MEDICINA: NIENTE LAUREE BREVI A CAGLIARI RILANCIARE LA RICERCA PUBBLICA DA CAMBRIDGE AL CEPU RICERCA, C'E’ UNA SVOLTA SUI FONDI CERVELLI IN FUGA, TORNARE SI PUO’ SOLO GLI ITALIANI RESTANO IN USA ATENEI, UNA «QUESTIONE NAZIONALE» PUBBLICITA’, CHELI «INDAGA» SU ENTI E ATENEI DEFISCALIZZARE PER DARE SPRINT AI PRIVATI MATRICOLE IN AUMENTO DEL 4,1% UN PASSAPORTO PER GLI UNIVERSITARI UNIVERSITA’, RINVIATA L'AUTONOMIA (IN FRANCIA) SETTE SARDI I PRIMI LAUREATI ITALIANI IN INGEGNERIA PER AMBIENTE E TERRITORIO INSEGNANTI SARDI SENZA CATTEDRE A COLLEGARE DUE PERSONE SCELTE A CASO-BASTANO SEI PASSAGGI. ================================================================== CAGLIARI: UN POLICLINICO CHE FUNZIONA UIL CHIEDE: "CHE FINE HA FATTO L'AZIENDA OSPEDALIERA?" LA SANITA’ DEL SARCIDANO E’ ALLO SFASCIO VITAMINA E? NO GRAZIE EPATITE C Si PUO GUARRE TESTAMENTO BIOLOGICO, PRONTE LE REGOLE LA FOTO VIRTUALE DEL COLON UN SUPERARCHIVIO IN BYTES PER COMBATTERE IL CANCRO IL PROF. BIGGIO SULL'USO TERAPEUTICO DELLA COCAINA CUORE: UN JOYSTICK COME BISTURI TRE MILIONI DI ITALIANI MALATI DI IMPOTENZA: ARRIVA UNA NUOVA PILLOLA SI VEDRA’ PRIMA L’ARTRITE REUMATOIDE ACQUA E SAPONE BLOCCANO IL VIRUS DELL'AIDS L'OLIO BENEFICO LO GNATOLOGO SE MASTICATE MALE IL RUOLO FUNZIONALE DEI GENI COINVOLTI NEL TUMORE DEL SENO PROTEINE ARTIFICIALI ================================================================== _________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 nov. ’03 MEDICINA: NIENTE LAUREE BREVI A CAGLIARI «Si finira’ per cercare infermieri all’estero». La previsione del preside di Medicina Gavino Faa e’ di appena una settimana fa, ma oggi sembra ancora piu’ fondata. Come denuncia il corposo dossier del gruppo Universita’ per gli Studenti, sono sei le lauree triennali di Medicina che quest’anno non sono decollate per mancanza di fondi. Tra queste, anche il corso di studi d’Infermieristica. Ma tra le vittime delle restrizioni finanziarie denunciate dagli studenti c’e’ anche il corso di laurea specialistica in Biologia Sanitaria della facolta’ di Scienze e il corso di Servizio sociale. _________________________________________________________ Il Sole24Ore 23 nov. ’03 RILANCIARE LA RICERCA PUBBLICA DI GILBERTO CORBELLINI In Italia siamo tutti un po' assuefatti alle litanie che denunciano la scarsa qualita’ della ricerca scientifica prodotta dai nostri ricercatori, l'autoreferenzialita’ del sistema della ricerca pubblica, che non contribuirebbe al funzionamento del sistema produttivo in quanto le universita’ non sosterrebbero l'innovazione; infine la prevalenza di medie e piccole imprese sarebbe all'origine dei bassi investimenti in ricerca e sviluppo da parte del sistema produttivo. Gli studi empirici raccolti da Andrea Bonaccorsi confutano questa visione che in qualche modo tende a giustificare l'inerzia se non la paralisi a livello di politiche pubbliche efficaci per rilanciare la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologia in Italia. Attraverso l'analisi di una messe significativa di dati riguardanti il funzionamento di universita’, enti di ricerca e grandi imprese si dimostra che esiste un'eterogeneita’ del sistema pubblico di ricerca su cui si potrebbe agire, indirizzando verso un incremento della qualita’ basato su criteri di valutazione che utilizzino indicatori scientimetrici standardizzati a livello internazionale. Non meno eterogenee appaiono le strategie delle imprese nei confronti della ricerca, e anche in questo caso servirebbe una politica che faciliti collegamenti tra ricerca pubblica e imprese per creare circuiti di collaborazione compensativi o amplificativi. Alcuni saggi mostrano inoltre che alcune universita’ italiane concorrono significativamente all'innovazione attraverso brevetti e contratti, e che i finanziamenti privati alla ricerca fatta presso enti pubblici premiano la qualita’ scientifica secondo gli standard internazionali. «Lo snodo centrale - scrive Bonaccorsi - e’ come far crescere la qualita’ scientifica del sistema pubblico di ricerca, aumentandone l'internazionalizzazione, istituzionalizzando criteri di selezione sul merito e introducendo sistemi effettivi di valutazione. Intorno a questo snodo si colloca la priorita’ della formazione dei giovani e del loro reclutamento nel sistema pubblico. Infine, si pone la questione di liberalizzare e semplificare le relazioni con l'industria, favorendo nuove forme di aggregazione e clustering, aumentando le partnership pubblico - privato e la mobilita’ del personale da e per l'industria». Insomma, i modelli econometrici piu’ sofisticati mostrano che esistono ancora margini per politiche di incentivazione che potrebbero rilanciare il sistema della ricerca scientifica in Italia. Il problema e’ che sono mancati e continuano a mancare in questo Paese politici con una visione adeguata del ruolo che la scienza e l'innovazione svolgono nelle dinamiche di sviluppo delle economie di mercato, e ministri economici meno miopi e provinciali. Andrea Bonaccorsi (a cura di), «II sistema della ricerca pubblica in Italia», Franco Angeli, Milano 2003, pagg. 302, € 19,00. _________________________________________________________ L’Unione Sarda 26 nov. ’03 DA CAMBRIDGE AL CEPU di Andrea Saba * Si discute la proposta di fare a Genova la Cambridge italiana. Agli stranieri che chiedevano all’usciere del King’College di Cambridge come si potevano ottenere prati cosi’ belli: «Tagliandoli e rullandoli per seicento anni» era la risposta, molto britannica. Mi sono laureato in quel College nel 1962 e in quell’anno Cambridge ottenne tre premi Nobel. Tra cui quello di un mio vicino di stanza, Jim Watson per la scoperta del Dna. Prima di tutto Cambridge e’ una formidabile universita’ ed e’ questa condizione che, poi, consente di creare grandi centri di ricerca. A Genova si vuole creare un centro di ricerca che, inevitabilmente, poggerebbe su una universita’ italiana, che e’ ormai un’istituzione del tutto inadeguata e inefficiente. Cambridge ed Oxford sono basate sul sistema dei colleges - inventati dagli italiani con la Normale di Pisa e il Gisleri di Pavia -. Gli studenti frequentano le lezioni universitarie, poi, nel college, che e’ cosa diversa dall’universita’, studiano e si esercitano sotto la guida di tutor che spesso sono fra i migliori scienziati del mondo, e che il college stesso recluta da tutte le universita’ piu’ prestigiose. Non e’ importante essere professori: il prestigio deriva interamente dal merito. Molti tutor tengono un corso, se vogliono, se no fanno solo ricerca o solo ripetizioni ai ragazzi del loro college. Gli esami finali sono solo scritti, solo una sessione e solo a giugno. Non ci sono esami di riparazione. Chi non e’ promosso deve lasciare Cambridge e puo’ andare in un’altra universita’, ma non a Cambridge ed Oxford. Per questo gli esami sono pochi, ma ci si arriva dopo aver svolto, ogni settimana, per un anno, una tesina scritta ed averla discussa da soli per un’ora col “supervisor” che spesso e’ uno dei migliori esperti del mondo. (il mio era Niky Kaldor, ungherese, forse il maggiore politico - economico del secolo ventesimo, che poi fu fatto lord per meriti scientifici). Per scrivere la tesina settimanale, oltre allo studio, e’ normale andare a chiedere pareri ad altri docenti degli altri colleges, in modo da poter confrontare diversi punti di vista. Il che e’ fondamentale per il progresso scientifico. In Italia, al posto di tutto questo abbiamo il Cepu. Non esiste scambio di idee con altre discipline. Chi studia o insegna in un dipartimento di economia deve, per tutta la vita, vedere solo economisti. Ed invece la creativita’, che e’ alla base della ricerca, si alimenta con il confronto interdisciplinare. I docenti in Italia, normalmente, non vedono gli studenti, non esiste dialogo. Le lezioni spesso riguardano argomenti stantii perche’ il docente, da quando vince il concorso, non ha piu’ nessuna ragione di aggiornare il suo repertorio: riduce il corso ad una cinquantina di ore in tre mesi, e poi per nove mesi - unico caso al mondo - riceve un buon stipendio per non fare assolutamente niente, non ha obblighi di seguire tesi, forse vede qualche volta qualche studente, ma pochi, perche’ tenendo un corso vecchio e di scarso interesse, spesso insegna a tre o quattro sparuti giovanotti. Se non ha studenti, non ha esami, non ha colloqui, non ha tesi, e tutto il suo lavoro consiste nel tenere un corso di scarso interesse. Questa, duole dirlo, e’ la situazione del 70 % della universita’ italiana. Per questo hanno successo i Cepu e le sue imitazioni. Esistono pero’ eccezioni di alto livello. Ed e’ su queste che bisogna fare leva, potenziandole, dotandole di mezzi per richiamare i famosi cervelli in fuga. Smettendo di considerare tutte uguali le universita’. Ma senza una struttura universitaria seria, che formi i giovani ricercatori da quando hanno diciotto anni, Cambridge rimane un sogno lontano. * Dipartimento Scienze economiche La Sapienza - Roma _________________________________________________________ Corriere della Sera 28 nov. ’03 RICERCA, C' E’ UNA SVOLTA SUI FONDI Moratti: in Europa progetti valutati come le grandi infrastrutture, finanziamenti per 27 miliardi. CAPITALI PRIVATI Abbiamo approvato le esenzioni per le donazioni a universita’ e istituti di ricerca Piccole e medie imprese faticano a investire in innovazione di prodotto Vecchi Gian Guido MILANO - E’ appena tornata da Bruxelles, sfoglia una pila di documenti e parla velocissima, a raffica, il tono felice, «la grande novita’ e’ che nascono progetti di ricerca come le infrastrutture materiali, capisce?, viene riconosciuta alla scienza la stessa importanza per lo sviluppo dei Paesi, si sostiene il Corridoio 5 e allo stesso modo le ricerche europee d' avanguardia, con finanziamenti innovativi, un successo di questo semestre che sara’ molto importante anche per il nostro Paese». Il ministro Letizia Moratti si concede un pausa, come presidente di turno del «consiglio competitivita’» - che riunisce i responsabili europei di ricerca, mercato interno e industria - porta a casa un elenco di dieci aree di ricerca finanziate da dieci miliardi di euro, «il programma di sostegno alla ricerca europea ne stanziava 17, ora si arriva a 27, i finanziamenti sono quasi raddoppiati». Ma non si tratta solo di questo. C' e’ anche la faccenda del «Mit italiano», la fuga dei cervelli, i finanziamenti alla ricerca, gli investimenti delle aziende: la Moratti interviene a tutto campo. Signor ministro, cominciamo dai progetti appena approvati dal suo consiglio.... «La nostra lista andra’ al Consiglio dei capi di Stato e di Governo, il 12 dicembre, per il si’ definitivo. E’ un primo elenco di interventi prioritari, la cosiddetta quick start list. E fa parte dello stesso gruppo di progetti che comprende le grandi infrastrutture. Gia’ a luglio Ecofin (i ministri finanziari, ndr) aveva cominciato a prendere in considerazione la nostra proposta, poi formalizzata in settembre, l' idea di finanziare la ricerca come le infrastrutture materiali e di trasporto: non piu’ solo i fondi statali ma anche la Bei, la Banca europea. Cosi’ e’ stato: i dieci miliardi di ricerca saranno cofinanziati dalla Bei. Puo’ sembrare un dettaglio tecnico ma e’ una rivoluzione: la ricerca non piu’ vista come spesa ma come investimento nello sviluppo dell' Europa». Ma quali sono, di preciso, e in che modo interessano l' Italia? «E’ semplice: si aggiungono risorse a livello europeo e l' Italia puo’ partecipare, abbiamo gia’ preso contatto con la Bei e presentato la nostra lista, una decina. Del resto parliamo di progetti che, per essere finanziati, devono essere transnazionali, vedere la partecipazione di piu’ Paesi. I settori che piu’ ci interessano, come Italia, sono le telecomunicazioni a banda larga e i laser di prossima generazione, anche la nanoelettronica. Ma nella lista ci sono pure comunicazioni mobili, il potenziamento delle reti di ricerca e istruzione, l' economia dell' idrogeno per riscaldamento o come carburante, la creazione di una rete satellitare e il sistema Galileo, l' investimento sullo studio del genoma e le sue applicazioni...». E il cosiddetto «Iter», il sito per la creazione di energia attraverso la fusione nucleare? Perche’ si e’ scelta la Francia? «Lo abbiamo approvato all' unanimita’, candidando Cadarache come sito e una citta’ spagnola come sede legale. Adesso l' Europa dovra’ vedersela con la concorrenza di Giappone e Canada. E se ce la facessimo, ne guadagnerebbero tutti: come Italia abbiamo quattromila persone che lavorano nel settore, tra Enea e Euraton...». A proposito di ricerca in Italia: i finanziamenti continuano ad essere assai bassi, rispetto all' Europa... «La spesa per la ricerca scientifica, tra pubblico e privato, arrivava all' 1,3 del Pil nel ' 91 e dieci anni piu’ tardi, quando sono divenuta ministro, si era scesi all' 1,07. Nel 2003 abbiamo aggiunto 400 milioni di euro, con questa Finanziaria si arriva a un totale di un miliardo e 700 milioni di investimenti nella ricerca, ed e’ una stima prudente». Si’, ma in termini percentuali la media resta piu’ bassa, no? «Dipende: quanto ai finanziamenti pubblici alla ricerca, siamo saliti dallo 0,53 allo 0,63 del Pil contro lo 0,66 della media europea: con la Finanziaria ci siamo portati allo stesso livello. Il problema riguarda soprattutto i finanziamenti privati...». Confindustria chiedeva incentivi alle imprese che fanno ricerca. «E infatti li abbiamo previsti: si e’ concessa la defiscalizzazione a tutte le imprese che investono in ricerca. In piu’, nell' ultimo consiglio dei ministri, abbiamo approvato le esenzioni per le donazioni a scuole, universita’ e istituti di ricerca: ogni societa’ che fa donazioni puo’ dedurle fino al 2 per cento del reddito». Ma perche’, secondo lei, le imprese stentano ad investire? Troppa burocrazia? «Il problema e’ che il tessuto italiano e’ composto per lo piu’ di aziende medie e piccole che faticano ad investire in innovazione di prodotto. D' altra parte, le imprese non capitalizzano la ricerca, la inseriscono nelle spese, e quindi non risulta dai bilanci: la media, in realta’, potrebbe essere piu’ alta». Torniamo al problema dei fondi pubblici. Il progetto di un «Mit» italiano, voluto dal ministro Tremonti, non piace a molti scienziati, a cominciare dal Nobel Carlo Rubbia. Non sarebbe meglio investire sugli enti che gia’ ci sono? «A quel progetto stiamo lavorando con il ministro dell' Economia, siamo in perfetto accordo, con Tremonti mi sono sentita anche oggi per mettere a punto il decreto istitutivo e lo Statuto. Ma non e’ vero che toglie risorse agli altri centri di ricerca, e’ una fondazione, ha caratteristiche diverse: si aggiunge al sistema. E poi abbiamo aumentato le risorse, assunto 1.700 ricercatori, stanziato 20 milioni di euro per i progetti nazionali, non mi sembra si sia tolto nulla». E la fuga dei cervelli? «Da quando sto qui sono rientrati duecento professori e ricercatori, investiamo circa 10 milioni di euro l' anno. Ma francamente mi pare riduttivo parlare di fuga o rientro: c' e’ una mobilita’ e circolarita’ del sapere, per fortuna. Si sono appena stanziati 230 milioni per "Erasmus mundus", un programma di scambio planetario per dottorandi e ricercatori. L' importante, piuttosto, e’ che non ci sia una stagnazione». Gian Guido Vecchi 27 I MILIARDI disponibili dalle istituzioni Ue per la ricerca. Ai 17 previsti ne sono stati aggiunti altri 10 dal «consiglio competitivita’» 0,66 PERCENTUALE media europea dei finanziamenti pubblici alla ricerca scientifica sul prodotto interno lordo CAPITALI PRIVATI Abbiamo approvato le esenzioni per le donazioni a universita’ e istituti di ricerca Piccole e medie imprese faticano a investire in innovazione di prodotto IL «MIT» ITALIANO Stiamo mettendo a punto il decreto istitutivo. Non e’ vero che toglie risorse agli altri centri di ricerca. E' una fondazione, ha caratteristiche diverse: si aggiunge al sistema _________________________________________________________ Repubblica 23 nov. ’03 CERVELLI IN FUGA, TORNARE SI PUO’ SOLO GLI ITALIANI RESTANO IN USA SAN FRANCISCO - Eccome se e’ possibile, il «ritorno a casa» dei cervelli emigrati all'estero. Ne sa qualcosa la Silicon Valley californiana, il centro mondiale delle tecnologie avanzate, alle prese con un problema nuovo: gli ingegneri indiani, i matematici cinesi che hanno fatto la sua fortuna, stanno davvero tornando a casa. Attirati dal boom delle due potenze emergenti - la Cina con un Pii che cresce dell'8% all'anno, l'India del 7% - migliaia di imprenditori, scienziati e manager di origine asiatica subiscono il fascino di Shanghai e di Bangalore, le Silicon Valley d'oltre- Paci6co. E poi, anche se 1a capacita’ di attrazione degli Stati Uniti resta comunque forte, Vi l settembre ha avuto una conseguenza pesante. Le nuove leggi antiterrorismo hanno imposto controlli minuziosi sul rilascio dei visti agli stranieri. La rete dei consolati americani all'estero e’ ingolfata dalle procedure di sicurezza. II rilascio dei famosi H1-B - i permessi di lavoro su chiamata nominativa concessi su richiesta dell'industria per consentirle di reclutare tecnici e ricercatori dal resto del mondo - ora procede col contagocce. Lo stesso per docenti e studenti. E' un problema serio per l'America, visto che il 40% dei suoi scienziati di elettronica sono stranieri, un terzo dei premi Nobel che fanno ricerca nelle sue universita’ hanno passaporto estero, e nella Silicon Valley il 30% delle imprese tecnologiche sono state fondate da immigrati asiatici. E' un problema per l'America, dovrebbe trasformarsi in un'opportunita’ per noi. La lentezza nel concedere visti per motivi di studio potrebbe arginare la fuga dei cervelli italiani. Purtroppo non e’ cosi. In Cina e in India il flusso non e’ piu’ a senso unico,alcuni talenti scientifici cominciano anche a ritornare a casa, in Italia invece la direzione di marcia e’ una sola: continuano a scappare. Come il celebre professor Ignazio Marino che ha abbandonato il centro trapianti Irsmett di Palermo, afflitto da troppi problemi burocratici e di finanziamento, ed e’ tornato negli Stati Uniti. Perche’ l'Italia non riesce a creare un flusso di ritorni - anche solo parziale - lo spiegano in una lettera aperta settanta giovani ricercatori italiani che lavorano qui per la Microsoft di Redmond-Seattle. Questi settanta sono «stati cercati». Li ha reclutati uno per uno la Microsoft, se li e’ andati a selezionare tra l'e’lite dei migliori laureati delle nostre universita’. In visita al quartier generale di Bill Gates (che si chiama campus, come un college universitario), il ministro italiano dell'Innovazione Lucio Stanca se li e’ trovati tutti davanti, quei settanta giovani connazionali. Gli hanno messo nero su bianco i motivi per cui se ne sono andati. Eccone uno: perche’ la Microsoft da sola «investe 6 miliardi di dollari in ricerca ogni anno», cioe’ il 60% di quel che spende (male) l'Italia intera, lo Stato piu’ le universita’ piu’ tutte le nostre imprese messe assieme. Quindi la soddisfazione di lavorare per creare «innovazioni che hanno un impatto su un enorme numero di utenti». E poi il vantaggio di «un ambiente di lavoro multi-culturale, dove l'interazione con persone provenienti da culture differenti obbliga a ragionare m termini globali e costituisce territorio fertile perla creazione di nuove Idee». «Alcuni di loro tornerebbero anche volentieri in Italia -ha ammesso Stanca- ma dove? A fare che cosa?» Grande industria tecnologica non ne abbiamo piu’. I settori tradizionali del made in ltaly sono avari di investimenti in ricerca. In quanto all'universita’, assomiglia sempre di piu’ a un buco nero, che inghiotte e distrugge ogni speranza di richiamo dei cervelli italiani fuggiti all'estero. Nonostante gli omaggi retorici del governo Berlusconi al modello americano, la sua politica di lesina dei finanziamenti e blocco delle assunzioni e’ quanto di piu’ lontano dal vigoroso dinamismo delle facolta’ americane. L'Italia sta producendo una universita’ di vecchi, dove per il mancato ricambio generazione l'eta’ media dei docenti sfiora ormai i 60 anni. E chi mai dovrebbe abbandonare i centri di ricerca della Microsoft, i laboratori di Berkeley o Stanford o del Mit per rientrare in una universita’ presidiata da cariatidi avvinghiate alle loro poltrone? In quanto agli investimenti del sistema paese per la ricerca, con l'1,07% del Pii l'Italia e’ molto staccata dall'Europa(dove la media e’ 1,9%), essa stessa in grave ritardo sugli Stati Uniti che dedicano alla scienza il 2,8% del loro reddito nazionale. Il privato e’ colpevole quanto il pubblico, il capitalismo modello «Viale dell'Astronomia» (sede della Confindustria) e’ il piu’ arretrato e’ miope di tutta l'area del G7. Le imprese italiane non credono alla ricerca, il loro contributo e’ appena il 43% dell'investimento nazionale - gia’ basso-contro i156% nell'Ue e il 66% negli Usa. I nostri settanta giovani alla Microsoft nella loro lettera aperta invocano «maggiore integrazione tra universita’ e mondo del lavoro». Se questo rapporto da noi non funziona, le responsabilita’ sono equamente ripartite. Stanca ricorda che perfino alla Bocconi- che si vorrebbe la piu’ cosmopolita delle universita’ italiane- solo l'1% dei finanziamenti viene dall'industria, contro i130% di fondi privati che affluiscono alla sua concorrente francese, l'Insead di Paris-Fontainebleau. E' sconcertante che una nazione di antica industrializzazione perda colpi anche in questo campo rispetto a Cina e India. Loro gia’ riescono a far tornare una parte dei loro cervelli che hanno studiato in America, l'Italia al contrario vede aggravarsi la sua patologia: l'emigrazione dei talenti e’ quadruplicata negli ultimi dieci anni, si e’ passati dall'1% al 4% dei laureati (possono sembrare pochi, ma non lo sono perche’ e’ l'e’lite, il vertice della piramide che sparisce all'estero). Con la Spagna, siamo l'unico paese europeo ad avere piu’ partenze che arrivi di stranieri. E i nostri trovano un ambiente talmente piu’ ricco di opportunita’ oltre il confine, che se ne vanno davvero per sempre. La prova: il Censis ha calcolato che il 76% di tutti i cervelli italiani emigrati vive all'estero da piu’ di dieci anni. Le cause dell'esodo? A1 primo posto la burocrazia della ricerca, poi la mancanza di laboratori adeguati, gli stipendi troppo bassi. Tutti mali che difficilmente saranno curati con iniziative d'immagine come la creazione dell'Iit, prima ancora di nascere battezzato pomposamente «il Mit italiano». Senza sapere, forse, che il miliardo di euro di stanziamento previsto dal governo italiano per questa superfacolta’, e’ la ventesima parte del fondo di dotazione di una grande universita’ come Harvard o Stanford. Scimmiottare l'America nelle sigle, fare il contrario dell'America nella sostanza: sembra la regola italiana. Prima di Stanca, decine di delegazioni governative sono venute in pellegrinaggio a studiare il «miracolo» della Silicon Valley. Incontrano Federico Faggin, padre dei microprocessori Intel; i top manager della Cisco Mario Mazzola e della Logitech Guerrino De Luca; i venture capitalist Enzo Torresi, Pierluigi Zappacosta, Giacomo Marini, Gianluca Rattazzi; il pioniere della biogenetica Cavalli Sforza, il co-fondatore della Genentech Roberto Crea. Non uno di questi talenti e’ stato mai convinto a fare i bagagli e tornare in Italia. _________________________________________________________ Il Sole24Ore 25 nov. ’03 ATENEI, UNA «QUESTIONE NAZIONALE» LE SFIDE DELL'UNIVERSITA Inaugurazione dell'anno accademico del Politecnico di Milano il presidente del Senato Pera rileva una nuova consapevolezza nella societa’ -ma ci sono «residui ideologici e pochi fondi» MILANO Il Politecnico di Milano sceglie un laboratorio sperimentale alla Bovisa, il nuovo e moderno quartiere universitario in fase di espansione, per l'inaugurazione del 141' anno accademico. Perche’ nel cuore della ricerca di uno degli atenei d'eccellenza del Paese «abbiamo un insediamento con attrezzature scientifiche e didattiche tra le piu’ avanzate del mondo, ma non abbiamo spazi per dare servizi adeguati ai nostri studenti, ai nostri ricercatori, ai nostri docenti», ha esordito ieri il rettore Giulio Ballio. I malanni. L'universita’ italiana soffre di mali profondi e lontani, «alcuni residui ideologici di un tempo che non c'e’ piu’», ha detto il presidente del Senato, Marcello Pera, che ha preso parte alla cerimonia di apertura dell'anno accademico 2003-2004. Residui che emergono nell'arruolamento dei docenti, nelle «loro promozioni pressoche’ automatiche, nello studio universitario quasi gratuito». E preoccupa il problema delle risorse: «I (lati, che non si fanno titillare neppure da chi ci mette il miglior impegno amatorio, non sono confortanti: il nostro investimento e’ basso». E Pera ricorda le stesse parole del ministro all'Istruzione, universita’ e ricerca Letizia Moratti, che al San Raffaele di Milano, una settimana fa ha ammesso «una diminuzione, caso unico nel panorama dei Paesi piu’ industrializzati, dei fondi per la ricerca e lo sviluppo nel corso degli ultimi dieci anni». Pera ha sottolineato anche che quella dell'universita’ e’ diventata una «grande questione nazionale», che coinvolge non solo accademici ma anche forze politiche, imprenditoriali e sociali perche’ «credo che come la fame aguzzi l'ingegno, cosi la crisi solleciti 1'intelligenza». Il presidente del Senato ha riconosciuto i «notevoli sforzi» compiuti nell'ultima Finanziaria e ha auspicato una maggiore collaborazione tra pubblico e privato e soprattutto «un uso molto virtuoso delle risorse da parte degli atenei stessi». Innovazione. II rettore ha evidenziato i primi risultati positivi introdotti dalla riforma ma anche i piu’ elevati costi, soprattutto per, la didattica e per l'internazionalizzazione degli studenti. Tutto questo in un contesto in cui i fondi vengono assegnati dal Miur in base alla popolazione studentesca e non alla valutazione e a criteri di qualita’ ed efficienza. Cosi «in Italia ci sono una trentina di atenei che ricevono globalmente circa 260 milioni di curo all'anno in meno di quanto sarebbe giusto - aggiunge Ballio -. Il Politecnico dovrebbe ricevere ogni anno circa 20 milioni di curo in piu’ di quello che gli e’ assegnato». Ma gli atenei non stanno con le mani in mano, studiano nuove vie di finanziamento perche’ si rendono conto che «in un momento di difficolta’ per il Paese - come ha aggiunto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, laureato in questo stesso Politecnico - occorre affidarsi alla cultura dell'efficienza, nella ricerca del miglior rapporto tra le risorse disponibili e i risultati da raggiungere». Nell'universita’ degli architetti e degli ingegneri, il ministro ha poi accennato al ruolo della riforma delle professioni «II testo sara’ presentato entro febbraio», al nuovo praticantato e ai vincoli della normativa europea. Autonomia. Per far di necessita’ virtu’ si gioca dunque sul terreno della «cultura dell'efficienza» la sfida dell'autonomia universitaria che, secondo il presidente del Senato, deve diventare «piena e responsabile». In particolare persistono alcuni difetti: «un localismo diffuso dei concorsi e delle progressioni di carriera», «un forte corporativismo di discipline», «il modello del cosiddetto "tre piu’ due" ancora ingessato» e «rette basse, vincolate da una legge uguale su tutto il territorio nazionale». L'autonomia chiama in campo tutta l'universita’ nel suo complesso. «Le regole per la gestione del mercato e della concorrenza - ha detto il direttore amministrati vo del Politecnico, Giuseppino Molinari - non possono trascurare il ruolo di una nuova organizzazione manageriale e la definizione di un nuovo assetto di governance degli atenei: noi stiamo introducendo metodologie ispirate ai processi di qualita’ e certificazione, alla misurazione dei risultati, alla riduzione dei costi e degli sprechi a fronte di scarsita’ di risorse». Ricerca. A1 Politecnico di Milano l'autofinanziamento della ricerca e’ passato da otto milioni di euro l'anno a 60 milioni, di cui una meta’ prodotta dai dipartimenti e l'altra meta’ nell'ambito dei consorzi. E quest'anno sono nate la Fondazione Politecnico - che intende collegare la ricerca con la domanda che arriva dall'industria e dai servizi - e il Centro per la valorizzazione della ricerca, che offre un supporto nella brevettazione e nella creazione di spin-off. «Si dice che la ricerca italiana e’ allo sfascio - ha aggiunto il rettore del Politecnico -. Distinguiamo la quantita’ dalla qualita’. I ricercatori italiani sono pochi ma decisamente produttivi ed efficienti, piu’ di molti loro colleghi di altri Paesi». Ballio ha auspicato che il Governo si impegni per la defiscalizzazione delle donazioni finalizzate alla ricerca e formazione, e che ogni azienda "adotti" un ricercatore assunto a tempo determinato per cinque anni all'universita’. - ALESSIA MACCAFERRI LA RICERCA AL POLITECNICO • Brevetti. Dal 1° gennaio 2000 al 31 settembre 2003 il Politecnico ha depositato 39 suoi brevetti. Oggi ha in uso 16 brevetti (pari al 41% di quelli depositati) dei quali: cinque sono stati ceduti in licenza esclusiva, cinque sono in uso presso i dipartimenti come base per contratti di ricerca, tre hanno dato origine a spin-off accademici, due sono utilizzati in contratti di sviluppo congiunto con l'industria, mentre uno e’ stato venduto. • Autofinanziamento. E’ passato da otto milioni di euro del 1995 ai quasi 60 milioni attuali; di cui ' meta’ prodotti da dipartimenti e meta’ dai Consorzi Strumenti. Sono nate quest'anno la Fondazione Politecnico, il Centro per la valorizzazione della ricerca e, per iniziativa del Politecnico, e’ stato fondato il network perla valorizzazione della ricerca universitaria _________________________________________________________ Il Sole24Ore 24 nov. ’03 MATRICOLE IN AUMENTO DEL 4,1% La formula del «3+2» spinge 1e nuove iscrizioni, soprattutto quelle dei giovani con piu’ di 21 anni Lettere in testa agli incrementi con +9,1% - Tra gli atenei spiccano Roma La Sapienza (+2.075 unita’), Bari e Salerno Lettere e giurisprudenza sono le grandi facolta’ in pole position tra le nuove matricole: la prima ha infatti registrato un incremento del 9,1 % di nuovi iscritti rispetto al 2002-2003, mentre la seconda conta un +8%. A ruota - sempre considerando solo le aree che attraggono piu’ studenti - seguono economia e ingegneria con + 7,9 per cento. L'andamento delle nuove iscrizioni emerge dal monitoraggio che «il Sole-24 Ore del lunedi’» ha messo a punto interpellando le 77 universita’. Hanno risposto in 47 e tra queste tutte le maggiori. I dati non sono definitivi, perche’ in alcuni casi le iscrizioni non sono ancora chiuse, ma il consuntivo finale confermera’ le tendenze. L'analisi. Il buon risultato fatto registrare - forse a sorpresa - dagli studi umanistici e’ spiegabile soprattutto con l'ampliamento dell'offerta formativa, che riguarda in particolare i corsi di laurea legati alla comunicazione. Diverso il discorso per le altre tre grandi aree di studi, accomunate (pur nella diversita’) dall'idea di un lavoro sicuro e di successo. Economia, in particolare, vede crescere di parecchio i nuovi iscritti, tanto che al netto della riduzione di 380 posti disponibili alla Bocconi di Milano, il boom di matricole si assesterebbe a +11,6 per cento. L'aumento dei nuovi iscritti, comunque, e’ una tendenza generalizzata: +4,1% rispetto al 2002/2003 e la cifra e’ destinata a salire ancora grazie soprattutto all'affermarsi del «3+2», che ha allargato la platea interessata agli studi universitari. Le matricole, infatti, non sono piu’ rappresentate dai soli neodiplomati, ma nel 30% dei casi hanno piu’ di 21 anni, e secondo stime del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario, la tipologia classica dello "studente puro" riguarda ormai solo un terzo degli iscritti. Le graduatorie. Le matricole crescono soprattutto nel CentroSud. Roma La Sapienza, prima nella classifica assoluta degli aumenti, ha iscritto quest'anno 2.075 nuovi studenti in piu’, ma anche Bari (+891) e Salerno (+868) registrano ottime performance. Al Nord spicca la Statale di Milano, che vede aggirarsi nei propri cortili quasi mille matricole in piu’ dell'anno passato. :[n cOntrotendenza, invece, Palermo, che rispetto ai dati Miur 2002/2003 conta 1.259 matricole in meno (-9%), e la Cattolica, che nelle sue cinque sedi perde in totale 687 matricole (-8,8%). All'ateneo milanese spiegano che «la flessione piu’ netta riguarda economia, ma si tratta di un calo fisiologico perche’ l'anno scorso c'era stato un boom di immatricolazioni, che l'avevano fatta crescere ben oltre le dimensioni abituali. A cio’ va aggiunto che in alcuni corsi il numero chiuso ha abbassato la soglia di iscrizioni ». Anche la. Bocconi, come detto, ha registrato un calo. Ma dall'ateneo "economico" per eccellenza appaiono tranquilli. «I dati sono in linea con le attese - spiegano -. Noi definiamo un numero programmato pari a un numero "desiderato" di studenti, ai quali vogliamo offrire servizi efficienti, piu’ una percentuale (relativamente fissa nel tempo) di prevedibili rinunce dell'ultimo momento». Strategie. Il panorama nazionale dunque e’ molto variegato, e contempla forti oscillazioni. Tra quelle in positivo si puo’ segnalare il caso di Udine, dove si riscontra un soddisfacente +10% che, come sottolinea il rettore Furio Honsell, «non e’ dovuto all'apertura di nuove iniziative ed e’ positivo che la crescita degli immatricolati si spalmi in modo equilibrato sui tre settori umanistico, tecnologico e scientifico, confermando il favore crescente di cui gode l'ateneo friulano». I risultati, pero’, non sono da leggere solo come indici di gradimento da parte degli studenti, ma sono anche il frutto di diverse politiche messe in atto dalle universita’. Alcuni atenei hanno portato avanti importanti campagne di comunicazione per attrarre le nuove leve, mentre altri hanno preferito limitare per varie ragioni i propri iscritti (si veda l'articolo in basso). Ci sono poi grandi universita’ che vedono diminuire gli immatricolati in alcuni settori per l'introduzione del numero chiuso. E’ il caso, ad esempio, di Roma Tor Vergata, dove la facolta’ di scienze vede un calo del 30% delle matricole «dovuto all'introduzione del numero programmato in ben cinque corsi di laurea». PAGINA A CURA DI FEDERICA MICARDI GIANNI TROVATI La graduatoria Crescita % di matricole nelle grandi facolta’ LETTERE 9,1 GIURISPRUDENZA 8,0 ECONOMIA 7,9 INGEGNERIA 7,9 SCIENZE 2,8 MEDICINA 4,8 Fonte: su dati fomiti da 47 universita’ _________________________________________________________ La Stampa 27 nov. ’03 UN PASSAPORTO PER GLI UNIVERSITARI RETTORI DI 45 ATENEI: NUOVE MISURE A FAVORE DEL DIRITTO DI SOGGIORNO Un passaporto per l’Europa. Ovvero «Almapass, Torino oltre Schengen», che per l’Italia potrebbe subito portare a una modifica della legge Bossi-Fini. E’ il titolo del documento conclusivo, al termine di tre giorni di lavori dei rettori di 45 universita’ europee al convegno «Universita’ oltre le nazioni» organizzato al teatro Regio in occasione del sesto centenario dell’ateneo di via Po. In 19 punti la Crui, la Conferenza dei rettori italiani, presenta alla Comunita’ europea, alle universita’ e ai governi una sorta di «carta di Torino» per abbattere le frontiere creando uno spazio comune di reale circolazione di studenti, ricercatori e docenti. Priorita’: il riconoscimento automatico del diritto di soggiorno per un anno (sulla base di una dichiarazione degli atenei) nei 40 paesi che hanno partecipato alla conferenza di Berlino dei ministri dell’istruzione (25 dell’Ue compresi quelli che entreranno nel 2004, piu’ altri 15 tra cui Russia, Bosnia, Serbia, Montenegro, Albania, Santa Sede). Per l’Italia, vuol dire anche superare alcuni ostacoli posti dalla legge sull’immigrazione, la Bossi-Fini, esigenza sottolineata da piu’ relatori: «Ne parlero’ al ministro Moratti e al vicepresidente del consiglio - ha promesso ieri il sottosegretario Maria Grazia Siliquini -: la legge mira ad arginare fenomeni di criminalita’, e se davvero ostacola l’arrivo dall’estero di studenti, ricercatori e professori, occorre prevedere delle deroghe». Il documento final _________________________________________________________ Il Sole24Ore 28 nov. ’03 PUBBLICITA’, CHELI «INDAGA» SU ENTI E ATENEI MILANO Ministeri, universita’, aziende sanitarie locali, ordini professionali: tutti nel mirino dell'Authority per le comunicazioni. II Garante guidato da Enzo Cheli ha aperto un'istruttoria sulla violazione degli obblighi di destinazione delle spese pubblicitarie da parte di numerosi enti pubblici. Una parte degli accertamenti e’ stata gia’ conclusa, un'altra e’ in corso ma gia’ decine di enti non risultano in regola. Giuseppe Sangiorgi, il commissario dell'Authority che coordina l'istruttoria, preannuncia pesanti sanzioni: «Le prime valutazioni hanno riguardato tutte le universita’. Dalle dichiarazioni che ci hanno inviato, 51 sono risultate inadempienti». L'obbligo violato e’ quello sancito dalla legge 67 del 1987 secondo la quale «le amministrazioni statali e gli enti pubblici non territoriali devono destinare alla pubblicita’ su quotidiani e periodici almeno il 50% delle spese pubblicitarie iscritte a bilancio». «E’ un obbligo che ha riflessi molto positivi sul mercato della pubblicita’ - commenta Sangiorgi -. Serve infatti a riequilibrare la distribuzione delle risorse complessive del mercato tra il settore della carta stampata e quello della radiotelevisione, un'esigenza sempre piu’ avvertita dagli editori». E anche un tema che ha gia’ creato rumore in Parlamento. Lo scorso febbraio una sessantina di parlamentari ha firmato un'interpellanza al presidente del Consiglio mentre la Fieg (Federazione italiana editori) chiedeva azioni piu’ incisive da parte dell'Autorita’. Gli enti che devono rispettare gli obblighi della legge 6711987 sono, tra gli altri, ministeri, aziende sanitarie, comunita’ montane, enti parco, universita’, ordini professionali, camere 3i commercio e loro aziende speciali, enti autonomi fiere, enti per il turismo. Un grande bacino di utenti delle concessionarie di pubblicita’, che negli ultimi anni ha sbilanciato i propri investimenti a danno della carta stampata e soprattutto a favore della televisione. Le indagini continuano, anche con l'apporto della Guardia di Finanza: «A fine anno - dice Sangiorgi - avremo il quadro completo e definiremo le sanzioni». I dati inviati dagli enti pubblici sulle spese iscritte a bilancio saranno incrociati con quelli comunicati dalle imprese editoriali che hanno venduto loro spazi pubblicitari. «Quest'ultimo tipo di informazioni, insieme ai dati anagrafici delle imprese - spiega Sangiorgi - confluisce nel ltoc, il registro degli operatori di comunicazione». Da quest'anno le imprese possono inviare i dati all'Authority per le comunicazioni solo in via telematica, utilizzando i moduli disponibili su Internet (www.roc.infocamere.it), entro il 30 novembre. «Quando avremo raccolto tutti i dati - dice Sangiorgi - disporremo di un vero censimento della societa’ dell'informazione. Negli anni 70 esisteva un registro delle testate giornalistiche, diventato poi registro degli editori. La legge Mammi lo estese includendovi radio e tv e nel 1997 la Maccanico lo allargo’ ulteriormente con gli operatori di telecomunicazioni. Il Roc e’ l'ultimo gradino di questa evoluzione». _________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 nov. ’03 DEFISCALIZZARE PER DARE SPRINT AI PRIVATI DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES o Defiscalizzare gli investimenti per ridare impulso alla ricerca privata, fornire incentivi ai ricercatori, ma intervenire anche modernizzando tutta la filiera educativa, dalla scuola elementare al dottorato. Solo con un intervento su piu’ fronti, per valorizzare il capitale umano, si potra’ ridare slancio alla ricerca e competitivita’ alle aziende italiane ed europee, riguadagnando il terreno perso sulla strada tracciata al vertice di Lisbona del 2000. Sono questi gli orientamenti espressi dal ministro, Letizia Moratti, impegnata ieri a Bruxelles, al timone del consiglio dei ministri Ue dell'Istruzione e oggi della Ricerca. Per sviluppare il capitale umano in Europa i ministri europei hanno approvato un piano destinato a investire, nell'arco di tre anni, 77 milioni di euro, per «avviare azioni coordinate per la formazione dei giovani». Varata anche una strategia per dimezzare il tasso d'abbandono scolastico che ora raggiunge il 19% in media in Europa su sette milioni di giovani che non hanno una qualifica e non hanno un diploma) per portarlo al 10% entro il 2010. Quanto all'Italia, le risorse impegna te dalla Finanziaria dovrebbero essere sufficienti, secondo il ministro, ad aiutare il Paese a invertire i trend negativi del passato nel campo della ricerca e dell'istruzione in Europa. «Alla scuola - ricorda la Moratti al Sole 24 Ore - la Finanziaria destina circa 500 milioni di euro e all'universita’ 390 milioni. Per quanto riguarda la ricerca nel suo complesso, con le misure di detassazione, piu’ gli investimenti diretti in progetti strategici nazionali, nell'Istituto di tecnologia e altri interventi, sono stimati circa 1.700 milioni di euro: e’ una cifra sicuramente importante». Bastera’ per vincere la tentazione dei ricercatori italiani di emigrare negli States? «Con questa finanziaria diamo grandi opportunita’ ai ricercatori italiani - risponde il ministro - e in piu’ sono previsti provvedimenti per incentivare il rientro dall'estero: le due misure unite dovrebbero dare un impulso positivo al settore». La Moratti ritiene anche che «nel nostro Paese con questa Finanziaria si colmi il gap degli investimenti pubblici in ricerca: avevamo una media dello 0,53 e ora arriveremo allo 0,63, mentre la media europea e’ l0 0,66%». La leva degli sgravi fiscali appare pero’ ora uno strumento fondamentale per colmare le lacune negli investimenti privati, vero tallone d'Achille europeo. «La decisione di deiiscalizzare gli investimenti in ricerca e’ di grande valenza -afferma la Moratti - perche’ in tutta Europa gli investimenti privati sono inferiori rispetto agli americani e tendono scendere o comunque sono stazionari. Adesso dobbiamo lavorare per colmare il gap negli investimenti privati e per questo sono importanti tutte le misure. finalizzate a incentivarli». ENRICO BRIVIO _________________________________________________________ Il Sole24Ore 24 nov. ’03 UNIVERSITA’, RINVIATA L'AUTONOMIA PARIGI a Davanti alla contestazione degli studenti, in sciopero da una settimana in 17 universita’ francesi, il Governo Raffarin ha dovuto fare marcia indietro: non presentera’ in Parlamento alcun progetto di riforma sull'autonomia degli atenei. Lo ha annunciato il ministro della Pubblica istruzione Lue Ferry, un filosofo "prestato" alla politica che in un anno e mezzo si e’ pero’ fatto molti nemici nel mondo della scuola. Uno stop era arrivato gia’ mercoledi’ scorso da) presidente Jacques Chirac, il quale dopo )e prime proteste studentesche aveva segnalato che una riforma dell'universita’ «non era all'ordine del giorno». La contestazione si e’ all'improvviso organizzata negli atenei francesi perche’ )a riforma ventilata da Ferry per dare piu’ autonomia di gestione ai rettori e’ stata interpretata dagli studenti come una prima tappa verso a privatizzazione delle universita’, con conseguente forte incremento delle tasse di frequenza. Domenica sera il premier Jean-Pierre Raffarin aveva peraltro assicurato di non volere affatto una trasformazione «all'americana» dell'insegnamento superiore: «Faremo insieme - ha sottolineato lasciando nel vago i tempi del progetto - una riforma giusta al termine di un dialogo sociale». _________________________________________________________ L’Unione Sarda 25 nov. ’03 SETTE SARDI I PRIMI LAUREATI ITALIANI IN INGEGNERIA PER AMBIENTE E TERRITORIO Una nuova laurea per sette giovani sardi: sono stati i primi in Italia ad aver conseguito il titolo specialistico nel nuovo corso di studi dell’Ateneo cagliaritano, denominato “Ingegneria per l’ambiente ed il territorio. A discutere la loro tesi sono stati Marco Torretta, Michela Farci, Viviana Saba, Paolo Tronci, Alessandra Basciu, Marco Cigagna e Francesca Urracci La cerimonia di proclamazione dei nuovi dottori si e’ svolta sabato scorso nell’aula magna della facolta’ di Ingegneria dell’Universita’. Tutti e sette i ragazzi si sono laureati con il massimo dei voti, ricevendo i complimenti dal preside della facolta’, Francesco Ginesu. Il ventottenne Marco Torretta di Siniscola ha presentato una tesi su “La propagazione delle onde sismiche”. Michela Farci, trentatreenne di Quartu, ha presentato invece un lavoro finale sulla “Certificazione ambientale secondo la Iso 14.000 negli impianti gestiti da Tecnocasic”. Viviana Saba, ventiseienne di Sassari, ha parlato del “Lavoro nel settore dei trattamenti chimici”. I ventottenni Paolo Tronci di Cagliari e Marco Cigagna di Arborea hanno discusso una tesi su “L’azione del getto d’acqua ad alta velocita’ nella bonifica dei terreni contaminati da idrocarburi”. La ventiseienne cagliaritana Alessandra Basciu ha sostenuto la prova finale parlando di “Pretrattamento dei rifiuti solidi urbani”. Infine Francesca Urracci, 26 anni da Carbonia, ma residente ad Iglesias, ha parlato di “Stabilita’ delle camere di coltivazione mineraria in sotterranea”. Paolo Loche _________________________________________________________ L’Unione Sarda 23 nov. ’03 INSEGNANTI SARDI SENZA CATTEDRE Ma il protezionismo e’ improponibile Faccio parte delle tante leve isolane della scuola e ho superato l’ultimo concorso ordinario per l’abilitazione all’insegnamento. Ebbene, su dieci insegnanti che lavorano nelle nostre scuole, solo quattro sono sardi. I docenti isolani si trovano superati dai colleghi continentali che, non si sa come, a 30 anni hanno gia’ una cattedra o hanno punteggi esorbitanti (vedi i siciliani). E in tutto cio’ la Regione e’ totalmente indifferente, anzi, sta a guardare mentre i suoi cittadini emigrano. Eppure, basterebbe rivedere la legge sull’insularita’… Abbiamo “vinto” per quanto riguarda i mezzi di trasporto, perche’ non fare lo stesso per il lavoro? Non me ne vogliano i colleghi di “fuori”. In fondo, direte, questi sono lavori statali e si va dove c’e’ posto, soprattutto se si superano i concorsi. Certo, sono d’accordo con voi. Pero’, provate ad andare nei Tribunali e chiedete quanti sardi ci lavorano; oppure, provate a fare un giro nella Costa Smeralda in estate e fate un sondaggio per sapere quanti sardi lavorano alle reception, o come animatori… insomma fanno un lavoro che non sia quello di cameriere. Non ce l’ho con voi, ma con il razzismo della mia Regione che preferisce far andare via i suoi figli (spesso per sempre) in favore dei parenti che, dopo uno o due anni, con tanti ringraziamenti, ritorneranno nelle loro case. Grazie, Sardegna. Daniela Putzu Futura emigrante L’idea che tutti i posti di lavoro in Sardegna debbano essere appannaggio dei sardi (o che i sardi debbano comunque avere la precedenza) e’ molto diffusa. Cosi’ come la sensazione di tradimento da parte di una non ben identificata “autorita’”: nel suo caso la Regione, colpevole di mancato protezionismo intellettuale. In tutta franchezza, dissento completamente. Gli insegnanti hanno diritto di spostarsi come e dove credono, nel rispetto di concorsi e graduatorie. E questo vale per ogni ramo della pubblica amministrazione. La guerra (spesso sotterranea) al forestiero ha gia’ causato non pochi danni, all’Universita’ come negli ospedali. La mobilita’ porta al confronto: ci sono professori sardi nelle scuole (o facolta’) del Continente, e viceversa. Cio’ che conta e’ la competenza professionale, non il luogo di nascita o di formazione. Rovesci il suo ragionamento, sostituendo la Lombardia alla Sardegna: otterra’ un discorso che sarebbe perfetto in bocca al senatore Bossi. Daniela Pinna _________________________________________________________ L’Espresso 27 nov. ’03 A COLLEGARE DUE PERSONE SCELTE A CASO-BASTANO SEI PASSAGGI. Lo ha dimostrato l'esperimento di un sociologo che ha coinvolto 61 mila individui, E la conferma di una teoria scientifica universale IL mondo e’ piccolo. E’ un detto che avete sentito ripetere spesso. Io, da matematico e scienziato, .l'ho verificato a partire da un esperimento in cui sano stato coinvolto l'8 maggio 2002. Un'amica mi ha girato una e-mail che aveva ricevuto, e doveva far arrivare a un tal Steven Strogatz, matematico dell'Universita’ di Carnell negli Stati Uniti. La cosa faceva parte di un gioco che consisteva nel creare catene di collegamenti fra persone, ciascuna delle quali conosceva sia il mittente dal quale riceveva il messaggio, sia il destinatario al quale lo rinviava. Non conoscevo il professor Strogatz. Cosi’ ho girato il messaggio a un amico dell'Universita’ di Carnell che invece la conosceva e gliel'ha fatto arrivare. I risultati del l'esperimento, ideato dal sociologo Duncan Watts, e al quale hanno partecipato 61.168 persone di 166 paesi, sono stati pubblicati sulla rivista "Science". Hanno mostrato che, in media, a collegare due persone scelte a caso bastano sei soli passaggi. Quello di Watts ha confermato dunque in grande scala un esperimento analogo del 1967, in cui lo psicologo Stanley Milgratn aveva fatto trasmettere 47 lettere dal Kansas a Boston ( in un modo simile). Milgratn, con sua grande sorpresa aveva scoperto che le conoscenze umane costituiscano appunto una struttura con soli sei "gradi di separazione". L’espressione divenne tanta popolare, che lo scrittore John Guare la uso’ nel 1990 come titolo di un suo dramma, da cui fu ricavato, a sua volta, nel 1993 un omonimo film con Donaid Sutherland, e nel quale si spiegava: «Su questa pianeta salo sei individui mi separano da qualunque altro individuo, sia essa il presidente degli Stati Uniti a un gondoliere di Venezia. Queste sei persone mi separano non solo dai personaggi famosi, ma da chiunque. un indigeno della foresta pluviale, un abitante della Terra del Fuoco, o un eschimese, Sono legato a tutti gli altri esseri umani da percorsi che toccano sala sei persane». In altre parole: e’ letteralmente vera che "il mondo e’ piccolo", come diciamo ogni volta che incontriamo qualcuno con cui ci accorgiamo di avere amici o conoscenti comuni. La spiegazione e’ semplice: tutti conosciamo in media SO persone. Questo significa che siamo collegati a 2.500 persone da due gradi di separazione, a 12mila da tre, a 6.250.000 da quattro, a 312.500.000 da cinque, e a 15 miliardi 625.000.000 da sei. E poiche’ al mondo ci sono molto meno di 13 miliardi di persone, il gioco e’ fatto. Ma c'e’ una variante. Spesso gli amici dei nostri amici sono gia’ nostri amici. Quindi le 2.500 persone che in teoria dovrebbero essere a due gradi di separazione da ciascuno di noi, sono in pratica molto meno. In un mondo del genere, i gradi di separazione aumentano vertiginosamente: ad esempio, se disponessimo l'umanita’ in mi enorme girotondo, e ciascuno conoscesse soltanto le 23 persone che stanno immediatamente alla sua sinistra, e le 25 che stanno alla sua destra, tra le due persone agli antipodi del girotondo ci sarebbero non sei, ma 60 milioni di gradi di separazione. Dunque la scoperta di Milgram, confermata da Watts, e’ sorprendente.Che il mondo sia davvero piccolo l'ho verificato un giorno quando, trovandomi all'Universita’ di Cornell, ho incontrato per caso alla mensa il professor Strogatz. Strogatz, a sua volta, mi ha raccontato la soluzione dei mistero data da lui e Watts nel 1998, in un famoso articolo pubblicato su "Nature". Quello che segue e’ un resoconto di quella conversazione, integrato dalla lettura di Nexus di Mark Buchanan (Mondadori, 2003): un libro da poco uscito in Italia, che prende spunto dall'articolo di Strogatz e Watts, e che fa il punto sulla "Rivoluzionaria teoria delle reti che spiega perche’ la natura, la societa’, l'economia e la comunicazione funzionano allo stesso modo. Il vero mistero sta nel fatto chela rete delle conoscenze umane, costituita da molti elementi con poche connessioni, e’ altamente organizzata, ma si comporta come se fosse casuale. In altre parole, benche’ ciascuno di noi conosca direttamente poche persone, e i conoscenti dei nostri conoscenti si conoscano in genere fra loro. siamo comunque tutti quanti separati da pochissimi gradi di conoscenza. La soluzione del mistero e’ che a far crollare drasticamente il grado di separazione della rete bastano pochi individui con qualche conoscenza al di fuori della solita cerchia ristretta: ad esempio, non appena un europeo conosce un australiano si crea un ponte di collegamento fra l'Europa e l'Australia, e si abbassa il grado di separazione fra i due continenti. A conti fatti, Strogatz e Watts hanno scoperto che basta aggiungere un milione e mezzo di conoscenze casuali tra i sei miliardi di persone per far crollare i gradi di separazione del girotondo da 60 milioni a sei, com'e’ nella realta’. In altre parole, basta che una persona su 4 abbia qualche conoscente inusuale per rendere il mondo un -villaggio globale". Questa sorprendente interconnessione ha risvolti positivi e negativi, allo stesso tempo. Essa permette, ad esempio, una velocissima trasmissione delle notizie e delle mode, ma anche delle epidemie e dei contagi (dall'influenza all'Aids). Ma a rendere ancora piu’ interessante la cosa, e’ un'ulteriore scoperta di Strogatz e Watts- il fatto, cioe’, che la struttura di -piccolo mondo" non e’ una caratteristica delle sole conoscenze umane. Risulta essere posseduta da altre reti. Ad esempio, su Internet c'e’ un sito chiamato «L’oracolo di Kevin Bacon" che, dato un attore qualunque, trova gli attori che lo collegano a Kevin Bacon, nel senso che l'attore in questione ha recitato con lui, o con un attore che ha recitato con lui, eccetera. La cosa e’ possibile perche’, come hanno appunto dimostrato Strogatz e Watts studiando un data base con 22,5 mila attori, la rete delle loro connessioni ha solo una media di quattro gradi di separazione. Una media che a sua volta il sito ".Star Links" permette di calcolare (ad esempio. il grado di separazione di Veronica Lario da Marilyn Monroe e’ tre). Non solo i sociologi, anche i matematici fanno da anni un gioco analogo. Incentrato su Paul Etdos, un ungherese la cui vita ha ispirato la biografia di Paul Hoffinan, "L’uomo che amava solo i numeri' (Mondadori, 1998). Erdos, che e’ stato il piu’ prolifico matematico del secolo, era solito apparire alla porta di un collega in qualche parte dei mondo, dirgli. «La mia mente e’ aperta», chiedergli a quale problema stesse lavorando, stare con lui qualche giorno finche’ l'avesse risolto, e poi andare a bussare a un'altra porta. Il risultato e’ che oggi i matematici che non lavorano in isolamento si divertono a trovare il loro grado di separazione da Erdos. o hanno scritto un lavoro con lui, o con un matematico che ne ha scritto uno con lui, eccetera (ad esempio, il mio grado di separazione da Erdos e’ tre). Guardando attentamente, si e’ poi scoperto che i "piccoli mondi" sono innumerevoli: le molecole delle cellule, i neuroni del cervello, le centraline delle reti elettriche, i ripetitori dei telefoni gli organismi delle catene alimentari degli ecosistemi, i nodi di Internet, le cellule delle organizzazioni terroristiche, i legami sociali ed economici. E si e’ anche scoperto che le poche connessioni necessarie a trasformare una rete in un "piccolo mondo" possono essere di due tipi: o a lunga distanza o ad alta densita’. Queste ultime si chiamano "hub", e costituiscono allo stesso tempo i punti di forte aggregazione della rete, e i suoi anelli deboli. Le reti basate sugli "hub". che sono spesso quelle che si trovano in natura, risultano dunque essere piu’ efficienti, ma anche piu’ delicate e vulnerabili, di quelle basate su connessioni casuali a lunga distanza. Oltre a descrivere una gran varieta’ di strutture a prima vista diversissime fra loro, e a spiegarne le caratteristiche essenziali indipendentemente dal tipo di elementi che le costituiscono, i piccoli mondi sono recentemente risultati utili per spiegare innumerevoli fenomeni di sincronizzazione, ai quali Strogatz ha dedicato il suo libro "Sincronia" (Rizzoli, 2003): le oscillazioni dei fotoni in un raggio laser, le scariche dei neuroni che regolano il respiro, le contrazioni delle cellule che fungono da pacemaker dei cuore. il ciclo dei 40 Hertz che forse sta alla base della coscienza, il lampeggiare delle lucciole della Malesia, il canto dei grilli, gli spontanei scrosci di applausi all'unisono, gli ingorghi su un'autostrada senza incidenti. Il fenomeno del "Piccolo mondo" va dunque ben al di la’ dei ristretto ambito delle relazioni umane nel quale esso e’ stato originariamente scoperto, e promette di divenire uno strumento di ricerca nei campi piu’ disparati. Teniamolo dunque d'occhio, perche’ lo ritroveremo spesso, a conferma che anche il mondo delle idee scientifiche e’ piccolo. ================================================================== _________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 nov. ’03 CAGLIARI: UN POLICLINICO CHE FUNZIONA Nonostante i problemi tecnici e la precarieta’ del personale A proposito della lettera intitolata “Il Policlinico? Puo’ far meglio” firmata dal signor Giorgio Manunza e pubblicata il 7 novembre, nel ringraziare per le parole di incoraggiamento e per i suggerimenti e’ opportuno correggere alcune affermazioni. Ogni Reparto del Policlinico da’ la possibilita’, al paziente che non voglia consumare i pasti in camera, di utilizzare una sala mensa appositamente ideata e strutturata per il consumo dei pasti, e non di un ambiente di passaggio come il lettore riferisce erroneamente. I pasti vengono serviti in confezioni singole, sigillate e monouso, come il pane, mentre la frutta viene servita in appositi contenitori al centro dei tavoli, come previsto dalle norme in materia di igiene degli alimenti. Il personale infermieristico, pur precario, non e’ «costretto a svolgere ogni tipo di mansione», ma solo quelle inerenti la qualifica di appartenenza, tra le quali rientra anche la somministrazione dei pasti. Per quanto riguarda «la mancanza del sostegno di un dietologo» si precisa che il Policlinico e’ dotato della struttura di Nutrizione clinica a cui il medico curante puo’ rivolgersi per una eventuale consulenza. Devo invece confermare che alcuni particolari esami di laboratorio, indispensabili per il monitoraggio clinico dei pazienti trapiantati (vedi il dosaggio della ciclosporinemia) vengono effettuati al Policlinico, ma con cadenze non quotidiane, per l’esistenza di problemi tecnici che stiamo provvedendo ad eliminare, grazie anche alla segnalazione pubblicata. Pertanto la lettera del signor Giorgio Manunza, seppur improntata ad una critica costruttiva, illustra una situazione non completamente aderente alla realta’. E’ indubbio che si debba perseguire un miglioramento continuo della qualita’ delle prestazioni ed un aumento della loro funzionalita’, al fine di soddisfare sempre piu’ le esigenze di quei numerosi utenti che ogni giorno si rivolgono al Policlinico. Andrea Corrias Direttore Sanitario Policlinico Universitario di Cagliari _________________________________________________________ La Nuova Sardegna 26 nov. ’03 UIL CHIEDE: "CHE FINE HA FATTO L'AZIENDA OSPEDALIERA?" Dura presa di posizione del sindacato sul mancato decollo della riforma della sanita’ nel Sassarese SASSARI. Per ora il processo che ha determinato la trasformazione delle Usl e degli ospedali in Aziende, si e’ bloccato in una fase embrionale con l'individuazione di un'unica Azienda ospedaliera, il San Michele di Cagliari (oggi Azienda Ospedaliera Brotzu). Tutte le altre realta’ sono rimaste semplici presidi di Usl. La denuncia e’ della segreteria Uil-Fpl di Sassari che sottolinea come, finora, "non e’ stata riconosciuta la valenza di strutture sanitarie di rilievo nazionale e di alta specializzazione a quelle realta’ sanitarie della Sardegna che ne hanno decisamente tutte le caratteristiche". La Uil-Fpl fa riferimento al "SS. Annunziata di Sassari che risponde ai requisiti richiesti con l'autonomia di Azienda ospedaliera sia per il numero di strutture di alta specialita’ possedute al proprio interno, sia per la sua collocazione di emergenza e di elisoccorso. Questo riconoscimento sarebbe il primo passo importante per ridurre la migrazione sanitaria che avviene, non solo tra la Sardegna e la penisola, ma anche tra le realta’ sanitarie della nostra isola". La segreteria della Uil-Fpl sostiene che "l'individuazione e la crescita di centri di eccellenza sanitaria non puo’ che favorire l'innescarsi di un circolo virtuoso che vedra’ un costante miglioramento della qualita’ dei servizi. In questo modo si realizzera’ inoltre il punto cardine del decreto legislativo 502 che intende separare, almeno in via di principio, chi deve commissionare, acquistare, le prestazioni sanitarie (cioe’ l'Azienda Usl territoriale), e chi deve gestire, produrre le prestazioni, attenendosi ai criteri di accreditamento delle istituzioni, alle modalita’ di pagamento a prestazione, e all'adozione del sistema di verifica e revisione della qualita’ delle attivita’ svolte". Il piano di razionalizzazione della rete ospedaliera - secondo la Uil-Fpl di Sassari - e’ stato troppo a lungo all'esame della VII commissione della Regione che aveva formulato un preciso invito alla giunta a farsi subito promotrice di un tavolo tecnico tra i rappresentanti del mondo dell'ospedalita’, universita’ e Regione; predisporre lo studio relativo allo scorporo dell'ospedale SS. Annunziata di Sassari dall'Azienda Usl n. 1 e alla sua aziendalizzazione. La costituzione di un tavolo tecnico a tutt'oggi non avviata deve coinvolgere categoricamente i rappresentanti sindacali locali". La contemporaneita’ dell'istituzione delle Aziende, secondo il sindacato "e’ imprescindibile, soprattutto per cio’ che riguarda l'Azienda mista e ospedaliera, che dovranno necessariamente agire di concerto nella realizzazione del comune obiettivo di creare a Sassari una offerta assistenziale completa ed efficiente, senza la individuazione di strutture che nella loro duplicita’ svilirebbero la qualita’ di quelle gia’ esistenti. Le due aziende in un rapporto di reciproca e leale collaborazione professionale, potranno soddisfare le esigenze dell'utente e compensare vicendevolmente le loro esigenze di assistenza, didattica e ricerca. Ruolo centrale in questo processo sara’ quello della componente sindacale, in particolar modo per quanto riguarda le garanzie giuridiche, economiche e professionali del personale che opera nelle tre Aziende (Azienda Usl, mista e SS.Annunziata)". _________________________________________________________ L’Unione Sarda 25 nov. ’03 LA SANITA’ DEL SARCIDANO E’ ALLO SFASCIO Isili. La denuncia dell’assessore comunale Antonio Gambula e del collega della comunita’ montana Cristian Carrus Carenza di personale all’ospedale San Giuseppe, trascurati i servizi territoriali «La sanita’ nel Sarcidano-Barbagia di Seulo e’ allo sfascio: mai avevamo assistito a un decadimento cosi’ grave dei servizi sanitari nel territorio». Parole durissime, pronunciate dal neo assessore comunale alla sanita’ di Isili Antonio Gambula che traccia un bilancio a tinte fosche del futuro del distretto di Isili. «Il primo problema Ñ spiega Gambula Ñ riguarda la riorganizzazione dei servizi sanitari sulla base della modulazione delle nuove Province. Il direttore generale della Asl 3 di Nuoro Franco Mariano Mulas Ñ spiega - ci ha fatto chiaramente capire che il distretto sanitario di Isili non rientra piu’ negli interessi strategici dell’azienda e ci ha escluso da ogni tipo di investimento sanitario. Peraltro, da anni ci troviamo di fronte a una dirigenza locale incapace di negoziare le risorse per soddisfare i bisogni sanitari di questo territorio. In realta’, il direttore generale pensa a creare un terzo polo sanitario forte al “San Francesco” di Nuoro, trascurando i piccoli presidi ospedalieri». Gambula non usa giri di parole e, dopo aver attentamente analizzato la situazione nell’ospedale di Isili e nelle strutture distrettuali del Sarcidano, mette a fuoco i problemi. Ospedale San Giuseppe«Al San Giuseppe mancano almeno dieci figure infermieristiche Ñ precisa l’assessore Ñ. Inoltre, la tanto sbandierata inaugurazione della nuova ala dell’ospedale, avvenuta con grave ritardo solo nell’aprile di quest’anno, non ha (almeno finora) sortito gli effetti sperati. Basti pensare che da quella data e per tutta l’estate i nuovi locali hanno funzionato senza linee telefoniche e gli stessi reparti a tutt’oggi non hanno la garanzia della continuita’ nell’erogazione dell’energia elettrica, perche’ il gruppo elettrogeno non e’ funzionale alle esigenze della struttura». Sempre al “San Giuseppe” Gambula lamenta che «le figure professionali che vanno in pensione o vengono trasferite non sono state sostituite (vedi una decina di ausiliari, quattro infermieri professionali, due primari e un cardiologo). In tal modo, mi risulta che la Asl 3 risparmi circa un miliardo di vecchie lire per esercizio, che non viene reinvestito nel nostro territorio». Gambula e’ aspramente critico anche sul servizio di assistenza domiciliare integrata. «Si e’ fatta tanta propaganda sulla sua istituzione Ñ dice Ñ ma di fatto l’assistenza non e’ ancora partita, e quando cio’ avverra’ il personale infermieristico verra’ tolto alla struttura ospedaliera incrementando la gia’ grave situazione in termini di assistenza». Distretto sanitario«E’ fallito il tanto sbandierato progetto di integrazione tra presidio ospedaliero e distretto Ñ lamenta Gambula Ñ fatta eccezione per l’attivita’ chirurgica nei poliambulatori di Laconi e Orroli. Infatti, i servizi specialistici territoriali del distretto sanitario di Isili vanno a singhiozzo, non c’e’ continuita’ nell’assistenza e buona parte delle prestazioni vengono erogate a mezzo regime». Sullo spinoso tema della sanita’ nel territorio del Sarcidano-Barbagia di Seulo interviene anche l’assessore competente della tredicesima Comunita’ montana di Isili Cristian Carrus. «Da un primo esame della situazione Ñ spiega Ñ occorre superare nel piu’ breve tempo possibile questo periodo di transizione. Di fatto il Sarcidano-Barbagia di Seulo, dal punto di vista sanitario, e’ terra di nessuno. Per questo occorre accelerare i tempi per la collocazione amministrativa del nostro territorio nella futura provincia di Cagliari. L’assessore, nel ribadire che «esistono croniche carenze di personale nel San Giuseppe», ha anche anticipato quelli che saranno i programmi della Comunita’ montana. «Per quanto riguarda gli impegni che il mio assessorato si e’ assunto per il breve periodo, c’e’ l’acquisto immediato della tanto sospirata Tac, e in prospettiva di un mammografo». Pierpaolo Fadda ______________________________________________ L’Espresso 27 nov. ’03 VITAMINA E? NO GRAZIE Inutili a ridurre il rischio di malattie cardiache, se non addirittura dannose. Le pillole di vitamina E e’ il beta-carotene (provitamina A), raccomandate alcuni anni fa per la loro azione antiossidante, sembrano non rispettare le attese. Uno studio apparso su The Lancet dimostra che la vitamina non riduce il numero di morti per malattie cardiovascolari ne’ diminuisce l'incidenza degli infarti, mentre il beta-carotene e’ associabile a can aumento, seppur minimo (,0,3 per cento), dei rischio di malattie cardiache. La ricerca, condotta da scienziati della Cleveland Clinic Foundation, ha analizzato i risultati di 15 studi che hanno coinvolto quasi 220 mila persone per un periodo di osservazione da uno a 14 anni. Le conclusioni da trarre non sono univoche. Per alcuni gli antiossidanti agiscono solo se contenuti nel cibo e non assunti in pillole; per altri invece sarebbero una falsa pista, poiche’ l'azione di contrasto delle malattie cardiache andrebbe piuttosto attribuita allo stile di vita condotto solitamente da chi ha una dieta ricca di vitamine. Marco Motta _________________________________________________________ Panorama 27 nov. ’03 EPATITE C Si PUO GUARRE Il virus messo alle corde Una nuova molecola sembra capace di bloccare la moltiplicazione, virale. Ora bisogna sperimentarla. E di GIANNA MILANO Per ora non ha un nome ma una sigla in codice: Biln2061. E’ questa la nuova molecola che nei test di laboratorio e in esperimenti sull'uomo ha dimostrato di essere in grado di bloccare l'attivita’ di una proteina del virus dell'epatite C: la Ns3 proteasi, un'enzima essenziale perche’ possa svolgere il suo sporco lavoro. La notizia e’ comparsa su Nature online e ha suscitato grande interesse, Il farmaco somministrato per due giorni a pazienti infetti, con quattro dosi da 200 milligrammi, ha talmente ridotto la moltiplicazione del virus da renderne quasi non piu’ rilevabile la presenza. Un risultato importante. Le persone su cui e’ stato sperimentato erano infettate con il virus del genotipo 1, quello piu’ resistente ai farmaci e tra i piú diffusi in Europa, afferma Massimo Colombo, che dirige il Centro di epatologia al Policlinico di Milano «Ora la ricerca dovra’ stabilire le dosi e la durata ideali della terapia, e verificare che non sia Tossica, e non produca resistenza. Con la molecola Biln2061 si aprono. secondo gli esperti, nuovi orizzonti nel trattamento dell’epatite C, che oggi grazie alla combinazione di interferone alfa e ribavirina, un antivirale, gia’ guarisce un paziente su due. I due farmaci abbinati vengono impiegati dal '98. Ora si sa che la loro efficacia dipende da piu’ fattori: genotipo del virus, carica virale, presenza di cirrosi, abuso di alcol e anche dai sesso: le donne rispondono alla terapia meglio degli uomini. Se, negli infettati con virus dei genotipi 1 e 4 la guarigione si ottiene in meta’ dei casi, con i genotipi 2 e 3, piu’ sensibili alla terapia, supera l'80 per cento. La cura dura sei mesi con i genotipi 2 e 3, ma con l’1 o il 4 continua per un anno. Non tutti pero’ possono intraprendere il trattamento. vuoi perche’ sono presenti altre patologie (si deve tener conto degli effetti collaterali di questa terapia) vuoi perche’ la malattia, avanzata ha gia’ ridotto troppo globuli bianchi e piastrine per usare farmaci tossici per il midolleo osseo» ricorda Colombo. Per questo l'impegno a trovare altri fronti sui quali attaccare il virus e’ andato negli ultimi anni crescendo. Si sono tatti grandi progressi, secondo l'epatologo, nonostante i limiti alla messa a punto di nuovi farmaci per l'epatite e’ impossibile sviluppare il virus in vitro e sperimentare. molecole potenzialmente efficaci: e non esiste un modello animale. Solo gli scimpanze’ si ammalano di epatite C, ma la ricerca su di essi oltre a essere dispendiosa, e’ regolata da leggi protettive che limitano l’utilizzo. I vari inibitori degli enzimi virali allo studio che impediscono la replicazione dei virus tipo quelli usati contro l'hiv nell’Aids potranno costituire in un futuri non lontano una possibilita’ in piu’ di aggredire il virus su piu’ fronti, riducendo il suo tasso di resistenza. Sara’ la terapia combinata di piu’ farmaci probabilmente l’arma migliore per sconfiggerlo, prevede Colombo. Il virus dell'epatite C, identificato come, non-A non-B negli anni 70, e’ trasmesso soprattutto attraverso il sangue. Nel 1989 fu l'inglese,,Mike Houghton a scoprire, nel plasma l’Rna del virus C. virus che pero’ non e’ mai stato fotografato. Una scoperta importante resa possibile da una nuova tecnica per individuare le sequenze rna virali, renderle capaci di esprimere la proteina virale specifica e di interagire con l'anticorpo virale specifico. Una catena di reazioni che ha permesso di effettuare a Houghton oltre 900 mila test e quindi di arrivare alla scoperta del virus dell'epatite C racconta Colombo. Il 3 per cento della popolazione italiana e’ portatore di anticorpi contro il virus C, e di questi due terzi hanno l’infezione cronica in atto, per lo piu’ senza saperlo. Cio’ avviene perche’ l’infezione non da’ disturbi e puo’ restare a lungo silente, Nel 30 per cento dei casi descritti l'infezione guarisce spontaneamente, gli altri sviluppano un'epatite cronica complicanze che vanno dalla fibrosi alla cirrosi, o ancora di carcinoma epatico. In Italia su 6.500 tumori al fegato l'anno oltre un terzo sono causati dall'epatite C. Insomma, ci sono solide ragioni per sviluppare nuove terapie capaci di debellare il virus. _________________________________________________________ Corriere della Sera 27 nov. ’03 TESTAMENTO BIOLOGICO, PRONTE LE REGOLE La rinuncia alle cure dovra’ essere certificata da un medico. Il testo di mediazione al voto dei saggi De Bac Margherita ROMA - Su un semplice foglio di carta potremo scrivere: «Se farmaci e interventi chirurgici non fossero piu’ efficaci non curatemi piu’. Preferisco morire». Il medico, forte dell' autonomia che gli deriva dalla professione, non sara’ obbligato a eseguire. Ma dovra’ giustificare la sua scelta, specie se discordante da quella del malato. Nasce una nuova figura, sul modello anglosassone. Un fiduciario, che ci rappresentera’ quando non saremo piu’ in grado di badare a noi stessi. La proposta sulle direttive anticipate (chiamate anche testamento biologico o living will con qualche sfumatura di significato) viene esaminata e votata domani dal Comitato nazionale di bioetica, il Cnb. Prende forma, per la prima volta, con regole ben definite, il diritto di ogni paziente, a non essere piu’ curato se le terapie, mediche e chirurgiche, sono inutili e servono soltanto a prolungare una vita senza qualita’. Un modo di tutelarsi dall' accanimento terapeutico. L' eutanasia non c' entra. Il documento e’ stato elaborato dal presidente dei 54 saggi, Francesco D' Agostino, che spera di aver trovato il sofferto compromesso tra laici e cattolici: «Credo che questa soluzione abbia le caratteristiche per accontentare gli strenui difensori della vita perche’ non contiene nessun sottofondo eutanasico. Puo’ inoltre andar bene anche a chi avrebbe preferito che le direttive avessero un carattere vincolante per il medico». E’ arrivato il momento della verita’. Si va per alzata di mano. Se la bozza passa verra’ inviata anche al Parlamento come base di partenza per la legge. A chiedere al Cnb un parere era stato il ministro della Salute, Girolamo Sirchia. REGOLE - Il testamento deve essere redatto «in forma scritta e mai orale, da soggetti maggiorenni, competenti, informati, autonomi e non sottoposti ad alcuna pressione». Inoltre durante l' elaborazione e’ necessaria «l' assistenza di un medico che lo controfirmi, in maniera non generica», affinche’ non sorgano equivoci. Il Comitato raccomanda al legislatore che le direttive non siano ingabbiate in moduli e prestampati e che venga «garantita la massima personalizzazione della volonta’ dell' individuo». Il testamento ha una scadenza, indicata dal paziente che quindi si impegna ad aggiornarlo. Altrimenti perdera’ valore. Il punto piu’ dibattuto riguarda il carattere non vincolante delle volonta’. Il medico conserva la propria autonomia professionale ma e’ «obbligato a prenderle in considerazione» e «a spiegare formalmente le ragioni della sua decisione, in particolare nel caso in cui le contraddica». I laici hanno accettato questo passaggio a malincuore, avrebbero auspicato la massima liberta’ per il paziente. Non vengono presi in considerazione l' idratazione e l' alimentazione artificiale, trattamenti considerati «non medici», che non potranno essere sospesi. Le direttive quindi non sono applicabili ai casi di coma vegetativo persistente. LOBBY - Fra i piu’ refrattari alla mediazione alcuni esponenti cattolici, tra cui il senatore Adriano Bompiani. Perplessita’ dalla lobby medica, timorosa di perdere la propria autonomia decisionale. Osserva Gianfranco Iadecola, magistrato di Cassazione: «Bisogna precisare meglio in che misura il medico puo’ discostarsi dalle direttive. Inoltre mi sembra prematuro regolamentarle quando ancora mancano leggi sul consenso informato del paziente». La bioeticista dell' Universita’ di Siena, Cinzia Caporale, e’ di diverso avviso e lancia una sorta di incoraggiamento ai colleghi: «Ritengo molto importante che il Cnb arrivi a una posizione comune, sarebbe improprio se agisse come una somma di singoli individui. Ognuno deve compiere uno sforzo, collaborare. Il lavoro di D' Agostino e’ apprezzabile». Margherita De Bac mdebac@corriere.it IL DOCUMENTO Le direttive anticipate, o testamento biologico, prevedono che un individuo, in stato di coscienza, esprima in forma scritta le proprie volonta’ sulle cure che vorra’ ricevere quando a causa del suo stato di malattia non potra’ decidere direttamente MAGGIORE ETA' Nella proposta esaminata dal Comitato nazionale di bioetica le direttive possono essere redatte da maggiorenni e controfirmate da un medico che abbia fornito adeguate informazioni. Deve essere indicata una data di scadenza, che richiede un aggiornamento RUOLO DEL MEDICO Il medico non e’ vincolato al rispetto delle direttive, ma nel caso non le esegua deve giustificarsi per iscritto, anche sulla cartella clinica. E’ prevista la figura di un fiduciario, che rappresenti il malato. Per il testamento non sono necessari moduli o prestampati I LIMITI Si puo’ decidere che venga sospesa una terapia o un intervento chirurgico se sono inutili. Non si puo’ chiedere di sospendere alimentazione artificiale e idratazione, ritenuti «atti non medici». Ma il «testamento» non riguarda i casi di coma vegetativo persistente _________________________________________________________ Corriere della Sera 23 nov. ’03 LA FOTO VIRTUALE DEL COLON DIAGNOSTICA UN METODO VALIDO PER SCOPRIRE POLIPI E TUMORI INTESTINALI La Tac ultrarapida consente di ricostruire le immagini dell'intestino senza dover ricorrere alla piu’ «fastidiosa» tecnica endoscopica COLONSCOPIA VIRTUALE AL POSTO DELL'ENDOSCOPICA, PER SCOPRIRE POLIPI O TUMORI. L'ULTIMO PROGRESSO DELLA TAC "ULTRARAPIDA" CONSENTE L'ESAME DEL COLON SENZA L'INSERIMENTO DEL TUBO FLESSIBILE (CHE RESTA UTILE SOLO PER FARE BIOPSIE). RISPETTO ALLA TAC "RAPIDA" PRECEDENTE, E’ BASTATO AUMENTARE LA CAPACITA’ D'IMMAGINE E RADDOPPIARE LA VELOCITA’ DI MOVIMENTO DELLA MACCHINA, CHE ORA "VEDE" TUTTO L'ADDOME IN 30 SECONDI. IL TEMPO DI UN RESPIRO SOSPESO, PER NON AVERE MOSSA LA "FOTOGRAFIA". La preparazione del paziente per la tac "ultrarapida" e’ la stessa necessaria per l'endoscopia: dieta senza fibre per tre giorni e bustine di purgante in molta acqua prima dell'indagine. A1 momento dell'esame si immette un po' d'aria nel colon e si procede. Il paziente si distende prima a pancia in giu’ e poi a pancia in su, ogni volta trattenendo il respiro. La fonte di raggi ruota attorno al paziente, disteso sul lettino al centro della macchina, e acquisisce 32 strati di addome al secondo, strati cosi sottili e numerosi da non perdere nulla per la diagnosi. La dose di raggi, in tutto, e’ pari a quella di un "clisma opaco", il comune esame del colon con mezze di contrasto. ELABORAZIONE Quando il paziente ha finite l'esame, il computer inizia il suo lavoro. Le mille immagini acquisite in pochi secondi vengono "fuse" fra loro e tutto l'addome appare, sulle schermo, "ricostruito" in un unico volume, visibile completamente sia al suo interno sia all'esterno. Secondo i comandi del radiologo, nel "tubo" a serpentina, immagine del colon, si "naviga" avanti e indietro; con la possibilita’ di indagare se c'e’ qualcosa d'irregolare: anche un polipo poco piu’ grande di mezzo centimetro non puo’ sfuggire all'occhio dello specialista. E se un polipo "Infiltra" la parete del colon, o addirittura interessa le strutture fuori della parete colica, la tac, a differenza dell'endoscopia, lo scopre. Uno dei primi radiologi in Italia ad usare questo apparecchio e’ stato il professor Giovanni Simonetti, direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radiologia Interventistica al Policlinico "Tor Vergata". «Nei primi 150 casi - dice Simonetti - abbiamo eseguito sia la colonscopia tradizionale sia quella virtuale ed e’ risultato che la virtuale "vede" tutti i polipi di dimensioni pari o superiori al centimetro e quasi i190% dei polipi dai 6 ai 9 millimetri». Aggiunge il dottor Roberto Fiori, collaboratore di Simonetti ed esperto della colonscopia virtuale: «L'esame con la tac non conosce ostacoli, scruta il colon in tutta la sua lunghezza e anche se ci sono restringimenti che il tubo flessibile non potrebbe superare». ESAME COMPLETO «La colonscopia con tubo endoscopico, invece, e’ incompleta in un gran numero di casi», aggiunge Fiori, «poiche’ non visualizza spesso la parte piu’ difficile da raggiungere, cioe’ il colon destro». Inoltre, la tac offre un esame di tutto l'addome: fegato, colecisti, pancreas, reni, linfonodi, aorta ecc.. Conclude Simonetti: «La colonscopia virtuale e’ adatta a tenere sotto controllo chi ha un rischio maggiore di tumore del colon, ad esempio chi ha avuto la malattia in famiglia o ha dei polipi gia’ accertati. Il limite dell'esame, che per ora non "vede" i polipi inferiori ai 3-5 millimetri, e’ solo relativo, perche’ il pericolo-tumore inizia quando il polipo cresce oltre un centimetro. E questo da’ il tempo, nei soggetti a rischio, per un controllo "virtuale" ogni 4-5 anni». Filippo Asole _________________________________________________________ Il Giornale 23 nov. ’03 UN SUPERARCHIVIO IN BYTES PER COMBATTERE IL CANCRO MARK PERNA da Seattle Ci sono diversi modi per misurare l'innovazione tecnologica e le potenzialita’ raggiunte dall'informatica. Solo qualche tempo fa per studiare un singolo gene umano ad esempio era necessario piu’ di un anno. Mentre oggi per verificare le potenziali interazioni tra 13 mila geni e’ sufficiente una sola settimana. Tra i progetti piu’ interessanti in questo senso c'e’ quello dell'Istituto Salk di San Diego in California che e’ impegnato in un progetto di ricerca per determinare le cause genetiche che provocano determinate malattie e sviluppare farmaci in grado di contrastarle. Grazie all'utilizzo di una specifica tecnologia chiamata «data mining», uno speciale software implementato da Teradata, che e’ una divisione di NCR, e’ possibile analizzare enormi quantita’ di informazioni genetiche in modo efficace e realmente produttivo. Questa stessa risorsa e’ stata adottata anche dal Windber Research Institute, uno dei principali centri di ricerca biomedica degli Stati Uniti per studiare il rapporto tra geni, proteine e patologie. L'obiettivo e’ ambizioso: creare il primo archivio centralizzato al mondo per integrare dati clinici e molecolari che contribuiranno a individuare le cause del cancro al seno e di altre forme tumorali. «La tecnologia messa a punto da Teradata ha il duplice vantaggio di semplificare i dati provenienti da fonti diverse e di poterli analizzare in tempi rapidissimi- ha spiegato Nicholas Jacobs, presidente e CEO del Windber Research Institute - presso il nostro istituto vengono generati 50 terabyte di dati ogni nove mesi. Senza strumenti evoluti come questi sarebbe impossibile gestire una quantita’ cosi enorme di informazioni». Questo genere di tecnologia viene attualmente utilizzata dalle piu’ grandi aziende mondiali nei settori del commercio, delle telecomunicazioni, della finanza, dei trasporti. Secondo una ricerca svolta dalla Universita’ di Berkeley la quantita’ di dati che verranno generati nei prossimi due anni supereranno quelli prodotti negli ultimi 40ntila anni. II successo di questa tecnologia e il miglioramento degli strumenti offerti da Teradata ha permesso alla divisione di NCR di acquisire solo nell'ultimo anno nuovi clienti a livello mondiale, con un aumento dei profitti di oltre il 7 %. _________________________________________________________ Il Mattino 26 nov. ’03 IL PROF. BIGGIO SULL'USO TERAPEUTICO DELLA COCAINA Inchiesta della procura sulla fuga di notizie sul caso cocaina e squillo ROMA — La Procura di Roma ha aperto un procedimento in merito alla diffusione del contenuto della deposizione di Emilio Colombo nell'ambito dell'inchiesta su droga e "squillo". Lo afferma il procuratore reggente Ettore Torri in una nota. "In relazioni a notizie di stampa odierne circa dichiarazioni rese dal senatore Colombo a questa Procura della Repubblica - e’ detto nel comunicato - lo scrivente ha costituito procedimento penale contro ignoti per il reato di cui all'articolo 326 (rivelazione di segreti d'ufficio ndr) del codice penale. Del tutto e’ stato informato il procuratore generale Vecchione". Intanto sul cosiddetto "uso terapeutico" della coca fatto da Colombo, gli esperti manifestano i loro dubbi: "Non conosco nessuna patologia per la quale puo’ essere prescritto il consumo di cocaina a uso terapeutico. Per questo quando ho sentito le dichiarazioni rilasciate dal senatore a vita Emilio Colombo, le ho intese nel senso che il consumo di questa sostanza lo fa "semplicemente"e’ stare bene, o meglio", ha sottolineato Giovanni Biggio, professore di Neuropsicofarmacologia all'universita’ degli studi di Cagliari. "Diverso e’ il discorso se la persona in questione e’ cocainomane, quindi tossicodipendente. In questo caso - spiega Biggio - si potrebbe ipotizzare che l'eventuale mancanza di piacere, senza la sostanza, abbia effetti negativi sullo stato di salute, con conseguenti crisi di astinenza e depressione. Da qui, in senso lato, un effetto "terapeutico"". E l'ipotesi della dipendenza non e’ incompatibile con il periodo di tempo che il senatore a vita ha indicato come inizio del consumo della cocaina, "perche’ per diventarne dipendenti basta meno di un anno". Da parte sua, Francesco Cossiga si e’ dichiarato "profondamente turbato per i dolorosi casi umani del caro amico Emilio Colombo", riconoscendogli, in questa circostanza, "non comune coraggio". Pur esprimendo "rispetto" per l'autorita’ giudiziaria che conduce l'inchiesta, Cossiga nota "con rincrescimento" che nei confronti del senatore a vita "non sarebbe stata, e a suo danno, osservata la "par condicio" nella pubblicita’ degli atti e delle altre informazioni relative a questa delicata vicenda. E questo - sottolinea Cossiga - proprio mentre egli, con atto di fiducia verso la giustizia di un Paese da lui per lungo tempo servito, dimostrava un non comune coraggio e spirito di sacrificio per la verita’ e a tutela dell'altrui testimoniata innocenza, con le sue spontanee dichiarazioni cosi’ stranamente subito divulgate. Da chi? Dal mio portiere...". _________________________________________________________ L’Unione Sarda 25 nov. ’03 CUORE: UN JOYSTICK COME BISTURI Con “Da Vinci” si arriva dritti al cuore Un joystick come bisturi: e’ la tecnica innovativa utilizzata a Londra da un medico cagliaritano Un joystick come bisturi e uno schermo per guardare il cuore del paziente operato. L’innovativa tecnica d’intervento di bypass coronarico e’ eseguita solo in pochi ospedali d’Europa e, a Londra, e’ un cagliaritano a stare al posto di comando di un’apparecchiatura simile ai simulatori usati dai piloti. Roberto Casula non ha ancora compiuto 40 anni, ma ha gia’ ottenuto grandi soddisfazioni e da cinque anni e’ primario di chirurgia cardiotoracica del Saint Mary’s Hospital di Londra. «La macchina che usiamo, chiamata Da Vinci, ci permette di arrivare al cuore senza rompere le ossa e senza fare lunghi tagli, ma solo piccoli fori per far passare quattro “penne” che riproducono i movimenti delle mie mani», spiega entusiasta Casula. I vantaggi di quest’operazione, che avviene dunque senza che il chirurgo tocchi il paziente, sono numerosi: addio alle vecchie e brutte cicatrici (rimane solo il segno di quattro piccoli fori), ma tramonta anche l’era delle trasfusioni di sangue. Non solo: i rischi d’infezione sono minimi e, cosa che ha dell’incredibile, i tempi di recupero sono brevissimi. «Dopo quattro giorni dall’operazione i miei pazienti possono lasciare l’ospedale; con le tecniche tradizionali ci vogliono almeno sei settimane», continua Casula. Un’operazione sicura, dunque, grazie a un’apparecchiatura sofisticata paragonata a un robot. «La difficolta’ maggiore e’ stata imparare a usarla - racconta il primario - ci sono volute innumerevoli prove. Abbiamo utilizzato corpi di persone morte e operato animali, prima di sperimentare la macchina su un essere umano». Un metodo spesso impopolare, «ma indispensabile per essere sicuri dei risultati che si possono ottenere. Quando ho avvisato il primo paziente che avrei eseguito su di lui il primo vero intervento, si e’ sentito rassicurato dal fatto che l’operazione fosse riuscita sulle cavie». Finora sono state operate una quarantina di persone, anche di una certa eta’. Il primo e’ stato un uomo di 72 anni, inglese, il piu’ anziano, un novantenne. Tra coloro che sono stati curati dall’equipe del dottor Casula ci sono anche dei sardi: «Chi deve subire un intervento tanto delicato, spesso si informa su quali siano le tecniche esistenti e dove siano i migliori centri in Italia e all’estero. Capita cosi’, navigando su Internet, di arrivare al mio ospedale e al mio nome, che tradisce chiare origini sarde», spiega Casula. Fiduciosi forse di mettersi nelle mani di un conterraneo, diverse persone hanno affrontato il viaggio fino alla Gran Bretagna. Il medico e’ orgoglioso e soddisfatto, ma confessa che vorrebbe avere la possibilita’ di operare un maggior numero di sardi: «Curo migliaia di persone, non solo a Londra, ma anche in Africa, dove lavoro come volontario; mi piacerebbe molto poter migliorare la vita o addirittura salvarla al maggior numero di sardi possibile». Ma questo rimarra’ probabilmente solo un desiderio. Di tornare a casa e lavorare in una struttura dell’Isola non se ne parla nemmeno: «Qui siamo avanti anni luce, in Italia, non solo in Sardegna, la medicina e’ ferma al medioevo», dice Casula con un certo rammarico. Proprio per questo il giovane primario ha dovuto lasciare Cagliari quando era solo uno studente. «Non esisteva la specializzazione in cardiochirurgia». Cosi’ si e’ trasferito a Padova, dove si e’ laureato con il massimo dei voti e lode e una menzione speciale. Sempre nella citta’ veneta si e’ specializzato con un grande esperto del campo, il professor Galletti. Poi la svolta: Casula vince una borsa di studio a Oxford. Siamo agli inizi degli anni ’90. Dopo varie esperienze in Inghilterra, per due anni sara’ l’aiuto di un altro luminare della cardiochirurgia, Maghi Jacub. Nel 1998 la soddisfazione piu’ grande: la nomina a primario al Saint Mary’s Hospital: «Credo che sia la prima volta che un sardo abbia un incarico del genere in un ospedale pubblico di Londra», afferma con orgoglio Casula. Il futuro del primario e’ dunque in Inghilterra, ma in Sardegna torna per passare le vacanze con i genitori e gli amici: «Un paio di settimane di vacanze, non di piu’», scuote la testa ammettendo che fino ad ora la sua vita e’ stata tutta incentrata sul lavoro, «ma al mare di Santa Margherita non posso proprio rinunciare». Alice Guerrini _________________________________________________________ Il Giornale 27 nov. ’03 TRE MILIONI DI ITALIANI MALATI DI IMPOTENZA: ARRIVA UNA NUOVA PILLOLA IGNAZIO MORMINO da Milano Sesso matto, poche gioie e tanti dolori; ma oggi, anziche’ nascondere tutto, si parla apertamente (anzi scientificamente) degli «insuccessi» e si afferma che, ottanta volte su cento, e’ possibile evitarli. La vecchia «impotenza» e’ diventata «disfunzione erettile» e intorno ad essa si muove un team di scienziati che predica: «Non rassegnatevi». Ma stiamo ai fatti. Tre milioni di italiani soffrono di «disfunzione erettile», ma solo quattrocentomila sono in cura da un andrologo (e molti, questa cura, la interrompono presto). C'e’ un'altra faccia del problema che finora e’ stata trascur2ta: il ruolo che, nei momenti difficili, spetta alla donna. Un sondaggio Bayer-AdnKronos presentato ieri a Mi lano ha accertato che questo problema «incide negativamente sulla vita della coppia e va quindi affrontato insieme». Il sondaggio in parola fa da sfondo al Progetto Bayer per la coppia, che partira’ nella prima meta’ di dicembre, con lo scopo dichiarato di informare e coinvolgere non solo i portatori di questa «disfunzione» ma anche le loro partner. In dieci citta’ italiane saranno organizzati incontri di carattere scientifico, con forti contenuti sociali, e mobilitati andrologi, psicologi e medici di famiglia che insieme tracceranno un percorso di prevenzione e di cura che mette le donne in primo piano, riconoscendo loro la capacita’ di comprendere e di risolvere i problemi sessuali piu’ delicati. Durante la presentazione del progetto hanno parlato di impotenza i professori Vincenzo Mirone e Maurizio Bossi e il dottor Carlo Gargiulo. Mirone, ex presidente della Societa’ italiana di andrologia; ha dichiarato che «stiamo uscendo da una lunga stagione di ipocrisia in cui questi problemi si tenevano nascosti. Oggi, per risolverli, basta una terapia per via orale, quasi sempre priva di effetti collaterali». Naturalmente, ha aggiunto, questa terapia deve avere come fondamento«un dialogo tra l'andrologo il suo cliente». Questa affermazione apparentemente strana, trova la sua giustificazione nel fatto che quasi la meta’ di coloro che iniziano una cura la sospendono. Sono convinti che sia inutile? Mirone non 1 sa ma ricorda che «prima di dire basta bisogna fare almeno otto tentativi». Oggi a disposizione dei poco funzionanti ci sono tre preparati: il viagra, che ancora leader di mercato; il clis, il levitra. A quest'ultimo Mone riconosce «grande efficacia notevole velocita’ d'azione» sostiene inoltre che e’ «piu’ selettivo di altri farmaci in quasi tutti i soggetti, anche in quelli ci hanno subito un'asportazioe totale della prostata» (gia’, ricordiamolo: l'impotenza, a volte, e’ la complicazione di malattie come il diabete la depressione, scompenso cardiaco, l'insufficienza renale, l'obesita’ gravi disturbi prostatici. Per fortuna ci sono queste nuove pillole di vario colore che uno spazio di tempo compreso trai venti i sessanta minuti restituiscono al maschio balbettante la forza perduta. Ma c'e’ il «sommerso». Gli andrologi italiani sono convinti che malgrado i buoni risultati ottenuti - ci sono ancora molti pazienti, ottocentomila, forse addirittura un milione, che non vogliono ricorrere alle cure. Dal sondaggio di cui abbiamo parlato all'inizio infatti, risulta che solo 27 maschi su cento parlano apertamente dei loro «deficit» con la propria partner. Bisogna dunque coinvolgerle maggiormente queste partner, cancellare il loro orgoglio e la loro indifferenza trasformarle in detective dell’amore. L'ha detto anche Iva zanicchi, presente alla riunione ieri come testimonial. Con qualche concessione boccaccesca ha lanciato lo slogan «parlare, parlare, parlare», affermando che le donne di oggi «sono aperte per aiutare chi ha bisogno di loro». _________________________________________________________ Repubblica 27 nov. ’03 SI VEDRA’ PRIMA L’ARTRITE REUMATOIDE StOCCOLMA I pazienti di artrite reumatoide possono essere diagnosticati parecchi anni prima dell’esordio della malattia, secondo un nuovo metodo diagnostico scoperto all’Universita’ di Umea in Svezia. I malati, oltre al fattore reumatoide IgA, sviluppano un anticorpo contro la citrullina, enzima del nostro corpo che si sviluppa da una serie di sintesi chimiche. La produzione di questo anticorpo, chiamato "anticcp" (antipeptide citrullinato anticiclico) secondo la scoperta di Solbritt RantapääDahlqvist, avviene parecchi anni prima lo sviluppo della malattia. Accurati test anticcp, ai primi sintomi di dolori o reumatismi, potrebbero essere dunque risolutori nell’identificare molto in anticipo l’artrite e prevenirne la conclamazione (su Arthritis Rheumatology). Uno studio italiano ha invece collegato il ruolo dell’anticcp all’artrite idiopatica giovanile, termine che indica tutte le artrite croniche che insorgono prima dei 16 anni. (s. j. s.) _________________________________________________________ Libero 28 nov. ’03 ACQUA E SAPONE BLOCCANO IL VIRUS DELL'AIDS Acqua e sapone inattivano l'Hiv, il virus dell’Aids, nelle secrezioni genitali. E’ quanto sostengono i ricercatori dell'Universita’ della California di San Francisco in una ricerca pubblicata sulla rivista Antimicrobial Agents an Chemoterapy. Il team californiano, guidato dal virologo Jonathan Z. Li, ha testato gli effetti di saponi regolarmente in commercio e acqua su l'Hiv nel fluido cervico vaginale e in un mix di questo e di liquido seminale. E hanno scoperto che erano sufficienti tra due ai sei minuti di esposizione ad acqua e sapone per ridurre di circa 1000 volte la carica virale dell'Hiv nel fluido cervico vaginale. Concentrazioni piu’ alte di sapone erano necessarie, invece, per abbassare del 30% l’infettivita’ del virus nella miscela con liquido seminale. «Ma questo metodo non puo’ essere considerato un mezzo per eliminare il virus dalla vagina -,spiega lo specialista - prima di tutto perche’ non e’ stato testato sufficientemente e in secondo luogo perche’ il sapone potrebbe danneggiare i tessuti e alterare la flora batterica, aprendo la strada alle infezioni. La soluzione saponata, invece, potrebbe essere un ottimo sistema per sterilizzare sonde o strumenti diagnostici». _________________________________________________________ Repubblica 27 nov. ’03 L'OLIO BENEFICO Pregi e virtu’ di quello d’oliva, buono in tavola e sulla pelle. I consigli del nutrizionista Giuseppe Fatati DI ISABELLA EGIDI L’olio d’oliva non e’ solo alimento gradevole, condimento indispensabile per regalare gusto e sapore ai cibi ma anche cura di bellezza e garanzia di salute e benessere. Tra tutti gli oli vegetali e’ quello a piu’ alto grado di digeribilita’ da parte dell’organismo umano e quello piu’ stabile in cottura. «Ogni grasso», spiega Giuseppe Fatati, responsabile del servizio di Dietologia dell’ospedale di Terni, «possiede un proprio livello di tolleranza alle alte temperature, detto punto di fumo. L’olio d’oliva ha uno dei punti di fumo piu’ elevati, sopporta temperature fino a 300 gradi. Inoltre il suo indice di degradazione e’ pari a 1.14, assai piu’ basso rispetto ad altri grassi; quello dell’olio di girasole ad esempio e’ di 2.73. Tutto cio’ rende l’olio d’oliva assai stabile e adatto per ogni tipo di cottura, anche per i fritti. Nonostante questo rimane diffusa l’opinione che l’olio di semi sia piu’ "leggero" di quello d’oliva. Per sgombrare il campo dagli equivoci diciamo che tutti gli oli sono composti al 100% da lipidi, cioe’ da grassi, inoltre l’impressione di leggerezza e’ conferita agli oli di semi dal colore paglierino chiaro e dal gusto gradevole. Spesso queste proprieta’ organolettiche derivano da "aggiustamenti" e trattamenti di decorazione che conferiscono al prodotto un sapore e un colore che non sempre e’ quello di natura». Oltre ai trigliceridi e ai grassi polinsaturi, l’olio extravergine d’oliva contiene sostanze antiossidanti come la vitamina E, i polifenoli, i fitosteroli e i carotenoidi, che esplicano un’azione protettiva per il nostro organismo. Grazie a questi elementi l’olio puo’ contribuire a bloccare l’attivita’ dei radicali liberi, ossia i composti chimici responsabili dell’invecchiamento delle cellule. Inoltre fornisce vitamina D e un buon apporto di precursori della vitamina A. L’equilibrato contenuto di acido linoleico, ed il giusto rapporto con i suoi derivati, acido linolenico e acido arachidonico, favorisce inoltre la riduzione del colesterolo e allontana il pericolo di malattie coronariche. «Alcuni componenti dell’olio extravergine d’oliva», continua Fatati, «soprattutto l’acido oleico e i fenoli, vanno a ridurre l’ossidazione delle lipoproteine a bassa densita’ (LDL), tra i maggiori responsabili dei processi di aterosclerosi». I benefici effetti dell’olio extravergine d’oliva sono stati controllati e testati da moltissimi lavori scientifici. La stessa Comunita’ Europea mette a disposizione molti studi effettuati dall’Istituto per la Ricerca sull’Arteriosclerosi dell’universita’ di Münster in Germania, che convalidano l’azione positiva dell’olio d’oliva sulla riduzione del rischio di malattie cardiovascolari e sulla prevenzione di patologie gastrointestinali e oncologiche. Ma all’interno delle riflessioni sull’olio di oliva, una valutazione non secondaria e’ relativa al gusto. Come altri grassi, contribuisce infatti a modificare e quindi a determinare la percezione dei sapori dei cibi. L’olio extravergine d’oliva, infatti, non dovendo subire alcun processo di raffinazione per divenire commestibile, porta con se’ il sapore del frutto da cui deriva. «Utilizzare l’olio a crudo, conclude Fatati, e’ un buon modo per assaporarlo e controllarne il consumo. I grassi sono elementi essenziali per la nostra dieta ed e’ scorretto escluderli, tuttavia e’ bene ricordare che un grammo di grasso contiene nove chilocalorie». _________________________________________________________ Repubblica 27 nov. ’03 LO GNATOLOGO SE MASTICATE MALE A Viareggio primo servizio di Gnatologia in ospedale. Parla il titolare Lo gnatologo e’ il medico che si occupa della funzione masticatoria con tutte le sue implicazioni: studia cioe’ il meccanismo di apertura e chiusura della bocca, l’armonia dei contatti dei denti tra le arcate, la salute dei muscoli che servono per aprire e chiudere la bocca. In genere, in caso di dolori e disagi anche lontani dalla bocca, pensando a un legame tra occlusione e disturbi posturali, ci si rivolge al dentista. «Ma la gnatologia non e’ odontoiatria. L’approccio con questi pazienti e’ completamente diverso. Consente, gia’ con l’ascolto, di risolvere un certo tipo di problemi evitando che la gente insegua il miraggio di un’occlusione perfetta spendendo una marea di soldi per un risultato che spesso non c’e’», rivendica Guglielmo Gagnesi, che insegna Gnatologia all’universita’ di Ferrara ed e’ responsabile, all’Ospedale Unico di Viareggio, del primo servizio di Gnatologia Clinica in una struttura pubblica, situato non nel reparto di Odontoiatria ma in quello di Medicina fisica riabilitativa. «Non si puo’ fare il dentista e lo gnatologo: o l’uno o l’altro. I disordini della muscolatura masticatoria e i possibili disturbi dell’articolazione temporomandibolare (fa aprire e chiudere la bocca) non dipendono dal numero di denti presenti in bocca, dalla posizione e dallo stato di salute ma da un eccessivo carico funzionale, da un’iperattivita’ muscolare che nella maggioranza dei casi e’ dovuta a disordini di tipo comportamentale», spiega Gagnesi. Colpa dello stress che porta a stringere, arrotare i denti: i muscoli aumentano di volume, le articolazioni si bloccano. «Il problema di un dolore che va dal collo in su, compreso il mal di testa, ha diverse sfaccettature: per risolverlo occorre un lavoro di e’quipe perche’ molti disturbi attuali sono legati a un pessimo stile di vita: poca attivita’ fisica, cattive abitudini posturali, alimentazione, uno status psicologico che determina una forma nevrotizzante diffusa nella nostra popolazione…». Denti storti non si traducono sempre in disturbi alla funzione masticatoria e denti ben allineati non escludono un blocco in apertura della bocca. Il rischio e’ che cambiando una malocclusione per far stare meglio il paziente si puo’ invece squilibrare in modo irreversibile una situazione ormai "adattata" fisiologicamente. Un "bite" (apparecchio mobile che si interpone la notte tra le arcate dentarie) puo’ risolvere lo squilibrio muscolare, permette di non esasperare la causa del problema e fa stare sereno il paziente nel sonno ma "se il suo impiego e’ prematuro, intempestivo o inadeguato puo’ peggiorare il problema. Come e’ successo di recente al calciatore del Milan, Rivaldo». Info al CUP: tel. 840011550. (a. mes.) ________________________________________________ Le Scienze 26 nov. ’03 IL RUOLO FUNZIONALE DEI GENI COINVOLTI NEL TUMORE DEL SENO Individuati anche altri target potenziali per nuovi farmaci Uno studio di ricercatori del The Wistar Institute dell’Universita’ della Pennsylvania ha permesso di identificare un ruolo funzionale delle proteine BRCA1 e BRCA2, i cui geni sono coinvolti nello sviluppo del tumore del seno. La scoperta, presentata sul numero di novembre della rivista "Molecular Cell" ha inoltre permesso di individuare un certo numero di nuove proteine che agiscono in collaborazione con BRCA1 e BRCA2 e che potrebbero dunque svolgere un ruolo nel tumore. Queste proteine costituiscono un possibile target per eventuali nuovi farmaci. Il legame fra i geni BRCA1 e BRCA2 e il tumore ereditario del seno era stato identificato nei primi anni novanta, ma la funzione biologica delle proteine era rimasta oscura. I ricercatori hanno dimostrato come le due proteine si combinano con altre per formare un complesso chiamato BRCC, e hanno definito il ruolo di questo complesso nella regolazione del meccanismo di riparazione del DNA. "Sapevamo gia’ - ha spiegato Ramin Shiekhattar - che i geni BRCA1 e BRCA2 normalmente sopprimono i tumori, e che se mutati possono condurre al cancro. Essi pero’ sono responsabili solo del 15 per cento di tutti i tumori del seno e di un quinto di quelli ereditari. Ora abbiamo scoperto due nuove proteine che collaborano con loro: fanno parte del complesso BRCC e una di queste, BRCC36, e’ un buon candidato a rappresentare un ulteriore elemento di suscettibilita’ al cancro". _____________________________________________________ Le Scienze 26 nov. ’03 PROTEINE ARTIFICIALI Sofisticati algoritmi consentono di simulare il processo di ripiegamento della catena di aminoacidi Usando sofisticati algoritmi su normali computer desktop, alcuni ricercatori dello Howard Hughes Medical Institute hanno progettato e costruito una nuova proteina funzionale che non si trova in natura. Il successo dovrebbe consentire agli scienziati di studiare il modo in cui le proteine evolvono e capire perche’ la natura "sceglie" determinati ripiegamenti delle proteine e non altri. La capacita’ di simulare e progettare proteine artificiali, sostiene il principale autore dello studio, David Baker dell'Universita’ di Washington, apre inoltre la strada verso lo sviluppo di enzimi artificiali da usare come farmaci o catalizzatori industriali. Baker e i colleghi Brian Kuhlman e Gautam Dantas hanno pubblicato il proprio studio sul numero del 21 novembre della rivista "Science". Le proteine vengono sintetizzate inizialmente come lunghe catene di aminoacidi e non funzionano in modo appropriato fino a quando non si ripiegano in strutture molto complicate. Comprendere e prevedere le regole che governano questo processo di ripiegamento rappresenta uno dei problemi fondamentali della biologia. Secondo Baker, la capacita’ di stabilire la struttura di ripiegamento desiderata per una proteina e poi di crearla offrirebbe enormi benefici scientifici e pratici. "Innanzitutto, - spiega - si tratta di un test indicativo della nostra attuale comprensione delle forze e dell'energetica dei sistemi macromolecolari. In secondo luogo, se si possono progettare strutture completamente nuove, potenzialmente si potrebbero creare nuove macchine molecolari, proteine che svolgono nuove funzioni, come terapeutici, catalizzatori, e cosi’ via. Infine, c'e’ da rispondere alla questione se tutte le strutture che si trovano in natura costituiscono un limite a cio’ che e’ possibile, o se ne esistono anche altre".