CAGLIARI: UNIVERSITÀ, I CONTI NON TORNANO COMMISARIAMENTO «ATTO REPRESSIVO CONTRO IL CNR» UN AIUTO ALLA "RICERCA SOCIALE" "UNIVERSITÀ INCOMPETENTE, NON SA FARE RICERCA" "L´INDIPENDENZA È UN DIRITTO CHE TUTELA LA LIBERTÀ DI STUDIO" «ONNIPOTENTI E SADICI»: TUTTE LE PATOLOGIE DEI PROF MONTALCINI, LA VERA SFIDA È LA SCUOLA SCUOLA SARDA: ULTIMA DELLA CLASSE «LA REALTÀ VIRTUALE COMINCIÒ CON FERMI» ================================================================== SANITÀ, SIRCHIA DIFENDE IL TICKET ANCHE PER I CRONICI LA REGIONE APPROVA LE REGOLE PER LA GESTIONE DEL POLICLINICO (A BARI) ODONTOIATRI, PER I VECCHI LAUREATI ARRIVA UN DECRETO "SALVA-DIRITTI" FARMINDUSTRIA: «RIMETTIAMO IN MOTO I CONGRESSI MEDICO-SCIENTIFICI» DI SILVERIO: «LA RICERCA NON HA SOLDI PUBBLICI» NO ALLE “VISITE” PER TELEFONO LA CITTADELLA UNIVERSITARIA È PIÙ VICINA MALASANITÀ, IL RISCHIO DI GENERALIZZARE MALASANITA’: «La legge tutelerà gli onesti» «LA TERAPIA GENICA DELUDE» TROVATO IL FILTRO D' AMORE E' UN ORMONE DEL CERVELLO COME SI FORMANO I CALCOLI RENALI SE GLI ANZIANI PIACCIONO MOLTO È PER LA FORZA DEI LORO GENI IL TERZO OCCHIO CHE SCANDISCE GIORNO E NOTTE UN LEGAME TRA DOLORE E ESTROGENI ================================================================== ___________________________________________________________________ L’Unione Sarda 8 mar. ’03 CAGLIARI: UNIVERSITÀ, I CONTI NON TORNANO Il Collegio dei revisori ipotizza danni erariali da parte dell’amministrazione Chiesto l’intervento della magistratura contabile I revisori dei conti dell’Università puntano il dito contro l’amministrazione, e danno mandato al presidente del Collegio per presentare un esposto alla Procura regionale della Corte dei Conti. Si chiede in altre parole l’intervento della magistratura contabile per fare luce su alcune vicende, relativamente alle quali sembrano configurabili ipotesi di danno erariale. Le situazioni su cui i revisori hanno concentrato la loro attenzione sono tre: le spese relative al pagamento, in favore del personale sanitario del Policlinico, delle indennità integrative del trattamento economico; la transazione della vertenza tra il professor Umberto Lecca e l’Università di Cagliari, in riferimento al risarcimento danni chiesto dal professionista al quale non sarebbe stato consentito il normale esercizio dell’attività scientifica; e infine il pagamento del canone di locazione dell’ex Istituto Sordomuti. Il primo punto, in particolare, riguarderebbe quasi otto milioni di euro che sarebbero stati sottratti al bilancio per pagare le indennità in questione, sui 16 milioni di euro necessari, senza che dalla Regione sia ancora arrivata la copertura necessaria. E comunque fatti su cui il Collegio presieduto da Enrico Passeroni, magistrato della Corte dei Conti, si sarebbe già occupato durante lo svolgimento del proprio mandato, senza mai ricevere le delucidazioni e le spiegazioni necessarie. Per dirla in altri termini: non è mai stata fatta chiarezza sull’utilizzo di quei soldi. E così, giunti oggi alla naturale scadenza di mandato, e quindi spogliati di qualsiasi competenza in materia, i revisori decidono che sarà la Corte dei Conti a stabilire se i danni che vengono contestati al Rettore e agli amministratori siano degni di indagine. Il presidente Enrico Passeroni non conferma né smentisce l’esposto. Al telefono risponde una voce femminile: «Il dottor Passeroni in questo momento non può rispondere. In ogni caso potete rivolgersi alla Corte di conti». Il procuratore Mario Scano però ieri era irreperibile in quanto fuori Cagliari. La sensazione comunque è che il fascicolo in Procura sia già stato aperto. Secondo il Collegio, queste ipotetiche responsabilità avrebbero dovuto spingere l’amministrazione a predisporre indagini interne per accertare le circostanze che hanno determinato un danno per l’erario, e quindi presentare una denuncia, come del resto indicato e disposto dal Collegio stesso. Stando a quanto affermato dai contabili, gli organi di amministrazione non si sono mai attivati, né al Collegio sono mai pervenute notizie su iniziative e determinazioni in tal senso. Da qui, appunto, la necessità di un esposto, per fare piena luce sulla vicenda. Mauro Caproni «Il problema non è stato mai risolto» «È un problema vecchio, già segnalato dai revisori, e che dovrebbe essere già stato risolto». I componenti del Consiglio di Amministrazione dell’ateneo cagliaritano fanno quadrato intorno a Pasquale Mistretta e minimizzano le accuse dei revisori. «Per quanto mi risulta il Rettore ha già concordato un piano di rientro dei fondi per i quali l’Università si era esposta», spiega Beniamino Moro, rappresentante dei docenti ordinari. «I soldi dalla Regione non dovrebbero tardare ad arrivare», gli fa eco Giovanni Arca del consiglio di amministrazione, secondo cui «non ci sono irregolarità sostanziali. Può darsi che ci sia un buco in bilancio, magari dovuto a trascuratezza, ma non certo dolo». Arturo Maullu, del personale amministrativo, pensa che Mistretta abbia agito bene: «Ci sono sentenze del Tar e del Consiglio di Stato che vanno nella direzione intrapresa dal Rettore». La posta in palio, per il rappresentante degli studenti Giuseppe Frau, «era la sopravvivenza stessa del Policlinico, per cui è stato scelto il male minore». Sperando, naturalmente, che l’assessore regionale Giorgio Oppi tenga fede all’impegno. M. C. Le ragioni dell’esposto La riunione Nei giorni scorsi i revisori dei conti, in scadenza di mandato, hanno invitato il presidente Enrico Passeroni a presentare un esposto alla Corte di Conti. Conti in rosso Sarebbero 7,5 i milioni di euro prelevati dal bilancio per pagare le indennità integrative del personale sanitario. I punti contestati I revisori chiedono chiarezza su altre due questioni: una transazione per la lite tra il professor Umberto Lecca e l’università di Cagliari; il pagamento del canone di locazione dell’ex Istituto Sordomuti di viale Fra’ Ignazio. Le indagini La competenza per gli accertamenti sui possibili danni erariali spetta alla Procura regionale della Corte dei Conti, presieduta da Mario Scano. La Regione Il rettore avrebbe concordato con l’assessorato regionale alla Sanità un “piano di rientro” dei fondi investiti per erogare le indennità integrative. All’università attendono ancora il finanziamento. ___________________________________________________________________ Corriere della Sera 7 mar. ’03 COMMISARIAMENTO «ATTO REPRESSIVO CONTRO IL CNR» Le motivazioni della sentenza che ha annullato il commissariamento deciso dal governo Il Tar: eccesso di potere. Il presidente «dimissionato»: un testo illuminante ROMA - «Violazione dei principi sul commissariamento degli enti pubblici», «eccesso di potere», «provvedimento repressivo»: sono pesanti le motivazioni della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio che annulla il decreto di commissariamento del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), approvato il 31 gennaio scorso dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Istruzione Letizia Moratti. Vittoria su tutti i fronti, almeno per ora, del presidente «dimissionato» professor Lucio Bianco, a cui i giudici danno ragione nel merito riconoscendogli il diritto al rimborso delle spese processuali sostenute (2000 euro). Rimane dietro la porta ad aspettare il commissario straordinario del Cnr nominato dalla Moratti nella persona del professor Adriano De Maio, rettore della Luiss. Il testo della sentenza, 13 pagine, reso pubblico dalla sezione «terza ter» del Tar (presidente Francesco Corsaro, consiglieri Lucia Tosti e Stefania Santoleri), conferma quanto era stato anticipato dai giudici il 20 febbraio scorso: il commissariamento del Cnr è stato «illegittimo». Il mandato del presidente Bianco avrebbe avuto naturale scadenza il 30 aprile 2005, mentre il consiglio direttivo in carica sarebbe decaduto il 25 marzo 2003, ricordano i giudici. Secondo il ministero vigilante, il commissariamento è stato giustificato dall’impossibilità di rinnovare e di far funzionare proprio il consiglio direttivo, a causa della complessa e incompiuta passata riforma dell’ente. I giudici, accogliendo il ricorso del professor Bianco, rigettano queste tesi e ricordano che si poteva ricorrere a proroghe e altri strumenti alternativi, piuttosto che al potere eccezionale di commissariamento. Di qui il pesante sospetto che il provvedimento abbia avuto «senso latamente sanzionatorio di opinioni, espresse dagli organi di vertice del Cnr, non del tutto coincidenti con i progetti di riforma e di revisione proposti dall’organo vigilante». In altri termini, gli organi dirigenti del Cnr non si erano perfettamente allineati e sono stati fatti fuori anticipatamente, senza nemmeno il debito preavviso: «La scelta di procedere allo scioglimento degli organi doveva essere comunicata in anticipo agli interessati». Conferma la sua «grande soddisfazione» il presidente del Cnr, secondo cui: «Il testo della motivazione è illuminante non solo perché riporta gli atti di governo a un livello di legittimità, ma anche perché restituisce al Cnr la garanzia di una voce istituzionale in grado di fare le dovute osservazioni ai decreti di riordino presentati dal ministro Moratti, i quali presentano molti lati oscuri». Il viceministro Guido Possa, il quale già il giorno in cui era stata resa nota la sentenza del Tar, il 20 febbraio scorso, aveva annunciato che la riforma non si sarebbe certo fermata e che il ministero avrebbe affrontato un aperto confronto con i ricercatori, sta mantenendo la promessa. Ieri pomeriggio ha incontrato alcuni membri del consiglio direttivo del Cnr: «E’ stato un primo giro d’orizzonte per esaminare le principali obiezioni al disegno di riordino dell’ente. Un confronto positivo che continuerà nelle prossime settimane». Franco Foresta Martin ___________________________________________________________________ IL Sole24Ore 1 mar. ’03 UN AIUTO ALLA "RICERCA SOCIALE" ROMA - Una mano alla ricerca di interesse sociale. Il Consiglio dei ministri svoltosi ieri ha approvato, su proposta del ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, un regolamento sull'attuazione del decreto legislativo 460/97. Il provvedimento definisce gli ambiti e le modalità di svolgimento dell'attività di ricerca scientifica di particolare rilevo sociale da parte delle fondazioni. Solo per quegli interventi sarà possibile l'accesso al regime di favore fiscale introdotto dal decreto del 1997, che riformulò tutta la normativa fiscale degli enti non commerciali. La disciplina di sei anni istituì le Onlus (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale) e stabilì che solo per loro potesse essere ritagliato il regime agevolato. L'articolo 10 del decreto 460 individua gli enti ammessi a godere della denominazione di Onlus e dei relativi benefici fiscali. In particolare il comma 1 inserisce tra le Onlus tutti quei soggetti, e in particolare le fondazioni, che svolgono attività di ricerca scientifica di notevole rilevo collettivo. Per quanto riguarda le modalità di svolgimento, queste potevano essere dirette dagli stessi enti oppure affidate a università, istituti di ricerca oppure fondazioni "in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo". Un regolamento che però sinora era mancato. E all'assenza ha posto rimedio la decisione del Governo di ieri, preceduta da una serie di pareri espressi dai ministeri interessati e dalle indicazioni dell'Agenzia del terzo settore che, come previsto dalle norme istitutive, è stata consultata sul punto. Il provvedimento dispone così che le attività di ricerca agevolabili e, in particolare, a potere godere dei benefici saranno: la prevenzione, diagnosi e cura di patologie; la prevenzione e limitazione dei danni derivanti da droghe; lo studio delle malattie procurate da cause ambientali; la produzione di nuovi farmaci e vaccini per uso umano e veterinario; i metodi e i sistemi per aumentare la sicurezza nella categoria agroalimentare e nell'ambiente a tutela della salute pubblica; la riduzione dei consumi energetici; lo smaltimento dei rifiuti; le simulazioni, diagnosi e previsione del cambiamento climatico; la prevenzione, diagnosi e cura delle patologie sociali e delle forme di emarginazione sociale; il miglioramento dei servizi e degli interventi sociali, sociosanitari e sanitari. Il regolamento precisa inoltre che le fondazioni, come peraltro già previsto dal decreto legislativo del 1997, potranno svolgere la loro attività anche in via mediata, utilizzando università, enti di ricerca e altre fondazioni. A stabilirlo dovrà però essere lo statuto e a disciplinare i rapporti tra le fondazioni e gli enti cui potrà essere affidata l'attività dovranno essere convenzioni, con il compito di disciplinare: le linee guida dell'attività da svolgersi presso gli enti ai quali viene affidata la ricerca; i rapporti tra la fondazione e l'ente per la prestazione di collaborazione, consulenza, assistenza, servizio, supporto, e promozione delle attività; le modalità di impiego del personale di ricerca e tecnico amministrativo e del conferimento di beni, strutture e impianti necessari allo svolgimento delle attività di ricerca; le forme di finanziamento anche attraverso il concorso di altre istituzioni pubbliche e private. Con l'arrivo del regolamento viene poi messa la parola fine alle preoccupazioni che avevano cominciato a serpeggiare in questa lunga fase transitoria di avvicinamento alle disposizioni finali. Perplessità che avevano preso tanto più sostanza dopo la risoluzione dell'agenzia delle Entrate, la n. 294/E del settembre scorso, che aveva sottolineato come, nelle more del regolamento, tutte le fondazioni che, svolgendo attività di ricerca, avessero assunto la denominazione di Onlus, non avessero in realtà diritto al titolo. Con conseguenze facilmente immangiabili in termini di trattamento fiscale: si poneva infatti il dubbio sulla legittimità o meno delle agevolazioni fiscali e sull'eventuale possibilità di una richiesta da parte del Fisco di restituzione dell'indebito. Adesso, per le Onlus che svolgano attività negli ambiti individuati non dovrebbero esserci più incertezze. GIOVANNI NEGRI ___________________________________________________________________ La Stampa 2 mar. ’03 "UNIVERSITÀ INCOMPETENTE, NON SA FARE RICERCA" I RISULTATI DELL´INDAGINE DELL´ATA, L´ASSOCIAZIONE TECNICA DELL´AUTOMOBILE Per questo l´industria è avara nei finanziamenti Incompetenti. Non che non sappiano: il punto è che "non sanno fare". E´ uno degli elementi di un cahier de doléances compilato allo scopo di superare le diffidenze tra università e industria, e che contiene pesanti bordate agli atenei da parte delle aziende: per una volta sono le industrie, tante volte accusate di miopia e d´avarizia nei finanziamenti alla ricerca scientifica, a dire la loro, e a spiegare perché spesse volte rinunciano a finanziare i programmi dei dipartimenti universitari. Si tratta di un´indagine realizzata nel 2002 dall´Ata, l´Associazione tecnica dell´automobile, e diffusa dal Centro ricerche Fiat, il cui amministratore delegato Gian Carlo Michellone è anche presidente dell´Ata. Strutturata a partire da 300 questionari diffusi nelle aziende e negli atenei, l´indagine ha animato un workshop a Monopoli lo scorso anno, e si rinnoverà (con un nuovo questionario) nel "2° Workshop Università- Industria" in programma a Trento il 26 e 27 giugno. Partendo dalla consapevolezza che la collaborazione tra atenei e aziende è una delle chiavi della competitività del paese, l´indagine spiega alcune ragioni delle incomprensioni tra i due mondi, e propone alcune soluzioni. Alle università si rimproverano lacune pesanti: dall´incapacità di fornire servizi nei tempi richiesti dalle aziende, al fatto che gli accademici non vengono nè controllati nè valutati. Dalla mancanza di incentivi per chi collabora con le industrie, fino a stigmatizzare che "i professori non sono licenziabili", e a sentenziare che "in Italia c´è un´Università senza gerarchia con individui indipendenti che non hanno doveri, ad eccezione dei compiti didattici: è un´azienda piattissima, in cui i professori hanno un solo capo, il rettore, che praticamente non ha potere gerarchico: è più un capo amministrativo". Risultato: "L´università è spesso vista, in modo anche miope e restrittivo, come un ufficio tecnico fatto di soli direttori (anche fra loro litigiosi), con poca o nulla forza lavoro". E se alle aziende si imputa di "focalizzarsi su obiettivi di breve periodo, con particolare attenzione alla riduzione dei costi piuttosto che allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi ad elevato contenuto tecnologico", gli atenei, alle prese con l'esiguità di fondi e strutture per la ricerca per colpa dello Stato, sono anche sotto accusa per "la burocrazia che blocca le iniziative", oltre al fatto che "mancano di strutture adeguate al dialogo e al confronto con l´esterno". Ancora: "La formazione del ricercatore universitario è in genere basata sulla capacità d´impostare il problema più che di fornire soluzioni a quelli già definiti". "In conclusione, molte aziende pensano che l´università sia incompetente. Non che non sappia, ma che non sappia fare". Una gragnuola di accuse. Che però hanno uno scopo costruttivo: "L´apertura - dice il vicepresidente dell´Ata, Giannetto Levizzari - di nuovi e più proficui canali di dialogo". Ed ecco alcune delle proposte, a partire dai casi in cui l´abbraccio tra industrie e atenei ha prodotto buoni frutti: "Oltre a far fronte comune per la politica della ricerca", si punta a intensificare la costituzione "di consorzi tra imprese e dipartimenti su programmi pluriennali con obiettivi condivisi", e all´"invio di gruppi di ricercatori nelle aziende, per lo sviluppo di nuovi prodotti-processi". "Le industrie necessitano di formazione continua sul lavoro: chiedono corsi frequenti, brevi e mirati, preferibilmente erogati in azienda". Servono "iter semplificati per la collaborazione con partner industriali", capacità di sfruttare meglio le risorse disponibili, un più efficace trasferimento dei risultati della ricerca da parte degli atenei, ma anche "agevolazioni fiscali per chi finanzia attività ad alto rischio". Sapendo che "la competitività di un paese dipende dall´innovazione dei prodotti, risultato delle competenze tecnico-scientifiche e della loro capacità di relazionarsi con il tessuto produttivo". Giovanna Favro ___________________________________________________________________ La Stampa 2 mar. ’03 LA REPLICA DEGLI ATENEI "L´INDIPENDENZA È UN DIRITTO CHE TUTELA LA LIBERTÀ DI STUDIO" BUROCRATI? Privi di gerarchie? Teorici litigiosi che vivono nell´iperuranio, incapaci, in concreto, di fare? Quasi a dire: buoni a nulla? Il quaderno di doglianze dell´Ata - che riunisce ingegneri e tecnici dell´automobile, ma anche studenti e docenti universitari - riguarda, in generale, le università italiane, e non prende di mira in particolare gli atenei torinesi. Che accettano però il ruolo di portabandiera nel replicare alle bordate, in qualche caso recitando pure il mea culpa. Purché sia chiaro, per quanto riguarda il rettore del Politecnico Gianni Del Tin, che "abbiamo 700 contratti l´anno con le imprese. Se questo rapporto dura nel tempo, se continuano ad investire in progetti congiunti, vuol dire che la nostra risposta è ritenuta adeguata, non crede?" I professori si dicono disponibili a mettere in discussione quasi tutto, ma non uno dei punti-cardine costitutivi degli atenei, lo stato giuridico dei docenti. Sono indipendenti uno rispetto all´altro, non sono strutturati gerarchicamente come nelle aziende private, ma questo "ci è per fortuna garantito dalla Costituzione", dicono all´unisono Del Tin ed Ezio Pelizzetti, vicerettore che Rinaldo Bertolino ha delegato alla Ricerca dell´Università degli Studi: "La norma serve a tutelare la libertà e l´autonomia di studio, di ricerca e d´insegnamento". Non si traduce per forza nello scoordinamento, nell´ingovernabilità. Per Pelizzetti, anzi, "nei gruppi di ricerca esiste comunque in genere un capofila". Ciò detto, proprio per venire incontro a chi invoca maggiore coordinamento, "L´Università sta creando l´Agenzia per la ricerca che ha il compito di canalizzare le risorse interloquendo con le aziende, cui si vuole offrire un punto di riferimento chiaro e preferenziale".