RICERCA, PIU’ FONDI E PIU’ RISULTATI RICERCA: L'EUROPA ARRANCA STUDENTI MODELLO, IL DINAMISMO CONTA PIU’ DEI VOTI LE AZIENDE ITALIANE E STRANIERE NON DANNO MOLTA IMPORTANZA AL 110 E LODE. CAGLIARI: "L'UNIVERSITA’ AI MARGINI” LA FABBRICA ITALIANA DELLE LAUREE AD HONOREM ARCHITETTURA NEL MONDO – NUOVO RINASCIMENTO ITALIANO CERTIFICATI DI MALATTIA ONLINE SCUOLA ONLINE PER I RICOVERI "LUNGHI" REPLICA DELLA «CONSIP» DIRITTI E DOVERI DELLA FARMACEUTICA ================================================================== FORMIGONI SFIDA SIRCHIA: GESTIAMO NOI IL POLICLINICO CONFINDUSTRIA: TROPPI RITARDI NELLE FORNITURE ASL FORMAZIONE, I MEDICI FANNO IL PIENO «UN MEDICO DEVE ADOTTARE I SUOI PAZIENTI» LA MALATTIA GLOBALE PRIMO MASTER IN CARDIOLOGIA LA FORMAZIONE VIAGGIA SUL WEB GIAN LUIGI GESSA, UNO SCIENZIATO TRA I TOPI LE FMS: «NESSUNA CERTEZZA SUI PERICOLI A BORDO» CON L’AGOPUNTURA NIENTE MIRACOLI MA CURE MEDICHE OSPEDALI FATISCENTI, BRAVI MEDICI CI SALVERANNO OLIO D’OLIVA, PANE E PASTA L’ALCOL, NEMICO DEL FEGATO CUORE, ORA SAPPIAMO TUTTO SERVE VOLONTA’ PER PREVENIRE COME EVITARE LE TRASFUSIONI: 150 CENTRI – 8000 OPERAZIONI TUMORI ALLA CERVICE UTERINA, OCCHIO AL VIRUS SONDA A «MASER» PERMETTE DI IDENTIFICARE NEOPLASIE UN ESAME DEL SANGUE CONTRO IL CANCRO SOSTANZE CHIMICHE E DISTURBI NEUROLOGICI ================================================================== _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 17 mar. ’03 RICERCA, PIU’ FONDI E PIU’ RISULTATI Un budget di quasi 304 milioni di euro e una parola d'ordine che non lascia alternative: se i finanziamenti restano risicati, in network si puo’ provare a crescere e a vincere. Soprattutto se la posta in gioco e’ rappresentata dalle attivita’ di ricerca che gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), l'Agenzia per i servizi sanitari regionali (Assr), l'Istituto superiore di Sanita’ (Iss), l'Istituto per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (Ispesl) e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (Izs) mettono al servizio del ministero della Salute. Il bilancio. Nonostante il gap che ancora separa l'Italia dagli altri Paesi europei (investiamo in R&S l'1,04% del Pil contro una una media europea dell'1,92%) il bilancio dell'attivita’ di ricerca finanziata dal ministero della Salute nel 2002 conferma il trend di crescita avviato a partire dal 1999. Nell'ultimo triennio, infatti, il Fondo e’ aumentato in termini monetari del 17,7% (+2% rispetto al 2001) arrivando, appunto, a 304 milioni di euro: ad assorbire la quota maggiore sono proprio i 32 Irccs presenti in Italia, alla cui ricerca corrente e’ destinato il 61% delle risorse, mentre ammonta al 24% la quota destinata alla ricerca finalizzata (Irccs, Regioni e altri enti scientifici). Complessivamente, dunque, gli Irccs finiscono per ottenere l'80% delle risorse, anche se va segnalata la costante crescita dei fondi che - all'interno della categoria - sono assegnati agli Istituti di ricerca polispecialistici e in particolare agli oncologici, arrivati a concentrare dal 2001 il 30% dei fondi destinati agli Irccs. Un segnale, quest'ultimo, del diverso criterio di assegnazione adottato a livello centrale nella distribuzione delle risorse. La valutazione. "Dal 1998 a oggi - spiega il direttore generale della Ricerca sanitaria e vigilanza sugli enti della Salute, Giovanni Zotta - si e’ progressivamente passati da un finanziamento della ricerca basato essenzialmente sui programmi e sul criterio storico a criteri che premiano gli istituti piu’ meritevoli da un punto di vista oggettivo: un cambiamento che ha fortemente stimolato la produzione scientifica degli Istituti". Il nuovo sistema di valutazione si basa sull'adozione di 21 parametri che stimano il prodotto degli Istituti in termini di pubblicazioni scientifiche, brevetti, capacita’ di attrarre finanziamenti da soggetti pubblici e privati, qualita’ dell'assistenza prestata agli utenti del Ssn. Di rilievo il bilancio dell'attivita’ dei 32 Irccs che hanno incrementato del 17% il numero delle pubblicazioni scientifiche prodotte e del 4% il valore dell'Impact Factor (determinato in base al numero di citazioni internazionali dei lavori comparsi su una determinata rivista). In particolare tra il 2000 e il 2001 le pubblicazioni sono cresciute del 7,5% (4.599 nel 2001) e l'Ifn del 4,7%: 12 nello stesso arco di tempo gli Irccs con almeno un brevetto. Sempre nel 2001 sono ammontati a 181 i percorsi diagnostico-terapeutici mirati sulle singole patologie messi a punto dagli Irccs, che hanno prodotto anche 208 linee guida e gestito 106 registri malattia. Significativo anche il contributo proveniente dagli assessorati alla Sanita’ delle diverse Regioni. Complessivamente hanno prodotto 98 iniziative di ricerca: Lazio (12 progetti), Emilia Romagna e Lombardia, (8 ciascuna) e Piemonte (7), le piu’ prolifiche. Significativa anche l'incidenza del finanziamento privato (21% delle risorse) nonche’ il numero dei progetti sostenuti dall'Unione europea (140 nel 2001). Tra le iniziative destinate a far crescere il sistema della ricerca sanitaria pubblica del Paese figurano oggi in particolare le specifiche risorse destinate a incoraggiare la costituzione di reti di collaborazione intorno a concreti progetti di ricerca comune e all'ingresso o al rientro dei ricercatori dall'estero. Gli obiettivi futuri. "Uno sforzo ulteriore dovra’ essere compiuto quest'anno - conclude Zotta - nel tentativo di avvicinare ancora un po' l'Italia agli obiettivi fissati nel vertice di Barcellona (marzo 2002) dal Consiglio europeo dei capi di Stato e di Governo: portare gli stanziamenti in ricerca, sviluppo e innovazione dell'Unione al 3% del Pil entro il 2010". Un traguardo ambizioso, visto che l'attuale spesa nazionale in ricerca e’ circa un terzo dell'obiettivo posto nel vertice, complici sia lo scarso investimento in ricerca dei privati, sia le modeste risorse stanziate per la ricerca pubblica. Che non a caso ha adottato una sorta di strategia di "cofinanziamento" scegliendo di premiare con fondi in piu’ anche la capacita’ di reperire risorse da soggetti esterni al dicastero della Salute. Sara Todaro _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 21 mar. ’03 RICERCA: L'EUROPA ARRANCA Aumenta il divario con gli Usa - Promossi solo i Paesi scandinavi, l'Italia fanalino di coda Continua dalla prima pagina Il commissario europeo Busquin, nel presentare il rapporto, ha fatto riferimento all'Italia come a uno degli esempi di ritardo, invitando Roma «a impegnarsi di piu’ nel raggiungere gli obiettivi stabiliti» e a fare della ricerca «una delle priorita’ della prossima presidenza italiana». Secondo la ricerca Ue, l'Italia e’ in tutto inferiore alla media europea (tranne che nella spesa per l'educazione) e i bassi livelli di investimento uniti a una debolissima crescita di questi rendono l'avvenire del nostro Paese ancora piu’ preoccupante: e’ necessario intervenire, affrontare seriamente la questione e mobilizzare piu’ risorse, dice il rapporto. L'Europa, pur formando un numero maggiore di laureati e dottori di ricerca in scienza e tecnologia degli Stati Uniti e del Giappone, impiega meno ricercatori rispetto a questi due Paesi. Molti dei migliori cervelli del Vecchio continente preferiscono ancora andare alla ricerca di opportunita’ di lavoro piu’ allettanti negli Stati Uniti e in Canada. L'Europa deve inoltre fare i conti con la diminuzione del numero di brevetti e con il deterioramento della sua posizione commerciale nel settore dell'alta tecnologia, anche se i ricercatori europei continuano a predominare in alcuni settori, come la ricerca medica e la chimica e la Ue mantiene le posizioni anche nell'aeronautica e nelle telecomunicazioni. Divario. Nella seconda meta’ degli anni 90 si e’ assistito a un continuo allargarsi del divario nella spesa in ricerca e sviluppo rispetto agli Stati Uniti. Attualmente la media nei Quindici tocca l'1,94% del prodotto interno lordo (1,04% in Italia), contro il 2,80% degli Usa e il 2,98% del Giappone. Divario che mostra dimensioni maggiori se si vanno a vedere le somme effettivamente investite: nel 2000 gli Usa hanno sborsato per il settore scientifico e tecnologico 288 miliardi di euro, contro i 164 dei Quindici e i 154 del Giappone. Il settore privato contribuisce in Europa solo per il 56% al finanziamento complessivo della ricerca, contro un contributo di due terzi che si registra negli Stati Uniti e in Giappone. E il disavanzo commerciale, per quanto riguarda gli scambi nel settore dell'alta tecnologia e’ aumentato da nove miliardi di euro nel 1995 a 48 miliardi nel 2000. Preoccupante anche la forbice fra i trend di crescita: mentre nel periodo 1995-2000 le spese americane in ricerca sono aumentate in media del 5,7% annuo, quelle della Ue si sono fermate al 3,4%, con l'Italia a chiudere la classifica con un modesto +1,2 per cento. La scarsa propensione italiana a investire emerge anche dal fatto che nessuna area italiana e’ presente nella classifica delle quindici regioni della Ue che investono di piu’ in ricerca, guidata da Germania e Finlandia. Helsinki si conferma anche il Paese europeo piu’ virtuoso per investimenti hi-tech, con un trend di crescita del 13,5% che surclassa anche gli Usa. Capitale umano. La Ue produce ogni anno piu’ laureati in scienze e ingegneria degli Usa, con un rapporto di circa 500mila contro poco piu’ di 340mila, ma il capitale umano europeo si disperde in fretta, e la fuga verso gli Usa riguarda ogni anno circa 85mila persone, il 70% delle quali non tornera’ nel proprio Paese d'origine. Ci sono in media in Europa 5,36 ricercatori ogni mille lavoratori, contro gli 8,66 degli Stati Uniti. La classifica e’ guidata ancora una volta dalla Finlandia (9,61) e chiusa dall'Italia (2,78), che e’ anche l'unico Paese europeo ad aver fatto segnare in media una perdita netta del numero di ricercatori negli ultimi dieci anni (- 12%). Lo Stivale chiude anche le classifiche europee di laureati in discipline scientifiche (3,53 ogni mille abitanti contro una media Ue di 6,85) e di dottorati di ricerca in campo scientifico (0,16 ogni mille abitanti contro una media Ue di 0,42). Il ritardo europeo emerge chiaramente anche dal fatto che ben il 33,1% delle richieste di brevetti nella Ue sono effettuate da aziende americane, mentre l'Unione conta per appena il 19% delle richieste di brevetti avanzate in territorio statunitense (contro il 52,7% degli Usa). Biotecnologie. L'Europa segna il passo anche nelle biotecnologie. Pur vantando una produzione scientifica maggiore degli Stati Uniti, le societa’ del Vecchio continente sono deboli nell'acquisizione di brevetti e nella loro commercializzazione. In Europa le richieste di brevetti presentate da imprese del Vecchio continente ammontano solamente al 27,8% rispetto a 51,9% quelle statunitensi. Nanotecnologie. Nelle nanotecnologie, secondo il rapporto, l'andamento europeo e’ soddisfacente in termini di produzione scientifica e di brevetti. I 15 Paesi Ue e i Paesi Efta detengono il 39% di tutti i brevetti mondiali in tale campo, contro il 45% degli Stati Uniti e del Canada, ma gli investimenti europei nel 2000 sono stati largamente inferiori rispetto a quegli statunitensi (di un terzo) e c'e’ il timore di non riuscire a mantenere i livelli raggiunti finora. Ricerca militare. La spesa dell'Unione europea per la ricerca e lo sviluppo militare e’ sensibilmente diminuita nel corso dell'ultimo decennio e l'aumento di stanziamenti in bilancio per la ricerca civile non e’ stato proporzionale. Nell'ultimo decennio, in tutti i Paesi membri dell'Unione, ad eccezione della Spagna, gli investimenti per la difesa sono rimasti immutati o hanno subito una contrazione in termini reali. Lo stesso discorso vale per il Giappone. La Francia ha effettuato i tagli piu’ significativi: 49% in termini assoluti nell'ultimo decennio (da 4,8 miliardi di euro nel 1991 a tre miliardi nel 2000). Anche il Regno Unito, nello stesso periodo, ha tagliato le spese di oltre il 27 per cento. La percentuale di bilancio pubblico stanziata per la ricerca militare negli Stati Uniti ha subito un calo nell'ultimo decennio (ma questi dati non considerano gli stanziamenti post-11 settembre) e tuttavia, partendo da livelli molto piu’ alti rispetto alla Ue, l'America continua a essere in testa. Inoltre nel Piano per la difesa 2004-2009, il bilancio per la ricerca statunitense aumentera’ di un massimo di 40 miliardi di dollari per la marina, di 20 miliardi per l'aeronautica e di 20 miliardi per l'esercito. Lara Ricci _______________________________________________________________ Corriere della Sera 18 mar. ’03 STUDENTI MODELLO, IL DINAMISMO CONTA PIU’ DEI VOTI Lavoro di gruppo e capacita’ di comunicazione tra i nuovi requisiti dell' ateneo dei «cervelloni» Gasperetti Marco PISA - Lo studente modello non e’ piu’ soltanto il primo della classe, un genio solitario con il massimo dei voti, ma un ragazzo sveglio, dinamico, brillante e comunicativo. Sono cambiati i criteri di selezione della Scuola Superiore Sant' Anna di Pisa, uno dei templi dell' universita’ italiana dove gli studenti (600 tra ordinari e iscritti a master e corsi di specializzazione) frequentano gratis le lezioni in un college all' americana mentre fuori, nel mondo del lavoro, li aspetta un posto assicurato. Insomma, il tempo dello studente secchione, con gli occhi sempre sui libri e la testa fra le nuvole e’ tramontato. Per avere successo nella vita non basta guadagnarsi un cento tondo tondo sul diploma di maturita’. E cosi’ agli esami del nuovo concorso di ammissione alla scuola Sant' Anna (il bando sara’ pubblicato a fine aprile) ci saranno anche psicologi sociali e del lavoro che cercheranno di capire le motivazioni e il talento degli aspiranti studenti. Saranno distribuiti test e svolti colloqui che, oltre alla cultura generale, valuteranno la persona nelle sue varie intelligenze, compresa quella emotiva. I candidati dovranno dimostrare di saper stare con gli altri, di saper organizzare un gruppo di studio e di avere una buona capacita’ di adattamento. Ma anche di saper parlare bene e in pubblico, di conoscere i propri limiti per migliorarsi, di essere brillanti e curiosi, di guardare in avanti per mettersi sempre in gioco. E soprattutto dovranno saper dominare le emozioni, per poter contare sulla grinta giusta al momento giusto. Spiega Nicola Bellini, docente di Economia e gestione delle imprese e direttore della Divisione Formazione universitaria e alla ricerca della Scuola Sant' Anna: «Certo, non cerchiamo dei mostri. Queste nuove competenze saranno materia di studio durante i nostri corsi. Insegneremo ai ragazzi anche come affrontare in modo brillante i problemi della vita e del lavoro». E aggiunge: «Naturalmente gli studenti dovranno dimostrare di avere ottime basi scolastiche. Ma il genio isolato a noi non interessa. Vogliamo gente sveglia in grado di risolvere problemi teorici e pratici: non solo studenti eccellenti, ma persone eccellenti». Ma allora un genio come Giacomo Leopardi alla Sant' Anna non sarebbe stato ammesso? «Leopardi e’ un genio della letteratura, la sua poesia e’ arte - risponde Bellini -, qui si insegnano medicina, ingegneria, economia, agraria, giurisprudenza e scienze politiche: l' arte non c' entra. I nostri ragazzi devono studiare, essere creativi e avere solide basi culturali, ma senza doti relazionali e intelligenza emotiva un bravo studente non sara’ mai un ottimo professionista». La Scuola Sant' Anna ogni anno organizza un corso estivo al quale sono invitati gratuitamente, per alcuni giorni, cento tra i migliori studenti degli ultimi anni delle superiori selezionati su base nazionale. Ragazzi che dopo la maturita’ potranno fare domanda e presentarsi agli esami di ammissione. «Un modo per cercare di valorizzare i talenti - spiega Riccardo Varaldo, direttore della Scuola -. Da qui ne sono passati molti: Giuliano Amato, Sabino Cassese, Enrico Letta, Antonio Maccanico, Pier Francesco Guarguaglini, Tiziano Terzani, solo per fare alcuni nomi. Ma i talenti devono studiare in modo moderno e i nostri curricula seguono i tempi». Quest' anno, anche alla scuola estiva, verranno avviati momenti di riflessione sul lavoro di gruppo. «Vogliamo - sottolinea Bellini - che anche loro comprendano l' importanza di alcuni requisiti che il mondo del lavoro pretendera’». E proprio ieri il presidente Ciampi ha ricevuto al Quirinale il direttore della Scuola Sant' Anna, Riccardo Varaldo, e i vertici dell' ateneo: nel corso dell' incontro ha consegnato le insegne di Ufficiale dell' Ordine al Merito della Repubblica Italiana a Paolo Dario, direttore del Polo Sant' Anna Valdera. Marco Gasperetti I requisiti per avere successo LAVORO DI GRUPPO Agli aspiranti studenti della Scuola superiore Sant' Anna di Pisa, cosi’ come ai neolaureati, viene richiesta la capacita’ di saper lavorare in gruppo. Ma anche di avere capacita’ di adattamento, di essere curiosi e bravi comunicatori, di sapere mettersi in gioco e dominare le proprie emozioni LINGUE E INFORMATICA Il principale requisito richiesto dalle aziende ai neolaureati e’ la conoscenza delle lingue straniere. Le preferenze delle imprese piu’ competitive vanno ai giovani che padroneggiano almeno una o due lingue straniere. Al secondo posto tra i requisiti richiesti c' e’ la conoscenza dell' informatica L' ETA’ Le imprese preferiscono neolaureati giovani. Questo requisito e’ richiesto in particolare dalle imprese che intendo investire in attivita’ di ricerca. Il consiglio quindi: concludere in fretta gli studi anche a scapito di una laurea con qualche punto in meno STAGE Danno peso particolare al curriculum dei neolaureati stage ed esperienze di lavoro condotti durante gli studi universitari o subito dopo la laurea. Quest' ultima referenza garantisce 12 punti in piu’ nel «tasso di occupazione». Molto apprezzati sono anche i periodi di studio all' estero _______________________________________________________________ Corriere della Sera 18 mar. ’03 LE AZIENDE ITALIANE E STRANIERE NON DANNO MOLTA IMPORTANZA AL 110 E LODE. «Solo il 6% delle aziende guarda alla lode Richiesti stage, lingue straniere e rapidita’» LA BANCA DATI Benedetti Giulio ROMA - Le aziende italiane e straniere non danno molta importanza al 110 e lode. Per farsi prendere in considerazione da un' impresa di punta meglio preoccuparsi meno del «bacio accademico» e investire tempo ed energie per apprendere una o due lingue straniere, un po' di informatica e soprattutto per concludere piu’ rapidamente gli studi, anche se tutto questo si paghera’ con qualche punto in meno. Il consiglio viene dal professor Andrea Cammelli, direttore di un osservatorio di eccezione: la banca dati di Almalaurea, la piu’ fornita d' Italia, con le schede del sessanta per cento dei dottori sfornati dai nostri atenei. «Sulle 300 mila richieste di curricula arrivate negli ultimi 12 mesi alla nostra banca dati - dice Cammelli - solo nel sei per cento dei casi veniva indicato il voto di laurea. Le aziende, anche attraverso la documentazione che mettiamo loro a disposizione - continua il direttore della banca dati - si sono accorte che il voto di laurea cambia in modo sensibile a seconda delle facolta’ e delle sedi universitarie. Tanto per fare un esempio tra i punteggi medi con cui ci si laurea in Ingegneria nei vari atenei ci sono differenze fino a undici punti su centodieci. In facolta’ come Lettere o Scienze della formazione le medie del voto di laurea si aggirano sui 107 o 108 punti su 110, quindi sono abbastanza elevate. In altre, come Economia e Giurisprudenza, la media e’ di 98 o 99 punti su 110. Evidentemente gli imprenditori si sono resi conto che alcune facolta’ hanno rinunciato a fare una selezione, rinviandola al mercato del lavoro. E allora, per dirla come Montesquieu, meglio una testa ben fatta che una testa ben piena». Le preferenze delle aziende piu’ competitive, secondo l' osservatorio di Almalaurea, vanno innanzitutto a chi padroneggia una o due lingue straniere. Seguono le conoscenze informatiche, l' eta’ giovanile, particolarmente apprezzata dalle imprese che intendono investire in attivita’ di ricerca, gli stage e le esperienze di lavoro durante gli studi universitari o subito dopo. Quest' ultima referenza garantisce 12 punti in piu’ nel tasso di occupazione. Sono apprezzati anche i periodi di studio all' estero. Infine si tiene conto della tesi di laurea. G. Ben. 6 PER CENTO Solo il 6% delle 300.000 richieste di curricula arrivate dalle aziende si preoccupa del voto di laurea _______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 16 mar. ’03 "L'UNIVERSITA’ AI MARGINI vittima del circolo vizioso professioni-affari- politica" Paolo Pani professore ordinario di patologia generale La societa’ e’ modellata dai poteri economico, politico e sindacale, dell'informazione ed, infine, dai poteri sociali. Nell'ultima categoria rientrano i diversi tipi di associazionismo, che cercano di condizionarsi vicendevolmente secondo comuni finalita’. Queste considerazioni sono premessa per introdurre l'argomento dell'Universita’ e del suo territorio. Se parliamo di Bocconi, il riferimento e’ Milano in un rapporto con la realta’ di quella citta’, lo stesso per il Politecnico e Torino. Ma esiste una consapevolezza di una identita’ cagliaritana? Nel Paese, Cagliari e la Sardegna hanno una posizione di marginalita’. Una delle sue originalita’ e’ stata il sardismo, che ha mantenuto una identita’ quando si e’ saputo collegare ai pensieri politici nazionali. I politici sardi (non sempre esplicitamente) sono stati connotati da questa qualita’ politica. Quella cultura non e’ stata invece capace di andare oltre i limiti, quelli politici, e non ha saputo coniugare le sue idealita’ sul piano del progresso e della modernita’ (due termini non sempre di segno positivo). E' una cultura che va rarefacendosi per la crisi delle idealita’ del suo sardismo, irrecuperabile nelle sue desuete forme politiche. La Bocconi ed il Politecnico sono l'espressione delle conoscenze e delle competenze della modernita’ - l'economia e la tecnologia - non solamente come professioni, ma anche come ricerca di nuove forme di organizzazione sociale. Questi esempi non sono un termine di confronto per la realta’ cagliaritana, ma ribadiscono semmai la sua grande lontananza da quelle realta’. Offuscamento di cultura politica in Sardegna: tale affermazione potrebbe essere smentita, tuttavia, se la ritenessimo plausibile, dovremmo almeno identificarne le cause. Cagliari e’ definibile come citta’ mercantile (di basso profilo), conservatrice, caratterizzata da un circolo vizioso, professioni-affari- politica, e sostenuta da un "associazionismo" che ha perso molto delle sue idealita’ per legittimare la Cagliari (oggi egemone) dei redditi e dei privilegi. La municipalita’ cagliaritana e’ la manifestazione di quell'ambiente di conservazione nel contesto di forti tradizioni familiari, delle professioni cagliaritane, dei suoi medici, avvocati ed ingegneri e dei suoi imprenditori, soprattutto nel settore dell'edilizia. La stessa cultura politica si e’ appiattita omologandosi a quell'ambiente di conservazione, in un progressivo distacco da altre realta’ regionali. Il modernismo d'accatto della municipalita’ cagliaritana e’ espresso dalle improbabili formule automobilistiche di S.Elia, dai Capodanni televisivi, dai velleitarismi da "American Cup" per Cagliari capitale della Sardegna, del tutto distratta delle sue realta’ regionali, che volutamente vuole ignorare. L'attuale amministrazione universitaria ripete il carattere di questa cagliaritanita’: e’ l'Universita’ delle professioni. La riforma universitaria ne ha accentuato il carattere localistico, attraverso meccanismi concorsuali che hanno irragionevolmente privilegiato i docenti locali. Si comprende la dissociazione pubblica del Rettore del nostro Ateneo nei confronto del mondo accademico e le sue scarse frequentazioni a livello nazionale. Risulta anche chiaro il tentativo dell'amministrazione universitaria di ridurre, sulla base di un mediocre opportunismo politico, l'importanza del dibattito. Si capisce anche la marginalita’ della funzione universitaria: questi come clienti poveri della politica regionale. Non devono sorprendere, in questo ambiente di conservazione, le difficolta’ del ricambio (uno strumento della democrazia del progresso) di cariche istituzionali: il Rettorato e la Presidenza del Casic sono esempi significativi, dell'Universita’ e del suo territorio. Le Universita’ non sono solo scuole professionali. Esiste un collegamento fra didattica e ricerca. Il contenuto delle professioni sono i suoi tecnicismi di per se’ neutri. E' la cultura del professionista che ne determina il valore. Il professionista (di studi universitari) non dovrebbe essere un semplice esecutore, ma un critico attento, capace di indicare percorsi ed individuare obiettivi. La ricerca, come metodo, diventa un suo strumento. A scanso di mistificazioni la finalita’ dello studente universitario non e’ diventare "scienziato", ma quello di acquisire un metodo critico. E' questo anche il senso generale della funzione universitaria nella societa’, attorno a cui sembra risvegliarsi in Italia un movimento. E' una licenza, quella del "movimentismo", che l'universitario sardo non puo’ pero’ concedersi: non puo’ che assumere prioritariamente altre responsabilita’, quelle istituzionali, in alternativa a questa Universita’ in un rigoroso confronto con la societa’, col territorio nella completa autonomia delle sue funzioni. L'Universita’ puo’, anzi deve diventare una questione regionale, senza presunzione. _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 17 mar. ’03 LA FABBRICA ITALIANA DELLE LAUREE AD HONOREM Esponenti del mondo scientifico, statisti, politici, ma anche cantanti e starlettes: ecco come un ateneo cerca di farsi pubblicita’ Sua Altezza Serenissima il principe di Monaco, diventato dottore a Cagliari un paio di settimane fa, lo sa benissimo: tutta pubblicita’, grasso che cola. Assegnare una laurea honoris causa a un personaggio pubblico e non a uno scienziato serve per conquistare titoli sui giornali, per allacciare rapporti d’immagine, per farsi conoscere. Un po’ come partecipare ai convegni del Rotary. A certi livelli, pero’: magari si conquista anche un titolo nel telegiornale della sera. E’ un fenomeno in grande crescita in tutta l’Italia. Negli ultimi undici anni Bologna ha assegnato 125 pergamene, passando con disinvoltura da Lucio Dalla a Juan Carlos di Spagna a Dubcek. E gli altri atenei? Dal 1999 a oggi hanno distribuito 108 riconoscimenti. Andati, e’ vero, anche a studiosi con i quali i dipartimenti hanno allacciato rapporti di collaborazione didattica e scientifica. Ma nell’elenco ci sono anche l’industriale della pasta Pietro Barilla, l’ex presidente dell’Unione Sovietica, Michail Gorbaciov, il tenore Jose’ Carreras, il governatore di New York Mario Cuomo, l’artista Irene Papas, il batterista jazz Max Roach, Silvio Berlusconi, novello ingegnere per l’Universita’ di Calabria. Cagliari, nel suo piccolo, ha seguito questa linea. Alternando rigore cientifico e marketing. Dal giugno del 1997 per nove volte il rettore Pasquale Mistretta si e’ congratulato con personaggi che non erano suoi studenti. Accanto ai professori Roy A. Wise (psicologo), Thomas Starzl (ricercatore medico), Niki Etsuo (scienziato), Michelle Perrot Roux (linguista) e John G. Hildebrand (un altro studioso da laboratorio), si sono presentati in toga e abito buono anche il presentatore televisivo Piero Angela, il compositore musicale Ennio Morricone e un principe, Alberto di Monaco. Tre personaggi, tre storie, tre motivazioni da consegnare a giornali e senato accademico. Piero Angela perche’ e’ un grande comunicatore e divulgatore di nozioni scientifiche al grande pubblico in prima serata: non per niente ha ottenuto la laurea ad honorem anche in altri Atenei (Camerino, Chieti e Palermo). Quella di Morricone era quasi dovuta per i rapporti di collaborazione con i docenti cagliaritani di Lettere: il musicista e’ sempre stato disponibile a partecipare a convegni e seminari e a per impartire lezioni speciali agli studenti, il diploma e’ stato la contropartita, apprezzatissima con tanto di singhiozzi e lacrime di commozione. Il principe, invece, ha incassato un titolo politico e non scientifico: l’ateneo conta di avviare rapporti di collaborazione con il Museo oceanografico di Montecarlo, a pochi metri dal casino’ e dal Tennis club, impegnato nella salvaguardia dei cetacei del mar Mediterraneo. Rispetto ad altri rettori, quello cagliaritano, Pasquale Mistretta, ha scelto di evitare sperperi: niente traduzioni simultanee durante la discussione, niente toga in omaggio (costa almeno due milioni): alle casse dell’Universita’ la laurea honoris causa al fratello di Stefania e Carolina di Monaco, dive dei rotocalchi rosa, e’ costato soltanto un rinfresco per 70 invitati (selezionatissimi) al costo di 15 mila lire a persona: poco piu’ di un milione. Il resto ( pranzi ufficiali, alberghi, sicurezza, limousine) e’ stato a carico di Regione, Provincia e Comune, che hanno fatto a gara per pagare le ricevute presentate dal Console onorario della Sardegna Giampiero Sanna. Non si raggiungeranno comunque le cifre spese per Gorbaciov ad Ancona: 600 milioni il conto finale. Con tanto di soddisfazione del sindaco della citta’ adriatica: «E’ stato un testimonial incredibile». Pasquale Mistretta spera che la visita di Alberto di Monaco sia servita alla citta’ e alla Sardegna per stringere rapporti economici con il Principato, ma in fondo in fondo non ne e’ molto convinto: «Dal punto di vista scientifico invece gli studiosi del mare di Cagliari e Montecarlo possono cooperare tantissimo». Sorride, poi, il Magnifico Rettore, quando pensa che diversi politici sardi anche di altissimo livello nazionale hanno sperato, per non dire sollecitato, in una laurea honoris causa. Magari per aggiungere “dott.” nei santini elettorali. «Ho preferito evitare». _______________________________________________________________ Corriere della Sera 20 mar. ’03 ARCHITETTURA NEL MONDO – NUOVO RINASCIMENTO ITALIANO Inizio modulo Piano, Gregotti e gli altri: i nostri progettisti alla conquista di Europa, Usa e Australia Bucci Stefano L' architettura italiana? Inconcludente nei suoi risultati. E tutto per colpa «del potere egemonico e pervasivo di alcuni maestri del dopoguerra, dell' inefficacia del nostro sistema concorsuale, del poco coraggio e della scarsa lungimiranza di pubbliche amministrazioni e universita’». Cosi’ recitava il catalogo che accompagnava Next, l' edizione 2002 della Biennale di Architettura di Venezia. Definita come «il fanalino di coda dell' Occidente», la nostra architettura doveva questo suo ritardo, «alla bellezza, alla ricchezza e alla grandezza delle nostre citta’». Le quali, proprio in virtu’ di quel passato splendore, sembravano non aver piu’ alcun bisogno di un futuro. Almeno architettonico. C' e’, sicuramente del vero, in queste affermazioni. Eppure il New Asian Art Museum firmato da Gae Aulenti che si inaugura oggi a San Francisco, non sembra essere soltanto un episodio. Ma, piuttosto l' ultimo atto di una sorta di «Italian Renaissance», che porta amministratori pubblici e magnati privati di ogni parte del mondo ad affidarsi sempre piu’ spesso a progettisti italiani. Dall' Inghilterra all' Australia, da Shanghai a Lisbona, dall' Etiopia alla Germania. Ecco, dunque, una piccola geografia (certamente arrotondata per difetto) dei grandi progetti made in Italy sparsi per il mondo. E chissa’ che proprio tra queste «grandi firme» non ci sia anche il vincitore (che verra’ proclamato a maggio) della «Medaglia d' oro dell' Architettura italiana», recuperata dopo trent' anni di oblio. Cominciamo da Renzo Piano. Attualmente l' autore dell' Auditorium di Roma sta lavorando, tra l' altro, alla nuova sede del New York Times, alla London Bridge Tower (dovra’ essere «la piu’ alta torre d' Europa») ma anche al Museo Klee di Berna («un omaggio all' artista integrato nel paesaggio delle Alpi») e al complesso residenziale Braço de Prata a Lisbona. Dice Piano: «vedo la mia nuova torre come una piccola citta’ verticale per dieci mila abitanti che li’ potranno lavorare ma anche divertirsi». In quella torre «tutto dovra’ accadere sotto il segno della bellezza ma anche della funzionalita’: umana, tecnologica, energetica, economica». Le sfide di Vittorio Gregotti si giocano oggi tra Marocco e Cina. Per uno degli stadi che ospitera’ la Coppa del Mondo di Calcio nel 2006, Gregotti «si e’ in particolare rifatto alle tradizioni berbere». Altrettanto intrigante e’ il progetto per la costruzione di due nuove citta’ in Cina, nella regione di Shanghai. Da una parte, Jiangwan: centomila abitanti, edifici di un' altezza media di cinque piani, shopping center, scuole, centri, culturali, biblioteche e campus. Dall' altra, Pujiang: ottantamila abitanti per una nuova citta’ «di fondazione» che dovrebbe richiamarsi a un ideale modello italiano con tanto di «maglia ortogonale» e «rete fluviale» (il primo nucleo dovrebbe essere pronto nei prossimi cinque anni). Molto attivo all' estero e’ anche Massimiliano Fuksas. Che attualmente sta lavorando, ad esempio, al Centro esposizioni di Angoulême in Francia. Dodicimila metri quadrati caratterizzati «da una parete, quasi una faglia, composta da un doppio strato di policarbonato piegato». Ma di Fuksas sono anche le Twin Tower di Vienna (due torri da trentasette e trentaquattro piani per un totale di centoquarantamila metri quadrati), il nuovo store di Giorgio Armani nel centro di Hong Kong (l' apertura dovrebbe avvenire nel prossimo ottobre) e edifici sparsi tra Eindhoven e Utrecht. L' Italia, dunque, non sta a guardare (oggi, tra l' altro, viene posta anche la prima pietra del nuovo «Maxxi», il Museo nazionale di arte contemporanea di Roma firmato dall' angloiraniana Zaha Hadid) e ancora lungo e’ l' elenco dei nostri architetti attualmente impegnati all' estero. Mario Bellini chiudera’ a ottobre «l' ampliamento e la ristrutturazione» degli spazi espositivi, del foyer, delle sale conferenze, del centro multimediale, dei negozi e della caffetteria nella National gallery di Vittoria (in Australia); Guido Canali, autore della nuova galleria della Pilotta a Parma, sta realizzando la sede della Hypo Vereins Bank di Francoforte; Antonio Citterio sta lavorando, ad Amburgo, alla Neuer Wall e al quartier generale della Edel Company («un ibrido tra un comune palazzo per uffici e un campus universitario»). E ancora: Alessandro Anselmi, recente autore del municipio di Fiumicino, ha da poco realizzato i terminal della metropolitana di Nantes e di Sotteville-les-Rouen (in Francia) mentre i «giovani» Claudio Lazzarini e Carl Pickering stanno attivamente lavorando tra ristoranti a Cap Ferrat, palazzi a Sidney, negozi a Londra e a Parigi. E mentre uno dei padri fondatori dell' architettura italiana, Luigi Caccia Dominioni (classe 1913), sta creando una Chiesa per i Padri Salesiani, a Adua, in Etiopia. Una chiesa che, stando alle indiscrezioni, pare davvero bellissima. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 21 mar. ’03 CERTIFICATI DI MALATTIA ONLINE ROMA - Presto i lavoratori dipendenti daranno l'addio all'obbligo di inviare all'Inps il certificato di malattia entro due giorni dall'assenza dal lavoro. Sara’ merito della telematica. E della volonta’ dei medici di famiglia di farsene direttamente carico. Dopo una sperimentazione di otto mesi in nove citta’, l'Inps sta infatti per rompere gli indugi: la stipula di una convenzione-quadro aperta a tutti i medici di famiglia per dare l'avvio in tutta Italia alla "gestione telematica della certificazione di malattia". Con un colpo al cerchio (l'inossidabile burocrazia e il mare di carte che la contorna) e uno alla botte (quella sempre vuota dei conti che non tornano), uno dei "pezzi di carta" obbligatori che da sempre tormentano i lavoratori, verra’ cosi’ finalmente stracciato per sempre. Con obiettivi che l'Inps ha esplicitamente dichiarato: ridurre le spese, impiegare meglio il personale, creare una banca dati "della morbilita’ e della morbosita’", e addirittura dotarsi di uno strumento in piu’ per contenere l'assenteismo. Pochi dati bastano del resto per capire la montagna di pratiche che comporta la gestione dei certificati di malattia: 12 milioni di certificati medici ogni anno a fronte di un rapporto con i 50mila medici di famiglia, 60 milioni di giornate indennizzate e di altrettanti contributi figurativi all'anno. Il tutto per una spesa complessiva valutata in 52,8 milioni. Proprio da queste cifre, e dalle complicazioni gestionali oltreche’ burocratiche per i lavoratori, e’ partita a giugno 2002 una sperimentazione attuata d'intesa con la Fimmg (il principale sindacato dei medici di famiglia) ad Aosta, Mantova, Bari, Bologna, Messina, Ostia, Reggio Calabria, Catanzaro e Oristano. Secondo un programma di per se’ banale: utilizzare la tecnologia per la trasmissione telematica dei certificati direttamente da parte dei medici, dal Pc che hanno in studio, agli uffici Inps. E le prove di addio alla burocrazia avrebbero dato risultati positivi, anche se non sono mancate resistenze da parte dei medici (per chi aderiva era previsto un rimborso forfettario di 800 euro), che peraltro andavano debitamente istruiti al cambiamento, e anche difficolta’ tecniche. Ma "i medici hanno capito di essere di fronte a una vera e propria rivoluzione culturale del proprio modo di operare con grandi ricadute all'esterno", si afferma nella relazione del commissario straordinario dell'Inps. Secondo la Fimmg, comunque, al termine della sperimentazione il giudizio dei medici e’ stato nel 76% dei casi "positivo o molto positivo", tanto da sollecitare all'Inps l'estensione del programma a tutta Italia. Inutile dire che ben piu’ soddisfatti sono stati i cittadini, con un giudizio che e’ stato positivo nel 91% dei casi. La proposta di convenzione- quadro allo studio ("aperta a tutti i medici di famiglia che lo richiedono") si articola in sostanza in due punti. Il primo e’ di carattere squisitamente tecnico: prevedere, cioe’, che il sistema di trasmissione adottato dai medici "si attenga" al protocollo standard tecnico procedurale deciso dall'Inps, in modo tale che si possa riconoscere il medico e che siano garantite sicurezza e privacy. Il secondo punto riguarda invece i costi dell'operazione: la convenzione dovra’ infatti esplicitare il compenso da riconoscere ai medici per ogni certificato inviato, che dovra’ comunque stare entro i "limiti dei costi cessanti, determinato sulla base dell'aggiornamento dei costi industriali relativi alla gestione della certificazione cartacea". Quei 52,8 milioni di cui si e’ detto, insomma, che per l'Inps (a valori 2001) significano 4 € di costo industriale per certificato. R.TU. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mar. ’03 SCUOLA ONLINE PER I RICOVERI "LUNGHI" MARCO ROGARI ROMA - Lezioni "online" per gli studenti ricoverati per lungo tempo in ospedale. Sconti per i docenti che acquisteranno i computer. E la realizzazione di una serie di distretti digitali del tessile e dell'abbigliamento nel Mezzogiorno. Sono questi alcuni dei dieci progetti, per uno stanziamento complessivo di 161 milioni di €, che sono stati approvati ieri dal Comitato dei ministri per la societa’ dell'informazione. Ad annunciarlo sono stati i ministri Lucio Stanca, Antonio Marzano, Letizia Moratti, Maurizio Gasparri e Giuliano Urbani. Stanca ha anche detto che ad aprile diventera’ operativo il previsto "bonus" da 175 € in favore degli studenti sedicenni per acquistare un Pc: le lettere contenenti il "pin" per ottenere lo sconto saranno recapitate tra la fine del prossimo mese e l'inizio di maggio. Tornando ai 10 progetti legati al piano di innovazione tecnologica approvati ieri, tutti riguardano l'introduzione e l'utilizzo delle nuove tecnologie in diversi comparti: dalla sanita’ con la telemedicina fino all'istruzione. Diverse iniziative investono il Mezzogiorno e le isole: fra queste figurano quella per la diffusione della banda larga nelle aree con minor reddito e quella che prevede l'introduzione delle nuove tecnologie nel comparto tessile e abbigliamento nelle regioni del sud Italia. "Si tratta - ha detto Stanca - di progetti che serviranno a modernizzare il Paese, che compira’ dei passi in avanti grazie alle nuove tecnologie". Gasparri si e’ soffermato sul progetto per la diffusione di Internet veloce nelle aree a minor reddito: "E’ tempestivo e conferma quello che verra’ sottoscritto a Bruxelles dai capi di Stato dei Governi Europei, e cioe’ no agli aiuti di Stato alle imprese di tlc ma si’ a l'uso fondi per la diffusione della larga banda". Ed e’ proprio il maggior utilizzo del web al centro della gran parte dei progetti approvati. Oltre alla diffusione della banda larga, infatti, sono compresi nel "pacchetto" l'installazione di "Internet point" nelle biblioteche italiane (da 2 a 5 nodi per Regione), un maggior ricorso alla posta elettronica per le comunicazioni fra Pa, cittadini e imprese. La rete promuovera’ anche la Sanita’. Uno dei progetti approvati riguarda proprio la telemedicina: con il collegamento in rete si metteranno a disposizione delle aree piu’ "remote" centri sanitari di eccellenza che offriranno servizi di telepatologia, teleconsulto e telediagnosi. Il Comitato ha anche dato il via libera alla creazione di una rete unica internazionale a banda larga che colleghera’ l'Italia con le proprie sedi all'estero, con un risparmio stimato, quando l'operazione sara’ a regime, di 10 milioni di euro l'anno. Molta attenzione e’ stata dedicata anche alle imprese, per le quali sara’ costituito un portale di servizi in grado di fornire alle aziende oltre una ventina di servizi online. "Questi progetti - ha detto Marzano - consentiranno ai settori coinvolti di fare un salto di qualita’". Sul fronte dell'istruzione, i progetti approvati si inseriscono nel piu’ ampio programma di informatizzazione della scuola. "Da giugno 2002 a marzo 2003 - ha affermato la Moratti - si e’ passati da 270mila a 520mila computer nelle scuole". _______________________________________________________________ La Stampa 20 mar. ’03 REPLICA DELLA «CONSIP» Acquisti per gli enti di ricerca «Centralizzarli permette risparmi, non e’ burocrazia» Tramite l´ufficio stampa del ministero competente riceviamo questa replica alla lettera ospitata il 6 marzo in «Tuttoscienze», riguardante l´introduzione dell´obbligo, per tutti gli enti pubblici, di far capo alla Consip per ogni acquisto. Vorrei rassicurare il professor Paolo Valabrega, del Politecnico di Torino, che in una lettera a «Tuttoscienze» ha criticato la centralizzazione degli acquisti per la pubblica amministrazione, inclusi i centri di ricerca, stabilita con l´ultima legge finanziaria. La Consip non affonda le sue radici nell'esperienza sovietica, tantomeno in quella della Corea del Nord. Al contrario e’ diventata (e sempre piu’ diventera’) un agile strumento al servizio delle pubbliche amministrazioni. Tra i compiti istituzionali della Consip (controllata al 100% dal ministero dell'Economia e delle finanze) c'e’ quello di razionalizzare gli acquisti delle pubbliche amministrazioni, stipulando, attraverso procedure che garantiscono la massima trasparenza, convenzioni con le imprese vincitrici delle gare indette per la fornitura di beni e servizi ad uguali condizioni su tutto il territorio nazionale. Sono state gia’ stipulate 35 convenzioni in 26 settori merceologici, per una spesa complessiva di 8 miliardi di euro. Grazie a queste convenzioni - ma anche alle aste telematiche, propedeutiche per l'introduzione del mercato elettronico per le pubbliche amministrazioni - e’ stato possibile ottenere risparmi medi sull'acquisto di beni unitari del 30%. Sono stati abilitati all'acquisto in convenzione 20.000 utenti (tra cui le universita’ di Bologna, Politecnico di Milano, Universita’ di Padova, di Catania e di Pavia) e gli ordini effettuati sono stati quasi 110.000. Ferruccio Ferranti Amministratore delegato Consip _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 21 mar. ’03 DIRITTI E DOVERI DELLA FARMACEUTICA diEugenio E. Müller* Una serie di articoli della serie «Medicina, societa’ e industria», pubblicati recentemente su Lancet ha discusso estesamente il vasto ruolo che l'industria farmaceutica ha nella societa’. Anche se questo ruolo puo’ variare per alcuni aspetti da un Paese all'altro, vi sono caratteristiche comuni che permettono considerazioni di carattere generale. L'industria farmaceutica non e’ solamente una distributrice di farmaci, ma e’ pure un'importante dispensatrice sia di informazione sia di persuasione. Il costo dei farmaci che essa fornisce grava pesantemente sui fondi pubblici e privati. Nei Paesi industrializzati, l'industria farmaceutica e’ tra i maggiori datori di lavoro, innovatori, finanziatori della ricerca - con molte eccezioni - artefici delle esportazioni. In queste condizioni, i suoi interessi commerciali possono essere paralleli, non conflittuali con quelli della comunita’. A volte, pero’, gli interessi divergono, e quando cio’ accade si deve trovare una soluzione. I doveri dell'industria farmaceutica. La responsabilita’ di una parte verso l'altra non e’ solamente una questione di leggi statuali, benche’ le leggi e le regole possano riflettere e formalizzare la relazione. La responsabilita’, piu’ comunemente nasce perche’ una delle parti ha volontariamente preso su di se’ - o accettato di farlo - certi doveri, o, piu’ semplicemente, li ha assunti per un lungo periodo, cosi’ che altri si basano ora su essi. Due sono le responsabilita’ predominanti che ha l'industria: il dovere commerciale verso gli investitori, e il dovere nei confronti della comunita’. Da un punto di vista commerciale, un'industria farmaceutica e’ obbligata a fornire un congruo ritorno agli investimenti azionari, che deve essere adeguato a ricompensare gli investitori, ma anche sufficiente ad attrarre nuovi capitali quando necessario. Si puo’ affermare, che da questo punto di vista, l'industria farmaceutica si e’ comportata assai bene, anche durante i periodi di stagnazione o recessione economica verificatesi negli ultimi 30 anni, rimanendo fortemente e progressivamente dispensatrice di profitti. Le fusioni, verificatesi sempre piu’ frequentemente in questi ultimi anni, non sono state il risultato di fallimenti industriali, ma sono nate dal desiderio di un gruppo forte di confluire in un gruppo ancora piu’ forte. Da un ampio punto di vista sociale, l'industria farmaceutica ha il dovere di fornire alla comunita’ farmaci efficaci, a un prezzo abbordabile, e di fornire informazioni affidabili su essi. La sua responsabilita’ dovrebbe, cioe’, essere fondata sui principi dei diritti umani. In un senso piu’ stretto, essa ha doveri legali con le agenzie regolatorie governative, i servizi sanitari, le istituzioni, per assicurare che il pubblico interesse sia servito, ed e’ a questo riguardo che l'industria farmaceutica, nonostante i successi conseguiti, e’ attualmente sotto tiro. Se si puo’ affermare che la qualita’ e’ stata mantenuta e il processo innovativo e’ continuato, appare d'altra parte evidente l'esistenza di alcuni punti critici, che si riferiscono alle priorita’ della ricerca, al prezzo dei farmaci, alle modalita’ con cui si fornisce l'informazione. Priorita’ della ricerca. Programmi finanziati con denaro pubblico sono in procinto di sviluppare farmaci per patologie che colpiscono le popolazioni piu’ povere del mondo. Essi sono la dimostrazione di quanto la ricerca industriale abbia trascurato questa area di scarsi profitti, mentre essa ha privilegiato lo sviluppo di farmaci per le societa’ piu’ ricche, capaci di pagarli. E’ duro dover constatare che l'industria farmaceutica di dimensioni mondiali - se deve essere giudicata responsabile nel confronto della societa’ - lo fa ignorando i suoi doveri, quando continua a trascurare le fondamentali necessita’ delle popolazioni mondiali piu’ indigenti. Il prezzo dei farmaci. Il prezzo dei farmaci rappresenta un motivo di contestazione sia nei Paesi poveri sia in quelli ricchi. In questi ultimi, il costo delle medicine e’ divenuto uno degli elementi sostanziali nel costo dell'intera spesa sanitaria, a un punto tale che e’ progressivamente divenuto piu’ difficile fornire adeguati servizi. Tuttavia, questo argomento e’ soprattutto cruciale per i Paesi in via di sviluppo, dove i farmaci salvavita sono, come regola, al di fuori della portata delle persone che ne necessitano. La soluzione del problema non e’ quello della donazione, che si e’ dimostrata di assai scarsa efficacia, ma in un generale riaggiustamento di come si stabiliscono i prezzi e la vendita dei farmaci nel mondo. Le maggiori industrie farmaceutiche che hanno negoziato con le agenzie internazionali l'acquisto in massa di farmaci per i Paesi in via di sviluppo, hanno tollerato una riduzione al 5% o meno del prezzo originario per vaccini e contraccettivi orali, e non vi e’ ragione di ritenere che a questi prezzi cosi’ ridotti esse stiano vendendo in perdita. L'abusato argomento addotto dalle industrie farmaceutiche che i costi elevati dei farmaci sono attribuibili ai costi per la ricerca e’ smentito dall'analisi dei costi pubblicitari e promozionali, che superano di molto i costi della ricerca. In aggiunta, la ricerca industriale puo’ usufruire di supporto pubblico (come riduzione delle tasse, mutui agevolati). Informazioneepromozionesui farmaci. Il dovere di dire la verita’ sui farmaci e’ sorto come risultato del ruolodominante assunto dall'industria farmaceutica nel fornire informazione sulle medicine, cosi’ che la comunita’ e’ divenuta pesantemente dipendente da essa. Gli ideali di salute e benessere pubblicicoesistono con un sempre piu’ vigorosocredo commercialee competitivo e possono essere offuscati da esso. Un vasto numero di individui nel mondo occidentale hanno interesse al benessere finanziario dell'industria farmaceutica, in qualita’ di lavoratori, investitori o pensionati, indirettamente dipendenti dalle prestazioni dell'industria sul mercato azionario. La difficolta’ sorge quando l'andamento finanziario dipende da pratiche che sembrano tradire il dovere piu’ ampio dell'industria di contribuire positivamente alla salute. Il costante flusso di nuovi farmaci, inclusi molti che contribuiscono poco o niente alla cura della salute, la pressione di carattere promozionale esercitata sui medici per prescrivere nuovi farmaci - generalmente piu’ costosi di quelli precedenti - e la collocazione dei prezzi ai livelli piu’ alti che il mercato possa sopportare, possono essere criticati dal punto di vista della societa’, ma la domanda e’ se essi siano realmente "salutari" anche da un punto di vista puramente commerciale. Nessuno trarrebbe vantaggio se l'edificio farmaceutico-industriale avesse un collasso, ma e’ sicuramente opportuno considerare come si possa trovare un miglior bilancio tra salute e commercio. Problemi di vigilanza. Rendere l'industria farmaceutica responsabile nel confronto della comunita’ sta divenendo sempre piu’ difficile, anche perche’ essa e’ molto abile nel "disarmare" le critiche. La diretta pubblicita’ dell'industria e quella piu’ ampia del settore su professionisti od opinionisti viene esercitata attraverso organizzazioni/centri associati che proiettano un'immagine di neutralita’ e non vengonoimmediatamente riconosciute comeassociati al l'industria.Di queste organizzazioni "fiancheggiatrici" ne esistono sia in Usa sia in Europa. L'effetto generale di questi sforzi di pubbliche relazioni e’ quello di dividere e disarmare l'opposizione nella comunita’. Un secondo elemento che complica la difesa del l'interesse pubblico sono le dimensioni mutate delle aziende che rendono possibile robuste pressioni anche sui governi di Paesi occidentali. Un terzo elemento e’ rappresentato dal carattere multinazionale che domina il mercato farmaceutico. Diversamente da un'azienda nazionale, che e’ assoggettata alle regole e sanzioni delle leggi nazionali, una multinazionale puo’ operare in un sistema di 50-100 leggi, rendendo piu’ difficile l'intervento del governo nazionale su queste complicazioni di carattere extraterritoriale. Organizzazioni governative e intergovernamentali. Le regole emanate per assicurare che i farmaci siano registrati solo se efficaci, sicuri, prodotti correttamente e onestamente promossi, si sono dimostrate piu’ che necessarie nei 40 anni seguiti al disastro della talidomide. Ma le iniziative regolatorie sui farmaci assunte a livello locale non sono state unificate a livello mondiale, e non sono servite a rappresentare la controparte della comunita’ alle multinazionali. La regionalizzazione della politica sui farmaci, che e’ molto avanzata nella Ue, rappresenta una tappa importante nella nuova direzione, tuttavia la meta e’ ancora lontana. In Europa gli standard e le politiche tuttora variano, mentre a livello internazionale vi e’ disaccordo e criticismo nel confronto di problemi come l'accettazione di un'elevata proporzione di me-too drugs, l'enfasi crescente sulla velocita’ di approvazione e sul numero di farmaci approvati rapidamente che dimostrano in seguito seri problemi di sicurezza. Prospettive. Benche’ esistano limitazioni nel formalizzare le responsabilita’ dell'industria nel confronto della societa’ a livello mondiale, esistono segni incoraggianti. Il piu’ importante progresso verificatosi in quest'area e’ la crescente consapevolezza pubblica di questi problemi. Per esempio, una grande reazione mondiale ha bloccato i tentativi di un gruppo di multinazionali di vanificare gli sforzi del governo sudafricano a fornire farmaci generici a basso costo per i malati di Aids. Si e’ cosi radicata la convinzione che a volte si abusa della forza industriale e bisogna stare all'erta. Il potenziale mercato mondiale dei farmaci e’ sufficientemente vasto da offrire supporto a un'industria sana e creativa, senza necessita’ di abuso commerciale. Essa si e’ ora abituata a operare in condizioni che sarebbero state inimmaginabili 50 anni fa. Chinando il capo alla minaccia di rivelazioni e alla pressione pubblica, fin dal 1970 l'industria ha abbandonato tutto ma non la pratica di intraprendere ricerche cliniche non etiche nei carcerati o in individui che vivono in Paesi in via di sviluppo. Le aziende hanno anche iniziato, benche’ a malincuore, a muoversi verso prezzi fortemente differenziati, rivolti a servire il mondo dei piu’ poveri. Una sfida ulteriore e’ quella di ridurre lo squilibrio tra spese promozionali e spese per la ricerca, forse indirizzandosi progressivamente a un sistema nel quale e’ il servizio sanitario stesso a provvedere al l'informazione sulla maggior parte dei nuovi farmaci piuttosto che finanziare indirettamente, come avviene attualmente, un esercito di informatori scientifici (24mila in Italia). Sembrerebbe, dai dati disponibili, che una modesta riduzione delle spese di pubblicita’, renderebbero disponibili risorse sufficienti ad aumentare considerevolmente le spese per la ricerca. Evidentemente, non tutte le industrie farmaceutiche sono di questo avviso, come dimostra il recente scandalo che ha visto coinvolti 3mila medici e operatori sanitari italiani che ricevevano regali di ogni sorta da una multinazionale, di cui prescrivevano generosamente i farmaci. *Universita’ statale di Milano ================================================================== _______________________________________________________________ Corriere della Sera 22 mar. ’03 FORMIGONI SFIDA SIRCHIA: GESTIAMO NOI IL POLICLINICO Annuncio a sorpresa del governatore e dell’assessore Borsani. "Una decisione in contrasto con la nuova legge nazionale Anche Besta, Istituto dei tumori e San Matteo di Pavia passeranno sotto il controllo della Regione Milano, ore 13, palazzo della Regione: inizia la Devoluzione. A sorpresa, con una decisione che il ministro della Salute Girolamo Sirchia si riserva di esaminare ("Aspetto di vedere il dispositivo di legge"), ieri il presidente della Regione Roberto Formigoni e l’assessore alla sanita’ Carlo Borsani hanno annunciato che i 5 istituti pubblici di ricovero e cura a carattere scientifico della Lombardia (a Milano il Policlinico, l’Istituto dei Tumori e il Besta, a Pavia il San Matteo, a Casatenovo un istituto per gli anziani) smettono di essere sotto la gestione diretta dello Stato (che da 12 anni, in attesa di un riordino sempre rinviato, nominava i commissari straordinari) e "passano" sotto la Regione. Perlomeno, e’ quanto succedera’ se in consiglio regionale passera’ il progetto di legge approvato ieri dalla giunta, e se non risulteranno toccate prerogative dello Stato. "Finalmente la Regione non sara’ piu’ solo l’ufficiale pagatore, ma potra’ avere la responsabilita’ della gestione", hanno detto Formigoni e Borsani. Finisce cosi’ un contenzioso che e’ durato sotto i ministri De Lorenzo, Guzzanti, Garavaglia, Bindi, Veronesi? Sicuramente, e’ un affondo di Formigoni nel duello a distanza col ministro su un nuovo modello di sanita’. Che per Sirchia va sganciata da un neo-centralismo regionale, mentre per Formigoni e’ il contrario. Il ddl lombardo prevede che gli Irccs siano gestiti da un consiglio di amministrazione composto da 8 membri, di cui 4 (tra cui il presidente) nominati dalla Regione, e 4 dal ministro della Salute. Al timone, un direttore generale nominato dal consiglio di amministrazione, e un direttore scientifico nominato dal ministro. Nel caso in cui siano stipulati protocolli d’intesa tra Regione e Universita’, il consiglio viene integrato da un membro nominato dal ministero dell’Universita’ e Ricerca. Sostanziali le differenze con la nuova legge per gli Irccs (la n.3 del 16 gennaio 2003), varata dal ministro Sirchia. Che prevede due tipi di Irccs: quelli che si trasformano in Fondazioni "di rilievo nazionale", con un consiglio di amministrazione a rappresentanza paritetica (4 membri di nomina ministeriale, 4 di nomina regionale), ma con un presidente e un direttore generale nominati dal consiglio di amministrazione, e quindi non di emanazione regionale. A queste Fondazioni vengono trasferiti i patrimoni. Che possono essere notevoli, com’e’ per esempio il caso del Policlinico, con un patrimonio di 2mila miliardi di vecchie lire. Poi ci sono gli Irccs che non si trasformano: hanno un consiglio di amministrazione con la stessa formula del 4"4, sotto un presidente direttamente nominato dal ministro della Salute. Su chi doveva contare negli Irccs (da cui passano enormi interessi, e tutta la galassia delle carriere universitarie) si sono consumati 12 anni di contrapposizioni politiche. Ieri Formigoni ha preso il toro per le corna: "Siamo nella legittimita’, in quel binario di autonomia disegnato dalla riforma del titolo V della Costituzione". Antonella Cremonese _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 19 mar. ’03 CONFINDUSTRIA: TROPPI RITARDI NELLE FORNITURE ASL Industriali all’attacco: «La Regione deve intervenire per evitare conseguenze disastrose anche sull’occupazione» Le imprese aspettano piu’ di un anno per i pagamenti dei prodotti biomedicali Confindustria si scaglia contro le Asl della Sardegna: in media alle aziende sanitarie sono “sufficienti” 384 giorni per pagare le imprese private fornitrici di prodotti biomedicali, a fronte dei 96 giorni del Trentino Alto Adige, con un incremento dei ritardi del +19,6% rispetto ai 321 giorni del 2001. Ma per una legge europea recepita di recente in Italia, i tempi di pagamento non devono superare i trenta giorni. Una situazione paradossale soprattutto in Sardegna: riguarda anche le cliniche e le altre strutture private accreditate, «costrette a subire i comportamenti di un committente, la Asl, che in molti casi rappresenta il principale, se non l’unico, cliente», rimarca Confindustria. Con effetti disastrosi sull’equilibrio economico-finanziario delle imprese e gravi ripercussioni sull’occupazione: quando le forniture non vengono pagate per tempo, soprattutto le aziende piu’ piccole, non potendo pagare gli stipendi, ricorrono a tagli del personale. «Nei fatti - segnala l’associazione degli industriali -, le Asl attuano una forma impropria di finanziamento, imponendo tempi eccessivi di pagamento, riconoscendo spesso interessi di mora inadeguati. «Questa massa debitoria nei confronti dei fornitori, inoltre, viene sfruttata dalle Asl come strumento per “rinegoziare” condizioni contrattuali precedentemente pattuite e nei fatti creare liquidita’ che viene dirottata a copertura di altre spese», osservano ancora gli industriali. «Una morsa che strangola in particolare le imprese fornitrici di dispositivi medici e le cliniche private che hanno il settore sanitario come unico mercato di sbocco dei propri prodotti e servizi». In assoluto, questo sistema stona con la direttiva Ue 2000/35, recepita in Italia nell’ottobre scorso (con il decreto legislativo 231/2002) che fissa in trenta giorni i tempi di pagamento. Confindustria ritiene a questo punto inevitabile un intervento della Regione con il quale vengano stabiliti stringenti tempi di rimborso e adeguati tassi di interesse di mora, ai quali siano tenute le Aziende sanitarie pubbliche della Sardegna, rendendo illegittime eventuali clausole nelle lettere di aggiudicazione dei bandi di gara che prevedano condizioni differenti dai limiti stabiliti a livello regionale. «Intendiamo agire in tutte le sedi opportune, ritenendo che questa situazione non sia piu’ ulteriormente sostenibile», conclude l’associazione degli industriali. «Ci riserviamo di utilizzare gli strumenti legali a tutela delle proprie aziende associate. Sollecitiamo inoltre un incontro con il presidente della Giunta e con l’assessore della Sanita’ per affrontare in maniera definitiva una situazione divenuta ormai insostenibile». _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 22 mar. ’03 FORMAZIONE, I MEDICI FANNO IL PIENO ROMA - Piu di 7mila organizzatori, quasi 36mila eventi formativi, una platea di circa 700mila operatori appartenenti a 32 categorie professionali del settore sanitario. E’ con questi grandi numeri che la macchina dell'Ecm (Educazione continua in medicina) si prepara all'appuntamento con il "Forum Sanita’ Futura 2003" (Cernobbio, 24-27 marzo). In scena il bilancio del 2002 e la prossima rivoluzione del passaggio dall'accreditamento centralizzato degli eventi all'accreditamento dei provider. Offerta formativa: i medici fanno il pieno. Il 2002 - primo anno "a regime" del programma varato due anni fa dal ministero della Salute - si e’ chiuso con un bottino di 35.239 eventi accreditati con inizio entro il 28 febbraio 2003: 24.289 iniziative residenziali (convegni, simposi eccetera) e 11.350 edizioni di progetti residenziali. Cifre sostanziose che non sono riuscite a soddisfare del tutto l'esigenza di aggiornamento delle diverse categorie rappresentate, tanto che la commissione Ecm ha gia’ deciso di consentire il recupero del debito formativo 2002 nel corso del 2003. Per quanto riguarda gli eventi residenziali, infatti, il grosso dell'offerta continua a essere indirizzato ai medici che con 22.877 appuntamenti dedicati totalizzano il 64,2% delle occasioni Ecm. La carenza maggiore riguarda i biologi (29 eventi). Disomogenea anche la distribuzione regionale degli eventi. In cima alla lista la Lombardia, dove si concentra il 18,38% degli eventi residenziali e il 18,08% dei progetti aziendali. Fanno il pieno di convegni e workshop anche Lazio (12,68%), Emilia Romagna (10,79%) e Veneto (8,6%), mentre le carenze maggiori su entrambi in fronti si registrano in Basilicata e Molise. Per quanto riguarda invece gli organizzatori, su 7.635 registrati, il 12,19% e’ rappresentato da associazioni professionali, il 10,16% da universita’, il 9,6% da societa’ scientifiche, il 7,6% da aziende ospedaliere e policlinici, il 6,5 da Asl, il 29,2% da privati. Ma la categoria e’ destinata comunque a ridursi con l'avvento dei provider accreditati. La rivoluzione dei provider "professionisti". Proprio l'avvento di queste figure, abilitate a valutare da se’ gli eventi proposti attribuendo il relativo punteggio-credito, segnera’ il punto di svolta del sistema Ecm. Non a caso la presentazione delle guidelines per l'accreditamento dei provider e l'introduzione della formazione a distanza (Fad) rappresentano uno degli appuntamenti piu’ attesi a Cernobbio. Oltre ai requisiti base per l'acquizione del "patentino" di provider "professionista", il documento, piu’ di 30 pagine, fissa precisi paletti in tema di conflitti d'interesse, registrazione dei crediti, verifica dell'attivita’ svolta. L'unico nodo da sciogliere resta quello delle sponsorizzazioni: le modalita’ con cui aziende farmaceutiche e produttori di medical devices - esclusi dal ruolo di provider - potranno finanziare gli eventi Ecm saranno definite in documenti ad hoc. Nel frattempo, ottenuto l'imprimatur della Conferenza Stato-Regioni, partira’ l'accreditamento sperimentale dei provider. Obiettivo: l'avvio a regime dal 2004, con circa 2/3mila provider che potranno essere accreditati - e successivamente "controllati" - anche dalle Regioni, corresponsabili della rete Ecm assieme alla Commissione nazionale. Il dovere del dentista. Nel panorama delle novita’ che interessano il settore, da segnalare per oggi la presentazione della "Carta dei diritti e dei doveri dei dentisti", messa a punto dalla Commissione nazionale odontoiatri della Fnomceo. La Carta - sui cui contenuti la Federazione era spaccata ancora ieri fino a tarda sera - ha l'ambizione di essere integrata nel Codice deontologico di categoria e punta principalmente a rilanciare la lotta all'abusivismo dilagante nel settore, a fissare un calmiere per le tariffe professionali, a garantire assistenza anche alle categorie economicamente piu’ deboli. SARA TODARO _______________________________________________________________ La Stampa 17 mar. ’03 LA MALATTIA GLOBALE COME se non bastassero i venti di guerra e le minacce del terrorismo internazionale a far tremare il mondo, ecco comparire sulla scena una misteriosa malattia. Si presenta con febbre alta, tosse, dolore ai muscoli, gola irritata, emicrania, per poi approdare - ma non sempre - ad una polmonite bilaterale. Il numero dei colpiti e dei morti, al momento, non e’ certo tale da evocare lo spettro di un´epidemia, anche se i casi sono distribuiti in tre continenti. Tuttavia le preoccupazioni dell´Organizzazione mondiale della Sanita’ e le misure subito assunte dalle autorita’ sanitarie dei vari paesi, compreso il nostro, appaiono tutt´altro che ingiustificate. Preoccupa, infatti, l´incertezza circa l´agente patogeno della malattia e l´origine della stessa: e’ ancora dubbio se si tratti di una malattia batterica o virale, tanto che e’ indicata con nomi generici e vaghi: «polmonite atipica», «sindrome respiratoria», «infezione polmonare», «Sars» (acronimo di «severe acute respiratory syndrome»). Insomma, troppi nomi per una sola malattia. Un dato che rimanda al caso della terrificante epidemia d´influenza scoppiata alla fine della prima guerra mondiale e che nessuno - dai clinici ai batteriologi, dagli igienisti ai medici - sapeva come chiamare nel nero autunno del 1918: febbre dei tre giorni, epidemia di grippe, polmonite influenzale. Solo alla fine prese il nome di «spagnola», dal primo paese in cui la patologia aveva cominciato a far danni. L´indeterminatezza pesa sugli interventi di prevenzione e di cura, tanto che i consigli delle autorita’ sanitarie americane non vanno, per il momento, oltre generiche raccomandazioni. Rassicura pero’, d´altra parte, la rete dei controlli internazionali e la vigilanza sanitaria predisposta negli aeroporti. E, tuttavia, l´allarme provocato da questo sconosciuto microrganismo, che si sta prendendo gioco di ricercatori e autorita’ sanitarie, fa riflettere: per il momento la globalizzazione non ha prodotto salute globale, mentre la comparsa di una malattia in qualsiasi angolo del pianeta rappresenta una minaccia complessiva. Cresce la nostra vulnerabilita’ proprio mentre la medicina - grazie ai progressi della genetica - ci promette traguardi impensabili non solo per la diagnosi, la prevenzione, la cura delle malattie, ma anche per la durata della vita e, antico sogno, per il prolungamento della stagione della _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 18 mar. ’03 «UN MEDICO DEVE ADOTTARE I SUOI PAZIENTI» “Gestione della sanita’ e tutela dei cittadini” e’ il titolo del seminario organizzato dall’associazione “Pro libera civitate” e presentato ieri alla clinica “Aresu”. Dodici appuntamenti (da giovedi’ fino al 23 maggio) per conoscere e approfondire gli aspetti del sistema sanitario, privilegiando il potenziamento delle strutture e dei servizi nell’ottica del rapporto costo- benefici. Tutto, pero’, finalizzato all’interesse del paziente-cittadino. Il rettore Pasquale Mistretta mostra grande soddisfazione per l’iniziativa: «Segna una tappa importante nell’ambito della ricerca scientifica e preparera’ soggetti attivi nella societa’». I destinatari sono gli studenti della facolta’ di Medicina e chirurgia, che ieri affollavano la sala. Legittimo il dubbio che fossero la’ attirati solo dai 36 crediti, garantiti a chi frequenta il corso. A farlo notare e’ il preside della facolta’ Gavino Faa che, lasciando da parte l’ironia, osserva: « Il corso e’ di grande qualita’ e serve a far capire che bisogna prendersi cura del paziente e non limitarsi all’assistenza clinica». M. Mu. _______________________________________________________________ Corriere della Sera 16 mar. ’03 PRIMO MASTER IN CARDIOLOGIA LA FORMAZIONE VIAGGIA SUL WEB LA SAPIENZA Utilizzare l' informatica e la telematica per fare formazione certificata e continua in medicina. Sono questi gli obiettivi del primo master di secondo livello in «cardiologia diagnostica per immagini» organizzato dal Dipartimento di Scienze cardiovascolari e respiratorie dell' universita’ «La Sapienza». L' iniziativa, coordinata dal professor Francesco Fedele, viene presentata domani alle 9 nel centro congressi in via Salaria: interverranno il rettore dell' ateneo, Giuseppe D' Ascenzo, e il sottosegertario alla Salute, Cesare Cursi e altre autorita’. FORMAZIONE Master in cardiologia: domani ore 9 in via Salaria 113 - Info: www.cardioimaging.it _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 18 mar. ’03 GIAN LUIGI GESSA, UNO SCIENZIATO TRA I TOPI “Intervista sulle neuroscienze”, di Luigi Sotgiu Mica solo vini, formaggi e Tiscali, mare e sole. Sardegna-export distribuisce anche altro. Un prodotto locale, assolutamente garantito, unico al mondo e ricercatissimo: topi. Da laboratorio e con un difettuccio, una piccola tara: sono alcolizzati, da cinquanta generazioni. Etichettati con spocchia, si chiamano Sardinian Ethanol Preferring (Sep). La comunita’ scientifica internazionale li conosce con questa sigla. Li prenota, li aspetta e, nei momenti di crisi demografica, si mette rispettosamente in lista d’attesa. A fabbricarli, moltiplicarli e spargerli autorevolmente per il mondo pensa l’Istituto di Neuroscienze dell’Universita’ di Cagliari. Sono pezzi griffati, cavie a denominazione d’origine: sardi e ubriaconi. Fanno gruppo con altri che si fanno guardare-osservare-studiare in relazione a problemi intimi: impotenza, delirio erotico, propensioni ambigue non solo col proprio sesso ma addirittura con altre razze (con un coniglio, per esempio). Dieci anni fa dicevano di loro: saranno famosi. Mica sbagliavano, ce l’hanno fatta. Dietro questa batteria di uomini e topi (topi moltissimi, uomini pochi) c’e’ uno scienziato in deregulation cerebro- accademica permanente, Gian Luigi Gessa, imperatore di uno dei 23 centri d’eccellenza riconosciuti dal Governo, terza posizione assoluta in Italia. Uno che indica nell’entusiasmo il solo requisito necessario per fare il ricercatore. Salvo il fatto che se si vuole continuare, stare in carreggiata su una strada difficile e accidentata, bisogna attrezzarsi poi anche di alcuni difetti, sia pure in modica quantita’: «Ambizione, ostinazione, egoismo e anche un poco di invidia». Gradito, anche se e’ un optional, il buon uso della lingua italiana, scritta e parlata. Il che non deve sembrare provocatorio: i camici bianchi, di solito, preferiscono scrivere in codice e, soprattutto, pensando al primario della porta a fianco. Quando si avventurano sui giornali spesso, troppo spesso (salvo poche e lodevoli eccezioni), puntano a metter giu’ un piccolo saggio piuttosto che un articolo da quotidiano. Intervista sulle neuroscienze (Cuec, 7 euro) e’ un manualetto intelligente, mai ossequioso, dove si raccontano queste storie (non quelle dei medici e del cattivo italiano, naturalmente) con l’aggiunta di informazioni preziose e leggere: cosa sono la cocaina, l’eroina, le droghe da discoteca, alcol e fumo (fumo doppiamente inteso, non solo da monopolio di Stato). Francesco Luigi Sotgiu si e’ mosso con mano asciutta, ritmo da chiacchierata, vocabolario essenziale, sintesi efficace e linguaggio di assoluta chiarezza. La sua e’ davvero una lunga intervista sui segreti del cervello spiegati al popolo. In piu’, ci sono anche alcune “frasi celebri”, citazioni a meta’ strada tra epigramma ed apologo (aereo, playboy, potenza sessuale, merdonas, eccetera). Testo ideale per le scuole, Intervista sulle Neuroscienze si digerisce rapidamente (non arriva a cento pagine), a tratti fa sorridere, di tanto in tanto intristisce, mostra verita’ che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi eppure non siamo in grado di vedere. Alla fine della lettura, ci si accorge d’essere un po’ piu’ ricchi: di conoscenza. Sotgiu, bisogna dirlo subito, ha avuto gioco facile perche’ Gessa e’ tra i pochi cardinali universitari decrittabili senza parabola, capace di semplificare il concetto piu’ complesso e accendere nel prossimo la virtu’ delle virtu’: curiosita’. Dice di se’ con vanita’ e ironia, con l’orgoglio dello scienziato che ha scelto - come la monaca di Monza - di dire subito si’. Si’ al rientro in Italia dagli Usa (lasciandosi alle spalle un futuro di dollari & gloria), si’ alla fatica ciclopica di costruire in quest’immenso scoglio mediterraneo una scuola vera. Come i suoi topi, anche Gessa ce l’ha fatta. Ha conquistato rispetto e autorevolezza nel pianeta internazionale delle neuroscienze. Non essendo figlio d’arte (e quindi un barone d’allevamento), svela d’essersi ritrovato sul trono intuendo che nessuno ti regala nulla: chi vuol fare ricerca deve imparare anche a fare il politico, il manager, il capo condomino e, qualche volta, il cantore di corte. «Quando questa metamorfosi e’ avvenuta, dal ricercatore e’ nato il barone». Giorgio Pisano _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 20 mar. ’03 LE FMS: «NESSUNA CERTEZZA SUI PERICOLI A BORDO» Monitoraggio ancora in corso, venerdi’ incontro con i rappresentanti dei lavoratori Il gas non ferma gli autobus Il verdetto ufficiale arrivera’ solo tra qualche giorno, ma le analisi compiute ieri dai chimici dell’Universita’ potrebbero smentire i dati della Asl. Tradotto: bisogna attendere ancora per sapere se davvero gli autobus “My day” usati dalle Ferrovie Meridionali Sarde sono delle “camere a gas”. Per venerdi’ il commissario governativo ha convocato i rappresentanti dei lavoratori ma alcune, importanti indiscrezioni sono trapelate ieri in tarda mattinata mentre era ancora in corso il “monitoraggio” sui trenta pullman incriminati. La prima: sui mezzi sarebbe stato installato un nuovo tipo di filtro in grado di “correggere” il livello delle emissioni, provocate dai gas di scarico. La seconda: gli esperti di medicina del lavoro avrebbero espresso qualche perplessita’ sui dati diffusi nei giorni scorsi dai tecnici del presidio multizonale di prevenzione. Tanto basta per far dire a Marco Carboni, commissario governativo dell’azienda di trasporto pubblica: «non ho nessuna intenzione di fermare i trenta autobus. Non prima di avere la certezza sul tipo di problema esistente. Se le analisi dovessero dare un risultato diverso, chi ripagherebbe l’azienda dal danno conseguente alla fermata?» Non e’ dato sapere, per il momento, se qualcuno si sia posto il problema opposto: e se i risultati dovessero essere confermati, chi ripaghera’ i lavoratori? Una cosa Carboni la dice con chiarezza: «l’azienda che rappresento si riserva il diritto di rivalersi su chiunque abbia provocato danni all’immagine». Senza distinzioni: la Asl se ha sbagliato, i lavoratori che hanno lanciato l’allarme a gran voce puntando il dito contro l’azienda o l’Iveco se ha fornito mezzi difettosi e in grado di causare problemi alla salute di autisti e viaggiatori. «Non sappiamo ancora se abbiamo in mano un petardo o una bomba, tutto questo clamore mi sembra esagerato. E poi, perche’ proprio in questo momento se il problema esisteva gia’ tre anni fa?» Domanda che puo’ essere ribaltata. Perche’ le Ferrovie meridionali sarde non hanno ascoltato subito le lamentele dei lavoratori? Quegli autobus acquistati con il contributo della Regione, gia’ da subito avevano dato problemi. Ecco la risposta del Commissario: «Io ho assunto l’incarico a ottobre, di quello che avveniva prima non rispondo. Posso dire, invece, che da quel momento mi sono attivato per capire cosa stava accadendo. Sono stato io a sollecitare i controlli, sempre io ho scritto all’Iveco che qualora i risultati delle analisi dell’Asl venissero confermate, mi riservero’ di chiedere i danni». Non solo. «Proporro’ l’esclusione della ditta dalla partecipazione alle gare d’appalto future. I nostri lavoratori non sono cavie e io ci tengo alla loro salute. Cosi’ come voglio che tutto sia trasparente, nella gestione di quest’azienda. Ma, ripeto: bisogna agire con cautela, altrimenti saremmo perdenti in partenza». Insomma. All’azienda non e’ piaciuto l’atteggiamento dei lavoratori che hanno fatto esplodere il caso. Prima segnalando che all’interno degli autobus arrivavano i gas di scarico, poi rivolgendosi ad un legale e sollecitando i controlli. Il commissario non lo manda a dire: «E’ l’ennesimo atto di un comportamento contro l’azienda». Cinzia Simbula _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 20 mar. ’03 CON L’AGOPUNTURA NIENTE MIRACOLI MA CURE MEDICHE L’unica scuola di specializzazione in agopuntura della Sardegna e’ in citta’. Istituita da 5 anni, e’ una delle 18 funzionanti in tutta Italia, ed ha gia’ specializzato 8 medici. Ha sede all’Ordine dei medici e ha il riconoscimento del ministero della sanita’. Una scuola partita in sordina, la cui attivita’ ha pero’ avuto grande risalto nel corso di un incontro sul tema “Agopuntura: l’antica medicina del futuro” organizzata dal Soroptimist club e dal Rotary club di Oristano. Una iniziativa che e’ servita anche ad illustrare la pratica dell’agopuntura senza enfatizzarla. E introducendo i lavori la presidente del Soroptmist, Eve Piana, ha precisato che anche il Vaticano e’ in sintonia con l’agopuntura purche’ sia eseguita da medici specialisti come medicina complementare e non alternativa. Il presidente dell’Ordine dei medici, Antonio Sulis, dati alla mano, ha ricordato che in Italia l’agopuntura e’ praticata come medicina complementare da 4 milioni di cittadini dai 35 ai 44 anni e che l’80 per cento delle persone che si sono sottoposte alla terapia hanno ottenuto ottimi risultati. Seguitissima e’ stata la relazione del direttore della scuola di Oristano, Enrico Dellaca’, il quale ha sostenuto che non esiste medicina alternativa ed ha sempre ragione chi cura. Ha quindi illustrato la pratica dell’agopuntura che consiste nell’inserimento coordinato di aghi in punti determinati. Ha sostenuto che «i benefici sono incontestabili e la terapia, unita ad altri stili di vita, produce effetti che non si ottengono con la terapia tradizionale». Secondo Riccardo Laria, docente della scuola oristanese, l’agopuntura e’ un’arma in piu’ per affrontare i problemi dei pazienti e ad essa si ricorre sempre piu’ anche in campo ginecologico. Curiosita’ e interesse ha suscitato sull’attento e qualificato pubblico la relazione tenuta da Giancarlo Bazzoni sull’agopuntura auricolare. E’ stato sottolineato, infatti, che il padiglione auricolare, sebbene sia una piccola parte del corpo, e’ la rappresentazione di tutto il nostro organismo. Particolarmente significativa e’ stata la testimonianza spontanea proposta da due persone del pubblico. Una signora ha raccontato che e’ ricorsa all’agopuntura quando l’ernia del disco la costringeva quasi esclusivamente a letto. L’agopuntura non ha eliminato l’ernia del disco, ma sono scomparsi per sempre i dolori e la sua vita e’ tornata quasi alla normalita’. Identica la storia di un altro signore: «Mi sono spariti i dolori, conduco vita normale, so che non posso sollevare piu’ di un certo peso, e per evitare l’intervento chirurgico mi astengo. Sto bene cosi’». Emilio Firinu _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 20 mar. ’03 OSPEDALI FATISCENTI, BRAVI MEDICI I due volti della sanita’ Aspettiamo un bimbo, che purtroppo ha una malformazione ed e’ necessario operarlo appena nasce. Per motivi di lavoro, abitiamo in provincia di Roma, ma le nostre rispettive famiglie vivono in Sardegna. Abbiamo chiesto ai medici se potevamo far nascere il bambino a Cagliari per avere il supporto dei familiari. Ci dissero che a Cagliari c’era un valido chirurgo, la professoressa Gambarella. Sono sceso a Cagliari, all’ospedale di Is Mirrionis, per prendere contatti con il ginecologo e con il pediatra. Ma quello che ho visto mi ha sconvolto. La Ginecologia era una bolgia, ma poteva ancora andar bene. La Chirurgia pediatrica era in una situazione allucinante. Una porta con vetrata che divide il reparto adulti da quello dei bimbi; vecchietti con buste trascinate sul pavimento, un’invasata vestita di bordo’ (mi dicono fosse una capo sala) non mi ha neanche degnato. La Chirurgia pediatrica e’ costituita da un paio di camere squallide, ad un metro dalla scala esterna, dove i genitori stavano all’addiaccio! Insomma, mia moglie ed io abbiamo deciso di far nascere il bimbo a Roma. Ma e’ inevitabile chiedersi: i genitori sardi che, purtroppo, hanno bimbi da operare, dove vanno? Come e’ possibile questa vergogna? Franco Usai Comprendo di cuore il suo stato d’animo. La preoccupazione per la salute del suo bambino, la consapevolezza che sua moglie avra’ bisogno dell’aiuto e dell’affetto dei familiari, lo sconcerto per le condizioni precarie del reparto ospedaliero a cui dovrebbe affidare il suo piccolo. Vorrei invitarla, pero’, a fare una riflessione. Gli ospedali sardi, e Is Mirrionis non fa eccezione, sono spesso vecchi e malconci. Ma altrettanto spesso vi lavorano medici (e paramedici) di grande capacita’ professionale. «A Is Mirrionis e’ in corso una ristrutturazione: Chirurgia pediatrica ha ceduto i locali a Ginecologia ed e’ temporaneamente ospite della Chirurgia generale», spiega il primario di Chirurgia generale Michele Pietrangeli. La situazione non e’ certo ideale, e forse puo’ spiegare (se non giustificare) il nervosismo di coloro che ci lavorano; ma e’ provvisoria. L’alternativa sarebbe stata chiudere i reparti sino alla conclusione dei lavori. «La professoressa Gambarella non c’e’ piu’, ma la sua e’quipe di chirughi pediatrici e’ rimasta. E da giugno sta offrendo anche un servizio di day surgery», assicura Pietrangeli. Signori Usai, prima di rinunciare ad un parto a Cagliari, con il supporto della famiglia, perche’ non contattare direttamente i medici? Il dottor Pietrangeli si e’ detto disponibilissimo a incontrare lei e sua moglie, con il dottor Luigi Mascia, responsabile della Chirurgia pediatrica. Lo trova allo 070 6095876 dove, se il primario e’ occupato, potra’ lasciare il suo numero ed essere richiamato. Auguri! Daniela Pinna _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 20 mar. ’03 CI SALVERANNO OLIO D’OLIVA, PANE E PASTA Settecento in un anno. Tanti sono i cagliaritani morti per infarto, ictus o altre malattie cardiovascolari, ma le vittime diventano duemila in provincia e seimila in tutta l’Isola. Cifre impressionanti, che forse non sarebbero state raggiunte se i sardi si attenessero a pochi, semplici comandamenti: niente fumo, dieta mediterranea e ginnastica. «Per questo e’ necessaria una maggiore informazione», sospira Paolo Bonomo, cardiologo del SS. Trinita’. Proprio per insegnare a evitare il pericolo arriva in citta’, domani e sabato, “Ascolta il tuo cuore, usa il cervello”, la campagna di prevenzione nazionale organizzata dalla Heart care foundation e dalla fondazione Aventis. Nel centro commerciale Santa Gilla sara’ allestito uno stand dove si potranno chiedere informazioni ai sanitari dell’Anmco, l’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri. I cagliaritani, con l’aiuto degli specialisti, potranno anche compilare un test di autovalutazione. Le armi per abbattere i decessi per malattie cardiovascolari sono la prevenzione e la tempestivita’. «La maggior parte dei pazienti in crisi muore prima di arrivare al pronto soccorso», spiega il cardiologo Bonomo, «se si fa in tempo a raggiungere l’ospedale, le possibilita’ di sopravvivere sono molto alte». Oggi, per fortuna, capita sempre piu’ spesso: «Gli equipaggi del 118 hanno salvato molte vite», conferma Antonio Sanna, primario della divisione di cardiologia del Brotzu, «e la tempestivita’ non e’ soltanto un salva-vita: prima si interviene, minori saranno le conseguenze della crisi cardiovascolare». Il problema, semmai e’ capitare in strutture che abbiano i farmaci e i macchinari adatti. Sotto questo profilo, il Brotzu e il San Giovanni di Dio sono all’avanguardia. Se poi si riconoscono i sintomi in tempo e «si impara a cambiare lo stile di vita, correggendo i fattori di rischio», conclude Sanna, «l’incidenza della malattia si riduce notevolmente». Le malattie cardiovascolari sono legate ad altre patologie: «L’ipertensione e l’eccesso di colesterolo», spiega Bonomo, presidente regionale dell’Anmco. «Tra le altre cause di infarti, le piu’ importanti sono il fumo e l’obesita’». Per questo e’ importante seguire una dieta corretta: per dimagrire, se ci sono problemi di sovrappeso, e per stare in forma se si e’ sani. E’ d’obbligo poi fare sport con continuita’ e, soprattutto, non fumare. La campagna di prevenzione e’ importante, se si pensa che anche in Sardegna, cosi’ come nel resto d’Italia, le malattie cardiovascolari sono al primo posto tra le cause di morte con il 46 per cento dei casi (seguite dai tumori, con il 28 per cento). In molti casi sono morti improvvise, ma anche in questo caso esiste il modo per prevenirle: «I pazienti a rischio, cioe’ chi ha avuto altri casi in famiglia, soffre di diabete o di pressione e colesterolo elevati, dovrebbero tenersi sotto controllo con gli esami clinici», spiega Sanna. Eccoli: per chi ha meno di trent’anni, sono l’elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma. Per i piu’ anziani, invece, sono previsti l’ecocardiogramma e una prova sotto sforzo. «In tutti i casi», raccomandano gli specialisti», quando si avvertono i primi sintomi di un possibile infarto, e’ meglio chiamare subito il 118 senza perdere tempo con il medico di famiglia, che non ha a disposizione le attrezzature montate sulle ambulanze». Alice Guerrini _______________________________________________________________ L’Unione Sarda 17 mar. ’03 Incontro. Iniziativa del Servizio di medicina interna del Brotzu al Siotto L’ALCOL, NEMICO DEL FEGATO Gli esperti agli studenti: «Evitate sempre gli abusi» Un decalogo per prevenire il tumore al fegato e una campagna di informazione tra i giovani. Organizzata dalla seconda divisione di Medicina interna del Brotzu, la manifestazione “Avere fegato, una questione di cervello” e’ stata presentata al liceo classico Siotto per sensibilizzare i ragazzi davanti alle gravissime conseguenza delle malattie epatiche. Le principali cause del calcinoma sono le malattie virali, epatite B e C, la cirrosi e soprattutto l’alcolismo. Per questo l’incontro con gli studenti del liceo classico e’ stato incentrato sui pericoli legati all’abuso di alcolici. «Il problema sta nella quantita’ di grammi di alcol assunti, non nel tipo di bevanda», ha precisato Graziella Boi, responsabile del Centro per il trattamento dei disturbi psichiatrici alcol correlati, della Asl 8. Una birra, un bicchiere di vino o poche dita di super alcolici hanno piu’ o meno la stessa quantita’ di sostanza etilica. E possono produrre gli stessi danni sull’organismo. L’affermazione degli esperti che cinque bicchieri di vino in un solo giorno siano gia’ da considerare come un abuso ha colto di sorpresa la giovane platea, quasi fosse un’assurdita’. E i liceali si sono stupiti anche dalla notizia che l’assunzione di alcolici solo il fine settimana sia dannoso tanto quanto il rito della bevuta quotidiana: «Gli effetti sul cervello sono identici», ha sottolineato la responsabile del Centro di trattamento dei disturbi psichiatrici, perche’ nel week-end si beve in poco tempo una quantita’ esagerata di alcol. E l’organismo non riesce a smaltirlo in modo adeguato». A .G. _______________________________________________________________ Repubblica 20 mar. ’03 CUORE, ORA SAPPIAMO TUTTO SERVE VOLONTA’ PER PREVENIRE Contro l’obesita’ e il fumo nulla puo’ la scienza Da Firenze il monito di Pier Luigi Prati, presidente del Centro per la lotta contro l’infarto DI ANTONIO CAPERNA Tecnologia e nuove cure all’avanguardia per il cuore non bastano a ridurre le morti per cause cardiovascolari. Nuovi tipi di stent medicati, progettati per rilasciare i farmaci direttamente nei vasi, oppure le moderne Tomografie computerizzate multistrato (Tcm), evoluzioni della Tac tradizionale, devono fare i conti con l’abitudine alla prevenzione. A richiamare l’attenzione e’ Pier Luigi Prati, presidente del Centro per la lotta contro l’infarto, in occasione della presentazione di «Conoscere e curare il cuore 2003», XX Simposio di cardiologia, che si e’ svolto a Firenze dal 7 al 9 marzo. «Stiamo vivendo una contraddizione insolita», ha detto Prati, «Disponiamo di mezzi per prevenire, riconoscere e curare le malattie coronariche molto efficaci e poi si spopola una citta’ ogni anno, per colpa delle malattie cardiovascolari. In Italia l’infarto colpisce una persona ogni 7 minuti. La prevenzione, dopo i grandi successi iniziali con la riduzione del 40 per cento delle morti, e’ caduta in un periodo di stanchezza, del quale hanno approfittato l’obesita’, che e’ triplicata, il fumo di sigaretta soprattutto tra le donne, il colesterolo e l’ipertensione arteriosa». A cio’ poi va aggiunto il dramma organizzativo che fa si che gran parte dei pazienti muoia prima di arrivare in ospedale. Eppure la ricerca continua a fare passi da gigante: l’utilizzo dello stent medicato, cioe’ della sottile maglia metallica che rilascia farmaci nei vasi sanguigni, per impedire una nuova occlusione, trova conferma in diversi studi. In 238 pazienti sottoposti ad angioplastica nello studio europeo Ravel, quelli a cui e’ stato applicato uno stent medicato non hanno fatto registrare alcuna «restenosi», contro il 27 per cento di riocclusioni del gruppo con stent semplici. «Si tratta di un risultato eccezionale», ha commentato Francesco Prati, della divisione di Emodinamica e cardiologia interventistica dell’ospedale S.Giovanni di Roma, «visto il rischio di restenosi e’ passato dal 3050 per cento con la sola angioplastica al 20 per cento con gli stent tradizionali a valori prossimi allo zero con quelli medicati. Tuttavia delle circa 60 mila angioplastiche eseguite in Italia lo scorso anno, meno del 10 per cento ha utilizzato stent medicati». Cosi’ come «la sopravvivenza a 48 mesi ha rilevato che i pazienti sottoposti alla combinazione angiolasticastent medicati dimezzano la probabilita’ di subire un nuovo evento rispetto al solo utilizzo della terapia medica», ha sottolineato Bruno Trimarco, docente di clinica e scienze cardiovascolari all’Universita’ Federico II di Napoli. Grande interesse c’e’ anche intorno alla Tcm, che permette di ricostruire lo stato delle arterie senza intervenire invasivamente con l’inserimento di cateteri. Il funzionamento e’ simile alla Tac tradizionale ma si puo’ effettuare anche in ambulatorio e la ricostruzione dell’immagine cardiaca avviene tramite computer, che integra le informazioni dell’elettrocardiogramma. «E’ come vedere le coronarie senza coronarografia» ha concluso Marco Zimarino, Dirigente medico dell’Universita’ G.D’Annunzio di Chieti, «Nei prossimi 5 anni ci sara’ un rivoluzione in cardiologia». _______________________________________________________________ Repubblica 20 mar. ’03 COME EVITARE LE TRASFUSIONI: 150 CENTRI – 8000 OPERAZIONI Quali alternative negli interventi Su spinta dei Testimoni di Geova si praticano in 150 centri. Eseguite 8 mila operazioni DI MARIAPAOLA SALMI Una donna di 57 anni, testimone di Geova, e’ stata l’ultima nel dicembre scorso a subire un trapianto di fegato da vivente al Policlinico Umberto I di Roma, senza utilizzare trasfusioni di sangue. E ai testimoni di Geova che in tutto il mondo hanno portato avanti il loro credo, dobbiamo i progressi della ricerca nel settore delle metodiche alternative alla trasfusione. In Italia si contano 8 mila interventi chirurgici l’anno eseguiti senza l’uso di trasfusioni; 2.500 i medici, gli anestesisti, i chirurghi e i radiologi che hanno perfezionato le diverse tecniche e che operano in almeno 150 strutture sul territorio nazionale. Negli Stati Uniti, ma ce ne sono anche in Canada, i «bloodless center», centri senza sangue, attivi sono un centinaio. «Le metodiche trasfusionali alternative», osserva il professor Roberto Sampietro, primario di chirurgia d’urgenza all’ospedale San Carlo di Milano, «sono senz’altro da preferire, in particolare quelle che utilizzano il recupero intraoperatorio di sangue». Le alternative trasfusionali portano in primo piano il paziente: non e’ piu’ «il fegato» o «il ginocchio» da operare ma una persona con le sue problematiche, le sue paure. «Il chirurgo, l’anestesista, l’internista e il radiologo studiano il malato e il tipo di intervento, calcolano le perdite ematiche, programmano le lacune e le potenzialita’ di recupero dell’organismo e decidono quale strategia attuare per applicare a quel paziente la migliore alternativa possibile alla trasfusione», spiega il professore Celio Mario Sarteschi dell’Universita’ di Pisa, responsabile tra l’altro del sito: www.med.unipi.it/ patchir/ bloodl/ bmr.htm. Negli ultimi anni si va cosi’ imponendo l’autotrasfusione. Il paziente dona a se stesso il proprio sangue. L’e’quipe medica e chirurgica deve programmare l’intervento. Il recupero preoperatorio si effettua con piu’ sedute da tre a cinque settimane prima dell’ospedalizzazione. Il paziente deve star bene, se e’ anemico viene preparato con somministrazione di ferro o eritropoietina. Non e’ adatta per i bambini ed esclude l’urgenza. _______________________________________________________________ La Stampa 19 mar. ’03 TUMORI ALLA CERVICE UTERINA, OCCHIO AL VIRUS Medicina indicazione della commissione europea l´HPV genera infezioni in cinque donne su mille: la sua ricerca dovra´ sostiture il pap test perche´ e´ piu´ sicuro e permette di attuare terapie adeguate gia´ a partire dalle fasi iniziali ANNI fa Ulrico di Aichelburg scriveva su TuttoScienze un articolo dal titolo "Il virus HPV, killer che produce tumori", nel quale sottolineava l'importanza della ricerca di questo virus nella prevenzione e lotta contro il tumore alla cervice uterina. Quell'articolo, alla luce delle conoscenze attuali, nascondeva una sorta di profezia. E´ notizia di questi giorni che la Commissione affari sociali e Sanita’ del parlamento europeo si e’ pronunciata a favore di una sostituzione del paptest o striscio cervico-vaginale con il test dell'HPV. In attesa che questa strategia preventiva prenda piede anche nel nostro paese e’ utile qualche precisazione in merito. Il virus del papilloma umano, noto con la sigla HPV, e’ l'agente responsabile delle comuni verruche. E' un virus ubiquitario e si presenta sotto forma di numerosi ceppi (piu’ di 100!), alcuni dei quali infettano solo l'uomo, altri solo gli animali. Esiste da circa 260 milioni di anni e ha sviluppato un meccanismo cellulare molto semplice e tutto sommato facilmente aggredibile. Infatti vive solo su mucose ricche di ossigeno, ha un potere antigenico molto scarso, ossia non induce, se non in rarissimi casi, la produzione di anticorpi, e e’ estremamente vulnerabile da parte del sistema immunitario. Solo una quindicina di ceppi possono infettare l'uomo, suddivisi a loro volta in ceppi a basso rischio, i quali se non debellati dal sistema immunitario possono portare a formazione di verruche, e ceppi ad alto rischio che, in particolari condizioni dell'ospite (deficit immunitario, infezioni ripetute o continue, lunga persistenza di infezione) possono dare alterazioni del tessuto infettato. Quali sono questi tessuti? Tipico dei virus e’ il non potersi replicare autonomamente ma di dover utilizzare meccanismi della cellula infettata in divisione. Nella specie umana un tessuto in continua maturazione o trasformazione e’ l'epitelio della cervice uterina. Queste considerazioni hanno portato a una scoperta importante: tutte le lesioni displastiche a livello dell'epitelio della cervice uterina, per intenderci quelle che si evidenziano tramite paptest, sono provocate dal virus HPV. In altre parole il paptest, messo a punto da George Papanicolaou nel 1941 per la lotta al tumore del collo dell'utero, e’ una analisi basata sulla morfologia cellulare atta a evidenziare i vari livelli di infezione da HPV. Ma il paptest puo’ dare una percentuale di falsi negativi in ragione del 20-25% e un 40-45% di falsi positivi. Cio’ e’ dovuto al fatto che il prelievo del campione, l'allestimento del preparato e l´esame al microscopio si fanno manualmente e sono alquanto soggettivi. Il falso negativo origina normalmente da un prelievo non corretto o da una non evidente alterazione cellulare dovuta a uno stato iniziale di infezione da HPV. Il falso positivo nasce sia da alterazioni provocate da ceppi virali a basso rischio, quindi oncologicamente irrilevanti, sia da infezioni virali in regressione: il virus e’ morto e ha lasciato la "casa vuota"! La recente letteratura mondiale riferisce che il 100% dei tumori al collo dell'utero risulta positivo a ceppi HPV ad alto rischio. Viene dunque spontanea una domanda: tutte le infezioni da HPV ad alto rischio progrediscono a lesioni precancerose? La risposta e’ assolutamente no! Il punto critico sta nel definire la probabilita’ di progressione. A questo proposito si sono fatti, negli ultimi anni, passi da gigante. Ad esempio le giovani donne, grazie a un sistema immunitario efficiente, hanno un rischio di progressione molto basso, cosa che non avviene in pazienti "over 40". A lato del sistema immunitario giocano un ruolo importante di protezione anche fattori genetici come il sistema di istocompatibilita’ HLA e il polimorfismo della p53. Dati recenti di epidemiologia dicono che l'incidenza del tumore alla cervice, in molte regioni italiane, e’ di 6 donne colpite su 100.000; per contro le infezioni da HPV risultano circa il 5 per 1000. Se si tiene conto che per queste ultime il 60% sono rappresentate da ceppi HPV a basso rischio, quindi oncologicamente trascurabili, rimane una quota del 2 per 1000 (ossia 200 donne su 100.000) a potenziale rischio. Un banale calcolo ci dice che, grazie alle strategie preventive e terapeutiche attuali e al sistema immunitario dell'individuo, il 99,97% delle infezioni regredisce completamente. E' chiaro che se l'obiettivo ultimo riguarda l'azzeramento di questa malattia (come e’ avvenuto in certi paesi del Nord Europa) bisognera’ sommare alle attuali strategie un test diagnostico-preventivo altamente sensibile. La sensibilita’ analitica del test HPV eseguito con tecniche di biologia molecolare si attesta su valori vicini al 100%. Messaggio finale: la ricerca dell'HPV non deve spaventare, in quanto si tratta di un'indagine rivolta principalmente allo studio delle fasi iniziali di una lesione per la quale esistono valide e sicure strategie terapeutiche a tutto vantaggio della qualita’ di vita della donna. Gianfranco Voglino _______________________________________________________________ La Stampa 20 mar. ’03 NUOVA TECNOLOGIA MEDICA SONDA A «MASER» PERMETTE DI IDENTIFICARE NEOPLASIE e altri danni subiti dai tessuti SI chiama «TRIMprob", acronimo che viene da Tissue Resonace Interfero Meter Probe: e’ una sonda che consentira’ di individuare precocemente e in modo diretto diverse patologie, dagli stati infiammatori alle formazioni tumorali. Il sistema diventera’ disponibile entro la prossima estate ed e’ cosi’ poco invasivo che non e’ neppure necessario svestire il paziente. Nato dalla tecnologia HSM (Hybrid State Maser) ideata dal fisico Clabruno Vedruccio (gia’ collaboratore dell´Istituto di fisica dell´atmosfera del Cnr), l´apparecchio consiste in una sottile sonda cilindrica lunga una trentina di centimetri alimentate a batterie e un ricevitore. Galileo Avionica ha elaborato il software per acquisire e gestire i dati utili alla diagnosi. Il TRIMprob emette un debole segnale elettromagnetico che si autosintonizza su frequenze caratteristiche delle strutture dell´organismo sotto esame. Quando questo campo elettromagnetico incontra sulla propria linea di propagazione un aggregato in qualche stato biologico alterato si innesca un fenomeno di interferenza con la struttura in analisi. Questo fenomeno, interpretato attraverso adatti algoritmi, consente di identificare differenti patologie: neoplasie, fibromi, calcificazioni, stati infiammatori, problemi circolatori e anche lesioni delle ossa, delle articolazioni, dei muscoli e dei tendini. I primi test sono stati fatti su fegato e polmone. La tecnologia HSM promette interessanti prospettive di sfruttamento sia per applicazioni militari sia per la sicurezza in generale, potendo essere utilizzata nella individuazione di materiali e ordigni esplosivi. Le prime esperienze sono state fatte da Clabruno Vedruccio esaminando le disomogeneita’ del terreno allo scopo di individuare ordigni nascosti nel sottosuolo. Quando poi ha osservato una interferenza dello strumento anche con la materia biologica, Vedruccio ha realizzato un prototipo dimostratore del nuovo strumento diagnostico. _______________________________________________________________ Le scienze 18 mar. ’03 UN ESAME DEL SANGUE CONTRO IL CANCRO Un’alterazione genetica che controlla la produzione di un fattore di crescita favorirebbe lo sviluppo del tumore Un semplice esame del sangue potrebbe essere in grado di prevedere se il paziente corre il rischio di sviluppare un tumore del colon, evitando cosi’ esami sgradevoli come la colonoscopia. Lo affermano ricercatori americani della Johns Hopkins University di Baltimora, che hanno scoperto una mutazione genetica particolarmente comune nelle persone cui e’ stato diagnosticato il tumore. Gli scienziati sostengono che saranno necessari altri studi prima di essere sicuri dei risultati, ma sperano di aver trovato un metodo semplice e accurato per una diagnosi precoce del tumore. La ricerca e’ stata pubblicata sul numero del 14 marzo della rivista “Science”. “Finora non esistono esami per identificare le persone con una predisposizione genetica ai tumori” afferma il direttore dello studio, Andrew Feinberg. Il tumore colorettale e’ al secondo posto, dopo quello del polmone, nelle cause di decessi per cancro negli Stati Uniti. L’American Cancer Society prevede che quest’anno ne verranno diagnosticati 147.000. La prevenzione e’ difficile, perche’ pochi si sottopongono al test della colonoscopia. Feinberg e colleghi hanno esaminato 172 pazienti, scoprendo una specifica alterazione genetica, detta “perdita di imprinting” in un gene chiamato IGF2, che controlla la produzione di un fattore di crescita. Coloro che soffrono di tumore del colon hanno circa 22 volte piu’ possibilita’ di presentare questa alterazione, che nella maggior parte dei casi puo’ essere rivelata semplicemente dal sangue. _______________________________________________________________ Le scienze 21 mar. ’03 SOSTANZE CHIMICHE E DISTURBI NEUROLOGICI L’inibizione del gene NTE nei topi provoca disturbi di comportamento simili a quelli dell’uomo Ricercatori del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla, in California, hanno identificato un gene che potrebbe collegare certi pesticidi e prodotti chimici a un grande numero di disturbi neurologici, compresa la misteriosa sindrome della Guerra del Golfo e il disordine da deficit di attenzione/iperattivita’ (ADHD). La scoperta, pubblicata sul numero del 17 marzo della versione online della rivista “Nature Genetics”, e’ la prima a mostrare un chiaro collegamento genetico fra disturbi neurologici ed esposizione a organofosfati. Il gene non era stato preso in considerazione negli tentativi precedenti da parte degli scienziati di trovare una connessione fra questi agenti chimici e la malattia. Gli organofosfati comprendono sia pesticidi domestici sia gas nervini letali, come il sarin. Carrolee Barlow e colleghi hanno scoperto che, nei topi, l’esposizione agli organofosfati inibisce l’attivita’ di un gene chiamato NTE. Questa inibizione puo’ uccidere i topi prima ancora della nascita, oppure portare a una serie di comportamenti molto simili all’ADHD. Alcuni dei problemi neurologici assomigliano inoltre a molti dei sintomi della sindrome del Golfo, il disturbo di origine sconosciuta che ha colpito numerosi reduci del conflitto contro l’Iraq del 1991. Il gruppo di Barlow aveva originariamente indagato come i fattori ambientali influivano sul sistema nervoso. Aveva cosi’ scoperto che i topi privi del gene NTE morivano prima della nascita. Ma ha anche osservato che i topi con soltanto una copia del gene, se esposti a organofosfati sperimentali ed esaminati lungo un prolungato arco di tempo, esibiscono comportamenti simili all’ADHD.