ISTAT: COM’E’ CAMBIATA L’UNIVERSITA’ ITALIANA CAGLIARI: DECOLLA IL PARCO TECNOLOGICO SENZA FONDI LA RICERCA MUORE NIENTE TAGLI ALL’IRPEF PER DARE OSSIGENO ALLA RICERCA D’AMATO:RIFORMARE ATENEI E RICERCA MISURE URGENTI PER LE UNIVERSITA’» MORATTI:PIU’ FLESSIBILITA’ PER 'INNOVAZIONE CONTENTO: «PIU’ FONDI A CHI PUNTA SULLA RICERCA» L'UNIVERSITA’ DEI SOGNI DI LETIZIA MATTEI: IL COMMISSARIO DELLA RICERCA ITER AGEVOLATO PER I TITOLI UE ECCO COME OTTENERE LA LAUREA CON INTERNET STUDENTI CONTESI TRA UNIVERSITA’: INDAGATO L’EX MINISTRO SCOTTI PROFESSORI PAGATI COME DIVI DI HOLLYWOOD TOR VERGATA: PROTESTA DEGLI STUDENTI: TASSE PIU’ ALTE DEL 60% TOR VERGATA, LA PROTESTA BLOCCA L' AUMENTO CAVALLINI SELVAGGI DI SARDEGNA ================================================================== MEDICI, FORMAZIONE PIU’ PESANTE UN IMPEGNO GRADUALE SULLE RISORSE PER I GIOVANI SPECIALIZZANDI LA VITA, UN LABORATORIO APERTO SCONFIGGERE IL DOLORE SASSARI: SIGARETTA SELVAGGIA IN OSPEDALE MEDICI-DENTISTI A DOPPIO ALBO SOLARUSSA: ASSASSINATA NELL’AMBULATORIO PUTZOLU: FRA REGIONE E UNIVERSITA’ SENZA LE INTESE SANITA’ A RISCHIO TAGLIATO UN POSTO LETTO SU TRE PER LE FERIE DEGLI INFERMIERI BROTZU: DALLA CORSIA AL PALCOSCENICO SAN RAFFAELE: 32 ANNI PER LA RICERCA LE MOLECOLE SONO LA NUOVA FRONTIERA E LA TELE-CHIRURGIA ABBATTE LE DISTANZE LA SCIENZA SCOPRE IL CIBO CHE GUARISCE IL SUDORE, ARMA LETALE CONTRO I BATTERI OMS "L'EPIDEMIA SARS E’ STATA ARGINATA" TRAPIANTI DI FEGATO, LA SFIDA DI PAVIA SIRCHIA AI VETERINARI: «MORFINA AGLI ANIMALI ANCHE LORO SOFFRONO» C’E’ QUALCHE SPERANZA DI RIPARARE IL CERVELLO? PREVENZIONE: DEGENERAZIONE MACULARE SENILE CREATO EMBRIONE CON DUE SESSI SCOPERTO UN NUOVO CEPPO DEL VIRUS DELL’AIDS ================================================================== _____________________________________________________ La Stampa 3 Lug. ’03 ISTAT: COM’E’ CAMBIATA L’UNIVERSITA’ ITALIANA Ma il numero di chi si laurea e’ ancora troppo basso La riforma universitaria e’ ormai entrata in vigore a pieno regime e sta portando notevoli mutamenti per quanto riguarda i nuovi iscritti alle diverse Universita’ d’Italia. Un’indagine Istat indica che il 22% della popolazione di 25-64 anni e’ in possesso al piu’ della licenza elementare, il 34,9% ha un titolo di studio secondario inferiore, il 6,4% possiede una qualifica professionale, il 26,9% ha un diploma di scuola secondaria superiore e il 9,8% risulta laureato. Lo scenario cambia se si considera la sola fascia di popolazione di 25-34 anni. La percentuale di coloro che sono in possesso soltanto dell’istruzione obbligatoria si riduce nel complesso al 42,7%, mentre si amplia al 57,3% la quota di chi prosegue gli studi oltre la licenza media. Benche’ oltre 8 giovani su 10 possiedano il diploma di scuola media inferiore o superiore, il numero di chi ha una qualifica professionale o una laurea e’ ancora piuttosto contenuto. Nel 2000, su 100 ragazzi che hanno superato l’esame di maturita’, 65,2 si sono iscritti all’Universita’. Si tratta di circa 310 mila nuove matricole (273 mila ai corsi di laurea e 38 mila ai corsi di diploma). Sono 109 gli Atenei nel nostro paese, 76 pubblici e 33 privati. Gli studenti totali sono quasi 1 milione 674 mila, il 55,4% femmine, l’1,4% stranieri. Di questi, oltre 1 milione 560 mila e’ iscritto a corsi di laurea; i restanti, piu’ di 113 mila, a corsi di diploma. Le facolta’ piu’ affollate sono quelle a indirizzo giuridico (13,8%), economico statistico (13%) e politico-sociale (11%). Quote inferiori nei settori di educazione fisica, agraria e architettura. Nonostante le molte immatricolazioni, solo un numero relativamente contenuto di giovani conclude gli studi: su 100 studenti immatricolati meno di 50 riescono a laurearsi. Lo dimostrano i dati sugli abbandoni: infatti, il 25% degli studenti abbandona gli studi gia’ al primo anno di corso. L’abbandono in genere dipende o da una insoddisfacente scelta del corso di laurea o da ostacoli incontrati nello studio. Tali difficolta’ si ripercuotono anche sull’irregolarita’ delle carriere universitarie. Nell’anno accademico 2002/2001, su 100 iscritti ai corsi di diploma e di laurea quasi 37 risultano fuori corso. Anche in questo caso vi sono differenze significative a seconda dei diversi Corsi di Laurea scelti. Le facolta’ che registrano la piu’ alta percentuale di studenti fuori corso sono quelle a indirizzo giuridico dove ben 52 studenti su cento si laureano al di fuori dei tempi previsti. Seguono le facolta’ a indirizzo letterario (43%) ed economico-statistico (41%), mentre le facolta’ che presentano valori al di sotto della media sono quelle a indirizzo chimico-farmeceutico (25%), psicologico (22%) ed infine quelle ad indirizzo medico con 17 studenti su 100 fuori corso. Il ritardo accumulato si ripercuote, di conseguenza, sulla durata complessiva del corso di studi che risulta, inevitabilmente, piu’ lunga. Basti pensare che nel 2000 i laureati fuori corso ammontano all'85,3% del totale con una punta massima nelle facolta’ di architettura (96,5%) e minima nel settore medico ove la percentuale di studenti che si laureano fuori corso supera di poco il 50%. Sembra, comunque, che i risultati universitari dipendano anche, in parte, dal tipo di scuola frequentata in precedenza. A conseguire la laurea sono in media il 55% degli studenti provenienti da licei, contro il 37% di quelli provenienti da scuole magistrali, il 31% degli studenti che hanno frequentato istituti tecnici e solamente il 23% di quelli provenienti da istituti professionali. Sono anche interessanti i dati relativi alle carriere irregolari (oltre il 37% degli studenti e’ fuori corso), sulle lauree fuori corso (l’85% dei 140 mila laureati l’anno e’ fuori corso), sull’eta’ media alla laurea che e’ pari a 26,5 anni. Ma, ora che la riforma sta entrando a pieno regime, anche l’eta’ media dei laureati si sta abbassando radicalmente e con essa, probabilmente, cambieranno anche molte cose riguardo ai risultati conseguiti dai nuovi laureati. _____________________________________________________ L’Unione Sarda 5 Lug. ’03 CAGLIARI: DECOLLA IL PARCO TECNOLOGICO Un fondo per le imprese innovative Entro la prossima primavera anche la Sardegna avra’ un propulsore economico dell’attivita’ di ricerca avanzata, collegata a Polaris, il Parco scientifico e tecnologico che il Consorzio 21 ha inaugurato ieri sera all’hotel Costa dei fiori, a Pula, con un gran gala a cui hanno partecipato i due Nobel Carlo Rubbia e Rita Levi Montalcini. Proprio il Consorzio regionale - assieme a Sfirs, Confindustria sarda, Apisarda e alla societa’ di investimenti e consulenza finanziaria E-Venture di Padova - ha firmato ieri un protocollo d’intesa per costituire una societa’ di gestione del risparmio (Sgr) con il compito di sostenere in modo sistematico progetti innovativi. “Med Venture spa” nascera’ entro luglio con un capitale sociale di 100.000 euro sotto il controllo azionario del Consorzio 21, la cui quota e’ destinata a scendere dal 51 al 30% con l’imminente ingresso delle universita’ di Cagliari e Sassari ed eventualmente di partner istituzionali, come Comuni e Province. La Sfirs, la finanziaria regionale avra’ il 24,10%, Confindustria e Api Sarda una partecipazione del 4,95% ciascuna, mentre E-Venture deterra’ il 15%. Sull’esempio di Galileo, analoga societa’ nata un anno fa nel Nord-Est, la missione di Med Venture Sgr sara’ promuovere e gestire fondi chiusi di investimento mobiliari, sotto il diretto controllo della Banca d’Italia. I finanziamenti dei progetti di ricerca o di imprese innovative avverranno sotto forma di partecipazione della societa’ con quote fra il 10 e l’80%. Il limite iniziale con cui Med Venture concorrera’ e’ di 25 milioni di euro, che consentira’ - secondo le stime dell’amministratore delegato di E-Venture, Amedeo Levorato - di sostenere fra i 25 e i 30 investimenti, nei quali saranno coinvolti “risparmiatori” internazionali. In questo modo - hanno spiegato Levorato, i presidenti della Sfirs Alberto Meconcelli, di Confindustria Riccardo Devoto, dell’Api Sarda, Diego Casu, e del Consorzio 21 Antonello Fonnesu - sara’ possibile, per esempio, trasformare in prodotto prototipi ottenuti con contratti di ricerca impresa-universita’ o sostenere aziende europee o internazionali decise a stabilire un laboratorio scientifico e produttivo in Sardegna. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 30 Giu. ’03 SENZA FONDI LA RICERCA MUORE Agnoli (Confindustria Emilia-Romagna): «Guardiamo con fiducia alla nuova legge regionale» innovazione come strada obbligata delle imprese che puntano a consolidare la loro presenza sui mercati nazionali ed internazionali. L'impegno delle imprese regionali in tal senso e’ forte ma quel che manca e’ un adeguato sostegno pubblico, causa, soprattutto, al venir meno dei fondi statali che uno strano concetto di federalismo ha finito per tagliare.«Le imprese dell'Emilia Romagna mostrano forte impegno e una elevata capacita’ di investire in ricerca e innovazione. Lo confermano spiega il segretario generale di Confindustria EmiliaRomagna Mario Agnoli i dati sui brevetti industriali e quelli sull'utilizzo degli strumenti nazionali ed europei a sostegno della ricerca. Occorre in questo senso sottolineare i dati sulla partecipazione delle imprese, specie quelle piccole e medie, al V programmaQuadro dell'Unione europea. Dal IV al V programma Quadro le Pmi italiane coinvolte in progetti approvati sono cresciute del 64 per cento».Ma quel che preoccupa e’ il taglio dei fondi. Solo in EmiliaRomagna, infatti, secondo le analisi condotto da Silvano Bertini, funzionario dell'assessorato regionale alle Attivita’ produttive, e’ valutabile in circa 200 milioni il gap tra risorse disponibili e richieste delle imprese sui programmi di finanziamento ad hoc. «Bastí osservare spiega Bertini che nell'ultimo bando regionale per sostenere spese di ricerca e sviluppo (legge 140), i 1.875 progetti approvati avrebbero richiesto quasi 99 milioni di contributi, che invece sono stati ridotti diquasi il 70%, date le risorse disponibili, cioe’ a 30 milioni. Per non dire del fatto che a complicare il quadro rispetto al tema delle politiche regionali per la ricerca e l'innovazione c'e’ la sospensione, avvenuta tra gennaio e dicembre, dei due principali strumenti a sostegno dell'attivita’ di ricerca e innovazione da parte delle imprese (il Dlgs 297/99 e la legge 46/82) che per l'EmiliaRomagna vale circa 130 milioni di contributi in meno».Una capacita’ progettuale, aggiunge Agnoli, e un forteimpegno verso l'innovazione che contrasta pero’ con un quadro di risorse disponibili non sufficiente> specie a livello nazionale. «In questo senso aggiunge il segretario generale di Confindustria regionale le imprese guardano alla nuova legge regionalecon grande attenzione e positive aspettative. Si tratta di un'opportunita’ importante per far crescere il sistema della ricerca in EmiliaRomagna e per avvicinare il sistemaproduttivo alle Universita’ e ai centri di ricerca. L'obiettivo dovrebbe essere quello di sostenere progetti di ricercadi eccellenza scientifica e di sviluppare una rete per il trasferimento tecnologico nella nostra regione». E le linee di intervento prospettate dall'assessore alle Attivita’ produttive Duccio Campagnoli vanno proprio in questa direzione. «Per il 2004 assicura Campagnoli saranno disponibili 43 milioni per la ricerca, nel contesto del nuovo Piano triennale 20032005 che fissera’ criteri innovativi come la creazione di centri ad hoc per l'innovazione e il sostegno alle imprese che esternalizzano la ricerca».Da parte sua anche il sistema Camerale spinge sul pedale della ricerca e dell'innovazione che rappresenta, assicura il presidente della Cdc Bologna Gian Carlo Sangalli, una buona quota degli investimenti per circa 410 milioni favoriti dai contributi agevolati che hanno interessato 4200. Giorgio Costa _____________________________________________________ Italia Oggi 4 Lug. ’03 IL GOVERNO PRONTO A RIMANDARE I TAGLI ALL’IRPEF PER DARE OSSIGENO ALLA RICERCA Lo ha annunciato ieri il viceministro dell'economia, Mario Baldassarri, a un convegno del Cnel DI FILIPPO CALERI Il governo si prepara a fare marcia indietro sul fisco piu’ leggero. E a rinviare di un anno il secondo modulo della riforma dell'Irpef promesso ai contribuenti italiani. Obiettivo: dirottare verso gli investimenti nella ricerca e innovazione i fondi che sarebbero serviti a tagliare le tasse. ); l'ipotesi che ha anticipato ieri il viceministro dell'economia, Mario Baldassarri, durante il convegno organizzato al Cnel sulla valorizzazione del sistema Italia nel processo di integrazione europea. «Stiamo valutando se ci siano le risorse finanziarie per il secondo modulo della riforma Irpef. Su cui si potrebbe fare una scelta. Cioe’ sacrificare la riforma del secondo modulo fiscale in favore di altre voci, rimandandolo di un anno. Potremmo anche dire: il secondo modulo Io rimandiamo di un anno e con le risorse a disposizione facciamo l'innovazione per quest'anno», ha spiegato il viceministro. Che ha anche parlato dei tempi e dei temi che saranno considerati nel prossimo Dpef. Un capitolo, in particolare, sara’ dedicato alla politica industriale ed energetica. Per evitare futuri rischi di blackout, ma anche per recuperare la competitivita’ del sistema Italia, gravata oggi da un costo per kwh piu’ Mario Baldassarvialto, in media, di 2,5 centesimi di euro rispetto a quello dei partner europei. «La madre di tutte le competitivita’ e’ il posizionamento strategico dell'Italia nel campo dell'energia. Non e’ possibile parlare di competitivita’ del sistema Italia finche’ avremo uno zoccolo di 50 lire al kwh in piu’ rispetto agli altri paesi», ha detto Baldassarri.Le linee contenute nella programmazione non riguarderanno, pero’, solo le future scelte in materia energetica, ma anche quelle piu’ generali sulla politica industriale italiana. «Occorre riportare la responsabilita’ politica nella definizione della politica industriale, indipendentemente dai colori delle diverse maggioranze. Mi auguro che la verifica del programma di governo sia su queste tematiche. Confido che queste scelte vengano tradotte nel Dpef e rese operative con la prossima Finanziaria», ha aggiunto Baldassarri. Quanto ai tempi per la presentazione del Dpef, la data indicativa e’ stata collocata intorno al 15 luglio, giorno in cui a Bruxelles si riunisce il consiglio dei ministri economici e finanziari. «Sarebbe opportuno che fosse approvato prima dell’Ecofin, per andare a Bruxelles con il programma gia’ indicato.Ma non ci poniamo problemi tassativi di scadenza», ha detto il viceministro dell'economia. Immancabile, poi, il riferimento alla riforma del sistema pensionistico, ma con una posizione differente rispetto a quella espressa dall'asse Berlusconi Tremonti, che ha indicato la sostenibilita’ dei sistemi previdenziali tra le priorita’ del semestre Ue. «Il problema delle pensioni e’ comune a tutti i paesi dell'Unione europea, ma con diverse accezioni: ognuno corregga le distorsioni a casa propria».«L'attuale sistema in vigore in Italia non da’ certezze alle future generazioni. E la riforma Dini del '95 ha consentito solo di non far esplodere il sistema», ha aggiunto il numero due del ministero dell'economia. Sullo stesso tema e’ intervenuto ieri, sempre al Cnel, l'eurocommissario per la concorrenza Mario Monti, secondo il quale «la Commissione e’ pronta ad assumersi, se i singoli stati lo chiederanno, la responsabilita’ di affrontare l'argomento, che avrebbe dovuto essere trattato gia’ dieci anni fa, nella consapevolezza, pero’, che questo potrebbe incrinare il rapporto cittadini Commissione, che gia’ non e’ dei migliori in quanto Bruxelles e’ spesso ritenuta come un impositore». Sulle riforme strutturali, pero’, secondo Baldassarri, «e’ meglio un coordinamento europeo, anche se poi sara’ ogni governo nazionale a doverle realizzare». _____________________________________________________ Il Sole24Ore 4 Lug. ’03 COMPETITIVITA’ Per il presidente di Confindustria D'Amato serve una nuova gestione dei finanziamenti D’AMATO:RIFORMARE ATENEI E RICERCA Assegnando risorse ai privati si puo’ colmare il gap con gli Usa - Bracco: evitare di disperdere i fondi NAPOLI Investire in ricerca per recuperare l'ampio gap che separa l'Europa dagli Stati Uniti, in Italia puntare sulle riforme della Ricerca e dell'Universita’. Questo, in estrema sintesi, l'invito che ieri il presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, ha rilanciato al Governo italiano. Del resto la Confindustria nelle settimane scorse aveva gia’ piu’ volte riproposto il tema della ricerca e dell'innovazione sui tavoli del Governo italiano, anche in vista della discussione sul Dpef, e sul tavolo del semestre di presidenza europea. «Si tratta ha detto D'Amato di riforme per la competitivita’: occorre affrontare la questione del patto di stabilita’ europeo, in modo da liberare piu’ investimenti».L'occasione e’ stata offerta dal convegno su «Ricerca e innovazione», organizzato dalla Regione e da Confindustria Campania, che si e’ tenuto ieri alla Citta’ della Scienza a Bagnoli. Per D'Amato, e’ necessaria una diversa politica di sostegno pubblico alla ricerca, con maggiori risorse. «La questione del patto di stabilita’ ha detto va affrontata durante il semestre italiano di presidenza. Non si puo’ continuare con una visione ragionieristica del patto». Per il leader di Confindustria, si possono coniugare maggiori investimenti con il rigore nel controllo della spesa pubblica (da difendere evitando le «generosita’» manifestate nel rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici).A questo proposito, il viceministro per la Ricerca e l'Universita’, Guido Possa, ha confermato la difficolta’ di reperire nuove risorse, specie nell'attuale congiuntura. Una proposta in merito e’ stata pero’ avanzata dall'assessore alla Ricerca della Regione Campania Luigi Nicolais e dal nuovo commissario straordinario del Cnr, Adriano De Maio: finanziare la ricerca attraverso l'otto per mille.Ma i finanziamenti non sono tutto. In Italia, per D'Amato, deve essere riformato tutto il sistema degli atenei: «Per anni ha ricordato invece di investire in centri di eccellenza, abbiamo speso somme ingenti per creare piccoli atenei. Cosi’ oggi l'Italia non dispone neppure di un campus». Insomma, per il numero uno di Confindustria, occorre «introdurre una cultura di competenza, trasparenza e responsabilita’».Parlando delle imprese, D'Amato ha chiarito che chi sostiene di continuo che gli industriali italiani investono poco nella ricerca, rischia di «cadere in un luogo comune». A esempio, ha spiegato, «negli Usa, le imprese gestiscono direttamente «investimenti pubblici che non vengono assegnati solo a enti di ricerca». Ma adesso, per il leader di Confindustria, l'Italia e l'Europa devono recuperare l'ampio squilibrio nel campo della ricerca rispetto agli Stati Uniti. Una forbice aperta che si misura in termini di risorse investite, di brevetti, di numero di ricercatori impegnati. II presidente della Regione Campania, Antonio Sassolino ha rivolto da parte sua un invito al presidente di Confindustria. «La Regione ha detto Bassolino in linea con i contenuti del Patto per la competitivita’, e’ pronta a investire nuove risorse e a mettere a disposizione quelle gia’ disponibili». Poi ha chiarito: «Confindustria e i segretari dei sindacati vengano a Napoli per un confronto a settembre per formulare un patto in versione regionale». Invito che il leader degli industriali ha dimostrato di aver apprezzato. Di «federalismo della ricerca» ha parlato anche la presidente di Federchimica, Diana Bracco, nel senso di valorizzare le specifiche competenze, «evitando ha detto di cadere nella trappola di tanti singoli livelli governativi». Insomma, per l'imprenditrice e’ indispensabile «definire i principi per un nuovo sistema della ricerca che soddisfi le esigenze di carattere nazionale e locale ed eviti inutili dispersioni e duplicazioni. L'obiettivo finale da realizzare e’ quello della qualita’». VERA VIOLA _____________________________________________________ Il Sole24Ore 3 Lug. ’03 II SOTTOSEGRETARIO CONTENTO: «PIU’ FONDI A CHI PUNTA SULLA RICERCA» ROMA a Piu’ incentivi per la ricerca delle imprese. «Il Governo ha il compito di rimuovere gli ostacoli, affinche’ le imprese ritengano conveniente investire in ricerca» ha dichiarato ieri Manlio Contento, sottosegretario al Ministero dell'Economia, durante la cerimonia per l'assegnazione del premio Sapio per la ricerca svoltasi ieri a Roma. Riccardo Pedrizzi, presidente della commissione Finanze del Senato, ha affermato che «il nostro Paese mostra un livello estremamente basso della spesa per ricerca e sviluppo effettuata dalle imprese». Pedrizzi ha poi aggiunto che «come suggerito dall'accordo sottoscritto da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, e coerentemente con la legge delega di riforma del sistema fiscale, e’ necessario introdurre, specialmente per le piccole e medie imprese, uno strumento di agevolazione fiscale a carattere permanente per gli investimenti in ricerca e sviluppo».I premi Sapio per la ricerca Italiana2003 sono stati assegnati a ricercatori e gruppi di ricerca che hanno sviluppato studi su applicazioni innovative in cinque diversi ambiti. I premiati sono Pasquale Avino dell'Ispesl (settore ambiente), Renato Bazzo dell'Irbm (tecniche Nmr), Marina Carini dell'Universita’ di Mílano(tecniche analitiche per la ricerca), Agostino Iacobazzi dell'Enea (energia e trasporti), Caterina Pistarini della Fondazione Maugeri (salute) e Silvia Bradamante del Cnr («Menzione Speciale» 2003). _____________________________________________________ La Stampa 2 Lug. ’03 MISURE URGENTI PER LE UNIVERSITA’» Questo il decreto legge da poco approvato dal Consiglio dei Ministri (2 maggio 2003) su proposta di Letizia Moratti, Ministro dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca. Secondo la fonte (Miur, Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca) con il provvedimento viene istituito uno speciale «fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilita’ degli studenti». Complessivamente le risorse disponibili ammontano a circa 75 milioni di euro. Tra gli obiettivi del Fondo per gli studenti, prevale la volonta’ di sostenere la mobilita’ internazionale degli studenti, anche nell’ambito del programma europeo Socrates-Erasmus, con l’erogazione di borse di studio integrative. Inoltre, assegnare agli studenti meritevoli - iscritti a corsi di laurea specialistica e di dottorato di ricerca - assegni per l’incentivazione delle attivita’ di tutorato e didattico-integrative, propedeutiche e di recupero. Ancora, promuovere, in determinate aree scientifico-disciplinari, corsi di dottorato di ricerca inseriti in reti nazionali e internazionali di collaborazione interuniversitaria, coerenti con le linee strategiche del Programma nazionale per la ricerca. E incrementare i finanziamenti per gli assegni di ricerca e per le borse di dottorato e post-dottorato in modo da passare dalle attuali 3.000 a 8.000 borse. Tale misura avvicinera’ l'Italia ai livelli di Francia e Germania, i Paesi comunitari con un maggior numero di borse. Altro obiettivo quello di incentivare le iscrizioni degli studenti a corsi di studio inerenti ad aree disciplinari di particolare interesse nazionale e comunitario quali matematica, scienze e tecnologie. Questa misura e’ in linea con l'orientamento comunitario e con quanto adottato a Bruxelles dal Consiglio dei Ministri europeo. In sostanza, i Ministri europei si impegneranno a incentivare la promozione degli studi scientifici e tecnologici nell’ambito del perseguimento degli obiettivi comuni europei. Infine, un intervento specifico: l’articolo 2 integra infatti la legge Finanziaria 2003 che permette di razionalizzare le assunzioni a tempo determinato da parte degli enti di ricerca e delle universita’. In particolare, e’ data facolta’ alle universita’ e agli enti di ricerca di ampliare le assunzioni a tempo determinato mediante il reperimento di fondi propri al fine di cofinanziare progetti di ricerca in campo europeo. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 4 Lug. ’03 Il ministro Letizia Moratti sul Patto di stabilita’ MORATTI:PIU’ FLESSIBILITA’ PER 'INNOVAZIONE Valutare la spesa per l'istruzione come investimento ROMA «Implementazione» e’ una parola che a Mario Monti non piace. «La detesto», dice ma poi e’ costretto a usarla per spiegare che questo semestre europeo di presidenza italiana riguardera’ «proprio l'implementazione della strategia di Lisbona». Un lavoro a due tra «Governo italiano e Commissione Ue» che, insieme, nei prossimi mesi si dedicheranno «ai temi dello sviluppo del capitale umano perche’ la conoscenza deve essere il fattore competitivo europeo». Il commissario europeo spiega che non e’ sua «competenza citare il Patto di stabilita’» ma, accanto a lui al Cnel, e’ seduta Letizia Moratti che annuisce e poi rilancia: «Bisognerebbe pensare a interpretazioni piu’ flessibili del Patto di stabilita’ per consentire che la spesa in istruzione e ricerca venga considerata come un investimento. Questo consentirebbe maggiori interventi pubblici, avvicinando i Paesi all'obiettivo di Lisbona del 3% di investimenti sul Pil in conoscenza. Analogo ragionamento - ha aggiunto il ministro dell'Istruzione - si puo’ fare anche per quei Paesi che hanno gia’ raggiunto il target di Lisbona ma che hanno problemi di welfare, sanita’, occupazione: se la spesa in ricerca viene calcolata come investimento, questo consentira’ di liberare risorse sul sociale». Ieri al Cnel si e’ parlato delle priorita’ del semestre europeo e, senza dubbio, la ricerca e l'istruzione hanno conquistato il primo posto. Da qui passa la competitivita’ che, secondo il ministro per le Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, «deve diventare la misura di ogni decisione di Governo». Il ministro centrista comincia il suo intervento con un commento su quanto accaduto a Strasburgo («una battuta infelice di Berlusconi ma a seguito di una provocazione straordinariamente pesante») ma poi torna a parlare dei temi centrali del semestre, Convenzione, competitivita’ e modello sociale europeo. E, naturalmente, del tallone d'Achille di oggi dell'Europa: la crescita. «Non bisogna risparmiare su chi decide il futuro - dice - per non ritrovarci con un bilancio in ordine ma fuori dallo sviluppo». Anche il commissario Ue Mario Monti si e’ soffermato sulla debolezza europea e, pur non condividendo la tesi di una bassa crescita dovuta all'euro e al processo di integrazione, ha commentato: «Se davvero e’ stato questo il sacrificio, ne e’ valsa la pena: siamo arrivati a due eventi storici come la moneta unica e nuovi confini territoriali con un processo pacifico, non e’ mai avvenuto nella storia del mondo». Subito dopo Monti tocca le dolenti note delle riforme strutturali. E se qualche settimana fa aveva paragonato Bruxelles a San Sebastiano, infilata dalle frecce degli Stati nazionali, questa volta ha ripetuto: «Si parla della Maastricht del Welfare, della Lisbona delle pensioni: tutte ipotesi che danno all'Europa un po' di responsabilita’ per le misure che si varano. Bruxelles e’ pronta ad accollarsene una certa dose. E’ un gioco che fa parte del processo europeo che pero’ puo’ erodere l'immagine dell'Europa presso le opinioni pubbliche». A non accettare il gioco "pilatesco" e’ il viceministro dell'Economia Mario Baldassarri: «Le responsabilita’ delle riforme strutturali sono nazionali», ha detto legando la necessita’ di interventi al tema dello sviluppo su cui oggi dibattono i «sostenitori dei vizi capitali del passato, inflazione, deficit alti e svalutazione competitiva» e i «mandarini finanziari». Due partiti che non lasciano spazio a una via nuova fatta da una moneta, «1'euro che deve essere la pietra d'appoggio perche’ l'Europa possa costruire un suo modello di crescita e non un totem da adorare». Senza sperare che 1'Ue come «una bella addormentata» si limiti ad aspettare «il principe azzurro straniero» perche’ rischia poi di essere svegliata «l'11 settembre». LINA PALMERINI _____________________________________________________ Il Manifesto 5 Lug. ’03 L'UNIVERSITA’ DEI SOGNI DI LETIZIA Il ministro esige efficienza: aule nuove, laboratori funzionanti, professori adeguati al numero degli studenti, alto numero di laureati. Ma di investire soldi non se ne parla, anzi: chi non ce la fa perdera’ i finanziamenti. Risultato: meno qualita’ didattica e tasse piu’ alte per gli studenti CINZIA GUBBINI ROMA Il ministro Moratti non va mai in vacanza. Cosi’, il 3 luglio, ha inviato a tutti i rettori italiani e al Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu) le nuove linee guida per un'universita’ efficiente, che determineranno nell'anno accademico 2005-2006 la vita o la morte delle facolta’ che non rispettano i parametri morattiani. Gli obiettivi individuati sono: «ridurre i tassi di abbandono; aumentare il numero degli studenti attivi; ridurre i tempi necessari per il conseguimento del titolo di studi; rafforzare la coerenza tra formazione erogata e fabbisogni del mercato del lavoro; aumentare la mobilita’ nazionale e internazionale degli studenti e dei docenti». Fin qui, l'universita’ dei sogni. Ma passiamo agli strumenti: perche’ per creare un sistema universitario siffatto in presenza di una cronica mancanza di finanziamenti, c'e’ n'e’ da inventare. I riferimenti principe rimangono quei «requisiti minimi», individuati dal Comitato di valutazione. Che cosa prevedono? Innanzitutto un numero definito di insegnanti per studenti. Ad esempio: nei corsi di scienze matematiche dovra’ esserci un professore ogni 75 studenti al massimo. Il numero cresce nel caso delle facolta’ umanistiche. Ancora: la capienza delle aule universitarie dovra’ essere adeguata agli iscritti al primo anno di corso. Dovra’ esserci un tutor ogni 20 o al massimo 40 iscritti. E poi: effettiva disponibilita’ e fruibilita’ di «strutture appropiate». E, infine, il bastone: dall'anno accademico 2005-2006 i finanziamenti verranno distribuiti in base ai risultati di processo, e cioe’ «percentuale di abbandoni dopo il primo anno di iscrizione; percentuale di immatricolati che nell'anno di prima iscrizione non hanno ottenuto un'adeguata percentuale di crediti; percentuale di laureati nel limite della durata del corso, aumentata di un anno; percentuale di occupati ad un anno dal conseguimento del titolo, in relazione al contesto». La valutazione degli atenei viene affidato al Comitato nazionale di valutazione, che dovra’ monitorare il risultato conseguito dai corsi di laurea. «La lettera del ministro e’ un fatto importante - afferma uno dei membri del Comitato, il professore dell'Universita’ di Catania Alessandro Corbino - anche se bisogna tener conto che i risultati, nel sistema universitario, sono sempre e solo di lungo periodo. Basti pensare che la liberalizzzione delle iscrizioni, avvenuta nel `69, ha dato i primi risultati nell'80! Per quanto riguarda i risultati nell'inserimento lavorativo, bisogna fare ugualmente attenzione. E' un compito difficile, il mercato del lavoro e’ complesso, mobile, un corso di laurea ha un ciclo di cinque, sei anni, e nel frattempo cambiano le condizioni. Per questo le facolta’ dovrebbero imparare ad essere flessibili. Non lo sono, ma e’ una questione soprattutto culturale che richiede tempo per cambiare». Di tempo il ministro, ne da’ pochino: due anni. Ma sorgono anche altre considerazioni. Intanto, quale potra’ essere l'effetto perverso di inserire una logica di stretta produttivita’ a un contesto di produzione culturale come l'universita’? Per esempio, che le facolta’ inizieranno a promuovere chiunque e a far laureare chiunque, pur di ricevere i finanziamenti. E, a parte questo, come faranno gli atenei a rispondere agli standard richiesti, visto che non hanno un euro? Chi glielo va a dire alle molte universita’ italiane, che entro due anni sara’ necessario dotarsi di aule «europee»? Considerando la sola Roma, nell'ultima settimana abbiamo assistito: alla proposta del senato accademico di Tor Vergata di aumentare ulteriormente le tasse e alla decisione da parte delle facolta’ di Scienze della comunicazione di sospendere le iscrizioni per il prossimo anno, vista l'inadeguatezza delle strutture. Gli studenti di Comunicazione hanno occupato la presidenza della facolta’ dichiarando: «Il problema non e’ certo degli studenti». Come sempre, il ministro-manager stabilisce standard impeccabili, ma non valuta la soddisfazione dello studente- utente. Se il ministro Moratti ambisce a un sistema universitario europeo, perche’ non si pone il problema di investire nell'universita’ tanto quanto investe l'Europa, invece di minacciare ulteriori tagli di fondi? «I punti individuati dal ministro sono dei prerequisiti di qualita’ - osserva Cristiano Violani, membro del Nucleo di valutazione dell'ateneo La Sapienza - che per essere raggiunti in molte universita’ e in molti corsi di laurea richiedono risorse adeguate». _____________________________________________________ Il Manifesto 1 lug. ’03 IL COMMISSARIO DELLA RICERCA Al Cnr va Roberto de Mattei, discusso studioso per le sue posizioni fondamentaliste Altre due decisioni importanti sono cadute venerdi’ sulla testa dei ricercatori. La prima e’ la nomina, dopo settimane di incertezze, del commissario straordinario dell'Inaf, l'Istituto nazionale di astrofisica, che riunisce i 12 osservatori astronomici italiani piu’, dopo la riforma del governo, tre istituti che appartenevano al Cnr. Si tratta di Piero Benvenuti, per vent'anni all'Agenzia spaziale europea (Esa) responsabile del coordinamento europeo del telescopio spaziale Hubble, con sede a Monaco di Baviera. Un outsider dunque, che il governo ha scelto su indicazione del premio Nobel per la fisica Riccardo Giacconi. La comunita’ astronomica, come dice Franco Pacini, membro del disciolto consiglio direttivo, «tira un sospiro di sollievo: e’ una persona competente e seria che speriamo possa far bene. II governo ha voluto epurare, ma a Benvenuti non manchera’ la collaborazione. Sempre che lo lascino lavorare liberamente».«Credo che avro’ la liberta’ di lavorare afferma Benvenuti . Nonostante il decreto mi dia un potere da dittatore, cerchero’ di avvalermi delle migliori esperienze per scrivere i regolamenti piu’ efficaci. Gli obiettivi sono quelli di mantenere l'eccellenza a livello internazionale, soprattutto nei progetti europei, e se possibile trasferire le tecnologie che sviluppiamo all'industria. E' nel mio stile ascoltare i pareri di tutti e una volta deciso motivare le scelte. Iniziero’ subito un giro negli osservatori e negli istituti per capire quali siano le aspettative della comunita’».La seconda notizia e’ che il commissario del Cnr Adriano de Maio, insediatosi giovedi’, ha nominato i tre subcommissari previsti dal decreto. Oltre a Fabio Pistella, ex direttore del disciolto Istituto nazionale di ottica applicata (Inoa), di cui si mormorava la nomina da alcuni mesi e a cui e’ stata affidata la delega di sostituire de Maio in sua assenza, c'e’ Giorgio Recchia, docente di diritto pubblico a Roma Tre e membro del Comitato per le scienze giuridiche e del Comitato nazionale per le scienze e le tecnologie dell'ambiente del Cnr. Ma il subcommissario piu’ contestato e’ Roberto de Mattei, consigliere politico del vicepremier Fini e docente di storia moderna all'Universita’ di Cassino nonche’ fondatore del centro culturale Lepanto, che come suggerisce il nome (la battaglia di Lepanto del 1571 fu quella in cui la Lega cristiana fermo’ l'avanzata in Europa della flotta islamica ottomana) «ha come fine la difesa dei principi e delle istituzioni della Civilta’ Cristiana» e «rappresenta un polo di pensiero e di azione di area conservatrice e tradizionale» che «si richiama al Magistero immutabile della Chiesa Cattolica».De Mattei conobbe le luci della ribalta nel 2000 quando organizzo’ una «marcia penitenziale di espiazione per l'offesa recata alla capitale del cristianesimo dal gay pride». Una fissazione, quella dell'omofobia: fra i libri segnalati sul sito troviamo Chiesa e omosessualita’, le ragioni di una immutabile condanna, ma anche Il video tentatore, Guerra santa, guerra giusta, L'invasione silenziosa (quella degli «extracomunitari» ovviamente) e Islam, anatomia di una setta. Molti storici hanno subito protestato. In una lettera inviata a de Maio e pubblicata sabato su Repubblica scrivono che «la matrice fondamentalista di alcune sue asserzioni su momenti essenziali della democrazia cosi’ come sui valori della laicita’ dello stato e del dialogo fra culture e religioni si colloca non solo in contrasto coi principi della Costituzione ma anche in conflitto con le premesse della collaborazione scientifica internazionale e coi caratteri originali della ricerca storica». _____________________________________________________ Il Sole24Ore 3 Lug. ’03 ITER AGEVOLATO PER I TITOLI UE La qualifica di psicoterapeuta va riconosciuta anche senza laurea BOLZANO a Il titolo di psicoterapeuta, acquisito in Austria, deve essere considerato valido anche in Italia, in base alla direttiva 89/48/Cee, pur senza aver conseguito la laurea in psicologia. Lo ha stabilito il Tribunale regionale di giustizia amministrativa (Trga) di Bolzano, che con una sentenza del 27 giugno, ha dato ragione a Heinrich Lanthaler, cittadino altoatesino, che negli ultimi anni ha pero’ vissuto in Austria.La sua vicenda e’ per molti versi esemplificativa delle difficolta’ legate alla libera circolazione. Psícoterapeuta in Austria, dove per esercitare la professione non occorre ne’ il titolo di laurea in psicologia, ne’ un conseguente tirocinio di quattroanni; e disoccupato in Italia. «Si tratta di una sentenza di portata normativa. Per la prima volta in Italia il Tar di Bolzano ha disapplicato la legge 56/89, ritenendo prevalenti le disposizioni comunitarie contenute nella direttiva che disciplina il libero esercizio delle professioni nell'ambito della Ue», ha commentato uno dei legali di Lanthaler, l'onorevole del gruppo del Sud Tirol, Karl Zeller.«Del resto il mio assistito ha continua Zeller dopo sei anni di formazione professionale ha ottenuto il diploma che, in virtu’ della legge austriaca del '90, abilita alla professione, oltre al "certificato europeo di psicoterapia" che attesta la formazione secondo gli standard Eapper garantire la mobilita’ all'interno dell'Ue. Tuttavia, il ministero della Giustizia ha negato il relativo riconoscimento».Ora la difesa ha diffidato il ministero «di accogliere entro e non oltre 30 giorni» dalla notificazione, la domanda di riconoscimento dei titoli professionali. Si legge ancora nella diffida che «il Trga, ai sensi della direttiva, ha confermato che devono essere riconosciuti in Italia, i titoli rilasciati da un Paese membro della Comunita’ Europea attestanti una formazione professionale al cui possesso la legislazione del medesimo Stato subordina l'esercizio di una professione e cio’ anche se si verifica una situazione di discriminazione invertita, vale a dire se per cittadini italiani che conseguono la propria qualificazione in Italia siano prescritte regole piu’ restrittive per ottenere l'accesso alla professione».Nel caso di grandi divergenze tra la formazione in Austria e quella in Italia «sono solamente consentite spiega Zeller misure di compensazione o prove attitudinali; la sussistenza o meno di divergenze deve essere verificata dal ministero, che non ha provveduto in questo caso». Di qui, «1'illegittimita’ del diniego motivato con la mancata iscrizione nell'Albo degli psicologi e la mancata prova del possesso della laurea». _____________________________________________________ La Stampa 3 Lug. ’03 ECCO COME OTTENERE LA LAUREA CON INTERNET dal ministero le regole per studiare a distanza Anche in Italia sara’ possibile la laurea a distanza, mediante Internet. E’ infatti divenuto operativo il decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Universita’ e della Ricerca, Letizia Moratti, emanato di concerto con il Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca, concernente i criteri e le procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle universita’ statali e non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici. Come si legge sul sito del Ministero dell'Istruzione, dell'Universita’ e della Ricerca (Miur, www.miur.it), Letizia Moratti ha dichiarato che «l'universita’ a distanza consente di estendere l'insegnamento universitario all'intero arco di vita (life long learning) raggiungendo anche fasce di popolazione che per diversi motivi sono impossibilitate ad accedere alla formazione universitaria, quali - per esempio - gli studenti-lavoratori, gli anziani, i malati e i soggetti deboli ed emarginati. Questo provvedimento, inoltre, ci permette di realizzare un'Universita’ italiana nel mondo in grado di valorizzare la nostra cultura e le nostre specificita’. E’, infine, uno strumento utile per rafforzare i legami tra l'universita’ e il mondo del lavoro favorendo la partecipazione di privati, utilizzando le esperienze delle scuole di management aziendale, riqualificando i lavoratori con l'utilizzo di nuovi strumenti di formazione». Da parte sua il Ministro Lucio Stanca ha sottolineato che «l’e-learning e’ una delle cinque aree che l'Unione Europea ha posto come fondamentali per lo sviluppo dell'Information Society. In particolare, mediante l'applicazione dell'innovazione tecnologica, e’ possibile abbassare drasticamente i costi necessari per la laurea rendo cosi’ l'universita’ veramente accessibile a moltissime persone». I corsi universitari, organizzati con le piu’ moderne tecnologie informatiche e telematiche, sono finalizzati al rilascio di titoli accademici previsti dalla normativa vigente. Il decreto stabilisce anzitutto che i corsi di studio a distanza «sono istituiti e attivati dalle universita’ negli studi statali e non statali e utilizzano le tecnologie informatiche e telematiche in conformita’ alle prescrizioni tecniche» indicate nello stesso decreto. E’ inoltre previsto che i titoli accademici possano «essere rilasciati da istituzioni universitarie promosse da soggetti pubblici e privati e riconosciute secondo i criteri e le procedure» previste dal decreto. I corsi di studio a distanza sono caratterizzati da: utilizzo della connessione in rete per la fruizione dei materiali didattici e lo sviluppo di attivita’ formative basate sull’interattivita’ con i docenti-tutor e con gli altri studenti; impiego del personal computer; monitoraggio continuo del livello di apprendimento. L’organizzazione didattica valorizza al massimo le potenzialita’ dell'Information & Communication Technology (ICT), in particolare la multimedialita’ e l’interattivita’, in modo da favorire percorsi di studio personalizzati e di ottimizzare l’apprendimento. Specifiche norme sono previste per l’accreditamento dei corsi di studio. In particolare, una Carta dei Servizi che prevede la metodologia didattica e la stipula di un apposito contratto con lo studente. La valutazione degli studenti delle Universita’ telematiche e’ svolta nelle sedi degli stessi atenei e tramite verifiche di profitto. Il personale docente a tempo indeterminato delle Universita’ telematiche viene reclutato secondo le modalita’ previste dalla legge. Gli atenei, inoltre, possono stipulare appositi contratti di diritto privato con personale in possesso di adeguati requisiti tecnico-professionali. _____________________________________________________ Il Messaggero 5 Lug. ’03 STUDENTI CONTESI TRA UNIVERSITA’: INDAGATO L’EX MINISTRO SCOTTI L'ex ministro Vincenzo Scotti e’ indagato a Roma per ricettazione in un procedimento nato dalla denuncia di un college di livello universitario con sedi in Italia, la Ese international Ltd (riconosciuta dalla Nottingham Trent university) la quale lamenta un'attivita’ finalizzata alla sottrazione di studenti da parte della Link university di Malta, anch'essa con sedi in Italia, controllata da una societa’ della quale Scotti e’ presidente. Il gup Giorgio Maria Rossi ha respinto una richiesta di archiviazione presentata dal pm Antonella Nespola e ha disposto la restituzione del fascicolo al pm per la prosecuzione degli accertamenti che si dovranno concludere in sei mesi. La vicenda, secondo la denuncia presentata a Lucca lo scorso anno e poi trasmessa a Roma per competenza territoriale, prende le mosse dalla duplicazione dell'archivio informatico della Ese, comprendente tutti i dati degli studenti, da parte di un dipendente, Alan Taylor, poi passato alle dipendenze della Link university. Secondo la Ese numerosi studenti sarebbero stati contattati dalla Link, sollecitati ad abbandonare l'universita’ inglese e invitati ad iscriversi al college di Malta. «Respingo con sdegno una denuncia ridicola e calunniosa», dice Scotti, «Mi riservo azioni legali a tutela della mia persona». _____________________________________________________ Corriere della Sera 30 Giu. ’03 PROFESSORI PAGATI COME DIVI DI HOLLYWOOD In America le universita’ si contendono i docenti famosi. «Sono un investimento, attirano studenti e donazioni» Un compenso di almeno duecentomila dollari per un corso di sei mesi di uno o due ore alla settimana. A parte vitto, alloggio e viaggi. «Le nostre sono imprese, presto verremo a prendere anche i migliori cervelli europei» Harvard vuole strappare a New York Niall Ferguson, autore de «L' impero». Saul Bellow esempio di insegnante «fedele» Caretto Ennio DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Lawrence Summers e’ il presidente della piu’ antica e celebre universita’ privata americana, quella di Harvard. E' anche l' ex ministro del Tesoro del presidente degli Stati Uniti Clinton e uno dei piu’ grandi economisti contemporanei. Nessuno sa investire i fondi universitari meglio di lui. E in questo momento il suo principale investimento e’ lo storico inglese Niall Ferguson, l' autore de L' impero. Ferguson e’ una star del mondo accademico e Summers sta tentando di strapparlo all' Universita’ di New York, che a sua volta lo ha appena strappato a quella di Oxford in Inghilterra. Il presidente di Harvard e’ disposto a spendere qualsiasi cifra per Ferguson. Sa che sarebbe un colpo grosso, perche’ lo storico attirerebbe i migliori studenti d' America, i piu’ massicci finanziamenti privati e l' attenzione dei media. Il caso di Ferguson, 39 anni, sposato con Susan Douglas, una dirigente della casa editrice Conde’ Nast e padre di tre figli (la famiglia e’ rimasta a Londra), non e’ un' eccezione. Da qualche anno, le universita’ americane sono a caccia dei divi dell' insegnamento, i professori piu’ noti al pubblico e con il seguito piu’ vasto. Li pagano principescamente: dai 200 mila dollari in su per uno o due ore alla settimana per un corso di sei mesi, piu’ il vitto, l' alloggio, i viaggi e cosi’ via. In un anno, una star universitaria puo’ incassare oltre 1 milione di dollari, se vi assomma le conferenze, i libri, gli articoli sui giornali. Non a caso, lo studente delle universita’ piu’ prestigiose, quasi tutte private, spende in media 38 mila dollari annui per studiare e vivere nel campus: complessivamente la laurea costera’ ai genitori 160 mila dollari. Con altri due anni di specializzazione, ne costera’ circa 250 mila. La spiegazione del fenomeno e’ semplice. In America, l' universita’ e’ un' impresa e viene gestita come tale. Niall Ferguson fu portato all' Universita’ di New York da Henry Kaufman, un banchiere di Wall Street: «Se vuole conoscere il potere e il denaro - gli disse Kaufman - deve venire qui». Lo storico insegna alla Stern School of Business per uomini d' affari, e’ stato eletto «professore dell' anno» e in suo omaggio il magnate delle assicurazioni William Berkely ha regalato alla facolta’ ben 10 milioni di dollari. Un caso opposto e’ quello della psicologa Carol Gilligan, l' autrice di Una voce diversa, la massima autorita’ americana sullo sviluppo della donna. Dopo avere insegnato per trent' anni a Harvard, la Gilligan e’ passata all' Universita’ di New York. Quando lo ha saputo, l' attrice Jane Fonda, che per le sue ricerche aveva versato a Harvard 12 milioni di dollari, ha rivoluto indietro meta’ della somma. Alcuni professori universitari restano fedeli alle loro universita’, che naturalmente li remunerano adeguatamente: l' esempio e’ quello del Nobel della letteratura Saul Bellow che si divide tra le universita’ di Chicago e di Boston. Ma sempre piu’ star cambiano bandiera e non solo per questioni di soldi. La Columbia University - la numero uno di New York, un membro della «Ivy League», la Lega dell' edera, il gotha accademico - ha «rubato» a Harvard due economisti di grido: il premio Nobel Joe Stiglitz, una voce critica del globalismo, e Jeffrey Sachs, il consulente del segretario dell' Onu Kofi Annan, affidandogli l' Istituto della terra, con un bilancio di oltre 80 milioni di dollari annui. E Princeton, l' universita’ di Einstein, ha fatto lo stesso con il docente nero Cornel West, il massimo teorico della integrazione razziale. Michael Gazzaniga, un neuroscienziato italoamericano che dalla Cornell University si e’ trasferito a quella di Dormouth - sono altre due «Ivy league» - ritiene questo fenomeno irreversibile. E avverte: presto sottrarremo all' Europa i docenti migliori. Ennio Caretto _____________________________________________________ Corriere della Sera 3 Lug. ’03 TOR VERGATA: PROTESTA DEGLI STUDENTI: TASSE PIU’ ALTE DEL 60% Tor Vergata, oggi il voto del Senato Protestano gli studenti di Tor Vergata. «Oggi il Senato accademico -- spiega Emanuele - aumentera’ le tasse universitarie. Non a caso, il 3 luglio...». Gli studenti di «Lavori in corso» hanno convocato un presidio (ore 15, Giurisprudenza), «per scongiurare l' ennesimo aumento pagato da noi». Per i ragazzi di Tor Vergata, «la proposta che oggi sara’ certamente adottata dal Senato Accademico, penalizza in modo molto pesante il portafoglio di tutte le fasce di reddito». Secondo gli studenti del collettivo «Lavori in corso», «l' aumento che i ragazzi pagheranno il prossimo anno, riguarda tutti e va dal 20 al 60 per cento». L' aumento maggiore, secondo quanto sostenuto dai rappresentanti degli studenti, «riguarda l' immatricolazione per la laurea specialistica della fascia di reddito piu’ alta». Gli studenti del collettivo «Lavori in corso», ieri, davanti all' universita’, hanno distribuito volantini per invitare gli iscritti a partecipare all' iniziativa di oggi: «E’ chiaro - dice Emanuele - che decideremo sul momento che tipo di protesta attuare. In buona parte, dipendera’ dal numero dei partecipanti. Ma e’ chiaro che faremo il possibile per evitare che la nostra universita’, che negli ultimi dieci anni ha fatto crescere le tasse del 280 per cento, adotti un simile provvedimento. Noi abbiamo presentato una controproposta per evitare che cio’ avvenga». Sapienza, un preside e mille studenti: «Chiediamo l' elemosina per l' ateneo» _____________________________________________________ Corriere della Sera 4 Lug. ’03 TOR VERGATA, LA PROTESTA BLOCCA L' AUMENTO annunciato delle tasse Capponi Alessandro La carica dei milleuno e’ una storia triste, molto italiana, altro che Walt Disney: qui, nella realta’, c' e’ il preside della facolta’ piu’ scelta da anni, Scienze della comunicazione, che propone a mille studenti una protesta eclatante, che esca dai confini locali, e superi l' inflazionata pratica delle «okkupazioni». «Cento di noi in piazza del Popolo, altrettanti in piazza Venezia, altri in piazza di Spagna - spiega il preside Domenico De Masi - fino a riempire dieci piazze storiche: mille ragazzi e un preside. Che faranno accattonaggio per l' universita’ La Sapienza». E non e’ una favola hollywoodiana. Che comincia con la decisione del Consiglio di facolta’, due settimane fa: «Scienze della comunicazione non ha piu’ spazi, i suoi 14 mila studenti sono costretti a fare lezioni nei cinema, e a questo punto e’ necessario chiudere le iscrizioni almeno per il prossimo anno». Studenti e professori hanno accolto quella scelta con una sola parola, «giusto». Fino a ieri, quando un gruppo di ragazzi dei «Collettivi» ha occupato la presidenza della facolta’. «Vogliamo sostenere la scelta del Consiglio di chiudere le iscrizioni ma solo come provocazione, perche’ - spiega Elisa - non e’ giusto negare la facolta’ agli studenti». De Masi ha incontrato il rettore Giuseppe D' Ascenzo: «Non sono state trovate soluzioni. I miei studenti pagano ogni anno 13 milioni di tasse. In tutto l' ateneo abbiamo otto impiegati, tre spazzini, e i nostri bagni a meta’ giornata sono luridi. Ora basta. I miei predecessori hanno sbagliato per dieci anni». Nasce per questo la sua proposta: «Lunedi’ incontrero’ gli studenti e proporro’ loro di chiedere l' elemosina. Siamo ridotti a questo». Indosseranno magliette per dire a tutti (in italiano, inglese, francese e tedesco): «Accattonaggio per l' universita’». Ieri, poi, a Tor Vergata doveva essere votato l' aumento delle tasse: Senato Accademico interrotto dalla protesta studentesca, con tanto di intervento della polizia. «Vittoria - dicono i ragazzi -, eravamo tanti nonostante sia estate». Tempo di vacanze, per molti, ma non per gli studenti universitari romani. Alessandro Capponi _____________________________________________________ La Stampa 2 Lug. ’03 CAVALLINI SELVAGGI DI SARDEGNA LA GIARA DI GESTURI, NEL CUORE DELL’ISOLA, OSPITA CIRCA 500 ESEMPLARI ALLA STATO BRADO NEL cuore selvaggio della Sardegna vivono allo stato brado, nei 4500 ettari della Giara, circa cinquecento cavalli di piccola taglia e di antiche origini. In particolare si tratta della Giara di Gesturi, Genoni, Tulli, Setzu, tutti Comuni in provincia di Nuoro. Un pianoro a struttura basaltica, 600 metri sul livello del mare, caratterizzato da una natura aspra, tipica della macchia mediterranea. Oggi questa zona e’ completamente disabitata, ma la presenza di numerosi resti nuragici, che circondano il territorio, fa pensare a insediamenti antichissimi. Il nome Giara e’ di etimologia incerta; alcuni studiosi lo fanno risalire a un toponimo derivante dal catalano "Haras", per indicare una terra con mandrie di cavalli. Altri da "Jara", che corrisponderebbe all'altopiano basaltico sardo. Questo splendido pezzo della Sardegna centro-meridionale e’ il luogo di origine dell'ormai mitico cavallino della Giara. Come il deserto ha forgiato l'arabo e il berbero, la difficile terra mediterranea ha contribuito a formare la struttura rustica del "pony" italico. Ma la sua conformazione e’ quella di un vero e proprio cavallo, seppure di taglia minore. Nelle caratteristiche morfologiche si riconoscono subito alcuni standard tipici degli equini di origine orientale, in special modo della razza Berbera. L'altezza al garrese arriva al massimo a 132 centimetri per i maschi, con un peso di poco superiore ai 200 chilogrammi. Il mantello del cavallino della Giara e’ principalmente baio, con varie tonalita’ piu’ scure fino al morello; la testa e’ pesante e quadrata con profilo dritto o leggermente montonino, mentre gli occhi grossi a mandorla gli conferiscono un'espressione dolce e malinconica. Il collo e’ contornato da una folta criniera che finisce sulla fronte con un ciuffo rigoglioso e ispido; gli arti sono sottili con stinchi e pastorali lunghi, in proporzione alla sua altezza, ma robusti come il suo zoccolo piccolo e resistente su ogni tipo di terreno. Possiede, percio’, doti di agilita’ unite a forza e resistenza con un temperamento vivace, nevrile e poco duttile. Nonostante questo carattere, a volte decisamente focoso, e’ sempre stato usato per la sella, lavori agricoli e dai pastori per il controllo delle greggi. La vivacita’ e la forza sono alla base, anche, dell'attuale utilizzo sportivo. In numerose manifestazioni ippiche, come nella Sartiglia di Oristano, si notano i cavalli della Giara vincere per grinta e velocita’. I cavalieri li montano in piedi sulla groppa, appaiati o in molte altre prove di tecnica equestre, mostrando abilita’ funambolica e coraggio, trasmesso dal comportamento di questi antichi animali. I cavallini della Giara vivono in assoluta liberta’ sull'altopiano e molto difficilmente si lasciano avvicinare dai visitatori; nonostante cio’ possiamo parlare di equini inselvatichiti e non certo di cavalli selvaggi, come invece furono certamente nei secoli passati. Osservarli e’ un piacere. A volte sono immobili, indifferenti al sole, al vento o alla pioggia, con un’aria sonnolenta; ma poi, in un attimo, si mettono a correre e spariscono nel folto della vegetazione mediterranea con l'agilita’ di un camoscio. Le loro origini non hanno linee genetiche chiare. In Sardegna sono passate molte conquiste con popolazioni ricche di storia equestre: fenici, cartaginesi, greci, romani, ispanici e arabi; ognuna di queste culture avra’ lasciato qualche goccia di sangue nuovo nel patrimonio genetico di questi cavalli. Negli archivi conservati nei Comuni della Giara i primi scritti certi si riferiscono a documenti di controllo del comprensorio datati 1845. Oggi l'Istituto di Incremento ippico sardo ha un ruolo fondamentale nella salvaguardia di questi cavalli. Attraverso l'affidamento di 730 ettari di altopiano e con l'acquisto da privati di piu’ di un centinaio di animali tra maschi e femmine, controlla con i propri tecnici la riproduzione in purezza dei cavallini della Giara, riconosciuto il loro notevole valore di specie e il diritto di razza particolarmente protetta. Marco Buri ================================================================== _____________________________________________________ Il Sole24Ore 4 Lug. ’03 MEDICI, FORMAZIONE PIU’ PESANTE Approvato definitivamente il recepimento delle indicazioni comunitarie sulle professioni - La Corte Ue detta le regole sull'assistenza Salgono a tre gli anni di studio per i «generalisti» - Sanatoria per gli odontoiatri ROMA a Un anno di studi in piu’ per diventare medici di medicina generale. E un tirocinio pratico piu’ pesante con periodi di formazione in ospedale e negli studi gia’ avviati dei colleghi generalisti. In compenso, taglia il traguardo la soluzione definitiva del contenzioso a livello europeo sul riconoscimento dei titoli per i laureati in medicina che svolgono attivita’ di odontoiatra. Il Consiglio dei ministri di ieri ha dato il via libera definitivo al Dlgs che recepisce la direttiva 2001/19/CE sulle professioni di infermiere responsabile dell'assistenza generale, dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista, medico. Che riconosce il diritto all'esercizio della professione anche ai medici extra Ue, purche’ il loro titolo sia stato gia’ riconosciuto in un altro Stato membro: con il Dlgs, dopo gli opportuni accertamenti potra’ arrivare l'attestato dai ministeri della Salute e dell'Istruzione. La medicina generale entra a far parte a pieno titolo anche della formazione dei medici specialisti che dovranno studiarla nelle varie specialita’. Mentre i corsi da generalista, invece, diventano di tre anni, anziche’ di due e passano dal ministero della Salute alle Regioni, che acquisiscono maggiori poteri in tutti i settori della formazione. I primi attestati "triennali" dovranno arrivare entro il 1° gennaio 2006, ma per il primo corso di formazione triennale, il cui avvio e’ previsto entro il 31 dicembre 2003, la durata puo’ essere ridotta di un anno in presenza di periodi di tirocinio teoricopratico precedenti l'esame di abilitazione svolta in ambiente ospedaliero, in uno studio di medicina generale riconosciuto o in un centro in cui i medici dispensano cure primarie. E naturalmente, col crescere del numero di anni di formazione, aumentano anche le ore di studio che salgono da 3mila a 4.800, di cui due terzi devono essere di "pratica". Rispetto a1 testo entrato a marzo a Palazzo Chigi, la versione definitiva del Dlgs emendata dal ministero della Salute e dalle Regioni prevede una serie di ritocchi che intensificano i periodi formativi: sei mesi (anziche’ 5) in medicina clinica e di laboratorio; quattro (anziche’ 2) nei dipartimenti materno infantili; dodici (anziche’ 6) nello studio di un generalista; sei (anziche’ 1) in ostetricia e un periodo tutto nuovo di formazione in pronto soccorso ed emergenza urgenza (almeno tre mesi). La formazione e’ a tempo pieno, ma le Regioni possono anche prevedere corsi a tempo parziale, purche’ il livello di formazione sia della stessa qualita’ degli studi regolamentari e l'orario settimanale non sia inferiore al 50% di quello a tempo pieno, compresi i periodi svolti in ospedale e nello studio di un medico di medicina generale. E il Dlgs nella versione finale chiarisce bene che tutto dovra’ avvenire senza spese aggiuntive per il bilancio dello Stato. Per le altre professioni (infermieri, veterinari, ostetriche, farmacisti e architetti) e’ previsto il riconoscimento della formazione effettuata in altri Stati membri che dovra’ avvenire entro tre mesi dalla relativa domanda. Sanati, infine, anche i diritti degli odontoiatri: con il Dlgs l'Italia si mette in regola su due fronti. Il primo e’ la possibilita’ per i medici iscritti al, relativo corso di laurea tra gi anni1980/81 e 1984/85, specialisti in odontoiatria o che avranno superato un corso di formazione di 360 ore, di mantenere l'iscrizione all'Albo degli odontoiatri. Il secondo e’ la previsione che tanto chi avra’ superato la "prova attitudinale" (gia’ prevista dal Dlgs 386/1998 sulla circolazione nell'Ue dei camici bianchi) quanto gli specialisti dovranno iscriversi all'Albo degli odontoiatri, ma potranno anche mantenere l'iscrizione a quello dei medici. PAOLO DEL BUFALO _____________________________________________________ Il Sole24Ore 4 Lug. ’03 UN IMPEGNO «GRADUALE» SULLE RISORSE PER I GIOVANI SPECIALIZZANDI ROMA E’ un aiuto soft, quello accordato ieri dalla Camera ai medici specializzandi. Al termine di una seduta infuocata (sospesa due volte per l'assenza del Governo) l'Aula ha approvato una risoluzione di maggioranza che impegna l'Esecutivo a prevedere «gradualmente, a partire dalla legge finanziaria per il 2004», gia’ con il prossimo Dpef, d'intesa con la Conferenza Stato Regioni, risorse finanziarie adeguate per i medici specializzandi, in attuazione del Dlgs 368/99. Che ha disposto, recependo le direttive Ue, la trasformazione delle borse di studio dei giovani medici in contratti di formazione lavoro: previsione mai attuata per mancanza di fondi. All'ordine del giorno c'era una mozione piu’ incisiva firmata da 32 deputati di tutti gli schieramenti (primo firmatario, il diessino Augusto Battaglia). Il sottosegretario all'Economia, Giuseppe Vegas, ha pero’ espresso perplessita’, ricordando che la piena attuazione del D1gs 368 "costerebbe" circa 300 milioni di curo e chiedendo di ammorbidire i toni della mozione. I deputati della Cdl hanno allora ritirato le firme e presentato la risoluzione (primo firmatario, Giulio Conti di An), che ha aggiunto la parola «gradualmente», correggendo il tiro "temporale" dell'impegno del Governo. L'assemblea ha cosi’ approvato, tra le proteste dell'opposizione, la premessa della mozione e il dispositivo della risoluzione. M.PER. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 29 Giu. ’03 LA VITA, UN LABORATORIO APERTO Come e cosa comunicare per combattere gli eccessi opposti dell’accettdzione acritica e del rifiuto totale delle conoscenze scientifiche DI CARLO ALBERTO REDI E’ sempre bene condividere alcune proposizioni prima di dibattere e valutare qualsivoglia dato 0 iniziativa. Dunque, alcune considerazioni per il lettore. Grazie alle conoscenze scientifiche, dalle caverne siamo andati sulla luna e abbiamo sequenziato interi genomi. In particolare, il sapere che deriva dalla ricerca biologica puo’ portare alla societa’ intera una varieta’ di benefici culturali, economici e medici. Se concordiamo sul fatto che il vivere sociale trae vantaggi da tale sapere, concorderemo anche sul fatto che debba essere il piu’ possibile condiviso. Invece quando si parla di scienza si passa dalla spettacolarizzazione dei suoi risultati alla nostalgia per un'Arcadia mitica, con atteggiamenti che riflettono le posizioni del grande pubblico, dall'accettazione acritica al rifiuto totale. La necessita’ di una buona comprensione dei dati scientifici, e dei loro margini di incertezza, e’ pero’ sotto gli occhi di tutti, ad esempio quando si tratta di governare in modo democratico tematiche come l'effetto serra, gli OGNI, le terapie cellulari basate sull'impiego di cellule staminali e l'anagrafe genetica, evitando i rischi di distorte applicazioni senza rinunciare ai benefici. Per noi scienziati, e’ quindi essenziale una buona comunicazione. Le universita’, la NASA e i National Institutes of Health americani sanno che solo il sostegno del grande pubblico assicura loro buoni finanziamenti e per questo hanno sviluppato una comunicazione attenta; anche da cio’ deriva il differenziale di investimento (2.8% vs 1.9% del PIL) tra Usa ed Europa e lo scarto di interesse del cittadino americano da quello europeo per le questioni scientifiche e le loro applicazioni (90% vs 48%) rivelato dall'indagine del marzo scorso dalla European Science Foundation (www.esf.org). Considerando che la grande maggioranza degli europei dichiara essere la televisione la sorgente primaria di informazione scientifica e che le settima ne e i festival scientifici sono occasioni quanto mai sporadiche, e’ necessario investire in qualita’ e quantita’. E’ da queste riflessioni che alcuni anni fa, all'Universita’ di Pavia e con l'aiuto del Collegio Ghislieri, si decise di aprire il laboratorio di Biologia dello Sviluppo per intere settimane (residenziali, intensive e gratuite) dedicate al far fare, ai giornalisti e poi ai magistrati quali testimoni sensibili dei cittadini. Cosi e’ nato l'Open lab che ora si trasferisce a Spoleto Scienza, con Fondazione Sigma-Tau, e si propone di far fare e far vedere (per far credere!) al pubblico la vita di laboratorio, con i suoi tempi, le sue procedure e le sue discussioni (anche animate) su cosa si puo’ e cosa e’ lecito fare. I temi scelti vanno dai batteri (non solo guerra biologica), alla clonazione, dai tests genetici alla fecondazione. A Spoleto vi saranno quattro postazioni, con strumenti scientifici appropriati a visualizzare aspetti specifici della organizzazione strutturale e funzionale della vita animale. Laddove lo creda interessante, divertente o curioso, il visitatore potra’ sperimentare "in proprio" come si svolgono manualmente alcune operazioni ;estrazione del DNA, fecondazione in vitro), come si scopre il mondo submicroscopico della organizzazione animale e come e’ possibile manipolarlo. Le postazioni tracciano idealmente una sorta di linea temporale, filogenetica, evolutiva della organizzazione della vita, dal DNA alla cellula, al tessuto ed all'organismo. Vorremmo collegare; bioscienze e pubblico, costituire un modello educativo, contribuire a creare un pubblico informato e critico capace da un lato di smascherare gli impostori della genetica e, dall'altro, di essere piu’ fiducioso sulla efficacia delle tecniche capaci di garantire un buon livello di precauzione (OGM e staminali insegnano). Le moderne economie di successo sono si fondate su una conoscenza scientifica diffusa che converte i dati della ricerca in prodotti e servizi (il ritardo dell'Italia al riguardo e’ spaventoso, anche se quotidianamente lamentato dai responsabili politici e delle grandi organizzazioni produttive) ma sono anche sostenute da un "public understanding of science". L'esempio di un piccolo paese come l'Irlanda potrebbe aiutare. Qui, il Ministero per la Scienza, la Tecnologia e l'Innovazione chiese ai migliori (500) scienziati, accademici, industriali, managers statali (EMBO reports, 2000, 1:460-462) su quali direttrici dovesse muoversi il futuro del paese e la risposta fu all'unanimita’ ricerca, sviluppo, tecnologia della informazione e biotecnologie. II governo agi’ di conseguenza con un investimento di miliardi di euro in questi settori e con campagne di spiegazione ai cittadini di cio’ che stava progettando. Gia’ ora l'Irlanda e’ competitiva nella scienza della informazione ed entro breve lo sara’ per le biotecnologie. Ma l'aspetto piu’ rilevante e’ che gli irlandesi hanno capito il senso profondo di questa operazione. Senza scomodare piu’ di tanto i nostri politici, che non si sognano di consultare l'accademia (vedi la giusta lamentela di Edoardo Vesentini, presidente dell'Accademia dei Lincei, in una recente intervista a Nature), basterebbe ricordare loro quello che, agli inizi degli anni '60, un grande genetista come Adriano Buzzati Traverso scriveva in una lettera dal titolo «Chi vuole soffocare i laboratori» (Gilberto Corbellini l'ha riproposta nel «Sole 24 Ore-Domenica del 10 settembre 2000) ove spiegava che se gli italiani fossero intelligenti investirebbero in ricerca per promuovere occupazione e ricchezza: pare proprio che gli italiani non siano intelligenti! E’ dal 1946 che questo paese disattende l'art. 9 e l'art. 33 del dettato costituzionale, colpito da una amnesia prolungata nel tempo sino al governo attuale che non fa certo eccezione. Nell'incontro di Lisbona nel ?0 tra i leaders politici fu deciso di lanc re un piano decennale che dovrebbe portare l'Europa entro il 2010 ad essere la economia piu’ basata sulla conoscenza di tutto il pianeta, non solo aumentando le risorse finanziarie investite in ricerca e sviluppo ma ancora di piu’ creando una cultura di interesse pubblico per la scienza e la tecnologia. L'intenzione e’ ottima anche se lontana dal realizzarsi, pero’ e’ il sistema educativo e della comunicazione che va migliorato, non solo i finanziamenti, poiche’ nessun miglioramento della ricerca puo’ essere concepito se il grande pubblico se ne disinteressa o ne diffida perche’ convinto, a torto, che i suoi addetti vogliano tenerlo lontano dalla sua torre d’avorio. _____________________________________________________ L’Espresso o3 lug. ’03 SCONFIGGERE IL DOLORE Prima la sofferenza era considerata un sintomo incurabile: Oggi e’ affrontata come una malattia. Da diagnosticare. E da sconfiggere IL 16 ottobre 1846, a un tipografo di Boston di nome Gilbert Abbott, steso su un tavolo operatorio del Massachtisetts General Hospital, fu fatta inalare una misteriosa sostanza chiamata etere. Era il primo essere umano a subire un intervento chirurgico senza provare il minimo dolore. In presenza di un gruppo di medici e studenti, seduti nella sala operatoria su stretti sedili di legno, il chirurgo Jqhn Collitts Warren pratico’ un'incisione nella mascella di Abbott per estrarne un tumore, mentre il paziente dormiva profondamente, Era nata l'anestesia e in quello stesso istante la chirurgia era entrata in una nuova era. Tanto che il "People's Journal" di Londra proclamo’: Abbiamo sconfitto il dolore. Magari fosse cosi’ semplice. Anche se gli interventi chirurgici non sono piu’ dolorosi come un tempo, la sofferenza continua a rovinare l'esistenza di innumerevoli esseri umani. I suoi effetti psicologici, spesso devastanti, vanno dalla depressione all'ansia e all'insonnia. Negli Stati Uniti i suoi costi, tra spesa terapeutica e mancato guadagno, si aggirano annualmente sui 100 miliardi di dollari. Non c'e’ da stupirsi se il mondo della medicina guarda con estremo interesse a questo problema. Sono gli stessi pazienti a chiedere che il dolore non sia piu’ considerato solo come l'epifenomeno di un incidente o di una malattia, ma come una patologia a tutti gli effetti. Grazie ai piu’ recenti progressi della scienza, in particolare gli studi sul cervello e il progetto genoma, e della tecnologia medica, gli scienziati hanno cominciato a sbrogliare l'intricata matassa del Sistema Dolore a livello molecolare. La ricerca sta isolando i geni associati al dolore, anche per scoprire le influenze legate ai fattori emotivi e al genere, e consentire la messa a punto di trattamenti piu’ mirati. Sono poi allo studio miglioramenti dei metodi di somministrazione dei farmaci: gli scienziati prevedono che un giorno, dopo un semplice test per diagnosticare la natura dei dolore, il trattamento verra’ prescritto su misura per ciascun individuo. “E’ un periodo esaltante», afferma Michael Safter, direttore del Centro terapia dei dolore dell'Universita’ di Toronto. «Siamo nel mezzo di una rivoluzione. E dire che, nella sua forma piu’ acuta ed elementare, Il dolore ci e’ dato a fin di bene. Se a qualcuno capita di portare alle labbra un caffe’ bollente, immediatamente fa sua lingua trasmettera’ al cervello un messaggio che lo fara’ sobbalzate e lo indurra’ a, bere piu’ lentamente, risparmiando alle sue cellule ulteriori danni. Chi pensa che sarebbe bello non provare mai piu’ dolore dovrebbe considerare la sorte delle persone affette da analgesia congenita. E il caso, relativamente raro, degli individui nati senza i sensori dei dolore; costretti a una lotta incessante per non soccombere alle lesioni che si procurano senza rendersene conto, o a rischi come quello di un'appendicite latente. Per lo piu’ queste persone muoiono in giovane eta’, vittime di ferite o di infezioni che attaccano i tessuti deteriorati dalle continue lesioni. Se quindi la nostra sensibilita’ al dolore ci costringe a sopportare momenti poco piacevoli, va considerato che essa e’ un'indispensabile protezione contro i pericoli che ci minacciano. Ma il dolore cronico, che non allenta la presa per mesi o anni, e a volte per una vita intera, e’ tutt'altra cosa. Prendiamo quello causato dall'artrite reumatoide, dal cancro o da disturbi nervosi ancora misteriosi, dei quali spesso non si riesca e identificare la causa. Nessuno potrebbe descriverli meglio di chi li subisce. La quarantaduenne Cynthia Toussaint, dopo uno strappo dei tendine subito 21 anni fa, soffre di intensi dolori in ogni parte del corpo, dovuti a una sindrome distrofica che l'ha costretta a letto per quasi dieci anni: “E’ come se mi avessero dato fuoco dopo avermi cosparsa di benzina», dice. Un'altra paziente, Lisa Scorr, descrive l'emicrania che la tormenta da vent'anni come «un arpione rovente conficcato in testa. In che modo l'organismo produce sensazioni cosi’ atroci? Venticinque anni fa, si insegnava agli studenti di medicina che i messaggeri chimici viaggiano lungo un percorso del dolore unidirezionale, partendo dal midollo spinale per sfociare nel cervello. Gli esperti di oggi inorridiscono davanti a tanta semplicita’. Scott Fishman, capo della divisione di Terapia del dolore dell'Universita’ della California a Davis, descrive il dolore come «una sinfonia», nel senso di una dinamica complessa che coinvolge i sensori e le emozioni, la memoria e, il sistema ormonale. La sensazione parte dalle cellule (chiamate nocirecettori) che reagiscono a una lesione inviando messaggi elettrici a un'area della colonna vertebrale, il cosiddetto corno del midollo spinale: da questa porta d'accesso del dolore, i neuro trasmettitori e altre sostanze chimiche provvedono a trasferire a1 cervello un segnale: quello che all’improvviso ci fa gridare 'ahi!’. IL cervello interpreta il messaggio e risponde scatenando un esercito di analgesici: le endorfine o oppiodi endogeni, cosi’ come altre sostanze (tra cui la repinefrina; per attutire il dolore. La scienza sta scoprendo solo ora il gran numero di attori coinvolti in questi processi. Il modo, in cui questi attori interagiscono tra loro dipende da una serie di fattori, l'intensita’ dei dolore, l'esistenza di un pericolo imminente, e persino lo stato d'animo del soggetto in quel dato momento. Se, ad esempio, ci si ferisce mentre si e’ inseguiti da una bestia feroce, o mentre si e’ impegnati in una partita di calcio, il cervello emette livelli di analgesici piu’ elevati, per attutire il dolore, fintanto che dura lo stato d'emergenza. Ma questo stesso sistema che opera al nostro servizio puo’ anche incepparsi: ecco perche’ alcuni soggetti, come Cynthia Toussaint, sono afflitti da dolori cronici. Per capire con precisione la causa di questa disfunzione bisognera’ riuscire a penetrate un mistero complesso, che si presenta in molteplici stratificazioni. Per ora, la scienza e’ riuscita almeno a scoprirne alcune componenti importanti. Dopo un infortunio, il midollo spinale individua il punto della lesione e mobilita nelle vicinanze cellule sane perche’ accorrano in aiuto di quelle danneggiate. Alla fine, una volta guarita la ferita, i soccorritori vicini possono tornare alla loro vita normale. Ma i problemi sorgono quando queste cellule sane rimangono incastrate. Altri guai possono manifestarsi a livello del corno dei midollo spinale, dove si incontrano i due sistemi nervosi sensoriali del nostro organismo. II primo, di soglia elevata, ha il compito di reagire alle ferite da taglio o alle bruciature: il secondo registra le sensazioni quotidiane, come quella provocata sulle nostre dita dal giornale che stiamo leggendo. Normalmente, i due sistemi vivono in settori separati del midollo spinale. Ma quando un nervo subisce una lesione, possono intersecarsi, creando confusione tra le sensazioni lievi e il dolore di soglia elevata. Ecco perche’ i malati di herpes zoster io fuoco di Sant'Antonio non riescono a sopportare neppure un panno leggero sulla pelle. Come spiega Fishman; «Quando si arriva a questi livelli di esacerbazione di ogni piu’ piccola sensazione, il dolore da sintomo diventa malattia. Anche se siamo tutti dotati delle stesse fibre nervose di base {neuro trasmettitori e strutture cerebrali) il nostro sistema di percezione del dolore puo’ comportarsi in maniera radicalmente diversa, a seconda del genere, delle circostanze e dei fattori ereditari. E’ noto da tempo che fa soglia del dolore differisce da una persona all'altra: C'e’ chi riesce a tenere la mano nell'acqua ghiacciato per vari minuti, mentre altri non resistono neppure per pochi secondi. Grazie all'uso di sofisticate attrezzature di brain-imaging (che consentono di visualizzare il funzionamento del cervello) ora gli scienziati possono seguire queste variabili in piena azione, Jon-Kar Zubieta e i suoi colleghi dell'Universita’ dei Michigan hanno simulato il sintomo Tmj (Temporo-madibular joint pain, o dolore del l'articolazione temporo-mandibolare) iniettando a un gruppo di volontari sani piccole quantita’ di acqua salata nella mascella. Mentre i soggetti indicavano un grado di intensita’ del dolore che provavano, i ricercatori potevano osservare, grazie alla Pet (tomografia a emissione di positroni) l'attivita’ del cervello nell'atto di emettere le sostanze analgesiche. Le immagini hanno confermato non solo il rapporto tra l'intensita’ soggettiva del dolore provato dai singoli soggetti e la risposta del cervello, ma anche l'enorme disparita’ da un soggetto all'altro. Persino la reazione al dolore di uno stesso individuo puo’ variare notevolmente, a seconda del grado di concentrazione a dello stato d'animo. Grazie alta tecnologia del brain-scan. gli scienziati possono constatare con i propri occhi in che modo si genera questo processo. Catherine Bushtnell, dell'universita’ McGill di Montreal, ha sottoposto alcuni volontari a una serie di test termici, e ha scoperta che non sempre il cervello registra la reazione al calore in maniera identica: nelle stesse persone si sono registrati segnali attutiti nel momento in sui erano distrarre da suoni digitali, e le due immagini del cervello (l'una brillante, l'altra oscurata) si presentavano in maniera molto diversa. «Evidentemente, lo stato psicologico puo’ modificare il modo in cui il cervello elabora il dolore, ha commentato Bushenell «Possiamo esercitare un certo controllo sul dolore, anche se non sempre siamo consapevoli del modo in cui procediamo». La scoperta che il genere e il sistema ormonale giocano un ruolo rilevante nella percezione dei dolore non stupira’ chi aveva sempre rinfacciato all'altro sesso di essere ipersensibile. In generale le donne tendono, piu’ degli uomini, a lamentare dolori forti e persistenti. L'e’quipe di Zubieta ha svolto un test comparativo sulla reazione delle donne ai dolori mestruali all'inizio del cielo, quando il livello ormonale e’ bassa, e quindi, in un secondo tempo, sotto l'azione di estrogeni somministrati mediante un cerotto. E ha scoperto che in questa seconda fase la reazione al dolore era meno accentuata, e il sistema analgesico dei soggetti risultava molto piu’ attivo. Anche nella risposta al trattamento si e’ notata una differenza tra i generi. Jeffrey Mogil, esperto di terapia del dolore all'Universita’ McGill, ha riferito di aver trovato un capro espiatorio nel gene denominato melanocortin-1, che in qualche modo accresce la sensibilita’ individuale a una famiglia di oppioidi, e curiosamente sembra giocare un ruolo anche nel fatto che alcuni individui nascono con i capelli rossi e la pelle molto chiara. In un test sulla reazione al dolore, i volontari dei due sessi hanno riportato sensazioni similari, indipendentemente dal colore dei capelli, ma i soggetti di sesso femminile dai capelli rossi hanno dimostrato reazioni significativamene migliori ai farmaci. Questo induce a pensare nei due sessi la modulazione del dolore passi per circuiti diversi - ha commentato Mogil. La possibilita’ di isolare i geni legati al dolore ha consentito di rilevare una mole notevole di nuovi elementi sul modo in cui si producono le reazioni individuali. L'e’quipe di Zubieta ha scoperto che una lieve modificazione del gene denominato Comt, che contribuisce a regolare i livelli di dopamina e di adrenalina nel cervello, determina la differenza tra gli individui piu’ delicati e quelli in grado di resistere meglio al dolore. La scoperta dei geni coinvolti nella percezione del dolore apre nuove vie agli sviluppi in campo farmacologico. Lo scorso anno, Salter (Toronto) ha accertato che tra i topi sottoposti a pratiche di ingegneria genetica, quelli privi di un gene chiamato Dream risultano assai meno sensibili al dolore rispetto agli altri. Le societa’ di bio-tecnologie sono impazienti di sfruttare scoperte di questo tipo. L’obiettivo e’ lo sviluppo di farmaci in grado di contrastare i processi chimici specifici all'origine del dolore, anziche’ aggredire l'intero organismo. I ricercatori ritengono che un giorno le terapie saranno studiate su misura per i pazienti. Christiaff Stahter, collaboratore di Zubieta e preside della facolta’ di odontoiatria dell'Universita’ del Maryland, e’ decisamente ottimista: -Tra una decina di anni il medico prescrivera’ i farmaci antidolorifici piu’ adatti al singolo individuo in base all'esame della sua struttura genomica». Non solo, «Quella pillola sara’ magari rosa a celeste, a seconda del sesso», aggiunge Mogil. Oggi l'attenzione e’ concentrata sul miglioramento dei trattamenti di uso corrente. Vengono prescritti, ad esempio nei casi di herpes zoster, calmanti specifici per contrastare l'iperattivita’ nervosa. Gli antidoti piu’ potenti contro i dolori intensi causati dal cancro sono tuttora gli oppiacei quali la morfina e il fentanvl, che pero’ hanno effetti collaterali pesanti (nausea, costipazionej e provocano assuefazione. Ora i nuovi sistemi di somministrazione consentono di ridurre questi inconvenienti. Il fentanyl viene somministrato sotto il nome di Actqq, in una forma simile a un lecca-lecca. La Endo Pharmaceuticals sta sperimentando l'impianto sottocutaneo di una capsula delle dimensioni di un fiammifero, che puo’ assicurare tre mesi di sollievo. Ancora, sono in corso test sull’uso di oppiacei con una piccolissima aggiunta di naltrexone, una sostanza che blocca l'assuefazione. La Aradigma ha messo a punto un inalatore di oppiacei a chiusura magnetica, apribile solo con un braccialetto o un set di chiavi in dotazione al paziente. Anche il piu’ svagato degli scienziati sa bene che la strada dal laboratorio all'uso clinico e’ lunga e irta di incognite. Ma giorno dopo giorno, le tecniche sperimentate stanno contendendo terreno al dolore. All'Ospedale generale dei Massachussets si sta gia’ somministrando ad alcuni pazienti una terapia molto promettente contro i dolori vertebro-discali piu’ refrattari a ogni trattamento. In meno di un'ora, i medici inseriscano una spirale intorno al disco dolente, e la riscaldano fino a quasi 200 gradi Fahrenheit: in questo modo si rafforzano i tessuti e si distruggono le fibre nervose che trasmettono al cervello il messaggio all'origine del dolore. Non si sa ancora quali saranno i benefici di questa procedura a lungo termine; ma intanto il quarantottenne Lee Hartford, che per 15 anni ha sopportato dolori lancinanti e continui alla schiena, finalmente riesce a sorridere: Dopo poche settimane dall'intervento, ha potuto tranquillamente dire: «< Mi sento bene»: le parole sognate da chiunque soffra di dolori cronici. _____________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Giu. ’03 SASSARI: SIGARETTA SELVAGGIA IN OSPEDALE Tre medici sorpresi a fumare, uno fuori dalla sala operatoria. Ispezioni pure negli uffici postali. Nas in corsia: multe a raffica anche negli ambulatori Quando un carabiniere in borghese si e’ avvicinato per la contestazione, i camici bianchi sono rimasti senza risposta per quei controlli improvvisi sulla sigaretta selvaggia li’, a casa loro. Ma l’ospedale e’ casa di tutti e per ognuno e’ arrivata implacabile la multa: cento euro per un divieto inosservato nelle corsie e nei pianerottoli degli ospedali. Nas scatenati nelle strutture pubbliche ospedaliere, negli ambulatori e negli uffici postali, alla ricerca dei maleducati del fumo. Sulla scia di direttive nazionali cha hanno sguinzagliato militari in borghese per cinema e teatri, sale di attesa, musei e biblioteche, fioccano controlli e multe anche nel Sassarese, con qualche puntatina a Nuoro. Su 168 controlli sono state rilevate una quindicina di infrazioni, la maggior parte in ospedali e ambulatori; soltanto qualche furbastro, invece, negli uffici postali. Tempi duri anche per i fumatori incalliti della Penisola: 3145 ispezioni, anche oltre tirreno i piu’ impenitenti si trovano nelle corsie ospedaliere, seguiti subito dopo dai postali. A Sassari e dintorni dei tre medici finiti tra le grinfie dei Nas qualcuno e’ stato sorpreso a ossigenare i polmoni suoi e dei malaugurati colleghi fuori dalla sala operatoria, e cosi’ pure un’infermiera. Ognuno ha dovuto mettere mano al portafogli e sborsare cento euro di multa per quei cartelli appesi inutilmente ai muri. Mano piu’ leggera con i pazienti di alcuni reparti che ospitano malati terminali, sorpresi con la sigaretta in bocca, ad aspirare vicino a una finestra aperta. Al di la’ della sanzione, comunque non particolarmente severa, la presenza a sorpresa dei carabinieri del Nucleo antisofisticazioni nelle strutture pubbliche sta dando finalmente una smossa a un malcostume diffuso, quello di ignorare i diritti dei non fumatori se non altro in quei posti tutelati dalla legge. I primi a subire i controlli discreti ma inflessibili dei Nas erano state proprio le Asl, ma quella volta gli uffici amministrativi. E anche li’ qualche dirigente era stato beccato in flagrante, immerso in una nuvoletta di fumo. Poi era toccato al tribunale e agli uffici giudiziari di via Roma. Da allora e’ passato qualche mese, all’interno degli uffici giudiziari non si vede piu’ una sigaretta. Chi proprio non sa rinunciare scende le scale e approfitta del piazzale davanti all’ingresso. Tutti, anche i fumatori, stanno meglio, anche se pochi lo ammettono. Chi non ha il vizio del fumo sta bene perche’ finalmente non e’ costretto ad aspirare fumo e maleducazione altrui; chi invece alla sigaretta non si sente proprio di rinunciare, si accorge con piacere che la razione giornaliera e’ diminuita di un terzo, con benefici per tasche e polmoni. Patrizia Canu _____________________________________________________ Il Sole24Ore 5 Lug. ’03 MEDICI-DENTISTI A DOPPIO ALBO ROMA - E’ «un atto dovuto» riconoscere il diritto all'esercizio della professione anche ai medici extra-Ue, purche’ il loro titolo sia stato gia’ riconosciuto in un altro Stato membro. Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Giuseppe Del Barone, commenta cosi’ le norme del decreto legislativo varato giovedi’ dal Consiglio dei ministri (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri), che recepisce la direttiva comunitaria 2001/19/CE sulle professioni sanitarie. «Cosi’ come si consente la formazione di giovani stranieri nel nostro Paese - spiega Del Barone - e’ giusto anche permettere loro l'esercizio della professione». Per il presidente della FnomCeO esiste, semmai, un problema "umanitario": «In alcuni Paesi d'origine il loro contributo potrebbe essere fondamentale. Ma non si puo’ costringere nessuno a scegliere questa strada». Nessuna minaccia, comunque, per l'occupazione dei medici in Italia. «Comincio persino a dubitare che ci sia una pletora medica», afferma Del Barone: «In questi giorni di vacanze, infatti, trovare un sostituto e’ piu’ difficile che imparare a piangere in giapponese». Soddisfatto anche Mario Falconi, segretario nazionale della Fimmg, la maggiore associazione dei "generalisti". Sono infatti giudicate «positive» le novita’ per la medicina generale: corsi di specializzazione triennali invece che biennali, piu’ ore "di pratica" e passaggio alle Regioni delle competenze in materia di formazione. «Siamo d'accordo - precisa Falconi - con una formazione piu’ lunga. Stiamo lavorando da anni perche’ la medicina generale sia equiparabile a una vera e propria specializzazione. L'aumento quantitativo del corso, quindi, ci fa piacere e ci auguriamo per il futuro anche un miglioramento qualitativo dei contenuti». Ma per Falconi, il Dlgs lascia irrisolto il nodo delle risorse, perche’ «non prevede il finanziamento del triennio». «Non capiamo nemmeno - aggiunge il segretario della Fimmg - se il Governo ne attribuisce i costi alle Regioni, perche’ il testo sostiene che al terzo anno non deve esserci alcun onere a carico dello Stato. Ma la formazione non puo’ essere a costo zero. Vorrei sapere chi paga». Com'era prevedibile, i piu’ entusiasti sono gli odontoiatri, perche’ il Dlgs "sana" i titoli di quei medici che esercitano la professione di dentista senza la "specializzazione" ad hoc prevista dalla direttiva 78/686/Cee, recepita in Italia con anni di ritardo. E prevede la possibilita’ della doppia iscrizione all'Albo dei medici e a quello degli odontoiatri. Per Giuseppe Renzo, consigliere odontoiatra nel Comitato centrale della FnoMCeO, «il Dlgs rivede finalmente anomalie che esistevano solo in Italia. A partire dalla cosiddetta "annotazione" nell'Albo degli odontoiatri dei medici specialisti in odontoiatria ma iscritti all'Albo dei medici, che ora avranno l'obbligo di iscrizione all'Albo degli odontoiatri per poter esercitare la professione». I dentisti "annotati" sono quasi 10mila. «La possibile doppia iscrizione ai due Albi - aggiunge Renzo - tranquillizza tutti». Dello stesso avviso Paolo Amori, presidente dell'Associazione nazionale dentisti italiani (Andi): «Il recepimento della direttiva mette la parola "fine" a un contenzioso che va avanti da anni». Se Amori e’ cauto sull'apertura ai medici extra-Ue («Occorrera’ valutare con attenzione le istanze di riconoscimento dei titoli»), Renzo ricorda che resta irrisolta un'altra "posizione": quella dei medici immatricolati dopo l'84-85 che hanno frequentato i corsi di specializzazione in odontoiatria rimasti aperti nonostante, come deciso dall'Ue, avessero dovuto chiudere i battenti entro dicembre 1991. «Sono pochissimi professionisti - sottolinea il consigliere FnoMCeO - ma ora sono un segmento a rischio. Che va sanato a livello comunitario». MANUELA PERRONE _____________________________________________________ L’Unione Sarda 4 Lug. ’03 SOLARUSSA: ASSASSINATA NELL’AMBULATORIO Il cadavere della donna e’ stato trovato dopo ventiquattro ore: fermato un ragazzo Accoltellata a morte una guardia medica di Sanluri Dal nostro inviato Solarussa Pugnalata con un temperino mentre svolgeva il suo turno notturno di Guardia medica. Roberta Zedda, trentuno anni residente a Sanluri, e’ stata uccisa nella notte tra mercoledi’ e giovedi’ nell’ambulatorio di via Garibaldi. Il cadavere e’ stato trovato solo ventiquattr’ore dopo: alle 23 e 45 di ieri quando una telefonata, pare, della mamma dell’omicida ha fatto scattare l’allarme. Immediatamente sono partite le indagini dei carabinieri della caserma di Solarussa, del comando provinciale di Oristano, tutti coordinati dal maggiore Gavino Asquer. I militari hanno bloccato un ragazzo di 22 anni, pare con problemi psichici, che ha selvaggiamente aggredito fino ad ammazzarla Roberta Zedda. Il giovane adesso e’ in stato di fermo nella stazione dei carabinieri di Oristano: a suo carico ci sarebbero gia’ forti sospetti; a tarda notte si attendeva che il sostituto procuratore Luca Forteleoni firmasse il fermo. La macabra scoperta quindi solo ieri notte: la dottoressa della Guardia medica e’ stata trovata riversa sul pavimento dell’ambulatorio che in paese funziona solamente dalla mezzanotte e sino alle sei. Un quarto d’ora prima che il collega aprisse i locali per il suo turno i carabinieri e la polizia erano gia’ sul posto: sirene, lampeggianti e nastro rosso per delimitare la zona. Tutto attorno curiosi e abitanti di Solarussa, scossi nell’apprendere la notizia. Intanto i carabinieri gia’ stavano effettuando i primi rilievi nel corpo di Roberta Zedda. All’una e mezza di questa mattina ancora poche notizie frammentarie sull’ora esatta del decesso della dottoressa e soprattutto sul movente che ha spinto il ragazzo a uccidere. I militari, infatti, ricevuta la telefonata di una donna disperata, si sono precipitati sia nell’ambulatorio di via Garibaldi e sia a casa del giovane. Bocche cucite, quelle degli inquirenti, sul movente di questo delitto. Due le ipotesi avanzate: quella che ad armare la mano dell’omicida sia stata la droga oppure un motivo passionale. E’ probabile che il ragazzo sia andato alla Guardia medica e dopo una discussione, nata o per una richiesta di farmaci negata oppure a seguito di ripetute avances, sia scoppiata la tragedia. La ricostruzione, alle prime ore di questa mattina era ancora incerta. In paese molti mormoravano anche di aver visto circolare nella mattinata di giovedi’ un ragazzo alla guida della macchina, una Fiat Punto, di proprieta’ della dottoressa Roberta Zedda. E che questo ragazzo, tornato a casa, fosse talmente scosso da insospettire la madre che dopo qualche ora ha chiamato i carabinieri. Per oggi sono previsti sviluppi su tutta la vicenda e in particolare si sapra’ se il ventenne fermato reggera’ il peso dell’interrogatorio e le contestazione che gli verranno mosse dagli inquirenti. Contestazioni che man mano che passa il tempo diventeranno sempre piu’ stringenti e precise. Michele Masala _____________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Giu. ’03 PUTZOLU: FRA REGIONE E UNIVERSITA’ SENZA LE INTESE SANITA’ A RISCHIO di Oriana Putzolu* Senza i protocolli d’intesa tra sistema sanitario regionale e sistema formativo universitario i corsi di laurea per le specializzazioni mediche e di laurea breve per il personale infermieristico, tecnico e sanitario rischiano di non essere validi. L’accreditamento dei corsi puo’ avvenire solamente a seguito di un accordo tra Regione e Universita’, che al momento non esiste, a due anni dal decreto che lo rende obbligatorio. Gia’ adesso sono numerosi i giovani sardi che per specialazzarsi si iscrivono a corsi universitari organizzati in altre regioni, con i conseguenti sacrifici, non solo economici. Intanto in Sardegna comincia ad avvertirsi anche la mancanza di importanti figure professionali, giacche’ le scuole di specializzazione per il personale infermieristico, tecnico e sanitario non garantiscono attualmente un quantitativo di specializzati sufficienti per il turn over. Ai corsi ci si iscrive in venti e solamente tre o cinque superano esami e selezioni. Inoltre, sempre piu’ spesso capita che i concorsi per posti nel servizio sanitario regionale, determinino l’esodo dal “privato” al “pubblico”. Risultato: riduzione della qualita’ offerta dalla struttura privata e dequalificazione del servizio, col rischio di chiusura delle cliniche convenzionate, impossibilitate di trovare sulla piazza altre figure specializzate. La Cisl sarda sottoporra’ ai magnifici rettori, ai presidi delle facolta’ di Medicina di Cagliari e Sassari e all’assessore della Sanita’, una proposta comprendente fondamentali linee di indirizzo finalizzate alla stipula dei protocolli d’intesa Regione - Universita’. La situazione di stallo, riguardo all’applicazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che ormai risale a due anni fa (“Linee guida sui protocolli Servizio Sanitario Nazionale/Universita’”), comincia a farsi preoccupante, perche’ non solo provoca ritardi e lungaggini pericolose, ma anche potrebbe, alla lunga, accentuare la fuga di personale infermieristico specializzato verso case di cura e cliniche del Nord-Italia, con intuibili riflessi sulla qualita’ dell’assistenza erogata nell’isola. Un lusso che la Sardegna non puo’ permettersi. Con la realizzazione dell’autonomia degli Atenei, la direzione didattica e gli obiettivi formativi si sono profondamente modificati. In particolare, le facolta’ mediche si sono trovate ad operare nell’ambito di un nuovo modello che ha introdotto meccanismi di valutazione del sistema universitario, adottati da tempo nel resto dei paesi dell’Unione Europea. L’inscindibilita’ tra attivita’ didattico-scientifica e assistenza, ribadita piu’ volte dalla Corte costituzionale, implica un’idonea ridefinizione dei rapporti tra Universita’ e Servizio sanitario Regionale. Per questo la Cisl sarda ribadisce l’urgenza di avviare “l’intesa” tra Regione e Universita’ attraverso la realizzazione di “Protocolli d’Intesa”, finalizzati a sviluppare metodi e strumenti di collaborazione tra il sistema sanitario regionale e quello formativo universitario. Tali intese dovranno rispecchiare la comune volonta’ di proseguire, in modo congiunto, obiettivi di qualita’, efficienza, efficacia e competitivita’ del servizio sanitario pubblico, e qualita’ e congruita’ rispetto alle esigenze assistenziali, della formazione del personale medico e sanitario, nonche’ il potenziamento della ricerca biomedica e medico-clinica. *Segretario regionale Cisl _____________________________________________________ L’Unione Sarda 1 Lug. ’03 TAGLIATO UN POSTO LETTO SU TRE PER LE FERIE DEGLI INFERMIERI ASSARI: nziarie adeguate per i’ Ospedali Dato di poco inferiore in Sardegna Roma L’emergenza estate arriva negli ospedali non solo con il caldo straordinario ma anche con le ferie programmate ed in particolare quelle degli infermieri che, denuncia il sindacato Anaao-Assomed, costringono gli ospedali a ridurre fino al 30% dei posti in alcuni reparti. Non si tratta dei reparti di terapia intensiva o di quelli ad alta specializzazione, ma dei reparti di medicina, quelli dove, tra l’altro, spesso vengono ricoverati gli anziani. La geografia delle chiusure estive, secondo una indagine del sindacato dei medici ospedalieri, vede infatti “tagli” (da meta’ giugno a meta’ settembre) che toccano punte del 25% dei posti letto in Piemonte, il 30-33% in Veneto, il 20- 30% in Sardegna, Toscana ed Emilia Romagna. Percentuali superate dalla Lombardia e dalla Calabria. In tutti gli ospedali infatti esiste una carenza cronica di infermieri, denunciata da molti anni che ha messo a rischio la stessa sopravvivenza di molte strutture. Nel periodo estivo la crisi esplode. Il personale deve infatti smaltire le ferie ed e’ impossibile mantenere lo stesso livello di assistenza. «E’ il segno - ha spiegato Serafino Zucchelli - che al primo problema la sanita’ si trova con l’acqua alla gola». Una condizione che, osserva, ricade direttamente sui pazienti. «Sono anni che ci si trova in questa condizione» ha spiegato invece Giuseppe Garraffo della Cisl Medici. «Negli ospedali -ha aggiunto - spesso l’accorpamento dei reparti e’ la soluzione preferita». Per Domizio Antonelli, del Coas Dirigenti medici, la colpa delle chiusure estive sono da attribuire soprattutto a piani sanitari aziendali che puntano all’economia senza tenere in considerazione che durante l’estate resta alto l’afflusso di malati. Intanto l’Ipasvi, la federazione che rappresenta i collegi professionali degli infermieri conferma le cifre sulle chiusure estive. «Per contratto si devono garantire 15 giorni di ferie consecutive agli infermieri - ha spiegato la presidente Annalisa Silvestro - inevitabili quindi le chiusure con 40-60 mila infermieri in servizio in meno di quanti ne servirebbero. Oggi lavorano nelle strutture pubbliche 250.000 infermieri, troppo pochi rispetto alle esigenze di assistenza». _____________________________________________________ L’Unione Sarda 30 Giu. ’03 DALLA CORSIA AL PALCOSCENICO i “Non solo Ippocrate”, medici e cantanti Di giorno in ospedale, di sera sul palco. Sono sei i medici che fanno parte dell’associazione “Non solo Ippocrate”, nata quattro anni fa, su proposta di Danilo Sirigu, radiologo al Brotzu. «In realta’ non ci dedichiamo alla musica con la sistematicita’ con cui svolgiamo il nostro lavoro in ospedale», spiega Sirigu: «il tempo e le forze non basterebbero. Ma appena possiamo, ci incontriamo per mettere a punto gli spettacoli. Tutti organizzati per beneficenza, perche’ il nostro obiettivo principale e’ ottenere risultati in campo umanitario». Solidarieta’ e’ la parola d’ordine che ha spinto i camici bianchi a iniziare l’avventura. Ma non solo, «perche’ vogliamo anche riqualificare l’immagine dei medici, troppo spesso legata a questioni di malasanita’. Siamo convinti di poter aiutare i nostri pazienti anche con le nostre qualita’ umane, perche’ il primo farmaco che il medico prescrive e’ se stesso». Medici davvero, artisti per gioco, ma non troppo. Perche’ la band ha una sala prove e un repertorio musicale, come un gruppo vero. E ha anche testi e musiche originali: Il mal di pancia, La prostata e soprattutto Non solo Ippocrate, la canzone programmatica. Motivi originali, ma anche noti, tutti ispirati al genere della clinic music, «cioe’ la riscrittura ironica di canzoni in chiave medica». «Tutto certo nel limite del lecito, perche’ siamo i primi a sapere che su queste cose si puo’ scherzare solo fino a un certo punto». Ed ecco allora che Sognando la California diventa Sogno che avro’ l’ernia e Il leone si e’ addormentato si trasforma in La tac ci vuol. Donne lascia il posto a Bolle, mentre Banane e lampone si riduce a una Banale infezione. Danilo Sirigu, fondatore dell’associazione, e’ anche voce e chitarrista del gruppo, che conta sulla collaborazione di altri quattro medici: Pietro Iannelli e Gianni Serra, dermatologo e chirurgo al Brotzu, Pino Pomata, internista a Carbonia e Daniele Sabiu, ematologo all’Oncologico. La parte artistica e’ affidata a chi medico non e’, ma che si cala bene nel contesto: il direttore d’orchestra Felice Cassinelli. La squadra non e’ ancora al completo, perche’ c’e’ anche Bruno Filippi, che organizza gli spettacoli, e chi li presenta, Luisa Soddu e Mauro Usala, fisioterapisti al Brotzu. «Conosciamo Danilo da tempo, ma solo per caso ci e’ venuto in mente di unirci al suo gruppo», dicono. Con la loro presenza, lo spettacolo musicale diventa anche cabaret. Medici uomini, uomini medici, che non si arrendono, non si risparmiano, cantano i Non solo Ippocrate. E tutto per un sorriso in piu’. Maura Murru _____________________________________________________ Il Sole24Ore 29 Giu. ’03 SAN RAFFAELE: 32 ANNI PER LA RICERCA LE MOLECOLE SONO LA NUOVA FRONTIERA II prestigioso ospedale nato a due passi da Milano 2 sta lavorando con grande dispiego di mezzi sulle cellule staminali II successo piu’ recente riguarda una rara forma di emicrania ereditaria ANNA FREGONARA IL nome del San Raffaele e’ storicamente legato allo studio del diabete che ha permesso all'ospedale di entrare nel gotha scientifico internazionale. Ma l'istituto non si accontenta di affermare la sua fama solo nell'ambito delle malattie endocrine. «Nel corso degli anni il settore delle biotecnologie mediche ha avuto un enorme sviluppo e diversificazione generando un nuovo modo di curare attraverso la medicina molecolare spiega Claudio Bordignon, direttore scientifico dell'ospedale di via Olgettina. La genomica e la proteomica hanno reso disponibile una miniera di informazioni utili per l'analisi e la comprensione del funzionamento delle cellule. La recente scoperta dell'esistenza di staminali adulte, che possono rinnovare tessuti in vario modo danneggiati, a sua volta promette applicazioni dirette in malattie acute, croniche e invalidanti. Inoltre la terapia genica sta diventando finalmente una pratica applicabile in casi non solamente eccezionali. Senza dimenticare che le tecnologie diagnostiche hanno vissuto un'impressionante esplosione». La sfida al diabete. Il diabete di tipo 1 ha un'insorgenza infantile e richiede l'insulina per tutta la vita, quello di tipo 2 e’ una forma soprattutto adulta che colpisce le persone in sovrappeso, sedentarie e con ipertensione. «Noi lavoriamo su entrambi i fronti precisa Emanuele Bosi, direttore dell'unita’ operativa di Medicina generale indirizzo diabetologico. Tra i tanti progetti di ricerca, due sono particolarmente importanti per prestigio internazionale e rilevanza economica e riguardano la lotta al diabete di tipo 1: il Telethorv JDRF (Juvenile Diabetes Research Foundation) Center for beta cell replacement, studio quinquennale (2002/2006) sul trapianto di isole pancreatiche. E' finanziato con 3.150.000 dollari, per meta’ da Telethon e meta’ da JDRF; il JDRF/ NIH Italian German TrialNet Center sulle immunoterapie. E' promosso con 85.000 dollari per anno da JDRF per le attivita’ infrastrutturali di base a cui si aggiungono i finanziamenti National Institute for Healthperl'attivita’ di sperimentazione clinica a partire dalla seconda meta’ del 2003». Sempre contro il diabete di tipo 1 l'istituto ha inaugurato altre tre nuove linee di ricerca. «La prima spiega l'esperto e’ centrata sullo sviluppo di staminali con le quali creare le cellule beta, quelle che producono l'insulina. La seconda riguarda la terapia genica, cioe’ la possibilita’ di educare attraverso manipolazioni genetiche cellule diverse da quelle che normalmente producono l'insulina. La terza e’ rivolta all'identificazione delle cause ambientali coinvolte nel processo autoimmune. Da sempre si sospetta un virus, ma noi pensiamo che nel meccanismo di induzione siano coinvolti anche antigeni alimentari. Se cosi’ fosse, il diabete potrebbe somigliare alla celiachia». Per quanto concerne le indagini sull'altra forma di diabete, il 2, la ricerca e’ di tipo clinico metabolica. «Un filone riguarda lo studio della malattia e delle complicanze cardiovascolari con la recente scoperta di una base di suscettibilita’ genetica sottolinea Bosi Scoperta importante perche’ la insulinoresistenza tipica del diabete di tipo 2 e’ caratteristica anche delle malattie cardiovascolari, dall'ipertensione all'infarto. Altre ricerche sono focalizzate sulla nefropatia diabetica e sull'identificazione dei meccanismi molecolari attraverso i quali l'attivita’ fisica previene il disturbo». La nuova speranza Nel settembre 2000 e’ stato creato l'istituto per lo studio delle cellule staminali diretto da Giulio Cossu e Angelo Vescovi. «Ne fanno parte due gruppi precisa Cossu : uno si occupa delle cellule staminali neurali cioe’ quelle che sono presenti nel sistema nervoso centrale e sono in grado di generare sia i neuroni sia le cellule accessorie al sistema nervoso (astrociti e glia). I ricercatori hanno appena pubblicato un articolo su Nature dimostrando in un topo come le staminali del cervello ricostruiscano i tessuti aggrediti da sclerosi multipla. In corso ci sono indagini su altri modelli di malattie, come il Parkinson, sempre riprodotti in roditori. L'altro gruppo concentra le forze sullo studio di un tipo di staminali che abbiamo chiamato mesoangioblasti perche’ sono di origine vascolare e sono in grado di contribuire alla formazione di molti tessuti del mesoderma cioe’ dell'impalcatura del nostro corpo (le ossa, i muscoli). In particolare stiamo cercando di capire l'efficacia di queste cellule in topi con distrofia muscolare e i risultati sono interessanti. Risultati ancora complessi, invece, sono stati raggiunti in roditori con infarto del miocardio. La quantita’ di nuovo miocardio che si forma a partire dalle nostre cellule staminali e’ molto piccola per cui crediamo che il cuore inizi a funzionare meglio grazie a qualche altro meccanismo, probabilmente la formazione di nuovi vasi». Interesse comune alle due squadre e’ l'indagine sull'origine delle «cellule della speranza», ancora poco conosciuta. «Non siamo in grado di andare a vedere quando in un tessuto, in un embrione e in un feto si originano staminali. Inoltre bisogna tenere a mente che non esiste una cellula staminale per tutte le occasioni. Per curare le malattie del sistema nervoso probabilmente lemigliori sono quelle al di sotto dei ventricoli cerebrali, quindi le neurali; per le malattie del sangue sono preferibili quelle emopoietiche del midollo e del cordone ombelicale. E' importante capire anche il livello di plasticita’: si possono usare cellule di un tessuto per farne un altro, ma non riusciamo ancora a controllare il processo di differenziamento». Mal comune Ha battuto sul tempo francesi e americani un gruppo di ricercatori del San Raffaele che ha individuato in un gene mutato - e nel malfunzionamento della proteina che ne deriva - il meccanismo alla base di una poco diffusa forma di mal di testa, detta emicrania emiplegica familiare, che avrebbe alcune analogie con la comune emicrania. (Abbiamo capito che questa rara forma, che riguarda un soggetto su 60-100 mila - illustra Giorgio Casari ' responsabile dell'unita’ di Genetica molecolare umana - e’ dovuta a una malattia genetica a trasmissione autosomica dominante, cioe’ presente anche in un parente di primo grado». La scoperta, pubblicata su Nature Genetics, ha convinto quasi tutte le famiglie europee che soffrono di questo disturbo a rivolgersi all'istituto di don Verze’. «Un'occasione che ci ha permesso di proseguire nello studio delle mutazioni. Stiamo anche formando campioni con pazienti sporadici colpiti da emicrania comune con e senza aura (l'aura preannuncia l'attacco con disturbi visivi, scintillii, macchie nere e rappresenta il 20% delle emicranie, mentre 1'80% ne e’ priva) per valutare se il gene che abbiamo identificato ha una rilevanza anche per le forme piu’ diffuse. Per questo e’ stato avviato un programma multicentrico nazionale comprendente i principali centri di cefalea che stanno raccogliendo soggetti che poi verranno da noi per lo screening molecolare. I primi risultati ci saranno entro la ime dell'anno, al massimo primavera prossima. Pensiamo che mentre mutazioni che inattivano fortemente il "gene incriminato" sono responsabili delle forme familiari piu’ gravi, inattivazioni parziali sono responsabili dell'emicrania piu’ comune. Se questo fosse vero, vuol dire nuove terapie farmacologiche. Non tutti i pazienti saranno associati a mutazioni di questo gene. Se riusciremo a raggrupparli in piu’ sottogruppi, potremo verificare quali farmaci agiscono di piu’ in un sottogruppo piuttosto che in un altro e indirizzare cure individuali sulla base del genotipo del paziente. In altre parole, grandi risparmi per il Servizio sanitario nazionale e azzeramento degli effetti collaterali» conclude lo specialista. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 01 Lug. ’03 E LA TELE-CHIRURGIA ABBATTE LE DISTANZE Robotica / Tante «Operazioni Lindbergh» Precisione e poca invasivita’ hanno accelerato gli acquisti negli ospedali americani NEW YORK a La dimostrazione piu’ spettacolare e’ stata offerta nel settembre 2001 dalla cosiddetta "Operazione Lindbergh", dal nome dell'aviatore che per primo ha sorvolato non stop l'oceano Atlantico. In questo caso ad attraversare l'oceano sono stati gli impulsi digitali inviati da un chirurgo americano che da un sala di controllo a Manhattan comandava un robot in una sala operatoria dell'Ospedale universitario di Strasburgo. L'operazione, svoltasi quattro giorni prima dell'attentato alle Torri Gemelle, e’ durata 54 minuti, durante i quali un robot armato di bisturi e comandato da 6 mila Km di distanza ha rimosso la cistifellea di una sessantottenne signora francese senza alcun problema. Il costo dell'esperimento e’ stato di un milione di dollari, decisamente alto, ma ancora piu’ alto e’ stato il suo valore scientifico«Abbiamo gettato le fondamenta per la globalizzazione delle procedure chirurgiche. Si e’ dimostrato che e’ possibile per un chirurgo operare a distanza un paziente che sta in una qualsiasi altra parte del mondo dichiaro’ quel giorno alla stampa francese Jacques Marescaux, professore di chirurgia e capochirurgo all'Ospedale universitario di Strasburgo. Quella della robotchirurgia e’ una tecnica sviluppata dai ricercatori dell'esercito Usa per ridurre i casi di decessi dovuti all'assenza di chirurghi in vicinanza dei campi di battaglia. Nel corso degli anni 90, i ricercatori militari Usa avevano condotto esperimenti a distanza sempre maggiore usando sistemi di telecomunicazione satellitare. Ma si erano accorti che oltre i 300 Km il ritardo tra l'invio del segnale e la sua ricezione superava i 500 millisecondi, un lasso di tempo eccessivo. Per l'Operazione Lindbergh, France Telecom ha messo a disposizione una linea ad alta velocita’ in fibbre ottiche che ha ridotto l'intervallo di tempo tra New York e Strasburgo a meno di 155 millisecondi, permettendo cosi’ la perfetta riuscita della prima operazione chirurgica transatlantica. E stabilendo un record di distanza rimasto da allora imbattuto. Record a parte, la robotchirurgia, o telechirurgia, da allora e’ diventata una realta’. E un business per le due societa’ americane che hanno brevettato le tecniche sviluppate dai militari. La societa’ californiana Computer Motion e’ la produttrice della console robotica Zeus, usata dal chirurgo newyorkese per l'Operazione Lindbergh. II sistema e’ semplice: dalla sua console il chirurgo manipola a distanza il bisturi robotico (che simula i movimenti di una mano umana) servendosi di una sonda con microtelecamera che il robot stesso ha inserito nel corpo del paziente. Sonda e strumenti vengono inseriti attraverso piccole incisioni, spesso non piu’ grandi del diametro di una matita, che permettono un intervento endoscopico molto meno invasivo (per un intervento alla prostata sono sufficienti quattro piccole incisioni nel basso addome) e piu’ preciso. «II braccio robotico ha una stabilita’ e una precisione molto maggiori di quelle del piu’ bravo chirurgo. Le incisioni sono molto piu’ piccole, ma anche piu’ precise» osserva Gregg Nighswonger, analista della rivista specializzata Medical Device & Diagnostic Industry.E’ soprattutto la scarsa invasivita’ della procedura piuttosto che la possibilita’ di operare a distanza che ha spinto molti ospedali Usa a comprare il sistema Zeus, nonostante costi piu’ di un milione di dollari. Nel caso di un intervento al cuore, per esempio, anziche’ aprire il petto del paziente, il robot si limita a fare tre piccole incisioni tra le costole. Lo Zeus e’ ormai diffuso in tutto il mondo: secondo la Computer Motion, circa mille cliniche e istituzioni ospedaliere se ne servono in 32 Paesi. Un sistema alternativo, battezzato da Vinci, e’ prodotto da un'altra societa’ californiana, la Intuitive Surgical. Nel 2002 ne sono stati venduti 60 in vari Paesi del mondo, con un fatturato di 72 milioni di dollari. Quest'anno le due societa’ californiane hanno deciso di fondersi e contano cosi’ di chiudere per la prima volta i conti in attivo.C.G. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 4 Lug. ’03 Tre studi appena pubblicati confermano i benefici effetti della dieta mediterranea sulla salute LA SCIENZA SCOPRE IL CIBO CHE GUARISCE Olio d'oliva, un bicchiere di vino al giorno e il consumo regolare di pesce sono scudi naturali contro tumori e infarti La nostra salute passa anche da cio’ che mangiamo. E se mangiamo in modo corretto possiamo prevenire alcune patologie. Sono sempre di piu’ gli studi che lo confermano, mentre gli effetti positivi di determinati alimenti sono ormai assodati. Prevenire con l'olio. Uno di questi e’ l'olio d'oliva. Che 1'extravergine, se consumato costantemente, sia uno scudo naturale contro infarti e tumori lo stanno confermando due studi condotti sull'uomo, che seguono precedenti test di laboratorio. I primi risultati delle ricerche, promosse dall'Istituto nutrizionale Carapelli, sono stati illustrati all'accademia dei Georgofili di Firenze. Gli studi dimostrano che la funzione antiossidante dei fanoli, agenti chimici naturali contenuti nell'olio d'oliva, svolge un'azione protettiva sia riguardo a malattie cardiovascolari come infarto, ictus e trombosi sia riguardo a malattie degenerative come tumori e morbo di Alzheimer. Le ricerche sono state condotte da due enti diversi: il Centro per lo studio e la prevenzione oncologica di Firenze e il Dipartimento di scienze farmacologiche dell'Universita’ di Milano, guidata dal professor Claudio Galli. Spiega il professor Galli:«Quando parliamo di prevenzione e di aspetto benefico di alcuni alimenti, dobbiamo considerare la dieta nella sua totalita’ e le associazioni che noi normalmente facciamo tra i cibi. Per esempio, l'acido oleico, di cui e’ ricco l'olio d'oliva, si trova anche in altre fonti, come la carne di pollo o di maiale. Pero’ l'olio d'oliva lo usiamo per condire l'insalata e ci fa bene, il pollo magari lo mangiamo con le patatine fritte».Ma i vantaggi dell'extravergine sono anche altri: «Al contrario degli oli di semi fa notare Galli quello d'oliva deriva da un frutto che contiene anche tutti i componenti minori propri della frutta esposta al sole. Si tratta di piccole quantita’ di antiossidanti, che passano nell'olio e che modificano certe aggregazioni di cellule con un effetto antinfiammatorio e antitrombotico».Le qualita’ del vino. Anche al vino, se consumato in quantita’ modeste, vengono attribuite virtu’ benefiche, che pero’ un recente studio, condotto dalla Harvard school of public health di Boston e pubblicato dal New England Journal of medicine, estende anche all'alcol in generale, compreso quello dei superalcolici. La ricerca e’ stata condotta su 38.077 uomini privi di malattie cardiovascolari osservati per 12 anni: chi consuma alcol da tre a quattro volte la settimana presenta un rischio di attacco cardiaco inferiore del 32% rispetto agli astemi. Naturalmente, perche’ l'organismo non ne risenta,il consumo di alcol deve essere limitato a 3040 grammi al giorno per gli uomini e 2030 per la donna. «Il vino, pero’ avverte Galli ha il vantaggio di contenere un cocktail di sostanze, i flavonoidi dell'uva, che nell'animale e nei sistemi in vitro ha mostrato effetti protettivi».La dieta mediterranea. Nuove conferme degli effetti benefici della dieta mediterranea vengono da un ulteriore studio, anch'esso apparso sul New England Journal of medicine, condotto dall'Universita’ di Atene. Tra i nostri ricercatori, il professor Attilio Giacosa, direttore della Struttura di gastroenterologia e nutrizione clinica dell'Istituto per la ricerca sul cancro di Genova, afferma: «Oggi sappiamo che alcuni cibi hanno potenzialita’ protettive nei confronti dei tumori: questo vale soprattutto per i vegetali, in primo luogo le verdure e poi la frutta. Ma anche certe fonti di proteine sono importanti: il pesce e’ vantaggioso rispetto alle canti, dal momento che puo’ prevenire sia il tumore all'intestino, sia quelli alla mammella e alla prostata».Alimentazione e genetica. Ma la nuova frontiera degli studi sugli effetti preventivi degli alimenti riguarda il rapporto ambiente genetica. Afferma Giacosa: «Molte situazioni genetiche dei singoli individui possono essere favorite o sfavorite da certi comportamenti, inclusa l'alimentazione. Insomma, anche il ruolo della dieta puo’ "modulare" la genetica. Sappiamo per esempio che l'acido folico (contenuto in verdure e legumi) assunto in gravidanza incide sulla capacita’ del materiale genetico di riprodursi in modo corretto. Oppure che alcune fibre, tipo la crusca, vengono metabolizzate nell'intestino e, fermentate, producono l'acido butirrico, che favorisce 1'apoptosi, ovvero il "suicidio" programmato delle cellule. Queste, infatti, attivano un meccanismo di "autopulizia", che elimina quelle pericolose».Ma, soprattutto, l'alimentazione corretta previene la cosiddetta sindrome metabolica, che presenta obesita’ addominale associata a ipertensione e glicemia elevata (anticamera del diabete), dovute alla mancanza di moto e a un'alimentazione eccessiva e scorretta. Infine, anche il consumo eccessivo di cibi "innocui" come la pasta, da anni non piu’ integrale e quindi composta dai soli carboidrati semplici, potrebbe alzare il livello degli zuccheri nel sangue stimolando la ripoduzione di insulina che li abbatte. «Ma l'insulina spiega il professor Giacosa puo’ andare a stimolare la moltiplicazione incontrollata di cellule della mammella, dell'intestino e della prostata, favorendo i tumori». ANNA DEL FREO _____________________________________________________ Libero 4 Lug. ’03 IL SUDORE, ARMA LETALE CONTRO I BATTERI Contiene gocce di un potentissimo antibiotico che ne fanno una preziosa e costante difesa per il nostro corpo dai tanti microrganismi che lo minacciano. Si suda in questi tempi di calura e ci si lamenta di gocciolare come fontanelle. Sudano tutti! Bianchi, gialli, neri perche’ il numero delle ghiandole sudoripare e’ uguale per tutti. Dalle cento alle centocinquanta per un centimetro quadrato. I neri semmai hanno un sistema di termoregolazione migliore dei bianchi. Il che’ spiega molti successi sportivi della gente di colore. Comunque per tutti, in questo periodo, pare non esista altro problema che frenare la sudorazione con docce, ventilatori, ventagli. Pochi sanno che nelle gocce di sudore si "cela" un potente antibiotico. A scoprire le virtu’ della traspirazione corporea e’. stato un gruppo di ricercatori dell'Universita’ di Eberhard-KarLs di Tubinga. Dai risultati del loro studio, pubblicato sulla rivista Nature Immunology, e’ emerso che il sudore contiene un potente agente germicida che svolge una funzione importante nel combattere le infezioni. Nelle ghiandole sudoripare, il gene responsabile di una proteina che combatte i germi 'e stato "battezzato" dagli scienziati tedeschi dermicidina. Insomma, proprio il sudore potrebbe essere la prima arma contro i batteri piu’ pericolosi. La dermicidina, infatti, viene prodotta nelle ghiandole sudoripare, si mescola al sudore e poi viene trasportata sulla pelle durante la traspirazione. Una sorta di " protezione costante" contro l'invasione dei microrganismi. La scoperta e’ importantissima, in quanto la dermicidina sarebbe il primo agente antibatterico mai rinvenuto ad essere prodotto da cellule della pelle e che si riproduce permanentemente. In laboratorio, la dcrmicidina si e’ rivelata efficace contro diversi tipi di batteri. Eppoi, teniamo conto che l'acqua e’ la componente principale del nostro organismo. Si, siano fatti di acqua. I nostri muscoli sono costituiti per il 72% di acqua. Tanto piu’ grande e’ la massa muscolare, maggiore e’ la quantita’ d'acqua di cui abbiamo bisogno. Per questo uno stato di disidratazione puo’ provocare un danno grave alla salute. La presenza di questo prezioso elemento nel corpo e in specifico nella massa magra e’ un "patrimonio" da tutelare e da conservare. Le condizioni ambientali sfavorevoli, forti sforzi fisici dove e’ richiesto un lavoro muscolare impegnativo, la cattiva abitudine di bere poco, possono creare delle variazioni nei fluidi, con riduzione drastica della sudorazione. II che’ puo’ provocare uno squilibrio idrosalino, con perdite di sali minerali essenziali. Sodio, potassio, cloro e azoto sono i principali minerali presenti nel sudore, oltre al magnesio, fe’rro, rame, Zinco ed altri in minore quantita’. _____________________________________________________ Repubblica 5 Lug. ’03 SARS, L'ANNUNCIO DELL'OMS "L'EPIDEMIA E’ STATA ARGINATA" Ma da Ginevra l'invito al mondo a non abbassare la guardia Taiwan era l'ultimo Paese ancora nell'elenco delle zone a riscio GINEVRA - L'epidemia di Sars e’ stata arginata. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanita’, la polmonite atipica che si e’ sviluppata in Cina e diffusa soprattutto in estremo oriente e Canada non e’ piu’ un pericolo perche’ si e’ interrotta "la trasmissione umana del virus", afferma un comununicato. Tuttavia l'Oms raccomanda a tutti i Paesi di non abbassare la guardia. "Oggi non registriamo la fine della Sars, ma un punto di svolta: l'epidemia globale e’ stata contenuta", ha spiegato in una dichiarazione il direttore generale dell'Oms, la signora Gro Harlem Brundtland. L'annuncio arriva dopo che anche Taiwan ha superato il periodo di 20 giorni senza riportare nuovi casi di Sars ed e’ diventata quindi l'ultimo Paese a essere tolto dalla lista nera dell'Oms. L'agenzia internazionale ha pero’ invitato a restare vigili contro il riemergere dell'epidemia che ha gia’ fatto 800 morti nel mondo da quando, nel novembre scorso, fece la sua prima apparizione nel sud della Cina. Il virus della Sindrome respiratoria acuta grave minaccia ancora il mondo, afferma l'Oms invitando alla prudenza. Circa 200 malati sono infatti ancora ricoverati e nuovi casi non sono impossibili. "Sarebbe prematuro abbassare il livello di guardia. L'allerta massima deve essere mantenuta", ha affermato Brundtland in una conferenza stampa. Dallo scoppio dell'epidemia, nel novembre 2002 nella provincia cinese di Guangdong, l'Oms ha registrato nel mondo un totale di 8.439 casi, 812 dei quali mortali. L'epidemia, che ha maggiormente colpito Cina, Taiwan e Hong Kong, si e’ diffusa in 30 Paesi tra cui l'Italia (4 casi). _____________________________________________________ Corriere della Sera 30 Giu. ’03 TRAPIANTI DI FEGATO, LA SFIDA DI PAVIA Gridelli: una tecnica che da grandi speranze Il paziente e’ un uomo di 40 anni affetto da metastasi. L' organo, prima di essere reimpiantato, ha subito un trattamento nucleare Mele Donatella, Mele Donatella PAVIA - Per la seconda volta in un anno e mezzo i chirurghi del Policlinico San Matteo hanno operato un paziente malato di tumore con la terapia neutronica. Ieri mattina l' e’quipe di Aris Zonta e’ entrata in sala operatoria per salvare la vita di un uomo di quarant' anni, napoletano, dalla diagnosi disperata: metastasi al fegato prodotte da un carcinoma del colon. Il primo intervento al mondo di questo tipo era stato effettuato dall' e’quipe dell' istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) diretta da Tazio Pinelli, con i fisici della sezione pavese, nel dicembre 2001 su un quarantanovenne napoletano che oggi sta bene e non ha dato segni di rigetto. Nei giorni scorsi l' ex paziente ha telefonato all' uomo in attesa dell' intervento per comunicargli la sua esperienza e trasmettergli la speranza perche’ tutto vada. La tecnica applicata da Zonta e’ basata sull' utilizzo dei neutroni per distruggere le cellule tumorali. Prevede la somministrazione al paziente di un aminoacido, la borofenilalanina, contenente boro 10 che viene assorbito dalle cellule: quelle neoplastiche ne assorbono una quantita’ cinque volte superiore di quelle sane. Il boro, irradiato dal fascio di neutroni, decade emettendo particelle la cui energia colpisce le cellule malate e risparmia quelle sane. Se anche questo secondo intervento dovesse risultare efficace, le speranze dei malati con scarse aspettative di vita aumentrebbero notevolmente. «E’ necessario verificare la procedura con nuovi interventi - ripete Aris Zonta - per offrire i dati necessari a una prospettiva scientifica. La speranza e’ di trattare fino al 30 per cento dei tumori al fegato e agli organi che possono essere trapiantati». La selezione dei pazienti si basa su un protocollo rigoroso (il comitato di bioetica del Policlinico di Pavia lo ha aggiornato qualche mese fa) che prescrive le procedure da adottare. Alla base della riuscita dell' intervento c' e’ una stretta collaborazione tra chirurghi e fisici: all' inizio delle terapia, infatti, alcune porzioni di tessuto vengono inviate all' istituto di fisica dove gli esperti valutano, fase per fase, la situazione. Intanto il fegato viene espiantato dai chirurghi e trasferito in ambulanza nel laboratorio nucleare dell' universita’ che si trova a circa duecento metri dalla sala operatoria del San Matteo. Qui l' organo, sistemato in un contenitore di teflon che non assorbe i neutroni, viene sottoposto a irraggiamento mentre il paziente viene tenuto in vita da un sistema di circolazione del sangue extracorporea. Dopo il trattamento il fegato viene riportato in sala chirurgica e reimpiantato. L' intera operazione dura circa quattordici ore. Ieri l' intervento e’ cominciato alle 8 del mattino. Verso le due, nel laboratorio di fisica nucleare e’ stata eseguita la prima biopsia, seguita da una seconda a distanza di un' ora. Alle 17.45 l' ambulanza con il fegato contenuto nella scatola di teflon ha raggiunto il laboratorio dove e’ cominciato l' irraggiamento: dieci minuti a una temperatura tra i 7 e 9 gradi. Alle 18.20 il fegato e’ ripartito per l' ospedale. «E’ andato tutto bene - ha commentato Tazio Pinelli pochi minuti dopo il trasporto -. Abbiamo impiegato un tempo molto inferiore alla volta precedente: un record. Possiamo essere soddisfatti. Dal prossimo anno contiamo di procedere in collaborazione con l' ospedale Maggiore di Milano per effettuare almeno una decina di interventi l' anno». Poi la parte piu’ difficile: la ricostruzione dei sistemi circolatori e il reimpianto del fegato, una parte che ha impegnato i chirurghi del San Matteo fino a notte. Donatella Mele LE FASI: 1 Due parti del fegato prese per le biopsie Il paziente viene preparato all' intervento. Due parti di tessuto prelevate dal fegato vengono mandate in laboratorio per effettuare le biopsie 2 Via all' espianto dell' organo malato I chirurghi effettuano l' espianto dell' organo. Il paziente viene tenuto in vita con un sistema di circolazione del sangue con passaggio extracorporeo 3 Colpito con neutroni Poi reimpiantato Nel laboratorio nucleare il fegato viene bombardato con neutroni. Terminato il trattamento, l' organo viene reimpiantato nel corpo del paziente L' ESPERTO Gridelli: una tecnica che da’ grandi speranze «E’ un trattamento sperimentale che offre grandi speranze». Commenta cosi’ l' intervento dei colleghi pavesi un chirurgo che per anni, da Bergamo, e’ stato punto di riferimento per tanti pazienti in attesa di trapianto: il professor Bruno Gridelli. Fino a un mese fa dirigeva, all' ospedale di Bergamo, il dipartimento di chirurgia generale dei trapianti. Dal primo giugno e’ a Palermo, direttore medico dell' Istituto Mediterraneo dei trapianti e terapie ad alta specializzazione (Ismett) ed e’ professore di chirurgia a Pittsburgh. «Mi sembra un' iniziativa di enorme interesse soprattutto per il tipo di paziente a cui si rivolge, affetto da neoplasia metastatica molto avanzata per il quale non c' e’ trattamento. Realizzata da un gruppo di provata esperienza che da tempo ha fatto della chirurgia del fegato un suo punto di forza. Con molti colleghi guardiamo con estrema attenzione ai risultati dell' e’quipe pavese». E i rischi? »Anche i trapianti quarant' anni fa venivano guardati in modo strano. In questo caso, oltretutto, c' e’ un protocollo redatto da un comitato etico e i medici si muovono all' interno di istituzioni, l' universita’ di Pavia e l' Irccs San Matteo, che garantiscono grande serieta’». E’ presto per parlare di successo? «Riguardo alla validita’ clinica e scientifica ci potremo esprimere tra anni. Nel nostro lavoro contano i numeri: se questa tecnica si dovesse dimostrare efficace si dara’ speranza di vita a chi davanti a se’ non ha nulla». D. Me _____________________________________________________ Corriere della Sera 4 Lug. ’03 SIRCHIA AI VETERINARI: «MORFINA AGLI ANIMALI ANCHE LORO SOFFRONO» Il ministro: vanno aiutati allo stesso modo degli uomini Intervento per ricordare il decreto che facilita l' uso di questi farmaci De Bac Margherita ROMA - Soffrono come noi, hanno la stessa percezione del dolore. L' unica differenza e’ che non parlano e quindi non possono spiegare al padrone o al medico dove sentono male e con quale intensita’. Puo’ accadere quindi che la loro condizione non venga compresa e che l' uso di antidolorifici non sia considerato. LA LETTERA - In una lettera inviata ieri a tutti i veterinari (separatamente ne e’ partita un' altra per i medici) il ministro della Salute Girolamo Sirchia raccomanda un' attenzione speciale al problema e ricorda le iniziative che facilitano la prescrizione di morfina e derivati, gli oppiacei. Nuova modulistica e meno burocrazia per rifornirsi del farmaco come prevede il decreto dello scorso 4 aprile, pensato per risparmiare ai pazienti umani tanto dolore inutile, ma valido anche per gli altri esseri viventi. E' la prima volta che ci si preoccupa di cani, gatti, mucche o cavalli con tumore o altre malattie stressanti. «Molto spesso si trovano a convivere con patologie invalidanti caratterizzate da dolore - scrive Sirchia, ex padrone di un gatto - il che costituisce la negazione del diritto alla non sofferenza. Un animale non puo’ esprimersi e quindi e’ difficile accorgersi di quanto possa tollerare. Il veterinario deve intervenire». Si ricorda quindi che il decreto ha introdotto significativi cambiamenti per la compilazione delle ricette, tra l' altro non c' e’ piu’ l' obbligo di indicare l' indirizzo del proprietario del paziente a quattro zampe ne’, da parte del prescrittore, di conservare per sei mesi la copia. EUTANASIA - «Iniziativa lodevole - l' apprezza Paolo Buracco, professore ordinario di Veterinaria all' universita’ di Torino, clinica chirurgica -. E’ vero, anche nel nostro campo gli oppiacei dovrebbero avere una maggiore diffusione ma non bisogna farne un uso indiscriminato, quando la qualita’ della vita e’ gia’ compromessa. Se un cane con malattie articolari non potra’ alzarsi neppure dopo l' iniezione di morfina, non ha senso farla. Sono contrario all' impiego di terapie del dolore nei casi terminali». Buracco ricorda che i suoi colleghi, rispetto ai medici, hanno uno strumento in piu’, l' eutanasia: «Dopo una diagnosi di tumore, se la sopravvivenza prevista e’ di un anno al costo di chemioterapia, radioterapia e intervento chirurgico, il 50% dei padroni decide di andare avanti. L' altra meta’ rinuncia all' amico fedele di una vita». Tullio Scotti, presidente dell' Ordine dei veterinari di Roma e provincia, si addentra in riflessioni bioetiche: «Il principio previsto nel codice deontologico di decidere in scienza e coscienza vale anche per noi, quindi prima di passare all' eutanasia il medico deve valutare la possibilita’ di eliminare il dolore severo. Sono contrario all' accanimento terapeutico, ma un trattamento a base di oppiacei non lo e’. E’ un aiuto farmacologico, un dovere di chi cura. Il decreto Sirchia agevola il nostro compito». Strano Paese il nostro. Ultimo in Europa per quanto riguarda il ricorso a terapie antidolorifiche nei malati che non hanno speranza di guarigione - dietro di noi solo la Grecia - l' Italia viene considerata all' avanguardia nel saper alleviare la sofferenza degli amici animali, soprattutto in chirurgia. «Gia’ usiamo oppioidi, antinfiammatori, anestetici locali nelle varie formulazioni e anche cerotti, tutto cio’ che e’ disponibile, le aziende in questo ci sono venute incontro - presenta il quadro Alessandro Bonioli, dell' associazione Isvra, che si occupa di anestesia in veterinaria -. La nostra categoria e’ preparata a ricevere le giuste raccomandazioni di Sirchia, non cadranno nel vuoto». Margherita De Bac Meno burocrazia nelle prescrizioni Ma gli esperti: no all' uso indiscriminato _____________________________________________________ La Stampa 2 Lug. ’03 C’E’ QUALCHE SPERANZA DI RIPARARE IL CERVELLO? LA PLASTICITA’ DEL SISTEMA NERVOSO: ORA SI CERCA DI SFRUTTARLA PER LA RIABILITAZIONE DEI PAZIENTI OGNI giorno le strade fanno decine di morti e centinaia di feriti. Spesso ad essere colpito e’ il sistema nervoso centrale, e in particolare il cervello. Ogni anno ci sono in media in Italia 216.000 ictus di cui 175.000 causano invalidita’ permanente, il che comporta spese per cure mediche e riabilitative di 6-7 miliardi di euro. Ai carichi umani, sociali ed economici vanno aggiunti quelli dovuti alle patologie specifiche del cervello, come le malattie neurodegenerative, specie quelle dell'invecchiamento, come il morbo di Alzheimer. Se una lesione colpisce l'apparato scheletrico o muscolare si puo’ ottenere, con opportune terapie, un recupero anatomico e funzionale completo, e lo stesso accade per molti organi del nostro corpo. Purtroppo non e’ cosi’ per il cervello: il recupero anatomico e funzionale dai danni dovuti a una lesione nel sistema nervoso centrale adulto e’ estremamente limitato e le funzioni nervose danneggiate rimangono compromesse. Questa sostanziale impossibilita’ di riparare i circuiti cerebrali danneggiati viene attribuita a una serie di fattori, tra cui l'incapacita’ delle connessioni nervose nel sistema nervoso centrale adulto di rigenerare, la mancanza di un rimpiazzo per le cellule nervose che muoiono in seguito alla lesione e la limitata plasticita’ del cervello adulto, dove per plasticita’ si intende la capacita’, tipica delle connessioni cerebrali, di modificarsi con l'uso. Per fare un paragone calcistico, quando un neurone riceve il cartellino rosso, deve uscire di squadra e non viene sostituito; per continuare con successo la partita, e’ necessario cambiare la strategia del gioco, utilizzare schemi diversi di connessione fra i giocatori rimasti, cioe’ mostrare plasticita’. Le squadre di neuroni del cervello adulto non sembrano capaci di riorganizzarsi dopo una lesione. Nel cervello giovane, dove la plasticita’ e’ molto piu’ elevata che nell'adulto, le squadre dei neuroni possono riorganizzarsi, e molto spesso lesioni cerebrali producono danni neurologici minori di quelli prodotti nel cervello maturo. Si puo’ migliorare le possibilita’ di recupero dopo lesioni nel cervello adulto? Questa e’ una domanda di estrema importanza, e recentemente, nel tentativo di darle una risposta, la ricerca di base si e’ incontrata con successo con la neuroriabilitazione. Gli elementi essenziali oggi presi in considerazione sono in primo luogo un aumento delle conoscenze sui meccanismi della plasticita’ e sulla possibilita’ di potenziarla nel cervello adulto, riportandola ai livelli elevati del cervello giovane, per poterla sfruttare a scopo terapeutico. Questo e’ un punto essenziale, che sempre piu’ si dimostra necessario per la progettazione di terapie riabilitative. Ad esempio, conoscenze acquisite negli studi sulla plasticita’ corticale hanno consentito di sviluppare un programma molto efficace di riabilitazione per bambini con deficit del linguaggio. Sempre dalla ricerca di base sulla plasticita’ e’ stato suggerito l'utilizzo di terapie comportamentali basate sull'apprendimento per favorire il recupero da danni corticali. I risultati sono incoraggianti e il grado di recupero sembra correlato con la riorganizzazione dei neuroni sopravvissuti all'insulto. In secondo luogo, si cerca di intervenire aumentando la disponibilita’ di fattori che migliorano la sopravvivenza dei neuroni, come i fattori neurotrofici, cercando di promuovere la rigenerazione delle connessioni danneggiate e tentando di rimpiazzare i neuroni perduti in seguito alla lesione, tramite trapianti di tessuto neuronale o di cellule staminali. Anche in questo caso la plasticita’ cerebrale e’ necessaria per il completamento della corretta ricostruzione dei circuiti lesionati. I progressi in questo campo sono notevoli: ad esempio, e’ dimostrato che intervenire opportunamente sulla composizione dell'ambiente extracellulare favorisce la rigenerazione e puo’ potenziare la plasticita’ del cervello adulto. Anche la piu’ recente acquisizione tra le terapie riabilitative proposte per favorire il recupero da danni cerebrali, e’ frutto degli studi sulla plasticita’. Era noto da diversi anni che l'esercizio fisico associato a una adeguata stimolazione sensoriale potenziava la plasticita’ cerebrale. Ora sappiamo che esercizio fisico e stimolazione sensoriale diminuiscono o prevengono la morte neuronale e favoriscono il recupero dai danni dovuti a lesioni cerebrali e, in una struttura importante per la memoria, l'ippocampo, favoriscono addirittura la nascita di nuovi neuroni. Tutti questi temi saranno dibattuti in un convegno internazionale organizzato dal 6 all’8 luglio a Torino, a Villa Gualino, da Piergiorgio Strata. Interverranno alcuni tra i maggiori esperti di plasticita’ cerebrale: Carla Shatz (Harvard), Michael Merzenich (University of California), Tobias Bonhoeffer (Max Planck Institute), Martin Schwab e Fred Gage. Sara’ l’occasione per discutere le ultimi ricerche e le nuove proposte terapeutiche, con la speranza che questo serva anche a dare nuovo slancio alla ricerca italiana del settore per mantenerla competitiva a livello internazionale. La sera del 7 luglio (ore 21), con il sostegno della Fondazione Sigma Tau, si terra’ una tavola rotonda aperta al pubblico in corso Massimo d’Azeglio 52. Info: 011-6600.187. [TSCOPY](*)Istituto di neuroscienze, Cnr, Pisa _____________________________________________________ La Stampa 2 Lug. ’03 PREVENZIONE: DEGENERAZIONE MACULARE SENILE Quei danni BENCHE’ sconosciuta ai piu’, la degenerazione maculare senile e’ la maggiore causa di cecita’ tra le persone oltre i 60 anni. Nei Paesi industrializzati colpisce il 25 per cento degli ultrasettantenni: in tutto 30 milioni di persone, ma si stima che entro i prossimi 25 anni il numero dei casi sara’ tre volte superiore in seguito al crescente invecchiamento della popolazione. Come fronteggiare una malattia cosi’ invalidante? «Non so se e quando tecniche innovative come il trapianto di cellule staminali o la terapia genica riusciranno a sconfiggere questa malattia. Ma sono certo che nell'immediato futuro la strategia vincente consistera’ nella combinazione personalizzata di cure differenti, proprio come si fa contro il cancro o l'aids». Lawrence Yannuzzi, docente di clinica oculistica alla Columbia University Medical School di New York e direttore del LuEsther T. Mertz Retinal Research Center a Manhattan, ospite nei giorni scorsi della Fondazione Ferrero di Alba, e’ uno dei maggiori esperti a livello mondiale in tema di degenerazione maculare senile (Dms), una patologia che deteriora progressivamente la macula, cioe’ la parte centrale della retina deputata alla visione dei dettagli, dei colori e della luminosita’. «Con il passare del tempo - spiega Yannuzzi - la macula va incontro a un progressivo indebolimento fisiologico. Gli scambi di sostanze nutritive con i tessuti circostanti diventano meno efficienti e le scorie (le cosiddette drusen) si accumulano, sconvolgendo l'intero sistema». Le drusen possono compromettere la funzionalita’ visiva in due modi: soffocando le cellule della macula (si parla in questo caso di Dms "secca" o "atrofica") oppure favorendo la proliferazione di capillari sotto la retina (Dms "umida" o "essudativa"). Quest'ultimo caso e’ anche il piu’ grave, poiche’ comporta cali della vista molto pesanti, ma per fortuna colpisce con una frequenza dieci volte inferiore alla Dms secca. In genere il primo campanello d'allarme e’ una percezione distorta delle immagini (le righe orizzontali e verticali appaiono ondulate, un po' come succede in autostrada quando l'asfalto e’ surriscaldato dai raggi del sole), ma puo’ anche capitare di vedere macchie fisse nel campo visivo o di avvertire un'alterazione nei colori e nei contrasti luminosi. «I fattori scatenanti non sono ancora del tutto certi - ammette Yannuzzi - ma e’ chiaro che invecchiamento e predisposizione genetica hanno un ruolo prioritario. Purtroppo si tratta di due condizioni su cui si puo’ fare ben poco, ma non e’ cosi’ per altri fattori di rischio come il fumo di sigaretta, l'ipertensione, l'esposizione a forti sorgenti luminose o le carenze di vitamine e sali minerali». «L'uso di occhiali da sole con lenti che assorbono i raggi ultravioletti - aggiunge - e’ una strategia preventiva semplice ed efficace purche’ si scelgano prodotti di qualita’, proprio come si fa con le creme solari per la pelle. Buoni sono i margini di manovra sul fronte dietetico: chi mangia spinaci o cavolo riccio almeno due volte alla settimana riduce del 46 per cento il rischio di malattia. Le vitamine A, C ed E, di cui sono ricchi questi alimenti, sono validi agenti protettivi, cosi’ come alcuni sali minerali (zinco, selenio, luteina e zeaxantina) e acidi grassi insaturi omega 3». Non sorprende, dunque, che la fase iniziale della Dms secca venga contrastata esclusivamente con integratori vitaminici e minerali. Solo negli stadi avanzati (come anche nella Dms essudativa) si procede con un approccio multifattoriale, che affianca alla dieta farmaci e trattamenti chirurgici. Al momento gli interventi piu’ efficaci contro le maculopatie piu’ gravi sono la fotocoagulazione laser e la terapia fotodinamica, due tecniche che permettono di distruggere i capillari neoformati e quindi arrestare l'evoluzione della malattia. Purtroppo sono soluzioni che si possono applicare solo se i neovasi hanno dimensioni limitate e sono ben visibili all'esame angiografico. Il piu’ delle volte, inoltre, non riescono a scongiurare le recidive e quindi i pazienti devono ripetere l'operazione. Di positivo c'e’ che non causano effetti collaterali e possono essere praticate in ambulatorio. Lara Reale _____________________________________________________ Corriere della Sera 4 Lug. ’03 CREATO EMBRIONE CON DUE SESSI E' la prima chimera umana F a discutere l' esperimento Usa: «Volevamo curare i geni malati» Cellule maschili e femminili nello stesso essere «Ma poi lo abbiamo distrutto» Critiche degli specialisti: queste iniziative sono sbagliate e inutili Bazzi Adriana DAL NOSTRO INVIATO MADRID - Una chimera umana, meta’ maschio e meta’ femmina, e’ l' ultima «creazione» degli alchimisti della vita in provetta, ma l' embrione intersex ha subito suscitato critiche e condanne da parte della comunita’ scientifica. L' esperimento e’ stato presentato a Madrid in occasione del congresso annuale della Societa’ europea di riproduzione umana (Eshre) ed e’ opera di un gruppo americano del Center of human reproduction di New York e di Chicago, guidato da Norbert Gleicher. Eccolo in sintesi: i ricercatori hanno iniettato cellule, prelevate da un embrione maschio, in un embrione femmina di tre giorni e hanno fatto crescere quest' ultimo in laboratorio per sei giorni. Poi lo hanno distrutto, dimostrando, pero’, che su un totale di 21 embrioni- chimera, 12 si sono sviluppati normalmente. La ragione per cui sono state utilizzate cellule maschili sta nel fatto che il cromosoma Y e’ un marcatore che si puo’ studiare facilmente e permette, quindi, di seguire lo sviluppo e la distribuzione delle cellule maschili all' interno dell' embrione femmina. L' intento dei ricercatori era quello di sperimentare una possibile alternativa alla terapia genica nella cura di malattie genetiche. Secondo Gleicer, infatti, gli embrioni portatori di un difetto genetico potrebbero essere curati con l' iniezione di cellule embrionali con la versione corretta del gene. E la tecnica potrebbe essere utile per quelle coppie in cui un solo partner e’ portatore di un gene difettoso che potrebbe trasmettere al figlio. Non solo: secondo il ricercatore americano questa strada permetterebbe di non distruggere gli embrioni con i geni malati. Ma la maggior parte dei ricercatori non e’ d' accordo. «Mi sembra un errore madornale - commenta Alan Trounson, australiano, della Monash University di Melbourne, uno dei pionieri della fecondazione in vitro -. Non si puo’ avere soltanto meta’ corea di Hungtington (una malattia genetica, ndr)». Dello stesso parere anche Lynn Frazer, membro del comitato scientifico dell' Eshre: «E' vero che anche nel caso di embrioni concepiti naturalmente si possono formare chimere, ma pensare a questo come terapia e’ azzardato. La distribuzione delle cellule contenenti geni sani e geni malati non e’ omogenea e non e’ prevedibile». Meno categorico e’ il presidente dell' Eshre, Arne Sunde, secondo il quale la tecnica, almeno teoricamente, potrebbe essere applicabile in alcune condizione, come nel caso di certe malattie metaboliche dovute alla mancanza di un enzima, in cui bastano poche cellule con il gene sano funzionante per risolvere il problema. La ricerca sugli embrioni-chimera non e’ l' unica che ha fatto discutere gli esperti riuniti a Madrid. In precedenza il ricercatore israeliano Tal Biron-Shental aveva proposto di utilizzare ovuli prelevati da feti abortiti per sopperire alla carenza di ovuli da utilizzare nei trattamenti di fecondazione in vitro. Annunci di questo tipo gettano discredito sulle ricerche nel campo della riproduzione assistita, sostengono ora molti scienziati, e, in Italia, rischiano di interferire con il dibattito sulla legge relativa alla procreazione assistita, ancora da discutere in Senato. Adriana Bazzi abazzi@corriere.it LE NOVITA' «IN VITRO» LESBISMO Ormoni maschili C' e’ una differenza biochimica fra le donne attratte da persone dello stesso sesso e le altre. Le lesbiche hanno piu’ testosterone, e composti simili, nel loro sangue ed e’ proprio l' eccesso di questi androgeni che influirebbe sull' orientamento sessuale. L' ipotesi che il lesbismo abbia a che fare con gli ormoni maschili nasce da una ricerca condotta al London Women' s Clinic and the Hallam Medical Center FECONDAZIONE Ovaio policistico Nuova metodica di fecondazione in vitro per donne affette da ovaio policistico. La tecnica «Miv» (maturazione in vitro degli ovociti) prevede il prelievo, attraverso una sonda vaginale, di ovuli immaturi che vengono fatti maturare in laboratorio e fecondati. La procedura permette di evitare i trattamenti ormonali, usati per stimolare la superovulazione. Puo’ essere applicata a donne fertili il cui partner produce pochi spermatozoi _____________________________________________________ Le Scienze 4 Lug. ’03 SCOPERTO UN NUOVO CEPPO DEL VIRUS DELL’AIDS Lo studio della sequenza genomica potrebbe contribuire a trovare un vaccino Un scienziato irlandese ha scoperto una nuova varieta’ del virus HIV che potrebbe fornire indizi utili alla ricerca di un vaccino. Grace McCormack, ricercatore della National University of Ireland di Maynooth, si e’ imbattuto in un tipo di virus precedentemente sconosciuto mentre stava studiando campioni di sangue provenienti dal Malawi e risalenti ai primi anni dell’epidemia di AIDS degli anni ottanta. “La scoperta e’ molto interessante, - commenta McCormack - perche’ pur trovando molte persone che ne erano infette negli anni ottanta, finora non ne abbiamo ancora osservata alcuna traccia negli anni novanta. Potrebbe trattarsi di una varieta’ del virus che e’ scomparsa, forse in grado di fornirci informazioni su come sconfiggere la malattia”. Esistono nove ceppi finora noti di HIV, il virus che provoca l’AIDS e che infetta ogni giorno 15.000 persone in tutto il mondo. L’AIDS ha gia’ ucciso 25 milioni di persone, e si prevede che questa cifra sia destinata a salire a 80 milioni entro il 2010. L’unica speranza di combattere la malattia e’ un vaccino, ma finora ogni sforzo per realizzarne uno e’ fallito. Lo studio di McCormack, il risultato di tre anni di ricerca, e’ stato pubblicato sulla rivista “AIDS Research and Human Retroviruses”. Prima che possa contribuire alla prevenzione e al controllo dell’epidemia e magari allo sviluppo di un vaccino efficace, pero’, sara’ necessario studiare l’intera sequenza genomica del nuovo virus, per la quale ci vorranno almeno altri tre anni.