MORATTI: FONDI PIU’ SELETTIVI PER LE UNIVERSITA’ FONDI INSUFFICIENTI: QUALE FUTURO PER L'UNIVERSITA’ I RETTORI: SENZA FINANZIAMENTI NON C' E’ FUTURO PER LA RICERCA IN ITALIA RICERCA & SVILUPPO, TUTTI I RITARDI DELL'ITALIA SFIDA AGLI USA SUL MERCATO DELL’ISTRUZIONE ALL'UNIVERSITA’ "VINCONO" LE DONNE "RACCOMANDAZIONI ESAGERATE A MEDICINA COSI’ HO DATO 30 A TUTTI" UNIVERSITA’ CAGLIARI, BILANCIO APPROVATO CON LA TELEUNIVERSITA’ ANCHE GHILARZA AVRA’ IL “SUO” ATENEO MENSA UNIVERSITARIA TICKET ELETTRONICI DALLO STATO SI AL SOFTWARE «APERTO» ================================================================== ANTISERI: L’IMMANE POTENZA DELL’ERRORE MEDICO IL "PAZIENTE INFORMATO" UNA SFIDA ALL’EUROPA LA SALUTE CHE DIMENTICA LA SANITA’ SASSARI: ROSATI RICONFERMATO PRESIDE DELLA FACOLTA’ DI MEDICINA SANITA’, ECCO I NUOVI TICKET DAL 2004 SARANNO ABOLITI TENTATA CONCUSSIONE: INDAGATO OPPI SENZA IL POLICLINICO LA MEDICINA SARDA RISCHIA DI FINIRE IN SERIE B SASSARI: ROSATI RICONFERMATO PRESIDE DELLA FACOLTA’ DI MEDICINA OPPI: SONO INNOCENTE, DI APPALTI NON SO NULLA IL TRAPIANTO SALTATO SCAMBI DI ACCUSE POLICLINICO DI SASSARI: MEDICI E INFERMIERI IN SCIOPERO ARTRITE, PROROGA PER I PROGETTI SULLE CURE INFARTO, UNA PROTEINA PUO’ FARE DA "SPIA" I DISTURBI ALLA TIROIDE MINACCIANO GLI ITALIANI DAL DNA L’ORIGINE DEI SARDI ANTICHI LA SPAGNOLA E L’ABBAGLIO DI PFEIFFER LA SOCIETA’ APERTA E IL RITORNO DELLE EPIDEMIE SCONFITTE EPATITE, UNA PIAGA IN SARDEGNA IL VAIOLO RICOMPARE NEGLI USA. VACCINI VERDI CON GLI OGM LA SINDROME DELLE GAMBE SENZA RIPOSO ================================================================== ________________________________________________________________________ IlSole24Ore 12 giu. ’03 MORATTI: FONDI PIU’ SELETTIVI PER LE UNIVERSITA’ La strategia del ministro Moratti per la ricerca Ma per i rettori senza risorse la didattica e’ a rischio ROMA Fondi per la ricerca universitaria solo ai progetti migliori. Basta con i finanziamenti (scarsi) a tutti: il ministro Letizia Moratti ribadisce queste scelte e ieri, in un convegno alla Terza universita’ di Roma, ha dato le prime cifre della nuova strategia. Ma dai rettori arrivano note stonate per il Governo, perche’ circola il timore di un segnale negativo sui finanziamenti al settore. In vista dell'approvazione del Dpef (il documento di programmazione economica e finanziaria), il clima e’ sempre piu’ teso. Secondo Piero Tosi, presidente della Crui (la conferenza dei rettori) «rischiamo di tornare indietro. Da dicembre, dopo la Finanziaria, non c'e’ stata nessuna novita’. C'e’ il pericolo di non poter garantire l'offerta didattica, se non arriveranno le risorse necessarie. Siamo ormai gia’ all'emergenza». Come cambia il modo di finanziare la ricerca universitaria. Fino al '96 i progetti Prin (progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale) sono stati sovvenzionati per il 90% delle domande presentate per i bandi. Nel 2002 si e’ passati a una quota del 35%, ma cosi’ e’ stata garantita la copertura dell'SO°Io dei costi dei programmi di ricerca, rispetto al 10% degli anni passati. In sintesi: da pochi soldi a pioggia, a molti soldi per progetti selezionati. Giro di vite in arrivo anche sui fondi per i centri di eccellenza universitari: «Dobbiamo finanziare solo i progetti piu’ validi». Trentamila valutatori "a distanza". Il ministro ha reso noto che per la valutazione dei progetti di ricerca sono stati ingaggiati scienziati che, online, hanno visionato in forma anonima la documentazione: «Abbiamo raggiunto il numero complessivo di circa 30mila nominativi, di cui piu’ della meta’ stranieri», ha detto la Moratti. Segnalato anche il ri’lancio dei dottorati di ricerca: «Con il decreto legge del 2 maggio scorso abbiamo incrementato i finanziamenti per gli assegni di ricerca e di dottorato e post-dottorato, in modo da passare dalle attuali tremila a ottomila borse». Lotta alla "fuga dei cervelli". Viene incentivato il rientro di ricercatori italiani all'estero e la chiamata di studiosi stranieri. E’ stato pubblicato, infatti, il decreto con cui si dispongono contributi alle universita’ che stipulano contratti per attivita’ didattica e di ricerca con studiosi stranieri, oppure studiosi italiani residenti all'estero da almeno tre anni. L'anno scorso sono Stati reclutati in questo modo oltre 160 studiosi. Quest'anno e’ stata estesa la durata della permanenza in Italia. I contratti avranno una durata minima di due anni e massima di quattro. Soldi per gli studenti che studiano all'estero. La Camera ha approvato ieri il decreto sull'universita’ che garantisce finanziamenti agli studenti universitari che andranno a studiare negli atenei esteri con i programmi Erasmus e Socrates. Il provvedimento, che passa ora al Senato, permette anche agli enti di ricerca di fare contratti a tempo determinato oltre i limiti attualmente previsti, e indice per il 2003 una sessione straordinaria di esami per l'abilitazione alla professione di farmacista e per l'iscrizione all'albo degli psicologi. MARCO LUDOVICO ________________________________________________________________________ Il Mattino 13 giu. ’03 FONDI INSUFFICIENTI: QUALE FUTURO PER L'UNIVERSITA’ Fondi insufficienti per ricerca e personale, il mercato non risponde GUIDO TROMBEfTI 0ltree la meta’ dell'anno 2003 e’ trascorsa. Le Universita’, pero’, non hanno ancora ricevuto (per fortuna?) comunicazioni ufficiali in merito ai finanziamenti che garantiscono il loro funzionamento quotidiano. II giorno per giorno! Eppure erano stati assunti impegni precisi con la Conferenza dei Rettori di affrontare e risolvere, ad esempio, il problema della copertura degli aumenti retributivi del personale, che una norma di legge scellerata, introdotta alcuni anni or sono, scarica sulle Universita’ aprendo un buco finanziario di notevoli proporzioni nei loro bilanci. Le notizie che circolano e i dati disponibili lasciano prevedere una situazione finanziaria che potrebbe porre numerosissimi atenei in condizioni di insolvenza. Tanto per fare un esempio, l'Ateneo Federico II potrebbe vedere (uso ancora il condizionale rifugiandomi nel motto spes ultima dea) il suo fondo di funzionamento ordinario ridotto di diciotto miliardi di vecchie lire da un lato, e dall'altro gravato di una spesa di circa trenta miliardi per gli incrementi stipendiali. Tutto cio’ senza considerare l'incidenza dell'aumento dei costi di tutte le tariffe. Questo scenario si va delineando in concomitanza con la progressiva applicazione della riforma della didattica che ha prodotto un incremento degli iscritti e della percentuale di studenti che frequentano, con la conseguente necessita’ di reperire personale, aule, laboratori e quant'altro occorre per offrire una didattica almeno dignitosa. TURO cio’ e’ paradossale nel momento in cui la societa’ intera, le forze sociali, le organizzazioni degli imprenditori, prima fra tutte Confindustria, ricordano continuamente (e correttamente) che l'unica possibilita’ di sviluppo del Paese risiede nella capacita’ di produrre ricerca scientifica e alta formazione di qualita’. Per comprendere la gravita’ della situazione in cui verserebbero gli Atenei, ricordo ancora una volta che il fondo di funzionamento ordinario (il cosiddetto Ffn), che andrebbe come detto a ridursi sensibilmente, e’ quello su cui gravano gli stipendi e tutte le spese primarie: locazioni, manutenzione, vigilanza, pulizie, energia elettrica, telefonia, etc:. Questo fondo inoltre e’ quello che alimenta la vita quotidiana dei dipartimenti, i quali sono la sede deputata all'organizzazione della ricerca scientifica (come se fosse un dettaglio!). Come si puo’ recuperare un simile buco di bilancio? I problemi posti non sono sanabili ricorrendo soltanto alle pratiche correnti di oculata gestione. E allora? Bloccare i fondi della ricerca? Bloccare il ricambio dei docenti e dei personale tecnico-aniministrativo (blocco di fatto gia’ in essere)? Bloccare la manutenzione degli edifici? Eliminare le spese di innovazione tecnologica per adeguare la didattica a standard moderni? Bloccare il piano di allestimento di nuove aule? Vendere i gioielli di famiglia, cioe’ parte dello storico patrimonio edilizio?Aumentare le tasse degli studenti? Ne’ sono praticabili nel breve periodo soluzioni che prevedano un aumento consistente del flusso finanziario proveniente dalla ricerca applicata finanziata dal mercato che, tra l'altro, alimenta soli) marginalmente il finanziamento dell'Universita’. 1 dipartimenti universitari possono riconvertire parie dei loro programmi di ricerca solo nel giro di alcuni anni, e non e’ convinzione della comunita’ scientifica che questa riconversione sia sempre opportuna. E comunque la struttura economico-fiscale del Paese non rende convenienti investimenti privati in formazione e ricerca. Gli effetti negativi della situazione fin qui descritta forse possono risultare piu’ chiari se si comprende la logica che ha condotto il sistema universitario alla crisi attuale- In sostanza oggi si ragiona piu’ o meno cosi’: le Universita’ godono dell'autonomia, e quindi hanno una maggiore liberta’ di programmare e decidere le loro entrate, "mettendosi sul mercato". Quindi il finanziamento statale puo’ essere progressivamente ridotto. Questo modo di ragionare ha prodotto in tutti gli Atenei italiani gli enormi problemi finanziari di’ cui stiamo parlando. Il trucco sta nell'uso distorto del termine "autonomia" e nell'abuso del termine "mercato". Almeno fino a oggi il Il mercato" non ha risposto, ne’ nel settore formazione ne’ in quello della ricerca all'offerta delle Universita’. E nel dire cio’ non faccio riferimento a difficolta’ specifiche del mio Ateneo; al contrario mi piace sottolineare che, come ribadito nel corso del convegno sulla ricerca universitaria tenutosi in questi giorni all'Universita’ di’ Roma Tre, secondo un recente studio di Confindustria l'Ateneo Federico II e’ secondo solo all'Universita’ di Roma "La Sapienza" nell'eccellenza della ricerca valutata in relazione all'interesse delle imprese. Allora tutte le soluzioni oggi praticabili "autonomamente" dagli Atenei portano alla stessa inevitabile conclusione: ridimensionamento. Ridimensionamento dell'Universita’ come fattore fondamentale di sviluppo sociale ed economico della collettivita’, ridimensionamento dell'Universita’ di massa, ridimensionamento dell'Universita’ come luogo di studio e di ricerca, ridimensionamento della ricerca di base, ridimensionamento dell'Universita’ come luogo di crescita della coscienza critica dei giovani. Sono questi gli effetti dell'autonomia? Autonomia vuol dire abbandono? Se cosi’ fosse Lui Ateneo rischierebbe di essere, suo malgrado, rispetto all'autonomia nelle stesse condizioni dello schiavo che e’ costretto a rifiutare la liberta’ perche’ non sa che farsene. Ma quest'ultima e’ solo una provocazione. ________________________________________________________________________ L’Unita’ 13 giu. ’03 I RETTORI: SENZA FINANZIAMENTI NON C' E’ FUTURO PER LA RICERCA IN ITALIA Sei mesi dopo le dimissioni il presidente Tosi accusa: «Siamo ancora in attesa» I rettori insoddisfatti: senza finanziamenti non c' e’ futuro per la ricerca in Italia ROMA «Insoddisfatti» e «preoccupati», i rettori degli atenei italiani tornano a lanciare l'allarme sul futuro dell'universita’: «Si deve fare qualcosa altrimenti l'universita’ tornera’ nella situazione di emergenza che abbiamo segnalato a dicembre», dice il presidente della Conferenza dei Rettori, Piero Tosi, che ieri, durante il convegno sulla ricerca universitaria, ha ospitato il mini- stro Letizia Moratti. «Non siamo assolutamente soddisfatti, i fondi per l'universita’ sono insufficienti», ha detto Tosi a margine del convegno. A dicembre, durante l'approvazione della legge finanziaria, i rettori richiamarono in modo clamoroso il governo pronto a tagliare i fondi alle universita’, minacciando in coro le dimissioni, poi sospese in attesa di risposte. Sei mesi dopo, dicono: «Siamo ancora in attesa». «Un'attesa che si sta prolungando troppo perche’ si possano avere assicurazioni sul nostro futuro», fa sapere il presidente della Conferenza dei rettori, Pietro Tosi, vantando, «nonostante la carenza delle risorse» i risultati raggiunti dalla ricerca universitaria: «Quanto a pubblicazioni e brevetti - ha spiegato - siamo in linea con gli altri paesi, pur avendo finanziamenti piu’ bassi». Il futuro prossimo venturo della ricerca italiana, secondo il ministro Letizia Moratti, invece e’ in uno slogan: «Non piu’ poco a tutti, ma tutto a pochi, ai migliori». Tagliare, dunque. Ma poi nascondere i tagli dietro al leit motiv delle «eccellenze» da valorizzare. Questa sembra la strategia del governo. Cosi’ Moratti continua a ripetere che la ricerca universitaria e’ «un patrimonio da difendere e da valorizzare», una «priorita’ strategica per lo sviluppo sociale e culturale del Paese», uno «strumento per migliorare la qualita’ della vita dei cittadini». Ma poi lancia la nuova «filosofia», che lascera’ solo qualche isola nel deserto: «per non disperdere le risorse in finanziamenti a pioggia», spiega il ministro. Intanto, dopo aver tagliato in Finanziaria le risorse destinate ai programmi «Erasmus» e «Socrates», la maggioranza, come un Robin Hood che per correre ai ripari ruba ai poveri, ha deciso di reintegrarle, finanziando le esperienze di studio all'estero con il Fondo destinato ai professori universitari, utilizzato di solito per incentiva ________________________________________________________________________ Il Sole24Ore 13 giu. ’03 RICERCA & SVILUPPO, TUTTI I RITARDI DELL'ITALIA Sistema Paese / L'innovazione bloccata DI GIULIANO SEGRE * Dal terzo rapporto (2003) della Commissione europea sugli indicatori scientifici e tecnologici emerge come gli sforzi per la ricerca in Europa siano minori di quelli effettuati dagli Stati Uniti’ o in Giappone. La situazione si e’ significativamente deteriorata a partire dalla meta’ degli anni 90. L'Unione Europea, pur avendo un enorme potenziale in termini di ricerca di alta qualita’ e di risorse umane estremamente competenti, non riesce a sostenere gli investimenti nel settore in questione. Nel 2000, infatti, gli Usa hanno speso 287 miliardi di euro per la ricerca e lo sviluppo, 121 miliardi di euro in piu’ rispetto alle risorse dedicate in termini correnti dalla Ue. Prendendo in considerazione le parita’ del potere d'acquisto nel corso del 2000, la Ue ha destinato alla ricerca 1'1,9% del Pil mentre i suoi principali concorrenti, Usa e Giappone, hanno destinato rispettivamente il 2,8 e il 3 per cento. La causa principale di questo divario negli investimenti arriva dal minor apporto del settore privato. Con una percentuale di spesa che si aggira intorno a11'1% del Pil, l'Italia ha investito molto meno rispetto alla media europea. Questa situazione e’ rimasta pressoche’ immutata dagli anni 80. II divario con gli altri Paesi europei e’ aumentato poiche’ Francia e Germania hanno speso oltre i12% del Pil, innalzando la media europea a una percentuale quasi doppia rispetto a quella italiana. Solo Grecia, Portogallo e Spagna investono meno dell'Italia, anche se la loro spesa manifesta un incremento progressivo. Per quanto riguarda l'attivita’ di R&S il nostro Paese ricopre le ultime posizioni delle classifiche europee: 2,8 ricercatori ogni 1.000 occupati (la Finlandia ne ha 13,1); 1,6 nuovi dottorati . di ricerca per 1.000 abitanti fra i 25 e i 34 anni; 67 brevetti e 573 pubblicazioni scientifiche ogni milione di abitanti (124,306 e 1.657 in Svezia). A fronte di tale fenomeno, ci sono alcune prassi adottate dalla aziende italiane che possono indurre le statistiche ufficiali a sottostimare le spese effettivamente sostenute nel settore R&S. In particolare, il finanziamento di tali interventi puo’ essere considerato come un'immobilizzazione immateriale, offrendo la possibilita’ di capitalizzare le risorse devolute a una specifica iniziativa. Tuttavia, la sola attinenza a specifici progetti non e’ condizione sufficiente affinche’ detti costi abbiano legittimita’ di capitalizzazione, essendo inoltre necessario che siano: relativi a un prodotto o processo chiaramente definito, nonche’ identificabili e misurabili; riferiti a un progetto realizzabile; cioe’ tecnicamente fattibile, per il quale l'impresa possieda o possa disporre delle risorse necessarie; recuperabili tramite i ricavi che nel futuro si svilupperanno dall'applicazione del progetto stesso. La persistenza e la rilevanza del problema hanno recentemente indotto il Governatore della Banca d'Italia a sottolineare come il modesto sviluppo della produttivita’ del Paese sia da ricondurre alla scarsa presenza di produzioni tecnologicamente avanzate, al ritardo nella applicazione dell'informatica nei processi di produttivi, alle caratteristiche peculiari delle strutture organizzative. Tali fenomeni sono, con ogni probabilita’, connessi al limitato ammontare di risorse destinate all'innovazione e alla ricerca, sia da parte del settore pubblico sia da parte di quello privato. *Presidente delle Fondazione Cassa di risparmio di Venezia ________________________________________________________________________ Il Messaggero 9 giu. ’03 SFIDA AGLI USA SUL MERCATO DELL’ISTRUZIONE Le universita’ degli Stati Uniti attirano 548.000 stranieri contro 400.000 in Europa. Il piano Erasmus Mundus prova a invertire il flusso Ue, Via a super master con marchio europeo per battere il primato degli atenei americani di NANDO TASCIOTTI ROMA Nelle 4 mila universita’ degli Stati Uniti ci sono 548 mila studenti provenienti da altri paesi, specialmente dell’Asia, orientati soprattutto verso ingegneria, matematica e informatica. E la loro capacita’ di attrazione e’ in crescita: nel 2001, infatti, l’incremento degli studenti stranieri e’ stato del 6,4%, il piu’ elevato dal 1980. Nell’Unione europea, invece, le universita’ sono 3.300 (saliranno a quasi 4 mila con i nuovi paesi dell’Est), con 12,5 milioni di studenti; ma quelli arrivati da fuori Europa sono 400 mila, e ben i 3/4 di questi sono concentrati in tre soli paesi: Gran Bretagna, Francia e Germania. E ancora: tra i 15 dell’Ue e gli Usa non c’e’ molta differenza nelle spese complessive per l’istruzione, visto che entrambi i ”colossi” vi riservano il 5% del loro Prodotto interno lordo. Ma c’e’ un vistoso divario nel settore della formazione superiore: 1,1% del Pil nella Ue, contro il 2,3% degli Usa. E al di la’ dell’Atlantico hanno anche piu’ successo nel trattenere persone di alta qualificazione: infatti, quasi il 50% degli europei che ottengono il loro ”dottorato” negli Usa restano li’ ancora per parecchi anni, e molti vi rimangono addirittura per sempre. Insomma, da questi e da altri dati emerge che, rispetto a quelle degli Stati Uniti, «le universita’ europee offrono in realta’ a ricercatori e studenti un ambiente meno attraente», e’ l’amara e quasi ovvia conclusione della Commissione europea. Le cause? In parte, secondo gli analisti di Bruxelles, dipendono dal fatto che spesso le universita’ europee «non hanno la necessaria massa critica, che le spinga ad approcci collaborativi, creando ad esempio network o corsi e diplomi congiunti», che abbiano valore internazionale. E’ una linea che alcune universita’, anche italiane, hanno cominciato recentemente ad adottare: ad esempio, con il ”percorso di laurea in Giurisprudenza italo/francese” tra l’universita’ di Firenze e quella di Paris I-Sorbonne, o con la doppia laurea in Lingue straniere tra Torino e Chambery. Ma pesano anche altri fattori, esterni, come «le rigidita’ del mondo del lavoro, i minori fondi destinati alla ricerca, i rapporti con le industrie, i minori brevetti creati rispetto a Usa e Giappone». E non e’ certo un caso che un diploma del MIT di Boston, di Harvard o di Standford abbia un valore riconosciuto e ”spendibile” in tutto il mondo. ”Erasmus Mundus” In questo scenario e proprio nel periodo di maggiore tensione con gli Usa, specie da parte di Francia e Germania l’Unione europea sta per lanciare un programma di competizione culturale con gli Stati Uniti, un ”attacco” alla loro leadership nel settore dell’insegnamento superiore e della formazione delle e’lites mondiali: i ministri dell’Educazione dell’Ue hanno infatti deciso di creare dei Master di dimensione europea, che incentivino l’arrivo di studenti e professori da altre parti del mondo. Il programma si chiama ”Erasmus Mundus”: incoraggera’ accordi tra universita’ europee (”airbus universitaires” li hanno definiti il presidente francese Chirac e il Cancelliere tedesco Schroeder, a gennaio di quest’anno, in riferimento al famoso consorzio tra imprese aeronautiche) e prevede di creare circa 90 reti interuniversitarie che, dal 2004 al 2008, proporranno 250 ”Master dell’Unione europea”, tutelati con marchio. Come funzionera’ La durata della partnership sara’ di tre anni, e coinvolgera’ almeno tre universita’ di differenti Stati dell’Ue (piu’ almeno un’universita’ di un paese extra-europeo). Gli studenti (gia’ laureati) che verranno in Europa, e anche quelli europei, dovranno studiare in almeno due delle tre universita’. Il finanziamento (180 milioni di euro per il periodo 2004-2008) consentira’ a 4.200 studenti di stare in Europa per due anni accademici (fino a 20 mesi) per frequentare questi Master, con una borsa di studio di 1.600 euro al mese e senza pagare le tasse universitarie; e consentira’ anche di finanziare per tre mesi (con una borsa di studio di 13 mila euro) 1.000 ”visiting scholars” provenienti da paesi terzi, come ospiti delle universita’ o docenti nei Master. Il programma prevede anche borse di studio per 4 mila studenti europei che vogliano andare in altri paesi a studiare argomenti considerati prioritari per l’Unione europea. Obiettivi e problemi L’obiettivo, insomma, e’ di creare anche nel Vecchio Continente dei poli universitari d’eccellenza, competivivi a livello mondiale: «Gli istituti di istruzione europei si legge infatti nella relazione della Commissione di Bruxelles non sono ancora riusciti a far convergere le loro forze, la diversita’ educativa e la loro ampia esperienza in attivita’ di rete, per offrire corsi unici di livello mondiale che esistano solo in Europa». «Questo deficit ha spiegato la lussemburghese Viviane Reding, commissaria dell’Ue per l’Istruzione e’ un problema non solo per le sue implicazioni sulla capacita’ di influenza culturale, politica ed economica dell’Ue nel mondo, ma anche perche’ le nostre universita’ potrebbero trarre vantaggi da una maggiore apertura, che aumenti la qualita’ delle loro prestazioni». Per rendere quindi ancor piu’ competitivo questo settore decisivo i ministri dell’Universita’ si rivedranno, a settembre, in un super-vertice a Berlino. Ci sono infatti alcuni passaggi delicati: alcune universita’ che hanno gia’ una vistosa fama internazionale (Oxford, Cambridge, Sorbonne, Heidelberg, Bocconi, ecc.) sembrano infatti riluttanti ad entrare in questi network, temendo di veder diluire il loro ”marchio”; le altre, al contrario, premono molto, vedendo in questi ”consorzi” la possibilita’ di arrivare a livelli di eccellenza internazionale. E cosi’, prima che con gli Usa, la battaglia e’ ancora in parte all’interno della Ue. ________________________________________________________________________ Il Messaggero 13 giu. ’03 ALL'UNIVERSITA’ "VINCONO" LE DONNE Sono il 59°lo dei laureati. Ma il diploma in media arriva solo a 28 anni di ANNA MARIA SERSALE ROMA - Chi se lo aspettava? Il popolo degli studenti-lavoratori e’ cresciuto. Nella societa’ del benessere, che facilita l'accesso alle universita’, gli studenti non concentrano i loro sforzi solo sui libri. Lo "stipendio di mamma e papa’ non basta? Bisogno di avere piu’ soldi? Probabilmente si’. Una cosa e’ certa: al titolo di dottore arrivano tardi. Ma il V Rapporto sul profilo degli universitari presentato ieri dal Consorzio "Almalaurea", del quale fanno parte una trentina di atenei, dice che qualche giustificazione c'e’. Uno studente su due si laurea a 28 anni, dopo 7 anni trascorsi nelle aule universitarie. Ma stavolta il dato viene affiancato ad un altro che aiuta a capire il fenomeno. A differenza dei loro padri i giovani di oggi fanno esperienza di lavoro nel corso degli studi: oltre il 60% e’ studente-lavoratore (il 22,4% in modo occasionale; il 12,4 stabilmente; il 19,6 a tempo determinato). Tutto cio’, secondo Almalaurea, va considerato per non cadere nelle «frettolose graduatorie sulle capacita’ o meno di affrontare gli studi». Altro dato da esaminare e’ la differenza tra studenti-lavoratori e lavoratori-studenti. Solo in apparenza puo’ sembrare la stessa cosa. Fra i lavoratori-studenti, dove la parte lavoro e’ preponderante, l'eta’ del raggiungimento del titolo di laurea e’ di 4 anni maggiore rispetto a quanto non avvenga fra i laureati privi di esperienze lavorative (30,6 anni contro 26,6). Nel rapporto sul profilo degli universitari sono stati considerati i dati relativi al 2002, coinvolti 24 atenei, ed esaminati 70mila laureati. L'obiettivo principale era quello di’ tracciare il profilo del "capitale umano" prodotto dalle nostre universita’, per avere un significativo quadro di riferimento dell'intero sistema. L'altra novita’ e’ che gli atenei sono sempre piu’ rosa. Le donne sono il 59% della popolazione universitaria e sono piu’ brave dei maschi_ tra i laureati del 2002 sono il 58,7%, i colleghi maschi le seguono a distanza. Va pero’ detto che ci sono facolta’ dove le donne sono ancora una ristretta minoranza: e’ il caso di Ingegneria, dove, pur essendo in aumento, sono solo il 17%. Anche ad Agraria sono in numero inferiore: le neo-laureate rappresentano il 41%. All'estremo opposto, invece, ci sono Scienze della formazione, Lingue e letterature straniere, e la Scuola superiore di lingue moderne, dove i maschi sono una minoranza poco piu’ che simbolica. Dunque, ci sono ancora facolta’ maschili e facolta’ femminili, ma le differenze vanno riducendosi. Quanto alle donne, proseguendo con il confronto, si scopre che sanno le lingue quanto i loro colleghi, ma hanno meno dimestichezza con l'informatica. Tutti fanno piu’ stage e tirocini: il 20%, nel 1999 era solo il 12%. Segno che le Universita’ si’ stanno avvicinando alle imprese e al mondo del lavoro. Nonostante le critiche rivolte alle strutture, comunque, il giudizio degli studenti sull'Universita’ nel complesso e’ positivo. Le Universita’ sono state "promosse" con una valutazione media di 68 su 100, due punti in piu’ rispetto all'anno precedente. Positiva anche la valutazione dei docenti e delle biblioteche, che ottengono il punteggio complessivo di 62 su 100. Molto piu’ critico il rapporto sulle aule che non va oltre il 52 su 100, Solo 16 laureati su 100 non ripeterebbero l'esperienza appena compiuta, compreso quel 12% di studenti che non rifarebbe la stessa facolta’ e la percentuale di studenti soddisfatti cresce dall'80% del 1998 all'82% del 2002. Una parte dell'indagine e’ dedicata ai primi laureati triennali. Sono gli studenti della riforma. Nei 24 atenei presi in esame sono poco piu’ di 9 mila i laureati delle lauree di primo livello, quasi il 12% dei dottori complessivamente sfornati nell'anno. Ma quali sono le lauree triennali piu’ gettonate? Quelle del gruppo medico; 25,2%, per le professioni sanitarie, infermieristiche e ostetriche (medicina vera e propria richiede 5 anni). Segue Ingegneria, 20%, soprattutto Ingegneria dell'informazione e ambientale; e l'arca politico-sociale, 17%, comprendente Scienze della comunicazione, Scienze del turismo e sociologia, ________________________________________________________________________ La Repubblica 14 giu. ’03 "RACCOMANDAZIONI ESAGERATE A MEDICINA COSI’ HO DATO 30 A TUTTI" Bari, intervista al professor Sabba’: "Una pratica disdicevole poi si e’ superato il livello di guardia e ho detto basta" di ANTONELLO CAPORALE ROMA Poi e’ arrivata la raccomandazione plurima. "Incredibile, una sequela di telefonate per lo stesso studente: amici, colleghi, parenti". Forse il ragazzo era particolarmente asino. "Macche’! Il mio corso e’ agevole: lei dice Medicina d'urgenza e cosa pensa?". Pronto soccorso. "Pensa a un complementare. Medicina d'urgenza non e’ Anatomia, ci sono colloqui ogni mese, ci sono molti voti alti. Cerco di essere alla mano, di trovare spunti per rendere la prova molto abbordabile, non l'Everest da scalare". Anche gli asini hanno speranza con lei. "C'e’ il diciotto. Oddio, si boccia pure ma bisogna veramente essere ciuchissimi". Capito professor Sabba’. "Ecco, mi e’ sempre sembrata disdicevole questa pratica della raccomandazione. Poi pero’ si e’ superato il livello di guardia... Allora ho deciso per la provocazione". Carlo Sabba’ ha cinquantuno anni ed e’ di Bari. E' tra i quindici baresi che vanno in giro in bicicletta. Dunque e’ fatto strano. Sempre cortese, disponibile, riservato, l'uomo insegna Medicina d'urgenza all'Universita’, un esame piccolo che si affronta con gli appunti delle lezioni. Nonostante l'esamino e nonostante il buon cuore di Sabba’, ogni barese specie se di buona famiglia e magari con uno zio in cattedra chiedeva la spintarella. "Carlo, ti chiedo di chiudere un occhio per mio nipote", e Carlo chiudeva l'occhio. "Carlo, mio figlio ha bisogno di un trenta, sai alza la media" e Carlo sempre accettava e deglutiva. Poi anche al buon cuore di Carlo Sabba’ e’ venuto il nervoso e all'ultima tornata di esami il professore ha detto agli studenti: "Sapete che c'e’ di nuovo? Io metto trenta a tutti". Il trenta politico e’ un atto mirabile, professore. "E' una provocazione che vuole testimoniare la fiducia che si deve avere negli studenti. I ragazzi sono piu’ diligenti e attrezzati di quanto ritengano i genitori". Quando ha detto trenta a tutti... "Hanno apprezzato molto. So a cosa sta pensando, ma hanno compreso l'atto polemico contro una cultura nefasta. La spintarella e’ odiosa". I suoi colleghi sono infuriati. "Lo so, e temo che questa cosa mi provochi dei danni personali. Sa, sono un associato, il mio direttore e’ appena andato in pensione". Lasci che malignino. Il meno che le puo’ capitare e’ che finalmente puo’ andare in giro in bici senza che nessuno la fermi. "Ah, si’". Niente telefonate. "Sono preoccupato". Lei al suo posto, i colleghi al loro. "Stanotte non ho dormito". Professor Sabba’, dicono che il preside non l'ha presa bene. "Sui giornali mi ha dato una rispostaccia. Pero’ al telefono mi ha chiarito il senso". Mica succede solo a Bari? "Ma si erano raggiunti livelli esagerati. La raccomandazione plurima e poi la richiesta nemmeno tanto velata del voto buono, anzi ottimo". Il tema sollevato e’ di grande attualita’, impone riflessioni a tutti. "Si potrebbe fare a meno di questa intervista?": Perche’, adesso che e’ quasi finita. "Un po' teso lo sono". E' arrivato dov'e’ arrivato con le sue forze? "Si’, con le mie". Nessuna spintarella? "Ci mancherebbe altro". E allora? "Ho detto la verita’". In bici e a testa alta. "A testa alta". Ma se vede qualche collega d'universita’ al semaforo freni. Non si sa mai. "Con tutte e due le mani". ________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 13 giu. ’03 UNIVERSITA’, BILANCIO APPROVATO Il Rettore Mistretta ha visitato i locali di Bellavista Programmi per due corsi nuovi Approvato il bilancio di previsione dell'Ausi per il 2003, calcolato in un milione, 15mila e 19 euro. Il consuntivo e’ stato chiuso con entrate e spese per 648.270 euro. La decisione e’ stata approvata dall'assemblea dell'Associazione per l'universita’ del Sulcis Igleisnte e’presidetuta dal sindaco di Igleias Paolo Collu e dal presidente della societa’ Igea Ilio Salvadori. Il consiglio di amministrazione ha valutato con ottimismo i risultati dell'attivita’ svolta dall'Ausi in questi cinque anni, che, dopo le Scienze ambientali, prefigura l'ampliamento dell'offerta di studi con l'istituzione dei corsi di laurea di Informatica e Ingegneria ambientale. Nei giorni scorsi si era parlato anche dei corsi di laurea e di master per i tecnici extracomunitari dell'area mediterranea, in occasione della visita a Monteponi del rettore dell'universita’ di Cagliari Pasquale Mistretta. Il rettore, che era accompagnato dal professor Giorgio Piccaluga e da due dirigenti dell'universita’ cagliaritana, ha voluto prendere visione dei locali ristrutturati nella palazzina "Bellavista" dove attualmente viene ospitata la mostra del Guercino. In quel primo piano l'universita’ del Sulcis Iglesiente dovrebbe, prossimamente poter organizzare il terzo corso di laurea (Ingegneria ambientale) e consentire di allargare i master post laurea per tecnici dell'ambito del Mediterraneo. Al piano terra del Bellavista sono ospitati, da tempo, i corsi di laurea di Scienze dei materiali e di Informatica. Dopo il sopralluogo al Bellavista di Monteponi Pasquale Mistretta si e’ incontrato con il sindaco di Iglesias Paolo Collu. "Il polo universitario di Iglesias - ha spiegato il sindaco - rappresenta per l'intero territorio un chiaro segno di riscatto e al quale l'amministrazione comunale rivolge costante attenzione. Riteniamo che l'universita’ nella provincia del Sulcis Iglesiente costituisca il migliore investimento culturale che dovremo cercare di potenziare negli anni. Siamo altresi’ convinti che la sede di Bellavista sia stata la migliore scelta fatta". ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 08 giu. ’03 CON LA TELEUNIVERSITA’ ANCHE GHILARZA AVRA’ IL “SUO” ATENEO Ghilarza Fra alcuni giorni il via alle prove generali di trasmissione in videoconferenza con l’Universita’ di Sassari. Il prossimo anno accademico entrera’ nella storia del paese con l’inizio delle prime lezioni universitarie di diritto. Una conquista, quella dell’universita’ sotto casa e questo, grazie ai prodigi della scienza multimediale. Insieme agli studenti di Ghilarza, potranno seguire in videoconferenza i corsi di diritto e amministrazione i loro colleghi di l Ilini, La Maddalena e Budoni.Le lezioni a distanza inizieranno in autunno. «Per cominciare- afferma il vicesindaco Palmerio Oppo, che ha curato il progetto della teleuniversita’ insieme all’avvocato Ennio Masu- non rimane che attendere le iscrizioni delle prime matricole. Partiremo con due corsi triennali di laurea in scienze giuridiche e diritto delle amministrazioni, prologo a un eventuale biennio di specializzazione. Con il preside dell’Universita’ sassarese, Giovanni Lobrano, il Comune ha gia’ stipulato l’accordo che prevede gli impegni che ciascun ente dovra’ affrontare e sostenere, come la disponibilita’ dei locali, le spese e tutti gli altri aspetti organizzativi». La sede periferica ghilarzese dell’Universita’ di Sassari verra’ ospitata in un’ala del Liceo Scientifico cittadino. Qui le aule saranno dotate di computer e verra’ realizzata una sala informatica per la ricezione delle immagini e dei suoni. In sostanza, gli studenti potranno interloquire dal vivo e chiedere spiegazioni e chiarimenti al docente collegato in video. «Non solo - aggiunge il responsabile amministrativo Salvatore Dore - si potranno persino avere chiarimenti per quanto concerne l’attivita’ didattica e l’assistenza tecnica ed amministrativa». Una iniziativa tanto attesa, soprattutto da parte dei molti ragazzi che frequentano in paese l’ultimo anno dell’Istituto di Istruzione Superiore. «Ma per molti - spiega l’avvocato Ennio Masu - e’ anche l’unica alternativa alla rinuncia agli studi universitari. Mi riferisco a quelli, non piu’ ragazzi, che svolgono pure un’attivita’ lavorativa e devono conciliare i due impegni. Con le lezioni a distanza, non dovranno spostarsi dal paese e tutto sara’ piu’ semplice grazie al consistente risparmio di tempo e fatica. Per assurdo, se lo vorranno, perfino i novantenni potranno frequentare i futuri corsi universitari». Una possibilita’ concreta, quindi, per chi intende proseguire gli studi. Favorita anche dalle nuove norme che consentono di utilizzare gli esami dati in passato anche dopo otto anni di interruzione. Le universita’ isolane distano dal paese in media oltre i cento chilometri e molti studenti, in particolare quelli che hanno l’obbligo della frequenza, devono, per poter seguire regolarmente le lezioni, risiedere a Cagliari o Sassari. Nonostante i collegamenti giornalieri, da pendolari e’ difficile riuscire a mantenere un ritmo regolare negli studi. Risultato raggiungibile, invece, con i telecorsi. Nino Onida ________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 giu. ’03 MENSA UNIVERSITARIA TICKET ELETTRONICI CAGLIARI. Un migliaio di dipendenti dell'universita’ dalla scorsa settimana ha ricevuto un buono pasto elettronico per usufruire piu’ comodamente del servizio sostitutivo di mensa. Il personale tecnico, amministrativo e bibliotecario e’ stato dotato di una passlunch card, una carta di credito a microchip, ricarcabile. L'iniziativa e’ dell'area risorse materiali dell'universita’, in collaborazione con la Sodexho Pass. Per dimensione del progetto e per tipologia del servizio offerto l'ateneo risulta essere il primo ente ad essersi attivato in ambito nazionale. "L'introduzione della card per i buoni pasto e’ un tassello di un ampio progetto - sottolinea Maria Rosaria Mancosu, responsabile dell'Area risorse materiali - che prevede l'informatizzazione di tutte le procedure riguardanti gli ordinativi di beni e servizi, le consegne, i riscontri e le verifiche. Inoltre, la card ci permette di soddisfare le esigenze del personale facendo capo ad una estesa rete di locali cittadini e dell'hinterland". ________________________________________________________________________ IlSole24Ore 13 giu. ’03 DALLO STATO SI’ AL SOFTWARE «APERTO» ROMA Si apre un'altra breccia nello strapotere di Microsoft. E si apre direttamente nella pubblica amministrazione italiana. Il gigante dei programmi informatici dovra’ fare i conti con l'"open source", il software a codice aperto non protetto dai diritti del produttore originario. L'indicazione viene dalle conclusioni dell'«Indagine conoscitiva sul software a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione» condotta da una commissione ministeriale costituita nel gennaio scorso da Lucio Stanca, ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, con l'obiettivo di approfondire appunto la praticabilita’ dell'utilizzo dell'open source nella pubblica amministrazione. Un freno a Microsoft? Niente affatto. Si tratta semmai come chiarisce una nota ministeriale di un'apertura a tutte quelle verifiche imposte da un regime di corretta concorrenza sul mercato. Tant'e’ che il Governo dispone contestualmente che le scelte di soluzioni e di servizi siano effettuate solo sulla base di un'attenta analisi del rapporto tra costi e benefici. E una risposta positiva alla nuova impostazione viene dalla stessa Microsoft. «Il principio di una rigorosa analisi sull'efficienza complessiva in termini di costi e prestazioni non puo’ che vederci favorevoli» commenta Mauro Meanti, amministratore delegato di Microsoft Italia. «Per la prima volta in Italia si e’ affrontato a livello istituzionale il tema dell'open source analizzandolo in un contesto applicativo complesso quale quello dei sistemi informativi della Pubblica amministrazione» puntualizza il ministro Stanca presentando il lavoro della commissione presieduta da Angelo Raffaele Meo (Politecnico di Torino). «Sentite anche le amministrazioni regionali e locali spiega Stanca contiamo di emanare una direttiva che renda obbligatorio per le Pubblica amministrazione l'uso di almeno un formato aperto dei dati per consentirne l'accesso e la tutela del patrimonio informativo. Contestualmente nella scelta dei sistemi e delle soluzioni informatiche, le stesse amministrazioni dovranno considerare prodotti open source, ma sempre sulla base di un rigoroso criterio di analisi costi-benefici». Secondo il ministro, inoltre, «ulteriori indicazioni verranno fornite per promuovere condizioni contrattuali con le aziende leader nel settore delle tecnologie della informatica e delle comunicazioni tali da garantire l'accesso ai codici sorgente dei pacchetti acquisiti su licenza dalla Pubblica amministrazione nel rispetto dei diritti di proprieta’ intellettuale». Dall'indagine della Commissione del Mit e’ emerso che nel 2001 la Pa centrale e locale ha speso per l'acquisto di software 675 milioni di euro. Di questi, il 61% si e’ concentrato sullo sviluppo, manutenzione e gestione dei programmi custom, ossia sviluppati su commessa per una specifica amministrazione. Il restante 39% e’ stato impiegato per acquistare licenze di pacchetti software. ================================================================== ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 13 giu. ’03 ANTISERI: L’IMMANE POTENZA DELL’ERRORE MEDICO Karl Popper, la coscienza critica, il valore del dubbio “L’insegnante migliore e’ quello che te lo sa instillare” «Augusto Murri sosteneva che nelle facolta’ di medicina non si insegna il manuale piu’ importante, quello degli errori dei medici. Il risultato e’ che rischiano di rifare sempre gli stessi». Sessantadue anni, umbro di Foligno, Dario Antiseri e’ un filosofo cattolico liberale e un epistemologo popperiano. Professore ordinario di Metodologia delle scienze sociali presso la Facolta’ di Scienze politiche della Luiss, condirettore (con Silvano Tagliagambe) della rivista “Nuova Civilta’ delle macchine”, ha inaugurato nei giorni scorsi a Cagliari con una lettura magistrale (“Epistemologia contemporanea e logica della diagnosi clinica”), il congresso della Societa’ italiana di chirurgia oncologica presieduto da Luciano Di Martino. Avrebbe dovuto leggere una dotta relazione, ha preferito parlare a braccio. “Altrimenti le parole diventano cadaveri”. Professor Antiseri, che cosa ci fa un filosofo tra i medici di un congresso di oncologia? «Non e’ poi cosi’ strano. In passato molti medici sono stati grandi filosofi, e a fine Ottocento Murri e’ stato anche un grande teorico della scienza. Ci sono stati medici che si sono posti problemi filosofici. Prendiamo la psicoanalisi: la grande Vienna di Kraus, Wittgenstein, Popper, Schnitzel, Friedel, ha assalito la psicoanalisi sostenendo che era geniale ma non controllabile scientificamente. Ora in una facolta’ di medicina la psicoanalisi puo’ avere o no un ruolo importante? Questi sono problemi di grande rilievo». Lei ha appena pubblicato con Giovanni Federspil e Cesare Scandellari un saggio dedicato a “Epistemologia, clinica medica e la questione delle medicine “eretiche”. Che cosa sostiene? «Ripropone i punti nodali di un dibattito oggi piu’ urgente che mai sulle medicine “alternative” o “eretiche”, piu’ o meno controllabili. Omeopatia, agopuntura, iridologia, cromoterapia, sono pratiche rette da teorie scientifiche o no? Un’altra questione interessante e’ la medicina basata sull’evidenza, e anche qui bisogna stare attenti, non bisogna tornare all’idea che il fatto sia sacro. I fatti sono anch’essi smentibili». Torniamo a Murri, alla sua teoria dell’errore. Perche’ si sbaglia una diagnosi? Perche’ si basa su un metodo induttivo? «Una delle teorie di Popper e’ che l’induzione non esiste, perche’ non puo’ esistere, per ragioni logiche e matematiche. Anche se io ho visto migliaia di cigni bianchi non e’ detto che il prossimo debba essere per forza bianco. E difatti abbiamo visto i cigni neri d’Australia. Queste sono dimostrazioni di falsita’ delle teorie...» Grazie alle quali avanza la scienza? «Certo. Popper era solito ripetere una espressione di Oscar Wilde, secondo la quale “l’esperienza e’ il nome che ciascuno di noi da’ ai propri errori”. Aggiungeva che evitare l’errore e’ un ideale meschino. Se ci confrontiamo con un problema difficile, e’ facile che sbaglieremo». E allora che cosa dobbiamo fare? «Apprendere dai nostri errori. Oppenheimer sosteneva che la fisica va avanti perche’ non sbaglia mai due volte allo stesso modo. Questa e’ l’immane potenza dell’errore, e Murri lo sapeva bene». Il medico migliore e’ quello che sbaglia meno? O quello che ha fatto piu’ esperienza, cioe’ piu’ errori? «Popper direbbe che l’uomo razionale non e’ chi vuole avere ragione, ma chi desidera imparare. “Razionale e’ una persona cui importa piu’ di imparare che di avere ragione”. E Murri: “Nella clinica come nella vita bisogna avere un precocetto inalienabile: che tutto cio’ che si afferma e che par vero puo’ essere falso”. Bisogna farsi una regola costante di criticare tutto e tutti, domandarsi sempre: perche’ devo credere a questo?». Puo’ un epistemologo credere in Dio? «Perche’ no? Le filosofie dell’Ottocento e del Novecento avevano la pretesa di dimostrarne l’inesistenza. Filosofie piu’ consapevoli hanno distrutto questa pretesa riaprendo lo spazio della domanda metafisica. Alla domanda se Dio esiste si puo’ rispondere con la scelta atea o con quella religiosa. Perche’ non devo credere? L’ateo non ha anche lui fortissime certezze?E poi, non dimentichiamoci che si possono anche avere forti dubbi. Chi non ha dubbi non ha fede». Lei ha pubblicato con Lorenzo Infantino un saggio dedicato a “Destra e sinistra, due parole ormai inutili”. «Che sostituisco con liberalismo e statalismo. I problemi veri, sanita’, ambiente, pensioni hanno soluzioni di destra o di sinistra? Hanno soluzioni e basta. Io vorrei una politica scientificamente orientata. Se ripariamo bene una fogna, la soluzione e’ di destra o di sinistra? Sono soluzioni stupide o intelligenti». Pero’ c’e’ chi pensa che gli stupidi siano da una parte piuttosto che dall’altra... «Mah, come si dice al mio paese, la mamma dei cretini e’ sempre incinta..» Professore, che cosa e’ il principio di competizione? «La competizione viene sempre vista come una guerra, ma e’ la piu’ alta forma di collaborazione. La scienza progredisce perche’ c’e’ competizione tra teorie, e ugualmente la democrazia e’ competizione ta le parti, per la soluzione delle idee. E cos’e’ l’ economia? E’ la competizione di merci e servizi sul libero mercato». Competizione dunque e’ cum petere, cercare insieme? «Si’, e’ cercare insieme la soluzione migliore, in modo agonistico. Il principio abbraccia scienza, democrazia e mercato. Ed e’ la base della societa’ occidentale. Se lo buttiamo via possiamo tornare a vivere nelle caverne...». Lei e’ stato uno dei saggi del ministro De Mauro... «Non me ne occupo piu’, le riforme cosi’ come sono state fatte sono inutili. Io da anni sostengo l’introduzione del buono-scuola. Se non introduciamo la teoria della competizione tra pubblico e privato distruggiamo l’uno e l’altro. A me sta a cuore la scuola di Stato, ma va difesa dal burocratismo, dallo statalismo dall’inefficienza.. Se la mia scuola di Stato funziona male i ragazzi andranno da un’altra parte. Come diceva Adam Smith, non e’ dalla bonta’ del fornaio che ricevi il pane buono, ma dal suo interesse». Come si puo’ creare una coscienza critica negli studenti? «L’insegnante migliore e’ quello che instilla il germe del dubbio, che invita i suoi studenti a controllare quello che dicono gli altri...» Quello che dice la televisione... «Anche qui la situazione e’ grave. Dovremmo averne centomila, senza una posizione dominante, ci vorrebbe almeno un canale pubblico...». Ce ne sono tre... «Intendo indipendente da politica e audience. Se democrazia e’ controllo dei governati sui governanti, la tv dovrebbe essere un servizio ai cittadini, garantire pluralismo interno e difesa delle minoranze. E’ la soluzione dei problemi che bisogna cercare, e non e’ ne’ di destra ne’ di sinistra». Maria Paola Masala ________________________________________________________________________ La Repubblica 12 giu. ’03 IL "PAZIENTE INFORMATO" UNA SFIDA ALL’EUROPA Studio articolato del Cambridge University Health DI MAURIZIO PAGANELLI BRUXELLES Un salto di qualita’ delle politiche di informazione rivolte ai cittadini e ai pazienti con una sfida alla Commissione Europea ad assumere un ruolo guida nella divulgazione. E’ quanto e’ emerso dallo studio "Il paziente informato" del Cambridge University Health (Centro di ricerca di amministrazione e politica sanitaria del Judge Institute) recentemente presentato al Parlamento europeo. Il progetto, reso possibile dal contributo dell’ente di beneficenza britannico Nuffield Trust e dalla casa farmaceutica Johnson&Johnson, e’ l’elaborazione di studi, seminari, incontri di esperti, case farmaceutiche, assicurazioni, media, universita’, centri di ricerca (in Italia l’Istituto Mario Negri), politici e associazioni di pazienti. Peter Singleton, del Cambridge University health, ha cosi’ commentato il lavoro, durante una tavola rotonda di presentazione dello studio: «E’ evidente che il miglioramento nella divulgazione delle informazioni consente la scelta di cure piu’ appropriate e di risultati migliori per i pazienti». Obiettivo del "Paziente informato" e’ arrivare ad una dichiarazione congiunta di consenso (Consensus statement): una guida per le politiche decisionali relative all’informazione sanitaria in Europa. Quali i principali obiettivi? Imparzialita’ e accessibilita’ dell’informazione; miglioramenti ai malati cronici anziani; aiuto a pazienti e professionisti nella valutazione consapevole del trattamento; trasparenza e responsabilita’ del sistema sanitario nella scelta costibenefici; utilizzazione delle nuove tecnologie nella diffusione ed educazione per la "miglior pratica" in medicina. La dichiarazione di Consenso propone un’iniziativa paneuropea in 4 punti: creare una struttura permanente che unisca le varie componenti sanitarie al fine di scambiarsi esperienze e migliorare le politiche informative; stimolare governi, Unione europea e settore privato; coordinare l’erogazione delle informazioni (creare standard accettati e promuovere l’efficacia di divulgazioni di qualita’); fornire supporto critico nell’educazione al paziente e nella crescita dei professionisti del settore. Un aspetto messo in evidenza dallo studio e’ la distinzione tra informazioneeducazione e pubblicita’. Il tema e’ assai importante se si fa riferimento alla "qualita’ dell’informazione" e a criteri oggettivi per stabilire linee guida o standard a cui fare riferimento. Su questo aspetto non v’e’ una risposta ma solo punti di partenza. Lo studio sottolinea anche alcuni modelli di "buona pratica" e tra questi il Forum dell’Unione europea sulla politica sanitaria, l’esperienza britannica "Expert Patients Task Force" (dialogo e autoconsapevolezza del malato cronico), l’iniziativa olandese per i malati cronici (con budget personale possono scegliere cure alternative e modalita’ per migliorare la loro qualita’ di vita), il Clinical Evidence journal (www.clinicalevidence.com), guida ai professionisti del settore per le opzioni di trattamento. ________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 giu. ’03 LA MEDICINA SARDA RISCHIA DI FINIRE IN SERIE B Senza il rinnovamento delle facolta’ attraverso l'azienda mista CAGLIARI. Policlinico: si faccia presto il protocollo per l'azienda mista perche’ il consiglio regionale si trova a un anno dalle elezioni e se non passa in questi mesi chissa’ quanto tempo, ancora, universitari e ospedalieri dovranno aspettare. Se il protocollo non verra’ fatto entro questa legislatura sara’ un gravissimo smacco per le due facolta’ di Medicina sarde che non avranno gli strumenti per fare quello che la legge chiede, anzi, impone, e quello che gli studenti non soltanto di Medicina si aspettano. La laurea conseguita a Cagliari, lo dicono gli stessi docenti, perde terreno davanti al resto d'Italia e all'Europa perche’ non e’ stata ancora in grado di allestire i corsi per preparare i personale sanitario e parasanitario come la legge chiede. Ma anche di riorganizzare la facolta’ e le scuole di specializzazione per aumentare la preparazione non solo teorica degli studenti. Questi ultimi rischiano di conseguire una laurea poco apprezzata nel resto d'Italia e in Europa e questo sarebbe una carenza grossa e un grave torto anche verso la storia delle facolta’ sarde che mantengono picchi di eccellenza in certi settori. Nonostante la pochezza dei mezzi in vari settori si sono condotti studi di alto livello e medici sardi pubblicano su riviste di grande prestigio internazionale. Tutto questo pero’ non basta a tenere alto il livello generale delle due facolta’ ed ecco perche’ serve il protocollo: bisogna stabilire come la Regione entra con i mezzi e con il personale sanitario nel grande impegno di garantire formazione, assistenza e ricerca. Senza questa linfa le due universita’ sarde rischiano di finire davvero nell'elenco degli ultimi del mondo. Giorni fa l'Anaao-Assomed, per ora unica sigla sindacale a farsi carico di uno studio sul problema, ha presentato un documento critico verso il piano di razionalizzazione ospedaliera voluto dall'assessore che contiene anche indicazioni per costituire l'azienda mista universita’-Regione. Nel documento Anaao si chiede pari dignita’ e chiarezza di ruoli per il personale ospedaliero. ________________________________________________________________________ La Repubblica 12 giu. ’03 LA SALUTE CHE DIMENTICA LA SANITA’ di MARINA D' AMATO I motivi per cui gli scienziati sociali si occupano di malattia sono essenzialmente di due tipi: innanzitutto perche’ la malattia ha una profonda influenza sulla vita del gruppo sociale, sia che riduca le capacita’ del singolo individuo di eseguire le prestazioni del suo ruolo, sia che arrivi in taluni casi (epidemie) a minacciare la sopravvivenza del gruppo stesso. Un secondo motivo di interesse sta nel fatto che la malattia non si presenta solo come il prodotto di germi patogeni che colpiscono a caso o di alterazioni genetiche anch’esse casuali. Da un punto di vista sociale il fenomeno morboso nel suo manifestarsi sembra seguire trend: alcuni gruppi umani sono infatti colpiti in misura maggiore di altri e la differenziazione sociale della malattia risulta spesso essere il prodotto di complessi rapporti economici, religiosi e politici. Lo studio della malattia da parte degli scienziati e’ stato reso possibile in gran parte dal verificarsi all’interno dell’ambiente medico di eventi che hanno contribuito a cambiare l’immagine tradizionale di essa. Finche’ in campo medico infatti e’ prevalso il modello secondo cui la malattia e’ il prodotto di un agente esterno biologicamente ben determinato o determinabile, non c’era molto spazio per considerare l’ambiente esistenziale del paziente quale possibile fattore importante per l’origine delle malattie, (a parte, beninteso, quegli ambienti che venivano definiti malsani). Questo modello funzionava quando, nel secolo scorso, inizio’ la medicina moderna contestualmente ai suoi successi spettacolari. A lungo andare questa affermazione creo’ le premesse per la sua stessa crisi: come conseguenza del controllo di alcune malattie si e’ avuto il prolungamento della vita media e la presenza nella societa’ di un maggior numero di persone anziane da cui e’ derivata la centralita’ delle malattie degenerative, proprie dell’individuo adulto. Se la causa del "male" quindi va ricercata all’interno del soggetto, tuttavia la terapia comporta alterazioni della vita non solo del paziente, ma anche del suo "intorno". Sono questi alcuni fattori che mettono in evidenza il ruolo giocato dall’ambiente sociale in cui l’individuo e’ inserito. Ed e’ in quest’ottica che si puo’ sostenere la dimensione sociale della patologia fisica che solo raramente e’ affrontata nel programma "Medicina 33". Quotidianamente vengono trattati nel corso della rubrica del TG2, i temi, i problemi, le questioni aperte, le nuove possibilita’ di cura, le frontiere della ricerca che concernono il mondo della salute. Da un punto di vista piu’ tecnologico, piu’ scientifico, piu’ futurologico che non socialmente pratico. C’e’ la curiosita’ che spinge tutti noi a saperne di piu’ sul meccanismo del nostro corpo e, soprattutto, sulle possibilita’ di prevenzione dei mali. Nel programma manca pero’ il contesto nel quale si sviluppa la cura: l’assistenza sanitaria e le strutture pubbliche sono elementi fondamentali per comprendere l’eziologia e il percorso di ogni male. Cosi’ il conduttore Luciano Onder, che non e’ medico, individuando gli argomenti che interessano nuove possibilita’ terapeutiche, scoperte scientifiche, potrebbe ogni tanto aiutarci a comprendere anche i significati delle medicine cosiddette complementari, poiche’ sono dieci milioni gli italiani chi vi fanno ricorso. * Docente di Sociologia delle comunicazioni di massa, Scienza della formazione, Universita’ Roma Tre ________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 giu. ’03 SASSARI: ROSATI RICONFERMATO PRESIDE DELLA FACOLTA’ DI MEDICINA SASSARI. Per lui si tratta di una riconferma annunciata. Giulio Rosati (nella foto) e’ stato eletto preside della facolta’ di Medicina e chirurgia dell'Universita’ di Sassari. Il professor Rosati, che guidera’ la facolta’ anche nel triennio 2003/2006, ha ottenuto il 92 per cento dei consensi: hanno votato per lui 148 dei 162 aventi diritto. Le elezioni del preside di Medicina hanno avuto luogo ieri nell'aula magna della facolta’, in viale San Pietro. ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 14 giu. ’03 SANITA’, ECCO I NUOVI TICKET DAL 2004 SARANNO ABOLITI Primo accordo tra Regione e sindacati. Oppi assicura: martedi’ la delibera in Giunta Dal primo luglio sara’ dimezzata la tariffa su farmaci e ricette Resta la tassa di 15 euro sul pronto soccorso: «Va eliminata» Viene dimezzato il ticket su farmaci e ricette, resta invece la tassa di 15 euro per gli interventi di pronto soccorso e quella per le visite specialistiche, fino a un massimo di 75 euro. Dal primo luglio i sardi avranno il piacere di spendere il 50 per cento in meno per le medicine: il ticket passera’ da 1,50 euro a 75 centesimi. Si risparmiera’ anche sulle prescrizioni mediche: oggi la tassa sulla ricetta vale ben tre euro, dal prossimo mese solo un euro e 50 centesimi. Un risparmio notevole: basti pensare che dal primo agosto dello scorso anno (da quando cioe’ i ticket sono stati reintrodotti dalla Regione) i sardi hanno speso per i ticket poco piu’ di 7 milioni di euro. Non e’ poco, il 2,10 per cento della spesa sanitaria lorda dell’Isola. La bozza di accordo firmata giovedi’ sera da Regione e sindacati e’ la base di partenza di una rivoluzione che dovrebbe culminare, il primo gennaio 2004, con l’abolizione dei ticket sanitari per tutti i sardi. L’assessore alla Sanita’ Giorgio Oppi ha preso l’impegno con i sindacati e il taglio del 50 per cento delle tariffe va in questa direzione: e’ il primo assaggio della riforma che dovrebbe decollare gia’ dal prossimo anno. Gli sconti annunciati entreranno in vigore dal primo luglio: l’assessore ha garantito che portera’ il provvedimento in Giunta martedi’ prossimo. C’e’ poi una novita’ importante anche per gli “inoccupati” senza reddito, cioe’ per quelli che non hanno mai lavorato: la Regione ha accolto l’invito dei sindacati a inserire anche questa categoria tra gli esenti dal pagamento dei ticket, finora esclusi per un paradosso della legge nazionale che concede tale agevolazione solo ai disoccupati, quelli che hanno alle spalle almeno un’esperienza di lavoro. L’assessore si e’ impegnato a proporre una legge regionale che, in deroga alla normativa dello Stato, superi l’evidente discriminazione da sempre contestata dai sindacati. Saranno inoltre diffuse iniziative a tappeto in tutta l’Isola per la prevenzione e l’educazione sanitaria all’uso appropriato del farmaco: progetti che coinvolgeranno tutti i medici, ospedalieri e di base, in modo che ricevano l’informazione istituzionale indispensabile per indirizzare i pazienti verso un’acquisto appropriato dei medicinali. Evitando cosi’ inutili e pesanti sprechi. «Questi importanti risultati - sottolineano Cgil, Cisl e Uil della Sanita’ - sono stati ottenuti grazie alla mobilitazione non soltanto di militanti sindacali, in particolare pensionati e operatori del settore, ma anche delle popolazioni coinvolte nelle marce della salute dello scorso aprile e condivise da molte amministrazioni locali». Oppi ha anche assicurato che il pagamento delle Aziende sanitarie locali avverra’ regolarmente dal prossimo mese: il Cipe ha infatti approvato la ripartizione dei fondi del Servizio sanitario nazionale per il 2002-2003, consentendo alla Regione di erogare l’intera quota alle Asl, con i relativi arretrati. Naturalmente il confronto con i sindacati, che dovra’ culminare in un accordo globale sulla sanita’, andra’ avanti sui temi ancora sul tappeto: liste d’attesa, ticket sul pronto soccorso («anche questo iniquo e punitivo»), assistenza domiciliare e Piano sanitario regionale, in freezer dal 1985. Quello sui ticket, cavallo di battaglia del sindacato, e’ gia’ «un risultato importante», il primo passo verso il riordino del disastrato pianeta della sanita’ sarda. Oggi il 65 per cento dei sardi usufruisce dei farmaci gratuitamente: segno di un profondo stato di bisogno e di sofferenza che in alcuni casi sfiora la soglia di poverta’. Gli sforzi della Regione sono diretti a tenere sotto controllo la spesa farmaceutica: nel 2001 sono stati spesi 347 milioni di euro, il 16,18% della spesa sanitaria contro il 13% imposto dallo Stato. E quest’anno dalle casse dell’assessorato uscirannno quasi due milioni e mezzo di euro. ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 10 giu. ’03 TENTATA CONCUSSIONE: INDAGATO OPPI Appalti negli ospedali: la Procura di Milano apre un’inchiesta E’ un affare di cuore, anzi, un grosso affare quello al centro di di un’inchiesta giudiziaria promossa dalla Procura di Milano. Riguarda un appalto da dieci milioni di euro all’anno (venti miliardi di vecchie lire) per le forniture ai reparti cardiologici di quattro ospedali sardi, sulle quali sarebbe stata imposta una tangente di 750 mila euro (un miliardo e mezzo circa). Indagati, per tentata concussione, l’assessore regionale alla sanita’ Giorgio Oppi e l’ingegnere cagliaritano Roberto Baldini. Di tentata corruzione deve invece rispondere l’industriale comasco Eugenio Cremascoli, titolare della NCG, azienda al centro di numerose indagini giudiziarie. Tra le altre, quella sulle valvole cardiache difettose prodotte in Brasile e utilizzate alle Molinette di Torino e sulla fornitura di servizi al Niguarda di Milano. Il pm Francesco Prete stava invece conducendo un’inchiesta sugli Icp (Istituti clinici di perfezionamento Mangiagalli di Milano), quando si e’ imbattuto in una serie di intercettazioni telefoniche tra intermediari che lavoravano per contro della NCG. Si parlava di un mega appalto per forniture di materiali vari (pacemaker, cateteri, valvole ecc) ai reparti di emodinamica e cardiochirurgia agli ospedali Brotzu e San Giovanni di Dio di Cagliari, ma anche di Oristano e Sassari. Appalto d’oro (una decina di milioni di euro per cinque anni) gestito dall’azienda Brotzu per contro delle Asl sarde, ma sfortunato. Subito dopo la partenza, si era infatti insabbiato. A bloccarlo, secondo il tenore delle telefonate registrate, sarebbe stato l’assessore Oppi. Indispensabile quindi un intervento pesante per rimetterlo in marcia, quantificato dai faccendieri inizialmente in 250 mila euro, portato poi a 750 mila quando al Brotzu e al San Giovanni di Dio si sono aggiunti gli ospedali di Sassari e Cagliari. Nella ricostruzione dei magistrati emerge l’immagine di una NCG che pensava proprio a tutto: predisponeva persino i capitolati d’appalto, sostituendosi agli uffici delle Asl. Un’impiegata avrebbe detto ai magistrati di averne preparato uno anche per il Brotzu e gli altri ospedali sardi. Il tutto sarebbe stato poi riassunto in un dischetto consegnato all’ingegner Baldini, che si sarebbe accreditato come intermediario dell’assessore. Dichiarazione da verificare, come la confessione di Eugenio Cremascoli, che, di fronte al pm, avrebbe ammesso di aver predisposto la maxi tangente per sbloccare una situazione in stallo da parecchio tempo. Convinto che il blocco nascesse direttamente da Oppi, aveva preso contatti con Baldini. A mettere nei guai l’ingegnere sarebbe un documento (una lettera, ma si parla anche di un contratto), datato 21 gennaio 2003, nel quale si fa esplicito riferimento a un compenso (750 mila euro) in cambio di un intervento per rimettere in marcia l’appalto. Una copia sarebbe stata trovata negli uffici della NCG e un’altra nello studio cagliaritano di Baldini. E’ il frutto di una delle tante perquisizioni eseguite dagli uomini della Finanza per conto del magistrato. Obiettivo delle visite, oltre alla NCG, la sede dell’assessorato regionale alla Sanita’ e dell’azienda Brotzu, dove sono stati prelevate le carte riguardanti l’appalto. Il pm Francesco Prete ha gia’ interrogato l’ingegner Baldini, che ha respinto ogni addebito. Sentito anche, ma in qualita’ di testimone, Valentino Martelli, capo del Dipartimento cuore del Brotzu. Nel corso di una telefonata (intercettata) Cremascoli ha infatti detto che «secondo il professore di Cagliari quell’appalto non lo sbloccheranno mai». Il professore in questione era Martelli, che ha confermato (e conferma ) tutto: «A chi mi ha interrogato - dice - ho detto che l’appalto non e’ andato avanti per l’incapacita’ totale dei funzionari dell’assessorato regionale alla Sanita’. Io non riesco a credere che ci sia stato qualche altro motivo. E vorrei aggiungere che le gare regionali non le hanno fatte da nessuna parte, perche’ sono difficilissime da organizzare. Figuriamoci se potevano riuscirci i nostri funzionari». Per capire quanto accaduto, bisogna sapere che, dal 2002, la Finanziaria ha imposto gare regionali per le forniture piu’ importanti alle Asl. Nel caso in questione, il Brotzu avrebbe dovuto accentrare gli acquisti per Emodinamica e Cardiochirurgia, «pero’ sono subito emerse difficolta’ tecniche molto rilevanti, in qualche caso insormontabili», dice il direttore generale Franco Meloni. Ma per quale motivo, la gara, iniziata l’anno scorso, non si e’ mai conclusa? Il manager fa riferimento, a titolo di esempio, al problema di predisporre dei capitolati unici, superando le legittime esigenze dei singoli primari, ognuno dei quali abituato a lavorare con materiali particolari. Situazione che sarebbe stata aggravata dalla mancanza di impulso da parte della Regione, in termini di direttive. Meloni esprime comunque la propria solidarieta’ a Oppi «che considero un galantuomo» e precisa che «il blocco dell’appalto non ha inciso sull’attivita’, ne’ ha creato disagi ai pazienti. Tant’e’ che gli interventi di cardiochirurgia sono passati da 470 nel 2001 a 740 nel 2002. Mentre la durate della lista d’attesa si e’ ridotta da 18 a 3 mesi». Com’e’ stato possibile? «Prorogando, col placet della Regione, i vecchi appalti». Lucio Salis Roberto Capelli Il capogruppo dell’Udc «Chiediamo indagini rapide» «La giustizia faccia il suo corso velocemente». Roberto Capelli, capogruppo dell’Udc, e’ sorpreso dell’inchiesta avviata dalla procura di Milano. Il presidente dei consiglieri dell’Unione di centro dice di essere certo dell’assoluta estraneita’ del suo assessore alla Sanita’. «Ovviamente - dice l’esponente dell’Udc - speriamo che la giustizia faccia il suo corso molto velocemente. E soprattutto ci auguriamo che le indagini non si basino su voci di corridoio o personaggi inattendibili». Capelli dice di essere «assolutamente certo della totale estraneita’ di Oppi a questa vicenda e sono molto preoccupato che certe azioni, pur legittime e previste giustamente dal codice, arrivino in momenti particolari. Siamo a un passo dal congresso regionale del nostro partito e in un periodo di crescita elettorale dell’Udc. E ora viene interessato da un’indagine della magistratura un esponente fra i piu’ autorevoli, se non il piu’ autorevole, dell’Udc. Mi auguro che sia una semplice coincidenza». Negli ospedali I numeri dell’affare Forniture per milioni di euro 750.000 euro (un miliardo mezzo di vecchie lire) sarebbe la tangente pretesa dal presunto mediatore, Roberto Baldini, per sbloccare una gara d’appalto organizzata dall’ospedale Brotzu destinata ad assicurare forniture di materiale sanitario anche al San Giovanni di Dio, San Martino di Oristano e Civile di Sassari. L’importo dell’appalto e’ quantificato, approssimativamente, in 10 milioni di euro (circa 20 miliardi di lire) da spendere per 5 anni. E’ la cifra considerata necessaria per la fornitura dei reparti di Emodinamica e Cardiochirurgia dei quattro ospedali. Secondo l’accusa, la gara sarebbe stata bloccata dall’assessore regionale alla Sanita’ Giorgio Oppi, leader dell’Udc e l’ingegner Baldini avrebbe offerto i propri buoni uffici per riavviare la procedura. Sia Oppi che Baldini (accusati di tentata concussione) hanno respinto ogni accusa, riservandosi di difendersi nelle sedi opportune. Dal mondo politico (maggioranza e opposizione) attestati di stima e solidarieta’ all’assessore ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 10 giu. ’03 L’esponente dell’Udc si difende. «Pronto a chiarire tutto davanti al magistrato» OPPI: SONO INNOCENTE, DI APPALTI NON SO NULLA L’assessore: «Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia Le gare sono curate dalle aziende sanitarie. Non mi dimetto» «Ma quali gare, io non ne so assolutamente niente. Di appalti non mi occupo e sono assolutamente estraneo a questa vicenda. Sono questioni di competenza delle Asl». Giorgio Oppi proprio non ci sta a salire sul banco degli imputati. Infastidito, anzi furioso contro «chi ha fatto il mio nome» e ha fatto filtrare la notizia dalla Procura di Milano che lo ha indagato per tentata concussione. Nega di aver ricevuto un avviso di garanzia, si dice pronto a dimostrare davanti al magistrato che lui e’ innocente. E quel Baldini, l’ingegnere che secondo i magistrati milanesi lavorerebbe per conto dell’assessore e che avrebbe stipulato un contratto per 750 mila euro per prestazioni occasionali (secondo la Procura oggetto della concussione non consumata), proprio non lo conosce. O meglio sa che esiste «ma non ho mai avuto rapporti con lui». E’ stata una giornata molto difficile per Oppi. A Carbonia per «questioni istituzionali», l’assessore e’ un fiume in piena. Parla, spiega che «questo appalto non lo riguarda in nessun modo». Poi in serata affida a una dichiarazione («concordata con il mio avvocato») la sua difesa. «Non ho mai avuto rapporti telefonici - spiega Oppi - ne’ di altro genere con l’ingegner Baldini in relazione alla gara d’appalto per i dispositivi dei servizi di emodinamica ne’ in relazione ad altre gare d’appalto; non mi occupo in alcun modo di queste gare che sono curate, invece, dalle singole aziende ospedaliere e gli atti di queste non sono sottoposti al mio controllo bensi’ a quello dei dirigenti competenti. Sono comunque a disposizione del magistrato per offrirgli i chiarimenti che riterra’ opportuno». L’assessore spiega di non sapere quasi nulla di questo appalto. Almeno nei dettagli. «Di queste cose», dice, non se ne occupa e non capisce perche’ sia stato tirato in ballo. Di appalti, sostiene, non ne sa nulla, solo lo stretto necessario perche’ queste questioni non sono di competenza del suo ufficio. Le gare sono state affidate alle Asl - aggiunge - e di questo l’assessore non si occupa. E ricorda che ci sono state due delibere della Giunta, una a giugno e un’altra ad agosto dell’anno scorso per dare il via alle procedure. Poi a dicembre e’ stato firmato un protocollo d’intesa tra le Asl sarde: le aziende si sono impegnate ad acquisire il materiale. A questo punto mancava solo l’ok alla gara che, secondo le procedure stabilite, doveva essere avviata dal Brotzu. Poi pero’ non si e’ andati avanti. E l’appalto e’ ancora bloccato. Le aziende sanitarie, sostiene ancora Oppi, non si sono messe d’accordo. Ci sono state riunioni su riunioni, ma non c’e’ stato nulla da fare. Una Asl voleva un tipo di materiale, un’altra lo voleva diverso e cosi’ via. A queste riunioni lui assicura di non aver mai partecipato. Tra l’altro di queste questioni e’ competente il funzionario responsabile dell’assessorato. Ovviamente anche gli avvocati dell’assessorato hanno studiato il problema, se ne sono occupati, ci hanno lavorato. Insomma, Oppi assicura di non aver bloccato proprio nulla. L’assessore e’ furioso. Della Ncg, l’azienda produttrice del materiale sanitario, dice di non averla mai sentita nominare. Il titolare dell’azienda, Eugenio Cremascoli, giura di non conoscerlo. Quanto alle intercettazioni telefoniche, e’ assolutamente convinto che non lo riguardano. Poi le indagini. L’assessore dice di non aver ricevuto nessun avviso di garanzia, «per il momento nessun magistrato mi ha contattato». Ma e’ pronto a chiarire tutto. E alle dimissioni proprio non ci pensa. «Sono innocente - dice - e non mi dimetto». Fabrizio Meloni ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 14 giu. ’03 IL TRAPIANTO SALTATO SCAMBI DI ACCUSE Il caso. Sfuma il trapianto: «Prima pagate l’aereo» C’e’ un cuore disponibile a Bologna e un paziente di Cagliari lo aspetta. La sua vita e’ appesa a un trapianto. Ma l’aereo che deve trasportare l’organo non parte perche’ la compagnia privata pretende dal Brotzu il pagamento anticipato, prima del decollo. L’azienda ospedaliera garantisce che puo’ pagare non subito, ma in pochi giorni. Segue una lunga trattativa che si conclude con un accordo. Ma quando l’e’quipe di cardiochirurghi arriva a destinazione, il cuore non e’ piu’ espiantabile. E il paziente ora rischia la morte. L’incredibile episodio e’ accaduto nella notte di mercoledi’. Ora la direzione sanitaria dell’ospedale cagliaritano minaccia di rivolgersi alla Procura della Repubblica. Lite per denaro, un uomo rischia la vita C’e’ un broker che dice: «L’aereo e’ partito perche’ io ho anticipato i miei soldi alla compagnia aerea». E c’e’ il manager della compagnia aerea che dice: «L’aereo e’ partito perche’ io ho garantito con i miei soldi». Tutti hanno le prove di cio’ che dicono. Il dramma e’ che mentre qualcuno, evidentemente, mente e scarica responsabilita’ sull’altro, c’e’ un uomo di 38 anni, cardiopatico gravissimo, che rischia di morire perche’ quell’aereo che doveva trasportare il suo cuore nuovo, tra una discussione e l’altra e’ partito in ritardo e l’organo che doveva salvargli la vita non era piu’ espiantabile. Brutta storia, in ogni caso. Che Andrea Golfera, program manager della Air Columbia, la compagnia protagonista della vicenda, racconta cosi’: «Ero in volo. Alle 18,30 riattacco il telefono e trovo molte telefonate del comandante dell’aerotaxi. Lo richiamo e mi dice che Volitalia (il broker che fa da intermediario per la ricerca di aerei) chiede un volo “sanitario” da Cagliari a Bologna e rientro. Bene, gli dico, e le garanzie? Lui mi risponde che il broker non era in grado di fare un bonifico, ne’ di dare gli estremi della sua carta di credito ne’ quelli della carta di credito dell’ospedale che richiedeva il servizio. Tutti sanno», aggiunge Golfera, «che le compagnie private non volano senza una garanzia di pagamento. A quel punto mi ha chiesto che cosa doveva fare visto che era una questione di vita o di morte e io ho garantito l’importo (9900 euro piu’ Iva, ndr) con il mio conto corrente personale. Alle 19 ho autorizzato il volo. Il tempo di sbrigare le formalita’ necessarie e alle 21,04 l’aereo era a Cagliari per caricare l’e’quipe medica che e’ giunta a Bologna alle 22,36. Se non ci fossero stati questi problemi», aggiunge, «l’aereo sarebbe partito prima. Concludo precisando che il broker di Volitalia mi ha consegnato un fax che ha inviato alla sua banca a cui chiede di pagare la somma. Ma questa e’ una promessa, non una garanzia». Tra l’altro il Brotzu aveva inviato un fax con l’impegno a pagare immediatamente la fattura. Sottolinea, il manager di Air Columbia, che far volare gli aerei costa e che nessuno vola per le Asl e affini, se non previa convenzione e conseguente garanzia fidejussoria, perche’ pagano in ritardo. «Per questo ci sono i broker che rischiano il loro capitale e anticipano i soldi». Francesco Tropeano, referente di Volitalia, sostiene di aver anticipato lui i soldi con un ordine di bonifico inviato giovedi’ mattina. La verita’ e’ che per una volgarissima bega un uomo rischia la vita. F. Ma. ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 10 giu. ’03 POLICLINICO DI SASSARI: MEDICI E INFERMIERI IN SCIOPERO Sassari Per 24 ore, da stamattina alle sette, il Policlinico chiude i cancelli: assicurate le emergenze, il personale della struttura sanitaria privata ha proclamato una giornata di sciopero che si concludera’ domani con l’ingresso del turno mattutino di lavoro. La decisione delle organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil), che rappresentano la quasi totalita’ dei dipendenti, e’ scaturita della necessita’ di trovare risposte chiarificatrici sullo stato di gestione del Policlinico e sulla sua situazione economica e finanziaria. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, infatti, anche il personale della storica casa di cura piu’ importante del nord Sardegna ha dovuto sopportare i disagi determinati dalla mancanza di liquidita’, imputabile ai ritardi dell’assessorato regionale alla Sanita’ nel ripianare i propri debiti. Anche al Policlinico, percio’, non erano rari i periodi di “magra”, con stipendi che arrivavano con molti mesi di ritardo a causa dei mancati recuperi dei crediti, che l’Azienda vantava nei confronti dell’Asl di Sassari. Allo stato attuale, tenuto conto che i ritardi retributivi non superano il mese, la preoccupazione economica ha un respiro a lungo termine. Mentre piu’ immediata viene ritenuta la preoccupazione per il futuro stesso del Policlinico. E’ infatti il pericolo di uno sconvolgimento nella proprieta’ del presidio medico ad allarmare i dipendenti: secondo voci che si rincorrono con una certa frequenza, pare infatti che si sia formata una cordata di imprenditori pronta a dare l’assalto al Policlinico, per assicurarsene la proprieta’. Secondo queste voci, fra l’altro, vi sarebbero, in questa sorta di “assalto alla diligenza”, interessi che poco avrebbero a che fare con la stessa sanita’. «E noi vorremmo, appunto - ha chiarito Giovanna Zirattu della Cisl-Fps - che siano eliminate tutte le ambiguita’, che siano smascherati eventuali interessi occulti e che vengano date certezze sulle prospettive future dell’Azienda». Anche in considerazione del fatto, sostiene ancora il sindacato, che in termini di prestazioni, da qualche tempo a questa parte, il Policlinico sta guadagnando posizioni sempre piu’ confortanti. Questo fa supporre che qualcosa di poco chiaro si stia muovendo intorno all’Azienda. «La continua attribuzione di responsabilita’ che l’amministrazione del Policlinico addebita alternativamente all’assessorato alla Sanita’, alla Asl, al sistema bancario - dice il sindacato - richiede un forte intervento di tutte le forze sociali per rilanciare il Policlinico». Da oggi, alle sette del mattino, comunque, i dipendenti non occupati nell’attivita’ di assistenza e di urgenza, previsti dal codice di comportamento, incroceranno le braccia per l’intera giornata. Fra le altre manifestazioni, che verranno attuate con la finalita’ di informare l’opinione pubblica sullo stato di disagio dei lavoratori della struttura, sara’ organizzato un corteo che, partendo dal Policlinico, percorrera’ Viale Italia per concludersi in piazza d’Italia, di fronte al Palazzo della Provincia. Una delegazione dei lavoratori, accompagnati dai sindacalisti, chiedera’ un incontro con il prefetto, cui verra’ chiesto che vengano attivate le procedure per la predisposizione di un tavolo di trattativa che riunisca le parti interessate. Giuseppe Florenzano ________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 10 giu. ’03 ARTRITE, PROROGA PER I PROGETTI SULLE CURE CAGLIARI. Il progetto Antares per la cura dell’artrite reumatoide, che coinvolge anche pazienti sardi, e’ stato prorogato dal ministero della Salute fino al marzo dell’anno prossimo. L’iniziativa, che e’ promossa con la societa’ italiana di reumatologia, e’ rivolta ai malati che sono «resistenti» alle terapie tradizionali contro una patologia «invalidante». I pazienti sono sottoposti ad un trattamento a base di farmaci biologici, ottenuti cioe’ attraverso le biotecnlogie. In Sardegna al progetto Antares aderiscono le cattedre di reumatologia del Policlinico universitario di Cagliari, che fanno capo ai professori Giuseppe Perpignano e Alessandro Mathieu, il centro di prevenzione e diagnosi e cura delle malattie reumatiche diretto dal professor Aldo Carcassi, dell’istituto di patologia medica di Sassari. Inoltre partecipa la seconda clinica pediatrica del Microcitemico, diretta dal professor Stefano De Virgiliis ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 12 giu. ’03 POLICLINICO A RISCHIO: A SASSARI IL CASO IN CONSIGLIO Approdano in consiglio comunale le preoccupazioni sul futuro del Policlinico sassarese: il capogruppo dell’opposizione, il sardista Nando Marras, nel corso di una segnalazione, ha ripreso i temi che hanno portato il personale dipendente della storica struttura sanitaria del nord Sardegna a proclamare uno sciopero di 24 ore, conclusosi ieri mattina alle 7. Due essenzialmente i problemi da superare: la cronica mancanza di liquidita’ dell’Azienda, per effetto dei ritardi con cui la Regione, e per lei l’Asl di Sassari, provvede al pagamento dei crediti maturati per effetto dei servizi sanitari prestati, e le notizie di un arrembaggio alla proprieta’ della struttura da parte di una cordata di imprenditori. Partendo dalla denuncia de sindacati, il consigliere Nardo Marras ha invitato il sindaco a vigilare per evitare manovre non troppo chiare intorno al Policlinico e a sollecitare la Regione, perche’ provveda con maggiore celerita’ a ripianare i debiti. (g. f.) ________________________________________________________________________ Il Messaggero 10 giu. ’03 INFARTO, UNA PROTEINA PUO’ FARE DA "SPIA" Lo studio de11'Universita’ Cattolica e dell'Istituto superiore di sanita’ pubblicato sulla piu’ prestigiosa rivista di cardiologia Un 'Equipe di medici italiani lavora. a1 test: sara’ pronto tra un anno di CARLA MASSI ROMA Un test per predire 1'infarto. Per scoprire se nel sangue c'e’ una proteina considerata, in molti casi, responsabile di un attacco cardiaco. L'esame, entro un anno, potrebbe diventare un'arma in piu’ per identificare precocemente la malattia. Il test e’ frutto di un lavoro tutto italiano messo a punto dal l'Universita’ Cattolica di Roma e dall'Istituto superiore di sanita’. A provare l'importanza scientifica della ricerca compiuta su 219 pazienti e’ la pubblicazione su "Circulation", organo dell'American heart association, la piu’ prestigiosa rivista di cardiologia al mondo. Il metodo, ancora in fase di sperimentazione, mira ad identificare una molecola, la Cp-Hsp60 (Clamy dia pneumoniae Hsp60). In questa sintesi di lettere e nu meri, secondo i ricercatori, potrebbe nascondersi una del le cause scatenanti dell'infarto che, ogni anno in Italia, uccide 187 persone su cento mila abitanti. Tutte firme italiane quelle che compaiono nell'articolo. La scoperta si deve ad un gruppo di cardiologi della Cattolica di Roma guidati da Luigi Marzio Biasucci: «Oggi, per verificare al pronto soccorso se un paziente e’ stato o meno colpito da infarto lo sottoponiamo al dosaggio della troponina nel sangue. A questo test risultano positivi solo il 60-70% dei casi. Di fronte a segni certi dall'elettrocardiogramma e pur in presenza di dolore toracico, il nuovo esame potrebbe per mettere ai medici di arrivare alla diagnosi senza dubbi». Accusato di causare infiammazione, e conseguente danno alle arterie, e’ un batte rio, la Clamydia pneumoniae. Che colpisce, anche in maniera silente, quindi senza manifestarsi in malattia, i polmoni. II batterio produce una proteina che, con test specifico, e’ stato riscontrato nel 99% dei pazienti con sindromi coronarica acuta ricoverati al Policlinico Gemelli di Roma e arruolati per lo studio. Mentre l'esame ha dato esito negativo in tutte le persone sane scelte come gruppo di controllo. «In un dipartimento di emergenza aggiunge Biasucci la gestione del paziente con dolore toracico, che potrebbe essere dovuto a malattia cardiaca ma anche ad un altro tipo di malattie come quelle gastriche, rappresenta un grosso problema diagnostico. Nel quale e’ assolutamente necessario distinguere in tempi brevi la natura del dolore». Lo studio, secondo i ricercatori, rappresenta un passo in piu’ verso la "strada" scientifica che punta sull'ipotesi infiammatoria e autoimmune delle malattie cardiovascolari. L'ipotesi, cioe’, che l'infiammazione della coronaria e delle sue placche arteriosclerotiche siano alla base della trombosi coronarica e dell'infarto, una linea di ricerca sui da anni lavora l'Istituto di Cardiologia della Cattolica di Roma diretto dal professor Filippo Crea e avviata, oltre dieci anni fa, dal professor Attilio Maseri. «Quello che abbiamo messo a punto spiega Antonio Cassone, direttore del Dipartimento di malattie infettive parassitarie e immunomediate dell'Istituto superiore di sanita’ e’ un marker che mette in evidenza la reazione del l'organismo a una proteina da stress che abbiamo preparato e caratterizzato. Questo test, che valideremo su un numero piu’ ampio di pazienti, potra’ sostituire e integrare metodi, meno sensibili, e potra’ essere rivolto anche a tutte le persone a rischio di patologia coronarica». Un nuovo test sul sangue consentira’ ai medici di distinguere chiaramente, soprattutto in emergenza, il dolore coronarico da altri dolori toracici. Sara’ pronto tra un anno. L'esame rileva la presenza di una proteina, prodotta dalla Clamidya pneumoniae-HSP60, scoperta nel 99% dei pazienti scelti per la ricerca Nei casi in cui sono assenti segni certi di infarto o angina dall'elettrocardiogramma e da altri test ma il paziente continua ad avere dolore. Nel futuro prossimo, a tutte le persone a rischio di patologia coronarica ________________________________________________________________________ Il tempo 12 giu. ’03 I DISTURBI ALLA TIROIDE MINACCIANO GLI ITALIANI Almeno due milioni e mezzo di individui possono essere affetti dalla formazione di noduli Ogni anno settemila casi di tumore per le donne in menopausa. Allarme per i giovani di GIANCARLO CALZOLARI AUMENTANO in tutta Italia i disturbi alla tiroide. Sono infatti circa due milioni e mezzo gli italiani che corrono il rischio della formazione di noduli tiroidei. II cinque per cento, circa 125mi1a casi, potrebbero essere di natura maligna. A questi occorre aggiungere circa settemila nuovi casi, ogni anno, di tumori alla tiroide, in particolare, nelle donne dopo la menopausa, mentre raddoppiano ovunque t ricoveri ospedalieri. Una indagine del Cnr conferma che su seicentomila ragazzi dagli undici ai 14 anni, esaminati nelle zone interne della penisola, uno su quattro ha la tiroide ingrossata e un basso livello di iodio. Sul problema angoscioso dei carcinomi della tiroide si’ e’ svolto all'universita’ di Perugia un convegno organizzato dal dipartimento di medicina interna, sezione di scienze endocrine e metaboliche, ed aperto da una importante relazione del professor Fausto Santeusanio docente di endocrinologia. Si e’ cosi’ appreso che a Perugia nuove ricerche di biologia molecolare sulla nascita dei tumori sono in corso per iniziativa del dr. Efisio Puxeddu. Sono stati anche sottolineati gli aspetti della diagnosi precoce da parte del professor Pierpaolo De Feo e dal professor Antonio Cavaliere. Altri importanti contributi sono stati forniti dal dottor Giovanni Argiro’ dei Sant'Eugenio di Roma e dal professor Furio Pacini dell'universita’ di Siena sulla terapia radiodiagnostica ed il controllo nel tempo dei pazienti trattati. Il dottor Nicola Avenia dell'ateneo perugino ha sottolineato che l’intervento chirurgico risolve nella quasi totalita’ dei casi i problemi del tumore, naturalmente se questo viene diagnosticato in tempo. Secondo uno dei moderatori del convegno il professor Giuliano Daddi titolare della cattedra di chirurgia toracica, l'Universita’ di Perugia e l'azienda ospedaliera hanno dimostrato, con oltre tremila interventi effettuati, su pazienti di tutte le regioni italiane, di costituire un qualificatissimo centro d'eccellenza, specialmente per le patologie piu’ avanzate. ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 08 giu. ’03 DAL DNA L’ORIGINE DEI SARDI ANTICHI Un laboratorio per le ricerche genetiche nel museo di Villanovaforru L’analisi dei fossili svelera’ il mistero dei nuraghi Da dove vengono gli antichi abitatori della Sardegna? Sono i favolosi Shardana, popoli del mare provenienti dalle coste del Medio Oriente, arrivano dall’Africa o da paesi ancor piu’ lontani? C’e’ anche chi ha azzardato, con prove e controprove, suggestive ipotesi rispolverando il mito di Atlantide e persino contatti extraterrestri con alieni venuti da altre galassie. Sinora archeologi e antropologi si sono divisi sulle ipotesi piu’ disparate, ma nessuno ha dato una risposta esauriente sulle origini dei costruttori di zuqqarat, nuraghi, domus de janas, tombe dei giganti e di quei menhir trovati anche in Irlanda, Bretagna, Spagna, Corsica e nelle Baleari. Ma presto, molto presto, gli studiosi potranno cominciare a sfilare il velo che avvolge la nostra preistoria. E per la prima volta lo faranno su basi realmente scientifiche utilizzando i metodi della biologia e della medicina. Grazie alle indagini genetiche sul Dna finalmente sara’ possibile stabilire con certezza le origini degli antichi abitatori dell’Isola. Parolina magica e molto di moda, questa del “Dna”, oggi valida per ogni occasione. L’analisi sul Dna (cioe’ sul patrimonio molecolare dell’individuo), per esempio, serve ai giudici per attribuire una paternita’ contestata o la responsabilita’ di un imputato in un omicidio. Nel nostro caso, attraverso l’analisi di centinaia di fossili umani conservati nei magazzini del museo di Villanovaforru, sara’ possibile definire le caratteristiche dell’uomo vissuto nei millenni passati nel Medio Campidano e in particolare nella Marmilla. Ma non e’ tutto. Gli scienziati successivamente potranno confrontare questi risultati con i dati forniti dalle indagini epidemiologiche effettuate di recente sull’attuale popolazione. L’analisi comparata del Dna consentira’ di stabilire anche l’origine di particolari malattie (come la talassemia o la calcosi) gia’ riscontrate negli antichi sardi e tuttora persistenti nella popolazione locale. Per realizzare questo progetto entro l’anno verra’ aperta la Sezione Antropica del museo di Villanovaforru. L’annuncio e’ stato dato ieri dal sindaco Giovanni Pusceddu, nonche’ presidente del Consorzio Sa Corona Arrubia, durante un incontro svoltosi all’Istituto dei Salesiani di Sanluri. Tema del dibattito: le indagini sul Dna dei sardi, in particolare sulle popolazioni ogliastrine di Talana e Perdasdefogu. Al microfono il professor Andrea Pirastu, direttore dell’Istituto di genetica delle popolazioni del Cnr di Alghero e della societa’ “Shardna Life-Scienses” di Cagliari (presieduta dal patron di Tiscali Renato Soru). «Grazie agli studi sul parco genetico dell’Ogliastra - sottolinea Pirastu - abbiamo raggiunto risultati molto interessanti che aprono la strada a ricerche ancora piu’ vaste. Oggi sappiamo che 250 mila sardi, pari al 16 per cento dell’intera popolazione, sono portatori sani di talassemia. Ora vogliamo capire l’origine delle mutazioni genetiche che hanno causato la malattia e, se sara’ possibile, anche stabilire la provenienza attraverso il confronto con i fossili trovati nei siti archeologici dell’Isola e dell’area mediterranea». In lunghi anni di scavi e di ricerca sono stati accumulati migliaia di reperti di ogni periodo (dal prenuragico in avanti). «Tra i reperti - rileva Pusceddu - considerevole e’ la quantita’ di resti di scheletri umani. Mai pero’ e’ stato fatto uno studio approfondito con un’indagine genetica». Il progetto, che fra breve verra’ presentato a Cagliari, e’ finanziato dalla Regione e dalla Ue. Prevede, tra l’altro, la realizzazione nei laboratori della Sezione Antropica del museo di un centro didattico di educazione alle scienze della vita. Gli studenti apprenderanno le metodiche di estrazione del Dna da campioni biologici e le tecniche di analisi di tale molecola attraverso la digestione enzimatica e l’elettroforesi. Dai campioni di Dna si potranno effettuare studi sulla trasmissione del marcatori del cromosoma Y nella popolazione maschile e studi sulla trasmissione per via materna del Dna mitocondriale. «Questa indagine - conclude Pirastu - permettera’ di rintracciare con certezza l’orgine e l’evoluzione degli abitanti che hanno popolato la Sardegna. Inoltre di identificare le cause di malattie introdotte da questi antichi avi e condivise dalla maggior parte della popolazione sarda». Carlo Figari ________________________________________________________________________ La Nuova Sardegna 10 giu. ’03 LA SPAGNOLA E L’ABBAGLIO DI PFEIFFER La prestigiosa rivista «Social History of Medicin» pubblica un saggio della studiosa sarda sull’epidemia del 1918 Si pensava che fosse dovuta a un batterio, ma era un virus Una malattia “nuova”. La caccia ad un misterioso e sfuggente microrganismo nei laboratori sparsi per il mondo. I dubbi dei medici e delle autorita’ sanitarie, i contrasti tra ricercatori. Un duro colpo al trionfalismo scientifico. Non si parla della Sars, ma della “Spagnola” del 1918-19. L’ultimo numero di una delle piu’ prestigiose riviste al mondo di storia della medicina, “Social History of Medicin” (Oxford Press), esce in questi giorni con un lungo saggio di Eugenia Tognotti, professore all’Universita’ di Sassari. Lo studio, «Scientific triumphalism and learning from Facts: bacteriology and the “Spanish flu” Challenge of 1918», ricostruisce la drammatica caccia all’agente responsabile della terrificante influenza nell’ottobre del 1918 e le prime intuizioni circa il colpevole, un virus, non un batterio come si pensava. Ne pubblichiamo una parte. Nell’autunno del 1918, mentre si puliva e si disinfettava, il mondo combatteva una guerra contro un nemico ignoto: nessuno nell’intero pianeta sapeva precisamente quale fosse l’agente patogeno della malattia. Nessuna luce infatti arrivava dai laboratori dove i batteriologi ricercavano affannosamente il microrganismo - l’Haemophilus influenzae - ritenuto da ventisei anni responsabile dell’influenza. Celato all’opinione pubblica, anzi, un vero e proprio dramma si stava consumando nella comunita’ scientifica internazionale e negli ambienti della sanita’ pubblica dei diversi paesi. Mentre imperversava la piu’ terrificante epidemia d’influenza di tutti i tempi, non c’era nessun punto fermo sulla natura della malattia e quindi su possibili trattamenti.. Ma che cosa stava avvenendo? Alle prime avvisaglie della “spagnola”, i ricercatori erano ansiosi di verificare la dottrina eziologica sull’influenza, dominante dopo l’ultima pandemia, quella del 1889-90. Con una disponibilita’ di materiale di studio praticamente illimitato, si erano subito messi alla ricerca di quello che ritenevano l’agente patogeno della malattia, conosciuto nel mondo scientifico come bacillo di Pfeiffer dal nome del suo scopritore, uno dei protagonisti della “rivoluzione batteriologica”, Richard Pfeiffer. Allievo di Robert Koch e direttore del Dipartimento ricerche dell’Istituto per le malattie infettive di Berlino, aveva annunciato nel 1892, all’indomani, appunto, dell’ultima grande ondata pandemica, di aver isolato nel muco nasale di un malato l’agente causale dell’influenza. Nel clima scientifico della batteriologia trionfante e nella generale adesione al modello della causalita’ batterica delle malattie, pochi avevano messo in dubbio la scoperta dello scienziato tedesco, anche se egli aveva ammesso di non essere riuscito a infettare gli animali inoculando loro quello che riteneva fosse il microrganismo responsabile dell’influenza. Ma, ora, in piena vampata epidemica, un vero e proprio esercito di batteriologi e patologi, in ogni parte del mondo, si scontrava con una angosciosa verita’: il bacillo di Pfeiffer si trovava di rado. A Londra, ad esempio, un insigne patologo, il dottor Bernard Spilsbury, aveva effettuato una quantita’ di autopsie senza riuscire a trovarlo quasi mai. Analoghi risultati venivano dai contributi di ricercatori di tutte le nazionalita’:il bacillo di Pfeiffer si trovava molto di rado nell’espettorato, negli essudati pleurici e meningei, nel cavo naso-faringeo e mai nel sangue, sia che si trattasse di casi semplici che di casi complicati e mortali. Ma questo era in contraddizione con i corollari scientifici dei famosi postulati di Koch: il microrganismo individuato come la causa necessaria di una malattia infettiva doveva, in ogni caso clinico, poter essere isolato a partire dal tessuto malato, essere coltivato puro e in condizioni controllate cosi’ da poterne stabilire la specificita’ e determinare la stessa, identica malattia se inoculato in un animale sano da laboratorio. Il bacillo di Pfeiffer invece sfuggiva alla regola. Peraltro la percentuale di successi degli isolamenti si abbassava drasticamente col progredire della malattia. Peraltro i dati erano controversi e variavano da ricercatore a ricercatore a causa, anche, delle tecniche e dei terreni di coltura adottati, della non facile coltivabilita’ del bacillo e dell’abilita’ richiesta per isolarlo dalle numerose colonie di altri germi. Inoltre era associato con tale regolarita’ a streptococchi, pneumococchi, stafilococchi da indurre alcuni ricercatori a pensare che solo la loro “alleanza” portasse all’esaltazione dell’azione aggressiva e patogena nelle complicazioni piu’ gravi e mortali. Dopo un numero infinito di prove e riscontri incrociati in tutto il mondo, numerosi scienziati cominciarono a dubitare che il bacillo di Pfeiffer fosse davvero responsabile della devastante epidemia influenzale. Non mancavano, del resto, le prove del fatto che lo si ritrovava anche al di fuori delle epidemie di influenza nella flora faringea, nasale o bronchiale e in un certo numero di malati affetti da malattie polmonari al di fuori di piccoli o grandi focolai d’influenza (...). Un fatto che in Francia e in Germania indusse una parte grande del mondo scientifico a sostenere che il microrganismo, associato ad altri germi, rappresentava la causa di comuni affezioni polmonari e bronchiali, ma non era affatto specifico strettamente per l’influenza. Comincio’ allora ad avanzare il sospetto che il bacillo di Pfeiffer, gli streptococchi e i pneumococchi che si annidavano senza danno nella gola, intervenissero negli organismi debilitati dall’influenza attaccando vari organi e in particolare i polmoni, come si poteva constatare dalle alterazioni istopatologiche all’autopsia. Di parere opposto era naturalmente lo scopritore, Richard Pfeiffer, e un gruppo di batteriologi tedeschi suoi allievi, collegati a gruppi di ricercatori di centri e Universita’ in diversi paesi europei, tra cui l’Italia. La discussione scientifica tra i due “partiti”, peraltro, era complicata dal fatto che i risultati delle ricerche dello sfuggente bacillo erano controversi, non solo per la variabilita’ delle condizioni locali, ma anche in conseguenza dei contrasti sulla validita’ dei risultati reciproci: i seguaci di Pfeiffer portavano a sostegno delle loro tesi percentuali di successi abbastanza elevate, mentre coloro che non erano d’accordo sostenevano l’alto numero di fallimenti nella ricerca del bacillo. (..) Il dubbio che aveva cominciato a serpeggiare gia’ all’esordio dell’ epidemia ando’ rafforzandosi in una parte consistente del mondo scientifico internazionale, impegnato in un acceso dibattito, non privo di asprezze e nel quale entravano anche contrasti accademici e divisioni tra “Scuole” nei diversi Paesi. Guardando indietro, al momento della sua scoperta, agli anni della grande pandemia del 1899-90, ci si chiedeva ora se le metodologie adottate negli esperimenti fossero stati corretti e se anche allora fosse stato il bacillo di Pfeiffer l’agente morboso specifico. (..) Dopo anni di folgoranti successi, insomma, e i batteriologi erano ora costretti ad ammettere la loro impotenza a chiarire il dubbio tormentoso che assillava il mondo intero sul mistero dell’agente patogeno della tremenda influenza... Eugenia Tognotti ________________________________________________________________________ Corriere della Sera 10 giu. ’03 LA SOCIETA’ APERTA E IL RITORNO DELLE EPIDEMIE SCONFITTE Negli uomini la malattia era stata azzerata nel 1981 dopo anni di vaccinazione obbligatoria: gli unici microrganismi furono conservati in un laboratorio americano e in uno sovietico LO STORICO Cosmacini Giorgio Ogni «societa’ aperta» - aperta agli scambi d' ogni genere e alle poche o molte liberta’ (tra cui la liberta’ di ammalarsi) - ha le proprie esuberanze e deficienze, tra cui le immuno-deficienze che aprono le porte alle epidemie. Ciascuna epidemia ha la propria porta d' ingresso e la propria strada, diversa da altre. Ogni malattia e’ un caso a se’, nel grande laboratorio della natura e della storia. Lo fu, nel Settecento, il vaiolo, malattia generalizzata, propria di ambienti popolosi. La crescente densita’ demografica delle settecentesche citta’ «divoratrici di uomini» spiega perche’ pote’ diffondersi su larga scala una malattia gia’ presente, ma con incidenza minore, nei secoli precedenti. Era una malattia che si trasmetteva per contagio interumano, attraverso le pustole di cui ricopriva la superfice corporea. Essa colpiva soprattutto i giovani: «Su cento persone scampate ai primi pericoli dell' infanzia - scriveva nel 1754 lo scienziato viaggiante La Condamine -, 13 o 14 son portate via da questa malattia e un ugual numero reca di essa il triste marchio per tutta la vita». Il vaiolo incomincio’ a essere vinto prima dall' «innesto» praticato empiricamente dalle donne caucasiche, poi dalla «vaccinazione» messa a punto dal medico inglese Edward Jenner nel 1798. Nei tre lustri successivi essa salvo’ in Europa piu’ vite umane di quante ne sacrifico’ la bellicosita’ di Napoleone. Tuttavia in Italia, ancora nel 1873, il clinico di Roma Carlo Maggiorani, prendendo la parola al Senato, lamentava che se «i contagi esotici (come il colera) han facile adito e attecchiscono facilmente, il vaiolo rialza il capo e si allarga ogni giorno di piu’». Nel nostro Paese fu eradicata nella prima meta’ del Novecento. Una malattia da virus come il vaiolo cedette il passo a un' altra malattia virale, la poliomielite. Su questa, negli anni Sessanta, si esercito’ con efficacia la stessa arma di difesa che aveva dato ottima prova contro il vaiolo: la profilassi vaccinica. La difesa armata fu applicata in Italia con qualche riprovevole ritardo. Fu una vittoria della medicina, ma per la sanita’ italiana il ritardo fu un rimorso e una lezione da imparare. Mai piu’ difese tardive o rinvii! In altre latitudini del continente, il vaiolo non era pero’ una malattia d' antiquariato. Ma alla fine degli anni Settanta l' Organizzazione mondiale della sanita’ pote’ annunciare al mondo che l' eradicazione del vaiolo era stata finalmente raggiunta in tutto il pianeta. Una malattia planetaria, che datava da secoli, era stata cancellata dalla nera lavagna della patologia umana. Nel clima euforico di questa ottimistica certezza la stessa Oms lanciava nel 1981 l' ambizioso progetto della «Salute per tutti entro l' anno Duemila». La vaccinazione anti vaiolosa diventava superflua e non piu’ obbligatoria. Del temibile virus si conservavano, quali reperti archeopatologici, alcuni ceppi custoditi in due laboratori, uno statunitense e uno sovietico. Le due super potenze mondiali, nello scorcio del Novecento, si dividevano equamente le vestigia di un' antica malattia. Una malattia antica puo’ oggi tornare? In linea generale, esistono malattie infettive che, assegnate a un passato che si presumeva senza ritorno, infliggono un duro colpo a tale presunzione. Sono infatti sempre piu’ frequenti le rivincite di virus e batteri che si credeva fossero stati sconfitti per sempre. Nel caso particolare del vaiolo, data per buona la sopravvivenza del virus soltanto nei due laboratori sopracitati, dovremmo pensare a una «talpa» americana o ex-sovietica, magari cecenica, disposta a trasformare il laboratorio in un arsenale fornitore di micidiali armi batteriologiche. Il Caucaso, donde parti’ l' «innesto» che diede avvio alla vittoria sul vaiolo, potrebbe mai essere, per legge di «contrappasso», la matrice del suo deprecabile ritorno? Resistiamo a tali inquietanti interrogativi, evitiamo tali chimeriche incertezze. La certezza che ci conforta e’ che, contro il vaiolo e i suoi ceppi immutati, la Sanita’ ha un' arma di difesa consolidata, che in passato non ha fallito. 1981 E' l' anno in cui la vaccinazione contro il vaiolo diventa facoltativa. La decisione fu presa dall' Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms): l' eradicazione del vaiolo era stata, infatti, finalmente raggiunta in tutto il pianeta. Ma oggi i fatti smentiscono quell' ottimismo: 19 casi di contagio negli Usa stanno rilanciando l' importanza della vaccinazione ________________________________________________________________________ L’Unione Sarda 09 giu. ’03 Record italiano EPATITE, UNA PIAGA IN SARDEGNA La Sardegna ha la percentuale piu’ alta di malati di epatite: il 2.7 per cento, contro una media del 2 per cento nel resto d’Italia. Non e’ tutto. Nell’Europa meridionale, Sardegna compresa quindi, si sviluppa un virus piu’ potente e piu’ difficilmente curabile che nei paesi anglosassoni. «Con un po’ di attenzione, l’epatite si puo’ evitare», rassicura Luigi Demelia docente di medicina interna dell’Universita’. In due giorni di convegno, in un’affollata aula magna della cittadella universitaria di Monserrato, medici e specialisti hanno informato sui rischi e sui rimedi oggi possibili per curare i vari tipi di epatite, cioe’ un’infiammazione del fegato. L’epatite si trasmette attraverso aghi e siringhe infette, o attraverso rapporti non protetti. «Il problema delle trasfusioni ormai e’ quasi inesistente», assicura Demelia, «solo sette casi su un milione». I nuovi malati sono in gran parte persone che non hanno avuto rapporti protetti o tossicodipendenti che non hanno usato siringhe monodose. «I nuovi casi sono pero’ pochissimi», sostiene Demelia «la massiccia campagna di informazione ha dato buoni risultati». Inoltre l’epatite B e’ stata quasi sconfitta grazie al vaccino, da sette anni obbligatorio per tutti i bambini. «Ci sono farmaci sempre piu’ efficaci», tranquillizza il medico, dando speranza anche ai pazienti piu’ gravi: «Con il trapianto si cura fino al novanta per cento dei casi». Il problema vero, oggi, e’ che nell’Isola non esiste un centro trapianti, «anche se ci sono tutte le competenze mediche e chirurgiche». Alice Guerrini ________________________________________________________________________ La Repubblica 12 giu. ’03 VACCINI VERDI CON GLI OGM Nuove cure anche dai vegetali Dall’ingegneria genetica sostanze contro diabete, Aids, tumori. Convegno a Bologna DI MARINA AMADUZZI Bologna L’ingegneria genetica applicata alle piante per produrre vaccini contro i tumori e contro l’Hiv, per mettere a punto biofarmaci, per giungere a una forma di prevenzione orale del diabete autoimmune. Come si sa in Italia, e seppure in forme diverse anche nel resto dell’Europa, la coltivazione di Ogm (organismi geneticamente modificati) vegetali e’ vietata, ma nei laboratori di ricerca delle Universita’ le sperimentazioni vanno avanti. Per ora siamo a livello di ricerca di base, ma se l’attuale moratoria nei confronti degli Ogm dovesse cessare allora si potrebbe partire con la sperimentazione sugli animali e sull’uomo ed arrivare in una decina d’anni a una nuova generazione di farmaci che potrebbero avere effetti sorprendenti (con costi di produzione decisamente piu’ bassi degli attuali). Di questo tema si e’ parlato a Bologna durante il convegno internazionale "Sulla scia della doppia elica: dalla rivoluzione verde alla rivoluzione genetica" organizzato dal Dipartimento di Scienze e tecnologie agroambientali della Facolta’ di Agraria dell’Universita’ e a cui ha partecipato anche Norman Borlaug, Nobel nel 1970 per le metodiche di selezione delle colture grazie alle quali alcune paesi come l’India e il Pakistan raggiunsero l’autonomia alimentare. «Nell’83 e’ stata messo a punto la metodologia che consente di trasferire i geni nelle piante», spiega Francesco Sala dell’Universita’ di Milano. «In Italia e’ dal ‘99 che sono disponibili i pomodori Sammarzano resistenti ai virus ma non vengono prodotti perche’ c’e’ il blocco. Ci sono 50 diversi tipi di piante con 50 geni diversi che potrebbero essere utilizzati con differenti tipi di applicazioni». E’ da 10 anni, ad esempio, che Eugenio Benvenuto, responsabile del settore Genetica e Genomica Vegetale dell’Enea di Roma, lavora su molecole di interesse biofarmaceutico. «Il nostro lavoro e’ teso a far produrre alle piante anticorpi a costi bassissimi da impiegare sia in campo diagnostico che nell’immunoterapia. Di recente abbiamo avviato anche lo stesso tipo di studio per arrivare a fare esprimere alle piante gli antigeni. L’idea e’ quella di trovare formule di vaccino piu’ semplici, piu’ rapide ed efficaci per una serie di patologie. Siamo stati finanziati dal ministero della Salute per lavorare al vaccino "verde" contro l’Hiv. Abbiamo isolato un pezzo di virus dal guscio dell’Hiv e l’abbiamo trasferito su un virus vegetale, che non provoca patologie sul sistema immunitario dei vertebrati ma e’ in grado di provocare la risposta immunitaria. Su questa base stiamo preparando una serie di virus vegetali per formulare vaccini a multicomponenti cosi’ che la risposta immunitaria sia diretta su varie cellule. Vogliamo lavorare su un vaccino protettivo e non curativo che evochi risposte sulle mucose che sono la via d’ingresso dell’Hiv». All’Universita’ di Verona invece i ricercatori del Dipartimento Scientifico e Tecnologico lavorano alla prevenzione orale del diabete mellito autoimmune che affligge in particolare i bambini e che ha basi genetiche ancora poco conosciute. «Stiamo lavorando a una molecola che scatena la risposta immunitaria ma distoglie gli anticorpi dal pancreas, ma il suo altissimo costo impedisce qualsiasi trial clinico. Le piante transgeniche possono produrne in grandi quantita’. Ora proveremo a sperimentarla sui topi». L’Universita’ di Milano sta infine collaborando con l’istituto Pasteur di Parigi e con un istituto americano per la realizzazione di un vaccino contro il melanoma in pianta. «Il problema», spiega Francesco Sala, «e’ che su questi progetti non si trovano finanziamenti pubblici». ________________________________________________________________________ Corriere della Sera 10 giu. ’03 IL VAIOLO RICOMPARE NEGLI USA. E' la prima volta in Occidente Trentatre’ casi: la causa del contagio e’ un topo africano Escluso il bioterrorismo L' esperto: massima cautela nei contatti con bestie esotiche Il morbo sembrava debellato ma un ceppo animale torna a colpire De Bac Margherita ROMA - Un giorno, era l' inizio di maggio, un importatore di animali americano riceve dall' Africa un carico di cani della prateria. Che non sono cani, ma piccoli roditori, simili alle marmotte, da tenere in gabbietta come bestioline domestiche. I piccoli peluche viventi passano ad un distributore di Milwaukee, nello Stato del Wisconsin, assieme ad un topo gigante del Gambia, altro esemplare da esibire in casa. SVENDITA - I nuovi acquisti finiscono in un unico contenitore. Poi, sono ceduti ad un secondo distributore e, infine, a due negozi della stessa citta’. Durante una svendita promozionale i cani della prateria trovano famiglie adottive, che per pochi dollari li prendono con se’. Giorni dopo, una ventina di persone corrono in ospedale denunciando strani sintomi. Febbre, mal di testa, starnuti, tosse. E pustole sul corpo. Ad un terribile sospetto segue la diagnosi: vaiolo. Vaiolo delle scimmie che, saltando di specie in specie (dai primati ai roditori, in questo caso il topo gigante del Gambia) e’ arrivato all' uomo. Per la prima volta la malattia, parente di quella che ha piagato l' umanita’ fino agli Anni ' 80, ormai eradicata, fa la sua comparsa in Occidente, dopo essersi manifestata in forma umana in Congo nel ' 96 e nel ' 97. Il Cdc, Centers of disease control, l' agenzia delle malattie infettive americana, dedica alla nuova minaccia la prima pagina del suo sito. Sono 33 i casi, 17 dei quali a Milwaukee, uno in Illinois, uno in Indiana, niente morti. Diffuse raccomandazioni a veterinari e proprietari di roditori domestici. Una certezza: non e’ bioterrorismo. Solo uno scherzo della natura che ha gia’ colpito con il virus della Sars, regalo, forse, di un altro mammifero, lo zibetto. SEGNALE - Il vaiolo delle scimmie e’ pero’ molto meno insidioso della nuova polmonite. Non sono stati segnalati casi di trasmissione da uomo a uomo, quindi il contagio avviene solo attraverso il contatto stretto con il topino o topone di turno. I sintomi sono piu’ lievi del vaiolo da variola, il virus umano. «E’ un microrganismo nato per attaccare le scimmia - si dichiara non impensierito Francesco Cancellotti, virologo veterinario, direttore Istituto zooprofilattico delle Tre Venezie -. Era noto che si trasmettesse a noi, non e’ dunque un evento inaudito. L' episodio e’ pero’ spunto di allarme. Conferma che occorre la massima prudenza nel contatto con gli animali, anche quelli domestici. La convivenza stretta puo’ essere fonte di rischio». L' Istituto superiore di Sanita’ partecipo’ nel ' 96 alle indagini sul focolaio umano di vaiolo delle scimmie in Congo: «Le possibilita’ di un' epidemia in occidente sono uguali a zero - commenta riferendosi al caso Milwaukee l' epidemiologo Donato Greco -. Ma questo e’ un nuovo segnale, dopo la Sars. Sembra che i virus abbiano accelerato la loro corsa sull' uomo». Margherita De Bac mdebac@corriere.it ________________________________________________________________________ Le Scienze 11 giu. ’03 LA SINDROME DELLE GAMBE SENZA RIPOSO Le cause della malattia sono di origine fisica e non psicologica La sindrome delle gambe senza riposo (Restless Legs Syndrome, o RLS) e’ una malattia che affligge milioni di persone: il disturbo provoca un impulso irresistibile di muovere le gambe, spesso accompagnato da sensazioni di brividi e formicolio che vengono solo attenuate col il movimento e che peggiorano dopo il tramonto. Alla ricerca delle cause di questa sindrome, James Connor e colleghi della Pennsylvania State University e della Johns Hopkins University, hanno effettuato la prima autopsia del cervello di pazienti che soffrivano di RLS. I risultati dello studio, presentati il 5 giugno a un convegno dell’Association of Professional Sleep Societies, indicano una possibile spiegazione della malattia. “Abbiamo scoperto - ha spiegato Connor - che, anche se nel cervello dei pazienti non sono presenti cambiamenti patologici unici, sembra che le cellule in una porzione del cervello non ricevano abbastanza ferro. In ogni caso, non sembra esserci una neurodegenerazione, perdita o danneggiamento di cellule cerebrali, come nel caso del morbo di Parkinson o dell’Alzheimer”. La scoperta di una causa fisica per il disturbo indica che si tratta di un problema motorio-sensoriale e non di un disturbo psicologico. Poiche’ le cellule non vengono distrutte o danneggiate, si spera di poter trovare una cura per la deficienza di ferro.