Questa rassegna in http://pacs.unica.it/rassegna Indicizzata in http://pacs.unica.it/htdig/search.html Mailing list: medicina@pacs.unica.it «UNIVERSITÀ, SELEZIONE E NUMERO CHIUSO» LAUREE TRIENNALI CON DUE PERCORSI SEPARATI DE MAIO «SI STUDIERÀ PENSANDO ALLA CARRIERA» DOCENTI, CAMBIA IL RECLUTAMENTO SE IL VOTO DI MATURITÀ SI «SVALUTA» A SCUOLA A 5 ANNI E MEZZO» LA CAMERA VOTA LA RIFORMA FINANZIARIA "PENALIZZATA LA FASCIA PIÙ DEBOLE DEGLI STUDENTI" DARWIN, BERSAGLIO DELLA DESTRA LA POLITICA NON DIVIDA LA CULTURA ISTRUZIONE PUBBLICA DUELLO SULL' AGGETTIVO IL DOTTOR STANGATA” POSTA CERTIFICATA: UN BACO A POSTECOM =========================================================== «VIETATO DIROTTARE I MALATI» MALCOSTUME. TUTTI I TRUCCHI PER LE TRUFFE ALLA SANITÀ «TRASPARENZA E CONTROLLI INDIPENDENTI PER MIGLIORARE LA SANITÀ» «PER EVITARE SOSPETTI DICHIARIAMO CHI FINANZIA LE RICERCHE SCIENTIFICHE» PRESSIONI DALLA GLAXO PER ENFATIZZARE NEI CONGRESSI I DATI IN LORO FAVORE» SASSARI: SINDACATO DEI MEDICI, SÌ ALL'AZIENDA MISTA SANITARIA ALGHERO INFERMIERI: "SÌ ALL’ATENEO" ASL 7: DIAGNOSI A DISTANZA CON LA “TELERADIOLOGIA” CAGLIARI: CLINICA NEUROLOGICA «UNA SITUAZIONE VERGOGNOSA» I BIMBI PREMATURI RECUPERANO A OTTO ANNI INDIVIDUATO IL GENE TRE2: CI DISTINGUE DALLA SCIMMIA VERDURE CONTRO L'ALZHEIMER UN CAVO ELETTRICO FORMATO DA PRIONI L'OSSIDO DI AZOTO CONTRO LA MALARIA TELECAMERINE ENDOSCOPICHE DA INGHIOTTIRE TRIGLICERIDI BASSI, FORSE UN NESSO CON LE PATOLOGIE AUTOIMMUNI NANOCAPSULE IN AIUTO ALLE CELLULE AMMALATE GENGIVE DEBOLI E RISCHIO CARDIACO =========================================================== ____________________________________________________ Il Messaggero 20 Feb.02 «UNIVERSITÀ, SELEZIONE E NUMERO CHIUSO» ROMA - Un doppio percorso dopo una fase iniziale comune, secondo un modello a Y, per gli studenti che mirano ad entrare subito nel mercato del lavoro e quelli che invece intendono proseguire negli studi. Ma, soprattutto, una forte selezione degli studenti (soprattutto per chi vuole accedere al percorso non professionalizzante) prevedendo anche il numero chiuso nei percorsi universitari delle lauree specialistiche, e maggiori controlli dei risultati qualitativi degli Atenei. Sono alcuni dei punti salienti delle proposte-linee guida contenute nella versione definitiva della relazione messa a punto dalla commissione ministeriale, guidata dal professor De Maio, per la revisione del sistema universitario del cosiddetto “3+2" (laurea triennale e laurea specialistica biennale). La relazione sarebbe già stata consegnata, secondo quanto si è appreso, al ministro, e nei prossimi giorni anche i rettori dovrebbero pronunciarsi nel merito. La commissione ministeriale ha, quindi, delineato, nella sua relazione finale, un nuovo percorso per gli studi universitari, che si articola su un doppio binario. Il percorso da adottare per la laurea triennale, si legge nel documento, «dovrebbe prevedere due alternative che si discostano fra loro dopo un primo tratto comune non inferiore a due semestri o un anno e mai inferiore ai 60 crediti. ... Da una parte una formazione che mette in condizione lo studente, terminati gli studi, di poter entrare immediatamente nel mondo del lavoro con una preparazione adeguata. In questo percorso dovrà essere dato peso ad attività quali stage e tirocini. Tutto ciò - prosegue la commissione - è assolutamente inutile, per non dire dannoso, a chi affronta una preparazione più di base e metodologica che fornisce minori chances per un inserimento immediato nel mondo del lavoro ma permette di affrontare meglio la selezione» e il successivo corso biennale della laurea specialistica. Doppio percorso dunque, ma anche un forte accento sulla selezione degli studenti. È «fortemente auspicabile - prosegue la relazione - che, alla fine del tratto comune, vi sia un processo selettivo che porti una percentuale sufficientemente ridotta di studenti a seguire il percorso metodologico». Il responsabile Scuola di An, Giuseppe Valditara, ha commentato: «Senza dubbio un passo avanti, ma non si capisce la struttura del secondo ramo, quello metodologico». Il percorso metodologico, ha affermato ancora Valditara, «deve essere unitario, la selezione va fatta dopo il primo anno, conservando la possibilità di una scelta a seconda delle predisposizioni». ____________________________________________________ Corriere della Sera 20 feb. ’03 IL PROGETTO: LAUREE TRIENNALI CON DUE PERCORSI SEPARATI ROMA - Un primo anno in comune e poi due percorsi separati. La commissione per la revisione del sistema universitario ha presentato la sua relazione al ministro Letizia Moratti. La laurea triennale, secondo il gruppo di lavoro, deve essere divisa in due tappe: la prima di due semestri obbligatori per tutti. La seconda con due indirizzi: uno per chi vuole entrare subito nel mondo del lavoro, l’altro per chi poi intende proseguire gli studi con la laurea specialistica biennale. Il ministero dovrà ora tradurre la relazione in un disegno di legge. ____________________________________________________ La Stampa 19 Feb.02 DE MAIO «SI STUDIERÀ PENSANDO ALLA CARRIERA» L´ANALISI DEL RETTORE DELLA LUISS, DE MAIO Si studierà pensando alla carriera» ROMA IL «tre più due» rimane, ma sarà possibile articolare questo modulo secondo le esigenze della carriera professionale a cui si aspira, per cui - per esempio - si potrà fare il triennio in una facoltà e il biennio in un´altra. E´ la novità più rilevante della «riforma della riforma» dell´università, cui il ministro Moratti si dispone a lavorare, subito dopo il varo di quella della scuola. Il lavoro preparatorio di questo make-up del sistema universitario è stato disposto da un gruppo di lavoro coordinato dal professor Adriano De Maio - rettore della Luiss nonché commissario «designato» del Cnr - che ha monitorato i risultati della riforma Zecchino, ha evidenziato alcune criticità e, quindi, ha suggerito al ministro Moratti alcune aree su cui intervenire. Professore, la riforma Zecchino va bene, nella sua sostanza? ««Il ministro ha detto più volte che la riforma Zecchino può andare bene. Non intende, quindi, sovvertirne l´impostazione, ma solo ritoccare alcuni punti, seguendo un criterio triplice: maggiore flessibilità nell´articolazione degli studi, maggiore autonomia degli atenei ma anche maggiore responsabilità degli stessi, per evitare la proliferazione dei corsi inutili o pletorici e delle relative spese». Fine delle baronie e centralità, finalmente, dello studente? «L´università italiana fino ad oggi è tutta centrata sul professore: la sua carriera, il suo prestigio. L´obiettivo in effetti ora è quello di rovesciare questa prospettiva a vantaggio dello studente. Quindi le università saranno premiate (e finanziate) solo in ragione di quanto efficaci saranno la didattica e i servizi agli studenti. E in base all´"eccellenza" (sempre didattica) che saranno in grado di sviluppare in specifici ambiti». Ci sarà ancora il tre più due? «Occorre maggiore flessibilità nell'utilizzare questo modulo didattico. Le università potranno mettere a disposizione degli studenti, a fianco al tradizionale percorso di un triennio di base più un biennio specialistico, anche delle "contaminazioni" che consentano di progettare un itinerario formativo in linea con le aspettative professionali. Per cui, per esempio, se si vuole fare il manager d´impresa, si potrà frequentare il triennio di ingegneria e il biennio di economia. Se si vuole lavorare nell´agroalimentare, seguendo tutti i problemi legali, comunitari, eccetera, connessi col settore, si potrà fare il triennio di agraria e il biennio in legge, o in relazioni internazionali. Il passaggio tra due indirizzi di studio non omogenei, ovviamente, prevederà alcuni crediti da integrare». C´è stata una polemica sulla proliferazione dei corsi di laurea. Come verrà risolta la questione? «Il criterio è quello della razionalizzazione. Negli ultimi anni c´è stata una proliferazione eccessiva di corsi di laurea, spesso pletorici, a volte addirittura doppioni. Ce ne sono quasi 3 mila, accorpati in 14 "classi di laurea" (cioè raggruppamenti di lauree omogenee - ndr) spesso con denominazioni diverse pur essendo analoghi nella sostanza. Ecco: tutto questo va razionalizzato, anche per non confondere gli studenti e il mercato del lavoro a cui si aprono». Bisognerà mettere in riga le università, però. «La valutazione del sistema è l´elemento forte della nuova università: il ministero, attraverso l´istituto di valutazione, monitorerà le varie università, i servizi che offrono, la qualità della didattica, l´organizzazione, eccetera. Non intaccherà l´autonomia assoluta dei singoli atenei, ma non darà neppure soldi a pioggia a tutti per far qualunque cosa. Privilegerà invece interventi che puntino all´eccellenza della didattica e alla qualità del servizio offerto agli studenti. Poi, beninteso, ogni università potrà fare quello che vuole. Se, per esempio, una università, anche per ragioni di carriera dei suoi professori, vuole istituire il 20° corso in filosofia all´interno della stessa regione è liberissima di farlo. Deve però procurarsi i soldi». Ancora università-azienda? «Che c´entra l´azienda! Ma le università devono essere in concorrenza tra di loro, certamente nel senso di una complementarietà dell´offerta, ma anche nel senso della qualità dei servizi e della didattica. Poi saranno gli studenti a votarle. E gli studenti votano "con i piedi", si spostano cioè nelle università migliori. Perché possano farlo, però, è necessario che siano messi nella condizione, anche economica. Per questo un punto cardine della nuova università sarà il sostegno per il diritto allo studio: borse, alloggi, agevolazione alla mobilità». r.mas. ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 feb. ’03 DOCENTI, CAMBIA IL RECLUTAMENTO Alla vigilia del varo della riforma riprende il dibattito sui precari e la selezione degli insegnanti Corsi abilitanti a numero chiuso al posto dei vecchi concorsi MILANO - Alla vigilia dell’approvazione della riforma della scuola, si prepara anche una rivoluzione nel reclutamento dei docenti con la scomparsa dei vecchi concorsi. Per diventare insegnante non ci saranno più chilometriche prove scritte ei orali. Spariranno le centinaia di migliaia di fascicoli dagli archivi dei provveditorati, custoditi per anni sino all’esaurimento delle graduatorie dei concorsi. E con il concorso pubblico dovrebbe andare in soffitta anche la vecchia forma del precariato, cioè l’estenuante attesa di una supplenza per racimolare punteggio nella speranza, magari dopo qualche decennio, di poter diventare docente di ruolo. Sembra che questa impostazione, in linea teorica, non trovi sbarramenti da parte delle opposizioni parlamentari, né tanto meno da parte delle organizzazioni sindacali della scuola. Al vecchio sistema di reclutamento basato sul concorso si sostituisce l’accesso tramite la laurea quinquennale specializzante. Tre anni di corso di laurea cui si aggiunge un biennio universitario di specializzazione con tirocinio presso le scuole. Saranno poi queste scuole a rilasciare il titolo di abilitazione all’insegnamento ai singoli tirocinanti. E questo titolo abilitante sarà l’unico a consentire l’accesso all’insegnamento da una certa data, secondo la regola del numero chiuso. Ogni anno, in prospettiva, la quantità di studenti che si avvierà ai corsi di laurea per la specializzazione all’insegnamento corrisponderà alla quantità di posti messi a disposizione per l’accesso alla docenza nelle scuole. Si prevede una sola graduatoria nazionale articolata per regioni. Da questa graduatoria, si dovrebbero reclutare i docenti del futuro. Con questo nuovo percorso si pensa di porre fine al precariato. In pratica il meccanismo non regge, sostiene Massimo Di Menna, segretario nazionale della Uil scuola. "La proposta Moratti presenta due punti di debolezza. Il primo riguarda la fase transitoria. Non si può pensare di favorire l’ingresso di docenti giovani con la laurea abilitante a discapito di chi è già abilitato ed è precario. Con questo meccanismo sarebbero tagliati fuori decine di migliaia di supplenti abilitati. Il secondo si riferisce alla mancanza di volontà politica nel definire la quantità di posti vacanti sui quali nominare gli insegnanti di ruolo. Si tratta di quasi 100.000 posti su cui attualmente lavorano i supplenti. Se non si risolveranno questi due nodi, il precariato non si esaurirà mai". Al ministero si sta lavorando da tempo per affinare le nuove proposte di reclutamento. Si procede con molta cautela e attenzione ai particolari, afferma Sergio Scala, vice direttore generale agli ordinamenti scolastici. "Ci troviamo di fronte a un cambiamento del sistema di reclutamento del personale che dovrà tener conto della riforma dei cicli, ma soprattutto della ricostruzione dei percorsi formativi nei vari tipi di scuola". Da un convegno nazionale che si è tenuto presso l’università di Messina è arrivato un nuovo allarme da parte dei laureati che frequentano gli attuali corsi biennali di specializzazione per conseguire l’abilitazione. L’allarme è stato raccolto anche da coloro che l’abilitazione universitaria la hanno già conseguita e temono di essere tagliati fuori da future prospettive di immissione in ruolo. Sergio Scala ritiene che questi tronconi di specializzazione debbano essere riassorbiti dai nuovi corsi di laurea abilitanti a numero chiuso. Ma Di Menna mostra molto scetticismo: "Per il momento ci sono tre generi di precari: gli abilitati con molti anni di servizio, gli abilitati tramite il concorso pubblico e gli abilitati dei corsi di specializzazione universitaria. Se non si assorbe questa grande massa di docenti, coprendo i posti vacanti con nuove immissioni in ruolo, saremo punto e daccapo. La cosa migliore è quella di prevedere un nuovo doppio canale di reclutamento assumendo una quota consistente di docenti dalle attuali graduatorie permanenti, mentre la parte restante dei posti vacanti, fino ad esaurimento del precariato, potrebbe essere assegnata ai giovani neolaureati con il futuro numero chiuso". Franz Foti ____________________________________________________ Corriere della Sera 17 feb. ’03 SE IL VOTO DI MATURITÀ SI «SVALUTA» De Rienzo Giorgio L' esame di maturità, con tutti i commissari interni e un solo presidente esterno a fare da garante (formale), ha promosso l' autonomia delle singole scuole, a scapito della sua qualità originaria di esame di Stato. Sarebbe stato logico allora, per c oerenza, abolirne il valore legale, prima che ciò accadesse nella (prevedibile) concretezza dei fatti. A dare un segnale chiaro di basso gradimento di questa nuova maturità è stata per prima l' Università Bocconi. Chi vorrà iscriversi a suoi corsi de ll' anno prossimo dovrà sostenere un test ad aprile e insieme presentare il proprio curriculum di studi degli ultimi tre anni. Il risultato del test nella selezione varrà per un 50%, esattamente quanto sarà valutato il curriculum. Il voto della matur ità non conterà nulla: sarà necessario soltanto passare l' esame per vedersi convalidata l' iscrizione. Al rettore della Bocconi che ha preso questa iniziativa di svolta radicale viene rimproverato, dai sindacati, di svalutare la scuola pubblica. Non è esatto. Il rettore ha spiegato bene che se all' Università spetta il diritto di selezione, alla scuola tocca il compito della formazione di base: e la considerazione dei risultati ottenuti dagli studenti nell' ultimo triennio è una prova più che s ufficiente dell' apprezzamento del suo operato. Qualcuno ha tirato in ballo la solita questione tra scuola statale e no. Non è un argomento che sta in piedi. La selezione per test e curriculum non discrimina nessuno. Anzi, valorizza chi ha dimostrato serietà e continuità negli studi e non chi - come ha chiosato il rettore - ha avuto un improvviso «scatto» alla maturità oppure ha usufruito di un «colpo di fortuna». Non si può difendere la scuola con discussioni formali che si trasformano in inuti li piagnistei: la si difende con i fatti. La decisione della Bocconi invita con coraggio e autorità a ridare piena dignità alla serietà degli studi secondari, cancellando ingombranti (e spesso ingiuste) formalità. Che si debba studiare meglio e un po ' di più, magari non in estensione ma in profondità, deve diventare un obiettivo per l' imminente approvazione della riforma strutturale della scuola, dalla quale l' esame di maturità potrà anche essere tranquillamente stralciato ___________________________________________________ Corriere della Sera 18 feb. ’03 A SCUOLA A 5 ANNI E MEZZO» LA CAMERA VOTA LA RIFORMA Il testo torna al Senato per due modifiche sulla copertura finanziaria Benedetti Giulio LE NOVITA' LA SCHEDA Rocco Buttiglione ministro L' ingresso anticipato degli alunni va attuato con gradualità. Inoltre vanno difesi quei giovani entrati nell' insegnamento secondo le vecchie regole e scavalcati da chi ha frequentato le scuole di specializzazione Gerardo Bianco Margherita Vorrei citare Platone. Quando si dibatte privi di animosità e di ostilità allora l' intelligenza e la conoscenza brillano intorno a ogni problema. Qui non hanno brillato né la conoscenza né l' intelligenza Giuseppe Valditara An Valorizziamo la tradizione italiana accogliendo le migliori esperienze europee: forte formazione professionale, alternanza scuola-lavoro e innovazione del reclutamento dei docenti Giovanna Grignaffini Ds Un manifesto propagandistico, un salto all' indietro. Ancora più grave è la funzione di formazione spirituale e morale che il governo ha imposto a scuola, docenti e studenti Moratti: «Più vicini all' Europa». Le opposizioni lasciano l' aula prima del voto finale «A scuola a 5 anni e mezzo» La Camera vota la riforma Il testo torna al Senato per due modifiche sulla copertura finanziaria ROMA - La Camera ha dato il via libera alla riforma della scuola. Il disegno di legge delega dovrà tornare al Senato per l' approvazione definitiva. La commissione Bilancio di Montecitorio, infatti, ha apportato al testo due modifiche di natura tecnica riguardanti la copertura finanziaria. Sarà un passaggio rapido. Le prime novità, riguardanti l' anticipo delle iscrizioni, verranno introdotte gradualmente dal prossimo settembre. E' prevedibile, dopo il sì definitivo del Senato, l' emanazione di un decreto per la riapertura dei termini. La minoranza è uscita dall' aula prima del voto finale. La riforma è passata con 258 sì, 6 no e 4 astenuti. «Abbiamo cercato di lavorare - ha detto il ministro Moratti, subito dopo il voto - su una riforma che ha come obiettivi l' innalzamento della qualità, dare a tutti una scuola personalizzata, che garantisca a ciascuno opportunità di successo e un percorso formativo adatto alle proprie capacità e coerente con le proprie vocazioni». «Una riforma - ha aggiunto - che ci auguriamo ci porti più vicino all' Europa». Minoranza e Cgil annunciano battaglia. «E' stato approvato un provvedimento che riporta indietro l' orologio della storia, a quando studiare era un privilegio per pochi», ha affermato il leader del sindacato, Enrico Panini. I CONTENUTI - Due canali di eguale dignità per gli studi superiori, i licei e la formazione professionale . Diritto all' istruzione e alla formazione assicurato a tutti per almeno dodici anni o comunque fino al conseguimento di una qualifica entro i 18 anni. Due cicli scolastici: elementari e medie e poi i licei o la formazione. Queste le principali caratteristiche della nuova architettura dell' istruzione. Ma vediamo più in dettaglio le novità. Diventerà possibile andare alle materne e alle elementari rispettivamente a due anni e mezzo e cinque anni e mezzo. Potranno infatti iscriversi anche i bambini che compiono i 3 e i 6 anni entro il 28 febbraio. In prospettiva si arriverà fino al 30 aprile. È previsto fin dall' inizio lo studio obbligatorio di una lingua comunitaria e l' uso del computer. Sparisce l' esame di licenza elementare. Nei 3 anni delle medie verrà introdotto l' insegnamento obbligatorio di una seconda lingua comunitaria. A 14 anni si sceglierà tra il sistema dei licei e l' istruzione professionale. Nel primo caso si avranno otto indirizzi: classico, scientifico, linguistico , artistico, delle scienze umane, economico, musicale e tecnologico. Dopo cinque anni il ciclo si chiuderà con l' esame di maturità. Chi sceglie la formazione professionale proseguirà, dopo quattro anni, nella formazione tecnica superiore. Un quinto anno facoltativo consentirà il passaggio all' università. Durante tutta la durata del periodo di studi sarà possibile il passaggio da un canale all' altro. ORDINI DEL GIORNO - La maggioranza per rendere più rapido l' iter della legge ha rinunciato a presentare modifiche. Gli emendamenti sono stati trasformati in ordini del giorno che troveranno applicazione nei decreti di attuazione della riforma. L' Udc ne ha presentati sette. Riguardano alcune delle questioni più spinose della scuola. Uno propone l' equiparazione dei punteggi dei diversi titoli di abilitazione ai fini dell' inserimento in graduatoria. Un altro impegna il governo a «ritardare e graduare il più possibile nel tempo l' applicazione della norma riguardante le iscrizioni al primo anno della scuola dell' infanzia e primaria, al fine di apprestare le condizioni per un regolare svolgimento dell' attività scolastica». Giulio Benedetti L' INIZIO Gennaio 2002 La riforma è stata presentata in Consiglio dei ministri nel gennaio de l 2002. Ha iniziato l' iter al Senato nella primavera scorsa. Completata la prima lettura a novembre, è passata all' esame della Camera. Torna al Senato. Il governo ha 24 mesi per far approvare i decreti attuativi IL VIA L' iscrizione Il primo provvedimento attuativo della riforma scolastica sarà quello relativo all' iscrizione anticipata. Riferendosi alla possibile riapertura delle iscrizioni scolastiche in vista dell' anticipo dell' età di accesso a materne ed elementari, il ministro ha detto che ogni decisione sarà presa dopo la definitiva approvazione a Palazzo Madama VALUTAZIONE Resta ai docenti La valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti è affidata ai docenti. Ma la decisione di fermare il ragazzo per un anno, ossia di respingerlo, potrà essere presa al termine di ciascuno dei periodi didattici biennali in cui sono stati divisi i cicli scolatici della Moratti. Ci sarà il voto di condotta ____________________________________________________ L’Unione Sarda 21 feb. ’03 J’ACCUSE PESANTI TAGLI ALLA FINANZIARIA "PENALIZZATA LA FASCIA PIÙ DEBOLE DEGLI STUDENTI" La richiesta era stata perentoria: la convocazione del consiglio in seduta straordinaria aperta per affrontare i problemi relativi alle disfunzioni e alle anomalie dell’Università agli studi di Sassari, in relazione alle carenze in merito al diritto allo studio. Convocazione subito accordata, come da regolamento, anche se alla fine sono mancati proprio i più diretti interessati alla discussione ed in grado di rispondere alle istanze dei consiglieri e degli studenti. Non erano presenti, infatti, i rappresentanti dell’Università e quelli dell’Ersu. Secondo i consiglieri dell’opposizione, che presentavano un ordine del giorno, che il consiglio avrebbe dovuto approvare, i tagli operati dalla Finanziaria nazionale e da quella regionale avrebbero di fatto diminuito le opportunità per numerosi studenti in particolari condizioni. Le assenze alla seduta aperta, comunque, ha consigliato di respingere l’ordine del giorno e di rimandarlo alla commissione competente, che dopo attento esame, se lo riterrà necessario, lo riproporrà all’assemblea. Nell’ordine del giorno, si metteva in evidenza come i tagli imposti avevano impedito all’Ersu di predisporre la redazione dei bandi per le borse di studio e dei servizi abitativi. Sotto questo aspetto poi viene ribadito che gli alloggi necessari per soddisfare le esigenze degli studenti dell’ateneo sassarese sono valutati nel numero di almeno mille e che, tuttavia, la finanziaria regionale, né per l’anno prossimo né per il prossimo triennio, ha previsto alcun intervento di fondi. Per tutti questi motivi, nell’ordine del giorno che doveva essere approvato, i consiglieri dell’opposizione prevedevano di impegnare il presidente della Giunta provinciale a vigilare che il diritto costituzionale del diritto allo studio fosse rispettato dall’Ersu e dalla Regione, cui veniva richiesta la pubblicizzazione del piano di intervento per il miglioramento degli alloggi e dei servizi agli studenti; di sollecitare alla Regione adeguati finanziamenti per la costruzione degli alloggi; di convocare una conferenza di servizio che coinvolga Regione, Università, Comune di Sassari ed enti interessati per l’individuazione degli spazi da destinare a nuovi alloggi per gli studenti. A questo punto però i toni degli interventi, anziché soffermarsi sulla concreta ricerca delle soluzioni dei problemi, assumevano una colorazione ideologica e politica che travalicava i limiti, tanto che lo stesso presidente della Giunta Franco Masala dichiarava il proprio "disgusto" per i modi assunti dalla discussione. Il consigliere di An Antonello Unida, fra l’altro, contestava le accuse sostenute contro le carenze nell’attività dell’Ersu, ricordando che contro i mille e 312 studenti aventi diritto all’assistenza dell’Ersu era presente in aula una ventina di essi. È stato inoltre ricordato come l’azione del consiglio, nel breve tempo a disposizione, "si è concentrato sul diritto allo studio e nella ricerca della risoluzione dei problemi legati al bilancio ed alla utilizzazione gestione dei fondi, istituendo anche "un contributo di studio"". L’ordine del giorno, a questo punto, è stato respinto e rimandato in visione alla commissione competente, che dovrà riproporla all’assemblea. Giuseppe Florenzano ____________________________________________________ La Stampa 19 Feb.02 DARWIN, BERSAGLIO DELLA DESTRA La scienza sotto tiro/Un gruppo di esponenti di An contesta l’evoluzionismo, che considera “di sinistra” Ma biologi e genetisti insorgono: «Ogni giorno decine di studi ne confermano i successi e la validità» di ROMEO BASSOLI E ALLA fine, anche in Italia è arrivata, da ieri, la “Settimana antievoluzionista", la prima manifestazione contro l'insegnamento della teoria di Darwin nelle scuole. E la sua presenza nei libri di testo. L'iniziativa è stata presa a Milano da Alleanza Studentesca e da alcuni esponenti di Alleanza Nazionale. Vi saranno incontri con i presidenti delle Commissioni Cultura del Comune e della Regione, volantinaggi davanti al Museo delle Scienze Naturali e in conclusione, venerdì, un convegno dal titolo “Evoluzionismo: una favola per le scuole". A presentare l'idea, un ex parlamentare di An, Pietro Cerullo, ora consulente dell'istruzione per la Provincia di Milano e collaboratore del coordinamento del partito. «La teoria di Darwin è funzionale all'egemonia della sinistra - ha detto Cerullo ai giornalisti presentando il programma -. È nata quando in Europa dominava la cultura del positivismo che è l'anticamera del marxismo». Secondo l'esponente di An il darwinismo viene invece considerato una verità assoluta anche nei libri al di sopra di ogni sospetto di politicizzazione come quelli di scienze e biologia. «Questo - recitava ieri un dispaccio dell'agenzia Ansa - nonostante che dagli studi compiuti da numerosi scienziati, sia in campo biologico che geologico, la tesi sia ormai considerata impossibile, mentre prevale invece quella creazionista». «L'idea è venuta a un gruppo di giovani studenti di Alleanza Studentesca, che già lo scorso anno si erano mobilitati dopo aver scoperto che nei libri di testo di storia non erano posti con sufficiente evidenza gli eventi delle foibe - ci ha detto Cerullo al telefono -. Ora si sono accorti che anche in temi non strettamente connessi al dibattito politico come la storia, e in questo caso la biologia, nei libri di testo viene spacciata per verità assoluta una teoria che invece molti pensatori hanno messo in dubbio. Probabilmente hanno letto la Catastrofe del darwinismo di Blondel. Quindi hanno chiesto l'appoggio delle strutture del partito e il sostegno organizzativo per questa iniziativa. Per anni la cultura antagonista a quella di sinistra non è stata quella di destra, ma quella cattolica. Questi giovani cattolici vogliono sottolineare come presentare il darwinismo come una verità assoluta porti poi a considerare la scienza come una verità assoluta e ad una visione del mondo totalmente meccanicista. Mentre così non è». Ma che cosa è il creazionismo? E' una teoria che ha qualche punto di forza in alcuni Stati degli Usa e in alcune comunità fondamentaliste protestanti. Pressoché assente in Europa (anche se in Italia esiste un sito http://www.creazionismo.org/creazionismo.htm, che ne propaga le idee), si basa sulla credenza assoluta nell'interpretazione letterale del racconto biblico delle origini (secondo cui il mondo sarebbe stato creato da Dio così com'è, in sei giorni, circa seimila anni fa); e, di conseguenza, nega tutti i modelli scientifici di evoluzione, sia per l'Universo, sia per gli esseri viventi e l'uomo. Per anni, i creazionisti hanno cercato di affermare il diritto a contrastare la scienza, ma sono stati sconfitti. Così, negli ultimi decenni, stanno tentando di sostituire il vecchio dogma creazionista con la moderna scienza della Creazione, che porterebbe evidenze oggettive a sostegno della verità biblica. «Peccato che nessuna rivista scientifica accreditata negli ultimi cento anni abbia pubblicato una sola ricerca che metta in dubbio i principi fondamentali di Darwin», spiega lo storico della biologia Gilberto Corbellini. «Casomai - aggiunge - si è visto che l'evoluzione è molto più complessa e articolata di come la vedeva Darwin con gli strumenti di 150 anni fa». Anche Arturo Falaschi, direttore del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie di Trieste, ricorda che «la teoria dell'evoluzione è stata quella di più grande successo da quando esiste la scienza della vita. Tutta la ricerca biologica del mondo, i grandi successi nelle conoscenze, nella medicina, nelle biotecnologie, poggiano sulle scoperte di Darwin. Ogni giorno decine di studi non fanno che confermarne la validità». Sulla stessa posizione anche Edoardo Boncinelli, rettore della Sissa (la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati): «Non c'è alcun motivo per dubitare della teoria darwiniana - dice Boncinelli -. E il creazionismo non è una teoria scientifica, è un'invenzione. Cerca i difetti, le incongruenze, che inevitabilmente esistono nell'evoluzione per cercare di dimostrare cose assolutamente prive di qualsiasi prova. Tra l'altro il pensiero cattolico italiano ne è ben lontano: vengo ora da una riunione di intellettuali di Comunione e Liberazione dove si è parlato di Big Bang e di evoluzione, dando per scontato che si tratti delle uniche teorie provate». Anche Nicola Cabibbo, presidente dell'Accademia Pontificia delle Scienze, sottolinea che «Giovanni Paolo II, fin dal 1996, ha detto chiaro e tondo che l'evoluzionismo è molto più che una mera ipotesi. Una posizione chiarissima, che rendeva ancora più netta la scelta rispetto alla enciclica Humani Generis di Pio XII. Oggi tra gli scienziati cattolici è chiarissimo che si può benissimo credere nell'evoluzionismo e nella Creazione (non nel creazionismo). Dire il contrario è come sostenere che la Terra è piatta o il Sole si muove perché così diceva la Bibbia». Per Riccardo Viale, sociologo della Scienza all'Università Bicocca di Milano, «questa iniziativa antievoluzionista si basa su una serie di fraintendimenti. Mi sembra echeggiare vagamente idee legate alla filosofia idealistica e antiliberale che nega Locke, Hume e il metodo scientifico come strumento. Peraltro, il marxismo è stato, soprattutto nell'Urss degli anni Venti e Trenta, un avversario del darwinismo. Il campione di questa campagna era il genetista sovietico Lysenko». Per ironia della sorte, proprio oggi gli autorevoli Proceeding of National American Academy of Science pubblicano una ricerca che identifica un gene, chiamato Tre2, che differenzia evolutivamente gli ominidi dalle scimmie. Un altro, significativo mattone nel grattacielo della teoria evoluzionistica. ____________________________________________________ La Stampa 20 Feb.02 IL BOICOTTAGGIO A ISRAELE LA POLITICA NON DIVIDA LA CULTURA MENTRE i bagliori che anticipano una nuova guerra irachena divampano nei mass media, il conflitto israelo-palestinese sembra passare in secondo piano, sebbene i due focolai siano tra loro connessi. Ma da un paio di mesi a questa parte in tutta Europa, nelle cartelle di posta elettronica dei docenti universitari, sta circolando una petizione che chiede il blocco di tutti gli accordi tra le università europee e quelle israeliane. La polemica ha iniziato a divampare in Francia, nel dicembre scorso, quando il consiglio dell´Università di Parigi-VII ha votato una mozione di sostegno a questa raccolta di firme. Alcuni intellettuali, tra cui Bernard-Henri Lévy, hanno immediatamente reagito sottolineando i pericoli insiti in azioni di questo tipo, in primo luogo quello di avallare sentimenti antisemiti. Molti dei firmatari hanno replicato che non si trattava di antisemitismo, ma di mostrare un dissenso dalla politica di Ariel Sharon: non si sarebbe inteso contestare gli ebrei in quanto tali, bensì la linea del governo israeliano. Questa petizione è arrivata recentemente anche in Italia, alcuni dei miei colleghi l´hanno già sottoscritta; se ne è parlato su vari quotidiani, e il presidente delle comunità ebraiche d´Italia, Amos Luzzatto, è intervenuto in proposito. Ma io, che sono arabo e musulmano, dissento totalmente da una strategia politica di questo tipo: non perché difendo Sharon e il suo governo, la sua politica che conduce alla catastrofe; ma perché considero estremamente pericoloso un tale uso della cultura a fini politici. Innanzitutto, lo Stato che si vuole contestare non è un´entità astratta, ma è rappresentato da persone che da molti anni intrattengono rapporti con l´Europa su progetti di ricerca, e talvolta quegli stessi progetti permettono loro di costruire e mantenere rapporti con i colleghi palestinesi. Esistono diverse riviste universitarie israelo-palestinesi; l´anno scorso ne è stata presentata una all´università di Torino. In secondo luogo, che lo si voglia o no, questo boicottaggio della collaborazione culturale indica indirettamente come responsabili del disastro gli intellettuali e i docenti delle università israeliane. In terzo luogo, questa prassi procede secondo me dalla stessa logica di chi ad esempio vuole impedire ai musulmani di avere dei luoghi di culto nei paesi europei perché i loro paesi non offrono in ciò reciprocità: mi chiedo in quale misura gli immigrati musulmani possano essere considerati responsabili degli atti dei loro governi e dei loro Stati di provenienza. Infine, fatto ancora più grave, questo boicottaggio insidia direttamente e in profondità il nocciolo della cultura e tende ad incrementare ulteriormente la radicalizzazione del conflitto, trasferendolo anche in Occidente, erigendo delle frontiere simboliche fra gli ebrei e gli altri, i palestinesi e gli altri, gli arabi e gli altri; mentre il compito degli intellettuali - in Europa come in Medio Oriente - è quello di gettare ponti fra coloro che non possono varcare la linea delle frontiere comunitarie, identitarie, geografiche e mentali. Esattamente come avviene nel recente film di Elia Suleiman, i check-point sparsi sul territorio impediscono agli uomini di comunicare tra loro. Alcuni mesi fa ho visto un documentario sui rapporti fra intellettuali palestinesi ed israeliani: due ornitologi, un israeliano e un palestinese, svolgevano parallelamente delle ricerche sugli uccelli migratori; avevano stabilito di incontrarsi in una certa data, ma nel giorno fissato il check-point era chiuso. Il palestinese rimase ad osservare gli uccelli che volavano in libertà. La cultura deve continuare ad essere un volo verso la libertà, se non vogliamo trasformarla in una sequenza di check-point. Khaled Fouad Allam ____________________________________________________ Il Messaggero 22 Feb.02 IL DOTTOR STANGATA” Il curriculum fasullo dello “strizzacervelli” Conosciuto da anni come luminare della psichiatria: aveva solo il diploma di Media superiore di MARCO DE RISI NOTO psichiatra con decine di pubblicazioni alle spalle. E non solo teorico ma anche esperto nel campo delle tossicodipendenze tanto da assumere la carica, fra le tante, di supervisore di un Sert della Asl di un città del centro Italia. Il professore in psichiatria riceveva decine di clienti. All’occasione prescriveva potenti farmaci e si era specializzato in psicoterapia. A Roma, aveva uno studio a due passi dall’Università "La Sapienza" proprio come si addice a un luminare della mente. Anni di professione ai massimi livelli smontati uno per uno da un’indagine dei carabinieri del Nucleo Antisofisticazione di Roma. I militari, tassello dopo tassello, hanno scoperto che lo psichiatra X.Z. (non sono le vere iniziali), 51 anni, non ha neanche la laurea in medicina. Insomma, del medico non ha proprio nulla. All’apice del suo curriculum scolastico c’è il diploma di scuola media superiore poi il buio. Probabilmente, insomma, l’illustre studioso era solo un genio della “stangata". Il falso professionista specializzato nella disciplina della psicoterapia aveva una fama così solida da mettere nei pasticci una psicologa romana, medico a tutti gli effetti. La donna, 53 anni, anche lei nota nel campo della psicoterapia, probabilmente non è stata neanche sfiorata dall’idea che il "dottor" X.Z. fosse un truffatore tanto abile da prendere in giro enti pubblici e private e, quindi, la donna ha aperto il suo studio - quello a due passi dall’università - allo "psichiatra" di grido. Il risultato: anche lei è stata denunciata alla magistratura e non le sarà semplicissimo spiegare come abbia potuto non accorgersi della inconsistenza scientifica del suo “collega". Una fila di persone, con piccoli disturbi psicologici ma anche malati veri e propri, tutti pazienti del falso psicoterapeuta, si avvicendavano nello studio romano. Lui sicuramente ci sapeva fare. Dopo anni di recite, sapeva tutto su come curare i disturbi del sonno e quelli del comportamento. I carabinieri hanno ascoltato i suoi pazienti: non ci sono dubbi che si comportasse come fosse un bravo medico. Tant’è che i suoi clienti che pagavano anche 150 euro una visita sono caduti dalle nuvole quando hanno saputo che colui che li rassicurava e che prescriveva loro farmaci era un semplice diplomato senza traccia di laurea. Lo "psichiatra" li faceva sdraiare sul lettino per poi applicare le tecniche psicanalitiche. L’indagine dei carabinieri va avanti per individuare altre irregolarità legate allo status di falso medico di X.Z. che è stato denunciato per esercizio arbitrario della professione medica. ____________________________________________________ Corriere della Sera 17 feb. ’03 ISTRUZIONE PUBBLICA DUELLO SULL' AGGETTIVO Tesorio Giuseppe Pubblica, come prima. Il ministero dell' Istruzione deve riprendere quel «pubblica» tagliato dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n° 300. Denominazione ormai rodata: ministero dell' Istruzione, dell' Università e della Ricerca. Tutto a post o, dunque. Niente affatto. Alla Camera c' è una proposta di legge, la numero 2785, per il ripristino dell' aggettivo «pubblica». Un solo articolo, quanto basta a riconciliarsi con la storia. Della scuola italiana, naturalmente. Il ministero della Pubblica istruzione nasce nel 1847 da re Carlo Alberto, con il nome di Segreteria di Stato per la Pubblica istruzione, in sostituzione del cosiddetto «Magistrato della Riforma», il cui presidente era il padre gesuita Luigi Taparelli D' Azeglio. Con la legge Boncompagni del 1848, che affermava che la Pubblica istruzione era Uffizio civile e non religioso, si passava tutta l' Istruzione, università compresa, al Segretariato della P. I. e lo si denominava ministero della Pubblica istruzione. Con la legge Casati del 1859, che diede l' impianto generale del sistema di istruzione, si aggiunse anche l' Istruzione tecnica. Da allora, cioè dall' Unità d' Italia, il ministero della Pubblica istruzione rimase tale fino al 1927, quando fu chiamato ministero dell' Educazione Nazionale dal regime fascista. Nel dopoguerra riprese il vecchio nome di ministero della Pubblica istruzione. Fino al decreto di fine luglio 1999 e alla rimozione di quell' aggettivo. Adesso, in Parlamento, qualche deputato vuole rimettere l' antica insegna. G. Tes. ____________________________________________________ Il Messaggero 22 Feb.02 POSTA CERTIFICATA: UN “BACO” A POSTECOM... di MARIO COFFARO Il software “FirmaeCifra" di Postecom talvolta sbaglia e considera il file come certificato anche quando non lo è. La vulnerabilità, ammette Roberto Palumbo, direttore della “Certification authority" di Posteitaliane, è stata messa alla prova da uno studio all’Università di Milano proprio sul programma “FirmaeCifra" di Postecom, ma potrebbe riguardare altri programmi di altri enti certificatori. Questo errore non compare sulle versioni per Unix del programma. Se il cliente di Posteitaliane si sa difendere, ovvero conosce tutti i segreti della sicurezza informatica, allora non c’è problema. Ma se si tratta di un normale utente il primo problema che potrebbe sorgere è proprio quello del furto di «identità informatica». Un furto che, invece, proprio la firma digitale deve poter scongiurare. Perché deve consentire di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico. Perciò è evidente che il documento non deve essere modificabile senza che la procedura di verifica se ne accorga. «La vulnerabilità di cui stiamo parlando è teorica - ribadisce il dottor Palumbo - non ho mai sentito di nessuno che abbia lamentato un caso concreto e reale di alterazione della propria firma digitale certificata da Postecom o da altri certificatori». Eppure da mesi dei «bug» dei servizi di certificazione delle Posteitaliane e di altri enti certificatori se ne discute con preoccupazione tra gli esperti della sicurezza informatica. Si tratta di strumenti a elevata complessità sia tecnologica che giuridica. Per comprenderli a pieno è necessario prima studiare i meccanismi giuridici alla base di tali strumenti e poi gli aspetti tecnologici. Inoltre se qualcuno utilizzasse il «baco» per qualunque fine, anche non economico, commetterebbe un reato previsto e punito dalla legge sui crimini informatici con il carcere. Quel che gli utenti comuni non sanno, anche nella pubblica amministrazione, è che la sicurezza comprende molte regole e prima di tutto la limitazione dell’accesso al personal computer o alla workstation di lavoro esclusivamente a chi è autorizzato. È un primo passo. Ma serve a rendere la minaccia della truffa meno fattibile. Le Posteitaliane hanno comunque preso già provvedimenti. «Abbiamo già predisposto quella che si potrebbe definire una blindatura del software - assicura il dottor Palumbo - abbiamo messo a punto un meccanismo che va a controllare ogni volta l’integrità del software usato e del file. Stiamo adesso decidendo se distribuire questo programma attraverso il nostro sito Internet ai nostri clienti oppure se inviare a ciascuno un apposito cd rom». In ogni caso dal 31 gennaio scorso il governo ha dato via libera, approvando il regolamento attuativo, alla firma digitale «forte» che consente di attribuire un documento all’autore, fino a querela di falso. Con la firma digitale, dunque, si possono fare via Internet, senza spostarsi, acquisti di immobili e terreni, contratti d’appalto, richieste di concessioni governative o semplicemente shopping nel mercato mondiale del commercio elettronico. Perché tutto ciò divenga realtà quotidiana diffusa la sicurezza non è un optional. =========================================================== ____________________________________________________ L’Unione Sarda 20 feb. ’03 «VIETATO DIROTTARE I MALATI» Roma I medici non devono dirottare i pazienti, specie se gravi, verso le cliniche private con la giustificazione che nella struttura pubblica le liste di attesa sono troppo lunghe. Lo afferma la Cassazione, sottolineando che il dovere del sanitario, in questi casi, è quello di attivarsi, sempre nell’ambito della sanità pubblica, per consentire il ricovero immediato. Con questa decisione la seconda sezione penale della Suprema corte ha confermato la colpevolezza di Emanuele Gozzo, un medico dipendente da un ospedale pubblico, accusato di abuso di ufficio e truffa aggravata per essersi fatto pagare parcelle milionarie per prestazioni effettuate, privatamente, nei confronti di pazienti che si erano rivolti a lui nella struttura pubblica dalla quale dipendeva. Il sanitario usava «artifici e raggiri» per aumentare la sua clientela privata, diceva ai pazienti e ai loro parenti che la situazione nel’ospedale era molto grave e non era possibile un ricovero rapido. Poi li convinceva ad eseguire gli esami più urgenti presso la clinica privata con la quale era in contatto e successivamente li convinceva a farsi operare nella struttura privata. Invano Gozzo ha cercato di difendersi dando risalto alla lunghezza delle liste di attesa e alla scarsa disponibilità di posti letto. La Cassazione gli ha risposto che, quando arriva un paziente grave, è «doveroso il ricovero immediato per procedere ad accertamenti tempestivi, eventualmente costringendo ad ulteriori attese pazienti le cui condizioni siano meno pressanti». ____________________________________________________ Il Sole24Ore 18 feb. ’03 MALCOSTUME. TUTTI I TRUCCHI PER LE TRUFFE ALLA SANITÀ Non c'è solo la Glaxo. E la tecnica del comparaggio è in buona compagnia. Le vie per attingere allegramente ai fondi del Servizio sanitario nazionale sono molte e accertate: false ricette stilate da medici compiacenti per aiutare amici farmacisti a smaltire (e a farsi rimborsare) medicinali scaduti; passaggio di ricette da assistiti in regime di esenzione ad altri; trasporti di gruppo in centri di dialisi spacciati (e pagati) come tanti singoli viaggi; fatture per operazioni inesistenti; apparecchiature sofisticate o strutture specializzate lasciate inutilizzate; lavori infiniti per la ristrutturazione di ospedali; tariffari regionali con importi per prestazioni di gran lunga superiori a quelli previsti dal testo nazionale; impennate delle prescrizioni per alcuni medicinali. È quanto emerge dal consuntivo 2002-2003 sugli accertamenti condotti su tutto il territorio italiano dalla Guardia di Finanza. L'azione della GdF. "La Glaxo rappresenta un caso eclatante, ma non è il solo oggetto di indagine - spiega il generale Vincenzo Suppa, capo del terzo reparto operazioni del Comando generale -. Dal giugno 2001, con l'accorpamento dei ministeri delle Finanze e dell'Economia, riceviamo linee e indirizzi operativi sia in materia di polizia tributaria, agendo sul fronte delle entrate e quindi dell'evasione, sia in materia di polizia economica, intervenendo sulle uscite, cioè su sprechi, malversazioni e spese indebite. E uno dei versanti sui quali abbiamo focalizzato i reparti territoriali è quello della spesa sanitaria pubblica". Due le linee di azione: verifiche in aziende farmaceutiche di rilievo nazionale e internazionale (nel 2002 ne sono state compiute oltre 194, proponendo recuperi a tassazione di redditi imponibili per oltre 200 milioni di €); individuazione di episodi di sprechi negli uffici sanitari. "C'è molta collaborazione da parte delle strutture di controllo interno della Pubblica amministrazione e delle Asl - continua Suppa -. Con alcune stiamo stipulando protocolli d'intesa in base ai quali ci vengono segnalate eventuali anomalie nella loro filiera di spese". L'azione ispettiva su cui si è concentrata dal 2002 la Guardia di Finanza si è avvalsa di un'attività di intelligence, anche internazionale: informazioni acquisite informalmente grazie ai contatti con colleghi della Ue, incroci di banche dati, controlli occulti sul territorio, pedinamenti. Il co-marketing. E sono molti i filoni illegali o per lo meno sospetti emersi dai controlli, oltre al bubbone comparaggio esploso con il caso Glaxo o ai numerosi episodi di malaffare sanitario (si veda la scheda e sotto). Tra questi il sistema commerciale del co-marketing. "In Italia proliferano i medicinali con identici principi attivi, cioè gli stessi effetti - spiega Suppa -. Nulla da eccepire sinché sono il frutto di ricerca di case farmaceutiche diverse. Talvolta però si tratta di un'unica azienda che - con un identico principio attivo, ma con collanti e nomi diversi - realizza prodotti uguali e li cede a società in qualche modo controllate: così mette in circolazione più prodotti e attenua il rischio che si individui, a monte, l'eventuale attività di sollecitazione del mercato. Inoltre, diversificando i prezzi di questi medicinali "uguali" e tenendo alto quello di alcuni, può penetrare il mercato con quelli di prezzo inferiore". Spartizione del mercato. Un'altra ipotesi investigativa riguarda i "patti di non belligeranza" tra società. "Da documentazione acquisita in più situazioni di indagine - prosegue Suppa - si presume che, per lo meno a livello di operatori di area, ci siano accordi per una sorta di spartizione del mercato in aree di infuenza, un fenomeno che sembra emergere soprattutto nella contrattualistica con le farmacie degli ospedali". Prezzi e medicinali generici. E ancora: si stanno raccogliendo indizi sugli incrementi ingiustificati dei prezzi di alcuni medicinali, per verificare che non derivino semplicemente dal loro ritiro dal mercato e la successiva reintroduzione con mere modifiche di dosaggio o di confezionamento. "Un altro fronte è quello dei medicinali generici - osserva Suppa -. Hanno lo stesso effetto della specialità, eppure le prescrizioni sono ancora insufficienti rispetto ai quantitativi prevedibili". E avrebbero il benefico effetto di una minore incidenza sulla spesa sanitaria. Che intanto continua a crescere al ritmo del 7% all'anno. Rossella Cadeo ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 feb. ’03 «TRASPARENZA E CONTROLLI INDIPENDENTI PER MIGLIORARE LA SANITÀ» Gianfelice Rocca: servono centri d' eccellenza per competere con l' estero, così creiamo occupazione e blocchiamo la fuga dei cervelli. «La valutazione delle strutture in questo settore non si può basare soltanto sulle tariffe» «Il modello lombardo coniuga pubblico e privato Può attrarre investimenti e pazienti stranieri» Pappagallo Mario MILANO - «Eccellenza e qualità per competere a livello internazionale». Potrebbe sembrare uno slogan, ma in realtà per Gianfelice Rocca è una parola d' ordine. Milanese, 54 anni, una laurea con lode in Fisica, numero uno del Gruppo Techint (fatturato di 7,8 miliardi di dollari). Diversi i settori di interesse del Gruppo: siderurgia, impiantistica, petrolio e gas. Duecento milioni di euro del fatturato riguardano la Sanità (TecHosp) con Humanitas, l' Istituto clinico milanese che ha sede a Rozzan o (150 milioni di euro investiti negli ultimi cinque anni, altri 70 per i prossimi due anni). «Eccellenza e qualità è la regola per Techint, anche in Sanità», ribadisce Rocca. Da presidente di Humanitas può appuntarsi sul petto una medaglia di tutto rispetto: la certificazione Joint Commission International, un accreditamento internazionale basato sulla valutazione severa di 355 parametri - di cui 170 obbligatori - di organizzazione sanitaria da parte del più prestigioso ente di certificazione ospedaliera del mondo, con sede a Chicago (Usa). Humanitas è il primo policlinico italiano ad aver ottenuto l' accreditamento JCI raggiungendo il massimo punteggio in quasi tutti i parametri. Il traguardo di un percorso cominciato nel ' 96? «Un punto di partenza, piuttosto. Abbiamo ricevuto il massimo dei voti in 163 dei 170 misuratori principali di efficienza e qualità. E dal 18 settembre 2002 il modello organizzativo e gestionale di Humanitas è diventato ufficialmente un case dell' Harva rd Business School di Boston, oggetto di studio e didattica». Ma c' è chi storce il naso di fronte ai policlinici privati, agli ospedali non pubblici con posti letto per malati gravi (i cosiddetti acuti). «Un falso problema. E soprattutto una visione viziata da troppa ideologia. La presenza del privato nel settore dei grandi ospedali è un fatto acquisito ed è in aumento in tutti i grandi Paesi. I posti letto per acuti gestiti da privati, profit e no profit, sono il 25% in Italia e in Svezia, il 32% in Spagna, il 35 in Francia, il 50 in Germania, il 67 in Giappone. La competizione tra pubblico e privato dovrebbe innescare un processo virtuoso di riduzione degli sprechi, miglioramento di qualità e efficienza, investimenti nell' aggiornamento continuo delle tecnologie (senza però creare doppioni costosi), dei medici, degli infermieri. Secondo l' analisi del professor Pelissero dell' università di Pavia la presenza di strutture private nella sanità ha consentito nel 2001 in Lombardia, a parità di prestazioni offerte, un risparmio di circa 500 milioni di euro (190 nella sola provincia di Milano). Il modello lombardo è quindi vincente, anche se da migliorare». In che modo? Che cosa manca secondo la sua esperienza di manager? «Occorre trasparenza. In Italia, e non solo in Sanità, servono verifiche nel pubblico e nel privato effettuate da enti indipendenti di controllo e accreditamento come il JCI. Con "premi" (tariffe maggiorate o sconti da parte delle assicurazioni) per la qualità e l' efficienza. In un' ottica sempre malato centrica. Insomma occorre un arbitro indipendente, al di sopra delle parti, che giudichi in base a parametri oggettivi pubblico e privato». C' è però chi sottolinea come negli ultimi anni le tariffe nel privato si siano triplicate. «La valutazione del privato non si può basare solo sulle tariffe, che peraltro sono tra le più basse a livello internazionale. Occorre una par condicio con il pubblico rispetto alla valutazione di tutti i parametri, gestione compresa». Come mai questo interesse di Techint per la Sanità? «Perché è un settore chiave, con ricadute sociali importanti. E risvolti produttivi interessanti. Negli Stati Uniti, attualmente, la Sanità è l' unico settore che crea occupazione. L' Italia, in particolare, ha le carte in regola per diventare un polo di attrazione. I presupposti ci sono. I riconoscimenti internazionali di Humanitas sono innanzitutto riconoscimenti alla sanità italiana, alla sanità lombarda. Riconoscimenti alla strada aperta da don Verzè con il San Raffaele, un modello di riferimento. Come lo Ieo di via Ripamonti. Istituti dove ricerca, assistenza e formazione si fondono in una medicina d' avanguardia garantita a tutti. Milano, città ad alto cablaggio, può diventare per le biotecnologie e la medicina un polo di riferimento europeo. Un centro d' eccellenza nella "produzione" in Sanità. Le premesse sono nel modello lombardo di organizzazione sanitaria. Vi sono i presupposti per attrarre investimenti e pazienti da altri Paesi (nel 2005 è prevista l' apertura del sistema sanitario europeo, ndr). E vi sono le premesse per favorire la crescita di giovani talenti, invertendo la tendenza della fuga dei cervelli. Cosa che sta già accadendo per quanto riguarda Humanitas». Milano come Harvard, allora? «Sì. Ma soprattutto un' Italia che punta sull' eccellenza e la qualità in tutti i settori per valorizzare e far esprimere al massimo le potenzialità e le risorse professionali, scientifiche, strutturali e organizzative di livello internazionale che possiede». Mario Pappagallo Dieci istituti in gara: cinque «promossi» CHE COS' E' Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations è un ente autonomo americano per la certificazione di strutture sanitarie. L' accreditamento dura 3-5 anni, i parametri per la valutazione sono 355 LE NOVITA' Il progetto ha costretto l' istituto Humanitas ad introdurre alcune novità. Fra queste, l' istituzione di un tutor, responsabile della cura del paziente; un servizio di interpretariato per pazienti di lingua straniera e di assistenza religiosa per i non cattolici IN ITALIA Dieci le strutture sanitarie italiane, tutte lombarde, che hanno richiesto la certificazione di qualità: solo cinque l' hanno ottenuta ____________________________________________________ Corriere della Sera 20 feb. ’03 «PER EVITARE SOSPETTI DICHIARIAMO CHI FINANZIA LE RICERCHE SCIENTIFICHE» Iniziativa di un gruppo di psicologi Farmindustria ha deciso di interrompere alcune attività di informazione scientifica Roma. Dichiarare il nome dell’azienda farmaceutica che ha finanziato la ricerca prima di presentarla ai colleghi in un congresso, in modo che la platea possa valutare se e in che modo quel lavoro è stato influenzato dallo sponsor. Avviene già in alcuni, qualificati, appuntamenti scientifici americani. La prima aggregazione medica italiana a dotarsi di questo strumento anti-conflitto di interessi sarà la Sopsi, la società italiana di psicopatologia. «E’ mia intenzione dal prossimo anno avviare l’operazione trasparenza», dice Paolo Pancheri, il presidente. La proposta verrà messa ai voti giovedì prossimo durante il convegno Sopsi (a Roma dal 25 febbraio al 1 marzo). Si terrà un simposio dedicato al tema tornato di prepotenza d’attualità grazie all’inchiesta avviata a Verona, decine di medici sospettati di aver ricevuto denaro, regali e vacanze in cambio di prescrizioni guidate. Ieri la giunta di Farmindustria ha deciso di sospendere «ogni attività di informazione scientifica ad eccezione delle visite ai medici, consegna di materiale autorizzato dal ministero, e campioni». Resterebbero fuori i congressi e i gadget. Giovanni Fava, psicoterapeuta dell’università di Bologna, direttore della rivista Psychoterapy and psychosomatic , presenterà a Roma alcuni dati desunti dalla letteratura internazionale ma sovrapponibili, a suo parere, alla realtà italiana. Un terzo dei ricercatori che firmano articoli sulle riviste scientifiche più quotate a livello mondiale sono azionisti, consulenti o ricoprono un determinato ruolo all’interno di una industria farmaceutica. Non solo. La maggior parte del budget di una società scientifica deriva dai contributi delle aziende, esiste infine uno stretto legame tra gli autori di linee guida e i produttori. «L’industria ha un ruolo predominante nel campo della psichiatria - insiste Fava -. Di psicoterapia non si parla mai, di farmaci sempre». Pancheri ha una posizione realistica: «Il conflitto di interessi è inevitabile, in parte rimediabile, anch’io ce l’ho. I rapporti tra industria e medici sono molto stretti perché i produttori che investono somme enormi per trovare nuove terapie devono promuoverle. E la ricerca non può fare a meno delle aziende». mdebac@corriere.it ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 feb. ’03 PRESSIONI DALLA GLAXO PER ENFATIZZARE NEI CONGRESSI I DATI IN LORO FAVORE» L' oncologo Santoro: troppe prescrizioni compiacenti, serve una nuova moralizzazione Un medico: un' azienda mi ha promesso fondi se indicavo ai pazienti i loro farmaci Porciani Franca Tutti in acqua nel Mar Rosso mentre nella sala, deserta, si tiene la lezione magistrale, presunta attrattiva scientifica di quel congresso di cardiologia in località esotica. Ortopedici invitati con mogli o fidanzate, non si sa perché, dalle case far maceutiche all' American Heart, uno dei più importanti meeting annuali sulle malattie del cuore, probabilmente per ringraziarli della loro solerzia a prescrivere un certo farmaco. Ma c' è anche la massiccia presenza dei nefrologi italiani ai congress i internazionali, superiore a quella di Paesi più rappresentati del nostro sulle riviste scientifiche che contano. Un gran fervore di aggiornamento? E' lecito dubitarne. I medici italiani sembrano più vacanzieri che scienziati. Ma in cambio di che co sa? Qui sta il problema. Che le aziende farmaceutiche negli ultimi anni siano andate in cerca di «clienti sensibili», inclini alla prescrizione foraggiata ormai pare evidente. Ma non tutti i medici si sono rivelati tali, come testimonia Leonardo Fabb ri, Direttore della Clinica di malattie dell' apparato respiratorio dell' Università di Modena che racconta questo episodio: «Dopo la fusione di Glaxo con Smith-Kline, a partire dal 2000- 2001, ho notato una progressiva escalation della pressione comm erciale nei confronti della comunità scientifica. Le ditte quando sponsorizzano un congresso cercano di veicolare dati a favore dei loro prodotti attraverso le relazioni dei professori che contano, di quelli, cioè, che fanno opinione sotto il profilo scientifico. Nei miei confronti prima della fusione non ci sono mai stati atteggiamenti scorretti da parte di Glaxo, che peraltro è molto attiva nella ricerca e nello sviluppo di farmaci in ambito respiratorio. Successivamente a quest' ultima, invec e, mi è capitato di subire pressioni per enfatizzare nelle mie relazioni dati a favore di molecole Glaxo. Di fronte al mio rifiuto, i rappresentanti dell' azienda hanno subito ceduto le armi e si è ristabilito un rapporto corretto. Ma l' episodio res ta grave e mi ha amareggiato profondamente, anche perché fino a quel momento la ditta, a differenza di altre, aveva tenuto un comportamento ineccepibile». Che la merce di scambio sia la prescrizione pilotata lo dimostra anche la testimonianza di un c ardiochirurgo di un ospedale milanese. Una ditta disponibile a finanziare il suo corso di aggiornamento, ad un certo punto è venuta allo scoperto, chiedendogli senza mezzi termini di "garantire" la prescrizione di un certo farmaco ai pazienti in dimi ssione dall' ospedale. L' incontro è finito in modo burrascoso perché il potenziale cliente si è rivelato tutt' altro che sensibile, anzi ha cacciato i rappresentanti dell' azienda fuori dallo studio. Non sempre, però, queste «proposte indecenti»" ve ngono respinte: talvolta si arriva ad una trattativa. Come denuncia Armando Santoro, Responsabile del Dipartimento di onco-ematologia dell' Istituto Humanitas di Milano: «Troppe volte mi è capitato di vedere pazienti provenienti da altri ospedali, so prattutto del Sud, che prendevano farmaci assolutamente non indicati per la patologia di cui soffrivano. Prescrizioni compiacenti a qualche ditta farmaceutica. Il comparaggio esiste e credo che sia arrivato il momento di avviare una campagna di moral izzazione all' interno della categoria. Fortunatamente i trattamenti antitumorali sono codificati da protocolli internazionali; sono quelli e non si scappa. Un margine per le prescrizioni "gonfiate" c' è, però, nell' ambito dei farmaci che danno soll ievo ai disturbi causati dalla chemioterapia, la nausea e il vomito ad esempio. Esistendo più prodotti identici, è facile per il medico favorire una ditta rispetto ad un' altra». Franca Porciani ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 19 feb. ’03 SINDACATO DEI MEDICI, SÌ ALL'AZIENDA MISTA SANITARIA L'Anaao-Assomed punta su un polo ospedaliero SASSARI. Anche l'Anaao-Assomed, l'organizzazione sindacale dei medici, è favorevole all'azienda sanitaria mista tra Asl e Università. La presa di posizione dei medici è stata fissata in un documento in cui, oltre al parere favorevole verso la decisione della commissione regionale Sanità, ci sono una serie di proposte politiche (un polo sanitario per il Sassarese) e tecniche (sulle strutture e la loro gestione). «La decisione della commissione regionale è positiva, perché appare il migliore punto d'equilibrio possibile» è l'inizio del documento. Ora, però, «si impone con urgenza la contestuale istituzione di un'azienda ospedaliera autonoma - il Ss Annunziata - con gli ospedi Alghero, Thiesi e Ittiri, condizione essenziale per il mantenimento, lo sviluppo e il rilancio delle strutture ospedaliere di Sassari». Un polo sanitario per il Sassarese: è questo, insomma, che chiede l'Anaao-Assomed. Non a caso, il sindacato dei medici, scrive che «l'Asl può da un lato concentare l'attenzione all'assistenza territoriale, e dall'altro garantire le aspettative delle popolazione del Goceano-Monte Acuto conservando il presidio ospedaliero di Ozieri». E la richiesta, spiegano i medici, è suffragata dal fatto che «l'azienda mista tra Asl e Università e l'ospedale di Alghero dà alla facoltà medica sassarese una struttura giuridica certa, e permette di mettere in atto tutta la potenzialità nell'assistenza senza sottostare ai vincoli della Asl». C'è, secondo i medici, infatti, un aspetto molto importante da considerare nell'azienda mista, ed è che «le due strutture, ottimizzando i propri percorsi, possano correggere le proprie diseconomie, migliorando la qualità assistenziale». Resterebbe fuori dal disegno l'ospedale civile di Alghero, «non c'è il favore dei medici perché non ci sono norme di garanzia», e per questa ragione Anaao- Assomed chiede che «al momento dell'istituzione dell'azienda mista ci siano protocolli di intesa tra Regione e Università concordati e condivisi dai medici ospedalieri (la maggioranza), a condizione della pari dignità» e chiede che «ai cittadini sia garantito percorsi diagnostici, terapeutici e riabilitativi appropriati». ____________________________________________________ L’Unione Sarda 21 feb. ’03 ALGHERO INFERMIERI: "SÌ ALL’ATENEO" "Nell’azienda mista anche l’ospedale civile". La rappresentanza sindacale unitaria dell’Azienda sanitaria locale n.1 interviene in relazione alla futura nascita dell’azienda mista, proposta dal consigliere di Forza Italia Sergio Milia e recentemente approvata dalla Commissione regionale. Del nuovo organismo dovrebbe far parte anche il reparto Ortopedia dell’ospedale Marino, ma non il Civile, che invece continuerà a essere gestito dalla Asl. Un’esclusione, questa, che ha suscita polemiche e malumori tra i dipendenti del presidio sanitario cittadino. In una nota sottoscritta dal rappresentante sindacale unitario Vanni Masia viene rivolto un appello a tutte le forze politiche della città perché sostengano la causa dell’ospedale della Pietraia cominciando, per esempio, con l’avviare un confronto con i sindacati di categoria, "per discutere sulla necessità di giungere ad un sistema unitario Ñ continua la nota Ñ evitando quelle contrapposizioni tra sistemi ospedaliero e universitario che non giovano affatto agli interessi generali, a partire da quelli degli utenti". (c. fi.) SÌ, L'AZIENDA MISTA SANITARIA VA BENE» I medici dell'università fiduciosi: «Attenzione all'ospedale marino» SASSARI. «Il Polo sanitario integrato con l'Università può essere costituito dalle Cliniche universitarie attualmente in convenzione con l'Asl 1, dalle strutture assistenziali gestite direttamente dall'Università di Sassari e dal Presidio ospedale marino di Alghero»: di questo hanno discusso in assemblea gli aderenti all'associazione dei medici ospedalieri operanti in ambito universitario. L'assemblea ha valutato la proposta, formulata dalla commissione Sanità del consiglio regionale, di istituire le Aziende Ospedaliero- Universitarie. «Con anni di ritardo - dice l'associazione - anche la Regione procede al riordino della sanità e, in base alle leggi dello Stato, si costituiscono le nuove aziende ospedaliere integrate con l'Università. Ben vengano. Dice la legge, però, che tali aziende nascono dalla trasformazione del presidio ospedaliero sul quale insiste la prevalenza del corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Quale parte del corso di laurea insiste sull'Ospedale Marino di Alghero? Non è forse il presidio ospedaliero di Sassari quello con cui la maggior parte delle cliniche lavora in regime di convenzione? Non si dovrebbe dunque costituire l'azienda con quest'ultimo presidio?». Secondo l'associazione, «accettare scelte diverse aprirà un complesso dibattito all'interno dei sindacati e degli addetti ai lavori (si dice addirittura che l'emendamento non sia esaustivo del volere politico e che, in una successiva modifica, nella nuova azienda si faranno confluire entrambi gli ospedali algheresi)». E a proposito delle diverse proposte lette in questi giorni, l'associazione commenta che «la stessa discussione deve essere avvenuta in commissione se è vero che la primitiva proposta dell'assessore Oppi, che prevedeva la realizzazione dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria costituita dall'Ospedale SS. Annunziata, dalle cliniche convenzionate e dalle strutture gestite direttamente dall'Università di Sassari, è stata stravolta a seguito dell'approvazione dell'emendamento presentato dalla maggioranza». Quali siano stati i motivi che hanno portato a questa risoluzione «(che sicuramente offrirà molteplici vantaggi all'articolazione e gestione della sanità di Sassari) non c'è dato di conoscere». I medici ospedalieri che operano nell'ambito universitario dicono di rendersi conto «che rivoluzionare l'assetto ospedaliero, riordinare i rapporti fra Università e Regione, soprattutto in assenza di un piano sanitario regionale, deve essere cosa assai difficile. Ancora più difficile se interessi di parte prevalgono su interessi comuni di efficacia, di efficienza e di economicità. Avrà visto bene chi ha lavorato per fare in modo che la nuova azienda sia costituita con l'ospedale Marino e non con quello di Sassari? Dicono in molti che il grande vantaggio sarà quello di non subire la supremazia dell'Università e di non avere come direttori dipartimentali gli universitari. Siamo così arrivati al cuore del problema: la paura e il rischio reale della prevaricazione dell'Università sull'Ospedale o, meglio, degli universitari sugli ospedalieri. Certo, - chiude l'associazione - il punto cruciale della questione è costituito dalle norme che regoleranno la collaborazione Regione-Università». ____________________________________________________ L’Unione Sarda 21 feb. ’03 ASL 7: DIAGNOSI A DISTANZA CON LA “TELERADIOLOGIA” In rete ospedali e ambulatori, per gli espianti consulti via cavo con Cagliari «Dottore, c’è una tac in linea» Cosa succede se il malato non va dal medico e neppure il medico va dal malato? Semplice, si connettono a distanza. È l’ultima frontiera della teletrasmissione: la diagnosi via cavo. Sta per entrare in funzione nei laboratori radiologici che la Asl possiede nel Sulcis e promette grossi vantaggi, soprattutto per i malati. Grazie a questo sofisticato sistema di trasmissione dati, infatti, sarà possibile seguire i pazienti, sottoponendoli a qualsasi accertamento radiografico (tac compesa), senza la necessità di trasferirli negli ambulatori o nei laboratori dove si trova il medico o lo specialista in grado di “leggere” la lastra e fare la diagnosi. Non è un’innovazione di poco conto. Dovrebbe eliminare quasi del tutto il “pendolarismo” dei malati, soprattutto durante la fase degli accertamenti diagnostici. Ma quali saranno le applicazioni pratiche? Facciamo l’esempio di una pensionata di Carloforte che cade in casa e si frattura un braccio. Nell’Isola di San Pietro funziona un gabinetto radiologico ma non sempre c’è il radiologo. Così la povera pensionata deve essere adagiata su un’ambulanza e trasferita al “Sirai” per gli accertamenti radiologici. Dopo di che, se non era necessario il ricovero, deve tornarsene a Carloforte. Ebbene con la “teleradiologia” questo tran tran non sarà più necessario. La nostra pensionata immaginaria potrà effettuare la radiografia sena muoversi da Carloforte; basterà l’assistenza di un tecnico perché la lastra verrà “letta” in tempo reale dal radiologo che si trova nel “Sirai”. La “rete” della teleradiologia collegherà, per incominiare, i due centri radiologici di Iglesias (Santa Barbara e Cto) e quello de “Sirai”, quindi i polialmbulatori di Carloforte e Giba. «Risparieremo tempo e denaro e saremo in grado di offrire un servizio più efficiente», spiega il direttore generale della Asl 7 Emilio Simeone. Ma non basta. Gli ospedali del Sulcis potrranno collegarsi con le strutture della alla Asl 8 di Cagliari. Così gli specialisti del “Brotzu” saranno in grado di “leggere” senza muoversi dal loro studio, esami anche complessi (ad esempio una tac o una risonanza magnetica) effettuata a Carbonia o Iglesias. Un consulto rapidissimo che potrebbe tornare estremamente utile nel campo neurologico quando si potrà decidere, insieme al neurochirurgo che si trova a Cagliari, se è il caso di trasferire un traumatzzato cranico a Cagliari per un intervento d’emergenza. I lavori per realizzare i collegamenti tra i vari centri radiologici sono già incominciati. «Dovrammo essere in rado di attivare il servizio nel giro di qualche mese », annuncia Emilio Simeone. Il quale spiega che la teleradiologia sarà molto utile anche per mettere in grado gli ospedali della Asl 7 di operare nel campo degli espianti. «La teleradiologia ci consentità di incrociare gli esami in tempo reale tra il Sulcis e Cagliari per stabilire quando si realizzano le condizioni perché si possa procedere a un espianto», spiega il dottor Antonio Farci, responabile del servizio di Anestesia e rianimazione della Asl 7. Prima di parlare di teleradiologia applicata agli espianti, comunque, bisogna aprire il reparto di Rianimazione del “Sirai”. Ma ormai l’evento (atteso da venti anni) sembra veramente imminente. S. M. ____________________________________________________ L’Unione Sarda 20 feb. ’03 CLINICA NEUROLOGICA «UNA SITUAZIONE VERGOGNOSA» Un’indagine amministrativa per chiarire le modalità di ricovero nella Clinica neurologica e la possibilità di accreditarla come reparto d’emergenza: è la richiesta che Cgil, Cisl e Uil fanno al direttore generale della Asl 8. Tutto ciò deriva dalla «situazione vergognosa» denunciata dai sindacati e dai lavoratori. Nella clinica sono ospitati 47 pazienti, di cui 9 costretti a dormire sulle brande, nel corridoio. Nonostante il numero dei degenti superi di gran lunga la media prevista (28), gli infermieri professionali a disposizione sono soltanto 4. Ma questa è solo la punta di un iceberg. C’è molto altro di cui lamentarsi: la mancanza di organizzazione che determina carichi di lavoro inaccettabili per gli infermieri, l’impossibilità per questi di frequentare corsi di aggiornamento a causa della scarsa quantità di personale, la perdita di professionalità nelle funzioni quotidiane, fatte sempre troppo di fretta. La situazione di disagio è sottolineata dal diffuso desiderio di “fuga” dei lavoratori e dal conseguente incremento delle domande di trasferimento. I sindacati precisano l’intenzione di tutelare i diritti dei lavoratori della clinica e insinuano il dubbio che i molteplici ricoveri non abbiano un reale carattere d’urgenza, ma che la clinica sia piuttosto considerata un luogo nel quale sistemare temporaneamente gli anziani. Il risultato è quello di riversare sulla sanità pubblica gli alti costi della degenza oltreché degli esami specialistici: «Entrambi spesso inopportuni». (m. mu.) ____________________________________________________ Corriere della Sera 17 feb. ’03 I BIMBI PREMATURI RECUPERANO A OTTO ANNI Studio Usa: anche i neonati di pochi etti riescono a compensare eventuali sofferenze cerebrali. Il neonatologo Salvioli: importanti le maggiori attenzioni dei genitori Palazzesi Cristina ROMA - I bimbi gravemente prematuri crescendo sviluppano la stessa intelligenza e la stessa capacità verbale dei coetanei nati al regolare scadere dei nove mesi di gravidanza. Lo afferma una ricerca pubblicata da Jama, la rivista dell' Associazione d ei medici americani. Sono stati seguiti oltre 290 bambini statunitensi nati con un peso tra 600 e 1.250 grammi, che non presentavano danni cerebrali, ma anche con problemi al sistema nervoso centrale. La conclusione è che nella maggioranza dei casi i l loro quoziente d' intelligenza aumenta con gli anni, fino a raggiungere livelli normali all' età di otto anni. LO STUDIO - Un gruppo di ricercatori dell' Università di Yale ha seguito 296 bambini nati tra il 1989 e il 1992 in tre ospedali del Norde st degli Stati Uniti con un peso compreso tra i 600 e i 1.250 grammi. I bambini sono stati sottoposti a prove per valutarne l' abilità verbale e a test d' intelligenza (QI) in varie fasi della loro crescita: a 3 anni, 4 anni e mezzo, 6 anni e 8 anni. La conclusione dei ricercatori, guidati dalla neurologa Laura Ment, è che esiste la capacità di un recupero cerebrale per compensare danni precedenti. QUOZIENTE - Nei test che misurano il quoziente intellettivo (QI), il valore medio all' età di 3 an ni (90) è arrivato a 95 all' età di 8. Ancora più alto il salto di qualità nelle prove di abilità verbale: qui si è passati dagli 88 punti conquistati a 3 anni ai 99 riportati all' età di 8. Un margine di miglioramento di 11 punti. Un risultato ancor a più sorprendente se confrontato con quello dei coetanei nati a termine. Nel loro caso, infatti, l' incremento è stato di 4-5 punti. Persino i bimbi che a 3 anni erano considerati al limite del ritardo mentale, all' età di 8, avevano ottenuto almeno un punteggio medio-basso nella scala dei test d' intelligenza. I bimbi che hanno riportato miglioramenti più consistenti sono stati quelli che hanno ricevuto molto presto attenzioni e cure adeguate: attraverso l' utilizzo della terapia del linguaggi o e una buona educazione alle scuole materne. Ma anche altri fattori sembra che incidano positivamente: per esempio la presenza di una famiglia con entrambi i genitori e l' alto livello d' istruzione della madre. Risultati meno significativi sono sta ti raggiunti in quei bambini che alla nascita avevano sofferto di emorragia cerebrale. L' ITALIA - Attenzione della famiglia e stimolazioni adeguate sono fondamentali anche secondo il direttore dell' Istituto di Neonatologia dell' Università di Bolog na, Gianpaolo Salvioli: «Il fatto che i prematuri abbiano migliorato le loro performance in misura maggiore degli altri bambini non dipende da particolari capacità del cervello, ma dall' aver ricevuto un' attenzione maggiore da parte dei genitori. Elemento che insieme alla cura di psicologi e pediatri induce una maggiore stimolazione cognitiva». In America la ricerca ha sollevato dubbi. Alcuni scienziati sostengono che test di intelligenza ad ampio spettro avrebbero forse dato risultati meno brillanti. E che, in ogni caso, i punteggi riportati dai bimbi prematuri, si mantengono in una fascia medio bassa nei valori del QI. Cristina Palazzesi ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 feb. ’03 INDIVIDUATO IL GENE TRE2: CI DISTINGUE DALLA SCIMMIA CAMBRIDGE (Massachusetts, Usa) - È stato scoperto il gene che «fa la differenza» tra uomo e scimmia. Si chiama «Tre2» e si trova esclusivamente nell' uomo: è infatti apparso sulla scena dell' evoluzione solo negli ominidi. La storia di questo frammen to d' informazione genetica, ricostruita da un gruppo di studiosi dell' università di Harvard, è pubblicata dalla rivista Pnas, dell' Accademia americana delle scienze. Il «Tre2» era stato identificato già nel corso del progetto Genoma, che ha permesso di ricostruire la mappa genetica dell' uomo: ma di quel gene non si sapeva praticamente nulla. ____________________________________________________ Le Scienze 21 feb. ’03 VERDURE CONTRO L'ALZHEIMER Due diversi studi si soffermano sull'associazione fra diverse diete e il rischio di sviluppare la malattia Una dieta ricca di grassi non saturi e non idrogenati, come prodotti vegetali e alcuni oli, può essere di grande aiuto per abbassare il rischio di contrarre il morbo di Alzheimer. Le vitamine antiossidanti, invece, non hanno un effetto altrettanto protettivo. Lo affermano due diversi studi americani pubblicati sul numero di febbraio della rivista "Archives of Neurology". Nel primo studio, medici del Rush-Presbyterian-St. Luke's Medical Center di Chicago hanno esaminato 815 pazienti oltre i 65 anni che, all'inizio della ricerca, durata quattro anni, non presentavano sintomi di Alzheimer, il disturbo che porta alla perdita della memoria e all'incapacità fisica. I soggetti erano tenuti a riferire con precisione le proprie abitudini alimentari. Al termine dello studio, i ricercatori hanno scoperto che 131 persone avevano sviluppato la malattia. Coloro che consumavano abitualmente i grassi più saturi, quelli che provengono da carne, pollame e prodotti caseari, avevano 2,3 volte più probabilità di sviluppare l'Alzheimer rispetto agli altri. Le ragioni, tuttavia, restano poco chiare e lo studio non spiega i motivi per cui differenti tipi di grassi sono associati a valori diversi di rischio. Nel secondo studio, ricercatori della Columbia University di New York hanno concluso che le diete che contengono carotene e vitamine C ed E non sono associate con un rischio di Alzheimer ridotto. La questione era sorta perché sembra che gli antiossidanti - vitamine e altri nutrienti presenti nel cibo - riducano il danno cellulare causato dai radicali liberi, piccole particelle del metabolismo che possono danneggiare i neuroni e forse condurre all'Alzheimer. La ricerca, che ha coinvolto 980 pazienti, non ha mostrato correlazione fra il consumo di carotene e di vitamine A ed E e lo sviluppo o meno della malattia. ____________________________________________________ Le Scienze 20 feb. ’03 UN CAVO ELETTRICO FORMATO DA PRIONI Una versione della proteina è in grado di formare lunghe file che possono essere rivestite di metallo I prioni, le proteine responsabili del morbo della mucca pazza e di altre malattie del cervello, come la variante umana del morbo di Creutzfeld-Jacob, potrebbero tornare utili per formare minuscoli cavi elettrici. Lo hanno suggerito alcuni scienziati del Whitehead Institute di Boston al convegno annuale dell'American Association for the Advancement of Science (AAAS). Le proteine sono dannose quando si ammucchiano in gruppi disordinati. Ma una versione dei prioni trovata nel lievito, invece, si dispone in lunghe file molto resistenti. Rivestiti di oro o argento, i prioni formano cavi elettrici ben più sottili di un capello, e con uno spessore inferiore a quelli realizzati con le tecniche abituali. La ricercatrice Susan Lindquist ha già depositato la richiesta di un brevetto. Con alcuni miglioramenti, afferma la scienziata, "potranno essere usati per la costruzione di apparecchi davvero minuscoli", come sensori o circuiti per computer in miniatura. Due cavi paralleli, per esempio, potrebbero segnalare la presenza di un'altra molecola estranea che si trovi intrappolata fra di loro. Interruttori o giunzioni formate da DNA o proteine potrebbero essere aggiunti grazie all'ingegneria genetica, cosa difficile con altre fibre su nanoscala come i nanotubi di carbonio. I ricercatori hanno già costruito cavi lunghi un millimetro e con un diametro di un decimillesimo di millimetro, ma sperano di andare ancora oltre. Lindquist ha modificato geneticamente il batterio E. coli affinché fornisca grandi quantità del prione del lievito. ____________________________________________________ Le Scienze 20 feb. ’03 L'OSSIDO DI AZOTO CONTRO LA MALARIA La carenza di arginina, responsabile della produzione della molecola, può aumentare il rischio di decesso per malaria cerebrale Specialisti di malattie infettive della Scuola di Medicina dell'Università dello Utah hanno trovato un modo per combattere o addirittura prevenire la malaria, una malattia che uccide ancora più di un milione di bambini all'anno in molti paesi tropicali, soprattutto africani. I ricercatori hanno già pubblicato da agosto a oggi tre importanti studi sugli aspetti biochimici, genetici e immunologici della malattia. Gli studi si concentrano sulla produzione di ossido di azoto (NO), una molecola che il corpo umano produce per combattere le infezioni e che sembra essere importante per la capacità dei bambini di proteggersi dalla malaria. Le ricerche, condotte da Donald L. Granger, docente di medicina interna, e da vari colleghi fra cui Bert K. Lopansri, vengono pubblicate sulla rivista medica internazionale "The Lancet". Gli scienziati hanno lavorato in collaborazione con medici dell'Australia e della Tanzania. Sul numero del 22 febbraio di "The Lancet", Lopansri riferisce di aver scoperto che i bambini della Tanzania corrono un rischio di morire di malaria cerebrale quattro volte superiore se i loro corpi non contengono livelli sufficienti di arginina. L'arginina è un aminoacido che svolge un ruolo essenziale nella produzione di ossido di azoto. Gli scienziati si sono accorti che il livello medio di arginina nei bambini delle coste della Tanzania è inferiore alla metà del valore normale. Si cercano adesso possibili cure per aumentare la produzione di ossido di azoto. ____________________________________________________ La Stampa 19 Feb.02 TELECAMERINE ENDOSCOPICHE DA INGHIOTTIRE SEMPRE a proposito di marchingegni miniaturizzati, attualmente è disponibile una microtelecamera che, lunga 2,5 centimetri e larga 1, s'ingoia come una pillola e nel suo percorso trasmette immagini dell'apparato digerente a un ricevitore, simile nell´aspetto a un walkman, che il paziente porta alla cintura e alla fine viene collegato al computer del medico. Il dottor Giampaolo Bresci, coadiuvato dai colleghi Michele Bertoni ed Emanuele Tumino, pratica questa tecnica, che sta già entrando nella routine medica, presso la U. O. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell´Azienda Ospedaliera Pisana diretta da Alfonso Capria. Egli crede nei suoi sviluppi e riferisce che è eccezionale per l'indagine dell'intestino tenue, difficile da raggiungere con le sonde tradizionali. Pensa anche che in futuro questa nuova tecnologia, quando sarà possibile controllare i movimenti della videocapsula dall'esterno, rivoluzionerà l'endoscopia digestiva. Il rovescio della medaglia, in qualche caso, sta nel fatto che la "pillola" - la quale procede seguendo la peristalsi dell'intestino - si può fermare strada facendo. Anche se in genere la sua permanenza non determina alterazioni, se dopo un po' non si muove e non viene espulsa con le feci, non rimane che estrarla con un intervento laparoscopico. a. bu. ____________________________________________________ Repubblica 20 Feb.02 TRIGLICERIDI BASSI, FORSE UN NESSO CON LE PATOLOGIE AUTOIMMUNI La scoperta fatta all’Università di Catania. Ora si cercano le cause DI SILVIA IANNELLO * Il valore dei trigliceridi nel plasma è stato sottovalutato. Sino ad alcuni anni addietro, il dosaggio dei trigliceridi era talmente trascurato da non essere neppure a carico del SSN. Di fatto soltanto i pazienti con malattie metaboliche conclamate obesità e diabete eseguivano il controllo di questo parametro metabolico. Di recente, l’ipertrigliceridemia, soprattutto nei soggetti diabetici, è stata considerata un importante fattore di rischio vascolare, alla stregua dell’ipercolesterolemia. Dati nuovi sembrano indicare, però, che esistono condizioni patologiche associate a ipotrigliceridemia, e che, pertanto, il basso livello dei trigliceridi nel plasma è forse altrettanto degno di attenzione che l’ipertrigliceridemia. Il nostro gruppo di ricerca dell’Università di Catania ha scoperto che, inaspettatamente, una riduzione marcata dei trigliceridi si osserva in pazienti affetti da fibrosi polmonare. I trigliceridi sono stati misurati in 44 pazienti affetti da fibrosi polmonare o altre malattie polmonari "fibrosanti" su base autoimmune, e sono stati confrontati con i valori rilevati in 20 pazienti affetti da malattie polmonari non fibrosanti (bronchiti, broncopolmoniti, tbc polmonare, cuore polmonare cronico, etc.) e in 110 pazienti affetti soltanto da lievi malattie non polmonari (considerati quali soggetti di controllo). Nei pazienti con malattia polmonare autoimmune, si è osservata una marcata riduzione (61 per cento) del valore dei trigliceridi, rispetto al valore riscontrato nei soggetti senza malattie polmonari, identico a quello nei soggetti con malattie polmonari diverse dalla fibrosi. I trigliceridi sono risultati, inoltre, anche molto bassi nei pazienti obesi e diabetici (i quali tipicamente presentano ipertrigliceridemia), quando affetti da fibrosi polmonare o malattie fibrosanti. Questi dati sono stati pubblicati sulla rivista americana on line Medscape General Medicine (MedGenMed), http://www. medscape.com/viewarticle/434218. Abbiamo avuto modo di constatare con il dosaggio generalizzato dei trigliceridi (test semplice, non costoso e alla portata di tutti i laboratori) come ipotrigliceridemia (in alcuni pazienti anche bassissima) sembri avere un forte significato di marker precoce di autoimmunità. Nel senso che tale alterazione metabolica appare prima dei sintomi nei pazienti con interstiziopatia polmonare senza sintomi respiratori, o con storia di malattie autoimmuni o familiarità per patologie autoimmuni (colite ulcerosa, artrite reumatoide, sindromi lupuslike, etc.). Il perché è ancora da definire, come pure sono da precisare eventuali possibili tentativi dietetici o terapeutici per modificare il valore dei trigliceridi. Il dato è ancora preliminare, ma su queste basi sono consigliabili il dosaggio sistematizzato dei trigliceridi plasmatici (insieme a quello della colesterolemia) in tutti i soggetti e la giusta considerazione da parte dei pazienti e dei medici di un eventuale basso valore della trigliceridemia. Se nella pratica clinica quotidiana questo dato venisse confermato, anche per i trigliceridi sarebbe valido ciò che già sappiamo per il colesterolo, importante componente delle membrane cellulari: cioè che è pericolosa l’ipercolesterolemia (grave fattore di rischio vascolare) ma che è anche pericolosa l’ipocolesterolemia (associazione con un maggiore rischio di neoplasie). * Dip. Medicina Interna e Patologie Sistemiche, Un. Catania, Osp. Garibaldi ____________________________________________________ La Stampa 19 Feb.02 NANOCAPSULE IN AIUTO ALLE CELLULE AMMALATE DOTATE DELLE DIMENSIONI DI UN BATTERIO E IMMESSE PER INIEZIONE NEL SANGUE POSSONO FAVORIRNE L´AUTODISTRUZIONE O RIPORTARLE A FUNZIONI NORMALI CHI ha visto il film «Viaggio allucinante», Oscar 1966 per l'art direction e gli effetti visivi, ricorderà la squadra di medici che, miniaturizzata, a bordo della navetta-sonda Proteus viaggiava nel sangue di uno scienziato per salvargli la vita. Ora una cura del genere non è più fantascienza, ma stiano tranquilli i medici: non corrono il rischio di essere trasformati in lillipuziani. Si pensa invece di creare una sorta di sommergibili microscopici, più piccoli di un batterio, detti nanoparticelle o nanocapsule per le loro dimensioni (solo poche centinaia di nanometri, cioè miliardesimi di metro). È recente il finanziamento della Nasa a ricercatori statunitensi per lo sviluppo di queste tecnologie, utili quando altre barriere sinora fantascientifiche saranno abbattute. In particolare si pensa all'esplorazione di Marte e alla lunga permanenza dell'uomo nello spazio. Neppure i materiali più sofisticati, che sulle navicelle devono schermare dalle radiazioni ad alta energia, possono fare miracoli. Queste trafiggono il corpo umano proprio come proiettili microscopici, danneggiando il DNA all'interno delle cellule, con possibile sviluppo di tumori. All'University of Texas Medical Branch, all'Oklahoma State University e alla Louisiana Tech University, gli scienziati stanno perciò cercando di risolvere il problema rendendo gli astronauti più resistenti. Quando una cellula è danneggiata dalle radiazioni, sulla sua superficie compaiono particolari proteine: è un po' come se essa volesse gridare alle sue vicine che è malata. Un aiuto viene proprio dalle nanocapsule: impiantando al loro esterno molecole che riconoscano quelle proteine, i ricercatori possono programmare i dispositivi microscopici in modo che trovino le cellule danneggiate. Immesse nel sangue a migliaia o milioni con una semplice iniezione, una volta giunte sul posto, le nanocapsule possono agire in due modi. Se la situazione è grave, entrano nella cellula ed emettono enzimi che ne iniziano il processo di autodistruzione, noto come apoptosi; altrimenti gli enzimi rilasciati sono diversi: riparano il DNA e riportano la cellula alle sue funzioni normali. L'uomo e gli altri esseri viventi possiedono già enzimi che riparano i danni subiti dal DNA, ma non tutti efficienti allo stesso modo. Ci sono specie, infatti, che sono danneggiate meno di altre dalle radiazioni ad alta energia. Gli scienziati statunitensi, proprio studiando queste ultime, hanno individuato gli enzimi adatti da far rilasciare per la riparazione del DNA. Se questi studi sono in corso per chi va nello spazio, è ovvio che se ne possa però avvantaggiare anche chi rimane sulla terra, soprattutto nella cura del cancro. Gli oncologi nutrono molte speranze in nanocapsule che rilascino agenti antitumorali direttamente nelle cellule malate, evitando così i ben noti e devastanti effetti collaterali della chemioterapia. Le nanotecnologie mediche non si studiano solo negli Stati Uniti. In Italia, per esempio, il gruppo di Paolo Dario, alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, già all'avanguardia con le sue microsonde endoscopiche, sta cercando di miniaturizzarle ulteriormente e di estendere la loro funzione sino a trasformarle in nanorobot del tutto autonomi. Non è avveniristico pensare che, in un futuro non troppo lontano, nel nostro corpo viaggeranno, per esempio nel sangue o nell'apparato digerente, questi robot dalle dimensioni minuscole, per curare o diagnosticare malattie, se non addirittura per operare interventi chirurgici senza bisturi. Anna Buoncristiani ____________________________________________________ Repubblica 20 Feb.02 GENGIVE DEBOLI E RISCHIO CARDIACO Il legame esiste ed è ereditario A nessuno è venuto in mente che ci potesse essere una relazione tra i denti e il cuore, sin quando non è apparso uno studio su Stroke, la rivista dell’American Heart Association, realizzato alla Scuola di medicina dentale dell’Università di Harvard. Ha dimostrato che alcuni soggetti affetti da malattia parodontale la "piorrea" che porta alla perdita progressiva dei denti, sono maggiormente soggetti a malattie cardiache e ictus cerebrale. Dove sia la correlazione lo spiega Giuseppe Aronna, odontoiatra che proprio ad Harvard ha conseguito gli studi in parodontologia ed ora è professore a contratto alla "Federico II" di Napoli: «La malattia parodontale è di origine infettiva, causata da specifici batteri gram negativi, che provocano una reazione infiammatoria dei tessuti di sostegno del dente, sia la gengiva che l’osso alveolare insieme al suo legamento. In pratica anche ad un piccolo insulto batterico si ha un’esagerata risposta infiammatoria che provoca la distruzione del tessuto. Ha una spiccata ereditarietà: chi ha genitori o nonni che ne hanno sofferto presenta un rischio elevato di avere la stessa predisposizione alla malattia». E proprio qui si scioglie il nodo della relazione con l’insorgenza di malattie cardiache in quanto questi disturbi presentano una origine comune: i meccanismi infiammatori della piorrea provocano una vasodilatazione e la liberazione di citochine, i fattori responsabili della risposta immunitaria. Le citochine vengono liberate in quanto i batteri che proliferano nella tasca gengivale liberano tossine altamente tossiche, che si riversano nel circolo sanguigno e raggiungono il muscolo cardiaco stimolando i processi aterosclerotici e trombolitici. Gli indici di rischio sono ormai stati quantificati: dell’1,5 è la probabilità di incorrere in malattie coronariche, dell’1,9 per l’infarto e del 2.8 per l’ictus carebrale. Considerato che più del 50 per cento dei soggetti dopo i 40 anni soffre di malattie parodontali e che circa il 10 per cento presenta una predisposizione ereditaria sviluppando una forma grave e precoce, si può comprendere l’entità della malattia. Come scongiurare il rischio? «Diagnosi precoce, visite di controllo regolari, e un accurato test genetico da poco disponibile in Italia che evidenzia la predisposizione ereditaria» sottolinea Aronna. «Importante inoltre un controllo accurato per le donne in gravidanza. Una parodontite non trattata infatti può portare il batterio a livello placentare e indurre un parto prematuro». I batteri si formano a partire dalla placca batterica e una cattiva igiene orale fa in modo che essi colonizzino verso l’interno del dente dove si forma una "tasca gengivale" in cui i batteri proliferano. Il primo segnale sono quindi le gengive che sanguinano in modo spontaneo o allo spazzolamento, insieme ad una alitosi piuttosto intensa. La malattia insorge e progredisce prevalentemente negli adulti dai 40 anni, nonostante ve ne sia una forma precoce che insorge dai 1820 anni. Fattori di rischio sono cattiva igiene orale, fumo, stress ed età avanzata. Oggi la perdita dei denti per parodontite è il principale problema in odontoiatria. (johann rossi)