DIRETTORI MANAGER IN OGNI ATENEO UNIVERSITA’ DI CAGLIARI: MENO ENTRATE PIU’ SPESE UNIVERSITA’, I CONTI NON TORNANO FINANZIARE RICERCA E DIRITTO ALLO STUDIO L' UNIVERSITA’ CHIEDE AIUTO «MANCANO AULE E SOLDI» UN CNR CONSULENTE STRATEGICO II CNR SECONDO MORATTI: MENO RICERCA PIU’ FOTOCOPIE RICERCA, TANTI PROGETTI E UN FATTO: NO A RUBBIA L'EUROPA RITROVI IL CORAGGIO DELLA RICERCA OCCORRE CREARE LE RETI DELLA CONOSCENZA SE LA SCIENZA INVADE IL CAMPO DEI MEDIA RICERCA, IN ARRIVO 137 MILIONI DI EURO NOI, POSSEDUTI DAL DEMONE DELLA RICERCA TUTTI I DUBBI DEI CENTRI DI RICERCA SUI NUMERI DI TREMONTI MENO SCIENZA PER TUTTI UN BLOCCO DELLE ASSUNZIONI CHE ESPELLE I GIOVANI RICERCATORI CAGLIARI: LA RICERCA SCIENTIFICA DIMENTICATA A LEZIONE DI TAGLI: LA TREMONTI IN AULA SCIENZE POLITICHE AL CONTRATTACCO NAPOLI: MEDICINA, LEZIONI AL VIA NEL CAOS NAPOLI: GARANTIRE ACCESSO AI CORSI DI MEDICINA NAPOLI: DEGLI ESCLUSI METTONO A RISCHIO GLI ESAMI AGLI STUDENTI UN PRESTITO PER IL FUTURO LA LAUREA COMINCIA AL LICEO ================================================================== LE NOTIZIE DI SANITA’ NON HANNO GAMBE CORTE LE BACCHETTATE GRATUITE DELLA CGIL ALL’UNIVERSITA’ MEDICINA "SCHIAFFEGGIA" L’ASL NEONATI, MEDICINA RIPESCA IL PROF "CONGELATO"? "DEVE PREVALERE IL BENE DEI BIMBI" IL CISAL CONTRO LA ASL 8: «NON RISPETTATE I PATTI» TERRASINI UNA SPERANZA PER POTERE SCONFIGGERE LA MALATTIA ECCO IL KIT PER SCOPRIRE I TUMORI RIVOLUZIONE NELLA DIAGNOSI PRECOCE TUMORI, IL FUTURO APPRODA AL SAN RAFFAELE DNA BEL CINQUANTENNE TUBERCOLOSI, MALARIA E ANCHE LA LEBBRA TORNANO A FARE STRAGI IN TUTTO IL MONDO TROPPE ECOGRAFIE IN GRAVIDANZA PER CURARE IL CANCRO AL COLON CHE MIO IN PASTICCHE CECITA’, CELLULE DAI CADAVERI AIDS IN AGGUATO PER I RAPPORTI NON PROTETTI CARCINOMA DELLA TIROIDE, 100 GENI COINVOLTI ================================================================== _____________________________________________________ Il Sole24Ore 20 ott. ’03 DIRETTORI MANAGER IN OGNI ATENEO UNIVERSITA Dall'associazione no profit trellle arriva la proposta di innovare ruoli e poteri degli organi di governo Ai rettori piu’ poteri di indirizzo, l'istituzione di un consiglio e di un segretario «forte», dal senato la garanzia sui docenti L’ autonomia non basta, servono maggior chiarezza su ruoli e poteri di chi guida le universita’ italiane. La governance d'ateneo e’ appunto uno degli obiettivi messi a fuoco da Treellle, l'associazione non profit che si occupa di monitorare le questioni aperte in tema di educazione e di elaborare soluzioni operative (si veda l'articolo in basso). Un difficile governo. Chiara la diagnosi: complice una normativa nazionale spesso lacunosa, tra i principali organi di governo (rettore, direttore amministrativo, consiglio di amministrazione e senato accademico) regna una crisi di identita’ e di competenze. Tanto che le voci piu’ critiche parlano di «irresponsabilita’ collettiva» o anche di «anarchia organizzata». «In linea di principio - e’ l'indicazione lanciata nel Quaderno n. 3 sul sistema universita’ presentato di recente da Treellle - al senato accademico spetterebbero i poteri d'indirizzo culturale, didattico e scientifico e al consiglio d'amministrazione quelli di gestione (amministrativa, finanziaria, patrimoniale). In realta’ si e’ stabilito una sorta di bicameralismo in cui il rettore, con la funzione di doppia presidenza, rappresenta il punto di equilibrio vedendo crescere il suo ruolo e i suoi poteri». Del resto, nemmeno i poteri effettivi del rettore sono stati mai chiariti bene dalla legge. L'autonomia statutaria non ha modificato questo stato di cose, anzi, in un certo senso l'ha consolidato ampliando spesso i poteri del senato accademico e contraendo quelli del consiglio di amministrazione. Le indicazioni operative. Quanto ai rimedi, la proposta operativa di Treellle riguarda innanzi tutto il rafforzamento dei poteri di leadership del rettore; l'istituzione di un consiglio d'ateneo e di un direttore o segretario generale; un senato accademico con poteri di fiducia-sfiducia sul consiglio di ateneo e di garanzia dei diritti di docenti e studenti. In dettaglio, questo significa innanzitutto affidare al rettore - che continuerebbe a essere eletto da una larga base all'interno dell'universita’ - i compiti di ordinaria e straordinaria amministrazione, a eccezione di una serie di mansioni espressamente attribuite agli organi accademici collegiali (piani strategici, statuto e regolamenti, bilanci, patrimonio e cosi’ via). II consiglio di ateneo. A questo, di nuova creazione e presieduto dal rettore, spetterebbero invece compiti e responsabilita’ tipici del governo di un'istituzione pubblica, uniti alle attivita’ amministrative e gestionali tipiche di un'impresa (budget previsionale e ripartizione delle risorse, bilancio consuntivo, piani strategici di attivita’, scelte patrimoniali e contrattuali, assunzione del personale ed eventuale selezione degli studenti). Quanto alla composizione e alle nomine, il consiglio dovrebbe contare su dieci massimo 14 membri, meta’ interni e meta’ esterni all'ateneo, tutti scelti dal rettore eccezion fatta per uno degli esterni, la cui nomina spetterebbe al ministro dell'Istruzione. Mentre per gli esterni, le decisioni, sempre di competenza del rettore, dovrebbero essere prese d'intesa con le cosiddette categorie portatrici d'interessi (rappresentanti delle comunita’ territoriali, forze imprenditoriali, sociali e cosi’ via). L'approvazione del complesso delle nomine spetterebbe al senato accademico (delibera di fiducia), cui tocca inoltre la facolta’ di sfiduciare il consiglio, con voto a maggioranza qualificata e non prima di meta’ mandato. A1 senato andrebbero inoltre. i poteri sullo statuto, sulla regolamentazione interna e, come accennato, sulla garanzia dei diritti dei docenti e degli studenti, mentre la proposta di composizione e’ di massimo 32 membri (24 docenti, sei studenti, due tecnici amministrativi). Il direttore manager. Infine un'altra novita’: l'istituzione di una figura di direttore o segretario generale, cui affidare, sulla base delle indicazione fornite dal rettore e dal consiglio d'ateneo, la gestione e il controllo delle risorse e l'organizzazione in generale. In pratica un direttore/segretario manager, responsabile anche della selezione e della gestione del personale tecnico-amministrativo. CRISTINA GIUA _____________________________________________________ Consiglio di Amministrazione 16 ott. ’03 UNIVERSITA’ DI CAGLIARI: MENO ENTRATE PIU’ SPESE Anche a Cagliari la situazione finanziaria e’ particolarmente critica. Queste le cifre emerse dal consiglio di amministrazione del 16 ottobre FINANZIAMENTI MURST Il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) ministeriale e’ stato ridotto per Cagliari di 1,8 Milioni di euro. Da questo fondo devono essere attinti i soldi necessari a pagare gli aumenti di stipendi previsti dai nuovi contratti, gli scatti di anzianita’ ecc. Lo impone il MURST: Il fondo e’ diminuito e deve coprire maggiori spese , di conseguenze diminuiscono le disponibilita’ per nuovi investimenti. Le universita’ Italiane spendono l’85-87% del FFO in stipendi, cifra altissima rispetto alla media europea, nel caso di Cagliari arriva al 90% che e’ anche il limite massimo consentito per legge FINANZIAMENTI REGIONALI La regione Sarda ha contribuito al finanziamento dell’Universita’ di Cagliari (N26/96) decurtando di fatto circa 700 mila euro rispetto al 2002. Questo grazie soprattutto alla Legge Regionale 25 che ha consentito di finanziare la sede di Tempio dell'Universita’ di Sassari; le borse Erasmus, Socrates, corsi e borse di studio per la lingua sarda ma….lasciando immutato la dotazione della 26/96. TASSE In seguito alla protesta studentesca il disavanzo (rispetto al bilancio di previsione) per questa voce e’ di circa 600 mila euro SEDI DECENTRATE Una riflessione particolare e delicata sulle sedi decentrate tolgono finanziamenti alle sedi di Cagliari e Sassari. Queste le cifre: Iglesias 1 Milione circa, Oristano 2,5 Milioni, Nuoro 3,9 Milioni, Tempio 0,7 Milioni, Olbia 0,3 Milioni e Alghero 1,8 Milioni NUOVE ASSUNZIONI Nel 2004 nessun posto a concorso, ma i soldi verranno spesi comunque per supplenze, contratti e tirocini ______________________________________________________ L’Unione Sarda 21 ott. ’03 UNIVERSITA’, I CONTI NON TORNANO Nella facolta’ di Scienze politiche oggi lezioni ridotte per protesta contro la Finanziaria Dibattito a oltranza sui tagli imposti negli Atenei La prima vittima della Finanziaria e’ il quarto d’ora accademico. Quella prima fettina di lezione, che per storica consuetudine universitaria si dedica all’attesa dei ritardatari, oggi gli studenti e i professori di Scienze Politiche la impegneranno in un dibattito dal tema denso e preoccupante: il futuro incerto della loro facolta’ in vista dell’austerity economica - per usare un eufemismo - che si annuncia per quest’anno accademico. Una forma di protesta simbolica contro i tagli ai budget - come spiega il preside Raffaele Paci - e un’occasione per riflettere sulle restrizioni e i sacrifici che la manovra imporra’ all’istruzione universitaria. In ogni caso, nulla di eversivo: «La nostra iniziativa - chiarisce Paci - e’ pienamente in linea con il documento dalla conferenza dei rettori, non si tratta di una fuga in avanti della nostra facolta’ ne’ tantomeno di un segnale di resa». Eppure una sfumatura di malinconia sembra di coglierla, in quella mozione approvata all’unanimita’ dal Consiglio di facolta’ che indice il dibattito nei primi quindici minuti di ogni lezione ma soprattutto avvisa che «fin dai prossimi mesi non saremo piu’ in grado di mantenere i servizi fin qui erogati. Il blocco delle assunzioni, la mancanza di risorse per la ricerca, per l’edilizia universitaria, per i servizi agli studenti - prosegue il documento - penalizzano in particolare una Facolta’ piccola ma in rapida crescita del numero di studenti come la nostra». Eppure, ribadisce il preside, quello che sventola su Scienze Politiche non e’ un vessillo di guerra ne’ una bandiera bianca: «E’ un grido d’allarme, un impegno per fare si’ che anche a Cagliari questi temi vengano approfonditi e discussi, coinvolgendo Giunta e Consiglio regionali e i nostri parlamentari perche’, al momento di votare la legge, si chiedano quali conseguenze avra’ sul territorio che rappresentano». Perche’ tra gli errori possibili, forse il piu’ grave sarebbe pensare che gli atenei sardi saranno colpiti, se non marginalmente, comunque non piu’ di tutti gli altri: «In altre regioni - dice il preside - c’e’ un tessuto economico diverso, una ricchezza ben superiore. Pensiamo all’Emilia, o alla Lombardia: se i finanziamenti all’Universita’ calano, i privati possono aiutare la ricerca. Ma in Sardegna? Ci stiamo giocando il motore dello sviluppo. I danni non saranno solo quelli immediati, pagheremo le conseguenze di queste scelte per anni». Fare i conti con la riduzione degli stanziamenti non significa solo dover lesinare sui servizi di portierato, gli orari d’apertura delle biblioteche, la disponibilita’ delle aule. Vuol dire innanzitutto non poter investire sull’istruzione ma doverla contenere per mancanza di docenti. «Noi abbiamo concorsi banditi, con candidati che li hanno vinti e si sono aggiudicati cattedre che non possiamo assegnare perche’ il budget non ce lo permette. L’universita’ non ha i fondi per coprire corsi d’insegnamento gia’ assegnati, alla faccia dell’autonomia e della campagna per bloccare la fuga dei cervelli. A un docente di valore che scelta rimane? Non puo’ che fare i bagagli e andare via. Questa situazione si era gia’ presentata l’anno scorso, e l’avevamo fronteggiata chiedendo a ciascun docente di raddoppiare i propri corsi, oltre non mi sembra che si possa andare». E se l’idea del quarto d’ora di dibattito e’ piaciuta a tutto il Consiglio, studenti compresi, c’e’ anche chi non apprezza e minaccia denunce: il coordinamento giovanile di Forza Italia definisce «arbitraria e priva di fondamento» l’iniziativa e accusa il preside di negare «lui si’ il diritto allo studio, creando all’interno delle facolta’ liste di “buoni” e di “cattivi”». (c. t.) ______________________________________________________ L’Unione Sarda 25 ott. ’03 FINANZIARE RICERCA E DIRITTO ALLO STUDIO salvare l’universita’ di Paolo Casula* Ho letto l’intervento del professor Paci “Cosi’ si affossa l’Universita’” su L’Unione Sarda di mercoledi’. Sono stato studente all’Universita’ di Cagliari e ricercatore all’Universita’ di Cagliari e Sassari. Ora faccio ricerca per l’Imperial College London. Condivido in pieno l’appello per un maggiore contributo finanziario dello Stato Italiano alla ricerca scientifica. Sarebbe auspicabile almeno il raggiungimento degli standard europei. Tuttavia, nell’intervento di Paci ci sono alcune considerazioni che reputo discutibili. I finanziamenti alla ricerca Paci argomenta che le Universita’ sarde sono inserite in un contesto produttivo debole; per questo motivo la ricerca scientifica ha difficolta’ ad ottenere finanziamenti; la Regione potrebbe aiutarla e comunque bisogna alzare le tasse per gli studenti (!). Non cita pero’ gli strumenti finanziari dell’Unione Europea come parziale soluzione ed interessante prospettiva. La ricerca deve avere sempre di piu’ un ambito internazionale. Le Universita’ sarde non si distinguono per efficienza nell’utilizzo di tali risorse e per collaborazioni con l’estero. E’ poi interessante notare come Paci faccia un collegamento tra ricerca e tasse degli studenti, mentre manca il collegamento con altri strumenti finanziari, non adeguatamente sfruttati dalle Universita’ sarde. Adeguamento delle tasse Qui, come al solito, ci passano gli studenti (effettivi e potenziali), con la solita considerazione che «e’ giusto che chi usufruisce di un servizio contribuisca anche a pagarlo». Tuttavia in Italia lo studio e’ un diritto. Inoltre, bisogna tener conto che un alto livello culturale della popolazione contribuisce alla concreta realizzazione della democrazia nel vero senso della parola e allo sviluppo economico, sociale e culturale citati nell’intervento. Innalzare ulteriormente il livello delle tasse in Italia si chiama riferirsi al modello americano, per esempio. Tengo a precisare che non ci trovo niente di mostruoso. Tuttavia, questa e’ una scelta politica ed ideologica ben precisa ed andrebbe chiaramente specificato in un intervento da Prima pagina. Per far pagare un diritto, bisogna apportare modifiche non di poco conto alla nostra struttura sociale. In un paese democratico, prima di fare una cosa del genere, si informerebbe adeguatamente la popolazione. In paesi a democrazia imperfetta, invece, si disinforma in cerca del consenso (vedi libri di Naom Chomsky). Mobilitazione della popolazione Credo che sia giusto allargare il consenso per la tutela della ricerca scientifica. Io pero’ ci aggiungerei anche il diritto allo studio. La mia esperienza personale all’interno delle Universita’ di Cagliari e Sassari non e’ positiva. Ho visto troppi ricercatori inseguire curiosita’ personali nel nome della ricerca pura, ed all’insegna di uno spinto snobismo verso tematiche di carattere applicativo. Questo e’ un male dell’Universita’ che tropo spesso viene trascurato da chi sta dentro. Ed i tagli ai finanziamenti sono anche conseguenza di questa “sensazione” che esiste all’esterno. Prima di chiamare all’azione «il popolo» credo che sarebbe utile che chi lavora dentro l’Universita’ uscisse dal santuario per parlare con la gente che non sa parlare il linguaggio accademico, e cercare di capire che cosa serve alla societa’ per il suo sviluppo economico, sociale e culturale. In sintesi, condivido in pieno l’appello del professor Paci per un maggiore finanziamento allo studio e alla ricerca, ma penso che alcune posizioni ideologiche debbano essere chiarite meglio. Inoltre, penso che sarebbe utile una maggiore autocritica in ambito accademico. *Imperial College London at Wye Department of Agricultural Sciences Wye, Kent, Ashford - Uk ______________________________________________________ Corriere della Sera 23 ott. ’03 L' UNIVERSITA’ CHIEDE AIUTO «MANCANO AULE E SOLDI» MONZA - «La ricerca e’ un impegno fondamentale, non solo per l' universita’, ma per la politica. Occorre sostenerla, anche se sappiamo che siamo in tempi di vacche magre». Cosi’ l' assessore regionale alla Sanita’, Carlo Borsani, ha risposto al «grido di dolore» lanciato ieri dal rettore dell' universita’ di Milano Bicocca, Marcello Fontanesi. In occasione dell' inaugurazione delle Terapie intensive, Borsani ha visitato la sede della facolta’ di Medicina e Chirurgia, incontrando i docenti. «Questo edificio ha appena cinque anni e comincia gia’ ad essere stretto - ha detto il rettore -. Occorre ampliarlo e siamo in trattativa con il Comune di Vedano al Lambro per l' acquisto di un terreno vicino dove costruire. Per noi, come per il resto delle universita’ italiane, le risorse sono insufficienti. Con questi finanziamenti, non andiamo da nessuna parte». Il San Gerardo ospita l' intero corso di laurea in Medicina e Chirurgia, 28 scuole di specializzazione, 5 diplomi universitari e 8 dottorati di ricerca. Gli studenti di Medicina sono 100 all' anno, 500 quelli che frequentano i corsi di laurea di area sanitaria e 158 gli specializzandi. Da quest' anno, e’ stato avviato il corso di laurea specialistica in Biotecnologie ad indirizzo medico (35 studenti). I docenti sono 110. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 18 ott. ’03 UN CNR CONSULENTE STRATEGICO II commissario De Maio e’ ottimista sulla ripresa di competitivita’ dell'istituto Le strutture dovranno concentrare le risorse e combinare il massimo di autonomia con la responsabilita’ . DI LODOVICO FESTA E’ passato qualche mese da quando il mondo della ricerca e’ stato percorso da una ventata di manifestazioni e proteste. Adriano De Maio, gia’ rettore del Politecnico di Milano e oggi alla Luiss e’ stato nominato commissario del Cnr. Le minacce di subordinazione della scienza alla politica e agli interessi piu’ gretti dell'industria non paiono piu’ cosi’ evidenti ne’ le previsioni di distruzione della ricerca di base. Neanche ai protagonisti delle passate proteste. Forse chi si sente piu’ spiazzato e’ un certo sindacalismo abituato a cogestire (se non a gestire) il potere nel Cnr. Dirigenti del Centro e dei laboratori hanno scoperto improvvisamente che potevano essere consultati per primi e senza il placet dei vari sindacati. L'atmosfera e’ piu’ serena perche’ un abile organizzatore come De Maio ha subito fatto capire che non voleva calare il suo potere, sostanzialmente autocratico, dall'alto: niente progetti verticistici, niente ordini di servizio, niente piani preconfezionati. Gli istituti del Cnr hanno ricevuto una richiesta di autovalutazione, cui hanno risposto esaurientemente e massicciamente, ed e’ iniziato un grande giro di consultazioni. Si e’ partiti non con una bozza gia’ definita di riorganizzazione ma lavorando per una mappa realistica dell'esistente, per porre poi le basi del rilancio. Una mappa con alcune coordinate: la valutazione delle capacita’ di ricerca effettive, l'analisi realistica delle modalita’ (delle strutture organizzative) delle ricerche, le linee di priorita’ definite nella selezione delle ricerche. Il lavoro di De Maio («Ho ancora una decina di mesi per esercitare le mie funzioni», dice il commissario) e’ volto a concentrare le risorse del Cnr («501o concentrando gli interventi si e’ competitivi, naturalmente va parallelamente diffuso il trasferimento dei risultati delle ricerche "concentrate" sul territorio e nel sistema produttivo») selezionandole con priorita’ scelte con tre criteri fondamentali: Gli investimenti in infrastrutture per la ricerca di grande portata come il sincrotone o i grandi sistemi di calcolo («Queste scelte vanno coordinate in sede europea per evitare troppi doppioni»); le grandi piattaforme scientifico tecnologiche, che possono essere anche di carattere giuridico, come ricerche sul sistema di governance o l'impatto sociale di certi interventi, o possono interessare la produzione, come quella sui nuovi materiali; gli "oggetti" della ricerca sui quali concentrare competenze molteplici, "oggetti" che possono essere la valorizzazione del patrimonio culturale o un argomento legato ai problemi della salute. "Oggetti" della ricerca da trattare con logica multi disciplinare: se ci si occupa di un certo tipo d'incidenti non si ricerca solo come curarli ma anche come prevenirli. «Costruire una trama di progetti secondo priorita’ definite non e’ impegno semplice, non puo’ prevedere solo input dall'alto verso il basso, ma anche viceversa», dice De Maio. «E poi - aggiunge - ogni scienziato deve avere anche risorse per quelle che chiamo "ricerche di curiosita’", che partano dalla libera creativita’ del singolo. Il Cnr deve diventare . anche consulente strategico i per tutta l'amministrazione ; pubblica, ed essere infine la fonte principale per definire le norme tecniche di applicazione delle leggi, oggi per lo piu’ affidate ad aziende e, quasi sempre, straniere». Come risponde la struttura? ' «Bene, mi pare di avere costruito le condizioni per un dialogo - proficuo. Certo, gli obiettivi che mi sono posto sono complessi. Modificare il rapporto nell'organico dei dipendenti tra quadri amministrativi e quelli impegnati sul serio nella ricerca, che e’ oggi al di fuori di ogni logica europea, non sara’ facile. Si dovra’ intervenire su procedure consolidate, su sprechi diffusi, sul cattivo uso delle risorse. Non e’ facile, ma girando molto mi pare di essere riuscito a superare il clima da girotondi. Io punto le mie carte sul creare strutture capaci di combinare il massimo dell'autonomia con il massimo _____________________________________________________ L’Unita’ 20 ott. ’03 II CNR SECONDO MORATTI: MENO RICERCA PIU’ FOTOCOPIE Il decreto del ministro raddoppia i dirigenti amministrativi e taglia gli scienziati. Tocci: vogliono occupare l'Ente» Federico Ungaro ROMA I ricercatori in Italia sono gia’ pochi rispetto a quelli degli altri pae si. E come se non bastasse la maggioranza vuole anche sommergerli sotto un diluvio di funzionari amministrativi. E’ questa la situazione paradossale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), il piu’ grande ente pubblico di ricerca del nostro paese. Lo schema di riordino dell'ente prevede infatti una struttura che l'ex presidente Lucio Bianco non ha esitato a definire qualche tempo fa «un modello burocratico e gerarchizzato lontano dai modelli proposti dalle moderne teorie organizzative, che privilegiano un'organizzazione a rete». Detto molto semplicemente, se le cose vanno in porto cosi’ come sono state presentate nel decreto firmato dal ministro Moratti, il Cnr si trovera’ con il 9% di ricercatori in meno, il 34% di tecnologi in meno, ma raddoppiera’ i dirigenti amministrativi e avra’ il 33% in piu’ di funzionari di amministrazione e il 10% in piu’ di amministrativi di supporto. Se non bastano le percentuali, diamo anche i numeri, quelli reali. Al 31 agosto i ricercatori erano 3.553. Se va in porto la riforma ne rimarranno 3.504, cioe’ 49 in meno. Al contrario i dirigenti amministrativi saliranno da 15 a 34 (19 in piu’). I tecnologi erano 374 e dovranno scendere a 274. Gli amministrativi, al contrario, erano 916 e saliranno a 1264, 348 in piu’. Insomma un vero e proprio esercito di burocrati, alcuni dei quali come i dirigenti, non costano poi proprio come un giovane ricercatore appena assunto. Dato che pero’ difficilmente i dirigenti fanno ricerca, e’ spontaneo domandarsi a che cosa serviranno. «A occupare politicamente e burocratizzare ulteriormente l'ente», risponde Walter Tocci, deputato dei Democratici di sinistra e membro della commissione cultura della Camera. E, come ha ricordato Bianco qualche tempo fa, a ridurre anche l'autonomia di ricerca scientifica dell'ente, centralizzandola il piu’ possibile nelle mani del governo. In fin dei conti la ricerca, e soprattutto quella pubblica, non sembra infatti interessare troppo all'esecutivo. Finanziamenti agli enti di ricerca nella nuova finanziaria non sembrano esserci. Ci si limita a qualche provvedimento di defiscalizzazione per incentivare quella privata: misure che la stessa Confindustria non ritiene sufficienti. «E intanto si va avanti con un riordino del Cnr che nelle parole del governo dovrebbe snellire il sistema e favorire lo sviluppo della ricerca, ma che nei fatti si traduce in un appesantimento burocratico Iella struttura», aggiunge Tocci. «Abbiamo presentato in commissione cultura alla Camera dei Deputati una proposta per modificare le tabelle delle piante organiche del Cnr - continua - ma ci e’ stata bocciata. Poi l'abbiamo ripresentata qualche giorno fa alla Commissione bicamerale consultiva che deve dare il suo parere sull'attuazione della riforma amministrativa e ci e’ stata bocciata ancora. La prossima settimana pero’ andremo all'attacco di nuovo. Rimane da sottolineare il comportamento paradossale del governo, che da un lato dice di voler potenziare la ricerca in Italia e dall' altro taglia í ricercatori a favore del personale amministrativo». Anche il commissario straordinario Adriano De Maio non sembra vedere di buon occhio un riordino di questo tipo. «La nostra posizione ufficiale - ci hanno fatto sapere dal Cnr - e’ che dopo quattro anni di blocco delle assunzioni servono piu’ ricercatori e dirigenti di ricerca ° meno personale amministrativo. Inoltre, ferme restando le competenze del governo e Parlamento sulla ricerca, ci sembra esagerato emanare provvedimenti che vadano a regolare cosi’ in dettaglio la vita dell' ente». «La cosa piu’ preoccupante e’ che in tutto questo i giovani ricercatori continuano a essere la parte perdente», dice Flaminia Sacca’, responsabile Universita’ e ricerca scientifica dei Ds. «Ce ne sono tanti che sono precari e che lavorano anche da molti anni con contratti saltuari. E adesso per loro la prospettiva di un'assunzione si allontana nel tempo», aggiunge. «Lo stesso commissario del Cnr Adriano De Maio che ho incontrato qualche giorno fa - conclude la Sacca’ - mi ha detto di aver trovato all'ente degli ottimi ricercatori, ma di essere preoccupato dall'eccesso di burocrazia. A questo punto e’ logico concludere che non e’ andando nel cammino imboccato dal governo che si risolvono i guai del Cnr». ______________________________________________________ Corriere della Sera 23 ott. ’03 RICERCA, TANTI PROGETTI E UN FATTO: NO A RUBBIA Voto contro il Nobel alla presidenza Enea Gaggi Massimo Mentre il governo cerca di attirare scienziati in Italia con agevolazioni fiscali e creando a Genova un istituto di tecnologia con l' ambizione di farne un clone italiano del Mit di Boston e mentre Ciampi chiede - lo ha fatto anche ieri dalla Romania - di arrestare la «fuga dei cervelli» e di rilanciare gli investimenti nella ricerca, il Parlamento non trova di meglio che bocciare la nomina di Carlo Rubbia a presidente dell' Enea, l' ente che fa ricerca nel settore dell' energia. Al «no» espresso ieri dalla Commissione Attivita’ produttive della Camera sara’ forse possibile porre rimedio. Quel voto non e’ vincolante, ma politicamente pesa molto. Se pero’ il Senato dovesse esprimersi a favore dello scienziato che ha dato all' Italia un Nobel per la fisica, anche Montecitorio potrebbe rivedere il giudizio espresso ieri in una seduta concitata con parlamentari reclutati al momento per rimpiazzare i commissari assenti. Ma anche se il danno alla fine non si rivelasse irreparabile, anche se certe animosita’ forse sono state favorite dalle asperita’ caratteriali di Rubbia (che tra l' altro non ha cercato mediazioni politiche e non ha chiesto il voto dell' opposizione), la vicenda deve far riflettere. Su un tema essenziale per il futuro del «sistema Italia» - la capacita’ di fare ricerca avanzata e di trasferirne i risultati all' industria - da mesi rimbombano le dichiarazioni di generico consenso. Anche ieri, ad esempio, si sono sprecati - a destra come a sinistra - i commenti favorevoli alla sortita di Ciampi. Ma quando si va sul terreno delle cose concrete, la politica non riesce a trovare una sintesi. Non ci riesce sulle cose che dovrebbero essere piu’ semplici come votare uno scienziato premio Nobel che appare un candidato «bipartisan» naturale (Rubbia era stato nominato presidente dell' Enea prima dal governo D' Alema e ora da quello Berlusconi, anche se in mezzo c' e’ stata una fase commissariale segnata da grandi turbolenze con i verdi). E nemmeno ci prova quando si tratta di definire le politiche che realisticamente possono essere messe in campo per sviluppare la ricerca, trattenere i nostri migliori cervelli, catturarne di nuovi. L' idea di creare a Genova un «Mit italiano» e’ brillante, ma non e’ mai stata discussa tra i ministri. Per quello che se ne sa, il ministro delle Attivita’ produttive avrebbe preferito valorizzare i centri di eccellenza che gia’ esistono in alcune universita’ italiane. Alla fine si e’ invece preferito concentrare le scarse risorse disponibili su una sfida nuova e audace: quella di riportare in Italia molti scienziati che se ne sono andati, decennio dopo decennio, cercando di attrarli con le agevolazioni fiscali e la promessa di lavorare in un ambiente gradevole e con piena autonomia operativa. Un progetto coraggioso nato dall' intuizione di alcuni personaggi di estrazione accademica che ora lavorano con Tremonti al Tesoro. Ma la cosa non e’ mai stata discussa in sede politica. Una politica che non prova nemmeno a immaginare soluzioni che rispondano alla nitida denuncia degli scienziati italiani impegnati all' estero: «Non ce ne siamo andati per soldi ma perche’ in America se a 35 anni hai al tuo attivo una ricerca di valore, pubblicazioni importanti, vieni cercato dalle universita’ piu’ prestigiose e messo in cattedra; in Italia non ti cerca nessuno e devi aspettare di avere 50 anni per divenire titolare di un corso. Non per merito, per anzianita’». Massimo Gaggi _____________________________________________________ Il Sole24Ore 18 ott. ’03 L'EUROPA RITROVI IL CORAGGIO DELLA RICERCA La scienza e’ cultura. E nell'ambito del l'obiettivo che l'Unione europea si e’ fissata al vertice di Barcellona del marzo 2000, cioe’ di diventare «l'economia fondata sulla conoscenza piu’ dinamica e competitiva al mondo entro il 20I0», cos'altro, se non la scienza, il sapere, la cultura nel senso piu’ ampio, rappresenta l'elemento trainante di una crescita sostenibile? Ma per ottenere questo risultato, dobbiamo Fare in modo che lo spazio europeo della ricerca, un vero mercato interno per la scienza e la tecnologia, e lo spazio europeo dell'istruzione convergano, in modo da fare delle universita’ europee poli di eccellenza e di rafforzare il dialogo fra scienza e societa’. La conoscenza, il sapere, nasce dalla ricerca, e’ trasmessa attraverso l'educazione e la cultura, e’ diffusa attraverso 'a tecnologia e si trasforma in innovazione e migliore qualita’ della vita per i cittadini europei. Dobbiamo far conoscere meglio la scienza ai cittadini europei, migliorare il contatto fra ricercatori e societa’ civile, impedire che nascano miti legati alla figura dello «scienziato pazzo» e che la scienza risponda in maniera aperta e trasparente alle domande delle moderne democrazie, attirare i giovani verso le carriere scientifiche e rallentare la "fuga dei cervelli". E’ per questo che abbiamo lanciato un programma d'azione «Scienza e societa’» e che gestiamo delle «Azioni Marie Curie», con borse di studio e programmi per la mobilita’ dei ricercatori, per sensibilizzare e informare sulle sfide della scienza del ventunesimo secolo, e riportare la scienza al centro del dibattito politico e culturale. Ci troviamo spesso di fronte a un interessante paradosso: nei sondaggi piu’ recenti, il 45% degli europei si dichiara "interessato" alla scienza, ma quasi il 75% si dice "male informato" al riguardo. L'atteggiamento degli europei varia dunque da una generica curiosita’ acuita da eventi particolari, come ad esempio il lancio del primo astronauta cinese, all'indifferenza, all'ostilita’ aperta. Tale diffidenza non si manifesta, in effetti, in tutti i Paesi allo stesso modo. Prendiamo ad esempio il dibattito sulle cellule staminali, sugli organismi geneticamente modificati o sul nucleare. Ci sono sensibilita’ diverse, culture differenti, opinioni distinte. Le culture locali, gli atteggiamenti politici, te tradizioni storiche possono influenzare l'atteggiamento dell'opinione pubblica su questi argomenti. La diversita’ culturale rappresenta la ricchezza dell'Europa e va difesa. II nostro compito e’ quello di trovare il minimo comune denominatore a livello europeo. Ogni decisione va presa su basi scientifiche, certo rispettando le convinzioni di ciascuno. Ma l'Europa deve avere cio’ che io chiamo «il coraggio della ricerca»: non dobbiamo perdere la curiosita’ intellettuale e spaventarci di fronte alle innovazioni, o il fossato fra Europa, Stati Uniti e Giappone non potra’ che allargarsi, sia in termini di competitivita’, sia di qualita’ della vita. *Commissario europeo per la Ricerca _____________________________________________________ Il Sole24Ore 20 ott. ’03 OCCORRE CREARE LE RETI DELLA CONOSCENZA Proposta / La richiesta a Busquin di 45 premi Nobel Un appello di 45 premi Nobel europei al commissario Ue Philippe Busquin affinche’ sostenga la ricerca pura: potrebbe essere la prima pietra verso la creazione di un Consiglio europeo per la ricerca (Cer). Anche se molti la ritengono ancora una "cenerentola", solo la ricerca pura, sostenuta da un Consiglio capace di mettere i laboratori europei in gara tra loro - afferma la lettera degli scienziati, tra cui gli italiani Rita Levi Montalcini, Carlo Rubbia e Renato Dulbecco - puo’ in effetti fornire un «vero valore aggiunto europeo» stimolando l'eccellenza nella ricerca. «L'appello e’ stato inviato a me - spiega Philippe Busquin - ma attraverso me essi intendono rivolgersi a tutta la Ue perche’ possa diventare realta’ lo spazio europeo della ricerca», che era stata una delle prime proposte avanzate dallo stesso Busquin nel 1999, poco dopo il suo insediamento alla Commissione europea. La scienza "pura". L'iniziativa dei Nobel si somma quindi all'azione che l'esecutivo sta gia’ portando avanti. «Finora il lavoro dei ricercatori di base - sostiene Busquin - era visto come funzionale all'aumento della competitivita’ delle imprese». Occorre invece che alla scienza "pura" sia riservato un posto di prestigio, perche’ stimoli la ricerca applicata creando quelle "reti della conoscenza" che il Consiglio europeo di Salonicco di giugno, ripreso dal Vertice di Bruxelles del 16-17 ottobre, ha indicato come uno degli elementi-chiave per la crescita economica. Il programma-quadro quinquennale per la ncerca europea (ora alla sesta edizione) - ha detto il tedesco Erwin Neher, Nobel per la medicina del 1991 - destina quasi tutti i suoi 17 miliardi di euro alla ricerca applicata. Il Cer potrebbe invece assicurare coordinamento e sussistenza ai laboratori di ricerca , pura. Spesso scoperte rivoluzionarie re, stano nascoste per anni, ha ricordato Neher, citando come esempio il suo caso: le ricerche che gli valsero il Nobel partirono i dagli studi condotti in Gran Bretagna negli anni 50 da un tedesco sfuggito al nazismo. Ma forse oggi quell'immigrato non avrebbe i mezzi per finanziarsi la ricerca. Scarsita’ di soldi. Per il britannico Tim Hunt, premio Nobel per la medicina nel 2001, «l'Europa ha fatto molto per la scienza in vari campi, dall'aerospaziale all'agricoltura, ma poco per la ricerca pura a causa della scarsita’ di fondi». A differenza degli Usa, essa infatti non dispone di meccanismi per finanziare la ricerca pura trasformandola in applicata: sa solo esportare i suoi migliori cervelli. «Noi addestriamo questi cervelli e poi li diamo all'America. Vogliamo invece vederli tornare in Europa». Di soldi Busquin non vuole parlare, per ora. Ma ricorda che vi sono le borse di studio europee "Marie Curie" che consentono di svolgere ricerche indipendenti. «Bisogna evitare - avverte - di creare nuova burocrazia», ma vanno poste in gara tra loro le migliori squadre di ricercatori per creare un forte valore aggiunto europeo. «E’ come partecipare a un'importante sfida in cui ognuno dovra’ dare il meglio di se’ per portare avanti l'eccellenza europea». Il valore aggiunto del Consiglio europeo per la ricerca sarebbe il coordinamento transnazionale per far incontrare i cervelli migliori impegnati in uno stesso filone di lavoro. Se si riuscira’ a creare cio’ che Busquin definisce un «ambiente di entusiasmo», sara’ perfino possibile attrarre in Europa cervelli statunitensi. I finanziamenti si dovrebbero quindi basare sull'eccellenza scientifica: chi vuole far avanzare un'idea valida, qualcosa a cui nessun altro ha mai pensato, deve poterlo fare: al Consiglio spettera’ poi valutare i risultati. MARIA LAURA FRANCIOSI _____________________________________________________ Avvenire 24 ott. ’03 SE LA SCIENZA INVADE IL CAMPO DEI MEDIA Uno dei numerosi paradossi che caratterizzano il nostro paese riguarda la scienza. Da un lato, come ha notato con preoccupazione il presidente della Repubblica, diminuiscono sia il numero degli studenti che si iscrivono a facolta’ scientifiche, sia gli investimenti nella ricerca, tra i piu’ bassi d'Europa; dall'altro sono sempre piu’ frequenti le manifestazioni che hanno per oggetto la scienza, le sue ricadute etiche, il ruolo dei media nel presentare innovazioni e scoperte. Nel giro di pochi giorni possiamo ad esempio contare due eventi importanti: il primo e’ il «Festival della scienza» che si tiene a. Genova fino a13 novembre e che spazia dalla divulgazione scientifica alla didattica e alle ricadute sociali ed etiche della scienza. Il secondo e’ «Figli dell'uomo? Verso nuovi modelli di esistenza a 50 anni dalla scoperta del Dna» che si tiene presso l'Istituto Stensen di Firenze e culminera’ il 7 novembre in una manifestazione a Palazzo Vecchio. Le due manifestazioni ci propongono quindi un tema attuale e complesso, quella dei nostri rapporti con saperi nuovi e specialistici, in continua evoluzione, densi di ricadute applicative in cui la mediazione dei media svolge un ruolo critico. Senza un approccio mediatico, dalle conferenze degli scienziati alla carta stampata e televisione, la maggior parte di noi non verrebbe a conoscenza delle novita’ in questo settore. I media, inoltre, sono sempre piu’ una vetrina della scienza e le grandi riviste scientifiche come «Nature» o «Science», sono dotate di intraprendenti uffici stampa che propongono in anteprima notizie in grado di colpire l'opinione pubblica. Gli stessi istituti di ricerca, almeno quelli piu’ agguerriti, ricorrono a comunicati stampa per sottolineare che un particolare ritrovamento scientifico scaturisce dai loro laboratori che acquistano , cosi’ maggior ruolo e possono meglio competere nella ricerca di finanziamenti. Tuttavia il ruolo dei media e’ spesso ambiguo: non e’ ad esempio infrequente l'imbellettamento di una scoperta o l'anticipazione delle sue possibili ricadute in ~ termini eccessivamente fiduciosi, il che crea spesso r drammatiche illusioni quando si ha a che fare col campo della salute. Piu’ in generale, non si puo’ guardare alla scienza come ad un continuo succedersi di scoperte e raggiungimenti, come si potrebbe desumere da un susseguirsi di notizie "in positivo : ogni raggiungimento va contestualizzato, considerato rispetto a precedenti teorie, valutato per il modo in cui pone in discussione le immagini e il ruolo della natura, natura umana compresa. La scienza non e’ soltanto una gran macchina per produrre scoperte ma anche uno strumento per analizzare razionalmente la realta’, una bussola per orientarsi nella complessita’. I media dovranno prestare piu’ attenzione a questi aspetti: non soltanto a cio’ che potrebbe soddisfare le nostre necessita’ ma anche a cio’ di cui hanno realmente bisogno quanti non partecipano ad un mondo scientificamente e tecnologicamente avanzato, quanti vivono in una preistoria scientifica. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 24 ott. ’03 RICERCA, IN ARRIVO 137 MILIONI DI EURO Approvato dal ministro Moratti il cofinanziamento per 945 progetti: la quota maggiore alla medicina ROMA a Per la ricerca sono in arrivo fondi per 137 milioni di curo. Il ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, ha firmato ieri un decreto per il cofinanziamento di 945 Prin, i progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale. L'operazione coinvolge piu’ di 20mila ricercatori e finanzia iniziative di ricerca in tutte le discipline accademiche. «Abbiamo voluto concentrare le risorse su progetti- che siano realmente di rilevante interesse nazionale - ha detto il ministro Moratti e non, come accadeva in passato, disperderle in finanziamenti a pioggia che non portano a risultati significativi». 1945 progetti ammessi sono coordinati da altrettanti docenti responsabili scientifici, che lavorano in collaborazione con 4.107 unita’ operative locali., appartenenti a tutti gli atenei italiani. La quota maggiore di fondi e’ stata assegnata alle iniziative di ricerca in scienze mediche (170 progetti approvati e oltre 27 milioni di curo di finanzia menti), scienze biologiche (11 progetti e 16 milioni 618mila curo e ingegneria industriale e dell'informazione (88 progetti e poco piu’ di 14 milioni di curo). La commissione incaricata della selezione dei progetti ha approvato i137% delle 2.516 domande presentate, con una procedura rinnovata. «Abbiamo perfezionato e aggiornato la banca dati dei 30mila revisori anonimi, per la maggior parte stranieri - ha spiegato il Ministro - mettendo a punto una procedura informatica all'avanguardia, che c: ha consentito di snellire e accelerare le procedure, dando al tempo stesso la massima trasparenza a tutte le operazioni». In ogni caso, precisa il Ministero, tutti i 2.516 docenti che hanno avanzato richiesta di finanziamento riceveranno in tempi brevi sul loro sito riservato il giudizio di accettazione o di esclusione elaborato dai revisori anonimi, che sara’ ~ accompagnato dal commento dei garanti. Oltre ai 945 , Prin finanziati, poi, i revisori hanno giudicato positiva mente altri 467 progetti, che potranno essere riproposti per il finanziamento con il prossimo bando, previsto per il 2004. Nei giorni scorsi il ministro Moratti ha stanziato altri 17 milioni e 400mi1a curo per il cofinanziamento di 11 centri di eccellenza sparsi in tutta Italia. I fondi Miur serviranno a coprire l’80% del costo dei singoli centri, mentre il restante 20% restera’ a carico degli atenei. ALESSIA TRIPODI _____________________________________________________ Il Secolo XIX 23 ott. ’03 NOI, POSSEDUTI DAL DEMONE DELLA RICERCA Gli studiosi si raccontano fra cavie di laboratorio, Ogm, finanziamenti carenti e una passione che non conosce ostacoli Cavalli Sforza: «Per me la genetica e’ un gioco». Vandana Shiva: «Voglio capire la nuova India Genova. Un demone si aggira nelle segrete stanze delle accademie scientifiche, circuisce e seduce giovani ricercatrici e attempati professori. Qual e’ questo demone insinuante e persuasivo? Al quesito prova a rispondere il convegno "La scienza, che passione!". Il pane dei relatori schiera Luigi Luca Cavalli Sforza, professore emerito a Stanford, insigne genetista emigrato negli Usa; Carlo Alberto Redi, che di Cavalli Sforza e’ stato allieva a Pavia, professore di biologia, studioso delle cellule staminali. «Gli ignoranti lo definiscono un Frankenstein», chiosa Paone, chiamandolo «eroe»; la studiosa indiana Vandana Shiva, guru internazionale dell'antiglobalismo e professore di fisica. La voce dei giovani e’ affidata a tre brillanti ricercatori: Cristina Bottino, immunologa del "Gaslini", Alessandra Bolino, dell'Istituto di Ricerca Telethon Du(becco, il fisico teorico Riccardo Zecchina, dell'Abdul Salam International Center for Theoretical Phisics di Trieste. Coordina il dibattito Alessandro Cecchi Paone, giornaliste scientifico. Sconfortante I'ouverture: «La ricerca italiana e’ in crisi, calano gli iscritti alle facolta’ scientifiche. In Italia se uno si ammala e muore e’ per colpa del medico, se guarisce il merito e’ di Padre Pio». Quale demone dunque governa l'inesausta vicenda che ha trasformato l'uomo delle caverne nel contemporaneo conquistatore dello spazio, nello scienziato che avvicina i misteri stessi della vita? Luigi Luca Cavalli Sforza, fresco cittadino onorario di Genova (e’ nato e ha vissuto qui i primi due anni). «Ho sposato la nipote del mio maestro e lui non ne era entusiasta: "1 ricercatori non si sposano", diceva. Non credo avesse ragione». Difatti. Cavalli Sforza e’ diventato un luminare della genetica alla quale ha dedicato, forse, altrettanto amore di quello riversato sulla moglie. «L'ho considerata un bel gioco (la genetica, non la moglie, ndr), che per mia fortuna non e’ ancora terminato». Curiosita’ e ambizione personale, variamente miscelate, gli hanno fornito il combustibile per affermarsi come uno dei massimi genetisti viventi. Un amore contraccambiato. Perche’ allora questa scienza cosi’ affascinante fatica a fare proseliti? «In Italia e’ colpa soprattutto dei ricercatori, che si ostinano ad abusare di un linguaggio specialistico. Una cosa davvero stupida. La maggioranza dei concetti e’ accessibile a tutti purche’ venga. spiegata con chiarezza». Vero, m Italia la cultura - umanistica e scientifica - storicamente e’ stata accademia, cenacolo, conventicola, escatologica materia per iniziati. [ risultati arrivano fino a noi. Paone: «La scienza non la capiscono i nostri parlamentari che bocciano un scienziato come Rubbia». Carlo Alberto Redi, clonatore di topolini», confessa che nel suo caso la curiosita’ e’ stata la molla primigenia. Redi rievoca Lombroso: «Riteneva la bicicletta un arnese del diavolo perche’ permetteva al ladro di dileguarsi rapidamente». Pregiudizi, superstizioni. Ogni tempo ha le sue. Oggi «pirati e affabulatori della ricerca favoleggiano di clonazione umana. Ma il clone nasce piu’ brutto, piu’ stupido e meno sano dell'originale. Hanno scritto che io rifaccio nasi, orecchie e peni. Il ministro Bindi ha mandato i carabinieri a indagare sul mio topolino donato, Cumulina, ed e’ stata dura spiegare... Inorridisco al pensiero che cellule staminali a centinaia di migliaia finiscano nei lavandini». Un giorno, forse non lontano, serviranno a ricomporre braccia, mani, pelle perduti. «Proviamo a discutere di biotecnologie come ha fatto la Svizzera. Una grande campagna di informazione pubblica e un referendum, al quale i cittadini hanno risposto: si, le cellule staminali vanno studiate e sfruttate. L'ho spiegato a D'Alema e Casini, mi hanno applaudito, chissa’ se ne erano convinti». E il suo denome, professor Redi? «In settimana vado in giro e nel week end pulisco le lettiere dei miei topolini... Ma i giovani con borse di studio di 800 Euro al mese, per di piu’ tassate, scappano dall'Italia. L'Italia investe in ricerca appena l0 0,74% del Pil, meno della Tunisia. I ministri Tremonti e Moratti promettono: vi daremo i soldi. Ma dove?». II demone, il demone. «Demone in inglese ha un connotato negativo - eccepisce Vandana Shiva - Meglio dire passione. Attorno a me bambina non c'era nulla che richiamasse la fisica nucleare della quale mi sarei occupata all'inizio della carriera. Non ho studiato per assecondare un senso di giustizia, quello e’ venuto dopo. Ho studiato per soddisfare la mia intelligenza. Avrei potuto fermarmi a lavorare negli Stati Uniti ma sentivo di dover restituire qualcosa all'India. Sono tornata e ho scoperto che i fiumi dove mi bagnavo da bambina erano inariditi e tutt'attorno le foreste disboscate. Ho cercato di capire cosa era accaduto. Mi sono addentrata negli studi sulle colture, ho capito che la biodiversita’ naturale e’ un grande valore. Poi e’ venuto Bophal (il disastro dello stabilimento della Union Carbide), dall'84 ha causato 20mila morti. E in nome della scienza si sono provocati danni terribili sui sistemi socioeconomici di intere regioni». Vandana Shiva cita il Punjab, dove monoculture vegetali impoveriscono la gente che prima campava discretamente sull'economia di sussistenza. E gli Organismi geneticamente modificati? «Monsanto controlla il 93% degli Ogm nel mondo. Un monopolio. Questo non e’ un tema scientifico ma di profitto. Adesso si che la ricerca per me e’ diventata una questione di giustizia». Renzo Parodi _____________________________________________________ Repubblica 20 ott. ’03 TUTTI I DUBBI DEI CENTRI DI RICERCA SUI NUMERI DI TREMONTI Doveva essere la Finanziaria del secondo modulo di riduzione delle tasse, invece sara’ la Finanziaria delle una tantum, del decretone e della riforma delle pensioni. Dopo un dibattito durato piu’ di un mese, segnato da un aspra scontro all'interno della maggioranza, solo nei giorni scorsi la manovra 2004 ha raggiunto il suo profilo definitivo con un maxidecreto che rastrellera’ piu’ di 13 miliardi di curo, una legge di bilancio snella e un collegato previdenziale che dovrebbe valere l’ 1 percento del pii ma solo dal 2008 in avanti. L'obiettivo resta quello, sempre difficile, di tenere il passo con i target europei: per questo motivo il rapporto deficit-pil e’ stato fissato al 2,2 per cento e la crescita all' 1,9 per cento. Stime sulle quali tuttavia gia’ sorgono dubbi a partire da quelli espressi dal pool di centri da ricerca messi insieme dal Cnel che prevedono lo sfondamento del 3 per cento fin dal prossimo anno. Il grosso della manovra resta imperniato sulla coppia di condoni e sulla cessione di immobili: la sanatoria edilizia dara’ 3,1 miliardi, il concordato preventivo consentira’ di raccogliere 3,5 miliardi mentre la vendita di case e uffici pubblici dovrebbe fruttare 5 miliardi di curo, Cifre sulle quali ha gia’ espresso dubbi il servizio bilancio de} Senato dando fiato a coloro che da tempo pensano che sia scontata la riapertura del condono tombale anche ai redditi del 2002, operazione che potrebbe fruttare 2,5 miliardi. Restano le misure «a dare». Spostata la riforma fiscale delle imprese nella delega che entrera’ in vigore il prossimo anno, resta una sparuta pattuglia di misure che vanno dalla ricerca, alla famiglia, agli incentivi per te imprese che investono in tecnologie. Spicca la cosiddetta Tecno-Tremonti che detassa gli investimenti in ricerca e sviluppo e in tecnologie digitali. Oppure lo sconto del 90 per cento sull'irpef ai cervelli in fuga che accetteranno di tornare in patria. Contro il declino della natalita’ si e’ deciso di dare 1000 euro alle famiglie che metteranno a mando un secondo figlioda131 dicembre di quest'anno. Bastera’ per rilanciare il Bel paese? _____________________________________________________ L’Unita’ 20 ott. ’03 MENO SCIENZA PER TUTTI Nicola Rossi Per una volta, ha ragione Giulio Tremonti: ci sono piccoli provvedimenti, di natura quasi esclusivamente simbolica, il cui impatto si rivela spesso di gran lunga superiore a quello di provvedimenti ben piu’ «pesanti» sotto il profilo delle risorse. Di questi interventi il nostro ministro ne aveva promessi alcuni nella legge finanziaria in discussione in Parlamento. Ed e’ stato di parola. Il bello di questi provvedimenti, peraltro, e’ che non solo lanciano messaggi significativi a specifici destinatari. Essi chiariscono anche, in modo spesso inequivocabile, anche l'immagine che chi ha lanciato quel messaggio ha di quei destinatari. Prendiamo ad esempio il tema della ricerca e dei ricercatori. E’ cominciamo con i simboli della destra. L'articolo 3 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 - che com'e’ noto contiene il cuore della manovra finanziaria per il 2004 - e’ dedicato agli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero e prevede che i ricercatori stessi paghino l'imposta personale solo su un decimo dei loro redditi da lavoro e che gli stessi redditi non rilevino ai fini dell'Imposta regionale sulle attivita’ produttive. Il vantaggio fiscale si concretizzerebbe per tre anni a partire dal momento in cui il ricercatore trasferisse la propria residenza in Italia. Il messaggio della destra e’ dunque estremamente semplice ed e’ traducibile in poche parole: venite a far ricerca in Italia e non pagherete, o quasi, tasse. Supponendo che la retribuzione lorda dei ricercatori in Italia sia simile a quella prevalente in altri paesi (cosa che notoriamente non e’ vera), l'idea di fondo e’ che sia possibile tradurre in un qualche vantaggio economico - "monetizzare", come si dice - il divario ambientale che ha portato e porta tuttora molti ricercatori italiani a trasferirsi all'estero e che non fa dell'Italia una destinazione appetibile per i ricercatori stranieri. Ma e’ mai possibile monetizzare le carenze infrastrutturali (dalle biblioteche all'informatica, dai laboratori alle aule) che ancora caratterizzano non poche universita’ italiane? Ed e’ mai possibile monetizzare le carenze organizzative che per molti ricercatori e’ l'elemento fondamentale nella decisione relativa al "dove" far ricerca: la presenza di una comunita’ scientifica viva e stimolante, fondata sul merito? La risposta e’, o dovrebbe essere, ovviamente negativa. Ma il punto qui e’ un altro: l'idea della destra e’ quella che si possa comunque comprare anche cio’ che visibilmente non e’ in vendita. E’ quella di ricercatori soddisfatti di un incremento nella loro retribuzione netta ma privi degli elementi necessari per svolgere il loro lavoro. Ma i provvedimenti ad elevato contenuto simbolico non sono solo appannaggio della destra. Non mancano anche nel campo del centrosinistra. Valga per tutti, l'esempio di una recente proposta di legge firmata da circa novanta deputati del centrosinistra intesa a garantire la liberta’ di accesso alle informazioni statistiche per chi svolge attivita’ di ricerca scientifica (i cui contenuti sono riportati anche nel sito www.lavoce.info). La proposta mira a porre chi fa ricerca in Italia sullo stesso piano dei suoi colleghi operanti all'estero superando i tanti ostacoli posti oggi dalla vigente disciplina sulla privacy. Nella proposta si rovescia l'impostazione attuale fondata sul presupposto secondo cui i ricercatori sono naturalmente portati ad usare le informazioni in loro possesso in un modo che contrasta con la tutela della riservatezza delle persone e se ne da’, invece, per scontata - come accade in tanti altri paesi occidentali - la buona fede, salvo naturalmente disporre un inasprimento delle sanzioni per i ricercatori colti in fallo. La proposta non costerebbe un solo euro ma potrebbe cambiare la vita per molti ricercatori italiani costretti oggi, in molti casi, a condurre le loro ricerche su informazioni raccolte negli Stati Uniti, nei paesi scandinavi o in altri paesi europei. La filosofia, come si vede, e’ esattamente opposta a quella proposta dalla destra. Il centrosinistra mira, con un piccolo provvedimento oggi e, ci auguriamo, con provvedimenti di piu’ ampia portata domani a cambiare l'ambiente in cui i ricercatori italiani fanno ricerca, a mutare gli spazi ed i confini della loro attivita’, a spingerli a competere, a garantire che nei limiti del possibile l'unico limite per il loro sforzo sia dato dal loro codice deontologico e dalla loro fantasia. Nella convinzione che solo per questa strada sara’ possibile fare dell'Italia un luogo attraente e competitivo dove fare ricerca. Nicola Rossi _____________________________________________________ Il Manifesto 23 ott. ’03 UN BLOCCO DELLE ASSUNZIONI CHE ESPELLE I GIOVANI RICERCATORI UNVERSITA' Gli atenei continuano a fare concorsi, ma la finanziaria lascia i vincitori fuori dalla vita lavorativa CARLO CELLAMARE SABINA MARINETTI L'Universita’ italiana sta colando a picco. Anzi; viene colata a picco. In particolare la sua componente piu’ giovane corre il rischio di essere impietosamente azzerata dalla Finanziaria 2004. La bozza della legge, ora in discussione alla Commissione Bilancio del Senato, prevede infatti il rinnovo del blocco delle assunzioni nell'Universita’, blocco presente gia’ da un anno. Tutti coloro che, pur avendo sostenuto e vinto un concorso nel 2002, non sono stati assunti entro la fine di quell'anno, grazie alla passata Finanziaria, promulgata a fine 2002, hanno gia’ visto bloccare la propria presa di servizio per i12003. Durante quest'anno, poi, la situazione si e’ ulteriormente aggravata perche’ ovviamente le Universita’ hanno continuato ad espletare i concorsi gia’ banditi. Quindi ai ricercatori non assunti del 2002 si sono aggiunti quelli dell'anno in corso; tutti ora vedono la propria assunzione nuova mente rimandata ad un'incerta data da destinarsi, con la dissimulata paura che finisca annullata per decorrenza dei termini. E, se per i professor associati e ordinari si tratta di un blocco nella progressione di carriera (fatto gia’ di per se’ molti grave), per i giovani ricercatori si tratta di una so stanziale espulsione dall'Universita’ e quindi dalla vita lavorativa. Incentivi all'invecchiamento Attualmente i ricercatori vincitori di concorsi che non hanno potuto prendere servizio sono 1.500 in tutta Italia (circa 1.300 ricercatori universitari e circa 200 negli altri Enti di ricerca). Si tratta di 1.500 persone, famiglie, che per l'anno prossimo contavano su uno stipendio (peraltro piuttosto basso, circa mille euro mensili) e non lo riceveranno. Una catastrofe, dal punto di vista dell'impatto sociale: la Termini Imerese dell'Universita’, di cui pero’ nessuno sembra accorgersi. Un disastro reso ancora piu’ grottesco dal fatto che (per le leggi gia’ vigenti precedentemente) nessun concorso puo’ essere regolarmente bandito senza copertura economica. Le assunzioni che il governo si rifiuta di perfezionare dovrebbero risultare quindi, una voce irrilevante all'interno della Finanziaria: nel momento in cui un concorso per ricercatore viene bandito i fondi necessari sono infatti gia’ individuati nel budget di ciascun Ateneo. Va detto che a questo blocco e’ prevista una deroga, che pero’ difficilmente arrivera’ a coprire il dieci percento dei posti necessari. Si tratta quindi di un palliativo che non fara’ altro che scatenare una guerra tra poveri, spesso resi ancora piu’ poveri dagli anni di disoccupazione e precariato che fedelmente accompagnano fino al concorso chi sceglie di lavorare nell'universita’. In questi giorni il governo sbandiera il suo sostegno alla scienza, le iniziative economiche per favorire il rientro in Italia dei cervelli fuggiti all'estero, i cospicui finanziamenti agli enti di ricerca privati. Simultaneamente, con questa norma, sancisce e incoraggia l'invecchiamento nell'Universita’ pubblica italiana, favorisce l'emigrazione degli scienziati giovani, priva gli Atenei di forze che, oltre ad espletare l'ordinaria attivita’ di ricerca, sostengono la didattica, tessono attivamente una v rete di relazioni scientifiche con l'estero e presentano progetti che spesso ottengono consistenti finanziamenti europei. Negli ultimi giorni alcuni parlamentari hanno presentato emendamenti in grado di risolvere il problema, almeno per i giovani ricercatori. Attualmente pero’ la discussione in Parlamento, ed in particolare nelle Commissioni competenti del Senato, non arriva a soluzioni. Nel frattempo l'Universita’ italiana, lentamente, continua a colare a picco. ______________________________________________________ La Nuova Sardegna 22 ott. ’03 CAGLIARI: LA RICERCA SCIENTIFICA DIMENTICATA Appello al sindaco per creare il ‘Centro della scienza’ Carla Romagnino: "Il primo cittadino promise una sede" CAGLIARI. Si parla tanto di "Cagliari capitale del Mediterraneo", ma se questo e’ l’obiettivo del sindaco Emilio Floris, "uno dei modi per raggiungerlo sarebbe certamente quello di dotare la citta’ di un moderno Centro della scienza". Lo afferma la professoressa di fisica Carla Romagnino a nome del comitato per le manifestazioni Scienza-societa’-scienza, che comprende anche il docente universitario Guido Pegna e Ugo Galassi (fisico, gia’ preside dello scientifico Alberti). Oggi gli Science Center sono circa 400 nel mondo e, grazie a questi, milioni di persone si avvicinano alla ricerca scientifica. Infatti "molte citta’, che vogliono essere all’avanguardia investono cospicui finanziamenti nella realizzazione di questi centri, affidando ai migliori architetti la progettazione di grandiose opere come e’ avvenuto ad Amsterdam e, piu’ recentemente, a Valencia", spiega la Romagnino. Ma chi guida la citta’ "non sembra sensibile". Eppure gia’ da alcuni anni le manifestazioni sulla scienza hanno ottenuto ottimi succcessi e "promesse di intervento da parte del sindaco". Ormai da vari anni, spiega la Romagnino, "tentiamo di colmare il vuoto della cultura scientifica in Sardegna e, in particolare, nella citta’ di Cagliari. Siamo, infatti, convinti che sia indispensabile avvicinare alla scienza tutti i cittadini e, soprattutto, i giovani, con un’opera di semplificazione e divulgazione che consenta loro di sentire piu’ familiari e comprensibili i fenomeni della natura. Cio’ al fine di superare preconcetti, paure ed ignoranza, stimolando la curiosita’ e l’intelletto". Che la divulgazione scientifica paghi lo hanno dimostrato non solo la letteratura scientifica sull’argomento, ma una serie di esperienze: maggiore e’ la dimistichezza con le scienze, piu’ cresce il numero degli studenti di queste discipline, piu’ aumenta la ricerca e gli sviluppi applicativi (produttivi) di questa. Tiscali, ad esempio, e la galassia sarda di piccole aziende telematiche hanno probabilmente trovato un importante supporto (e un volano di sviluppo) nel centro di calcolo avanzato del Crs4 di Cagliari, presieduto da Carlo Rubbia. Non solo: gli stessi responsabili della facolta’ di scienze hanno notato che da quando sono iniziate le manifestazioni di Scienza-societa’-scienza, il numero degli iscritti in Fisica e’ "decisamente aumentato". Questi incontri scientifici, infatti, hanno ottenuto un evidente successo fra le migliaia di cittadini che li hanno visitati. "Tuttavia - sottolinea Romagnino - pur essendo i singoli incontri di notevole importanza, la cultura scientifica non puo’ diffondersi adeguatamente solo nell’arco di una settimana all’anno. Affinche’ si possa svolgere un’opera efficace e incisiva e’ necessario avere una struttura permanente che potrebbe essere denominata Cittadella della Scienza o Centro della Scienza o in tanti altri modi. Questa dovrebbe essere composta di una parte statica, cioe’ da uno spazio museale, destinato ad ospitare raccolte di apparecchiature scientifiche o materiali vari a memoria di esperienze e scoperte e di una parte dinamica, destinata ad ospitare laboratori, conferenze, proiezioni, ecc.". Lo stesso primo cittadino, "intervenuto durante le nostre manifestazioni di Scienza-societa’-scienza, aveva affermato di condividere lo spirito di diffusione della scienza e si era impegnato a mettere a disposizione uno spazio adeguato. Ma tutto si e’ fermato. Eppure le citta’ italiane che si sono mosse in questo settore hanno ricevuto grandi vantaggi non solo sul piano della crescita culturale dei cittadini in genere, ma anche sul piano dell’immagine, del prestigio e della promozione turistica". (r.p.) ______________________________________________________ L’Unione Sarda 23 ott. ’03 A LEZIONE DI TAGLI: LA TREMONTI IN AULA Dibattito docenti-allievi sul futuro della ricerca Ma FI chiama i vigili: «Interruzione di servizio» Sara’ anche vero che i tagli della Finanziaria strozzeranno nella culla nuovi corsi e nuovi insegnamenti. Eppure ieri pomeriggio a Scienze Politiche ha fatto capolino una disciplina nuova di zecca, e a quanto pare piuttosto apprezzata dagli studenti: l’economia politica applicata al futuro dell’Universita’. I principi sono quelli classici, codificati da Adam Smith in poi. Il futuro e’ quello immediato, e poco roseo, che il preside Raffaele Paci ha illustrato ai circa trecento che alle 14 di ieri hanno seguito la sua lezione. Un pomeriggio accademico fuori dal consueto ma in linea con le indicazioni date all’unanimita’ dal Consiglio d’istituto ai docenti: prima un quarto d’ora di dibattito sui tagli agli atenei programmati dal governo, poi l’insegnamento. Ma la discussione sui sacrifici economici prossimi venturi non e’ stato l’unico fuori programma a Scienze Politiche: alla prima lezione fissata per ieri, avvertono dal coordinamento giovanile di Forza Italia, si e’ presentato un vigile urbano. Chiamato proprio dagli azzurrini per accertare che il docente, cosi’ come hanno fatto poi i suoi colleghi di facolta’ nel corso della giornata, avrebbe dedicato il primo spicchio di lezione a Tremonti e alla Moratti. Al comandante della Polizia Municipale l’iniziativa non risulta, e aggiunge con un pizzico di perplessita’ che probabilmente un accertamento del genere non rientra tra le competenze dei suoi uomini. In ogni caso, dicono al coordinamento FI, l’agente e’ arrivato e ha preso nota. Non del dibattito, ma del fatto che all’ora prevista la lezione non era ancora cominciata: un po’ pochino come attivita’ eversiva, ma abbastanza per corredare col verbale del vigile l’esposto presentato dai giovani di FI per «interruzione di pubblico servizio». Se l’agente fosse stato di turno alle 14 e non alle 8 avrebbe potuto verbalizzare, ad esempio, che il professor Paci ha illustrato («convinto di svolgere in pieno un pubblico servizio», come ha commentato sorridendo a fine lezione) gli investimenti italiani sulla ricerca e la formazione, comparandoli con quelli ben piu’ cospicui del resto d’Europa. Nel verbale ci sarebbe stato posto anche per alcune notazioni macroeconomiche («La crescita di un territorio dipende dalla dotazione di fattori di produzione, come le risorse umane e la ricerca scientifica»), per considerazioni generali («In un territorio ricco i privati possono sopperire ai tagli dei finanziamenti statali alla ricerca, in Sardegna mi sembra difficile») e particolari («Per il secondo anno consecutivo non possiamo assumere docenti che hanno gia’ vinto il concorso, altrimenti potremmo dividere i corsi e voi non sareste tutti assiepati in quest’aula»). Oltre che uno sprazzo di dibattito vero e proprio, e piuttosto polemico, quando il rappresentante di Forza Italia Simone Paini ha preso la parola per spiegare che il governo non tagliera’ i fondi alle Universita’, grazie all’emendamento che tassa severamente alcolici, tabacchi e pornografia. Dopo uno scambio di battute tra i due l’applausometro in aula ha premiato largamente Paci, che a quel punto ha chiuso il dibattito e aperto la lezione di economia. Argomento: la pornotax. Celestino Tabasso ______________________________________________________ La Nuova Sardegna 23 ott. ’03 SCIENZE POLITICHE AL CONTRATTACCO Contestato il Governo Berlusconi: troppi tagli e addio ai servizi Quindici minuti di ritardo nelle lezioni per denunciare il disastro economico CAGLIARI. Blocco delle assunzioni, sempre meno soldi dallo Stato, brillanti ricercatori mortificati, senza prospettive e costretti a emigrare. Dopo la chiusura del corso di laurea in "Scienze del servizio sociale" - non c’erano soldi in cassa - un altro allarme e’ lanciato dalla facolta’ di Scienze politiche, che negli ultimi tempi e’ cresciuta fino a far registrare quest’anno un boom d’immatricolazioni senza precedenti: persino meglio di Economia e Giurisprudenza. Ma il successo, con i nuovi tagli imposti dalla Finanziaria, rischia di sfumare. Anzi, potrebbe addirittura appesantire la gia’ difficile situazione economica. Il preside Raffale Paci non ci sta, dopo un documento approvato all’unanimita’ dal Consiglio di facolta’, denuncia la situazione. ‹‹La nostra protesta - dice nel suo studio di viale Fra’ Ignazio - - non fa che rispecchiare quello che e’ stato gia’ denunciato dalla Conferenza dei rettori delle universita’ ne: tutti sanno che il Governo penalizzera’, ancora una volta, l’universita’". Ad allarmare sono soprattutto i tagli, arrivati ad una soglia tale da costringere le facolta’ ad annunciare che ‹‹cosi’ non si puo’ andare avanti›› e che di questo passo ‹‹sin dai prossimi mesi molti servizi saranno cancellati". Scienze politiche rispetto all’anno scorso ha cento matricole in piu’ e Paci dice: "Questo significa che la facolta’ ha bisogno di spazi e strutture. Bisogni che necessitano di un "riequilibrio delle risorse"››. Che tradotto significa: la facolta’ ha nuove esigenze? Bene, allora che l’ateneo tenga conto della novita’ nella ripartizione dei fondi. "In parte e’ quello che gia’ avviene - prosegue il preside -. C’e’ pero’ un problema: spesso la domanda si trasforma molto piu’ rapidamente dell’offerta che noi riusciamo a mettere in piedi, e questo ci spiazza››. Ad aggravare una situazione di per se’ gia’ infelice, s’aggiunge anche il fatto che spesso le facolta’ sono costrette a far fronte a spese, come l’adeguamento degli stipendi del personale, ma come contropartita non arrivano nuove risorse. E che dire del blocco delle assunzioni? Decine di giovani ricercatori, con un curriculum da fare invidia, oppure hanno vinto un concorso ma non possono lavorare. ‹‹Giovani per i quali - osserva amaramente Paci - quando l’universita’ costretta a sbarrar loro le porte, possono solo fare le valigie e emigrare all’estero››. Un problema per la Sardegna ancor piu’ drammatico: e’ costretta a fare a meno d’importanti risorse utili per lo sviluppo economico, culturale e sociale. Addio a icervelli del futuro vuol dire meno competitivita’. Insomma, per il futuro le previsioni sono tutt’altro che rosee, e se nei giorni scorsi il Consiglio di facolta’ di Scienze politiche ha proposto di dedicare 15 minuti di ogni lezione all’analisi della vertenza, preoccupazione c’e’ anche tra gli studenti. ‹‹Il problema e’ grave - dice Daniele Pacifico del Movimento studenti antagonisti - Il nostro timore e’ che tutto possa ricadere sulle nostre spalle e non solo in termini di meno servizi: non vorremmo che questi tagli siano l’anticamera a un nuovo aumento delle tasse››. Una soluzione che, stando cosi’ le cose, sembra pero’ l’unica percorribile, anche se, osservano gli Studenti antagonisti ‹‹quello che occorrerebbe davvero sarebbe una maggiore trasparenza dell’universita’ nella distribuzione dei fondi, gestiti ancora secondo logiche baronali››. Per adesso gli studenti stanno a guardare, ma nessuno esclude una mobilitazione se la situazione dovesse precipitare. E il rischio che precipiti e’ reale: le forbici del governo hanno gia’ fatto a pezzi l’universita’. Sabrina Zedda ______________________________________________________ Il Mattino 20 ott. ’03 NAPOLI: MEDICINA, LEZIONI AL VIA NEL CAOS CRISTIANO TARSIA Corsi di medicina, si profila un’altra giornata caotica. Le lezioni saranno aperte a tutti, i 300 studenti che hanno superato la prova d’accesso, cosi’ come quelli che sono stati esclusi. Ma l’Universita’ identifichera’ soltanto i nomi dei primi, mentre lascera’ ai secondi la possibilita’ di assistere (si tratta comunque di lezioni pubbliche) senza pero’ mettere la firma. "La nostra linea e’ chiara - dice il rettore Antonio Grella - identificheremo soltanto gli ammessi. Per il resto, come la legge prevede, alle lezioni puo’ assistere chiunque". Un’ipotesi, questa, subito respinta dai rappresentanti del Comitato degli studenti bocciati, i 76 che hanno fatto ricorso al Tar e che per il momento, con la sospensione della graduatoria, si sono visti dare ragione dai giudici amministrativi. "La graduatoria e’ sospesa - dichiara battagliera la signora Candida Carrino, madre di uno degli esclusi - per cui tutti hanno gli stessi diritti. Se si prendono le presenze dei 300 ammmessi, la stessa cosa deve valere anche per gli esclusi. C’e’ una sentenza del Tar, la situazione non e’ piu’ quella della settimana scorsa". Ieri mattina, infatti, a casa della Carrino c’e’ stata una riunione del Comitato. Si e’ deciso di presentarsi questa mattina in aula. Con i 76 studenti ricorrenti ci saranno molti genitori. "Se si decidono metri diversi per gli studenti - spiega ancora la Carrino - siamo pronti a chiamare polizia e carabinieri per fermare le lezioni". "Bisogna attendere come si pronuncera’ il Consiglio di Stato - spiega l’avvocato Raffaella Veniero, che cura i ricorsi degli studenti esclusi con Angelo Pisani, Andrea Orefice, Vittorio Scaringia e Simone Forte - sino ad allora tutti gli studenti sono equiparati". Insomma rimane da aspettare questa mattina e vedere cosa succedera’. Se le lezioni verranno bloccate da un eventuale arrivo delle forze dell’ordine o se invece procedera’ tutto liscio. C’e’ anche molta attesa per l’annunciato discorso del preside di facolta’ Franco Rossi che dovrebbe parlare agli studenti prima dell’inizio delle lezioni. Forse un discorso per stemperare le tensioni createsi in questi ultimi giorni. Contemporaneamente, questa mattina il Rettore dara’ mandato all’Avvocatura dello Stato di impugnare davanti al Consiglio dello Stato la sospensiva delle graduatorie. Cosi’ come si stanno organizzando gli studenti che hanno superato il concorso per accedere a medicina. Molti di loro questa mattina si presenteranno in studi legali amministrativisti della citta’ per presentare dei controricorsi "ad opponendum". Si profila dunque una battaglia a colpi di carta bollata. Intanto le lezioni vanno avanti, i corsi anche e sta per scattare il termine ultimo per iscriversi all’universita’. In effetti molti degli esclusi al concorso, anche tra gli stessi ricorrenti, si sono gia’ iscritti ad altre facolta’ per evitare almeno il servizio militare. Trecento posti per oltre mille candidati La prova contestata si e’ svolta il 4 settembre scorso nelle aule dell’universita’ a Monte Sant’Angelo. I quiz hanno assegnato i trecento posti disponibili per l’accesso alla facolta’ di Medicina, dove vige lo sbarramento rappresentato dal numero chiuso. Gli aspiranti erano ben 1865. Moltissimi studenti esclusi hanno lamentato presunte irregolarita’ nello svolgimento della selezione e si sono rivolti al Tar della Campania. Ad esempio in molti hanno lamentato la presenza in aula di studenti degli anni superiori: per aiutare parenti o amici, la denuncia di qualche ricorrente. Alla fine si e’ costituito un comitato di 76 studenti che ha deciso di ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale, che la settimana scorsa ha disposta la sospensione della graduatoria. In attesa dell’udienza di gennaio, i magistrati hanno concesso la sospensiva della graduatoria ma non la riammissione degli esclusi. Sul caso, l’avvocato Angelo Pisani ha presentato anche un esposto alla procura della Repubblica, il fascicolo e’ stato assegnato al pm Federico Cafiero de Raho. _____________________________________________________ Il Giornale di Napoli 23 ott. ’03 NAPOLI: GARANTIRE ACCESSO AI CORSI DI MEDICINA INTERROGAZIONE DEL CONSIGLIERE DANIELE (DS) A BASSOLINO «Bisogna consentire, nelle more della sentenza di merito, una partecipazione aperta alle attivita’ di corso» a tutti gli studenti che hanno chiesto di poter accedere alla facolta’ di medicina e chirurgia della Seconda Universita’ di Napoli. Lo ha chiesto il consigliere regionale dei Democratici di Sinistra, Nino Daniele che ha presentato una interrogazione al presidente della Giunta, Antonio Bassolino. Daniele e’ cosi’ intervenuto nella questione delle graduatorie di accesso al corso di laurea che sono state sospese con un dispositivo emesso dai giudici del Tribunale amministrativo regionale della Campania la scorsa settimana. I giudici hanno accolto la richiesta di una sessantina di studenti esclusi. Ma i vertici della Sun hanno gia’ annunciato, con il preside Grella, che faranno ricorso al Consiglio di Stato. S'annuncia una aspra battaglia a colpi di giustizia, sulla pelle - e’ il caso di dire senza incorrere in un facile retorica - degli studenti. Daniele ha chiesto al Governatore della Campania « se non intenda compiere un passo ufficiale anche attraverso l'assessore all'Universita’ e alla Ricerca Scientifica Luigi Nicolais al fine di sollecitare il rettore Grella a «non limitare ai soli studenti inseriti nella graduatoria di merito - sospesa dal Tribunale regionale amministrativo - la possibilita’ di partecipare all'attivita’ didattica». Da un lato, dunque, opinione pubblica, politici e buon senso, dal'altra il rigido schema della burocrazia universitaria. ______________________________________________________________ Giornale di Napoli 24 ott. ’03 APPELLO DEGLI ESCLUSI AL CONSIGLIO DI STATO A RISCHIO GLI ESAMI FACOLTA’ DI MEDICINA Per cercare di sollecitare il rettore a ritornare sui suoi passi. Un gruppo di studenti esclusi dal corso di laurea in Medicina e Chirurgia della Seconda Universita’ degli Studi di Napoli questa mattina inviera’ una lettera appello al Consiglio di Stato. L'iniziativa i• stata annunciata dall'avvocato Angelo Pisani, che ha patrocinato, dinanzi al Tar, alcuni studenti impegnati nella vertenza contro il Secondo Ateneo. I giudici amministrativi, la scorsa settimana, hanno sospeso la graduatoria: l'udienza di merito, sempre dinanzi al Tribunale amministrativo della Campania, e’ stata fissata per il 23 gennaio del prossimo anno. Contro la decisione del Tar il rettore della Sun, Antonio Grella, ha preannunciato il ricorso al Consiglio di Stato. E ieri con un volantino i dirigenti della Seconda Universita’ hanno ricordato che «la conferma delle ordinanze di sospensiva da parte del Consiglio di Stato potrebbe comportare la sospensione dei corsi didattici fino alla data di emanazione della sentenza di merito da parte del Tar». Si ricorda, infine, che gli studenti possono intraprendere eventuali azioni giudiziarie «a tutela dei propri interessi intervenendo avverso i sopra citati ricorsi, in qualita’ di contro interessati, nei giudizi amministrativi pendenti». Gia’ la scorso giorno il consigliere dei Ds Nino Daniele aveva presentato una interrogazione nella quale si chiedeva alla Giunta della Regione Campania di intervenire per garantire l'accesso ai corsi dei Medicina anche agli esclusi. Del resto lo stesso 1lribunale amministrativo ha sospeso quelle graduatorie. Adesso spettera’ al Consiglio di Stato stabilire se le graduatorie sono valide o meno. Daniele ha chiesto l'intervento diretto dell'assessore regionale alla Ricerca _____________________________________________________ Il Sole24Ore 20 ott. ’03 AGLI STUDENTI UN PRESTITO PER IL FUTURO Piu’ finanziamenti. Non importa che arrivino dai Governi o siano frutto di attivita’ proprie delle universita’, come la ricerca venduta alle imprese che gia’ oggi in Gran Bretagna copre tra il 30 e il 50% dei costi operativi. Ne’ importa che arrivino come finanziamenti agli studenti che si iscrivono e frequentano, cioe’ sotto forma di veri e propri prestiti da iniziare a restituire solo quando si lavorare: una formula, questa, ben sperimentata in Australia e Nuova Zelanda, rodata prima nel Regno Unito e da poco anche in Italia. «L'importante e’ che nelle universita’ circolino piu’ soldi - e’ l'idea chiave suggerita da Thomas Alexander, per dieci anni responsabile dell'Educazione all'Ocse, oggi docente a Oxford e presidente onorario di Treellle - come gia’ succede negli Stati Uniti». Piu’ fondi da destinare al mondo delle universita’. Qual e’ il modello da seguire? ru finanziamenti. Non importa che arrivino dai Governi o siano frutto di attivita’ proprie delle universita’, come la ricerca venduta alle imprese che gia’ oggi in Gran Bretagna copre tra il 30 e il 50% dei costi operativi. Ne’ importa che arrivino come finanziamenti agli studenti che si iscrivono e frequentano, cioe’ sotto forma di veri e propri prestiti da iniziare a restituire solo quando si lavorare: una formula, questa, ben sperimentata in Australia e Nuova Zelanda, rodata prima nel Regno Unito e da poco anche in Italia. «L'importante e’ che nelle universita’ circolino piu’ soldi - e’ l'idea chiave suggerita da Thomas Alexander, per dieci anni responsabile dell'Educazione all'Ocse, oggi docente a Oxford e presidente onorario di Treellle - come gia’ succede negli Stati Uniti». Piu’ fondi da destinare al mondo delle universita’. Qual e’ il modello da seguire? mero di studenti fuori corso e solo in pochi (il 10% circa) completa effettivamente i corsi di laurea nel tempo previsto. E’ importante individuare un sistema di incentivi e disincentivi che incoraggi gli studenti a completare gli studi e che incoraggi gli atenei a offrire il tipo di corsi che gli studenti vogliono. Gli universitari dovrebbero sapere che cosa li aspetta: l'alto numero di abbandoni e’ legato al fatto che non sanno esattamente che cosa vogliono fare e poi non sono soddisfatti di quello che trovano. Se un giovane si rivolgesse a lei per avere un consiglio su dove andare a studiare, in quale universita’ gli consiglierebbe di iscriversi? Le migliori sono quelle che hanno un buono staff, che vuol dire buoni studenti e buoni professori. Un segno di riconoscimento e’ anche l'attrazione di studenti stranieri. A1 momento in Europa sia la Germania sia la Gran Bretagna sono in grado di farlo, probabilmente per ragioni linguistiche. Quanto al tipo di studi lo indirizzerei verso preparazioni di area tecnico scientifica. Ma andare all'universita’ ha un costo sempre piu’ elevato. Come si possono aiutare i giovani? Serve un supporto finanziario. Iscriversi e’ come comprare un'azione che si rivaluta nel tempo, un investimento sul futuro perche’ chi ha un livello di studio elevato ha piu’ possibilita’ sul mercato del lavoro in termini di occupazione e di reddito. Per finanziare un investimento i giovani dovrebbero poter chiedere un prestito per coprire tutti i costi, rimborsabile quando si comincia a lavorare. E’ frequente in Australia e Nuova Zelanda, e’ un modo per immettere piu’ denaro nel sistema universitario. Non importa che questo arrivi dagli studenti, ma l'importante e’ che arrivi nel sistema universitario. Molti Paesi, anche in Europa; stanno andando verso questo modello di prestito. FRANCESCA PADULA _____________________________________________________ Il Sole24Ore 20 ott. ’03 LA LAUREA COMINCIA AL LICEO Emilia Romagna / Un accordo regionale Universita’ e scuola possono collaborare insieme per facilitare l'innalzamento dei livelli di istruzione. Succede a Bologna, dove gia’ al liceo gli studenti dell'Emilia Romagna potranno acquisire crediti universitari. E’ il risultato piu’ eclatante di un'intesa tra l'Universita’ di Bologna, l'ufficio scolastico regionale e l'Istituto regionale di ricerca educativa. Le materie interessate sono la lingua straniera e l'informatica per un massimo di 10 crediti. L'ateneo bolognese ha preparato dei programmi ad hoc che gli studenti liceali potranno seguire, che si avvalgono di metodologie multimediali e di quelle e- learning gia’ in uso nei corsi di laurea. Per le lingue straniere il programma di formazione e’ stato elaborato dal Centro inter facolta’ di linguistica teorica e applicata: si tratta del Progetto Altair che consente l'apprendimento con l’e-learning di inglese, francese, tedesco e spagnolo. Saranno inoltre disponibili questionari online per valutare le attitudini degli studenti e indirizzarli nella scelta della facolta’. Sempre avvalendosi delle nuove tecnologie sara’ possibile per i liceali conoscere "virtualmente" il patrimonio culturale delle collezioni scientifiche dei musei e dei laboratori universitari. «Questi progetti, soprattutto quelli legati alle materie artistiche e scientifiche, ci permettono di avviare un dialogo continuo e costruttivo con la scuola - spiega il prorettore alla didattica Walter Tega - e di rompere per questa via la struttura accentratrice dell'universita’». L'aspetto piu’ rivoluzionario dell'accordo riguarda la formazione per gli insegnanti delle scuole superiori. Sei facolta’ dell'ateneo bolognese si sono impegnate ad attivare corsi di formazione, sempre secondo la modalita’ dei crediti formativi, per gli insegnanti. «Universita’ e scuola si spalleggiano la responsabilita’ sul deficit formativo - continua Tega -. Noi accusiamo la scuola di non preparare gli studenti in maniera adeguata, mentre loro affermano che gli insegnanti so no formati in universita’ e quindi la colpa dell'impreparazione e’ nostra». Per questo Bologna non solo ha deciso di investire sulla formazione di studenti e professori, ma vuole anche avviare progetti pilota per formare figure oggi non presenti nella scuola - come il manager didattico - ma necessarie dati i cambiamenti che il sistema formativo sta vivendo. FEDERICA MICARDI ================================================================== ______________________________________________________ Repubblica 22 ott. ’03 LE NOTIZIE DI SANITA’ NON HANNO GAMBE CORTE DI GUGLIELMO PEPE Imprecisioni, toni eccessivi e sensazionalistici, scarsa comprensibilita’. A cosa si riferiscono queste accuse? All’informazione sanitaria che, secondo una ricerca dell’Osservatorio della Comunicazione sanitaria presso l’Universita’ di Pisa presentata in un convegno della Fondazione Italiana per il Volontariato e’ appunto allarmista e complicata. Le conseguenze sono confusione, ansia, atteggiamenti e comportamenti contrari alla promozione della salute. L’Osservatorio e’ giunto alla severa conclusione, dopo aver monitorato gli articoli usciti su "Repubblica", "Corriere della Sera" e "La Stampa" dal 1999 ad oggi. Avendo partecipato al dibattito che ne e’ seguito, ripeto quel che ho detto pubblicamente: la ricerca e’ parziale. Affermare che i maggiori quotidiani ricorrono a toni eccessivi e’ come scoprire l’acqua calda: si tratta di un "difetto" che non riguarda soltanto l’informazione sanitaria, bensi’ l’informazione italiana in genere. Basta guardare qualsiasi telegiornale o sfogliare altri quotidiani non menzionati, per verificare che la notizia e’ sempre "urlata", sia se si parli di un’importante scoperta scientifica, di guerra in Iraq o di Berlusconi. (Se si facesse uno studio su come e’ stato pompato il caso Telekom Serbia, si scoprirebbe quanta carta di giornale, tempo dei parlamentari e attenzione dell’opinione pubblica e’ stata sprecata). Ma, si dira’, un notizia gonfiata che riguarda la salute dei cittadini puo’ essere pericolosa o puo’ generare aspettative deludenti e false speranze. E’ cosi’. Pero’ siamo sicuri che l’enfasi sia solo dei giornalisti e non anche delle fonti delle informazioni? Per rispondere, un esempio recente: riguarda il vaccino antiinfluenzale. La Societa’ di pediatria ha sostenuto che era meglio vaccinare tutti i bambini. L’invito e’ rimbalzato nelle redazioni, per poi arrivare ai lettori e ai telespettatori. Il giorno successivo, a causa del disorientamento provocato dalla pubblicazione della "notizia", e’ stato corretto il tiro. In particolare la Federazione italiana dei medici pediatri, si e’ detta contraria alla vaccinazione di massa. E in seguito il ministro ha messo uno "stop". In questo caso chi e’ responsabile dell’eventuale allarmismo? (E’ necessario sapere che nei quotidiani, cosi’ come nei telegiornali, il tempo che trascorre tra arrivo della notizia, approfondimento, elaborazione e pubblicazione, talvolta e’ scarso). Inoltre lo studio dell’Osservatorio e’ stato presentato senza chiarire che nel periodo esaminato sono avvenuti episodi che hanno tenuto in fibrillazione la stampa italiana e mondiale: dalla diossina belga nei prodotti alimentari, alle polemiche sulla clonazione, dall’allarme sulla BSE (la carne ai prioni che ha ucciso decine di inglesi) allo scandalo del farmaco Lipobay, dal bioterrorismo alla Sars. La realta’ degli avvenimenti, che hanno spesso avuto conseguenze gravi sulla salute pubblica, era indiscutibile. Certo, non e’ mancato l’eccesso. Ma sarebbe interessante, per completare la ricerca, vedere come si sono comportate le autorita’ sanitarie nazionali e internazionali su ogni singola vicenda. Con cio’ non voglio sostenere che i giornalisti siano incolpevoli. Anzi, dal nostro "osservatorio" che essendo settimanale ci permette di "digerire" meglio le notizie riusciamo a distinguere se sono stati usati toni allarmistici, se una informazione e’ fondata, se e’ importante approfondirla, se si tratta di una notizia dalle "gambe corte" (come le bugie). E vediamo quando c’e’ superficialita’, se il linguaggio e’ chiaro e comprensibile, se vengono dati suggerimenti utili, se vengono citate le fonti. E spesso constatiamo che, ovviamente, gli errori non mancano (come direbbe Billy Wilder: "Nessuno e’ perfetto". E neppure noi lo siamo). Pero’ la qualita’ dell’informazione non si conquista dando un "bollino", bensi’ con la deontologia professionale. Che esiste, anche se talvolta resta ai margini del lavoro giornalistico. g.pepe@repubblica.it ______________________________________________________ La Nuova Sardegna 23 ott. ’03 LE BACCHETTATE GRATUITE DELLA CGIL ALL’UNIVERSITA’ Caro Direttore, un articolo apparso sul Corriere della Sera il 6 settembre u.s. cosi’ intitolava: "Sardegna Non applicate le norme. Niente legge sulle lauree brevi. E mancano gli infermieri". Cito questo articolo perche’ interessato al dibattito a distanza riportato dal suo giornale tra signor Pinna, sindacalista della Cgil ed il professor Rosati, Preside della Facolta’ Medica Sassarese relativo ai protocolli di intesa ed al problema delle aziende miste. Cio’ che mi ha colpito non e’ tanto il linguaggio e le inesattezze con cui il signor Pinna affronta il problema ma il fatto che, in qualita’ di segretario del settore "funzione pubblica" della Cgil, si sia sentito in diritto di bacchettare l’Universita’ di Sassari (e quindi anche quella di Cagliari) perche’ si sono permesse di pretendere con forza l’applicazione di una legge dello Stato. Legge sui protocolli di intesa Regione-Universita’ applicata in tutte le regioni del paese tanto che anche la stampa nazionale sottolinea l’anomalia sarda. Tuttavia non voglio entrare nella polemica scatenata dal signor Pinna, a cui il professor Rosati ha risposto con precisione e signorilita’, ma voglio soprattutto sottolineare la insensibilita’ del ceto politico che ci governa nel non voler risolvere il problema. Nel dicembre del 2002, i consigli di Facolta’ di Medicina e Chirurgia, delle Universita’ di Sassari e di Cagliari, in una riunione congiunta, posero con forza il problema anticipando anche che, qualora non fossero stati stipulati i protocolli d’intesa, le due Facolta’ non avrebbero potuto attivare i concorsi di ammissione alle professioni sanitarie (leggi lauree triennali). Ad oggi sono passati 10 mesi ed i protocolli di intesa non sono stati ancora firmati e centinaia di giovani sardi sono dovuti emigrare nelle Universita’ del continente. Questo fatto e’ di una gravita’ estrema poiche’ ha leso un principio fondamentale della formazione che e’ il diritto allo studio. Diritto che a centinaia di giovani sardi e’ stato negato e la responsabilita’ certamente non ricade sull’Universita’ ma sul governo regionale che poteva, doveva e non ha fatto niente per risolvere il problema. Non mi risulta che neanche la gloriosa (senza ironia) Cgil sarda si sia presa tanto a cuore il problema. La realta’, caro Direttore, e che la formazione dei giovani non sembra interessare a nessuno, meno al signor Pinna che critica addirittura l’Universita’ perche’ formerebbe troppi medici e professionisti sanitari che sarebbe poi costretti ad emigrare per trovare un posto di lavoro. Ma allora non ci siamo ancora accorti che siamo in Europa e che i nostri laureati possono svolgere la propria attivita’ in qualunque Stato della comunita’ europea. La libera circolazione di uomini e di materiali pone anche il problema di una ridefinizione del concetto di emigrazione. Per carita’ usciamo da questo provincialismo, se nel territorio l’ Azienda Universita’ e’ in grado di fare formazione lasciamola lavorare, critichiamola, diamole suggerimenti ma aiutiamola a svolgere al meglio il proprio compito istituzionale. Purtroppo se di emigrazione dobbiamo parlare, ebbene penso che sia meglio esportare (visto che non riusciamo piu’ a produrre neanche bulloni) laureati, specialisti, dottori di ricerca, cioe’ esportare cultura e conoscenza in Europa e in tutto il mondo. Al momento attuale non vedo altre alternative se non rilanciare il ruolo dell’Universita’ nel territorio con la costituzione della azienda mista ospedaliera-universitaria con l’obiettivo di migliorare sia l’assistenza sanitaria che la formazione dei giovani professionisti. Lo so che non sara’ facile, ma e’ necessario vincere le differenze reciproche, superare gli interessi personali e delle lobby economiche e politiche trasversali, in poche parole cercare una buona volta di volare alto. E questo nell’interesse di tutti. Sicuro come sono che tutto passa ma che per fortuna l’Universita’ rimane. Professor Eusebio Tolu Ordinario di Fisiologia Umana Facolta’ di Medicina Membro direzione cittadina Ds ______________________________________________________ La Nuova Sardegna 22 ott. ’03 MEDICINA "SCHIAFFEGGIA" L’ASL Esplode il caso della successione nella direzione di patologia e terapia intensiva neonatale La facolta’ impone un medico di tutt’altra specialita’ Il manager compie un passo ufficiale contro la decisione CAGLIARI. C’era tutta la buona volonta’ della Asl 8 di dare una mano all’universita’ nel governare la successione ai fratelli Chiappe in patologia e terapia intensiva neonatale del San Giovanni di Dio. A condizione, pero’, che non capitasse quel che e’ accaduto: la facolta’, non disponendo di un successore di livello, ha deciso di occupare comunque la direzione con un cardiologo pediatra, di ottima reputazione, ma che non ha esperienza di "intensivista di medicina neonatale". E, secondo Asl e sindacati, non ha neppure i requisiti formali di legge. La storia. Nei reparti di patologia e terapia intensiva neonatale quelli, per intenderci, dove vengono ricoverati i neonati prematuri che pesano meno di un chilo oppure i neonati operati per malformazioni gravi, c’e’ un direttore, professore associato, che il primo novembre andra’ in pensione perche’ ha compiuto 67 anni. Stefano Chiappe e, prima di lui, il fratello Franco, per riconoscimento generale hanno creato un fiore all’occhiello dell’universita’ e anche della Asl. Difficile trovare un successore all’altezza: va cercato forse fuori dalla Sardegna, ma non si tratta di specializzazioni molto diffuse e ci vuole tempo. Intanto, dal primo novembre, la direzione restera’ scoperta. Che fare? La soluzione c’era: affidare il reparto temporaneamente a un’ospedaliera, li’ da 25 anni, di capacita’ indiscusse (Rosatelli). Ma la facolta’ di Medicina non ne ha voluto sapere: si tratta di un reparto gestito attraverso una convenzione tra universita’ e azienda sanitaria, la nomina del direttore spetta all’universita’ per un universitario. E visto che la facolta’ non ha prodotto lo specialista adeguato, ce ne mette uno purche’ sia. E’ cosi’ che per l’incarico corre il nome di un (bravo) cardiologo pediatra (Marras), responsabile di unita’ semplice della sua specialita’, non professore di prima o seconda fascia come richiede la legge quando in ballo ci sono le apicalita’ (le direzioni). Soprattutto questo cardiologo pediatra non risulta possedere l’esperienza di intervento su neonati piuma con le difficolta’ piu’ disparate e gravi. In reparto scoppia la rivolta, sette sigle sindacali di medici ospedalieri bollano "l’ennesima manifestazione di arroganza da parte universitaria", la direzione generale della Asl 8 venerdi’ scorso notifica per iscritto a rettore e preside di medicina un parere "non favorevole all’attribuzione dell’incarico" al medico in questione. Spiega il manager Efisio Aste: "La legge, a cominciare da quella di riferimento, la 517, stabilisce che gli incarichi debbano essere affidati a persone che abbiano maturato esperienze precise nel settore e chiare sotto l’aspetto professionale e culturale. Nell’incontro che si e’ tenuto qui in via Lo Frasso (sede della direzione generale) ho notificato il mio parere non favorevole non essendo a conoscenza delle esperienze specifiche del dottor Marras". Una chiarezza di posizioni mai vista in una Usl dove, anni fa e sotto una gestione diversa, un docente universitario di anestesia mai entrato in una sala operatoria era stato messo dall’universita’ a dirigere un reparto ospedaliero. Continuano gli schiaffi, in altre parole, e la reazione e’ inevitabile: "La scelta operata conferma ancora una volta che l’unico vero interesse della facolta’ e’ il mantenimento delle posizioni di potere anche a discapito del buon funzionamento dei reparti e contro l’interesse dei piccoli pazienti", scrivono Aaroi, Anaao-Assomed, Anpo, Cgil Medici, Cimo-Asmd, Cisl Medici, Nuova Ascoti. Chiedono i medici del reparto in una lettera di pochi giorni fa ad Asl e universita’ che "la responsabilita’ di direzione sia attribuita a un medico la cui storia professionale dia garanzie di specifica competenza in un settore a cosi’ elevata e particolare specializzazione". Certo il caso non aiutera’ a distendere i rapporti tra universitari e ospedalieri che, da mesi, tentano di mettersi d’accordo per scrivere il protocollo dell’azienda mista Regione- Universita’, indispensabile per la sopravvivenza della facolta’ di Medicina stessa. "Questa vicenda - conclude Luigi Maxia segretario provinciale di Cimo- Asmd - fa partire col piede sbagliato gli accordi per il protocollo d’intesa. E’ la dimostrazione che l’universita’ preferisce garantirsi le poltrone di direzione piuttosto che preoccuparsi del buon funzionamento dei reparti". Alessandra Sallemi ______________________________________________________ La Nuova Sardegna 23 ott. ’03 NEONATI, MEDICINA RIPESCA IL PROF "CONGELATO"? Oggi in consiglio la rivolta degli ospedalieri contro la nomina imposta dalla facolta’ CAGLIARI. E’ da ieri che il maestro dei neonatologi in rivolta lavora su un intervento sulle cose "dette e scritte" a proposito della successione in patologia e terapia intensiva neonatale del San Giovanni di Dio, reparto che l’universita’ ha assegnato a un ricercatore universitario, "accusato" dai colleghi ospedalieri di non avere i titoli. "Si tratta di cose inesatte - spiega Aniello Macciotta - e mi dispiace enormemente perche’ sono tutti allievi miei". Oggi si riunisce il consiglio di facolta’ di Medicina per esaminare il caso quasi unico di un reparto ospedaliero convenzionato con l’universita’ che si ribella contro il direttore imposto dall’ateneo con l’appoggio della direzione generale della Asl e di sette sigle sindacali. Il preside della facolta’ di Medicina, Gavino Faa, in carica da un anno, non si riconosce in quel che e’ stato detto e cioe’ che la facolta’ di Medicina pur di tenersi la poltrona di un reparto e’ pronta a metterci chiunque passando sopra i neonati. "L’ho gia’ detto: nel decidere della sostituzione del professor Chiappe, l’unico riferimento della facolta’ nella soluzione sara’ il bene dei piccoli pazienti". Faa conclude con un attestato di stima nei confronti di Andrea Marras, il medico universitario designato dalla facolta’ per sostituire Chiappe dalla prossima settimana: "E’ qualificatissimo per quel reparto, lavorava gia’ con Macciotta quando la terapia intensiva e’ stata creata, per anni, tutti i giorni, veniva chiamato per i casi piu’ difficili e la cardiologia e’ l’indirizzo ulteriore su cui l’aveva messo il direttore Macciotta. Non l’avremmo mai scelto se il suo profilo scientifico e umano non fosse stato quello che e’". Risulta che Marras, adesso, non ne voglia piu’ sapere di dirigere il reparto e si racconta che non abbia neppure detto di si’ subito. Un’altra vittima, in fondo, di un retroscena che risale alla passata gestione della facolta’ di Medicina. Il posto di Chiappe era stato messo a concorso nel 2000 perche’ si sapeva che sarebbe andato in pensione. Tre docenti risultarono idonei, uno venne chiamato dopo qualche tempo al Microcitemico per occuparsi di terapia genica della talassemia, gli altri due restarono in ballo, ma le fazioni della pediatria cagliaritana alla fine impedirono la scelta per un patologo neonatale italiano. L’altro, un urologo greco di fama planetaria, s’era ritirato perche’ metteva sul tavolo problemi familiari insolubili in terra sarda. Per un po’ circolo’ il nome di Cao (l’unico, si spiega, ad avere una scuola e professori associati), si indico’ Pintor (ma avrebbe dovuto lasciare la clinica), tocco’ poi a De Virgilis e il giro e’ finito con Marras. Quel concorso congelato dalle risse fra pediatri sara’ la zattera della salvezza per la facolta’? Alessandra Sallemi LETTERA DALL’ORDINE DEI MEDICI "DEVE PREVALERE IL BENE DEI BIMBI" CAGLIARI. Il presidente dell’Ordine dei medici, Raimondo Ibba, ha scritto una lettera al rettore, al preside della facolta’ di Medicina e al direttore generale della Asl 8. Tema: la direzione del reparto di patologia e terapia intensiva neonatale al San Giovanni di Dio. "La direzione di questo reparto - comincia Ibba - e l’annesso futuro assistenziale dei bambini prematuri che vi saranno ricoverati, non puo’ essere risolta con semplici soluzioni burocratiche e automatiche attribuzioni di ruolo. Per la sua guida delicata e difficile - va avanti il presidente dell’Ordine - e’ necessario individuare professionalita’ e competenze altamente specialistiche, unite ad anni di esperienza e conoscenza completa di tutta la vasta area della terapia intensiva neonatale. In nessun altro ambito, come in questo, si pone inesorabile la responsabilita’ di scegliere ‘nell’interesse dei bambini’, invece che sul blasone professionale o, sulle pur comprensibili benche’ non condivisibili, difese della provenienza. Non e’ una questione di persone. Come gia’ accaduto in altri casi - dice ancora Ibba -, si puo’ organizzare al meglio l’assistenza ai bambini senza fermarsi ai falsi confini tra mondo universitario e mondo ospedaliero. La nostra classe medica puo’ essere di qualita’ e di comprovata esperienza solo se adibita a una funzione per la quale e’ idonea: destinare medici eccellenti nella loro professione ad altri diversi compiti professionali mortifica il medico e danneggia la professione. Auspico, pertanto, il riesame dell’ipotesi formulata, per una conclusione senza danni per gli interessati e a beneficio dell’assistenza". ______________________________________________________ L’Unione Sarda 24 ott. ’03 IL CISAL CONTRO LA ASL 8: «NON RISPETTATE I PATTI» San giovanni di Dio «Dopo la proposta di creare all’interno del San Giovanni di Dio una nuova azienda ospedaliera in collaborazione con l’universita’ e il policlinico, da un paio di mesi l’Asl 8 ha cambiato idea: sembra non si voglia fare piu’ niente». Sono le accuse di Arturo Maullu, segretario generale della Cisal, il sindacato nazionale universitario. «Poco piu’ di un anno fa nei corridoi del San Giovanni di Dio regnava solo la disperazione per cio’ che un futuro molto incerto avrebbe potuto riservare al nostro ospedale», si legge nel comunicato della Cisal universita’. «Poi arrivo’ la proposta di costituire un’azienda mista con l’Universita’ ed il neonato policlinico». Una soluzione condivisa da tutti: «Negli ultimi tempi l’atteggiamento e’ cambiato, c’e’ stato un dietro front da parte della Asl 8 che improvvisamente ha cambiato le carte in tavola», denuncia il segretario regionale della Cisal. «La stragrande maggioranza dei medici del San Giovanni di Dio non si e’ mi opposta alla nascita dell’azienda mista: ci chiediamo quale sia il motivo di questo cambio improvviso di programmi da parte della Asl 8». _____________________________________________________ Il Giornale di Sicilia 20 ott. ’03 TERRASINI UNA SPERANZA PER POTERE SCONFIGGERE LA MALATTIA Conclusi i lavori del nono congresso mondiale sulla patologia Talassemia TERRASINI (Cn). Cala il sipario sul nono congresso mondiale sulla talassemia. Per cinque giorni, oltre mille esperti provenienti da tutto il mondo hanno presentato a Citta’ del Mare di Terrasini le ricerche piu’ avanzate, le sperimentazioni in atto, metodi piu’ innovativi nella cura della malattia. Il bilancio c nettamente positivo. Dal congresso, curato dai centri di talassemia degli ospedali palermitani Cervello, Di Cristina e Villa Sofia, centri diretti, rispettivamente, dai professori Aurelio Maggio, Marcello Capra e Roberto Malizia, sono emersi dati che aprono porte fino a qualche anno fa insperate. Oltre al grande balzo in avanti della terapia genica che nell'animale da laboratorio e’ riuscita, pel la prima volta nella storia della malattia, a guarire la forma piu’ grave di talassemia, scendono in campo farmaci che aprono nuove frontiere- Gia’ e’ presente una molecola, l'idrossiurea, in grado di riattivare la produzione di emoglobina fetale nell'adulto affetto da talassemia o anemia falciforme. Per la talasscmia,l'idrossiurea e’ usata nella forma intermedia, ma non in tutti i casi da’ una buona risposta. E’ necessario speritnentare nuovi trattamenti terapeutici», osserva il professore Martiri Steinberg, dell'universita’ di Boston. Una nuova era nel trattamento della talasscmia rappresentata da farmaci orali per liberare organi dall'accumulo di ferro dovuto alle continue trasfusioni di sangue: sostituiranno le fastidiose, giornaliere, lunghe, infusioni sottocutanee. In questa fascia, e’ oggi disponibile un farmaco (LI), ma da qualche effetto collaterale. Altri sono in arrivo i dalla sperimentazione sembrano avere un buon grado di efficacia e sicurezza. Uno porta la siga ICL670 cd e’ sperimentato anche a Palermo. «Sembra essere promettente, ed e’ sufficiente una sola sommininistrazuine al giorno», spiega Malizia. La disponibilita’ e’ prevista tra un paio d'anni, Ieri, un' intera sessione e’ stata dedicata agli aspetti psicosociali della malattia, un aspetto fino ad oggi non considerato nella giusta visione. A Palermo, sono state anche poste le basi per un'intesa tra centri europei di ricerca sulla talassemia e i National institutes of health statunitensi. «Una collaborazione che potra’ portare molto lontano», commenta Aurelio Maggio. CARMELO NICOLOS _____________________________________________________ Repubblica 21 ott. ’03 ECCO IL KIT PER SCOPRIRE I TUMORI RIVOLUZIONE NELLA DIAGNOSI PRECOCE Il Discovery St visualizza con la massima precisione anche minuscole formazioni. Radioterapia piu’ sicura. Attimini risultati dal nuovo strumento "Piu’ facili anche le cure " MILANO - Nuovo passo avanti nella lotta ai tumori. L'ospedale San Raffaele e’ il primo in Europa ad aver installato il "Discovery SC, una apparecchiatura speciale che nasce dalla integrazione tra una Tac e una Pet. E grazie a questa unione e’ possibile visualizzare, con la massima precisione, un tumore, anche dipiccole dimensioni e quindi in fase iniziale, e avere tutti i dati per "bombardarlo" con la radioterapia. Questo esame sofisticato e d'alto livella, utile anche per la diagnosi precoce delle formazioni tumorali, si fa in 25 minuti, mentre prima occorrevano giorni e lunghe attese cariche d'angoscia. La spesa per il paziente e’ minima: basta pagare un ticket di 46 euro. II "Discovery St (ovvero "see and treat", letteralmente "guarda e cura"), risulta fondamentale nella lotta ai tumori che colpiscono i polmoni, la testa, il collo, il pancreas, il seno, e la prostata. In pratica, tutti i tumori "solidi", esclusi quelli che interessano i sangue. «Un anno fa-racconta il professor Ferruccio Fazio. il direttore della Medicina Nucleare del San Raffaele - avevamo presentato la prima Tac-Pet, un innovativo sistema diagnostico per immagini. La Tac permette l'analisi della struttura morfologica dell'organo colpito e la Pet visualizza l'attivita’ metabolica delle cellule tumorali. Ma con il Discovery abbiamo raggiunto un nuovo traguardo. Le macchine sono oggi in grado di comunicare con il sistema di elaborazione della radioterapia e quindi abbiamo tutti i dati per "centrare" il nostro bersaglio. E colpire in maniera scientifica il tumore». In base alle stime dell'Organizzazione mondiale della sanita’, nel 2003 le vittime del cancro, in tutto il mondo, saranno oltre 6 milioni. In Italia, i malati di tumore sono circa 1 milione 400 mila, di cui 270 mila nuovi casi all'anno. «Il perfezionamento delle tecniche chirurgiche e i nuovi protocolli di che mio terapia e radioterapia-precisa il professor Fazio - garantiscono una maggiore sopravvivenza dei pazienti colpiti di tumore. Ma le terapie, per essere efficaci, richiedono la precisa conoscenza dell'estensione del tumore e dell'eventuale presenza di metastasi». Una ricerca pubblicata dal "New England journal of Medicine" ha dimostrato che la combinazione di Tac e Pet permette una accurata identificazione e caratterizzazione del tumore. Lo studio ha evidenziato che la precisione che si ottiene nella classificazione delle lesioni con la Tac non supera il 60 per cento e con la Pet e’ pari al 90 per cento. Ma con il sistema integrato TacPet la precisione diagnostica arriva al 98 percento. «Il Discovery apre nuove e importanti frontiere in oncologia - ricorda il professor Fazio - permette di valutare il tumore e le sue ramificazioni. Ma la cosa piu’ stupefacente sta nel "dialoga" che Discovery ha instaurato con i sistemi della radioterapia. Un dialogo che consente di colpire solo ed esclusivamente le cellule malate, risparmiando i tessuti sani». Per il Discovery, il San Raffaele ha investito 2 milioni e 400 mila curo e, dopo una fase sperimentale, la mega apparecchiatura e’ in piena attivita’. Sono gia’ stati fatti 550 esami, prescritti dagli oncologi e garantiti con la copertura del sistema sanitario. In Europa, macchinari come quelli del San Raffaele sono in dotazione solo in due centri: uno e’ in Spagna e l'altro in Francia. Mentre in America i poli di riferimento sono quattro. _____________________________________________________ Avvenire 21 ott. ’03 TUMORI, IL FUTURO APPRODA AL SAN RAFFAELE DA MILANO LUCIA BELLASPIGA E’ attivo al San Raffaele di Milano il primo "Discovery ST" in Europa, un innovativo sistema di diagnostica che unisce le tecniche della Tac e della Pet e che, oltre a individuare la presenza di un tumore, fornisce i dati necessari alla preparazione della radioterapia. Il Discovery ST (ovvero “see and treat", lo vedi e lo curi subito), costato 2,4 milioni di euro e gia’ utilizzato su 550 pazienti, rappresenta l'ulteriore evoluzione della TacPer, un sistema gia’ di per se’ innovativo presentato l'anno scorso al San Raffaele. La Tac-Pet, infatti, era gia’ in grado di combinare in un'unica immagine i due esami, consentendo di individuare la presenza di un tumore con precisione millimetrica, ma il Discovery ST, comunicando con il sistema di elaborazione del trattamento radioterapico, fornisce tutti i dati necessari per la preparazione del piano di radioterapia (la cosiddetta "centratura"). Significa che un paziente, dopo l'esame che dura 25 minuti, e’ immediatamente pronto per iniziare la terapia radiante e recupera del tempo che, in presenza di tumore, e’ prezioso se non vitale. Altra caratteristica del macchinario e’ di avere un diametro piu’ ampio (il vano ha un'apertura di 70 centimetri), permettendo cosi l'accesso all'esame anche a pazienti di corporatura robusta. Ultimamente la ricerca oncologica fa sempre piu’ spesso affidamento sulla prevenzione dei tumori, indicandola come la via preferenziale in grado di rendere efficace la cura (e’ basilare in gran parte dei casi aggredire la malattia all'origine). Ancora piu’ preziosa in tal senso e’ allora l'innovazione diagnostica: «Il Discovery ST apre nuove frontiere in oncologia - sottolinea Ferruccio Fazio, direttore del Servizio di medicina nucleare dell'Istituto scientifico San Raffaele di Milano -: permette non solo una valutazione rapida e precisa della diffusione tumorale ma, interagendo con i sistemi perla radioterapia, consente di irradiare selettivamente solo le cellule tumorali metabolicamente attive, risparmiando i tessuti sani». L approccio terapeutico per essere efficace richiede l'esatta conoscenza dell'estensione tumorale e delle eventuali metastasi: l'efficacia della Tac non supera il 60%, quella della Pet e’ pari al 90%, invece la combinazione dei due esami porta la precisione diagnostica al 98%. _____________________________________________________ Repubblica 21 ott. ’03 DNA BEL CINQUANTENNE Salute Il premio Nobel Dulbecco premiato a Firenze, rilancia la ricerca sulla doppia elica in Italia Ma nella terapia genica occorre lavorare sui vettori. E sugli errori attuali festeggiato Renato Dulbecco, il padre della biologia molecolare, nell'ambito delle celebrazioni per il 50° anniversario dalla scoperta del Dna. Il Premio Nobel 1975 per la medicina e la fisiologia ha ricevuto una targa dalla casa farmaceutica Eli Lilly e una donazione di 100 milioni di euro per l'Istituto Dulbecco Ulethon. Nel corso della cerimonia, svoltasi a Firenze nei giorni scorsi, l’89enne scienziato ha ricordata gli anni trascorsi da allora («aggrovigliato con il Dna per tutto il tempo») e con altri esponenti della medicina italiana ha sottolineato le maggiori ricadute di questa scoperta sulla salute umana II 25 aprile 1953, la rivista Nature diede grande spazio all'articolo di James Watson e Francis Crlck che annunciavano la scoperta della struttura del Dna. Eppure quel giorno, in meno di mille parole, veniva svelato il segreto della vita e la sua incredibile forma (due filamenti che si avvolgono a elica e si rincorrono per oltre un metro di lunghezza in ogni cellula). «La stessa comunita’ scientifica non comprese subito la portata rivoluzionaria della notizia», ricorda Dulbecco che di James Watson, verso la fine degli anni 40, fu compagno di studi all'universita’ dell'Indiana a Bloomington «Quando Jim mi - disse che voleva dedicarsi al Dna, che voleva arriva re a capire a fondo come funzionava, stavamo frequentando un corso di genetica insieme». James Watson si avviava verso la storica meta raggiunta pochi anni dopo assieme al britannico Crick (e con l'ausilio, determinante e sottovalutato, della ricercatrice americana Rosalind Franklin, autrice della prima foto dell'acido desossiribonucleico). Per passare da Dna al Genoma e’ necessario attendere fino al marzo 2002, quando viene annunciato che il patrimonio genetico e’ stato decifrato al 99,99%. Un altro momento straordinario nella carriera di Dulbecco, che racconta: «Sono stato tra i promotori del Progetto Genoma umano nel 1986, quando quell'obiettivo, raggiunto poi con due anni di anticipo, sembrava fantascienza». Da allora sappiamo cosa succede all'interno di una cellula aprendo orizzonti incredibili nella lotta alle malattie. «Ogni gene scoperto facilita nuove ricerche finalizzate a capire come funziona ognuno di essi e soprattutto le proteine che producono», continua il Premio Nobel, che afferma: «Ii futuro e’ nelle terapie geniche su cui pero’ c'e’ ancora molto da lavorare. A volte il gene che immettiamo non va a sostituire quello malato ma si situa altrove e puo’ provocare danni. Inoltre, occorrera’ studiare i vettori per capire quale sia meglio utilizzare». La donazione della Eli Lilly servira’ a finanziare due anni della carriera di due ricercatori dei Dulbecco Institute impegnati nell'area biotecnologica. La stessa in cui e’ molto attiva la casa farmaceutica di Indianapolis che, all'inizio degli anni 80, ha realizzato il primo farmaco da Dna ricombinante: insulina umana, identica a quella prodotta dal corpo umano. La Fondazione Melethon finanzia direttamente tre istituti di ricerca scientifica, ognuno con finalita’ molto precise. Uno di questi, l'Istituto Dulbecco, fu creato nel 1999 dal Premio Nobel grazie al cachet ricevuto per la sua partecipazione al Festival di Sanremo. Lo scopo e’ quello di frenare la «fuga dei cervelli» all'estero, dando la possibilita’ di una carriera indipendente a ricercatori eccellenti. E’ un istituto virtuale, visto che non esiste fisicamente e i suoi ricercatori lavorano in diversi enti. _____________________________________________________ Il Giornale di Sicilia 20 ott. ’03 TUBERCOLOSI, MALARIA E ANCHE LA LEBBRA TORNANO A FARE STRAGI IN TUTTO IL MONDO SANITA’. L'allarme lanciato dall'Oms. Ogni anno muoiono milioni di persone Mega stanziamento di fondi per la ricerca sulle malattie infettive endemiche ROMA. (cn) Due milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo a causa della tubercolosi e sono otto milioni i nuovi casi. L'Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms), stima che gli infettati dal bacillo della tubercolosi siano oggi due miliardi, un terzo della popolazione mondiale. Di malaria e’ a rischio circa il 40 percento della popolazione del pianeta. Si verificano 500 milioni di casi all'anno, con piu’ di un milione di morti, i190 per cento nell' Africa subsahariana dove la malattia uccide un bambino ogni 30 secondi. La lebbra fa registrare circa 600 mila nuovi casi all'anno, mentre la febbre di Dengue, emorragica, causata da virus trasmessi da punture di zanzare, e’ in drammatico aumento: 50 milioni di casi all'anno, secondo l’Oms, soprattutto nell'Asia tropicale, Africa e Caraibi. E negli ultimi anni, la zanzara che trasmette la febbre di Dengue e’ stata individuata anche in Messico e Texas. II Centro per il controllo c la prevenzione delle malattie di Atlanta (Usa) ritiene che l'aumento dei viaggi, dai commerci e la mancanza di un efficace impegno per il controllo delle zanzare, stiano contribuendo alla propagazione della malattia nel mondo. I dati Oms, dipingono un'emergenza salute che se e’ drammatica in gran parte dei paesi in via di sviluppo, arriva a lambire anche paesi industrializzati. La Tbc, per esempio, si registra in modo preoccupante nei paesi dell'ex Unione Sovietica. Altro dato Oms allarmante e’ che nell'Europa dell'Est l'aspettativa di vita e’ minore di oltre 10 anni rispetto all' Europa occidentale. Per discutere di un'emergenza salute che rappresenta un problema globale e un dramma umanitario, ieri a Roma, nella biblioteca del Senato, sotto la presidenza del senatore Antonio Tomassini, presidente della Commissione Igiene e Sanita’ di Palazzo Madama, si e’ tenuto il Forum "Emergenza salute, innovazione e responsabilita’ sociale", al quale hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni, della Chiesa, dell'Oms, del volontariato, del mondo farmaceutico. "Quella delle emergenze sanitarie nei paesi in via di sviluppo, va considerata una sfida globale, di fronte alla quale nessuno puo’ tirarsi indietro", dice "Tomassini. E' d'accordo il vescovo della diocesi di Terni, Vincenzo Paglia, consigliere spirituale della comunita’ di Sant'Egidio. "Il problema salute nel mondo e’ una responsabilita’ di tutti e va affrontato da tutti". In quest'ottica, la Novartis ha annunciato la realizzazione a Singapore del "Novartis institute for tropical discases". Un investimento di 120 milioni di curo per fare progredire la ricerca medico-scientifica nei paesi colpiti da malattie infettive endemiche. La prima iniziativa del genere al mondo. Novartis porta avanti un grosso impegno verso le popolazioni dei paesi poveri: la donazione di farmaci contro la lebbra, l'attuazione di un programma per consentire la terapia con un "salvavita" ai malati di leucemia mieloide cronica, la distribuzione, a prezzo di costo, dei Coartem, un farmaco innovativo per il trattamento della malaria. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 23 ott. ’03 TROPPE ECOGRAFIE IN GRAVIDANZA L'Iss: le italiane prediligono i parti cesarei ed esagerano con gli esami ROMA - Troppe ecografie durante la gravidanza, troppi parti cesarei, soprattutto nel Sud, e soprattutto poca informazione: solo 3 donne su 10 in Italia seguono i corsi di preparazione al parto. Le cose possono invece cambiare con una buona informazione: uno studio dell'Istituto Superiore di Sanita’ (Iss) dimostra che le donne, informate e assistite in modo adeguato, partoriscono piu’ spesso per via naturale e allattano piu’ precocemente e piu’ a lui ~o a1 seno. L indagine su come si nasce in Italia e’ stata condotta nel 2002 dall'Iss in collaborazione con 60 Asl di 15 regioni e province autonome, intervistando oltre 7.000 donne a un anno dal parto. ~ risultato che, soprattutto nel Sud, l'Italia vive la nascita come un evento da medicalizzare e non da’ il giusto peso alle attivita’ di informazione e sostegno alle partorienti. Dall'indagine e’ emerso che solo il 30% delle donne italiane partecipa ai corsi di preparazione al parto. Di queste, oltre l’80% riceve informazioni adeguate sull'allattamento al seno e piu’ del 75% sulle cure neonatali. Meno della meta’ viene pero’ sufficientemente informata sulle vaccinazioni e su come e quando riprendere i rapporti sessuali. Per il coordinatore dello studio, Michele Grandolfo, i risultati dimostrano come i consultori «si siano dimostrati validi nel prevenire l'eccesso di medicalizzazione e nel promuovere l'allattamento materno. L'evento nascita e’ una grande opportunita’ per favorire la capacita’ delle donne di gestire le proprie decisioni». L’allattamento: le conseguenze piu’ importanti delle. comunicazione riguardano l'allattamento al seno: emerso che il 50,6% delle donne che partecipano a corsi organizzati nei consultori allatta completamenti al seno oltre i 3 mesi, contro il 46,7% di coloro che aderiscono ai corsi organizzai presso gli ospedali e il 41,9° di chi si rivolge a strutture private. Ecografie e cesarei: durante la gravidanza una donna su due si sottopone in media a 4-6 ecografie contro le 3 consigliati dal ministero della Salute e oltre il 30% a 7 o piu’. Tra il 21% e il 47% dei parti avvengono con il taglio cesareo, nonostante il 65% delle gravidanze abbia un decorso fisiologico. Gravidanza: Circa il 75% delle donne sono state seguite da un ginecologo privato, solo una percentuale fra l’1,6% e il 17,3% si e’ rivolta a un consultorio. Meno di meta’ delle donne ha ricevuto informazioni adeguate sull' allattamento al seno, almeno di un terzo sulle cure neonatali e sulle normative che tutelano la gravidanza. _____________________________________________________ Repubblica 23 ott. ’03 PER CURARE IL CANCRO AL COLON CHE MIO IN PASTICCHE Passo in avanti per la qualita’ della vita dei malati. Farmaco sperimentato, i risultati presentati a Roma ROMA-Per i malati di tumore al colon-retto e’ pronta la chemioterapia in pillole. Il passo avanti in termini di qualita’ della vita e’ grande: prima le medicine dovevano essere assunte endovena. Emilio Bajetta, direttore del dipartimento di oncologia medica dell'Istituto nazionale tumori di Milano, ha coordinato la sperimentazione del nuovo farmaco in Italia e ieri ha presentato i risultati al congresso dell'Associazione italiana di oncologia medica che e’ in corso in questi giorni a Roma. «La nuova sostanza farmacologica si chiama capecitabina ed e’ gia’ utilizzata peri tumori della mammella. Nel nostro paese abbiamo iniziato a usarla da un anno anche per il colonretto e ormai e’ arrivata in tutti i centri di oncologia del paese. Ma, come tutti i medicinali usati per frenare la proliferazione cellulare, non puo’ essere distribuito al di fuori degli ospedali». La pillola va assunta due volte al giorno, direttamente a casa. La capecitabina ha la capacita’ di essere assorbita dal tessuto tumorale e in maniera sette-otto volte maggiore rispetto ai tessuti sani. Agisce quindi dove piu’ c'e’ bisogno. «E' piu’ efficace dei farmaci tradizionali - spiega Bajetta - e comporta meno effetti collaterali, come caduta dei capelli e diarrea. Permette al paziente di andare in ospedale una sola mattina al mese (se non ci sono altri problemi emergenti) per i controlli e la programmazione della cura». Per il tumore al colon-retto – che e’ imputabile nella maggior parte dei casi a un'alimentazione eccessivamente ricca di grassi - fino a vent'anni fa non esisteva alcuna terapia. Poi arrivarono i farmaci che bisognava iniettare endovena. Il piu’ diffuso tra questi e’ il 5-fluorouracile. Ma la somministrazione doveva essere - per quanto possibile - diluita nel tempo. Accadeva cosi’ che i pazienti fossero costretti al ricovero in ospedale con la flebo nel braccio per due, cinque, fino a trenta giorni di seguito per ogni ciclo di chemioterapia. Dal cilindro della tecnologia qualche anno fa emerse finalmente un nuovo apparecchio ma con alcune caratteristiche non propriamente positive molto costoso per il sistema sanitario e tutt'altro che esente da rischi. Si tratta di una piccola pompa da tenere nella tasca di una giacca, collegata a un catetere che inietta la medicina direttamente nell'atrio destro del cuore. Permette di continuare la vita di tutti i giorni, «ma - sottolinea Bajetta - i problemi non mancano. C'e’ il rischio che durante l'impianto su dieci. Altre volte invece (nel nostro centro capita un caso ogni mese circa) il catetere si rompe per usura e va a finire nel cuore. Recuperarlo e’ possibile con un intervento chirurgico. Ma certo, se si potesse evitare». La chemioterapia orale a base di capecitabina sembrerebbe un toccasana. Ma davanti ai medici si e’ presentata pero’ una difficolta’ imprevista. «Le semplici pillole da assumere a casa - spiega l'oncologo di Milano - a volte vengono sottovalutate dai pazienti. Come se, anziche’ un farmaco salvavita, quella appoggiata sul comodino fosse solo una scatola di vitamine o tranquillanti». Per superare questa difficolta’, soprattutto quando il malato e’ anziano e solo, lo si obbliga a compilare ogni giorno un questionario in cui si ricorda l’importanza dell’assunzione del chemioterapico in pillole, anche con dei disegni colorati. _____________________________________________________ Gazzetta di Parma 23 ott. ’03 CECITA’, CELLULE DAI CADAVERI LONDRA - Cellule prelevate dagli occhi dei morti potrebbero un giorno essere utilizzate per curare la cecita’ nei vivi. Secondo quanto riportato dalla rivista britannica New Scientist infatti, un'e’quipe di scienziati dell'universita’ di Toronto e’ riuscita ad isolare delle cellule staminali intorno all'iride. Le cellule, iniettate poi negli occhi di topi appena nati, hanno generato a loro volta altre cellule retiniche tra cui coni e bastoncelli sensibili alla luce, accendendo cosi’ la speranza di nuove cure per alcuni tipi di cecita’. Le cellule staminali sono state prelevate da occhi umani donati alla Banca. dell'Occhio del Canada. Ogni occhio ha fornito c 10.000 cellule staminali, da ciascuna delle quali potevano essere cresciute altre 15.000 cellule «figlie». Presto Ilerek van der Kooy, direttore della ricerca, ripetera’ l'esperimento iniettando le cellule negli occhi di topi adulti affetti da retinite pigmentosa. ______________________________________________________ L’Unione Sarda 24 ott. ’03 Statistica DICE L’ESPERTO: «AIDS IN AGGUATO PER I RAPPORTI NON PROTETTI TRA I RAGAZZI» Le adolescenti sarde sono piu’ educate alla contraccezione rispetto alle coetanee del resto del Paese. E’ uno dei dati emersi durante la seconda giornata del decimo congresso della Sima, la societa’ italiana di medicina dell’adolescenza. In Sardegna, dicono i dati esposti dai convegnisti, il 30 per cento delle donne usa la pillola, una media superiore di un terzo a quella nazionale: «Di fatto - ha detto Gian Benedetto Melis, docente nella facolta’ di Medicina dell’universita’ di Cagliari - vantiamo uno standard di emancipazione femminile che e’ ben superiore a quanto accade nel resto d’Italia». Ma ha fornito un altro dato meno rassicurante: «In provincia di Cagliari il 14,8 per cento dei giovani non usa contraccettivi, il 13 per cento e’ il dato nel resto d’Europa». Una minore sensibilita’ rispetto ai coetanei europei per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse che deve far riflettere. «Si fa troppo poco per la prevenzione primaria - e’ uno dei concetti emersi dal convegno - E una grossa fetta di adolescenti paga contraendo l’Aids e altre malattie sessualmente trasmesse: non a caso gonorrea e sifilide aumentano. Peraltro, la contraccezione orale, in un conteso di disordine e disinformazione, non salva da un gran numero di patologie». Note decisamente allarmanti anche da un altro ambito dei lavori, il simposio dedicato al trauma cranico nell’adolescente. I lavori hanno rimarcato i dati sugli incidenti dovuti al mancato uso del casco e delle cinture di sicurezza. «Siamo indietro come cultura e come prevenzione. In Italia, si scopre che nelle citta’ in cui la legge viene fatta rispettare, al Nord soprattutto, c’e’ stato un decremento superiore al 50 per cento di ricoveri dovuti a traumi cranici». Un sintomo nettissimo di come la prevenzione degli incidenti mortali passi possa passare per la scuola e per le campagne di sensibilizzazione rivolte ai giovanissimi. «Occorre tolleranza zero - si e’ detto commentando la tendenza a non adottare le piu’ elementari misure di sicurezza su strada - dalle forze dell’ordine e famiglia e scuola devono dare un adeguato supporto. Oltre ai drammi che sconvolgono la vita di questi giovani e delle loro famiglie, non va scordato il costo in termini sociali: un giorno di ricovero in terapia intensiva puo’ superare i tre mila euro. E un discorso a parte, oltre alla degenza, merita la riabilitazione». Poco confortante anche la radiografia dei servizi offerti alle fasce d’eta’ piu’ a rischio: «La realta’ sarda evidenzia una serie di presidi purtroppo non articolate in una rete di servizi. Per cui i costi di gestione sono elevati e la risposta alle esigenze degli adolescenti spesso inefficace” spiega il presidente del congresso e direttore del dipartimento di Scienze pediatriche dell’ateneo di Cagliari, il professor Carlo Pintor. Tra i temi in programma nei lavori di oggi, l’intossicazione da alcol, eroina, marjuana ed ecstasy. ______________________________________________________ Repubblica 22 ott. ’03 CARCINOMA DELLA TIROIDE, 100 GENI COINVOLTI NAPOLI I gruppi di ricerca di Massimo Santoro, Alfredo Fusco, e Giancarlo Vecchio, dell’Universita’ di Napoli Federico II, hanno identificato i circa 100 geni che caratterizzano il carcinoma papillifero. Lo studio ha anche permesso di scoprire che piu’ di 800 geni sono coinvolti nel carcinoma anaplastico (di gran lunga piu’ importante). Lo studio di questi geni potrebbe rivelarsi molto utile per comprendere quali sono i meccanismi ed, eventualmente, i fattori di rischio che portano al tumore della tiroide ed allo sviluppo delle sue forme piu’ aggressive. Il numero dei geni rivela anche quanto sia lontana la terapia genetica dei tumori. I tumori della tiroide rappresentano circa l’1 per cento di tutti i tumori. L’incidenza dei tumori maligni della tiroide (cancro o carcinoma tiroideo) e’ di circa 3 nuovi casi ogni 100.000 persone per anno. La frequenza con cui vengono riscontrati piccolissimi tumori maligni della tiroide (inferiori a 10 mm di diametro) e’ estremamente elevata e si puo’ stimare che essi siano presenti nel 35 per cento della popolazione generale. Tuttavia, fortunatamente, solo in misura molto limitata questi ‘‘microcarcinomi’’ diventano tumori sintomatologicamente evidenti. La grande maggioranza di essi infatti rimane completamente silente. Si calcola che in circa 1 individuo su 3 si possano manifestare, nel corso della vita, uno o piu’ noduli della ghiandola.