POLICLINICO, L'ATENEO SCOPRE LE CARTE RETTORE: PRIMA SFIDA TRA I QUATTRO CANDIDATI CIAMPI: LA RICERCA CHIAVE DELLA CRESCITA I RETTORI DA OGGI A BRUXELLES NEGLI ATENEI OLTRE 300 TITOLI INTERNAZIONALI SAPIENZA, VINCONO IL CONCORSO MA NON LAVORANO GENTILE, "LA PIU’ FASCISTA" DELLE RIFORME FRAU: NURAGICI SIGNORI DEI MARI CHIAMIAMOLI ATLANTIDI LAWRENCE: I SARDI GENTE SENZA COSCIENZA E UN PO’ STUPIDA BUONO SCUOLA, PUZZLE REGIONALE VECCHIA UMANITARIA, CENTODIECI E LODE ESAME DI STATO, L'INGEGNERE SI RIBELLA BUROCRAZIA "BOCCIATA" DAI CITTADINI ================================================================== MEDICINA: PIU’ LAUREATI CHE ISCRITTI PULA: COFERENZA INTERNAZIONALE VARIABILITA’ GENETICA, NUTRIZIONE ED ATTIVITA’ FISICA MA SUI BREVETTI DEI FARMACI SERVE UN COMPROMESSO 2002: PER GLI ITALIANI UN'ORGIA DI MEDICINE E LA NOSTRA SANITA’? TENIAMOCELA CARA "MICROCITEMICO NEL DEGRADO" SARS E OSPEDALI PUBBLICI EMPATIA, ECCO LE SEDI CEREBRALI OMEOPATIA, UN METODO PER DIMOSTRARSI SCIENZA CONTROLLATO A DISTANZA IL CUORE DI 480 ANZIANI MOBBING E STRESS ALLARME DIFFUSO RICERCA DEPRESSIONE, CURA E PREGIUDIZI INVECCHIAMENTO A CHE PUNTO E' LA RICERCA IL DANNO BIOPSICHICO? VA RISARCITO CURARE L'ASMA CON I GAS NOBILI DIAGNOSI VELOCI PER LA RETINOPATIA DIABETICA ================================================================== __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 30 Apr. 03 POLICLINICO, L'ATENEO SCOPRE LE CARTE "Alla facolta’ di Medicina per funzionare bene servono 638 posti letto" CAGLIARI. L'intera facolta’ di Medicina meno due (un voto contrario e un'astensione), ieri, dopo una riunione finita a tarda sera ha approvato la traccia per un protocollo d'intesa con la Regione sull'azienda mista che c'e’ molta fretta di creare perche’ mille urgenze premono alle porte. Da ieri si sa finalmente cosa vuole l'universita’ per cominciare a parlare dell'azienda mista che l'assessore dice di voler fare, che il rettore da’ per quasi fatta, ma intanto i mesi passano e di protocolli definitivi, ancora, non si puo’ parlare. Spiega il preside di Medicina, Gavino Faa: "Il documento elaborato si chiama 'Considerazioni della facolta’ di Medicina sul protocollo d'intesa' ed e’ la base di discussione con le componenti dell'intesa che sono il rettore, l'assessore, gli ospedalieri. Il documento e’ stato elaborato da una commissione di quindici colleghi autorevoli e, nella fase istruttoria, e’ stato presentato ai sindacati dei medici ospedalieri. Si e’ aperto un dibattito, sicuramente acceso e altrimenti non potrebbe essere perche’ si tratta di una cosa nuova e l'intesa deve essere raggiunta. Ma e’ importante - continua il preside - che si sottolinei il concetto di intesa: perche’ ci sia un'intesa nessuna parte puo’ essere mortificata, l'universita’ non intende dettare regole ma, attraverso il documento, esprimere le proprie necessita’ per garantire un'alta formazione ai giovani. Abbiamo un ospedale stupendo, va riempito bene, d'intesa con gli ospedalieri. Contiamo molto sulla disponibilita’ dell'assessore che ci ha dato l'idea di voler procedere speditamente verso la costituzione dell'azienda mista. D'altronde, lo sappiamo, siamo in ritardo". Ieri la discussione fra gli universitari e’ stata piuttosto lunga, soprattutto attorno a due problemi: uno importante per pochi, l'altro fondamentale per tutti. Il primo: come e in che tempi confluiranno in una delle tre sedi ufficiali dell'azienda mista cagliaritana i docenti che oggi si trovano in ospedali fuori dal complesso universitario. Il secondo: il numero di posti letto a disposizione dell'universita’ per formare i medici ma anche tutte le figure professionali sanitarie che la riforma ha messo in carico alla facolta’ di Medicina. Trasferimenti. La commissione regionale alla sanita’ ha identificato un complesso universitario con tre sedi: l'ospedale San Giovanni di Dio, la clinica pediatrica e il policlinico di Monserrato. Tutti gli insegnamenti che si trovano fuori da questi tre centri dovranno trasferirsi o in centro citta’ o a Monserrato. A quanto pare non ci saranno eccezioni, come si pensava in un primo tempo, e quindi ieri i vari docenti chiedevano lumi su trasloco e sistemazioni che, com'e’ naturale, si pretende siano assolutamente premianti. Numero dei posti letto. Dal documento e’ uscito un numero: 638. E' questa la quantita’ di posti letto necessaria, secondo la commissione dei quindici, perche’ la facolta’ di Medicina possa formare medici ma anche infermieri, ostetrici, fisioterapisti, tecnici di laboratorio, senza dimenticare le specializzazioni dei medici stessi che dovranno essere di alto livello altrimenti nessuno dei dottori sardi avra’ speranza di trovare lavoro e soddisfazione. Il problema dei numeri e’ piuttosto spinoso. Attualmente la facolta’ di Medicina dispone di 890 posti letto, gia’ nella riorganizzazione della rete ospedaliera presto all'attenzione del consiglio regionale si prevede un sacrificio degli universitari per quasi 250 posti letto. Secondo la legge 517, poi, il rapporto e’ di 3 letto per ogni iscritto al primo anno, siccome a Cagliari le matricole sono 170 l'anno, si arriva a 510. Gli universitari, ieri, l'hanno detto e ripetuto: per una facolta’ funzionale ai propri scopi (quest'anno cominceranno 7 corsi di lauree brevi) il numero aureo e’ 638. Alessandra Sallemi ______________________________________________________________________ L'Unione Sarda 1 mag. '03 RETTORE: PRIMA SFIDA TRA I QUATTRO CANDIDATI Le elezioni per il rettore Quattro aspiranti rettori per la prima volta a confronto sui problemi dell'universita’. E’ stato giusto un assaggio di programmi e idee, quello offerto l'altro ieri nell'aula magna del corpo aggiunto della facolta’ di Lettere dai candidati in corsa per triennio 2003-2006. Un mini faccia a faccia organizzato da Cgil, Cisl e Uil tra l'attuale rettore Pasquale Mistretta, il docente di Mineralogia Luca Fanfani, e i colleghi di Anatomia Giuseppe Santa Cruz e di Fisica generale Francesco Raga, con i rappresentanti dell'elettorato composto da 550 docenti, 650 ricercatori, 180 rappresentanti degli studenti e 120 del personale non docente. Davanti a un centinaio di presenti i candidati hanno riassunto le proprie ricette per far fronte alle questioni che, secondo la relazione introdotta dalle associazioni sindacali, bloccano lo sviluppo dell'ateneo cittadino. Tra queste, la crisi della ricerca, la mancanza di rapporti con enti, territorio e privati, la carente formazione del personale e la riforma didattica insoddisfacente. Il dibattito trovera’ maggior spazio lunedi’ (ore 17, al Banco di Sardegna di viale Bonaria) nel convegno dal tema Universita’ e sviluppo della Sardegna, organizzato dall'associazione "Aprile per la sinistra". Il primo turno delle elezioni si svolgera’ giovedi’ 8, il secondo il 20. Emiliano Farina _____________________________________________________________ Il Sole24Ore 3 Mag. 03 CIAMPI: LA RICERCA CHIAVE DELLA CRESCITA DINO PESOLE ROMA - Vi sono "tutte le condizioni per avviare una fase di crescita piu’ vigorosa, di nuovi investimenti, di maggiore occupazione, di innovazione". Carlo Azeglio Ciampi ha scelto la ricorrenza del 1° maggio per lanciare un messaggio di ottimismo sullo stato di salute dell'economia italiana. Nel corso della cerimonia per la consegna delle Stelle al Merito del Lavoro, il capo dello Stato ha posto l'accento sulle scelte da compiere ("occorre un'azione congiunta e convergente di tutte le forze del lavoro volta a favorire gli investimenti"), e sui vincoli da rimuovere ("in primo luogo il debito pubblico"). Lo Stato deve fare la sua parte, aumentando gli stanziamenti per la ricerca. Da ex timoniere dei conti pubblici nella lunga rincorsa all'euro, Ciampi sa bene quanto sia complesso coniugare il rigore con la necessita’ di dare ossigeno all'economia. La parola chiave e’ la fiducia. E’ dovere di tutti "saperla generare e diffondere tra i cittadini e le imprese". Un primo elemento rassicurante viene dalla fine del conflitto in Irak. Ora l'auspicio e’ che l'effetto della polmonite atipica sviluppatasi nel sud della Cina non incida in modo rilevante sulla domanda mondiale. Pur con le incertezze che derivano da una perdurante congiuntura negativa, la ripresa dell'economia europea "e’ possibile, e’ nelle nostre mani". In particolare l'Italia puo’ giovarsi dell'attuale livello dei tassi, del risparmio accumulato dalle famiglie "e dal modesto indebitamento privato". Resta il macigno del debito, pur in costante diminuzione in rapporto al Pil. Da sei anni - ha ricordato Ciampi - il disavanzo pubblico e’ al di sotto della soglia limite del 3 per cento. Tetto superato o sfiorato da altri Paesi, tra cui Francia, Germania e Portogallo. Per proseguire senza incertezze sulla strada del risanamento, e’ necessario tuttavia mantenere l'avanzo primario (il saldo al netto degli interessi) "in valori che ci salvaguardino dagli effetti del naturale fluttuare dei tassi di interesse". E’ un indicatore-chiave per saggiare il grado di sostenibilita’ della nostra finanza pubblica. Ciampi ha letto con attenzione le tabelle contenute nei documenti approvati due settimane fa dal Governo e vi ha colto un qualche elemento di preoccupazione, laddove l'avanzo primario, gia’ in calo nel 2002 al 3,4% rispetto al 5,8% del 2000 e al 3,8% del 2001, viene indicato al 3,2% nell'anno in corso. Occorre agire sia sul numeratore (il debito) che sul denominatore (la crescita). "Anche per questa ragione - ha osservato Ciampi - e’ obiettivo primario tornare a un tasso di crescita quale e’ nel potenziale della nostra economia". E’ certo un elemento di forza (Ciampi ha accolto con favore gli atti preparatori del recente convegno di Confindustria a Torino) "che i nostri imprenditori siano in primo luogo orgogliosi di essere imprenditori italiani". La delocalizzazione "va vissuta cosi’, con l'orgoglio di portare in altri Paesi il nostro modo d'essere, la nostra creativita’". Anche perche’ affermarsi su mercati sempre piu’ competitivi "richiede innanzitutto capacita’ di progettazione strategica, inventiva". Vi e’ poi il nodo strutturale "della dotazione di infrastrutture, in particolare di comunicazione e di trasporto". Ciampi ricorda la Torino-Lione, il Corridoio 5 e il Corridoio 8, "che rappresentano l'apertura strategica verso le direttrici future dei traffici europei". Buoni i segnali che giungono dalla modernizzazione dell'apparato statale (per l'e-government l'Italia ha migliorato la sua posizione, anche se resta al nono posto nella classifica europea), ma il vero problema resta "l'intollerabile differenziale regionale nel tasso di disoccupazione". I segnali non mancano, con la disoccupazione giovanile che e’ scesa di 7 punti dal 1996 al 2002. "Vi e’ tuttavia un buon margine per aumentare la presenza di donne e giovani". Infine la riduzione del lavoro nero, precondizione essenziale per prevenire, tra l'altro, gli incidenti e aumentare il livello di sicurezza nei posti di lavoro. ___________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Apr. 03 I RETTORI DA OGGI A BRUXELLES APRE LA SEDE CRUI Una finestra delle universita’ italiane nel cuore dell’Europa: si inaugura oggi a Bruxelles la sede della Conferenza dei rettori. Una scelta che punta a supportare l'azione politica del sistema italiano dell'alta formazione, anche attraverso l'esercizio di' lobby' per indirizzare modalita’ e struttura dei programmi Ue. Inoltre, la sede punta a orientare e facilitare l'accesso degli atenei italiani ai bandi comunitari. «Siamo convinti commenta il presidente della Crui, Piero Tosi che la formazione rappresenta il profilo della cittadinanza europea. Le universita’ europee, in linea con la loro tradizione e con la missione culturale, sono messe alla prova nel riflettere ed elaborare le esigenze dell'integrazione sociale e politica» Presidente Tosi, la sede di Bruxelles e’ dunque lo strumento per consentire alle universita’ italiane di contare di piu’ in Europa? Si’. Gli uffici di’ Bruxelles hanno il valore simbolico di avvicinare l'universita’ italiana ai partner e ai legislatori europei. E poi rappresentano una grande occasione di costruire opportunita’ all'estero per studenti e ricercatori e, allo stesso tempo, attivare uno scambio con gli altri Paesi basato su reciprocita’ e competizione. Gli atenei italiani intendono, con la riforma dell'autonomia didattica, realizzare gli obiettivi definiti con la dichiarazione di Bologna. Il protocollo ha impegnato i Paesi firmatari a definire percorsi universitari in sequenza, con un primo livello di durata almeno triennale. Passa anche da qui la creazione dello spazio europeo della formazione. L'obiettivo sottoscritto a Bologna deve essere realizzato entro il 2010. Riteniamo che ci sia una giusta gradualita’ e che il processo vada portato avanti e potenziato. Tuttavia, noi crediamo anche nel valore della diversita’. L'essenziale non e’ tanto avere un'uguale tipologia architetturale, quanto arrivare a una formazione riconosciuta. E il traguardo dei programmi di internazionalizzazione e dei progetti per la mobilita’ degli studenti? Questi progetti sono cruciali. Stiamo festeggiando il milionesimo studente Erasmus. Tuttavia, dobbiamo anche dire che l'internazionalizzazione presuppone anche il controllo di qualita’ sull'offerta e sui risultati formatisi. Senza reciproca fiducia non c'e’ possibilita’ di riconoscere i curricula. Per questo si sta lavorando ai principi per la valutazione in sede europea. Il traguardo e’ l'accreditamento dei corsi, un risultato che non solo darebbe impulso alla mobilita degli studenti ma anche a quella dei ricercatori. Il sogno e’ che un professore salga in cattedra per sei mesi a Oxford e nel semestre successivo tenga lezione a Siena. MARIA CARLA DE CESARI ___________________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Apr. 03 NEGLI ATENEI OLTRE 300 TITOLI INTERNAZIONALI Tanti ne ha censiti in complesso la Fondazione Rui nel 2003 - Ben 132 le lauree triennali e specialistiche congiunte Il programma di studi e’ concordato da due o piu’ istituzioni di Paesi diversi - Spesso c'e’ un sostegno del Miur o della Ue. Stessa laurea in agroecologia per un giovane gallese, un norvegese, un tedesco e un italiano. I primi tre hanno frequentato almeno un semestre nell'Universita’ della Tuscia a Viterbo, l’italiano ha fatto lo stesso nell’Universita’ del Galles. Si chiama “joint degree”, titolo di studio congiunto con valenza internazionale. Se di "programmi integrati di studio” se ne parlava gia’ nel 1976 (con 409 accordi di’ cooperazione finanziati dall'allora Comunita’ Europea, di cui 73 progetti italiani), lo sara’ compiuto nel 2010, a detta della Commissaria Viviane Reding entro quella data, infatti, dovrebbe essere realizzata la dichiarazione di Bologna, firmata nel 1999 dai ministri di 20 Paesi, che prevede per l'alta formazione universitaria corsi in sequenza, di cui il primo almeno di durata triennale. Una previsione confermata nei successivi vertici di Lisbona e di Stoccolma. Gli interventi prevedono titoli di studio trasparenti validi in tutta la Ue. modelli di curriculum comuni, direttive che abbattono le barriere burocratiche. I fondi del Miur. Ma gli atenei d'Europa non hanno perso tempo, e anche il Miur ha finanziato progetti che danno concretezza all’idea dei titoli i internazionali: doppie lauree, programmi di master e dottorati che consorziano piu’ atenei altre iniziative. Sono 1 68 i progetti approvati sino al 2000, e 175 nel biennio 200l/2003, per circa 20 mila euro di finanziamento. Tra questi ultimi, 22 riguardano le lauree triennali e specialistiche elencate nella tabella a fianco) e una quarantina di master. Gli altri accordi. Gli accordi inter-universitari non si fermano qui. In otto (compreso anche qualche accordo fra atenei italiani), nel 2003 la fondazione Rui ne ha contati 310: ben 132 sono le doppie lauree, 118 i dottorati di ricerca e 55 i master che creano titoli congiunti. Per quanto riguarda le discipline il 31% degli accordi riguarda le scienze sociali, il 25% ingegneria e architettura, il 18% le materie umanistiche. Mentre il Paese con il maggior numero di percorsi di studio comuni e sicuramente la Francia (con il 39%), seguita da Spagna (19%). Germania e Regno Unito (18%) e dagli Stati Uniti (29%). Gli esempi. Le iniziative, partite dagli atenei italiani, hanno creato accordi di cooperazione che nel tempo sono stati sostenuti da programmi comunitari, dallo stesso ministero, da accordi inter-ministeriali tra diversi Stati. E il caso del «percorso di laurea in giurisprudenza italo/francese» per il doppio titolo: laurea italiana e maitrise francese, dell’Universita’ di Firenze. L'Universita’ Paris la Sorbonne ha stabilito il medesimo accordo con un ateneo di Londra, un altro in Germania e con due universita’ degli Stati Uniti. «Un programma che ha gia formato piu’ di 40 avvocati d'affari internazionali o funzionari di organizzazioni europee o multinazionali>, spiega il coordinatore Stefano Mannoni’. Un'altra istituzione pioniera in tema di’ «Joint degree» e l'Universita’ di Torino, che, come riferisce la professoressa Ludovica Gullino, «dal 1980 ha realizzando piu’ di’ 300 accordi di cooperazione internazionali« . Oggi presso l'ateneo torinese si puo’ ottenere una doppia laurea (sia di primo sia di secondo ciclo) in economia con l'Eap di Parigi, in legge con l'Universita’ di Nizza e in lingue straniere con l'Universita’ della Savoia a Chambery. Ma ormai il ventaglio dell'offerta di doppi titoli si sta ampliando sempre piu’. Da Trento a Catania, con o senza i fondi ministeriali, gli atenei italiani puntano sempre piu’ spesso l'apertura all'estero LOREDANA OLIVA _______________________________________________________________ Corriere della Sera 29 Apr. 03 SAPIENZA, VINCONO IL CONCORSO MA NON LAVORANO Ricercatori di varie facolta’. L' ateneo non ha i soldi per pagarli. Sessanta ricorsi al Tar Di Frischia Francesco Hanno vinto il concorso un anno fa come ricercatori e docenti nell' universita’ "La Sapienza". Da sei mesi avrebbero dovuto cominciare a lavorare, ma ancora non sono stati assunti: l' ateneo piu’ grande d' Europa non ha i soldi per pagarli. Un centinaio di professori associati e ordinari e una sessantina di ricercatori protestano da mesi con i vertici dell' universita’ per chiedere "il rispetto di un diritto acquisito". Molti di loro, una sessantina, hanno gia’ fatto ricorso al Tar del Lazio: le prime udienze sono fissate per giugno. Il personale universitario punta il dito "contro la gestione dei bilanci degli anni passati". Carlo Cellamare, ricercatore della facolta’ di Ingegneria, ricorda che "i concorsi sono stati banditi prima del blocco delle assunzioni deciso nell' ottobre 2002 dai vertici della Sapienza e prima dell' ultima Finanziaria, che ha prolungato questo provvedimento per il 2003". In attesa che il problema dell' assunzione si risolva, Cellamare sopravvive con un contratto di alcuni mesi per una ricerca specifica nel settore urbanistico. "Quando hanno preparato i bandi, c' era la copertura finanziaria per pagare gli stipendi ai nuovi assunti - precisa Cellamare - Poi, pero’, non si sa dove siano finiti quei fondi". Cristina Giudici, ricercatrice di Economia e Commercio, come altre sue colleghe, da 4 mesi e’ senza lavoro: "Mi e’ scaduto un contratto a dicembre e non ho chiesto il rinnovo sapendo di poter contare su questa assunzione. Come vivo? Con lo stipendio di mio marito...". Anna Attias, che da ricercatrice e’ diventata professore associato della facolta’ di Economia, rivela che "alcuni docenti della mia facolta’, nonostante il blocco delle assunzioni, hanno cominciato a lavorare. E lo stesso e’ avvenuto a Farmacia". Perche’ solo qualcuno ha preso servizio? "Perche’ c' e’ stata una evidente e vergognosa disparita’ di trattamento - risponde Anna Attias - e la scelta non e’ stata certo guidata da criteri logici". F. D. F. ______________________________________________________________________ L'Unione Sarda 3 mag. '03 FRAU: NURAGICI SIGNORI DEI MARI CHIAMIAMOLI ATLANTIDI "Le mie Colonne d'Ercole" Frau lunedi’ a Cagliari Sei edizioni nell'arco di un anno. Seimila copie vendute soltanto in Sardegna. Quando l'editrice romana Nur Neon decise di pubblicare il libro di Sergio Frau, nessuno - a cominciare dall'autore - s'immaginava che l'iniziativa avrebbe trovato cosi’ largo successo. E non soltanto fra i potenziali lettori. Le Colonne d'Ercole, rivoluzionaria inchiesta di un giornalista fra le pieghe del mito di Atlantide, ha raccolto positivi giudizi da accademici, storici, archeologi di primissimo piano. Sulle sorprendenti tesi sono stati scritti autorevoli commenti e organizzati convegni scientifici (l'ultimo in sede universitaria a Roma). Guia’ presentato in diverse occasioni in Sardegna, il libro sara’ al centro di una conversazione che lunedi’ a Cagliari terra’ l'autore. Organizzato dall'associazione "Amici del Giardino", l'appuntamento col pubblico avra’ luogo nell'aula magna del Dipartimento universitario di Architettura (via Corte d'Appello 87) con inizio alle ore 17,30. Sergio Frau sara’ presentato da un altro giornalista, Mauro Manunza. Presentato dal Rotary il libro-inchiesta di Sergio Frau Sara’ pure partito da uno dei piu’ antichi e suggestivi miti che hanno attraversato i secoli - quello di Atlantide e della sua misteriosa fine - ma, dopo tre anni di studi e caparbie ricerche su centinaia di libri e atti di convegni, il giornalista Sergio Frau e’ approdato alla Storia, con le sue datazioni certe, le testimonianze archeologiche, le indagini stratigrafiche. Il suo libro-inchiesta Le Colonne d'Ercole. Un'inchiesta (successo editoriale che continua a conquistare lettori) l'ha portato in Sardegna, dove l'inviato di Repubblica sostiene di avere individuato l'isola di Atlante e dimostra perche’. Prima di tutto perche’, secondo la sua tesi, nell'antichita’ le Colonne d'Ercole non erano a Gibilterra, ma nel Canale di Sicilia: dunque l'isola d'argento, torri e grandi ricchezze ambientali di cui scriveva Platone non deve essere cercata nell'Atlantico ma al centro del Mediterraneo. In secondo luogo, perche’ in Sardegna esisteva un popolo, quello nuragico, con una grande organizzazione che non solo assicurava, attraverso migliaia di torri-nuraghe, un sicuro controllo delle coste dell'isola, ma consentiva un dominio sul mare e un prestigio tra i popoli navigatori che e’ stato troppo a lungo sottovalutato. Un popolo potente che, intorno al 1200 avanti Cristo, e’ misteriosamente scomparso. Non cancellato da conquistatori - dice Sergio Frau - ma da una catastrofe naturale: un'onda gigante che sommerse l'intero Campidano, fino a Barumini, arrestandosi contro la Giara di Gesturi. Sergio ha esposto la sua inchiesta (e presentato il documentario della trasmissione di Rai3 Gaia dedicato al suo studio) in un forum organizzato dal Rotary Club di Quartu sul tema "La Sardegna del passato tra miti e ricerca". Un incontro che ha messo a confronto il giornalista con due illustri studiosi delle culture piu’ antiche della Sardegna, Giovanni Lilliu ed Enrico Atzeni. Sulla teoria della Sardegna-Atlantide i due archeologi non hanno espresso un giudizio chiaro e definitivo: pur avendo teorie differenti sulla fine della civilta’ nuragica, non se la sono sentita di bocciare apertamente la tesi di Frau. Davanti alla possibilita’ che il Campidano e la reggia di Barumini siano stati travolti da uno tsunami alto decine di metri e che quindi la civilta’ nuragica sia stata cancellata da acqua e fango, Atzeni preferisce parlare di "avvicendamento storico dei popoli" per giustificare la scomparsa di una civilta’. E anche Giovanni Lilliu rimarca lo scontro fra popoli che ha sempre caratterizzato la storia sarda fin dall'antichita’, sottolineando che "resti piu’ antichi di quelli nuragici sono stati trovati a Barumini", come se nessun fenomeno naturale possa essere stato cosi’ distruttivo da cancellare il passato. Resta comunque il fatto che l'inchiesta di Sergio Frau ha la capacita’ di insinuare mille dubbi, soprattutto di spingere ad approfondire lo studio sulla civilta’ nuragica, sotto molti aspetti trascurato. Il giornalista rimarca piu’ volte quanto superficialmente siano stati studiati la blindatura di torri nuragiche sulla costa e i resti archeologici trovati sul mare, sotto quelli punici e romani. Resti che testimonierebbero l'esistenza di porti e dunque di una marineria nuragica. Anche se la Sardegna non fosse poi Atlantide, le Colonne d'Ercole potrebbero comunque aprire la strada alla riscoperta di un grande popolo sardo signore del mare. Serena Schiffini ______________________________________________________________________ La Stampa 27 Apr. '03 GENTILE, "LA PIU’ FASCISTA" DELLE RIFORME OTTANT'ANNI FA ERA APPROVATA LA LEGGE, VOLUTA DAL FILOSOFO, CHE RIVOLUZIONO’ L'ISTRUZIONE IN ITALIA IL 1° maggio 1923 Benedetto Croce scriveva al vecchio amico Giovanni Gentile: "La tua lettera mi reco’ grande soddisfazione e gioia. Tu hai potuto tradurre nel campo dei fatti un tuo antico pensiero; ed io mi compiaccio di avere in qualche modo preparata questa attuazione presentando in tempi avversi un disegno di legge, che sapevo senza speranze pel presente ma che poteva essere, come e’ stato, un germe per l'avvenire". Croce rispondeva a una lettera di pochi giorni prima, esattamente del 27 aprile, con la quale Gentile gli comunicava: "Ho finito di discutere in Consiglio la mia riforma della scuola media, che e’ stata integralmente approvata." Nella medesima lettera Gentile ammetteva con onesta’ il ruolo dell'amico ("a tanta parte di questa riforma abbiamo lavorato insieme"), il quale alla riforma aveva lavorato non solo nelle vesti di ministro della Pubblica Istruzione con Giolitti nel 1920-21, ma anche come uno dei principali partecipanti alla discussione che si era svolta, fra giornali e convegni, sin dall'inizio del secolo, insieme allo stesso Gentile, a Giuseppe Lombardo Radice, Ernesto Codignola, Gaetano Salvemini e molti altri. Si puo’ a ragione, anzi, sostenere che la riforma Gentile (che nei mesi seguenti avrebbe allargato il suo raggio, toccando l'intero assetto dell'istruzione, dai programmi scolastici agli organi di governo della scuola), sia largamente il frutto di quel movimento di idee e che, dopo lo sfortunato tentativo crociano, giungeva infine a compimento grazie anche ai poteri speciali concessi dal Parlamento a Mussolini. Esattamente due anni dopo, il 1° maggio 1925, con la pubblicazione del Contromanifesto crociano, in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti redatto da Gentile, si sarebbe giunti alla definitiva rottura fra i due. Croce e Gentile non si sarebbero mai piu’ incontrati, ne’ scritti, pur seguendo di lontano l'uno l'attivita’ dell'altra. E della riforma della scuola, anche una volta passato il Rubicone di una posizione benevola verso il fascismo, e divenuto il papa laico dell'antifascismo, Croce ebbe sempre un'ottima opinione, guardando anzi con sfavore le modifiche che via via il regime avrebbe apportato a quella che Mussolini aveva definito "la piu’ fascista" delle riforme, e che in realta’ era poco fascista, se non forse per i modi, autoritativi, con i quali fu approvata e per lo stile di comando dall'alto che la permeo’. Da questo punto di vista, pur non essendo "fascista" al momento dell'approvazione della riforma (chiese l'iscrizione al PNF qualche mese dopo), Gentile in quel "pacchetto", come in generale nella sua politica culturale, espresse una volonta’ ferrea di controllo e di ordine, elementi che per lui contavano almeno quanto la sostanza della sua politica; tanto che un liberale come Luigi Einaudi, all'epoca anch'egli favorevole a Mussolini, esprimeva preoccupazione sul Corriere della Sera circa lo stretto controllo ministeriale sugli insegnanti, la nomina regia dei presidi di facolta’ e dei rettori universitari e cosi’ via. La nomina di un paio di migliaia di nuovi direttori didattici completava il quadro, all'insegna di un perfetto allineamento del sistema scolastico agli orientamenti governativi. Del resto, la riforma Gentile era piu’ che fascista, statalista, nel senso dell'accentramento, dell'annullamento dell'autonomia, sia delle istanze locali, sia delle scuole, sia dei docenti, a dispetto delle proclamazioni del ministro in senso contrario (era nelle corde di tanti pedagogisti la valorizzazione delle responsabilita’ individuali dei funzionari, oltre che l'esaltazione dell'autonomia didattica dei professori). Al vertice dell'ordinamento, lo Stato, simboleggiato dal mitico, a lungo desiderato dagli uni e avversato dagli altri, esame: appunto, "l'esame di Stato". Che significava, tuttavia, la garanzia non solo della serieta’ dei lavori scolastici, ma anche dell'eguaglianza delle condizioni, contro i rischi di un'atomizzazione localistica delle valutazioni. Decisivo, sul piano dell'accentramento e del controllo (che dunque presenta una faccia buona e una maligna), il corollario costituito dal drastico cambiamento delle competenze e del meccanismo di formazione del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, ridotto nei suoi componenti, divenuti tutti di nomina regia, su proposta del ministro. Una politica seguita a tappeto da Gentile, persuaso che l'"elezionismo" fosse un elemento "corruttore" del costume scolastico (non a caso Luigi Sturzo parlo’ di "monarchia assoluta"). Certo, ben altro avrebbero fatto i suoi successori alla Minerva, ma egli aveva aperto una strada: e la politica dei "ritocchi" alla riforma - una politica che avrebbe suscitato inquietudini crescenti nello stesso Gentile, che assisteva impotente a una progressiva modificazione della sua creatura - sviluppando alcuni dei germi illiberali e centralistici contenuti nel disegno gentiliano del 1923, avrebbe un po' alla volta costruito davvero la scuola fascista, dagli asili all'universita’. L'altro carattere della scuola gentiliana - al di la’ di un empito classicamente idealistico, con una precisa gerarchia tra le discipline, coronate dalla filosofia - e’ lo schietto classismo: sociale e di genere. Lo noto’, fra i primi, Piero Gobetti, in un articolo il cui titolo dice tutto: "La scuola delle padrone, dei servi, dei cortigiani". La riforma, infatti, stabiliva una rigida gerarchia fra tipi di scuole, introducendo addirittura, con la cosiddetta "scuola complementare" ("una scuola di sfortunati", secondo Gobetti), una razzistica sottoscuola per coloro che andavano immediatamente avviati al lavoro, chiudendo loro ogni possibilita’ di continuare. Una decisione che naturalmente era non frutto di una scelta, ma di una situazione sociale. Cosi’ come il "liceo femminile", che doveva preparare "la donna fida e degna" del suo maschio, cui erano riservate scuole diverse e superiori, pur con le differenze, di nuovo tipicamente classiste, al loro interno. Sicche’, con il suo "estremismo", Gobetti poteva sbottare in un: "Meglio analfabeta che villano rifatto, fanatico di un enciclopedico sapere male appreso"...! I "derelitti" trovavano piu’ conforto nella fumante officina studiata da Marx, che "tra i banchi di una scuola di pedanteria e di inerzia". In realta’, quel carattere rigidamente selettivo sarebbe stato contestato dal regime avviato sulla strada della mobilitazione di massa: la riforma, come si diceva, un po' alla volta, senza ricevere mai alcuna sconfessione, fu profondamente modificata nel corso degli anni. Proprio davanti agli attacchi subi’ti da Gentile, Mussolini si senti’ in dovere di scendere in campo con quella celebre etichetta ("la piu’ fascista" delle riforme). Fu tra gli altri, l'amico Croce a difenderlo con vigore, anche presso Mussolini; anche se, l'anno dopo, in piena crisi Matteotti, Gentile stesso avrebbe preso l'iniziativa di dimettersi per facilitare il chiarimento da parte del "capo". Che cosa resta di quella riforma? Poco, a giudicare dagli ultimi tentativi roboanti e rabberciati di creare la "nuova scuola": anche la signora Moratti ha in mente una scuola di classe, ma senza la nobilta’ austera del disegno gentiliano. In luogo della superiorita’ della filosofia, si pretende di imporre quella dell'inglese, e invece della nobilta’ dell'umanesimo si vuole convincerci della grandezza dell'informatica; d'altro lato, la lotta al "centralismo statalista" riduce la scuola in briciole, in una situazione di anomia assoluta, in cui bisogna cercare sul "mercato" le risorse che lo Stato non da’ (del resto il primo atto dalla ministra e’ giunto li’ dove ne’ Gentile ne’ i suoi successori erano arrivati: togliere l'aggettivo "pubblica" dal sostantivo "istruzione"!); in compenso, il governo pretende la stessa obbedienza cieca ed assoluta dai suoi funzionari locali, che in effetti, come aveva fatto il regime mussoliniano, vengono sostituiti con un semplice tratto di penna, non in nome di competenze didattiche, bensi’ di "affinita’" politiche. Percio’ e’ persino lecito esprimere rimpianto per quella scuola, idealista e classista, ma dotata di un progetto alto, che ebbe in mente Giovanni Gentile. ______________________________________________________________________ L'Unione Sarda 1 mag. '03 LAWRENCE: I SARDI GENTE SENZA COSCIENZA E UN PO’ STUPIDA L'opinione di Nigel Foxell, profondo conoscitore dello scrittore britannico, sul libro nato da una Cagliari-Olbia sui binari Cambridge non ha dubbi: "Rassegnatevi, David vi adorava" Risucchiatori di minestra, gente senza coscienza, un po' animale e perfino un tantino stupida. Non pensava bene dei sardi, David Herbert Lawrence. "Non e’ vero". Nigel Foxell e’ un soave inglese d'una settantina d'anni. Laureato in letteratura a Cambridge, docente in universita’ americane e tedesche, collaboratore del Times, tenta eroicamente di riaggiustare il tiro. Nel 1999 percorse sul trenino verde un tratto dell'itinerario di Lawrence e subito dopo tenne una dotta conferenza per spiegare che probabilmente c'e’ stato uno spiacevole misunderstanding, insomma un malinteso. "Lawrence ha amato i sardi e la Sardegna. Il suo libro lo dimostra. Siamo di fronte a uno splendido miracolo". Miracolo? "Lawrence ha fatto la stessa operazione anche in Australia. E gli australiani sono molto invidiosi perche’ nessuno ha saputo cogliere luoghi e persone con altrettanta efficacia. Sa qual era la sua forza? Lo charme, eppoi la capacita’ di osservare rubandoti gli occhi". Dei sardi ha detto malissimo. "Di lui dicevano: e’ adorabile; oppure: e’ detestabile". Si puo’ stare in un'isola come questa cinque giorni e poi tirarne fuori un libro? "Perche’ no? Lui non era interessato ai monumenti, ma alla gente, alla flora". Cominciamo dal titolo: Mare e Sardegna. Dov'e’ il mare nel libro? "Almeno un quinto del testo ha per protagonista il mare. Che non e’ necessariamente quello sardo. Quanto al resto, Goethe visito’ Palermo senza mai entrare nella Cappella Palatina. E’ una scelta". Lawrence giudica molto male i sardi. "Quando mai. E’ un misantropo, tutto qui. Detesta la ragione, adora l'istinto (che non si lascia contaminare dall'intelletto). Trova i sardi veri uomini, molto virili, ne esalta il costume, le fattezze..." ... Per dire poi che sono selvaggi. "Tutto sta nel vedere con quale ottica si scrive un libro di viaggio. Ci sono le brochures delle agenzie turistiche dove tutto e’ bello-panoramico-suggestivo, ma viaggio e’ anche l'Odissea, la Divina Commedia... quelli che guardano il mondo come Ulisse non fanno riflessioni da cartolina". Citiamo integralmente: a Mandas una capra capisce piu’ degli abitanti stessi... "Ricordo questo passo. Ma ce ne sono anche degli altri". Certo: c'e’ l'oste di Sorgono con lo sparato lurido, la regina dei bassifondi a Siniscola... "E le descrizioni del paesaggio. Signore, lei omette le belle visioni della campagna, dei colori al mercato vecchio di Cagliari". Sono momenti, la sostanza e’ negativa. "Per Lawrence, che scappava dalla Sicilia perche’ c'erano troppi inglesi, il tour non e’ un godimento, ma qualcosa che si subisce. Non so se prima d'arrivare avesse qualche idea sulla Sardegna. Quelle che circolavano erano negative. Si diceva: e’ terra senza storia, fuori dal mondo. Ma a lui andava bene proprio perche’ odiava il mondo". E’ serio scrivere un libro dopo sei-giorni-sei di permanenza? "Il saggio che ha scritto sugli etruschi non e’ importante per gli studiosi d'arte ma per capire il senso della sua opera. Il libro sulla Sardegna e’ uno spezzone autobiografico: in questa luce va visto". Sbagliato parlare di rozzo etnocentrismo, di arroganza appena appena razzista? "Puo’ crederlo, signore. Lawrence era certamente etnocentrico ma non nel senso piu’ ovvio. Detestava la raffinatezza dei modi borghesi, amati da sua madre. Amava tutto cio’ che era primitivo perche’ gli ricordava suo padre, minatore. Si portava dall'Inghilterra cieli cupi e colori spenti. Qui invece trova colori splendenti, natura incontaminata, il nero del carbone (come la faccia di suo padre al rientro dal lavoro), bianco (come le mani consunte di chi ha faticato). Dice che i sardi hanno scuri occhi di velluto, racconta splendide vallate e uomini che lo ammaliano. Sapete perche’? Perche’ adorava tutto cio’ che aveva un sapore immediato, la forza dell'istinto e non quella dell'intelletto". Sea and Sardinia non e’ un peccato di onnipotenza, di presunzione letteraria? "Dio sa quanto mi piacerebbe essere cosi’ presuntuoso e onnipotente". Lawrence invoca il socialismo per i sardi ma poi lascia intravvedere un animo reazionario. "Ma reazionario lo era, e fino in fondo. Tipico della sua epoca. Era freudiano prima di aver letto Freud. E comunque non dimentichiamo che tutti i rivoluzionari sono anche reazionari. Sbaglio?". Detestava i modi borghesi ma era uno snob. "Era una meravigliosa contraddizione vivente. Adorava gli etruschi, detestava i romani. Pensava a un mondo ideale con un'aristocrazia e un re naturali... pensava a un mondo a sua immagine e somiglianza: anticristiano e antidemocratico. Ama i sardi anche quando afferma che sono animali perche’, per lui, l'animale, e’ un essere puro". Sotto sotto, era un nipotino della regina Vittoria. "Sicuro, ma fino a un certo punto. Dell'epoca vittoriana ama i legni, gli intarsi, alcuni bei giorni del passato. Poi pero’ si spinge molto piu’ in la’. Il suo atteggiamento anti-intellettuale e’ una forma di intellettualismo". Per questo gli scappa che i sardi sono affetti da stupidity? "La stupidita’ e’ purezza". Non esageriamo. "In inglese, il significato di stupidity e’ diverso dal vostro: stupido e’ chi viene sopraffatto da sensazioni che non riesce a controllare. Per esempio, la bellezza: quella donna e’ cosi’ bella che mi fa diventare stupido". Ha anche scritto che manchiano di coscienza, di consapevolezza. "Gia’: self consciousness. Mica vuol dire coscienza di sarditudine, vuol dire coscienza universale. Pensate a quello che sta avvenendo in Cecenia: ai sardi non gliele importa nulla. Beati loro, direbbe Lawrence. Beati loro perche’ non risentono dell'attualita’, di quel circo che e’ il villaggio globale. L'uomo moderno, diceva, si crocefigge. Un po' come faccio io con la lingua italiana quando mi ostino a parlarla". Assolto, dunque? "Senza dubbio. Rileggetelo, con occhi diversi. Scoprirete che e’ rimasto folgorato dalla Sardegna". G.Pi. ____________________________________________________________________ Il Sole24Ore 3 Mag. 03 BUONO SCUOLA, PUZZLE REGIONALE ROMA - La Regione Liguria ce l'ha fatta: e’ fallito, per mancanza del quorum, il referendum abrogativo della legge regionale sul diritto allo studio. E martedi’ prossimo tocca al Piemonte: anche qui la Cdl combattera’, in una lunga notte che avra’ inizio proprio il 6 maggio, quella che spera sia l'ultima battaglia per il buono scuola (una diatriba consiliare che si trascina da oltre due anni). Il buono scuola ha l'intenzione di favorire la scelta delle famiglie tra scuola statale e scuola non statale; quasi tutte le regioni a governo Cdl ormai ce l'hanno, e la cosa sta creando a Torino una sorta di frustrazione. Il procrastinarsi del limbo legislativo e’ favorito da una forte opposizione e soprattutto da un regolamento che consente una discussione senza limiti e, di conseguenza, un'alluvione di emendamenti paralizzante. Specie quando la proposta e’ una proposta-fiume (comprensiva di norme regolamentari), tanto che questa volta, capi’ta la lezione, la giunta di Enzo Ghigo presentera’ un nuovo articolato, di pochi articoli e parole. Referendum, quasi un atto dovuto. Ovviamente, se la proposta Ghigo passera’ questa volta, c'e’ da aspettarsi un altro referendum. Per l'opposizione e’ diventato una specie di atto dovuto. Che, pero’, non e’ destinato al successo. Il primo disegno di legge contestato fu, correva l'anno 1992, quello della Regione a Statuto speciale Friuli Venezia Giulia. La richiesta di abrogazione fu respinta. Cadute anche le richieste di abrogazione dei Ddl del Veneto, e ora, come s'e’ detto, della Liguria, ma per mancanza del quorum. Una forma di bocciatura indiretta. La stessa prima legge dell'Emilia Romagna, la n.10 del 25 maggio 1999, fu bloccata dal Commissario di Governo e minacciata di referendum, ma venne rielaborata nella successiva legge n.155 dello stesso anno e funziono’ fino all'attuale revisione delle quote e degli indici. Stesso restyling subi’ la legge 1/2000 della Regione Lombardia, dopo l'opposizione del Governo nazionale. Il linguaggio della divisione. Anche il linguaggio e’ uno strumento di divisione ideologica, in materia di sostegno allo studio, pur se aiuta a capire le differenze in modo sintetico. "Buono- scuola" e "Assegno di studio" (espressioni care al Centro-destra) indicano una soluzione surrogatoria al divieto, insito nell'articolo 33 della Costituzione ("senza oneri per lo Stato"), di finanziamento pubblico alle scuole non statali. Mentre polivalente e’ l'espressione "Borsa di studio", usata indifferentemente da regioni di Centro-destra come Liguria e Toscana e di segno opposto come Emilia Romagna. L'espressione "Borsa di studio" e’ da sempre usata dallo Stato per le proprie provvidenze dirette, il cui usufrutto e’ in genere cumulabile con quello regionale. Buoni scuola e scuole non statali. Solo la Regione a Statuto "specialissimo" come la Valle d'Aosta si e’ potuta permettere di prevedere seri contributi diretti ai gestori, imitata con modesto impegno, dalla Puglia. E solo un'altra Regione a Statuto speciale, il Friuli Venezia Giulia, ha permesso che la famiglia firmi una "girata" dell'assegno, prima ancora di incassarlo, alla scuola non statale frequentata dal figlio. L'opposizione al "buono scuola" usa una cartina al tornasole unica, per giudicare se il beneficio sia discriminante o meno: il tetto di reddito massimo entro il quale si puo’ usufruire del beneficio. Un tetto che va dai 25mila euro annui pro familia (molto frequente) a quello degli oltre 50mila, aumentabile, del Friuli Venezia Giulia. Ma invocare una "livella" nazionale si scontra con l'invocata autonomia delle Regioni. NICOLA D'AMICO ______________________________________________________________ Corriere della Sera 1 Mag. 03 VECCHIA UMANITARIA, CENTODIECI E LODE E’ rimasta fedele alla sua vocazione: laboratorio creativo di intervento sociale RICORRENZA / Si celebra la societa’ nata nel 1893 Vergani Guido Furono anni tempestosi quelli in cui la Societa’ Umanitaria, voluta per testamento (un lascito di 10 milioni, cifra strabiliante per quell' epoca) da Prospero Moise’ Loira, nacque e mosse i primi passi 110 anni fa. Tanto tempestosi che, per quasi un decennio, non riusci’ a mettere a frutto quell' eredita’ destinata ad "aiutare i diseredati a rilevarsi da se medesimi attraverso la scuola, l' apprendimento professionale". Nel 1893 era stato appena eletto il comitato direttivo e l' Italia fu squassata dall' insorgere dei Fasci siciliani, movimento contadino di ispirazione socialista che si batteva per ottenere la riforma fondiaria. Sembrarono pochi 92 morti e il primo governo Giolitti fu scalzato dal ritorno del piu’ reazionario Francesco Crispi, che, nel 1896, regalera’ al Paese la disfatta di Adua. E’ il decennio in cui Milano anticipa, nel movimento operaio, il rifiuto dei velleitarismi rivoluzionari degli anarchici con la nascita del riformismo socialista di Filippo Turati. Ma Milano precorre anche il "muso duro" della borghesia e il suo violento contrattacco contro la sinistra, diceva il deputato conservatore Giuseppe Colombo, fondatore del Politecnico e della societa’ Edison. Il fango che saliva era quello dei lavoratori. Il rigurgito reazionario aveva quasi imbavagliato la borghesia illuminata, che pure non era uno sparuto manipolo, aveva gia’ "prodotto" lo slancio non caritatevole ma intelligentemente sociale di Loira. A risvegliarla furono i piu’ di 100 morti della repressione a cannonate contro i moti popolari per il "caro-pane", ordinata dal generale Bava Beccaris e benedetta dal "re buono" Umberto. Nei primissimi anni del Novecento, l' esempio di Loira innesca un circuito virtuoso. Per il miglioramento della condizione proletaria, vengono varate esemplari istituzioni come l' Universita’ Popolare, la Clinica del Lavoro, l' Asilo Mariuccia. In quel clima finalmente meno da trincea fra le classi sociali e i partiti che le rappresentavano, l' Umanitaria pote’ svolgere pienamente il suo mandato: scuole di arti e mestieri, avviamento alle industrie e alle attivita’ agrarie, scuole di disegno, scuola del libro, assistenza sanitaria e legale ai lavoratori. Poi venne la marcia su Roma, la dittatura (1925) e, con quella, la fascistizzazione dell' Umanitaria, che, pero’, aveva in se’ tutti gli antidoti per non farsi snaturare. Furono i bombardamenti a metterla in ginocchio. Dopo la Liberazione, Riccardo Bauer la ricostrui’ non soltanto nei muri. Sembra un paradosso. Ma quel che non riusci’ al fascismo riusci’ al Sessantotto che tratto’ da "sporco fascista" Bauer, un padre della democrazia. Occupazione, commissariamento. L' Ente Morale, orgoglio della citta’, ebbe ancora qualche buon colpo di coda. Ma nel 1981 la Regione Lombardia gli tolse, per incamerarle, le scuole professionali, muri compresi. Stolida fu la scelta della citta’ che ancora continua. Nel suo percorso l' Umanitaria ha fatto fronte ai cicloni della storia e all' imbecillita’ dei governanti. Non ha mollato neppure in questi ultimi decenni, seppure raschiando il fondo della botte, arrangiandosi con mezzi sempre piu’ risicati, dicono il presidente Massimo della Campa e il direttore Maria Helena Polidoro, "ma e’ riuscita a riavviare la storica funzione delineata da Moise’ Loira, quella di laboratorio creativo e ideativo di intervento sociale, con la Fondazione Humaniter (portata avanti dal volontariato), corsi di formazione per artigiani, corsi all' interno delle carceri, corsi per il tempo libero degli anziani, borse di studio". Sono passati centodieci anni, molte sono state la batoste, ma la "vecchia, nobile signora" non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Una storia di sfide 1893 Nasce la Societa’ Umanitaria, voluta da Prospero Moise’ Loria (nella foto) che le destino’ un ricco lascito di 10 milioni 1925 L' ente passa indenne attraverso la dittatura e la fascistizzazione 1943 Solo i bombardamenti riescono a mettere in ginocchio la storica istituzione, ricostruita da Riccardo Bauer 1968 Anni tempestosi con l' occupazione e il conseguente commissariamento 1981 La Regione toglie all' Umanitaria la competenza delle scuole professionali Il libro di testimonianze (e polemiche) LA CELEBRAZIONE - "Il Modello Umanitaria" s' intitola il volume che verra’ presentato il 5 maggio, alle 17.30, in via Daverio 7 (tel. 02.57.96.831) per festeggiare i 110 anni. Del libro (pagg. 216, 40 euro ) parleranno Massimo della Campa, Carlo Tognoli, Guido Bezzola, Salvatore Carrubba, Enrico Decleva, Paolo Castaldi, Antonio Panzeri e Livia Pomodoro. LE TESTIMONIANZE - Il volume accosta le testimonianze di Carlo Emilio Gadda, Sibilla Aleramo e Filippo Turati a interventi piu’ attuali, da Gaetano Afeltra a Rossana Bossaglia. IL POLEMISTA - "L' Umanitaria, come e’ stata ideata dal suo fondatore, e’ l' opera di un mattoide...". Cosi’ scriveva un polemista controcorrente come Paolo Valera (in "Vita intima e aneddottica di Prospero Moise’ Loria", 1907-1908). IL BOCCIONI RITROVATO - La copertina del libro riproduce "The city rises" di Umberto Boccioni. Realizzato in un' aula dell' Umanitaria nel 1910, il quadro curiosamente s' intitolava "Il Lavoro", un titolo meno "marinettiano". Venne poi acquistato nel 1951 dal Guggenheim Fund e oggi e’ esposto al Moma di New York . __________________________________________________________________ La Stampa 30 Apr. 03 ESAME DI STATO, L'INGEGNERE SI RIBELLA LA RIFORMA DELL'ORDINE PROFESSIONALE LEGATA AL "3+2" MOLTIPLICA LE PROVE DA SUPERARE Raccolte 1300 firme di protesta: "E' una vera vessazione" L'esame di Stato per iscriversi all'Ordine degli Ingegneri? Era uno soltanto, ma s'e’ moltiplicato per tre. Le prove da superare erano due, una scritta ed una orale, e sono diventate, per raggiungere lo stesso risultato, otto. Ovvio che si siano moltiplicate (almeno per tre) anche le spese, le tasse, le pratiche burocratiche. Ce n'e’ abbastanza perche’ gli studenti del Politecnico siano sul piede di guerra. I rappresentanti della Lista ateneo ad Ingegneria parlano di aperta vessazione, gridano all'ingiustizia e hanno spedito in questi giorni al ministero dell'Universita’ le prime mille e 384 firme di protesta raccolte nelle aule di corso Duca degli Abruzzi. La faccenda riguarda la riforma degli Ordini legata a quella del "3+2" dei corsi di laurea: "Non tutti hanno potuto o voluto passare al nuovo ordinamento - spiega Tiziano Negro -: molti di noi, oggi iscritti al quarto o al quinto anno di ingegneria, conseguiranno la vecchia laurea quinquennale, con la modalita’ e i piani di studio "ante riforma". Eppure, per legge a tutti si applicheranno le nuove regole per l'iscrizione all'albo professionale". La vecchia norma prevedeva un unico elenco nell'albo degli ingegneri, con un solo esame di Stato per accedervi, composto appunto da una prova scritta e una orale. "Il famigerato dpr 328 legato all'introduzione del "3+2", ha creato invece tre distinti elenchi di ingegneri: gli "industriali", quelli "civili ed ambientali", e infine quelli "dell'informazione"". Per accedere a un primo settore, secondo le nuove regole bisogna superare 4 prove: due scritte, una orale e una pratica. Se si vuole comparire anche negli altri due elenchi, toccano altri due esami per sezione. Totale, otto. "I vecchi ingegneri scelgono a quale categoria iscriversi, e possono optare anche per tutte e tre. I nuovi laureati secondo il "3+2" devono seguire le nuove modalita’, che hanno pero’ esteso anche a noi, anche se abbiamo seguito il vecchio corso di studi tradizionale". Stessi esami, stessa laurea del passato, ma esame di Stato finale moltiplicato per tre, e con ben sei prove in piu’, per ottenere lo stesso risultato: "La nostra e’ gia’ una laurea lunga da conseguire, e non e’ giusto complicare e protrarre ulteriormente l'ingresso nel mondo del lavoro - dice Negro -. Negli altri paesi europei, ottenere l'abilitazione alla professione non e’ cosi’ complicato". Ma che interesse ha, un ingegnere esperto in progettazione di hardware, ad accedere a un elenco dell'albo professionale che gli consentira’ di firmare un progetto per costruire un ponte? Chi segue un profilo di studi ha realmente le competenze per passare ad un altro settore dell'ingegneria? Non e’ utile un esame che accerti la preparazione anche in quel campo? Ancora Negro: "Finora chi conseguiva una laurea quinquennale in ingegneria aveva diritto ad iscriversi all'elenco unico. La laurea e’ rimasta la stessa, e iscrivendoci al Politecnico avevamo in mente una durata e un percorso precisi: non e’ giusto cambiare le regole in corsa, attribuendo un valore retroattivo a una regola peggiorativa. Anche per un solo elenco, comunque, le prove da superare erano due ed oggi sono raddoppiate: quattro esami, con la cosiddetta "prova pratica" che secondo alcuni sara’ un vero e proprio tirocinio lungo". E aggiunge: "E' vero che nel progettare ponti e palazzi si cimenteranno difficilmente, a prescindere dalle modalita’ d'iscrizione all'albo, gli ingegneri gestionali o gli informatici. Ma questo e’ sempre accaduto, anche in passato". In tutt'Italia stanno fioccando le petizioni, si sono levate le proteste del Sindacato nazionale ingegneri, ed e’ nato il "Movimento nazionale Dpr 328" che coordina le azioni di lotta e minaccia ricorsi al Tar, lamentando l'iniqua retroattivita’ della riforma. "Dal sottosegretario Siliquini sono arrivati segnali d'apertura, ma per ora non c'e’ nulla di concreto". Giovanna Favro ___________________________________________________ Il Sole24Ore 3 Mag. 03 BUROCRAZIA "BOCCIATA" DAI CITTADINI ROMA - La "maturita’" resta un miraggio: la burocrazia italiana registra l'ennesima bocciatura. E non puo’ neppure accampare troppe scusanti. Nella pagella stilata questo mese dagli italiani non c'e’ neppure una sufficienza: la media e’ di 5,5. E i voti "medi" nelle materie "fondamentali" sono inequivocabili: 4,4 (il piu’ basso) per le code agli sportelli; 4,6 per la montagna di certificati da richiedere; 4,8 per l'efficienza dei dipendenti pubblici. Il risultato migliore e’ il 5,4 attributo all'utilizzo delle nuove tecnologie. Anche in questo caso si tratta di un'insufficienza, ma meno grave di quella registrata un anno fa (5,1). I cittadini, infatti, mostrano di apprezzare i progressi compiuti sul versante dell'automazione e della digitalizzazione per effetto delle misure adottate dal ministero dell'Innovazione tecnologica. Ma questo e’ uno dei pochi segni di reattivita’ della pubblica amministrazione. L'indagine condotta da Ispo (Allaxiagroup) per conto di "Forum Pa" sulla "soffisfazione dei cittadini neri confronti della pubblica amministrazione" a tutto aprile 2003 parla chiaro: "Permangono punti di criticita’, tutt'ora percepiti in relazione a "lentezza e complicazione"". E proprio l'indice di apprezzamento del rapporto degli italiani con la Pa (ovvero le pagelle dei cittadini) registrato da Ispo sara’ la base di partenza dei numerosi dibattiti che si svolgeranno dal 5 al 9 maggio nell'ambito della quatttordicesima edizione di "Forum Pa", la piu’ importante mostra-convegni sulla pubblica amministrazione italiana. Non a caso i dati dell'indagine saranno illustrati gia’ lunedi’ dal professor Renato Mannheimer nel corso di una conferenza stampa organizzata da Allaxia e "Forum Pa". Sud e giovani i piu’ scontenti. L'indice di apprezzamento, denominato "X-Index", e’ tendenzialmente piu’ negativo tra i giovani (solo il 39% le valutazioni positive) e nel Mezzogiorno (valutazioni positive non superiori al 44%) mentre i "voti" risultano piu’ alti nel Nord-est (apprezzamenti a quota 63%) e, in genere, fra i laureati. L'indagine mette in evidenza che "le file (voto medio 4,4), i tempi di risposta (voto 4,5), la quantita’ dei documenti e procedure richieste (voto 4,6) ai cittadini" restano degli evidenti "punti di criticita’" della burocrazia. La valutazione complessiva (5,5), comunque, risulta, seppure di pochissimo a quella espressa nel 2002 (5,4). Anche se pure questa indagine conferma che, nonostante il ciclo massiccio di riforme attivato negli anni '90 e all'inizio del nuovo secolo, il traguardo dell'efficienza resta lontano. Agli occhi dei cittadini la burocrazia continua ad apparire come una sorta di gigante di carta bollata semi- paralizzato. Negli ultimi mesi qualche miglioramento e’ comunque visibile. Migliora l'informatizzazione. Complessivamente, rispetto alle rilevazioni dello scorso anno, il giudizio dei cittadini, pur permanendo un voto insufficiente, e’ megliorato per quel che riguarda "la vicinanza e la comodita’ degli sportelli" (voto medio 5,2 contro il 4,9 dell'aprile 2002)) e "il livello di innovazione raggiunto con l'utilizzo delle nuove tecnologie" (voto 5,4 contro il 5,1 del 2002). E proprio "e-Government e governance interistituzionale: verso un modello sostenibile" e’ il tema di un incontro organizzato a "Forum Pa" il 5 maggio dall'Anci, cui parteciperanno, tra gli altri, i ministri Lucio Stanca, Luigi Mazzella e Maurizio Gasparri, il presidente della Conferenza delle Regioni, Enzo Ghigo, e il presidente dell'Anci, Leonardo Domenici. Agli "statali" 5 in pagella. Dall'indagine che sara’ presentata a "Forum Pa", diventato negli ultimi mesi il vero punto di rilevazione dello stato di salute della pubblica amministrazione, emerge che per i cittadini anche i dipendenti pubblici restano lontani dalla sufficienza. Il voto, espresso in media con 5, alla preparazione del personale lo conferma. E anche per quel che riguarda l'efficienza degli "statali" la situazione non migliora: 4,8 e’ il giudizio espresso che resta equivalente a quelli del 2002. Un leggero miglioramento viene riscontrato sui versanti della "competenza e professionalita’" (nel 2002 il voto medio era 5, quest'anno sale a 5,1), alla "cortesia e e gentilezza" (5 invece di 4,9) e alla "disponibilita’ all'ascolto (4,9 invece di 4,7). Anche per quel che riguarda il personale la valutazione dei cittadini rispecchia quella espressa sulle prestazioni fornite dalla burocrazia: "La soddisfazione - si legge nell'indagine - e’ tendenzialmente piu’ elevata nell'area del Nord-est, meno elevata nell'area Sud e isole". MARCO ROGARI ================================================================== __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 25 Apr. 03 MEDICINA: PIU’ LAUREATI CHE ISCRITTI CAGLIARI. Alcuni anni fa la facolta’ di Medicina dell'universita’ di Cagliari era stata sbeffeggiata dall'indagine del Censis, che la relegava agli ultimissimi posti nazionali. Allora cio’ che fece precipitare la valutazione fu il basso numero di laureati annui in rapporto agli studenti che avrebbero duvuto, se regolari, diventare aggiungere il titolo di 'dottori'. Oggi quell'handicap e’ stato superato. Coi nuovi laureati di lunedi’ e martedi’ prossimi, per la prima volta la facolta’ avra’ piu’ 'dottori' in un anno che matricole: 212 contro i 170 iscritti del numero chiuso. "Si tratta di un passo avanti importante - sottolinea il preside di Medicina, l'anatomo patologo Gavino Faa - dovuto a un attento lavoro di revisione della didattica e dei rapporti con gli studenti". Artefice principale di questa 'rivoluziione' e’ il presidente del corso di laurea in Medicina, Amedeo Columbano (docente ordinario di patologia generale). "L'aspetto forse piu’ importante - precisa Columbano - di quello che abbiamo ottenuto e’ che gli studenti laureati sono piu’ preparati di prima. Abbiamo principalmente rafforzato il rapporto docente-studente e razionalizzato la loro vita universitaria". In primo luogo e’ stato stimolato il cosi’ detto 'tutoraggio', ovvero la didattica per piccoli gruppi, in modo da rompere la barriera col docente e rendere lo studente piu’ aperto e interessato. In secondo luogo e’ stata incentivata l'attivita’ didattica 'opzionale' in cui il discente puo’ accumulare una serie di crediti (che fanno parte della riforma universitaria) seguendo a suo piacimento corsi non obbligatori. Cosi’ e’ capitato che, seppure senza aver dato altri esami, l'aver seguito nuovi corsi ha fornito stimoli ulteriori e maggiori conoscenze. In terzo luogo e’ stata ridotta la frammentazione degli esami portandoli (gia’ da alcuni anni) da 54 a 34. Oggi il rapporto tra il numero dei laureati e i 'regolari' (che hanno conseguito il titolo nei sei anni di durata normale del corso) e’ del 20 per cento. Nel 2000-2001 era del 9.4 per cento. Mentre la media di tutto l'ateneo e’ del 3.5 per cento. Per Medicina, invece, la percentuale cresce ancora se si esamina la percentuale dei laureati con un anno di ritardo: del 44.6 per cento. "Il nostro obiettivo - afferma il preside Faa - e’ di creare medici di base in grado, subito, di esercitare, insomma: di fare il medico". (r.p.) ____________________________________________________________________________ PULA: COFERENZA INTERNAZIONALE VARIABILITA’ GENETICA, NUTRIZIONE ED ATTIVITA’ FISICA GENETIC VARIATION, NUTRITION AND PHYSICAL ACTIVITY Santa Margherita di Pula, Cagliari, 22-24 maggio 2003 Una Conferenza Internazionale su “ Variabilita’ Genetica, Nutrizione ed Attivita’ fisica” (Genetic Variation, Nutrition and Physical Activity) avra’ luogo a Santa Margherita di Pula (Cagliari), Hotel Flamingo, dal 22 al 24 maggio 2003. La Conferenza sara’ presieduta dal Prof. Sergio Muntoni (Cagliari) e dalla Prof. Artemis Simopoulos (Washington, D.C., USA). La Conferenza e’ promossa dall’Associazione ME.DI.CO. di Cagliari (O.N.L.U.S.), di cui il Prof. Muntoni e’ presidente, in collaborazione con l’Unione Internazionale delle Scienze Nutrizionali (IUNS) ed i Centri di Genetica, Nutrizione, Esercizio Fisico e Salute (CGNEH). I moderatori ed i relatori sono scienziati di chiara fama, provenienti da ogni parte del mondo, come si puo’ rilevare dal programma allegato, la cui versione originale in Inglese e’ consultabile nel sito web www.gnp-conference.org Gli argomenti saranno trattati in otto Sessioni (oltre ad una Sessione di Poster) e verteranno principalmente sulle interazioni fra Nutrizione e Genetica e fra Attivita’ Fisico-Sportiva e Genetica. Saranno presentati i due Progetti Speciali della Regione Sardegna sulla prevenzione del diabete e delle malattie cardiovascolari, in corso di attuazione nell’Isola.. Vi saranno anche trattate le influenze dell’alimentazione sardo-mediterranea sulla salute e sulla longevita’. Una Lettura magistrale sulla “Sindrome X: interazione geni-ambiente” (The Sindrome X: Gene-Environment Interaction) sara’ tenuta dal Prof. Gerald Reaven il 23 maggio 2003: in essa verra’ illustrata la grande efficacia dell’attivita’ fisico-sportiva, della nutrizione e, talvolta, di alcuni farmaci nella prevenzione del diabete. Sara’ operante la traduzione simultanea Inglese- Italiano e viceversa. Nell’ambito del programma, particolare rilievo avranno le relazioni, seguite da discussione, sull’attivita’ fisico-sportiva come mezzo di benessere psico-fisico e di prevenzione di molte malattie croniche. Esse saranno presentate da Montgomery (UK), Nestel (Australia), Ferrari (Svizzera), Reaven (USA), Tuomilehto (Finlandia), Humphries (UK). Le interazioni Nutrizione-Salute saranno discusse nella maggior parte delle relazioni: Simopoulos (Washington, D.C., USA), Molloy (Ireland), Talmud (UK), Ordovas (Boston, MA, USA), Sandro Muntoni e Sergio Muntoni (Italy), Reaven (Stanford, CA, USA), Capurso (Italy), Farchi (Italy), Cao e Congia (Italy), De Caterina (Italy), Tuomilehto (Finland), Mancini (Italy), Kafatos (Greece), Humphries (UK), Velazquez (Mexico), Frewer (The Netherlands). Una Sessione Poster avra’ luogo Venerdi’ 23 maggio 2003. Coloro che intendono presentarne uno o piu’ potranno inviare l’abstract di 1 pagina al Comitato Scientifico. La Conferenza e’ registrata presso il Ministero della Salute come Evento formativo residenziale per tutte le professioni. Crediti formativi validi per l’Educazione Continua in Medicina (ECM) verranno rilasciati ai partecipanti al programma del 23 maggio 2003. Per tutte le informazioni logistico-organizzative si rinvia al sito www.gnp- conference.org , dove nel settore “Registration” la Segreteria Organizzativa “Il Planisfero” potra’ curare l’iscrizione, la partecipazione e la presentazione di Poster. __________________________________________________________________________ Corriere della Sera 29 Apr. 03 MA SUI BREVETTI DEI FARMACI SERVE UN COMPROMESSO l' intervento Ghidini Gustavo Non c' e’ accordo internazionale sulla soluzione del gravissimo problema del rifornimento di farmaci essenziali per gravi malattie epidemiche (anzitutto Aids, malaria, tubercolosi), ai paesi piu’ poveri del pianeta. Ed ovviamente non bastano le pur meritorie iniziative di questo o quel paese sviluppato, di questa o quella casa produttrice, di donare partite di farmaci a questa o quella popolazione indigente. Alle radici della mancata soluzione c' e’, in primo luogo, un confronto/scontro fra i grandi produttori internazionali di farmaci brevettati ed i governi dei paesi il cui prodotto interno, e il cui reddito pro capite, rendono impensabile l' acquisto in misura sufficiente ai bisogni di prodotti ai prezzi che il brevetto consente di fissare, onde remunerare gli ingentissimi investimenti per la ricerca-sviluppo. Tanto per dare l' idea, un nuovo efficace farmaco non e’ neppure "pensabile" se non si e’ in grado di stanziare - e "tenere fermi" per circa 10 anni, tra ricerche, sperimentazioni, autorizzazioni ecc. - almeno mille miliardi di vecchie lire. A dire il vero, tuttavia, il problema centrale non e’ dato dal prezzo che specificamente il brevetto consente di praticare sopra i livelli della concorrenza. Anche il normale prezzo di prodotti non brevettati praticato nei paesi avanzati in regime di concorrenza sarebbe comunque insostenibile per popolazioni che sopravvivono sotto la soglia della poverta’. Il nodo piu’ profondo dello scontro e’ un altro: mentre i paesi del terzo e quarto mondo premono per non riconoscere, e comunque privare di efficacia, nei loro mercati, i brevetti sui farmaci essenziali (in particolare, imponendo licenze obbligatorie a favore di produttori locali), le grandi case produttrici temono che, dalla perdita del controllo della produzione e della distribuzione, assicurato appunto dal brevetto, possa derivare un "traffico di ritorno", ossia un flusso di (ri)esportazione con conseguente "concorrenza sleale" gravemente frustrante la remunerazione degli investimenti. L' Unione Europea ha ora proposto (25 marzo 2003) un sistema di controllo alle frontiere della Comunita’ per garantire i produttori contro questo rischio rispetto ai 72 paesi piu’ poveri. Ma si limita a chiedere in cambio l' adesione dei produttori a sconti di prezzo riferiti - attenzione! - ai livelli e/o ai margini di profitto praticati nei paesi "ricchi" dell' Ocse. Non basta, ovviamente. Occorre una soluzione razionale, che garantisca un atteggiamento "cooperativo" dei titolari dei brevetti (venendo quindi incontro a quella loro legittima preoccupazione), in modo tale da rispondere efficacemente, su scala mondiale, all' emergenza umanitaria. Una tale soluzione potrebbe basarsi su un "accordo", da negoziarsi in sedi internazionali, tra titolari dei brevetti e Paesi in via di sviluppo, in base al quale i primi si impegnano a fornire ai secondi i farmaci originali a prezzi bassissimi, proporzionati (non a quelli "occidentali", pur scontati, bensi’) al Pil e al reddito medio pro capite dei pasi piu’ poveri. Dal canto loro, i paesi poveri accettano di rispettare il brevetto "per tutto il resto", ossia per il diritto di controllare produzione e distribuzione (ovviamente a prezzi cosi’ calmierati). In tal modo, i produttori si garantirebbero molto piu’ efficacemente contro il rischio di riesportazione, e manterrebbero altresi’ "la posizione" nei singoli paesi in via di sviluppo anche in vista della futura fuoriuscita di questi dalla poverta’. Questa soluzione - che dovrebbe essere estesa ai farmaci per la cura di ulteriori gravi patologie - avrebbe il pregio aggiuntivo di esercitare sui produttori una fortissima moral suasion sia a fornire (pur in confezioni diverse per forma, colore etc., ad agevolare il controllo contro la riesportazione sui mercati "agiati") prodotti qualitativamente identici a quelli venduti in Occidente, sia ad assicurare la professionalita’ e la efficacia della loro somministrazione: punti, entrambi, molto importanti per la cura di quelle patologie in quelle condizioni infrastrutturali. *Direttore osservatorio di proprieta’ intellettuale, concorrenza, telecomunicazioni. Universita’ Luiss "Guido Carli" ______________________________________________________________________ La Stampa 30 Apr. '03 2002: PER GLI ITALIANI UN'ORGIA DI MEDICINE OSSERVATORIO sul consumo dei farmaci del ministero della Sanita’ ha presentato il suo rapporto annuale. I numeri dicono che nel 2002 la spesa farmaceutica lorda totale - privata e del Servizio sanitario nazionale (Ssn) - ha raggiunto 12.644 milioni di euro (218 euro procapite), con un incremento del 4 per cento rispetto all'anno precedente e che quella a carico del Ssn e’ stata di 11.722 milioni di euro (203 euro procapite) con un incremento dell'1 per cento. Rispetto al 2001, l'incremento e’ del 4,3 per cento. Chissa’ quante persone potrebbero dire, con Groucho Marx, "L'ultima volta che sono andato dal dottore mi ha dato cosi’ tante medicine che, una volta guarito, sono stato male per un mese intero". Le cifre pero’ dicono poco sul persistere di due brutte abitudini: l'incremento sempre piu’ forte dei consumi e la prescrizione di farmaci piu’ costosi. Per esempio, tra i farmaci per curare la pressione alta la categoria degli antagonisti dell'angiotensina II ha registrato un incremento di vendite del 41 per cento. E questo significa che un folto gruppo di medici ha abbandonato vecchie strade sicure per la nuova anche se non e’ affatto detto questa garantisca un futuro migliore, in particolare sul fronte delle brutte sorprese da farmaci. Dalle cifre si puo’ stimare che il 40 per cento degli italiani riceve nel corso di un anno almeno una prescrizione di antibiotici. E antibiotici di un tipo particolare, di seconda linea. Sono soprattutto i medici di famiglia i responsabili di questa scelta. Questi farmaci sono prescritti nel Sud piu’ del doppio che nel Nord, ovunque senza scelte accurate, promuovendo cosi’ la resistenza dei batteri. Tra l'altro in quel Sud dove i medici sembrano avere una chiara vocazione prescrittiva visto che - scrivono Panei e Raschetti dell'Istituto superiore di sanita’ - "la tendenza ad un maggior consumo di farmaci nelle regioni meridionali e’ generalizzata a tutte le principali categorie terapeutiche pur non essendoci fattori demografici o epidemiologici che giustifichino una tale attitudine. Anche farmaci per i quali ci si attenderebbe maggiore omogeneita’ d'uso (come Somatotropina, Fattori della coagulazione, Eritropoietina) sono prescritti in modo difforme dal Nord al Sud". Infine, continua la diffusione dell'uso degli antidepressivi dell'ultima generazione, quelli indicati con la sigla SSRI, prescritti il 27 per cento in piu’ rispetto all'anno precedente. Fatto che puo’ denotare - come dicono gli osservatori - l'estensione del disagio mentale nella nostra societa’, come pure il diffondersi dell'idea che basta un farmaco per riguadagnare la riva della tranquillita’. Cosi’ come puo’ indicare che sempre piu’ persone son vittime del successo delle pressioni promozionali di questi farmaci. Quanto alle statine, farmaci per controllare il colesterolo, il consumo e’ aumentato del 28 per cento e si e’ attestato su valori prossimi a quelli della Svezia, con il fatto pero’ che il rischio di ammalarsi di cuore da noi e’ piu’ basso. Insomma, consumiamo lo stesso mentre il rischio che corriamo e’ minore e questo si traduce in una migliore prevenzione dell'infarto. Nell'insieme, concludono - Panei e Raschetti - "la quota piu’ consistente (piu’ del 70 per cento) dei farmaci prescritti nel nostro paese e’ per malattie cronico-degenerative". Speriamo che lo scrittore inglese George Meredith avesse torto nel dire che "Nessun uomo di buon senso puo’ credere nelle medicine per le malattie croniche". ______________________________________________________________________ Il Messaggero 29 Apr. '03 E LA NOSTRA SANITA’? TENIAMOCELA CARA di NANDO PAGNONCELLI PENSIAMO tutti che sulla sanita’ pubblica ci sia un diffuso giudizio negativo. Ma e’ proprio vero? Solo in parte. Abbiamo infatti interrogato gli italiani sul funzionamento, sugli interventi da fare e su quelli piu’ recenti: ebbene, non giudicano certo bene il funzionamento della sanita’ pubblica nel nostro paese, ma nemmeno in maniera disastrosa. Il 40% dice che il sistema sanitario funziona abbastanza o molto male, ma il 26% al contrario pensa che tutto sommato funzioni bene e un terzo pensa che non funzioni ne’ bene ne’ male. Insomma chi pensa che le cose vadano male non rappresenta la maggioranza degli intervistati. E tutto sommato non siamo messi proprio peggio degli altri principali paesi europei: confrontando il nostro sistema sanitario con quelli di Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna, una quota rilevante non sa dare giudizi (33%) ma circa il 40% pensa che le cose in Italia vadano allo stesso modo o addirittura meglio che negli altri principali paesi europei e solo il 27% pensa che vadano peggio. Questi dati sono confermati da informazioni un po' piu’ dettagliate sul funzionamento della nostra sanita’ pubblica: innanzitutto si pensa che solo questa possa garantire una buona assistenza a tutti (il 68% e’ d'accordo con questa affermazione), quindi si assolvono gli operatori, visto che il 66% pensa che medici ed infermieri facciano quello che possono e se la sanita’ funziona male la responsabilita’ sia - more solito - dei politici. Anche rispetto alla ricerca e alla sperimentazione, nonostante le ripetute polemiche sulla fuga di cervelli all'estero, il 56% pensa che la sanita’ pubblica italiana ne faccia molta. Insomma, non e’ un'assoluzione, ma neanche una condanna. Cosa bisogna fare perche’ la situazione migliori? Sicuramente e’ visto male il ricorso alle formule private: quando prospettiamo l'ipotesi che la sanita’ pubblica garantisca i livelli essenziali di assistenza e il resto sia garantito attraverso assicurazioni private, pagate dal cittadino ma con una contropartita derivante da una diminuzione delle tasse sulla sanita’, la contrarieta’ e’ fortissima: il 51% non e’ per niente d'accordo, il 23% lo e’ poco; solo un quarto degli italiani pensa che questa possa essere una soluzione percorribile. Al contrario, addirittura il 46% degli intervistati sarebbe disponibile a pagare un po' di tasse in piu’ pur di avere un sistema ben funzionante e piu’ efficiente (anche se il 52% non sarebbe disponibile a farlo). Se invece si pensa a tagli della spesa sociale per finanziare la sanita’ pubblica, la perplessita’ e’ di massa: quasi il 70% non indica alcun settore dove tagliare le spese. La sintesi e’ presto fatta: la sanita’ certo non funziona tanto bene, ma e’ a tutt'oggi il sistema migliore che abbiamo e ce lo dobbiamo tenere stretto; se proprio bisogna intervenire forse, sia pur con riluttanza, possiamo metterci qualche euro in piu’, purche’ i risultati si vedano. Infine abbiamo testato le opinioni sull'introduzione dei ticket sui medicinali in alcune regioni italiane. Qui le opinioni si fanno un po' piu’ sfumate: certo si tratta di un provvedimento impopolare (oltre il 60% lo definisce "odioso" perche’ ricade sui ceti piu’ deboli), ma sicuramente puo’ servire per contrastare il malvezzo degli italiani di consumare una quantita’ eccessiva di medicinali, anzi, come sostengono in molti, di tenerli in casa senza poi usarli effettivamente (il 57% e’ d'accordo). Troviamo anche un certo consenso all'idea che l'introduzione dei ticket sia spiacevole ma necessaria a finanziare la sanita’ (il 43% e’ d'accordo, il 51% in disaccordo) e infine le opinioni si dividono a meta’ quando si ipotizza che un provvedimento del genere abbia lo scopo di favorire la sanita’ privata a scapito di quella pubblica (il 45% e’ d'accordo, il 44% non lo e’). E' interessante notare come non vi siano in generale le divisioni spesso radicali tra gli elettori del centrosinistra e del centrodestra che abbiamo trovato su altri temi: ad esempio e’ analogo il giudizio sul funzionamento della sanita’, sull'impegno dei medici, sul fatto che i ticket penalizzino i ceti deboli. Sulle soluzioni prospettate gli elettori del centrosinistra assumono una posizione precisa: disposti a pagare qualche tassa in piu’ e radicalmente contrari alle assicurazioni private, mentre gli elettori di centrodestra sono piu’ contraddittori: no alle tasse, ma contemporaneamente no alle assicurazioni private. __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 Mag. 03 "MICROCITEMICO NEL DEGRADO" CAGLIARI. "Non si comprende il motivo per cui, malgrado le segnalazioni giunte ai vertici dell'ospedale e alla direzione dell'Asl 8, non siano state ancora trovate soluzioni rapide per impedire il degrado di alcuni reparti dell'ospedale Microcitemico e in particolare del servizio di Oncoematologia pediatrica": a lanciare l'allarme e’ Nazareno Pacifico, consigliere regionale di Democratzia per l'Ulivo, in un'interpellanza rivolta all'assessore regionale alla sanita’ Giorgio Oppi. Pacifico chiede perche’ "i piccoli pazienti, malati di tumore, vengono curati in spazi ristretti e in ambienti malsani". Secondo il consigliere regionale, che e’ medico, la situazione e’ intollerabile: "Dagli allagamenti in seguito alle piogge a numerose crepe nella facciata posteriore, con il consgeuente pericolo di crolli". Per non parlare - aggiunge Pacifico - dei box e del day hospital, che "si trasformano sovente in luoghi di ricovero ordinario, senza intimita’ per i bambini, costreti a vivere in ambienti igienicamente non idonei al loro tipo di patologia". Pacifico sottolinea fra l'altro la mancanza di infermieri e chiede a Oppi quali misure intende adottare per completare l'organico: "Lo scippo del governo nazionale, che ha deciso di escludere la struttura quale sede del centro internazionale di ricerca e di cura della talassemia, e l'avanzato stato di degrado in parti della struttura rischiano di vanificare l'ottimo lavoro svolto in questi ultimi anni". In Sardegna i talassemici sono 1300, quasi 200 mila i portatori sani della malattia. _____________________________________________________________ Repubblica 1 Mag. 03 EMPATIA, ECCO LE SEDI CEREBRALI Svelate le strutture nervose che ci danno la sintonia con le emozioni degli altri DI FRANCESCO BOTTACCIOLI * Capita a tutti di provare un forte coinvolgimento emotivo nei confronti di una persona o di una situazione, sentirla cosi’ vicina a noi sino a immedesimarsi in essa. Questo fenomeno e’ conosciuto con il nome di empatia e venne introdotto per la prima volta, un centinaio d'anni fa, dal filosofo e psicologo tedesco Theodore Lipps che applico’ la einfuhlung (cosi’ in tedesco) non solo ai rapporti con le persone, ma anche a situazioni e oggetti. Quante volte abbiamo visto un giocatore fare smorfie col viso e col corpo mentre la palla va in porta o a canestro o dentro una buca. E quante volte, anche chi guarda fa gesti simili. Il giocatore e lo spettatore, in quel momento, si identificano con l'azione, sono l'azione, sono la palla che va a bersaglio. Proceedings of National Academy of Sciences, la rivista della Accademia americana delle scienze, pubblica una ricerca che ha indagato i meccanismi nervosi dell'empatia negli esseri umani. Gli autori sono neurologi e neuropsichiatri dell'Universita’ della California a Los Angeles, e Gian Luigi Lenzi dell'Universita’ romana La Sapienza. I ricercatori si sono posti l'obiettivo di scoprire come si passa dalla osservazione di una situazione emozionante all'empatia. Che cosa scatta? Quali sono i circuiti nervosi che vengono attivati? Una decina tra maschi e femmine sono stati sottoposti a un test standard di riconoscimento di espressioni facciali di emozioni fondamentali, come felicita’, sorpresa, paura, tristezza, rabbia, disgusto (vedi l'immagine). Persone senza problemi neurologici riconoscono senza difficolta’ le emozioni stampate sulla faccia del modello, ma, in questa prova, i soggetti non dovevano limitarsi a questo. Seguendo i comandi degli esaminatori, dovevano anche generare internamente le emozioni stesse, cioe’ imitarle. Mentre i giovani svolgevano questi compiti mentali, la risonanza magnetica funzionale registrava le immagini dei loro circuiti cerebrali attivati. In ambedue i casi (osservazione e imitazione), i circuiti nervosi attivati erano sostanzialmente gli stessi: il sistema limbico, che elabora ed organizza le emozioni, e un network frontoparietaletemporale, dove si formano rappresentazioni e si progettano azioni. Ma i ricercatori hanno notato anche significative differenze. Nel caso della imitazione, infatti, era molto piu’ attiva sia l'amigdala (sede di emozioni fondamentali) sia il circuito frontotemporale (programmi motori). Questo vuol dire che non solo viene registrata un'emozione, ma che viene anche elaborato il programma motorio adeguato a quella emozione. Per comprendere le emozioni altrui, quindi, per entrare in empatia, occorre far proprie quelle emozioni, rappresentarne le conseguenze, le azioni, attivando un programma che potremmo definire "come se": come se anche noi fossimo in quella situazione emotiva. Non a caso si dice "mettersi nei panni dell'altro", cioe’ nel suo corpo e nei suoi gesti. L'imitazione e’ resa possibile perche’ i circuiti frontotemporali contengono speciali neuroni imitativi, chiamati mirror (specchio) e anche perche’ entrano in attivita’ due aree, che solo recentemente, abbiamo capito svolgono una funzione di raccordo tra emozioni, cognizione, memoria e azioni. Si tratta dell'insula e dei nuclei della base, di cui parliamo qui sotto. * Scuola di medicina integrata, Roma, www.simaiss.it ____________________________________________________________________ Corriere della Sera 1 Mag. 03 SARS E OSPEDALI PUBBLICI UN MODELLO DI SANITA' Remuzzi Giuseppe Se qualcuno si era illuso che in Lombardia e in Italia si potesse ridimensionare la sanita’ pubblica (tanto, ci sono i privati) - o addirittura farne a meno - la Sars aiuta a tornare coi piedi per terra. E' chiaro a tutti che ammalati di Sars, che arriveranno eventualmente in Italia - dalla Cina o dal Canada - e che potrebbero essere causa di diffusione della malattia, vengono ricoverati in ospedali pubblici: il Sacco a Milano, lo Spallanzani a Roma (citta’ piu’ vulnerabili per via di Malpensa e Fiumicino). E per chi non sta a Milano o a Roma? L' Italia ha una buona rete di Centri di malattie infettive, creata nel 1990 in occasione del diffondersi dell' Aids (legge 135 voluta da De Lorenzo). E' fatta di strutture (con una sola eccezione, proprio a Milano) che operano in ospedali o istituti di ricerca pubblici, tutte. E non puo’ essere diversamente. Le strutture private non hanno preso parte alla cura dell' Aids (ed era emergenza) perche’ non rendeva, e non lo faranno con la Sars, ma questo vale anche per le gravi insufficienze d' organo e per i trapianti. Adesso per gli ospedali pubblici c' e’ l' ossessione del bilancio, molti direttori generali (non tutti per fortuna) invitano gli operatori a concentrarsi sulle cose che rendono o addirittura a ridurre l' attivita’. Ma se oggi siamo preparati ad affrontare quella che potrebbe essere - ma non e’ affatto scontato - l' emergenza Sars, e’ perche’ medici e infermieri di tanti ospedali pubblici (certamente quelli di Milano e della Lombardia) hanno competenze formidabili per aver curato le polmoniti degli ammalati con Aids. Sono attivita’ antieconomiche, ma andavano fatte. Un ospedale (pubblico) puo’ anche perdere soldi, ma se ferma un contagio ha assolto a un compito fondamentale: curare gli ammalati. E ci guadagna anche l' economia: non quella del singolo ospedale, forse, ma del Paese si’. L' epidemia di Sars ha inferto il colpo piu’ grave all' economia cinese dall' 89, dai tempi di piazza Tienanmen. Certo bisogna togliere al pubblico vincoli burocratici, ridargli organizzazione e dinamismo (in questo si’ che bisogna imparare dal privato). Basterebbe - nell' assoluto rispetto della legge - operare con le norme del diritto privato. Le procedure della riforma del ' 78 erano per assicurare tempestivita’ e trasparenza. (E' stato un fallimento: mesi per una gara d' appalto, anni per decidere di aprire un ambulatorio, e di trasparenza ce n' e’ davvero pochina). La Rai e’ pubblica ma non fa gare per invitare un cantante, lo chiama se e’ bravo e fa audience. E perche’ gli ospedali non dovrebbero poter prendere un primario (senza concorso) perche’ e’ bravo? Vuol dire che diagnosi e cure mediche non possono essere affidate a enti privati? Niente affatto, ma la struttura portante della sanita’ deve rimanere pubblica. C' e’ qualcuno che puo’ obbligare una clinica privata ad aprire un Pronto soccorso? O a curare la Sars? La Sars insegna che i grandi ospedali della Lombardia devono essere pubblici perche’ danno servizi essenziali, che costano molto e devono essere per tutti (se no il contagio si diffonde). Perche’, in una parola, del Policlinico come dell' ospedale Sacco, c' e’ bisogno. __________________________________________________________________ Repubblica 1 Mag. 03 OMEOPATIA, UN METODO PER DIMOSTRARSI SCIENZA A Londra un convegno internazionale per rafforzare la credibilita’ della medicina del simile DI ELIO ROSSI* E MARIELLA DI STEFANO* Ricerca clinica e di base, complessita’ della scienza omeopatica, efficacia nei sistemi sanitari, valutazione dei costi e dei benefici, ma anche ruolo del farmacista e status dei medicinali omeopatici nel quadro europeo. Di questi temi si e’ discusso nel convegno organizzato dal Royal Homeopathic Hospital di Londra con l'obiettivo di consolidare la credibilita’ dell'omeopatia attraverso la validazione scientifica dei suoi meccanismi di base e soprattutto dell'efficacia clinica e dell'effettivita’ all'interno di sistemi sanitari concreti. Complessita’ della scienza dunque come paradigma per spiegare l'applicazione di un sistema terapeutico che, dopo 3 secoli, si confronta oggi con i parametri troppo riduzionisti del modello scientifico prevalente. Come trasferire il concetto di complessita’ nella pratica clinica quotidiana? A partire da questa domanda Tom Wilson (Gran Bretagna) si e’ addentrato, alla ricerca di risposte, nei sistemi adattativi complessi, quello immunitario ad esempio. Sistemi caratterizzati da non prevedibilita’, interconnessione, amplificazione degli effetti, tensione e paradosso. Sistemi non lineari ma semplici che, interagendo fra loro, generano nuovi comportamenti. D'altra parte, ha continuato Wilson, ogni patologia, per esempio il diabete, scaturisce sempre da interazioni fra piu’ fattori, psicologici, sociali, culturali. Qual e’ dunque la lezione per l'omeopata? "Da una parte la consapevolezza della complessita’ della pratica clinica, dall'altra l'impossibilita’ di misurare l'efficacia dell'omeopatia solo con i rigidi parametri del RCT (randomized controlled trial)". Di ricerca clinica ha parlato Iris Bell, dell'Universita’ dell'Arizona. Se l'omeopatia e’ un sistema complesso, ha spiegato Bell, la ricerca deve misurare e valutare parametri diversi, globali e multifunzionali, utilizzando strumenti adeguati. Per esempio mutuando strumenti dalla psicologia e dall'etologia per esplorare i fattori individuali nella modificazione dei risultati e per esaminare, come outcomes, i cambiamenti dei modelli psicofisiologici. Bell ha presentato uno studio sulla fibromialgia condotto sulla base di questi concetti riportando risultati sorprendenti che, se fossero riproducibili, potrebbero aprire orizzonti nuovi per la validazione scientifica dell'omeopatia. La tavola rotonda presieduta da Peter Fisher, direttore della rivista Homeopathy (l'ex British Homeopathic Journal), ha dato voce alle diverse opinioni sull'argomento, brillantemente sintetizzate da Paolo Bellavite, dell'Universita’ di Verona. Il ricercatore italiano ha evidenziato i promettenti risultati della ricerca clinica e di base in omeopatia, che potranno da una parte favorire l'integrazione di questa medicina nelle politiche sanitarie, dall'altra aiutare il medico a migliorare prescrizione e follow up dei pazienti. Robert van Haselen, responsabile della ricerca della Facolta’ di Omeopatia di Londra, ha fatto il punto sui problemi della ricerca in omeopatia. Propone di scegliere patologie non di estrema gravita’ clinica e garantire, nelle ricerche in doppio cieco, la somministrazione, almeno alla fine del trial, del verum e non solo il placebo. Cio’ consentirebbe di risolvere la difficolta’ di reclutamento dei pazienti, i quali comprensibilmente non vogliono rischiare di ricevere un trattamento inattivo per i loro disturbi. R. Steel (Gran Bretagna), rappresentante delle associazioni dei consumatori, ha portato nel congresso la voce dei pazienti, che chiedono innanzitutto di essere coinvolti nella ricerca, nella scelta degli obiettivi, dunque dei campi, delle patologie e dei disturbi di maggiore interesse per loro stessi. G. Chaufferin (Francia) ha messo a confronto, in termini di effettivita’, qualita’ della vita e costi del trattamento convenzionale, incentrato sull'antibiotico, e di quello omeopatico nella rinofaringite acuta della prima infanzia. Lo studio ha evidenziato una risposta superiore dell'omeopatia sia in termini di efficacia sia per i costi, che sono inferiori dal punto di vista sociale. Una ricerca analoga e’ stata condotta da Claudia Becker presso l'Istituto di medicina sociale di Berlino, per valutare l'efficacia e i costi del trattamento omeopatico rispetto a quello convenzionale nella medicina di base. Lo studio prospettivo di coorte, realizzato su 493 pazienti con malattie croniche, ha mostrato che l'omeopatia e’ efficace quanto la medicina allopatica, e in alcuni casi superiore, mentre i costi dei due trattamenti sono simili. Si e’ parlato anche, in una sessione parallela, del medicinale omeopatico inquadrato nella dimensione europea. Molte le questioni sul tappeto. La necessita’ di portare avanti il processo di armonizzazione del mercato omeopatico europeo dotandosi di strumenti specifici, la futura legislazione europea sui farmaci, la questione delle materie prime, in particolare per i rimedi rari ed esotici, l'esigenza di ridurre gli elevati costi di registrazione dei medicinali omeopatici. Le prospettive? Progettare le strategie future in un quadro di maggiore collaborazione fra i diversi soggetti che operano in questa realta’, standardizzare il piu’ possibile le procedure, ma soprattutto conservare lo status di farmaco del prodotto omeopatico. * Ambulatorio di omeopatia, Azienda USL 2, Lucca ________________________________________________________ Messaggero 1 Mag. 03 CONTROLLATO A DISTANZA IL CUORE DI 480 ANZIANI I pazienti scelti tra i soggetti a rischio nell'ambito del progetto pilota di assistenza del Comune di BEATRICE PICCHI Perche’ tornino a casa presto, tra le loro cose, perche’ non restino in ospedale, soli, dimenticati. E' anche cosi’ che si combatte la solitudine, la paura di morire senza il tempo di poter chiedere aiuto: con una macchina e un cavo del telefono, con il servizio di telecardiologia, il primo sistema integrato in Italia, che il Comune sperimenta su centinaia di anziani ultrasessantacinquenni e soggetti a rischio. Nel primo anno di sperimentazione del progetto Roma, citta’ del cuore, l'assessorato ai servizi sociali - in collaborazione con gli ospedali San Filippo Neri e San Giovanni, il policlinico Umberto I, l'universita’ di Tor Vergata e il gruppo VoiNoi Salute dell'Acea - offre il servizio di telemedicina a 480 pazienti, (40 al mese, 10 per ogni struttura ospedaliera), riducendo cosi’ di circa mille giornate la degenza in ospedale, che equivale a un consumo di risorse di circa 500 mila euro. "Perche’ centinaia di persone anziane, sole, che dovrebbero recarsi continuamente in ospedale anche solo per un controllo cardiologico, ricevano un'assistenza qualificata e costante, ogni ora della giornata, ma a casa loro, perche’ anche questo contribuisce a migliorare la qualita’ della vita", spiega il sindaco Veltroni. Obiettivo del progetto e’ quello di installare nelle case dei pazienti, scelti e istruiti dalle quattro strutture sanitarie, apparecchiature di telemedicina che consentano il monitoraggio dei principali parametri medici. Una videocamera sara’ collegata al televisore dell'anziano, in maniera tale che il medico possa vedere il suo paziente, parlare con lui, aiutarlo: per fare questi altri esami, come l'elettrocardiogramma, la misurazione della pressione, verranno messi a disposizione semplici apparecchiature, che trasmetteranno i dati direttamente all'unita’ coronarica di uno dei quattro ospedali. Il medico potra’ anche aiutare il paziente a utilizzare le apparecchiature e controllare dal vivo, grazie al video, la situazione. Le spese per il progetto pilota sono a carico del Campidoglio, che ha messo a disposizione 516 mila euro per l' acquisto delle infrastrutture tecnologiche necessarie. Sara’ anche messa a disposizione del personale sanitario un'auto al fine di consentire al medico la corsa a casa del malato, in caso di necessita’. E' cosi’ che un'iniziativa sociale e sanitaria utilizza le tecnologie, per far si’ che i medici, le cure necessarie entrino nella casa del paziente, senza nessun altro tipo di fatica, dice l'assessore alle politiche sociali, Raffaela Milano. Un progetto lanciato da questa amministrazione, e che come modello indicatore potrebbe diventare un prototipo utile e interessante. ________________________________________________________ Repubblica 1 Mag. 03 MOBBING E STRESS ALLARME DIFFUSO RICERCA Un milione di italiani, soprattutto al Nord (65%) subisce il mobbing. Il 52% delle donne e’ vittima di "persecuzioni" e le impiegate subiscono vessazioni nel 79% dei casi. E' quanto emerge da una ricerca di Eurispes che ha coinvolto medici del lavoro e psichiatri dell'ambulatorio di Medicina del lavoro dell'Universita’ "La Sapienza" di Roma. Il servizio dedicato al mobbing ha operato presso l'ospedale Sant'Andrea e rilasciato il certificato di mobbing o stress nel 67% dei casi esaminati da giugno 2001 a settembre 2002. E' risultato che il 62,5% dei mobbizzati sono dipendenti di aziende private subendo violenze da 2 anni: accuse di scarsa produttivita’, assegnazione di obiettivi impossibili, attribuzione di compiti non necessari, richiami disciplinari eccessivi, declassamento delle mansioni. Tra i pazienti esaminati, il 39% presentava sintomi da stress (astenia, ansia, depressione, ecc.), il 31% cefalea, vertigini, tachicardia, ipertensione arteriosa e disturbi gastrointestinali, il 63% disturbi dell'adattamento e il 28% e’ risultato affetto da disturbi psichiatrici. A Napoli (asl1) e’ attivo l'ambulatorio femminile "Rosa mobbing" (0812547061, dottoressa Rosanna Scalabrini). __________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 Mag. 03 DEPRESSIONE, CURA E PREGIUDIZI SE NE DISCUTE ALL'UNIVERSITA’ FIDAPA SASSARI. Il prossimo martedi’ 6 maggio 2003 alle ore 18,30 presso l'Aula Magna dell'Universita’ degli Studi di Sassari, in piazza Universita’, la sezione Fidapa di Sassari organizza un tema di grande rilevanza sociale: "La depressione e i pregiudizi sulla cura". Alla relatrice, dottoressa Angelica Lamberti, la Fidapa ha chiesto di dibattere su un tema di grandissima attualita’, in un'epoca nella quale all'individuo si richiedono prestazioni mentali sempre piu’ efficienti, e alle quali il nostro cervello spesso non sa tenere dietro e non sa darsi una adeguata spiegazione. L'argomento verra’ trattato in senso ampio, ed in special modo si cerchera’ di dirimere dubbi e paure riguardanti la terapia farmacologica. Questa, infatti non e’ facilmente accettata perche’ ancora molti non sono a conoscenza dei preziosi risultati della psichiatria moderna. Non di meno le informazioni, spesso fuorvianti ed angosciose dei mass media evocano nell'individuo timori infondati di malattia, domande e perplessita’. Ci si chiede sempre piu’ frequentemente, se i nostri comportamenti siano di natura normale o patologica. Approssimativamente il settanta per cento dei giovani affetti da disturbi depressivi maggiori presenta una importante ideazione del suicidio durante il corso della propria depressione. Oggi la ricerca neuroscientifica, pero’, offre formidabili strumenti che sono di valido aiuto, a patto che siano sempre mescolati ad un "galenico" intramontabile: amore piu’ comprensione in egual misura. ______________________________________________________________________ La Stampa 1 mag. '03 INVECCHIAMENTO A CHE PUNTO E' LA RICERCA Ringiovanire per ora e’ illusione INFONDATE SI SONO RIVELATE LE SPERANZE RIPOSTE SULL'USO DELL'ORMONE DELLA CRESCITA. DUNQUE L'UNICA "DIFESA" POSSIBILE E' L'ESERCIZIO FISICO TUTTO comincio’ nel 1990 con un articolo pubblicato su una rivista medica tra le piu’ autorevoli e diffuse, il "New England Journal of Medicine". Daniel Rudman riferiva lo studio clinico eseguito su un campione di soli 12 individui tra i 61 e gli 81 anni, tutti con un basso livello ematico dell'ormone detto fattore I di accrescimento insulino-simile. Questo fattore riflette la concentrazione dell'ormone della crescita vero e proprio nel sangue. L'ormone della crescita e’ prodotto dall'ipofisi, ghiandola endocrina posta alla base del cervello. Il suo effetto sull'accrescimento corporeo e sulla statura e’ noto da oltre un secolo, da quando si descrisse il gigantismo o acromegalia. Rudman e i suoi colleghi non erano affatto interessati a far crescere la statura (l'ormone e’ efficace nelle forme di nanismo) ma a studiare gli effetti generali dell'ormone sugli anziani. Questi si rivelarono dopo 6 mesi di trattamento non solo con un aumento della massa corporea di 5 chili ma anche con una diminuzione del grasso e un aumento della densita’ ossea. L'effetto era pero’ accompagnato da un aumento del glucosio nel sangue e della pressione arteriosa. Benche’ i risultati fossero limitati, parve che esistessero elementi sufficienti per proclamare un effetto generale di ringiovanimento. La pubblicazione ebbe non solo una grande risonanza medica, ma diede origine a innumerevoli altri articoli sui giornali e su riviste non mediche e a un fiorire di "cliniche anti-invecchiamento". Queste cliniche sono piu’ che mai in attivita’ in Francia, Usa e Svizzera all'insegna del motto "Ringiovanisci con l'ormone della crescita". Da poco si reclamizza su Internet la vendita di sostanze dietetiche supplementari come l'arginina, che sarebbero "capaci di aumentare la produzione dell'ormone della crescita" e di far ringiovanire (un effetto mai dimostrato) insieme con altri misteriosi preparati "naturali" che avrebbero lo stesso effetto. Piu’ importante e’ il trattamento per iniezioni, che viene praticato nelle cliniche specializzate ad un costo che va dagli 8000 ai 10.000 euro (il preparato ormonale di base e’ piuttosto caro). E' chiaro che il massimo beneficio va all'industria farmaceutica che lo produce. E' difficile valutare il consumo totale dell'ormone della crescita al di fuori delle prescrizioni mediche giustificate, come i difetti di crescita causati da deficit di ormoni ipofisari. Una recente statistica indica che in Usa almeno un terzo delle ricette mediche scritte per tale ormone sarebbero devolute a indicazioni non approvate dall'FDA, l'organo federale regolatore. Si tratta quindi di un uso del tutto ingiustificato e probabilmente dannoso. Il fenomeno e’ cosi’ diffuso da far riprendere l'argomento in due recenti editoriali nello stesso "New England Journal of Medicine" che aveva pubblicato il primo articolo. Ma a che punto siamo con i risultati scientifici? Uno studio recente pubblicato sulla rivista JAMA eseguito su 27 donne e 37 uomini di eta’ tra 68 e 88 anni mediante la somministrazione dell'ormone per 6 mesi e mezzo conferma l'effetto descritto nel 1990 da Rudman sulla massa corporea, senza pero’ dimostrare beneficio alcuno sulla forza muscolare e sulla capacita’ respiratoria sotto sforzo. Lo studio confermava a sua volta i risultati di un lavoro precedente su 75 uomini in eta’ 70-85 . Anche questo studio non dimostrava alcun effetto dell'ormone sulla forza muscolare. In un quarto studio (frequentemente e impropriamente citato nella pubblicita’ su Internet) si abbinavano esercizi muscolari alla somministrazione dell'ormone. Non si rivelava pero’ alcun effetto aggiuntivo dell'ormone sui risultati ottenuti solo con gli esercizi. Si deve inoltre tener presente il rischio non trascurabile che una somministrazione prolungata di questo ormone possa aumentare la frequenza del tumore prostatico, oltre a provocare inconvenienti gia’ noti come l'aumento di glucosio nel sangue e l'ipertensione. Non esiste dunque una possibilita’ di migliorare la forza fisica dopo gli 80? Al contrario, le notizie che giungono da nuovi studi sono ottime in quanto confermano che l'esercizio fisico regolare ha un effetto benefico significativo sulla funzione muscolare e sul benessere generale anche negli ultraottantenni. Non esiste oggi una pillola magica per frenare l'invecchiamento per via ormonale. Gli studi non devono pero’ essere abbandonati anche se i risultati finora sono stati deludenti. Ezio Giacobini ______________________________________________________________________ La Stampa 1 mag. '03 IL DANNO BIOPSICHICO? VA RISARCITO NUOVE PATOLOGIE CONDIZIONI di mobbing sul lavoro e bullismo a scuola, separazioni e divorzio travagliati, lo stress da inquinamento acustico, pesanti responsabilita’ professionali, catastrofi naturali e non, aggressioni, molestie, lutti da morte violenta (incidenti stradali compresi), maltrattamenti: sono tante, purtroppo, le situazioni della vita che possono condurre una persona, anche la piu’ equilibrata e solida psicologicamente, a ricorrere a cure mediche ed a visite neurologiche o psichiatriche, anche per tempi prolungati. Se la durata e l'intensita’ dell'ansia, o della tristezza, o dell'alterazione dell'equilibrio emotivo, raggiungono l'importanza della "malattia medicalmente accertabile", si puo’ richiedere alla controparte, dopo accertamento medico legale e richiesta del proprio avvocato, un adeguato risarcimento. Proprio perche’ legato a problematiche di interesse medico, il danno biologico psichico va differenziato dal danno morale, comprendente la sofferenza che il problema ha procurato di per se’. Deve essere disgiunto anche dal danno esistenziale, costituito dalle ripercussioni negative che, a prescindere dal verificarsi di un evento di malattia, si manifestano nella sfera individuale, familiare e sociale di un individuo a seguito di un fatto illecito. Perche’ e’ nato? In realta’ e’ sempre esistito, ma, con l'affinarsi della sensibilita’ per l'integrita’ della persona nella sua completezza, comprensiva degli aspetti fisici ma anche psichici, nonche’ nel progresso costituito da una piu’ precisa conoscenza dello stress e delle sue conseguenze, si e’ recentemente sviluppato il concetto di danno psichico come parte del danno alla persona. Come deve essere accertato? Puo’ essere valutato mediante l'osservazione clinica supportata da test specifici, il tutto inserito nella biografia del soggetto dal punto di vista sanitario e non. E' necessaria la diagnosi fatta con criteri universalmente riconosciuti e verificabili, come consentito dal DSM IV-TR, attuale riferimento della neuropsichiatria mondiale. Vale la pena di considerare come, per esempio, nell'infortunistica stradale si sottovaluti la "malattia psichica", troppo genericamente compresa nella "sindrome soggettiva del cranioleso". Anche nei sinistri con conseguenze non gravi, ad una analisi approfondita, sono sempre piu’ evidenti quadri clinici conclamati di interesse neuropsichiatrico (fenomeni tipo disturbo da attacco di panico, disturbo post traumatico da stress, disturbo di ansia generalizzato, stati fobici ed ipocondriaci, ricadute depressive). Il danno biologico psichico puo’ a buon diritto essere oggetto di valutazione, rientrando in molte situazioni di interesse legale e medico-legale. In ogni caso, si puo’ consigliare a qualunque operatore che si trovi davanti a una persona "potenzialmente danneggiata da qualcuno o da qualcosa" di spendere qualche minuto per domandarle se ha fatto ricorso a medici specialisti, se ha assunto psicofarmaci, se ha incrementato fumo o alcol o se accusa sintomi riconducibile in qualche modo allo stress. Roberto Galli della Loggia ______________________________________________________________________ Le Scienze 1 mag. '03 CURARE L'ASMA CON I GAS NOBILI Ottenute immagini piu’ dettagliate con un gas di elio iperpolarizzato Una nuova tecnica di risonanza magnetica (MR) si e’ dimostrata in grado di fornire immagini ad alta risoluzione delle vie aeree dei polmoni, persino di quelle piu’ piccole. La tecnica, che fa uso di elio iperpolarizzato, dovrebbe aiutare i medici a comprendere e a curare meglio l'asma e altri disturbi cronici di ostruzione dei polmoni. La scoperta e’ stata presentata da ricercatori del Brigham and Women's Hospital di Boston sul numero di maggio della rivista "Radiology". "Altre tecniche non-radioattive - spiega Mitchell S. Albert, principale autore dello studio - sono state in grado di darci immagini solo delle zone periferiche del polmone. La MR dinamica con elio iperpolarizzato offre invece un metodo completamente sicuro e non invasivo per studiare in dettaglio le vie aeree". Albert ha collaborato con altri ricercatori per sviluppare tecniche di MR con gas nobili iperpolarizzati, un metodo da lui concettualizzato nel 1991 mentre studiava gli effetti dell'anestesia sul cervello. "La nostra nuova tecnica - afferma - fornisce informazioni sulla ventilazione, mostrando la struttura e la funzione delle vie aeree. Altri metodi non-radioattivi non sono in grado di fornire questo tipo di informazione". I ricercatori hanno valutato il grado di visualizzazione delle vie aeree distali in sei volontari adulti in salute, con un'eta’ compresa fra i 22 e i 40 anni, che hanno inalato una piccola quantita’ di gas di elio iperpolarizzato mentre erano sottoposti a MR. Le immagini risultanti hanno mostrato un contrasto differenziale sia nelle vie aeree distali sia nelle periferie del polmone. La scoperta fornisce un nuovo strumento per la ricerca, la diagnosi e la cura dell'asma. Albert e il suo gruppo progettano ora di studiare anche una cura per la broncodilatazione. ______________________________________________________________________ La Stampa 1 mag. '03 DIAGNOSI VELOCI PER LA RETINOPATIA DIABETICA A me gli occhi, ti diro’ se rischi un infarto OSSERVANDO ARTERIE, VENE E CAPILLARI DEL "FUNDUS" SI VALUTA LO STATO DELL'INTERA CIRCOLAZIONE L'OCCHIO e’ lo specchio dell'anima, dice il proverbio. La medicina si pone altri obiettivi. Senza la pretesa di interpretare le nostre passioni, da qualche anno si va sempre meglio delineando un vecchio assioma: che osservare arterie, vene e capillari della retina (il "fundus oculi" o fondo dell'occhio) ci consente di valutare quanto sta accadendo nella circolazione del resto del corpo per capire se malattie come il diabete o l'ipertensione siano arrivate o meno a produrre danni vascolari. Le "funduscamere" ci danno immagini chiare della retina anche senza dilatare le pupille e permettono diagnosi ben documentate e verificabili di retinopatia diabetica o ipertensiva. Rimane il problema di come gestire i grandi numeri di pazienti che necessitano di esami e provvedimenti rapidi. Anche in questo caso, la tecnologia ci sta soccorrendo con metodologie di analisi di immagine che, in un futuro prossimo, aiuteranno il medico nella diagnosi. Poco tempo fa si e’ svolta a Torino, organizzata dal Centro retinopatia diabetica, la terza edizione del CAFIA (Computer Assisted Fundus Image Analysis), un convegno interdisciplinare tra medici, matematici, fisici e informatici. CAFIA era nato nel 2001 per iniziativa di un gruppo di oculisti e scienziati danesi e le prime due edizioni si erano svolte a Copenaghen, coinvolgendo ricercatori di tutto il mondo. Abbiamo cosi’ potuto ascoltare i risultati delle ricerche piu’ recenti dalla viva voce dei loro autori. Ronald Klein e i suoi collaboratori delle Universita’ di Madison, Wisconsin e Singapore hanno documentato che la valutazione computerizzata del restringimento delle arterie retiniche e’ un importante predittore di infarto, ictus e diabete nei pazienti ipertesi, soprattutto nelle donne. Di conseguenza, questo esame dovrebbe entrare nel processo routinario della valutazione clinica delle persone affette da pressione elevata. Ancora piu’ numerose e avanzate le esperienze dei ricercatori danesi, americani, canadesi, tedeschi, francesi e italiani per quanto riguarda il riconoscimento automatizzato delle lesioni della retinopatia diabetica. La possibilita’ di avere a disposizione sistemi di questo genere sarebbe di grande utilita’ per chi fa lo screening di questa complicanza del diabete. Solo in Piemonte ci sono almeno 150.000 diabetici, le cui retine andrebbero osservate ogni 1-2 anni. Parecchi di loro sono sottoposti a visite periodiche dai oculisti, diabetologi e medici di famiglia che li seguono. Rimane tuttavia un numero molto alto di persone non visitate da molto tempo, o addirittura mai, e proprio queste sono a piu’ alto rischio di perdere la vista. Se supponiamo di sottoporre queste persone a screening mediante retinografia digitale, una pratica che inizia a diffondersi nella nostra Regione, rimane il problema di come valutare in tempi brevi il grande numero di fotografie raccolte. Un sistema computerizzato capace anche solo di distinguere le retine sane da quelle con lesioni ridurrebbe di piu’ del 50% il lavoro, permettendo ai medici di concentrarsi sui casi che richiedono piu’ attenzione. Sistemi di riconoscimento automatizzato delle lesioni retiniche sono in fase di sperimentazione in alcuni centri pilota negli Stati Uniti e in Europa (anche a Torino), e speriamo che la loro efficacia possa essere presto dimostrata nel lavoro quotidiano di prevenzione dei danni oculari e vascolari del diabete e dell'ipertensione. Se avessimo a disposizione i sistemi di riconoscimento d'immagine montati sulle bombe "intelligenti", purtroppo coperti dal segreto militare, potremmo forse ottenere risultati importanti molto piu’ velocemente. Inoltre, quasi sicuramente, il costo di un solo proiettile coprirebbe le spese di un programma di prevenzione della retinopatia in un'intera regione italiana. Ma nel fondo dell'occhio noi riusciamo a vedere solo la circolazione: l'anima continua a sfuggirci! Massimo Porta