L'ATENEO SI FA I CONTI IN CASA ASCIUTTI: CHIAMIAMOLI TECNICI, NON DOTTORI BERLINGUER: BISOGNA VALUTARE SEDI E DOCENTI NOBEL WIESEL: FUGA DEI CERVELLI? COLPA DI ATENEI E GOVERNI RICERCA: TREMONTI HA AVUTO UN'IDEA. PURTROPPO FUGA DALLE FACOLTA’ SCIENTIFICHE, EPPURE CONVENGONO CIAMPI: SCEGLIETE LE FACOLTA’ SCIENTIFICHE NOBEL E IG-NOBEL CAGLIARI: FACOLTA’ SENZA AULE RIFORMA DEI PROF, CRESCE LA TENSIONE UNO STUDENTE SU 5 E’ ASSENTEISTA UNIVERSITA’: AUTOCERTIFICAZIONE TRA MILLE DIFFICOLTA’ LA SARDEGNA COME L'IRLANDA ================================================================== EUROPA: PORTE CHIUSE AGLI SPECIALISTI ITALIANI SANITA’: SPESA PROCAPITE A 116 EURO FONDI ALLE ASL, ARRIVANO ALTRI 144 MILIONI TELEMEDICINA. LE LINEE GUIDA NEL PIANO SANITARIO NAZIONALE, ENOTERAPIA AL XLIII CONGRESSO DI STORIA DELLA MEDICINA IL CAMPUS BIOMEDICO ANNUNCIALA NASCITA DEL NUOVO POLICLINICO I VERTICI DELLA PFIZER VANNO DA BERLUSCONI CONGRESSO CISAL LA RICERCA MEDICINA ANTI-CRISI CAGLIARI IN PRIMA LINEA NELLA LOTTA ALL’ALZHEIMER TROPPI ANTIBIOTICI, IN OSPEDALE SI AMMALANO 10 PERSONE SU 100 IL GORETEX ENTRA IN SALA OPERATORIA I TACCHI ALTI? UNA ROVINA PER LA SCHIENA PARTI CESAREI IN ECCESSO, NEL PRIVATO RADDOPPIANO UNO SCANNER FACILITERA’ LA DIAGNOSI DEL CANCRO ALLA PROSTATA OSTEOPOROSI KO CON L'ORNIONE DELLA TIROIDE DAL FETO LA NUOVA FRONTIERA DEI TRAPIANTI SPINE DI RICCIO CONTRO LA TALASSEMIA TERAPIE ECCESSI NEL BERE E NEUROLOGIA ================================================================== _____________________________________________________ Il Sole24Ore 13 ott. ’03 L'ATENEO SI FA I CONTI IN CASA Diminuiscono le giacenze e aumentano le entrate proprie, mentre ci si interroga sul sistema del «3+2» Con lentezza - pur con qualche tentazione di tornare indietro e mentre incalza il dibattito sulla validita’ de sistema del "3+2" - prosegue per le universita’ la strada dell'autonomia finanziaria, iniziata ne '93. Con un decreto del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti altri 12 atenei sono stati autorizzati a uscire dal sistema della tesoreria unica. Le sedi sono state scelte sulla base di alcuni requisiti "virtuosi: rispetto con scarti minimi degli obiettivi del fabbisogno nel triennio 2000-2002, limitate giacenza di cassa alla fine dello scorso anno, fuoriuscita completata dalla te soreria unica dei rispettivi diparti menti e si affiancano alle universita’ di Pisa e Catania e al Poli tecnico di Torino. Gli apripista. Si tratta dei pie meri, fin dal 1998, del percorso c uscita dalla tesoreria unica, con 1 progressiva chiusura dei conti che interessa anche i dipartimenti e i centri autonomi di spesa di tutti gli atenei. Con l'azzeramento delle contabilita’ speciali, in cui prima venivano accreditati i trasferimenti statali e venivano depositate le entrate proprie degli atenei, i pagamenti da parte del ministero dell'Istruzione sono effettuati nel momento in cui le disponibilita’ presso le banche risultano sotto una determinata soglia: il 15°Io delle assegnazioni di competenza dell'esercizio finanziario precedente, con un tetto per le assegnazioni calibrato sul fondo di finanziamento ordinario. L'autonomia. Per i nuovi atenei, autorizzati a eleggere proprie banche tesoriere, il ministero - dal 2004 - effettuera’ pagamenti bimestrali anticipati per quanto riguarda il. fondo per il finanziamento ordinario, tenendo presente la competenza dell'anno precedente (e i residui). «Con la chiusura delle; contabilita’ speciali -spiega Giuseppe Catalano del Comitato di valutazione del sistema universitario - gli atenei gestiscono le risorse da autofinanziamento, massimizzando i rendimenti. In questo modo si dimostra la possibilita’ di coniugare le opportunita’ dell'autonomia con la necessita’ di un sistema di controllo della finanza pubblica». Il progetto di fuoriuscita dalle contabilita’ speciali si inquadra nella politica di controllo del fabbisogno delle universita’, determinato (nel sistema di tesoreria unica) dalle erogazioni dello Stato piu’ il saldo tra prelevamenti e versamenti. Il tetto del fabbisogno delle universita’ e’ programmato ogni anno a livello di sistema e per ciascun ateneo: in questo modo fin dal luglio del '96 si e’ superato il vincolo rigido ai prelievi di tesoreria. I conti. Le universita’, in questi anni, hanno sostanzialmente rispettato l'obiettivo del fabbisogno programmato (si veda la tabella) e parallelamente sono diminuite le giacenze. Il meccanismo e’ confermato anche per il periodo 2004-2006 dal disegno di legge Finanziaria 2004: le universita’ statali, i dipartimenti e i centri autonomi di spesa non possono generare, per ciascun anno, un fabbisogno superiore a quello determinato a consuntivo per l'anno precedente maggiorato del 4 per cento. Intanto, secondo i dati aggregati sui conti consuntivi 2000 e 2001 (che hanno utilizzato una schema predisposto dal ministero ed elaborato dal Comitato), aumentano le entrate proprie degli atenei, in cui sono compresi sia il gettito della contribuzione studentesca sia i compensi per commesse di ricerca. Per quanto riguarda le spese per agli assegni fissi del personale di ruolo, in questi anni non c'e’ stata alcuna esplosione: nel 1994, all'avvio dell'autonomia, la voce rappresentava 1"83,4% del fondo per il funzionamento ordinario, nel 2002 ha costituito l’83,72%, nonostante l'aumento delle sedi universitarie e degli adeguamenti 3i legge per gli stipendi. MARIA CARLA DE CESARI Decentramento Le universita’ fuori tesoreria unica Bari Politecnico Milano Politecnico Calabria (Cosenza) Padova Ferrara Parma Firenze Pavia Genova Normale di Pisa Lecce Siena _____________________________________________________ Il Sole24Ore 13 ott. ’03 «CHIAMIAMOLI TECNICI, NON DOTTORI» Franco Asciutti, presidente forzista della commissione Cultura del Senato, non e’ soddisfatto del «3+2». «I vecchi corsi di studio - afferma - sono stati compressi da cinque a tre anni. Penso a ingegneria. Non abbiamo fatto il bene degli studenti». Bisogna riformare la riforma? E’ necessario modificare questa laurea, che continuo a chiamare breve. Rispetto all'Europa siamo in difficolta’. Anche perche’ dopo tre anni di universita’ noi diamo il titolo di dottore. Negli altri Paesi lo fanno una volta completato l'intero ciclo di studi. E poi mi chiedo: se i primi tre anni rappresentano un corso completo di formazione, allora gli altri due a che servono? Anche perche’ dopo il biennio di specializzazione c'e’ ancora il dottorato. Se invece il triennio e’ propedeutico, allora quelli successivi sono di specializzazione. Attualmente, pero’, non sono ne’ l'uno ne’ l'altro. II «3+2» ha portato piu’ immatricolazioni e un minore abbandono dei corsi... Il fatto che ci sia ` no piu’ studenti non significa che sia aumentata la qualita’ dei corsi. E la qualita’ non si determina neanche con il minor numero di abbandoni. Anche perche’ ci sono atenei che chiedono ai docenti di promuovere tutti. Per richiamare piu’ studenti ci si inventa questo e altro. Alcune universita’., come Macerata e Messina, fissano le tasse universitarie a livelli irrisori. salvo poi piangere per la mancanza di soldi. Un effetto perverso dell'autonomia? Si, anche se questa non e’ autonomia, ma anarchia. E necessario, percio’, un sistema di valutazione serio, basato su parametri certi, che sia, per esempio, in grado di verificare cosa accade ai laureati una volta usciti dall'universita’: se trovano lavoro e che tipo di impiego. E’ uno degli indicatori per capire se un ateneo funziona. Deve valutare il ministero? Certo, servendosi possibilmente di personale straniero. La valutazione servirebbe anche per assegnare le risorse`' Esatto: piu’ risorse agli atenei che rappresentano t'eccellenza. Nostalgia del vecchio sistema? No, se il «3+2>, significa che dopo tre anni uno consegue un diploma universitario e dopo due una laurea e il triennio e’ propedeutico al biennio. Sembra solo una questione di nomi. Il mercato, in fondo, chiede super tecnici, senza dover aspettare anni... Allora chiamiamoli cosi, ma si tratta di corsi di studio diversi dalla laurea. Non possiamo creare tecnici pensando che siano laureati: sono livelli culturali completamente diversi. Alla fine la soluzione migliore e’ introdurre maggiore flessibilita’: salvare il a3+2»dove funziona e riformarlo dove mostra la corda. Le risorse per l'universita’ sono veramente poche? Si. Ma e’ anche vero che si stanno sperperando quattrini. Per esempio, gli atenei cercano di occupare tutto il territorio. Se vogliamo trasformare l'universita’ in un liceo, allora possiamo assegnare a ogni Comune una facolta’, ma se pretendiamo che l'universita’ sia la sede dell'alta cultura, dobbiamo ripensare questa organizzazione. ANTONELLO CHERCHI _____________________________________________________ Il Sole24Ore 13 ott. ’03 BERLINGUER «BISOGNA VALUTARE SEDI E DOCENTI» Luigi Berlinguer Per Luigi Berlinguer, ora consigliere laico del Csm ma allora "padre", in qualita’ di ministro della Pubblica istruzione, della riforma del «3+2», «abbandonare quella strada e’ impossibile. Ci collocheremmo fuori da un processo europeo di cui siamo stati protagonisti». Ma come?! Si e’ sempre detto che ci adeguavamo all'Europa... No. Abbiamo lanciato noi, insieme ai ministri francese, inglese e tedesco, l'idea di uniformare i percorsi universitari sul modello del «3+2». In seguito il processo e’ diventato europeo. Ora, guai a starne fuori. Perche’ proprio il «3+2»? Avevamo l'enorme fardello (fenomeno tutto italico) del 70°I° di abbandoni rispetto alle immatricolazioni e una durata dei corsi di almeno due anni in piu’ rispetto alla durata legale. Oggi gli abbandoni si sono ridotto al 47%, che nella storia dell'universita’ italiana e’ un dato rivoluzionario. Le immatricolazioni sono aumentate e i fuori corso sono diminuiti. L'idea di fondo e’ stata di introdurre corsi di studio in grado di soddisfare le differenti possibilita’ di impegno dei ragazzi e le diversita’ di profili richiesti dal mercato del lavoro. Altra misura importante fu quella sui mega-atenei: avevamo universita’ con 200mila studenti. Oggi, dopo una battaglia con resistenze furibonde, e’ stata iniziata un'opera di decentramento. Non si puo’ tornare indietro. Intanto, pero’, i corsi di laurea sono cresciuti a dismisura, alcuni su materie improbabili... Si e’ trattato di un cambiamento profondo, non esente da contraddizioni e difetti. L'autonomia didattica rappresenta una misura straordinaria, ma temeraria. Si fonda sulla fiducia nel corpo docente, ma anche su un'energica conduzione politica del processo. Questa seconda componente si e’ venuta allentando. Doti e universita’ hanno, invece, lavorato con molto impegno per Adeguare la didattica alla cultura contemporanea. Ma non sono mancati gli abusi. Come eliminarli? Tornare indietro non risolve il problema: gli abusi sulla didattica esistevano Anche in regime li centralismo ministeriale. L'uni-o modo e’, oltre Alla fermezza nella guida politica, a responsabilizzazione dei do;enti, anche in termini di budget oltre che di risultato. Finche’ non viene attivata la valutazione dei risultati, l'autonomia non si giustifica. Con la riforma abbiamo iniziato a costruire e idee e le strutture di valutazione. Ma soprattutto, gli abusi si arginano con il budget: finanziando seriamente l'universita’, ma ponendo limiti. Esistono, dunque, le misure per un'autonomia che sia responsabile. Perche’ il sistema universitario funzioni sono necessari interventi del legislatore? Piu’ che questo, occorrono misure di sostegno alla parte viva della riforma: nei confronti dei docenti che si impegnano di piu’ nella didattica, verso le forme di organizzazione della ricerca, per aiutare l'attivita’ progettuale dell'universita’. Poi il sistema si assesta da se’. Le risorse a disposizione degli atenei sono scarse? Enormemente. A.CHE. _____________________________________________________ Italia Oggi 15 ott. ’03 NOBEL WIESEL: FUGA DEI CERVELLI? COLPA DI ATENEI E GOVERNI «In Europa e’ difficile, per un giovane ricercatore farsi strada nel mondo della ricerca senza l'appoggio di un "grande boss", cioe’ un professore universitario che ti prenda sotto la sua, ala. L'atteggiamento conservatore nel mondo universitario abbinato a un arretramento degli standard delle strutture di ricerca europee rispetto a quelle degli Usa determina oggi una fuga di cervelli verso gli Stati Uniti. Sono problemi che riguardano anche l'Italia e che tutti i governi dovrebbero affrontare seriamente». Il monito autorevole e’ di Torsten Wiesel, premio Nobel per la medicina 1981, ospite d'onore della seconda giornata di lavori della conferenza «La mobilita’ internazionale: situazione attuale e prospettive future», presso il parco scientifico di Trieste, Area science park. Svedese di origine, da molti anni stabilitosi negli Stati Uniti, Wiesel formula il suo giudizio dal particolare osservatorio dello Human frontier scienCe program di cui e’ segretario generale, un programma collaborativo internazionale su ricerca di base e interdisciplinare nelle scienze logiche, che vede membri i paesi Ue e G7 e conta su un portafoglio di 50 milioni di dollari. Ecco alcuni dati del programma diretto da Wiesel, riferiti al periodo 1990-2003 e relativi a borse post-doc dilunga. durata sono eloquenti. I170% dei ricercatori che dal resto del mondo Svolgono un periodo di formazione negli Usa non torna piu’ nel proprio paese di origine. Il rientro dei ricercatori italiani dagli Usa e’ solo del 38°l0. Fa eccezione in questo quadro la Francia, con un rientro del 64%. Di converso sono pochi i ricercatori che dagli Stati Uniti vengono in Europa, l'lolo dei quali arriva in Italia (circa 1.000 nel periodo 1990-2003). Numeri che non aiutano a riequilibrare il drenaggio di ricercatori fuori dal nostro continente. Le borse erogate dallo Human frontier science program hanno un importo variabile tra 135 mila e i 46 mila dollari l'anno.- _____________________________________________________ L’Unita’ 14 ott. ’03 RICERCA: TREMONTI HA AVUTO UN'IDEA. PURTROPPO PIETRO GRECO Giulio Tremonti ha avuto una bella idea: realizzare un istituto di ricerca tutto «suo», l'Istituto italiano per la tecnologia, con sede a Genova, per regalare al sistema Italia dalla sera alla mattina un centro d'innovazione di assoluta eccellenza, analogo al Massachussetts Institute of Technology (Mit) di Boston. E poiche’ Giulio Tremonti non e’ un cittadino qualsiasi, ma il ministro dell'Economia, ha deciso di finanziare questa sua idea con un budget niente male: 350 milioni di curo (circa 700 miliardi di vecchie lire) in quattro anni, con quote di 50 milioni di euro il primo anno e di 100 milioni l'anno per i tre anni successivi. Dicono che l'idea di Tremonti abbia fatto arrabbiare la signora Letizia Moratti. Sia perche’ il nuovo centro sarebbe sottratto alla sua giurisdizione di ministro dell'Universita’ e della Ricerca Scientifica e gestito direttamente dal ministero per l'Economia, sia perche’ mentre con una mano Giulio Tremonti tagliava i gia’ magrissimi fondi per l'universita’ e gli Enti di ricerca che dipendono da Letizia Moratti, esponendo la signora alla pubblica contestazione dei rettori e dei ricercatori di tutt'Italia, con l'altra mano il ministro dell'Economia scavava nel salvadanaio dei soldi pubblici e trovava un bel po' di quattrini per finanziare la sua trovata. Dicono che l'idea di Tremonti abbia fatto arrabbiare anche il professor Adriano De Maio. Ma come, pare vada sostenendo il rettore della libera Universita’ Luiss, solo pochi mesi fa il governo mi ha nominato Commissario straordinario del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) per rifondare il piu’ grande Ente pubblici un fantomatico istituto che esiste solo sulla carta e che, del Cnr, e’ gia’ concorrente sleale? Non c'e’ dubbio, l'idea del ministro dell'Economia e’ un bel siluro per il Cnr e per il suo nuovo Commissario. Dicono che l'idea di Tremonti abbia fatto arrabbiare molti deputati della maggioranza, che vogliono capire cosa abbia in testa il superministro dell'economia prima di approvarla in Parlamento, quella sua idea, come codicillo della Legge Finanziaria. Molte cose pare si dicano e si sussurrino intorno all'idea di Giulio Tremonti di creare in Italia, dalla sera alla mattina, un succedaneo del Mit di Boston. Ma da ieri la comunita’ scientifica italiana, o almeno un'autorevole sua rappresentanza - la Conferenza dei Direttori degli Istituti del Cnr - il suo giudizio la ha messo nero su bianco. Quella di Giulio Tremonti, hanno scritto in un comunicato ufficiale i 12 rappresentanti dei circa cento direttori degli istituti di ricerca del Cnr, e’: «un'iniziativa del tutto estemporanea, velleitaria e scollegata rispetto al processo in corso (...) di riassetto della rete scientifica nazionale (...), apparentemente nemmeno concertata con il Ministro competente», ovvero con la signora Moratti. Ma perche’ la bella idea di Tremonti e’ del tutto estemporanea? Beh, perche’ viene proposta proprio mentre vengono sottratte le risorse a quella rete scientifica nazionale che solo sei mesi fa il governo, con provvedimento straordinario, ha deciso di riassettare. Tanto- che oggi quella rete scientifica ha, dallo Stato, appena i soldi per pagare gli stipendi dei dipendenti e le spese vive. Mentre con gli importi previsti a finanziamento della bella idea di Tremonti e del suo «sedicente istituto (...) se immessi interamente nella rete scientifica del Cnr costituirebbero un incremento del 25% delle risorse disponibili per progetti di ricerca». E perche’ la bella idea di Tremonti e’ del tutto velleitaria? Beh, perche’ distrugge il certo per creare l'incerto. Perche’ nessun istituto di ricerca al mondo nasce dalla sera alla mattina, senza sapere quali sono i suoi obiettivi e quali sono le risorse umane per realizzarli. Insomma, quei soldi, sottratti a un Cnr gia’ in coma v dirottati verso il «sedicente istituto», sono sol dirpttati in partenza. Quanto allo scollegamento rispetto al gia’ controverso progetto di riassetto della rete nazionale di ricerca voluto da Letizia Moratti e’ tanto evidente, quanto clamoroso. Un ministro dell'Universita’ e della ricerca scientifica che avesse davvero a cuore il proprio mandato < questo punto avrebbe gia’ preso cappello... Che fare, dunque, di fronte a questo progetto estemporaneo, velleitario e scollegato rispetto allo stesso processo messo in atto dal governo La Conferenza dei Direttori del Cnr non h< dubbi: fermarlo. Subito. Prima che crei nuov disastri alla gia’ disastrata ricerca scientifica italiana. E prima che venga «letto dai nostri colleghi (ricercatori) stranieri come un nuovo segnale di superficialita’ e velleitarismo nella politica scientifica del Paese». Insomma, fermate Tremonti prima che faccia piangere ancora di piu’ gli scienziati italiani E ridere ancora di piu’ i loro colleghi stranieri. ___________________________________________ Il. Corriere della Sera 13 ott. ’03 FUGA DALLE FACOLTA’ SCIENTIFICHE, EPPURE CONVENGONO Crollo nelle iscrizioni a matematica, fisica e chimica. «Gli sbocchi lavorativi ci sono, pero’ mancano gli incentivi» L' ITALIA DELL' UNIVERSITA' I CORSI Vecchi Gian Guido Seconda tappa del viaggio nelle universita’ italiane. Soprattutto al Nord si registra un numero di laureati in materie scientifiche inferiore alla domanda. A Siena solo 15 immatricolazioni a matematica pura, a Milano e Roma poche decine. Ricerca in crisi e di questo passo mancheranno anche gli insegnanti alle superiori * Si racconta che Platone avesse fatto mettere un avviso all' ingresso della sua Accademia: «Non entri chi non sa di matematica!». Fosse cosi’ anche oggi, l' Accademia italiana potrebbe chiudere baracca e burattini, o quasi. L' ultimo anno, per dire, il ministero dell' Universita’ ha registrato 346.528 matricole e a matematica pura se ne contano 1.747; facolta’ di media grandezza come Siena viaggiano intorno ai quindici, Roma o Milano ne radunano poche decine e anche a fisica (1.881 in tutto), chimica (4.757) e in generale nelle scienze «dure» i nuovi discepoli tendono a essere numerosi come i panda. «Non ci sono dubbi, specie al Nord stiamo producendo una quantita’ di laureati in materie scientifiche inferiore alla domanda», riassume il professor Alessandro Figa’- Talamanca, gia’ presidente e ora consigliere dell' Istituto nazionale di alta matematica e membro del comitato nazionale di valutazione del sistema universitario. Non e’ una situazione simpatica. Avanti cosi’ «mancheranno insegnanti pure alle superiori» e il sistema industriale «la paghera’ in capacita’ innovativa». Di piu’: il Paese di Galileo «perdera’ scienziati». Magari fino ad «aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto», come diceva l' autore del Saggiatore a chi non conosceva la «lingua matematica». OCCUPAZIONE - Il professor Angelo Panebianco ricordava sul Corriere che la fuga dalle facolta’ scientifiche «e’ l' altra faccia di quel rischio di deindustrializzazione che minaccia i futuro del Paese». Le ultime cifre elaborate dal comitato di valutazione la dicono lunga: la Facolta’ di Lettere e Filosofia ha fatto la parte del leone, oltre 54 mila matricole, cioe’ il doppio della Facolta’ di Scienze, appena 27 mila distribuiti in una quantita’ di discipline. Giurisprudenza, per dire, arriva a 36 mila. Eppure tutto questo non sembra avere rapporto con i dati sull' occupazione a tre anni dalla laurea: l' ultimo quaderno dell' «Associazione Treellle», citando l' Istat, mostra come i laureati del gruppo scientifico siano occupati al 79 per cento, solo il 9 e’ disoccupato (quelli che restano sono impegnati in corsi di formazione post-laurea). La situazione peggiore riguarda invece la gettonatissima Giurisprudenza, con un misero 55 per cento di occupati e un 30 per cento secco di giovani senza lavoro. Anche Lettere va peggio, 69 per cento di ragazzi che lavorano e 22 di disoccupati. La situazione piu’ coerente e’ quella di Ingegneria, apprezzata (38 mila iscritti) e redditizia: 91 per cento di occupati dopo tre anni, e solo il 4 senza lavoro. SCIENZA PURA E APPLICATA - E allora perche’, Ingegneria a parte, si evitano le materie scientifiche? Il punto piu’ basso di iscrizioni, in realta’, si tocco’ nell' anno 1999/2000, appena 21 mila matricole, ma la crescita e’ piu’ apparente che reale e si deve al nuovo ordinamento, i «tre anni piu’ due»: con la prima laurea triennale sono aumentate le iscrizioni a tutte le discipline, in fondo «si fa prima», e anche in questo caso le facolta’ umanistiche incassano una crescita maggiore. Ma non si tratta solo di questo, «l' essenziale e’ che all' interno della Facolta’ di Scienze c' e’ stato uno spostamento deciso verso altri settori, rispetto a quelli tradizionali», spiega il professor Carlo Calandra, altro membro del comitato e docente di Fisica a Modena. «Aumenta l' informatica, in misura minore la biotecnologia, e calano matematica, fisica, chimica...». La biologia regge, ma bisogna considerare quelli che si iscrivono perche’ sono stati respinti ai test d' ammissione a Medicina e contano di rientrare in qualche modo. Le verita’, insomma, e’ che le scienze pure sono in crisi. Accade in tutto il mondo occidentale, e’ vero, ma tanto per cominciare «da noi c' e’ un aspetto patologico: la ricerca e’ asfittica, siamo un Paese che non si crea prospettive», dice il professor Calandra. RICERCA - La spesa statale per la ricerca universitaria, in Italia, raggiunge lo 0,25 per cento del Pil, la meta’ della media nell' Unione europea, 0,48. Contando anche gli enti di ricerca e le imprese, la percentuale arriva all' 1, mentre negli altri Paesi industrializzati oscilla fra il 2 e il 3. Chiaro che ci vadano di mezzo soprattutto le scienze sperimentali, «sono forse le piu’ pesanti e anche un giovane motivato, sapendo quanto la carriera sia incerta e lunga, ci pensa due volte». Per la chimica, poi, si aggiunge un problema di immagine, «si tende a percepirla come una cosa ""sporca"", il chimico e’ quello che inquina!. E pensare che le aziende li prendono al volo...». IMMAGINE - Ma il problema d' immagine e’ piu’ generale, «lo scienziato non e’ di moda, in occidente la professione di maggiore prestigio e’ il manager, quello ""importante"" dirige il lavoro degli altri. Se Ingegneria fa eccezione e’ perche’ molti si iscrivono con l' idea di fare il dirigente, non di progettare o di creare», spiega ancora il professor Figa’-Talamanca. Il crollo degli aspiranti scienziati vale dappertutto, «anche negli Stati Uniti, soltanto che la’ se lo possono permettere perche’ importano cervelli in massa: oltre la meta’ di quelli che fanno il Phd in scienza arrivano dall' Asia o dall' Est Europa». Solo che e’ difficile arrivino pure in Italia, «qui i giovani sono sottopagati in maniera incredibile, un ragazzo che prende il dottorato guadagna meno d' un terzo di quanto prenderebbe in un qualsiasi Paese europeo». PREPARAZIONE - Altro problema: non solo i ragazzi arrivano col contagocce, «ma vent' anni fa buttavo fuori studenti cui adesso do 24», sospira il professor Paolo Costantini, direttore del dipartimento matematico a Siena. Lo dice anche Figa’-Talamanca, «in genere la scuola secondaria non prepara piu’ alle lauree scientifiche, un collega di statistica mi diceva che da loro hanno previsto 24 ore di lezioni introduttive, di ripasso, ma la maggior parte degli atenei non si e’ ancora attrezzata». RIMEDI - Ma non bisogna disperare, «la novita’ e’ che adesso se ne parla, l' editoriale del professor Panebianco sul Corriere e’ un segno importante e del resto pare che il problema sia sentito pure dal governo, a luglio un decreto legge diceva che bisogna incentivare le iscrizioni, non dice come ma e’ gia’ qualcosa, mi lasci sperare», sorride il professor Figa’- Talamanca. Del resto si tratta anche di far capire che le lauree scientifiche, nonostante i problemi della ricerca, alla fine convengono: «Gli sbocchi lavorativi sono concreti. D' altra parte un' industria che si vuole innovare ha bisogno di competenze scientifiche, altrimenti addio...». L' Istituto nazionale di alta matematica (http://indam.mat.uniroma1.it) fa il possibile, «ogni anno offriamo 50 borse di studio ai meritevoli, ci proponiamo di vincere la resistenza delle famiglie che dicono ai ragazzi: devi studiare economia!». Gian Guido Vecchi (2 - Continua) 0,25% LA PERCENTUALE del Pil raggiunta dalla spesa statale destinata alla ricerca universitaria, e’ la meta’ della media Ue 21.000 E' IL NUMERO piu’ basso di iscrizioni nelle facolta’ scientifiche: fu toccato nel 1999-2000 79% LA PERCENTUALE dei laureati delle facolta’ scientifiche occupati a tre anni dalla laurea ___________________________________________ Il. Messaggero 17 ott. ’03 CIAMPI: SCEGLIETE LE FACOLTA’ SCIENTIFICHE Appello ai ragazzi. E ai docenti: «Andate nelle scuole per incoraggiarli» ROMA - «Esiste oggi un significativo squilibrio tra la vocazione per gli studi umanistici e quella per gli studi scientifici: adoperiamoci affinche’ le facolta’ scientifiche richiamino piu’ studenti». L'appello arriva dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che pure ha «seguito un percorso formativo fortemente radicato nella cultura umanistica». Il capo dello Stato coglie l'occasione della consegna delle Medaglie d'Oro ai benemeriti della cultura, rivolgendosi direttamente ai docenti che svolgono attivita’ scientifiche, presenti nel Salone delle Feste al Quirinale per ricevere le alte onorificenze. «Andate nelle scuole medie e superiori - incita Ciampi - valorizzate il vostro esempio, in modo che tanti giovani siano stimolati a seguirlo». Per Ciampi il fatto che le facolta’ umanistiche siano piu’ “gettonate” di quelle scientifiche dipende anche dalla scarsa conoscenza delle «possibilita’ di affermazione e di sviluppo della personalita’ che anche le facolta’ scientifiche possono dare». «Forse - prosegue il presidente - le facolta’ umanistiche vengono viste piu’ vicine, rispetto al tipo di studi svolto nelle superiori». Senza contare che «una buona lettura o una sonata al pianoforte possono benissimo essere prerogative anche degli studenti di materie scientifiche, un modo per maturare la loro personalita’ oltre che per svagarsi». «E’ una sollecitazione giusta, alla quale le universita’ italiane vogliono rispondere e si stanno attrezzando per farlo», afferma il presidente della Conferenza dei rettori (Crui), Piero Tosi, che condivide l'invito rivolto dal presidente ai giovani e sottolinea come lo scarso appeal che tali facolta’ riscuotono tra le nuove generazioni sia anche dovuto a delle motivazioni culturali. A. Ser. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 12 ott. ’03 NOBEL E IG-NOBEL , Chi ha stravinto e’ stata la Medicina DI SYLVIE COYAUD Anche per Fisica e Chimica si sono scelti contributi utili in campo sanitario Come sempre, i Nobel per le scienze suscitano qualche polemica. La rivista «The Scientist» e’ stupita dalla «cospicua assenza di Raymond Damadian» fra i premiati per la medicina, il chimico americano Paul Lauterbur e il fisico inglese Peter Mansfield. Nella motivazione ufficiale sono riconosciuti i loro «contributi allo sviluppo della risonanza magnetica nucleare». Sono ignorati quelli del medico americano che nel 1971 aveva pubblicato i primi risultati ottenuti con questa tecnica distinguendo tumori nei ratti, e nel 1972 ne aveva brevettato strumenti e metodo per la diagnosi di tessuti cancerosi umani. Nel 1988 la medaglia statunitense per la tecnologia era stata data congiuntamente a Lauterbur e Damadian, ma l'anno dopo l'Inventors Hall of Fame accoglieva soltanto Damadian, a segnalare che la controversia proseguiva. Sul web dell'Accademia statunitense delle scienze (www.beyonddiscovery.org) si legge da tempo questa precisazione: nel 1971 Paul Lauterbur «osservo’ il chimico Leon Saryan che replicava gli esperimenti di Damadian e ne concluse che la tecnica non dava informazioni sufficienti... S'ingegno’ quindi per far in modo che fornisse immagini». E sono le immagini ad aver reso insostituibile la risonanza magnetica. Quando hanno saputo del premio al russo-americano Alexei Abrikosov, al russo Valery Ginzburg e all'anglo-americano Anthony Leggett, fisici come Sandro Stringari o Elisa Molinari hanno notato un'altra assenza cospicua, quella di Lev Pitaevskii. Abrikosov ha ampliato i lavori di Ginzburg sulla superconduttivita’ - l'assenza di resistenza al passaggio della corrente elettrica in materiali a bassissime temperature - per spiegare come mai in alcuni metalli si raggiungeva anche in presenza di un campo magnetico. E Leggett ha spiegato un fenomeno collegato: la superfluidita’ dell’elio3. Raffreddato attorno ai meno 273 °C questo gas diventa fluido, ma non si comporta da fluido, non presenta alcuna viscosita’. Pitaevskii, oggi all'universita’ di Trento e al Centro per i condensati di Bose-Einstein dell'Istituto nazionale per la fisica della materia, e’ stato il primo a teorizzare la superfluidita’ dell'elio3 e altri suoi lavori sono altrettanto notevoli. Il fatto che sia tuttora attivo e pieno di idee lo rendeva forse preferibile a Ginzburg, straordinario ai suoi tempi, ora 86enne e da anni assente giustificato dall'istituto Lebedev di Mosca. Sui premi per la chimica, nessuno ha avuto da ridire. Sono stati dati per lavori recenti a due biologi strutturali americani, giovani rispetto alla media. Peter Agre, 54 anni e noto militante per i diritti umani, ha identificato nel 1988 l’aquaporina-1, la prima di una serie di proteine che sulla membrana delle cellule formano pori da cui l'acqua entra ed esce. Da secoli si sapeva che gli organismi sono fatti per lo piu’ d'acqua e si cercava di capire come circolasse. Quell'acqua, inoltre, e’ salata. Roderick MacKinnon (il «piu’ gettonato», scrive «Nature») e’ un medico di 47 anni che per passione e da autodidatta e’ diventato un cristallografo. Nel 1998 ha descritto la struttura tridimensionale del canale dal quale la membrana cellulare lascia transitare un determinato sale - ioni di potassio, in questo caso - e non un altro. I Nobel non rispettano troppo le divisioni tra le discipline, si notera’, e la medicina compare dovunque, perfino quale applicazione della superconduttivita’ teorica alla risonanza magnetica. I premi IgNobel non hanno di questi problemi: le voci sono dieci e variano con il capriccio del loro comitato (che comprende diversi Nobel). Sono stati assegnati il 3 ottobre alla «scienza che prima fa ridere e poi fa pensare», durante la solita cerimonia indecorosa all'universita’ Harvard. Fra gli insigniti, tre italiani. Gian Vittorio Caprara e Claudio Barbaranelli, professori - di buona reputazione, sia detto en passant - all'universita’ di Roma-La Sapienza, per uno studio comparato sulla percezione pubblica di Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Pippo Baudo e Alberto Tomba, uscito su «Nature» nel 1997 e che teniamo a disposizione dei lettori. Stefano Ghirlanda, ex ricercatore all'universita’ di Stoccolma e professore all'universita’ di Bologna se finira’ il blocco delle assunzioni, per aver dimostrato che in materia di volti umani maschili e femminili le galline hanno gli stessi gusti di studenti e studentesse, e per averlo pubblicato su «Human Nature» nel 2002. Anche gli IgNobel scontentano sempre qualcuno: il gruppo di italiani che da anni candida Antonino Zichichi protesta e medita rappresaglie. ___________________________________________ L’Unione Sarda 18 ott. ’03 CAGLIARI: FACOLTA’ SENZA AULE Polemica innescata dagli studenti delle facolta’ di Lingue e di Giurisprudenza Aule piccole e superaffollate Anche i docenti aderiscono al fronte della protesta Anno nuovo, problemi vecchi. Finanziamenti ridotti all’osso, pochi docenti e spazi per le lezioni limitati che hanno gia’ creato piu’ di un disagio agli studenti. Sul fronte aule, la protesta arriva dalle facolta’ di Giurisprudenza, Lingue e Comunicazione dove, nei giorni scorsi, in piu’ di un’occasione, numerosi ragazzi sono stati costretti per motivi di sicurezza ad abbandonare le aule, troppo piccole per riuscire a contenerli tutti. Valentina Pinna, ventenne al secondo anno di Lingue, era presente il giorno della lezione: «Seguo Storia della musica, esame obbligatorio, frequentato da piu’ di 300 ragazzi - afferma - l’aula ha solamente 120 posti e il professore, Antonio Trudu, si e’ visto costretto ad allontanare piu’ della meta’ degli studenti». Anche in Giurisprudenza, identici disagi per il corso di Diritto civile, esame seguito da ben 476 iscritti, mentre l’aula B, quella destinata ad ospitare le lezioni, ne puo’ accogliere appena 225. «Prima i corsi venivano sdoppiati - fa sapere Matteo Murgia, rappresentante degli studenti nel Consiglio di amministrazione dell’Ersu - gli orari per una stessa materia erano due e naturalmente anche i docenti. Strano - ironizza - che alla festa delle matricole non sia stato detto nulla dei problemi a cui sarebbero andati incontro i nuovi iscritti». Ma la Finanziaria per il 2004 ha tagliato le gambe anche all’Ateneo cagliaritano a cui e’ stato ulteriormente decurtato il budget. Immediati gli effetti: blocco delle assunzioni del personale docente e tecnico amministrativo, stop alla ricerca scientifica e all’alta formazione. Problemi che andranno a ricadere anche sugli studenti, ai quali ancora una volta e’ stato chiesto un ulteriore sforzo con l’ennesimo aumento delle tasse (quest’anno e’ stato reintrodotto il cosiddetto Contributo di facolta’, una tassa che in base al reddito e alla facolta’ va dai 20 ai 70 euro). E se per le aule di Lingue qualche miglioramento potrebbe arrivare dall’apertura di nuovi spazi nell’ex-clinica Aresu, la situazione appare molto piu’ difficile per il polo economico-giuridico. Sui tagli alle risorse e’ gia’ scesa in campo la facolta’ di Scienze politiche che per martedi’ prossimo ha organizzato una mobilitazione approvata all’unanimita’ da Consiglio di facolta’. Unica buona notizia per le studenti, la decisione di posticipare di una settimana la presentazione dell’autocertificazione che, nonostante la novita’ internet, ha fatto registrare nei giorni scorsi lunghe file nelle segreterie delle varie facolta’. Federico Fonnesu ___________________________________________ Il Sole24Ore 16 ott. ’03 RIFORMA DEI PROF, CRESCE LA TENSIONE Stato giuridico degli insegnanti. ROMA - I sindacati della scuola fanno scattare l'allarme rosso e spediscono una lettera per un incontro urgente al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Oggetto della richiesta: i due progetti di legge sullo stato giuridico degli insegnanti, presentati dagli onorevoli Paolo Santulli (Forza Italia) e Angela Napoli (Alleanza nazionale), che vanno avanti a Montecitorio. Nuovo stato giuridico per gli insegnanti, docenti divisi in tre fasce (tirocinante, ordinario ed esperto), ridefinizione dell'attuale funzione del dirigente scolastico e abolizione delle Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu): sono alcuni dei punti contenuti nei disegni di legge. Proprio le ipotesi sulle Rsu hanno provocato la dura reazione di Cgil, Cisl e Uil, spalleggiati dai rispettivi segretari confederali che firmano la lettera (datata 14 ottobre) inviata anche al ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, e al titolare della Funzione pubblica, Luigi Mazzella. "Presso la commissione Cultura della Camera e’ in corso l'iter per l'approvazione dei Ddl sullo stato giuridico - si legge nel testo inviato al premier - si tratta di provvedimenti che interferiscono pesantemente con la contrattazione, snaturando il contenuto dei contratti nazionali del comparto scuola, fino alla previsione dell'abolizione delle Rsu". Le sigle sindacali bocciano queste proposte di legge che, a loro avviso, "annullano il sistema delle relazioni sindacali e vi’olano fortemente gli impegni presi dal Governo in carica con la firma del protocollo del 4 febbraio 2002". Il riferimento e’ all'accordo che sblocco’ la stagione dei contratti, quando il vicepremier, Gianfranco Fini, si impegno’ con i sindacati a non intervenire per legge su materie di ordine contrattuale. "Invece, pare proprio che questo impegno stia per essere disatteso - commenta Massimo Di Menna, segretario generale della Uil scuola - a seguito dell'intesa, il presidente Berlusconi invio’ una direttiva a tutti i ministeri per far rispettare il protocollo. Ecco perche’ chiediamo un intervento diretto per ottenere chiarezza: l'accordo vale ancora oppure no?". L'allerta sindacale e’ partito soprattutto perche’ alla Camera le proposte non solo non si sono affossate, ma stanno andando avanti. In commissione Cultura e’ stata gia’ paventata l'ipotesi di abbinare le due proposte per giungere a un testo unico. Tanto che l'onorevole Santulli assicura che "la discussione andra’ avanti, nonostante le critiche dell'opposizione, infatti - continua Santulli - abbiamo gia’ programmato, per la fine di ottobre, le audizioni con i sindacati e le associazioni dei docenti: gli inviti partiranno nei prossimi giorni". Nel dettaglio, a picchiare duro contro le Rsu e’ soprattutto il testo della proposta presentata da Angela Napoli. L'articolo 7 del Ddl ha per titolo "Abolizione rappresentanze sindacali unitarie scolastiche". In poche parole, il documento cancella le Rsu dalla contrattazione sindacale. L'esponente di An ha spiegato che "con questo articolo si chiede un recupero delle competenze da parte degli organi collegiali, quali consigli di istituto e collegi dei docenti". LUIGI ILLIANO ___________________________________________ Il Sole24Ore 18 ott. ’03 UNO STUDENTE SU 5 E’ ASSENTEISTA ALESSIA TRIPODI ROMA - Assenteismo a scuola non sempre fa rima con voti bassi. E negli istituti dove regna la disciplina gli studenti frequentano le lezioni con piu’ regolarita’. Lo rivela l'Ocse in uno studio sul «sentimento di appartenenza» dei giovani alla scuola, che raccoglie dati sulle abitudini dei quindicenni di 42 Paesi tra i piu’ sviluppati del mondo (i 27 Paesi Ocse piu’ altri 14). E che rivela alcune sorprendenti conclusioni. Troppi assenteisti. Le assenze tra i banchi sono un fenomeno diffuso: la classifica e’ guidata da Israele, dove il 45% degli studenti salta regolarmente le lezioni. Tra i Paesi dell'area Ocse il record negativo spetta invece alla Spagna con il 34%, seguita da Danimarca (33%) e Polonia (29%). E l'Italia, con il suo 22% di assenteisti (uno su cinque), si piazza a meta’ classifica. In sostanza: al di la’ del piazzamento nelle graduatorie internazionali, il fenomeno nel nostro Paese e’ decisamente diffuso. Anche se le cause non possono essere semplicisticamente ricondotte solo a un disagio sociale, come l'Ocse ha riscontrato. Piu’ diligenti risultano, comunque, gli studenti giapponesi (solo il 4% salta regolarmente le lezioni), i tedeschi (13%), i francesi e gli inglesi (ex aequo al 15%). Secondo il rapporto, pero’, il basso numero di assenze e le performance scolastiche di alto livello vanno di pari passo solo nel 26% dei casi. C'e’ infatti un 27% di studenti che, nonostante la regolare frequenza delle lezioni, raggiunge risultati che non superano la media Ocse e un 20% che, invece, puo’ vantare pagelle di tutto rispetto anche se il senso di appartenenza alla propria scuola - e quindi il livello di coinvolgimento nelle attivita’ formative - risulta decisamente basso. Un altro 10% di alunni si assenta regolarmente ma ottiene voti discreti, mentre il fanalino di coda e’ rappresentato da un 17% di giovani che mostra grandi difficolta’ di apprendimento e performance di livello molto basso. In ogni caso, dice il rapporto, la maggioranza degli studenti con voti molto bassi non riguarda quelli che "marinano" abitualmente la scuola. I motivi del disinteresse. Livelli critici di alfabetizzazione e scarso rendimento, dunque, non sono, secondo l'Ocse, la causa principale dell'allontanamento dalla scuola. Un allontanamento che rende gli studenti «scontenti» della propria situazione scolastica soprattutto in Corea e Polonia, dove la percentuale di insoddisfatti raggiunge quota 41%, in Italia (23%), in Ungheria (19%), Svezia (18%) e Gran Bretagna (17%). «Probabilmente - sottolinea il documento - i giovani mostrano disinteresse verso le attivita’ scolastiche per una serie di altre ragioni, come l'attitudine allo sport, l'aspetto fisico o la capacita’ piu’ o meno spiccata di farsi nuovi amici». O la paura che l'esperienza formativa non rappresenti un vero investimento per il proprio futuro. Tra i motivi che determinano lo scarso interesse dei giovani verso lo studio e le attivita’ realizzate a scuola, l'Ocse indica anche lo stato sociale ed economico delle famiglie: in particolare, rischiano di diventare campioni di assenteismo gli studenti che provengono da una famiglia di ceto basso o che vivono con un solo genitore. In questo caso l'assenza prolungata rischia di essere l'anticamera di un fatto molto piu’ grave, cioe’ la dispersione scolastica, contro il quale proprio di recente il ministro Letizia Moratti ha rilanciato, insieme al commissario europeo Viviane Reding, una serie di iniziative per combattere il fenomeno. Anche l'essere nati in un Paese straniero rappresenta, secondo i dati, un fattore di rischio: «Quest'ultimo aspetto - si legge nel rapporto - pone l'accento sull'importanza delle azioni che gli insegnanti e i presidi possono mettere in atto per favorire l'inclusione sociale nelle scuole». Negli istituti dove la concentrazione di iscritti provenienti da famiglie economicamente e socialmente disagiate e’ alta, poi, gli alunni mostrano una tendenza a saltare le lezioni molto piu’ marcata che in altre situazioni. Piu’ disciplina, meno assenze. L'Ocse sottolinea che le scuole che vantano minori tassi di assenteismo sono quelle dove la disciplina e’ piu’ rigida, dove il rapporto tra studenti e professori e’ buono e ci sono grandi aspettative per il successo di ogni studente. I livelli di risorse a disposizione degli istituti, invece, non gioca un ruolo importante nell'aumentare il senso di appartenenza, cosi’ come le dimensioni della scuola, che hanno effetti quasi nulli. Dove il rapporto docente-studente e’ piu’ basso la tendenza all'assenteismo e’ meno marcata, ma «questo fattore - fa notare l'Ocse - non ha alcuna relazione sul senso di appartenenza dei ragazzi». Il rapporto fa notare che, in quasi tutti i Paesi considerati, questo spiccato disinteresse verso la scuola colpisce buona parte degli studenti nel «periodo piu’ critico», cioe’ durante l'ultimo anno della scuola dell'obbligo. ___________________________________________ L’Unione Sarda 13 ott. ’03 UNIVERSITA’: AUTOCERTIFICAZIONE TRA MILLE DIFFICOLTA’ Autocertificazioni on line a singhiozzo e la segreteria del polo universitario umanistico va in tilt. Ieri era l’ultimo giorno utile per consegnare la dichiarazione che servira’ a calcolare quanto uno studente universitario deve pagare di tasse. Da quest’anno l’innovazione della compilazione via Internet avrebbe dovuto evitare la solita lunga fila per il ritiro dei moduli e la loro compilazione. Condizionale d’obbligo, visto il caos che si e’ venuto a creare nei locali in via Trentino, presi d’assalto di primissimo mattino da centinaia di studenti che non avevano ancora fatto l’autocertificazione. Grazie a un codice personale, ogni universitario e’ in possesso di una scheda verificabile in ogni momento su Internet. Con la comodita’ di inviare l’autocertificazione con e-mail. L’esperimento in troppi casi non e’ andato a buon fine. «Molti non sono riusciti a scaricare il modulo da Internet», spiega Ivana Pipia, studentessa iscritta in Lettere moderne, «cosi’ ci siamo trovati di fronte a questo spettacolo». Che la situazione fosse critica lo si capiva subito dai tanti ragazzi che affollavano il cortile di fronte agli uffici. All’interno della segreteria almeno 200 persone, chi in fila, chi a chiedere informazioni, chi disperato e sconfitto pronto a tornare a casa senza avere ritirato il modulo. (m. v.) ___________________________________________ L’Unione Sarda 17 ott. ’03 LA SARDEGNA COME L'IRLANDA Commento: una regione-rete Riflettere sui processi di crescita economica della Sardegna, in un'epoca di continuo cambiamento e di fortissima competitivita’, vuol dire cercare di individuare fattori di attrattivita’ in grado di assicurare non tanto risultati eccellenti ma di breve periodo, quanto la continuita’ del risultato nel tempo, in termini di capacita’ delle sequenze generative dello sviluppo stesso di auto- alimentarsi in modo indipendente, quanto piu’ possibile, dalle variabili esterne e congiunturali. Sembra la scoperta dell'acqua calda, ma scoprire il futuro e’ molto meno miracoloso che inventarlo e le cose che si scoprono, alla fine, esistono gia’: non si deve far altro che vederle prima degli altri. E' per questo che, in una fase sempre piu’ caratterizzata dalla capacita’ cruciale di gestire la conoscenza in rete, e stanti le attuali condizioni socio-economiche dell'isola e la sua configurazione logistico-territoriale, i fattori di attrattivita’ sui quali puntare per costruire un orizzonte importante di sviluppo non possono essere che quelli legati alle attivita’ immateriali: know- how (produzione, implementazione e comunicazione), tecnologia e finanza, ovvero i tre motori dell'information economy. Certo, dimentico ambiente e turismo: ma, se si vuole fare una scommessa forte sul futuro, si devono concentrare tutte le risorse sui fattori veramente trainanti, e considerare gli altri come assets, pur importanti, ma di supporto. D'altra parte, anche a livello globale, la ripresa economica e’ e sara’ il frutto di ulteriori processi di innovazione tecnologica: conclusosi il triennio di ammortamento degli investimenti in Ict partiti nel '99, le infrastrutture attuali stanno raggiungendo il loro limite ultimo di obsolescenza: quindi, le aziende non potranno che ricominciare ad investire, anche perche’ l'Ict si e’ ormai trasformata da asset virtuale a sistema nervoso integrato di imprese, regioni e nazioni che vogliono stare sul mercato in termini di efficacia ed efficienza. Inoltre, se guardiamo ad esperienze di successo come quella dell'Irlanda (con la sua combinazione di flessibilita’ normativa, finanziaria e del lavoro, uso intenso dei fondi Ue, politiche fiscali in grado di catalizzare quote notevoli d'investimenti esteri), ci accorgiamo che la quasi totalita’ dei processi di localizzazione ha riguardato proprio societa’ che avevano nei servizi immateriali e nella tecnologia il loro core business. La Sardegna puo’ allora puntare ad obiettivi analoghi disponendo, tra l'altro, dello statuto speciale e della potesta’ di elaborare norme che offrano incentivi fiscali settoriali, il rafforzamento dei gia’ eccellenti poli universitari e dei servizi a supporto delle imprese che investano in R&S. E sfruttando la leva turistica per far conoscere queste opportunita’ alle piu’ importanti aziende mondiali. Il tutto con l'obiettivo di diventare una vera e propria Regione-rete i cui processi di sviluppo dovranno essere improntati a cogliere fin d'ora i segnali deboli dei trend che condurranno alla prossima rivoluzione industriale: tecnologie dell'apprendimento, ingegneria biomolecolare, nanotecnologie. Angelo Deiana Direttore Value proposition Banca C. Steinhauslin & C., Gruppo MPS ================================================================== ___________________________________________ Il Sole24Ore 13 ott. ’03 EUROPA: PORTE CHIUSE AGLI SPECIALISTI ITALIANI Dai tossicologi ai medici legali, dagli scienziati dell'alimentazione agli oncologi, passando per genetisti, neurofisiopatologi, audiologi, medici di comunita’ e persino cardiochirurghi. Fior fiore di specialisti - formati in quattro o cinque anni di corsi dopo la laurea - ai quali gli ospedali del resto d'Europa possono chiudere le porte. Perche’ negli altri Stati i loro titoli non esistono. Per fare chiarezza sulla circolazione dei nostri dottori specialisti nella Ue, il ministero della Salute e la Federazione nazionale degli Ordini dei medici (FnomCeO) hanno appena istituito un tavolo di lavoro. Con l'obiettivo di proporre soluzioni da adottare a livello europeo. Gli esperti del ministero e il responsabile esteri della FnomCeO, Giovanni Maria Righetti, hanno gia’ messo nero su bianco il panorama delle specialita’ attivate in Italia (si veda "Il Sole-24 Ore Sanita’" n. 38/2003). Che, incredibilmente, nessuno conosceva. Una vera storia da azzeccagarbugli. Cavilli e dimenticanze. Sono appena 17 i titoli che, in base alla direttiva 2001/19/CE (recepita con un Dlgs approvato dal Consiglio dei ministri il 3 luglio scorso, ma non ancora pubblicato), sono riconosciuti automaticamente in tutti i 15 Stati dell'Unione. Nessun problema, a esempio, per anestesisti, oculisti, ortopedici, psichiatri e specialisti in chirurgia generale. Altre 26 discipline (tra cui chirurgia toracica, reumatologia, medicina tropicale, allergologia e medicina del lavoro) sono comuni ad almeno due Paesi. "In questi casi - spiega Righetti - i titoli sono automaticamente riconosciuti solo negli Stati dove la specializzazione esiste. Altrimenti occorre inoltrare domanda alle istituzioni sanitarie responsabili, che valutano curricula e piani di studio". Le note dolenti riguardano soprattutto 12 specialita’. Dieci sono state istituite con decreti interministeriali in virtu’ del Dlgs 257/1991, che ha previsto la possibilita’ di attivare scuole per "obiettive esigenze del Ssn". Sono state registrate cosi’ oncologia, medicina legale, medicina dello sport, genetica medica, tossicologia, scienza dell'alimentazione, audiologia e foniatria, neurofisiopatologia, psicologia clinica e medicina di comunita’. Che hanno sfornato, negli ultimi 5 anni, piu’ di 3mila specialisti. "Queste scuole sono a norma Ue - precisa Righetti - quanto a durata e tipologia. Pero’ non hanno un corrispettivo in Europa tale da permettere la libera circolazione". Il problema, secondo l'Amsce (la principale associazione italiana dei medici specializzandi), e’ che i neo- laureati che si iscrivono alle scuole non sono sufficientemente informati di questo "dettaglio". Risultato: con l'aumento della mobilita’ nella Ue, crescono le denunce e le richieste di aiuto da parte di specialisti italiani che non riescono a lavorare - da specialisti, appunto - negli altri Paesi. Che li considerano medici generici. Casi-limite e scuole da chiudere. Se per sciogliere i nodi di queste dieci specializzazioni si prospettano tempi lunghi, basterebbe poco per altre due discipline. Cardiochirurgia, in primis: in Italia esiste come specializzazione a se’, accanto a chirurgia toracica. Nella direttiva Ue, invece, c'e’ solo chirurgia toracica. "Ci attiveremo presso le istituzioni comunitarie", promette Righetti. Ancora piu’ sottile il disguido per igiene e medicina preventiva: nella regole Ue e’ registrata come "igiene e medicina sociale": e cosi’ il riconoscimento automatico potrebbe saltare. "Ma la Salute - afferma Righetti - ha chiesto quest'anno che sia inserita la denominazione corretta". Non mancano i casi grotteschi. Come per farmacologia: in Italia esiste in moltissime facolta’, ma la direttiva non ne fa cenno. Dimenticata dal ministero, nella notifica, o da un distratto funzionario Ue? Per non parlare delle scuole - idrologia medica o medicina aeronautica - che sono fuorilegge sia per l'Europa sia per l'Italia. E che quindi non rilasciano diplomi con valore legale. Un Dm del 1999 impone che chiudano i battenti entro quest'anno. Bisognera’ verificare, tra qualche mese, se gli atenei rispetteranno il diktat. MANUELA PERRONE ___________________________________________ La Stampa 15 ott. ’03 SANITA’: SPESA PROCAPITE A 116 EURO Sanita’, conti salati per anziani e ceti bassi La Sanita’ e’ sempre piu’ salata per anziani e famiglie a basso reddito. Picco in alto anche per le spese sanitarie delle famiglie piu’ ricche: +14%. In soli 5 anni anni gli over 65 hanno visto aumentare di un terzo le spese in farmaci non rimborsabili dal servizio pubblico, ticket e ricoveri, per le famiglie a basso reddito gli aumenti in media sono stati del 9%. Nel caso degli anziani single la spesa media procapite e’ aumentata da 87 euro mensili nel 1997 a 116 euro nel 2001. Le coppie di anziani hanno avuto sborsare da 124 euro a 162 euro. In sostanza, secondo il primo rapporto Sanita’ 2003 - Ceis (Centro di Studi Internazionali sull'Economia e lo Sviluppo) dell'Universita’ di Roma Tor Vergata, le politiche di contenimento della spesa sono andate a colpire la parte piu’ debole della popolazione e quella a reddito piu’ alto che pero’ ha aumentato anche i consumi sanitari privati. Lo studio evidenzia infatti che le variazioni piu’ contenute hanno riguardato la classe media. La spesa sanitaria incide piu’ pesantemente fra i single (21,5%) e dal punto di vista geografico il Nord Est e il Centro del nostro paese sono le aree che registrano gli aumenti maggiori (intorno al 17-18%). Nelle altre zone la crescita si ferma ad un livello pari ad un piu’ 5%. Cio’ dipende, secondo lo studio, «dalla modifica del sistema di finanziamento ed in particolare dall'introduzione dell'Irap da un lato e dal federalismo fiscale dall'altro». ___________________________________________ L’Unione Sarda 18 ott. ’03 FONDI ALLE ASL, ARRIVANO ALTRI 144 MILIONI Nuovi fondi alle Asl e l’istituzione dei sic (i siti di importanza comunitaria) per la tutela della fauna protetta. Oltre alle decisioni sull’urbanistica, sono questi i provvedimenti piu’ importanti decisi dalla Giunta, che ieri si e’ riunita eccezionalmente a Sassari. Su proposta dell' assessore all'Ambiente Emilio Pani la Giunta ha varato i Siti d'importanza comunitaria (Sic) e le zone di protezione speciale, il che consente di individuare e garantire la conservazione di habitat naturali di particolare pregio ambientale, con alcune specie di fauna protetta. Pareri favorevoli sono stati espressi alla richiesta di valutazione d' impatto ambientale su un intervento turistico-alberghiero da realizzare a Piscinni’ (nel comune di Domus de Maria), alla realizzazione di un impianto eolico a Genna Funtana, nei Comuni di Sinnai e Dolianova, e a un elettrodotto da 150 kilowatt nei comuni di Dolianova, Serdiana, Donori proposto dalla Enel Greenpower. Su proposta dell’assessore alla Sanita’, Roberto Capelli, la Giunta ha deciso di contrarre un mutuo da 144 milioni di euro con la Cassa depositi e prestiti per dare ossigeno alle Asl e permettere di cominciare a smaltire i debiti accumulati negli ultimi nove mesi. La somma stanziata servira’ a far fronte alle spese sanitarie del mese di novembre, ma inneschera’ un meccanismo «a cascata» che permettera’ di sbloccare anche altre situazioni. Capelli ha anche affidato gli incarichi di coauditore veterinario per la lotta alle malattie del bestiame, mentre per la formazione e l’aggiornamento del personale dipendente in servizio nelle aziende Usl e ospedaliere saranno impegnati 500mila euro. Piena solidarieta’, infine, ai veterinari impegnati nella campagna di lotta alla diffusione delle malattie del bestiame e alla peste suina africana: si sono infatti di recente verificati atti di violenza e intimidazione «contro i quali - ha detto Capelli, denunciandoli - occorre intervenire con assoluta fermezza». _____________________________________________________ Il Riformista 13 ott. ’03 TELEMEDICINA. LE LINEE GUIDA NEL PIANO SANITARIO NAZIONALE, CON L'ASSISTENZA, ONLINE I PAZIENTI SONO PIU’ VICINI Il Piano Sanitario Nazionale 2002/04 pro:muove nelle sue linee guida l'integrazione fra i j servizi sanitari e i servizi sociali attraverso l'utilizzo di strumenti ad alto contenuto tecnologico. L'alto numero di decessi di anziani nel corso dell'estate 2003 ha evidenziato la fisiologica difficolta’ delle strutture sanitarie nazionali di raggiungere i pazienti nelle proprie case. L'introduzione di forme di teleassistenza e telemedicina potrebbe essere la soluzione piu’ efficace per risolvere il problema in tempi brevi e senza costi eccessivi. La metodologia con cui opera la telemedicina si articola nella creazione di banche dati online, nelle quali vengono raccolte sia le informazioni riguardanti la salute del paziente che immagini diagnostiche di carattere generale. In questo modo e’ possibile utilizzare gli archivi digitali a due livelli di utenza: il primo 'riguarda il rapporto paziente/medico, che ovviamente viene semplificato dal contatto diretto con il personale sanitario, evitando le inefficienze dettate dalla presenza di strutture burocratiche e iter amministrativi; il secondo concerne invece la classe medica nel suo complesso. Lo scambio d'informazioni in tempo reale, la possibilita’ di consultare specialisti nelle differenti branche della medicina e di visionare direttamente i risultati degli esami diagnostici, permette ai medici di espandere e affinare le proprie competenze in tempi decisamente brevi. Il teleconsulto rappresenta quindi un'efficiente sinergia tra le due tipologie di utenti e la 'radiologia si pone in questo contesto come l'applicazione, che ne trae i maggiori benefici. Questo servizio si pone come obiettivo l'ottimizzazione sia dell'uso di costose apparecchiature che non risultano a volte disponibili in molti ospedali, sia l'impiego di personale altamente competente nel proprio ambito specialistico. E’ possibile infatti effettuare un esame radiografico nella struttura sanitaria piu’ comoda per il paziente, dove un tecnico si occupera’ di trasferire le immagini ottenute nell'archivio locale a cui il medico radiologo puo’ accedere per visionare le lastre e scriverne il referto. Successivamente, le informazioni raccolte verranno collocate in una banca dati permanente consultabile diretta- mente dalle persone interessate, per esempio il medico di base del malato. Inoltre, permettendo la visione delle sedute attraverso la videoconferenza da parte del personale sanitario interessato, si puo’ raggiungere un elevato numero di persone, fornendo in questo modo un esempio pratico di didattica a distanza. Altre applicazioni della telemedicina sono il monitoraggio dei parametri clinici dei pazienti ricoverati nelle proprie abitazioni (tele-home= care), la teledermatolgia che, grazie alla diffusione di macchine fotografiche digitali, permette al paziente di ottenere una rapida diagnosi inviando la propria foto direttamente allo Specialista o inserendola nell'apposita banca dati, la telecardiologia che consente di trasmettere un normale elettrocardiogramma con il telefono. Un progetto della Ausl del comune di Modena ha permesso la creazione di un servizio di tele, cardiologia che permette l'invio di elettrocardiogrammi da ambulanze e poliambulatori a un ospedale nel quale e’ presente un cardiologo 24 ore su 24, per intervenire in caso di emergenza e fornire rapidi consulti. In Italia sono presenti altri centri dove sono offerti servizi di telemedicina, come il San Raffaele di Milano, l'Ospedale Rizzoli di Bologna, il Bambin Gesu’ di Roma, l'Istituto dermatologico dell'Immacolata (IDI), il San Camillo di Roma, l'ospedale della provincia autonoma di Trento. L'esiguo numero di strutture sanitarie dotate di questa nuova tecnologia dimostra che l'informatizzazione dei servizi nel nostro paese e’ ancora scarsa. Oltre a problemi di natura culturale che ne limitano l'uso, il vero ostacolo per l'affermazione definitiva della telemedicina e’ rappresentato dalla mancanza di infrastrutture adeguate al transito di enormi quantita’ di dati sulle linee telefoniche: In questo contesto la diffusione sul territorio nazionale della banda larga rendera’ sicuramente piu’ semplice la fruizione e la diffusione dei servizi di telemedicina. Inoltre l'utilizzo di sistemi alternativi ai cavi, come per esempio il satellite e i sistemi wireless, permetteranno di raggiungere facilmente anche le aree geografiche piu’ disagiate, come ad esempio le piccole isole o i comuni di montagna, e di far fronte agevolmente a situazioni di emergenza. ___________________________________________ Il Mattino 17 ott. ’03 ENOTERAPIA AL XLIII CONGRESSO DI STORIA DELLA MEDICINA Quando a Napoli i bagni nel vino ridavano la salute Il vino, come il riso, fa "buon sangue", dice un adagio popolare. Avallato da molti medici e nutrizionisti, sostenitori delle proprieta’ antiossidanti e benefiche per le arterie di un bel bicchiere di rosso. Ma a Napoli, nel Cinquecento, si e’ andati anche oltre: arrivando a praticare una enoterapia da immersione con tanto di apposite vasche da vino in stabilimenti come quello dell'Ospedale Maggiore, alla periferia della capitale del Regno, ancora attivo sino a meta’ del XIX secolo. "Un particolare dispositivo di cura inscrivibile nel piu’ comune fascino per i bagni e l'idroterapia marina", lo definisce Massimo Rizzardini dell'Universita’ di Milano, studioso di un eclettico professore cinquecentesco di medicina all'Universita’ di Napoli, Donato Antonio Altomare (1506-1562): amico intimo di Dalla Porta, accademico tradizionale ma anche erudito punto di riferimento per alcuni esponenti della contromedicina rinascimentale nonche’ estroso commentatore di Galeno - del quale Altomare si dichiarava seguace, ispirato forse dal motto galenico "il miglior medico e’ sempre anche filosofo" - e non a caso autore di De vinaceorum facultate et usu, trattato sui bagni di vino e vinacce. Rizzardini ne parlera’ stasera, durante la prima delle quattro giornate di lavori del XLIII congresso nazionale della Societa’ italiana di storia della medicina, che si inaugura oggi alle 15 a Napoli presso il Rettorato dell'Universita’ "L'Orientale" a Palazzo Du Mesnil. Un'occasione stimolante e preziosa per fare il punto, tra il capoluogo campano e Potenza (dove il convegno si concludera’, sabato e domenica) su alcune questioni cruciali di una disciplina di confine che investe temi esistenziali e sociali (il nesso corpo- mente, il rapporto tra malattia e cura, salute e societa’, medico e paziente) in prospettiva storica e interculturale, ma anche attuale: rispetto ai problemi della sanita’ nei suoi aspetti economici e gestionali, o nelle sue implicazioni culturali, etiche e ambientali (compresi i fattori di rischio per la salute di donne, bambini e uomini di ieri e di oggi). "La storia della medicina e’ materia complessa, finora ancillare sia nelle Facolta’ di medicina che in quelle di lettere, ma oggi trasversale e vitale punto di incontro tra scienza e umanesimo, ponte interdisciplinare che acquista nuova centralita’ proprio perche’ lega le conoscenze sulla salute al mutare delle mentalita’, delle filosofie e delle diverse scienze e tecniche", sottolinea Luigia Melillo, presidente del comitato organizzatore del convegno e docente di Storia della medicina all'Orientale. Napoli ne e’ un esempio eloquente, con la ricchezza di testimonianze del suo patrimonio sanitario antico (mediterraneo e orientale), dal Museo Archeologico Nazionale agli ospedali monumentali con le loro farmacie storiche (come agli Incurabili); dagli archivi e biblioteche (come quella del Leonardo Bianchi, ricordata da Fausto Rossano) alle collezioni del Museo di anatomia voluto dallo studioso di recente scomparso Vincenzo Mezzogiorno (ne parlera’, domani, Bruno Zanobio), fino alle mummie della basilica di San Domenico Maggiore, fonti preziose per le indagini paleopatologiche di Gino Fornaciari e Luciana Angeletti, nella scia dell'irpino Angelo Maria Maffucci. E non a caso, e’ la prima volta che il congresso della Societa’ presieduta da Giuseppe Armocida si tiene in Campania e in Basilicata: scelte, spiega Melillo, "per il ruolo d'avanguardia avuto da Napoli nella storia delle istituzioni sanitarie del Mezzogiorno e da Potenza per l'apporto della classe medica allo sviluppo sociale del territorio lucano". Un modo diverso di studiare la storia, insomma. Donatella Trotta ______________________________________________ Repubblica 15 ott. ’03 IL CAMPUS BIOMEDICO ANNUNCIALA NASCITA DEL NUOVO POLICLINICO Trigoria, in occasione del decennale GERALDINE SCNWARZ DIDATTICA, assistenza, ricerca. 1194,5 per cento degli studenti si laurea in corso; la degenza media dei cinquantamila pazienti curati in media ogni anno e’ di 4/5 giorni, e stanno ripartendo i lavori strutturali che entro il 2006 faranno nascere nell'area di Trigoria un policlinico con piu’ di 400 posti letto accanto a un rilevante polo didattico. S'inaugura oggi, alla presenza del presidente della Camera Pierferdinando Casini, il decimo anno accademico dell'universita’ Campus Biomedico di Roma, nata dieci anni fa per impulso del successore di San Josemaria Escriva’, Monsignor Alvaro Del Poriillo dell'Opus Dei. Mettendo la persona al centro della scienza e seguendo nell'applicazione lo slogan ala scienza per l'uomo, il campus coniuga il servizio pubblico con quello privato e la qualita’ dei servizi medici con l'umanita’. «E' un progetto un po' unico-ha spiegato il presidente del Campus Biomedico Paolo Arullani - una sfida che punta sulla didattica, sull'assistenza e sull'applicazione della ricerca scientifica nel rispetto della persona_Molto importante-ha continuato Arullani- e’ dunque la formazione del personale che per noi e’ un valore aggiunto e che parte dal presupposto che ci si possa migliorare lavorando. La sede definitiva del Campus che sorgera’ su 60 ettari di terreno a Frigoria ha inaugurato nel 2000 una struttura dell'Orzus Dei per anziani (nata sul terreno donato dalla Fondazione Alberto Sordi) e punta a essere ultimata nel 2006. I lavori-ha spiegato il direttore del Policlinico Biomedico, il dottor Felice Barella- riprenderanno in queste settimane dopo essersi piu’ volte interrotti per lungaggini burocratiche. Quello che nascera’ a Trigoria sara’ un policlinico funzionale e moderno, studiato nel dettaglio per risparmiare tempo e guadagnare in funzionalita’». Il Campus Biomedico - ha aggiunto Giuseppe Curigliano dell'opus Dei - e’ un esempio di come deve essere il servizio pubblico coniugando qualita’ e umanita’. Oggi, in visita al Quirinale, una delegazione del Campus portera’ al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi una raccolta di lettere dei pazienti che ringraziano di essere stati curati qui». _____________________________________________________ Il Manifesto 15 ott. ’03 I VERTICI DELLA PFIZER VANNO DA BERLUSCONI BIG PHARMA In discussione le conseguenze in Italia delle ristrutturazioni di Pharmacia: 300 licenziamenti e la vendita del centro di ricerca di Nerviano MANUELA CARTOSIO MILANO Il comunicato di Palazzo Chigi non precisa se a Silvio e’ scappata qualche battuta sul Viagra. Ieri il presidente del consiglio ha incontrato Hank McKinnell, numero uno della Pfizer Inc., e i vertici della Pfizer Italia. A1 centro dell'incontro le conseguenze in Italia della ristrutturazione di Pharmacia, acquisita nel 2002 da Pfizer. Queste le ricadute: chiusura della sede commerciale di Pharmacia a Milano, con il conseguente licenziamento di almeno 300 dipendenti, e messa in vendita del Centro di ricerca di Nerviano. Con 800 addetti e una fama internazionale per i farmaci antitumorali, quello di Nerviano e’ il piu’ grande centro di ricerca in Italia, l'unico in grado di attirare «cervelli» dall'estero. Se l'accorpamento a Roma delle attivita’ commerciali e’ stato metabolizzato come un dato immodificabile, tutta l'attenzione del sindacato, degli enti locali e del governo e’ concentrata sul futuro del Centro di Nerviano. Pfizer, che fa ricerca sugli antitumorali in due suoi centri negli Usa, non lo considera «strategico». Se entro il 2004 non trovera’ un compratore, - dismettera’ - il polo di ricerca messo in piedi ai tempi d'oro dalla Carlo Erba. Convincere la piu’ grande multinazionale farmaceutica a rivedere i suoi programmi e’ come pretendere di raddrizzare le gambe ai cani. Trovare in tempi rapidi un acquirente serio, che non svuoti nel giro di un paio d'anni i laboratori di Nerviano, sarebbe un buon risultato. La presenza in Italia dei pezzi grossi della Pfizer (il Ceo McKinnell accompagnato dal vicepresidente esecutivo Karen Katen), l'incontro a palazzo Chigi e alcune recenti dichiarazioni del presidente lombardo Formigoni inducono a pensare che il compratore sia stato trovato. -Qualcosa si sta muovendo-, dice il ricercatore e delegato sindacale Marco Tato’, «l'azienda ci ha convocati tutti giovedi’ in una multisala a , Legnano. Forse per farci degli annunci». Si vocifera di un interessamento all'acquisto di un gruppo scandinavo o di una cordata italiana. L'essenziale e’ che il compratore sia affidabile non solo per le casse di . Pfizer ma soprattutto per chi a Nerviano ci lavora», dice il delegato. Va . salvaguardato i] patrimonio di conoscenze e di professionalita’ accumulato negli anni. Molte linee di ricerca sono gia’ state chiuse o scippate per effetto di ripetute fusioni e incorporazioni. «Se si va oltre, Nervia, no diventa un guscio vuoto». E il , passaggio di proprieta’ va fatto in i tempi brevi, altrimenti i ricercatori , stranieri che «hanno mercato» fanno le valigie e abbandonano Nerviano.Tutte le e-mail di Marco Tato’ si chiudono con una citazione in inglese da un'inchiesta del New York Times: «Se da quattro anni stando seduto alla stessa scrivania hai lavorato per quattro diverse compagnie, se l'insegna della tua azienda e’ attaccata con il velcro, allora lavori in un'industria farmaceutica». Lui rispetta la media. Nel 1991, quando e’ stato assunto a Nerviano, il Centro di ricerca era ancora della Carlo Erba. Nel `93 lo comprava la svedese Pharmacia che, nel `95, si fondeva con Upjohn. Nel `99, Pharmacia , mantenendo il suo nome si fondeva con Monsanto-Searle. Nel 2002, Pharmacia veniva pappata da Pfizer. Quest'ultima, con 11% del mercato mondiale, guida la classifica di Big Pharma. Otto prodotti della Pfizer hanno un fatturato annuale superiore al miliardo di dollari. Da solo l'anticolesterolo Lipitor fattura 8 miliardi di dollari. Come sarebbe finita le Rsu l'hanno capito da subito. A tutte le manifestazioni contro il «degrado industriale» e l'impoverimento produttivo dell'area milanese lo striscione di Pharmacia e’ sempre stato in prima linea. Qualcuno, soprattutto tra i dirigenti, pensava che il sindacato esagerasse con l'allarmismo. Ora che Pfizer ha ufficializzato le sue decisioni, le assemblee sono strapiene e «i dirigenti fanno atto di contrizione». La settimana scorsa i ricercatori di Nerviano, oltre a scioperare, hanno bloccato per la prima volta la statale del Sempione. Con loro c'erano i cassintegrati dell'Alfa di Arese, che di blocchi stradali se ne intendono. _____________________________________________________ Italia Oggi 15 ott. ’03 CONGRESSO CISAL LA RICERCA MEDICINA ANTI-CRISI Ha preso il largo ieri a Pugnochiuso il VII congresso della Cisal con la relazione del segretario generale, Franco Cavallaro, che, nei vari passaggi, ha toccato non solo alcune note dolenti della dialettica tra sindacato e controparte politica, ma anche questioni riguardanti lo sviluppo economico e le preoccupazioni legate alla Finanziaria 2004, su cui grava una crescita dello 0,4% (gia’ dal 2002) e pressoche’ invariata nel 2003. Mentre, nel 2004, non andrebbe oltre l’1,1%. Solo la disoccupazione sembrerebbe non aver subito effetti negativi. E continua, secondo Cavallaro, a crescere sia pur piu’ lentamente rispetto al passato. Un prolungamento di questo stato di cose, prima o poi viene ritenuto dalla Cisal un evento possibile soprattutto per il Mezzogiorno, che vedrebbe fugate le sue speranze di ridurre il gap che lo separa da regioni nelle quali dare lavoro non presenta gli stessi connotati di rischio. In questo quadro generale di diffuso malessere economico e sociale, come si colloca l'azione della Cisal e in che misura l'organizzazione, riunita in congresso, e’ in grado di incidere? A riguardo, Franco Cavallaro ha sottolineato che non basta la semplice difesa dei diritti dei lavoratori. Ma bisogna porsi l'obiettivo prioritario degli investimenti nell'innovazione tecnologica e nella ricerca scientifica. Nel frattempo, e’ fondamentale raggiungere una linea comune di accordo tra le parti sociali, nessuna esclusa, per affrontare la politica dei redditi. Quella fin qui seguita e’ superata rispetto alla dinamica del crescente costo della vita (che deprime i consumi), e alle distorsioni della conversione della lira nell'euro. Non a caso, l'inflazione percepita e’ del 6%. Non puo’ passare, quindi, inosservata, secondo Cavallaro, la diffusa sensazione di un impoverimento di numerosi strati sociali del paese. In alcune regioni la sensazione si va trasformando in risentimento, nocivo anche per la pace sociale. Un sindacato che si dichiara auto nomo, non e’ tale solo perche’ si discosta dalla logica dei partiti nell'esercizio della sua politica, ma perche’ tra la gente serpeggia il timore di ostacoli crescenti sull'eventuale ripresa economica. Anche per quanto riguarda le pensioni il governo annuncia il si entro i12003, mentre siamo gia’ alla fine di ottobre e i rischi di non farcela sono fondati. E per il 24 ottobre e’ stato gia’ proclamato uno sciopero generale. Quanto agli incentivi a chi resta al lavoro, dal 2004, la partenza e’ dubbia: La cosa preoccupa Franco Cavallaro e, in buona misura, anche la Cisal. Il clima esistente nell'universo giovanile e’ di profondo scetticismo sul futuro lavorativo. ___________________________________________ L’Unione Sarda 16 ott. ’03 CAGLIARI IN PRIMA LINEA NELLA LOTTA ALL’ALZHEIMER Ha conquistato la copertina della rivista internazionale Neurology la ricerca condotta dal professor Giambenedetto Melis, direttore del dipartimento di ostetricia e ginecologia dell’Universita’ e dalla professoressa Anna Maria Paoletti, direttore della scuola di specializzazione di ostetricia e ginecologia insieme al professor Congia, direttore del Dipartimento di neurologia e a un gruppo di giovani ricercatori sul basso indice di androgenizzazione nei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer. La ricerca che ha posto sotto osservazione circa 100 anziani malati e un ugual numero di sani. Dalla loro osservazione e’ stato possibile raggiungere una conclusione di grande importanza scientifica: un basso livello di testosterone si accompagna alla malattia di Alzheimer negli uomini e nelle donne. Il risultato conferma il ruolo benefico dell’ormone maschile sulla funzione cognitiva e apre la strada ad un’applicazione terapeutica del testosterone per la prevenzione e controllo della demenza senile che uscira’ nel numero di novembre ___________________________________________ La Nuova Sardegna 15 ott. ’03 TROPPI ANTIBIOTICI, IN OSPEDALE SI AMMALANO 10 PERSONE SU 100 FIRENZE. "Ancora oggi si ammalano 10 pazienti su 100 che entrano in ospedale e questo anche a causa dell'uso massiccio degli antibiotici". Lo sostiene Enrico Magliano, presidente dell'associazione microbiologi italiani che ha organizzato insieme alla Sibios, la societa’ di biochimica clinica e biologia molecolare, il Congresso sulla medicina di laboratorio in corso a Firenze fino al 17 ottobre. "Le infezioni ospedaliere - spiega Magliano - coinvolgono decine di migliaia di casi all'anno che comportano costi altissimi e hanno a volte esiti fatali per i degenti". Le condizioni che favoriscono il fenomeno sono non solo l'aumento della popolazione ospedaliera (compresi i neonati immaturi e anziani) e la presenza di una popolazione indifesa da infezioni importanti perche’ carente, a causa di gravi malattie, delle necessarie difese immunitarie, ma anche per l'uso di antibiotici. "La diffusione degli antibiotici in agricoltura, in zootecnia, o peggio, come autoprescrizione dei pazienti" sottolinea Magliano, "contribuisce a sviluppare ceppi di batteri resistenti alle terapie ordinarie. In Italia, per esempio, in 7 casi su 100 lo pneumococco e’ insensibile alla penicellina". Il congresso affrontera’ anche la crescente importanza degli esami di laboratorio nelle diagnosi cliniche. "Oggi sono disponibili non solo test di laboratorio per la diagnosi e il monitoraggio e la malattia - afferma Mario Plebani dell'Universita’ di Padova - ma anche per valutare i fattori di rischio". _____________________________________________________ Repubblica 13 ott. ’03 IL GORETEX ENTRA IN SALA OPERATORIA Non piu’ solo giacche a vento. Adesso si usa anche nella chirurgia laparoscopica MARCELLA GABBIANO Milano P er molti e’ un tessuto tecnologico che viene usato per confezionare tute spaziali o, per i comuni terrestri, fantastiche giacche e scarpe che vanno bene contro freddo e pioggia sia d'estate che d'inverno. Per altri e’ l'innovazione che ha rivoluzionato la chirurgia. Parliamo di Gore-Tex, un biomateriale prodotto dalla W.L. Gore & Associates Inc., azienda specializzata nel trattamento del Politetrafluoroetilene espanso (ePtfe) che sin dal 1973 e’ impegnata nella ricerca e sviluppo di tessuti medicali e non, tecnologicamente avanzati. "La nostra azienda - spiega Andrea Ida’, responsabile per la linea Minimal Invasive Surgery - e’ presente in Italia dal 1977 nella sede di Cavaion Veronese e si avvale di collaboratori specializzati che coprono tutto il territorio nazionale, mantenendo i contatti con gli ospedali". E proprio in occasione del 91 Congresso nazionale della Sice (Societa’ italiana di chirurgia endoscopica e nuove tecnologie), organizzato a Sorrento nelle scorse settimane dal professor Vincenti, tra i vari argomenti trattati, un posto di riguardo e’ stato riservato ai biomateriali (adatti cioe’ a essere impiantati nel corpo umano) e alle loro applicazioni chirurgiche laparoscopiche. Per i non addetti ai lavori, spieghiamo che le laparoscopie sono quegli interventi cosiddetti mini-invasivi che vengono eseguiti con l'ausilio di una piccolissima telecamera a fibre ottiche e di specifici strumenti chirurgici (da 3 a 10 millimetri) inseriti nell'addome. _____________________________________________________ Oggi 15 ott. ’03 I TACCHI ALTI? UNA ROVINA PER LA SCHIENA sarebbero colpevoli dell'artrosi al ginocchio, problema assai diffuso soprattutto tra le donne sopra i 55 anni. Lo dice uno studio della Oxford Brookes Universty, secondo il quale i maggiori imputati dei problemi artrosici a questa giuntura sono sovrappeso, fumo e precedenti lesioni alle ginocchia. Via libera, dunque, alle scarpe slanciate? Non. Proprio Puntualizza Stefano Negrini, direttore dell'Isico (l'Istituto Scientifico Italiano Colonna Vertebrale) di Milano: «Se un tacco fino a 3 centimetri non procura. problemi, un rialzo maggiore del tallone rispetto all'avampiede puo’ invece comportare conseguenze negative sulla postura, perche’ tende a spingere troppo innanzi il bacino, provocando un'iperlordosi lombare, cioe’ un'eccessiva curvatura il avanti della parte bassa della schiena. Pertanto, portare i tacchi alti per una festa o per un occasione di lavoro puo’ anche andar bene, ma calzarli sistematicamente favorisce il mal di schiena. E persino una deformazione dell'alluce». a.C. ___________________________________________ Repubblica 17 ott. ’03 PARTI CESAREI IN ECCESSO, NEL PRIVATO RADDOPPIANO L’allarme dal congresso degli ostetrici di Catania: in Italia se ne fanno piu’ di quelli consigliati dall’Oms DI ROSSELLA CASTELNUOVO Per la prima volta, dopo oltre un secolo, una donna ha guidato la piu’ importante riunione nazionale dei medici che curano le donne. E’ Sara Caschetto, presidente, insieme a Paolo Scollo, del 79° congresso della Societa’ italiana di ginecologia ed ostetricia (la Sigo, fondata nel 1892) che si e’ appena concluso a Catania. Nell’’83 era gia’ in cattedra e nel ‘90 lei, donna del sud, madre di due figli e chirurgo, fu la prima italiana a essere nominata professore ordinario in questa disciplina nella stessa universita’ di Catania, dove e’ ora direttore della divisione e del dipartimento maternoinfantile. A mascherare la soddisfazione c’e’ solo la ferma pacatezza di questa signora che ha saputo inserirsi in quel territorio della medicina che, pur occupandosi esclusivamente del corpo femminile, ha escluso per decenni le donne medico. Contro quali ostacoli? «All’inizio i colleghi mi scoraggiavano», risponde la Caschetto, «Non si fidavano della mia tenuta in sala operatoria, come chirurgo. E anche le pazienti hanno messo del tempo per capire che ero un medico e non un’infermiera. Ce l’ho fatta grazie anche a maestri eccellenti come Italo Panella e Salvatore Di Leo che hanno avuto fiducia in me». Nei quattro giorni del congresso di Catania, dove i partecipanti sono stati oltre 1.500, Sara Caschetto ha diviso la poltrona presidenziale con Paolo Scollo, direttore della divisione di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale Cannizzaro, rispettando l’uso di avere un rappresentante degli universitari e uno degli ospedalieri. Il titolo del congresso Sigo, "Dal concepimento alla nascita", ha quindi posto al centro dell’attenzione l’evento principe dell’universo femminile: la gravidanza. Quel periodo che gli anglosassoni chiamano "pregnancy life" e che rappresenta, in qualche modo, una vita nella vita. Un’idea che non poteva venire che a una donna. _____________________________________________________ Avvenire 14 ott. ’03 UNO SCANNER FACILITERA’ LA DIAGNOSI DEL CANCRO ALLA PROSTATA DA RomA Il tumore alla prostata ha un nuovo nemico: e’ uno scanner in grado di individuare la neoplasia in pochi minuti e senza disagi per gli uomini che si possono sottoporre al test anche con i pantaloni. La tecnica, che somiglia molto ai detector usati negli aeroporti, aiutera’ molte persone che, per vergogna o paura, non si sottopongono a controlli urologici tradizionali che dovrebbero avvenire annualmente dopo i45-50 anni. Ad annunciare la tecnica in una conferenza stampa a Roma e’ stato il professor Ulrico Jacobellis dell'Universita’ di Bari. Il 72% degli uomini evita i controlli preventivi col risultato che ben il 31% di questi scopre poi troppo tar di avere il cancro alla prostata. Lo scanner, ideato da Clarbruno Vedruccio dell'Universita’ di Bari, si chiama Trimprob, assomiglia ad una torcia, e’ lungo 30 centimetri per 4-5 centimetri di diametro e svolge il suo lavoro in pochi minuti. La persona inoltre non deve neanche svestirsi, spiega Jacobelli, e il test permettera’ cosi di eliminare quei tabu’ che contribuiscono a far dilagare il cancro alla prostata. Si calcola infatti che in Italia questa forma di tumore colpisca 19mila persone e di queste 4mila muoiono ogni anno. Il Trimprob e’ stato sperimentato dal 2001 a Bari, Taranto e Milano; e’ in uso all'ospedale S. Giuseppe di Milano e all'Universita’ di Bari, ma prossimamente l'utilizzo si estendera’ a Bologna, Trieste, Napoli e Firenze. _____________________________________________________ Libero 17 ott. ’03 OSTEOPOROSI KO CON L'ORNIONE DELLA TIROIDE NEW YORK - Scoperto, nei topi, un ruolo insospettato per l'ormone che stimola la tiroide (TSH): rinforza le ossa e combatte l'osteoporosi. Finora si riteneva che il TSH servisse solo a favorire l'attivita’ tiroidea e a intensificare la cattura dello iodio. Uno studio statunitense diretto da Mone Zaidi (della Mount Sinai School of Medicine, New York) e pubblicato sulla rivista "Cell" ha dimostrato, pero’, che l'azione sulla tiroide e’ solo secondaria. Il principale effetto del TSH e’, invece, quello di 'bloccare i processi degenerativi delle ossa. Ulteriori studi sui meccanismi d'azione di questo ormone potrebbero portare a nuove terapie per curare l'osteoporosi. _____________________________________________________ Libero 17 ott. ’03 DAL FETO LA NUOVA FRONTIERA DEI TRAPIANTI L'embrione e’ un corpo estraneo nella madre, ma quest'ultima non lo rigetta. Tutto grazie a una molecola ROBERTO MANZOCCO AUGUSTA - Una molecola prodotta dal feto nelle prime fasi della gravidanza e che scompare quando il bambino viene al mondo, potrebbe permetterci in futuro di controllare il nostro sistema immunitario, impedendogli cosi "a comando di rigettare un organo appena trapiantato. L'importante scoperta arriva dagli Stati Uniti, e piu’ precisamente dal Medical College of Georgia (ad Augusta), dove un team di immunologi guidato dal dottor Anatolij Horuzsko ha identificato una molecola, chiamata Hla-G, capace di incrementare la produzione di cellule dendritiche, che rappresentano a tutti gli effetti dei "controllori di volo' capaci di dirigere l'azione del sistema immunitario. La sostanza in questione viene prodotta solo durante la gravidanza, allo scopo di impedire che l'organismo della madre rigetti il feto come se si trattasse di un corpo estraneo. Secondo le ricerche di Horuzsko, che studia da anni il funzionamento del sistema immunitario durante le sue prime fasi di sviluppo, Hla-G stimolerebbe la produzione di cellule dendritiche di tipo particolare, che a loro volta causerebbero, mediante una complessa serie di reazioni chimiche, la "soppressione" (cioe’, in parole povere, la paralisi) del sistema immunitario materno, almeno per quanto riguarda i suoi rapporti con il nascituro. Secondo il team di immunologi americani il paragone tra gravidanza e trapianti non e’ affatto ozioso: il feto, infatti, puo’ essere , visto a tutti gli effetti come una sorta di organo trapiantato, in quanto possiede del materiale ~ genetico almeno in parte diverso da quello della madre. Anzi, secondo Horuzsko molti aborti spontanei sarebbero spiegabili proprio come dei fenomeni di rigetto analoghi a quelli che ' possono subire i trapiantati se non assumono i farmaci immuno-soppressori. Una volta identificato nel dettaglio il funzionamento e il ruolo della molecola di Hla-G, potrebbero aprirsi per la trapiantologia delle prospettive del tutto inedite: si pensi ad esempio alla possibilita’ di sviluppare nuovi farmaci anti- rigetto piu’ efficaci ed innocui di quelli attualmente in uso. ___________________________________________ L’Unione Sarda 16 ott. ’03 SPINE DI RICCIO CONTRO LA TALASSEMIA Esperti di tutto il mondo discutono su un male che in Sardegna conta 1300 casi all’anno Nuove terapie Dal nostro inviato Lucio Salis Palermo Passa anche attraverso le spine del riccio di mare la difficile strada della terapia genica per vincere la talassemia, anemia congenita diffusa nei paesi del Mediterraneo e in particolare in Sardegna (1300 casi). Il gruppo del professor Aurelio Maggio, primario di Ematologia all'ospedale Cervello di Palermo, ha infatti identificato nel Dna del riccio di mare un elemento che puo’ essere utilizzato con successo nei vettori della terapia genica sull'uomo. Sinora l'unica cura risolutiva della talassemia e’ il trapianto di midollo osseo, purtroppo inaccessibile a buona parte dei pazienti. Ai quali non resta altra scelta che sottoporsi, per tutta la vita, a periodiche trasfusioni di sangue, con un accumulo di ferro negli organi vitali, riducibile soltanto con trattamenti dolorosi e non privi di rischio. Alternativa al calvario, e’ la terapia genica, al centro dei lavori del nono Congresso mondiale sulle talassemie iniziato ieri a Palermo. Ma e’ una ricerca lunga e difficile, portata avanti da pochi studiosi, con mezzi limitati, perche’ le multinazionali del farmaco non investono su una malattia poco diffusa nel mondo. Eppure i risultati non mancano. Documentati dalla pubblicazione su autorevoli riviste scientifiche dei significativi passi avanti compiuti nel campo dell'ingegneria genetica applicata ai topi da Michel Sadelain, del Memorial Sloan - Kettering di New York e dall'italiano Stefano Rivella, della Cornell University. In pratica, i ricercatori sono riusciti a far ammalare i ratti di talassemia. «Quindi - spiega il professor Rivella - abbiamo generato un vettore virale che per la prima volta e’ stato in grado di trasmettere il gene della beta-globina umana nelle cavie con talassemia intermedia e a produrre tanta emoglobina da curarli». Questo approccio, tentato inizialmente su forme intermedie della malattia e’ stato esteso anche a quelle piu’ gravi (Cooley). Risultato: i topi sono guariti. Ora si pensa di estendere la sperimentazione alle scimmie e, se i risultati saranno confortanti, (cioe’ se si riuscira’ a produrre una quantita’ adeguata di emoglobina) all'uomo. Carta vincente della ricerca e’ stato il vettore in grado di trasportare il gene della beta-globina. «Si tratta di un lentivirale ricavato dal virus dell'Aids indicato con la sigla TNS9 - spiega Rivella - trasferito nelle cellule staminali dei topi». Il solo termine Aids provoca un certo allarme, ma Rivella tranquillizza: «Il lentivirus da noi utilizzato non ha alcun gene virale patologico. E’ un derivato dal virus dell'Hiv, ma e’ stato privato di tutti gli elementi che potrebbero creare la patologia». Un importante mattone alla costruzione della terapia genetica potrebbe essere portato anche dall'e’quipe del professor Spinelli, docente di Biologia molecolare all'universita’ di Palermo. Puo’ accadere infatti che le strutture della cellula riescano a inattivare o a rendere poco efficiente il gene terapeutico inserito nel vettore. Il fenomeno si chiama silenziamento e consiste nella tendenza delle cellule a riconoscere le sequenze di Dna estranee ed a neutralizzarle, rendendo cosi’ inefficiente la terapia genica. Occorreva quindi trovare qualcosa che evitasse l'inconveniente. Spinelli e i suoi collaboratori hanno individuato nel Dna del riccio di mare una sorta di isolatore, un elemento che scherma l'attivita’ del gene terapeutico, lo rende inattaccabile e gli permettere di esprimere al massimo la sua funzione. Il meccanismo (frutto dello studio di Santina Acuto e Rosalba Di Marzo) funziona anche nell'uomo. ___________________________________________ La Stampa 15 ott. ’03 TERAPIE ECCESSI NEL BERE E NEUROLOGIA L’ondansetrone frena l’alcolismo EFFICACE PER LA FORMA AD INSORGENZA PRECOCE, NON LO E’ PER QUELLA TARDIVA AGISCE IN MODO PRECISO, MIRANDO AD UN SINGOLO TIPO DI RICETTORE CEREBRALE DAL 1948, anno della comparsa dell'Antabus, in Usa e’ stato approvato un solo farmaco per il trattamento dell'alcolismo. I medici danesi Hald e Jacobsen avevano preso un farmaco ad azione anti-elmintica e si erano sentiti malissimo ad un cocktail party: descrissero quindi in un loro classico articolo su «Lancet» "un farmaco sensibilizzante l'organismo all'alcol etilico". Si trattava del disulfiram, chiamato commercialmente Antabus, che provoca una reazione spiacevole in chiunque consumi una bevanda alcolica in quantita’ anche minima. Il meccanismo su cui si basa l'effetto del disulfiram e’ quello di bloccare la reazione chimica con la quale il fegato metabolizza l'alcol, provocando cosi’ l'accumulo di un metabolita tossico nel sangue (l'acetaldeide), che e’ alla base dei sintomi spiacevoli provati per la prima volta dai due danesi: rossore, palpitazioni, nausea, dispnea, vomito, mal di capo. La reazione avviene entro pochi minuti dall'assunzione di alcol (basta un sorso di vino o birra) e dura 3- 4 giorni ogni singola dose di farmaco. Questa pero’ non e’ una vera cura dell'alcolismo, ma semplicemente un mezzo terapeutico ausiliario che funziona solo quando si abbia la piena collaborazione del paziente. Nel 1994 fu introdotto un secondo farmaco, il naltrexone, sostanza antagonista degli oppiacei, che in certi casi puo’ aiutare lo svezzamento. Un terzo farmaco sperimentato e’ l'acamprosato, derivato di un amino acido (la taurina) che agisce mediante un doppio meccanismo. Blocca l'azione sia del principale neurotrasmettitore cerebrale ad azione frenante (il cosidetto Gaba) sia di quello ad azione eccitatoria (il glutamato). Non molto tempo fa «JAMA» ha annunciato i risultati di un grosso investimento di ricerca dell’Istituto Nazionale per lo studio sull'Alcolismo degli Stati Uniti. Il nuovo indirizzo terapeutico e’ interessante perche’ si fonda sull'azione specifica di un farmaco che interferisce selettivamente su un solo ricettore cerebrale della serotonina (quello individuato come il tipo 5HT-3 ) bloccandone l'effetto. L'efficacia clinica del farmaco, chiamato ondansetrone, dipende dal tipo di alcolismo ed e’ maggiore su quello ad insorgenza precoce tipico dei giovani al di sotto dei 25 anni. Questa forma di alcolismo e’ caratterizzata da una maggiore associazione di tipo famigliare (diversi membri della stessa famiglia affetti da alcoolismo), severita’ maggiore dei sintomi e grave progressione. Essa e’ talvolta associata ad altri disturbi di tipo psichiatrico, talvolta con caratteri anti-sociali. L'ondansetrone e’ interessante anche perche’ e’ il primo farmaco anti-alcolismo con un meccanismo d'azione cosi’ preciso da mirare a un singolo tipo di ricettore cerebrale. L'efficacia di una strategia del genere rafforzerebbe notevolmente l'ipotesi che l'alcolismo non sia diverso da qualsiasi altra malattia del sistema nervoso e che quindi si possa combattere con successo con molecole ad azione farmacologica mirata. Il dosaggio bi-giornaliero di ondansetrone, sperimentato all'Universita’ del Texas su 321 pazienti di ambo i sessi e di eta’ media di 40 anni per un periodo di tre anni, ha dimostrato una diminuzione sia del numero di assunzioni di alcolici al giorno (meta’ circa), sia un aumento del numero dei giorni di astinenza (il 40%). E' interessante notare come la terapia non abbia alcun effetto sui pazienti affetti da alcolismo a comparsa tardiva (late onset alcoholism) ma solo su quelli con sviluppo di dipendenza all’ alcol prima dei 25 anni. Altri due studi precedenti confermerebbero l'utilita’ di un trattamento con farmaci agenti sulla serotonina, un neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale. La differenza di indicazione si baserebbe quindi sul tipo di alcolismo. Quello ad insorgenza precoce (prima dei 25 anni) a decorso piu’ maligno risponderebbe meglio a farmaci selettivi come l'ondansetrone, mentre la forma tardiva (dai 25 anni in poi) relativamente piu’ benigna, sarebbe piu’ sensibile a farmaci di tipo serotoninergico generico ad azione meno specifica dell'ondansetrone quali i cosidetti inibitori della ricaptazione della serotonina gia’ in uso da tempo per il trattamento delle depressioni. Dati clinici di questo tipo portano a supporre un futuro sviluppo dei trattamenti dell'alcolismo basati su strategie genetiche. Tra i geni sospettati i migliori candidati sarebbero quelli che codificano per certi ricettori, ad esempio quello 5-HT3 della serotonina influenzato dall'ondansetrone, o quello che codifica la proteina che regola il trasporto della stessa serotonina nelle cellule nervose. Si intravvede quindi un futuro di terapie mirate a diversi sottogruppi di pazienti la cui dipendenza dall'alcol richieda un trattamento farmacologico su misura. La prevalenza (casi nuovi in 12 mesi) e’ di circa il 5% negli Stati Uniti, e probabilmente e’ simile in Europa: un mercato notevole per farmaci anti-alcolismo. Dobbiamo riconoscere di aver percorso un lungo cammino dal tempo non lontano quando l'alcolismo era considerato non una malattia ma "un difetto della volonta’" sanabile solo con la risoluzione da parte del paziente di smettere di bere. Ezio Giacobini