L’ACCUSA A MISTRETTA: "QUESTA È UN’UNIVERSITÀ DECLASSATA" ELEZIONE DEL RETTORE A SASSARI. “RIORDINO DELLO STATO GIURIDICO DEI PROFESSORI UNIVERSITARI” PRIMO E SECONDO LIVELLO: COSÌ CAMBIERÀ LA LAUREA TORNANO IL NUMERO CHIUSO E LE SELEZIONI PER L’ACCESSO DOTTORI GIÀ IN TRE ANNI ALTRI DUE E SI RAGGIUNGE LA SPECIALIZZAZIONE LA SCUOLA A PROVA DI RIFORMA I RETTORI SI DIVIDONO SUL NUOVO «3+2» RIFORMA, CAUTO SI DEI RETTORI IN FAMIGLIA PERDE QUOTA LA LAUREA UN GOVERNO SENZA SCIENZA TRE ITALIANI NELL'"HIT-PARADE" DELLA RICERCA BIOMEDICA MANNUCCI: «SONO NEL GRUPPO DEI 214 PIÙ CITATI AL MONDO» NELL’EUROPA ALLARGATA POCA SCIENZA IN AUMENTO LO STUDIO DELLA LINGUA ITALIANA PATTO ITALIA-STATI UNITI PER LE SCIENZE MEDICHE ================================================================== LA SANITA' DA RIPENSARE VENTIMILA MEDICI IN PIAZZA CONTRO IL MINISTRO LIBRETTO ANTIDROGA NELLA BUFERA MICROCITEMICO 60 MILIONI DAI PRIVATI CONTAGI IN CORSIA, 7 MILA MORTI ALL' ANNO IL TRIBUNALE DEL MALATO PROMUOVE IL BROTZU PRESTO PARCHEGGI A PAGAMENTO PERSINO AL BROTZU SIETE AMMALATI? PAGATE IL PARCHEGGIO AL BROTZU IMMAGINI A LUCI ROSSE PER IL CONVEGNO DEGLI INFERMIERI? UN PASSO INDIETRO SULLE STAMINALI SAN RAFFAELE:RIVOLUZIONE PER LE CELLULE ADULTE SIENA, RICERCATORI DECODIFICANO IL GENOMA DEL VIRUS DELLA SARS SCINTIGRAFIA O NO? UN ESAME CHE FA DISCUTERE NASCE LA DIAGNOSI "VIRTUALE" SCIENZATI BRITANNICI SCOPRONO IL GENE DELL'OBESITÀ SCLEROSI MULTIPLA, UNA SPERANZA DALLE STAMINALI APPARECCHI INVISIBILI PER DENTI «PERFETTI» UN FARMACO CONTRO IL COLLASSO CARDIACO CURARE I TUMORI CON LE LUCCIOLE COME L’ALZHEIMER DANNEGGIA I NEURONI ================================================================== _________________________________________ La Nuova Sardegna 17 aprile ’03 L’ACCUSA A MISTRETTA: "QUESTA È UN’UNIVERSITÀ DECLASSATA" Elezioni del rettore, primo dibattito tra i candidati In tre contro l’uscente Pasquale Mistretta Analisi impietosa: l’ateneo sta diventando un esamificio che non prepara più in modo qualificato CAGLIARI. Athos, Portos, Aramis e D’Artagnan erano schierati ieri in ordine sparso nell’aula magna del corpo aggiunto della facoltà di Lettere e filosofia. Ma questa volta i quattro moschettieri non sono uno per tutti e tutti per uno, bensì in concorrenza al rettorato di Cagliari. Anche se l’impressione è stata che i 3 sfidanti (Luca Fanfani, Francesco Raga e Giuseppe Santacruz) formassero come un polo contrapposto al responsabile dell’ateneo uscente e ricandidato, Pasqule Mistretta. Se non altro perchè quest’ultimo ha preferito ascoltare e non intervenire, mentre di fatto tutti gli interventi (anche del pubblico) seppure implicitamente lo chiamavano in causa come gestore locale delle riforme universitarie succedutesi in questi anni. Presieduto da Sandro Maxia (preside della facoltà di Lettere e filosofia) e promosso dal Movimento per l’università, il dibattito di ieri ha chiamato al confronto i candidati su "La didattica nell’università di Cagliari tra riforme e controriforme". Il fisico Giaime Marongiu, che ha introdotto il dibattito, ha ripercorso la storia delle riforme compresa quella di Berlinguer, e sottolineato i mediocri risultati locali e il mancato rapporto tra laurea breve e specializzazione (3 più 2). Marongiu ha anche precisato che oggi più che mai (con le nuove ipotesi del ministro Moratti) è evidente la differenza tra un modello liberale di università e quello (governativo) di ateneo tutto aziendalistico-manageriale. Il patologo generale Paolo Pani ha riportato il dibattito alle asprezze nascoste di una campagna elettorale difficile, accusando Mistretta di non accettare il confronto pubblico. "Siamo allo sfascio - ha affermato - se capitano cose come il passaggio di una collega dalla patologia generale ai materiali dentali. Mi faccio ricoverare, non capisco più...". La questione didattica è certamente "il momento centrale della vita universitaria", ha precisato il chimico dei minerali Fanfani. Mentre oggi si è puntato più alla diversificazione con una miriade di lauree brevi, che sulla qualità: "Agli studenti dobbiamo invece dare una formazione completa e non un abbozzo". I pericoli delle ipotesi della nuova riforma Moratti, ha precisato la linguista Cristina Lavinio, sono tanti con la produttività legata al numero di esami (degli studenti) fatti e i finanziamenti alla quantità di esami andati a buon fine. "In realtà abbiamo trasformato l’università in un esamificio, con tanti giovani che non terminano il loro ciclo di studi", ha affermato Maxia, che ha ribadito i guasti prodotti da una riforma, "la Berlinguer, da me criticata sin dall’inizio". Sul costante "abbassamento del livello di preparazione dei giovani studenti", il fisico Raga si è domandato se la responsabilità non sia anche "un po’ nostra, dei docenti". Sono state "create troppe lauree di primo livello (ben 42): la riforma è stata gestita male e privata di programmazione, lasciando sfogare gli interessi dei docenti e trascurando la qualificazione degli studenti". "L’offerta formativa dell’ateneo di Cagliari è oggi eccessiva", ha ricordato anche il docente di anatomia Santacruz. Poi un affondo indiretto su Mistretta: "L’attuale gestione contabile-amministrativa è disastrosa. Per questo occorre cambiare subito, rispettando innanzi tutto lo statuto. Ogni facoltà deve riequilibrarsi". Secondo l’economista Roberto Paci, invece, è necessario aumentare il numero delle università e delle facoltà, dando agli studenti la possibilità di scegliere. Tutti d’accordo, nel dibattito di ieri (anche i tre candidati sfidanti alla poltrona del rettorato), almeno su un punto: la formazione offerta agli studenti si sta dequalificando di giorno in giorno, mentre ci si lascia travolgere da una miriade di lauree brevi, mal assemblate e non funzionanti. Tornando alle elezioni, l’8 maggio si apriranno le urne. Oltre ai quarantunomila studenti, sono interessati centinaia e centinaia di docenti, ricercatori e amministrativi. Ma, soprattutto, c’è la ricerca e la didattica e i luoghi dove queste vanno fatte, i finanziamenti e le attrezzature. (r.p.) _________________________________________ La Nuova Sardegna 15 aprile ’03 ELEZIONE DEL RETTORE A SASSARI. Fiore all’occhiello il Polo naturalistico Un’opera straordinaria per dare nuovo impulso alla ricerca SASSARI. Un solo nome in corsa per ricoprire la carica più importante dell’Università di Sassari. È quello di Alessandro Maida, rettore uscente che si appresta a essere eletto per la terza volta consecutiva alla guida dell’Ateneo sassarese. Il 7 maggio il mondo universitario cittadino tornerà alle urne per eleggere il rettore, e nessuno avrà dubbi su dove mettere la crocetta. Oltre a Maida infatti, nessun altro aspirante si è candidato all’ufficio protocollo dell’università. Le elezioni del mese prossimo avrebbero rappresentato per l’attuale rettore un vero test di gradimento fra tutte le realtà accademiche: sulla base di un nuovo regolamento la consultazione elettorale di quest’anno chiama per la prima volta alle urne tutti i ricercatori, gli assistenti, e una quota del 5 per cento di personale tecnico-amministrativo e di studenti. Ma il rettore ha spiazzato tutti in partenza, e la terza candidatura solitaria è vista da molti come un’investitura "bulgara", che conferma l’ampia considerazione di cui gode negli ambienti accademici. L’occasione è ghiotta: portare a termine tutti i progetti avviati nei precedenti sei anni di rettorato, ed entrare nella storia dell’Ateneo come il più longevo governatore della macchina universitaria sassarese. Sono molte le opere progettate nel corso di questi sei anni. Alcune sono state aspramente contestate. Una su tutte è il colossale Polo naturalistico a Piandanna. Una costruzione mastodontica, che ha profondamente modificato l’aspetto del territorio alle porte della città. Per molti una spesa eccessiva, non bilanciata dagli effettivi vantaggi che a opera ultimata saranno offerti agli istituti di ricerca e alla città. In quell’area troveranno posto l’Orto botanico, alcune strutture della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, e il Museo della Scienza e della tecnica. Per Alessandro Maida il completamento di quelle strutture, dall’aspetto fantascientifico, rappresenta un punto fermo del suo programma per il triennio 2003/2006. È una delle strutture che garantiranno sviluppo e supporto alle attività dell’Ateneo per i prossimi 30-40 anni. Un programma edilizio ambizioso e articolato, che oltre al Polo naturalistico di Piandanna prevede altri interventi strategicamente rilevanti: l’acquisizione di nuovi spazi per le facoltà di Lettere e di Lingue; la costruzione della sede per la facoltà di Economia; la realizzazione del polo di Monserrato per dare risposte definitive al polo chimico-farmaceutico e alla facoltà di Medicina veterinaria. Ma gli impegni assunti dal rettore non si limitano al potenziamento delle strutture universitarie. Uno dei proclami di più alto valore didattico, è quello di voler favorire un più proficuo rapporto docenti-studenti, che al momento appare il punto debole di tutto il sistema. L’obiettivo è migliorare gli indicatori di processo (tempo medio di laurea, tasso di abbandoni, di fuori corso e di completamento degli studi), oggi molto scadenti e al di sotto delle medie nazionali. Nelle intenzioni di Maida, c’è anche quella di mantenere un occhio di riguardo nei confronti della ricerca scientifica. Per allargare i finanziamenti a disposizione dei singoli docenti è allo studio un nuovo regolamento. Gli aventi diritto di voto sono 749, il quorum necessario per l’elezione è la metà più uno: Maida, unico candidato, non rischia veramente nulla. Vincenzo Garofalo _________________________________________ MURST 10 aprile ’03 SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE CONCERNENTE: “RIORDINO DELLO STATO GIURIDICO DEI PROFESSORI UNIVERSITARI” Art. 1 1. Allo scopo di procedere alla riforma dello stato giuridico dei professori universitari garantendo una selezione adeguata alla qualità delle funzioni da svolgere, unitamente a forme di flessibilità del rapporto di lavoro, il Governo è delegato ad emanare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni universitarie, uno o più decreti legislativi attenendosi ai seguenti principi e criteri direttivi: a) Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, indice, con proprio decreto per settori scientifico-disciplinari suscettibili di revisione nei decreti legislativi, giudizi per il conseguimento della idoneità scientifica nazionale, distintamente e alternativamente ogni biennio per le fasce dei professori ordinari e dei professori associati per settori scientifico disciplinari , stabilendo in particolare: 1. il numero massimo di soggetti che possono conseguire l’idoneità scientifica per ciascuna fascia e per settori disciplinari, in relazione al fabbisogno. indicato dalle università, per cui è garantita la relativa copertura finanziaria; 2. le procedure e i termini per l’indizione e la conclusione dei giudizi idoneativi; 3. i requisiti scientifici e professionali per ciascuna fascia, per la partecipazione ai giudizi di idoneità scientifica nonché i criteri generali di valutazione differenziati per ciascuna fascia; 4. le modalità e le procedure per la formazione delle commissioni giudicatrici, ivi compresa la partecipazione a esse di docenti designati da Atenei dell’Unione Europea. nonché le cause di ineleggibilità e di incompatibilità dei componenti le commissioni; 5. la durata dell’abilitazione e il limite di ammissibilità per coloro che avendo partecipato ai giudizi, non hanno conseguito l’idoneità; 6. la semplificazione delle procedure e degli atti da redigere da parte delle commissioni giudicatrici ai fini delle valutazioni dei candidati: 7. la mobilità dei docenti di prima e di seconda fascia nell’ambito del sistema universitario italiano, anche definendone i profili finanziari, e nell’ambito dell’Unione Europea; 8. strumenti per incentivare il reclutamento degli addetti alle attività di ricerca di cui al punto g); 9. gli incentivi per la transizione opzionale dal vecchio al nuovo stato giuridico; b) le università procedono alla copertura dei posti di professore di prima e seconda fascia e alla stipulazione dei relativi contratti a conclusione di procedure, disciplinate con propri regolamenti, che stabiliscono anche il ruolo delle Facoltà e dei Dipartimenti, riservate ai possessori della idoneità di cui alla lettera a); il primo contratto è di durata temporanea non superiore ai tre anni. La delibera di chiamata definisce le fondamentali condizioni del rapporto, tenuto conto dei criteri enunciati alla lettera i); c) i contratti a tempo determinato, di cui alla lettera b), possono essere rinnovati. La loro durata complessiva non può comunque eccedere i sei anni. Entro tale periodo le università, sulla base di una valutazione di merito secondo modalità e criteri definiti dall’università stessa, possono stipulare con il medesimo docente un contratto a tempo indeterminato, ovvero risolvere il rapporto; ciascuna università, secondo modalità definite con propri regolamenti, può stipulare con professori di altra università un contratto a tempo determinato, ovvero anche a tempo indeterminato nel caso in cui l’interessato sia legato ad altro ateneo con rapporto a termine; d) le università procedono alla copertura di posti di professori di prima o seconda fascia, previa stipulazione di contratti a tempo determinato, di durata non superiore a tre anni, rinnovabili una sola volta, ovvero a tempo indeterminato, con studiosi stranieri o italiani impegnati all’estero, in attività didattiche e di ricerca da almeno un triennio con rapporto di lavoro continuativo, che abbiano acquisito una elevata qualificazione scientifica e professionale riconosciuta in ambito internazionale. A tal fine le università formulano specifiche proposte al Ministero dell’istruzione. dell’università e della ricerca che valutato il curriculum degli interessati, concede o rifiuta il nulla osta alla nomina; e) sulla base delle proprie esigenze didattiche e scientifiche le università, previo espletamento di procedure disciplinate con propri regolamenti, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti, possono stipulare contratti a tempo determinato, rinnovabili per non più di 5 anni continuativi, per l’insegnamento nei corsi di studio di cui all’articolo 3 del D.M. 3 novembre 1999, n. 509, con soggetti in possesso di qualificazione scientifica adeguata alle funzioni da svolgere; f) per svolgere attività di ricerca le università, previo espletamento di procedure disciplinate con propri regolamenti che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti, possono stipulare contratti con possessori di laurea di cui all’articolo 1 della legge 19 novembre 1990, n. 341, di laurea specialistica, ovvero con studiosi in possesso di qualificazione scientifica adeguata alle funzioni da svolgere. I contratti hanno durata quinquennale e possono essere rinnovati una sola volta. Il possesso del titolo di dottore di ricerca o del diploma di specializzazione o del master universitario di secondo livello costituisce titolo preferenziale. I contratti possono prevedere lo svolgimento di attività didattica di sostegno; g) il conseguimento dell’idoneità scientifica di cui alla lettera a) o l’espletamento delle funzioni di cui alla lettera e) per la durata complessiva di dieci anni, costituiscono titolo preferenziale da valutare nei concorsi per l’accesso alla dirigenza pubblica e consentono il riconoscimento, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, all’immissione in ruolo nelle scuole elementari, medie e superiori per le discipline rientranti nel settore scientifico disciplinare di appartenenza; h) il rapporto di lavoro dei professori è compatibile con lo svolgimento di attività professionali e di consulenza esterna, con l’esercizio di incarichi retribuiti e di direzione di strutture di ricerca anche private, da comunicare all’università, purché non in conflitto con gli interessi dell’istituzione cui il professore appartiene e con gli obblighi che derivano dal rapporto; i) il trattamento economico dei professori universitari è costituito da una parte fissa e una parte variabile. La parte di retribuzione fissa corrisponde al trattamento economico di base pari a euro ………….. ed è correlata all’espletamento delle attività scientifiche e all’impegno per le altre attività, fissato in 350 ore, di cui 120 per lo svolgimento di attività didattiche o collegate alla didattica. La parte di retribuzione variabile, computata ai fini del trattamento di quiescenza attribuita in relazione agli impegni ulteriori di attività di ricerca, didattica, gestionale e di acquisizione di risorse umane, strumentali e finanziarie rispetto all’impegno di cui sopra, oggetto di specifico incarico conferito con contratto individuale; l) il ruolo dei ricercatori, a decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge è trasformato in ruolo ad esaurimento e non sono bandite nuove procedure di valutazione comparativa per posti di professore ordinario, associato e di ricercatore. La copertura dei posti di professore ordinario e di associato è disciplinata secondo le disposizioni del presente articolo. Sono fatte salve le procedure già concluse con l’approvazione degli atti, avviate con bandi pubblicati entro il ………….. I candidati giudicati idonei, e non chiamati a seguito di procedure già espletate, ovvero i cui atti sono approvati, conservano l’idoneità per il periodo previsto dalla legge 3 luglio 1998. n. 210; m) per i professori di prima e seconda fascia nominati secondo le disposizioni del presente articolo il limite massimo di età per il collocamento a riposo è determinato al termine dell’anno accademico nel quale si è compiuto il settantesimo anno di età ed è abolito il collocamento fuori ruolo per limiti di età; n) i professori e i ricercatori universitari in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge conservano lo stato giuridico e il trattamento economico in godimento, ivi compresa l’indennità eventuale di tempo pieno, con possibilità di opzione per il regime di cui alle lettere h) ed i) della nuova disciplina e con salvaguardia dell’anzianità acquisita. o) sono individuate e abrogate le norme incompatibili con le disposizioni emanate in attuazione della presente legge. Art. 2 1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 1, sono emanati su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (di concerto con il Ministro della funzione pubblica) previo parere delle competenti commissioni parlamentari, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. 2. Ulteriori disposizioni correttive ed interpretative dei decreti legislativi di cui al presente articolo possono essere adottate, con il rispetto degli stessi criteri e principi direttivi e con le stesse procedure. entro 18 mesi dalla data della loro entrata in vigore. ________________________________________________________________ Corriere della Sera 15 aprile ’03 PRIMO E SECONDO LIVELLO: COSÌ CAMBIERÀ LA LAUREA Ogni facoltà avrà un anno comune e poi due percorsi separati Saranno i singoli atenei a decidere i crediti necessari e i criteri di accesso al biennio successivo Pronto il testo del ministero che manderà in pensione il «3+2» Benedetti Giulio ROMA - Lauree di primo e di secondo livello. Una più professionalizzante, l' altra di indirizzo metodologico. Cambia il «tre più due», introdotto nell' università con la riforma Zecchino dell' autunno ' 99. Letizia Moratti potrebbe presentare il decreto di riordino degli ordinamenti universitari in uno dei prossimi consigli dei ministri. LA RIFORMA - Dopo almeno un primo anno comune, nel quale lo studente verifica le proprie capacità, avremo una netta biforcazione dei percorsi. A quanti mostrano inclinazioni per altri sbocchi, viene proposto un corso di studi biennale orientato verso le professioni che si conclude con una laurea di primo livello. Chi invece supera i primi esami viene indirizzato verso un percorso in due tappe biennali che lo porterà alla laurea di primo e poi di secondo livello. Lo schema assomiglia a una «Y». La bozza, sulla quale stanno lavorando i tecnici e che sarà sottoposta alla Conferenza dei rettori, trasforma in articoli e commi i suggerimenti della commissione presieduta dal professor Adriano De Maio. Le novità sono tante. Cambia anzitutto la filosofia. L' attuale ordinamento segue il criterio della sequenzialità: dopo il tre, il due. Quello nuovo seleziona e separa i percorsi degli universitari già dopo il primo anno. C' è chi paventa lauree di serie A e B, funzionali a una selezione di natura sociale. E chi invece sottolinea lo sforzo per riportare l' università a livelli di eccellenza. Oggi la tendenza è quella di non fermarsi alla laurea breve ma di andare avanti. Il rischio è quello di un' inflazione delle lauree specialistiche che verrebbero di fatto svalutate. Dovrebbe essere comunque garantita la possibilità di passare da un ramo all' altro della «Y». LA SELEZIONE - Saranno gli atenei a decidere i criteri. «I regolamenti didattici - è scritto nella bozza - stabiliscono che i corsi di laurea afferenti a una medesima classe disciplinare condividano le stesse attività didattiche comuni per un minimo di 60 crediti (un anno di studio, ndr) prima delle differenziazioni dei percorsi formativi e definiscono i criteri per la prosecuzione dei percorsi». Avremo quasi certamente università che punteranno sulla qualità e imporranno criteri di selezione più severi e altre, maggiormente interessate alla quantità, che si daranno criteri più blandi. Alcune facoltà scientifiche potrebbero chiedere più di 60 crediti per il percorso comune che, di conseguenza, potrebbe trasformarsi anche in un biennio. Gli atenei, secondo quanto si legge nel testo, stabiliranno anche i criteri di accesso alla laurea di secondo livello, dopo aver verificato il «possesso dei requisiti curriculari» e la preparazione personale. GIURISPRUDENZA - Per le facoltà di Giurisprudenza c' è la possibilità di un percorso unitario, ovvero un anno comune seguito dai tradizionali quattro anni. E' stato il responsabile scuola di An, Giuseppe Valditara, a battersi per questa deroga: «Auspico che possa essere estesa anche a quelle altre aree disciplinari che intenderanno puntare sull' eccellenza». In buona sostanza per le professioni legali non dovrebbe essere prevista nessuna laurea di primo livello. Gli studenti, dopo il liceo, potranno insomma aspirare direttamente al titolo più alto. Giulio Benedetti 346.528 MATRICOLE negli atenei italiani nell' anno accademico 2002-2003. Più 4,6 per cento rispetto all' anno precedente (dati aggiornati al 25 novembre 2002, www.miur.it/ustat) 1.673.049 STUDENTI iscritti complessivamente alle università italiane nell' anno accademico 2001/2002. L' anno precedente erano stati invece 1.535.105 28 ANNI è l' età media di conseguimento della laurea per gli studenti italiani. A un anno dalla laurea, il 43,8 per cento ha un lavoro stabile _________________________________________ Il Tempo 16 aprile ’03 Università, un anno comune a tutte le facoltà Lauree di primo e secondo livello. TORNANO IL NUMERO CHIUSO E LE SELEZIONI PER L’ACCESSO La riforma Moratti manda in soffitta dopo nemmeno quattro anni il 3+2 del centrosinistra di SERENA BRUNO LA MORATTI è pronta a mandare in soffitta la riforma Zecchino. Dopo la scuola dell'obbligo ora anche l'Università volta pagina. Cambiano, dopo nemmeno quattro anni, i percorsi di studio negli atenei. Si modifica infatti l'attuale sistema del 3+2 - consistente in un primo triennio (laurea) e un bienno successivo (laurea specialistica) - introdotto nel '99 con la riforma del centrosinistra "prodiano". Nasce il percorso a "Y": ogni facoltà avrà un primo anno comune a tutti gli studenti e poi due percorsi separati: si sceglie se optare cioè per il biennio destinato a fornire competenze professionali (in modo da poter entrare subito nel mercato del lavoro) o, invece, per quello "metodologico", cioè di tipo teorico. Chi sceglie quest'ultimo tipo di percorso è destinato a proseguire nel biennio di specializzazione. Le lauree saranno di primo livello (1+2) e di secondo livello (1+2+2). E dovrebbe essere garantita la possibilità di passare da un ramo all'altro della "Y". Ma non è questa la sola novità della rivoluzione targata Moratti. Si parla di criteri nuovi per la selezione degli aspiranti universitari. Ci saranno cioè selezioni più dure per l'ingresso negli atenei, una sorta di numero chiuso. E le varie università potranno anche stabilire meccanismi di selezione per l'accesso ai due bienni, in base ai quali consentire oppure no agli studenti di proseguire gli studi. È previsto infine un percorso unitario per Giurisprudenza (1+4): per le professioni legali cioè non è prevista nessuna laurea di primo livello. Resta inalterato invece il ciclo delle facoltà di odontoiatria, medicina, veterinaria e architettura (regolate da norme europee). La riforma dell'istruzione universitaria sarà trasmessa subito dal ministro Moratti al Cun (Consiglio universitario nazionale), al Cnvsu (Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario), alla Crui (Conferenza dei rettori delle Università italiane) e alla Corte dei conti. E verrà presentata a uno dei prossimi consigli dei ministri. Ma già fa discutere. Qualcuno parla infatti di "lauree di serie A e di serie B". Ma è pur vero che il trend attuale è quello di snobbare le "lauree brevi" e proseguire gli studi fino al completamento. Si rischia perciò un'inflazione di lauree di secondo livello. Questa la sintesi di come sarà la nuova università. Primo anno. Si studiano le discipline di base. Si conclude con gli esami, che fanno acquisire i crediti necessari per proseguire con lo studio. Laurea professionalizzante. Di due anni, non dà il titolo di dottore. Laurea metodologica. Il corso è di quattro anni: il primo biennio crea le basi per la specializzazione degli ultimi due anni. _________________________________________ La Stampa 19 aprile ’03 IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE: ARRIVANO LE NUOVE REGOLE DOTTORI GIÀ IN TRE ANNI ALTRI DUE E SI RAGGIUNGE LA SPECIALIZZAZIONE Nasce la laurea «magistralis», mentre resta invariato il dottorato di ricerca Le università dovranno creare «punti di eccellenza» in singole discipline ROMA La formula del 3+2 nelle università italiane (tre anni per la laurea breve più due per quella specialistica) non è sbagliata: il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti l’ha detto molte volte. Non è stata però adeguatamente sperimentata, e così ha mostrato in questi quasi tre anni di vita alcune incongruenze applicative. Da qui la necessità di «rivisitarla» con un nuovo regolamento attuativo che, varato proprio ieri, prevede il percorso universitario come un processo graduale di apprendimento che da una base di conoscenze ampia e generale si orienti sempre di più verso la specializzazione e la professionalizzazione. Il limite della formula 3+2 fin qui applicata, invece, stava proprio - in alcuni casi - nel proporre nel biennio di specializzazione quanto già studiato nel triennio precedente senza una effettiva specializzazione. Ma vediamo da vicino alcune delle novità introdotte. LAUREA BREVE. La laurea breve resterà di tre anni, costituiti ciascuno in 60 crediti formativi (180 il totale), ma avrà una articolazione al suo interno. Nello specifico, i primi 60 crediti (corrispondenti al primo anno di corso) costituiranno per ogni laurea uno zoccolo di base. Dopo di che lo studente si troverà di fronte a un duplice indirizzo: un percorso di studi più professionalizzante e mirato alla spendibilità del titolo sul mercato del lavoro, oppure un indirizzo più «metodologico» orientato invece alla ricerca o all’approfondimento accademico. I tecnici del ministero parlano di una Y con una base propedeutica comune e due rami diversi, ciascuno pari a 120 crediti (due anni). Titolo conseguito: dottore. LAUREA «MAGISTRALIS». Dopo la laurea breve, che lo studente italiano consegue all’incirca alla stessa età degli altri laureati europei, si può andare a lavorare con una preparazione specifica già definita. Oppure, per chi lo desideri, si può continuare con la «laurea magistralis», specialistica, alla quale si può accedere indipendentemente dal ramo della Y che si sia percorso (metodologico o professionalizzante). Alla fine si ottiene il titolo di «dottore magistrale». DOTTORATO DI RICERCA. Invariata resta la disciplina del dottorato di ricerca: un’esperienza consigliata specialmente a chi voglia dedicarsi alla carriera accademica o di ricerca. Il titolo cui dà diritto è quello di «dottore di ricerca». Ci saranno quindi tre tipi di «dottori», anche se l’integrazione europea porterà sempre di più all’abolizione di questi titoli nell’uso quotidiano. CERTIFICAZIONE. Il titolo di studio (laurea breve o magistralis) sarà corredato da un documento che si chiama «supplemento al diploma» e che certificherà le competenze che lo studente ha acquisito nel suo itinerario formativo, in maniera che si possa sapere cosa si cela dietro - per esempio - una laurea in lettere o in fisica. Il tutto al fine di chiarire nei dettagli il curriculum del singolo studente e di consentirgli così di spenderlo meglio in una prospettiva internazionale. PUNTI DI ECCELLENZA. Ogni corso di laurea analogo dovrà avere uno standard di materie comuni sul piano nazionale, per una quota tra il 50 e il 65%, per il resto le singole università dovranno caratterizzare la proposta formativa sia in base alle esigenze del territorio, sia con l’obiettivo di fare di ogni università un punto di eccellenza in una specifica disciplina. Così, per esempio, la facoltà di lettere di Roma avrà come punto di eccellenza gli studi archeologici, quella di Torino gli studi egittologici, quella di Bologna la biblioteconomia, eccetera. E chi volesse approfondire una di queste branche sa anche a chi rivolgersi. TEMPI. Il nuovo regolamento ha iniziato un iter di approvazioni, tutte amministrative, dopo di che sarà pubblicato in Gazzetta ed entrerà in vigore. Il ministro Moratti ha comunque assicurato che «le modifiche potranno essere recepite dagli atenei con tutta la gradualità necessaria, per evitare disagi sia agli atenei stessi sia agli studenti». _________________________________________ Corriere della Sera 13 aprile ’03 LA SCUOLA A PROVA DI RIFORMA Penati Alessandro Il lavoro richiede sempre più intelletto e sempre meno braccia. Anche nell' industria, una parte preponderante del monte salari remunera chi lavora all' organizzazione, vendite, design, informatica. La crescita di un Paese dipende dal suo «capitale umano»: il complesso di conoscenze e capacità accumulato dagli individui. Così, il sistema scolastico diventa uno dei più importanti fattori di produzione. Purtroppo, il quadro italiano è desolante. In Italia, solo il 43% della popolazione in età lavorativa ha completato la scuola secondaria; più dell' 80% in Germania e Usa. Il divario si allarga per l' educazione post- secondaria: il 12% ha completato studi universitari; il 30% in Germania e Usa. Eppure lo Stato spende: fra i Paesi industrializzati, l' Italia è terza nella spesa per l' istruzione primaria e secondaria (anche se sull' efficienza della spesa ci sarebbe molto da discutere). La causa è l' abbandono scolastico: si stima che su mille italiani che entrano oggi nella scuola elementare, 129 non vadano oltre la licenza media; 666 completino la scuola secondaria; 452 si iscrivano all' università; e solo 149 giungano alla laurea. Anche se l' investimento in «capitale umano» rende molto: tenuto conto del costo dell' istruzione e dei salari non percepiti, un maschio che completa la scuola secondaria può attendersi un reddito medio dell' 80% più elevato di chi si sia fermato alla scuola dell' obbligo; e un ulteriore incremento del 42% se porta a termine l' istruzione post-secondaria. Uno studio di Daniele Checchi mostra come nel nostro Paese il fattore dominante del grado di scolarizzazione sia il livello d' istruzione dei genitori (ma non il loro reddito). A parità di altre condizioni, se un giovane ha padre e madre laureati, avrà il 60% di probabilità in più di laurearsi; così come è più probabile che concluda il ciclo di istruzione secondaria se i genitori sono diplomati. Emerge il ritratto di una società socialmente immobile, in cui il posto nella scuola e nella società si trasmette di padre in figlio. Lasciando da parte opinabili questioni di equità sociale, il problema è di efficienza: se il Paese non dà istruzione a chi la merita, il rendimento del capitale umano, e quindi la crescita, si riduce. Il Paese più capitalista, gli Stati Uniti, è anche quello con la maggiore mobilità sociale. Tutto questo è probabilmente il riflesso del mercato del lavoro rigido, con forti barriere all' entrata, in cui la famiglia è il principale canale di inserimento. Il posto diventa così una rendita da difendere e trasferire ai propri figli, condizionando le loro scelte scolastiche. Se non si liberalizza il mercato del lavoro, qualsiasi riforma scolastica non avrà mai un impatto sulla crescita economica del Paese __________________________________________________________ IL Sole24Ore 18 aprile ’03 I RETTORI SI DIVIDONO SUL NUOVO «3+2» Le università della Campania contro il restyling ROMA • C'è molto fermento tra i rettori sulle proposte di riforma degli studi universitari. La revisione del 3+2' (prima laurea triennale e biennio di specializzazione) , messa a punto dal ministro dell'Istruzione Letizia Moratti (si veda «Il Sole-24 Ore» del 15 marzo) ha sollevato gli animi nella Crui, la Conferenza dei rettori italiani. Ed è partita una prima protesta ufficiale: quella di tutti i responsabili degli atenei della Campania. Mentre si attende il testo ufficiale definito dal ministero, che potrebbe arrivare da un momento all' altro. Alla Crui, riunitasi anche ieri, è circolata una lettera firmata da Pasquale Ciriello, rettore dell'università Orientale di Napoli, approvata all' unanimità dal comitato di coordinamento regionale degli atenei campani. Nel documento si ribadisce «l'opportunità di garantire alla comunità accademica la possibilità di completare l'attuale fase di sperimentazione e di verifica dei nuovi percorsi didattici e formativi» . In pratica, si sostiene che L'introduzione del "3+2" sarebbe un processo ancora da consolidare, che perciò non può cambiare in corsa. Per questo, il testo del Senato accademico dell'università Orientale «esprime il suo sconcerto rispetto alla possibilità che tale complesso procedimento venga alterato da direttive che ne mutino il segno e la filosofia iniziale». Va ricordato che il disegno di Letizia Moratti non modifica la durata dei corsi rimane sempre il titolo triennale e poi quello quinquennale ma riarticola all'interno i percorsi di studio e introduce meccanismi di selezione degli studenti. Ma quella dei rettori della Campania è una vera e propria presa di distanza dal progetto Moratti. Si paventa il rischio che possano nascere «meccanismi di disorientamento e distacco degli studenti e docenti rispetto a un processo di riforma faticosamente condotto fino a questo momento». E di fronte alla traccia di questo scenario, il rettore Ciriello «fa richiesta che la possibile e necessaria revisione degli attuali statuti e regolamenti didattici venga effettuata al termine della fase di sperimentazione, in modo da non turbare il già difficile iter operativo e le prossime impegnative scadenze del nuovo anno accademico». Una presa di posizione, quella degli universitari campani, trasmessa anche al ministero dell' Istruzione. MARCO LUDOVICO __________________________________________________________ Il Sole24Ore 16 aprile ’03 RIFORMA, CAUTO SI DEI RETTORI UNIVERSITÀ I vertici degli atenei: più flessibilità ma evitare modifiche obbligatorie da subito Giurisprudenza e Psicologia premono per l'« 1+4» - L' Isfol: con il «3+2» più immatricolazioni ROMA. I Rettori approvano con riserva la riforma del '3+2' disegnata dal ministro dell' istruzione, Letizia Moratti ha detto Piero Tosi, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) - ma non vogliamo l’introduzione di modifiche obbligatorie fin da ora. E vorremmo evitare di cambiare il nome alle lauree e ai master. Secondo il testo di riordino degli ordinamenti universitari elaborato da Letizia Moratti, infatti, solo il corso di studi triennale dovrebbe continuare a chiamarsi" laurea", mentre i percorsi quinquennali e quelli che portano al dottorato di ricerca dovrebbero diventare, rispettivamente, laurea magistralis e laurea doctoralis. «Aspettiamo di vedere come lo schema si realizzerà in concreto ha precisato Tosi, che giovedì prossimo, insieme all'assemblea dei rettori, incontrerà Letizia Moratti per parlare del proseguo di riordino. Ok dai presidi di Giurisprudenza. Venerdì scorso la conferenza dei presidi del le facoltà di Giurisprudenza ha approvato all'unanimità un documento che invita a mantenere, per le facoltà giuridiche, un percorso didattico unitario, il cosiddetto '1+4". Il testo licenziato dalla conferenza, presieduta da Carlo Angelici, chiede «che ogni eventuale intervento sulla struttura degli studi giuridici sia accompagnato dalla garanzia di mantenimento delle lauree triennali in scienze giuridiche e in scienze dei servizi giuridici e «dal riconoscimento della durata complessiva quinquennale degli studi finalizzati al conseguimento della laurea di secondo livello, restando esclusa l'ipotesi di ritorno a un curriculum quadriennale». E necessario, poi, dicono i presidi «che le singole facoltà giuridiche possano attivare diversi percorsi quinquennali, secondo i modelli denominati 1+4" e "1+2+2"~> lasciando agli studenti la possibilità di »transitare da un percorso di formazione all'altro». L"'1+4 anche a Psicologia. Anche i presidi delle facoltà di psicologia chiedono il mantenimento del percorso unitario. Walter Gerbino. presidente della conferenza dei presidi di Psicologia, precisa che »l' istituzione del percorso a ciclo unico contribuisce a chiarire la differenza tra la formazione universitaria specifica per la professione di psicologo e le professioni di supporto denominate "tecnici di psicologia'.. Anche perchè, sottolinea Gerbino, la professione di psicologo, come quella di medico, architetto o avvocato, richiede l'istituzione di un percorso unitario quinquennale, che va a tutti gli effetti considerato come il primo livello della professione piena, a cui far seguire un ulteriore percorso quadriennale di specializzazione. Si deve infine rilevare conclude il presidente che tutta la discussione sull'architettura della riforma appare sproporzionata rispetto all'esigenza di sostenere i processi di innovazione mediante adeguate risorse». Con il "3+2' matricole in aumento. L'introduzione del "3÷2" fa decollare le immatricolazioni all' università. Secondo il Rapporto 2002 dell'Isfol. infatti, a partire dall'anno accademico 1994-95 e fino al 1999-00 i corsi di laurea delle universi ta italiane hanno «costantemente perso immatricolati». «Ma con il "3÷2" dice l'Isfol si è avuta una vera e propria inversione di tendenza» . Per la prima volta in dieci anni, il numero di matricole è aumentato, passando dalle 253.311 del 199900 alle 260291 del 200001. E la crescita e dovuta proprio a quei 21.084 giovani che hanno scelto di iscriversi alle nuove lauree triennali di primo livello. «Senza di loro si legge nel rapporto gli immatricolati ai corsi di laurea sarebbero stati in calo per l'ennesimo anno consecutivo». ALESSIA TRIPODI _________________________________________ Il Sole24Ore 16 aprile ’03 IN FAMIGLIA PERDE QUOTA LA LAUREA Genitori & Figli / Sondaggio Iperprotettiva e ansiosa, con la pretesa onnipotente di saper far fronte da sola a tutti i rischi che i propri figli incontreranno fino all'età di 60 anni È modellata nel segno della madre la famiglia italiana degli anni 2000). Quella che il Censis. da sempre attento osservatore di questa cellula base della società italiana, ha ribattezzato la 'famiglia tutor': tramontati gli aspetti prescrittivi e normativi che erano l’imprinting di una società patriarcale, oggi tutto sì gioca sui valori affettivi e di rapporto con i propri pargoletti, ma anche su una crescente insicurezza. E i risultati di un'indagine voluta dal gruppo Zurich Italia, realizzata intervistando telefonicamente i 300 padri e madri di tutta Italia. descrivono i timori profondi di chi tiene famiglia: per 7 genitori su 10 nel futuro dei propri figli ci sono sicuramente più rischi e pericoli che certezze, e la preoccupazione principale, a livello economico, è nel 65% dei casi la difficoltà di trovare lavoro. Inoltre 4 famiglie su 10 ritengono che l'ampiezza della copertura pubblica nel campo della sanità. della previdenza, della formazione e dell'istruzione tenderà addirittura a diminuire, mentre solo il 12.8% lamenta una scarsa offerta formativa. Anzi, se un tempo la laurea veniva ritenuta una solida premessa per il successo sociale dei figli. oggi il 49.5% degli intervistati la ritiene importante dal punto di vista culturale ma non da quello economico (e nel Nord-Est il 30% la reputa addirittura inutile). Questa incertezza sul piano dei valori si ripercuote d'altra parte anche in un timore quasi superstizioso della 'concorrenza' dei media come esempio di vita per i figli: circa il 50.9% degli intervistati ritiene infatti che la famiglia sia sempre meno in grado di contrapporre alternative valide ai modelli di vita proposti dalla televisione, da Internet o dai videogame. e il 39.5% dei genitori ammette che la famiglia è sempre meno in grado di trasmettere valori positivi come il rispetto della dignità umana, la solidarietà e la tolleranza. E tuttavia, anche se la crisi di soggettività si fa sentire, domina comunque la sensazione di potercela fare. Così il 58,2% dei genitori si dichiara ottimista, malgrado tutto, e ben il 64,2% degli intervistati ritiene senza alcun dubbio che la famiglia sia comunque in grado di affrontare autonomamente i rischi cui i figli potrebbero andare incontro anche in un futuro lontano (fino a sessant'anni e oltre). Tutti pero rimarcano la solitudine in cui si trovano ad operare e lamentano in particolare la mancanza di una rete istituzionale, pubblica e privata in grado di accompagnare la famiglia nell'opera di costruzione del benessere economico dei propri figli. Se poi si passa al tipo di risposte che la famiglia fornisce per cercare di neutralizzare il rischio, si scopre che l'atteggiamento e molto pragmatico e improntato alla logica del fai da te. In generale, alla domanda sugli strumenti utilizzati per fare fronte a rischi o eventi imprevisti, gli intervistati Citano al primo posto la capacità di risparmiare (61,4%); segue la tutela del proprio stato di salute e quello dei propri figli (43,5%), la stipula di polizze vita o fondi pensione (36,7%) e la stipula di polizze danni (19,7%). Il settore assicurativo, in ogni caso, raccoglie oltre il 56% dei consensi. Ma esiste, secondo la ricerca, «un'altra quota di domanda potenziale inerte» che non dispone di informazioni adeguate sulle opportunità offerte da questi prodotti (19,6%) o sottolinea i costi non abbordabili di questi strumenti (22,4%). I soggetti che puntano sul pilastro assicurativo per risolvere le incertezze economi che sul futuro dei figli, comunque, sono soprattutto persone ad alta scolarità che formano famiglie con un figlio e risiedono al Nord. ROSSELLA BOCCIARELLI _________________________________________ Il Manifesto 15 aprile ’03 UN GOVERNO SENZA SCIENZA I ricercatori in attesa di conoscere il destino del Cnr Battaglia costituzionale contro i decreti Moratti, che ledono l'autonomia scientifica: è stata annunciata ieri dal presidente del Cnr Lucio Bianco al convegno della Margherita LUCA TANCREDI BARONE Quale futuro si prospetti per gli enti di ricerca italiani non è chiaro. Non lo era neppure ai partecipanti alla tavola rotonda sul tema, organizzata ieri dalla Margherita a Roma, durante un convegno su ricerca e innovazione. Dopo che la settimana scorsa la commissione bicamerale preposta ha approvato tre pareri favorevoli (ma con molte osservazioni) ai progetti di riforma governativi, si sta aspettando come si muoverà il governo. Moratti nei giorni scorsi non aveva certo dato segni di voler ricucire il dialogo: «gli scienziati che protestano non hanno fatto scoperte», aveva detto a proposito di migliaia di ricercatori, fra cui i maggiori esponenti della comunità scientifica nazionale. Fra gli ospiti, Lucio Bianco, presidente Cnr (nonostante il governo) e Adriano de Maio (commissario rimosso dal Tar). De Maio, che ha parlato poco per il ritardo del dibattito, non si è sbilanciato: «con la testa siamo tutti d'accordo che bisogna finanziare di più la ricerca, ma poi non si fa», ha detto, per poi appellarsi a un generico «spirito di sacrificio» per le generazioni future, accennando all'idea di discriminare e incentivare i ricercatori migliori, e favorire la creazione di spin off. Atteso l'intervento di Bianco, che ha respinto punto per punto le critiche della commissione al Cnr, paventando che l'ente possa non arrivare al suo 80esimo compleanno a novembre. Criticando anche la riforma del 1999 (per gli scarsi finanziamenti, la loro cattiva distribuzione e programmazione, e la comunque scarsa rappresentatività della comunità scientifica), Bianco ha annunciato che la prossima battaglia contro i decreti Moratti sarà quella costituzionale: la riforma lederebbe l'autonomia scientifica garantita dalla Costituzione. Anche Rino Falcone (Osservatorio sulla ricerca) era presente al dibattito. «I pareri della commissione bicamerale sui tre decreti sono insoddisfacenti», ci ha detto, «persino meno critici di quelli forniti dalle commissioni cultura di Camera e Senato su richiesta della `bicameralina' stessa. Trovo preoccupante che tre commissioni parlamentari possano esprimere giudizi così discordanti: almeno le commissioni cultura avevano avviato indagini conoscitive autonome per formarsi un giudizio». La critiche della «bicameralina» sono comunque molto dettagliate: rilievi formali importanti, ma anche indicazioni per ridurre il controllo politico sugli enti e per salvaguardare autonomia scientifica e amministrativa, oltre a un freno al discusso accorpamento dell'Infm e alla fusione degli istituti del Cnr nell'Inaf. _________________________________________ Avvenire 18 aprile ’03 TRE ITALIANI NELL'"HIT-PARADE" DELLA RICERCA BIOMEDICA Nonostante la cronica mancanza di fondi e di strutture, il sistema di ricerca legato all'univesità italiana non smette di procurare sorprese. Così, tre docenti universitari di biomedicina (Pier Mannuccio Mannucci, Carlo La Vecchia e Brunagelo Falini: i primi due dell'università di Milano, il terzo di Perugia) sono stati inclusi nell'elenco dei 214 ricercatori "più citati nei lavori scientifici" realizzato dall'Institute for Scientific Information di Philadelphia. Soddisfazione nel mondo accademico italiano, anche se non si può far a meno di notare il divario che ci separa dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, che piazzano nella classifica rispettivamente 166 e 21 scienziati, grazie agli alti stanziamenti per la ricerca. _________________________________________ La Stampa 18 aprile ’03 MANNUCCI: «SONO NEL GRUPPO DEI 214 PIÙ CITATI AL MONDO» IL PROFESSORE DI MEDICINA INTERNA DELL’UNIVERSITA’ DI MILANO «PROMOSSO» DA UNO STUDIO USA «Io, italiano nell’olimpo degli scienziati» ROMA TRE italiani sono fra i 214 scienziati più citati negli studi dei colleghi di tutto il mondo. Lo rivela un'indagine dell'Institute for scientific information di Philadelphia: sono l'ematologo Pier Mannuccio Mannucci, il docente di statistica medica Carlo La Vecchia (entrambi dell’Università di Milano), e l’ematologo Brunangelo Falini, dell'università di Perugia. Pier Mannuccio Mannucci ha due qualifiche: professore di Medicina interna all’Università e responsabile dell’Unità operativa di medicina interna del Policlinico. Professore, che effetto le fa? «Sono contento. Questo è un vero riconoscimento scientifico. Tutte quelle “scoperte da Nobel” che vengono annunciate ogni giorno spesso sono montature. Le cose che contano, invece, sono altre e se un lavoro viene citato significa che ha un peso autentico nella ricerca». Quante pubblicazioni portano la sua firma? «Circa 600». Gli argomenti? «Mi sono occupato di malattie della coagulazione del sangue che comprendono sia le patologie da difetto di coagulazione, quindi con tendenza alle emorragie, tipo le emofilie o le emorragie acquisite che fanno seguito a malattie internistiche legate a fegato, reni e altri organi; sia di trombosi, ovvero del fenomeno opposto, un eccesso di coagulazione del sangue con occlusione dei vasi e quindi con manifestazioni ischemiche, di insufficiente apporto di ossigeno, come l’infarto, l’ictus, la trombosi venosa, l’embolia polmonare». Qual è stato il suo successo più importante? «Nei tardi anni Settanta, poco prima che esplodesse l’Aids che colpì gli emofiliaci come soggetti sottoposti a un cospicuo numero di trasfusioni, sviluppai un trattamento con un farmaco non derivato dal sangue, ma sintetico e quindi privo di ogni rischio di trasmissione di HIV e di epatite, la desmopressina, in grado di mettere al riparo questi malati. Abbiamo dimostrato che negli emofiliaci che rispondono a questo prodotto, e non sono tutti purtroppo, ma una buona percentuale, i risultati sono stati ottimi. Un vero e proprio sostituto del sangue, per la coagulazione». E veniamo alle solite dolenti note sulla ricerca in Italia. «Presto detto. I soldi non bastano. E, inoltre, vengono erogati piuttosto male. Ma il problema principale è che nel nostro paese manca una mentalità della ricerca. Vedo, per esempio, che in altri paesi si spiega bene che cosa sono biologia e ricerca scientifica, a partire dalle elementari. Da noi, zero». Manca la mentalità, ma non ci difettano certo le menti... «Lo so. Però se ne vanno all’estero». Lei ha mai avuto la tentazione della fuga? «Per la verità sono stato tentato di non tornare quando, subito dopo la laurea, sono stato per qualche anno a lavorare in Inghilterra e in America. Poi sono rientrato. E siccome sono riuscito ad affermarmi abbastanza presto, forse anche perché lavoro in un campo a bassa tecnologia, sono rimasto. Magari avrei potuto fare di più altrove, chissà... Ma mi rendo conto che la tentazione di andarsene è forte nei giovani». Anche tra quelli che lavorano con lei? «E’ sempre più evidente che quando mando dei giovani all’estero, poi diventa difficile farli tornare. In altri paesi, infatti, i ricercatori guadagnano cifre dignitose, ma soprattutto hanno la soddisfazione di sentirsi più seguiti e più utili. Anche se è giusto riconoscere che sia in America sia nel Regno Unito sono sempre di meno i giovani che intraprendono la strada della ricerca scientifica. Non a caso, negli Usa, sono sempre di più i ricercatori che arrivano dal Terzo Mondo». E in Europa, come vanno le cose? «Male. Troppa burocrazia e soldi spesi male». _________________________________________ La Stampa 16 aprile ’03 UN SONDAGGIO NELL’EUROPA ALLARGATA POCA SCIENZA ESAMI di scienza con risultati non proprio brillanti per i 13 paesi candidati a entrare nella Comunità Europea. Vince il disinteresse verso la ricerca, soprattutto tra le donne, e il livello di conoscenze è anche più basso di quello dei cittadini comunitari. Un po’ di luce si scorge solo nelle prospettive che Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Turchia vedono nel cammino della ricerca. Philippe Busquin, Commissario per la Ricerca Europea, rileva più ottimismo nei 13 paesi, che non negli stati membri, per i progressi della scienza in Europa. L'indagine, svolta su più di 12 mila cittadini dai 15 anni in su, colloca la scienza all'ultimo posto tra le conoscenze degli intervistati, appena un quarto di essi dice di conoscere bene le materie scientifiche, mentre sugli sport il 47% si dichiara ben informato. Le dolenti note sono al femminile: donne meno informate (22%) rispetto agli uomini (32%); promossi invece i giovanissimi (40%). Il 10% si dichiara interessato lamentando assenza di informazione. Ma globalmente disinteresse e ignoranza dilagano, con una media del 56% nei 13 paesi. Gli intervistati sono più attenti ai progressi medici (51%) e alla salvaguardia ambientale (46%), meno all'astronomia e alla genetica. Le donne pensano ai vantaggi di ricerche in medicina, ambiente e genetica, gli uomini invece sono attratti dal futuro di spazio e tecnologia. In generale, c'è fiducia nel futuro della ricerca e ben l'81% delle persone crede che la scienza migliori la vita, il 77% che il progresso aiuterà a battere malattie come cancro e AIDS. Per gli intervistati non c'è progresso senza moralità nelle azioni degli scienziati che, per il 49%, sono responsabili dell'uso improprio delle loro scoperte. Tra i giovani, pochi aspirano a intraprendere studi e carriere nella ricerca, in primis perché, dice il 52% di loro, stipendi e prospettive di lavoro non sono esaltanti. E il ruolo dei media nella divulgazione della scienza? Vince la TV, il 71% dice di preferirla a qualunque altro mezzo di diffusione di notizie scientifiche e il 60% ammette di aver letto solo di rado articoli d'attualità scientifica. Globalmente le risposte bocciano i media: il 29% dei cittadini crede presentino una scienza negativa, per il 49% i giornalisti che scrivono di scienza non sono abbastanza preparati. Si avverte però una ventata d'ottimismo, la scienza ha un ruolo importante nell'Europa del futuro: il 62% pensa che dalla scienza trarranno benefici sia i paesi che si aggiungeranno all’Unione Europea sia gli attuali paesi membri. Paola Mariano ____________________________________________________________ L’Unione Sarda 17 aprile ’03 IN AUMENTO IN TUTTO IL NORD AMERICA LO STUDIO DELLA LINGUA ITALIANA congresso in canada In aumento in tutto il Nord America lo studio della lingua italiana L’italiano è al quarto posto tra le lingue studiate nel Nord America, inglese a parte. È un dato che il presidente dell’American Association of Teachers of Italian (Aati), Christopher Kleinhenz, docente all’Università del Wisconsin, ha fornito durante un congresso dell’Associazione degli insegnanti d’italiano nel Nord America svoltosi a Toronto nei mesi scorsi. Il convegno in Canada è stato un importante momento d’incontro e confronto per centinaia tra docenti, ricercatori, studenti e studiosi. Per quattro giorni, si è parlato di lingua e cultura italiana, di letteratura e linguistica, ma anche di cinema, settore che ha contribuito negli anni alla diffusione dell’immagine dell’Italia. S’è discusso della formazione degli insegnanti, che sarebbe utile avvenisse almeno in parte in Italia. Il professor Kleinhenz ha detto che circa la metà degli insegnanti di italiano nel Nord America s’è formata in Italia, o per l’intero corso di laurea o attraverso soggiorni con borse di studio. «Ma c’è la costante esigenza d’aggiornamento e non sempre ci sono i mezzi per tutti». In tutto il Nord America la domanda per l’insegnamento della lingua italiana è molto alta, e l’offerta, anche se consistente, non è sempre in grado di soddisfarla. Perciò «gli aiuti da parte del Governo italiano sono preziosi, quando non vitali». Nel mondo l’italiano è “lingua di cultura” e “lingua di tradizione”; nel Nord America ciò è vero più che altrove, ma non mancano i casi in cui l’italiano diventa “lingua d’affari”. «Aumenta la richiesta di professionisti che siano in grado di lavorare anche in italiano», ha detto il presidente dell’Aati ricordando che sono stati istituiti corsi di italian for business in alcune università degli Stati Uniti. Ma la sfida più grande è ottenere che all’italiano come lingua straniera nelle scuole venga abbinato un esame detto advanced placement, indispensabile per dare crediti per l’ingresso nelle università. «Sarebbe un salto di qualità importante, un obiettivo per il quale l’impegno dell’Aati s’è intensificato negli ultimi anni». Sono circa 50 mila gli iscritti alle università nordamericane che studiano la lingua italiana e un migliaio le cattedre. Dalle elementari alle superiori si contano 80 mila allievi. N. A. _________________________________________ IL Sole24Ore 18 aprile ’03 PATTO ITALIA-STATI UNITI PER LE SCIENZE MEDICHE Ricerca I Contro cancro e malattie rare 30 milioni $ ROMA . Venti milioni di dollari per la ricerca sul cancro, cinque milioni per scongiurare i rischi del bioterrorismo e altrettanti per la battaglia contro le malattie rare. Un budget complessivo da 30 milioni di dollari che sarà cofinanziato alla pari da Italia e Stati Uniti. Chiaro l'obiettivo: unire le forze per premere l'acceleratore nel campo delle scienze mediche, oncologia in primis. A suggellare il patto tra i due Paesi, il memorandum d' intesa in sei articoli siglato ieri a Roma dal ministro della Salute, Girolamo Sirchia, e dal suo collega statunitense, Tommy Tbompson, segretario del Dipartimento Sanità Usa. L'asse italo-atlantico, il primo passo verso una più stretta alleanza per la salute che poi si allargherà ad altri settori, prevede una cooperazione soprattutto (ma non so lo) attraverso tre modalità: lo scambio di ricercatori, dati e tecnologie; l'organizzazione di incontri e conferenze scientifiche; la promozione di programmi scientifici coordinati e progetti di ricerca. il ministro Sirchia valutera i progetti e assegnerà i finanziamenti. Un lavoro che partirà dal prossimo autunno» . «Abbiamo molto da imparare gli uni dagli altri ha commentato Thompson e non ci daremo pace finché l'ultimo dei malati di tu more non sarà guarito». Le strutture italiane coinvolte saranno cinque: l'Istituto superiore di sanità, lo 'Spallanzani' di Roma, il Sacco di Milano, l'Istituto Css Mendel e l'Alleanza contro il cancro. A vigilare in Italia sull' applicazione dell'intesa, valida per i prossimi cinque anni, sarà il direttore generale dei Rapporti internazionali del ministero della Salute. M.PER. Per ogni area di collaborazione verrà individuato un organismo «appropriato» che sovrintenderà alla realizzazione pratica delle attività. E che sarà responsabile del coordinamento delle comunicazioni e delle iniziative. «Un pool di esperti dei due Paesi ha sottolineato ================================================================== _________________________________________ Corriere della Sera 16 aprile ’03 LA SANITA' DA RIPENSARE Milano e il diritto alla salute Borgonovi Elio Il tema della salute, insieme a quello della riduzione delle tasse, è sempre segnalato dai sondaggi di opinione tra quelli «a più elevata sensibilità». Per questa ragione è il terreno di confronto-scontro politico anche in Lombardia e a Milano. Recentemente il ministro ha proposto che vi sia una maggiore responsabilizzazione e un maggior coinvolgimento del Comune negli ospedali cittadini. Ma esistono fattori strutturali che rendono difficile il governo della salute e l' equilibrio tra finanziamento e spesa. Primo aspetto: l' invecchiamento della popolazione. Specie a Milano. Il risultato? Un più elevato livello di consumi di farmaci e di altri servizi sanitari, in parte per esigenze reali, in parte perché spesso prevale ancora la cultura della medicina «prestazionale», secondo cui un medico che non prescrive esami e farmaci non è bravo. Secondo punto. Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie aumenta la quantità, la severità e la complessità dei bisogni di salute cui oggi è possibile dare una risposta, ma alimenta un continuo aumento della spesa. Questa tendenza positiva ha aumentato il divario tra livello di tutela della salute scientificamente possibile e livello di tutela che concretamente si riesce a dare. Tradurre le conoscenze in assistenza non è un processo semplice né immediato. Occorre preparare medici e altri operatori sanitari, acquistare attrezzature, e così via: tempi lunghi. Terzo punto. L' enorme salto nel livello di informazione da un lato favorisce una più elevata sensibilità verso i problemi della salute e può anche aiutare politiche di educazione sanitaria, ma dall' altro alimenta fenomeni di ipocondria (timore di avere malattie di fronte a certi sintomi) e di autodiagnosi o addirittura autocura che generano un aumento difficilmente controllabile della domanda di servizi. Quarto aspetto: la medicina difensiva. L' affermazione del diritto alla tutela della salute, l' identificazione dei Lea (livelli essenziali di assistenza), ma soprattutto il manifestarsi di errori di diagnosi e trattamenti ai quali viene dato grande risalto, fa crescere in modo esponenziale i cosiddetti costi della «medicina difensiva». Costi crescenti per le assicurazioni delle strutture e dei singoli medici e aumento di accertamenti o di trattamenti il cui unico o principale scopo è potersi difendere in caso di decorso non positivo della malattia: negli Usa l' elevato numero di «avvocati specializzati» in cause per risarcimento contro le strutture sanitarie costituisce un fattore di aumento della spesa sanitaria nell' ordine dell' 1,5- 2% del Pil. Regione, Comune, aziende sanitarie, maggioranza e opposizione, Ordine dei medici e delle altre professioni sanitarie, movimenti di tutela, oltre a confrontarsi sulle varie politiche, dovrebbero costruire un tavolo comune per questi problemi strutturali. La buona amministrazione nasce da un cambiamento culturale dei vari «attori» più che da strumenti tecnici o da una concezione di scienza o di razionalità astratta e neutrale. E Milano, la Lombardia, potrebbero dare l' esempio. _________________________________________ L’Unione Sarda 16 aprile ’03 VENTIMILA IN PIAZZA “CATENA” DI MEDICI LUNGA 10 CHILOMETRI CONTRO IL MINISTRO Roma I medici tornano in piazza dopo 11 anni. Uniti in una catena umana lunga 10 chilometri per le vie di Roma, 20.000 camici bianchi, infermieri e pensionati hanno protestato contro la politica sanitaria del governo. Hanno chiesto le dimissioni del ministro Sirchia, accusato di volere smantellare il servizio pubblico e di avere offeso i medici che difenderebbero i disonesti opponendosi al decreto antitruffe (poi ritirato dal governo). Una manifestazione dei medici (a parte quella dei giovani specializzandi di pochi mesi fa) non si vedeva dal ’92. Quella di ieri non ha rappresentato la totalità della categoria. Dopo il ritiro del decreto sulle truffe in sanità alcuni sindacati, fra i quali la Cimo e la Cisl Sanità, si sono defilati dalla protesta, proclamata unitariamente dopo anni di divisioni nella categoria. Ma a sfilare sono state la maggioranza delle sigle (fra queste anche i pensionati e gli infermieri) con i sindacati più rappresentativi che hanno chiesto anche le dimissioni del ministro. Ma il ministro Girolamo Sirchia ha risposto di non capire le finalità della protesta. Secondo i promotori dell’iniziativa, il Governo vuole smantellare il servizio sanitario nazionale, ma Sirchia ha ribattuto che «si tratta di una bugia che non ha senso, come dimostrano i fatti. Al contrario - ha aggiunto - facciamo di tutto per potenziare il servizio sanitario nazionale» e ha confermato che presto sarà presentato un disegno di legge che riproporrà le norme antitruffa nella sanità. «Il nuovo provvedimento dovrà rivedere la legge sulla pubblicità sanitaria e sugli effetti di questa sui comportamenti in sanità». Evidentemente, secondo il ministro, le leggi attuali in materia «non sono sufficienti» a prevenire il malcostume che sta dando scandalo e non giova ai malati». Mentre Sirchia parla i medici, solo alcuni sono in camice bianco, portano una pettorina con la scritta «diamoci una mano». Alle 12, come previsto nel programma, si è formata una catena umana lunga dieci chilometri da Piazza del Popolo a Piazzale Ostiense e medici, pensionati, infermieri e semplici cittadini si sono allineati lungo i marciapiedi invadendo per cinque minuti la strada. Gli organizzatori hanno parlato di 20 mila partecipanti. Di certo erano 10.000, calcolando una persona a metro per formare i 10 chilometri di catena umana. In fila, assieme ai leader sindacali, c’era anche l’ex ministro della Salute, Rosy Bindi, in mezzo ai medici che a suo tempo, durante l’iter di approvazione della riforma, le rivolsero dure critiche per poi successivamente difendere la stessa legge. I sindacati a fine giornata si sono detti entusiasti. _________________________________________ IL Sole24Ore 18 aprile ’03 LIBRETTO ANTIDROGA NELLA BUFERA ROMA L'opuscolo contro la droga dal titolo «La trappola chimica», prodotto dai ministeri della Salute e dell' Università e distribuito nelle scuole superiori italiane, «diffonde un'immagine della ricerca chimica italiana completamente distorta ed eticamente scorretta; fino al paradosso di identificare il ricercatore chimico né più né meno come un narcotrafficante». Lo affermano 127 ricercatori, manager industriali, docenti di università e istituti di ricerca, che hanno sottoscritto un appello «all'intero Governo italiano affinché questa sconcezza abbia fine con il ritiro di detti opuscoli educativi dalle scuole». Un'analoga protesta era venuta qualche giorno fa dalla facoltà di Scienze dell'università Cà Foscari di Venezia. E una dura presa di posizione è stata presa anche dal Consiglio nazionale dei chimici: il presidente, Armando Zingales, ha inviato il 7 aprile una dura lettera ai ministri Moratti e Sirchia, facendo notare che «agli allievi delle nostre scuole si fornisce un impressionante quadro negativo, ma soprattutto falso, della Chimica». _________________________________________ La Nuova Sardegna 16 aprile ’03 MICROCITEMICO 60 MILIONI DAI PRIVATI CAGLIARI. I privati sono ormai dentro gli ospedali pubblici della città: dopo l’Oncologico, l’Asl 8 ha assegnato a un’associazione d’imprese il compito di realizzare una serie di interventi di ristrutturazione edilizia al Microcitemico. L’Ati che ha vinto la gara d’appalto, presentando l’offerta migliore, avrà anche la concessione della gestione e della conduzione dell’ospedale. Come dire che si occuperà direttamente di tenere in efficienza e di rinnovare tecnologicamente i servizi, le apparecchiature, i locali e quant’altro servirà all’assistenza dei pazienti su livelli accettabili per i prossimi trent’anni. L’Ati costituita fra Tepor spa, Siemens spa, Siemens Building Tecnologie spa e Siemens informatica spa - la stessa che ha preso l’Oncologico Businco, farebbe capo al figlio di Giulio Andreotti - dovrà realizzare i nuovi locali per il servizio di radioterapia, la sopraelevazione del padiglione di anatomia patologica, la ristrutturazione dei locali del secondo sottopiano ex radioterapia per l’installazione della Tcl Pet - un sofisticatissimo apparecchio per la Tac - del ciclotrone e del laboratorio di radiochimica. In tutto saranno spesi col sistema della finanza di progetto 60 milioni e 609 mila euro, che nella gran parte andranno a carico del privato in base a un contratto stipulato con l’azienda sanitaria. L’Asl dovrà corrispondere alla Tepor e alle altre aziende un canone di due milioni e 200 mila euro per quindici anni in cambio degli interventi di edilizia da portare a termine in due anni. Altri quattro milioni e 950 mila euro all’anno per la manutenzione e per il rinnovo tecnologico decennale. In tutto, l’Asl pagherà a rate 200 milioni e 685 mila euro. A parte il fatto che l’Asl non avrebbe potuto finanziare i lavori per la mancanza ormai cronica di fondi, il management dell’azienda 8 ha stabilito che grazie al project financing potrà realizzare nell’arco di un tempo medio-lungo un notevole risparmio rispetto alla soluzione alternativa, quella del mutuo. In questo caso sarebbero stati necessari 282 milioni e 663 mila euro. «Questo sistema - ha confermato il direttore generale Efisio Aste - non solo consentirà di realizzare l’opera in tempi relativamente brevi, di liberare l’azienda sanitaria dall’incombenza di tutte le gare d’appalto e dalle responsabilità di gestione, ma porterà anche a un notevole risparmio economico». La strada scelta dall’azienda sanitaria cagliaritana è quella ormai diffusa in tutta Italia. In questi giorni sono stati assegnati gli appalti per gli ospedali di Brescia e Mestre ad altrettante società private, altre gare sono state bandite in Toscana. Il project financing è lo strumento finanziario più utilizzato per la costruzione di strade, autostrade, acquedotti e reti idriche laddove gli enti locali non possono permettersi di spendere direttamente. La novità sta nel fatto che ormai l’accesso al cofinanziamento privato si è estesa al settore della sanità pubblica, considerato finora di taglio sociale e per questo rimasto a lungo impermeabile ai privati. I conti dell’Asl 8 d’altronde sono sotto gli occhi di tutti: con seimila dipendenti a carico, ha un deficit di circa 118 milioni di euro. La scelta dei privati appare praticamente obbligata. ____________________________________________________ Corriere della Sera 12 aprile ’03 CONTAGI IN CORSIA, 7 MILA MORTI ALL' ANNO L' esperto: le infezioni ospedaliere provocate da superbatteri che resistono agli antibiotici Pappagallo Mario «Quasi settemila morti l' anno per infezioni ospedaliere in Italia, più delle vittime degli incidenti stradali». Ercole Concia, infettivologo dell' università di Verona, lancia un allarme che non riguarda solo l' Italia. Esperti di altri Paesi europei espongono studi e casistiche dello stesso tenore, se non peggiori (l' ultimo caso in Francia è quello di Guillaume Depardieu, figlio dell' attore: perderà una gamba a causa di due infezioni ospedaliere). E sempre confrontando i numeri si scopre che gli ospedali americani non stanno meglio. La «malasanità» questa volta non c' entra. È la vendetta dei batteri che, in ospedale, hanno trovato il modo negli ultimi anni di difendersi dai diversi antibiotici. Diventando «resistenti». Favoriti in questo da un insieme di errori umani l' uso degli antibiotici anche quando non servono, il loro dosaggio sbagliato, l' igiene trascurata in certi reparti ad alto rischio. Fino all' utilizzo degli antibiotici negli allevamenti di bestiame per produrre più carne: utilizzo che, attraverso la catena alimentare, sembra aver influenzato per un 50 per cento il fenomeno della «resistenza». Che cosa fare allora per rimettere a posto i batteri ribelli? Per limitare lo sviluppo delle resistenze batteriche e contrastare la loro diffusione, vanno adottati efficaci sistemi di sorveglianza, nuove procedure di controllo delle infezioni e aggiornate linee guida per la scelta dell' antibiotico più adatto. Sperare, infine, in nuove molecole. Che in realtà stanno diventando sempre più rare. L' ultima, presentata nel 2002, il «linezolid». Era 30 anni che non si mettevano a punto nuove molecole antibiotiche. Non un restyling, ma una novità assoluta. Per ora entrerà nell' armamentario ospedaliero proprio con l' obiettivo di riequilibrare i conti nella battaglia con i batteri. «Andrà usato subito e in modo da non favorire nuove resistenze - spiega Concia -. Non sono consentiti, infatti, altri errori». Nel frattempo, sempre nel 2002, è stato scoperto un superbatterio inattaccabile: normalmente è causa di banali mal di gola, così com' è diventato è la più micidiale arma batteriologica. E non è stato l' uomo a crearla. In Italia, in media, si registra il 7% di infezioni contratte in ospedale ogni otto milioni di ricoveri. In alcune zone del Paese si tocca il 20%. Trasformando le percentuali in numeri si arriva a circa 700 mila infezioni ospedaliere l' anno. I nuovi nemici sono, infatti, batteri noti: lo staphylococco aureus, l' enterococco, il pneumococco. Disinnescati dall' igiene in medicina prima (nel 1847 Semmelweis ridusse del 91% la mortalità delle puerpere facendo lavare con una soluzione di cloruro di calcio le mani ai medici che dalla sala autopsie si recavano direttamente a quella parto) e dagli antibiotici poi (a partire dalla penicillina, scoperta da Fleming nel 1929). Battuti ma mai sconfitti. Ed è proprio in ospedale che si sono «rafforzati» dando vita a ceppi resistenti ai vari antibiotici utilizzati. Ecco allora che una polmonite associata alla ventilazione assistita in un reparto di terapia intensiva diventa incurabile, così come in un paziente immunodepresso perché trapiantato e quindi costretto ad assumere farmaci che ne riducono le difese esponendolo ad ogni tipo di infezione. Ma come si può controllare questo fenomeno? «Innanzitutto tornando a ripristinare norme igieniche in ospedale - dice Hartmut Lode, infettivologo di Berlino -. Uno studio dell' università di Ginevra ha dimostrato una riduzione del 35% delle infezioni nei reparti se solo si rispettassero banali regole igieniche. Purtroppo, la carenza di infermieri porta anche a gravi "dimenticanze". A volte l' infermiere è chiamato d' urgenza al letto di un paziente proprio mentre ha appena finito di medicarne un altro». Non basta. Bisogna cambiare abitudini anche fuori dagli ospedali. Mario Pappagallo Come controllare il rischio LAVARE LE MANI Il personale sanitario deve lavarsi le mani dopo aver visitato ciascun paziente. Meglio se con alcol saponato. E' bene inoltre evitare o ridurre al minimo l' uso di cateteri ANTIBIOTICI La profilassi antibiotica deve essere utilizzata solo se indispensabile, ma anche rispettando le dosi e i tempi prescritti, in modo da ridurre il rischio di infezioni su ferite chirurgiche GINNASTICA Ginnastica respiratoria e mobilitazione precoce per pazienti a letto: il movimento riduce il rischio di polmoniti ospedaliere. Vanno isolati i pazienti con infezioni respiratorie acute «RITUALI» INUTILI Rasatura, sovrascarpe, tappetini sotto le suole, verifica ambientale dei germi nell' aria sono «rituali» inutili. Le mascherine servono in sala operatoria e negli ambienti sterili _________________________________________ L’Unione Sarda 17 aprile ’03 IL TRIBUNALE DEL MALATO PROMUOVE IL BROTZU Operazione ”ospedale sicuro” «In due anni ha fatto passi da gigante» Sorpresa. La sanità, in Sardegna, non è più all’ultimo posto. Almeno non al Brotzu. Questo, in sintesi, il risultato dell’iniziativa “Ospedale sicuro”, giunta alla sua quinta edizione e portata avanti dal Tribunale per i diritti del malato, che ieri appunto ha fatto tappa nell’azienda ospedaliera di via Peretti. «Dal 2001 ad oggi, il Brotzu ha fatto grandi miglioramenti»» rivela con soddisfazione Luisanna Cossu Giua, coordinatrice della sezione di Cagliari del Tribunale, «tutti hanno lavorato sodo per raggiungere, e in certi casi superare, gli standard degli ospedali della penisola, soprattutto per quel che riguarda edifici, comportamento e vigilanza, organizzazione»». Soddisfatto anche il Direttore Generale Franco Meloni, secondo cui «il Brotzu può davvero rappresentare l’unità guida della sanità sarda, anche se per essere primi nella media nazionale bisogna ancora fare il salto di qualità. Certo, questi riconoscimenti ci spronano a fare sempre meglio, ad offrire prestazioni sempre più qualificate»». Partendo da punteggi espressi da zero a cento, nei settori della sicurezza e accoglienza delle strutture e quelli riguardanti comportamento e vigilanza il Brotzu raggiunge 88 e 83 punti, una media superiore a quella nazionale, ferma rispettivamente a 85 e 82. Confrontando questi ultimi dati con quelli del 2001, i risultati sono straordinari: due anni fa, infatti, il settore sicurezza e accoglienza era fermo a 72 punti, quello concernente comportamento e vigilanza addirittura a 56. Rimane carente il settore dell’organizzazione del personale, che ha totalizzato 74 punti, attestandosi ben cinque lunghezze sotto la media. Anche qui, però, le cose vanno decisamente meglio del 2001, quando le procedure organizzative erano ferme a 52. Rimangono da completare, ancora, il sistema delle procedure antincendio, la messa a norma di tutti gli impianti secondo la normativa Ue e l’abbattimento delle barriere architettoniche. La campagna “Ospedale sicuro” è nata nel 1998 per ribadire l’urgenza del problema della sicurezza negli ospedali. Decisivi, a tal fine, l’incendio della camera iperbarica al Galeazzi di Milano e il propagarsi delle infezioni al Policlinico Umberto I di Roma, che hanno contribuito a riunire tutti gli enti e le strutture interessate a sviluppare una politica della sicurezza nell’ambito sanitario. E così in questi anni la questione sicurezza è stata affrontata nel suo complesso attraverso il monitoraggio fatto dal Tribunale per i diritti del malato. Cagliari, ieri, è stata l’ultima tappa, e per i sardi, alla luce dei risultati, anche la più importante. Mauro Caproni _________________________________________ L’Unione Sarda 14 aprile ’03 PRESTO PARCHEGGI A PAGAMENTO PERSINO AL BROTZU Cagliari. . Con gli incassi si farà un poliambulatorio L’onda delle strisce blu arriva anche all’ospedale Il rischio è concreto: dal prossimo anno potrebbero essere a pagamento anche tutti i parcheggi del Brotzu di Cagliari. E così andare a fare un esame o visitare un parente avrà un costo aggiuntivo di qualche euro. L’Azienda ospedaliera ha bandito una gara d’appalto per la realizzazione, con il sistema del project financing, di nuove strutture ospedaliere e di un multipiano da 250 posti auto. Terminata la struttura, saranno a pagamento anche i 970 parcheggi piani. Il direttore generale del Brotzu non ci trova nulla di anormale: «Se avessimo i soldi non faremmo pagare, ma se le opere le realizzeranno i privati sarà inevitabile. Con quei soldi ci pagheremo la costruzione di un poliambulatorio». Manca, Atzenia _________________________________________ L’Unione Sarda 14 aprile ’03 Progetto dell’Azienda ospedaliera: scompariranno i posti gratuiti SIETE AMMALATI? PAGATE IL PARCHEGGIO AL BROTZU un grande multipiano e 970 strisce blu Ricapitolando: 2200 li gestisce il Ctm; circa 1900, tra multipiano e aree esterne, l’Apcoa. Poi ci sono quelli del porto e quelli delle Ferrovie. Più altri 1200 tracciati ma non ancora attivi in attesa del via libera (se ci sarà) del consiglio comunale. Fanno circa 6000 parcheggi a pagamento. E tollerarli è già molto, molto difficile. Tant’è vero che la protesta dei cittadini ha superato la porta del palazzo di giustizia. Chi pensava che fosse finita qui e che la tragedia fosse limitata al centro della città si rassegni: l’onda blu vi travolgerà anche al Brotzu. L’Azienda ospedaliera ha avviato una gara per la costruzione, con il sistema del project financing, di un multipiano da 250 posti, di un nuovo edificio a sei piani da destinare a day hospital, di una sala operatoria e di 10 camere per degenti (nelle terrazze al 10° e 11° piano), di un nuovo pronto soccorso e di una sala congressi con foyer. Investimento previsto, circa 13 milioni di euro. Se il progetto andrà in porto (e non è scontato) si pagherà non solo nel multipiano, che sorgerà sul lato destro, ma anche nei 970 parcheggi esterni e, dunque, non rimarrà un parcheggio libero. Dunque quando andremo a fare un esame o a trovare un parente dovremo pagare. Franco Meloni, direttore generale dell’Azienda ospedaliera, non ci trova nulla di male: «L’area dei parcheggi è un bene dell’Azienda, non vedo perché non dovremo sfruttarlo economicamente per costruire, con il ricavato, un poliambulatorio, cioè un servizio ai pazienti. Del resto», aggiunge, «i finanziamenti scarseggiano, mamma Regione ha problemi e noi, se vogliamo dare nuovi servizi, siamo obbligati a ricorrere al project financing. Se avessimo avuto i soldi non li avremmo fatti pagare, ma per ora non è così. Chiaramente», conclude, «i prezzi saranno bassi e in ogni caso non credo che pagare un euro in più per un parcheggio cambi la vita di nessuno». Come contropartita, il privato che realizzerà le opere a sue spese avrà la gestione di un’area di circa 7000 metri quadrati, compresa la sala congressi, e l’affidamento del servizio di pulizia e di manutenzione del nuovo day hospital. Il parcheggio coperto sarà realizzato nel piazzale esterno a destra dell’ospedale (guardandolo da via Peretti). La costruzione avrà un piano interrato e due fuori terra e potrà ospitare auto anche sul tetto. «Fare nuovi parcheggi è una scelta obbligata», spiega Giampaolo Marchi, assessore all’urbanistica, «perché la legge prevede che nelle zone destinate a servizi generali ad ogni metro quadrato di superficie lorda di pavimento devono corrispondere 80 centimetri di spazi pubblici o ad uso pubblico di cui almeno la metà destinati al parcheggio». Insomma: se si realizzano nuove volumetrie, come in questo caso, i parcheggi sono un obbligo. E siccome sono privati, l’Azienda può decidere se far pagare o meno. le altre opereL’edificio a sei piani da dedicare alle “attività per esterni” sarà di 6 mila metri quadri e sarà realizzato all’interno del recinto ospedaliero vicino alla sede del servizio personale, parallelo alla rampa principale di accesso. La sala operatoria e le dieci camere per degenti saranno ricavate nelle aree attualmente destinate a terrazza, godranno di una vista panoramica e saranno destinate al reparto oculistica. La sala congressi sarà il fiore all’occhiello del complesso: 200 posti, una grande hall di 150 metri quadri e parcheggi riservati. Modifiche anche nelle camere da quattro posti che diventeranno “triple” ma avranno il bagno. A partire dal 2008, gestirà anche le centrali termiche, a patto che la spesa attuale rimanga invariata. È chiaro che nell’intera operazione ci sono parti appetibili e altre meno. «Vediamo quali saranno le offerte», annuncia Meloni, «ma siamo consapevoli del fatto che potremmo realizzare anche solo una parte di ciò che abbiamo progettato». Si saprà a giugno, quando scadranno i termini per le offerte. La somma prevista per la realizzazione della nuove strutture si aggira sui 13 milioni di euro, 1,5 dei quali sono già nelle casse dell’Azienda ospedaliera. Fabio Manca Sergio Atzeni _________________________________________ L’Unione Sarda 18 aprile ’03 IMMAGINI A LUCI ROSSE PER IL CONVEGNO DEGLI INFERMIERI? Il Nursind: si polemizza senza informazione Luci rosse in corsia? Si fa per dire. Tutto parte da un manifesto della Nursind (Sindacato delle professioni infermieristiche). La locandina, che pubblicizza un seminario formativo sulla professione infermieristica ed è stata affissa nei principali ospedali cagliaritani, è sotto accusa perché, si dice, riproduce immagini ricavate da fotogrammi di film erotici, fortemente lesive della professionalità degli infermieri. In Consiglio regionale, il vicepresidente della commissione consiliare della Sanità Ivana Dettori è stata il primo firmatario di un’interrogazione all’assessore Oppi, firmata anche dai consiglieri Demuru, Deiana, Fadda, Lai e Pacifico. «Manifesti di questo genere - accusa la Dettori - sono volgari e soprattutto offendono la dignità, prima ancora degli infermieri, di tutte le donne. Può darsi che sia stata solo una provocazione, fatta però nei modi e nei posti sbagliati. E infatti mi chiedo se non sia opportuno intervenire presso i direttori generali della Asl affinchè tali manifesti vengano rimossi». Una prima conseguenza della protesta è che il rettore Pasquale Mistretta non ha concesso gli spazi dell’Aula magna della cittadella universitaria, dove avrebbe dovuto tenersi il seminario in programma il 3 maggio prossimo. La Nursind però non desiste, e tramite il segretario provinciale Graziano Lebiu fa sapere di aver già trovato una nuova sede, il Cineworld di viale Monastir. «Sono stupito da tutto il chiasso che si sta facendo intorno a questi manifesti - afferma meravigliato Lebiu - si poteva leggere meglio la locandina, invece che concentrarsi solo ed esclusivamente sulle immagini, e scoprire che il forum si propone di analizzare in quale misura i mass-media e in particolare la cinematografia abbiano contribuito a dare, della professione infermieristica, un’immagine stereotipata». E cioè, secondo Lebiu, interrogarsi proprio sul tema oggetto delle locandine incriminate. «Voglio aggiungere che al seminario parteciperanno antropologi, docenti universitari e vari politici sardi - conclude il segretario - questa è un’iniziativa seria che sarà riproposta, nelle settimane successive, a Genova e Vicenza». Mauro Caproni _________________________________________ Il RIFORMISTA 18 aprile ’03 UN PASSO INDIETRO SULLE STAMINALI RISCHIAMO LA POSIZIONE PIÙ PROBIZIONISTA u DI ANNA MELDOLESI Si vota nel comitato di bioetica L'ultima speranza per la sperimentazione sugli embrioni umani è l'Europa a ma. Al riparo dai riflettori, il governo italiano sta muovendo pedine decisive nella partita politica sulle cellule staminali embrionali. Venerdì 11 aprile, infatti, il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) si è riunito su richiesta di Letizia Moratti per discutere la liceità delle sperimentazioni sugli embrioni umani. Tre diverse mozioni sono state messe al voto, e quella presentata da Angelo Fiori e Adriana Loreti Beghé è stata approvata con una risicata maggioranza: appena 26 voti su 42. Il Comitato non ha ancora reso pubblico il testo, che è già stato consegnato al ministero dell'Università e della Ricerca scientifica, ma i ben informati avvertono che la ricetta del Cnb farebbe dell'Italia il paese più fondamentalista d'Europa. scavalcando persino l'intransigente Germania. Il documento infatti non solo condanna la ricerca sugli embrioni sovrannumerari conservati nelle cliniche di fecondazione assistita e avviati comunque alla distruzione, ma boccia persino le sperimentazioni con le linee cellulari già esistenti. Quest'ultima mossa arriva in un momento in cui i giochi politici a Roma sembravano in stand by. La legge sulla procreazione medicalmente assistita, con il suo divieto di ricerca sugli embrioni, attende ancora l'approvazione di uno dei due rami del Parlamento. Mentre lo strumento di ratifica della Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina non è ancora stato depositato. Ma questa volta sono stati gli impegni comunitari a spingere il governo a tornare alla carica per venire incontro alle pressioni del Vaticano e dei suoi paladini (Rocco Buttiglione innanzitutto). La tabella di marcia stabilita a Bruxelles prevede che il capitolo delle staminali embrionali venga affrontato e risolto entro la fine dell' anno, proprio in concomitanza con il semestre di presidenza italiana. Infatti per sbloccare l'approvazione del Sesto programma quadro - il maggior strumento di finanziamento della ricerca scientifica nell' Unione - il 30 settembre scorso il Consiglio dei ministri europei aveva optato per un compromesso: fino al dicembre del 2003 i fondi comunitari non possono essere utilizzati per la creazione di embrioni a scopo di ricerca, ma sol tanto per le sperimentazioni sulle linee cellulari già esistenti. Con l'eccezione dell'Italia, che si è distinta votando contro questa soluzione di compromesso, gli altri paesi hanno accolto una moratoria di qualche mese come un'opportunità per decidere con maggiore consapevolezza. La Commissione si è impegnata a utilizzare questo lasso di tempo per pubblicare un rapporto sulle staminali embrionali e lavorare insieme a Europarlamento e Consiglio dei ministri a una normativa che fissi delle regole per questo filone di ricerca. Il rapporto è stato presentato il 3 aprile e il suo approccio science-based lasciava sperare in una gestione comunitaria al riparo dalle pressioni ideologiche. Anche il working paper preparato dalla Commissione per regolamentare il settore sembrava porre un argine alle derive etico-religiose, mirando più a fornire standard elevati di sicurezza per le sperimentazioni che a imporre una particolare visione etica. Poi però la strada si è messa in salita. Gli emendamenti approvati dall'Europarlamento nella seduta del 10 aprile hanno trasformato il working paper in un testo che non brilla certo per laicità e anzi impone pesanti restrizioni incoraggiando linee di ricerca alternative a quella delle staminali embrionali. Mentre gli stati membri più oltranzisti sarebbero lasciati liberi di inasprire ulteriormente i divieti, chi come la Gran Bretagna ha scelto di puntare su questo settore di ricerca varando la legge più avanzata in materia dovrebbe chiudere baracca e burattini. La partita di Bruxelles comunque è ancora aperta: questo testo può essere modificato dal Consiglio dei ministri europei e i laburisti inglesi promettono battaglia lasciando intravedere la possibilità di molteplici alleanze. Sono tanti infatti gli stati che hanno lasciato aperto uno spiraglio a livello nazionale: Finlandia, Grecia, Olanda e Svezia consentono già l'utilizzo di embrioni sovrannumerari, la Spagna lo permette solo in particolari condizioni e sembra disposta a concedere ulteriori aperture, mentre Danimarca Belgio e Francia stanno ancora discutendo i propri disegni di legge in materia. La prima occasione per capire dove tira il vento sarà il 24 aprile, al seminario inter- istituzionale di bioetica organizzato dal commissario per la ricerca Philippe Busquin. Ma è facile prevedere che se il governo italiano sposasse in toto le richieste del Cnb non avrebbe alcuna chance di portare l'Europa sulle proprie posizioni. Vietando in blocco la ricerca sulle staminali embrionali all'interno dei propri confini, comunque, esaudirebbe l'ultimo desiderio del Vaticano, che non sembra disposto a rinunciare a una vittoria totale e simbolica almeno a Roma. _________________________________________ Il RIFORMISTA 18 aprile ’03 RIVOLUZIONE PER LE CELLULE ADULTE Che bravi al San Raffaele Ma la politica non li usi I lavoro dei cattolici può far da sponda ai conservatori mm.. L'ultimo risultato messo a segno dal San Raffaele in materia di cellule staminali adulte è stato descritto giustamente come rivoluzionario. il gruppo guidato da Gianvito Martino e Angelo Vescovi utilizzando cellule staminali cerebrali è riuscito a far regredire una patologia simile alla sclerosi multipla nei topi, guarendo completamente dalla paralisi il 30% delle cavie. Lo ha fatto senza istruire queste cellule immature affinché si differenziassero nel tipo cellulare desiderato e senza trapiantarle direttamente nelle aree danneggiate dalla malattia. Quella che si apre adesso, dunque, è la concreta speranza che le terapie cellulari possano funzionare anche per le malattie multifocali, che presentano lesioni multiple e diffuse nel cervello. Questo bel successo scientifico però meriterebbe di essere corredato con qualche nota politica a margine. Per il prossimo passo, che sarà quello di sostituire i topi con i primati, le sperimentazioni lasceranno Milano per approdare in Olanda, al Biomedical primate research center. In Italia le facilities per la ricerca sul primati scarseggiano, le trafile burocratiche incombono e i pochi animali disponibili non bastano certo per tutti. I primati infatti costano cari e hanno anche il difetto di attirare le ire dei gruppi animalisti, perciò non c'è da stupirsi se l'Italia preferisce non stare in prima linea. I ricercatori questa volta useranno cellule staminali neuronali umane provenienti da aborti spontanei. Uno sguardo laico non coglierebbe differenze significative tra cellule prelevate da feti abortiti spontaneamente o per interruzione volontaria di gravidanza. Ma il San Raffaele, si sa, è un istituto di ricerca cattolico e tiene a questo genere di distinguo. Resta infine un'ultima considerazione: Vescovi ha tenuto a precisare che il bel risultato appena ottenuto con le cellule staminali adulte nel topo «non dovrebbe essere utilizzato per bloccare le sperimentazioni sulle cellule staminali embrionali. Vedremo nei prossimi giorni se il fronte contrario alla ricerca sugli embrioni resisterà alla tentazione di abusare dei risultati del San Raffaele per sostenere che delle staminali embrionali a questo punto si può fare tranquillamente a meno. I tempi politici per una decisione definitiva del governo italiano sono agli sgoccioli e i ricercatori milanesi difficilmente potranno evitare di essere tirati per la giacchetta. _______________________________________________________ Giornale di Sicilia 18 aprile ’03 SIENA, RICERCATORI DECODIFICANO IL GENOMA DEL VIRUS DELLA SARS SIENA. (cn) Ricercatori dei laboratori di Siena della Chiron Vaccines sono riusciti ad attuare il sequenziamento e la mappatura completa del genoma del virus che causa la sindrome acuta respiratoria (Sars). Un grande passo verso l’approntamento di un vaccino in grado dì contrastare l'azione del virus e prevenire la temibile malattia. "Siamo orgogliosi che un laboratorio italiano sia stato tra i primi a completare questa sequenza, a decodificare il potenziale genetico del virus, in collaborazione con l'università di Marburg, in Germania e il Genome science center della British Columbia university. Ringrazio il dottore Antonello Covacci e il suo team che hanno lavorato senza sosta», commenta il dottore Rino Rappuoli, responsabile della ricerca della Chiron Vaccines. La ricerca ha confermato che il virus della Sars è un nuovo tipo di coronavirus, dorato di particolari caratteristiche, probabilmente assunte da microrganismi di alcune specie animali: aviarie, bovine e suine. «Ora - dice Rappuoli confidiamo che lo sforzo compiuto ci permetta di sviluppare un vaccino in grado di prevenire la nuova malattia" _________________________________________ La Repubblica 17 aprile ’03 SCINTIGRAFIA O NO? UN ESAME CHE FA DISCUTERE Un articolo dell’American journal ha acceso il dibattito sull'opportunità di usare questa tecnica per diagnosticare l'ischemia SCINTIGRAFIA O NO? Pregi e difetti di un esame che fa discutere SCINTIGRAFIA si o no? Il dibattito sull'uso di quest'esame per verificare l'esistenza di un'ischemia è stato riacceso da un articolo uscito in febbraio sull'American journal of Medicine , a firma del professor Eugenio Picano, dell'Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, di Pisa. Sottolineava l'aumento di rischio tumorale cui ci si espone a seguito della alte dosi di radiazioni assorbite con l'esame. Il fisiologo aveva già sollevato la questione un anno fa con una relazione fatta al congresso "Conoscere e Curare il Cuore 2002", di Firenze, richiamando l'attenzione sul fatto che, dal follow-up dei pazienti, è emersa un'incidenza tumorale che raddoppia addirittura secondo il mezzo di contrasto usato. A seguito di queste osservazioni e dell'inquinamento radioattivo prodotto dagli esami di medicina nucleare, oltre che degli alti costi, il professor Picano ha proposto di ricorrere all'esame solo quando è davvero indispensabile, preferendo l"'ecostress" (ecografia sotto sforzo), considerato dalle recenti linee guida dell'American Heart Association e dell'American College of Cardiology del tutto sovrapponibile come precisione e completezza di dati. La preposta, uscita anche sulla rivista scientifica "Agorà", ha suscitato la reazione del Gruppo Italiano di Medicina Nucleare, che, pur riconoscendo l'opportunità di limitare l'esame ai casi indispensabili, ne difende la superiorità. Ma nel frattempo l'"allerta" di Picano ha trovato ospitalità anche sull'autorevole "American Journal al Medicine" e su "PDF", stimolando il nostro collaboratore Paolo Cornaglia Ferraris a segnalare la questione addirittura al ministro della Salute. "Salute" ospita in questa pagina le due opinioni a confronto PRO Per predire i rischi reali e un test insostituibile di MARCO SALVATORE * Più sicura e più "pulita" l'ecografia sotto sforzo L’ idea. sostenuta da qualcuno, che l'ecografia sotto sforzo sia la tecnica d'elezione nella cardiopatia ischemica si basa sul presupposto che la scintigrafia presenta un ipotetico rischio legato all'uso delle radiazioni ionizzanti. Un'indagine che impiega radiazioni ionizzanti deve essere giustificata, ma quando e utile può e deve essere eseguita. Ad esempio, un'ecografia può rilevare elementi utili per individuare una frattura di un arto, ma la radiografia valuta con maggiore accuratezza il danno subito dall'osso e permette la scelta della cura più appropriata: ecco perchè oggi si continuano ad eseguire radiografie in tutti i casi di sospetta frattura. Per quanto riguarda la cardiopatia ischemica. Dall’indagine non si cerca solo di sapere se c'e la malattia. Il test efficace deve predire il rischio di eventi negativi futuri, quali infarto del miocardio e morte cardiaca, e deve identificare il paziente che trarrà beneficio da successive procedure invasive, quali coronarografia e rivascolarizzazione. Analizziamo il valore predittivo dei due esaimi in casi di risultato normale o patologico. Se la scintigrafia è normale, il rischio annuale di morte o infarto e minore de 1%. Un'ecocardografia normale non ha lo stessa copocità nel predire eventi negativi infatti il 5 l0% dei pazienti con ecocardiogramma normale e a rischio di morte o infarto. Il limite dell’ecocardiografia nel predire gli eventi negativi è legato alla difficoltà d'eseguire uno studio adeguato nel 30% dei pazienti inoltre, in più del 60% degli esami ecocardiografici non si visualizza interamente il cuore, per questo restano "zone d’ombra non valutabili. Se la scintigrafia è anormale, il rschio d'infarto o morte e l2 volte maggiore rispetto ai pazienti con risultato normale. L'ecocardiografia non ha un valore predittivo comparabile. soprattutto per le difficoltà interpretative nei pazienti con precedente infarto e ridotta funzione del cuore. L’ipotetico rischio di sviluppare una neoplasia dopo scintigrafia (trascurabile in termini assoluti , rispetto alla naturale incidenza di neoplasie) è irrilevante rispetto alla concreta possibilità di morte cardiaca imprevista dopo ecocardiogramma normale, ciò non vuol dire che la scintigrafia resterà per sempre la tecnica dì riferimento per questa malattia: lo è oggi, ma potrebbe essere sostituita in futuro con nuove tecnologie. Direttore. Dipartimento Diagnostica per Immagini e Radioterapia,Università 'Federico II", Napoli CONTRO Viviamo in medicina una vera età dell’oro della diagnosi, un Rinascimento tecnologico dove molte tecniche di immagine coesistono e virtuosamente competono in una incessante corsa alla diagnosi perfetta senza rischi e senza errori. Le metodiche sono 'verdi’ (risonanza magnetica e ultrasuoni, innocue per il paziente e l'operatore) o ‘rosse’ (radiologia e medicina nucleare basate su radiazioni ionizzanti e quindi con debito ecologico e biorischio. In molti casi l'informazione rossa e insostituibile: si pensi a l'angiografia coronarica e alla scintigrafia oncologica. In altri (come la diagnosi non invasiva della malattia coronarica le linee guida delle società mediche equiparano metodiche rosse ( la scintigrafia miocardica) E verdi (ecostress). Se per l’informazione medica le due metodiche sono equivalenti, non sono pero equivalenti per il pianeta, la società e il paziente. Il 4% delle radiazioni di fondo planetarie si devono alla medicina nucleare: a questo 4% la cardiologia nucleare contribuisce per oltre 50%. Rispetto al test da sforzo un ecostress costa circa il doppio e una scintigrafia da stress quasi sei volte tanto (stime 2002, Americar Heart Association). Con la scintigrafia da stress il paziente riceve un'esposizione radiologica che corrisponde ad almeno 500 radiografie del torace Questo carico radiologico impartisce un rischio aggiuntivo di cancro fatale che l’International commission of Radological Protection stima 'basso’.(non trascurabile, ne minimo, ne bassissimo) equìvalente al rischio dì circa 700 sigarette fumate. Bisogna essere consapevoli di queste variabili per scegliere responsabilmente l'esame col rapporto di rischio beneficio più vantaggioso (Am Med 2003:11.4226 1301). Se non si percepisce la differenza d'innocuità tra immagine rossa e verde si delinea un bizzarro caso dì "daltonismo diagnostico' con conseguenze devastanti. L’immagine rossa dovrebbe essere usata solo quando quella verde non è competitiva. Lo dice il buon senso e lo stabilisce la legge (187/26Maggio 2000): basta applicarla. Nel Rinascimento della tecnologia medica. correggere questo strano daltonismo dell'immagine offrirebbe sorprendenti dividendi economici sociali, ambientali e medici. Primo Ricercatore Medico, Consiglio Nazionale delle Ricerche, direttore Laboratorio ecocardiografia, Istituto dì Fisiologia Clinica del CNR, Pisa ________________________________________________ Il Gazzettino 18 aprile ’03 NASCE LA DIAGNOSI "VIRTUALE" SCIENZA La moderna metodica, che sarà presentata a Padova, consente di effettuare analisi, Tac e lastre a distanza La "telemedicina" verrà utilizzata dall’esercito italiano in Iraq e per scoprire la Sars Nell'era del "tutto via computer" non poteva mancare all'appello anche un utilizzo del tutto diverso della medicina. E mentre la Regione Veneto, forte di un progetto di e-government studiato per abbassare la spesa sanitaria e proporre servizi sempre più celeri e mirati, sta pensando di mettere in rete prenotazioni, cartelle cliniche e refertazione, a Trento nasce la ""diagnosi virtuale ". Messa a punto da Francesca Demichelis, fisico ricercatore dell'Università di Trento, ma che presto verrà adottata in molti altri ospedali del mondo, la metodica rischia di soppiantare il tradizionale "scambio di dati" tra ospedali: obsoleto, terribilmente lungo nei tempi, costosissimo e non sempre sicuro. Il tutto avviene grazie ad un microscopio ed una telecamera, accessibili da qualsiasi ospedale con una spesa abbastanza contenuta: 15 mila euro. La "telediagnosi", che verrà presentata nel corso di Bionova (rassegna delle biotecnologie che si terrà in Fiera a Padova dal 4 al 6 giugno) consente di effettuare esami istologici e distanza, esami del sangue o addirittura tipizzazione di tessuti in caso di trapianti. Ma non solo.In questo periodo in cui la polmonite atipica sta gettando il panico negli aeroporti di mezzo mondo, poter avere in tempo reale gli esami (o la lastra) di un paziente che si trova a migliaia di chilometri di distanza potrebbe essere di grandissimo aiuto, oltre che rappresentare un risparmio economico. Il "patologo virtuale " verrà utilizzato anche dai militari italiani impegnati nell'emergenza umanitaria in Iraq: i medici che si trovano sul luogo potranno infatti scambiare via satellite informazioni, dati e analisi con gli specialisti del policlinico militare del Celio che a sua volta potrà essere collegato con i centri a più alta tecnologia d'Italia. La prima esperienza di questo genere avvenne nelle Forze armate nel 1996, in Bosnia, quando venne attivato un sistema di "teleassistenza" per il contingente italiano impegnato nelle zone di guerra. I militari che si troveranno ad operare in Iraq potranno utilizzare un "sistema multiplo" di videoconferenza e trasmissione dati che verrà utilizzato soprattutto per aiutare la popolazione. Sarà possibile inviare in tempo reale analisi come Tac, risonanze magnetiche e raggi X per i consulti richiesti. Questa evoluzione della medicina si è resa possibile non solo grazie alle conoscenze mediche, che in questi ultimi anni si sono sensibilmente accresciute, ma anche alle sinergie che si sono create con altre branche della scienza quali ad esempio la Fisica. Daniela Boresi ___________________ _________________________________________ Corriere della Sera 19 aprile ’03 SCIENZATI BRITANNICI SCOPRONO IL GENE DELL'OBESITÀ Aperta la strada per nuove terapie contro il disturbo Si potranno chiarire anche i meccanismi attraverso i quali i grassi portano a diabete, colesterolo alto e malattie cardiache LONDRA - Un gruppo internazionale di scienziati che lavorano sotto il coordinamento dell’Imperial College di Londra hanno scoperto il gene che favorisce negli esseri umani l’assorbimento dei grassi, provocando l’obesità. La scoperta apre la strada a nuove terapie per curare le forme più gravi del disturbo, ormai ampiamente diffuso nei paesi occidentali. Inoltre, come scrive il sito della Bbc, si potranno chiarire i meccanismi attraverso i quali l’accumulo di grassi porta al diabete, ad alti livelli di colesterolo e a malattie cardiache. NUOVE TERAPIE - I ricercatori hanno studiato le radici genetiche di tre rare malattie che provocano disfunzioni nell’assorbimento dei grassi, scoprendo che in tutti e tre i casi un’alterazione genetica determina il non corretto funzionamento della proteina Sar1b, che ha un ruolo chiave nella metabolizzazione dei grassi. Gli scienziati sono riusciti anche a chiarire il difetto genetico che provoca il disturbo. «La scoperta - dice il professor James Scott dell’Imperial College - apre nuove importanti vie alla ricerca sulle origini dell’obesità e a lungo termine potrà portare a terapie innovative verso quella che è una delle più serie malattie moderne». _________________________________________ Corriere della Sera 17 aprile ’03 SCLEROSI MULTIPLA, UNA SPERANZA DALLE STAMINALI L' esperimento su topi malati: si è riformata la mielina e gli animali sono guariti. Tra cinque anni test sull' uomo Pubblicato oggi su «Nature» lo studio di ricercatori del San Raffaele di Milano. Bordignon: «Una scoperta epocale» Porciani Franca MILANO - Le cellule staminali sono un serbatoio di rigenerazione. Grazie alla loro capacità di ricreare quasi tutti i tessuti dell' organismo, hanno aperto la strada alla medicina riparativa. Annunci trionfalistici che in questi anni hanno fatto intravedere capacità curative imminenti, in realtà ancora ipotetiche. Solo fughe in avanti? No. Lo dimostra la ricerca pubblicata oggi sulla rivista Nature, grazie alla quale, il «potrebbero» guarire delle staminali si avvicina ad un «potranno», non domani, ma fra qualche anno. LO STUDIO - Esce oggi sulla rivista inglese lo studio di due ricercatori dell' Istituto San Raffaele di Milano: Gianvito Martino, responsabile dell' unità di neuroimmunologia, e Angelo Vescovi, condirettore dell' Istituto di ricerca sulle cellule staminali. Il loro lavoro dimostra nel topo che queste cellule multipotenti estratte dal cervello e iniettate nel liquido che «bagna» il sistema nervoso o nel sangue riescono a raggiungere, riparandole, le aree nervose colpite da una malattia indotta artificialmente, ma molto simile alla sclerosi multipla. E i topi, paralitici, riprendono a camminare. «Una scoperta epocale, che dimostra finalmente le capacità curative di queste cellule», commenta Claudio Bordignon, direttore scientifico dell' Istituto San Raffaele. La ricerca, finanziata dal «Progetto mielina» fondato da Augusto Odone, noto per la scoperta dell' Olio di Lorenzo, dall' Associazione italiana sclerosi multipla e dalla Fondazione Agarini, ha cercato di verificare sull' animale se le cellule staminali cerebrali (presenti in minima parte anche nel cervello adulto) sono capaci di riparare la distruzione della mielina, la guaina che, rivestendo come un nastro isolante le fibre nervose, accelera la trasmissione degli impulsi. La lesione è tipica della sclerosi multipla, malattia frequente (50.000 le persone colpite in Italia, più donne che uomini) che per un sommarsi di fattori genetici e ambientali poco noti, porta ad una sorta di reazione di rigetto alla propria mielina. IL MECCANISMO - Si creano così dei vuoti nel passaggio dei messaggi nervosi in varie aree del cervello e del midollo spinale, con conseguenti alterazioni dei movimenti, della sensibilità, dell' equilibrio (in molti casi si rende necessario l' uso della carrozzina). Visto che la mielina, una volta distrutta, non è riparabile con i farmaci, perché non tentare di ricostituirla iniettando gli elementi precursori (le staminali, appunto) degli oligodendrociti, le cellule capaci di fabbricarla? E' quanto hanno fatto, con successo, almeno nel topo, i ricercatori milanesi. Spiega Martino: «La novità è che queste cellule multipotenti raggiungono le zone danneggiate e le riparano, trasformandosi in oligodendrociti che producono mielina grazie alla presenza di "sensori" che le attirano verso aree di pericolo, quali sono le lesioni della sclerosi multipla. Ma c' è un altro fatto importante che abbiamo scoperto con questo lavoro: le staminali, arrivate nel punto critico, oltre a produrre mielina, stimolano i processi di autoriparazione del tessuto». I presupposti per sperare in una applicazione sull' uomo ci sono tutti, dunque. Ma quando sarà possibile? «La prossima tappa - informa Vescovi - è la sperimentazione sulle scimmie sulle quali utilizzeremo le staminali umane, la cui fonte migliore sono le cellule fetali ricavate dagli aborti; solo dopo, potremo ipotizzare un tentativo sull' uomo. Ci vorranno almeno cinque anni». SULL' UOMO - «Siamo di fronte ad un risultato che oltre ad essere frutto di una ricerca ben condotta, può aprire prospettive di cura. Vediamo i passi successivi», commenta Elena Cattaneo, professore di Biotecnologie farmacologiche all' Università di Milano, ricercatrice sulle staminali. Decisamente entusiasta Lawrence Steinman, neurologo dell' Università di Stanford, che su Nature sottolinea l' importanza di una terapia riparativa di questo tipo per altre malattie dove lesioni sono disseminate in vari punti del cervello, prima fra tutte l' Alzheimer. La prudenza per ora, però, è d' obbligo, come raccomandano Mario Battaglia, presidente dell' Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) e Giancarlo Comi, direttore del Dipartimento di neurologia del San Raffaele: «E' all' orizzonte una svolta, ma i malati devono continuare a seguire le indicazioni dei propri neurologi di fiducia». E proprio alla ricerca è dedicata la prossima settimana nazionale della sclerosi multipla, dal 17 al 25 maggio. Franca Porciani La scheda LA MALATTIA La sclerosi multipla, o sclerosi a placche, è una malattia grave del sistema nervoso centrale, cronica e spesso progressivamente invalidante. Nonostante i passi avanti della ricerca, la causa e la terapia definitiva sono ancora sconosciute. L' ipotesi è che esista una predisposizione genetica a sviluppare la malattia, predisposizione con la quale interagiscono fattori esterni, forse virali LA MIELINA La sclerosi multipla porta l' organismo ad una sorta di «reazione» di rigetto alla propria mielina, guaina che, rivestendo come un nastro isolante le fibre nervose, accelera la trasmissione degli impulsi CHI NE SOFFRE In Italia sono 50.000 le persone colpite da sclerosi multipla e ogni anno si verificano 1.800 nuovi casi. L' età più a rischio è fra i 15 e i 50 anni e la malattia è più frequente nel sesso femminile _________________________________________ Corriere della Sera 14 aprile ’03 APPARECCHI INVISIBILI PER DENTI «PERFETTI» Dal ferro alla plastica: così l' estetica cambia i metodi di cura Di Michele dell' Asl di Modena: una bocca sbagliata può provocare la scoliosi, meglio intervenire fin da bambini Inventati negli Usa, ora si stanno diffondendo anche in Italia Monti Daniela MILANO - La differenza è che nessuno se ne accorge: i denti si raddrizzano, ma l' apparecchio non si vede. Ultimi dati: fra i 30 e i 40 anni, nel pieno dunque dell' attività professionale, un adulto su tre oggi accetta di mettere l' apparecchio (più donne che uomini, «manager e libere professioniste», indica la statistica), se afflitto dal problema dei denti storti. Dieci anni fa, ai ferretti in bocca si adattavano in pochi: presentarsi in pubblico con la «macchinetta» non era chic. E' cambiato tutto: l' ortodonzia, tradizionalmente riservata a pazienti bambini, ha aperto un nuovo mercato con gli apparecchi «invisibili», a impatto estetico pressoché nullo. Nati negli Usa e importati in Italia un anno e mezzo fa, ora possono contare su una casistica sufficiente per dire che funzionano. Punto debole: la parcella del dentista, che va da 4 a 8 mila euro. Alternative? Curarsi da bambini. Una ricerca dell' Asl di Modena dimostra che la prevenzione è la strada giusta, anche se poco battuta. Nel 1988, sono stati esaminati 1.200 studenti di prima e seconda elementare: il 54% aveva denti sani. Dieci anni dopo, la percentuale era salita al 62,3%. Dieci anni di lavoro: insegnare a scuola l' igiene dentale e portare i bambini alla prima visita odontoiatrica a 5-6 anni si è dimostrato la strategia vincente. «INVISIBILE» - Giuseppe Siciliani, direttore della Scuola di specializzazione in ortodonzia dell' Università di Ferrara, è uno dei primi ad aver creduto negli apparecchi «invisibili»: «Il sorriso è alla base dei rapporti sociali - spiega - . E dato che un adulto su due ha un problema di alterazione del contatto fra i denti dell' arcata superiore e quelli dell' arcata inferiore, ci serviva un apparecchio efficace, ma non antiestetico». Oggi sono 400-500 gli specialisti che utilizzano queste tecniche (gli indirizzi nel sito www.invisalign. com), che inducono piccoli spostamenti dentali attraverso mascherine trasparenti, da sostituire ogni 15 giorni. Ogni mascherina dà uno spostamento di 0,25 millimetri. Si va avanti a oltranza, indossandola 22 ore al giorno (si toglie solo per mangiare e per l' igiene orale). Periodo medio di cura: da sei mesi a due anni. Il risultato finale viene simulato via Internet fin dalla prima seduta, un po' come accade con la chirurgia plastica. «Si curano soprattutto donne sopra i 35 anni - riprende Siciliani -. Una su due ha denti che si accavallano per mancanza di spazio o denti sporgenti». L' altra tecnica utilizzata con adulti e adolescenti è quella «linguale»: le placchette vengono applicate all' interno dei denti, in modo da essere invisibili all' esterno. Punto debole: «Essendo fisso, questo apparecchio può creare problemi di pronuncia e pulizia», riassume Siciliani. PREVENZIONE - «Verificare a 5-6 anni l' esistenza di un disturbo significa arrivare a 9-12 anni con denti dritti e sani», spiega Pietro Di Michele, responsabile del Coordinamento organizzativo dell' Odontoiatria e Ortodonzia dell' Asl di Modena. Lentamente, si sta facendo strada fra gli specialisti e fra i genitori l' idea che anche i dentini da latte meritino di essere curati: i solchi dei molari vengono protetti dalla carie con una speciale resina in modo da renderli inattaccabili dai germi. «Le statistiche ci dicono che il 75% dei bambini in età scolare ha problemi di malaocclusione. Di questi, un 25% ha una crescita non corretta delle ossa mascellari», continua Di Michele. Una correzione dura mediamente tre anni: si è passati dagli apparecchi ingombranti in plastica e ferro, con trazioni esterne (i famosi baffi), a modelli molto più confortevoli. Piastrine di dimensioni ridotte, con attacchi di resina o ceramica (quindi bianchi), unite da elastici in gomma colorati. Di Michele insiste: non è solo estetica. Una bocca «sbagliata» può provocare anche la scoliosi. La prevenzione manderà in rovina i dentisti? «Una bocca sana non vuol dire non lavorare più, ma muoversi prima», conclude lo specialista. Daniela Monti _________________________________________ Le Scienze 17 aprile ’03 UN FARMACO CONTRO IL COLLASSO CARDIACO L’anione nitrossile sembra più efficace dell’ossido d’azoto nel migliorare la funzionalità del cuore I milioni di pazienti a rischio di arresto cardiaco vengono tradizionalmente curati con nitroglicerina o altri farmaci che rilasciano ossido di azoto nel flusso sanguigno. Ma se queste medicine aumentano la capacità del cuore di contrarsi, esse smorzano anche i segnali chimici che permettono al cuore di rilassarsi completamente e di pompare in modo più efficace. Ora una ricerca su animali effettuata da medici del Johns Hopkins Medical Institutions suggerisce un’alternativa. Un composto chimico, molto simile all’ossido di azoto, potrebbe ripristinare in modo migliore la normale funzionalità del cuore. Una relazione su questa ricerca è stata pubblicata sul numero del 15 aprile della rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences" (PNAS). Durante uno studio con 9 cani normali e 11 sofferenti di collasso cardiaco, i ricercatori hanno somministrato agli animali un’infusione di un composto che genera una forma di ossido d’azoto chiamata anione nitrossile. Questo è simile all’ossido d’azoto, ma possiede un elettrone (e quindi una carica negativa) in più. Questa caratteristica raddoppia la capacità di contrazione del cuore, migliora la sua capacità di rilassarsi e stimola il rilascio del peptide CGRP, una proteina che dilata i vasi sanguigni. “Si tratta di un processo completamente nuovo per stabilizzare le funzioni del cuore. - spiega il cardiologo David A. Kass, principale autore dello studio - Una sola infusione è in grado di produrre un miglioramento sostanziale sia nella contrazione sia nel rilassamento del cuore. Non sembra inoltre esserci alcuna tossicità associata a questi effetti. Il composto potrebbe rivelarsi una valida alternativa alle tradizionali cure con ossido d’azoto che migliorano solo una parte del ciclo cardiaco”. Paolocci, N. et al, "Positive Inotropic and Lusitropic Effects of HNO/NO- in Failing Hearts: Independence from Beta-Adrenergic Signaling," Proceedings of the National Academy of Sciences, April 15, 2003; Vol. 100. _________________________________________ Le Scienze 16 aprile ’03 CURARE I TUMORI CON LE LUCCIOLE La luce è generata dalle stesse cellule del tumore, che innescano così la propria distruzione Le lucciole potrebbero rivelarsi un’arma potente contro il cancro. In un nuovo studio, ricercatori britannici avrebbero inserito il gene della lucciola che attiva l’emissione di luce bioluminescente all’interno di cellule tumorali modificate, nella speranza di innescare una catena di eventi che potrebbe combattere la malattia. Questa sorgente di luce, nota come luciferina, rende le cellule modificate brillanti, proprio come le lucciole. Aggiungendovi un agente fotosensibilizzatore, la combinazione si dimostra letale. “Le cellule - spiega Theodossis Theodossiou, del National Medical Laser Centre dell’University College di Londra - producono abbastanza luce da innescare la propria distruzione”. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista “Cancer Research”. Questa tecnica (BioLuminescence Activated Destruction of cancer, o BLADe) potrebbe permettere di approfondire la terapia fotodinamica, una cura efficace che fa uso di lampi di luce per attaccare i tumori in prossimità della superficie della pelle o degli organi interni. Come parte della terapia, le cellule tumorali vengono trattate con un fotosensibilizzatore e poi esposte a laser o altri raggi esterni. La luce innesca la produzione di specie attive di ossigeno che possono distruggere le cellule. Le sorgenti di luce esterne, tuttavia, possono passare soltanto attraverso una piccola quantità di tessuti per raggiungere il tumore. La tecnica BLADe è stata sperimentata proprio nel tentativo di curare tumori più in profondità, inserendo la sorgente luminosa all’interno della malattia stessa. Le cellule del tumore sono state modificate in modo da esprimere il gene luciferasi delle lucciole e poi incubate con luciferina in laboratorio. Le cellule sono così diventate lampade in miniatura, emettendo la luce necessaria alla loro distruzione. _________________________________________ Le Scienze 16 aprile ’03 COME L’ALZHEIMER DANNEGGIA I NEURONI Osservato il processo biochimico alla base della malattia Si aprono nuove speranze nella lotta contro il morbo di Alzheimer. Scienziati dell’Università della Pennsylvania hanno scoperto il modo in cui una proteina, da tempo associata con la malattia, infligge gravi danni: essa isola i mitocondri nei neuroni colpiti, provocando una “crisi energetica” e l’accumulo di tossine che causano la morte delle cellule. Questo processo, che costituisce la prima spiegazione biochimica specifica delle patologie associate con il morbo di Alzheimer, viene descritto in un articolo sul numero del 14 aprile della rivista “Journal of Cell Biology”. Mentre la normale funzione della proteina precursore dell’amiloide (APP) resta sconosciuta, gli autori sono riusciti a determinare che la semplice serie di 50 aminoacidi della proteina semina la distruzione facendo morire di fame i mitocondri e le cellule che essi alimentano. “Abbiamo scoperto - spiega il biochimico Narayan G. Avadhani - che quando APP lascia il nucleo, può dirigersi sia verso i mitocondri sia verso il reticolo endoplasmico. APP ha una regione acida, carica negativamente, che la fa bloccare in modo irreversibile mentre attraversa i canali di trasporto delle proteine nella membrana mitocondriale. Questo ostacola e infine blocca completamente la capacità dei mitocondri di importare altre proteine e di produrre energia cellulare”. Le proteine APP, inoltre, danneggiano i neuroni anche in un altro modo: studiando neuroni di topo, i ricercatori hanno osservato che un’estremità della proteina contiene un prodotto tossico, chiamato A-Beta. Questa tossina, un componente delle placche del cervello caratteristiche del morbo di Alzheimer, si separa dal resto della proteina e si accumula nella cellula.