IL GRIDO DI DOLORE DEI RETTORI GHIDINI: NELLA RICERCA POCHI SOLDI E TANTI SPRECHI DE MAIO: L’INGLESE È LA LINGUA DEL MONDO UN RICERCATORE SU TRE VA NEGLI USA NUOVE SIGLE, VECCHI UFFICI LA RIFORMA CAMBIA I NOMI CAGLIARI: CONTESTATO MISTRETTA GLI STUDENTI "IRROMPONO" NEL RETTORATO CAGLIARI «UNIVERSITÀ, PRESTO I FINANZIAMENTI REGIONALI» SCUOLA, IGNORATE LE RISORSE UMANE DELL'ISEF SOPRAVVIVERE ALL'UNIVERSITÀ, CONFLITTI E SOLUZIONI», CAGLIARI: SCIPPO DA UN MILIARDO: TRA GLI INGEGNERI È GUERRA CAGLIARI DISPERSIONE SCOLASTICA, COME COMBATTERLA MATTEOLI: SABBIA DIVERSA AL POETTO?I CAGLIARITANI VEDONO MALE =========================================================== SCIENZIATI CONTRO LA SOSPENSIONE DELLA RICERCA SUGLI OGM CAGLIARI: UN CONVEGNO SUL BUON USO DELLE MEDICINE POLICLINICO, FILETTI DI BACCALÀ E OLIVE ASCOLANE PER I PAZIENTI CAGLIARI: È SCOMPARSO NANDO DERIU SINDROME DI DOWN, IL SEGRETO IN UNA MAPPA CROMOSOMICA AIDS: LA CURA DELLA CASTITÀ POLICLINICO: AIDS, PROVE DI VACCINO IN CITTÀ POLICLINICO: L’AIDS SI COMBATTE IN BICI TUMORE AL FEGATO: CON LA TERAPIA NUCLEARE GUARISCE DOPO UN ANNO LA BASE BIOLOGICA DELLA SOLIDARIETÀ BIOETICA: PER CHI FUMA MENO CURE BIOETICA: L’ERA DELLE COSCIENZE COLONIZZATE CANCRO, SI GUARISCE RISANANDO IL DNA =========================================================== ____________________________________________________________ Il Tempo 4 dic. ’02 IL GRIDO DI DOLORE DEI RETTORI Chiesti più fondi per le università «OGGI ci battiamo per la sopravvivenza degli Atenei», ha detto il rettore dell’università di Siena Piero Tosi, che è anche presidente della Conferenza italiana dei rettori, inaugurando ieri il 762° anno accademico alla presenza del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e del ministro dell’Istruzione Letizia Moratti. «Le sorti dell’istituzione universitaria in quanto tale - ha detto - sono indiscutibilmente legate alle risorse finanziarie ed anche al futuro della ricerca e dell’insegnamento superiore. Attendiamo ancora un segnale forte della volontà politica dei governi di sostenere l’università». «Se la ricerca, come credo fermamente, è un cardine insostituibile della docenza universitaria - ha aggiunto Tosi - oltre che una leva fondamentale per lo sviluppo del paese, è prioritario un piano di forte potenziamento di essa». Il ministro Moratti, nel suo intervento durante la cerimonia, ha convenuto che per realizzare «l’Università di qualità» di cui ha bisogno l’Italia «sono ovviamente necessarie adeguate risorse». «Non ci nascondiamo - ha aggiunto tuttavia - le difficoltà che derivano oggi anche dai vincoli di spesa posti da un ciclo economico nazionale ed internazionale molto debole». Dato però, che c’è «una forte richiesta di investimenti anche da parte della società civile nei settori dell’Università e della ricerca» e una «diffusa attenzione da parte delle forze politiche e di governo rispetto a questi temi», per il reperimento delle risorse «siamo fiduciosi - ha detto - che si troveranno soluzioni possibili». Il ministro ha anche rilevato che «occorre integrare sempre più risorse pubbliche e private», definendo le priorità e gli obiettivi «lasciando all’autonoma scelta degli Atenei la determinazione degli interventi da realizzare». Alcune centinaia di studenti, riuniti davanti al Rettorato senese, hanno gridato slogan contro il ministro dell’Istruzione. ____________________________________________________________ Corriere della Sera 4 dic. ’02 GHIDINI: NELLA RICERCA POCHI SOLDI E TANTI SPRECHI Basta aiuti generici e a pioggia» Subito nuove regole Il docente della Luiss propone la separazione delle carriere universitarie MILANO - «L’appello lanciato dal presidente Ciampi è sacrosanto. Così come è giustificato l’allarme di imprenditori e ricercatori che lamentano l’insufficienza di risorse per la ricerca in Italia. Però, prima di discutere di nuovi stanziamenti, occorre definire nuove regole sulla loro destinazione». Gustavo Ghidini, ordinario di Diritto industriale alla Luiss di Roma e presidente onorario del Movimento consumatori, va controcorrente. Non si unisce al «pianto generale sulla spesa italiana per la ricerca»: «Bisognerebbe piangere anzitutto sui criteri di spesa». L’affermazione sembra provocatoria. L’Italia è fanalino di coda negli stanziamenti per la ricerca: l’1,04% sul Pil, contro una media europea quasi doppia, pari all’1,92%. E la Finanziaria 2003 promette altri tagli: dallo 0,57% allo 0,50%, sempre del Pil, per la ricerca pubblica. «Il problema è alla radice: purtroppo alla mancanza di una politica industriale degna di questo nome si accompagna l’incapacità - o la convenienza - da parte della classe politica di impegnare risorse ingenti per ottenere effetti di ritorno a lungo termine». Proposte? «Basta con gli aiuti a pioggia a singole aziendine o singole cattedre per accontentare tutti. Gli stanziamenti per la ricerca pura vanno concentrati su progetti che vedano protagoniste diverse università consorziate, meglio se con primari atenei esteri; mentre i fondi per lo sviluppo di nuovi prodotti dovrebbero privilegiare progetti di grandi imprese e di piccole aziende aggregate in forme consortili. Inoltre vanno distinti i contributi all’innovazione generica, quella per intenderci che serve per ammodernare gli impianti, ma che con la ricerca vera non c’entra nulla». Anche l’organizzazione della ricerca in ambito universitario dovrebbe cambiare? «Vanno abbandonati i meccanismi delle remunerazioni uguali per tutti e degli avanzamenti di carriera solo per anzianità. Per misurare l’impegno e i risultati dei ricercatori, singoli o in equipe, esistono ben collaudati criteri adottati dai Paesi più avanzati. E poi andrebbe separata la funzione della ricerca da quella didattica, soprattutto oggi, nella prospettiva delle "lauree brevi"». Gabriele Dossena ____________________________________________________________ Corriere della Sera 4 dic. ’02 DE MAIO: L’INGLESE È LA LINGUA DEL MONDO Ormai l’italiano è un vincolo Sono rimasto molto stupito della polemica accesa dal professor Ferroni, sul Corriere del 30 novembre, su una affermazione da me fatta, per altro incidentalmente, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico della Luiss Guido Carli, di cui di recente, dopo otto anni di rettorato al Politecnico di Milano, sono diventato rettore. Il motivo del mio stupore è duplice. Da un lato, infatti, questa considerazione è stata da me esplicitata in molte occasioni pubbliche senza mai suscitare opposizioni di sorta. Dall'altro lato è condivisa, nella gran parte delle università europee. Ad esempio l'associazione TIME, di cui sono stato presidente, che raggruppa quaranta fra le migliori università tecniche d'Europa, pur essendo stata costituita a Parigi, adotta come unica lingua l'inglese. Giusto venerdì scorso si è tenuta al Ministero dell'Università una riunione sul problema dell'integrazione dei curricula universitari in Europa e, pur essendo i partecipanti quasi tutti italiani, naturalmente la lingua adottata è stata l'inglese. Potrei continuare a lungo. L'università, come dice il suo nome, Universitas studiorum,ha la caratteristica, costitutiva, di essere universale, di mettere in comunicazione fra loro il maggior numero di persone, di scambiare idee, ricerche, di stimolare la curiosità e la capacità critica, con il minor numero di vincoli. L'adozione di una lingua comune e universalmente compresa costituisce un requisito essenziale per la riduzione di vincoli alla comunicazione ed allo scambio. Il fatto poi che una lingua, come l'italiano, sia parlata da un numero limitato di persone che percentualmente si riduce sempre di più, è un motivo che si aggiunge alle considerazioni precedenti. La nascita delle università ed il loro sviluppo, la forte mobilità di studenti e docenti, la circolazione di idee ed opinioni, ha avuto un fondamentale sostegno nel fatto che la lingua adottata, fino a non moltissimo tempo fa, era unica: il latino. Del resto fino alla seconda guerra mondiale, erano adottate «lingue franche», in Europa, differenti a seconda di campi specifici: il tedesco, il francese, l'inglese, l'italiano, ciascuno «universale» per differenti discipline. Negli ultimi decenni si sono verificati due fenomeni che hanno concorso nello spingere alla scelta di adottare una sola lingua per la grandissima parte delle discipline: da un lato la sempre maggiore complessità e quindi la forte interdipendenza di campi di studi che sembravano molto distanti fra loro, dall'altro la prevalenza, economica e politica, di paesi di lingua inglese. L'adozione della lingua italiana nei nostri corsi, e non già il livello didattico e scientifico delle nostre università, rappresenta l'ostacolo maggiore alla capacità di attrarre talenti brillanti: di questi io parlo e non già genericamente di «stranieri», per i quali possono valere molte considerazioni fatte dal mio gentile e ferrato interlocutore. Il vantaggio competitivo dell'Italia e di Roma in particolare, con la sua storia, con il patrimonio artistico e naturale, di cui possiamo e dobbiamo avvalerci, viene spesso annullato da questo vincolo, che penso sia necessario rimuovere. Dall'altra parte i nostri giovani si trovano in condizioni di inferiorità rispetto ai loro colleghi stranieri, nel mondo del lavoro perché, che lo si voglia o no e indipendentemente dagli auspici del professor Ferroni, il mondo sta adottando una lingua universale. Adriano De Maio Rettore della Università Luiss ___________________________________________________________________ Il Messaggero 7 dic. ’02 UN RICERCATORE SU TRE VA NEGLI USA FUGA DI CERVELLI ROMA - Il principale polo di attrazione per i ricercatori italiani sono gli Stati Uniti che attirano il 34,3% dei nostri cervelli. Lo rivela l'indagine del Censis effettuata tra 737 dei 2600 tra ricercatori e professionisti italiani, impegnati in strutture accademiche e pubbliche mondiali. Negli Usa prevalgono coloro che sono impegnati in ricerche nel settore della fisica (23,8%) e della medicina (18,9%); il 57,1% degli immunologi contattati lavora negli Usa, così come il 30,8% dei fisici. Al secondo posto, come meta, si colloca il Regno Unito, con il 26,0% di italiani e una capacità di attrazione soprattutto nel campo medico (20,6%) ed in particolare nelle neuroscienze (40,9%). Segue la Francia, con l'11,4% del totale dei ricercatori, soprattutto in campo medico. Tra le motivazioni che hanno spinto i ricercatori a lasciare il nostro paese al primo posto si collocano le scarse risorse disponibili per l'attività di ricerca (59,8%), seguite da condizioni economiche migliori (56,6%) e dalle prospettive di un più rapido sviluppo di carriera (52,1%). I motivi evidenziati per non tornare in Italia sono: l'eccessiva burocratizzazione della ricerca (23,3%), la carenza di tecnologie e laboratori adeguati nel proprio campo di ricerca (14,0%), ma anche motivi personali e familiari (14,0%), soprattutto tra coloro che sono all'estero da molti anni. Per arginare la fuga dei cervelli la maggior parte degli intervistati (61,9%) ritiene necessario incrementare la spesa per la ricerca. ____________________________________________________________ Corriere della Sera 2 dic. ’02 NUOVE SIGLE, VECCHI UFFICI LA RIFORMA CAMBIA I NOMI Tesorio Giuseppe Aspettando la riforma, cambiamo almeno i nomi. Le sigle, almeno quelle, possiamo rivoluzionarle da subito, senza copertura finanziaria. Detto e fatto: i siti di molti organismi scolastici mutano grafica, colori e intestazione. Solo in questo modo, sorpreso dalle sigle diverse, si apprende che la scuola cambia pelle. A partire da quel poco felice acronimo che è l' «Invalsi», non un ente assistenziale per reduci di guerra, bensì l' Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione. Sempre di ente pubblico si tratta e nasce sulle ceneri del Cede, centro europeo dell' educazione. L' Invalsi lavora sotto il controllo del «Miur» (ministero dell' Istruzione, università e ricerca) che, a livello periferico, è rappresentato dall' Ufficio scolastico regionale (ex Sovrintendenza regionale) e dal «Csa», Centro di servizi amministrativi, ex Provveditorato agli studi. Ancora a livello regionale opera l' «Irre», istituto regionale di ricerca educativa, l' ex Irsae (un sorta di osservatorio dei progetti formativi). Ma non soltanto gli uffici cambiano nome. Il preside e il direttore didattico sono diventati dirigenti scolastici (ma tutti continuano a chiamarli presidi e direttori). Il segretario della scuola è diventato direttore dei servizi generali e amministrativi (ma tutti continuano a chiamarlo segretario). Il bidello è collaboratore scolastico (ma tutti ). Nel disegno di legge in discussione alla Camera, l' asilo diventa «scuola dell' infanzia», l' elementare, «scuola primaria», le medie inferiori, «primo ciclo della scuola secondaria». Questione di nomi. Giuseppe Tesorio ____________________________________________________________ L’Unione Sarda 6 dic. ’02 CAGLIARI: CONTESTATO MISTRETTA Irruzione di 200 studenti durante la riunione del consiglio di amministrazione. Contestato Mistretta Università, blitz contro le tasse Occupato il rettorato: aumenti sospesi sino a martedì CAGLIARI. Con un’azione di forza senza precedenti, l’ala più intransigente degli studenti universitari che si oppone all’aumento delle tasse blocca l’approvazione del nuovo regolamento costringendo il rettore a sospenderne l’approvazione, prevista per ieri, sino martedì prossimo. Ieri mattina poco dopo le 9, circa 200 studenti che da settimane occupano parte delle facoltà di Scienze politiche, Lettere e Psicologia, hanno fatto irruzione in rettorato mentre era in corso la riunione del Consiglio di amministrazione che aveva appena iniziato a discutere di tasse e contributi, hanno impedito di fatto la prosecuzione della riunione e costretto i consiglieri a sentire le ragioni della loro protesta. Ci sono stati anche momenti di tensione quando alcuni uscieri hanno tentato di arginare l’avanzata dei contestatori sbarrando una porta che, durante il tentativo di chiusura, è andata in parte i frantumi. Davanti agli occupanti, uno stupito Pasquale Mistretta ha provato più volte a prendere la parola, ma ogni tentativo è stato interrotto dai coretti (da "Bella ciao", a "El pueblo unido jamas serà vencido" sino a "Procurare moderare") dei rappresentanti di "Studenti antagonisti" che dopo un’ora hanno definitivamente "cacciato" rettore e consiglieri e si sono riuniti in assemblea sino alle 14,30, quando sono rientrati nelle rispettive facoltà per proseguire "l’azione di lotta". "Abbiamo preso atto che le nostre azioni di protesta sino a ieri non hanno sortito alcun effetto sul rettore che, ignorando le nostre ragioni, ha deciso di andare avanti con un regolamento delle tasse che si configura come un tentativo dell’amministrazione di ridurre fortemente il numero degli studenti attraverso una violenta selezione di classe", hanno spiegato Luca Belà (Scienze politiche) e Francesco Bachis (Lettere e consigliere di amministrazione). Nel corso del dibattito sono emerse in modo chiaro le posizioni differenti tra le associazioni studentesche e tra gli stessi contestatori. Da una parte la maggioranza che spinge per il dialogo (i rappresentanti di Uniti e liberi, che nella riunione del 17 ottobre si astennero sul regolamento, e di Università per gli studenti che da mesi producono proposte e che hanno incassato il sì su alcuni emendamenti) che hanno stigmatizzato il blitz al rettorato pur definendolo "un segno del malessere profondo", dall’altra il Collettivo studenti a sinistra che si oppone a qualunque aumento, giudica iniqui i contributi di facoltà ("che amplificano le differenze tra studenti ricchi e poveri") e ritiene che "i problemi di bilancio dell’ateneo non debbano essere risolti caricando ulteriormente gli studenti ma tramite il finanziamento della fiscalità generale". Posizioni che si sono scontrate a lungo in un’assemblea in cui sono emerse divergenze sul metodo ma unità su due punti sostanziali: il no all’aumento delle tasse e la necessità di sollecitare la Regione "a finanziare l’Università sarda". Nei prossimi giorni saranno concordate forme e tempi di una manifestazione davanti al Consiglio regionale dove la scorsa settimana sono state depositate due proposte di legge che contengono cospicui finanziamenti per le università (una del centrodestra, l’altra dell’Ulivo) di cui gli studenti sollecitano l’approvazione in tempi rapidi. Il rettore ha ribadito che proseguirà per la sua strada ("perché l’università ha bisogno di 2 milioni di euro") e che martedì prossimo il regolamento sarà comunque approvato. Sino al tardo pomeriggio gli studenti hanno proseguito il sit-in davanti al rettorato mentre parte degli "Antagonisti" ha ripreso l’occupazione di Scienze politiche, Lettere e Pisicologia. Da qui a martedì si cercherà ancora l’ultima mediazione nel tentativo di far passare alcuni emendamenti "di compromesso". Fabio Manca ____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 6 dic. ’02 GLI STUDENTI "IRROMPONO" NEL RETTORATO Interrotta la seduta che doveva approvare bilancio e aumento delle tasse universitarie Le occupazioni delle facoltà non si interrompono Antonella Loi CAGLIARI. È stata un'irruzione in piena regola, quella inscenata ieri mattina da 350 studenti che sono entrati nell'aula magna del rettorato. Obiettivo: interrompere la seduta del Cda, convocata per approvare il bilancio dell'Ateneo e il contestato regolamento tasse. Obiettivo evidentemente raggiunto, dato che il rettore Pasquale Mistretta, dopo aver tentato per un paio d'ore di proseguire con i lavori, ha dovuto capitolare e aggiornare, visibilmente contrariato, la seduta a martedì prossimo. Megafoni, documenti da leggere e tanta rabbia quella dei giovani universitari, sfoderata davanti a rettore e docenti allibiti e sorpresi da tanta determinazione. "Le tasse non si toccano - hanno urlato gli studenti - vogliamo che venga confermato il regolamento dello scorso anno". La proposta di Mistretta non piace proprio: bocciati i forti rincari anche per le fasce deboli, l'esclusione dei sassaresi e dei campidanesi dalle agevolazioni per i fuori sede, l'esclusione dei meritevoli dai benefici, le lauree specialistiche troppo onerose. "Continueremo le occupazioni - ha fatto sapere il Collettivo studenti contro le tasse, che riunisce i ragazzi di Scienze politiche, Lettere e Psicologia - finché non avremo cambiato il rapporto di forza dentro l'ateneo: gli studenti devono essere ascoltati". Fortemente contestata anche la questione della facoltà di Psicologia che, nonostante le promesse del Magnifico Rettore, non ha avuto il suo spazio nell'ordine del giorno del Cda. "Le promesse non sono state mantenute - ha detto Anna Erbì - i tempi stringono ma dei docenti, dei laboratori e dei corsi mancanti nemmeno l'ombra: gli studenti del terzo anno rischiano di passare d'ufficio fuori corso, con tutte le conseguenze del caso". Anche le altre anime studentesche sembrano appoggiare la forma di protesta del Collettivo. Giuseppe Frau di "Università per gli studenti" annuncia che, mentre si attende di poter presentare una serie di emendamenti al regolamento del rettore, la lotta agirà parallelamente anche verso la Regione. Due proposte di legge, una del Centrosinistra, che propone un finanziamento che vada a coprire l'equivalente della tassa per il diritto allo studio, e una del Centrodestra che propone la creazione di un fondo per gli studenti, giacciono nei cassetti del Consiglio regionale. "Se l'Ente si svegliasse, probabilmente non ci sarebbe bisogno di aumentare le tasse - ha detto Frau - perché si andrebbero a coprire i due milioni di euro che il rettore vuole dalle famiglie degli studenti". Insomma, il regolamento "iniquo e classista" non lo vuole proprio nessuno. Nemmeno i giovani di "Uniti e liberi", componente ciellina, che si dicono "disposti a dialogare ed eventualmente sposare i mezzi di protesta estremi usati dalle altre componenti". E nonostante le contestazioni ricevute anche stamattina in rettorato, ha detto Matteo Orrù, "insistiamo nel dire che la lotta è comune a tutti gli studenti". ___________________________________________________________________ L’Unione Sarda 7 dic. ’02 CAGLIARI «UNIVERSITÀ, PRESTO I FINANZIAMENTI REGIONALI» Dopo la protesta di giovedì al rettorato, arriva la proposta dai politici del consiglio regionale Fantola e Fadda: entro l’anno una legge per gli studenti Dopo il blitz di giovedì in rettorato, si aspettavano un segnale da via Università. Ma non è arrivato. E così gli “Studenti antagonisti contro le tasse” hanno inasprito i toni della protesta bloccando la didattica a Psicologia mentre continua l’occupazione a Lettere e Scienze politiche. Il segnale (per ora niente di più) è arrivato invece dal consiglio regionale dove i capigruppo di Margherita e Riformatori sardi, Paolo Fadda e Massimo Fantola, accogliendo l’invito degli studenti hanno sollecitato l’inserimento all’ordine del giorno dell’ottava commissione consiliare delle proposte di legge di cui sono primi firmatari. «Il fatto che abbiamo presentato per primi una legge su questa materia testimonia quanto sentiamo l’esigenza di sostenere con i servizi agli studenti, la piena attuazione del diritto allo studio universitario in Sardegna», spiega Fantola. «La nostra proposta è sostanzialmente mirata al miglioramento della qualità della vita universitaria ed a una riduzione dei tempi medi di laurea e degli abbandoni. Su questo tema di così centrale importanza per la crescita della nostra società, riteniamo che si possa giungere ad una proposta comune che porti a una razionalizzazione nell’uso delle risorse nonché un loro mirato incremento sul fronte dei servizi». Dunque urgenza del percorso e apertura a tutte le forze politiche rappresentate in consiglio per trovare una soluzione unitaria. Esattamente ciò che ha sollecitato nelle scorse settimane e che ha ribadito ieri Fadda che sollecita il Consiglio ad approvare «entro l’anno» una legge per gli atenei sardi. «L’opinione pubblica è sempre più preoccupata per il crescente disagio degli studenti universitari, costretti a forme inusuali di protesta per evidenziare una condizione non più sopportabile», dice il leader consiliare della Margherita. «Riteniamo nostro dovere fare ciò che è necessario per dare risposte e, in concreto, determinare atti che incidano sulle proposte di modifica del regolamento tasse. Verificata la volontà delle forze politiche della maggioranza di affrontare unitariamente i problemi, chiediamo che il provvedimento sia inserito la prossima settimana all’ordine del giorno della commissione e possibilmente licenziato per essere portato all’esame dell’aula entro l’anno». Se sul piano teorico c’è la volontà di predisporre una proposta unitaria, si tratta ora di capire se maggioranza e opposizione sono concretamente disposti a rinunciare ad una parte del merito per elaborare una legge per gli studenti. F. Ma. ___________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 7 dic. ’02 SCUOLA, IGNORATE LE RISORSE UMANE DELL'ISEF Roberto Cesaraccio presidente Aief Sassari Chiedo ospitalità per richiamare l'attenzione su un problema che sembrava risolto. Parlo dei destini che la proposta di riforma della scuola, attualmente al vaglio parlamentare, riserva all'insegnamento dell'educazione fisica nella scuola superiore. A fronte di una proposta scritta e pubblicata, conosciuta come proposta Bertagna, nella quale si prevede che l'insegnamento dell'educazione fisica vada nel calderone del monte di trecento ore dei cosiddetti laboratori la cui frequenza viene rimessa alla discrezione degli alunni, delle promesse e delle assicurazioni circa l'obbligatorietà della nostra materia non si odono più neanche gli echi. Senza entrare nel merito dell'accanimento nei confronti della nostra disciplina, vorrei sottoporre alcune considerazioni e, perché no, indicazioni. Aldilà del fatto che tutti quelli che hanno frequentato la scuola superiore hanno svolto le ore di educazione fisica, non sono in molti a riuscire a dare una definizione di questa disciplina. Molti ne avranno un ricordo positivo, altri non proprio. Tale ricordo dipenderà da molteplici fattori, ma soprattutto dalla personalità dell'insegnante avuto. Io vorrei andare aldilà di queste considerazioni più o meno soggettive ma guardare alla disciplina di per se stessa e, soprattutto, agli insegnanti in quanto professionisti qualificati dello Stato (e dallo Stato!) e risorsa umana dalle competenze sovente inespresse e ancor più frequentemente ignorate dall'opinione pubblica. L'Isef (Istituto superiore di educazione fisica), dal quale provengono la grande maggioranza degli insegnanti in servizio, prevedeva lo studio dell'igiene, dell'educazione alimentare, dell'auxologia, della pedagogia e della psicologia dell'età evolutiva olre che della metodologia e della didattica. Insomma, era una delle poche branche degli studi universitari ritagliata ad hoc per preparare i suoi studenti a operare nel mondo dell'educazione. Non a caso gli insegnanti di educazione fisica sono spesso quelli che legano di più con i ragazzi, quelli che gestiscono meglio le dinamiche di gruppo, quelli che a volte riescono a convertire le leadership più esuberanti in energie utili al gruppo classe. E sono ancora loro quelli che animano spesso la comunità scolastica con attività coinvolgenti extracurricolari. È chiaro che tutto ciò è legato alle qualità individuali dell'insegnante, ma questo è un aspetto che non è certo peculiare soltanto della nostra disciplina. Senza contare che tutte queste conoscenze dell'insegnante devono sprigionare le proprie potenzialità nell'arco di due ore settimanali. È anche noto che la disciplina dovrebbe essere pratica, ma tutti gli insegnanti non trascurano di curare anche la parte teorica. Finalmente a quest'aspetto è stata riconosciuta piena dignità con il suo inserimento tra le discipline della terza prova nel nuovo esame di Stato. A tutti noi questa determinazione è sembrato un primo e determinante passo verso una ricollocazione dell'insegnamento dell'educazione fisica, una sacrosanta rivalutazione delle sue potenzialità in quanto scienza polifunzionale. Ora, si parla tanto di educazione alla salute, di educazione alimentare, di educazione comportamentale, perché allora non sfruttare al meglio le risorse già in forze allo Stato? Un'altra considerazione è scaturita dal confronto tra molti colleghi e operatori sportivi che vivono nel mondo dello sport. Pur senza dati statistici si può ritenere che nella fascia d'età tra gli 11 e i 18 anni si sta manifestando una disaffezione nei confronti della pratica sportiva. Sarebbe interessante analizzare tutti i fattori che determinano questa tendenza, ma è probabile che uno di questi sia uno soltanto. Lo sport richiede sacrificio, applicazione, fatica e pazienza: qualità sempre più difficili da trasmettere ai ragazzi (e non solo). Per molti dei nostri adolescenti e preadolescenti l'unica possibilità di avere un approccio con l'attività motoria rimane l'educazione fisica scolastica che insegna la disciplina, il rispetto di se stessi e dei compagni e delle regole. Si può veramente pensare che molti ragazzi messi di fronte all'opportunità di "schivare" un impegno aggiuntivo non scelgano la via più comoda ed agevole del disimpegno? Se queste considerazioni non sono campate in aria ritengo che sia il caso di prendere in considerazione l'importanza della scelta che verrà fatta sull'educazione fisica e prego lei, nella sua veste di direttore di una testata così sensibile a questi temi, di voler rilanciare un dibattito davvero importante. ____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 2 dic. ’02 SOPRAVVIVERE ALL'UNIVERSITÀ, CONFLITTI E SOLUZIONI», il saggio dello psichiatra Gian Carlo Nivoli Ragazzi, attenti al docente Il volume sarà presentato giovedì prossimo a Sassari di Chiaramaria Pinna Posologia: anche due volte al giorno, a seconda dei casi. Indicazioni: per studenti, docenti e genitori di qualsiasi età post scuola dell'obbligo, soprattutto a livello universitario. Nessuna controindicazione, nei casi più gravi, anche durante le medie e le elementari. Esclusi i bambini. Il farmaco è «Sopravvivere all'università, conflitti e soluzioni» edito da Centro scientifico editore, un libro scritto da Gian Carlo Nivoli, professore ordinario di Clinica psichiatrica, direttore della scuola di specializzazione di psichiatria forense della facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Sassari. Più che un libro, un manuale suddiviso con metodologia scientifica, in cui si affrontano i temi del disorientamento dei giovani, la metodologia di studio, le influenze nefaste dei docenti, della famiglia, dei colleghi, e tutto quanto non di rado finisce per portarli all'abbandono dei libri, nei casi migliori, ma a volte persino al suicidio. E all'omicidio. I dati: due studenti su tre finiscono per gettare la spugna. «Ecco - sottolinea Gian Carlo Nivoli - questo lavoro nasce dall'esigenza dell'Università di portare alla laurea il più alto numero possibile di studenti, e invertire le cifre: laurearne due su tre». A offrire materiale è stata l'esperienza e la conoscenza del mondo accademico da parte dell'autore del testo, e l'analisi nel Centro di assistenza agli studenti della clinica psichiatrica di Sassari di 400 casi in 4 anni. Se gli studenti sono finiti sul lettino, spesso le cause vanno ricercate proprio nei loro docenti: inadeguati, a volte paranoici, molto meno raramente di quanto si immagini molestatori, ricattatori. E anche impreparati. Ai suoi colleghi Nivoli ha dedicato ampia parte del libro, tratteggiando personaggi che nella sua lunga carriera ha conosciuto, e che a ogni studente universitario è capitato di incontrare: il pigmalione, il muy macho, il vendicatore ecc. Il libro però ha il merito di andare oltre e affibbia a ogni prof. dott. anche i reati che dietro certi comportamenti si nascondono. E ne ha individuati dodici. Ma se sarà questa la parte più letta, non va sicuramente tralasciata la prima: imparare ad amare lo studio e non lasciarsi tentare dall'amare il proprio fallimento scolastico. Nivoli si preoccupa di indicare come sarebbe meglio prendere appunti, seguire una lezione, leggere un testo, memorizzare e programmare un esame. Insomma, una sorta di manuale per piccole marmotte. Perché di fatto, quando uno studente arriva all'università spesso ritorna ad essere fragile come nei primi giorni di scuola e il disorientamento sociale e organizzativo è la sensazione più diffusa che può portare alla patologia. Ma quali sono gli studenti che hanno più problemi? Per strano che possa sembrare sono gli studenti «residenti» a manifestare il più alto numero di patologie, piuttosto che quelli che devono anche organizzare la loro vita da «pendolari». Ma se gli insegnanti si danno un gran daffare a creare impicci, le famiglie e i compagni di corso non sono da meno. E anche su questi c'è una carrellata degna della Warner Bross: genitori assenti ma distruttivamente presenti, replicanti che esigono un doppione narcisitico dai loro figli, vendicatori-sociali per procura attraverso loro, il genitore fallito che per sopravvivere ha bisogno di un figlio come lui. Sono descritti talmente bene, che lo stesso Nivoli, nel tracciare le conclusioni, avverte «la lettura di tutte le dinamiche familiari, se condotta in modo superficiale, potrebbe portare ogni studente a concludere che anche la propria famiglia è gravemente patologica e che i suoi eventuali insuccessi sono tutti da attribuire ai genitori».. Ma così, evidentemente non è. Accanto a questo bestiario brillano i colleghi del corso: dagli invidiosi ai falsificatori di libretti, a quelli che non digeriscono il successo dei figli di papà. Nelle aule dove si condivide il lavoro, e dove la quotidianeità porta alla formazione di gruppi dove entrano in gioco anche affettività, intimità, condivisione, spesso nascono conflitti durissimi quanto dolorosi. Ad alimentarli sono la gelosia, l'aggressività, la maldicenza. Ma ad avere un'influenza non trascurabile è anche la goliardia, vissuta o subita se non affrontata con equilibrio. Così, accanto agli aspetti positivi, come l'arricchimento delle relazioni interpesonali, l'adattamento o la valorizzazione della creatività, si scivola nella degenerazione, nella volgarità, nell'aggressività, nell'inadeguato uso della sessualità. Ma più spesso i più deboli finiscono per calarsi nei panni di Peter Pan e restare un eterno ragazzo, un eterno universitario, un immaturo che vive e ricerca sempre e solo il piacere senza conseguenze e pericoli. Una sindrome che viene alimentata con il passare degli anni dalla nostalgia di godere sempre e comunque al di là del tempo che passa. Perchè se non è vero il detto «sui banchi non si invecchia», è verissimo che molti, soprattutto uomini, desiderano vivere per sempre come un goliardo. Perchè un goliardo ha sempre 20 anni. *Il libro sarà presentato dall'autore il prossimo 5 dicembre alle ore 18 nell'aula magna dell'università di Sassari. ____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 5 dic. ’02 CAGLIARI: SCIPPO DA UN MILIARDO: TRA GLI INGEGNERI È GUERRA Due gruppi di universitari in lite su un progetto per usare rifiuti industriali nel costruire strade Il finanziamento era assegnato a un gruppo poi a sorpresa il rettore lo attribuisce all'altro La Regione blocca tutto Alessandra Sallemi CAGLIARI. Gran litigio all'università provocato forse involontariamente dal rettore che prima assegna un progetto con relativo finanziamento regionale a un'area didattico-scientifica e poi ne affida la direzione scientifica a un docente di altro settore. Contro il trasferimento della titolarità da un gruppo (Coni-Annunziata) a un altro (Viola) (tra i docenti di ingegneria stradale e di chimica lo chiamano "scippo") si è scatenata una pioggia di lettere all'indirizzo del rettorato da parte di vari colleghi di Coni e Annunziata, che per anni, si racconta, hanno studiato il problema e che avevano ogni carta in regola per ottenere l'assegnazione del finanziamento tramite l'università come, d'altronde, in un primo tempo è successo. Colpo di scena due giorni fa al Tar, cui si erano rivolti i due ingegneri: l'università, cioè il rettore, ha fatto sapere di auspicare una ricomposizione della questione. Mentre la Regione chiede spiegazioni e sospende di fatto 520 mila euro. Oggetto del contendere lo studio su come costruire strade con materiali scartati da lavorazioni varie. Attori della contesa Francesco Annunziata, Mauro Coni, Antonio Viola e il Magnifico Pasquale Mistretta. Due giorni fa il Tar ha ascoltato gli avvocati (Costantino Murgia e Silvia Curto per Annunziata e Coni, Alberto Onorato per Viola) e ha rilevato che la vicenda è nella realtà sospesa perché la Regione, di fatto, ha chiuso il rubinetto dei finanziamenti in attesa delle spiegazioni-chiarimenti da parte del rettorato. In altre parole: per il momento non succederà che i due docenti debbano accettare che altri lavorino al loro progetto e si aspetta che il rettore operi per la pace, intenzione da lui stesso annunciata. Ma ecco alcuni dettagli sulla storia estiva che ha terremotato due dipartimenti, il consiglio di amministrazione, il rettorato e anche qualche ufficio della Regione che si è perduto appresso alle lettere del rettore dal contenuto diverso. Alla facoltà di Ingegneria i professori Coni e Annunziata insegnano come si costruiscono le strade. Negli anni hanno condotto varie ricerche per trovare i materiali di risulta di altre lavorazioni adatti a far da base per la costruzione di una strada. Nel tempo, gli studi sono stati presentati a varie amministrazioni pubbliche e società private. L'idea di sfruttare materiali inerti che altrimenti dovrebbero finire in discarica ha sollecitato la curiosità della Regione la quale, nella finanziaria 2002, in carico alla pubblica istruzione, stanzia 520 mila euro da assegnare all'università di Cagliari perché si approfondiscano gli studi sull'"impiego di materiali di risulta dell'attività estrattiva e industriale della Sardegna nel settore dell'ingegneria civile e delle costruzioni stradali". E' questa la fase in cui al rettore va bene che il lavoro venga condotto da Coni e Annunziata. Tra maggio e giugno 2002 il consiglio di amministrazione dell'ateneo approva il progetto dei due professori e trasmette la delibera alla Regione. Gli uffici si mettono in moto per erogare il finanziamento ed è a questo punto che una nuova lettera del rettore getta lo scompiglio nelle scelte fin lì compiute: la direzione scientifica del progetto viene assegnata al professor Viola. L'attribuzione della direzione scientifica è come un riconoscimento di paternità: il lavoro di Coni e Annunziata passa in secondo piano, la responsabilità e gli onori del progetto adesso, per indicazione del rettore, devono andare in capo a Viola. Il quale, a sorpresa, tira fuori un proprio progetto che allarga l'indagine ai fanghi rossi delle industrie di Portovesme: quelli tanto temuti dagli ambientalisti potrebbero essere utilizzati per costruire le nostre strade. Il progetto ha anche uno sponsor molto influente: l'ex presidente della giunta regionale Mario Floris che si è scomodato a scrivere una lettera per dire come il progetto Viola fosse stato preso in considerazione in vista di nuovi approfondimenti tecnico- scientifici. La questione è più che aperta: il folto gruppo che si è schierato dalla parte di Coni e Annunziata sostiene infatti che l'argomento "strade da costruire con gli inerti" viene studiato da anni nella loro area scientifica e che, facilmente, altri possono avere attinto ai risultati di quegli studi. La parola al rettore: riuscirà a dirla senza provocare altre sommosse? ___________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 7 dic. ’02 CAGLIARI DISPERSIONE SCOLASTICA, COME COMBATTERLA CAGLIARI. Scuola in rete e Obbligo Formativo: è il momento della svolta. A due anni dall' avvio della riforma è giunto il tempo, anche in Sardegna, di passare a un'organizzazione del nuovo modello volto a combattere la dispersione scolastica e formativa, anche mediante efficienti relazioni scuola-lavoro e messa a punto dei percorsi integrati tra formazione professionale e istituzioni scolastiche. La Direzione Generale Regionale - Centro Servizi Amministrativi di Cagliari (ex Provveditorato) - ha promosso tre giorni di dibattiti e seminari che si terranno all' Hotel Setar di Quartu Sant' Elena dal 12 al 14 dicembre. I lavori avranno inizio giovedì 12 alle 16.00 con una tavola rotonda alla quale interverranno i soggetti concorrenti all' attuazione dell' Obbligo Formativo: Ministero dell' Istruzione, Regione, Provincia, Comuni, mondo delle imprese, centri di formazione professionali. Interverranno tra gli altri il Direttore Generale Regionale Armando Pietrella, l' assessore alla Pi della Provincia Giovanni Giagoni, Linetta Serri presidente dell' Anci, e il presidente delle Camera di Commercio di Cagliari Romano Mambrini. Seguiranno due giornate di studi e approfondimenti rivolte ai Dirigenti Scolastici delle sede di rete e ai Docenti impegnati nella gestione del progetto, sono previsti un centinaio di partecipanti. I temi centrali di queste sessioni riguarderanno i vari aspetti della rete scolastica e soprattutto le questioni riguardanti il modello organizzativo e la gestione. Sono previste relazioni di esperti del Ministero dell'Istruzione, dirigenti e docenti della scuola e dell'Università, esperti del settore, operatori del mondo del lavoro. ____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 5 dic. ’02 MATTEOLI: SABBIA DIVERSA AL POETTO?I CAGLIARITANI VEDONO MALE Sorprendenti esiti di uno studio compiuto a Parma Matteoli: «Non è affar mio» m.l CAGLIARI. Quello del Poetto è un problema della Regione sarda, il governo non può che lavarsene le mani: l'ha detto il ministro dell'ambiente Altero Matteoli, rispondendo all'interrogazione presentata nell'aprile scorso dal responsabile nazionale di Legambiente, Altero Matteoli. Il piano - ha detto in sostanza Matteoli - è stato approvato dal ministero. Ma la sua realizzazione è una competenza dell'ente locale. Intanto arriva da palazzo Viceregio una novità: la sabbia utilizzata per il ripascimento è palesemente diversa da quella originaria, ma l'amministrazione provinciale non sembra voler tenere conto dell'evidenza. E' saltata fuori infatti una relazione elaborata dal Dipartimento di Scienze della terra- laboratorio di Petrografia dei sedimenti e sedimentologia dell'Università di Parma, dove si afferma in sostanza che la sabbia utilizzata dall'impresa Ati- Mantovani è «di buona qualità» e corrisponde ai parametri indicati nel capitolato d'appalto. A questa conclusione i ricercatori di Parma sono arrivati analizzando venti campioni di sabbia prelevati il 19 giugno scorso sulla spiaggia del Poetto, circa due mesi dopo l'intervento della draga Antigoon. A incaricare il responsabile del laboratorio Renzo Valloni di eseguire lo studio è stata la commissione di collaudo, formata da Gianpaolo Paolo Ritossa e Mario Concas, che ha lavorato per la Provincia. Quindi si tratta di una sorta di perizia di parte, come quelle che accusa e difesa presentano nei procedimenti penali. Il risultato resta comunque sorprendente. Valloni spiega infatti che «la stretta aderenza dei parametri qantificati nella presente relazione alle denominazioni di capitolato rende non necessaria la discussione dei dati a ulteriore chiarificazione degli elementi sottoposti all'esame della commissione di collaudo». Di conseguenza «a prescindere dalla distribuzione delle classi granulometriche e dei tipi petrografici delle sabbie, oggi all'evidenza della commissione di collaudo l'analista ritiene importante sottolineare che, relativamente agli standard qualitativi generali degli interventi di ripascimento, i materiali versati nella spiaggia del Poetto possono essere considerati di buon livello qualitativo». Le conclusioni dell'Università di Parma segnerebbero un punto a favore dell'amministrazione Balletto se a confutarle non ci fosse l'evidenza: è stato lo stesso assessore provinciale ai lavori pubblici Renzo Zirone ad ammettere più volte e pubblicamente che la vecchia sabbia del Poetto - quella sottile e bianchissima - non è ripetibile. Ma al di là delle dichiarazioni pubbliche, qualsiasi cagliaritano abbia visto e toccato con mano il materiale portato sulla spiaggia dalla draga Antigoon ha potuto constatare quanto sia diverso nel colore, nella consistenza, nel peso e nella grandezza dei granelli. E' un'altra sabbia, che forse farebbe felici gli operatori turistici dell'Adriatico, ma non i cagliaritani. Ed è difficile convincere i frequentatori del Poetto che i loro occhi e il loro tatto non sono significativi. La relazione è stata distrubuita ieri pomeriggio ai consiglieri provinciali, nel corso della seduta a palazzo Viceregio. Sicuramente solleverà nuove polemiche. Di certo sarà interessante conoscere quanto ha investito l'amministazione provinciale su questo studio scientifico, dagli esiti sorprendenti. Intanto è stato rinviato il dibattito in consiglio regionale sulla situazione del Poetto, dibattito richiesto dai gruppi consiliari del centro-sinistra. Esaminate altre interpellanze, l'assemblea dovrebbe esaminare il caso della spiaggia devastata oggi o al più tardi domani. =========================================================== ___________________________________________________________________ Corriere della Sera 7 dic. ’02 SCIENZIATI CONTRO LA SOSPENSIONE DELLA RICERCA SUGLI OGM Il ministro: ci fermiamo solo per controllare i laboratori Lettera aperta al premier: Alemanno ci ripensi ROMA - La lettera è planata sulle scrivanie senza nessun preavviso, lasciando i destinatari annichiliti. In poche righe, il ministero delle Politiche Agricole amministrato da Gianni Alemanno ha comunicato di aver disposto la «sospensione di tutte le prove sperimentali in campo» relative a piante geneticamente modificate. In pratica, stop ai progetti pubblici, controllati direttamente dal ministero, regolarmente autorizzati, fra i pochi sopravvissuti al clima di ostilità al transgenico. Un’iniziativa che ha scatenato la rivolta dei ricercatori, che scendono in campo adesso con una lettera aperta al premier e una raccolta di firme lanciata in tutta Italia. LA RIVOLTA - Nella lettera a Silvio Berlusconi, sei scienziati (i fisici Renato Ricci, Franco Battaglia e Tullio Regge, la bioeticista Cinzia Caporale, l’oncologo Umberto Tirelli e il segretario del centro italiano documentazione scientifica Ugo Spezia, appartenenti all’associazione Galileo 2001), chiedono che «tali provvedimenti vengano riconsiderati e messi in aperta discussione». E rilevano il «perdurante scollamento fra responsabili scientifici e comunità scientifica» in tema di agricoltura biotecnologica. Sta montando, inoltre, una raccolta di firme, capeggiata da Roberto Defez, Cnr di Napoli, che già è stato l’anima della «rivolta dei mille» nel 2001. «Una decisione che offende la dignità degli scienziati italiani», si legge nell’appello, dove viene denunciato lo stato di crisi della ricerca, già sottoscritto da Umberto Veronesi, Tullio Regge, Edoardo Boncinelli, Carlo Alberto Redi, Francesco Sala, Chris Bowler, Riccardo Cortese, Paolo Costantino, Mirella Sari Gorla, Amedeo Alpi, Gennaro Marino e Silvio Garattini. IL PRECEDENTE - Quello di Alemanno è il secondo stop alla ricerca. Già nel febbraio 2001, quando il popolo dei laboratori scese in piazza per protestare contro la politica di chiusura del centrosinistra. Al ministero di via XX Settembre allora c’era il verde Alfonso Pecoraro Scanio, avverso per sua natura ai frutti dell’ingegneria genetica. Fu lui a sferrare il primo colpo alle piante dai geni modificati, vietando le coltivazioni sperimentali all’aperto. Il suo successore, all’inizio, si era dichiarato più aperto. Invece i rivoltosi, ora, non esitano ad accomunare i due personaggi. IL PRIMO DIBATTITO - Il primo duello c’è stato sulle pagine del Riformista. L’esponente della destra sociale è stato duramente attaccato: «Alemanno come Pecoraro, ministri anti-ricerca, stessi metodi», ha commentato Anna Meldolesi, firma italiana della rivista Nature biotechnology . Alle accuse il diretto interessato ha risposto ricordando che grazie a lui i fondi per la ricerca sugli Ogm sono aumentati: «La circolare di sospensione si è resa necessaria per due motivi. La necessità di verificare se gli istituti di ricerca assicurano il corretto confinamento dell’attività di studio degli Ogm. Inoltre, bisognava rispondere a specifiche segnalazioni su prove in campo, anche di Ogm non autorizzati che, purtroppo in un caso, sono risultate vere. L’unico intento è di tutelare la collettività e chi svolge il suo lavoro con correttezza». CIRCOLARE - La contestata circolare di stop, firmata dal direttore generale Giuseppe Ambrosio, è stata inviata a tre istituti controllati dal ministero (Foggia, Bergamo e Sanremo) che stanno portando avanti progetti autorizzati dalla commissione interministeriale biotecnologie e finanziati anche dall’Unione Europea. Paradossalmente pochi giorni dopo, il Parlamento europeo ha votato a grande maggioranza un documento dove si chiede ai Paesi membri di potenziare la ricerca pubblica sulle biotecnologie e interrompere la moratoria sulla commercializzazione degli Ogm. E la diffusione di questi prodotti nelle nostre realtà quotidiane è dimostrata da un’indagine dell’Arpa (Agenzia regionale protezione ambientale): in Piemonte il 40% dei mangimi dichiarati biologici contiene soia o mais modificati. Tracce di Ogm anche nei prodotti per l’infanzia (biscotti, omogeneizzati) ma in quantità inferiori all’1%. mdebac@corriere.it Margherita De Bac L’APPELLO «E’ un’offesa per gli studiosi» Ecco alcuni passi dell’appello firmato da molti membri della comunità scientifica. La decisione di Alemanno ci riporta a quando l’allora ministro dell’Agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio dispose, senza dibattito pubblico in materia, la chiusura dei progetti di ricerca sugli Ogm. Oggi come allora il ministro dell’Agricoltura, pur ribadendo a parole il suo sostegno alla ricerca, chiude le prove sperimentali senza comunicazione pubblica, con il silenzio del governo e omettendo di avvertire la Commissione interministeriale biotecnologie. Iniziativa che danneggia la ricerca sugli Ogm e offende la comunità scientifica. L’ultimo rapporto sulla ricerca nei Paesi Ue denuncia l’aggravarsi della crisi della scienza in Italia. Siamo ultimi per numero di ricercatori (meno di 3 per 1.000 lavoratori), per numero di dottori in ricerca o PhD (0,16 per 1.000 abitanti), per spese in educazione terziaria e impiegati stranieri in scienza e tecnologia. Le nostre esportazioni tecnologiche dal ’95 al 2000 presentano crescita negativa (-6%). La Finanziaria in discussione riduce i fondi per la ricerca. A questi problemi si aggiunge l’arbitrarietà delle scelte di politica scientifica. La circolare del ministero, per di più, è incomprensibile alla luce del programma strategico per lo sviluppo delle scienze, della vita e delle biotecnologie presentato alla Commissione europea il 23 gennaio 2002 e del voto con cui il 21 novembre il Parlamento europeo ha chiesto ai Paesi membri maggiore impegno nella ricerca pubblica sugli Ogm. Chiediamo al governo un chiarimento sulla sospensione delle prove sperimentali con Ogm e un impegno a rilanciare la ricerca biotecnologica. Auspichiamo si chiarisca se la libertà di ricerca vada intesa come diritto secondario che può essere revocato senza darne conto a comunità scientifica e opinione pubblica, o se sia un bene da tutelare nell’interesse del Paese. ____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 2 dic. ’02 CAGLIARI: UN CONVEGNO SUL BUON USO DELLE MEDICINE Farmaci, come evitare gli effetti indesiderati s.z. CAGLIARI. Cinque volte su cento l'assunzione di un farmaco produce effetti avversi, cioè indesiderati. Una media che negli anziani che hanno superato il 65º anno d'età sale, arrivando a far registrare dieci casi ogni cento. Solo nell'un per cento dei casi l'effetto avverso è grave. I dati sono stati illustrati nei giorni scorsi all'hotel Mediterraneo, nel corso del convegno "Farmacologia clinica e farmacovigilanza: riflessioni sul buon uso del farmaco". Organizzato dall'Università degli studi di Cagliari, in collaborazione con l'Asl 8, l'incontro ha voluto essere un momento di riflessione rivolto soprattutto ai medici che, segnalando di volta in volta i casi riscontrati d'effetti nocivi, potrebbero far molto per evitare problemi futuri ai pazienti. «Buon uso del farmaco significa uso consapevole del farmaco», spiega Maria Del Zompo, farmacologa al dipartimento di neuroscienze dell'università: «Questo significa che un medico, o qualunque altra persona che possa avere un ruolo di vigilante nel settore, dall'infermiere al volontario, segnalino subito all'Asl i casi in cui un farmaco abbia prodotto effetti dannosi. Un modo perché ci si metta in guardia da eventuali pericoli, perché è solo con la prevenzione che si potrebbero evitare nuovi casi». In questo contesto è però necessario, dice ancora Del Zompo, «partire dal presupposto che tutti i farmaci sono stati creati per fare del bene e che solo in alcuni casi possono produrre reazioni inaspettate: dipende anche dall'età, dal sesso, dalla patologia, a volte anche dall'uso contemporaneo d'altri medicinali». Una segnalazione che parta dal medico è dunque fondamentale. «Non sempre però ciò avviene - osserva Achille Caputi, dell'università di Messina - questo perché molti medici sono portati a pensare che la reazione avversa del farmaco sia conseguenza di un loro errore e preferiscono dunque nascondersi». Per venire a capo della questione occorre dunque, risolvere in prima battuta tra i medici, il problema culturale. ____________________________________________________________ Corriere della Sera 6 dic. ’02 POLICLINICO, FILETTI DI BACCALÀ E OLIVE ASCOLANE PER I PAZIENTI Grande successo, all’Umberto I, di un servizio privato di pizzeria con consegna nei reparti Volantini con il telefono di "Jolly pizza" disseminati in molti padiglioni Il volantino è affisso nella bacheca a vetri a metà fra un comunicato della Asl e una lettera della rappresentanza sindacale. E' una promozione: "Due pizze a piacere più due patatine fritte e due lattine: 11 euro e cinquanta". In basso la scritta "consegne a domicilio" e una precisazione a caratteri più piccoli: "minimo due pizze". Puntualizzazione inutile, al Policlinico Umberto I le ordinazioni sono circa cinquanta a sera. Cibi e prezzi sono sul volantino. Supplì, olive ascolane, filetti di baccalà, fiori di zucca. Una dieta variata. Dopo il pranzo a base di minestrina e purè le pizze a domicilio serali sono diventate una consuetudine fra i degenti dell'ospedale dell'università. Volantini con il numero di telefono di "Jolly pizza" sono disseminati nei vari reparti. Nella sala d'attesa al piano terra della clinica chirurgica "Pietro Valdoni", nella bacheca dell'atrio, ai piani delle corsie. "Mi costano dieci centesimi l'uno più il ragazzo che li distribuisce", spiega Franco Fruci, proprietario di "Jolly Pizza" e ideatore del "service". Fruci ha un piccolo forno in Via Giano della Bella, vicino a Piazzale delle Province. Pizza al taglio e alla pala. All'interno le teglie di pizza sono poche e perennemente vuote ma le scatole di cartone per il trasporto a domicilio arrivano al soffitto. "Ho iniziato un anno e mezzo fa circa - dice Fruci- ho pensato che c'era la possibilità di vendere un po' di pizze e ho cominciato". Così ha preso un fattorino per il trasporto e ora in venti minuti è in grado di garantire la consegna, come altri "pony" della pizza in città. Fruci però ne parla come fosse un'attività di soccorso verso popolazioni sofferenti: "Perché quei poveretti non hanno il diritto di mangiare qualcosa? Ieri a ostetricia hanno chiesto una pizza alle 22. Era una sola, ma ho fatto un'eccezione". E dice di non essere l'unico a effettuare il servizio: "Sicuramente ce ne sono altri che servono l'ospedale". La cena è alle 18, spiegano all'ospedale dove le pizze del "Jolly" sono conosciute e attese come un piccolo conforto. Dice uno degli infermieri in servizio al primo piano della I Clinica chirurgica (ingresso su Via Lancisi): "Che male c'è? La cena è alle sei ma a qualcuno viene fame più tardi". Per alcuni degenti il problema non è di quantità: "Pasta, carne e verdura ci sono sempre ma alcune cose come la pasta e il pollo sono immangiabili", dice una signora ricoverata. Per un'altra, D.P., da un mese al reparto di chirurgia, il problema sono le verdure e la varietà: "Solo patate e verza. Mai un passato di verdura e niente formaggi, di nessun genere". Così ogni tanto anche loro compongono il numero di "Jolly Pizza". Una delle volontarie del reparto spiega la consuetudine con il desiderio di vita sociale: "E' vero ogni tanto si ordina una pizza, la sera nella sala d'attesa, in gruppo. Non vengono mica servite le pizze a letto". ___________________________________________________________________ L’Unione Sarda 6 dic. ’02 CAGLIARI: È SCOMPARSO NANDO DERIU , chirurgo per mezzo secolo Il mondo della medicina in lutto per la scomparsa di Fernando Deriu, uno dei chirurghi sardi più noti e apprezzati. Aveva 77 anni. Per quasi mezzo secolo ha operato nei principali ospedali cittadini, prima al San Giovanni e poi al Brotzu, lavorando fianco a fianco con i “bisturi” più famosi che hanno esercitato in città. E poi da discepolo è diventato maestro di decine di chirurghi che oggi sono ancora in attività. Persona amabile, di grande umanità e di altissime qualità professionali, Fernando Deriu (noto agli amici con l’affettuoso diminutivo di Nandino) era molto stimato dai colleghi e da tutti coloro che hanno avuto modo di lavorare nei suoi reparti. Cagliaritano doc, liceo al Dettori, si iscrive alla facoltà di Medicina laureandosi nel 1948. Assistente universitario segue gli insegnamenti del celebre professor Rodolfo Redi. Nel 1956 ottiene la libera docenza, poi si trasferisce per specializzarsi negli Stati Uniti. In seguito viene chiamato da Redi a Bari dove rimane per dodici anni. Dal 1964 diventa primario al San Giovani e dal 1982 sino alla pensione maturata qualche anno fa dirige la Divisione chirurgica del Brotzu. Dal 1964 al 1994 ha insegnato chirurgia d’urgenza presso la scuola di specializzazione dell’Università di Cagliari. La sua scomparsa lascia un vuoto nell’ambiente medico cittadino: verrà ricordato con affetto da tutti coloro che lo hanno conosciuto e gli sono stati vicini nelle sale operatorie e nella vita. ____________________________________________________________ Corriere della Sera 5 dic. ’02 SINDROME DI DOWN, IL SEGRETO IN UNA MAPPA CROMOSOMICA La scoperta di un' équipe di ricercatori di Telethon De Bac Margherita Disegnato l' atlante completo del cromosoma 21 Fra 5 anni le prime terapie geniche ROMA - Il buio che avvolge una delle malattie cromosomiche più complesse si fa meno fitto grazie ad una scoperta per gran parte italiana. E' stato disegnato l' atlante anatomico completo del cromosoma 21, che dal 1958 si sapeva direttamente collegato alla sindrome di Down. Non si conoscevano però quali e quanti geni all' interno di questo microscopico bastoncino del Dna ricoprissero un ruolo nel causare tutte quel le malformazioni che caratterizzano la patologia. Forse non è più così lontana una terapia clinica che migliorerà la qualità di vita di queste persone. «Abbiamo utilizzato un modello animale, il topo. Siamo dunque ad uno stadio iniziale. Tra cinque a nni, però, potremmo essere in grado di intervenire sui sintomi tardivi, che insorgono in seconda battuta», è la cauta previsione di Andrea Ballabio, genetista di Telethon, coordinatore assieme alla giovane Valeria Marigo dello studio che verrà pubbli cato oggi su Nature. Nello stesso numero, la prima mappatura del genoma del topo. Non c' è tono di trionfalismo nelle parole di questo brillante scienziato napoletano, dalle intuizioni geniali. Con la squadra del Tigem, istituto di Telethon con sede presso il Cnr nel capoluogo partenopeo, hanno collaborato i genetisti dell' università di Ginevra e il Max Planck Institute di Hannover. In Italia il finanziamento se lo sono spartito Telethon e la Regione Campania, esempio ben riuscito di alleanza t ra pubblico e privato. MARATONA - L' annuncio è stato dato in coincidenza con la settimana di Telethon, edizione numero 13, la maratona televisiva finalizzata alla raccolta di fondi per la ricerca delle malattie genetiche. Alla presentazione, oltre a l presidente di Telethon, Susanna Agnelli, ha partecipato il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini: «In Italia c' è disattenzione su investimenti e ricerca che rappresentano una scommessa sui nostri figli. Noi siamo il fanalino di coda, dun que la maratona Telethon è molto appropriata». L' appuntamento con la grande colletta è per 13 e 14 dicembre sulle reti Rai. Si potrà versare offerte fin da ora presso gli sportelli della Banca Nazionale del Lavoro e alle Poste, due degli sponsor ass ieme a Ferrovie, Autogrill, Sma-Rinascente. COMPLESSITA' - Le persone con sindrome di Down hanno un Dna per così dire maggiorato. In esso c' è un cromosoma in più, il numero 21, presente in triplice anziché duplice copia. I ricercatori sono andati a vedere su quali tessuti e a che punto dello sviluppo entrano in azione i circa 200 geni che lo compongono. Hanno visto che mentre alcuni non si «accendono» mai pur essendo presenti nelle cellule, altri sono attivi nella fase embrionale per poi spegne rsi, altri ancora si attivano in età tardiva e restano silenti nei primi anni. Ogni gene, inoltre, si esprime su organi diversi, determinando malformazioni cerebrali, cardiache, agli arti, all' intestino o di altro tipo. «Abbiamo ristretto il campo - spiega molto semplicemente Ballabio -. Dobbiamo distinguere i sintomi congeniti da quelli tardivi. Credo che sui secondi si potrà intervenire con terapie già tra 5 anni. Sono ottimista per entrambe le situazioni. Potremo pensare infatti di corregger e certi difetti già in utero. Piano piano ci arriveremo». La prossima tappa della ricerca consisterà nel riprodurre nel topo i sintomi della sindrome. TOPO - La mappatura del Dna murrino (del topo, ndr), permetterà di confrontare il suo patrimonio ge netico (14% di geni in meno), con quello umano. Non solo. Verranno perlustrate le regioni meno note, quella sorta di rete da cui dipendono l' accensione e lo spegnimento dei geni. Per informazioni sulla ricerca di Ballabio si può contattare il sito w ww.tigem.it/ch21exp. Margherita De Bac mdebac@corriere.it ___________________________________________________________________ La Stampa 3 dic. ’02 AIDS: LA CURA DELLA CASTITÀ UNA gragnuola di pungenti critiche si è abbattuta sull'opuscolo informativo anti Aids che i ministri della Sanità e dell'Istruzione, Gerolamo Sirchia e Letizia Moratti, si accingono a far distribuire nelle scuole. E, per certi versi, non si può dire che siano ingiustificate se è vero che, a parte un paio di frettolosi passaggi sul preservativo, l'unica vera arma per sfuggire al contagio, le contestate «istruzioni» ministeriali insistono su una strategia sanitaria - la castità, la continenza, la sublimazione del desiderio - più adatta a rappresentare il medioevo sessuofobico dei celebri innamorati astinenti Abelardo ed Eloisa che la nostra smodata contemporaneità e i nostri adolescenti bombardati dal sesso mediatico. Al tempo, del resto, nel buio scientifico che circondava la causa delle malattie, quella dell'astinenza - capace di mettere a soqquadro gli «umori» - sembrava una scelta obbligata: il consiglio era «di tenere il becco in molle e 'l pinco asciutto», per restare alla colorita sintesi di un detto popolare. L'esortazione dei medici ad evitare intemperanze e stravizi attraversò i secoli e arrivò all'Ottocento, anche se per il colera - a quanto sostiene Gioacchino Belli in un malizioso sonetto - la voce popolare «ch'er male nun z'attacca/ a le donne che in corpo abbino er feto» provocò uno straordinario ricorso a quella piacevole misura preventiva. Ma per la sifilide - malattia da «comunicazione sessuale» - la raccomandazione dei medici era di «fuggire Venere all'estremo». Come per l'Aids - colpevolizzante per il suo legame con anomali comportamenti sessuali e con l'uso di droghe - entrava qui l'antica concezione della malattia-castigo. Detto questo, tuttavia, e avanzate tutte le possibili critiche all'inadeguatezza dell'informazione igienico- sanitaria del materiale informativo e alla sua scarsa presa pedagogica, resta da affrontare la questione del dilagare delle immagini di sesso nella pubblicità e alla televisione, della smodatezza permissiva, della miseria affettiva (non per caso l'espressione «fare sesso» ha completamente sostituito quella di «far l'amore»), del consumismo sessuale e dei conseguenti comportamenti a rischio. Certo, il preservativo protegge il singolo dal contagio, ma lasciando irrisolto - in nome di una falsa libertà sessuale - il nodo della «malattia» che minaccia l'intero corpo sociale, di una rappresentazione del sesso e della vita che oggettivamente - come negarlo? - favorisce la trasmissione del virus. Affrontare il problema della prevenzione in un situazione di costumi sessuale come quello del mondo di oggi è un problema maledettamente serio. Che non si risolve - come fanno alcuni commentatori - con la rituale denuncia del clima politico e culturale dell'Italia di oggi, responsabile del tradizionalismo del libello ministeriale. Indifferente al colore dei governi l'Aids continua nella sua marcia di morte: occorrerà mettere in campo qualcos'altro, accanto alle necessarie misure sanitarie, se si vuole davvero fermarlo. Eugenia Tognotti ___________________________________________________________________ L’Unione Sarda 2 dic. ’02 POLICLINICO: L’AIDS SI COMBATTE IN BICI Passeggiata ecologica per sensibilizzare la gente sui pericoli del male Visita al nuovo reparto di Immunologia del Policlino Oltre un centinaio di ciclisti hanno partecipato, ieri mattina, alla passeggiata organizzata per celebrare la giornata mondiale per la lotta contro l’aids. L’appuntamento, arrivato all’undicesimo anno, ha visto coivolto l’Anlaids nazionale con tutti i suoi organismi regionali: la sezione Sardegna, per rimarcare l’avvenimento, ha organizzato l’evento in collaborazione con l’associazione “Città ciclabile”. È lo stesso presidente, Francesco Serra, a illustrarne i particolari prima della partenza, avvenuta alle dieci in una piazza Giovanni allietata dal sole: «Abbiamo proposto, come lo scorso anno, una escursione in bicicletta. Questa volta il percorso sarà Cagliari- Monserrato, circa 12 chilometri tra andata e ritorno». Tra i partecipanti, che hanno indossato la maglietta bianca fornita dall’associazione, molti giovani, donne e bambini, uniti dal desiderio di una passeggiata all’aria aperta, ma anche desiderosi di dare un contributo alla lotta contro il male simbolo del nuovo millennio. La lunga fila su due ruote si è snodata dalla piazza verso via dei Giudicati, per proseguire in viale Ciusa, via Riva Villasanta, via Italia e via Porto Botte. L’itinerario non è stato scelto a caso, ma seguendo un fine ben preciso: infatti, come ultima tappa, la carovana, a cui ha preso parte anche il sindaco di Monserrato Andrea Vacca, ha fatto visita al Policlinico universitario di Monserrato. Precisamente al nuovo reparto di Immunologia, dove l’immunologo Sergio Del Giacco e i collaboratori del professor Paolo Emilio Manconi, direttore del reparto, hanno spiegato compiti e funzioni di questa struttura in grado di migliorare notevolmente l’assistenza ai malati di aids. Collocato fino a due anni fa in via Cadello, il centro è operativo tutti i giorni: tre medici, due infermieri professionali, quattro biologi e un tecnico di laboratorio assicurano una professionalità arricchita da tanti anni di attività: ad oggi sono assistiti quasi 500 pazienti in terapia, e in media 50 nuovi pazienti al mese si sottopongono per la prima volta al test dell’Hiv. Nel corso della visita il sindaco di Monserrato ha spiegato quanto il nuovo Policlinico sia importante per le sorti del comune: «Non solo come struttura sanitaria, ma anche come terminale di nuove strade e collegamenti, per esempio la linea 29, operativa da qualche settimana, che il Ctm di Cagliari ha inaugurato per collegare meglio Monserrato col capoluogo». Al termine della passeggiata, c’è spazio per il ringraziamento ai partecipanti e per una breve conferenza stampa da parte degli organizzatori. Con distribuzione di gadget, materiale informativo e un rinfresco offerto presso il residence “Ulivi e Palme”. L’obiettivo primario della manifestazione, pienamente raggiunto secondo l’Anlaids, era la divulgazione dei temi che sono all’origine della celebrazione del primo dicembre. Da un lato, l’esigenza di non discriminare e anzi aiutare i sieropositivi. Dall’altra, rimarcare l’importanza di una corretta e vasta opera d’informazione in grado di offrire notizie sulla pericolosità di certe abitudini, purtroppo diffuse, sulle quali manca una reale percezione circa i rischi ad esse collegate. L’Anlaids ha ritenuto così opportuno coivolgere nel progetto “Città ciclabile” tramite il suo presidente Andrea Olla, secondo cui «i fini istituzionali delle due organizzazioni sono simili, e cioè una migliore qualità della vita, intesa, da una parte, come un diverso modo di vivere la città, dall’altra come un insieme di comportamenti coscienti e responsabili, unici strumenti, sino ad ora, in grado realmente di impedire il pericoloso diffondersi della malattia». Mauro Caproni ___________________________________________________________________ L’Unione Sarda 1 dic. ’02 CAGLIARI: AIDS, PROVE DI VACCINO IN CITTÀ L’intervista. Oggi si celebra la giornata della lotta all’Hiv, in Sardegna cala il numero dei malati L’immunologo Del Giacco: «Sperimenteremo sui pazienti» Di Aids nel mondo occidentale non si muore più. In Sardegna ancor meno. Nei primi anni Novanta l’Isola era al quarto posto tra le regioni italiane per numero di ammalati, ora è undicesima con 1523 casi di Aids conclamato. È cresciuto invece l’indice di incidenza della malattia, dal 2,4 al 3,6 per cento. Ma per il professor Sergio Del Giacco, direttore del Dipartimento di Medicina 2 al Policlinico universitario di Monserrato e dirigente della Scuola di allergologia e immunologia clinica, la variazione è minima: «Dati recentissimi non ce ne sono ma i casi di Aids conclamato sono molo diminuiti. I sieropositivi, grazie alle terapie, difficilmente si ammalano. Oggi il problema è il malato insospettabile, persone che ignoravano di essere sieropositive che all’improvviso si scoprono malate di Aids». Non c’è più un allarme Aids nel mondo occidentale? «In Italia tutto sommato la situazione si è stabilizzata. Il grande problema sono i paesi sottosviluppati: le cifre sono impressionanti, in Africa si ammalano ogni anno più di due milioni di bambini». Si sta sperimentando un vaccino. «È stato messo a punto dall’Istituto superiore della Sanità, è costituito dalla molecola che utilizza il virus per entrare nelle cellule: si tenta così di provocare una reazione immunitaria». La sperimentazione si fa anche Cagliari? «Non ancora perché la sperimentazione non è partita in Italia: sarebbe dovuta decollare lo scorso anno ma ci sono stati problemi di fabbricazione e brevetti. Ora a Roma e Milano sta per partire la prima fase per verificare la tossicità del vaccino. Il gruppo nostro, (con Del Giacco lavora il professor Paolo Emilio Manconi, ndr) parteciperà alla terza fase, la sperimentazione sui pazienti. Stiamo facendo le selezioni per vedere su quali persone il vaccino può essere utile, per esempio chi ha una buona risposta alle cellule “natural killer”». Che tempi si prevedono? «La prima e la seconda fase saranno abbastanza veloci, se partiranno all’inizio del 2003 noi potremo cominciare entro un anno. Questo non vuol dire che il vaccino sarà comunque adottato: bisognerà fare anche un lavoro statistico sulle popolazioni a rischio. Questa è la fase più problematica: chi vacciniamo?, i bambini che verosimilmente non corrono alcun rischio di ammalarsi»? La soluzione? «Si potrebbe decidere di sperimentarlo nei paesi dove l’intera popolazione è a rischio ma questo richiede molto tempo e grandi mezzi, oppure si potrebbe utilizzare il vaccino a scopo terapeutico sui sieropositivi. Questa probabilmente sarà la strada». Negli anni Novanta si parlava dell’Aids come della peste del ventesimo secolo: era un falso allarme? «No, era vero allarme e lo si vede ora: dove non si è potuto fare la terapia è sotto gli occhi di tutti cosa succede. Si calcola che fra 10 anni in Africa ci saranno 270 milioni di malati se non si fa qualcosa subito. In India ci sono un milione di malati, moltissimi anche in Cina». Comunque l’Aids è una malattia ormai curabile. «Diciamo controllabile, la terapia non eradica il virus ma lo controlla, a meno che il virus non diventi resistente e allora è tutto più difficile. Ora sta uscendo qualche nuovo farmaco, si cerca poi di sfruttare lo stimolo nel sistema immunitario residuo, ci sono vari vaccini in sperimentazione, ma ci vuole ancora tempo». La novità è il gel per le donne. «Il Dottor Vella, uno dei capi di laboratorio dell’Istituto superiore della sanità, sta sperimentando un gel che, posto nella vagina prima del rapporto sessuale, sembrerebbe in grado di distruggere il virus se presente nel liquido seminale». È di questi giorni la violenta polemica con i ministeri della Sanità e della Pubblica istruzione per via di un libercolo per le scuole che indica la castità come la strada sicura per evitare l’Aids. «Certo che la castità lo evita e se questo lo dice il Papa siamo d’accordo: lo Stato dovrebbe invece dare altri suggerimenti, la prevenzione per esempio. L’Aids è diminuito fra gli omosessuale che hanno capito subito quali sono i comportamenti a rischio, e anche fra i tossicodipendenti, aumenta invece tra i ragazzini a causa di rapporti sessuali occasionali non protetti». Maria Francesca Chiappe ____________________________________________________________ Corriere della Sera 4 dic. ’02 AVEVA UN TUMORE AL FEGATO GRAZIE ALLA TERAPIA NUCLEARE È GUARITO DOPO UN ANNO L' intervento, primo al mondo, era stato eseguito al San Matteo di Pavia Mele Donatella PAVIA - Sta bene il paziente di 42 anni affetto da tumore al fegato sottoposto un anno fa al primo intervento al mondo tramite terapia neutronica, nel Policlinico San Matteo di Pavia. A un anno di distanza l' ultimo controllo dei medici, qualche gior no fa, ha escluso la presenza di recidive o altre complicanze: l' intervento ha provocato la distruzione di tutte le metastasi presenti nel fegato. L' operazione è avvenuta nell' ambito del progetto Taormina (Trattamento avanzato di organi mediante i rraggiamento neutronico e autotrapianto), basato sull' utilizzo dei neutroni per distruggere le cellule tumorali che i fisici della sezione pavese dell' Istituto nazionale di fisica nucleare, guidato da Tazio Pinelli, hanno messo a punto insieme ai m edici del San Matteo diretti da Aris Zonta. Il trattamento prevede la somministrazione al paziente di un aminoacido (la borofenilalanina), che contiene boro 10. «Le cellule neoplastiche - spiega Tazio Pinelli - ne assorbono una quantità cinque volte maggiore di quella ricevuta dalle sane. A questo punto il boro 10, irradiato dal fascio di neutroni, decade emettendo particelle la cui energia colpisce le cellule patologiche in modo selettivo. La tecnica non si è dimostrata dannosa per il paziente rimasto immune da radiazione proveniente dall' esterno». All' uomo, la cui prognosi era disperata, erano state diagnosticate metastasi prodotte da un carcinoma del colon già asportato mesi prima. Una volta somministrata la borofenilalanina, il fegato è stato espiantato, trasferito presso il reattore nucleare dell' Università e sottoposto a irraggiamento neutronico. Poi reimpiantato nel paziente. «Ora la situazione del paziente è ottimale - spiega il medico Aris Zonta -: il tessuto epatico è sano e, anzi, la funzionalità dell' organo migliorata». Ora è necessario verificare di nuovo la procedura perché la comunità scientifica ha bisogno di dati per offrire una prospettiva scientifica. La speranza è di riuscire a trattare fino al 30% dei tumo ri al fegato e agli organi che possono essere trapiantati come polmone e pancreas. «Siamo pronti a replicare l' esperienza: in lista d' attesa ci sono quattro malati». Donatella Mele ___________________________________________________________________ Le Scienze 6 dic. ’02 LA BASE BIOLOGICA DELLA SOLIDARIETÀ I processi emozionali attivano aree del cervello diverse a seconda dell’espressione della persona che abbiamo di fronte Nel tentativo di comprendere i meccanismi alla base della solidarietà umana, i neuroscienziati hanno scoperto che questi sentimenti non attivano solamente le aree del cervello associate alle emozioni, ma anche quelle associate col compiere un’azione. Quando la gente si comporta in maniera socialmente inappropriata, tuttavia, questa attività cerebrale viene rimpiazzata dall’aumento di un’altra nelle regioni associate con il conflitto sociale. “La comprensione della neurofisiologia di determinate caratteristiche umane, come la simpatia o la solidarietà, - spiega Jean Decety, direttore del laboratorio di neuroscienze socio-cognitive dell’Università di Washington - è importante perché alcune persone non riescono a provare tali sentimenti e presentano comportamenti anti-sociali che possono risultare molto costosi per la società.” Lo studio, condotto da Decety insieme al suo allievo Thierry Chaminade, è apparso in un numero speciale della rivista “Neuropsychologia”. Gli scienziati hanno usato la tomografia a emissione di positroni (PET) per determinare quali aree del cervello vengono attivate mentre i pazienti guardavano video con attori che raccontavano storie di tono triste o neutro. Le storie “neutre” erano basate su attività di tutti i giorni, come cucinare o fare la spesa. Quelle “tristi” descrivevano tragici eventi come incidenti automobilistici o la malattia di un parente. Gli attori raccontavano le stesse storie con tre differenti espressioni: neutra, felice o triste. Decety e Chaminade hanno osservato che, guardando i video, i pazienti attivavano diverse regioni del cervello a seconda che l’espressione dell’attore coincidesse con il contenuto emozionale del racconto. ___________________________________________________________________ La Stampa 4 dic. ’02 BIOETICA PER CHI FUMA MENO CURE? CHINA SCIVOLOSA IL dibattito sulla ripartizione delle risorse sanitarie è antico come la Medicina. Il problema nasce, come si può facilmente intuire, dal fatto che le risorse da dedicare alle cure dei malati non sono inesauribili e quindi in alcuni casi è necessario individuare dei criteri per ripartirle. Su «Tuttoscienze» del 20 novembre Alberto Asero riproponeva l´annosa questione, e sviluppava il suo discorso con riferimento al fumo di sigaretta ponendo il dilemma: è giusto che un fumatore possa godere di determinate cure, particolarmente costose o forzatamente "a numero chiuso" come il trapianto di polmone, a scapito eventualmente di un non fumatore? Il problema, per la verità, è complesso soltanto in apparenza; almeno: è così se lo affrontiamo serenamente, spogliandoci delle suggestioni che ci derivano da condizionamenti contingenti. Dovere fondamentale del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica, e il sollievo della sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, sesso, razza, religione, nazionalità, condizione sociale, ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. Così recita l'art. 3 del Codice di Deontologia Medica. Il significato di queste parole è facile da comprendere: il medico deve dedicarsi alla cura del malato che ha di fronte senza giudicarlo e rispettando la dignità e le peculiarità di quell'uomo. Nel momento in cui il medico non possa curare tutti i malati che ne hanno bisogno dovrà necessariamente adottare dei criteri di selezione o di precedenza, come accade, per esempio, per l'accesso e l'avanzamento nelle liste di attesa per trapianti d'organi. Uno dei criteri utilizzabili è basato sul prevedibile beneficio che il trattamento potrà dare ai diversi pazienti. Non si possono invece proporre discriminazioni basate su caratteristiche della persona quali la razza, la religione, la condizione sociale e - aggiungiamo qui - lo stile di vita. Per questo motivo sarebbe eticamente improponibile una selezione dei pazienti per il trapianto di polmoni operata in base all'abitudine al fumo. Ma proviamo a immaginare di selezionare davvero i pazienti in quel modo e vediamone le conseguenze: oggi lo spirito del tempo ci porta a colpevolizzare il fumatore, ma perché non dovremmo escludere da certe cure gli obesi, quando è noto che l'eccesso di alimentazione (abitudine anch'essa per lo più voluttuaria) è causa di molte patologie? E di questo passo perché curare le malattie sessualmente trasmesse nei frequentatori di prostitute o le fratture degli sciatori, che si espongono volontariamente al rischio di traumi? Gli esempi potrebbero essere talmente numerosi (vogliamo cacciare dalle Rianimazioni chi è incorso in gravi incidenti stradali per aver superato i limiti di velocità?) da coinvolgere senz'altro la maggioranza della popolazione, poiché lo stile di vita di quasi tutti noi comprende qualche trasgressione potenzialmente autolesionistica. E una volta discriminati i pazienti in base a queste caratteristiche non vi è motivo per non prendere in considerazione la razza e la religione, tanto per toccare argomenti ai quali siamo oggi particolarmente attenti. Ecco perché medici fin da tempi lontani si sono imposti come regola quella di evitare ogni genere di discriminazione. Consideriamo infine un aspetto pratico: la necessità di ripartire le risorse sanitarie non verrà mai abolita perché comporterebbe scelte politiche impopolari. Se la salute fosse un bene primario da tutelare ad ogni costo, non si dovrebbe dirottare denaro pubblico per altre finalità, per organizzare - per esempio - manifestazioni culturali. Evidentemente così non è: la salute è un bene primario ma che viene tutelato, in regime di democrazia, dedicando risorse notevoli ma non illimitate in base a decisioni politiche, in definitiva per la volontà di tutti noi. Lorenzo Varetto ___________________________________________________________________ Il Giornale di Brescia 6 dic. ’02 BIOETICA: L’ERA DELLE COSCIENZE COLONIZZATE Intervista al noto filosofo che pubblica un saggio sulla modernità impersonale e spersonalizzante e sull’idea di morte dell’anima Remo Bodei: l’Io scompare sotto lo strapotere dei media e della tecnica Il filosofo Remo Bodei. A lato, Chaplin in «Tempi moderni» alla catena di montaggio, anch’egli ingranaggio della società di massa Maria Mataluno La si può chiamare personalità, coscienza, Io, identità personale. È quella misteriosa entità che rimane identica nel tempo nonostante il mutamento del nostro corpo e di ciò che ci circonda, che ci rende riconoscibili a noi stessi e agli altri, che accompagna, come un basso continuo, la nostra vita. È «la melodia continua della nostra vita interiore - melodia che prosegue e proseguirà, dall’inizio alla fine della nostra esistenza cosciente», come la definì Henri Bergson. Oggi è difficile percepire questa melodia, soffocata com’è dal rumore assordante di una modernità impersonale e spersonalizzante, dal ritmo primitivo di una società dominata dai bisogni del corpo e dell’apparenza. Ma il declino dell’Io non è l’ennesimo prezzo pagato dall’uomo nell’era della tecnica; esso è cominciato nello stesso secolo in cui Cartesio sembrò aver assicurato all’Io eterna stabilità facendone poggiare le fondamenta sul pensiero. È questa la tesi di Remo Bodei, che nel saggio Destini personali. L’età della colonizzazione delle coscienze (Feltrinelli, 421 pagine, 26 euro) ripercorre le avventure e disavventure dell’Io nell’età moderna e contemporanea. «Ognuno di noi - dice Bodei, docente di Storia della Filosofia all’Università di Pisa - è il risultato dell’unione di un’eredità biologica, il corpo, e delle impronte che su di esso lasciano stampi anonimi: cultura, linguaggio, tradizione. L’uomo ha sempre sentito il bisogno di distinguere se stesso da quel coagulo di forze che lo determinano, e per secoli vi è riuscito grazie alla fede nell’anima immortale, sostanza e fondamento della personalità. Ma nel Seicento questa fede cominciò a vacillare. Fu John Locke a mettere in dubbio la possibilità di dimostrare l’esistenza dell’anima e a sostituire ad essa la personal identity, un fragile surrogato che anziché essere data una volta per tutte, dev’essere costruita giorno per giorno con l’esperienza. «Da allora la storia del pensiero si è biforcata in due direzioni: da una parte quella che segue Locke nel tentativo di dare all’identità personale dei puntelli che le garantiscano autonomia e libertà, dall’altra quella che si rifà a Schopenhauer e oppone al concetto di identità personale quello di una volontà collettiva e anonima che permea le coscienze determinandone scelte e comportamenti. Alla prima si ascrivono pensatori come Fichte, Hegel o Bergson, alla seconda quelli che Paul Ricoeur ha definito i ’’maestri del sospetto’’, Marx, Nietzsche e Freud, i quali hanno immaginato forze anonime a detenere i fili del nostro destino, l’economia, il corpo, l’inconscio». - A Nietzsche è dedicato grande spazio nella sua "storia filosofica della coscienza"... «Nietzsche individuò i rischi della società di massa, capace di creare uomini d’allevamento, che si accontentano di quel che viene loro offerto, disinteressati a far valere la propria volontà. Per questo sognava un uomo superiore, che non è il superuomo in preda a un delirio di onnipotenza, bensì colui che sa essere insieme gregge e pastore di sé, che pur accettando l’idea di non avere un’unica anima immortale ma molte anime mortali, afferma eternamente se stesso, come insegna il mito dell’eterno ritorno». - La dittatura della società di massa paventata da Nietzsche si è avverata con i regimi totalitari del Novecento. È stato l’indebolimento dell’idea di anima a permettere alla politica di colonizzare le coscienze e a rendere possibile un tale consenso ai regimi di Hitler o di Stalin? «L’idea ’’geniale’’ dei totalitarismi, ha notato Gustav Le Bon, è stata quella di creare la figura di un meneur de foules, un dominatore di folle - che si chiamasse Führer, Duce o Caudillo -, capace di parlare con la voce dell’interiorità, di insediarsi nella coscienza dei suoi sudditi e sostituire alla loro volontà la propria. La demagogia si trasforma così in psicagogia, colonizzazione delle anime. Il regime comunista si spinse ancora oltre, nella convinzione di poter creare un ’’uomo nuovo’’, la cui identità personale non è che una parte della grande anima della Rivoluzione». - Oggi che i regimi totalitari sono un ricordo del passato, esistono altre forme di colonizzazione delle coscienze? «La società contemporanea ha creato un nuovo modello di identità personale: l’identità narcisistica. L’Io Narciso pensa solo a se stesso e alla soddisfazione di quei bisogni primari - cibo, sesso, divertimento - che la società gli offre come surrogato di libertà. Questo individuo vive la quotidianità come un terreno di caccia, costantemente alla ricerca di piaceri immediati e di beni materiali che, inerti e manipolabili, gli permettono di prendersi cura del mondo senza instaurare con esso un rapporto di reciprocità. È nata così una generazione di uomini e donne d’allevamento, preoccupati solo di soddisfare il proprio egoismo. La politica perde valore perché lo perde il rapporto tra l’Io e il Noi, e gli uomini al potere devono solo garantire al proprio gregge panem et circenses per poter curare indisturbati i propri interessi. A loro disposizione hanno strumenti sempre più raffinati: i mezzi di comunicazione di massa, che hanno portato la politica dentro le nostre case trasformandole in serre in cui si coltiva il consenso; le biotecnologie, che promulgando l’idea di un uomo plasmabile secondo un modello ideale tendono a cancellare le differenze tra gli individui; e la medicina, che propagando la dittatura degli psicofarmaci favorisce nuove e più pervasive forme di ottundimento delle coscienze». - Come possiamo sfuggire a questa società di uomini in batteria? «Il modello narcisista di costruzione dell’identità sta regredendo. Di fronte a questioni fondamentali come la globalizzazione dell’economia, la sovrappopolazione, l’emergenza ambientale si diffonde un nuovo senso di responsabilità e la voglia di ritrovare una politica che non abbia come scopo la predazione e la sopraffazione, ma il bene di tutti, perché non esiste un Io senza un Noi. «Se non siamo ancora diventati un pianeta di naufraghi, è perché ciascuno di noi è radicato nei propri luoghi, Stati, istituzioni. Sta a noi, in futuro, trovare uno spazio di autonomia all’interno di questi vincoli affinché si possa, come diceva Nietzsche, ’’danzare in ceppi’’, ovvero raggiungere un equilibrio tra le istanze individuali e quella trama universale che ci sostanzia, esprimere liberamente la nostra individualità pur agendo in un sistema di regole sociali, costruire una forma di identità collettiva ma non gregaria. Dovremo prendere coscienza delle forze che agiscono alle nostre spalle, la società, la lingua, le tradizioni, e imparare a conoscerle affinché non siano ostacoli, ma mezzi per lo sviluppo della nostra individualità. Dovremo comportarci, insomma, come una barca a vela quando, ponendo la prua a 45 gradi rispetto alla direzione del vento, ne sfrutta la potenza pur procedendo contro di esso». ___________________________________________________________________ Il Nuovo 3 dic. ’02 CANCRO, SI GUARISCE RISANANDO IL DNA Le ricerche di Carlo Croce hanno scoperto che in alcuni tumori, come quello alla prostata, mancano due microgeni detti miR, che hanno la funzione di freno VENEZIA - La scoperta che porterebbe a una speranza nella cura dei tumori si deve al lavoro di un italoamericano, Carlo Croce: lo specialista del Kimmel Cancer Center di Filadelfia ha scoperto che in alcuni tumori, come la leucemia linfoide cronica e il tumore della prostata, mancano due microgeni detti miR, che hanno la funzione di freno, ovvero sopprimono l'espressione di altri geni che tengono a bada la crescita tumorale. Una delle tante strade che potrebbero frenare la diffusione delle malattie tumorali, allora, starebbe nella ricerca del Dna, cioé l'informazione genetica delle cellule che, se alterata, porta allo sviluppo di tumori. L'annuncio è stato dato alla presentazione del congresso internazionale sulla ricerca nel campo dei tumori che vedrà per tre giorni, a Rovigo, più di 200 esperti riuniti per approfondire le nuove strategie. Pare che, stando alle ricerce di Croce, la mancanza di questi freni attivi lo sviluppo impazzito delle cellule. I ricercatori hanno trovato il modo di produrre il prodotto dei due geni mancanti miR in grande quantità per usarli nella terapia antitumorale, come piccoli farmaci per riparare i danni al Dna alterato nei tumori. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista americana Proceedings of National Academy of Sciences . ''E' possibile produrre queste sostanze in poco tempo - ha spiegato Croce - e pensiamo di avere nei prossimi 6 mesi risultati sull'animale. Se i dati saranno buoni partiremo con test clinici sull'uomo negli Stati Uniti e in Italia, a Rovigo''. I due microgeni mancano nel 70% dei casi di leucemia linfatica cronica ma anche nel tumore della prostata ( che fa12 mila vittime l'anno) e del mieloma multiplo. ''La scoperta di dei geni miR - ha spiegato lo studioso - apre la strada ad un tipo di studi totalmente nuovi e inaspettati per trovare la chiave della crescita tumorale e del suo trattamento''. In questo caso dalla genetica si può passare alla terapia in tempi brevi: il vantaggio è che il prodotto dei due geni mancanti possono essere ottenuti con macchine sintetizzatrici. Rispetto alla terapia genica questo approccio si basa sulla riparazione di geni guasti con l'introduzione dell' Rna.