I SOLDI SONO SEMPRE POCHI MA I SARDI SI FANNO ONORE A CAGLIARI LA LAUREA COSTA 2900 EURO/ANNO IL LINGUAGGIO DELLA RICERCA: DAL LABORATORIO AL PUBBLICO PRIORITA’ AI NOSTRI GIOVANI RICERCATORI RICERCA, L’ITALIA RISCHIA L’ISOLAMENTO SERVONO PIU’ SOLDI PER GLI ATENEI' LE NOSTRE UNIVERSITA’ BUSSANO CASSA VENTIMILA RICERCATORI IN CRISI STIPENDI BASSI, SI ALZA L' ETA’ MEDIA RICERCA SENZA STIPENDIO LE PROMESSE MANCATE DEL MINISTRO LETIZIA SOLO IL MERCATO PUO’ SALVARE LA RICERCA SCIENTIFICA» IL SAN RAFFAELE ASSUME CINQUECENTO SCIENZIATI CAGLIARI FONDI AGLI SGOCCIOLI: FACOLTA’ DI LETTERE VERSO LO STOP ================================================================== NUOVA FACOLTA’ DI MEDICINA ENTRO IL 2006 NASCE LA NUOVA FACOLTA’ DI MEDICINA L’AZIENDA MISTA NON ARRIVA AZIENDA MISTA:RISSA DEI PADRETERNO PATOLOGIA MEDICA, LA ASL SI TIENE STRETTO IL REPARTO FINANZIARIA: IL PUNTO DEBOLE E’ LA SANITA’ AL BROTZU I TRAPIANTI COMBINATI RENE-PANCREAS MEDICINA; VINCE L’UNIVERSITA’ (A NAPOLI) ODONTOIATRIA, CONCORSO FARSA:. PASSANO I RACCOMANDATI SAN RAFFAELE, PROGETTATO SUPERCOMPUTER CHE FA MILIARDI DI,OPERAZIONI AL SECONDO IL 25% DELLE MEDICINE VENDUTE E’ UN FALSO SE L'ANTIMATERIA DIVENTA L'ARMA CONTRO IL CANCRO VALVOLE REALIZZATE CON IL SANGUE DEI PAZIENTI OGM, LA VIA DEL VATICANO «PIU’ BENEFICI CHE RISCHI» COLTIVIAMO LA CONOSCENZA HELICOBACTER, ORA E’ DIMOSTRATO PUO’ DARE IL TUMORE ALLO STOMACO I GENI DELLA PSORIASI BIOTECH CONTRO IL TUMORE DELLA PROSTATA SUPERCELLULE DAL MIDOLLO E IL CUORE SI AGGIUSTA ================================================================== ______________________________________________________ La Nuova Sardegna 10 nov. ’03 I SOLDI SONO SEMPRE POCHI MA I SARDI SI FANNO ONORE Cagliari: parlano Rossella Coppola (Policlinico universitario) e il rettore Mistretta CAGLIARI. "Abbiamo costanti sperimentazioni cliniche autorizzate al Policlinico e c’e’ un ospedale che e’ interamente destinato alla cura dei tumori: la Sardegna non e’ ferma rispetto alla ricerca nazionale ed e’ aggiornata rispetto alle linee guida stabilite di volta in volta dal ministero. Nelle due cattedre di oncologia 1 e oncologia 2 si lavora molto". Rossella Coppola, direttore generale del Policlinico universitario, riassume in questo modo un concetto importante: nell’oncologia, la Sardegna non e’ isolata. Cosi’ il rettore dell’universita’ cagliaritana, Pasquale Mistretta: "L’appello del presidente della Repubblica dovrebbe essere tenuto in altissima considerazione. Purtroppo, adesso, e’ davvero inadeguata la quota di investimenti riservati alla formazione e alla ricerca rispetto al prodotto interno lordo. E’ una questione di priorita’ di scelte che, siccome le fanno i politici, debbono avere un ritorno (elettorale) veloce e la ricerca, invece, e’ un campo che sta a cuore soltanto a chi e’ lungimirante. "In Italia - continua Mistretta - si fanno strade e strade per affrontare il tema della sicurezza, ottima cosa, ma non dovrebbe essere possibile che la ricerca e la formazione siano finanziariamente tanto trascurate. Siamo gli ultimi in Europa". Sulla situazione della ricerca oncologica in Sardegna: "L’universita’ lavora molto sia sui pazienti, sia sui farmaci. C’e’ tanto impegno sul fegato, sul sangue, anche in concerto tra e’quipe di diversi ospedali. E si e’ imboccata con decisione la strada della ricerca oncologica in campo genetico. "Ma quando si parla di finanziamenti - spiega ancora il rettore - dobbiamo restare delusi. Fondi specifici non ce ne sono, si raccoglie denaro con le campagne di sensibilizzazione promosse da vari enti e ci sono le commissioni che gestiscono questi fondi. La Regione eroga finanziamenti ad personam: i singoli ricercatori che ci riescono ottengono fondi per un macchinario o, molto piu’ raramente, per un progetto. Ma c’e’ una crisi assoluta sulle risorse effettive. Ed e’ tanto piu’ grave se si considera un aspetto: e’ dalla quantita’ di massa critica che, quando si parla di ricerca, ci si puo’ attendere un risultato. Quanti piu’ ricercatori lavorano tanto piu’ velocemente e validamente si puo’ arrivare al risultato di individuare cause e cure. Il ricercatore isolato, per quanto bravo, per giunta in penuria di mezzi finanziari e tecnologici, non puo’ farcela. "Sono le scuole - conclude Mistretta - che ormai riescono a portare i risultati, a migliorare i protocolli e a volte anche a trovare finalmente qualcosa di definitivo". ________________________________________ Corriere della Sera 13 nov. ’03 A CAGLIARI LA LAUREA COSTA 2900 EURO/ANNO SETTEMILA EURO L' ANNO PER STUDIARE Alloggi, svago e rette: primo confronto tra sette atenei. A Pavia registrato un aumento del 20% Benedetti Giulio ROMA - Quale e’ il costo annuo di mantenimento di un universitario? A Pavia un ragazzo privo dell' appoggio di una famiglia spendeva nel 2000, quando e’ stata fatta l' ultima ricerca, 6.135 euro. Oggi non se la potrebbe cavare con meno di 7.100 euro, il venti per cento in piu’, gestendo il proprio bilancio con parsimonia. Un pendolare doveva mettere in conto 3.228 euro, da rivalutare oggi a 3880 euro. Fare il fuorisede ad Ancona tre anni fa costava poco piu’ di 4.700 euro l' anno. Oggi dovremmo essere sui 5.400 euro. BORSE DI STUDIO - Queste cifre dicono una cosa molto semplice: senza borse di studio, se non si ha alle spalle una famiglia benestante, e’ difficile prendere una laurea. E anche le borse di studio erogate dalle regioni non risolvono il problema, visto che non coprono quasi mai per intero le spese che deve sostenere lo studente. Soprattutto se si tratta di un fuorisede. L' identikit dell' universitario e’ mutato negli ultimi anni. Accanto allo studente post liceale dedito unicamente agli studi, si sono affermate nuove figure prima minoritarie come lo studente lavoratore o il lavoratore studente. Queste due figure, che per gli impegni extrauniversitari non potranno mai rispettare i criteri di merito previsti dalle borse di studio, coprono, da sole, quasi la meta’ della platea nazionale degli universitari. C' e’ anche una nuova tipologia, lo studente indipendente, un universitario single o sposato che vive per proprio conto. Di qui la necessita’ di nuove provvidenze piu’ flessibili come i prestiti d' onore, dove e’ lo studente stesso a fissare l' importo, in relazione al suo personale bilancio. QUANTO COSTA - Finora alla domanda quale e’ il costo reale degli studi universitari, sono state fornite risposte diverse, cosi’ come erano diversi e quindi poco utili i criteri impiegati per calcolare la spesa. Quasi sempre si trattava di stime fatte a livello locale. L' ultima, effettuata in Piemonte nel 2001, dava questi risultati: 4600 euro l' anno per gli studenti in sede, 8300 euro per i fuorisede e 10.900 euro per gli indipendenti. L' istituto regionale di ricerca della Lombardia (Irer), su input del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnuvsu), ha cercato isolare e quantificare le voci essenziali che riguardano il mantenimento agli studi per le tre tradizionali tipologie di universitari: in sede, pendolari e fuori sede. Ed ha applicato il metodo a sette citta’ che ospitano importanti atenei: Pavia, Ancona, Cagliari, Napoli, Modena, Genova e Venezia. Nel calcolo dei costi di mantenimento sono stati inclusi alloggio, vitto, trasporti, fotocopie, libri, altri materiali di studio, attivita’ sportive, cultura e svago, telefonino e rientri in famiglia. Nel caso dei pendolari i trasporti comprendevano anche i trasporti extraurbani. Non sono stati considerati costi di altri corsi di istruzione, acquisti di beni durevoli (auto, moto, libri dischi, vestiti, viaggi all' estero) legati agli stili di vita degli universitari. In buona sostanza si e’ cercato di limitare il calcolo dei costi alle sole voci direttamente collegate ad una regolare frequenza agli studi universitari. IL PRESTITO D' ONORE - E' il prestito d' onore lo strumento-chiave per garantire davvero il diritto allo studio universitario; non da solo pero’, ma integrato a un sistema di borse di studio. Un mix di incentivi che potrebbe coprire in modo adeguato i costi dell' istruzione. Ne sono convinti Guido Fiegna e Giuseppe Catalano, membri del Cnvsu, che hanno curato l' indagine sul costo degli studi universitari presentata oggi a Roma nella sala conferenze del Miur. In realta’ il prestito d' onore esiste in Italia da 12 anni, ma non e’ mai decollato. Perche’? «I motivi - spiega Catalano - sono diversi: ci sono le resistenze culturali e anche la riluttanza delle banche ad affrontare rischiosi investimenti». «In prospettiva - ha sottolineato Catalano - lo studente con requisiti di merito e di condizione economica potrebbe ottenere un' erogazione monetaria di cui una parte dovra’ essere restituita e una parte sara’ concessa a fondo perduto, come le attuali borse. L' entita’ della restituzione, che non riguarda la borsa, sara’ legata ai risultati dello studente. A maggior merito minor restituzione». Giulio Benedetti RESIDENZE I NUMERI I FINANZIAMENTI Mille miliardi Nelle prossime settimane il governo dovrebbe varare un programma di finanziamenti di 1.000 miliardi di vecchie lire per creare 7-8 mila nuovi posti in residenze universitarie I POSTI Trentamila Attualmente i posti negli alloggi pubblici sono 30 mila e di questi 10 mila sono concentrati in soli tre atenei: Urbino, Pavia e all' universita’ di Calabria IL CONFRONTO In Europa Il gap che ci separa da altri Paesi europei e’ considerevole: in Francia e Germania i posti alloggio sono intorno ai 130-140 mila. A fronte di questa carenza di residenze universitarie, gli studenti fuori sede in Italia sono almeno 300 mila Senza borse di studio gli studenti sono costretti a dipendere dalle famiglie «L' unica soluzione sono i prestiti d' onore ma le banche sono riluttanti a introdurli» LA MAPPA Pavia 7 mila 100 euro Ancona 5 mila 400 euro Venezia 6 mila 800 euro Cagliari 5 mila 400 euro Napoli 6 mila 300 Modena 6 mila 800 euro Genova 6 mila 500 euro A Pavia, nell' anno accademico 1999-2000, uno studente residente spendeva 3 mila 228 euro, un pendolare 3 mila 200, un «fuori sede» 6 mila 135 euro, diventati oltre 7 mila oggi, con un aumento del 20% E’ la citta’ piu’ economica. Vivendoci ci si laurea con 2 mila 500 euro. Da pendolare bisogna metterne in conto 400 in piu’. Il fuorisede non se la cava con meno di 4 mila 700 euro. Laurearsi nella Laguna costa, per chi vi risiede, 3 mila 500 euro l' anno. Il pendolare deve disporre almeno di 3 mila 750 euro. Lo studente fuorisede deve mettere in conto 6 mila 800 euro Anche il capoluogo della sardegna e’ decisamente economico. Lo studente post liceale si laurea con 2 mila 900 euro, il pendolare con 3 mila 200 e il fuorisede con 4 mila 700 Negli atenei di Napoli si parte da un minimo di 3 mila 350 euro, per chi risiede in citta’. Il pendolare deve preventivarne 3 mila 750. Infine il fuorisede deve poter contare su un budget di almeno 5 mila 400 euro Lo studente residente, compreso il costo di un pasto giornaliero, spende 3 mila 400 euro, il pendolare ne deve spendere 3 mila 800. Il fuorisede dovra’ disporre di 5 mila 900 euro Si parte da 3 mila e 200 euro per lo studente che vive nella citta’. Il budget sale a 3 mila 500 per il pendolare. Il vitto e l' alloggio fanno salire la spesa per il fuorisede a 5 mila 600 euro l' anno ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 14 nov. ’03 IL LINGUAGGIO DELLA RICERCA: DAL LABORATORIO AL PUBBLICO SASSARI. "Il linguaggio della ricerca" e’ il tema che fara’ da filo conduttore ai 54 incontri previsti in tutta Italia nell’ambito della Giornata nazionale per la ricerca sul cancro organizzata dall’Airc. Sabato alle 10,30 anche a Sassari, nell’aula di patologia generale e igiene dell’universita’, in via Padre Manzella 4, il mondo della ricerca e quello dell’informazione scenderanno in campo assieme per trasmettere all’esterno segnali corretti di quanto si fa per combattere il cancro. La ricerca ha scoperto che alla base dei tumori ci sono errori di informazione dei singoli geni. Questi errori possono diventare bersagli e richiami per portare i farmaci e le radiazioni solo alle cellule che ne hanno bisogno, senza danneggiare quelle sane. E’ la strada per definire terapie personalizzate per ogni paziente. Ma anche l’informazione, quella da persona a persona, puo’ essere una strategia vincente: comportamenti di vita sbagliati (il fumo, l’alcol, l’esposizione a inquinanti etc) moltiplicano i rischi che cellule gia’ predisposte al cancro impazziscano. Insomma, quello che la scienza ha da dire e’ sempre piu’ importante eppure non sempre chi ascolta e’ disposto ad accogliere questi messaggi. Ai giornalisti l’arduo compito di far dialogare le cellule di quell’organismo che comunemente chiamiamo societa’. Su economia, costume, politica e famiglia c’e’ una abitudine a comunicare. Sulla ricerca, invece, troppo spesso si punta al sensazionalismo, alle facili semplificazioni spesso fuorvianti. Occorre invece una buona divulgazione per il trasferimento della cultura tra i non specialisti affinche la societa’ sia in grado di cogliere tempi, tragitti, obiettivi e risultati della ricerca scientifica. Il professor Francesco Feo (nella foto) docente di patologia generale dell’universita’ di Sassari terra’ l’intervento d’apertura dell’incontro che e’ mirato soprattutto agli studenti. - Professor Feo lei e’ un veterano delle ricerche finanziate dall’Airc. Cosa studia? "In particolare la genesi dei tumori del fegato". - Siete i soli in Italia? "No, studi paralleli sono portati avanti in altri due istituti". - Professore, non teme che una visione troppo manageriale della gestione della ricerca alla fine sia controproducente? "E’ giusto che si evitino sovrapposizioni e dispersioni di risorse, soprattutto se i fondi disponibili sono pochi. Ogni progetto deve avere precisi obiettivi e finalita’. E’ corretto che i risultati conseguiti, anche se non hanno applicazioni, siano verificati da esperti indipendenti. Se poi queste ricerche sono pubblicate da prestigiose riviste scientifiche, possiamo essere fieri del nostro lavoro". - E sperare in nuovi finanziamenti? "L’Airc e’ una delle fondazioni piu’ serie. E il suo comitato scientifico sa scegliere i migliori progetti. I soldi delle donazioni sono ben spesi".(s.m.) La Nuova Sardegna 13 nov. ’03 Un progetto del centro orientamento dell'ateneo Due corsi dell'universita’ per aiutare gli studenti a trovare un posto di lavoro CAGLIARI. Settimane, mesi, anni a capire Platone, Cartesio e Wittgenstein. Poi la tesi, i complimenti dei parenti e della commissione e la festa di laurea. Si’, e dopo? C'e’ un altro mostro da affrontare, il lavoro. Una brutta bestia soprattutto se, tra un ‹‹cogito ergo sum›› e un pensiero adiabatico, non si e’ mai avuto modo di capire che cos'e’ un curriculum vitae, come ci si comporta a un colloquio di lavoro e come si trova impiego nella rete. A tutto questo ora ci pensa l'Universita’ con due corsi del centro orientamento dell'ateneo. Il primo, quello che partira’ il 9 dicembre, aperto agli studenti di tutte le facolta’ purche’ siano laureati. Il secondo, il via a gennaio, riservato a chi, si suppone, ha meno senso pratico degli altri: gli studenti di lettere, filosofia e scienza della formazione. Le due iniziative sono state presentate ieri mattina nel corso di una conferenza stampa nella sede del centro orientamento dai coordinatori del progetto: Walter Racugno, Luigi Sotgiu e Fabrizia Biggio. ‹‹L'Universita’ - ha detto Racugno - per anni si e’ preoccupata di formare: compito nobilissimo, ma bisogna pensare anche a cosa fara’ lo studente una volta terminati gli studi. L'Universita’ italiana ha gia’ iniziato a muoversi in questa direzione e ora si comincia anche a Cagliari››. Il primo corso sara’ una full immersion di quaranta ore per capire il piu’ in fretta possibile che cosa c'e’ fuori dall'universita’. Materie inedite nel primo modulo di dodici ore (il via ai corsi il 9 dicembre): rafforzamento delle motivazioni, sviluppo delle capacita’ personali e di relazione, stesura di un curriculum, simulazione di colloquio di lavoro. Poi si passa all'esame delle caratteristiche del lavoro in proprio, in un ente pubblico e da un privato. Infine l'esame delle normative: leggi di sostegno all'imprenditoria giovanile, nuove forme di lavoro previste dalla legge Biagi, eccetera. Terza fase, gli stage: esperienze pratiche e visite in azienda. Le iscrizioni si ricevono, a mano o per raccomandata, nella sede di via Ospedale: scadenza il 25 novembre alle 12.30. L'altro corso, quello che partira’ a gennaio, e’ riservato agli studenti delle facolta’ piu’ lontane - almeno questo dicono i dati Istat e di ateneo degli ultimi anni - dal mondo del lavoro: lettere, filosofia e scienze della formazione. Un tempo, con questi titoli di studio, si passava direttamente alla cattedra. Ora, anche grazie ai tagli del ministro manager Letizia Moratti, non e’, e non sara’, piu’ cosi’. E allora ecco l'invito a cercare altre strade, sfruttando le possibilita’ della new economy. Il corso proposto dal centro orientamento ha proprio questo obiettivo: aiutare gli studenti a fare i conti con la realta’. Senza rinnegare pero’ tutto quello che si e’ studiato all'universita’. Il corso e’ di 200 ore: possono partecipare cento studenti. Sempre o laureandi o laureati da ventiquattro mesi. Stefano Ambu ____________________________________________ La Padania 13 nov. ’03 PRIORITA’ AI NOSTRI GIOVANI RICERCATORI Amministrare significa fare delle scelte. Se poi chi amministra si ritrova con scarse risorse, allora la cosa diventa particolarmente difficile. Ma e’ anche quando si vede la validita’ di un amministratore. Ora che non ci siano i soldi per assumere i 1700 vincitori del concorso di ricercatore, ma che ci siano in abbondanza quelli per la cosiddetta accoglienza ai clandestini, non e’ soltanto scandaloso, ma e’ aberrante. Siamo indietro con la ricerca e cio’ ci penalizza enormemente sui mercati mondiali, sulla produzione di beni e quindi sull'occupazione e, infine, sulla produzione di quelle risorse o ricchezze che presto non ci saranno piu’ per nessuno, italiani e immigrati. Questi ultimi, ormai, in un massiccio passa parola hanno sparso ai quattro venti l'informazione che l'Italia e’ il paese del Bengodi, accoglie sfama, veste e alloggia tutti gratuitamente. Credo che la pazienza degli italiani stia per esaurirsi, dal momento che la loro fiducia nella nostra classe politica al governo e, peggio ancora, all'opposizione e’ ormai da tempo svanita. ________________________________________ Il Messaggero 15 nov. ’03 RICERCA, L’ITALIA RISCHIA L’ISOLAMENTO LA FUGA DEI CERVELLI Il Nobel Rubbia lancia l’allarme. Un’interrogazione parlamentare dei Ds ROMA - «Il problema andava discusso e risolto molto tempo fa, ma nessuno purtroppo ha voluto ascoltare»: per il premio Nobel Carlo Rubbia, la questione dei 1700 ricercatori italiani che hanno minacciato di emigrare «e’ un problema per il Paese», che rischia di restare isolato dal resto del mondo. «Purtroppo il mondo della scienza e piu’ in generale della cultura si trova troppo spesso isolato - ha detto il professor Rubbia intervenendo alla 2/a Conferenza Enrico Fermi che si e’ svolta a Roma al Teatro Argentina - Bisognerebbe avere piu’ attenzione e non dimenticare coloro che si occupano della ricerca». Secondo Rubbia, l'appello del presidente della Repubblica Ciampi «non fa che sottolineare questo momento di particolare difficolta’», che il premio Nobel si augura possa comunque trovare una «felice soluzione». In caso contrario, il rischio, ha avvertito lo scienziato, e’ quello che l'Italia si trovi isolata rispetto al resto del mondo e questo e’ inaccettabile». Intanto, in Senato si attende il voto sull’emendamento che dovrebbe stanziare piu’ fondi per garantire le assunzioni dei ricercatori. Fondi che secondo i senatori Ds sono diventati una specie di scusa, nel senso che il vero problema e’ il blocco delle assunzioni e non le carenze finanziarie. Su questo i rappresentanti della Quercia hanno presentato una serie di interrogazioni. Chiedono al ministro Moratti con quali provvedimenti della Finanziaria 2004 intenda risolvere il problema di garantire e incrementare il reclutamento continuo dei giovani ricercatori e se non giudichi ragionevole per il futuro del Paese rinunciare definitivamente al blocco delle assunzioni dei ricercatori. Queste le dichiarazioni fatte dai senatori della Commissione istruzione Luciano Modica, Maria Chiara Acciarini, Vittoria Franco, che hanno chiesto chiarezza sul tema dei fondi per la ricerca, dopo la serie di cifre stilate in questi giorni. «Chiediamo al ministro - spiegano i senatori Ds - se non intenda ammettere una volta per tutte che il problema delle assunzioni dei ricercatori gia’ vincitori di concorso non necessita’ affatto di nuove risorse finanziarie. Le universita’ e gli enti, come tutti sanno, dispongono gia’ fin dal momento del bando di concorso, dei fondi necessari per pagare gli stipendi di questi giovani. Il blocco delle assunzioni non porta alcun risparmio. Il sistema universitario utilizza in altro modo i fondi accantonati dagli stipendi. Oltre ad assumere i 1700 giovani ricercatori vincitori di concorso, e’ quindi necessario rimuovere una volta per tutte il blocco, accogliendo cosi’ l'appello del Presidente Repubblica Ciampi». Anche dai banchi della Margherita si levano critiche. «L’opposizione si augura che il governo recuperi le risorse necessarie per le assunzioni dei 1.700 ricercatori, evitando cosi’ la fuga dei cervelli». La senatrice Albertina Soliani, ex sottosegretario all’Istruzione con il governo dell’Ulivo, dice: «E’ triste constatare la drammaticita’ del modo in cui il governo intende reperire i fondi che, a quanto pare, si recupereranno con tasse di scopo, ovvero tassando maggiormente i vizi degli italiani: videopoker, alcol, fumo. Una soluzione di ripiego, poiche’ di questo si tratta, indicativa del ruolo marginale in cui il governo relega ricerca, scuola e universita’». ________________________________________________________________ Avanti 10 nov. ’03 SERVONO PIU’ SOLDI PER GLI ATENEI' Piu’ soldi alle Universita’. Lo chiede ad alta voce Confindustria, che punta il dito accusatore contro lo "scandaloso" taglio dei fondi agli atenei italiani. A sostenerlo e’ Silvio Fortuna, delegato per l'Education di viale dell'Astronomia, che nel suo impietoso atto d'accusa non tralascia di sottolineare "gli sforzi straordinari" messi in campo dal ministro dell'Istruzione Letizia Moratti, che "si e’ dedicato, non sempre con la solidarieta’ dei sui colleghi di governo, alla ricerca di maggiori fondi per l'Universita’ italiana". Convinti di dover cambiare al piu’ presto rotta, gli industriali chiedono al governo "uno sforzo straordinario a supporto della crescita dell'Universita’ italiana che consenta ai nostri studenti di avere lo stesso sostegno dei loro colleghi europei e agli atenei di poter esercitare l'autonomia con responsabilita’". Per Confindustria l'occasione e’ un momento per rendere pubblici i dati di una ricerca. E sono proprio i numeri a rivelare che il 10 per cento della popolazione italiana tra i 25 ed i 64 possiede una laurea, dato che sale al 12 per cento della classe di eta’ tra 25 e 34 contro un valore medio pari al 29 per cento dei Paesi dell'Unione europea, il 35 per cento della Francia, il 30 per cento del Regno Unito ed il 36 per cento della Spagna. Inoltre, solo i14 per cento degli studenti italiani si laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, mentre ben i163 per cento si e’ laureato con tre o piu’ anni di ritardo. Confindustria mette sotto la lente d'ingrandimento anche la spesa per l'istruzione: nel nostro Paese si investe in formazione ed istruzione i16 per cento del Pil, una cifra analoga a quella degli altri Paesi europei, ma la spesa italiana per l'Universita’ resta comunque tra le piu’ basse dell'Unione europea: appena settemilacinquecento dollari per studente a fronte di una media europea di 9.700 dollari. Ma nonostante cio’ la spesa per laureato - secondo l'analisi commissionata da viale dell'Astronomia - e’ di gran lunga piu’ elevata nei confronti di altri Paesi proprio perche’ la durata media degli universitari in Italia e’ estremamente alta. In "rosso" nelle Universita’ italiane e’ anche il rapporto docenti-studenti che e’ di uno a ventiquattro. In Francia scende a uno a diciassete, in Finlandia uno a sedici, negli Stati Uniti, uno a quindici, mentre in Germania e’ di un docente ogni dodici studenti. Il Cahier de Doleances riguarda anche le strutture universitarie: secondo i dati forniti da Confindustria resta bassissimo il numero degli alloggi universitari disponibili (2 per cento) mentre questo dato nell'Unione europea oscilla tra il 10 ed il 20 per cento. Infine in Italia soltanto dodici studenti su cento ricevono aiuti per i loro studi contro i190 per cento dell'Olanda, l'83 per cento della Finlandia, il 45 per cento della Francia e il 40 per cento dell'Irlanda. ===================================================== IL Giornale 13 Nov 03 LE NOSTRE UNIVERSITA’ BUSSANO CASSA Ma a giusta ragione" Confindustria rompe gli indugi e si schiera dalla parte dell'Universita’, per denunciare che in Italia la spesa a favore degli atenei, e piu’ in generale di chi li frequenta, "e’ scandalosamente bassa". Ad affermarlo e’ Silvio Fortuna, delegato per l'Education di viale dell'Astronomia, che nel suo impietoso j'accuse non dimentica di sottolineare anche "gli sforzi straordinari" messi in campo dal ministro Letizia Moratti, che "si e’ dedicato, non sempre con la solidarieta’ dei sui colleghi di governo, alla ricerca di maggiori fondi per l'Universita’ italiana". Confindustria sceglie dunque Napoli per chiedere al governo "uno sforzo straordinario a supporto della crescita dell'Universita’ italiana che consenta ai nostri studenti di avere lo stesso sostegno dei loro colleghi europei e agli atenei di poter esercitare l'autonomia con responsabilita’". "Investire di piu’ - ha sottolineato il rappresentante degli industriali italiani, dal palco di Orientagiovani, in programma la scorsa settimana alla Citta’ della Scienza - significa controllare meglio l'esito dell'investimento del Paese per l'Universita’. Per il bene di tutti, dei giovani in primo luogo ma anche delle imprese e dei lavoratori, questo Paese ha ancora bisogno di crescere di diventare piu’ competitivo, piu’ forte sul terreno sociale ed economico". Secondo i dati illustrati da Confindustria, il 10 per cento della popolazione italiana tra i 25 ed i 64 possiede una laurea, dato che sale al 12 per cento della classe di eta’ tra 25 e 34 contro un valore medio pari al 29 per cento dei Paesi dell'Unione europea, i135 per cento della Francia, il 30 per cento del Regno Unito ed il 36 per cento della Spagna. Inoltre, sempre secondo i dati diffusi da Confindustria, sole il 4 per cento degli studenti italiani si laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, mentre ben i163 per cento si e’ laureato con tre o piu’ anni di ritardo. Confindustria ha presentato un rapporto sugli insegnanti europei redatto in collaborazione con le organizzazioni imprenditoriali di sette paesi d'Europa. Il documento mette l'accento sulla necessita’ di valorizzare la professionalita’ degli insegnanti e di far crescere il loro prestigio sociale. "Voglio annunciare oggi ufficialmente - ha aggiunto Fortuna - che Confindustria nel 2004 lancera’ il 'Teacher Year', un anno interamente dedicato dalle nostre associazioni industriali ad incontrare gli insegnanti mediante un programma denominato 'Scuola e impresa per una nuova didattica: il sapere minimo sull'alternanza'. Puntare sugli insegnanti - ha detto Fortuna - insomma, significa puntare sulla qualita’ della scuola. Senza insegnanti motivati e con una rinnovata professionalita’, il grande obiettivo di accrescere le occasioni di orientamento per i giovani non potra’ essere perseguito". Secondo i dati forniti da Confindustria i tempi per il conseguimento del titolo di studio si riflettono inevitabilmente sull'eta’ media dei laureati. In generale all'universita’ termina gli studi entro i 25 anni di eta’ meno del 30 per cento del totale dei soggetti intervistati, il 20 per cento si laurea dopo i 30 anni, la meta’ si laurea tra i 26 ed 129 anni. Soltanto il 67,4 per cento dei laureati risulta occupato in un'attivita’ per la quale e’ richiesta una laurea stessa. Ma i dati definiti gravi da Confindustria riguardano la spesa per l'istruzione: nel nostro Paese si investe in formazione ed istruzione il 6 per cento del Pil, una cifra analoga a quella degli altri Paesi europei, ma la spesa italiana per l'Universita’ resta comunque tra le piu’ basse dell'Unione europea: appena 7.500 dollari per studente a fronte di una media europea di 9.700 dollari. Ma nonostante cio’ la spesa per laureato - secondo l'analisi fatta da Confindustria - e’ di gran lunga piu’ elevata nei confronti di altri Paesi proprio perche’ la durata media degli universitari in Italia e’ estremamente alta. In "rosso" nell'Universita’ e’ anche il rapporto docenti-studenti che e’ di 1 a 24. In Francia tale rapporto e’ di 1-17 in Finlandia 1-16 negli Usa di 1-15 e in Germania di 1-12. Il Cahier de Doleances riguarda anche le strutture universitarie: secondo i dati forniti da Viale dell'Astronomia resta bassissimo il numero degli alloggi universitari disponibili (2 per cento) mentre questo dato nell'Ue oscilla tra il 10 ed il 20 per cento. Infine in Italia soltanto 12 studenti su 100 ricevono aiuti per i loro studi contro il 90 per cento dell'Olanda, 1'83 per cento della Finlandia, il 45 per cento della Francia il 40 per cento dell'Irlanda. ___________________________________________ Corriere della Sera 9 nov. ’03 VENTIMILA RICERCATORI IN CRISI STIPENDI BASSI, SI ALZA L' ETA’ MEDIA Rettori e «assistenti»: molto tempo per l' insegnamento, ma sono considerati docenti di serie B Il governo cerca cento milioni per impedire la fuga dei cervelli. «L' Europa faccia la sua parte» LA RICERCA IN ITALIA. LA DENUNCIA Salvia Lorenzo ROMA - Si chiamano ricercatori. E quindi dovrebbero fare ricerca. Il primo problema e’ che passano la maggior parte del loro tempo in cattedra. Insegnano. Meglio, sono piu’ di un terzo dell' intera classe docente: senza di loro le universita’ non saprebbero come fare. Il secondo problema e’ che sono sempre piu’ anziani. Negli ultimi dieci anni la loro eta’ media e’ passata dalla fascia 40-45 anni alla fascia 50-55. I giovani, evidentemente, preferiscono fare altro. Il terzo problema (dipende dai punti di vista, per le universita’ si tratta di un vantaggio) e’ che sono pagati poco: meno della meta’ rispetto ai professori. L' ultimo problema riguarda solo una parte. Ma e’ cronaca di questi giorni: i 1.700 vincitori di concorso, con l' assunzione bloccata dalla Finanziaria, che minacciano di andare all' estero. Il governo e’ al lavoro per trovare altri 100 milioni di euro. Mentre Letizia Moratti, ministro dell' Istruzione, chiede all' Europa di fare la sua parte. QUANTI SONO - Nei 77 atenei italiani, lavorano 20.728 ricercatori. Rappresentano il 38,3% del totale dei docenti che, sommando i professori associati e ordinari, arriva a quota 54.023. Solo La Sapienza, la prima universita’ di Roma, ne ha 2.051. Un record. Anche se in termini percentuali il primato spetta alla Cattolica di Milano. Qui se ne contano 677 che, su un totale di 1.366 docenti, sono il 49,5%. Sono concentrati soprattutto nelle facolta’ di Medicina: 5.682, il 45,3% dei docenti. E hanno un peso consistente in tutte le discipline piu’ frequentate: Giurisprudenza (1.147, 37,5%), Architettura (763, 37,4%), Lettere e filosofia (1.930, 33,5%), Ingegneria (2.367, 31,7%). Oltre al comparto di Scienze fisiche e naturali - che copre da Biologia a Chimica, da Matematica a Geologia - dove sono 3.063, il 33,4% del totale. INVECCHIAMENTO - Dice Marco Pacetti, segretario generale della Crui, la conferenza dei rettori: «Il vero problema e’ che i nostri ricercatori sono sempre piu’ anziani. E l' eta’ avanzata, si sa, non aiuta la loro attivita’. Facciamo l' esempio della matematica: chi deve inventare qualcosa, a 30 anni ha fatto gia’ tutto. Poi non gli resta che insegnare». E invece i nostri ricercatori i 30 anni li hanno superati eccome. Qualche dato. Dal 1990 al 2000 l' eta’ media e’ passata dalla fascia 40-45 anni alla fascia 50-55. Tradotto vuol dire che i nuovi arrivati sono pochi. E quando ci sono non sono proprio giovanissimi. Considerando tutti i 20 mila, il 35% ha piu’ di 50 anni. Nella facolta’ di Medicina, quella che ne conta di piu’, solo il 3,8% ne ha meno di 35. Il 65% supera i 45. TANTE LEZIONI - In teoria sono assunti per fare attivita’ di studio. Di fatto finiscono per aggiungersi ai professori veri e propri. Spiega Marco Merafina, rappresentante dei ricercatori nel consiglio d' amministrazione della Sapienza e componente del direttivo dell' Associazione nazionale docenti universitari: «Abbiamo calcolato che circa la meta’ dei corsi di tutte le facolta’ italiane sono tenuti dai ricercatori». E i rettori confermano: «Senza il loro apporto - spiega Pacetti - le universita’ sarebbero costrette a chiudere». La situazione si e’ aggravata dopo la riforma che ha introdotto il sistema del 3+2, laurea triennale piu’ quella specialistica. Ancora Pacetti: «Il numero dei corsi e’ aumentato del 20%. Ma quello dei professori, ordinari e associati, e’ rimasto piu’ o meno stabile. La differenza e’ stata colmata proprio con i ricercatori». Per regolamento possono rifiutarsi di insegnare. Ma nessuno lo fa. Un po' per i soldi. Lo stipendio base e’ di 1.035 euro. Al 14° livello, cioe’ dopo 28 anni di anzianita’, si arriva a 2 mila euro. Ma per la docenza e’ prevista un' indennita’ extra che varia a seconda dei casi e che si aggira sui 5 mila euro lordi l' anno. E poi non c' e’ molta scelta: «Chi rifiuta un corso - dice Merafina - si mette in cattiva luce. E la facolta’ finisce per emarginarlo». POCA RICERCA - Ma il tempo dedicato all' insegnamento e’ tempo sottratto allo studio: «E' chiaro - spiega Pacetti - che l' attivita’ didattica toglie spazio a quella di ricerca. Trovare un equilibrio non e’ sempre facile. In molti casi, specie nelle facolta’ scientifiche, l' insegnamento finisce per essere predominante. E questo vuol dire usare i ricercatori in modo distorto». Ogni tre anni la loro attivita’ viene valutata da una commissione interna dell' universita’. Si leggono gli studi, le pubblicazioni. Se il giudizio e’ negativo, per i tre anni successivi il ricercatore non puo’ piu’ prendere fondi extra al suo stipendio base. Ma il giudizio non e’ mai negativo. «La verifica - osserva Merafina - e’ quasi sempre un pro forma. Per esperienza diretta sono a conoscenza di alcune valutazioni negative qui alla Sapienza. Si contano sulle dita di una mano, pero’». FUGA DI CERVELLI - Ma per il momento c' e’ spazio solo per pensare all' emergenza: la fuga dei 1.700 ricercatori che hanno conquistato un posto dopo regolare concorso. Ma che sono costretti ad aspettare perche’ i soldi non bastano. Giuseppe Vegas, sottosegretario all' Economia, annuncia che il governo sta cercando altri 100 milioni di euro da inserire in Finanziaria e da mettere a disposizione del comparto universita’. Escluso un aumento del prezzo delle sigarette, si pensa all' utilizzo di una parte degli incassi del Lotto. Forse affiancato da un aumento del 4% per la tassa sui superalcolici che, da solo, potrebbe fruttare 50 milioni di euro. Letizia Moratti si appella all' Europa. In una lettera ai ministri dell' Istruzione dei Quindici Paesi dell' Unione europea, chiede di «migliorare sensibilmente le condizioni di lavoro dei ricercatori» e di «aumentare i fondi europei a favore delle infrastrutture nazionali». Secondo Moratti, la «priorita’ dell' innovazione deve essere uno dei principali assi dei fondi strutturali per il futuro». Scettico Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica e presidente dell' Enea: «I ricercatori italiani sono gente di valore. Ma in Italia e’ il sistema che non va per colpa dei burocrati che non sono capaci». Mentre Piero Tosi, presidente della conferenza dei rettori, indica una via d' uscita: «La fuga dei cervelli si impedisce rendendo piu’ appetibile il sistema dell' istruzione e della ricerca complessivamente inteso. Va combattuta una battaglia contro quelli che tentano di portare la ricerca fuori dagli atenei». Lorenzo Salvia I finanziamenti I FONDI Giuseppe Vegas, sottosegretario all' Economia, annuncia che il governo sta cercando altri 100 milioni di euro da inserire in Finanziaria e da mettere a disposizione del comparto universita’ LE MODALITA' Escluso un aumento del prezzo delle sigarette, si pensa all' utilizzo di una parte degli incassi del Lotto. Forse affiancato da un aumento del 4 per cento della tassa sui superalcolici che, da solo, potrebbe fruttare 50 milioni di euro L' appello alla Ue LA LETTERA In una lettera inviata ai ministri dell' Istruzione dei Quindici Paesi dell' Unione europea, Letizia Moratti ha chiesto di «migliorare sensibilmente le condizioni di lavoro dei ricercatori» e di «aumentare i fondi europei a favore delle infrastrutture nazionali» LA PRIORITA' Secondo il ministro dell' Istruzione italiano Letizia Moratti, la «priorita’ dell' innovazione deve essere uno dei principali assi dei fondi strutturali per il futuro» Situazione universita’ Venerdi’ 1.700 ricercatori, vincitori di concorso ma senza un posto per via del blocco di assunzioni, hanno minacciato di trasferirsi all' estero 20.728 I RICERCATORI nelle settantasette universita’ italiane, vale a dire il 38,3% della classe docente che, considerando anche i professori ordinari e associati, e’ di 54.023 unita’ 37,5% LA PERCENTUALE piu’ alta di ricercatori nella facolta’ di giurisprudenza: in tutto sono 1.147. Il numero piu’ alto in assoluto e’ tuttavia quello dei ricercatori di medicina, che sono 5.682 1.035 LO STIPENDIO di base di un ricercatore. Ogni due anni c' e’ uno scatto. Al 14° livello, dopo 28 anni, si arriva a 2.000 euro. Poi ci sono le indennita’: 5.000 euro lordi l' anno per chi ha un suo corso 50 ANNI Il 35 per cento dei ricercatori ha piu’ di cinquant' anni. Negli ultimi dieci anni l' eta’ media e’ passata dalla fascia 40-45 anni a quella 50-55 Il forum di Corriere.it FISCO E FINANZIAMENTI Proposte alla moda Non cambia niente Le proposte per fermare l' «emorragia dei cervelli» riguardano la defiscalizzazione, gli aumenti dei finanziamenti e la novita’ dell' Iit. Bellissime, alla moda e ideali per far finta di cambiare tutto e poi non cambiare niente. Paolo Bruno LUOGHI COMUNI Raccomandazioni e fughe all' estero Quello della fuga dei cervelli e’ un fatto e quello della condizione in cui versa la ricerca in Italia e’ un altro. Non vorrei pero’ che si affermasse l' opinione per cui chi e’ andato all' estero e’ bravo e chi e’ rimasto in Italia non puo’ che essere raccomandato. Sara GLI INVESTIMENTI Si spende poco senza lungimiranza Gira e rigira il vero problema della ricerca in Italia e’ che si spende troppo poco. La nostra classe politica non brilla certo per lungimiranza, e gli investimenti in ricerca producono risultati solo a lungo termine, non in una legislatura. Maurizio Melis QUESTIONE DI PERSONE Direttori stranieri negli istituti del Cnr Ripeto per l' ennesima volta: non e’ il sistema che non funziona, e’ una questione di persone che hanno occupato il sistema ricerca. Soluzione: si cominci dai 100 istituti del Cnr, e si nominino direttori inglesi, francesi, americani e tedeschi. Paolo Vittori ________________________________________ La Stampa 12 nov. ’03 RICERCA SENZA STIPENDIO LA CRISI DELL’UNIVERSITA’ ITALIANA IL caso dei millesettecento ricercatori per i quali, ben che vada, e’ stata ritardata la presa di servizio nonostante questi abbiano da tempo superate le prove di concorso non costituisce che la punta di un iceberg di una situazione assolutamente penosa che testimonia della crisi profonda nella quale versano le istituzioni universitarie italiane. Basterebbe infatti chiedersi quale sia l'eta’ media dei «giovani» ricercatori in attesa del primo impiego per scoprire che nelle nostre universita’ non solo non ci sono piu’ ventenni ma - e’ davvero triste a dirsi - quasi neppure piu’ trentenni. Perlopiu’ i «giovani» ricercatori in attesa di venire assunti sono signori di mezz'eta’ che con notevoli titoli e un'ottima formazione si avviano, intorno alla quarantina e dopo un'estenuante attesa, a guadagnare i loro mille euro al mese. E’ evidente che si tratta di un vero e proprio disastro che danneggia innanzitutto i ricercatori, ma anche le istituzioni universitarie che non hanno un ricambio fisiologico ed equilibrato, quell'apporto di energie nuove che e’ assolutamente indispensabile perche’ la ricerca si sviluppi in modo adeguato. E’ dunque il reclutamento universitario a essere complessivamente in crisi; il caso dei millesettecento ricercatori costituisce, da questo punto di vista, semplicemente un sintomo di un male ben piu’ radicato e grave. Si ha un bel dire ora infatti che non c'e’ denaro per creare nuovi posti nell'universita’ o anche semplicemente per assicurare quelli che sono gia’ stati banditi e per i quali si sono espletati i concorsi. Si ha un bel dire ora che l'autonomia di bilancio delle universita’ non consente avventure di nessun tipo. Oggi tutto questo e’ sicuramente vero. C'e’ tuttavia da chiedersi perche’ si sia giunti a uno sviluppo cosi’ asfittico e distorto. Proviamo a proporre un paio di argomenti per avviare il discorso. Chiunque viva nelle istituzioni universitarie sa per esempio che i nuovi meccanismi concorsuali hanno favorito in maniera palese le carriere interne a danno dell'entrata di nuove figure nell'universita’. Il meccanismo delle idoneita’ (prima addirittura tre e poi due per ogni concorso a fronte di un solo posto bandito) ha creato una grande massa di pressione all'interno delle Facolta’ dalla quale erano esclusi proprio coloro che gia’ non appartenevano a un organico universitario e dunque non rappresentavano un problema interno che andava in qualche modo risolto. E’ cosi’ che gli scivolamenti interni di carriera hanno creato una notevole massa di pressione sui bilanci. Senza tener conto del fatto che si sono moltiplicate in modo eccessivo le sedi universitarie senza creare dei centri di ricerca di alto livello che, probabilmente, avrebbero avuto dei costi decisamente minori e avrebbero consentito di assumere giovani che oggi si trovano a cercare posti all'estero o, peggio, ad abbandonare del tutto la ricerca per uno stipendio qualsiasi. Giunti a questo punto si tratta di dar seguito senza indugi alle autorevoli indicazioni del Presidente della Repubblica, d'invertire il senso di marcia e di assicurare inoltre con la massima urgenza quegli stanziamenti che consentano l'accesso nelle nostre Facolta’ di quella piccola massa di diseredati (o quantomeno di alcuni di loro) costituita dai giovani Dottori di Ricerca che dopo anni di studio (e di borse di studio) si trovano il cammino sbarrato forse per sempre. ____________________________________________ L’Unita’ 10 nov. ’03 LE PROMESSE MANCATE DEL MINISTRO LETIZIA Pietro Greco Letizia Moratti aveva fatto tre promesse, piu’ di due anni fa, all'atto di insediarsi al Ministero dell'istruzione (non piu’ pubblica), dell'universita’ e della ricerca scientifica: raddoppiare i fondi di stato per la scienza; riformare gli Enti di ricerca per aumentarne l'efficienza; favorire gli investimenti privati in sviluppo e innovazione tecnologica. Nessuna di queste promesse e’ stata mantenuta, ma anzi la situazione si e’ vistosamente deteriorata in tutti e ciascuno quei tre grossi ambiti. Basterebbe questo per sancire, a meta’ mandato, il clamoroso fallimento della politica scientifica e della politica dell'innovazione del governo Berlusconi. Ma, ahinoi, c'e’ di piu’. E, forse, c'e’ di peggio. Meglio, pero’, andare con ordine e seguire le tappe del fallimento. I fondi pubblici per la ricerca non solo non sono raddoppiati, ma sono stati sensibilmente tagliati. Le universita’ e gli Enti di ricerca, ormai, possono pagare (quando ci riescono) solo gli stipendi. Non hanno un curo per finanziare l'attivita’ di lavoro scientifico. Molte collaborazioni internazionali sono state tagliate. L'Italia, ormai, investe in ricerca scientifica e tecnologica poco piu’ del 60% di quanto non facci la Corea del Sud, economia emergente che produce la meta’ del nostra ricchezza. Ancora, l'Italia investe, ormai, il 20% rispetto al budget messo a disposizione della tecnoscienza in Cina, paese che pure produce ogni anno poco piu’ di quanto non produciamo noi. Se, dunque, continuiamo a perdere competitivita’ rispetto a tutti i paesi del mondo sviluppato e a molti del mondo in via di sviluppo, se, in particolare, perdiamo competitivita’ rispetto ai paesi emergenti dell'Asia orientale, la ragione non e’ quella indicata da Tremonti, che cioe’ i Cinesi ci copiano. Ma l'esatto opposto. E’ che noi non copiamo i Cinesi. In ogni caso la situazione> nelle nostre universita’, e’ tale che la Conferenza dei Rettori non esclude il blocco della didattica, nei prossimi mesi. Evento mai verificatosi nella storia di un paese libero dell'Occidente in tempo di pace. Quanto alla riforma all'insegna dell'efficienza negli Enti pubblici di ricerca, la situazione e’ questa: il professor Adriano De Maio, Commissario straordinario bruscamente insediato dalla signora Moratti alla guida del Consiglio Nazionale delle Ricerche per rivoltarlo come un calzino nel giro di un solo anno, dopo sei mesi si ritrova tra i contestatori piu’ autorevoli della Legge finanziaria proposta da Giulio Tremonti in nome e per conto del governo. Per il semplice motivo che a lui, De Maio, non sono stati conferiti i fondi promessi per la rapida riforma, che quindi si e’ gia’ seduta inopinatamente su se stessa. Mentre il superministro dell' economia ha trovato un miliardo di curo da regalare> in dieci anni, a un sedicente Istituto Italiano per la Tecnologia che non esiste e che nessuno sa cosa dovrebbe fare, se esistesse. Quanto agli investimenti privati in ricerca e sviluppo, non sono mai stati cosi’ nochi. E, soprattutto, non sono mai stati cosi’ miseri in un momento in cui all'Italia viene posta una secca alternativa: o punta sull'innovazione scientifica e tecnologica, o si rassegna al declino. Il fatto che gli investimenti sull' innovazione manchino, significa che il nostro sistema produttivo e l'intero paese stanno perdendo fiducia nel futuro. Ma, dicevamo, c'e’ di piu’. E, forse, di peggio. Nei giorni scorsi, mentre la maggioranza di governo impallinava i suoi stessi referenti scientifici (De Maio, Rubbia), quasi 1.700 giovani ricercatori minacciavano di andarsene all' estero. Da tre anni vige il blocco delle assunzioni nei centri pubblici di ricerca (come nell' intera pubblica Amministrazione). E cosi’ quei giovani, sebbene vincitori di un regolare concorso, non hanno potuto accedere ai laboratori in cui avrebbero il pieno diritto di lavorare. E’ come se il governo, con questa pratica, avesse costruito una macchina potentissima per alimentare «la fuga dei cervelli» e mandare via i migliori tra i suoi giovani intellettuali. II fatto che il governo Berlusconi alimenti la fuga all'estero dei suoi migliori giovani mentre l'Italia perde fiducia nel futuro e’ qualcosa che ha a che fare non solo con il fallimento di una politica. E’ qualcosa che ha a che fare con il tradimento degli interessi del paese. ____________________________________________ Il Manifesto 11 nov. ’03 SOLO IL MERCATO PUO’ SALVARE LA RICERCA SCIENTIFICA» Incapace di risolvere i problemi in patria, il ministro Moratti implora l'intervento dei privati e dell'Unione MATTEO BARTOCCI Mentre in Italia tiene banco lo scandalo dei 1.700 ricercatori che ancora attendono, passati due anni dalla fine dei concorsi, di prendere servizio, il ministro dell'istruzione Letizia Moratti vola a Bnixelles per presiedere un vertice sulla competitivita’ dedicato, tra l'altro, alla neonata figura del «ricercatore europeo» e agli investimenti coordinati in materia di ricerca. I ministri dei 15 (industria e istruzione) hanno approvato ieri una risoluzione sulla carriera e la professione dei ricercatori che a Bruxelles non si esita a definire «storica». In essa si sottolinea il «ruolo chiave dei ricercatori per la crescita e la competitivita’ europea» e si prevede il riconoscimento su scala continentale della professione di «ricercatore». Cosa significhi questo in un'attivita’ in se’ cosmopolita come la scienza e’ presto detto. L'Ue mira a realizzare un «mercato dell'occupazione europeo» che «aumenti sensibilmente il numero di ricercatori», anche tramite un impegno diretto della Bei, in linea con quanto si fa per le infrastrutture. Ma queste parole, fatte proprie da un ministro che non riesce ad assumere nemmeno i «suoi» ricercatori in patria, nascondono in realta’ un pessimo segnale per chi si batte per una ricerca pubblica di qualita’ e quantita’. La Moratti, infatti, ha voluto sottolineare la necessita’ di «creare le condizioni per sviluppare la carriera dei ricercatori nel settore privato». Per il ministro sara’ quindi il mercato a creare quei 700.000 nuovi ricercatori reclamati dalla Commissione europea. Parole tanto piu’ grottesche se pensiamo alla situazione di casa nostra. Domenica scorsa, di fronte ai vertici dell'Airc, il presidente della repubblica aveva richiamato il governo a sanare il limbo paradossale in cui si trovano i 1.700 ricercatori italiani senza «presa di senizio» e aveva sottolineato, una volta di piu’, il valore culturale ed economico della ricerca di base e del ruolo delle universita’ pubbliche. Rispondendo al Quirinale, la Moratti ha promesso ieri in modo vago un emendamento che rimuova il blocco delle assunzioni e offra ai «vincitori di concorso in attesa di occupazione di mantenere l'incarico oltre le scadenze previste dalla legge». Secondo il sottosegretario all'economia, l'azzurro Giuseppe Vegas, la maggioranza sta poi pensando a circa 100 milioni di euro aggiuntivi da destinare a ricerca e universita’: 70 per la questione dei ricercatori e 30 per integrare il fondo ordinario degli atenei. Seppure fossero reperiti, questi 100 milioni in piu’ rappresenterebbero pur sempre un impegno nettamente al di sotto delle promesse fatte piu’ volte dalla maggioranza di fronte ai vari interlocutori inferociti. Secondo la conferenza dei rettori delle universita’ italiane (Crui), se non si inverte la rotta gli atenei non saranno piu’ in grado di assicurare il proprio funzionamento. Di fronte a tutti i «Magnifici» italiani, la Moratti promise allora lo stanziamento di un miliardo di euro. Dopo le verifiche, il resto della maggioranza ripiego’ su un dato piu’ realistico, fissando in 300 milioni di euro il fabbisogno minimo aggiuntivo per universita’ e ricerca. Una cifra che servirebbe a mantenere almeno lo status quo. Di tutte queste magniloquenti parole, dopo mesi di trattative, restano sul campo circa 30 milioni. Per giustificarsi, la Cdl parla di «vincoli di bilancio» e della magra «situazione macroeconomica». Ma che manchino del tutto i fondi per la ricerca pubblica e’ una colossale bugia. Basti pensare al nuovo Istituto italiano di tecnologia (Iit), previsto a grandi linee in questa finanziaria ma di cui non si sa nulla. Eppure si tratta di un ente generosamente finanziato con 100 milioni di euro fanno e piovuto sulla testa di atenei ed enti di ricerca senza nessun dibattito. Una misura criticata senza giri di parole da tutti, dalla Crui al Cnr. Se la ricerca e’ un impegno davvero prioritario, fino a quando il governo potra’ nascondersi di fronte alle esigenze poste sia dai vertici degli atenei sia da studenti e giovani ricercatori? ____________________________________________ Repubblica 11 nov. ’03 IL SAN RAFFAELE ASSUME CINQUECENTO SCIENZIATI A Milano l'annuncio del prete manager don Verzi "Basta con le fughe" LAURA ASNAGNI MILANO-Cinquecento nuovi posti di lavoro destinati ai giovani scienziati. E’ dal San Raffaele di Milano che arrivano le grandi opportunita’ per i 1.700 ricercatori vincitori di concorso che non trovano un posto e minacciano l'esodo in massa in America. Proprio ieri, don Verze’, il prete-manager del San Raffaele, insieme a Claudio Bordignon, il sovrintendente scientifico, ha annunciato il via ai lavori del nuovo centro di ricerca che nel giro di breve tempo offrira’ grandi opportunita’ a 500 scienziati. «Sono convinto che i migliori tra quelli che hanno vinto il concorso troveranno sicuramente posto, magari proprio al San Raffaele ha spiegato don Verze’- E’ importante evitare fughe all'estero ma allo stesso tempo dobbiamo rubare cervelli agli americani». Sulla questione delle risorse che vengono dedicate alla ricerca, don Verze’ va controcorrente e, sempre ieri, ha detto: «lo non faccio mai questione di fondi, ma di qualita’. La formazione dei ricercatori e’ in corso: ci siamo sveglia ti un po' tardi ma, grazie a Dio, adesso stiamo recuperando il tempo perduto». Con il nuovo centro di ricerca, voluto da don Verze’, Milano avra’ il piu’ grande polo strategico del Nord Italia, con almeno mille ricercatori. La meta’ sono quelli che gia’ operano nel "Dibit Uno", il dipartimento perla ricerca varato nei primi anni Novanta, con una decina di miliardi. «Ora abbiamo fatturati molto piu’ alti ma sempre in pareggio –ha concluso il prete manager questo perche’ la ricerca di base, se ben fatta, si ripaga sempre». Nel "DibitDue" (costo, 150 milioni di euro), ci sara’ lavoro per 500 scienziati el'attenzione sara’ centrata sulla medicina molecolare. Ma peri macchinari e le attrezzature, il San Raffaele fa appello ai mecenati e alle grandi aziende private. _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 9 nov. ’03 CAGLIARI FONDI AGLI SGOCCIOLI: FACOLTA’ DI LETTERE VERSO LO STOP Denuncia della docente Maria Cristina Lavinio: rischia di chiudere l’aula di informatica L’aula d’informatica rischia di essere chiusa, le biblioteche non hanno i soldi per acquistare i libri previsti dal programma e nei laboratori linguistici mancano gli insegnanti specializzati. Se la situazione non e’ disperata, poco ci manca. Alla facolta’ di Lettere e Filosofia il malumore regna sovrano: le risorse finanziarie sono precarie e dal Ministero arrivano continue incombenze. Economiche e didattiche. «La riforma era inizialmente a costo zero, poi, con i tagli della Finanziaria, le spese sono state dirottate sugli Atenei. Il risultato e’ che ci mancano i soldi per realizzare i progetti che la Moratti ci chiede, primi fra tutti rendere obbligatori gli insegnamenti di lingua e d’informatica», spiega la professoressa Cristina Lavinio, rappresentante delle aree 10 (discipline letterarie e linguistiche) e 11 (storiche e filosofiche) nel Senato accademico. La richiesta d’aiuto e’ indirizzata alla Regione, «che si e’ dimenticata della facolta’ di Lettere. Si dovrebbe preoccupare della nostra situazione, invece - spiega Cristina Lavinio - ci lascia in balia del caso e la conseguenza e’ che scadiamo di giorno in giorno». Perche’ e’ matematico: niente soldi, niente offerta formativa per gli studenti. E quindi niente biblioteche fornite ne’ laboratori all’avanguardia e, men che meno, aule d’informatica a disposizione. Non ci sono buone notizie neanche sul fronte della ricerca: «L’Universita’ e’ la sua sede privilegiata e invece ci dobbiamo accontentare di pochi spiccioli. Ma cosi’ non si va da nessuna parte ed e’ ipocrita poi lamentarsi per la scarsa preparazione degli studenti. Siamo realisti: dalla facolta’ di Lettere escono i futuri insegnanti, ma se non hanno avuto gli strumenti per formarsi al meglio, cosa potranno offrire ai loro alunni?», continua la Lavinio, che ne approfitta per lanciare un’ulteriore frecciata al Consiglio regionale: «Il discorso cambia per le facolta’ scientifiche, che invece godono dei finanziamenti della Regione. La spiegazione e’ semplice: vive ancora la convinzione che la ricerca riguardi solo l’ambito scientifico, senza considerare l’importanza fondamentale delle materie umanistiche. Questa e’ una politica miope, che va avanti da decenni e non fa nulla per recuperare una situazione che e’ votata al collasso». In verita’ qualche progetto e’ stato finanziato dalla Regione, che pero’ non sembra avere una grande originalita’: «Sono interessati solo alle iniziative che riguardano la lingua sarda. Ma e’ mai possibile che una cattedra, per essere finanziata, debba avere “Sardegna” nel suo titolo? Per quanto sia importante, l’argomento e’ ben lontano dall’esaurire tutti gli spunti di lavoro». Intanto gira voce che qualcuno, in Consiglio regionale, abbia proposto un finanziamento annuale da destinare alle due universita’ sarde: «Servirebbe a darci un po’ di respiro», conclude Cristina Lavinio, «e a permettere ai nostri studenti di restare in Sardegna, piuttosto che migrare altrove per frequentare un corso di studi che si rispetti, fatto che purtroppo accade spesso». Maura Murru ================================================================== ______________________________________________________ L’Unione Sarda 11 nov. ’03 NUOVA FACOLTA’ DI MEDICINA ENTRO IL 2006 Entro il 2006 Cagliari avra’ una nuova facolta’ di Medicina. La prima pietra del caseggiato, che sorgera’ nell’area della Cittadella universitaria di Monserrato, e’ stata posata ieri dal rettore. «Finalmente la didattica e la ricerca si incontrano con la clinica», ha commentato lo stesso Pasquale Mistretta, «perche’ la nuova facolta’ di Medicina sorgera’ proprio accanto al Policlinico universitario». I due edifici saranno collegati da alcuni passaggi aerei. La facolta’ costera’ oltre 13 milioni di euro, finanziati per intero dal ministero dell’Universita’. Il rettore Pasquale Mistretta: «Clinica e ricerca finalmente s’incontrano» La nuova Medicina riparte dalla Cittadella La facolta’ sara’ costruita entro la fine del 2006 a poche decine di metri dal Policlinico di Monserrato Non c’era la cazzuola, mancava il cemento e anche la prima pietra. A parte questo, la cerimonia di “posa della prima pietra” della facolta’ di Medicina e’ stata una piccola festa. Sorgera’, entro il 2006, in un’area incolta della cittadella universitaria di Monserrato, alle spalle del Policlinico di cui, il caseggiato della facolta’, sara’ soltanto un lontano cugino. La struttura sanitaria e’ destinata prima o poi, ma sembra prevalere il poi, a entrare a far parte dell’azienda mista Universita’-Asl 8, mentre i 32.500 metri quadri che stanno per essere edificati a poche decine di metri di distanza apparterranno soltanto all’Ateneo. Li’ prendera’ corpo la nuova facolta’ di Medicina, che soffre di una cronica carenza di spazi per aule e laboratori, oltre che per gli studi dei docenti. Sono 26 i miliardi di lire (lo stanziamento risale a quando l’euro non era ancora una realta’) messi a disposizione dal ministero dell’Istruzione, Universita’ e Ricerca scientifica per il caseggiato che ospitera’ l’intera facolta’. Il progetto, affidato alla Tepor e al Consorzio opere pubbliche (tutte aziende sarde), non costera’ un centesimo alle casse dell’Universita’: a pagare sara’ direttamente, e interamente, lo Stato. Secondo i piani degli architetti romani Tommaso Bevivino e Maurizio Costa, entro il 2006 sara’ tutto finito, ma il rettore spera che almeno una parte di Medicina si possa trasferire gia’ tra un anno e mezzo: «Si costruira’ per blocchi, non per piani, e man mano che i singoli caseggiati saranno pronti entreranno subito in funzione», promette Pasquale Mistretta. Inizia cosi’ la discesa di un sogno che rendera’ la facolta’ di Medicina, cosi’ dicono gli interessati, molto piu’ dinamica e competitiva rispetto a quanto non lo sia ora. «Ne guadagnera’ la ricerca», assicura il preside Gavino Faa, «perche’ siamo vicini alla facolta’ di Biologia, con la quale lavoreremo a strettissimo contatto». Non e’ tutto: «Non esiste lo studio della clinica senza una continua esperienza con i pazienti veri», aggiunge Mistretta, che rivela: «Il nuovo caseggiato di Medicina e il Policlinico universitario saranno collegati con passaggi aerei, in modo che la didattica e la clinica si possano incontrare molto piu’ facilmente». La posa della prima pietra arriva all’indomani dell’appello del presidente della Repubblica per sostenere i ricercatori italiani. «Senza investimenti», commenta il rettore, «non esiste pero’ alcuna ricerca scientifica, che non puo’ progredire. Ecco, questo nuovo caseggiato coglie il segnale che e’ giunto dal Quirinale. Certo, se continuiamo a investire una parte infinitesimale del Prodotto interno lordo, facendo meglio soltanto della Grecia, e’ chiaro che non andiamo da nessuna parte». Erano fermi da tre anni, i 26 miliardi che il ministero ha stanziato per la nuova facolta’ di Medicina, ma l’iter burocratico per la realizzazione del progetto ha bruciato molto tempo. Oltretutto, proprio durante questo iter sono cambiate le normative per la sicurezza. Con l’arrivo di chi aderira’ al giuramento di Ippocrate, si completa il polo scientifico di Monserrato. «E’ una svolta storica», commenta Angelo Balestrieri, che di Medicina e’ stato preside per oltre vent’anni, «nella cooperazione tra facolta’ per la ricerca. Ora il contatto tra noi e Scienze, e con Fisica, e’ reale e c’e’ anche il Policlinico a pochi metri». D’altra parte, come sottolinea l’attuale preside Faa, la facolta’ di Medicina poggia su tre pilastri: assistenza, didattica e ricerca. Ora saranno possibili tutte e tre, e nello stesso luogo». La realizzazione del nuovo caseggiato dara’ anche il proprio modesto contributo nella lotta alla disoccupazione. Da qui al 2006, nel cantiere lavoreranno oltre 150 persone (tra operai e tecnici) che fanno parte delle due imprese sarde vincitrici della gara d’appalto (avevano partecipato in sei). Il nome in codice dell’edificio e’ Struttura dipartimentale per la ricerca e la didattica avanzata ed e’ la prima realizzazione della Cittadella universitaria dedicata al comparto medico-sanitario. La nuova facolta’ di Medicina ospitera’ 11 aule di diversa capienza, gli studi di 60 docenti, una biblioteca e dodici sale riunioni. Non mancheranno i laboratori, fondamentali per l’attivita’ di studio e di ricerca di Medicina. Laddove ora ci sono soltanto cespugli in un terreno scosceso, dovra’ sorgere una struttura dal prospetto avveniristico, che terra’ conto dell’impatto ambientale e dell’aspetto cromatico. Ovviamente, un occhio di riguardo e’ stato riservato ai portatori di handicap. Comincia il conto alla rovescia: la consegna dell’intero caseggiato dovra’ avvenire tra 900 giorni, ma nulla si sa delle penali che le imprese dovranno pagare in caso di ritardo. Ma questo interessa soltanto ai pessimisti. Luigi Almiento __________________________________________ La Nuova Sardegna 11 nov. ’03 NASCE LA NUOVA FACOLTA’ DI MEDICINA Entro tre anni unificate le strutture per la didattica e la ricerca CAGLIARI. Una casa per la facolta’ di Medicina: consegnati ieri i lavori per la realizzazione di una struttura dipartimentale per la ricerca e la didattica avanzata. Sorgera’ alla cittadella universitaria di Monserrato in quello che oggi e’ un campo incolto tra gli istituti di chimica e fisica. Tempi previsti, tre anni. "Ma una parte dell'edificio - assicura il rettore dell'universita’ di Cagliari Pasquale Mistretta - sara’ agibile gia’ fra un anno e mezzo". E sara’ una svolta per Medicina a Cagliari: da sempre studenti e docenti si sono arrangiati con aule e laboratori prestati da altri istituti. A parte la questione immagine, c'e’ sempre stato un problema per centinaia di studenti costretti a rincorrere lezioni, esami e laboratori un po' in tutta la citta’, con un inutile spreco di energie. Il nuovo stabile e’ anche l'esordio della facolta’ di Medicina alla cittadella universitaria: gestione autonoma rispetto al policlinico, ma la vicinanza non potra’ che regalare collaborazione e scambi di esperienze. Alla consegna dei lavori, ieri mattina a Monserrato, insieme a Mistretta, al direttore dell'ufficio tecnico dell'ateneo Antonio Pillai e ai presidi della facolta’ e del corso di laurea in medicina, Gavino Faa e Amedeo Columbano, c'era anche il direttore generale del Policlinico, Rossella Coppola. L'appalto, oltre tredici milioni di euro, e’ stato vinto da due imprese sarde, la Tepor e la Opere pubbliche: il bando - e’ obbligatorio quando la gara mette in palio cifre cosi’ elevate - era esteso a tutta la comunita’ europea: le due aziende isolane, riunite in consorzio, si sono lasciati alle spalle sei concorrenti. Il nuovo edificio occupera’ l'area di trentaduemila metri quadrati a fianco al complesso sportivo inaugurato la scorsa estate. Il progetto- firmato dallo studio degli architetti romani Tommaso Bevivino e Maurizio Costa, prevede un volume di tredicimila metri cubi, quasi cinquemila metri quadrati per parcheggi e viabilita’, millecinquecento di giardini e centotrenta di locali tecnici: spazio utile per circa ottocento persone. "E' importante - ha sottolineato Mistretta - che studenti e professori abbiano finalmente un punto di riferimento. Finora, a parte il caso della clinica Aresu, si e’ andati avanti vivendo di ospitalita’. Senza le aule e i laboratori che servono". Problema risolto? "Difficile dirlo, le esigenze cambiano col tempo: sicuramente una struttura di cui l'Universita’ aveva assolutamente bisogno". I numeri della struttura sono di tutto rispetto: sei aule da 25 posti, tre da settanta, una da cinquanta e una da centoventi. Gli studi sono quarantotto: ventiquattro singoli, altrettanti multipli e dodici doppi. Previste inoltre dodici sale riunioni. Stefano Ambu ___________________________________________________ L’Unione Sarda 11 nov. ’03 L’AZIENDA MISTA NON ARRIVA La Regione e’ immobile Non parlategli di azienda sanitaria mista tra Universita’ e Asl 8 per il Policlinico: rischiereste di rovinargli l’umore anche nel giorno di festa, per la posa della prima pietra della facolta’ di Medicina. Il rettore sembra aver perso ogni speranza, almeno per quest’anno: «Con questo clima politico, con questa campagna elettorale lunghissima che ci portera’ al voto per le regionali», sospira Pasquale Mistretta, «chi mai puo’ avere l’intenzione di creare questa benedetta azienda mista?». Gia’, chi mai? Attualmente, sembra proprio nessuno e alla Regione non c’e’ nemmeno la volonta’ di saldare i conti, vecchi e nuovi, per l’assistenza ai pazienti prestata dal Policlinico universitario di Monserrato. In lire (perche’ i debiti della Regione iniziarono quando ancora c’erano le lire), fanno 60 miliardi. In pratica, l’Universita’ non e’ rimborsata da tanti anni per le prestazioni che non siano ricoveri veri e propri, cioe’ per tutte le attivita’ ambulatoriali. La gente paga il ticket (quando lo paga), e l’Ateneo si deve accontentare di questo minimo rimborso. Intanto, il debito e’ diventato buco, e ora voragine. Con tanti saluti all’azienda mista Universita’-Asl 8 per il Policlinico. (l. a.) ___________________________________________ La Nuova Sardegna 13 nov. ’03 AZIENDA MISTA:RISSA DEI PADRETERNO Ospedalieri in rivolta, il consiglio regionale dorme In alto mare il protocollo d'intesa per l'azienda mista che deve rifondare le due facolta’ sarde CAGLIARI. Il protocollo d'intesa Regione-Universita’ per l'azienda mista perno della facolta’ di Medicina riformata e’ a un passo dal naufragio prima ancora di prendere il mare. Ci provano a farlo, in queste settimane, alcuni operatori di buona volonta’, ma rischia di restare un esercizio di scuola se il consiglio regionale non licenziera’ la proposta per l'azienda Regione-Universita’ (di tipo B, con direzioni, dipartimenti, formazione, didattica, assistenza e finanziamenti gestiti con pari peso e competenze ben chiarite sia dagli universitari che dagli ospedalieri. Il tipo A in Sardegna non sarebbe stato possibile perche’ l'universita’ quasi non ha strutture proprie). Uscita dal limbo istituzionale, l'azienda mista dovra’ superare i dissidi sempre piu’ profondi tra universitari preoccupati di perdere feudi e ospedalieri decisi a non sprecare l'occasione per riguadagnare terreno. Non aiuta la causa della pace una bozza di protocollo elaborata dall'ufficio del rettore: chi l'ha letta la definisce gravemente sbilanciata a favore dell'universita’. Intanto: quale fine faranno i professionisti sfornati dall'unica regione che non ha ancora firmato un patto per rinnovare didattica, formazione e ricerca come l'Europa chiede? Ed ecco un po' di storie raccolte dietro le quinte. Si moltiplicano gli incontri tra universitari e ospedalieri, arbitri i funzionari dell'assessorato regionale alla sanita’. Ma sembra che questo non stia giovando alla serenita’ della trattativa: gli universitari rivendicano il ruolo di padreterni, gli ospedalieri reagiscono con richieste che cominciano ad apparire smodate anche ai piu’ volenterosi ricercatori della pace. E non e’ soltanto il grande tema della pari dignita’ di ruoli ed opportunita’ cio’ che insidia il buon esito della trattativa. A beneficio del possibile utente ospedaliero che si chiede se e come cambiera’ l'assistenza al paziente, ma anche degli studenti, degli aspiranti tecnici di laboratorio e via elencando le moltitudini di cittadini in qualche modo interessati alla stesura di un protocollo decente, e’ utile ricordare che la riforma della facolta’ di Medicina nasce nel 1999 con il decreto 517, cui nel 2001 si sono aggiunte le linee guida per la stesura dei protocolli d'intesa tra i protagonisti del nuovo sistema universitario: l'ateneo, certo, ma anche la Regione e il servizio sanitario che da questa dipende. Le linee guida offrono (esempio) criteri per stabilire il rapporto tra posti letto e studenti ammessi alla facolta’, cosa debba fare l'universita’. Impongono una corretta programmazione regionale e anche la stesura dei protocolli d'intesa, stabiliscono che si discuta di come regolare tutti i rapporti che l'universita’ ha col sistema sanitario, comprese le collaborazioni in campo veterinario, entra nel merito della formazione di tutte le figure professionali che ormai dovranno uscire dalla facolta’ di Medicina. Il guaio (gli esperti lo definiscono cosi’) e’ che le linee guida sono anche fonti di problemi: per esempio quando obbligano la Regione a sentire il parere dell'universita’ sull'intero piano sanitario. A prima vista sembrerebbe una previsione corretta: se ci deve essere un rapporto stretto la consultazione non e’ positiva? No se succede quel che si racconta e cioe’ che l'universita’ molto attenta alla titolarita’ dei posti chiave e alla distribuzione di macchinari e risorse umane, non risulterebbe essere altrettanto sollecita nel capitolo dei finanziamenti e questioni collegate. Altro tema caldissimo sono le cosiddette "propaggini nel territorio" dell'azienda mista. A Cagliari il complesso universitario e’ pacifico che sara’ composto da ospedale San Giovanni, la clinica pediatrica, la cittadella di Monserrato. Gli insegnamenti universitari adesso al Microcitemico, al Marino, al Binaghi, al Santissima Trinita’ verranno spostati altrove o resteranno dove sono in convenzione? Perche’ ci sono reparti retti da docenti universitari ma interamente animati da medici ospedalieri: ha senso portar via un reparto da un ospedale ormai punto di riferimento per una patologia soltanto perche’ il capo e’ un universitario? C'e’ chi non se ne vuole andare e scalpita per restare, mentre cresce lo scontento degli ospedalieri che dicono: l'insegnamento e la ricerca vadano altrove, qui si lascia l'assistenza erogata dal reparto e il posto del capo venga ricoperto da un ospedaliero. Una storia dopo l'altra si chiarisce quanto sia difficile il dialogo fra le troppe parti in ballo. Eppure nelle altre regioni gli universitari non erano meno padreterni e gli ospedalieri non meno agguerriti: qual e’ il male che si e’ sviluppato attorno al sistema sardo? Alessandra Sallemi ______________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 nov. ’03 PATOLOGIA MEDICA, LA ASL SI TIENE STRETTO IL REPARTO Sulla carta ci sono due direttori Il San Giovanni e’ nella tempesta Resta in alto mare il protocollo d’intesa tra Ateneo e Regione CAGLIARI. Tutto a posto, ma ancora niente in ordine all’ex patologia medica del San Giovanni nota oggi come medicina generale. La gestione del reparto resta nelle mani di un primario vincitore di concorso riaperto apposta l’estate scorsa dalla Asl 8 dopo che il rettore aveva chiesto formalmente il 2 luglio che la direzione presto vacante per il pensionamento di Giorgio Aresu venisse assegnata ad altra area (chirurgica). L’operazione e’ possibile per la convenzione Asl- universita’, ma la convenzione non prevede i ripensamenti troppo rapidi. Un giro di lettere intempestivo ha generato un pasticcio burocratico che potra’ essere risolto soltanto con una grande dose di buona volonta’. Il caso si apre alla fine della primavera quando rettore e direttore generale della Asl 8 s’incontrano per decidere della successione al patologo Giorgio Aresu nel reparto del San Giovanni di Dio. In virtu’ della convenzione Asl-universita’ quest’ultima ha a disposizione 8 posti di direttore, che puo’ assegnare alle diverse discipline gestite in convenzione a seconda delle necessita’ della facolta’ di Medicina. Il rettore il 2 luglio formalizza la richiesta di trasferire ad altra area, quella chirurgica (Giampaolo Farina), la direzione finora tenuta nella patologia medica. La Asl non ha motivo di non favorire l’operazione e si organizza per avviare una gestione del tutto ospedaliera del reparto. Riprende le carte di una selezione avviata tempo prima e nomina Gino Pascalis, che e’ anche un docente universitario. Ma a selezione quasi finita, il 5 settembre, arriva una nuova lettera del rettore in cui si chiede di sospendere ogni procedura perche’ l’universita’ intende tenersi la direzione della patologia medica: il 31 luglio la facolta’ ha deliberato di nominare direttore Paolo Emilio Manconi, il quale viene per gestire un reparto di grande interesse per il sistema didattico e scientifico universitario. Alla Asl questa non trascurabile informazione evidentemente non e’ stata mandata e il rettore si fa vivo il 5 settembre. La Asl non puo’ far altro che concludere le procedure e quando Aresu a fine ottobre fa sapere di volersi prendere le ferie residue, Pascalis viene insediato. Ai primi di novembre arriva l’annuncio che Manconi e’ pronto a insediarsi e qui piovono gli interrogativi: Pascalis e’ saldo come una roccia nel suo incarico, come fa Manconi a dirigere lo stesso reparto? Risulta che ci siano trattative per rimediare alla catena di trascuratezze: a Manconi, che e’ e resta ordinario di patologia medica, la Asl puo’ forse assegnare alcuni posti letto e, naturalmente, uno studio dove svolgere la propria attivita’. Intanto il direttore generale della Asl 8, Efisio Aste, raggiunto al telefono, dichiara: "Siamo fermi nelle nostre posizioni". Quindi l’universita’ deve fare un passo indietro? "La Asl e’ sempre disponibile alla collaborazione con l’universita’. Lo dimostriamo con i fatti tutti i giorni. Naturalmente, occorre pari dignita’". Pari dignita’ e’ il grande tema dell’accordo per l’azienda mista ospedalieri-universitari. Sara’ un caso che il protocollo e’ in alto mare? Alessandra Sallemi __________________________________________________ L’Unione Sarda 11 nov. ’03 FINANZIARIA: IL PUNTO DEBOLE E’ LA SANITA’ I nodi della nuova legge Finanziaria di Antonio Giancane * Uno degli aspetti piu’ problematici della legge finanziaria 2004 e’ rappresentato dalla finanza decentrata e in particolare dalla sanita’. Sostanzialmente accantonato il patto di stabilita’ interno, cioe’ i parametri con i quali le amministrazioni locali devono attuare il contenimento del disavanzo, il governo conferma anche per il prossimo anno la riduzione dei fondi per 1,8 miliardi di euro e in attesa del federalismo fiscale blocca per il secondo anno consecutivo le addizionali Irpef a vantaggio di regioni e comuni. Se questo risponde all’obiettivo di neutralita’ fiscale della manovra, non altrettanto si puo’ dire degli interventi sulla spesa sanitaria, con la nascita dell’Agenzia nazionale del farmaco, il possibile ripiano dell’eventuale sforamento della spesa regionale da parte delle imprese farmaceutiche, che sono chiamate a devolvere alla sanita’ una quota delle spese per la promozione. I risparmi derivanti da questa manovra non sono ancora chiaramente quantificati, ma si puo’ dire fin d’ora che non saranno adeguati a compensare la voragine nei conti sanitari, che il governo farebbe bene a non sottovalutare. Tutto nasce dal passaggio di legislatura, nel 2001, quando il centrosinistra abolisce demagogicamente i tickets farmaceutici, causando un onere non coperto nei bilanci regionali per 6.000 miliardi di vecchie lire nel 2001 e per almeno 4.000 a regime. Arrivato al governo, il centrodestra denuncia lo sforamento dei conti, ma non fa di meglio. La prova? Tremonti conclude con le regioni un accordo (8 agosto 2001) nel quale chiede politiche di risparmio; in cambio le regioni ottengono un aumento delle risorse per quasi 8 mila miliardi, mentre altri 6 mila sono immediatamente destinati al ripiano dei disavanzi pregressi. Ma c’e’ di piu’: le risorse promesse per gli anni successivi crescono per oltre ventimila miliardi di lire (attuali 10 miliardi di euro) in un triennio, con un notevole aumento del Fondo sanitario nazionale: 138.000 miliardi per il 2001, 146.376 miliardi per il 2002, 152.122 miliardi per il 2003 e 157.371 miliardi per il 2004. Ora le regioni, che in maggio avevano proposto un Patto per la farmaceutica (cioe’ un intervento riguardante l’intera filiera del farmaco) chiedono il rispetto delle promesse e il versamento di quasi 20 miliardi di euro non corrisposti in questi anni. Replica il governo che tali somme erano condizionate a risparmi e reintroduzione di tickets che non tutte le regioni non hanno realizzato. Chi ha ragione? Giuridicamente, i governatori. Questi con furbizia avevano infatti ottenuto, nel decreto attuativo del piano finanziario triennale, la soppressione di una norma che responsabilizzava i bilanci regionali sugli effetti finanziari delle leggi o dei provvedimenti attuativi. Cancellando questa norma di tipo federalista, lo Stato-Pantalone si e’ assunto di fatto la responsabilita’ e gli oneri degli sfondamenti di spesa. In definitiva, il deficit sanitario pesa sulla manovra: molte regioni non hanno attuato risparmi e la conseguenza e’ una nuova apertura della forbice che divide il Paese: in breve, corriamo il rischio di gravi differenze nei trattamenti terapeutici tra regioni ricche e regioni povere; tra cittadini di serie A e cittadini di serie B. * Esperto di Finanza Pubblica ____________________________________________ L’Unione Sarda 14 nov. ’03 AL BROTZU I TRAPIANTI COMBINATI RENE-PANCREAS Prestigioso riconoscimento all’ospedale Via libera del ministero: al Brotzu i trapianti combinati rene-pancreas L’Azienda ospedaliera Brotzu potra’ effettuare il trapianto combinato di rene e pancreas. L’autorizzazione, richiesta cinque mesi fa, e’ stata concessa ieri dal ministero della salute. Per il piu’ grande ospedale sardo si tratta di un riconoscimento prestigioso, giunto dopo un attento esame delle strutture e dei curricula dei medici. Per i diabetici e per i dializzati sardi una speranza di tornare a una vita normale. Saranno loro, infatti, i principali beneficiari del trapianto combinato, visto che una delle complicazioni del diabete e’ l’insufficienza renale. L’intervento guarisce anche l’uremia terminale cronica. Ad effettuare gli interventi sara’ il giovane primario di chirurgia generale, Fausto Zamboni, bresciano, 40 anni giunto a Cagliari di recente dopo un’importante esperienza a Torino dove era il primo aiuto di Mauro Salizzoni, accreditato di mille trapianti di fegato. E a proposito di fegato, il ministero aveva dato il via libera al Brotzu anche per questo trapianto ma l’assessore alla sanita’ aveva congelato l’avvio degli interventi per favorire anche Sassari. Il Centro trapianti dell’ospedale cagliaritano, diretto da Ugo Storelli, effettua da trapianti di rene dal 1988, di cuore dall’anno successivo mentre quelli di cornea sono stati autorizzati piu’ recentemente. Inaugurato nell’82, tra i primi d’Italia per dimensioni, specializzazioni e qualita’ di servizi, il San Michele e’ considerato ospedale di alta specializzazione e di rilievo nazionale. Trentamila ricoveri all’anno nei 630 posti letto, 150 mila pazienti che nel corso dell’anno usufruiscono delle prestazioni ambulatoriali, il Brotzu ha 1880 dipendenti di cui 376 dirigenti medici, 37 dirigenti del personale non sanitario (ingegneri, amministrativi, tecnici) e 1468 di operatori del comparto. Nove i dipartimenti con 47 specializzazioni. ____________________________________________ Il Giornale di Napoli 12 nov. ’03 MEDICINA; VINCE L’UNIVERSITA’ IL CONSIGLIO DI STATO ANNULLA LA SOSPENSIVA DEL TAR PER GLI STUDENTI ESCLUSI "L'UNIIIERSITA MARIO PEPE Ennesimo capitolo della vicenda che nel mese scorso ha visto contrapposta la Seconda Universita’ degli Studi di Napoli ed un gruppo di studenti, 76 per la precisione, che non erano stati ammessi ai corsi di Medicina. Il Consiglio di Stato ha annullato la sospensiva disposta dal Tribunale amministrativo regionale della Campania che aveva accolto il ricorso cautelare presentato dagli aspiranti medici che avevano denuncialo il presunto svolgimento irregolare delle prove. Presumibilmente, il Consiglio non ha ritenuto rilevante il ritardo con il quale erano iniziate le prove e poi ha anche preso atto del fatto che il Tar aveva disposto la sospensione della graduatoria pubblicata il 9 settembre ma non aveva riammesso gli esclusi alla frequenza. IL gruppo di studenti, rappresentati dagli avvocati Angolo Pisani, Andrea Orefice, Vittorio Sraringia e Simone Forte, aveva denunciato gravi irregolarita’, come detto, nello svolgimento delle prove d'esame tali da fare venire meno la par condicio ed ogni regola di trasparenza e di corettezza. Tra i motivi avanzati nel ricorso cerano l'inizio posticipato della prova di esame (dalle. 14,45 alle 16,45 invece che dalle 10 alle 12); la presenza dei candidati che gia’ risultavano iscritti ad anni successivi al primo della stessa facolta’; l'uso di telefoni cellulari; le strane assegnazioni di posti in violazione a predisposizioni e regolamento chee avrebbero dovuto, secondo i ricorrenti, essere rispettate: fuga di notizie sparizione di cellulari, Il rettore dell'Universita’, rappresentata dall'avvocato Enrico Soprano, mentre gli studenti ammessi erano assistiti dagli avvocati Orazio Abbamorte e Antonio Laruberti, Antonio Grella aveva annuncialo ricorso al Consiglio di Stato che, proprio ieri, gli ha dato ragioni,. Da ricordare che, per la mancata immissione ai corsi, il pool di legali che assisteva gli studenti esclusi aveva anche annunciato di volere chiedere il risarcimento dei danni per l'eventuale perdita del beneficio del ritardo nella leva e per la lesione del diritto allo studio. Lo stesso avvocato Pisani aveva predisposto un fac-simile di messa in mora cautelativa con il quale tutti i concorrenti avrebbero potuto chiedere all'Universita’ i danni per i ritardi nell'iscrizione ai corsi di laurea. Oltre al risarcimento per eventuali perdita del beneficio del ritardo nella leva, l'avvocato Pisani aveva ipotizzalo anche un danno esistenziale, connesso alla lesione del diritti allo studio. Con la decisione del Consiglio di Stato si chiude., comunque, soltanto una parte del contenzioso tra gli studenti esclusi e la Seconda Universita’, visto che successivamente al primo sono stati inoltrati altri ricorsi che saranno poi discussi nelle prossime settimane. L'Universita’. comunque, segna un punto a favore ma e’ chiaro che la lunga "vertenza", se cosi’ si puo’ chiamare, e’ destinata ancora a durare per qualche tempo, La vicenda e’ nata dal ricorso presentato da un gruppo di aspiranti medici che avevano denunciato irregolarita’ nello svolgimento delle prove di ammissione ai corsi del Secondo Ateneo ____________________________________________ Il Giornale di Napoli 12 nov. ’03 ODONTOIATRIA, CONCORSO FARSA:. PASSANO I RACCOMANDATI Per superare l'esame all'Universita’ e’ inutile sudare sui libri, o nel peggiore dei casi, regalare soldi ad uno di quegli istituti che promettono incredibili performance: 10 esami in un anno: Basta essere figli di uno dei docenti della facolta’: Soprattutto se si parla di Medicina o di Odontoiatria. A denunciarlo in un'interrogazione presentata al Senato da Michele Fiorino (An). Nell'interrogazione si fanno riferimenti precisi: si dice che i due giovani studenti che sono arrivati al prima e al secondo posto del concorso di accesso alla facolta’ di Odontoiatria (25 posti a disposizione) sono rispettivamente il figlio di un ordinario di Odontoiatria e la figlia. di un associato della stessa facolta’. Fino ad ora nulla di strano. Un vecchio proverbio dice che il mestiere del padre e’ gia’ in parte acquisito dai figli. Non e’ escluso, quindi, che possiamo trovarci di fronte a due geni della materia, due "dentisti nati"; Non e’ cosi. E le prove di questo sono pubbliche (sono cioe’ affisse nelle bacheche della facolta’ e sono pubblicate sul sito internet dell'Universita’ Federico II, www-unina.it). Come si legge nelle liste dei partecipanti al concorso i due candidati hanno superato la prova di accesso alla facolta’ di Odontoiatria del 5 settembre con i brillanti voti di 63,8 e 62,6: Ancora nulla di strano se non fosse per il fatto che entrambi i ragazzi avevano partecipato il giorno prima (4 settembre) all'esame per l'ammissione alla facolta’ di Medicina (i test riguardavano le stesse materie) con risultati opposti. Il candidato che a’ arrivato primo al concorso di Odontoiatria e’ arrivato al seicentesimo posto a quello di Medicina con uno striminzito 28,4. Ecco, materia per materia, la differenza dei punteggi ottenuti. Logica: al primo concorso il figlio del luminare ha ottenuto 9, dopo 24 ore il giovane diventa un vero genio della logica e riesce ad attenere il punteggio di 17,6. La stessa cosa succede per tutte le altre materie. Biologia passa dal 6,4 del test di Medicina a 18 del test in Odontoiatria. Chimica passa dal 9,2 del primo esame a 18. In fisica e matematica l'aspirante dentista non riesce proprio a dare il meglio di se’ e passa da 3,8 a 10,2. La storia non cambia per la figlia dell'assistente del luminare, che ha raggiunto il secondo posto nella classifica dei candidati. Logica da 6,6 e’ passata nel concorso del giorno successivo a 19,2. Biologia da 13,4 a 16,8: Chimica da ]4,4 a 13,4 (incredibile). Fisica e matematica da 12,4 a 13,2. Se la performance della figlia del professore associato potrebbe essere plausibile. Quella dell'ordina lascio piu’ di un dubbio. Non e’ Il primo episodio del genere che avviene ad Odontoiatria. Due anni fa i corsi vennero sospesi dalla magistratura. In quell'occasione due sorelle arrivarono al primo e al secondo posto, al terzo arrivo’ il fidanzato di una delle due sorelle e al terzo la figlia del presidente dell'Ordine dei medici dentisti. I quattro compiti erano perfetti, a parte un errore, lo stesso, in tutti e 4 i test. In quell'occasione il magistrato diede ragione ai 4 candidati. ____________________________________________ Libero 11 nov. ’03 SAN RAFFAELE, PROGETTATO SUPERCOMPUTER CHE FA MILIARDI DI,OPERAZIONI AL SECONDO MILANO: AVVENIRISTICHE BIOTECNOLOGIE PER STUDIARE LE PROTEINE CURARE LE MALATTIE DELL'UOMO I di IRENE VALLONE Deep Blue affila i microchip. Il supercomputer che qualche anno fa sfido il campione mondiale di scacchi Kasparov, ora si prepara a simulare l'intero processo di costruzione di una proteina. Ovvero calcolare i milioni d'interazioni che esistono tra i vari atomi e ricalcolarli per ogni infinitesima variazione di forma della proteina stessa. Si chiama Blue Gene il suo erede supertecnologico ed e’ capace di memorizzare dati alla eccezionale velocita’ di 10 alla 23esima operazioni al secondo. Se n'e’ parlato ieri alla presentazione di "Per una settimana parleremo dell'Uomo", l'iniziativa organizzata a Milano dalla Fondazione San Raffaele del Monte Tabor e Ibm, in occasione del decennale del Dibit, il Dipartimento di biotecnologie del San Raffaele, centro di eccellenza italiano per la medicina molecolare. «Saranno sette giorni dedicati alla piu’ grande sfida del nostro secolo: comprendere e curare le malattie dell'uomo», spiega il fondatore dell'istituto di ricerca, Don Luigi Vene’. Dopo la mappatura del genoma, infatti, la scienza sta facendo passi da gigante. Nei laboratori di tutto il mondo si e’ passati dalla postgenomica alla proteomica, lo studio del numero, della finzione e dell'interrelazione tra le proteine di una cellula. Una nuova frontiera della ricerca che quasi certamente portera’ a sconfiggere il diabete e i tumori, le malattie cardiovascolari e quelle neurologiche. «In questo campo 1'informatica avra’ un ruolo sempre piu’ strategico», spiega Elio Catania, presidente di Ibm Italia. «La biomedicina ha infatti bisogno di supercomputer potentissimi, costruiti con nuovi microprocessori a limitato consumo energetico, aggregati in gran numero in uno spazio molto ridotto, in modo da ridurre al massimo la lunghezza delle interconnessioni». Un esempio? Blue Gene che, gia’ al lavoro in America presso il Lawrence Livermore National Laboratory, ha l'ampiezza di un campo di pallacanestro; sara’ di questa stessa famiglia anche la avveniristica apparecchiatura che presto sara’ progettata e realizzata per l'importante istituto di ricerca italiano. Intanto, l'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele sta gia’ lavorando alla realizzazione del Dibit 2. «Settantamila metri quadrati destinati alla medicina molecolare, gia’ in costruzione nella ala Est del complesso ospedaliero di Segrate, in grado di ospitare 500 scienziati», spiega il sovrintendente Claudio Bordignon. «I finanziamenti ci sono gia’, le concessioni edilizie pure, ma ci servira’ un grosso aiuto per quanto riguarda le attrezzature». Pronta la risposta di Ernesto Hofinann, senior consultant dell'Ibm: «Ogni anni siamo in grado di aumentare delf80% la potenza dei supercomputer di nuova generazione. Ma dobbiamo tenere presente che in una sola proteina ci sono 30mila atomi, con milioni di interconnessioni tra loro». Insomma, anche se gia’ tracciata, la strada e’ ancora lunga. Da non perdere, a questo punto, il numero speciale di ` Kos" dedicato a "Le proteine della vita" in edicola giovedi’; inoltre, venerdi’ l'universita’ Vita-San Raffaele aprira’ le porte agli studenti delle scuole medie superiori, mentre lunedi’ prossimo ricercatori e imprenditori discuteranno, con i ministri dell'Istruzione Moratti, della Salute Sirchia, dell'Innovazione e tecnologie, Stanca e con il presidente della Commissione europea, Prodi, sulle prospettive della ricerca biotecnologica. ____________________________________________________________________ Repubblica 13 nov. ’03 IL 25% DELLE MEDICINE VENDUTE E’ UN FALSO Secondo l'Oms nel mondo l'industria dei farmaci copiati genera un giro d'affari di 32 miliardi di dollari Nei paesi ricchi e’ il Viagra la pillola piu’ contraffatta Il primato va ai Paesi sottosviluppati dove GINEVRA - Che l'industria della contraffazione fosse una delle piu’ ricche del mondo era noto. Che oltre alle borse griffate si copiassero anche i farmaci era risaputo. Ma che nei paesi ricchi fosse il "Viagra", la pillola blu della Pfizer che porta alla felicita’ sessuale, la medicina piu’ copiata in assoluto, ancora non si sapeva. Ce lo fa sapere oggi l'Organizzazione mondiale della sanita’, che da Ginevra lancia un allarme sui farmaci contraffatti. Sono il 10 per cento di tutta la produzione farmaceutica mondiale. I Paesi di eccellenza dove vengono prodotti e smerciati sono quelli in via di sviluppo, dove i finti farmaci contro l'Aids, la malaria o la tubercolosi mietono un numero incalcolabile di vittime. Cosa che non accade nei paesi ricchi, dove i farmaci salvavita sono per lo piu’ accessibili, ma dove va per la maggiore la vendita di false pillole di Viagra, di farmaci a base di ormoni, di steroidi o antistaminici. Farmaci nuovi, costosi, spesso piu’ difficili da farsi prescrivere dal medico. La truffa, nella maggior parte dei casi, viaggia per Internet. La Pfizer, che da pochi mesi ha gia’ come rivale la Levitra, la nuova pillola arancione contro l'impotenza maschile della Bayer, ha dunque sempre piu’ da temere sul piano della concorrenza. Ma e’ il Sud del mondo a preoccupare seriamente l'Oms. Ci sono paesi dove il 25 per cento dei farmaci, dagli antibiotici agli sciroppi, sono contraffatti. Chi non puo’ permettersi di acquistare a caro prezzo l'originale, ancora coperto da brevetto, si affida alle copie. Farmaci prodotti a prezzi accessibili, ma spesso inutili o addirittura dannosi per la salute. Il farmaco contraffatto, avverte l'Oms, puo’ nuocere in vari modi: non curando la malattia oppure causando ulteriori danni alla salute. L'Oms stima che nel caso della malaria, 200 mila decessi l'anno potrebbero essere evitati se i medicinali disponibili fossero sicuri e impiegati in modo corretto. Per il Direttore dell'Organizzazione Lee Jong-wok, la lotta contro le medicine di scarsa qualita’ o illegali e’ diventata quindi "piu’ importante che mai. E garantire l'accesso a terapie sicure ed efficaci contro l'Aids ed altre malattie non e’ piu’ una possibilita’, ma un dovere", ha insistito Lee in occasione dell'apertura ad Hanoi (Vietnam) di un incontro sul tema. Per ora tuttavia a causa dell'alta domanda e dei bassi costi di produzione, la truffa dei farmaci contraffatti o di qualita’ scadente appare fiorente ed estremamente lucrativa: si calcola infatti che ogni anno nel mondo tale attivita’ generi guadagni per 32 miliardi di dollari e stando alle stime della Food and Drug administration statunitense oltre il 10% del mercato mondiale dei farmaci e’ composto da prodotti contraffatti. Che poi siano usati per curare l'aids o per aumentare la potenza sessuale, poco cambia. ____________________________________________ IL Sole24Ore 14 nov. ’03 SE L'ANTIMATERIA DIVENTA L'ARMA CONTRO IL CANCRO Partono con esiti positivi i test al Cern di Ginevra Siamo solo ai primi balbettamenti, ma vale la pena di ascoltarli con attenzione: col tempo potrebbero tradursi nell'annuncio di una nuova potente arma per combattere il cancro, un'arma rivoluzionaria, essendo basata nientemeno che sull'antimateria. II progetto, nato da una piccola societa’ americana hi-tech ha gia’ superato un test severo: la sua sperimentazione e’ stata infatti approvata dal Certi e accolta nella sofisticata "fabbrica dell'antimateria" del laboratorio ginevrino. In realta’, questa specialissima fabbrica, sorta nel luglio 2000, e’ stata concepita per fare ben altro: per affrontare problemi di ricerca fondamentale e indagare i meccanismi che durante il Big bang hanno condotto le particelle di materia a prevalere sui loro anti-gemelli, portando alla nascita dell'Universo. A1 Certi le antiparticelle vengono prodotte, accelerate, fatte scontrare e interagire con campi elettromagnetici e, infine, intrappolate. II recente progetto europeo Athena e’ riuscito a ottenere una quantita’ e una qualita’ di antiatomi che permettono oggi di studiarne le proprieta’ a livello fondamentale. La macchina che i fisici e gli ingegneri del Certi hanno messo a punto e’ unica al mondo: 1'«Ad» (Antiproton decelerator) lavora come un deceleratore di antiparticelle. Michael Holzscheiter e Carl Maggiore della californiana Pbar Medical Inc. non potevano, dunque, che puntare sul prezioso fascio di antiprotoni della facility ginevrina per sperimentare qualcosa di mai sperimentato prima. I due fisici americani avevano infatti in mente di effettuare il primo test di una nuova forma di radioterapia bombardando materia vivente con antiprotoni. Nelle convenzionali tecniche radioterapiche che usano i raggi X (fotoni di alta energia), una significativa dose di radiazione viene ceduta anche ai tessuti sani circostanti: per questa ragione in anni piu’ recenti si e’ pensato di fare ricorso a particelle "pesanti", come i protoni e gli ioni carbonio, che consentono di concentrare meglio l'irraggiamento sulla massa tumorale. ____________________________________________ Libero 13 nov. ’03 VALVOLE REALIZZATE CON IL SANGUE DEI PAZIENTI E i trapianti cardiaci sono immuni da rigetto OLYMPlA BEBLlNO - [g.g.] Valvole coltivate in provetta per i malati di cuore. Sono state sperimentate con successo su 23 pazienti dell' ospedale tedesco Charite’ di Berlino. La nuova tecnica consente di evitare l'utilizzo di strutture artificiali e di valvole che provengono dai donatori, spesso causa di rigetto e incompatibilita’. I risultati ottenuti dai tedeschi sono stati resi noti nel corso del congresso dell'American Heart Association (AHA) chiusasi da poco a Orlando, in USA. Secondo il cardiochirurgo Pascal Dohemn le valvole in provetta permettono di superare tutte le controindicazioni conseguenti al1'impiego dei prodotti meccanici: esse derivano infatti direttamente dai tessuti del paziente che viene sottoposto all'operazione, e non c'e’ quindi il pericolo di reazioni immunitarie. Le cellule necessarie al loro sviluppo vengono in particolare prelevate da frammenti tessutali provenienti dalla gamba o dal braccio (porzioni endoteliali dei vasi sanguigni). E in seguito vengono alimentate con fattori di crescita. Le cellule cominciano cosi’ a moltiplicarsi intorno a una struttura di materiale biocompatibile, fino a costituire una valvola a tutti gli effetti. I pazienti berlinesi di eta’ media di 44 anni ai quali e’ stata impiantata la nuova valvola, sono in ottime condizioni di salute: essi hanno ricevuto una valvola aortica, quella che collega il ventricolo sinistro del cuore con l'aorta, l'arteria piu’ importante del1'organismo. L'eco-cardiografia ha infine dimostrato che le valvole funzionano alla perfezione. _________________________________________ Corriere della Sera 11 nov. ’03 OGM, LA VIA DEL VATICANO «PIU’ BENEFICI CHE RISCHI» Lotta alla fame e pericoli per la salute, la Santa Sede cerca una soluzione Convocati da tutto il mondo scienziati e politici. «La posta e’ alta e delicata» Accattoli Luigi CITTA’ DEL VATICANO - «La posta in gioco e’ alta e delicata, per le polarizzazioni che dividono l' opinione pubblica, per i contenziosi commerciali, per la difficolta’ a definire a livello scientifico una materia in rapida evoluzione, per le implicazioni etico-culturali ed etico-politiche»: cosi’ ieri mattina il cardinale Renato Martino, presidente del Consiglio per la giustizia e la pace, ha presentato ai 67 invitati il «seminario» intitolato «Ogm: minaccia o speranza». Una due giorni scientifica, medica ed etica con ospiti qualificati, chiamati da tutto il mondo - ha spiegato il cardinale - per «raccogliere il maggior numero di dati informativi sugli Ogm, che in seguito potranno servire a sussidiare un discernimento etico e pastorale». Si potrebbe cioe’ arrivare a un documento, ma non ora. Forse il prossimo anno. Partecipano al seminario tre ministri del governo italiano: Gianni Alemanno (Politiche agricole), Altero Matteoli (Ambiente) e Girolamo Sirchia (Salute). I tre, che non hanno la stessa posizione, sono stati invitati - ha chiarito il cardinale promotore - «in ragione del fatto che l' Italia detiene in questo semestre del 2003 la presidenza del Consiglio dell' Unione europea». Con schiettezza Martino ha invitato a un dibattito «disinteressato», al di la’ delle «pressioni provenienti da molteplici fonti e portatrici di esigenze in qualche modo incompatibili, a cui anche la Santa Sede e’ sottoposta». Il cardinale non ha specificato la provenienza delle pressioni, ma bastera’ ricordare che a favore degli Ogm e’ venuto a parlare al Papa Colin Powell, mentre vescovi e missionari qua e la’ si pronunciano contro. Come mai il Vaticano affronta oggi la questione? Perche’ - dice Martino - la Chiesa avverte la necessita’ di «illuminare con la luce del Vangelo» anche questa materia nuova, che tocca da vicino questioni riguardanti «la promozione dell' uomo e l' affermazione della sua dignita’». C' e’ da rispondere al quesito se gli Ogm possono essere usati per combattere la fame, innanzitutto. A questo obiettivo il cardinale allude quando afferma che il suo dicastero spera di trovare «con equilibrio e nella verita’, un punto di sintesi utile e fecondo di bene per gli uomini del nostro tempo, soprattutto per i poveri». C' e’ un altro passo del discorso del cardinale che suona favorevole a un atteggiamento di cauta apertura, che in verita’ non e’ nuovo, nei pronunciamenti vaticani degli ultimi anni. E' quello con cui cosi’ interpreta il comando di «coltivare» la terra, che nella Genesi viene dato da Dio all' uomo: «Coltivare significa intervenire, decidere, fare, non lasciare che le piante crescano a caso; potenziare e perfezionare, affinche’ vengano frutti migliori e piu’ abbondanti; ordinare, pulire, eliminare cio’ che distrugge e rovina». Com' e’ andata la prima giornata del seminario? «Anche se e’ ancora difficile dire che ci sia un accordo, c' e’ una tendenza positiva del Vaticano ad evidenziare i benefici delle tecnologie transgeniche», ha detto ai giornalisti Peter Raven, membro della Pontificia accademia delle scienze, ricordando che gia’ l' Accademia di cui fa parte e quella «per la vita» «erano arrivate a conclusioni simili». Raven, che e’ direttore del Missouri Botanical Garden, afferma che gli «Ogm sono stati sperimentati in agricoltura per vent' anni», non vanno percio’ «demonizzati», ma «questo non significa che tutti i futuri alimenti saranno sicuri, anzi andranno esaminati con enorme attenzione». «Reale necessita’, sicurezza per l' uomo e per l' ambiente, assenza di effetti negativi diretti nel caso degli animali»: questi alcuni requisiti che ogni prodotto geneticamente modificato dovrebbe possedere, ha detto Giuseppe Bertoni, ordinario di zootecnica speciale all' Universita’ Cattolica. Per evitare che l' opinione pubblica sia «turbata» da notizie fasulle sono poi necessari - secondo il professore - «scienziati piu’ consapevoli» e «giornalisti piu’ attenti». Francesco Sala, docente di Botanica all' Universita’ di Milano, ritiene che «il Vaticano sia sulla buona strada, che non vuol dire affermare che gli Ogm sono totalmente privi di rischi, ma sottolinearne i benefici». Luigi Accattoli 58 I MILIONI di ettari di superficie destinata a coltivazioni Ogm nel mondo (+12% rispetto al 2001) 61% LA QUOTA di superficie destinata alla soia sul totale delle terre coltivate ad Ogm 62% GLI ITALIANI contrari agli Ogm secondo un sondaggio Ispo/ACNielsen-Cra dello scorso luglio Il dibattito all' interno della Chiesa I GESUITI Il «no» dello Zambia Nel settembre 2002 gli Stati Uniti hanno offerto 10 mila tonnellate di mais, in parte transgenico, allo Zambia per sfamare un milione e 300 mila persone. I gesuiti, sulla base anche di una ricerca effettuata da alcuni scienziati negli Usa, si sono dichiarati contrari e il governo ha messo il veto ai rifornimenti I 14 VESCOVI Minaccia per il Brasile Lo scorso 6 maggio quattordici vescovi brasiliani si sono detti «assolutamente contrari» all' utilizzo di alimenti Ogm: «I transgenici rappresentano una minaccia alla sovranita’ alimentare del nostro Paese - hanno detto -, a causa della perdita di controllo dei semi, in virtu’ della loro brevettabilita’» L' AGENZIA MISNA Rischi non scongiurati Lo scorso agosto anche l' agenzia missionaria Misna si e’ pronunciata sui transgenici: «La fame non si combatte con gli Ogm, anche se la scienza non puo’ essere imbavagliata». Quindi ha scritto che «allo stato delle cose i rischi per la salute non sono affatto scongiurati» mentre e’ certo che «le colture transgeniche sono le piu’ costose» ____________________________________________ Il Giornale 12 nov. ’03 COLTIVIAMO LA CONOSCENZA FIRANTC0 BATTAGLIA Gli Stati Uniti, il Canada, la Cina, l'India e molti altri Paesi, per un totale di piu’ di tre miliardi di persone, coltivano ed utilizzano piante migliorate attraverso l'ingegneria genetica (piante Gm). L'intensa ricerca scientifica condotta in questi Paesi ha mostrato che questa nuova metodologia, in se’, comporta rischi per la salute che sono non maggiori - ma semmai minori - di quelli gia’ verificati ed accettati nell'agricoltura sia tradizionale sia, a maggior ragione, biologica. Inoltre, appaiono sempre piu’ evidenti i vantaggi per l'economia e per la salute che derivano dal loro uso sia nei Paesi ricchi sia in quelli poveri. Tuttavia, ancora oggi non mancano posizioni d'estrema intransigenza, anche nel nostro Paese. Che, malgrado abbia meno di tutti investito nella ricerca sulla sicurezza e sulla convenienza delle piante Gm, ha deciso che esse sono non sicure e non convenienti. Se rischi dovessero esistere - fatto che nessuna scienza responsabile puo’ escludere a priori per nessuna attivita’ umana - questi potrebbero (e dovrebbero) essere individuati e tenuti sotto controllo con l'applicazione del metodo scientifico, non certo con la creazione di un indiscriminato clima di diffidenza. L'analisi critica della totalita’ delle ricerche scientifiche - per le quali la sola Unione europea ha investito 70 milioni di euro mirati al solo studio della sicurezza delle piante Gin - e’ inequivocabile: «Le piante GM sono piu’ sicure perche’ piu’ controllate». Infatti, per la prima volta, nella storia dell'agricoltura mondiale, esaustive leggi e regolamenti impongono che una pianta, solo perche’ prodotta con le nuove metodologie Gin, debba essere analizzata per la sua accettabilita’ per la salute prima di essere commercializzata. Non e’ cosi’ per le piante tradizionali che, benche’ non esenti da rischi, non devono subire alcun controllo preventivo. La decisa opposizione all'uso dell'ingegneria genetica in agricoltura penalizza non solo le grandi colture (mais, soia, riso, frumento), ma anche le colture tipiche nazionali, importanti voci attive del settore primario della nostra economia. Esse stanno progressivamente perdendo competitivita’ sui mercati: senza ricerca e progresso l'agricoltura e’ destinata a perdere competitivita’. Irresponsabili corporazioni del nostro Paese recepiscono acriticamente la ricerca genetica come origine di nuovi mali, e chiedono di ignorare le metodologie di trasferimento di geni introdotte ormai da 20 anni. Alcuni chiedono addirittura di tornare a un fantomatico «prodotto naturale», che da secoli non esiste piu’ in agricoltura. Purtroppo, questo rifiuto delle moderne metodologie risultera’, nel breve termine, disastroso per l'agricoltura italiana: numerosi prodotti agricoli tipici italiani sono a rischio d'estinzione, avendo caratteri genetici che ne condizionano la produttivita’, per cui o le piante vengono migliorate geneticamente o perdono competitivita’ e saranno abbandonate dall'agricoltore. E’ necessario che si applichino tutte le metodologie oggi offerte dalla scienza, senza escluderne alcuna: l'incrocio e la mutagenesi continueranno ad essere fondamentali, ma la comunita’ scientifica e’ convinta che le possibilita’ di miglioramento genetico debbano non fermarsi alle metodologie disponibili vent'anni fa, ma piuttosto includere anche quelle biotecnologiche di piu’ recente acquisizione. Bisogna essere consapevoli dei pericoli che l'agricoltura nazionale sta correndo - e che sempre piu’ correra’ nel prossimo futuro - se perdurera’ l'attuale opposizione a una moderna ricerca nel settore agrario. Conseguenze nefaste sono gia’ state sperimentate in quei casi in cui la societa’ ha rifiutato la scienza: proprio nel campo delle politiche agricole, il sovietico caso «Lysenko» ne e’ un esempio. Appare quanto meno curioso che proprio l'Italia - che con Galileo Galilei e’ stata la madre del metodo e del rigore scientifico - voglia abbandonare oggi quel metodo e quel rigore. __________________________________________ Repubblica 13 nov. ’03 HELICOBACTER, ORA E’ DIMOSTRATO PUO’ DARE IL TUMORE ALLO STOMACO Su "Cancer Research" la scoperta degli studiosi italiani: e’ tutta colpa di due proteine del batterio PUÒ DARE IL TUMORE ALLO STOMACO e’ targata "made in Italy" una scoperta scientifica che fa compiere un importante passo avanti alla ricerca sull’Helicobacter Pylori, il batterio responsabile della maggior parte delle gastriti e delle ulcere e che, da qualche anno, e’ divenuto un vero rompicapo per i ricercatori di mezzo mondo, nel tentativo di chiarirne la correlazione con i tumori dello stomaco. Milioni di persone al mondo infatti 31 milioni in Italia sono infette dal batterio, ma solo una parte 5070% in Italia sviluppa il tumore. I dati cambiano molto da un Paese all’altro secondo le condizioni di vita. Bene, ora e’ stato finalmente dimostrato il legame diretto tra l’Helicobacter Pylori e il cancro gastrico: la neoplasia si dovrebbe a due proteine del batterio, chiamate "HspB" e "CagA", non sempre presenti nel suo Dna, ma che quando ci sono alterano il ciclo della cellula gastrica, facendola proliferare nel processo tumorale. La scoperta, che apre nuove prospettive sia per la diagnosi che per la cura ed e’ stata pubblicata nei giorni scorsi dall’autorevole rivista scientifica "Cancer Research", e’ opera di due gruppi di ricerca italiani, coordinati dai dottori Gaetano Iaquinto, direttore del Dipartimento di Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliera "San G. Moscati" di Avellino, ed Antonio De Luca, ricercatore del Dipartimento di Medicina Pubblica, Clinica e Preventiva della 2a Universita’ di Napoli e "Adjunct Associate Professor" al la "Temple University" di Philadelphia. Vediamo come ci si e’ arrivati. «Lo sviluppo di nuove metodiche di biologia molecolare ha consentito di isolare le proteine prodotte del batterio e di utilizzarle in modelli animali per la ricerca in vivo», spiega il dottor Iaquinto. «I risultati scientifici precedenti avevano riscontrato che le cavie infettate con alcuni ceppi di Helicobacter pylori sviluppavano tumore gastrico. Tali ricerche pero’ non avevano dimostrato un legame diretto tra questi due fenomeni non potendo escludere che allo sviluppo del tumore gastrico fossero coinvolti eventi casuali secondari all’infezione, quali reazioni immunologiche, infiammatorie». I due gruppi campani invece sono riusciti a dimostrare questo legame. «Prima abbiamo isolato e clonato le due proteine, poi le abbiamo trasferite, in laboratorio, in cellule gastriche umane», spiega Antonio De Luca; «i risultati ottenuti hanno evidenziato un’alterazione del ciclo cellulare ed un’aumentata, anomala, proliferazione delle cellule dello stomaco. L’aumento della capacita’ delle cellule di proliferare e’ dovuto proprio all’abilita’ delle due proteine dell’Helicobacter nell’attivare i geni richiesti per la progressione del ciclo cellulare. L’attivazione di questi geni e’ un tipico meccanismo di alterazione dell’equilibrio della cellula, che da normale si trasforma in neoplastica». La scoperta e’ il punto d’arrivo di una ricerca cominciata qualche anno fa, quando i ricercatori erano stati allertati dal riscontro, nel siero del 75% dei pazienti con cancro gastrico, delle due proteine dell’Helicobacter con una presenza molto superiore rispetto a quella osservata nei pazienti con sola dispepsia o ulcera duodenale. ________________________________________ Le Scienze 15 nov. ’03 I GENI DELLA PSORIASI La malattia affligge circa il due per cento della popolazione Dopo una ricerca durata un decennio, un team di ricercatori della Scuola di Medicina dell’Universita’ di Washington di St. Louis ha identificato tre geni collegati alla psoriasi, la condizione della pelle caratterizzata da chiazze rosse o squamose. Anne Bowcock, a capo del progetto, ha affermato che i risultati potrebbero aiutare gli scienziati a comprendere i dettagli molecolari della malattia e a trovare nuovi metodi per trattare la condizione. Lo studio e’ stato pubblicato online il 9 novembre sulla rivista "Nature Genetics". "Ora possiamo studiare i ruoli funzionali di questi geni - spiega Bowcock - e scoprire come impediscono normalmente alla pelle e al sistema immunitario di danneggiare i tessuti sani con i loro meccanismi difensivi. I risultati ci aiuteranno a trovare le risposte a questioni molto importanti, per esempio sul modo in cui i cambiamenti nei meccanismi cellulari provocano la malattia e se e’ possibile prevedere in anticipo chi sviluppera’ il disturbo". La psoriasi e’ legata a diversi geni e fattori ambientali. Puo’ verificarsi in numerose forme, fra le quali l'artrite psoriatica che provoca sintomi simili all'artrite e affligge fino al 30 per cento di tutti i pazienti di psoriasi. La ricerca e’ durata un decennio perche’ i ricercatori erano alla ricerca di effetti quasi impercettibili: i geni coinvolti - SLC9A3R1, NAT9 e RAPTOR - non mutano di molto. Inoltre gli scienziati hanno scoperto che le forme dei geni che accrescono il rischio di psoriasi sono presenti anche nel 37 per cento dei membri di un gruppo di persone che non soffre della malattia. ________________________________________ La Stampa 12 nov. ’03 BIOTECH CONTRO IL TUMORE DELLA PROSTATA PATOLOGIA APPLICARE IN TEMPO REALE I RISULTATI DELLE NUOVE SCOPERTE MALATTIA CHE RISULTA ESSERE ORMAI LA FORMA NEOPLASTICA PIU’ DIFFUSA NELLA POPOLAZIONE MASCHILE LA prostata come l'utero? Il paragone, che puo’ sembrare paradossale, nasconde un obiettivo del "Progetto Europa Uomo", al quale hanno aderito 12 paesi europei, tra cui l'Italia. Si tratta di un movimento di opinione per combattere il tumore della prostata con il fine di sensibilizzare gli uomini ad attuare una diagnosi precoce e una prevenzione della malattia che ogni anno in Italia fa 7000 morti. Ancora oggi, incredibilmente, avviene quello che sino a qualche decennio fa capitava nella prevenzione dei tumori femminili: scarsa informazione, scarsa prevenzione. Dopo una campagna lunga, intensa e capillare, oggi la gran parte delle donne conosce la prevenzione e si sottopone periodicamente a controlli. Nel campo maschile l'informazione non e’ stata cosi’ incisiva da determinare nell'uomo una coscienza del problema simile a quella femminile. Risultato: oggi il tumore della prostata e’ la neoplasia piu’ comune nella popolazione maschile del mondo occidentale (200.000 decessi/anno). Di fronte a questo problema primario di salute pubblica, a Torino un gruppo di ricercatori e clinici dell'ospedale Molinette ha raccolto la sfida europea di iniziare una campagna di informazione della popolazione a rischio per una diagnosi precoce: troppi pazienti infatti arrivano all'osservazione del medico con un tumore avanzato della prostata. Ma il programma del gruppo non si limita a questo obiettivo; si vuole anche una ricerca, una diagnostica e una terapia all’avanguardia, dando al paziente un punto di riferimento in cui possa trovare tutto il necessario in un’unica struttura. Alle Molinette, dove operano in stretta collaborazione istituti universitari e ospedalieri dediti alla ricerca ed all'assistenza del malato, esistono - realta’ unica in Piemonte - tutte le strutture e apparecchiature atte a garantire, oltre ad una diagnostica notevolmente sofisticata, anche una terapia corretta e diversificata, aggregando le professionalita’ coinvolte nei vari tipi di approccio terapeutico: chirurgia, radioterapia, brachiterapia, hi.fu, chemioterapia, procedure sperimentali. L’obiettivo e’ applicare "in tempo reale" in terapia i risultati della ricerca. Nasce cosi’ l'idea di creare un Centro di riferimento per la ricerca, diagnosi e cura del tumore prostatico costituita da 11 Unita’ di ricerca di base facenti capo al Centro di Ricerca in Medicina Sperimentale e da 20 Unita’ di diagnosi, terapia e ricerca clinica facenti capo al Centro Onco-Ematologico Subalpino, tutte gia’ ampiamente operanti nell'ambito delle Molinette. Gli Istituti di ricerca sono attualmente impegnati in vari studi di primo piano (anticorpi monoclonali in vivo, vaccinazione, neoangiogenesi, studi epidemiologici) in collaborazione con i centri piu’ accreditati a livello internazionale. Il progetto ha anche lo scopo di comportare consistenti risparmi sul bilancio della Sanita’ alla voce "tumore prostatico" ottimizzando i servizi e mantenendo nel contempo inalterate le qualita’, le prestazioni e i tempi. Non viene inoltre dimenticata, come ulteriore finalita’, l'istruzione e la formazione avanzata per il personale medico e biotecnologico con l'istituzione di master e dottorati di ricerca in oncologia. Tre obiettivi ambiziosi, quindi, da attuare subito in considerazione che la maggior parte delle risorse sono gia’ presenti: informazione/prevenzione; ricerca/terapia; istruzione/formazione. Questa e’ la sfida che il Progetto Prostata Torino si pone con la certezza che esistono tutte le premesse per poterla vincere. [TSCOPY](*)Universita’ di Torino ________________________________________ La Stampa 15 nov. ’03 SUPERCELLULE DAL MIDOLLO E IL CUORE SI AGGIUSTA L’ESPERIMENTO PRESENTATO IN FLORIDA «Questo tipo di staminali, a differenza di altri, ha grandi potenzialita’ Abbiamo rigenerato la capacita’ di pompare sangue dopo un infarto» corrispondente da NEW YORK E' racchiuso nelle cellule staminali del midollo osseo il segreto per curare i cuori malati e, probabilmente, anche altri organi umani gravemente danneggiati. A sostenere la rivoluzionaria tesi e’ un rapporto presentato alla sessione annuale scientifica dell'American Hearth Association (Associazione cardiaca americana), che si sta svolgendo in questi giorni ad Orlando in Florida, nel quale si ricostruisce quanto e’ riuscito ad un gruppo di ricercatori tedeschi guidati da Bodo Strauer, docente di medicina all'Universita’ Heinrich Heine della citta’ di Dusseldorf. Nel tentativo di rigenerare la capacita’ di pompare sangue del cuore di un paziente sono state iniettate cellule del midollo spinale prelevate dal sangue del paziente stesso e l'effetto e’ stata la crescita di nuove cellule, rafforzando l'arto indebolito e consentendo al malato di riprendere la propria attivita’. «Il risultato ottenuto dimostra per la prima volta che il trapianto delle cellule staminali di una persona grazie ad un'iniezione intracoronaria - ha spiegato Bodo Strauer illustrando il lavoro svolto in Germania - riesce ad aumentare le funzioni cardiache, il flusso del sangue ed il metabolismo nella zona danneggiata». Se ulteriori tentativi di questo tipo dovessero essere coronati da successo potremmo essere alle soglie di un nuovo tipo di terapia destinata a influenzare il lavoro di medici e chirurghi perche’ basata sul ricorso a cellule staminali del midollo osseo, capaci di assumere qualsiasi tipo di caratteristiche. Risale al marzo del 2001 il primo successo ottenuto dal gruppo di ricercatori del team medico di Dusseldorf: tre mesi dopo avere eseguito l'intervento la capacita’ di pompare sangue del paziente trattato era significativamente aumentata e le sue condizioni miglioravano visibilmente. Fu alla luce di questi risultati che venne deciso di tentare successivamente un passo scientificamente piu’ significativo ovvero un esperimento su piu’ larga scala. Ma vi fu un imprevisto: ben venti dei quaranta pazienti che erano stati presenti - e che avevano caratteristiche cardiache analoghe - fecero un passo indietro, preferirono declinare l'offerta dicendosi affatto fiduciosi sul ricorso medico alle cellule staminali. La decisione del medico tedesco fu di non tirarsi indietro, andare avanti comunque, e ai venti che accettarono vennero prelevate le cellule staminali dei rispettivi midolli ossei che, dopo essere state coltivate durante una notte intera, furono all'indomani trapiantate sull'arto danneggiato grazie ad una prassi identica per tutti: l'uso di un catetere per indirizzarle verso l'arteria bloccata che aveva causato il grave disturbo cardiaco. A distanza di novanta giorni il successo si e’ ripetuto in tutti i casi trattati: «L'estensione dell'area danneggiata si era ridotta da un massimo del trentatre’ ad un minimo del quattordici per cento della circonferenza del ventricolo sinistro» attesta il documento reso noto ieri ad Orlando. Il successo e’ legato, in particolare, alle funzioni delle cellule staminali del midollo umano che - a differenza delle altre finora note - sono considerate dai ricercatori «primitive» e «immature» per via delle caratteristiche che gli consentono di trasformarsi in qualsiasi tipo di altra cellula del corpo umano, come avviene nel caso delle cellule embrionali. I risultati della discussione avvenuta al simposio cardiologico di Orlando lasciano presagire adesso una crescente attenzione per le potenzialita’ di queste cellule - che sono state denominate «Human Bone Marrow-Deerived Stem Cells» (Hbmsc) - in quanto potrebbero rivelarsi utili in un prossimo futuro per applicazioni di tipo anche differente da quelle cardiache, aiutando a curare altri tessuti dell'organismo degli esseri umani.