ACCORDI ATENEI-AZIENDE PER ISTITUIRE NUOVI CORSI ATENEI, MERITO SOTTO «ACCUSA» MERITO & RETRIBUZIONI UNIVERSITA’, UNA MOSSA NELLA GIUSTA DIREZIONE RIFORMA MORATTI, PARTENZA A META’ IL FILO INTERROTTO TRA UNIVERSITA’ E METROPOLI I GIOVANI ALL’UNIVERSITA’? UNA RISORSA SENZA RISORSE SVIMEZ: UN GIOVANE SU QUATTRO SI LAUREA E LAVORA AL NORD CNR: NUBI SU FISICA DELLA MATERIA AIUTI: IN ITALIA PER LA RICERCA SPENDIAMO CIFRE IRRISORIE ROSA:SMANTELLATI QUASI TUTTI I GRANDI CENTRI RICERCA IRCCS APERTI AI «PRIVATI» SGRAVI PER ATTIRARE I «CERVELLI» (IN FRANCIA) MINORI COSTI TEMPI PIU’ RAPIDI PERCHE’ CONVIENE E-LEARNING ================================================================== LA DIGNITA’ NON E’ NEGLI EMBRIONI STAMINALI, L' EUROPA VA AVANTI LA RICERCA SCEGLIE LA VIA BATTERICA DROGA, LA RICERCA SEGNA IL PASSO TALASSEMIA: IL POLO RESTA A ROMA SASSARI "AL POLICLINICO I PROBLEMI RESTANO FUORI DAI REPARTI" MARINO: L’ATTESA AL PRONTO SOCCORSO DURA CINQUE ORE SAN GIOVANNI INVASIONE DI PARASSITI, TRASFERITO IL PRONTO SOCCORSO NEI NEURONI L'ISTINTO DEL LINGUAGGIO RICCI DI MARE CONTRO IL TUMORE L 'ICTUS SI CURA CON LA MICROCHIRURGIA ALLERGIE E MALATTIE, SCIENZIATI DIVISI «ANAGRAFE GENETICA PER AVERE CURE SU MISURA» IL SUICIDIO DELLE CELLULE TUMORALI COME SI DIFFONDE IL CANCRO DELLA PROSTATA "LE PILLOLE DIMAGRANTI SOFFOCANO I POLMONI" VARECHINA CONTRO LA SARS ROBOT TO TRANSFORM BYPASS SURGERY ================================================================== ____________________________________________________________ Il sole24Ore 23 giu. ’03 ACCORDI ATENEI-AZIENDE PER ISTITUIRE NUOVI CORSI Possibile il finanziamento di insegnamenti specifici ROMA a Cattedre universitarie finanziate dalle aziende: e’ l'altra grande novita’ contenuta nel disegno di legge delega per il riordino dello stato giuridico dei professori universitari (si veda «Il So1e-24 Ore» del 21 giugno) che dovrebbe approdare la prossima settimana al Consiglio dei ministri. In pratica, gli atenei, sulla base di convenzioni con le imprese, potranno istituire cattedre per specifici insegnamenti finanziati dalle stesse aziende. Gli incarichi, della durata minima di tre anni, potranno essere attribuiti a coloro che hanno conseguito l'idoneita’ per la fascia dei professori ordinari oppure a persone con particolari requisiti professionali proposte dalle aziende. Ma vediamo nel dettaglio le altre novita’ contenute nei. quattro articoli del progetto Moratti, per il quale e’ prevista una spesa di 54 milioni di euro. Tornano i concorsi nazionali. Il numero dei posti disponibili per settore scientifico-disciplinare sara’ pari al fabbisogno indicato dalle universita’ incrementato di una quota non superiore al 20% per consentire un margine di flessibilita’ tra un concorso e l'altro. Incarichi a tempo determinato. Possono essere rinnovati per un massimo di 6 anni. Entro tale periodo le universita’ possono nominare in ruolo il docente. Ciascun ateneo puo’ conferire incarichi a professori di altra universita’ o nominare in ruolo docenti titolari di incarico presso un'altra universita’. Docenti anche dall'estero. Le universita’ possono coprire i posti con la nomina in ruolo di studiosi di chiara fama, stranieri o italiani, impegnati all'estero. Spariscono i ricercatori. Non si faranno piu’ concorsi per ricercatori. Le universita’ potranno stipulare contratti di collaborazione con chi ha una laurea specialistica o con studiosi in possesso di referenze scientifiche adeguate. Contratti fino 5 anni rinnovabili una sola volta. L'attivita’ sara’ titolo preferenziale nei concorsi per la dirigenza pubblica o per insegnare nelle scuole elementari, medie e superiori. Stipendio legato al merito. La retribuzione dei docenti e’ formata da una parte fissa e una variabile. La prima resta uguale per tutti, la seconda sara’ legata al merito: chi piu’ fa ricerca o didattica, piu’ guadagna. In pensione a 70 anni. Per i professori il limite massimo di eta’ per la pensione e’ 70 anni. E’ abolito il collocamento fuori ruolo per limiti di eta’. Consiglio "superiore". Vene istituito il Consiglio superiore per l'istruzione e la ricerca. Ha compiti di consulenza e studio ed e’ composto da 25 persone nominate dal ministro. I componenti durano in carica 3 anni e non possono essere immediatamente rinominati. Il Cun (Consiglio universitario nazionale) resta disciplinato dalle norme vigenti. Soddisfazione e’ stata espressa dal senatore Giuseppe Valditara, responsabile scuola e universita’ di An. Tuttavia, secondo Valditara, il progetto va migliorato: «Sarebbe opportuno offrire una chance in piu’ a quei ricercatori che da molto tempo insegnano, riservando loro un certo numero di posti nei concorsi nazionali; per questo intendiamo presentare un emendamento». Fuoco di sbarramento, invece, dall'opposizione: «E’ molto grave che una questione delicata come lo stato giuridico dei professori sia decisa scavalcando completamente le Camere», affermano i senatori Ds della commissione Istruzione. Critiche anche dal versante sindacale: «Un provvedimento cosi’ importante e’ stato annunciato senza un reale confronto di merito», denunciano Dario Missaglia e Marco Broccati della Cgil. LUIGI ILLIANO Come cambia lo stato giuridico dei prof Sintesi del Ddl per il riordino della docenza universitaria Cattedre finanziate dalle aziende. Gli atenei, attivando convenzioni mirate con le aziende, potranno istituire cattedre per insegnamenti specifici, grazie al finanziamento garantito dalle imprese. Torna il sistema dei concorsi nazionali. La selezione, per i docenti ordinari e associati, sara’ biennale e il numero dei posti risultera’ determinato in base alle richieste degli atenei, con l'aggiunta di una quota (il 20% del totale) di "idonei" Ricercatori a contratto. Spariranno i concorsi per nuovi ricercatori. Saranno stipulati contratti di 5 anni, con la possibilita’ di un solo rinnovo Busta paga legata al merito. La parte variabile dello stipendio sara’ collegata ai risultati: chi piu’ lavora, fa ricerca o didattica, piu’ guadagna Consiglio superiore per l'istruzione e la ricerca. E’ il nuovo organismo che verra’ costituito presso il ministero dell'Istruzione. Composto da 25 membri scelti dal ministro, avra’ compiti di consulenza e di studio ____________________________________________________________ Il sole24Ore 22 giu. ’03 ATENEI, MERITO SOTTO «ACCUSA» ROMA a Il progetto di legare parte della retribuzione dei professori universitari al "merito" (si veda «Il Sole24 Ore» di ieri) ha scatenato il prevedibile fuoco di reazioni. Si tratta del disegno di legge voluto dal ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, e destinato a rivoluzionare la professione dei docenti universitari. Si tratta di quattro articoli che approderanno, tra una decina di giorni, in Consiglio dei ministri. II documento prevede il ritorno ai concorsi nazionali, la chiamata diretta «per chiara fama» dei docenti all'estero sia italiani che stranieri e, appunto, la novita’ della retribuzione legata al merito. Un progetto per il quale e’ prevista una spesa di 54 milioni di euro.«Tornare ai concorsi nazionali sarebbe una scelta saggia afferma Luigi Labruna, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun) ma voglio precisare che non conosco ancora il testo nel dettaglio, quindi non posso commentarlo ma solo parlare intorno a delle ipotesi. E, ripeto, le selezioni nazionali sono ormai una necessita’. Un meccanismo da attivare affidando, pero’, il ruolo della valutazione a un organo terzo, per garantire massima regolarita’ e trasparenza, differenziandosi cosi’ dalla situazione attuale in cui sulla regolarita’ degli atti decidono gli stessi rettori degli Atenei che bandiscono i concorsi».Per quanto concerne la valutazione e la remunerazione dei docenti, il professor Labruna, chiede una particolare attenzione: «L'insegnamento e la ricerca sono attivita’ delicatissime, molto difficili da collegare a risultati economici. Bisogna intendersi sui criteri conclude il presidente sulla scelta dei valutatori, su cosa si valuta e, soprattutto, sul perche’ si valuta».Una stroncatura arriva, invece, dall'opposizione. Ci pensa la senatrice Vittoria Franco (Ds), componente della commissione Istruzione al Senato, a bollare come «una inutile scorciatoia» il ripristino dei concorsi nazionali per il reclutamento dei docenti. «Ci si e’ lamentato per anni del potere dei baroni universitari commentala senatrice e adesso ci si lamenta anche dell'autonomia che, invece, e’ una conquista delle universita’ e va difesa. Che il livello nazionale sarebbe garanzia di trasparenza e’ poi tutto da dimostrare». Qualche apertura, invece, Vittoria Franco la concede sull'ipote si di collegare ai risultati parte dello stipendio: «Se si tratta di premiare e valorizzare le capacita’ di ricerca non mi scandalizzo. Ma conclude Franco mi chiedo quali siano i criteri di valutazione. E, soprattutto, a carico di chi saranno gli aumenti: dello Stato o delle Universita’ che gia’ sono allo stremo finanziario?».I1 senatore Franco Asciutti (Fi), presidente della commissione Istruzione di Palazzo Madama, approva i contenuti del disegno di legge ma sulla remunerazione dei professori tenta di correggere il tiro. «Vanno valutati gli atenei e non i docenti spiega Asciutti qui non si tratta di mettere sotto la lente i professori, ma di rivedere i criteri di distribuzione dei finanziamenti pubblici agli atenei. Finora i parametri sono quelli della quantita’, dal numero degli iscritti a quello dei corsi attivati, manca del tutto il vaglio della qualita’. Ci sara’ pure un motivo se in alcune universita’ private gli studenti vengono arruolati dalle aziende ancora prima di aver finito il corso di studi. Perche’ la qualita’ la stabilisce il mercato e ci sono meccanismi specifici per certificarla».In merito ai concorsi nazionali il senatore Asciutti sottolinea che «si tratta di un dispositivo indispensabile, soprattutto per garantire la qualita’ delle selezioni e mettere al riparo dalle cordate locali». Secondo Giuseppe Valditara (An) «bisogna in ogni caso garantire l'autonomia del Cun, che a sua volta e’ presidio dell'autonomia universitaria». LUIGI ILLIANO ____________________________________________________________ Il sole24Ore 22 giu. ’03 MERITO & RETRIBUZIONI UNIVERSITA’, UNA MOSSA NELLA GIUSTA DIREZIONE ROMA a La retribuzione legata al merito per i docenti universitari, prevista da un disegno di legge voluto dal ministro Letizia Moratti, suscita polemiche. I dubbi riguardano soprattutto i criteri di valutazione. DI ANDREA CASALEGNO L’ abbiamo gia’ scritto, ma giova ripeterlo: un Paese moderno vale esattamente quanto vale il suo sistema universitario, cioe’ la parte piu’ alta e quindi fondamentale anche se non puo’ essere separata dalle parti inferiori, anzi, su di esse cresce e si fonda del suo sistema educativo. L'abbiamo gia’ scritto, ma giova ripeterlo: ogni intervento importante sul sistema educativo, tanto piu’ se ne tocca la parte alta, incide sul futuro di tutti, coinvolge diritti e interessi di tutti, oltre e prima di quelli dei diretti interessati. Quindi va trattato, dalla maggioranza di Governo come dall'opposizione, cor l'attenzione e la delicatezza che meritano i provvedimenti che incidono sul bene comune. Se questo e’ vero, le novita’ contenute nel disegno di legge sullo stato giuridico dei docenti universitari, anticipate da «Il Sole24 Ore» di ieri, dovrebbero essere salutate con favore unanime, poiche’ vanno nel senso di accrescere il valore e la serieta’ degli studi, e quindi la preparazione futura dei nostri giovani. Le novita’ principali senza attardarsi su altre, utili ma non fondamentali, come la maggiore facilita’ di inserire nel corpo docente professori stranieri, residenti all'estero, oppure a contratto sono tre, fra loro strettamente collegate: il ripristino del concorso nazionale per la selezione dei nuovi docenti di prima e seconda fascia: la nomina dei nuovi eletti per tre anni, rinnovabili per altri tre; e la struttura dello stipendio in parte fissa e in parte variabile, in base alla qualita’ e quantita’ dell'impegno. Non occorre essere addetti ai lavori per comprendere che tali novita’ sono positive non solo per le facolta’ e per gli studenti, cioe’ per il Paese, ma per i docenti stessi. I concorsi locali, cioe’ banditi, negli ultimi tre anni, dai singoli atenei. erano scaduti a concorsi blindati a favore del candidato locale; con una duplice conseguenza negativa: da un lato lo scadimento del corpo docente, dall'altro un provincialismo del tutto incompatibile con il respiro, necessariamente nazionale, se non internazionale, di un sistema di i alta istruzione. Quanto alla prima ; nomina a tempo determinato e agli stipendi differenziati, e’ intuitivo come entrambi siano strumenti che esistono in quasi tutti i Paesi e indispensabili per incentivare il merito e controllare la qualita’ dell'insegnamento e della ricerca. Del tutto illogico sarebbe paventare che di tali strumenti si faccia cattivo uso, e pleonastico sarebbe raccomandare che si impieghino a ragion veduta. Ogni strumento legislativo, anche il migliore, puo’ essere male " applicato o distorto. Del resto, se ci fidiamo cosi’ poco dei nostri accademici, perche’ non chiudere le Universita’? Un'altra dovrebbe essere, oggi, la nostra preoccupazione: che le resistenze di un corpo accademico, largamente influente in Parlamento, non sempre e e’ non molto propenso ad accogliere a braccia aperte le novita’, si alleino all'ostilita’, legittima anche se, in questo caso, non opportuna dell'opposizione per annacquare o snaturare del tutto questo progetto, che va a merito del ministro dell'Istruzione e , dell'Universita’, Letizia Moratti. ANDREA CASALEGNO ___________________________________________________________ Corriere della Sera 27 Giu.03 RIFORMA MORATTI, PARTENZA A META’ Il piano attuativo slitta di un anno. A settembre inglese e informatica in prima e seconda elementare Benedetti Giulio ROMA - A settembre partira’ solo mezza riforma della scuola. Il ministro dell' Istruzione, Letizia Moratti, ha lottato fino all' ultimo, ma alla fine si e’ dovuto arrendere alle difficolta’. La principale e’ la mancanza di tempo. IL VIA LIBERA - Nei prossimi giorni e’ atteso un provvedimento che dara’ il segnale di via libera all' unica parte del progetto praticabile nel prossimo anno: inglese e informatica in prima e seconda elementare. Due delle famose «i» del programma del centrodestra che si aggiungono ad una «a», l' anticipo a cinque anni e’ mezzo, gia’ realizzato. Le scuole in condizione di farlo, potranno sperimentare anche altri aspetti. Poco, rispetto alla complessita’ del disegno riformatore. Ma quel tanto che forse bastera’ per non deludere le famiglie, dopo le grosse aspettative che si sono aperte con gli annunci di viale Trastevere. I NUOVI PROGRAMMI - Dopo la sperimentazione (2002-2003) in 250 elementari, l' anno scolastico che verra’ sara’ quello dell' avvio dei nuovi programmi. Le novita’ strategiche, quelle che incidono sugli orari e sull' organizzazione del lavoro, e che hanno incontrato forti opposizioni, sono previste nel 2004-2005. Slitta quindi di un anno tutto il piano di attuazione. Le medie e forse il primo delle superiori potrebbero essere toccati dalle novita’ della Moratti solo nel 2005- 2006, ultimo anno della legislatura. Approvare le leggi di riforma e’ complicato, ma appare ancor piu’ complicata l' attuazione e il reperimento delle risorse. Se la riforma Berlinguer e’ stata bloccata dalla Corte dei Conti, quella del ministro Moratti sembra procedere con difficolta’. Come dimostra la vicenda del decreto di attuazione piu’ urgente, quello riguardante la scuola primaria o ex elementare. Non sembravano esserci ostacoli all' avvio della riforma in prima e seconda. I TEMPI - Ma siamo quasi a luglio, le scuole si stanno svuotando, e il decreto non e’ stato ancora esaminato dal consiglio dei ministri. Le difficolta’ riguardano la valutazione dei costi nel lungo periodo e i contenuti. Il segretario nazionale dello Snals, Fedele Ricciato, ha espresso forti riserve. Considerando l' iter che attende questo provvedimento non e’ difficile immaginare che l' approvazione definitiva arrivera’ fuori tempo massimo. Di qui la decisione del ministro Moratti, dopo aver tentato di superare gli ostacoli, di mandare un preciso segnale: la riforma va avanti, seppure in forma ridotta. Per anticipare i nuovi programmi e i nuovi metodi di insegnamento infatti non serve una legge, basta un decreto o una direttiva. E' previsto un solo passaggio al Consiglio nazionale della Pubblica istruzione. Ma il provvedimento deve arrivare in tempi ragionevoli. Altrimenti l' iscrizione anticipata a 5 anni e mezzo in prima elementare restera’ l' unica novita’. Giulio Benedetti IL PROGETTO LA RIFORMA A settembre in prima e seconda elementare entrera’ in vigore la riforma Moratti. E' previsto un taglio di 8 mila insegnanti, a causa della Finanziaria. La regione piu’ colpita e’ la Sicilia: meno 1.993 docenti. La Liguria perdera’ 12 insegnanti: e’ la meno colpita PRIMO CICLO Il primo ciclo durera’ 8 anni: 5 per le elementari, 3 per la secondaria. Alle elementari si possono iscrivere bambini di 5 anni e mezzo; si studiera’ una lingua straniera e si usera’ il pc. Nella secondaria obbligatoria la seconda lingua straniera SECONDO CICLO Il secondo ciclo di studi, a cui si accede con l' esame di Stato, si divide tra licei e scuole professionali. I licei (5 anni divisi in 2 bienni piu’ un quinto anno) saranno 8. Le scuole professionali (4 anni piu’ un quinto facoltativo) avranno periodi di stage lavorativi UNIVERSITA' La riforma prevede il 3+2: 3 anni (180 crediti formativi) per la laurea breve, piu’ 2 anni per la laurea specialistica (300 crediti in tutto). Potrebbe cambiare nell' 1+2+2: un anno con le discipline di base piu’ 2 anni per la laurea professionalizzante ___________________________________________________________ Corriere della Sera 22 Giu.03 IL FILO INTERROTTO TRA UNIVERSITA’ E METROPOLI SOPRALLUOGHI METROPOLITANI Borella Giacomo La mostra «Periferie e Nuove Urbanita’» che si e’ aperta giovedi’ alla Triennale (viale Alemagna 6, ore 10.30/20.30, lunedi’ chiuso, fino al 26/10) fa il punto sui rapporti tra la metropoli e le sue Facolta’ di Architettura (foto). Vi sono esposti molti progetti per il territorio milanese e lombardo svolti negli ultimi anni da docenti e studenti nell' ambito del Dipartimento di progettazione dell' architettura, che collega le due Facolta’ di Bovisa e Citta’ Studi. Ci sono naturalmente differenze ed eccezioni, ma l' impressione generale e’ quella di un certo ristagno, di un avvitamento su se stessa della ricerca, insomma di una ridotta capacita’ di comunicazione con l' esterno, con la societa’ e i cittadini. La mostra era un' occasione per aprire il lavoro delle Facolta’ alla citta’, per rompere il circuito autoreferenziale che spesso domina le universita’. E invece sembra piuttosto difficile che un non addetto ai lavori possa interessarsi e orientarsi in questa piccola fiera campionaria di progetti cifrati, o possa decodificare l' oscuro slang disciplinare spesso impiegato. C' e’ poi un altro aspetto critico, che riguarda invece la sostanziale impermeabilita’ della citta’ reale a questi progetti, e viceversa. Non solo i lavori degli studenti - che e’ normale siano esercitazioni teoriche - ma i moltissimi progetti dei docenti si svolgono ormai abitudinariamente su un binario che non incrocia quello sul quale si producono le trasformazioni reali della citta’. E fa un po' piangere il cuore che mentre i problemi di Milano sono tanti e concreti e la citta’ si trasforma con un forte deficit di riflessione e progettualita’, cosi’ tante energie vengano applicate su una sorta di citta’ parallela e irreale, confinata e al sicuro dal brusco attrito con la realta’. Giacomo Borella ____________________________________________________________ Il sole24Ore 23 giu. ’03 I GIOVANI ALL’UNIVERSITA’? UNA RISORSA SENZA RISORSE chi fa l'universita’ voucher e posti letto DI DARIO ANTISERI I1 sistema economico e sociale parla sempre piu’ di "knowledge economy", di economia del la conoscenza. Un concetto, questo, che sembra tagliato a pennello per la formazione universitaria e che invece viene utilizzato per indicare svolte rivoluzionarie che stanno avvenendo nel modo di fare affari, nei sistemi di programmazione e gestione delle imprese». Questo ha scritto Gianfranco Fabi nel suo articolo «La risorsa nelle aule», apparso sul Sole24 Ore lunedi’ 9 giugno. Sebbene "pessimista della ragione", Fabi spera che l'universita’ italiana potra’ sostenere le sfide che ha di fronte, puntando su un elemento fondamentale: quello degli studenti. «Molto piu’ che nel passato il futuro del sistema accademico italiano non e’ sulle cattedre, ma sui banchi, e’ nella capacita’ dei giovani di anticipare nella loro formazione i modelli di impegno che sono destinati a incontrare nella socíeta’». Dico subito che, se questo e’ un auspicio, non ho difficolta’ a dichiararmi d'accordo con Fabi; piu’ perplesso sarei se egli dovesse presentare questa sua idea come una previsione. Numeri desolanti. Dal 1960 al 2000, si sono iscritti all'universita’ 9.200.000 giovani e di essi solo poco piu’ di 2.930.000 sono riusciti a conseguire il titolo, mentre i giovani che hanno fallito nel loro intento sono stati oltre 6.250.000. Se nel 1960 la media dei laureati sugli immatricolati (cinque o sei anni prima) era del 63°l0, questa media e’ scesa a130% quindici anni dopo. Nel '70 i fuori corso sul numero degli iscritti raggiungevano il 17% e sono saliti al 44% nel 2000. A meta’ degli anni 80 gli abbandoni hanno raggiunto i170% per assestarsi successivamente su una media di circa i160 per cento. Meno di uno su dieci e’ il numero dei laureati in corso. Nei Paesi Ue il 76% dei giovani tra i 25 e i34 anni possiede un diploma di scuola media superiore; da noi la media e’ del 57 per cento. E piu’ basso tra i Paesi Ocse e’ il nostro numero di laureati: 10 per cento. Bastano questi dati per capire che la riforma del sistema universitario italiano e’ un problema drammaticamente se__ rio e insieme molto difficile. Si tratta di un sistema in preda a patologie piuttosto gravi. Se Cepu e analoghe iniziative sono fiorenti, questo e’ innanzitutto un sintomo del cattivo funzionamento della nostra universita’. Ne’ vanno presi sul serio quegli imbonitori che presumono, da maghi, di cambiare le cose con i loro abracadabra presi in prestito da lessici stranieri. E’ perfettamente inutile parlare di benchmarking e mettere in piedi un ingombrante sistema di controllo per venire a conoscere cose ("i parametri fisici") note a ogni preside e diciamolo a ogni bidello. Il valore di un corso di laurea si vede contando quanti laureati usciti da questo corso siano stati assorbiti, nel giro di tre o quattro anni, dal mercato del lavoro in posti che richiedevano quelle specifiche competenze. Non basta dire che si sono sistemati giovani in possesso di laurea in questa o quella percentuale, quando si incontra un taxista laureato in architettura o una babysitter di 32 anni laureata in lingue con 110 e lode. Limoni da spremere. Fabi dice che la risorsa e’ nelle aule. Ha ragione. Ma gli chiedo: come vengono trattate queste risorse, cioe’ questi studenti? Sono stati e sono responsabili nei loro confronti e nei confronti delle loro famiglie quei presidi e quei rettori di molti nostri atenei dove e’ stata fatta crescere quella malapianta costituita dai corsi di laurea in scienze della comunicazione? Dobbiamo restare indifferenti di fronte al prevedibile e disgraziato destino di migliaia e migliaia di giovani iscritti a tali corsi? Ovvero un aumento degli introiti da tasse, piu’ cattedre da mettere a disposizione sono elementi sufficienti a farci tacere? Una situazione moralmente agghiacciante. Sbagliata e’ la riforma dell'esame di maturita’, in quanto non collegata con un ingresso selettivo ai corsi di laurea. Decisamente insufficienti i posti letto, che le nostre universita’ rendono disponibili agli iscritti. Per 1.687.000 iscritti nell'anno 20001e universita’ italiane offrono 28mila posti letto, mentre la Francia ne offre 160mi1a e la Germania oltre 200mi1a. E’ questa una situazione che costringe otto studenti su dieci a iscriversi in un ateneo della propria regione di residenza, bloccando cosi’ all'origine un elemento di competizione tra ateneo e ateneo. L'universita’ italiana ha urgente bisogno di almeno 150mi1a posti letto, perche’ a tanti giovani (italiani e stranieri) sia resa possibile la scelta di un ateneo invece di un altro, mentre oggi questa scelta e’ resa il piu’ delle volte impossibile dagli alti, non di rado altissimi, costi degli alloggi in citta’, nelle quali gli studenti universitari (e le loro famiglie) sono sempre piu’ diventati limoni da spremere. Voucher e alloggi. In conclusione, penso di poter dire che gli studenti saranno davvero una risorsa solo quando avranno quelle risorse voucher, borse di studio, alloggi a basso prezzo che li mettano in grado di scegliere tra universita’ e universita’, corso di laurea e corso di laurea. Solamente la loro motivata scelta potra’ scatenare la competizione tra istituzioni universitarie, unica vera terapia per i malanni che le affliggono. E quando riusciremo a capire che gli studenti non sono al servizio della carriera e delle ambizioni dei docenti e a renderci responsabilmente conto che, se lo studente fallisce, a fallire e’ l'universita’, e in primo luogo noi docenti? ___________________________________________________________ L’unione sarda 25 Giu.03 SVIMEZ: UN GIOVANE SU QUATTRO SI LAUREA E LAVORA AL NORD ROMA Laureati offrensi. Sono i giovani del Sud, ingegneri, economisti, medici, che lasciano le loro Regioni di provenienza - prima per seguire gli studi, poi per lavoro - provocando quella fuga di cervelli che, afferma la Svimez, depaupera il Mezzogiorno delle sue risorse umane piu’ qualificate. Da un'indagine condotta sui laureati meridionali del 1995 - scrive lo Svimez - emerge che uno su cinque (il 20,5%) ha conseguito la laurea in un'universita’ del centro nord, e quasi uno su quattro (il 23,5%) non tornera’ piu’ a casa, perche’ ha trovato lavoro al Nord. Ma per gli ingegneri la percentuale e’ ancora piu’ alta, e quasi uno su tre (il 30%) e’ costretto ad emigrare. "La fuga dei cervelli dal Mezzogiorno verso il resto d'Italia - si legge nell'ultimo rapporto Svimez - si realizza in due momenti diversi: il primo nella scelta dell'Universita’, il secondo al momento dell'entrata nel mercato del lavoro". Ne’ questa mobilita’ viene compensata da un analogo flusso dal nord verso il Sud. Perche’ lo stesso anno si nota che i giovani meridionali che avevano scelto un ateneo del centro nord (con preferenza per quelli di Lazio, Toscana, Emilia- Romagna e Lombardia) sono stati 7110, contro appena 336 laureati settentrionali che hanno conseguito il titolo nelle Universita’ del Sud; e che contro i 2.537 laureati meridionali che hanno trovato un impiego al nord, solo 293 laureati del nord sono venuti a lavorare nel Mezzogiorno. Considerando congiuntamente i momenti della mobilita’ (studio e lavoro) dei giovani meridionali, e’ possibile quindi desumere la rilevanza, in termini di perdita di potenziale capitale umano, della fuoriuscita dal Mezzogiorno, che arriva ad essere pari quasi a un quarto dei giovani con alto livello di istruzione. La propensione alla mobilita’ interregionale - rileva inoltre lo studio - varia tra i diversi gruppi di corsi di laurea, e risulta particolarmente elevata tra i laureati in studi politico sociali (25,5%), economia (28,4%) e ingegneria (29%): il quest'ultimo caso il motivo e’ legato "alla carenza, nel Mezzogiorno, di un'adeguata offerta formativa in tale campo, ma soprattutto all'insufficiente domanda a livello locale di simili professionalita’, decisive all'interno dei moderni processi di sviluppo economico". ____________________________________________________________ Il Secolo XIX 24 giu. ’03 CNR: NUBI SU FISICA DELLA MATERIA II commissario dichiara: «Come ai tempi dei Romani decidero’ nel giro di un anno. Nomi e regolamenti non contano» La visita al congresso nazionale di Infm finisce con l'amaro in bocca. Nell'intervento del commissario nessun accenno alla trasformazione in dipartimento e poche certezze sul futuro: «Valuteremo il sistema ricerca perche’ in Italia non e’ mai stato valutato». Inevase le domande degli enti locali I giovani ricercatori "gelati" dalle mancate risposte di De Maio Era la sua prima volta: da commissario del Cnr in visita a Genova per i lavori del congresso nazionale di Fisica della Materia. Ma Adriano De Maio ha lasciato a bocca asciutta le centinaia di ricercatori arrivate dai laboratori Infm sparsi per l'Italia e l'Europa. Loro aspettavano una parola sull'accorpamento voluto dal governo: Infm smette di essere autonomo ed entra nel Cnr. In realta’, incassata la battaglia persa della comunita’ ligure che non ha scalfito la decisione di Letizia Moratti, dal commissario si.aspettavano garanzie sul mantenimento delle caratteristiche del gioiello genovese della ricerca. E magari quella conferma sul progetto abbozzato dal viceministro Possa: «Infm non si confondera’ tra i 110 istituti del Cnr ma diverra’ uno dei sette o otto nuovi grandi dipartimenti, con sede a Genova e con altri istituti simili da coordinare». Niente. De Maio ha volato alto (o basso, a seconda dei commenti). Raccontando i criteri generali che lo accompagneranno al comando del Cnr ma senza spendere un solo passaggio su Fisica della Materia. 1 dubbi restano tutti. Le domande avanzate alla fine dei lavori congressuali dal sindaco Pericu, dal presidente della Provincia Repetto e dall'assessore regionale Gatti rimangono inevase. Come quelle della parlamentare diessina Roberta Pinotti: ma lei il colpo piu’ grosso lo aveva gia’ subito dal governo quando Moratti lascio’ sulla carta un emendamento tessuto bipartisan e votato anche dai parlamentari del Polo per avviare l'accorpamento a riforma del Cnr compiuta. De Maio ha spiegato tre o quattro cose. Primo, «alla ricerca italiana serve un dittatore a tempo come facevano i romani,pronto a pagarla cara se sgarra». Secondo, ricerca e universita’ «devono essere fortemente collegate senno’ svanisce quell'indispensabile flusso di risorse giovani». Terzo, «abbasso le realta’ monodisciplinari, senza multidisciplinarieta’ non si va da nessuna parte e il mercato ti affossa». Quarto, «la ricerca non si fa con i regolamenti e le leggi ma con la flessibilita’ e l'aggiornamento costante, con l'interazione con il mondo dell'imprenditoria». Una serie di premesse, a parte la figura del dittatore, che non facevano altro che dipingere il modello di Infm. Un modello definito solo quindici giorni fa dalla Moratti come «esemplare per tutta la ricerca italiana».Ma chi pensava, a quel punto, la conclusione di De Maio sulle modalita’ dell'accorpamento, sbagliava. Scende dal palco e si avvia al brindisi, incalzato dalle domande dei ricercatori: «Ma allora diventeremo uno dei 110 istituti?», «110 istituti non hanno senso. Come averne zero». «Diventeremo dipartimento?», «Vedremo se ci saranno i dipartimenti, al di la’ di quello che prevede il decreto. Prendo quattro mesi, poi vedremo di correggere dove serve», «Infm continuera’ a esistere?», «Non e’ questione di nomi. Guardo a cio’ che funziona e lo tengo, quello, che non funziona lo tolgo. Sarebbe da cretini fare diversamente. La ricerca italiana non e’ mai stata valutata, da oggi si comincia a farlo». Pinotti sbotta: «De Maio, purtroppo, non ha detto».P E i ricercatori proseguiranno i loro lavori congressuali. Sino a domenica, in 800 tra fisici, chimici, ingegneri e ricercatori. Discutono di fotonica (ricerche legate alla luce), spintronica (informazione legata al movimento degli elettroni... Da ieri sera anche delle parole di De Maio.Gio. M. Adriano De Maio (al centro) con due ricercatori La visita al congresso nazionale di Infm finisce con l'amaro in bocca. Nell'intervento del commissario nessun accenno alla trasformazione in dipartimento e poche certezze sul futuro: «Valuteremo il sistema ricerca perche’ in Italia non e’ mai stato valutato». Inevase le domande degli enti locali ____________________________________________________________ Repubblica 27 giu. ’03 INTERVISTA Fernando Aiuti, immunologo e primario a Roma AIUTI: IN ITALIA PER LA RICERCA SPENDIAMO CIFRE IRRISORIE Sars, Aids... Sembrano tornare le grandi epidemie. Sono un pericolo reale, da noi, queste malattie sconosciute? Dovremo conviverci? Fernando Aiuti, immunologo, docente alla Sapienza e primario all'Umberto I di Roma, non ha dubbi: «Senz'altro dovremo farci i con ti. Ci sono allarmi giustificati, a causa di ceppi virali resistenti agli antibiotici, ai nostri spostamenti, al passaggio all' uomo di malattie provenienti dagli animali e modificatesi nel tempo. Per questo, ci vogliono strumenti avanzati per il controllo dell'epidemia e per la diagnosi. Per la cura, ci vorra’ tempo. Ma sono questioni che possono essere affrontate solo da paesi tecnologicamente organizzati. Si prenda la Sars, il Canada, la stessa Cina. Riconosciuta la malattia, hanno subito risposto con sistemi forti, costruendo ospedali, stabilendo controlli rigorosissimi. Ma pensiamo all'Africa, per esempio. Li’ l'Organizzazione mondiale per la sanita’ ha bloccato 1'ebola. Ma senza 1'Oms...». Se esiste un limite, qual e’ quello che deve porsi la scienza? Se ci sono valori intoccabili, quali sono?«Sul piano della ricerca scientifica, ritengo che ci debba essere la massima liberta’. Ma qualche paletto va posto. I limiti sono quelli del rispetto fondamentale, totale, della vita umana, dei suoi diritti e della liberta’ individuale. L'altro limite riguarda la ricerca genetica per manipolazioni concettualmente legate al "miglioramento della razza". Io poi sono contrario alla clonazione, ma non alla ricerca sulle cellule staminali multipotenti, quelle ottenute da embrioni, non solo da sangue o dal cordone ombelicale. Le cellule da embrione, infatti, possono essere impiegate per la sostituzione di geni difettivi o mancanti, quindi contro malattie come I'Alzheimer, l'Aids, le malattie ematologiche, per i trapianti. Sono questi i grandi orizzonti dei prossimi anni». Le decisioni bioetiche, devono essere prese da tutti o da specialisti? La discussione allargata fuori dal mondo scientifico va bene. A1 limite, sarei addirittura disponibile a dei referendum, ma senz'altro a livello europeo. Queste norme dovrebbero essere europee anche per contribuire all'Unione europea su valori condivisi, di vasto respiro. Potrebbero venire prima che i temi economici, e contribuirebbero ad accomunarci piu’ che, per esempio, le quote latte. Questo allargamento di orizzonti, inoltre, toglierebbe il dibattito italiano dalle secche di polemiche di gruppo, rivalita’ locali. Fra pochi giorni si dibattera’ alle Camere di bioetica; si puo’ prevedere il centrodestra contro il centrosinistra e ulteriori lacerazioni. Spostando il livello, le scelte assumerebbero una dimensione culturale e scientifica piu’ ampia. Come sta la ricerca scientifica, in Italia? Per la ricerca in Italia spendiamo una cifra irrisoria del prodotto interno lordo, e seguitiamo a ridurla. Zero, rispetto ad altri paesi europei, per non dire degli Stati Uniti. E’ chiaro che, sull' immediato, alla classe politica porta piu’ voti annunciare la costruzione di un ponte, mentre per la ricerca, i risultati si vedono tra 1020 anni. Il problema e’ che, in futuro, l'Italia non produrra’ nulla di scientificamente o tecnologicamente avanzato, sia da applicare che da esportare. Cosa e’ necessario, per essere un buon medico? Senz'altro una grande passione per questo lavoro. Grande predisposizione al contatto con i malati, saperli ascoltare e parlare con loro con disponibilita’. Poi, umilta’ e, nello stesso tempo, sicurezza, per dare informazioni, ma senza disorientare. Infine, aggiornamento continuo. Oggi, le conoscenze di un anno fa sono superate. In 5 anni cambia 1'80% di cio’ che sappiamo su qualsiasi patologia. Significa che cambia tutto. Il sapere necessario per il futuro? Ascoltare le esigenze degli altri, imparare a capirle con disponibilita’. E' solo capendo, che si possono poi interpretare queste esigenze e indirizzarle correttamente. Oggi, la medicina e’ un settore dalla mille specializzazioni. Quali settori consigliare, a chi si laurea nei prossimi anni? Intanto, al di la’ degli specialisti, non trascurerei i medici di famiglia. La loro formazione dev'essere rivolta alla medicina interna, ad una considerazione completa della malattia e del malato. Visione, questa, da non dimenticare, anche se si diventa specialisti o primari. Inoltre, nei prossimi 510 anni, e con ulteriori studi postlaurea, vedo senz'altro la necessita’ di radiologi, di esperti in anestesiologia, in diagnostica molecolare e per immagini, esperti nei team per trapianti e medici di comunita’. Piu’ in la’, fra 10 anni, quando le terapie geniche saranno applicate alle malattie immunologiche e ematologiche in modo abbastanza diffuso, avremo bisogno di questi specialisti. Le prospettive professionali, per chi studia medicina? La situazione e’ la seguente: un medico ogni 180 abitanti. Dovremmo averne 1 su 500. Consiglierei questi studi solo a chi e’ molto motivato, con una grande passione. Magari scegliendo una facolta’ poco affollata, dove si impara davvero a fare il medico. ____________________________________________________________ Repubblica 27 giu. ’03 ROSA:SMANTELLATI QUASI TUTTI I GRANDI CENTRI RICERCA La denuncia di Umberto Rosa, presidente della Snia IL GRANDE ESODO La Hoechst ha mollato Gerenzano, anche Nerviano rischia di fare la stessa fine MILANO-«In realta’ non c'e’ solo un blocco degli investimenti stranieri. C'e’ anche lo smantellamento delle grandi iniziative strategiche nella ricerca». E’ amareggiato Umberto Rosa, numero uno della Snia, maggior gruppo biomedicale italiano. Dottor Rosa, ci puo’ fare qualche esempio? - Basti pensare al centro di Gerenzano sulle biotecnologie fondato dalla Lepetit e poi passato alla Hoechst che ha mollato tutto. Per fortuna un gruppo dei manager e di ricercatori italiano ha fatto un management buy out per poi quotare la societa’. Altrimenti...- Altrimenti? - Mi chiedo cosa accadra’ di un altro prestigioso centro di ricerca come quello di Nerviano dove sono stati sviluppati i farmaci anticancro della Farmitalia. Nell'ambiente si sa che c'e’ il rischio di chiusura-. Dottor Rosa, oggi Nerviano e’ della Pfizer. Perche’ gli stranieri se ne vanno dall'Italia? «Me lo sono chiesto anch'io. Secondo me gli stranieri se ne vanno perche’ non c'e’ piu’ la grande impresa. Oggi nel nostro paese e’ pieno di piccole e medie societa’. Ma i grandi gruppi sono spariti.» Pero’ c'e’ la Telecom, c'e’ I'Enel, non trova? «Io parlo di industria non di servizi. Se manca la grande industria mancano anche i fornitori di qualita’, manca un tessuto di competenze indispensabili». La Snia ha investito all'estero. Come vi siete trovati? «Bene. Abbiamo nostre societa’ in Francia in Germania e negli Stati Uniti. Pensi che in Francia la sanita’ ci paga a 40 giorni». E in Italia? «In Italia ci vogliono quasi 300 giorni. Mi dispiace per Sirchia per cui nutro grande stima mala situazione e’ questa». (g.lon.) ____________________________________________________________ Il sole24Ore 27 giu. ’03 Si completa la nuova disciplina sugli istituti di ricerca IRCCS APERTI AI «PRIVATI» ROMA o Si avvicina l'ora della trasformazione in Fondazioni degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), uno dei cavalli di battaglia del programma sanitario della maggioranza. II destino dei 15 "gioielli" del Servizio sanitario nazionale che si occupano di ricerca medica applicata e’ scritto nei 17 articoli del decreto legislativo che approda oggi al Consiglio dei ministri e che attua la delega contenuta nel collegato sulla Pa (legge 3/2003).II testo indica la via per l'apertura degli Irccs ai capitali privati. Spetta alla Conferenza StatoRegioni definire i criteri generali di composizione di Cda, collegio dei revisori dei conti e modalita’ di finanziamento per la partecipazione alla rete nazionale della ricerca. La trasformazione in «Fondazioni di rilievo nazionale» avverra’ su istanza della Regione territorialmente interessata, con decreto del ministro della Salute. Enti fondatori sono ministero della Salute, Regione e Comune dove l'Istituto ha sede. Altri enti pubblici e soggetti privati possono aderire come partecipanti. I Cda delle Fondazioni (ma anche quelli degli Irccs non trasformati, insediati dal ministro e dal presidente della Regione) devo 0 rispettare comunque i paletti fi'siti nella delega. Va assicurata «la presenza maggioritaria di membri designati dalle istituzioni pubbliche».II rapporto di lavoro del personale ha natura privatistica. Novita’ di rilievo anche sul fronte delle attivita’: le Fondazioni possono attivare sinergie con altre strutture pubbliche e private, non solo per la ricerca, ma anche per l'assistenza. M.PER. ____________________________________________________________ Il sole24Ore 28 giu. ’03 PARIGI, SGRAVI PER ATTIRARE I «CERVELLI» MICHELE CALCATERRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI a Jean-Pierre Raffarin vuole fare della Francia il primo Paese europeo in termini di investimenti provenienti dall'estero (al primo posto figura oggi la Gran Bretagna), ma anche un polo d'eccellenza per quanto riguarda la ricerca e l'innovazione tecnologica. Per questo ieri a La Baule, in occasione della prima conferenza mondiale sugli investimenti internazionali, il premier francese ha, definito gli assi strategici (ma non ha quantificato le misure) su cui si muovera’ l'Esagono a partire dai prossimi mesi. L'idea e’ quella di attirare non solo capitali e investimenti produttivi, ma anche ricercatori e manager. Per questo la Francia dovra’ poter offrire in futuro un quadro di riferimento in termini fiscali, giuridico amministrativi e di strutture che sia in grado di competere con i Paesi piu’ avanzati ed in particolare con quelli anglosassoni. La "ricetta" del premier e’ dunque semplice: ridurre le tasse che gravano sulle imprese in modo da adeguarle alla media europea, ridurre la pressione fiscale sui redditi da lavoro (per dirigenti e quadri) e nel contempo adeguare gli stipendi a quelli che sono gli standard internazionali e, infine, offrire incentivi alle aziende (fiscali, ma anche di fonti di finanziamento) che puntano sull'innovazione e la ricerca. Tutte misure, queste, che verranno studiate nel dettaglio e, varate, entro quest'anno, insieme a un pacchetto di misure finalizzate alla semplificazione delle procedure burocratiche. E’ evidente che l'obiettivo di Raffarin e’ duplice: da una parte attrarre maggiori investimenti dall'internazionale, ma dall'altra di rimpatriare in Francia aziende di punta che hanno nel passato delocalizzato all'estero e manager, studenti, ricercatori che lavorano all'estero perche’ le condizioni di lavoro, in termini di strutture e di mezzi, e le remunerazioni sono piu’ vantaggiose. Ancora una volta, dunque,la Francia cerca di inserirsi nel plotone di testa dei Paesi europei che puntano su ricerca e innovazione, con lo scopo di proiettare l'Esagono verso quei settori ad elevato valore aggiunto che in futuro permetteranno di contenere il gap tecnologico con gli Stati Uniti, ma soprattutto di non soffrire piu’ di tanto della "fuga" di quelle produzioni a minor contenuto tecnologico che si stanno trasferendo verso i Paesi in via di sviluppo a basso costo di manodopera. Si tratta di una visione strategica che il presidente della Commissione, Romano Prodi, ha commentato ieri positivamente, dichiarandola nel corso del suo intervento al convegno di La Baule, come una «iniziativa opportuna per attirare ricerca e sviluppo in Europa».A1 di la’ di queste misure e’ bene dire che l'attuale Governo francese e’ da tempo impegnato in una politica finalizzata al sostegno delle imprese e dei consumi. In questa ottica la Francia ha varato nei mesi scorsi una serie di misure per agevolare la creazione di nuove imprese, per limitare le procedure burocratiche e per limitare il peso fiscale. Cosi’ come ha ammorbidito l'applicazione delle 35 ore di lavoro settimanale e la legge che rendeva i licenziamenti piu’ onerosi e difficili. Mentre proprio in questi giorni ha confermato che l'anno prossimo proseguira’ nel suo programma quinquennale di alleggerimento delle imposte sui redditi, dopo la pausa registrata nel 2003 a causa della difficile congiuntura. Un modo concreto quest'ultimo per dare ossigeno alla ripresa dei consumi, vale a dire all'unico "motore" che ha permesso quest'anno alla Francia di evitare la recessione. ____________________________________________________________ Repubblica 23 giu. ’03 MINORI COSTI TEMPI PIU’ RAPIDI PERCHE’ CONVIENE E-LEARNING La crescita del mercato dell'e-learning non conosce sosta. Nel mondo, stando ai dati della ldc, alla fine del 2003 sara’ del 900% rispetto al 1999. La motivazione e’ sempre la stessa: i costi della formazione a distanza sono di gran lunga inferiori rispetto alla formazione tradizionale, non salo per le aziende ma anche per le universita’. Da un'analisi dell'e-learning effettuata dalla Booz Allcn Hamilton, risulta che per il solo mercato "educational" i fatturati passeranno dai 5,3 miliardi di dollari del 2000 a 13,6 miliardi nel 2004. Anche in Italia lo sviluppo non si arresta: secondo l'ultimo osservatorio della Ance, alla fine del 2003 il valore del comparto passera’ dai 108.4 milioni di euro del 2002 a 256,3 milioni di euro alla fine del 2003. Molto interessanti i dati delle aziende: alla Accenture gli utenti sono oltre 275.000 in tutto il rnondo. Spiega Stefania Celsi, partner di Acccnture Italia: «Attraverso l'e- learning si raggiunge una riduzione di costi per le aziende del 15% e un risparmio sui tempi di formazione del 50%. Anche la Isvor, gruppo Fiat, ha raggiunto traguardi importanti: gli utenti serviti dai servizi di e-learning sono passati dai 578 del 1998 a oltre 130.000 del 2002. Nel campo "educational" l'esperienza italiana piu’ importante viene dal consorzio Nettuno, che comprende Confindustria, Rai, Telecom Italia oltre a 38 universita’ pubbliche e che offre 24 corsi di laurea in diverse discipline. «Siamo riusciti a sviluppare un modello didattico di grande impatto spiega Maria Amata Carito, d.g. del Nettuno - 11 nostro portale e’ ricchissimo di contenuti, abbiamo 450 moduli didattici, 20.000 ore di video lezioni trasmesse sia via satellite sui canali Rai Nettunosat 1 e 2, sia via Internet, e 20.000 ore di esercitazioni su internet», ================================================================== ____________________________________________________________ Il sole24Ore 22 giu. ’03 Non vi sono giustificazioni razionali per il no italiano in sede europea. Scienziati e associazioni di pazienti a convegno LA DIGNITA’ NON E’ NEGLI EMBRIONI DI ALBERTOMANTOVANI I1 dibattito su "confini" etici e, di riflesso, legislativi, a livello nazionale ed europeo, degli studi sulle cellule staminali ha implicazioni che vanno al di la’ del tema specifico, toccando in generale il rapporto fra scienza e societa’. In questa prospettiva e’ giustificato l'intervento di uno scienziato qual e’ chi scrive, la cui attivita’ di ricerca non e’ focalizzata su questo specifico argomento. Non vi e’ dubbio che la ricerca sulle cellule staminali e’ di cruciale importanza sia sul piano conoscitivo che, potenzialmente, sul piano applicativo. A livello conoscitivo, comprendere la nostra ontogenesi, il nostro "farsi", comporta un salto di qualita’ nella nostra consapevolezza del nostro essere biologico. Sul piano applicativo, gli studi in questo settore aprono la possibilita’ di sviluppare approcci innovativi di tipo rigenerativo/riparativo per molte malattie. L'articolo pubblicato di recente su «Nature» dal gruppo di Gianvito Martino in un modello di sclerosi multipla illustra le potenzialita’ che si aprono. Potenzialita’, non certezze. Mi sembra che in questo, come in altri settori, la comunicazione dei "chierici" ai "laici" abbia spesso peccato di trionfalismo. Per una varieta’ di motivi, non si trasmette il senso della ricerca come dubbio, incertezza, verifica, come sottolineata da Elena Cattaneo. Verifica che anche nel caso specifico dell'uso terapeutico delle cellule staminali alla fine non potra’ che venire da rigorosi studi clinici, secondo quelli che sono gli statuti della ricerca clinica controllata. Trasmettere il messaggio di cure piu’ o meno certe a portata di mano, che siano portate dalla terapia genica, o da una nuova medicina genomica o in questo caso dalle cellule staminali, non aiuta a far crescere nella societa’ una vera consapevolezza della ricerca scientifica e alimenta anche nei confronti della scienza un atteggiamento di tipo miracolistico.Cellule staminali embrionalio "adulte"? Non vi sono motivi condivisi nella comunita’ scientifica per giustificare la scelta dell'una o dell'altra strategia in un'ottica terapeutica, come argomentato da Angelo Vescovi («II Sole24 Ore» del 4 maggio 2003). Ma la mancanza di dati sperimentali comparativi solidi e di un paradigma condiviso sulla plasticita’ delle due popolazioni cellulari, non puo’ costituire un argomento per la scelta a priori di un percorso di ricerca basata solo sulle staminali adulte. A1 contrario, questo stato di cose enfatizza la necessita’ di ricerca aperta, che esplori la biologia e la plasticita’ di entrambi i tipi cellulari e ne verifichi le potenzialita’ applicative. Ancora, non si capisce come un uso a scopo di ricerca degli embrioni soprannumerari potrebbe alimentare un «circuito vizioso di produzione e distruzione» (Angelo Vescovi). C'e’ consenso sul fatto che gli embrioni gia’ stoccati sono piu’ che sufficienti a coprire il fabbisogno di cellule per generare linee. Ancora e soprattutto, non verrebbero generati embrioni a scopo di’ ricerca, ma usati embrioni generati in soprannumero nelle pratiche 3i promozione della fertilita’. Non vi e’ dunque una giustificazione scientifica al no del Governo italiano al finanziamento da parte della Commissione europea di ricerche su cellule ottenute da embrioni sovrannumerari destinati alla distruzione. Si tratta di un no a priori, rappresentativo di una scelta etica cattolica, non condivisa da altre denominazioni cristiane. Ritengo questo no a priori inaccettabile come ricercatore e cittadino. A1 centro di una scelta etica penso vi sia l'Uomo, con il suo diritto dovere di conoscere e di migliorarsi. Se e’ vero, come e’ vero, che per gli embrioni in soprannumero creati dalla fecondazione artificiale l'alternativa e’ fra la distruzione e la ricerca scientifica, il giudizio a priori negativo e’ inaccettabile. La pretesa di imporre limiti alla ricerca scientifica, basati su giudizi etici a priori, non al servizio del bene dell'Uomo, e’ inaccettabile. Rispettabilissima e’ la scelta di chi, sulla base di convinzioni personali, religiose e/o etiche, ha deciso o decide di non fare ricerca in settori quali lo studio di metodi anticoncezionali «non naturali», la fecondazione in vitro, le cellule staminali embrionali umane ecc. Inaccettabile e’ il proiettare queste regole sull'intera comunita’ che fa ricerca, quando l'alternativa e’ fra la distruzione e il progresso delle conoscenze. Si tratta di un "no" (la conferma di una moratoria)., che non puo’ non richiamare altri "no" del passato, superati dalla dinamica del progresso scientifico e civile. Cosi’ come nel passato si pretendeva sulla base di principi "etici" che i cadaveri non venissero usati a scopo di ricerca e didattica, ora si preferisce la distruzione degli embrioni soprannumerari al loro utilizzo biomedico, in nome di una etica astratta, non condivisa, non al servizio della conoscenza e del bene comune. ___________________________________________________________ Corriere della Sera 26 Giu.03 STAMINALI, L' EUROPA VA AVANTI L' Unione pronta a finanziare la ricerca sugli embrioni umani La sperimentazione utilizzerebbe anche fondi versati dai Paesi in cui e’ vietata, tra cui l' Italia Coppola Alessandra DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES - La proposta che fara’ discutere e’ questa: finanziare al livello europeo la ricerca sulle cellule staminali ottenute da embrioni umani e stabilire in materia linee guida precise, che valgano per tutti i Paesi dell' Unione. Dopo mesi di studi e trattative il «progetto di legge» elaborato dal Commissario alla ricerca Philippe Busquin approda, mercoledi’ prossimo, sul tavolo dell' esecutivo europeo. E riapre il dibattito su una materia di grandi divisioni e crociate: in Italia, Germania, Austria, Irlanda e Portogallo questo tipo di ricerca non e’ consentito. Alla base della discussione c' e’ il VI Programma quadro europeo, che fissa tre limiti fondamentali alle sperimentazioni: la clonazione, i cambiamenti del patrimonio genetico, la creazioni di embrioni per ottenere staminali. L' accordo sul Programma fu raggiunto nell' aprile del 2002. Nei mesi successivi, al momento della messa a punto dei programmi specifici, i Quindici decisero di prendersi una pausa di riflessione e stabilirono di congelare la ricerca sulle staminali per tutto il 2003. In questo arco di tempo - fu deciso - la Commissione avrebbe redatto un rapporto (cosi’ come ha fatto), sarebbe stato organizzato un seminario (aprile scorso) e si sarebbe poi giunti in estate a una proposta di decisione: quella che e’ all' ordine del giorno mercoledi’ prossimo. Il punto che divide i Paesi dell' Unione, e anche le opinioni pubbliche nazionali, e’ l' uso degli embrioni umani. Nella proposta del Commissario alla Ricerca la sperimentazione sara’ condotta solo sulle staminali ottenute dagli embrioni in sovrannumero: quelli, cioe’, che «avanzano» nella fecondazione artificiale e che normalmente vengono distrutti. Per finanziare i progetti in questo campo, saranno prelevati 50 milioni di euro dal budget totale stanziato per il Programma quadro (17,5 miliardi nel 2003-2006). Ma non saranno avviate sperimentazioni negli Stati membri che non consentono questo tipo di ricerca. Ne’ saranno fissate regole etiche uniche. Saranno, invece, tracciate delle linee guida che valgano per tutti, riprese in parte dal parere espresso lo scorso novembre dal Gruppo europeo sull' etica: 1) consenso libero e informato della donna o della coppia donatrice; 2) approvazione di questo tipo di ricerca da parte dell' autorita’ pubblica; 3)nessun ricavo finanziario per i donatori; 4)protezione dell' anonimato; 5) trasparenza dei risultati ottenuti. Ma i governi che in patria vietano le sperimentazioni sulle staminali ottenute dagli embrioni saranno favorevoli all' uso di soldi comuni per questo tipo di ricerche? E quale sara’ la reazione dell' Europarlamento, che gia’ in passato ha votato contro le ricerche sulle staminali di origine embrionaria? «Questa proposta riapre certamente il dibattito - dice Antonio Tajani (Forza Italia), vicepresidente dei Popolari europei -, non e’ una materia, pero’ sulla quale si possono fare scelte politiche. E' una questione che riguarda le coscienze». «Io personalmente credo che la ricerca debba avere dei limiti - conclude Tajani -. E molti tra i cattolici europei la pensano come me». Alessandra Coppola La proposta europea IL PROGETTO Le cellule staminali L' esecutivo dell' Unione discutera’ mercoledi’ la proposta di finanziare a livello europeo la ricerca sulle staminali ottenute da embrioni umani LA RICERCA I limiti Il Programma quadro del 2002 vietava la clonazione, i cambiamenti del patrimonio genetico e la creazione di embrioni per ottenere staminali IL DIBATTITO La mediazione Per evitare ulteriori scontri, la proposta prevede di utilizzare solo le cellule staminali ottenute dagli embrioni «avanzati» nella fecondazione artificiale ____________________________________________________________ Il sole24Ore 26 giu. ’03 LA RICERCA SCEGLIE LA VIA BATTERICA Per ottenere nuovi farmaci a costi piu’ vantaggiosi si inducono i microrganismi a sintetizzare le molecole desiderate I1 futuro della medicina e’ sul fondo degli oceani? E’ certamente quello che pensa William Fenical, direttore del Centro di biotecnologia e biomedicina marina dell'Istituto Scripps di La Jolla, in California, che, setacciando a piu’ di mille metri di profondita’ i fondali del Mar Rosso e degli oceani Pacifico e Atlantico, ha individuato il Salinospora: una nuova specie di batteri actinomiceti, in grado di produrre molecole per combattere le cellule tumorali e controllare la risposta infiammatoria delle cellule. Dall'oceano nuovi antibiotici. «Il fondo di un oceano puo’ sembrare un posto freddo e inospitale, ma abbiamo dimostrato che e’ anche una grandissima riserva di nuove molecole con proprieta’ antibiotiche utilizzabili anche a fini terapeutici», osserva Fenical che, in «Applied and Environmental Biology» e in «Angewandte Chemi’e», ha recentemente presentato i nuovi ceppi di actinomiceti, una specie di batteri da tempo utilizzata dall'industria farmaceutica e che ha gia’ dato farmaci come la streptomicina, l'actinomicina e la vancomicina. «Da questi ceppi abbiamo isolato una nuovo composto: il Salinosporamide A spiega Fenical che in laboratorio si e’ dimostrato un potente inibitore della crescita nelle cellule del cancro al colon, al polmone e al seno». Il settore dei composti naturali, i metaboliti chimici prodotti dagli organismi viventi, e’ stato offuscato negli anni passati dal grande diffondersi delle molecole di sintesi, ma sta finalmente suscitando nuovo interesse da parte dell'industria. «Oggi sviluppare un farmaco costa 2,2 volte quello che costava nel 1989 osserva Jackie Fairley, ceo della Cerylid Biosciences, e la costruzione di grandi librerie di molecole di sintesi sulle quali si era puntato molto negli anni Novanta non si e’ rivelata vantaggiosa. L'orientamento sta cambiando: e’ preferibile avere librerie piu’ piccole e focalizzate, magari ispirandosi proprio ai prodotti naturali. Funghi anticancro. Da piu’ di tre miliardi di anni la selezione naturale ha spinto questi organismi a produrre una grande varieta’ di molecole con una funzione biologica propria, basti pensare alla penicillina, e la meta’ dei farmaci, attualmente in commercio, ha una struttura che proviene da questi metaboliti». II mercato per i composti naturali e’ infatti molto promettente: «Dei 16 milioni di’ composti chimici oggi conosciuti solo 170mi1a sono composti naturali, ma il 35% dei ricavi totali viene da questi e hanno un turnover del 5080%», osserva Rico Berger, direttore scientifico della tedesca ActinoDrug Pharmaceuticals (www,actinodrug.de), nata come spinoff dell'universita’ di Tecnologia di Berlino e che, nella sua pipeline, ha gia’ due molecole (GL 1 e GL 2), che potrebbero entrare nella prima fase di prove cliniche nel 2005. «Entrambe sono ottenute da funghi superiori spiega Berger e hanno dimostrato di essere degli efficaci inibitori delle citochine e delle interleuchine, gli ormoni coinvolti nella crescita tumorale». La Actinodrug ha gia’ depositato un brevetto mondiale per le proprieta’ terapeutiche della GL1 e per il mercato americano sulla GL2, ma e’ alla ricerca di 5 milioni di dollari di venture capital per proseguire la ricerca. Isolare un composto e superare i test preclinici non e’ infatti una passeggiata, poiche’ i microrganismi sono spesso molto difficili da allevare e da purificare. - Le chiavi del successo ammette Ramon Garcia, presidente e ceo della Interlink biotechnologies (www.interlinkbiotech.com), sono l'accesso a grandi librerie di prodotti naturali e la rapidita’ di raffinamento-. Interlink, che ha avviato collaborazioni con Schering Plough e G1axoSmithKline e per il 2003 prevede ricavi di sei milioni di dollari da questi prodotti, di cui il 47,9% per uso veterinario> sta cercando di accorciare ancora il suo processo di raffinamento rapido in 612 mesi per sfruttare al meglio le sue 65mila culture di microrganismi diversi e le libraries di 35mila campioni di composti. Questi ultimi provengono da tutto il mondo e, poiche’ sono stati acquisiti prima dell'entrata in vigore della convenzione di Rio, sono libere da qualsiasi obbligazione a parti terze. «I nostri bilanci sono in attivo spiega Garcia, ma abbiamo bisogno di finanziamenti per arrivare allo sviluppo di nuovi farmaci. La via batterica dell'Artemisia. La ricerca, spesso svolta all'interno di istituzioni accademiche, rimane il vero motore di questo settore. Ne e’ la prova l'annuncio della sintesi per via batterica dell'Artemisia, uno dei piu’ promettenti antimalarici di nuova generazione, efficace anche contro i ceppi del plasmodio resistenti agli altri farmaci, ma troppo caro da estrarre dall'Artemisia annua, la pianta che la produce naturalmente e nota come pianta medicinale da piu’ di duemila anni. Il risultato, ottenuto da Jay D. Keasling, professore di ingegneria chimica all'Universita’ della California a Berkeley, sara’ pubblicato nell'edizione cartacea di luglio di «Nature Biotechnology», ma e’ gia’ visibile online (www.nature.comlnbt). «Abbiamo modificato geneticamente il batterio Escherichia coli inserendovi alcuni geni dell'Artemisia e di un lievito spiega Keasling fino a create nel batterio una linea metabolica in piu’, in grado di’ produrre le molecole che volevamo». Le ricadute si annunciano vastissime: oltre alla disponibilita’ di antimalarici efficaci e a basso costo per i paesi in via di sviluppo, Keasling sta pensando come far produrre al batterio geneticamente modificato come far produrre molecole non disponibili in natura, ma piu’ efficaci per l'uso terapeutico: «Questo e’ solo 1'inizio ha dichiarato, intendo sfruttare le possibilita’ di questo microrganismo fino in fondo».Guido Romeo ____________________________________________________________ Il sole24Ore 26 giu. ’03 DROGA, LA RICERCA SEGNA IL PASSO Oggi la giornata mondiale contro gli stupefacenti: nel tunnel 200 milioni di persone Troppi dubbi su vaccini e dosaggio del metadone Duecento milioni di persone, il 4,7% della popolazione mondiale, si trovano nel tunnel della droga. Con questo dato il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha aperto il suo messaggio in occasione della Giornata mondiale contro l'uso e il traffico di droga, che si celebra oggi e che in Italia coincide con le polemiche attorno al Ddl annunciato dal vicepremier Gianfranco Fini per eliminare la distinzione fra droghe pesanti e leggere, sanzionare anche penalmente il possesso di stupefacenti, seppure per uso personale, e rimuovere i Sert, i Servizi pubblici per le tossicodipendenze. Se nelle aree piu’ povere del pianeta il consumo di droga sta aumentando, nei Paesi dell'Unione europea il suo utilizzo si e’ stabilizzato. Il problema, semmai, e’ che anche le cure farmacologiche per il trattamento dei tossicodipendenti non sembrano intravedere all'orizzonte lo spiraglio di una qualche novita’ di rilievo, se si esclude la sperimentazione del vaccino per il trattamento della dipendenza da cocaina. Pochi giorni fa l'inglese Xenova ha annunciato i risulati della fase Ila di sperimentazione del suo Tacd, condotta dall'Universita’ di Yale su 13 volontari. Nei pazienti, sottoposti a cinque iniezioni del vaccino in un periodo di 12 settimane, si sarebbe evidenziata una riduzione del tipico stato di eccitamento legato all'assunzione di cocaina. I risultati pero’ non convincono tutti gli addetti ai lavori: «Non ho dubbi che il vaccino approdera’ sul mercato spiega il professor Gian Luigi , direttore del dipartimento di Neuroscienze dell'Universita’ di Cagliari e grande esperto di medicina delle tossicodipendenze ma sono scettico sulla sua efficacia. Quando si assume cocaina, le molecole che entrano nel corpo umano sono miliardi e l'organismo umano non e’ in grado di sviluppare un numero sufficiente di anticorpi che le contrastino ad una ad una. Ora: finche’ le molecole vengono catturate, l'individuo non percepisce nessun effetto euforico, ma basta che assuma una dose maggiore di cocaina per sentirlo di nuovo e annullare gli effetti del vaccino. E nessuno puo’ impedirgli di aumentare la dose». L'eroina, invece, viene ancora antagonizzata principalmente con il metadone, una sostanza sviluppata negli anni Sessanta in grado di bloccare la sindrome di astinenza per almeno 24 ore. «Ancora oggi spiega Piergiorgio Zuccaro, responsabile dell'Osservatorio sul fumo, l'alcol e la droga dell'Istituto superiore di sanita’ resta il piu’ sperimentato, nonostante la buprenorfina sia utilizzata dal 30% circa dei Sert italiani e qualcuno ricorra anche al naltrexone, un farmaco antagonista i cui risulati peraltro non sono ancora stati accertati». La buprenorfina e’ un oppiaceo sintetico i cui effetti inibitori durano piu’ a lungo di quelli del metadone, ma che secondo gli studi piu’ recenti e’ meno efficace oltre che piu’ costoso nel mantenere il pazientesotto trattamento: 53% di successocontro il 63% del metadone, purche’ quest'ultimo venga assunto in dosi sufficienti.«Il problema e’ che troppo spesso viene somministrato in quantita’ insufficiente», lamenta Marina Davoli, dell'Agenzia di sanita’ pubblica della Regione Lazio e membro del comitato scientifico dello studio Vedette, il maxiprogetto di analisi sulla popolazione tossicodipendente italiana finanziato dal ministero della Salute i cui risultati sono stati presentati ad aprile. Lo studio ha monitorato qualcosa come 12nila pazienti di 115 Sert di 13 regioni. «In letteratura continua la dottoressa Davoli si parla di almeno 60 milligrammi al giorno, una media che abbiamo riscontrato soltanto in Liguria. Senza contare che un approccio corretto vorrebbe che con il paziente si cominciasse dalla fase di mantenimento per poi passsare al trattamento a scalare, mentre troppo spesso si comincia proprio dal percorso di diminuzione». Secondo lo studio, il 36% dei nuovi pazienti dei Sert viene infatti sottoposto a un trattamento con metadone a dosi scalari. La maggior parte di chi in Italia chiede aiuto per uscire dal tunnel e’ un dipendente da eroina, anche se fra le nuove leve risulta in crescita il numero dei cocainomani. «Non si rivolgono invece ai servizi pubblici conclude la dottoressa Davoli coloro che fanno uso di droghe sintetiche, come 1'ecstasy o le anfetamine». Anche perche’ per loro non ci sono trattamenti farmacologici che tengano: l'unica via percorribile e’ quella della psicoterapia e della motivazione individuale. MICAELA CAPPELLINI ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 26 Giu.03 TALASSEMIA: IL POLO RESTA A ROMA Il Governo conferma la scelta di Roma come sede del polo microcitemico La sede del polo microcitemico? Resta a Roma. L’ha ribadito ieri il sottosegretario alla Salute Antonio Guidi rispondendo a un’interrogazione parlamentare presentata da Piergiorgio Massidda di Forza Italia. «La scelta di Roma Ñ ha detto Guidi Ñ e’ determinata dal ruolo internazionale che l’Ime (Istituto mediterraneo di ematologia) dovra’ ricoprire. Si tratta inoltre del primo nodo di una rete che si sviluppera’ progressivamente sino a coinvolgere tutti i centri che si occupano delle malattie ematiche compresa la talassemia». Il sottosegretario nel suo intervento ha assicurato che nella fondazione dell’Ime verranno coinvolte tutte le strutture ospedaliere e i centri di ricerca italiani. «Guidi Ñ commenta Piergiorgio Massidda Ñ ha chiarito come sara’ strutturato l’Ime e della scelta della sede centrale. Roma non puo’ essere considerata il centro della struttura, ma il primo nodo nazionale di una rete in progress. E’ il naturale punto di partenza per l’estensione progressiva ad altri nodi nazionali ed internazionali». Secondo Massidda l’inserimento della Regione Sardegna nella fondazione e’ previsto dallo statuto dell’Ime. «Il Microcitemico e la scuola cagliaritana Ñ aggiunge il parlamentare di Forza Italia Ñ ha le caratteristiche per entrare a pieno titolo nella fondazione, portando quel patrimonio unico di esperienze e competenze che ha maturato a diretto contatto con i pazienti, in una regione, dove la percentuale di talassemici e’ la piu’ alta al mondo». Sulla questione del polo microcitemico e’ intervenuto anche il deputato dei Ds Pietro Maurandi. Il parlamentare della Quercia ricorda che il centro per eccellenza per il trattamento della talassemia e’ l’ospedale Microcitemico di Cagliari. «Sul versante dell’analisi del fenomeno, della ricerca scientifica, della prevenzione e della cura della malattia e sul piano dei risultati ottenuti in termini di abbattimento dell’incidenza della patologia sulla popolazione Ñ si legge in una nota diffusa dal parlamentare diessino Ñ non esiste un istituto che vanti maggiore e piu’ completa esperienza dell’istituto cagliaritano. Cio’ avrebbe dovuto consigliare l’istituzione a Cagliari del centro». ___________________________________________________________ La Nuova Sardegna 24 Giu.03 SASSARI "AL POLICLINICO I PROBLEMI RESTANO FUORI DAI REPARTI" La direzione assicura che la struttura continua a lavorare a regime anche se non ha visto visto un euro da Regione e Asl SASSARI. La manifestazione di protesta del personale medico del Policlinico ha impensierito i sassaresi. Sono tanti quelli che, dopo avere visto sfilare i camici bianchi, hanno chiesto ai centralinisti della struttura ospedaliera per assicurarsi sulla regolarita’ dell'attivita’ di reparti e servizi. A questo proposito la direzione del Policlinico fa sapere che - nonostante le oggettive difficolta’ - i medici, gli infermieri e il personale amministrativo continuano a lavorare con impegno e la consueta professionalita’ per garantire i servizi che il Policlinico garantisce alla citta’ da oltre ottant'anni. Naturalmente questo non significa che i dipendenti della struttura sanitaria non stiano attraversano un momento delicato. L'azienda attende infatti dalla Regione fondi per una decina di miliardi di vecchie lire e quest'anno non ha ancora visto un euro dall'Azienda sanitaria sassarese. Questi, pero’, sono problemi di carattere politico che non incidono sulla gestione dell'azienda. La struttura sanitaria opera sempre a pieno ritmo e la conferma arriva puntuale da una serie di iniziative che la direzione sta mettendo a punto proprio in questi giorni. Le novita’ importanti riguardano soprattutto il reparto di Oculistica visto che, fra due settimane, il Policlinico stipulera’ una convenzione con l'Asl per il trattamento e la correzione delle miopie. Un servizio gratuito il cui costo sara’ compreso fra le prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale e che vede il reparto oculistico di viale Italia sempre in prima linea sul fronte della qualita’ delle prestazioni. Buone notizie anche dalla Radiologia, servizio sul quale i pazienti possono contare grazie a un ambulatorio che risponde in giornata a tutte le richieste di prenotazione riducendo le attese al minimo indispensabile. E a proposito di attese la direzione, gia’ da tempo, sta studiando un piano organico per l'eliminazione delle liste d'attesa soprattutto in quei servizi che piu’ di altri necessitano di una risposta immediata. Dopo la sfilata del corteo di camici bianchi che nei giorni scorsi aveva attraversato le vie del centro, i sassaresi hanno avuto un attimo di timore. Una preoccupazione legittima giustificata dal fatto che il Policlinico, pur essendo una struttura privata, rientra fra quelle istituzioni cittadine che hanno contribuito a scrivere pagine significative di storia. Nato nel 1921, nell'area compresa fra viale Italia e via Porcellana, il Policlinico sassarese, nel tempo, e’ diventato una realta’ importante e cara alla citta’: 120 posti letto convenzionati, cinque reparti (Chirurgia, Ostetricia, Geriatria, Oculistica e Otorino), un poliambulatorio e un attrezzato laboratorio analisi specializzato nella biologia molecolare e nella genetica. La struttura e’ dotata di diversi servizi ospedalieri fra i quali la risonanza magnetica e la Tac. Non va dimenticato che il reparto di chirurgia e’ specializzato anche negli interventi di chirurgia della mano e in quello di Ostetricia e’ possibile effettuare esami audiometrici gia’ in fase neonatale. Tutta questa macchina complessa e’ azionata da un organico di oltre quaranta medici e 180 paramedici, senza contare il personale amministrativo. Naturalmente l'attivita’ del Policlinico integra e completa il pur vasto panorama della sanita’ pubblica cittadina costituita dall'ospedale, dalle cliniche universitarie, dai poliambulatori e dalle altre strutture pubbliche che servono un bacino d'utenza vasto e variegato.(a.me.) ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 28 Giu.03 MARINO: L’ATTESA AL PRONTO SOCCORSO DURA CINQUE ORE Ieri le proteste dei pazienti all’ospedale Marino Cinque ore. Questo e’ stato il tempo d’attesa prima di essere visitati ieri, al pronto soccorso dell’ospedale Marino. Ore interminabili, rese ancora piu’ lunghe dalla sofferenza, dal caldo e dalle mosche. Poche sedie, lattine vuote per terra, nemmeno la possibilita’ di avere un bicchier d’acqua. E poi il caldo, soffocante: un piccolo condizionatore lavora a pieno ritmo, ma per una sala d’attesa affollata e’ decisamente troppo poco. «L’assessore Oppi dovrebbe venire a vedere di persona in che condizioni sono gli ospedali», s’infuria Giuseppe Caramagna. Alle 17 ancora non era stato visitato. I medici, dal canto loro, sono impotenti: «In due ore ho visitato una trentina di pazienti», si giustifica la responsabile, Pina Garau, «siamo in due e lavoriamo in tre sale, non possiamo fare di piu’. Il problema e’ che la gente scambia i pronto soccorso con gli ambulatori», si lamenta, raccontando di aver visitato pazienti che avevano «solo piccoli graffi». Quello che manca, denuncia il medico, «e’ l’educazione sanitaria, nessuno si rivolge al medico di base o alla guardia medica». Ieri le strutture di base erano in sciopero e quindi era prevedibile l’affollamento nei pronto soccorso, ma nessuno e’ corso ai ripari. In ogni caso, «il direttore sanitario ci ha precettati e siamo tutti qui», spiega l’ausiliario Mario Aru, sostenendo che «anche giovedi’ era il caos, con gente che arrivava da tutti i paesi». Quindi il problema esiste, non e’ legato allo sciopero dei medici: anche ieri c’era chi veniva da lontano. Da una parte, con la testa appoggiata al muro e un braccio sulla stampella, Mauro Faedda racconta: «Sono esausto, ho fatto 70 chilometri per venire fin qui da Isili». In quell’ospedale non c’e’ l’ortopedico e, considerato che la lastra mostra una frattura della rotula, si e’ fatto accompagnare dal padre al Marino. In citta’ la brutta sorpresa: code interminabili in un ambiente sporco e deprimente. Su una delle sedie di plastica disponibili per l’attesa dei pazienti, c’era addirittura sangue raffermo . «Evidentemente, due medici di turno non sono sufficienti», si sfoga Giulio Cattaneo, un turista milanese esterrefatto per la carenza di personale. Eppure, per i cagliaritani non e’ una novita’: «Ero preparato al peggio, so che qui i tempi sono biblici», dice rassegnato Giorgio Mollo. E’ normale che d’estate i pazienti aumentino, su questo concorda anche il direttore generale dell’Asl 8, Efisio Aste: «Con queste temperature, devono esserci stati molti colpi di caldo». Insomma, tutto prevedibile, ma nulla e’ stato fatto per evitare una situazione di disagio annunciata e ripetuta da anni. Alice Guerrini ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 24 Giu.03 SAN GIOVANNI INVASIONE DI PARASSITI, TRASFERITO IL PRONTO SOCCORSO Chiuso da dieci giorni il nuovo reparto, torna in funzione il vecchio Aste: «E’ un serio problema di salute pubblica, colpa dei gatti» I sindacati: «E’ allarme anche in altri ospedali, risolvetelo» Nuovo di zecca, bello, attrezzato. Ma invaso da parassiti. Pidocchi, dicono i sindacati, «altri parassiti», dice Efisio Aste, direttore generale della Asl 8. Ma la sostanza non cambia: il nuovo pronto soccorso del San Giovanni di Dio e’ chiuso da dieci giorni. Chiuso per disinfestazione. Colpa dei gatti randagi che entrano dappertutto e infestano compromettendo l’igiene e mettendo a rischio la salute di tutti. «Il servizio non e’ stato interrotto, ma semplicemente trasferito nel vecchio reparto e ridotto, in attesa di soluzione», ridimensiona Beppe Ortu, dirigente sanitario del “civile”. In effetti il servizio funziona, a ritmo ridotto, nella vecchia sede, piano terra dell’edificio. Chi non frena affatto e’ Aste. «E’ vero allarme, altroche’. Siamo molto preoccupati perche’ e’ un problema di salute pubblica che riguarda il San Giovanni e altri ospedali. Un problema che non si risolve solo con la disinfestazione, ma che bisogna affrontare alla base allontanando i gatti. Lo dico», spiega, «con amore e rispetto per gli animali, ma non possiamo mettere a rischio la salute della gente lasciando i gatti in giro». Pare che siano centinaia e che entrino dappertutto. E che siano grassi, visto che molti lasciano cibo a loro disposizione. «Un’abitudine da cambiare visto che sono veicoli di trasmissioni infettive», spiega il direttore generale della Asl. Guido Deidda, segretario territoriale della Cisl sanita’, aggiunge altri particolari. «I gatti spesso dormono li’. Li’ al pronto soccorso? «Si’, nelle stanze e nelle condotte della caldaia, a quanto mi risulta». Problema serio, che merita grande attenzione. «Si’, perche’ se i gatti che invadono i cortili disegnati dal Cima entrano a contatto con materiale sterile si mette a rischio la salute del personale e dei pazienti», si preoccupa Deidda. Emilio Fanni, referente della Uil per la sanita’ in provincia, accusa. «E’ una questione che abbiamo segnalato piu’ volte in passato, coinvolgendo anche il servizio veterinario. L’invasione di gatti non riguarda solo il San Giovanni di Dio ma anche il santissima Trinita’ e il Binaghi. Ma qui se si continua a tagliare sui costi non andremo lontano. Hanno esternalizzato il servizio di pulizia», spiega Fanni, «e funziona male, non e’ adeguato. Inoltre si risparmia sulla sorveglianza notturna, e infatti in ospedale puo’ entrare chiunque, tanto che mi risulta ci dorma anche qualche barbone». Addirittura? Fanni giura di si’. E punta il dito sulla direzione sanitaria: «I dirigenti hanno una chiara responsabilita’ perche’ sono loro a dover garantire gli interventi sull’igiene e fare prevenzione». Aste taglia corto: «Inutile cercare altro, bisogna eliminare, non dico in senso fisico, i gatti». Parassiti? Pidocchi? Su questo - ufficialmente c’e’ il buio. I pidocchi, giusto per capire, sono insetti ematofagi, si nutrono, cioe’, di sangue. E sono parassiti permanenti della cute di molti mammiferi. Pungendo l’essere umano e succhiando determinano un’irritazione, sono trasmettitori potenziali di diverse malattie, come il Tifo petecchiale, la febbre ricorrente. Non risulta, al momento, che ci sia stato alcun contagio. «Il nuovo reparto dovrebbe comunque riaprire entro la settimana», comunica Ortu. Fabio Manca ____________________________________________________________ Il sole24Ore 26 giu. ’03 NEI NEURONI L'ISTINTO DEL LINGUAGGIO Una conferma sperimentale dell'esistenza delta grammatica universale ipotizzata da Noam Chomsky Anche un'idea molta astratta, basata su assunti filosofici molto forti, come quella su cui insiste da mezzo secolo il linguista Noam Chomsky, secondo cui esisterebbe una "grammatica universale" soggiacente a tutte le lingue umane, puo’ essere sottoposta a verifica sperimentale. Un ingegnoso esperimento i cui risultati usciranno nel numero di luglio di «Nature Neuroscience» e’ stato concepito da Andrea Moro, professore di linguistica generale all'ateneo "VitaSalute" San Raffaele di Milano, e realizzato da un gruppo di neurologi capeggiato da Mariacristina Musso, dell'Ospedale universitario di Amburgo. Attraverso la tecnica delle risonanza magnetica, e’ stato possibile "fotografare" i meccanismi cerebrali dell'apprendimento linguistico. In che modo? A partire dall'idea che possano essere messe a confronto regole grammaticali possibili e impossibili o fortemente implausibili. Regole impossibili. A un gruppo di tedeschi e’ stata insegnata la lingua italiana. Tra le regole grammaticali dell'italiano sono state introdotte altre regole del tutto "artificialî", in contrasto coi principi della grammatica universale di Chomsky. A differenza del tedesco, una frase in italiano non deve per forza esplicitare il soggetto. Per esempio di puo’ dire: «Leggo molti bei libri». Omettere il soggetto e’ dunque una regola possibile. Tra le regole impossibili previste dall'esperimento vi era invece quella di posizionare la negazione sempre dopo la terza parola. Nella frase precedente dovrebbe quindi suonare cosi’: «Leggo molti bei non libri». La frase di per se’ suona strana a un italiano (per quanto, incidentalmente, non sia insensata: i "non libri" sono una realta’ assolutamente tangibile ma questa e’ un'altra storia). II punto pero’re alquanto produttiva. In genere, i linguisti sono vittime di quei diffusi pregiudizi "culturalisti" tuttora in voga nelle scienze sociali, secondo i’ quali in cio’ che attiene alla sfera culturale non vi e’ nulla di istintivo o di innato. Tutto dipenderebbe dalla societa’, dai genitori, dall'ambiente. I linguisti che non accettano tale pregiudizio in Italia, una sparuta minoranza in genere non possono far valere prove decisive per contrastarlo. Ne’ queste arrivano loro dai neurologi, i quali negli esperimenti relativi al linguaggio finora si erano limitati a lavorare co,n "sequenze" di parole, evitando gli aspetti sintattici e le regole profonde relative all'apprendimento delle lingue, che sono invece l'oggetto di questo esperimento. Per evitare la classica obiezione che e’ un altro. E’ che in nessuna lingua al mondo la negazione occupa un posto fisso nella sequenza delle parole.Il risultato e’ stato che l'area del cervello tipica del linguaggio, l'arca di $roca, si e’ attivata solo quando i soggetti apprendevano le regole possibili. Quando il soggetto si trovava di fronte a quelle impossibili, invece, quell'area sembrava addirittura disattivarsi. Ecco dunque un'immagine visiva dell'esistenza di un vero e proprio "istinto del linguaggio", per riprendere la felice espressione usata dal chomskiano Steven Pinker in un libro di grande successo (Mondadori). L'ap sarebbe potuta provenire dal mondo umanistico, per cui la vicinanza culturale tra italiano e tedesco avrebbe potuto influenzare i risultati, l'esperimento e’ stato ripetuto utilizzando come lingua il giapponese. La coincidenza delle immagini ottenute con le due lingue diverse conferma che la distinzione tra l’apprendimento del linguaggio ha, in altre sue possibili e impossibili e’ decisiva parole, una precisa base biologica, e per il cervello, e non lo e’ invece quella non e’ solo frutto dell'esperienza. tra lingue reali. E che l'esistenza di Pregiudizi contro l'innatismo. A una grammatica universale non toglie di la’ della sua stessa riuscita, l'esperi nulla alla straordinaria varieta’ di modi mento ha un grande valore simbolico e in cui essa puo’ esprimersi in diverse culturale. Armando Massarenti ____________________________________________________________ Libero 24 giu. ’03 DALLA SCOZIA RICCI DI MARE CONTRO IL TUMORE EDIAMU - [9.9.] Un piccolo animale che abita le profondita’ del Mar dei Caraibi, per combattere il tumore alle ovaie. E’ la scoperta che e’ stata resa nota a Edimburgo in questi giorni, nel corso della conferenza dell'Esmo (European Society for Medical Oncology). Un team di scienziati della Sendo (Southern Europe New Drug Or ganization) ha condotto su cinquanta pazienti ammalate di cancro alle ovaie un esperimento utilizzando un farmaco ricavato dall'Ectei’nascidia turbinata, un minuscolo animale del Mare dei Caraibi. Gli scienziati hanno ottenuto dei risultati davvero incoraggianti, nonostante siano ancora poco chiari i meccanismi che consentono alla sostanza ricavata dall'animale di interferire con fattivita’ cellulare dell'organismo umano. In alcune pazienti il farmaco Ecteinascidin 743 (Et743) si e’ infatti rivelato in grado di bloccare il normale decorso della malattia. ____________________________________________________________ Libero 27 giu. ’03 L 'ICTUS SI CURA CON LA MICROCHIRURGIA Sempre piu’ diffusi e sicuri gli interventi di ripulitura della carotide. Si. va dalla tecnica endovascolare che parte dall'inguine a quella che prevede un'incisione al colloL9 ictus o "stroke", dopo la cardiopatia ischemica e il cancro, e’ la terza causa di morte in Italia e negli Stati Uniti. Ebbene questa sindrome, la cui incidenza presenta un incremento esponenziale con l'avanzare dell'eta’ e quindi e’ destinato ad affacciarsi sempre piu’ frequentemente data la sempre maggiore percentuale di anziani nella popolazione occidentale, e’ stato al centro di un convegno dal titolo "Quale futuro nella chirurgia carotidea?", tenutosi di recente a Ravenna. Scopo del meeting organizzato e presieduto dal professor Vincenzo Stancanelli, primario chirurgo dell'ospedale ravennate Santa Maria delle Croci e presidente dell'ACOI,1'associazione di 5.000 chirurghi ospedalieri, sono stati la descrizione e il confronto tra loro delle procedure d'intervento per rimuovere le placche che ostruiscono la carotide, efficaci nella prevenzione secondaria dello stroke.Come noto, si puo’ intervenire chirurgicamente con un incisione sul collo, ripulendo all'interno l'arteria; oppure si puo’ far ricorso alla tecnica endovascolare, praticando un foro all'altezza dell'inguine e navigando nei vasi fino a raggiungere il collo, con relativa dilatazione dell'arteria mediante un palloncino in cui e’ inserita una rete che cattura placca e frammenti. -Nel futuro della chirurgia carotidea si faranno largo sempre piu’ questi interventi mininvasivi che, dopo la straordinaria affermazione in campo cardiologico e vascolare periferico, sono stati gradualmente applicati anche nel settore della malattia cerebrovascolare, suscitando dapprima diffidenza e ostracismo e, in seguito, un grande interesse fino all'esagerato entusiasmo-, spiega il professor Vincenzo Stancanelli. A sentir lui, finora il taglio al collo presenta un tasso di complicanze inferiori. -Il rischio dell'endovascolare e’ indubbiamente piu’ alto anche se si va riducendo grazie ad un sistema particolare (un piccolo ombrello che blocca e ritira il materiale infetto) messoci a disposizione dall'industria. L’endovascolare e’ anche piu’ costosa dell'intervento aperto, ma presenta altri vantaggi come la rapida guarigione e l'assenza di rischio di ledere i nervi. In taluni casi poi continua il professore come nei restringimenti recidivi o nei soggetti che hanno avuto irradiazioni al collo, non si ,potrebbe che procedere con 1'endovascolare. Non c'e’ scelta. Ma se fino a poco tempo fa questo intervento mininvasivo era un'indicazione di necessita’, adesso e’ diventato anche un'indicazione di principio». ___________________________________________________________ Corriere della Sera 25 Giu.03 ALLERGIE E MALATTIE, SCIENZIATI DIVISI D' Agnolo: dal kiwi piu’ casi di intolleranza alimentare Tamino: migliaia di reazioni ai cibi transgenici ALIMENTI E SCIENZA. SCONTRO DIPLOMATICO. LA RICERCA De Bac Margherita ROMA - Da sette anni, da quando il biotech ha fatto la sua comparsa in agricoltura, i due partiti del pro e del contro si sfidano con tesi opposte ed estreme. Non molto e’ cambiato dall' avvio del dibattito e ognuno ha mantenuto saldamente le sue posizioni senza arretrare di un passo, senza cedere a compromessi. Le piante modificate con geni estranei portano allergie, inducono la resistenza agli antibiotici e contaminano l' ambiente, sostengono inamovibili quelli del «no». Accuse smontate una per una dallo schieramento del si’: negano l' esistenza di una sola prova scientifica che dimostri il rischio, per l' uomo e le piante, legato alla diffusione di sementi maneggiate in laboratorio. Giuliano D' Agnolo fa parte del secondo gruppo. Biochimico, dirige il laboratorio di biologia cellulare dell' Istituto Superiore di Sanita’ e si occupa di Ogm dal ' 91. Gianni Tamino, biologo dell' Universita’ di Padova, da anni impegnato sul fronte ambientalista, e’ invece uno strenuo difensore dell' alimentazione Ogm free. ALLERGIE - C' e’ il timore che cibi modificati contengano proteine responsabili di allergie alimentari. Ipotesi mai confermata secondo D' Agnolo: «Gli allergeni alimentari noti sono circa 200 e li conosciamo tutti. Nei transgeni vengono inserite proteine che non hanno mai provocato questi fenomeni e per sicurezza su ogni nuovo prodotto vengono condotti test approfonditi. Penso dunque che si debba essere ragionevolmente tranquilli. La letteratura scientifica ci conforta». D' Agnolo lo ritiene un attacco infondato e ricorda il caso del kiwi, il frutto introdotto qualche anno fa e che nel tempo si e’ rivelato portatore di allergie: «Ma nessuno gli ha dato battaglia». Tamino replica che le allergie da Ogm esistono eccome. E racconta la storia di un prodotto autorizzato dalla Food and Drug administration, l' agenzia americana dei farmaci, solo per uso animale perche’ potenzialmente allergenico. Invece per errore quel mais divento’ ingrediente di tacos e sfogliatine vendute nei supermercati: «Il prodotto e’ stato ritirato dal commercio e sono stati segnalati migliaia di reazioni». RESISTENZE - Accusa numero due: gli Ogm inducono lo sviluppo di resistenze dei batteri umani alle terapie antibiotiche. Per D' Agnolo non c' e’ ragione di crederlo: «Sono state condotte indagini su volontari sani che per lungo tempo hanno mangiato alimenti Ogm. Non hanno mai sviluppato resistenze. Seguendo un principio di estrema precauzione, tuttavia, l' Ue ha deciso di proibire a partire dal 2008 l' uso dei geni marcatori per la resistenza agli antibiotici». Secondo Tamino e’ al contrario dimostrato che un gene resistente agli antibiotici veicolato nell' organismo umano da cibo Ogm mantiene la sua integrita’ per un periodo sufficiente a essere inglobato dai batteri: «E' stato visto negli uomini e negli animali» insiste il biologo. CONTAMINAZIONE - Infine il problema della contaminazione. Si pensa che gli Ogm possano portare grave danno alle coltivazioni circostanti alterando gli equilibri naturali. Tamino sostiene che «contaminazioni sono state osservate in tutte le parti del mondo, sia in campi non transgenici, sia su piante spontanee. Da noi e’ gia’ avvenuto per la colza e presto succedera’ alle barbabietole. Il futuro e’ nero. Sara’ impossibile avere filiere pulite. Basti pensare che il mais seminato quest' anno era in gran parte contaminato all' origine». A proposito del cosiddetto «flusso genico», D' Agnolo fa invece notare che e’ un «fenomeno molto studiato, l' Ue gli ha dedicato un' infinita’ di progetti di ricerca. Si e’ visto che la contaminazione potenziale e’ legata al tipo di pianta e alla situazione geografica. La possibilita’ esiste, ma va valutata caso per caso. Il polline non e’ immortale». Margherita De Bac ___________________________________________________________ Corriere della Sera 26 Giu.03 «ANAGRAFE GENETICA PER AVERE CURE SU MISURA» Il governo ha gia’ chiesto l' autorizzazione per il progetto ed e’ pronto a investire 50 milioni di sterline. Ma c' e’ chi vede il rischio di una medicina tesa alla manipolazione e alla selezione Altichieri Alessio DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA - La Gran Bretagna potrebbe essere il primo Paese al mondo ad anagrafare i cittadini in base al codice genetico. La proposta, che e’ rivoluzionaria dal punto di vista scientifico ma ovviamente pone enormi questioni etiche, e’ contenuta in un libro bianco del governo Blair e attende risposta da un' apposita commissione entro il prossimo anno. Se la Human Genetics Commission dara’ parere positivo, il governo potrebbe disporre uno «screening» di tutti i nuovi nati. In pratica, l' intera popolazione sarebbe vagliata e registrata, affinche’ il Servizio sanitario nazionale possa predisporre cure preventive, tagliate su misura per ogni cittadino, e cosi’ risparmiare pene al futuro paziente e costi alla collettivita’. Ma il dibattito sara’ serrato, e chi teme una medicina eugenica, tesa cioe’ al miglioramento del genere umano attraverso la selezione dei migliori, gia’ inorridisce. Il libro bianco e’ stato presentato da John Reid, il ministro della Sanita’, ma e’ opera del suo predecessore Alan Milburn, un riformista molto vicino al premier Tony Blair. «Una maggiore comprensione della genetica ci dara’ diagnosi piu’ accurate, previsioni del rischio piu’ personalizzate, nuove medicine e terapie che tengono in considerazione la genetica, trattamenti e prevenzioni meglio indirizzati», ha detto Reid. Per portare tale «rivoluzione genetica» nel servizio sanitario il governo e’ pronto a investire 50 milioni di sterline, oltre 70 milioni di euro. E Tony Blair, nel presentare il progetto, ha usato parole forti: «Esso produrra’ un enorme cambiamento nel modo di curare la salute. Comporta una serie di questioni etiche: ci sono eccezionali opportunita’, ma anche qualche rischio». Il libro bianco propone quattro iniziative: estendere il test prenatale per la sindrome di Down (e forse anche per la talassemia) a tutte le donne incinte, non solo quelle sopra l' eta’ a rischio di 37 anni, entro la fine del 2005; aumentare gli stanziamenti per la ricerca nelle malattie genetiche ed ereditarie; chiedere il parere della Human Genetics Commission sullo «screening» dei nuovi nati; infine introdurre (ecco il correttivo ai rischi) una legislazione che bandisca il «furto di Dna», cioe’ il test su una persona senz' autorizzazione. Quante persone riguarda tale rivoluzione? Si calcola, con le sole conoscenze odierne, che sei sudditi britannici su dieci svilupperanno, entro l' eta’ di 60 anni, una malattia almeno parzialmente determinata dal Dna. In futuro, percio’, quasi tutti potranno essere interessati alla «medicina su misura». I vantaggi gia’ oggi prevedibili sono evidenti. Si prenda il caso d' un paziente che abbia un tumore intestinale, come altre persone nella sua famiglia: oggi i suoi parenti e discendenti non possono far altro che sottoporsi a frequenti esami, in futuro sapranno da un test se avranno predisposizione genetica allo stesso tumore. Se si’, saranno monitorati in continuita’; altrimenti vivranno senza particolari preoccupazioni. Ed esempi simili si possono fare per altre sindromi, come il diabete o le malattie cardiache. Poi ci sono gli interrogativi etici. In primo luogo, come sostiene la ProLife Alliance britannica, c' e’ la possibilita’ di selezionare i nuovi nati in base a indicazioni genetiche. E' quanto oggi i genitori possono decidere, quando sanno che un feto e’ afflitto da sindrome di Down, e in futuro sara’ ancor piu’ facile disporne. Ma ci sono rischi piu’ quotidiani: il principale riguarda l' uso che le compagnie d' assicurazione possono fare di queste conoscenze genetiche. Un cittadino a rischio puo’ vedersi negata una polizza sulla vita. Ma vale anche l' esempio contrario: chi sapra’ di avere pochi anni di vita potra’ stipulare una polizza che inganna la societa’ assicuratrice. Non sono problemi nuovi: in molti Paesi le donne guidatrici, poiche’ hanno meno incidenti degli uomini, pagano minori premi assicurativi, e solo di recente la pratica e’ stata accusata di discriminazione sessuale. Ma con l' anagrafe genetica proposta da Blair il contenzioso si aprirebbe all' intera popolazione. Alessio Altichieri 2005 L' ANNO entro cui estendere il test per la sindrome di Down a tutte le donne incinte TEST GENETICI E MEDICINA TUMORI OGGI A un paziente viene diagnosticato un cancro avanzato al colon, con scarse possibilita’ di sopravvivenza. La sorella e altri parenti sono gia’ morti per un tumore all' intestino DOMANI Dopo la malattia della sorella, un test rivela la presenza nel paziente della stessa variante genica. Verra’ sottoposto a monitoraggi regolari per scoprire le prime avvisaglie del tumore DIABETE OGGI Una giovane paziente e’ spesso stanca e assetata, perde peso. Le viene diagnosticato il diabete: deve tenere sotto controllo gli zuccheri nel sangue e iniettarsi dosi di insulina ogni giorno DOMANI Un test rivela la comparsa della forma diabetica. La paziente viene subito trattata con pillole e una dieta adeguata. Le iniezioni di insulina non sono piu’ necessarie DISTURBI CARDIACI OGGI Chi sopravvive a un attacco cardiaco deve controllare con i farmaci la pressione del sangue e il livello di colesterolo, cercare di perdere peso e mangiare cibi piu’ salutari DOMANI Un test genetico accertera’ il rischio di disturbi al cuore. Anche in assenza di sintomi, i pazienti considerati a rischio seguiranno una terapia preventiva e un nuovo stile di vita FARMACOGENETICA OGGI A una donna di 58 anni viene prescritto un medicinale per prevenire un attacco cardiaco. La paziente viene pero’ colpita da gravi emorragie interne: il suo sangue non si coagula piu’ DOMANI Il metabolismo della donna non tollera il medicinale prescritto e questo aumenta i rischi di emorragia. Un rapido test farmacogenetico individua la dose piu’ adatta alla paziente ___________________________________________________________ Le scienze 26 Giu.03 IL SUICIDIO DELLE CELLULE TUMORALI La scoperta potrebbe condurre verso nuove terapie per alcuni tumori infantili Ricercatori del St. Jude Children’s Research Hospital hanno scoperto un metodo precedentemente sconosciuto con cui alcuni tipi di cellule cancerogene possono essere costrette ad attivare il meccanismo di autodistruzione noto come apoptosi. La scoperta suggerisce che farmaci progettati per attivare l’apoptosi potrebbero fare parte di efficaci terapie anticancro. Questo tipo di strategia, anziche’ fare ricorso alla chemioterapia che ha gravi effetti collaterali in grado di peggiorare la qualita’ della vita, avrebbe come obiettivo molecole specifiche nelle cellule dei tumori. La ricerca e’ stata pubblicata sul numero del 20 giugno della rivista “Molecular Cell”. Il team di scienziati ha stimolato l’apoptosi somministrando alle cellule del tumore un farmaco chiamato rapamicina, che blocca l’azione della proteina mTOR. Questa proteina stimola un processo biochimico che porta ad aumentare la produzione di proteine essenziali per la proliferazione cellulare. “Impedire la sintesi di queste proteine fondamentali bloccando mTOR - spiega il farmacologo Peter Houghton - mette le cellule in crisi. Viene infatti interrotta una cascata di eventi chiamata JNK e questo, in assenza del gene p53, provoca l’autodistruzione della cellula”. Il gene p53 e’ presente nelle cellule normali, ma e’ mutato e inattivo in quasi la meta’ di tutti i tipi di cancro. ___________________________________________________________ Le scienze 24 Giu.03 COME SI DIFFONDE IL CANCRO DELLA PROSTATA La proteina RKIP sopprime l’invasione vascolare da parte delle cellule tumorali Gli oncologi sanno bene che non e’ il tumore della prostata in se stesso ad uccidere i malati, quanto piuttosto la sua diffusione dalla prostata al resto del corpo. Ma si sa ancora relativamente poco sui motivi per cui alcuni tumori si diffondono e altri no. Un nuovo studio di scienziati dell’Universita’ del Michigan ha ora scoperto uno dei fattori cruciali di questo processo di metastasi. Nel numero del 18 giugno della rivista “Journal of the National Cancer Institute” (vol. 95, n. 12), il team afferma che una proteina chiamata RKIP governa la capacita’ delle cellule del tumore della prostata di abbandonare la propria posizione originale e di entrare nei vicini vasi sanguigni, che li trasportano al resto del corpo. Lo studio mostra che RKIP e’ fondamentale in questo processo di invasione vascolare, il primo di una cascata di eventi che porta alla metastasi. I tumori che producono una quantita’ normale di RKIP sembrano non essere in grado di fare il salto nel sistema vascolare, ma se c’e’ carenza della proteina la metastasi puo’ avere luogo. “Il gene che codifica per RKIP - spiega Evan Keller, principale autore dello studio - sembra essere un soppressore della metastasi, coinvolto nel bloccaggio dei processi di segnalazione cellulare che permettono alle cellule del tumore di entrare nel flusso sanguigno. Se in un tumore c’e’ espressione di RKIP, questo primo importante passo sembra meno probabile”. I ricercatori hanno fatto questa scoperta usando in parte campioni di tessuti provenienti da pazienti sotto cura per tumori metastatici della prostata. Si ritiene tuttavia che la proteina RKIP possa essere coinvolta anche in altre forme di tumore. ___________________________________________________________ Repubblica 24 Giu.03 "LE PILLOLE DIMAGRANTI SOFFOCANO I POLMONI" Venezia, presentati due nuovi studi. Fanno passare la fame ma rovinano i vasi sanguigni e fanno anche salire la pressione di SAVERIO CORRER VENEZIA - Riducono il peso del corpo, ma aumentano la pressione nella circolazione polmonare, con gravi rischi per il cuore: riparte da Venezia l[b4]allarme sulle pillole per dimagrire, il cui consumo aumenta alle porte dell[b4]estate per ritrovare velocemente la forma perduta. Difficolta’ respiratorie, facile affaticabilita’, vertigini: sono i sintomi dell[b4]ipertensione arteriosa, una patologia che interessa oltre 200.000 persone in Italia e che colpisce soprattutto le donne (70%). Ad assumere i farmaci anti-fame sono infatti soprattutto giovani donne fra i 30 e i 40 anni, che vedono nelle pillole per dimagrire una scorciatoia per tornare magre alle porte dell[b4]estate. Sotto accusa alcune sostanze che bloccano la fame, i cosiddetti anoressizzanti, che possono avere, in alcune persone, effetti indesiderati sui polmoni, provocando il restringimento o l[b4]occlusione dei vasi sanguigni che li alimentano. E[b4] quanto risulta da due ricerche internazionali presentate ieri a Venezia, nel congresso mondiale sull[b4]ipertensione arteriosa polmonare. [ab]Le sostanze anoressizzanti - ha spiegato il presidente del congresso, Nazzareno Gallie’, dell[b4]universita’ di Bologna - agiscono liberando la serotonina, il neurotrasmettitore che blocca la sensazione di fame. Ma in alcuni casi questa stessa sostanza puo’ avere serie ripercussioni sulla circolazione polmonare, provocando la vasocostrizione o l[b4]occlusione dei vasi sanguigni[bb]. Questo scatena l[b4]ipertensione arteriosa polmonare, una grave malattia caratterizzata dall[b4]aumento della pressione nella circolazione polmonare che determina un sovraccarico del cuore e che, nel tempo, puo’ condurre allo scompenso cardiaco. Il legame tra l[b4]uso di pillole antifame e l[b4]ipertensione arteriosa polmonare e’ dimostrato nelle due ricerche, condotte dalle universita’ di Bologna e di Parigi-Sud su oltre 2000 pazienti con ipertensione arteriosa polmonare. E[b4] risultato infatti che il 30% dei soggetti colpiti aveva fatto uso di pillole anoressizzanti a base di fenfluramine, amfetamine e fenilpropanolamina. [ab]L[b4]uso di queste sostanze come anoressizzanti e’ ormai vietato, tuttavia alcuni effetti possono comparire anche a distanza di cinque anni[bb], ha osservato Gallie’. [ab]Adesso - ha aggiunto - si stanno valutando le caratteristiche genetiche che possono rendere alcune persone piu’ suscettibili agli effetti negativi degli anoressizzanti[bb]. Entrambi i lavori hanno coinvolto 10 famiglie italiane seguite all[b4]universita’ di Bologna. L[b4]alterazione dei due geni provoca un aumento della proliferazione cellulare e questa, ha osservato Gallie’, porta all[b4]occlusione dei vasi polmonari. [ab]La circolazione del sangue trova maggiore resistenza, tanto che il cuore fa fatica a lavorare contro l[b4]aumento di pressione. Il risultato finale - dice Galle’ - e’ che il cuore diviene una vittima secondaria di un problema a livello del circolo polmonare e si scompensa[bb]. ___________________________________________________________ La Stampa 25 Giu.03 VARECHINA CONTRO LA SARS L’IPOCLORITO DI SODIO CONTINUA AD ESSERE UNO DEI DISINFETTANTI PIU’ VALIDI ED EFFICACI IN casa ce l'abbiamo tutti: come potremmo farne a meno? Per sbiancare i tessuti la varichina e’ indispensabile. Ossidando le molecole organiche che danno alla stoffa una tonalita’ giallognola, infatti, questa sostanza non fa piu’ assorbire loro parte della luce visibile. Quest'ultima viene cosi’ riflessa inalterata e si ottiene l'effetto bianco. Prima che lo svedese Carl Wilhelm Scheele notasse nel 1774 le proprieta’ sbiancanti del cloro, gas da lui scoperto, il candeggio dei tessuti avveniva con la luce solare. Un passo avanti fu fatto pochi anni dopo: Claude-Louis Berthollet - un savoiardo che si era laureato in medicina a Torino e si era poi trasferito in Francia - scopri’ gli ipocloriti e sviluppo’ un metodo di candeggio basato su di essi. Egli lavorava con l'industriale Leonard Alban, in un luogo chiamato Javelle. Fu lo stesso Alban che alla soluzione sbiancante dette il nome di eau de Javel: ancora oggi in Francia la varichina e’ conosciuta con questo nome. L'etimologia del termine italiano invece viene da vare’cchi, ceneri di alghe marine, ricche di soda caustica, una delle materie prime necessarie per la produzione dell'ipoclorito. Come disinfettante l'ipoclorito di sodio fu usato gia’ nel 1820; sette anni dopo, esso e l'ipoclorito di calcio erano raccomandati per disinfettare e deodorare ospedali e gabinetti: in genere qualsiasi superficie contaminata da sangue o fluidi corporei. In quegli anni Friedlieb Ferdinand Runge, un chimico tedesco, aveva usato il cloro come disinfettante durante un'epidemia di colera. Si deve pero’ arrivare alla seconda meta’ del XIX secolo perche’ il francese Louis Pasteur e il tedesco Robert Koch dimostrassero in laboratorio l'effetto battericida dell’ipoclorito. Sempre un francese, Albert Calmette, dimostro’ che questa sostanza distruggeva il batterio della tubercolosi, resistente invece all'alcool. Da allora molto tempo e’ passato, ma l'ipoclorito rimane fondamentale per disinfezione di ferite e ustioni, biberon e tettarelle (chi non ha sentito rammentare l'Amuchina e il metodo Milton?), ma anche per l'acqua da bere e delle piscine. Si trova sotto varie forme: come soluzione di ipoclorito di sodio, ipoclorito di calcio in polvere o dicloroisocianurato di sodio in tavolette, forse la formulazione chimica piu’ efficace come disinfettante. Il suo potere di contrastare virus e batteri fa raccomandare fortemente l'ipoclorito dalle autorita’ sanitarie internazionali per contrastare AIDS, epatite, poliomielite e colera. Si deve al non aver dato retta al WHO, l'ente mondiale della sanita’ - che consigliava di clorare l'acqua potabile - se in Peru’ scoppio’ la grave epidemia di colera, causa di oltre seimila morti fra il 1991 e il 1996. Quel paese aveva agito cosi’ perche’ aveva dato un credito eccessivo a Greenpeace. Questa associazione aveva fatto presente che alcuni studi su animali, peraltro sottoposti a dosi molto superiori a quelle impiegate normalmente, avevano mostrato possibilita’ di un aumento del rischio di cancro a causa dell'uso di composti clorurati nell'acqua potabile. E pensare che invece proprio in quel periodo la Iarc, l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, raccomandava la clorazione dell'acqua potabile… Venendo ai nostri giorni, nella recente "emergenza antrace" degli Stati Uniti si e’ consigliato l'uso di soluzioni d'ipoclorito di sodio per eliminare le spore del batterio Bacillus anthracis dalle superfici che si ritenevano infettate dai terroristi, e del gas biossido di cloro per la bonifica degli uffici pubblici contaminati. Quei tempi, seppure recenti, sembrano lontani. Ora a preoccuparci e’ un'altra emergenza: la SARS, che tante vittime ha causato in estremo oriente e in Canada, riempie le cronache e fa temere che l'epidemia possa diffondersi da noi. Anche stavolta vengono in soccorso i derivati del cloro. Fortemente raccomandati l'ipoclorito in soluzione allo 0.1 % o un cucchiaio di varichina diluito in un litro d'acqua. Usati come disinfettanti per ambienti e oggetti che possono essere venuti a contatto con il virus della SARS, ci aiutano a tener lontana quella malattia tanto temuta. _________________________________________________ THE OBSERVER 18 May ROBOT TO TRANSFORM BYPASS SURGERY A surgeon at St Mary's Hospital in Paddington, London, has carried out the UK's very first totally endoscopic robotic coronary artery bypass (TECAB) operation, eliminating the need to crack open a patient's rib cage to access their heart. Mr Roberto Casula and his surgical team perform the TECAB operation on a beating heart with the help of St Mary's Da Vinci system, already famed as the first such robot in the UK. The robot's arms are positioned into the chest cavity via four one cm small incisions. Like traditional surgery, a healthy blood vessel from inside the chest wall - such as the internal mammary artery - is removed and grafted onto the heart to bypass the blocked artery. "TECAB surgery is unique because unlike a traditional bypass operation there is no need to open up the chest. This provides a huge number of benefits for the patient including just a small amount of scarring, less pain (and use of pain killers), a reduced chance of post-operative infection and blood transfusion and importantly, quicker mobilisation speeding along a good physical and emotional recovery," says Mr Casula, Consultant Cardiothoracic Surgeon and Robotic Cardiac Programme lead. One of the first people to benefit is 72 year-old John Cast from St Albans who was discharged just four days after surgery. The retired Physicist says: "I feel very lucky that I've had this procedure. I thought I was having a traditional bypass until I received a call asking me to come into St Mary's to see if I was suitable. Before the surgery, I had to limit my physical activity because I was concerned about putting extra pressure on my heart. I can't believe how quick my recovery has been and how much better I feel already." "We have had 100 per cent success rate in the few patients treated so far. However, we are not in a position to offer this surgery to every patient. Currently, only patients who require a single vessel bypass are suitable, but we have high hopes of increasing the use of the system in the near future," adds Mr Casula. This procedure is part of Imperial College London and St Mary's Robotic Surgical Programme led by Professor Sir Ara Darzi. Since the programme's inception in February 2002, more than twenty minimally invasive cardiac surgical procedures have been performed. "To be able to use such techniques in major life-saving surgery is very exciting. We are continually fine-tuning the work we do, but I've no doubt that what we have achieved will make a serious impact on the future of bypass surgery," concludes Mr Casula. -ends- Notes to editors 1. Photographs of TECAB surgeon Mr Roberto Casula and patient John Cast are available. For more information or interview requests contact Felicity Slayford on 020 7886 7783. 2. Since first arriving in St Mary's theatres, Da Vinci has been used to operate on over 100 patients with a range of abdominal, cardiac, oesophageal and urological problems. The minimally invasive approach means quicker recovery for patients from what is often major surgery. 3. Over 25,000 people each year in the UK require coronary artery bypass surgery to restore blood flow to heart muscle that has been damaged because of coronary artery disease. 'RoboDoc' paves the way for safer heart operations Thousands of patients are set to benefit from success of revolutionary bypasses Jo Revill, health editor Sunday May 18, 2003 The Observer Doctors have performed the country's first coronary artery bypass surgery using tiny robotically controlled instruments which eliminate the need to open up the patient's chest. The breakthrough, which could herald the development of faster, safer heart operations for thousands of patients, involves just one surgeon using high- resolution 3-D images to guide instruments to the correct part of the heart. In traditional surgery, a team of 12 staff is needed in theatre because of the complexity of the procedure. The totally endoscopic robotic coronary artery bypass operation (Tecab) has been performed on four patients in London, all of whom have recovered much faster than would have been the case with conventional techniques. Avoiding the need to crack open a patient's rib cage to gain access to the heart means there is less scarring, less pain and a much shorter stay in hospital, as well as a significantly reduced risk of infection. The robotic arms are guided into the chest through four tiny incisions made between the ribs. The surgeon uses them to manipulate surgical tools, just a few millimetres long. As in traditional surgery, a healthy blood vessel is taken from inside the chest wall, and grafted onto the heart to bypass the blocked artery. Mr Roberto Casula, consultant cardiothoracic surgeon who performed the four operations, said: 'This surgery is unique. I think the benefits for the patient are very great. They will have just a small amount of scarring, and far less pain, with less need for painkillers. There is also a reduced risk of infection and blood transfusion, and they are up and about more quickly. The beauty of this operation is that it also preserves the lung and the heart function.' 'It is still early days, and we need to see far more patients in order to collect the data on its effectiveness.' More than 25,000 people each year in the UK need coronary artery bypass surgery to restore the blood flow to heart muscle that has been damaged. There are three major coronary arteries that run on the surface of the heart, supplying the muscle with blood and allowing it to pump around 100,000 times a day. The main cause of heart disease is atherosclerosis, when the coronary arteries harden or start to 'fur up' as fatty substances gather on their walls. This can lead to an artery becoming blocked and the risk of angina, or a heart attack. Some people have just one blocked artery, while others need a far more complicated triple bypass in order to survive. But for Casula, who is used to working with an entire team during the operation, it is daunting. 'It is not an easy task, and this is the most demanding work I've ever done in cardiac surgery,' he said. 'But I don't get nervous, and you know that two years of planning have gone into this procedure, so that it will work. We are continually fine-tuning the work we do, but I have no doubt that what we've achieved will make a serious impact on the future of bypass surgery.' The first stage of the three-and-a-half-hour operation is for four robotic arms to be inserted through the ribs. One of the arms contains a camera which sends back clear, 3-D images of the heart onto a screen near the surgery. It has between 12 and 15 times magnification, far greater than is usually used in keyhole surgery. Another arm, a pole made of plastic, has a stabiliser, which is used to hold the diseased coronary artery in place while the bypass is performed. The other two are the right and left-hand arms which are used to hold the micro-vascular tools to perform the surgery. The robot, known as Da Vinci, has an 'endo-wrist' which is as flexible as a human wrist, and holds the micro-vascular tools in place as they perform the graft. One of the first patients to benefit was John Cast, a 72-year-old retired physicist from St Albans, Herts, who was discharged from hospital just four days after surgery, compared with the usual two-week stay. He told The Observer: 'I feel very lucky that I've had this procedure. I thought I was going to have a traditional bypass until I received a call asking me to come into St Mary's to see if I was suitable. 'Before this surgery, I had to limit my physical activity because I was concerned about putting extra pressure on my heart. I can't believe how quick my recovery has been, and how much better I feel already.' The question now is whether surgeons can hope to use the technique to perform a double, or even triple bypass. 'We are not in a position to offer this surgery to every patient,' commented Casula. 'Currently, only patients who require a single vessel bypass are suitable, but we have high hopes of increasing the use of the system in the near future.'