professoressa Sassari Se diffamazione c’è stata non l’hanno commessa loro, perlomeno non è provato. La professoressa Ombretta Becciu Mameli, cattedra di Fisiologia umana all’università di Sassari, lascia l’aula stizzita per l’assoluzione dei due ricercatori universitari Stefano Corda e Carlo Ventura (quest’ultimo nel frattempo diventato titolare di cattedra) colpevoli, a suo dire, di averle rovinato la carriera. Non è bastata l’arringa del suo avvocato Giuseppe Conti per attribuire ai suoi due ex colleghi la diffusione delle lettere fatali con cui sarebbe stata screditata presso tutti gli istituti di Fisiologia d’Italia, accusata di aver fatto figurare in un progetto di ricerca tutto francese nomi di collaboratori sassaresi che non avevano mai partecipato a quel lavoro. I veleni universitari avevano riempito gli androni della facoltà per mesi, fino a quando Ombretta Becciu Mameli aveva deciso di denunciare i colleghi Stefano Corda e Carlo Ventura per diffamazione. Il processo che ne era seguito aveva finito per rivelare tutti gli intrighi di una Dynasty universitaria, con una lotta senza esclusione di colpi per dividersi la torta sempre più striminzita dei finanziamenti per la ricerca. I fatti risalgono al ’97, ’98, «sono gli anni in cui Stefano Corda viene introdotto nel mondo universitario proprio grazie a Ombretta Becciu Mameli - dice durante la requisitoria il pm Michele Incani. Stefano Corda nel frattempo collabora in un centro di ricerche a Parigi. Tutto succede in un convegno a San Pietroburgo, in cui l’università francese è chiamata a presentare i risultati: nel manifesto che pubblicizza il convegno medico figurano nomi di ricercatori del tutto estranei al progetto. Quei nomi sarebbero stati aggiunti dalla professoressa Becciu Mameli, che in tal modo si sarebbe appropriata del lavoro altrui. Stefano Corda avrebbe fatto da megafono alla presunta gaffe della sua ex madrina. Scrive a lei, al suo maestro Giambattista Azzena, alla direttrice del laboratorio parigino, lamentandosi di quella che giudica una grave scorrettezza. Il carteggio personale sarebbe stato spedito prima al collega Ventura e poi, due mesi dopo a tutti gli istituti di Fisiologia d’Italia. Da mano ignota, dice il giudice. (p.c.) _____________________________________________ Corriere della Sera 30 Nov. 02 UN’INVASIONE DI E-MAIL STA PER ABBATTERSI SULLA SCUOLA di MANEGOLDO DI LAUTENBACH I l ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Letizia Moratti, ha annunciato la scorsa settimana una rivoluzione informatica nelle scuole. In pratica si tratta del progetto, in parte già avviato, di dotare ogni insegnante di una casella di posta elettronica e di un indirizzo e-mail, per comunicare tra docenti, con le famiglie e con gli studenti. Qualcosa come 800 mila caselle postali per scambiare messaggi elettronici, che si andranno a sommare ai 150 milioni di e-mail che ci si scambia oggi ogni giorno in Italia. L’operazione, che tra l’altro può avvenire a costi contenuti, ha un valore altissimo e mette in rete, almeno a un livello minimale, il corpo docente italiano, dando la possibilità di scambi, lettere, messaggi, al di là e al di fuori dei ricevimenti ufficiali e del rapporto scuola-famiglia. Insomma, la scuola si modernizza e cerca una maggiore comunicazione tra i suoi protagonisti. Non si può che rallegrarsene. Con questa specie di grande ufficio postale elettronico verranno smistate informazioni, espressi pareri, richiesti compiti, assegnate lezioni, stilati profili. Si sa, gli italiani sono un popolo logorroico e dopo aver infranto il record mondiale dei possessori di telefoni cellulari, quello dell’invio di Sms i famosi messaggini e mentre si accingono a conquistare quello degli Msm i messaggi con le immagini diventeranno, grazie anche alla signora Moratti, i campioni mondiali della posta elettronica. Tutto bene? Si, perché tutto va nel senso del progresso e nell’adeguamento della scuola alla realtà che cambia. Ma qualche nube avanza all’orizzonte. Pensate all’ansia delle madri i padri no, perché sono assenti : quanti messaggi manderanno agli insegnanti per chiedere notizie sui figli? Un’invasione di e-mail: giustifiche per interrogazioni andate male, consigli su come trattare i loro «bambini», congratulazioni per essere stati giustamente severi, e altro ancora. Il rischio della chiacchiera via e-mail è all’orizzonte. Nè valgono le preoccupazioni di quegli insegnanti, i soliti umanisti, che reagiscono dicendo che l’elettronica non deve sostituire il contatto diretto, tradendo nei fatti un’idiosincrasia per l’uso delle nuove tecnologie. Molti insegnanti sono preoccupati: dovranno partecipare a un nuovo corso di formazione per imparare a usare le e-mail e per non sentirsi surclassati dai loro studenti . E poi, pensano già in molti, come faranno a rispondere a tutti? E quando? In orario di lavoro o nel tempo libero? E il tempo di risposta sarà computato come straordinario? E chi paga? Già li sentiamo. Tranquilli: sappiano costoro che, come prevede il galateo informatico, non si è affatto obbligati a rispondere a tutte le e-mail che arriveranno. _____________________________________________ L’Unione Sarda 29 Nov. 02 TEOLOGIA TRA LE FACOLTÀ UNIVERSITARIE? IL RETTORE AL CARDINALE: «SI PUÒ FARE» Sì all’inserimento della facoltà di Teologia tra i corsi di laurea. Non è ancora realtà ma neanche un’utopia: è la risposta del rettore Pasquale Mistretta alla proposta lanciata dal cardinale ozierese Mario Francesco Pompedda su un reinserimento della pontificia facoltà teologica tra gli insegnamenti delle università statali, dopo ben 135 anni di assenza. «Un discorso da approfondire ma l’idea è ottima», commenta il rettore. «Perché non fare di Cagliari il primo modello sperimentale nazionale di statalizzazione della facoltà pontificia? Non sarebbe male realizzare dei percorsi formativi integrati nelle facoltà di Lettere e soprattutto Scienze della Formazione per verificare se, mantenendo ognuno la propria autonomia, il connubio sia possibile». I rapporti con la pontificia facoltà Teologica sono sempre stati ottimi. Il Magnifico ricorda il protocollo d’intesa firmato nel ’93 e «vivaci e continui scambi culturali tra Scienze della Formazione e Teologia». Padre Maurizio Teani, preside di Teologia, dalle stanza di via Sanjust approva la proposta del cardinale ma con riserva. «Un sogno affascinante ma difficilmente realizzabile», spiega il gesuita. «Resta il problema delle responsabilità sulle nomine dei docenti e sulla gestione degli insegnamenti: Stato e Chiesa vorranno entrambi dire l’ultima parola». Padre Teani mostra invece grande interesse verso una collaborazione più assidua tra ateneo e facoltà pontificia. «Mi sembra più fattibile l’istituzione e il riconoscimento di corsi e relativi crediti formativi che vadano oltre il semplice insegnamento della storia della religione». La proposta-provocazione del cardinale Pompedda ha messo in agitazione gli studenti dei 5 atenei pontifici sparsi per il territorio nazionale e non riconosciuti dall’ordinamento scolastico dai tempi dell’unità d’Italia. Il loro limite è che, nelle scuole statali, possono insegnare un’unica materia: religione. Insomma, la strada degli oltre 200 iscritti che aspirano a diventare dottori di Dio nelle (poche) aule del polo umanistico di Sa Duchessa sembra ancora molto lunga. Emiliano Farina _____________________________________________ Famiglia Cristiana 28 Nov. 02 LE SCIENZIATE Tra i ricercatori italiani, le donne sono il 27 per cento. Sono in crescita, ma ancora troppo poche. Di sicuro, non tutte quelle che lo meriterebbero. Perché? «Perché non abbiamo potere», dicono. «Serve più trasparenza nei concorsi e nelle nomine. Nell’interesse di tutti». Malgrado il suo aplomb, il ministro Letizia Moratti è riuscito a litigare con un collega, nientemeno che Giulio Tremonti, su un tema che (riconosciamolo) non scalda il cuore degli italiani: i finanziamenti alla ricerca di base. Erano stati promessi 377 milioni di euro in Finanziaria e ne sono stati decisi, invece, 100 milioni. Tutti dicono che senza innovazione scientifica e tecnologica non si crea un futuro; da tante parti si alzano lamenti di fronte alla fuga di cervelli (il Nobel per la Fisica di quest’anno, il genovese Riccardo Giacconi, è stato premiato come cittadino americano), ma il nostro Paese rimane uno degli ultimi in Europa nei finanziamenti alla ricerca. L’unico dato in aumento riguarda le donne: sono il 27 per cento dei ricercatori, e crescono. Donne e ricerca, donne e scienza: che sia femminile il futuro italiano in questo campo? E c’è da essere soddisfatti del presente? Non molto, a sentire chi dell’argomento si occupa da anni. Perché nel complesso delle facoltà universitarie le laureate ormai superano i laureati, terminano gli studi prima e con voti più brillanti, ma poi diventano minoranza nel campo della ricerca, tanto più se riguarda settori scientifici tradizionalmente in doppiopetto, come ingegneria e fisica. Diminuiscono ancora, fino a percentuali risicatissime, quando si sale nei gradini della carriera. «Il motivo principale è che le donne non hanno appoggi nei centri di potere», commenta Rossella Palomba, demografa al Cnr e autrice di un libro, Figlie di Minerva (Franco Angeli), che è stato il primo, documentatissimo rapporto sulle carriere femminili negli enti pubblici di ricerca italiani. Spiega: «Quello che viene chiamato Old boys network (letteralmente, "La rete dei vecchi ragazzi", ndr) è il gruppo di persone, di amici, che si conoscono da tanto tempo, si stimano, si scambiano favori e naturalmente mandano avanti i propri simili (uomini). La prima vera iniziativa da prendere è quella della trasparenza nei concorsi e nelle nomine. Tutto questo nostro interesse per le donne, non è per mandare avanti quelle che non valgono niente, ma perché, al contrario, le donne di valore vedano riconosciuto il proprio merito, a vantaggio dell’intero sistema di ricerca nazionale». _____________________________________________ L’Unione Sarda 28 Nov. 02 CAGLIARI: GLI STUDENTI DI PSICOLOGIA HANNO VINTO LA BATTAGLIA Sì ai tirocini dopo la manifestazione di ieri Questa volta hanno vinto gli studenti. Almeno duemila hanno percorso i viali San Vincenzo e Regina Elena, per arrivare in Rettorato e rivendicare i loro diritti. Senza alcun vessillo politico, gli studenti di Psicologia, dopo quasi un anno di lotte, sono forse riusciti a ottenere ciò che chiedevano. L’incontro con il Rettore, in via Università, va avanti per tre lunghe ore. La delegazione composta da Anna Erbì, Antonella Congiu, Francesca Onnis, Rossella Giordano, Matteo Carta e Manuela Nurchis trova l’intesa con Mistretta. Oggi alle 11,30 la firma della convenzione che probabilmente metterà la parola fine ai problemi di circa seimila studenti, che ormai da troppo tempo devono fare i conti con la mancanza di docenti, spazi, tirocini e appelli. L’occupazione del Rettorato in gennaio e un primo corteo a marzo non erano bastati: ci sono voluti un lungo serpentone umano e tanti slogan per convincere il Magnifico. La partenza dal polo umanistico di Sa Duchessa alle 10 in punto. Canzoni e slogan cominciano già in piazza d’Armi, crescono sotto l’Unione Sarda e continuano in Castello. La protesta organizzata dagli “Studenti a sinistra” è riuscita: ci sono anche i rappresentanti della facoltà di Lettere e molti dei protagonisti dell’occupazione di Scienze Politiche. Studi diversi, ma obiettivi comuni. Uno su tutti: la riduzione delle tasse. La gente guarda il corteo e sorride, ma non gli automobilisti, costretti a fare giri molto più larghi per arrivare a destinazione. Enrico Fadda, studente di Psicologia al terzo anno, è contento: «Corteo speciale, giornata speciale: speriamo che Mistretta ci accontenti». Da risolvere non solo la questione tasse, che interessa tutti gli studenti. I problemi degli studenti di Psicologia sono anche altri: «Primo, la mancanza di docenti», racconta Francesca Borghero, «sono solo dodici per seimila studenti. Secondo, la carenza di strutture: abbiamo solo due aule da 180 posti, e altre due da trenta. Terzo, la mancanza di tirocini e laboratori, obbligatori per un corso triennale come il nostro». Non è tutto: su tre corsi di laurea, attualmente sono attivi solo quattro insegnamenti e per molti il rischio è di andare fuori corso per poi dover pagare tasse salatissime. «Se le cose dovessero continuare così», grida uno studente, «per quelli che vorranno trasferirsi in un’altra facoltà di Psicologia il debito formativo sarà enorme». Ce n’è abbastanza per fare cento, mille cortei, tenendo presente la situazione già caldissima per i troppi torti subiti dagli studenti: le elezioni annullate, il rincaro delle tasse e il disorientamento di migliaia di loro che per mesi non avevano ben capito dove si fossero iscritti e quanto avrebbero pagato. Alle 14 in via Università c’è ancora il sole, quando la delegazione dei giovani di Psicologia esce dallo studio di Mistretta. Le facce sono stanche, ma soddisfatte: «La firma della convenzione tra Albo degli psicologi e Università per attivare i tirocini si farà», afferma raggiante Antonella Congiu, spirito combattivo e argento vivo addosso nonostante il pancione al settimo mese, «poi avremo i nostri laboratori e tutta l’attrezzatura in via Parraguez. Gli studenti che entreranno nel primo anno fuori corso non dovranno pagare le tasse, perché gli esami non sostenuti non sono stati mai attivati». Oggi la firma con il Rettore: forse anche per gli studenti di Psicologia è arrivato il momento di sorridere. Federico Fonnesu Psicologia resta occupata L’occupazione nella facoltà di Psicologia prosegue. Lo ha deciso l’assemblea degli studenti, pur prendendo atto dell’impegno del rettore per i tirocini e la “sopravvivenza” dei tre corsi di laurea triennale. Resta insoluto - spiegano - il problema del futuro dei corsi di laurea, «in balìa di una mancata progettualità che solo a livello di consiglio di laurea e di facoltà può essere varata». L’assemblea degli studenti ha anche rilevato, con soddisfazione, i risultati ottenuti con 15 giorni di blocco assoluto dell’attività didattica, ma si riservano di intervenire affinché di chi competenza faccia la sua parte per garantire un futuro agli iscritti e a quanti vorranno iscriversi. _____________________________________________ Il Mattino 27 Nov. 02 E’ DAVVERO COSÌ RIPUGNANTE LA SPECIE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI? La domanda nasce leggendo d'un fiato l'apocalittico ed esilarante romanzo Ad avere occhi per vedere (Minimum Fax, pagg. , euro), autore Leonardo Pica Ciamarra, 37 anni, narratore esordiente ma già autore tra l'altro di un paio di libri, su Goethe e su Schopenhauer, attinenti alla filosofia classica tedesca, suo campo ufficiale di studi come ricercatore del CNR. Insomma un accademico anche lui questo Ciamarra. Non sarà figlio del Massimo Pica Ciamarra, titolare di uno degli studi più accorsati del Sud e docente alla facoltà di Architettura della Federico II di Napoli? Eh, sì. Allora deve conoscerli i suoi polli. Chissà quante ne ha viste per essersi deciso a raccontare questa tragicommedia in cui, intorno al futile motivo dell'avvio di una nuova rivista di letteratura, si scatena una mischia di veleni, tranelli, equivoci, malignità, risentimenti, vendette, rovinosi crolli ideologici, psicologici, fisiologici. Quasi tutto in un giorno. Da quando l'ultrasettantenne e ancora vigoroso professore Alberto Berlingieri, "poeta filosofo e spirito libero" - donchisciottescamente effigiato nella fototeca personale in compagnia d'ogni mito della sinistra irregolare dell'ultimo cinquantennio, da Juliette Greco al subcomandante Marcos - decide di reagire all'insolenza del giovane aspirante ricercatore Alessandro Settìmi orinandogli addosso pubblicamente, per giunta sbagliando mira. E fino al tentativo dello stesso Berlingieri di strangolare una giovane dottoressa in filosofia "appetibilie anche se un po' legnosa". Passando per pettegolezzi di corridoio, vecchie complicità incrinate, rancori di fronte all'incalzare del tempo, dell'altrui gioventù , della rivelazione a "chi ha occhi per vedere" (espressione di Goethe variamente richiamata nelle epigrafi ai capitoli) dell'"immensa massa di orrore che grava fin dall'inizio sulla nostra vita" . Si pensa a David Lodge e ai suo divertenti "romanzi accademici", per subito rettificare che qui, nelle pagine di Pica Ciamarra, c'è altra atmosfera. Leggendole scappano risate cattive come con Tom Sharpe, ma lo stile è sull'espressionistico, lascia addosso l'inquietudine che prende in compagnia di Gombrowicz, o di Thomas Bernhard. Il gioco delle somiglianze riesce male. Il nuovo scrittore dovrà avere una scheda tutta sua nel catalogo mentale. Non accade spesso. E i professori che diranno delle feroci invettive contro i loro malcostumi? Del fatto che l'eroe protagonista medita di dimettersi "retroattivamente" (ormai è in pensione) dalle funzioni e dal destino di accademico? Pica Ciamarra non se ne preoccupa. "L'ambientazione è contingente - spiega. - L'ho usata perché la conosco. Vivo felicemente con la madre di mio figlio, docente universitaria, e lei non ha l'aspetto fecale attribuito invece da un mio personaggio alle donne con carriera universitaria. La mia non è una satira moralistica. Nel finale cerco la speranza nello sguardo di un giovane che non condanna, uno sguardo benedicente. Per il resto ho mirato a costruire caratteri in cui i lettori potessero riconoscere elementi della propria vita". Perciò non c'è un intento maligno, in sintonia con chi ai parassiti dell'Università e della ricerca pubbliche oggi vuole prosciugare i finanziamenti? "No. Credo che oggi l'Università e la ricerca costituiscano uno dei pochi spazi di sopravvivenza per un personaggio estroso come Berlingieri o per lo sguardo restio a ogni corruzione del suo allievo Belforte. Se prevalesse un efficientismo eterodiretto dalla politica si moltiplicherebbero i piccoli squali come Settìmi" Tranquilli professori. Questo nuovo scrittore vi vuole bene. =========================================================== _____________________________________________ L’Unione Sarda 30 Nov. 02 CONTI IN ROSSO IN SANITÀ: PROTESTE Il profondo rosso nei conti della sanità regionale, denunciato durante il dibattito in Consiglio, ha suscitato reazioni. La prima proviene dalla vicepresidente della Commissione sanità, Ivana Dettori (Democratzia): «L’assenza di programmazione - spiega la Dettori in una nota - rende “l’arbitrio” l’unico metodo di intervento, visto che l’ultimo atto di programmazione regionale, il Piano sanitario, risale al 1995. Nell’incertezza del governo della spesa sanitaria anche le dichiarazioni dell’assessore Giorgio Oppi contribuiscono alla confusione. Nel balletto di cifre sui disavanzi delle Asl, intendiamo attenerci ai “conti” della Corte dei conti». Ivana Dettori conclude sottolineando la necessità di discutere con urgenza «la mozione sullo stato del sistema sanitario, che da troppo tempo è all’ordine del giorno del Consiglio». Sulla vicenda interviene, con un comunicato, anche la Cgil-funzione pubblica di Cagliari, che sottolinea come i lavoratori delle case di cura «attendono che almeno tre delle mensilità arretrate vengano erogate». I segretari Ugo Gallo e Giorgio Asuni aggiungono la «preoccupazione per il crescente numero di ingiunzioni contro la Asl 8 che faranno lievitare ulteriormente la spesa. Apprendiamo - conclude la nota - che l’assessore ha affermato che la Sardegna ha il primato italiano nella rapidità dei pagamenti in sanità. La Fp Cgil segnala all’assessore che i lavoratori che hanno manifestato per il diritto al proprio stipendio, della rapidità non si sono accorti». _____________________________________________ L’Unione Sarda 29 Nov. 02 INGIUNZIONI E DEBITI: LE ASL SONO AL COLLASSO I politici si arrendono: adesso tocca agli avvocati. Un primo blocco di richieste di decreti ingiuntivi contro la Asl 8, per un totale di sette milioni e mezzo di euro, verrà esaminato dai giudici nell’udienza che si terrà la prossima settimana nel palazzo di giustizia di Cagliari. Si tratta di richieste di pagamento, legittime e non contestate dalla Regione, da parte di medici specialisti, centri di terapia e laboratori convenzionati che aspettano - chi da sei o sette, chi da undici mesi - la liquidazione delle parcelle. Secondo calcoli degli uffici della sanità, la condanna - sicura - della pubblica amministrazione porterà il conto, tra interessi e spese legali, a sfiorare i nove milioni di euro: una botta del venti per cento di aumento dei costi per una Regione - i soldi delle Asl arrivano da lì - che non riesce più a far fronte agli impegni assunti per il diritto alla salute. Questa prima tranche di cause giudiziarie è la punta di un iceberg della stazza di 350 milioni di euro: a tanto ammonta la differenza - secondo quanto emerso ieri in Consiglio nel dibattito sull’emergenza sanità - tra il bilancio dell’assessorato retto da Giorgio Oppi (Udc) e le esigenze dell’assistenza. Si tratta di una situazione paradossale: per un verso la Sanità conta sul budget più ricco - con 2 miliardi e 400 milioni di euro su 11 miliardi di bilancio regionale del 2002 - ma per un altro è drammaticamente in ritardo nella spesa. Le Asl possono pagare i propri fornitori soltanto se la Regione trasferisce loro i quattrini necessari. E ciò non sta più avvenendo. La Asl 8 di Cagliari, per citare soltanto la più importante come numero di ospedali, dipendenti e posti letto, ha grosse difficoltà anche a saldare i conti con chi prepara i pasti, vende i farmaci, lava la biancheria. Per il momento sono state pagate le bollette fino a maggio, per evitare che Enel e Comune taglino luce ed acqua alle strutture sanitarie, costringendole alla chiusura. Le imprese che gestiscono gli altri servizi dovranno attendere ancora. Nel resto delle Asl la situazione è analoga. Le case di cura (13 con 1530 posti letto) e i centri di riabilitazione convenzionati di tutta l’Isola non hanno ancora visto, è il caso di dirlo, nemmeno un euro: l’ultimo pagamento ricevuto riguarda le prestazioni erogate ai cittadini al tempo della lira, cioè nel dicembre 2001. Le mensilità arretrate sono dunque undici, con una situazione che va rapidamente aggravandosi. Lo scorso anno i pagamenti che oggi, fine novembre, sono ancora inevasi erano stati in parte fatti entro settembre. Alcune cliniche hanno sospeso il versamento degli stipendi e così una delegazione del personale della sanità privata ha protestato martedì in Consiglio regionale. Il problema riguarda circa duemila dipendenti del settore convenzionato, più un indotto che i responsabili delle case di cura valutano in altri duemila lavoratori. È su alcuni di questi temi che ieri il Consiglio regionale ha posto la propria attenzione. Lo ha fatto, in assenza dell’assessore Oppi - impegnato a Roma nella conferenza delle Regioni - dibattendo una mozione di Luca Deiana (gruppo misto) e un ordine del giorno trasversale, elaborato dal presidente della commissione Sanità Gianni Locci (An) e dalla vice Ivana Dettori (Democratzia). Il testo, approvato con i voti di maggioranza e opposizione, impegna la Giunta di Mauro Pili a intervenire immediatamente per garantire i pagamenti alle strutture private ma, soprattutto, per assicurare «la continuazione dei servizi ai cittadini e una pronta risposta alle giuste esigenze dei lavoratori». Un auspicio e una necessità che non sarà facile soddisfare. Locci è stato molto duro verso Giorgio Oppi, sottolineando che «il mancato pagamento degli stipendi è un campanello d’allarme. La realtà - ha proseguito l’esponente di An - è che nell’assessorato manca qualunque previsione di spesa». Mario Floris (Udr) teme che con la devolution «ci sia uno scardinamento della nostra sanità: saremo costretti a tagli e chiusure». Raimondo Ibba (Sdi) ha parlato dell’urgenza di un «dibattito sull’intero impianto della sanità». La replica di Oppi è arrivata in serata. Secondo l’assessore, il “buco” della Sanità è di poco più di 100 milioni di euro, non di 350 come affermano i consiglieri e alcuni dirigenti del settore. Oppi aggiunge poi che gran parte del fabbisogno risale alle passate gestioni e aggiunge che «la Sardegna, secondo il Sole 24 Ore, è la regione più rapida nei pagamenti nella sanità». L’assessore spiega che i ritardi sono «in gran parte dovuti al fatto che il Governo, attraverso il Cipe, tarda nell’autorizzare la spesa, perché lo Stato non ha liquidità, oltre che al nostro ritardo nella Finanziaria» e conclude affermando che entro la fine dell’anno saranno disponibili circa 25 milioni di euro per le Asl 8 e 1 di Cagliari e Sassari». Marco Mostallino _____________________________________________ L’Unione Sarda 30 Nov. 02 MANAGER ASL, LO STIPENDIO AUMENTA DEL 20% La sanità sarda è indebitata sino al collo, i piccoli ospedali rischiano di chiudere, ma i sette manager delle Asl sarde sono tra i più ricchi d’Italia. La Giunta ha approvato una delibera che aumenta del 20 per cento i loro stipendi. Un aumento legato al conseguimento di 13 obiettivi, tra cui il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio. Se non ci riusciranno, però, saranno rimossi dall’incarico. I manager percepiscono già 154.937 euro lordi all’anno, il massimo secondo un decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 2001, che dà appunto alle Regioni la facoltà di aumentare del 20 per cento questo tetto in base ai risultati di gestione ottenuti e alla valutazione degli obiettivi fissati ogni anno dalla Giunta. Il punto è che, su 17 enti sanitari regionali che hanno scelto la strada degli aumenti in Italia, sette sono in Sardegna. Il riferimento è all’Asl 1 di Sassari, all’Asl 2 di Olbia, all’Asl 3 di Nuoro, all’Asl 5 di Oristano, all’Asl 7 di Carbonia, all’Asl 8 di Cagliari e all’azienda ospedaliera Brotzu sempre nel capoluogo. Assieme alla Sicilia e alla Basilicata, quella sarda è la Regione che paga ai manager gli stipendi più alti che, con il venti per cento suppletivo deciso dalla Giunta, andranno a guadagnare qualcosa come 185.924 euro, circa 360 milioni calcolati in lire. Gli stipendi d’oro ai capi delle Asl non sono passati inosservati: a prendere posizione per primo è stato Peppino Balia, capogruppo dei Sdi: assieme al consigliere regionale Pierangelo Masia sta mettendo a punto una mozione che la prossima settimana sarà presentata in Consiglio regionale. Il capogruppo Sdi storce il naso davanti al 20 per cento in più nella busta paga dei manager e chiede informazioni sul Piano sanitario regionale, visto che il precedente è scaduto 17 anni fa: «È in gestazione dalla precedente legislatura, esistono anche le bozze, ma da allora non se ne sa più nulla». L’esigenza di un piano, secondo Balia, è conseguenza del debito sanitario, cresciuto a dismisura negli ultimi anni: «È una situazione che mal si concilia con il pessimo stato del sistema sanitario sardo e, in particolare, con la relazione della Corte dei Conti sull’attività amministrativa in materia di sanità», dice Balia: «La Corte ha stabilito che dal 1998 al 2001, a fronte di un aumento delle entrate da 2.963 a 3.500 milioni di euro, e delle spese da 3.062 a 4.174 milioni di euro, si è verificato un aumento del passivo: da 99 milioni del 1998 ai 720 del 2001». Non basta: «Per fronteggiare la crescita della spesa nel settore della sanità la Regione ha deciso di praticare una politica dei ticket ingiusta perché penalizza chi è già svantaggiato dalla malattia. Inoltre, è del tutto errato ritenere che la spesa farmaceutica sia la causa del disavanzo economico, visto che rappresenta soltanto una minima parte». Davanti a questo quadro, la Giunta regionale dovrà chiarire anche perché, secondo Balia, i direttori generali delle Asl sarde abbiano la retribuzione più alta d’Italia, anche considerato che, in relazione alle risorse loro assegnate, non sono stati raggiunti molti degli obiettivi di salute e funzionamento del sistema fissati negli ultimi anni». Lo. Pi. _____________________________________________ La Nuova Sardegna 26 Nov. 02 DESTITUITA LA PRESIDENTE DELLA CROCE ROSSA SARDA Perpignano commissario r.p. CAGLIARI. La Croce Rossa regionale è stata commissariata. Dal 21 di questo mese, i dirigenti nazionali hanno destituito il responsabile regionale Margherita Satta, al suo posto è stato nominato, come commissario, Giuseppe Perpignano, presidente del comitato provinciale della Croce rossa di Cagliari. «I dissapori tra Satta e la Croce Rossa, sia nazionale che regionale - precisa Perpignano - duravano da tempo». La goccia che ha fatto traboccare il vaso, si legge in un comunicato dell'Associazione, è il fatto che durante un'ispezione regionale da parte degli inviati di Roma, questi ultimi sono stati «'dirottati' lontano dai documenti amministrativi dallo stesso presidente in carica sino al 21 di questo mese». Normalmente quando arrivano gli ispettori, continua il commissario regionale, «tutti i comitati provinciali e regionali cooperano acchè si possa verificare tutto. Ma i problemi erano anche altri e si trascinava da tempo». Perpignano non fa esempi specifici ma precisa che «da parte dell'ex presidentessa c'era una palese incapacità gestionale e un'incapacità di rapporto nei confronti dei quattro comitati provinciali». La Croce Rossa regionale ha un bilancio complessivo di circa un milione e ottocentomila euro annuo, con un esercito di persone (tra volontari e strutturati) di duemila e cinquecento-tremila unità. Come dire: un corpo importante la cui presenza si sente nella società sarda. Ma da alcuni anni le tensioni interne erano in aumento e andavano, spiega il commissario, oltre la normale dialettica che c'è tra i Comitati e la presidenza regionale. «Tutti i comitati - continua Perpignano - erano critici e del tutto scontenti verso la presidentessa, giudicata inaffidabile in tutto e per tutto». La Croce Rossa ha una struttura no profit, con tanto di bilanci per ogni Comitato e anche per il regionale. Tutto viene controllato a livello centrale. Per questo «la direzione nazionale non poteva lasciar passare in silenzio il rifiuto a visionare i documenti amministrativi. Roma si è oltremodo risentita». Per il momento, però, non vi sono altre indagini interne alla Croce Rossa verso la passata regione regionale, nè interventi della Corte dei conti. «Alcuni mesi fa correva voce - spiega il commissario - che la Corte dei conti volesse mettere il becco nei documenti amministrativi regionali, ma non mi risulta che poi quanto sentito sia andato oltre una serie di voci». Ora l'attività della Croce Rossa dovrebbe riprendere a pieno ritmo. Anche se la ruggine accumulata potrebbe farsi ulteriormente sentire. «Personalmente - precisa il commissario - io mi ero scontrato quasi subito con la presidentessa uscente, sin dal 1998, anno della sua nomina. Avevo subito notato che c'era qualcosa che non andava. Ripeto: non c'era una capacità gestionale adeguata. I fatti, purtroppo, mi han dato ragione». _____________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Nov. 02 «LA SCUOLA DI TALASSEMIA NON DEVE ESSERE TRASFERITA» Cagliari: allarme in Regione per l'ipotesi di un dirottamento dell'istituto su Roma CAGLIARI. Allarme in Sardegna per l'ipotesi di trasferire a Roma la scuola internazionale di talassemia. I consiglieri regionali Emanuele Sanna (Ds), Pierpaolo Vargiu (Riformatori) e Raimondo Ibba (Socialisti uniti), tutti e tre medici, hanno inviato ieri una lettera di protesta ai presidenti del Consiglio e della Giunta, all'assessore regionale della Sanità e ai parlamentari sardi. «I massimi rappresentanti istituzionali della Sardegna - affermano - devono attivare immediati contatti con il presidente del Consiglio dei ministri e con il ministro della Sanità per evitare il dirottamento, a Roma, anche della scuola Internazionale di talassemia». Se questa ipotesi fosse confermata, «si tratterebbe dell'ennesima beffa per i cittadini sardi che, dopo essere stati colpiti per secoli dall'incidenza devastante della malattia, verrebbero adesso penalizzati dalla creazione del Centro nazionale in una sede anomala con la conseguenza di un inevitabile depotenziamento dell'Istituto sardo col suo prezioso patrimonio culturale e scientifico». Non va dimenticato, infatti che il Centro per le microcitemie e la sezione del Cnr per le talassemie hanno apportato contributi determinanti e internazionalmente riconosciuti nella ricerca sul morbo di Cooley. La scuola del pediatra Antonio Cao (dell'università di Cagliari) è un punto di riferimento obbligato per gli studi su questa malattia. La lettera di ieri è la seconda inviata dagli stessi consiglieri regionali. Nella prima, scritta esattamente un anno fa, Sanna, Ibba e Vargiu avevano chiesto un intervento immediato delle massime rappresentanze istituzionali regionali presso il governo nazionale per «scongiurare l'attribuzione, all'Istituto ematologico di Pesaro, del centro di riferimento italiano per la cura e la prevenzione della talassemia». A distanza di un anno la situazione sembra aggravarsi. «Nei mesi scorsi - si legge nella lettera inviata ieri - abbiamo appreso dell'ulteriore tentativo di istituire a Pesaro il Centro di alta specializzazione per la lotta alla talassemia. Oggi sembrerebbe che anche la scuola internazionale di talassemia debba essere dirottato fuori dalla Sardegna e si indica Roma come sede preferita dal governo centrale». _____________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Nov. 02 POLICLINICO, IL DIRETTORE GENERALE DIMISSIONARIO (A SASSARI) SASSARI. Antonello Pisu, direttore generale del Policlinico universitario, ha annunciato le proprie dimissioni al rettore dell'università di Sassari, Alessandro Maida. Un annuncio che ha sopreso il mondo accademico, anche perchè Antonello Pisu non aveva raggiunto la scadenza del suo mandato. Le dimissioni non sarebbero legate al funzionamento della struttura universitaria. Le dimensioni del Policlinico sono ancora piccole, in attesa che la Regione stabilisca i criteri e gli assetti della sanità sassarese. _____________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Nov. 02 SVINCOLO POLICLINICO: ZIRONE PREMIA I GIORNALISTI BUONI m.l CAGLIARI. La Provincia paga bene i giornalisti di proprio gradimento: secondo l'interrogazione presentata in aula dal consigliere Remigio Cabras (Margherita), l'assessorato alla viabilità guidato da Renzo Zirone ha versato 5.164 euro al pubblicista Riccardo Coco, che in cambio ha presentato «a vari enti e commissioni» le tavole «relative allo svincolo da realizzare sulla statale 554, all'incrocio con la strada per Sestu». Il commento in aula di Cabras: «La Provincia ha affidato il nulla a una persona che non conosciamo, pagando salatamente una prestazione imprecisata». Il testo della determinazione firmata il 2 agosto 2002 dal dirigente Andrea Gardu non aiuta a capire: è chiara solo la cifra pagata. Altra certezza è che Coco non ha motivo di lamentarsi per come lo tratta la Provincia, con cui ha chiaramente un buon rapporto: grazie a due delibere di giunta (18 giugno e 19 novembre scorsi) ha ricevuto infatti altri 11 mila euro in cambio di altrettante pagine pubblicitarie distribuite su due numeri del periodico 'Vip Sardegna', da lui diretto, in cui - a leggere la delibera - si «evidenziano persone e fatti che hanno dato lustro alla Sardegna». Premesso che fra queste sarà probabilmente Zirone, Cabras ha fatto i conti: «Il diretto interessato ci informa che questo periodico diffonde gratis cinquemila copie, la Provincia gli ha pagato un euro a copia». La cosa curiosa è che nella delibera non c'è traccia di aziende editoriali: i soldi sono stati assegnati al direttore responsabile del periodico. E' un errore oppure un caso singolare: se un giornalista intasca i proventi della pubblicità, che tipo di informazione devono aspettarsi i lettori? Ma c'è dell'altro: la delibera della giunta fa riferimento a un sito internet (www.vipsardegna.net) definito nel documento «eccezionale veicolo di comunicazione per le attività della Provincia». Ma - Cabras l'ha detto in aula - quel nome a dominio risulta libero: il sito non esiste. Digitando il nome su un motore di ricerca si arriva a un sito pornografico, che non ha certo nulla a che vedere con 'Vip Sardegna'. Assente Zirone, l'assessore al bilancio Sandro Piredda ha definito «gravi» i fatti descritti e ha garantito che accerterà le cose. _____________________________________________ L’Unione Sarda 27 Nov. 02 COLLEGAMENTO DIRETTO CON IL POLICLINICO SINNAI. Un collegamento diretto fra Sinnai e la Cittadella universitaria. Per l’assessorato comunale ai trasporti che si è a lungo battuto per trovare una soluzione al problema, una bella vittoria. Ma è un successo soprattutto per i pendolari che ogni giorno devono raggiungere il Policlinico o l’Università. Sono stati proprio loro a suscitare l’attenzione dell’assessore Aldo Lobina che ha ripetutamente avuto contatti con la Regione e con le Ferrovie della Sardegna, riuscendo ora a centrare l’obiettivo. Il collegamento sarà attivato entro il mese di dicembre. Ogni giorno, un pullman delle stesse Ferrovie partirà da Sinnai alle 7,40 del mattino per raggiungere la Cittadella sulla statale 554 alle 8,15. Dalla Cittadella si ripartirà alle 13,30 con arrivo a Sinnai tre quarti d’ora dopo. A trarne beneficio ovviamente saranno anche i pendolari di Settimo. «Credo che questa sia la soluzione al momento ottimale - dice Aldo Lobina. Attualmente la Cittadella per chi non dispone di una macchina propria, è quasi irraggiungibile. La ”linea-diretta” è stata ripetutamente sollecitata dagli interessati». Come alternativa si era anche parlato di far viaggiare i pendolari sul treno delle stesse Ferrovie con partenza da Settimo, arrivo alla stazione di Monserrato e trasferimento successivo in pullman. Un po’ troppo complicato con i viaggiatori di Sinnai costretti tra l’altro ad arrivare prima a Settimo. Il collegamento diretto va decisamente meglio. _____________________________________________ La Nuova Sardegna 30 Nov. 02 UN ONCOLOGO CONTRO I CENTRI MULTIDISCIPLINARI PREVENZIONE E DIAGNOSI DEI TUMORI Roberto Spezzigu SASSARI. Boccia la proposta di istituire nuovi centri di prevenzione contro i tumori il docente di oncologia medica dell'università di Sassari Antonio Farris (foto): «Alcuni consiglieri regionali del centrodestra hanno proposto la realizzazione dei centri multidisciplinari provinciali di prevenzione e diagnosi precoce dei tumori da finanziare con la cifra di 15milioni di euro, ma questo non ha nessun senso». Professore, che cosa c'è che non va? «Da 30 anni sono stati istituiti centri di prevenzione e diagnosi, che sono già operativi e che funzionano abbastanza bene. Basterebbe dare i soldi a queste strutture per migliorare le cose». La notizia dell'interessamento dei politici regionali all'oncologia non l'ha proprio entusiasmata? «Ogni volta che vengono date notizie sugli organi di informazione sui problemi oncologici le leggo con la massima attenzione nella speranza, purtroppo finora vana, che qualcuno intenda confrontarsi e risolvere i mille problemi che devono essere affrontati quotidianamente da chi si dedica all'assistenza dei pazienti affetti da tumori. Non mi riferisco a problemi diagnostici o terapeutici, ma a tutte quelle cose che potrebbero migliorare la situazione delle croniche carenze, di locali, di personale parasanitario, di medici e di attrezzature, che vengono vissute ogni giorno da chi opera nel campo della cura dei tumori, tra l'indifferenza generale soprattutto da molti di quelli che questi problemi dovrebbero affrontarli e tentare di risolverli». Riguardo ai centri multidisciplinari provinciali, dice Farris, «la mia perplessità è diventata indignazione. Esistono i centri oncologici provinciali, che hanno gli stessi obiettivi e finalità che si vogliono attribuire a questi nuovi centri multidisciplinari, e non mi risulta che siano stati aboliti. Assorbiti dalle Asl nel 1983 hanno continuato a svolgere la loro attività in modo egregio, e di questo ne fanno fede le migliaia di prestazioni che ogni anno vengono fatte e documentate. «In un momento in cui la sanità cerca di ridurre e razionalizzare le spese - conclude Farris - proporre questa cosa è veramente fuori luogo. Questi soldi potrebbero, con il parere di persone competenti nella materia, essere utilizzati in modo più proficuo». _____________________________________________ Corriere della Sera 26 Nov. 02 «IL FUTURO? COMBATTEREMO IL TUMORE AL POLMONE CON UNO SPRAY» Cremonese Antonella Non vuole che si torni a scrivere che all' Istituto dei Tumori si sta sperimentando da circa un anno, su un piccolissimo numero di pazienti, la terapia genica del tumore polmonare. «E' troppo presto per dare speranze, e ogni volta siamo inondati da fax e messaggi internet ai quali purtroppo non possiamo dare seguito». Ma la strada è importante, tanto che Gabriella Sozzi, responsabile dell' unità operativa di citogenetica molecolare, l' 11 novembre scorso ha ricevuto a New York il prestigioso premio dell' American-Italian Foundation, assegnatole per le ricerche che l' hanno portata (1996, insieme con Marco Pierotti e Giorgio Parmiani) a scoprire il gene Fhit, un gene fragile che si altera con il fumo di sigaretta, e che è coinvolto nell' 80 per cento dei tumori polmonari non a piccole cellule. Con lei, per la parte clinica, è stato premiato Paul A. Bunn. Dalla scoperta sono nate due possibilità, entrambe basate sulla nuova medicina aperta dalla decifrazione della mappa del genoma umano. Spiega Sozzi: «Il test che rivela il tumore in fase precoce, e la terapia genica che abbiamo cominciato a sperimentare». Di che si tratta? «Il paziente viene sottoposto a un semplice prelievo di sangue, e l' esame misura il livello di Dna circolante nel plasma. In chi ha il tumore polmonare, anche se inizialissimo o addirittura in fase pre-cancerosa, la quantità di Dna è dieci volte più alto che nei soggetti sani. Se il tumore viene individuato in fase precocissima, e curato chirurgicamente, la probabilità di sopravvivenza, a cinque anni dalla diagnosi, anni passa dal 15 all' 80 per cento». Ma la rivoluzione della genomica promette ancora di più. Il secondo passo è stato quello di ideare una terapia, che è stata lungamente provata sui topi («Funzionando benissimo») e poi applicata al piccolo e selezionatissimo gruppo di pazienti di cui si diceva prima. Spiega la ricercatrice: «Il gene Fhit alterato viene sostituito da un gene sano, che viene "sparato" sul bersaglio usando come razzo vettore un adenovirurs, un virus del raffreddore. Per il momento si prova questa terapia genica instillando il farmaco mediante una broncoscopia, ma in seguito pensiamo che si potrà farlo inalare al paziente con uno spray». La terapia costa circa 10mi la euro per paziente, non certamente troppo se si rivelerà in grado di curare un tumore come quello del polmone, finora considerato uno dei 4 «big killer», insieme coi tumori della mammella, dell' intestino e della prostata Era questa la speranza che si respirava a New York, nella serata della premiazione. Gabriella Sozzi, che nel 1988 è stata per un anno in uno dei «santuari» della ricerca sul cancro, lo Sloan Kettering cancer Center (vi fu ricoverato anche Giovannino Agnelli) e poi all' Anders on Cancer Center di Houston, nonostante le esperienze e la notorietà internazionale non nasconde che per lei il premio è stata una grande emozione: «Prima di me, l' hanno preso personaggi cone Robert Gallo, Rita Levi Montalcini, Umberto Veronesi. Ne sono stata felice e sorpresa. E molto contenta per il nostro Istituto dei Tumori e per la ricerca milanese». Liceo classico a Biella, laurea in scienze biologiche all' università degli Studi di Milano e specializzazione in citogenetica umana all' università di Pavia, Gabriella Sozzi è appassionata del suo lavoro ma non se ne fa catturare completamente. Le piace ricordare di essere maestra di sci, e sostiene che chi fa un lavoro intellettuale dovrebbe fare almeno un po' di sport. Le dà gioia fare jogging ai Giardini di via Palestro, dove spesso incontrava Indro Montanelli. «Lui si rasserenava passeggiando, e io correndo». Antonella Cremonese _____________________________________________ La Nuova Sardegna 29 Nov. 02 GESSA: ALCOL, COME UNA DROGA QUANTI RISCHI PER I GIOVANI Il farmacologo Gessa lancia l'allarme in un convegno Sabrina Zedda CAGLIARI. Se tra i giovani si registra un minor uso di sostanze come l'ecstasy o le amfetamine, sempre più dilagante diventa tra loro l'abitudine di consumare alcol. A lanciare l'allarme è il farmacologo Gian Luigi Gessa, che durante un convegno svoltosi nella sede della facoltà di Teologia, ha definito l'alcol come "la più pesante delle droghe". "Anche l'alcol, al pari di sostanze come l'eroina, la morfina o la cocaina crea dipendenza psichica", spiega professor Gessa: "Tuttavia, diversamente da queste ultime è assai più dannoso: primo perché causa un numero di vittime superiore; secondo, perché uscire fuori dal tunnel dell'alcol è molto più difficile che venire fuori dalla dipendenza da qualsiasi altra droga". Questo perché l'alcolismo non è un vizio come spesso viene considerato, ma una vera e propria malattia cronica del cervello che può portare a gravi conseguenze come la compromissione dei rapporti sociali e familiari. Per arrivare sino all'insorgenza di patologie come cirrosi epatica o tumori del canale digerente: "Si dovrebbe guarire smettendo di bere - dice Gessa - Ma è proprio il fatto di non riuscirci la vera malattia". Eppure, qualche rimedio esiste: come l'Antabuse, un farmaco. "Il farmaco - continua Gessa - è però solo una stampella a cui si potrebbero associare altre terapie come quelle psicologiche". In Italia, gli alcolisti sono circa un milione e mezzo, mentre, sono circa quattro milioni coloro che rischiano di diventarlo. "Una condizione che - aggiunge il professore - al pari di tutte le altre droghe, riguarda sempre di più le fasce più giovani della popolazione. Difficilmente, infatti, si inizia a far uso di alcol e stupefacenti dopo i diciotto anni". Anche il farmacologo Gessa è contrario alla legalizzazione delle droghe: "Prima di fare simili proposte, certe persone dovrebbero farsi un esame di coscienza e domandarsi se conoscono davvero ciò di cui parlano". Il professore punta il dito sulle multinazionali del tabacco, le uniche che potrebbero trarre un vantaggio dalla liberalizzazione: "Puntano sulle persone più giovani perché sono quelli che garantiscono il consumo del futuro". _____________________________________________ Corriere della Sera 25 Nov. 02 CAZZULLO: MALATTIE MENTALI, GLI AFFETTI PIÙ POTENTI DEGLI PSICOFARMACI Cremonese Antonella Nei Paesi in via di sviluppo si prendono meno psicofarmaci, ma dalla malattia mentale si guarisce di più. Perché in Oriente resta salda la famiglia (famiglia allargata: con tanto di nonni, zii e cugini lontani), mentre in Occidente la famiglia è allo sbando. L' ha detto il presidente della società mondiale di psichiatria, il professor Ahmed Okasha dell' università del Cairo, e con lui si è trovato perfettamente d' accordo il professor Carlo Lorenzo Cazzullo, padre della psichiatria italiana. Sono quindi sociali, le radici della sofferenza mentale? Per casualità, la domanda è venuta proprio all' indomani della morte di Enzo Morpurgo, che è stato il più forte teorico di questa tesi, ed ha costituito lo zoccolo duro del convegno internazionale «Psichiatria, famiglia e società. Assistere e curare», organizzato dall' Ars, l' associazione ricerche sulla schizofrenia fondata da Cazzullo ormai 15 anni fa. Per Cazzullo, il male di cui soffre la società attuale è la mancanza di comunicazione, e questa solitudine, in cui le persone più fragili si smarriscono, comincia proprio nella famiglia assente e indaffarata, e in un modello di società che crea lo stress: «La malattia mentale nasce quando è debole il nostro "coping", cioè la capacità di compensazione dello stress». Cazzullo ha anche elevato un atto di accusa contro i medici in generale, e contro gli psichiatri in particolare: «Abbiamo psicofarmaci sempre più mirati, si profilano strade nuove come la possibilità che la demenza di Alzheimer poggi su una componente infiammatoria, il che ci permetterà di trovare il farmaco per curarla, ma a questi progressi scientifici non corrisponde da parte della psichiatria una vera capacità di ascolto del paziente». Stimoli, rapporti e affetti sembrano strategici. Una ricerca ha dimostrato che i rapporti sociali intervengono sulla capacità del cervello di creare nuove connessioni: «E' stato fatto l' esperimento di mettere topi e scimmie in gabbia da soli oppure in compagnia di loro simili. Si è poi dimostrato che chi aveva vissuto in compagnia aveva un maggior numero di cellule nervose». In Egitto i malati di schizofrenia guariscono in una percentuale che è superiore del 30 per cento a quella dei Paesi sviluppati. Come mai? Il professor Ahmed Okasha ha attribuito questo potere risanatore ai legami sociali e affettivi di una famiglia diversa da quella occidentale, e ha citato due filosofie di vita diametralmente opposte: «In Occidente l' obiettivo è il successo individuale, la pressione sociale va in questa direzione e ne deriva un altissimo stress. In Oriente il primo obiettivo è essere un buon membro della famiglia». A un diverso approccio filosofico fa riscontro anche una diversa articolazione dei servizi socio-sanitari. «In Oriente i medici del territorio curano molto bene i malati di mente - ha spiegato Okasha -, ma lo Stato non considera suo compito l' assistenza ad essi. Il compito è responsabilità della famiglia, per la quale sarebbe un disonore affidare il m alato ad altri. E non esiste la "vergogna sociale" della malattia di mente. Si pensa che sia volontà di Dio, così com' è Sua volontà la guarigione». Antonella Cremonese _____________________________________________ L’Unione Sarda 28 Nov. 02 AMALDI, UN QUARK CONTRO IL CANCRO «La fisica - sorride - è il frutto della curiosità degli uomini». La passione con la quale lui coltiva i suoi territori è qualcosa di più. Ha a che vedere con quell’“etica della conoscenza” cara a Jacques Monod e a tutti gli scienziati che sanno bene quanto il loro lavoro possa essere utile per l’umanità. Per renderla migliore, ma anche per salvarla. Con la fisica, Ugo Amaldi è nato e cresciuto. Suo nonno Ugo è stato un grande matematico, suo padre Edoardo un ragazzo di via Panisperna, compagno di Fermi e di Majorana, sua madre Ginestra una scienziata. E il libro che ora il grande fisico tiene tra le mani con un senso di affettuosa appartenenza, è stato scritto dai suoi genitori per gli studenti dei licei scientifici. Dici Amaldi, e pensi al vecchio Amaldi, amato, odiato, studiato, rimasto intonso, sul quale si sono scontrate intere generazioni di studenti italiani. Dici Amaldi e pensi al nuovo Amaldi, su cui altre generazioni si confrontano oggi. Se sei fortunato, te lo puoi anche ritrovare di fronte, in carne e ossa. Meno ostico (e persino più affascinante) del suo libro, cordiale, estremamente alla mano. Come tutte le persone che valgono davvero. Professore, suo nonno Ugo (che manco a dirlo ha scritto un libro di matematica, con Enrico Amaldi) ha insegnato qui all’università di Cagliari, quand’era giovanissimo... «Sì, esattamente cento anni fa, aveva 28 anni, poi andò a Modena, Padova, Roma. Pensavo proprio a lui mentre l’aereo sorvolava la città. Certo non arrivò qui con un jet». Superfluo chiederle da che cosa nasce la sua passione per la scienza... «Non c’è dubbio che i geni abbiano avuto un gran peso, ma soprattutto ce l’ha il clima che si respira a casa. È come per la musica». A Cagliari per chiudere la Settimana cittadina della scienza («un’iniziativa che ritengo importantissima per la diffusione della cultura scientifica, per questo ho accettato volentieri l’invito pressante della professoressa Carla Romagnino»), Ugo Amaldi ha parlato ieri pomeriggio - sala conferenze della Fondazione Siotto - di un argomento che gli sta molto a cuore: la ricerca sul cancro. Prima ha trovato il tempo di partecipare con il sindaco Floris, il rettore Mistretta, il preside di Scienze Crniar e due dei fisici organizzatori della Settimana (Carla Romagnino e Guido Pegna) alla registrazione della trasmissione “Ma però”, in onda stasera su Sardegna Uno. Dove si è parlato del rapporto tra Sardegna e scienza, dove Amaldi ha risposto divertito alle domande non retoriche del conduttore Giacomo Mameli: “perché un balcone può reggere tante persone? E, soprattutto, perché un aereo vola?”. Dove ha affermato (a proposito di stato della ricerca) che il Giappone sta predisponendo «tutto ciò che occorre» per ottenere 40 premi Nobel nei prossimi trent’anni. Amaldi ha poi promesso che tornerà a Cagliari, per inaugurare (si spera prestissimo) la Cittadella della Scienza, alla quale l’amministrazione comunale ha destinato parte dei locali dell’ex vetreria di Pirri. Infine ha riproposto il grande tema sul quale da più di dieci anni convoglia buona parte delle sue molte energie. È il progetto Adroterapia, nasce nel ’91, prende le mosse dalle conoscenze acquisite nel campo delle radiazioni e degli acceleratori di particelle e si ripromette di introdurre al più presto in Italia tecniche di radioterapia in grado di curare alcuni tipi di tumori resistenti ai raggi X. Non è un progetto di poco conto, se si considera che oggi un europeo su quattro, anzi, quasi uno su tre, fa i conti con il cancro. Professor Amaldi, il futuro della battaglia contro il cancro è nella adroterapia? «No, non tutto. Attualmente circa il 45 per cento dei malati oncologici (con esclusione dei tumori alla pelle) sono trattati con radiazioni: come dire che centomila persone su 230 mila colpite ogni anno da un tumore si sottopongono ai raggi X. Bisogna dire che con l’introduzione dell’informatica e di fasci molto mirati, questi raggi hanno fatto molti progressi. Ora in una trentina di sedute, il tumore viene trattato da più angoli e si riesce a dargli una “dose conforme”». Che cosa significa adroterapia? «Il termine deriva dall’utilizzazione degli adroni, che poi non sono altro che i nuclei degli atomi, in particolare del nucleo dell’atomo più semplice, quello di idrogeno: gli si toglie l’elettrone e rimane il protone. Il secondo nucleo è il nucleo dell’atomo di carbonio, fatto di sei neutroni e sei protoni intorno ai quali girano sei elettroni. Si tolgono gli elettroni con scariche elettriche e rimane lo ione carbonio». Abbiamo capito che ci ritroviamo in mano due adroni: uno è un protone di idrogeno, l’altro è uno ione di carbonio. Che ne facciamo? «Questi due adroni, che sono particelle di quark, possono essere accelerati con acceleratori di particelle (ciclotroni esincrotroni che misurano dai 4 ai 20 metri) e poi mandati con un fascio sottile dentro il corpo. Penetrano 20-25 centimetri e riescono a “pennellare” il tumore». Quali sono i pregi degli adroni? «Che rilasciano la maggior parte della loro energia alla fine del loro percorso, e si fermano, al contrario degli X che attraversano il corpo. In questo modo i tessuti laterali non vengono coinvolti e anche all’ingresso la dose è più bassa». Significa che la terapia è più mirata e “intelligente”? «Significa che si riesce a fare quella che i radioterapisti chiamano la dose più “conformazionale”, con grande risparmio dei tessuti sani. Si può dire che se ci fossero oggi in Italia i centri che la mia Fondazione Tera cerca di promuovere ormai da dieci anni, una percentuale dei tumori dovrebbe essere trattato con protoni o con ioni». Quando avverrà questo? «Speriamo presto. Nel novembre scorso è stata confermata dal ministro della salute Sirchia la Fondazione Cnao, creata dall’ex ministro Veronesi. Ha ricevuto dieci milioni di euro. Io conto che dal prossimo anno il centro per l’adroterapia possa cominciare ad essere costruito. Ci vorranno quattro anni per vederlo pronto». Dove sorgerà? A Mirasole come si diceva tempo fa? «No, tra Milano e Pavia, in un ospedale, ma non sappiamo ancora quale». La (relativa) pesantezza degli adroni rende più costosa questa terapia? «Sì, le apparecchiature per l’accelerazione delle particelle sono costosissime, ma alla fine il vantaggio è evidente. Oggi, con i raggi X, il paziente deve sottoporsi a una trentina di sedute, con l’adroterapia ne bastano dalle quattro alle sette». In attesa del centro italiano, che cosa avviene in Europa su questo fronte? «Attualmente sono utilizzati per questa terapia alcuni centri di fisica nucleare. Non sono però centri ospedalieri, come i quattro statunitensi o i cinque giapponesi, e i tanti in costruzione in Cina Corea e altre parti. In Europa speriamo di arrivarci attraverso la rete Enlight che coinvolge oltre che il nostro centro in fieri anche quelli di Lione, Vienna Stoccolma, Heidelberg». Qual è il vostro obiettivo? «Dotare entro cinque-sette anni l’Europa di una rete di centri per ioni all’avanguardia nel mondo». Su quanti malati è stata finora sperimentata l’adroterapia? «Quella con i protoni di ossigeno su trentamila, quella con ioni di carbonio su 1500. Il professor Recchia, che è appena tornato dal Giappone, ha visto risultati straordinari sui cosiddetti Big Killers, i tumori primari al fegato e al polmone. Questo cambia la prospettiva, apre nuovi spiragli alla speranza. Noi pensiamo di trattare nel centro che sorgerà a Milano-Pavia più di tremila pazienti all’anno». Questo significa che i vecchi raggi X resteranno ancora in attività? «Naturalmente. Per certi tumori vanno benissimo. Diciamo che di quei 45 su cento curati con i raggi X noi ne seguiremo tre radioresistenti, che i raggi tradizionali non possono aggredire ma gli ioni carbonio sì. Questo significa poter curare dai tremila ai cinquemila pazienti all’anno. E salvarne con certezza almeno duemila. Non è poco, è moltissimo». Maria Paola Masala _____________________________________________ Repubblica 28 Nov. 02 PER CURARE MEGLIO LE METASTASI OSSEE NASCE LA FIGURA DELL’OSTEONCOLOGO DI STEFANO CASCINU * Perchè c’è un’attenzione così particolare alle metastasi ossee? Innanzi tutto perché rappresentano un problema clinico di grande rilievo con circa un milione e mezzo di pazienti ogni anno nel mondo che ne soffrono. Basti pensare che due delle forme di tumore più frequente nella donna e nell’uomo (carcinoma della mammella e prostata) sono responsabili di circa l’80 per cento delle metastasi ossee. Vi è inoltre un progressivo aumento di incidenza dovuto al fatto che il malato oncologico grazie a terapie più efficaci vive più a lungo. Un altro importante motivo risiede nell’importante sintomatologia dolorosa che accompagna sempre queste metastasi e quindi in una compromissione della qualità di vita, aggravata anche dalla immobilità per le complicanze della malattia: le fratture patologiche e la compressione del midollo spinale. Per anni le prospettive terapeutiche sono state limitate. L’introduzione dei bifosfonati, farmaci in grado di legarsi all’osso e di impedirne la sua distruzione ad opera delle cellule tumorali, ha portato dei miglioramenti sia nel controllo del dolore che nella riduzione delle complicazioni. Grazie poi ai bifosfonati di terza generazione sono stati possibili ulteriori guadagni terapeutici. L’acido zoledronico si è infatti dimostrato più semplice da somministrare (si infonde per via endovenosa in soli 15 minuti contro le due ore dei vecchi farmaci) e più attivo. Una delle novità più promettenti di questo farmaco è che oltre la sua attività sulla metastasi ossea, inibendo le cellule ossee che determinano la sua distruzione, sembra avere un’attività antitumorale sia bloccando l’angiogenesi che limitando le capacità di ancoraggio delle cellule tumorali alla struttura ossea. Ciò potrebbe tradursi in un loro uso precauzionale proprio in quei tumori (mammella, prostata) noti per determinare un’alta incidenza di metastasi ossee. Ma per affrontare efficacemente il problema delle metastasi, oltre ai successi sempre più evidenti ottenuti con i farmaci oggi a disposizione, è necessario un approccio clinico integrato. Per questo è nato il progetto osteoncologia, l’idea cioè di una serie di corsi rivolti a tutti gli specialisti (oncologo, radiologo, chirurgo ortopedico, radioterapista, riabilitatore, terapista del dolore), che con le loro competenze collaborano a curare i pazienti. L’intenzione non è però quella di creare una nuova figura professionale quanto piuttosto una nuova competenza, intesa come capacità di riconoscere tempestivamente e di non sottovalutare i sintomi riportati dal paziente, e di individuare gli approcci terapeutici più indicati ai singoli casi. Tali corsi si articoleranno in più sedi lungo tutto il 2003. * Direttore Clinica di Oncologia Medica, università di Ancona _____________________________________________ L’Unione Sarda 26 Nov. 02 GUIDO PEGNA: "IL CELLULARE NON È PERICOLOSO" "Le onde elettromagnetiche emesse dagli elettrodomestici non sono pericolose". Secondo Guido Pegna, docente universitario di Elettronica, telefonini, forni a microonde e via elencando non avrebbero alcun effetto sull’uomo. Pegna l’ha sottolineato alla Cittadella dei musei in una conferenza organizzata nell’ambito della "Settimana della Scienza". "La gente è spaventata, ma posso assicurare che si può stare tranquilli". Per il professore "stampa e televisione hanno confuso molte persone, ma gli esperimenti parlano chiaro: con la propagazione delle onde, la materia biologica, e quindi il corpo umano, non vengono investiti". Attorno all’argomento tanto interesse: scolaresche e semplici curiosi osservano gli "esperimenti" del professore. "Il cellulare è acceso", spiega il docente del dipartimento di Fisica, "ma se gli avvicino un termometro questo non registra un innalzamento della temperatura". Lo scetticismo resta. "Fino a quando non arriveranno dati sicuri è sempre meglio attenersi al "principio di cautela"", ha replicato Andrea Olla, che insegna al Commerciale "Eva Mameli Calvino". "Un esempio utile al caso potrebbero essere i tanti medicinali prima usati stabilmente e poi rivelatisi dannosi per la salute". Non farebbero danni il phon, il telefonino "…e le onde emesse dai ripetitori o dalle grandi antenne della telefonia mobile presenti un po’ dappertutto?", chiede incuriosita una studentessa. "Non fanno male neanche quelle", conclude Guido Pegna. "Provate ad avvicinare una bistecca a una di queste antenne: se cuoce, allora avremo la certezza che le onde fanno male". _____________________________________________ Repubblica 28 Nov. 02 GLI UTENTI DI TUTTA EUROPA CHIEDONO DI SCEGLIERE LE CURE BRUXELLES I sistemi sanitari internazionali sono coinvolti in un cambiamento profondo all’interno del quale il malatocittadino, più consapevole, chiede maggiori garanzie. Basate su una migliore informazione e sulla possibilità di scelta. E’ questo il messaggio conclusivo del seminario «The Future Patient Conference», organizzato dal Picker Institute Europe che ha condotto un’indagine sul paziente europeo del futuro (8.000 tra pazienti e cittadini di otto nazioni diverse). Presentata da Giovanni Moro, direttore del Network Cittadinanza Attiva, la Carta Europea dei Diritti del Malato, che ne ha sottolineato l’importanza «in un momento di transizione dei sistemi sanitari in cui i diritti del malato sono seriamente minacciati». A questo si contrappone un fenomeno sociale in forte crescita, ovvero la domanda di qualità dell’assistenza medicosanitaria da parte dello stesso malato. «Il paziente non vuole più delegare le decisioni riguardanti la sua salute», ha commentato Angela Coulter del Picker Institute, «la trasformazione lo ha coinvolto e mutato in utenteconsumatorefruitore di certe scelte». Il medico resta la figura centrale, la fonte primaria delle informazioni e dei consigli per il paziente. Un medico al quale la maggior parte degli intervistati chiede oltre alla professionalità, sentimento. Un «supermedico» che sappia tutto. Un medico con il quale instaurare un rapporto di tipo collaborativo, passando così dal rapporto paternalista alla scelta condivisa. Acceso il dibattito sull’utilizzo di Internet come mezzo d’informazione. Secondo i relatori il suo impiego influenzerà profondamente il rapporto medicopaziente e la stessa preparazione medica. «Avremo alla fine dei medici «navigatori», si è chiesto Wendy Levinson dell’Università di Toronto, «che useranno Internet come parte del processo di assistenza?». Qualunque sia il cambiamento imposto dalla situazione politica ed economica, il cittadino tenderà sempre più ad organizzarsi in associazioni e ad avere un ruolo attivo sia nelle opportunità di cura e nell’accesso alle strutture sanitarie (con libertà di scelta tra pubblico e privato) che nel controllo della fruizione e della qualità dell’offerta. (mariapaola salmi) _____________________________________________ La Stampa 27 Nov. 02 SPORTIVI, C´È LA FABBRICA DI CARTILAGINI INGEGNERIA dei tessuti umani è un settore emergente della medicina contemporanea ed è facile comprendere la sua importanza poiché ci offre tessuti sviluppati in laboratorio e pronti per essere direttamente trapiantati dal chirurgo sul paziente che ne ha bisogno. In ortopedia e in traumatologia, per esempio, l´ingegneria tissutale trova oggi la sua principale indicazione nelle lesioni della cartilagine articolare, la cui riparazione consente di prevenire l´evoluzione verso ulteriori disturbi. Basta un urto, un trauma al ginocchio, perché avvenga una lesione della membrana ialina, preziosa componente dell´articolazione. Lesioni della cartilagine possono anche prodursi «spontaneamente» nel caso di una osteocondrite dissecante. Le lesioni alla cartilagine si traducono in un danno articolare con sintomi dolorosi: una situazione che può interferire fortemente con lo svolgimento del lavoro e con normali attività quotidiane come camminare, salire le scale, inginocchiarsi. Per di più, oltre al dolore e alla disabilità, le lesioni cartilaginee aprono la strada all´artrosi. L´incidenza di queste malattie è in continua crescita, tenuto conto che la popolazione è sempre più longeva e l´attività fisica e sportiva è sovente praticata in condizioni non ideali di allenamento. La nuova tecnica, denominata «MACI» (Matrix Induced Autologous Chondrocyte Implantation) brevettata dal centro ricerche Verigen di Leverkusen, prevede che un piccolo frammento di cartilagine, prelevato dal paziente, venga inviato al laboratorio dove si realizza la moltiplicazione delle cellule cartilaginee (chiamate condrociti). Contemporaneamente si preleva dal paziente un certo quantitativo di sangue (100 millilitri) per favorire la riproduzione cellulare in laboratorio e per il trasporto della membrana all´Ospedale al momento dell´impianto. In genere dopo trenta giorni il numero delle cellule è sufficiente per la ricostruzione della cartilagine. I condrociti moltiplicati vengono fatti aderire su di una particolare membrana di collagene che può essere applicata mediante colla di fibrina direttamente sulla lesione. Come si intuisce, la procedura è rapida e richiede un´incisione chirurgica molto piccola (solo 4 centimetri). L´assoluta compatibilità della membrana naturale di collagene, il percorso interamente autologo e la certificazione delle cellule, ne fanno un trattamento sicuro e privo di effetti collaterali. Sino ad oggi sono stati eseguiti più di 2500 impianti, la cui durata si estende a circa 5 anni. Grazie a questo trapianto di condrociti personalizzati si evita la formazione di tessuto cartilagineo fibroso che crea problemi alla complessa funzionalità dell´articolazione. La cartilagine neorigenerata risponde infatti a tutti i requisiti funzionali, meccanici, elastici e di resistenza propri della cartilagine naturale, poiché risulta ad essa del tutto simile sotto il profilo anatomo-istologico. Diversamente dal farmaco, che deve rispondere a rigidi criteri produttivi, riferiti a lotti di grandi dimensioni (sempre uguali e riproducibili), per il prodotto cellulare deve essere garantita egualmente la standardizzazione del metodo, ma soprattutto l´assoluta individuabilità di ogni preparato che esce dal laboratorio, essendo il tessuto bioingegnerizzato «costruito» per quell´unico paziente e per nessun altro. _____________________________________________ Le Scienze 26 Nov. 02 OBESITÀ E DIABETE VANNO A BRACCETTO La ricerca sui topi conferma il legame fra le due patologie Che l'obesità e il diabete fossero in qualche modo collegati era cosa nota, ma i dettagli molecolari della loro relazione erano ancora poco chiari. Una ricerca mostra ora che, nei topi obesi, aumenta l'attività di un particolare enzima che impedisce alle cellule di usare l'insulina in modo appropriato. Il risultato dello studio, che fornisce un legame fra il metabolismo dei grassi e degli zuccheri, potrebbe aiutare nella battaglia contro queste malattie. In una nazione come gli Stati Uniti l'obesità è una vera piaga: più della metà degli adulti ne soffre ed è a rischio di diabete. Il corpo di chi soffre di questa malattia non produce abbastanza insulina, la molecola responsabile del passaggio del glucosio dal sangue alle cellule. Una delle possibili cause potrebbe essere data da alcune molecole che aumentano l'attività di diversi enzimi, fra cui JNK1. Nel corso di esperimenti si è osservato che JNK1 disattiva anche un'altra molecola, chiamata IRS-1, che normalmente si assicura che le cellule assorbano insulina. In linea di principio, dunque, troppo JNK1 può rendere le cellule incapaci di usare il glucosio. Per determinare se JNK1 fosse l'enzima responsabile per la resistenza all'insulina causata dall'obesità, il genetista Gokhan Hotamisligil dell'Harvard School of Public Health ha utilizzato topi in cui il gene per JNK1 era stato eliminato. Nonostante i topi fossero nutriti con una dieta particolarmente ricca, non hanno sviluppato la resistenza all'insulina. Anzi, in loro IRS-1 era attiva e aiutava a mantenere normale il funzionamento dell'insulina. Viceversa, topi normali nutriti con la stessa dieta hanno manifestato il diabete. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista "Nature". _____________________________________________ La Stampa 27 Nov. 02 AL CERN MAMMOGRID PER I TUMORI DELLE DONNE QUALI vantaggi avrebbero i medici di tutto il mondo se potessero accedere ad un'unica base dati di mammografie? La risposta è in MammoGrid, un progetto del Quinto programma quadro della Comunità Europea sotto la supervisione del Laboratorio per la fisica delle particelle, il Cern di Ginevra, che vede coinvolte l'Italia (Università di Pisa e Sassari e gli ospedali di Udine e Torino) e l'Inghilterra (Università di Oxford, Cambridge e del West England a Bristol, nonché la società Mirada Solutions di Oxford). In tre anni MammoGrid prevede la creazione di una base dati on-line di mammografie, distribuita in alcuni ospedali europei. Lo scopo finale è di estendere il sistema a tutti i centri ospedalieri e di screening in Europa. Si tratta di un nuovo metodo di consultazione e analisi per applicazioni mediche basato sulla tecnologia Grid. La Grid è un insieme di strumenti software in via di sviluppo negli ultimi anni, che costituisce una evoluzione del World Wide Web comunemente usato. «Per MammoGrid - dice Salvator Roberto Amendolia, capo del progetto per conto della Divisione Educational and Technology Transfer del Cern - il finanziamento dell'Unione Europea è di 1,9 milioni di euro, di cui il 31 per cento verrà devoluto al Cern». Grid può diventare un importante veicolo d'informazione per far fronte in maniera rapida ed efficiente ad una delle patologie più preoccupanti del nostro secolo: il cancro. Nel caso di MammoGrid verrà implementato un rivoluzionario sistema intelligente di monitoraggio che si rivelerà particolarmente utile soprattutto nell'ambito della prevenzione del tumore al seno, la principale causa di morte per tumore nelle donne. «Grazie a Grid - conclude Michael Brady, professore all'Università di Oxford e uno degli ideatori del progetto - sarà possibile in breve tempo scambiare dati e immagini digitalizzate, seguire i pazienti, fare diagnosi remote e studi di epidemiologia e potenziare la formazione dei radiologi". Beatrice A. Bressan _____________________________________________ Data Manager 27 Nov. 02 BIOMETRIA, LA MISURA DEL CORPO Il riconoscimento attraverso alcune caratteristiche fisiche è una tecnologia affascinate e dalle enormi potenzialità di Giuseppe Badalucco Sono trascorsi più di 25 anni da quando il primo apparecchio biometrico, un misuratore della lunghezza delle dita prodotto su scala industriale, veniva installato a Wall Street. Infatti, Contrariamente a quanto si pensa, le ricerche in campo biometrico sono attive da diversi anni in ambito industriale, universitario e militare. La biometrica come noto s’interessa della misurazione e della catalogazione di alcune caratteristiche somatiche dell’uomo, utili al riconoscimento di ogni singolo individuo. La disciplina si basa sul principio che i dati, rilevati sugli esseri viventi, non cambiano con gli anni e non sono camuffabili. La biometria perciò da sempre promette un’alternativa più comoda a password e pin, necessariamente da memorizzare, per utilizzare il proprio bancomat o accedere alle procedure di home-banking. Analogamente a quanto è avvenuto per altre discipline, le cui applicazioni sono state in un primo tempo impiegate in ambito militare, e che hanno in seguito conosciuto ricadute importanti nella vita di tutti i giorni, pensiamo ad esempio ai telefoni cellulari, anche i successi della biometria derivano in larga misura dai cospicui fondi stanziati per programmi di ricerca bellici. Per fare solo un esempio la National Security Agency (NSA) è tuttora impegnata in programmi avanzati di autenticazione biometrica che siano in grado di applicare le nuove tecnologie alla protezione di sistemi informativi. In passato la stessa agenzia ha condotto pionieristiche ricerche nel campo della prevenzione ad accessi non autorizzati a sistemi mission-critical. A livello accademico sono numerose, anche in Italia, le istituzioni attive nelle ricerche biometriche: i programmi riguardano algoritmi, metodologie di identificazione e sviluppo di strumenti matematici che siano motori di tecnologie biometriche ecc. Un buon punto di partenza per l’esplorazione dei numerosi programmi di ricerca in corso è il sito del Biometric Consortium. La ricerca industriale ha concentrato i propri sforzi soprattutto in direzione dello sviluppo di soluzioni robuste, economiche, veloci e semplici da utilizzare. Ciò ha avuto come conseguenza una diminuzione sensibile dei prezzi dei software di autenticazione e di strumenti biometrici, negli ultimi anni. Inoltre, per molte soluzioni, i tempi sono quasi maturi perché la prospettiva di assurgere a standard aperti di settore diventi concreta. Analogamente si sta procedendo in direzione di una sempre maggiore integrazione tra le soluzioni di autenticazione personale con PKI, smart card e biometria. In tal senso l’integrazione con mouse, tastiere e videocamere di apparecchiature biometriche è di fatto una realtà. Per lasciare la propria traccia Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 la corsa alla sicurezza si è davvero fatta frenetica? Va detto subito che non disponiamo ancora di rilevazioni esaustive. In generale, però, la risposta dei mercati alle tecnologie biometriche, che in passato è stata piuttosto cauta almeno a livello di valori assoluti, è entrata, negli ultimi tre anni, in una fase marcatamente espansiva. Le analisi, pubblicate recentemente dalla rivista specializzata Biometric Technology, confermano che dal 1999 al 2000 il giro d’affari dei sistemi di sicurezza che impiegano tecnologie biometriche è raddoppiato, sebbene il valore del venduto sia rimasto inferiore ai 300 milioni di dollari. Nel 2001 la cifra ha sfiorato i 550 milioni, mentre le previsioni per l’anno in corso puntavano, forse incautamente, al superamento del miliardo di dollari. Anche a livello borsistico, almeno sino a qualche mese fa, il clima ottimistico che avviluppava il settore produceva notevoli effetti tra le tre maggiori aziende quotate del settore: Indentix, Visionics Corps e Viisage sono immediatamente diventate star del mercato con aumenti medi dell’80 %. Lo stesso entusiasmo è però, per alcuni osservatori, il segnale più evidente di una situazione di caos, sintomatico di un comparto di recente costituzione, ancora incerto nelle scelta delle tecniche da adottare e, in generale, sul migliore sistema su cui puntare. Secondo Luigi Pugnetti, Chief Technological Officer di Symbolic:“Nell'affrontare l'argomento relativo alle problematiche legate all'applicazione della biometria, occorre premettere che il problema è di natura assai più ampia. Nel senso che a essere accolte tiepidamente sono purtroppo, spesso, le tecnologie legate alla sicurezza in generale e non solo quelle biometriche. Queste ultime risentono in più della necessità di dover disporre di un hardware dedicato e di procedure “diverse”, non sempre immediatamente “familiari” e comprensibili dall'utente.” Su posizioni ancora più caute si colloca Yann Bongiovanni, presidente di Live Network Security, rilevando che sebbene il tasso di crescita del mercato della biometria sia uno dei maggiori, esso “resta un settore di nicchia e di allo stato embrionale: una situazione tipica di tecnologie ancora immature per l’uso industriale su larga scala.” Le ragioni della mancata adozione su vasta scala delle tecnologie biometriche sono ben sintetizzate da Massimo Vulpiani, Senior Consultant di RSA Security Italia: “Sebbene oggi esistano dispositivi più abbordabili, gli investimenti rimangono sempre molto alti; occorre poi elevare il grado di accettazione alle nuove tecnologie da parte degli utenti.” La mancanza di standard universalmente accettati, il raggiungimento di un livello accettabile di sicurezza nell’archiviazione di modelli biometrici, così come sensibili miglioramenti nelle impostazioni della sensibilità dei rilevatori, sono gli altri nodi cruciali che secondo Vulpiani vanno adeguatamente risolti. L’impulso dei terroristi Entrando nello specifico delle soluzioni tecniche, anche Lorenzo Grillo, amministratore delegato di UbizenItalia rileva che “coloro che utilizzano le tecniche biometriche per regolare l’accesso del personale ai data center aziendali associano ancora il riconoscimento biometrico al riconoscimento tradizionale tramite PIN o codice di accesso, un dato che sottolinea come la strada da percorrere sia ancora lunga.” Per Vulpiani di RSA “l'approccio migliore è quello di una soluzione di autenticazione a più fattori, in cui la biometria sia solo un componente da integrare con un altro metodo, ad esempio una smart card, offrendo quindi un terzo fattore di autenticazione: qualcosa che si è, da integrare con qualcosa che si conosce (il proprio nome utente o un PIN) e qualcosa che si possiede (smart card)”. Un altro fattore considerato da alcuni osservatori come critico nello sviluppo della biometria, è quello della legislazione in materia di privacy; è di questo parere ad esempio Carlo Altichieri, direttore generale di Logitech Italia, secondo il quale “i recenti eventi terroristici e le loro conseguenze sulla legislazione di molti Paesi, in prima linea gli Stati Uniti, indicano che si assiste a un innalzamento della soglia di accettazione di una parziale invasione della privacy individuale a beneficio della sicurezza collettiva. Tutte le applicazioni biometriche potranno avvantaggiarsi di questo nuovo e particolare contesto di mercato per il loro sviluppo.” Ma dove usarlo? Fra le applicazioni biometriche oggi disponibili, il riconoscimento facciale è sicuramente una delle tecniche che riscuote maggiore interesse. Una delle ragioni è data dalla sua scarsa invasività, sebbene il numero di “aree di libertà”, cioè di peculiarità isolabili, sia, come vedremo, di gran lunga inferiore a quelle date dalla lettura dell’iride. Come noto questi sistemi si stanno diffondendo soprattutto negli aeroporti, ad esempio a Keflavik in Islanda, Amsterdam (Olanda) e Charlotte (North Carolina). Una volta installati questi sistemi sono attualmente in grado di isolare un centinaio di caratteristiche in ogni viso e misurare, ad esempio, la somiglianza con quelle dei ricercati di uno stato archiviate in una banca dati con un margine d’errore è pari a circa l’1%. La tecnica che raggiunge i livelli più elevati di flessibilità e sicurezza è invece, senza dubbio, quella che sfrutta la scansione dell’iride. Anzitutto perché l’area dell’iride conta circa 260 zone caratteristiche contro le 80 del viso e le 20/40 delle impronte digitali. In secondo luogo il vantaggio di questo sistema consiste nel bassissimo margine d’errore: secondo John Daugman professore dell’Università di Cambridge e massimo esperto oltre che pioniere mondiale del riconoscimento tramite l’occhio, le probabilità che due persone abbiano un’iride della stessa forma e colore è di una su sette miliardi. In uno studio pubblicato di recente sulla rivista Proceedings of the Royal Society, il gruppo di lavoro capitanato da Daugman, dopo aver analizzato oltre due milioni di immagini di occhi umani, è arrivato a concludere che la fotografia dell’iride rappresenta il sistema d’identificazione più sicuro. Ciò sarebbe dovuto alla complessa trama di nervature che circonda la nostra pupilla, la cui formazione, che avviene durante lo sviluppo embrionale in base a fattori epigenetici casuali, sarebbe solo limitatamente influenzata da fattori genetici. Così perfino i gemelli omozigoti hanno diverse “impronte” dell’occhio e nemmeno l’iride di destra è uguale a quella di sinistra. Infine per memorizzare le caratteristiche salienti dell’iride basterebbero 512 Byte di memoria. Uno dei freni alla sua diffusione è invece dato dall’invasività delle procedure di rilevazione che comportano infatti l’illuminazione dell’occhio. Come rileva Elio Molteni, Technical Security Manager di Computer Associates, “la scansione dell’iride può creare una sorta di diffidenza da parte di colui che deve sottoporre uno dei beni più preziosi del proprio corpo ad una scansione elettronica. Forse in situazioni ove la sicurezza diventa il requisito fondamentale, per esempio gli aeroporti, può diventare un sistema irrinunciabile e quindi accettato forzatamente. In altri casi, probabilmente, è più indicato il riconoscimento dell’impronta digitale: meno sicuro ma apparentemente meno invasivo.” Su posizioni contrapposte si trova invece Alessandro Peruzzetto, Client Delivery Executive Greece, Turkey and Middle Est di EDS Italia secondo il quale “la lettura dell’iride ha sicuramente dei vantaggi e dei livelli d’accettazione più elevati rispetto ad altre tecnologie: è infatti tra le meno invasive poiché, a differenza della lettura della retina, può avvenire a distanza purché il soggetto sia illuminato adeguatamente e, nonostante esista ancora qualche problema d’affidabilità in presenza di lenti a contatto o occhiali, presenta nel complesso un livello di attendibilità di lettura molto alto”, come abbiamo del resto più sopra già rilevato. Secondo altri osservatori il fattore principale di debolezza di questa tecnica è dato dagli elevati costi di implementazione, Per Cristian Aiello, Product Line Manager per Digicom, “sebbene la parte colorata dell’occhio umano sia la caratteristica fisica maggiormente peculiare di un individuo, non passibile di cambiamenti nel corso del tempo e non modificabile artificialmente, il suo campo di applicazione sarà ristretto a presenze sporadiche in campo bancario e nel settore delle applicazioni militari e governative”. Analogamente Fabrizio Bressani, Direttore Marketing di Itway, rileva che “a una maggiore precisione nell’identificazione corrispondono costi notevoli se paragonati a quelli di altre tecnologie, un notevolissimo impatto fisico sulle persone, oltre che a parametri di usabilità più elevati.” Esistono numerose altre tecniche biometriche, come ad esempio la rilevazione elettronica delle impronte digitali, tra le più semplici ed economiche, sebbene proprio di recente la validità di questa misurazione sia stata vivacemente criticata. Oppure altre applicazioni, che invece per varie ragioni hanno riscosso minor interesse, come ad esempio quelle che puntano al riconoscimento della voce, delle vene e della mano, sebbene quest’ultima, già ampiamente testata soprattutto in ambito bancario, sia considerata una delle più accurate, con un margine d’errore che non supera lo 0,1%. Come rilevato, la situazione presenta una spiccata fluidità e quelle che sino a oggi si sono dimostrate le applicazioni più promettenti, potrebbero essere domani superate e rimpiazzate da nuove. Rimandiamo ancora al sito del Biometric Consortium per una panoramica dei numerosi link verso altrettante innovative implementazioni biometriche. Selesta prende le impronte Con l’affermarsi delle tecniche di autenticazione biometriche, Selesta ha investito sul riconoscimento dell’impronta digitale, poiché gode di un buon grado di accettazione da parte degli utenti e un elevato livello di precisione. In particolare i tecnici hanno investito su un sistema dattiloscopico, basato su un sensore in tecnologia ottica. La scelta della tecnologia più matura sia per quel che riguarda la caratteristica biometrica da misurare, sia per il sensore, ha consentito lo sviluppo di un prodotto di grande affidabilità e con prestazioni di alta gamma (FAR minore di 1/1.000.000 e FRR minore di 1 / 1.000 ). Il dispositivo biometrico sviluppato da Selesta è in grado di funzionare secondo due diverse modalità: in autenticazione (viene effettuato un confronto 1:1 tra l’immagine rilevata dal sensore e il template memorizzato nel sistema ) o in identificazione (l’utente viene identificato con il confronto 1:molti tra l’immagine rilevata dal sensore e tutti i template memorizzati nel sistema). Il terminale può essere associato ad una unità dotata di display (in grado di visualizzare messaggi di servizio), tastiera (per l’eventuale digitazione di codici PIN) e di lettori di tipo tradizionale (ad esempio proximity card, Mifare). Per salvaguardare la privacy, i dati biometrici vengono trattati in modo che venga memorizzata solo la frazione utile per l’ elaborazione biometria. Questo porta a una rappresentazione astratta dell’impronta (template), da cui non è possibile risalire all’immagine originale. _____________________________________________ Le Scienze 29 Nov. 02 UNA NANOPOMPA PER LE CELLULE ARTIFICIALI Trae energia dalla luce e la trasforma in energia chimica Le cellule artificiali costituiscono un’area molto promettente nel campo delle biotecnologie e delle nanotecnologie. Ora è stato trovato un nuovo metodo sperimentale per alimentarle, permettendo di convertire la luce in energia chimica immagazzinata all’interno delle cellule. Un gruppo guidato da Thomas Moore e Devens Gust, docenti di chimica all’Arizona State University, ha sviluppato una pompa molecolare alimentata dalla luce, in grado di trasportare ioni di calcio attraverso una membrana fosfolipida: un pompaggio di ioni che ricorda diverse importanti attività cellulari negli organismi viventi, ma realizzata in modo da essere alimentata dalla luce grazie a molecole progettate appositamente. La ricerca è presentata sulla rivista “Nature” da scienziati dell’Arizona State University e dell’Universidad National de Rio Cuarto, in Argentina. I ricercatori hanno creato delle molecole solubili nello strato lipido della membrana, ma non nell’acqua all’interno e all’esterno della cellula. Queste molecole, per mezzo dell’aggiunta o della sottrazione di elettroni, legano gli ioni di calcio alla superficie esterna del liposoma, li portano oltre la membrana e li rilasciano sulla superficie interna della membrana. Gli ioni, che non possono rimanere in un ambiente lipido, raggiungono la soluzione acquosa dentro la cellula e aumentano la sua concentrazione di ioni di calcio. L’operazione è controllata da una molecola posizionata direzionalmente attraverso la membrana, che dona e riassorbe elettroni alle sue estremità in risposta alla luce. In pratica, l’energia luminosa è trasmessa alla molecola che la immagazzina chimicamente sotto forma dell’aumentata concentrazione di ioni all’interno della cellula artificiale. “E’ una specie di macchina cellulare - spiega Gust - che ci potrebbe permettere di usare il liposoma come una fabbrica su scala nanometrica. Potremmo inserirvi sostanze chimiche, far avvenire reazioni ed estrarne i prodotti. Inoltre ci sono molte potenziali applicazioni biomediche.” _____________________________________________ La Nuova Sardegna 26 Nov. 02 CONTRO L'IMPOTENZA IN AUMENTO ARRIVANO NUOVE TERAPIE ROMA. L'impotenza va diffondendosi in tutti i paesi del Mondo, la sua incidenza è in aumento soprattutto tra i giovani e si stima che entro i prossimi 20 anni saranno 300 milioni i maschi a soffrirne solo tra America e Europa. La stima è del professor Aldo Isidori dell'Università La Sapienza di Roma al convegno tenutosi ieri nell'ateneo romano per celebrare i 20 anni dalla nascita dell'andrologia e dell'istituzione della prima cattedra italiana per questa materia. La disfunzione erettile, ha spiegato Isidori, è una malattia sociale. Le cause sono da ricercare soprattutto nello stile di vita non sano, nella diffusione di sostanze nocive come droghe, fumo, farmaci, inquinanti ambientali. "La diffusione del fenomeno - ha precisato l'andrologo - comincia ad emergere solo ora che sono immessi in commercio i primi farmaci per curare il disturbo, anche perchè gli uomini non si vergognano più di dirlo". La scienza si è quindi messa in moto in questa direzione e la ricerca di base sta facendo passi da gigante per acquisire le conoscenze indispensabili per mettere a punto nuove terapie; tra queste ci sono anche prospettive di terapia genica, ma i tempi sono ancora lunghi. Secondo Isidori si sa ancora poco sui meccanismi genetici e molecolari alla base del disturbo e almeno il 20% dei casi esaminati non è riconducibile ad alcuna causa nota. "Tuttavia - ha continuato l'andrologo - pensiamo che molti di questi casi derivino da un difetto nelle molecole recettoriali che ricevono il segnale dalle sostanze vasodilatatrici attive nell'apparato genitale". Per questo si sta lavorando sulla terapia genica, le cui sperimentazioni, in corso oggi su animali, consistono nel ripristinare il corretto funzionamento dei recettori, inserendo il gene sano per queste molecole tramite vettori virali. "La ricerca in questo campo - ha assicurato Isidori - è velocissima e ci aspettiamo le prime applicazioni cliniche nei prossimi anni". Isidori ha quindi ricordato che manca ancora del tutto un'attività informativa che è alla base della prevenzione e che, oggi, vi è ancora completa assenza di controlli sul maschio che viene visitato solo da piccolo dal pediatra e poi, almeno fino ad ora, alla visita militare. "Vi è urgenza - ha detto - di tutelare il maschio in tutte le fasi della sua vita".