Questa rassegna in http://pacs.unica.it/rassegna Indicizzata in http://pacs.unica.it/htdig/search.html Mailing list: medicina@pacs.unica.it CAGLIARI: L’UNIVERSITA’ BUSSA A QUATTRINI MISTRETTA: BASTA CON I RINVII SENZA FINANZIAMENTI L'UNIVERSITA’ MUORE - INTERVENGA LA REGIONE ATENEI SEMPRE PIU’ TRASCURATI ALLARME ROSSO ALL’UNIVERSITA’: «SI VA VERSO LA CRISI» UNIVERSITA’ ITALIANA, ECCO LA CURA DIMEZZATI I FONDI PER LA RICERCA: PER GLI STUDENTI SARA’ UNA STANGATA S.AGNELLI«SULLA RICERCA LO STATO DICE. E POI NON FA» E ORA SCOPPIA LA «GUERRA DEL CNR» QUELLA FUGA CHE FA BENE AI CERVELLI BANCA DATI EUROPEA PER LA MOBILITA’ DEI RICERCATORI IN FRANCIA IL FUTURO DELLA RICERCA E’ IN PERICOLO, MANCANO GLI STUDENTI CHI COPIA DI PIU’ TRA STUDENTI E PROFESSORI? UNIVERSITA’, BLAIR SI GIOCA TUTTO I PREZZI CONSIP NON SARANNO PIU’ VINCOLANTI TRA INGEGNERI E INFORMATICI IL REBUS DELL'ALBO «RISERVATO» ================================================================== FECONDAZIONE, PASSA LA RIFORMA TRA GLI SCONTRI FECONDAZIONE ASSISTITA. IL DIBATTITO TALASSEMICI CONTRO LA LEGGE SULLA FECONDAZIONE TALASSEMICI:PROVVEDIMENTO INGIUSTO E CRUDELE PROFESSIONE SANITARIE: LA CONSULTA «FRENA» LE REGIONI LO SCANDALO DEI LUMINARI PAGATI DALLE CASE FARMACEUTICHE (IN USA) PRIORITA’. CINQUE "CARTE" PER SALVARE IL SSN MENOPAUSA DELLA DONNA LA TERAPIA ORMONALE VA PER DIFFONDERSI E PROSPERARE ANCHE I VIRUS SI MASCHERANO RICERCA USA CONFERMA LA SICUREZZA DEI VACCINI FARMACO RIVOLUZIONARIO PER BATTERE I TUMORI INTESTINALI SASSARI: MEDICINA APRE UNA NUOVA FRONTIERA CONTRO LA SCLEROSI MEDICINALI INEFFICACI PER META’ DEI PAZIENTI IRREVERSIBILE LA PERDITA DEL COLORE? SEMBRA DI NO NON TOCCARE IL GENE CHE «DORME» IL GIUSTO COCKTAIL CONTRO L’AIDS ================================================================== ___________________________________________ L’Unione Sarda 11 dic. ’03 CAGLIARI: L’UNIVERSITA’ BUSSA A QUATTRINI Il rettore ha incaricato gli avvocati di sollecitare un decreto ingiuntivo Chiede che la Regione paghi debiti per 30 milioni Di questo passo sara’ l’ufficiale giudiziario a tenere i rapporti tra Universita’ e Regione. Tra i due palazzi c’e’ un problema di soldi. Molti: 30 milioni di euro, che l’ateneo chiede da tempo - ma ultimamente con piu’ vigore del solito - all’assessorato alla Sanita’. Ieri il rettore Pasquale Mistretta ha annunciato di aver incaricato gli avvocati di preparare un atto ingiuntivo per farsi dare somme «che aspettiamo dal 1995, a parte alcuni acconti minimi. Sento che in Regione si discute di assestamento di bilancio, i discute di Finanziaria ma del denaro che ci devono per le prestazioni ambulatoriali esterne nessuno parla». Forse e’ il punto piu’ basso nelle relazioni tra la politica e l’accademia di casa nostra, e la replica dell’assessore alla Sanita’ non sembra di quelle rappacificanti: «Credo di aver risposto con i fatti, il resto sono strumentalizzazioni» taglia corto Roberto Capelli, destinatario di un fax piuttosto veemente indirizzato dal Rettorato anche al presidente della Giunta e a quello della settima commissione. «Personalmente la campagna elettorale la faccio in altri modi - aggiunge l’assessore - Mistretta agisca come crede, spero che non sia l’ennesima scusa per non siglare il protocollo d’intesa». Ma su quella firma il rettore ha le idee piuttosto chiare: «Prima bisogna che vengano pagati gli arretrati. Finora abbiamo anticipato diciassette miliardi di lire di cassa, non ho alcuna intenzione di continuare cosi’. Vorrei essere molto chiaro su un punto: finche’ ci saro’ io l’Universita’ di Cagliari non andra’ in fallimento, ma lo stato di cose attuale non e’ ammissibile. Rappresento un’istituzione e non ho intenzione di protestare in modo scomposto o spettacolare, pero’ ho il dovere di dire basta: si continua a dire che l’Universita’ non ha prodotto la documentazione necessaria per avere diritto alla cifra che chiede, e man mano che esibiamo i documenti e certifichiamo i nostri diritti gli assessori si avvidendano e si ricomincia da capo. In tutti questi anni ho usato sempre la massima diplomazia, ma a questo punto temo di aver finito le scorte». Non e’ la prima volta che tra ateneo e Regione spuntano problemi di denaro. Non piu’ tardi di due settimane fa i rappresentanti del gruppo Universita’ per gli Studenti avevano denunciato il congelamento delle lauree triennali in Medicina. Un taglio netto a sette corsi di studi particolarmente pregiati dal punto di vista dell’occupazione, visto che di infermieri o di tecnici di laboratorio c’e’ una grande richiesta. Il motivo e’ sempre lo stesso: il protocollo d’intesa tra Villa Devoto e il Rettorato non e’ stato firmato. Siglando il documento la Regione si accollerebbe i costi di quelle lauree: un ritorno al passato, visto che fino a qualche tempo fa - quando si chiamavano corsi di formazione - erano finanziati dalla Giunta. Dopo le dichiarazioni polemiche degli studenti e la conferma della facolta’ di Medicina («Non abbiamo fondi, per quest’anno siamo costretti a far saltare i corsi») l’assessore alla Sanita’ disse che la strada verso l’intesa Regione-Universita’ in realta’ non era poi cosi’ in salita, e che entro dicembre sarebbe stato possibile raggiungere un’intesa «a patto che ci sia buona volonta’ da parte di tutti». Sembrano parole dell’anno scorso, risalgono a neppure due settimane fa. Cioe’ a quando in Rettorato c’era ancora un pizzico di pazienza e ancora non si pensava di dover ricorrere alle carte da bollo e all’ufficiale giudiziario. Celestino Tabasso ___________________________________________ L’Unione Sarda 12 dic. ’03 PASQUALE MISTRETTA: BASTA CON I RINVII A questo punto temo d'aver esaurito le scorte di diplomazia Di questo passo sara’ l'ufficiale giudiziario a tenere i rapporti tra Universita’ e Regione. Tra i due palazzi c'e’ un problema di soldi. Molti: 30 milioni di euro, che l'ateneo chiede da tempo - ma ultimamente con piu’ vigore del solito - all'assessorato alla Sanita’. Ieri il rettore Pasquale Mistretta ha annunciato di aver incaricato gli avvocati di preparare un atto ingiuntivo per farsi dare somme "che aspettiamo dal 1995, a parte alcuni acconti minimi. Sento che in Regione si discute di assestamento di bilancio, i discute di Finanziaria ma del denaro che ci devono per le prestazioni ambulatoriali esterne nessuno parla". Forse e’ il punto piu’ basso nelle relazioni tra la politica e l'accademia di casa nostra, e la replica dell'assessore alla Sanita’ non sembra di quelle rappacificanti: "Credo di aver risposto con i fatti, il resto sono strumentalizzazioni" taglia corto Roberto Capelli, destinatario di un fax piuttosto veemente indirizzato dal Rettorato anche al presidente della Giunta e a quello della settima commissione. "Personalmente la campagna elettorale la faccio in altri modi - aggiunge l'assessore - Mistretta agisca come crede, spero che non sia l'ennesima scusa per non siglare il protocollo d'intesa". Ma su quella firma il rettore ha le idee piuttosto chiare: "Prima bisogna che vengano pagati gli arretrati. Finora abbiamo anticipato diciassette miliardi di lire di cassa, non ho alcuna intenzione di continuare cosi’. Vorrei essere molto chiaro su un punto: finche’ ci saro’ io l'Universita’ di Cagliari non andra’ in fallimento, ma lo stato di cose attuale non e’ ammissibile. Rappresento un'istituzione e non ho intenzione di protestare in modo scomposto o spettacolare, pero’ ho il dovere di dire basta: si continua a dire che l'Universita’ non ha prodotto la documentazione necessaria per avere diritto alla cifra che chiede, e man mano che esibiamo i documenti e certifichiamo i nostri diritti gli assessori si avvidendano e si ricomincia da capo. In tutti questi anni ho usato sempre la massima diplomazia, ma a questo punto temo di aver finito le scorte". Non e’ la prima volta che tra ateneo e Regione spuntano problemi di denaro. Non piu’ tardi di due settimane fa i rappresentanti del gruppo Universita’ per gli Studenti avevano denunciato il congelamento delle lauree triennali in Medicina. Un taglio netto a sette corsi di studi particolarmente pregiati dal punto di vista dell'occupazione, visto che di infermieri o di tecnici di laboratorio c'e’ una grande richiesta. Il motivo e’ sempre lo stesso: il protocollo d'intesa tra Villa Devoto e il Rettorato non e’ stato firmato. Siglando il documento la Regione si accollerebbe i costi di quelle lauree: un ritorno al passato, visto che fino a qualche tempo fa - quando si chiamavano corsi di formazione - erano finanziati dalla Giunta. Dopo le dichiarazioni polemiche degli studenti e la conferma della facolta’ di Medicina ("Non abbiamo fondi, per quest'anno siamo costretti a far saltare i corsi") l'assessore alla Sanita’ disse che la strada verso l'intesa Regione-Universita’ in realta’ non era poi cosi’ in salita, e che entro dicembre sarebbe stato possibile raggiungere un'intesa "a patto che ci sia buona volonta’ da parte di tutti". Sembrano parole dell'anno scorso, risalgono a neppure due settimane fa. Cioe’ a quando in Rettorato c'era ancora un pizzico di pazienza e ancora non si pensava di dover ricorrere alle carte da bollo e all'ufficiale giudiziario. Celestino Tabasso ___________________________________________ La Nuova Sardegna 12 dic. ’03 SENZA FINANZIAMENTI L'UNIVERSITA’ MUORE - INTERVENGA LA REGIONE Grido d'allarme dall'universita’: senza finanziamenti l'ateneo muore. I presidi della facolta’ non riescono a mandare avanti neanche la normale attivita’ didattica e chiedono alla Regione interventi urgenti. Grido d'allarme dell'ateneo: senza fondi si muore Servono progetti urgenti e sinergie con la Regione L'attivita’ delle facolta’ a un passo dal collasso Gavino Faa: "Subito interventi per far crescere il Policlinico" CAGLIARI. La denuncia del preside della facolta’ di Scienze matematiche fisiche e naturali, che ha parlato di universita’ in crisi per la mancanza di adeguati finanziamenti, e’ stata prontamente condivisa dal collega di Medicina, Gavino Faa. Secondo il quale, cosi’ come sostenuto dallo stesso Roberto Crnjar, sono assolutamente inadeguati i finanziamenti ordinari previsti per le universita’. Gli atenei sono impossibilitati a far fronte agli adeguamenti di legge per gli oneri finanziari relativi al personale. Esiste il blocco delle assunzioni per le quali gli atenei hanno gia’ in budget uno stanziamento approvato e il governo mostra scarsa attenzione verso la ricerca universitaria che costituisce il sessanta per cento della ricerca nazionale. "Non a caso - spiega - il direttore della Crui (Conferenza dei rettori delle universita’ italiane), Piero Tosi e’ arrivato a minacciare le dimissioni. E il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, e’ intervenuto quando e’ stata bloccata l'assunzione di 1.700 ricercatori vincitori di concorso. Una situazione davvero paradossale in quanto proprio la nuova riforma degli ordinamenti didattici richiede piu’ personale e maggiori risorse". "Per fortuna - continua Gavino Faa - proprio recentemente la Crui ha avuto il cinque per cento in piu’ dei fondi di dotazione ordinaria. Soldi che ora verranno ripartiti tra i vari atenei e daranno un po' di ossigeno alle facolta’". Il preside della facolta’ di Medicina, quindi, pone l'accento sulla necessita’ di sviluppare il rapporto di collaborazione con la Regione. "Ogni preside - precisa - deve trovare specifici accordi gli assessorati competenti per sviluppare sinergie su progetti strategici per lo sviluppo del sistema Sardegna. In poche parole: la Regione deve fare da comittente e l'universita’ deve mettere a disposizione le sue alte professionalita’". Per quanto riguarda la facolta’ di Medicina, Gavino Faa parla di situazione davvero difficile. Soprattutto per i gravi problemi finanziari in cui versa il Policlinico di Monserrato. "Una bellissima realta’, della quale sinora si e’ fatta carico esclusivamente l'universita’ - puntualizza - ma che per crescere ha bisogno dell'aiuto dell'amministrazione regionale". Lo stesso rettore, Pasquale Mistretta ha piu’ volte accusato la Regione di essere totalmente assente. "E’ vero che eroga risorse finalizzate per borse di studio, per Erasmus e per altre importanti inziative, ma e’ anche vero che non e’ sensibile alla gestione del sistema universita’ di Cagliari e Sassari". E ha lanciato una sfida ai vari assessorati "affinche’ trovino nel loro bilancio una quota pari a due milioni di euro per finanziare gli atenei sardi". E ancora. "Investire in formazione, per Mistretta, e’ una questione inderogabile. Lo sviluppo socioeconomico e la crescita del pil regionale, le stesse scelte in termini di innovazione e progettazione di scenari competitivi in ambito europeo e internazionale, sono elementi di una politica economica che ha la formazione universitaria al proprio centro. Senza dimenticare che i due atenei sardi non sono solo centri del sapere ma svolgono un ruolo importante nel rispondere alle aspettative sociali". Sull'argomento il preside della facolta’ di Scienze, presentando il suo documento-denuncia, aveva detto che "la ricerca di base e’ ormai pressoche’ abbandonata. Mentre si continua a proclamare l'inscindibilita’ del binomio didattica universitaria-ricerca scientifics, tutte le scelte vanno in direzione opposta. Cio’ condanna gli atenei a svolgere una didattica sempre piu’ liceale e condanna le lauree triennali allo scadimento". "Una situazione - per Roberto Crnjar - che penalizza pesantemente le universita’ del sud. In tutte le graduatorie sulla qualita’ degli atenei si assiste a una rigida stratificazione, per cui le universita’ del nord stanno al vertice, quelle del centro in mezzo e quelle del su in coda. Ebbene un risultato cosi’ regolarmente ripetuto inica l'esistenza di svantaggi storici e di carenze strutturali di cui nessuno sembra voglia tener conto nell'allocazione delle risorse. La facolta’ di Scienze, per esempio, e’ consapevole del fatto che l'autonomia deve essere coniugata con la competizione e la valutazione, ma chiede che le universita’ siano messe in condizione di competere". "L'universita’ - conclude Crnjar - e’ una ricchezza primaria per il paese ed e’ nata e vive grazie a una indissolubile unita’ di attivita’ di didattica e ricerca. Quindi una politica economica che mira a privare surrettiziamente l'universita’ della sua capacita’/ruolo di ricerca per relegarla solo a un compito di didattica, tende in realta’ a far morire l'ateneo e impoverisce il paese ___________________________________________ Il Sole24Ore 9 dic. ’03 ATENEI SEMPRE PIU’ TRASCURATI Rapporto Censis / Finanziamenti mal distribuiti Nel 2002 le spese per le Universita’ sono diminuite dell'8,2% TORINO a L'Italia - lo sappiamo - e’ Paese incolto (tutto e’ relativo: il paragone e’ con gli altri Stati industriali). Ma non tutti, forse, ricordano il peggio: e’ Paese a incultura crescente e a investimento decrescente man mano che sale il livello d'istruzione. A ricordarcelo giunge opportunamente l'ultimo Rapporto Censis (sul Rapporto nel suo complesso si veda «Il Sole-24 Ore» di sabato 6 dicembre), nella parte dedicata ai «Processi formativi». Il 30% degli italiani con 15 anni o piu’ di eta’ ha soltanto la licenza elementare, o nessun titolo di studio, il 32,9%Io solo la licenza media. Tra 25 e 64 anni i diplomati sono il 43% in Italia, l'83% in Germania, l’88% negli Usa. La partecipazione degli adulti ad attivita’ educative (fascia di eta’ fra 35 e 59 anni) e’ in media del 7% nell'Unione europea (in Finlandia e’ al 17,1, in Svezia al 17%): in Italia e’ al 2,3 per cento. I1 Paese puo’ sperare soltanto nella sua parte femminile: in ogni fascia di eta’ e per ogni ordine di scuola le femmine sono piu’ dei maschi e hanno risultati scolastici migliori. Su cento coetanei le ragazze diplomate sono l'83%, i ragazzi il 76 per cento. Spendiamo troppo poco per l'istruzione? Non e’ affatto vero. Ma spendiamo male: anzi, di male in peggio. L'Italia dedica all'istruzione il 4,5% del Pil: quanto il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda e piu’ dell'Olanda (4,3%). Ma, attenzione! La spesa annua per allievo, espressa in «dollari a parita’ di potere d'acquisto» (misura di riferimento nei confronti internazionali), e’ molto elevata nella scuola, molto bassa all'universita’. Spendiamo 5.771 unita’ per alunno dell'asilo, 5.973 alle elementari, 7.89 alle medie, 7.308 alle superiori. La Finlandia, Paese che ha ottimi risultati scolastici, spende rispettivamente 3.944 unita’, 4.317, 6.737, 5.641. La ragione? E’ ovvia: i docenti italiani, con una media di soli 10 allievi a testa, sono i piu’ numerosi del mondo. La situazione si capovolge all'universita’, che in tutto il mondo si chiama istruzione superiore. Noi all'istruzione "superiore" dedichiamo - per studente - somme tra le piu’ basse del mondo: non per nulla siamo al quart'ultimo posto nei Paesi Ocse. Gli Usa spendono piu’ di 20mila dollari all'anno per studente universitario, la Svizzera 18.450, la Svezia piu’ di 15mila, noi poco piu’ di 8mila. Nel 2002 le spese per la scuola materna sono aumentate del 32,8% rispetto al 2001, e ne siamo ben contenti. Ma e’ preoccupante che nello stesso arco di tempo le risorse dedicate all'universita’ siano diminuite dell'8,2 per cento. A.CAS. ___________________________________________ L’Unione Sarda 11 dic. ’03 ALLARME ROSSO ALL’UNIVERSITA’: «SI VA VERSO LA CRISI» Denuncia del preside di Scienze: fondi ridotti all’osso, ricerca in difficolta’, didattica a livello liceale Un’Universita’ che mortifica la ricerca e deve risparmiare sulle telefonate ha un futuro breve e cupo. La denuncia arriva dalla facolta’ cagliaritana di Scienze, che ieri ha diramato una nota a firma del preside Roberto Crnjar. Nel 1999, quando il docente assunse la presidenza, dichiaro’: «Mi prefiggo di portare avanti la riforma didattica cosi’ potentemente spinta dal rettore». Quattro anni piu’ tardi i toni sono completamente diversi, smorzati dalla riforma dell’istruzione accademica e dai tagli drastici ai budget degli atenei. Nel documento di Crnjar la facolta’ di Scienze matematiche, fisiche e naturali «esprime preoccupazione per lo stato in cui versa l’Universita’ italiana, e quella di Cagliari in particolare, in un momento particolarmente delicato in cui gli Atenei sono nel mezzo dell’attuazione di una complessa riforma degli ordinamenti didattici che incude anche l’avviamento delle lauree specialistiche». Scienze matematiche - come gia’ fece Scienze politiche mesi fa, denunciando i problemi di bilancio e di sviluppo attraverso un dibattito tra professori e studenti - riprende le preoccupazioni gia’ espresse dalla Conferenza dei rettori italiani, e sottolinea «i pesanti effetti nella vita quotidiana degli atenei dovuti alla continua progressiva riduzione dei fondi per l’universita’». Secondo il documento c’e’ una specificita’ sarda e cagliaritana anche nelle ristrettezze in cui si dibatte l’istruzione accademica: «A Cagliari l’Amministrazione invita persino a ridurre i consumi energetici e le chiamate telefoniche. E si aggravano le carenze negli interventi a sostegno del diritto allo studio con, ad esempio, una drammatica carenza negli alloggi che si riflette sulla frequenza dei corsi. Tutto cio’ mentre l’unico messaggio governativo richiama le Universita’ alla necessita’ di sottoporre il proprio operato a procedure di valutazione: una vera provocazione, quasi l’efficienza dipendesse solo dall’impegno dei docenti e ricercatori. Questi problemi, comuni a tutte le Universita’ e a tutte le facolta’, assumono un carattere di vera emergenza per gli atenei del Meridione e per le facolta’ scientifiche». A suonare particolarmente irritante e’ l’invito del governo ad aumentare la produttivita’, mentre i mezzi per alzare la qualita’ della ricerca e dell’insegnamento vengono lesinati tanto da costringere i professori a slanci di volontariato: «Se i docenti si attenessero ai loro compiti - accusa Crnjar - e se i gruppi di ricerca non sopperissero con i loro scarsi mezzi alle carenze citate, i laboratori sperimentali sarebbero chiusi da tempo». E a proposito della ricerca, il panorama e’ desolante: quella di base «e’ abbandonata», e mentre si proclama «l’inscindibilita’ del binomio didattica universitaria - ricerca scientifica, tutte le scelte vanno in direzione opposta. Cio’ condanna gli atenei a svolgere una didattica sempre piu’ liceale, e condanna soprattutto le lauree triennali allo scadimento». E se i problemi sono nazionali, le responsabilita’ sono anche locali: il preside di Scienze conclude il suo j’accuse ricordando che «la Regione Sardegna non ha ancora provveduto a discutere i disegni di legge volti a recepire le variazioni costituzionali che prevedono un forte impegno delle Regioni nel finanziamento della ricerca». ___________________________________________ La Stampa 10 dic. ’03 UNIVERSITA’ ITALIANA, ECCO LA CURA DATI ALLARMANTI IN Italia abbiamo 74 Universita’ e Politecnici con un milione e 800 mila iscritti. I dati neutri finiscono qui. Gli altri sono una condanna per il nostro sistema universitario: 770 mila iscritti fuori corso (40 per cento del totale), tempo medio per ottenere la laurea 7-8 anni, quasi il 60 per cento di abbandoni, 155 mila laureati nel 2002, cioe’ soltanto tre ogni docente di ruolo (sono 55 mila, ai quali se ne aggiungono 15 mila a contratto). Come cornice, insufficienti risorse per garantire il diritto allo studio a chi lo merita, scarsita’ di corsi finalizzati a precise (e richieste) figure professionali, un’eta’ media dei docenti molto alta, finanziamenti nettamente al di sotto della media europea, la ricerca che langue rendendo cosi’ sempre piu’ debole anche la didattica. Il quadro esce dal Quaderno «Universita’ italiana, universita’ europea?», una ricerca della TreeLLLe, associazione non profit apartitica e agovernativa presieduta da Umberto Agnelli e Attilio Oliva con l’obiettivo di migliorare la qualita’ dell’«education» nell’ampio senso anglosassone di questa parola. La conclusione e’ che, mentre in tutti i paesi sviluppati cresce fortemente la domanda di formazione terziaria (circa un giovane su due approda all’universita’ e un terzo della popolazione tra i 25 e i 34 anni ha una laurea), i nostri atenei non tengono il passo dei partner europei, con gravi rischi per la nostra capacita’ di competere in ogni campo culturale, e quindi per la nostra economia. Non ci si limita pero’ a lamentare i sintomi della malattia universitaria italiana. Il «Quaderno» fa diagnosi precise e propone rimedi. Cinque sono i nodi strategici individuati: 1) il governo del sistema delle universita’, e quindi il ruolo del Ministero; 2) il governo di ateneo; 3) le risorse finanziarie; 4) il rapporto tra universita’ e sistema scolastico; 5) il reclutamento, i diritti e i doveri del personale. Su quest’ultimo punto il rapporto di TreeLLLe rimanda a un futuro approfondimento. I primi 4 punti invece vengono affrontati in modo molto concreto. In tema di governo, si propone un ministero che fissi gli obiettivi strategici e distribuisca risorse con incentivi e disincentivi, avendo come riferimento la Conferenza dei Rettori e come strumento di controllo un’Agenzia nazionale di valutazione, cioe’ una autorithy indipendente che giudichi i risultati della ricerca e della didattica dei vari atenei, in modo da garantire le risorse ai migliori; all’Agenzia si dovrebbe affiancare un «sistema di accreditamento» dei corsi di studio, per una verifica periodica dei requisiti, a tutela degli studenti. A livello di ateneo si propone di superare l’attuale confusione di poteri, che spesso porta a impotenza decisionale: l’ateneo deve diventare piu’ «responsabile» e trasparente con un rafforzamento della figura del rettore (espressa ovviamente con le massime garanzie democratiche) e ruoli precisi per un Consiglio di Ateneo con un numero ridotto di membri e per il Senato Accademico. Quanto alle risorse, il Rapporto muove dal dato attuale: lo 0,8 del Pil (prodotto interno lordo) investito nell’istruzione terziaria, cifra inferiore di un terzo rispetto alla media europea (1,2%), gia’ largamente inferiore all’investimento degli Stati Uniti (2,3%). La proposta e’ salire gradualmente all’1,2% passando dagli attuali 10 miliardi di euro a 15. A cio’ si dovrebbero aggiungere la capacita’ degli atenei di attirare investimenti e una gestione piu’ economica. Infine, contro la fortissima dispersione (60% di abbandoni) TreeLLLe propone una collaborazione «con pari dignita’» tra universita’ e sistema scolastico nell’orientamento degli studenti, nella formazione e moblita’ degli insegnanti e nella ricerca didattica. Di questi temi si discutera’ il 16 dicembre, ore 15,30, nell’aula magna dell’Universita’ di Torino (info: tel. 011-564.513). Interverranno Thomas Alexander (Ocse), Giuseppe De Rita e i rettori degli atenei piemontesi. L’obiettivo e’ inserire a pieno titolo gli atenei italiani nel contesto europeo, secondo gli intenti della Dichiarazione della Sorbona (1998) e della Dichiarazione di Bologna (1999) che puntano a una convergenza dei sistemi universitari nazionali. p. bia. ___________________________________________ L’Unione Sarda 13 dic. ’03 DIMEZZATI I FONDI PER LA RICERCA: PER GLI STUDENTI SARA’ UNA STANGATA La mannaia del Governo si abbatte sull’ateneo sassarese, e a farne le spese saranno gli studenti e l’attivita’ di ricerca. I tagli finanziari decisi a Roma costringono l’universita’ ad aumentare le tasse d’iscrizione: dal prossimo anno studiare a Sassari costera’ molto di piu’. Per recuperare altri fondi, il Senato accademico ha anche dimezzato le risorse da destinare alla ricerca: si e’ passati dal milione e 200mila euro dello scorso anno, ad appena 500mila per il 2004. Non certo per colpa dell’ateneo, ma per mancanza della linfa vitale: i soldi. Il Governo ha chiuso la ricerca scientifica nell’angolo, e picchia duro. La decisione del Senato sassarese non e’ definitiva, insieme con le altre voci del bilancio, dovra’ prima passare al vaglio degli altri organi accademici. Ma le possibilita’ di fare marcia indietro sono davvero poche. In questi giorni la Commissione finanze dell’ateneo ha quasi perso il senno nel disperato tentativo di far quadrare i conti. Poi si e’ arresa, stringere la cinghia: questa e’ diventata la parola d’ordine da un paio d’anni a questa parte. E con grande rammarico a restare strangolata da tanta parsimonia forzata, sara’ la ricerca. Da sempre vittima sacrificale del sistema universitario italiano, la ricerca e’ costretta ancora una volta a chinare il capo, e avviarsi verso l’ennesimo patibolo. Non e’ sufficiente a fare cambiare rotta ai governi nazionali la cronica fuga di cervelli, non sono sufficienti due anni ad assunzioni bloccate in tutti gli atenei e per ogni ordine di incarico: per ricercatori, docenti, e personale tecnico amministrativo i tagli continuano. Ieri l’allarme e’ stato rilanciato dalle organizzazioni sindacali Cnu, Snur, Cgil e Cisl nella facolta’ di Veterinaria di Sassari. Nell’aula consiliare sono intervenuti Bachisio Carta della Cgil, Valentino Petruzzi e Sergio Sergi rispettivamente vice presidente nazionale e segretario provinciale del Cnu, il sindacato dei docenti universitari. La sede del dibattito non e’ stata scelta a caso: Veterinaria, infatti, e’ diventata l’emblema di come la mancanza di risorse economiche possa uccidere la ricerca. Veterinaria aspetta da anni un nuovo ospedale, un mattatoio, e finanziamenti per nuove assunzioni. Senza strutture e personale la facolta’ retrocederebbe nella serie B delle strutture europee, e i suoi laureati non verrebbero riconosciuti nel resto dell’Europa. Vincenzo Garofalo ___________________________________________ L’Unita’ 12 dic. ’03 S.AGNELLI«SULLA RICERCA LO STATO DICE. E POI NON FA» Susanna Agnelli presidente di Telethon Da oggi maratona tv per raccogliere fondi per la ricerca sulle malattie genetiche. L'anno scorso donati piu’ di 23 milioni di euro Maristella lervasi ROMA «Che vergogna! invitare la gente a non guardare la televisione nel week- end, nei giorni della maratona televisiva di beneficienza». Susanna Agnelli, presidente Telethon, interviene cosi sullo sciopero del telecomando, promosso dall'associazione culturale milanese "Esterni" per far crollare gli indici di ascolto e accusa: «Evidentemente e’ gente insensibile che non usa la testa ed e’ anche di poca cultura». La raccolta dei fondi per la ricerca delle malattie genetiche avviene infatti da 14 anni sempre nella stessa data: «l'Italia intera lo sa - precisa Agnelli -. Ma si informino invece di tagliare le gambe ad una delle pochissime iniziative per la ricerca». Trentasei ore consecutive di spettacolo, storie vere, collegamenti in diretta da piazze italiane, scienziati, vip e personaggi famosi per la raccolta di fondi da destinare alla ricerca genetica: da oggi alle 14.10 su Raiuno, fino alle 0.30 del mattino di domenica - e condotta in diretta dal Teatro delle Vittorie di Roma da Milly Carlucci. Come sempre saranno le reti Rai ad ospitare la popolare trasmissione, ma Telethon 2003 potra’ contare anche sull'aiuto di Super Quark e di una maratona parallela delle reti radiofoniche Rai. Presidente, avete "disperatamente" bisogno di soldi e lei stessa ha lanciato un appello alla generosita’ degli italiani. Ma lo Stato, si occupa della ricerca? «Lo Stato dice che fa e invece non si muove. Bisogna far rientrare gli scienziati: noi ne abbiamo fatti tornare piu’ di cento» E lo Stato? «Il nostro si sa, e’ un paese strano». Perche’ strano? «Fa un gran parlare e poi fa il contrario di quello che viene detto: ecco il nostro paese! E’ capace solo di dire tante belle parole ma agli scienziati che sono all'estero non offre nulla. Basterebbe invece proporre le stesse prospettive e magari lo stesso stipendio per farli tornare da fuori». Maratona televisiva, sciopero del telecomando permettendo. Vi siete dati un obiettivo in termini di fondi? «Non ce lo poniamo mai, speriamo bene. Vogliamo informare gli italiani su cosa sta facendo la ricerca e invitarli a donare. E il modo migliore e’ quello di farli pensare. Per quanto riguarda lo sciopero della televisione dico gentilmente che aver scelto gli stessi giorni di Telethon e’ a dir poco bizzarro. Ma e’ nello stesso tempo vergognoso, insensato e quasi un insulto invitare i telespettatori a spegnere la televisione, perche’ donare a Telethon vuol dire investire nella ricerca, quindi nel futuro dei nostri figli. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti». Cosa vuole dire? «Telethon e’ conosciuta per la sua serieta’. Pubblichiamo i nostri bilanci e spieghiamo alla gente dove vanno i loro soldi. Scegliamo i ricercatori per la loro eccellenza e siamo riusciti a farne tornare molti in Italia. Ma questo costa tanto. E lo Stato poco se ne occupa. Non si creda che, perche’ siamo bravi, non abbiamo bisogno di soldi: ne abbiamo un bisogno disperato». L'anno precedente che somma avete raccolto? «Abbiamo raccolto 23.276.233 curo. Un record. Che speriamo di battere». ___________________________________________ Corriere della Sera 12 dic. ’03 E ORA SCOPPIA LA «GUERRA DEL CNR» RICERCA & POLEMICHE • Ha 80 anni. Un progetto del Governo lo vorrebbe cambiare. Ma gli scienziati... di GISELLA DESIDERATO Competitivita’ comunitaria. Anzi, internazionale. E' questo l'imperativo di chi sta lavorando per creare il nuovo Cnr. Un obiettivo che si traduce in alleanze: con le istituzioni pubbliche e con i1 privato. Per riuscirci bisogna riorganizzare, razionalizzare, valorizzare. Ma anche cambiare. Forse stravolgere. Qualcuno teme due derive: una troppo aziendalistica, l'altra piu’ «politica».-E c'e’ una speranza. Che ha uno sguardo piu’ profondo. E gia’ vede i contorni della Citta’ della scienza: un punto di incontro e propulsione della cultura scientifica. Una piazza Aldo Moro a Roma che ospiti Cnr, Enea, Asi, Istituto di ricerca della Lombardia, e quanti altri vogliano partecipare al «gotha» della scienza. A stabilire che il Cnr, che nel 2003 ha compiuto 80 anni, dovesse essere riformato e’ stato il governo con il decreto legislativo del giugno scorso. Il compito di guidare la fase transitoria e’ stato affidato a un commissario straordinario: Adriano De Maio, rettore Luiss. Che a sua volta ha delegato alcune funzioni a tre professori: Roberto de Mattei, Fabio Pistella e Giorgio Recchia. Tutti hanno altri sei mesi di tempo (12 in tutto) per creare i presupposti che rendano operativa la riforma. Vuol dire: analizzare lo status quo dell'ente, riorganizzare l'attivita’ stabilendo concretamente «chi fa che cosa» con regolamenti che potranno essere approvati dal Miur. A1 termine dell'iter il Cnr, per ora del futuro, si trasformera’ in presente. La novita’ si chiama «dipartimento». Un'unita’ cui faranno capo una serie di istituti (oggi sono 107) raggruppati per macro-aree. Tante le attivita’ di sua competenza: coordinare la ricerca in un settore con particolare attenzione alle ricadute industriali, stipulare accordi o convenzioni con altri enti pubblici o privati, anche all'estero, valorizzare l'attivita’ di consulenza «imparziale» verso pubbliche amministrazioni dietro compenso. E, in futuro, puntare sui «progetti integrati». I commissari sono al lavoro anche per stabilire il numero dei dipartimenti. Ma e’ probabile che siano 12. Di sicuro non meno di 8: tante sono le macro-aree indicate dal decreto. Si tratta di una vera rivoluzione. De Maio parla di «massa critica», cioe’ di «forze che operano in uno stesso settore che si uniscono e vengono coordinate». I dipartimenti costituiranno la rete scientifica dell'ente: saranno l'articolazione del Consiglio scientifico, che sostituira’ il Comitato di consulenza scientifica del vecchio Cnr. «Si tratta di organi del tutto diversi anche se entrambi con funzioni consultive - spiega il sub-commissario Recchia - Il nuovo Consiglio sara’ inserito in una dimensione comunitaria. I dipartimenti che lo compongono, infatti, coordineranno l'attivita’ tanto a livello interno quanto internazionale. Soprattutto europeo». Le nuove «unita’» sono la sintesi di un nuovo modo di intendere il Cnr. «Il precedente Cnr - aggiunge Recchia - guardava molto al suo interno. Quello nuovo, al contrario, vuole acquisire una capacita’ scientifica che gli permetta di dialogare e competere con gli enti internazionali omologhi». Ma gli scienziati sembrano meno entusiasti. «L'impressione e’ che si vogliano raggruppare gli istituti per fare ricerca applicata, che e’ frutto di quella pura. Quest'ultima andrebbe potenziata - accusa Margherita Hack - La ricerca non e’ industria. Serve all'industria». «Uno degli obiettivi e’ riorganizzare il Cnr secondo un sistema meritocratico - spiega De Maio - che da’ importanza tanto alle ricadute industriali quanto alla capacita’ di generare». Sullo sfondo rimangono altre due diverse speranze. Una di De Maio: trasformare l'attuale sede del Cnr nel Palazzo della scienza. L'altra del governo: creare Kit, il nuovo MA ___________________________________________ Il Sole24Ore 10 dic. ’03 QUELLA FUGA CHE FA BENE AI CERVELLI La borsa di studio Marco Fanno, creata 40 anni fa, consente ai ricercatori in economia di vivere all'estero un'esperienza importante - E lo scambio internazionale rafforza i dottorati italiani DI GIORGIO BARBA NAVARETTI Evviva la fuga dei cervelli! Che altro sr puo’ pensare scorrendo la lista di chi ha vinto le borse di studio Marco Fanno negli ultimi quarant'anni? Istituite nel 1963 dal Mediocredito Centrale (oggi Mcc) per volonta’ dell'allora presidente Giannino Parravicini, le borse di studio furono un primo riconoscimento del valore dell'economista trevigiano (nato a Conegliano nel 1878 e morto a Padova nel 1965) che nei suoi numerosissimi . saggi ha approfondito la finanza pubblica e l'economia politica. Docente di Scienza delle finanze, fu socio dell'Accademia dei Lincei e membro dell'Econometric society. Le «Marco Fanno» (con le altre borse finanziate da Mcc dedicate a Carlo Orsi e a Guido Carli) hanno permesso a due generazioni di economisti, manager e grand commis di svolgere i propri studi post-laurea nelle migliori universita’ del mondo: 248 persone, che hanno trascorso uno, due, cinque anni, all'estero, chi per fare un master in Business Administration, chi per fare un Phd e chi solo per annusare aria nuova e poi cambiare vita. Alcuni di questi sono rimasti, quasi tutti sono tornati e certo non si puo’ dire che non abbiano fatto carriera. Il primo della lista e’ Michele Salvati, che non credo gioisca per aver compiuto quarant'anni di professione, ma certamente non ha tradito il patto con il diavolo che fece vincendo la borsa: andare a Cambridge per abbandonare la giurisprudenza e diventare economista, A lui segui’ Mario Draghi, che con la «Marco Fanno» ando’ a’ fare un Phd con Modigliani al Mit. Poi, negli anni, Gabriele Galateri a Columbia e Ignazio Visco, Alessandro Penati, Claudio Dematte’, Mario Greco Gianpaolo Galli, Stefano Micossi e molti altri ancora. I 248 sono ormai un'associazione, presieduta da Mario Draghi e coordinata dall'instancabile Anna Maria Natale, che oggi gestisce le borse, ancora generosamente finanziate da Mcc. Il quarantennale e’ una buona occasione per capire come le «Marco Fanno» siano state e siano tuttora fondamentali nel formare la nostra classe dirigente nella ricerca, nelle istituzioni e nel business. In questi ultimi mesi si e’ molto ' discusso del problema della fuga dei cervelli e di come incentivarne il ritorno. Allora, si chiedera’ qualcuno, che senso ha sussidiare la loro partenza, come appunto fa la «Marco Fanno»? In tempi di scarsita’ di risorse, non sarebbe meglio investire queste risorse sui dottorati e cosi’ tenere i nostri ricercatori in Italia? Senza dubbio, no. Facciamo due conti. Chi si fosse appena laureato e volesse continuare gli studi in economia all'estero, consultando attentamente internet troverebbe bandi per circa v 35-40 borse di studio post-laurea in materie ~ economiche. Oltre alla Marco Fanno (che i ne bandisce sei), le borse storiche sono la ; Menichella, la Stringher e la Mortara della ~ Banca d'Italia, le borse della Fondazione Einaudi di Torino, del San Paolo di Torino ~ (un tempo l'Istituto Bancario, oggi la Compagnia), dell'Ente Einaudi di Roma e infine la FLillbright per gli Stati Uniti. . A queste bisogna aggiungere alcune borse recenti e quelle; c-oncesse dagli atenei italiani, piu’ o meno un'altra ventina: in tutto, 60 circa. In media il costo di una ' borsa e’ circa di 25mila curo. Complessivamente un milione e mezzo d. curo con cui si potrebbero istituire 143 nuove borse di dottorato italiano (10.500 euro lordi ciascuno). Il numero attuale di iscritti al primo ' anno dei dottorati in Scienze economiche e statistiche e’ circa 500 (inclusi i corsi di statistica e di management che sono maggioritari). Se usassimo le borse estere per i dottorati, potremmo aumentare del 30% il numero di posti. Il problema si pone soprattutto oggi. Un tempo, un italiano che avesse voluto continuare a studiare non aveva altra scelta che andare all'estero. Ma oggi, per fortuna, non e’ piu’ cosi’. Almeno in economia, tutti i dottorati hanno corsi di uno o- due anni con modelli che si avvicinano sempre piu’ a quelli americani. Si e’ capito che i dottorati attivi sono un passo essenziale del processo di rafforzamento delle nostre universita’. Allora, perche’ non e’ una buona idea dirottare sull'Italia le borse estere? Ci sono tre ottime ragioni per augurare almeno altri cent'anni alla «Marco Fanno» cosi’ com'e’, sperando anzi che cresca. Primo, per quanto migliorino, i nostri dottorati sono ancora ben lontani da quelli delle migliori Universita’ americane e inglesi: Secondo, il rafforzamento dei nostri dottorati avviene attraverso un processo di integrazione e scambio internazionale. Chi ha studiato all'estero, se torna permette di rafforzare questi contatti: invitando docenti, creando opportunita’ di scambio’ con le universita’ dove ha studiato e comunque essendo parte del dibattito internazionale. L'ambito di ricerca di un giovane ricercatore oggi e’ il mondo, ovunque sia il suo posto di lavoro. Terzo, queste borse sono grandi strumenti di liberta’, allargando per i piu’ bravi le possibilita’ di scelta. Quasi tutte le borse italiane non chiedono nulla in cambio, mentre in molti altri Paesi chi ottiene una borsa e’ poi obbligato a tornare a lavorare da chi la elargisce. Dunque, se un tempo le borse estere sostituivano un percorso di formazione nazionale, oggi lo integrano e lo spingono verso un sistema di eccellenza internazionale. Certo, e’ importante non perdere i cervelli per sempre. E per continuare a far si’ che i nostri migliori tornino, bisognerebbe adottare gli stessi criteri di eccellenza della Marco Fanno: un ambiente di lavoro di primo livello, selettivo e senza l'assillo della pagnotta. Temo che siamo ancora lontani ___________________________________________ Il Sole24Ore 11 dic. ’03 BANCA DATI EUROPEA PER LA MOBILITA’ DEI RICERCATORI Un marketplace europeo per la mobilita’ dei ricercatori. E’ questa la funzione del portale, creato dalla Commissione europea, che e’ stato presentato la scorsa settimana a Roma nell’ambito delle iniziative per il semestre italiano di presidenza Ue e che e’ disponibile online all'indirizzo Internet www.europa.eu.int/eracareers/index en.cfm (nell'immagine). Attraverso il portale i ricercatori potranno inserire il proprio curriculum vitae in una banca dati e conoscere le offerte di collaborazione proposte dai piu’ importanti centri europei di ricerca. La ricerca puo’ essere effettuata sia da chi cerca un'occupazione sia da chi e’ a caccia di una borsa di studio per le proprie ricerche. ___________________________________________ MFPersonal 10 dic. ’03 IN FRANCIA IL FUTURO DELLA RICERCA E’ IN PERICOLO, MANCANO GLI STUDENTI Universita’ II numero di iscritti alle facolta’ scientifiche continua a calare. E le preoccupazioni aumentano di Galeazzo Santini I n Francia si moltiplicano i rapporti, le inchieste e le ricerche che sottolineano i pericoli derivanti dalla disaffezione dei giovani nei riguardi delle materie scientifiche e ci si chiede se, quanto prima, in questo campo risultera’ difficile trovare ricercatori e professori. Questo declino nei settori scientifici costituisce una specie di bomba a orologeria per la ricerca pubblica e privata, che nei prossimi dieci anni dovranno rinnovare la meta’ del loro personale. I numeri relativi alla formazione universitaria sono estremamente preoccupanti: nel primo ciclo di studi tra il 1995 e il 2000 la diminuzione degli iscritti nelle facolta’ di fisica e chimica e’ stato del 46% e del 27% nelle scienze biologiche. In Francia, dove si afferma che «quando le scienze vengono abbandonate il paese e’ in pericolo», il fenomeno e’ considerato molto grave, ma anche molto complesso, dato che a spiegarlo non basta certo la sola mancanza di adeguate prospettive professionali. Secondo gli esperti, bisogna risalire a una generale disaffezione di tutta la societa’ per le scienze, che non trovano una giusta collocazione nella cultura comune: non si sono integrate perche’ hanno perso la loro aura di mistero. Oggi in Francia chiunque puo’ dichiarare tranquillamente la propria ignoranza per le complessita’ del Dna o per le mitiche particelle elementari di Higgs, senza paura di dire delle sciocchezze. Mentre nessuno si azzarderebbe ad ammettere di non conoscere Victor Hugo o di non aver mai letto Baudelaire. ___________________________________________ Repubblica 12 dic. ’03 CHI COPIA DI PIU’ TRA STUDENTI E PROFESSORI? LAURA MAGNA Tutti gli anni, a luglio, si ripete il rito. Migliaia di diciottenni prendono posto, l'ultima volta nella loro vita, ai banchi di scuola per sostenere l'amato/odiato esame di maturita’. E ogni volta, almeno mezz'ora prima che si aprano ufficialmente le buste con i temi delle prove d'esame, su Internet gia’ viaggiano soluzioni integrali e traduzioni di scritti in greco antico. I maturandi possono fotocopiare in miniatura le anteprime per la loro «cartucciera», senza pesi superflui. Tanto per adeguarsi allo stile dei loro omologhi Usa che nel 2001, secondo un sondaggio della Rutgers University, nel 50% dei casi hanno ammesso di aver preso dal web soluzioni o testi gia’ scritti. Nel 2002 i copioni sono aumentati. Salendo, secondo il Josephon Institute of Ethics, al 74 per cento. Cifre destinate a crescere, vista la dilagante pigrizia delle menti e il proliferare di siti che istigano alla copiatura. Per arginare , il fenomeno, il 12% delle high school americane ha deciso di adottare Turzútin.com, un software capace di smascherare i plagi, confrontando le opere realizzate dagli alunni con tutta la folta biblioteca della Rete. Nel College of Computing di Atlanta, gli scritti in codice di programmazione degli studenti di informatica vengono passati al vaglio del programma. Un professore dell'Universita’ della Virginia ne ha creato una versione speciale, che segnala il plagio ogni volta che incontra frasi con almeno sei parole identiche. I sistemi di prevenzione hanno pero’ un limite: non sanno riconoscere le parafrasi. Di fatto, per raggirarli, basterebbe cambiare le parole. Ma quanti lo fanno? Gli studenti sono invitati a stare _all’erta. D'altra parte, il plagio non e’ un'esclusiva degli scolari. Chissa’ cos a’ accadrebbe nell universita’ se si permettesse a Turnitin.com di scandagliare l'immensa produzione dei docenti. Meglio, forse, non saperlo. ___________________________________________ Corriere Della Sera 12 dic. ’03 UNIVERSITA’, BLAIR SI GIOCA TUTTO Laburisti in rivolta contro il premier, che vuole introdurre la riforma delle tasse Altichieri Alessio DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA - E' gia’ al tramonto la trionfale avventura di Tony Blair? Tutto passa, anche Churchill e la signora Thatcher furono defenestrati senza complimenti da una Gran Bretagna che non ha pieta’ politica, eppure stupisce come Blair, il premier che ha reinventato il laburismo, rischi d' improvviso di essere messo alla porta dal suo stesso partito. Ha deciso che il suo destino dipende dalla riforma delle tasse universitarie, una questione in fondo minore per l' uomo che ha sfidato mezzo mondo per fare la guerra in Iraq. Ma una questione che tocca direttamente le tasche delle famiglie, e percio’ puo’ essergli fatale come la poll-tax, la tassa sulla testa d' ogni suddito, fu fatale alla Thatcher. La Londra politica che s' era abituata a credere Blair indistruttibile, sicura che avrebbe vinto un terzo mandato a Downing Street, s' interroga stupefatta: se la cavera’ ancora una volta, o ha perso il polso della nazione? Chissa’, forse il clima d' emergenza politica e’ aumentato da quando Blair ha fatto ricorso, due volte in poche settimane, ai medici: prima per un' aritmia cardiaca (stress?), poi un dolore allo stomaco (tensione?). O forse e’ il premier stesso, spinto dall' esempio thatcheriano a governare a colpi di sfida all' opinione pubblica, a voler alzare la temperatura. Di certo, tutto e’ successo in pochi giorni, da quando la regina Elisabetta, leggendo ai Lords in ermellino il programma di governo per l' anno a venire, ha annunciato la legge sulle tasse universitarie. Se ne parlava da un pezzo, ora s' e’ capito che Blair fa sul serio: «Quest' importantissima riforma e’ portabandiera» per il governo, ha spiegato il premier, «e non ci sara’ alcuna marcia indietro». E poi, se qualcuno non avesse capito, ha aggiunto: «E' ovvio che ne vada di mezzo la mia autorevolezza». Insomma, e’ in ballo il suo ruolo di premier. E qui e’ successo quello che molti pronosticavano. I deputati laburisti, che pure avevano assentito alla guerra in Iraq che non volevano, che avevano votato le limitazioni alla liberta’ civili per colpa del terrorismo, che s' erano perfino lasciati convincere a una minima privatizzazione nel servizio sanitario nazionale, la vacca sacra del laburismo, si sono rivoltati. Hanno steso una mozione contraria alla legge voluta da Blair, e le firme si sono moltiplicate: subito una settantina, poi piu’ di cento, infine oltre 150. Sommati alle opposizioni, che gia’ sentono l' odore del sangue in quell' arena politica che sono i Comuni, i ribelli sono piu’ che sufficienti a battere il governo. Percio’ Blair ha preso tempo e ha rinviato il voto a gennaio: per convincere i riottosi, non per insabbiare la legge. Sara’ durante la pausa di Natale che si disputera’, deputato per deputato, la sopravvivenza politica di Blair. Il bello e’ che la riforma, benche’ sembri «donchisciottesca» e sia osteggiata dai conservatori con «un cinismo da lasciare senza fiato» (parere dell' Economist), e’ condivisa quasi da tutti, come conferma perfino un sondaggio del Times. Blair parte da un dato di fatto: le universita’ inglesi, come tutte le universita’ europee, non reggono il confronto con quelle americane. Questione di finanziamenti, non di cervelli, perche’ cio’ che manca sono i fondi per attrarre i migliori docenti: una concorrenza, tra atenei di lingua inglese, che si sente piu’ qui che sul continente. Ci vogliono piu’ soldi perche’ le nuove generazioni dovranno competere con la sfida che viene da Oriente: se l' Italia della piccola industria teme la Cina, la Gran Bretagna dei servizi e’ incalzata dall' India, dove ogni settimana trasmigrano migliaia di posti di lavoro, in aziende di software e call center. Ma dove andare a prendere questi soldi? Blair ha la risposta: nelle tasche di chi si laurea. Si fa cosi’ gia’ in diversi Paesi anglosassoni, dall' Australia agli Stati Uniti: lo Stato ti paga il corso universitario, ma tu dopo il diploma, quando cominci a lavorare e a guadagnare, gli rendi parte di quanto hai avuto. La somma che i laureati dovranno rimborsare (a rate, a partire da un reddito di venti o trentamila euro l' anno) e’ stata fissata da Blair in tremila sterline, cioe’ 4300 euro, per ogni anno d' universita’. E' anche una questione di equita’: perche’ la laurea di alcuni dovrebbe essere pagata da tutti i contribuenti? Perche’ chi si laurea, e ha un reddito superiore a chi resta indietro (calcolato nel 6 per cento annuo, piu’ di ogni investimento in Borsa), non deve pagare per il privilegio conquistato? Blair e’ convinto: non c' e’ altro modo di dare un futuro alle universita’ inglesi. Ma cio’ non elimina l' enorme scommessa politica: poiche’ oggi i figli di genitori professionisti sono l' 81 per cento degli studenti universitari, contro il 15 per cento di estrazione operaia, la riforma punirebbe proprio le classi medie, cioe’ i ceti per tradizione conservatori che erano, fin dall' origine, il terreno di conquista di Blair. Ora, forse per la prima volta, Blair fa davvero «qualcosa di sinistra», ed e’ un paradosso che proprio i deputati nostalgici dell' Old Labour gli si oppongano. Ma tant' e’: Blair s' e’ almeno conquistato l' appoggio di Gordon Brown, il cancelliere dello Scacchiere, cui lo lega un rapporto di concorrenza nella collaborazione, o amore-odio. Ma non e’ detto che cio’ gli basti a convincere i dissidenti, o almeno a dimezzarne il numero, per sopravvivere. Strabuzzandosi gli occhi, Londra si chiede se questo sara’ l' ultimo Natale con Tony Blair premier, o se e’ tutto un sogno. Alessio Altichieri 150 I LABURISTI che firmano la mozione contro la legge 4300 EURO da rimborsare per ogni anno d' universita’ 81 PERCENTUALE di studenti figli di genitori professionisti 6 PERCENTUALE in piu’ di reddito annuo per chi si laurea ___________________________________________ Il Messaggero 12 dic. ’03 I PREZZI CONSIP NON SARANNO PIU’ VINCOLANTI BATTAGLIA FRA AN E FORZA ITALIA Forniture alla pubblica amministrazione, ROMA Una storia iniziata cinque anni fa che ora pare destinata se non a concludersi a ridimensionarsi drasticamente. E’ quella degli acquisti on line della pubblica amministrazione, gestiti fin qui dalla Consip. Al termine di un aspro scontro al suo interno la maggioranza ha trovato un accordo su un emendamento che di fatto rende non piu’ obbligatorio, per le amministrazioni pubbliche, il ricorso alla societa’ del ministero dell’Economia. In questo campo la Consip (che opera anche come consulente informatico del dicastero) dovra’ d’ora in poi limitarsi a stabilire dei prezzi indicativi per le forniture. Le amministrazioni potranno anche rivolgersi all’esterno, ma dovranno giustificarsi qualora i prezzi effettivamente pagati si discostino dalle indicazioni. Ci sara’ invece completa liberta’ di azione per gli enti locali e per gli altri rami dell’amministrazione pubblica come le universita’. La Consip, messa in piedi dal centro-sinistra in seguito ad un’intuizione dell’allora ministro del Tesoro Ciampi, era stata anche per l’attuale governo, almeno nei primi tempi, un fiore all’occhiello. Simbolo di modernita’ ed efficienza della pubblica amministrazione. E aveva incrementato le proprie attivita’. Dalla gestione dei bandi di gara per determinate categorie di acquisti necessari alle amministrazioni (fotocopiatrici, telefoni, benzina) si era passati alle aste on line. Ma negli ultimi tempi gli acquisti in rete avevano scatenato anche molte polemiche. Con la Finanziaria 2003 l’obbligo di usare questo canale e’ stato esteso agli enti locali. I quali pero’ hanno iniziato a far presente di trovare spesso prezzi piu’ alti di quelli che avrebbero spuntato sul proprio territorio. E’ cresciuta anche la proteste delle piccole e medie imprese, che si ritrovavano escluse dagli appalti, e sostenevano invece di poter offrire condizioni piu’ favorevoli. Emblematica la vicenda dei buoni pasto per i dipendenti dei ministeri. Acquistati si’ a prezzi bassi, ma talmente bassi che l’azienda vincitrice ha pensato di rifarsi su bar e ristoranti aumentando le commissioni. Con il risultato che gli esercenti hanno preso a non accettare piu’ i ticket, a tutto svantaggio dei dipendenti pubblici. Ma il colpo finale e’ arrivato forse con lo scontro politico tra Forza Italia e An, che alla Consip aveva piazzato uomini di propria fiducia. Ieri la resa dei conti. L. Ci. ___________________________________________ Il Sole24Ore 9 dic. ’03 TRA INGEGNERI E INFORMATICI IL REBUS DELL'ALBO «RISERVATO» Resta preclusa l'iscrizione dei laureati ante-riforma Gli specialisti dell'It MILANO a Continua la polemica tra dottori in Ingegneria dell'informazione e laureati in Scienze dell'informazione e Informatica. I primi ribadiscono la contrarieta’ ad "allargare" l'Albo puo’ manifestando la volonta’ di porre fine alla querelle (si veda «Il So1e-24 Ore» del 29 novembre), mentre i dottori informatici rivendicano un ruolo nel "Terzo settore" dell'ingegneria, quello dell'informazione. La riforma dell'Universita’ ha, infatti, modificato l'Albo, istituendo tre diverse specializzazioni: civile e ambientale, industriale, dell'informazione. Per Alessandro Labonia, presidente Alsi (Associazione nazionale laureati in informatica), il problema e’ normativo: «Il Dpr 328/O1 ha cambiato il funzionamento degli Ordini, riscrivendo titoli di ammissione e modalita’ dell'esame di Stato, e consente solo ai laureati in scienze informatiche con nuovo ordinamento di far parte del settore dell'ingegneria dell'informazione; restano, invece, esclusi quelli del vecchio ordinamento». Tuttavia, sottolinea il presidente Alsi, in forza di un diritto acquisito e riconosciuto dalle norme, «nell'Albo degli ingegneri informatici sarebbero confluiti piu’ di 140mila colleghi "vecchi iscritti" e dalle piu’ svariate specialita’ - civili, meccanici, edili e chimici - laureati con iter universitario totalmente estraneo alle materie informatiche». Cosi, conclude Labonia, «per i 30mila laureati in informatica diventa difficile esercitare la professione per cui hanno conseguito la laurea e conservare le proprie competenze, pur vantando esperienza e un titolo di ammissione caratterizzante». Romeo La Pietra, vicepresidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, e’ disponibile a dialogare, ma tenendo salde alcune posizioni: «Si tratta di una situazione assolutamente transitoria per la quale l'entrata in vigore del Dpr 328/O1 rappresenta un correttivo. Prima della riforma, l'esame per gli ingegneri era unico e consentiva indifferentemente di optare per un ramo di specializzazione piuttosto che per un altro». Oggi, invece, le prove sono tre, corrispondenti ai tre diversi settori e a ciascun percorso formativo corrisponde un elenco distinto nell'Albo degli ingegneri. Secondo La Pietra, lo status attuale permesso ai nuovi iscritti non va esteso agli informatici con vecchia laurea; anzi, va trovata un'alternativa per entrambi: «Riteniamo che, per la differente matrice formativa rispetto agli ingegneri, altamente tecnica ma meno poliedrica, per gli informatici debba essere istituito un Ordine autonomo. In via del tutto subordinata si potranno discutere eventuali soluzioni all'interno dell'Ordine degli ingegneri, con la pregiudiziale, pero’, che la competenza degli informatici sia limitata alla sola informatica». Tesi che, quindi, sembrerebbe scartare a priori l'ipotesi di consentire all'intera categoria degli informatici di accedere all'Albo del terzo settore e che non considera ottimale la creazione di un elenco apposito, all'interno dell'Albo degli ingegneri dell'informazione. La soluzione dell'Albo ad hoc per gli informatici e’ sostenuta da Pierpaolo Degano che, come presidente, per quattro anni, del Grin (Gruppo di informatica) presso il Dipartimento di informatica dell'Universita’ di Pisa, ha seguito la vicenda dagli inizi. Il Grin e’ l'associazione che organizza, coordina e promuove le attivita’ di ricerca e didattica dei docenti universitari nel settore scientifico informatico e ingegneristico-informatico che operano nei corsi di studio riconducibili a Scienze e tecnologie informatiche: «La migliore conclusione - spiega Degano - che auspichiamo da anni e che da tempo abbiamo proposto al sottosegretario all'Istruzione, Maria Grazia Siliquini, e’ senz'altro quella di istituire un Albo ad hoc indipendente. E, solo in seconda battuta, l'inserimento nell'Albo degli ingegneri». CHIARA CONTI ================================================================== ___________________________________________ La Stampa 12 dic. ’03 FECONDAZIONE, PASSA LA RIFORMA TRA GLI SCONTRI LE NUOVE NORME VARATE IN SENATO CON I VOTI DEI CATTOLICI DEL CENTRO-SINISTRA. LA LEGGE DEVE TORNARE ALLA CAMERA I «bambini in provetta» solo all’interno della coppia con partner stabile ROMA Chi vuole ricorrere alla fecondazione assistita deve avere un partner “stabile”, essere in eta’ potenzialmente fertile, usare ovociti e spermatozoi di provenienza della coppia di cui fa parte, non avere malattie genetiche (perche’ non puo’ ricorrere alla fecondazione eterologa), non essere single, non essere gay. Il Senato approva i 18 articoli del provvedimento; con 169 si’, 90 no e 5 astenuti. Un lungo applauso della maggioranza ha sottolineato, ieri mattina, il voto in aula. Il disegno di legge sulla procreazione assistita, passato anche grazie ai voti dei cattolici del centro sinistra, torna ora alla Camera. Una tappa tecnica per spostare alcuni capitoli di spesa dal 2002 al 2003. «Con questa legge l'Italia si pone all'avanguardia in Europa nella difesa della vita nascente - commenta Francesco Giro, responsabile nazionale di FI per i rapporti con il mondo cattolico -. Meglio non si poteva concludere il semestre europeo di presidenza italiana». Ecco i contenuti principali della nuova legge. TUTELA DI NATO E NASCITURO. Si garantisce il diritto di nascere del concepito. I nati saranno figli legittimi della coppia o acquisiranno lo status di figli riconosciuti della madre o della coppia stessa. ACCESSO ALLE TECNICHE. Si ricorre alla fecondazione assistita solo quando e’ stata accertata l'impossibilita’ di rimuovere altrimenti le cause che impediscono la procreazione. La tecnica e’ riservata solo alle coppie «stabili», formate da persone maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi. Sono esclusi single e gay. CLONAZIONE UMANA. Si vieta la sperimentazione sugli embrioni. E’ possibile produrne non piu’ di tre per volta, il numero necessario a un unico e contemporaneo impianto. Sara’ possibile adottare gli embrioni congelati se non si conoscono i genitori biologici o non e’ stato chiesto il loro impianto da almeno tre anni. CRIOCONSERVAZIONE. E’ consentita solo quando il trasferimento nell'utero degli embrioni non e’ possibile per gravi e documentati problemi di salute della donna che non erano prevedibili. NO ALL'ETEROLOGA. La legge vieta la fecondazione con seme od ovuli di persone estranee alla coppia. I CENTRI. Gli interventi saranno eseguiti solo in strutture pubbliche o private autorizzate dalle Regioni e iscritte in un registro deciso dall'Istituto Superiore di Sanita’. I requisiti necessari ai centri verranno definiti con un decreto ad hoc. SANZIONI. Lo specialista paghera’ una multa da 300 mila a 600 mila euro se utilizza gameti estranei alla coppia, da 200 mila a 400 mila se pratica la fecondazione assistita a un single, un minorenne o a coppie dello stesso sesso. Se la struttura non e’ autorizzata, la sanzione arriva a 300 mila euro. Il commercio di embrioni o gameti e’ punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con multe da 600 mila a un milione di euro, i tentativi di clonazione con la reclusione da 10 a 20 anni e fino a un milione di euro di multa. La battaglia e’ appena cominciata. Antonio Del Pennino, repubblicano, leader dei laici del centrodestra, non commenta l'approvazione del Ddl, ma annuncia: «Avviero’ subito i contatti per la costituzione del comitato promotore per il referendum». Le parlamentari dei Ds, Pdci, Verdi e Prc promettono una manifestazione nazionale contro la legge per il 24 gennaio. A chi ha definito il provvedimento «una legge medioevale», il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, replica: «Non si puo’ concepire, come faceva Hitler, la razza perfetta e costruire un essere umano comprando i fattori della produzione con l'eterologa». Il senatore ds, Cesare Salvi, vede «risvolti politici molto chiari» dal voto odierno. «La Margherita - dichiara - ha sostenuto una posizione reazionaria, contribuendo ad approvare la legge piu’ reazionaria in Europa. A questo punto si apre un problema politico rilevante nel centrosinistra. La lista comune, quindi, va rimessa in discussione». Malabarba, capogruppo del Prc in Senato, spera nel referendum. E vede nel nuovo provvedimento una pericolosa avanguardia che prelude «alla ridiscussione della 194, la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza». Quasi a confermare i suoi timori, il senatore Giulio Andreotti osserva: «Vedo disarmonia tra la tutela ed il riconoscimento per gli embrioni e il fatto che fino a quattro mesi, legge sull'aborto, il concepito possa essere mandato al Creatore a norma di legge». ___________________________________________ Corriere Della Sera 11 dic. ’03 FECONDAZIONE ASSISTITA. IL DIBATTITO Le mosse della Chiesa e il successo «insperato» Grande soddisfazione per la compattezza dei parlamentari cattolici «Difficile immaginare un tale sostegno dal governo e dalla Margherita» Ruini, Betori e Fisichella i prelati piu’ impegnati nei contatti con i politici Il presidente della Cei ha bocciato le richieste piu’ intransigenti Accattoli Luigi ROMA - Nell' ambiente ecclesiastico c' e’ soddisfazione per l' approvazione al Senato - prevista per oggi - della legge sulla fecondazione assistita e i piu’ soddisfatti sono il cardinale Camillo Ruini e i vescovi Giuseppe Betori e Rino Fisichella: cioe’ gli uomini che maggiormente si sono esposti nel contatto con gli ambienti politici. La prima soddisfazione riguarda la compattezza mostrata dai parlamentari cattolici: tutti sono stati a favore della legge, a qualunque gruppo appartenessero, tranne i cristiano sociali, che fanno parte dei gruppi parlamentari diessini. E’ la seconda volta che, su una questione discriminante per l' appartenenza «visibile» alla comunita’ ecclesiale, i parlamentari cattolici esprimono una posizione convergente, al di la’ delle esigenze di schieramento: era gia’ capitato il 23 ottobre con il voto che boccio’, alla Camera, la proposta di legge sul divorzio veloce. Il precedente di ottobre aveva indotto gli ecclesiastici che seguono da vicino le vicende politiche a ben sperare per l' approvazione - senza modifiche - della legge sulla fecondazione assistita. Ma il risultato che si sta profilando va oltre le loro aspettative. «Era difficile - dice confidenzialmente al Corriere della Sera uno di questi ecclesiastici - immaginare la presa di posizione del governo a sostegno della legge e ancor piu’ quella della Margherita». Due sono le ragioni del risultato ottenuto dal pressing ecclesiastico, che nelle ultime settimane si e’ fatto sentire presso tutti i gruppi politici: la vicinanza delle elezioni (in primavera si terranno le Europee) e il carattere impegnativo, sul piano ideologico, della materia toccata da questa legge. Nessun gruppo nominalmente cattolico potrebbe presentarsi alle elezioni all' indomani di uno scontro frontale con la gerarchia, su un argomento sul quale questa si e’ pronunciata con tanta nettezza. Nessuno tranne i cristiano sociali, che forse ormai ritengono di non avere piu’ nulla da perdere su quel versante. Sono almeno cinque anni che il presidente della Cei, cardinale Camillo Ruini, batte sul chiodo della fecondazione assistita, facendo valere la necessita’ di una legge che eviti il «vuoto normativo», che «genera arbitrio». In vista delle elezioni politiche del 2001 il cardinale aveva elencato la «fecondazione medicalmente assistita, il rispetto integrale degli embrioni umani e il rifiuto della clonazione» tra i «contenuti e obiettivi» che avrebbero dovuto guidare il «discernimento» dell' elettore cattolico. L' urgenza di arrivare a una legge e’ stata fatta valere con forza dal cardinale nei confronti di ambienti cattolici tradizionalisti - minoritari ma combattivi - che si battevano perche’ venissero proposti, da parlamentari fiancheggiatori, emendamenti ulteriormente restrittivi, in quanto la dottrina cattolica, di suo, e’ contraria a ogni forma di fecondazione artificiale e a motivo dell' apertura di questa la legge alle coppie di fatto. La posizione intransigente era sostenuta anche da una parte del Movimento per la vita, ma non ha trovato udienza nel cardinale Ruini. A chi insisteva per avere un suo placet in quella direzione, il presidente della Cei ha fatto dire che una legge «imperfetta» era sempre meglio di «nessuna legge». Anche i vescovi Giuseppe Betori (segretario della Cei) e Rino Fisichella (rettore della Lateranense e «cappellano» di Montecitorio), che hanno accompagnato il lavoro del cardinale in vista di questa legge, si sono convinti che con l' attuale Parlamento «non si puo’ ottenere di piu’». Luigi Accattoli I PROTAGONISTI CAMILLO RUINI Nato a Sassuolo nel 1931, il cardinale Ruini e’ il vicario del Papa per la citta’ di Roma. Nel 1991 e’ stato nominato dal Pontefice presidente della Conferenza episcopale italiana. Da almeno cinque anni insiste sulla necessita’ di una legge per la fecondazione assistita GIUSEPPE BETORI Nato a Foligno (Perugia) nel 1947, e’ stato nominato segretario generale della Conferenza episcopale italiana nel 2001. Nello stesso anno e’ stato ordinato vescovo da Ruini. E’ convinto che con l' attuale parlamento sulla fecondazione «non si poteva ottenere di piu’» RINO FISICHELLA Vescovo ausiliare di Roma dal 1998, e’ rettore della Pontificia Universita’ Lateranense e «cappellano» di Montecitorio. E’ uno dei teologi italiani piu’ affermati. Come Ruini ritiene che, sulla fecondazione assistita, una legge «imperfetta» e’ sempre meglio di «nessuna legge» ___________________________________________ L’Unita’ 12 dic. ’03 NOBEL DULBECCO: IGNORATO OGNI ASPETTO SCIENTIFICO Reazioni: gli andrologi non sono stati nemmeno ascoltati, mentre dalla Sardegna associazioni e talassemici spediscano cartoline di protesta a Berluscnni ROMA Scetticismo, critica, netta opposizione. Cosi diverse voci del mondo scientifico accolgono il varo della legge sulla procreazione assistita. Dulbecco: e’ tutto un problema politico Interpellato dall'associazione Luca Coscioni, il premio nobel Renato Dulbecco ha dette: «Questo e’ un problema a cui ho dedicato molto sforzo alcuni anni fa come presidente della commissione creata dall'allora ministro Veronesi. I problemi sono stati discussi a fondo, alcune proposte sono state fatte, ma il tutto non ha avuto conseguenza alcuna. Percio’ il problema non mi interessa piu’; non e’ un problema scienti6co, e’ un problema politico>> Gli andrologi: nessuno ci ha interpellati Condividono pienamente le critiche che da piu’ parti e soprattutto dai ginecologi vengono mosse alla legge sulla fecondazione assistita votata in Senato. Ma non nascondono una certa rivalsa nei confronti dei colleghi ginecologi: «A noi - ha detto oggi a Milano Vincenzo Mirone, past president della Societa’ Italiana di Andrologia (SIA) - la legge e’ favorevole, perche’, chiudendo la porta a soluzioni ginecologiche, porta pazienti a noi. E invece - ha aggiunto scherzando - e’ quasi una punizione divina per i ginecologi, che sono stati spesso scorretti nell'ignorare che nel 50% dei casi la causa dell'infertilita’ si puo’ risolvere dal versante maschile, inviando il paziente all'andrologo». Mirone ha spiegato che «l’andrologo in questa legge, i nostri politici non ce l'hanno voluto mettere, anche se siamo andati a spiegare loro che la meta’ dei casi di infertilita’ sono causate da malattie sessualmente trasmesse, da varicocele o da criptorchidismo e che in molti casi il problema e’ risolvibile con un intervento chirurgico sul maschio. La speranza z che quando la legge tornera’ alle Regioni perche’ tutte legiferino sulla regolamentazione, cioe’ su come applicarla, gli andrologi saranno inseriti». «Dopo tutto - ha commentato il presidente della Sia, Edoardo Austoni - il costo per la procreazione assistita sulla donna e’ tre volte superiore a) costo di una terapia sul maschio». Duemila no dalla Sardegna Duemila cartoline inviate al presidente del Consiglio contro la "legge scandalo" sulla fecondazione eterologa. V1ittente l'associazione "L'Altra cicogna di Cagliari", che ha organizzato un vero servizio e il supporto informativo e psicologico per chi si appresta ad avere un figlio con l'aiuto dei medici dell'ospedale Microcitemico di Cagliari. «Questa legge e’ inaccettabile, oscurantista - annuncia Laura Pisano, presidentessa dell'associazione - . Qui ci sono delle persone che hanno deciso di negarci un diritto senza un motivo». ed ecco organizzata l'invasione postale nei confronti di palazzo Chigi. «Duemila per far sentire la nostra voce - aggiunge - e quella di tutte quelle persone deboli che da questo provvedimento saranno penalizzate». A protestare non solo solamente i rappresentanti dell'associazione l’Altra Cicogna. A loro si sono unite anche le associazioni dei talassemici. Malati che in Italia raggiungono quota 400mila persone. «Grazie alla "diagnosi preimpianto", una vera e propria diagnosi preventiva - fanno sapere i rappresentanti dell'associazione sarda talassemici -, si possono risolvere numerosi problemi. La nuova legge permette lo studio genetico dell'embrione, ma obbliga il medico a trasferirlo, anche se malato, in utero. Poi la donna, ai sensi della legge 194, puo’ interrompere la gravidanza. Uno scandalo». ___________________________________________ L’Unione Sarda 13 dic. ’03 TALASSEMICI: «PROVVEDIMENTO INGIUSTO E CRUDELE, CHE PENALIZZA TANTE FAMIGLIE» Il presidente dell’associazione degli anemici denuncia: «Provvedimento ingiusto e crudele, che penalizza tante famiglie» «Ingiusta e crudele». Giorgio Vargiu, presidente dell’Associazione regionale talassemici, denuncia gli effetti perversi che la legge sulle Procreazione assistita potrebbe avere sui 250 mila sardi portatori di beta talassemia, ma anche su tanti altri che rischiano di generare un figlio con malattie genetiche (Down, Duchenne, Fibrosi cistica ecc). Le norme approvate l’altro ieri vietano infatti la cosiddetta diagnosi preimpianto, cioe’ la possibilita’ di analizzare l’embrione prima di inserirlo nell’utero, operazione che garantisce la nascita di un figlio sano. «In pratica - spiega Gianni Monni, responsabile del Servizio diagnosi prenatale e preimpianto dell’ospedale Microcitemico di Cagliari - questa tecnica si esegue prelevando una singola cellula dall’embrione ottenuto tramite fertilizzazione in vitro (Fivet) e analizzandola. Solo gli embrioni sani vengono poi trasferiti in utero e potranno dare inizio a una gravidanza con la certezza di generare un figlio sano». La nuova legge limita pero’ l’impiego di queste metodiche alle coppie sterili «ed esclude quindi quelle ad alto rischio genetico - precisa Monni - come i portatori sani di talassemia che non abbiano problemi di sterilita’». Sotto questo profilo, secondo Vargiu, «una legge tra le piu’ arretrate emanate in Europa, (vieta la fecondazione eterologa e la ricerca sulle cellule staminali prelevate da embrioni congelati) penalizzera’ due volte i talassemici sardi, che potranno infatti accedere alla diagnosi preimpianto solo se avranno problemi di sterilita’». Per tutti gli altri torna lo spettro dell’aborto terapeutico: la legge prevede che non si possano fecondare piu’ di tre ovociti per volta, dai quali si formeranno tre embrioni che dovranno essere obbligatoriamente impiantati (transfert coatto) anche se risulteranno malati. Col rimedio, in extremis, dell’aborto terapeutico. Ed e’ quantomeno paradossale, perche’ la diagnosi preimpianto e’ nata proprio per evitare le interruzione di gravidanza. In pratica, si torna al passato. Sino a pochi anni fa, l’unica strada percorribile per garantire la nascita di un figlio sano era ladiagnosi prenatale invasiva in gravidanza (Villocentesi), eseguita dopo la decima settimana di gestazione e la (Amniocentesi), alla sedicesima settimana. Tecniche affidabili, ma in caso di feto malato, ponevano la donna di fronte a un drammatico dilemma: portare a termine la gestazione o ricorrere all’aborto. La diagnosi preimpianto aveva eliminato questo dramma. Ora, grazie alla nuova legge, si torna alla terribile scelta tra l’aborto o un figlio malato. Per avere un’idea delle dimensioni del problema in Sardegna, basta considerate che su oltre 6000 diagnosi prenatali eseguite sinora all’ospedale Microcitemico, 1502 coppie (25 per cento) hanno avuto un feto malato. E quasi tutte le donne (salvo 18) hanno deciso di ricorrere all’aborto terapeutico, rinunciando a un figlio fortemente voluto ma affetto da talassemia. «Tutto cio’ - commenta Monni - se da un lato ha portato alla riduzione dei nati affetti da talassemia (da 3 a 5 per anno contro i 120 prima del 1977) ha creato nelle coppie che hanno scelto l’interruzione terapeutica della gravidanza enormi traumi, tragedie familiari e sociali». Ad aggravare la situazione nell’Isola - si legge in una relazione inviata da Monni alla Commissione Sanita’ del Senato - “contribuisce il fatto che molte coppie portatrici di talassemia sono anche a rischio sindrome di Down e altre patologie genetiche, come la malattia di Duchenne o la fibrosi cistica, per cui il rischio del figlio malato sale del 50 per cento”. Ed e’ su queste coppie che la legge rischia di avere effetti perversi. «In realta’ - commenta Laura Pisano, dell’associazione L’altra Cicogna - questa legge e’ stata voluta per dire alla coppie “Non ricorrete alla diagnosi preimpianto”. Tanto e’ vero che impone al primario di proporre l’adozione alle donne che intendono ricorrere alla procreazione assistita. Un non senso. Perche’ l’Organizzazione mondiale della sanita’ considera la sterilita’ una malattia sociale a trend esponenziale. Vuol dire che nei prossimi 25 anni la sterilita’ maschile aumentera’ del 70 per cento. Possiamo far finta di niente?» Lucio Salis ___________________________________________ Il Sole24Ore 13 dic. ’03 PROFESSIONE SANITARIE: LA CONSULTA «FRENA» LE REGIONI ROMA - L'istituzione di nuove professioni sanitarie, con i relativi profili e ordinamenti didattici, e’ riservata allo Stato. Lo ha chiarito la Corte costituzionale (sentenza n. 353, depositata ieri), dichiarando l'illegittimita’ costituzionale della legge 25/2002 della Regione Piemonte, che ha regolamentato le pratiche terapeutiche non convenzionali (come omeopatia, fitoterapia e agopuntura), istituendo figure professionali ad hoc, medici e non, iscritte in appositi registri. E’ la seconda volta in un mese che il Piemonte finisce nel mirino della Consulta, sempre per aver "esagerato" con il federalismo sanitario. Lo scorso 14 novembre, infatti, i giudici costituzionali avevano gia’ bocciato la normativa regionale che limita l'utilizzo dell'elettroshock. Stabilendo che le Regioni non possono decidere sulle singole terapie in assenza di indicazioni che provengano dalle autorita’ scientifiche nazionali o internazionali. Stavolta in gioco c'e’ una questione diversa. La legge piemontese sulle medicine non convenzionali prevede - «nell'ottica del pluralismo scientifico e della liberta’ di scelta da parte del paziente» - l'istituzione di un registro per le pratiche terapeutiche "alternative" e la costituzione di una Commissione permanente presso l'assessorato alla Sanita’. Con due compiti cruciali: la definizione dei requisiti minimi per il riconoscimento degli istituti deputati alla formazione degli operatori e la verifica del possesso dei requisiti per l'iscrizione in un apposito registro regionale, dopo il superamento di una prova teorica e pratica. Secondo la presidenza del Consiglio, che ha impugnato il provvedimento, il riconoscimento "regionale" di professioni sanitarie non ancora riconosciute a livello statale (in Italia manca una legge sulle medicine non convenzionali) viola i limiti alle competenze delle Regioni previsti anche dal nuovo articolo 117 della Costituzione. Dello stesso avviso e’ stata la Corte costituzionale. Ripercorrendo la storia della disciplina delle professioni sanitarie - dal regio decreto 1265/1934 alla Costituzione del 1948, dal Dlgs 502/1992 alla legge 251/2000 - i giudici hanno evidenziato come le figure da formare, i profili e gli ordinamenti siano da sempre riservati alla competenza statale. La riforma federalista non ha affatto cambiato le carte in tavola. «A seguito dell'entrata in vigore del nuovo Titolo V - si legge nella sentenza - la disciplina in materia e’ da ricondurre nell'ambito della competenza concorrente in materia di "professioni", di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. I relativi princi’pi fondamentali, non essendone stati, fino ad ora, formulati dei nuovi, sono pertanto da considerare quelli risultanti dalla legislazione statale gia’ in vigore». Nessun dubbio, allora, sul fatto che anche oggi «la potesta’ legislativa regionale in materia di professioni sanitarie debba rispettare il principio, gia’ vigente nella legislazione statale, secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e ordinamenti didattici, debba essere riservata allo Stato». Di qui la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale della legge del Piemonte. Che servira’ da monito per le altre Regioni. La sentenza era infatti attesa da tutte le amministrazioni locali - a partire da Toscana, Umbria ed Emilia Romagna - che studiano da tempo la possibilita’ di disciplinare il variegato mondo delle pratiche non convenzionali. MANUELA PERRONE ___________________________________________ Repubblica 9 dic. ’03 LO SCANDALO DEI LUMINARI PAGATI DALLE CASE FARMACEUTICHE (IN USA) Il malcostume degli autorevoli ricercatori rivelato da un'inchiesta del Los Angeles Times Direttori di ricerca dell'Istituto nazionale di sanita’ americano raccomandavano le medicine di cui erano consulenti DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ALBERTO FLORES D'ARCAIS NEW YORK -11 14 giugno del 1999 il dottor Stephen I. Katz, uno dei piu’ prestigiosi ricercatori dell'Istituto Nazionale di Sanita’ (Nih), fu il primo ad essere avvisato che il «soggetto numero 4» era morto alle 1 e44 di quella mattina. Sulle cause della morte i medici non avevano dubbi, era dovuta a una complicazione sopraggiunta durante un trattamento sperimentale per curare un'infiammazione renale usando un nuovo farmaco prodotto da una casa farmaceutica tedesca, la Schering AG. Pochi sapevano che il «soggetto numero 4» si chiamasse in realta’ Jamie Ann Jackson, una giovane signora; nessuno era a conoscenza che il dottor Katz oltre ad essere pagato come direttore di uno degli istituti del Nih fosse anche a busta paga della Schering AG. A rivelare lo scandalo del piu’ prestigioso istituto americano di sanita’ – quello che venti anni fa veniva definito dal ministro della Salute dell'amministrazione Reagan, Margaret Heckler, «un'isola di obiettiva e intatta ricerca, non toccata dalle influenze della commercializzazione» - e’ stato uno dei piu’ prestigiosi quotidiani americani, il Los Angeles Times- In una lunga e approfondita inchiesta il giornale racconta come, insieme al dottor Katz, un gruppo tra i piu’ quotati medici ricercatori americani, tutti con posti di «top- level» negli istituti del Nih, ha ricevuto nel corso degli anni alcune centinaia di migliaia di dollari dalle aziende farmaceutiche. Aziende i cui farmaci questi famosi medici (gia’ ben pagati con i fondi federali) erano chiamati a sperimentare e a giudicare come idonei o meno. Oltre a Katz - che ha avuto tra i 476 rnila e i (i16 mila dollari - altri cinque nomi illustri sono finiti nell'inchiesta del Los Angeles Times: John L. Gillin - Direttore del Centro Clinico del Nih, il piu’ grande laboratorio di ricerca su esseri umani di tutti gli Stati Uniti, il cui stipendio annuale come impiegato governativo e’di225miladollari. Ha ricevuto tra 145 e 322 mila dollari in commissioni e stock option dalla Celi Genesys. Nel giugno del 1997 Gallin aveva completato uno studio in «gene therapy». A luglio la Cell Genesys gli chiese di inserire il nome dell'azienda nello studio. Gillin «non ebbe nulla da obiettare» e il 3 settembre del 1997 entro’ nel libro paga dell'azienda. Richard C. Easiman - Quando parlava sul Rezulin tutti i medici lo ascoltavano con attenzione. Il dottor Eastman era infatti il maggior esperto in diabete del Nih a capo di una ricerca da 150 milioni di dollari che studiava il farmaco della Warner-Lambert Co, «Il rischio per chi prende il Rezulin e’ assolutamente minimo» scrisse Eastman nel rapporto ufficiale del 6 novembre 1997 alla Fda (Food and Drug Adrninistration) che diede il via libera alla vendita del prodotto. Il Rezulin rimase in commercio fino al 2000 quando venne bloccato con il sospetto di aver causato la morte di 556 persone. Il dottor Richard Eastman e’ stato a libro paga della Warner-Larnbert Co. ira il 1995 e i1 1997. Jeffrey M. Trent - Fino all’anno scorso Jeffrey "Crent era il direttore scientifico del National Human Genome Research Institute, uomo-chiave del programma che ha portato alla mappatura del codice genetico. Nello stesso periodo in cui -- pagato con i fondi federali-si occupava di quella che e’ stato uno dei piu’ grandi progetti di ricerca degli ultimi anni -il dottor Trent veniva pagato (tra i 50 mila e i 163 mila dollari) come consulente della RheoGene.inc che per circa due anni si e’ fatta pubblicita’ citando una sua frase in cui quell'azienda veniva molto elogiata. Adesso non ricorda di aver mai pronunciato «la frase che mi e’ stata attribuita da RheoGene.lnc». Ronald N. Germain - Vicedirettore del piu’ grande laboratorio di malattie infettive ha ottenuto dalle case farmaceutiche 1,4 milioni di dollari negli ultimi undici anni (tra consulenze e stock option). Jeffrey Schlom - Direttore dell'Istituto di ricerca sui tumori ha avuto 331 mila dollari da venti diverse aziende biomediche. Gli accusati si difendono (non tutti, alcuni non hanno voluto rispondere) dicendo che le consulenze erano legali; il giornale in un editoriale che accompagna l'inchiesta non esita a definire «corruzione» («questa e’ la parola appropriata,» quanto succede ai piani alti dell'Istituto nazionale di Sanita’. Istituto che in teoria appartiene a1 «popolo americano» dato che i 28 miliardi di dollari all'anno di fondi che ha vengono presi «dalle tasche» dei taxpayers, i cittadini che pagano le tasse. Formalmente gli accusati non hanno del tutto torto. Alla fine degli anni Ottanta le case farmaceutiche iniziarono ad «assumere» come consulenti alcuni ricercatori e nel novembre 1995 l'allora direttore del Nih, Harold E. Varinus, scrisse una nota circolare per tutti i direttori degli istituti «cancellandola norma» non scritta per cui medici e ricercatori non dovevano accettare soldi e stock optino da aziende farmaceutiche. Nella nota-conosciuta come «Varmus memo» - il direttore del Nih spiegava che era venuto il momento di mettersi al passo portando anche all'interno dell'Istituto «norme etiche piu’ in linea con i nuovi standard dei manager». Grazie ai miliardi facili guadagnati in Borsa nella seconda meta’ degli anni Novanta, molte aggressive case farmaceutiche «biotech» riuscirono in breve a reclutare centinaia se non migliaia di consulenti. Con l'aumentare delle consulenze aumentarono pero’ anche i fondi «nascosti», tanto che il Nih divenne ben presto la piu’ «segreta» delle organizzazioni pagate dal governo federale, con il 94 per cento dei suoi impiegati di fascia alta che non denunciavano (ai limiti della legalita’ e in diversi casi superandoli) i soldi avuti dalle case farmaceutiche. 11 nuovo direttore del Nih, Elias A. 7.erhouni, ha deciso che adesso e’ venuto il momento (li fare chiarezza:«Se qualcosa viene percepita come sbagliata credo che dobbiamo dire ai nostri ricercatori di non avere questo tipo di relazioni». ___________________________________________ Il Sole24Ore 10 dic. ’03 PRIORITA’. CINQUE "CARTE" PER SALVARE IL SSN ROMA - Cinque priorita’ per un "Piano strategico condiviso di miglioramento del Servizio sanitario nazionale". Il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, gioca la carta dell'intesa con le Regioni per individuare il possibile percorso comune da compiere per tenere a galla, in maniera uniforme e concordata, la barca del Ssn. Soprattutto sotto la forza d'urto di un federalismo che ancora a tanti non e’ dato capire dove portera’. E’ con questo obiettivo che, ieri, Sirchia ha incontrato gli assessori regionali in un vertice pomeridiano al ministero della Salute. I cinque obiettivi, condivisi in linea di massima dai governi locali, riguardano alcune delle principali criticita’ del sistema sanitario: il dramma delle liste d'attesa, i livelli essenziali di assistenza, la medicina di gruppo avviata a grandi passi verso una rivoluzione copernicana non e’ dato sapere quanto solo per via sperimentale, i requisiti di eccellenza degli Irccs (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico), l'educazione continua in medicina per la quale e’ in agenda in tempi rapidissimi l'accreditamento dei provider e la possibile esclusione di alcune terapie non scientificamente riconosciute. I cinque obiettivi messi sul tavolo dal ministro della Salute dovranno ora essere discussi nel dettaglio. E, infatti, costituiranno l'oggetto di altrettanti tavoli di lavoro che dovranno partorire i loro risultati entro il 9 febbraio. Quando, a Napoli, si aprira’ un mega incontro di due giorni, il secondo dei quali sara’ dedicato interamente alla ricerca di tipo clinico e traslazionale, alle possibilita’ e ai modi di rilanciarla e di trovare le strade possibili per avviare il circolo virtuoso di una partnership pubblico-privato. Naturalmente anche sul versante sempre arido dei finanziamenti. Preceduto dall'annuncio fatto la settimana scorsa dal ministro sulla necessita’ di trovare fonti alternative e aggiuntive di finanziamento per il Ssn per almeno 24 miliardi - dal travaso di risorse dalla previdenza all'aumento della spesa privata con piani assicurativi garantiti dallo Stato fino al taglio delle spese improprie - il vertice ha, quindi, sfiorato i cinque capitoli in discussione. Con una proposta solo apparentemente provocatoria lanciata da Sirchia: l'emissione di finte fatture ai pazienti all'atto della dimissione dall'ospedale. Un modo per far capire concretamente al cittadino quanto e’ costato il servizio sanitario ricevuto gratuitamente (o solo in parte, se frutto di prestazione libero-professionale intramoenia dei professionisti con l'aggiunta degli extra "alberghieri" eventualmente richiesti). Quanto, e se, si arrivera’ a un progetto condiviso, e’ presto per dirlo. Considerata l'aria di devolution che soffia e viste le specificita’ regionali e i poteri locali ormai amplissimi in materia sanitaria. Sul piatto, del resto, ci sono altri argomenti: come i dipartimenti ospedalieri e il rapporto medici-direttori generali. Capitoli, questi, carissimi a Sirchia che ha da tempo nel cassetto un Ddl ad hoc per i medici (include anche l'aumento dell'eta’ pensionabile a 70 anni), con quel nodo della reversibilita’ del rapporto di lavoro che finora sia l'Economia che le stesse Regioni non hanno permesso di sciogliere. R.TU. ___________________________________________ La Gazzetta del Mezzogiorno 9 dic. ’03 MENOPAUSA DELLA DONNA LA TERAPIA ORMONALE VA MEDICINA / E’ la conclusione alla quale e’ giunta l'Emea a Vienna All'oncologico di Bari un corso per fare il punto Congresso di oncologia, Vienna chiama Bari. Ormoni sotto accusa. Il loro uso, a scopo contraccettivo o quale terapia sostitutiva nei disturbi collegati con la menopausa, e’ al centro di un acceso dibattito in campo scientifico e clinico. E di ieri la dichiarazione ufficiale del prof. Andrea Genazzani, past presidente della societa’ internazionale della menopausa: «Basta con il terrorismo sulla terapia ormonale sostitutiva -ha detto-si crea sola allarme_ E si provoca sconcerto nella donna. Una terapia che, da 60 anni, si dimostra preziosa per la salute e la qualita’ della vita della donna in menopausa. A questa conclusione, che ci auguriamo definitiva, e’ giunta la societa’ Internazionale della Menopausa, convocata a Vienna dopo che l'EMEA, l'Agenzia Europea del Farmaco, ha diffuso un documento in cui si afferma che la terapia ormonale sostitutiva non deve essere considerata di prima linea nella prevenzione dell'osteoporosi. Conclusione palesemente superficiale e mal impostata ed anche mal interpretata - a ha continuato il prof. Genazzani - da cui traspare che sono stati ignorati completamente importanti dati biologici, epidemiologici e clinici che hanno invece pienamente confermato l'efficacia della terapia in termini di costo- beneficio». Bari risponde subito a Vienna ed il Dipartimento donna, U.O. di ginecologia dell'Istituto ospedale oncologico di Rari organizza, per venerdi 12 dicembre (ore 9, aula dell'Istituto), un corso di aggiornamento (organizzatori e coordinatori scientifici prof. Giuseppe Fanizza e Luigi Selvaggi) sull'argomento. «Anzitutto - ci ha detto il prof, Fanizza - ci chiediamo come, quando ed a quali donne somministrare questi ormoni che dovranno essere utilizzati anche da donne sottoposte a trattamento per cancro, perche’ non siano private dei relativi vantaggi». Il corso fara’ il punto su queste indicazioni, saranno fissate le linee che personalizzano il trattamento e le alternative (fitoestrogeni, tamoxifene, ecc.) percorribili quando gli ormoni non siano indicati. Il ministero della sanita’ inglese ha detto no all'uso di ormoni sostitutivi nella meno pausa nella supposta ipotesi che essi diano una spinta alla comparsa di cancro mammario. L'Istituto oncologico di Bari (prof. Schittulli),l’Istituto europeo di oncologia (prof. Veronesi) hanno lanciato una campagna (programma di ricerca nazionale tlU'f) allo scopo di azzerare questo rischio grazie all'uso del "Tamoxifene" a basso dosaggio (5 mg al giorno). «Si tratta - ci ha detto il prof. Schittulli - di una campagna di alto valore sociale poiche’ la donna di questo secolo e’ destinata a vivere a lungo ed a convivere con la menopausa almeno 45-50 anni- Eliminare i disturbi collegati ed escludere i rischi diventa importante e doveroso». Nicola Simonetti ___________________________________________ Libero 11 dic. ’03 PER DIFFONDERSI E PROSPERARE ANCHE I VIRUS SI MASCHERANO RICOSTRUITA IN GRAN BRETAGNA LA STORIA DELLA SIFILIDE E DELLE SUE TRASFORMAZIONI Fino a poco tempo fa la micidiale malattia venerea mostrava una sintomatologia troppo ripugnante di ROBERTO MANZOCCO LONDRA - Comparsa per la prima volta in Europa nel 1496, la sifilide fu costretta a trasformarsi in fretta in una forma apparentemente meno repulsiva, e cio’ allo scopo di non scomparire del tutto. Lo sostiene Robert Knell, ricercatore del Queen Mary's College di Londra. Secondo lo studioso, che ha ricavato la sua ipotesi dall'analisi di diversi resoconti storici, nei primi anni il batterio della sifilide (nota anche come "mal francese") si presentava in una forma particolarmente virulenta, che comprendeva consistenti eruzioni cutanee sul volto e un odore decisamente sgradevole. Poiche’ tale malattia si trasmette per via sessuale, sfigurare e rendere sgradevoli le proprie vittime non rappresentava di certo una buona strategia per attrarne di nuove: chi ne era colpito diventava infatti cosi repellente da scoraggiare qualsiasi contatto fisico e difficilmente, pertanto, avrebbe avuto la possibilita’ di avere rapporti con l'altro sesso e quindi diffondere il morbo. Nella sua forma originaria, inoltre, sembra che questa patologia provocasse anche fortissimi dolori alle articolazioni dei contagiati, che quindi avevano ben altro per la testa che non andare a caccia di potenziali partner. In conseguenza di cio’ il batterio della sifilide e’ stato costretto ad evolversi in un arco di tempo brevissimo (neanche una generazione) in una forma meno virulenta, che gli permettesse di continuare a vivere e a trasmettere l'infezione. Per effettuare tale trasformazione alla sifilide sono bastati, secondo Knell, piu’ o meno sette anni (quindi meno di una generazione). :Ma non e’ finita qua: secondo il ricercatore la sifilide avrebbe continuato ad alleggerire i propri sintomi fino al giorno d'oggi, tanto che lo stesso Knell avrebbe rilevato, in Inghilterra, alcuni casi contemporanei quasi del tutto privi di sintomi (un fatto grave, in quanto e’ noto che, da un punto di vista biologico, la sifilide "aiuta" il virus dell’Aids, tanto che chi soffre del mal francese ha una probabilita’ maggiore di contrarre il virus dell'Hiv quando vi viene esposto). ___________________________________________ Libero 12 dic. ’03 RICERCA USA CONFERMA LA SICUREZZA DEI VACCINI Nel numero di dicembre dell'importante rivista Pediatrics l’attenzione e’ dedicata a una questione che da un paio di anni affligge molti genitori. Quali sono le garanzie che i conservanti, gli additivi e altre sostanze, quali le proteine, gli antibiotici, o il mercurio, l'alluminio etc., presenti nei vaccini peri piu’ piccoli, siano testati scientificamente e non presentino controindicazioni? Da quando infatti il thimerosal fa escluso dalla maggior parte dei vaccini nel 2001 le perplessita’ e gli equivoci sono aumentati. Nel frattempo le presunte controindicazioni del thimerosal non sono state confermate da nessuna ricerca, e la maggior parte dei medici ritiene che sia stato un equivoco dovuto alla confusione dell'innocuo etilmer - curio (presente nel thimerosal) con il nocivo metilmercurio. Le ricerche hanno invece affermato l'assoluta sicurezza della maggior parte dei vaccini attualmente in commercio, non solo la sicurezza medica quindi (ilfatto cioe’ che il beneficio sia superiore ai possibili rischi), bensi’ l'assoluta sicurezza (l'assenza di controindicazioni). La buona notizia comunque non fermera’ la ricerca scientifica: la sperimentazione deve considerare e studiare attentamente la sicurezza dei farmaci, soprattutto quelli per i piu’ giovani. ___________________________________________ L’Unione Sarda 13 dic. ’03 FARMACO RIVOLUZIONARIO PER BATTERE I TUMORI INTESTINALI Si chiama Imatinib Glivec ed e’ un farmaco che blocca l’alterazione genetica all’origine di un tumore dell’intestino, il Gist, impedendone la crescita incontrollata. Il suo impiego consente gia’ di avere una casistica importante in campo nazionale. I risultati di questa nuova sperimentazione clinica, cui hanno partecipato per la Sardegna l’Unita’ operativa di oncologia Medica della Asl n.1 di cui e’ primario dal dottor Antonio Contu e la Cattedra di oncologia medica dell’Universita’ di Cagliari diretta dal professor Bruno Massidda, sono stati presentati ieri in un convegno. All’iniziativa hanno partecipato anche i maggiori esperti della patologia dei Gist in Italia, l’oncologo Paolo Casali e il chirurgo Alessandro Gronchi dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Il Gist e’ un tumore raro dell’apparato gastroenterico o meglio, prima della sua identificazione precisa, veniva classificato genericamente come tumore intestinale. Secondo i dati emersi dallo studio scientifico in Italia sono 135 i casi trattati. La media e’ di 1-2 casi ogni centomila persone, percentuale che nella nostra isola e’ piu’ elevata: 4-8 casi rilevati nella provincia di Sassari. La messa a punto del farmaco Glivec, prodotto da un’unica azienda farmaceutica, la multinazionale Novartis, e’ stata resa possibile dalla scoperta che all’origine del Gist vi sarebbe una sola modificazione genetica contrariamente ad altre forme tumorali provocate da piu’ alterazioni del Dna. Questa scoperta ha consentito di studiare un medicinale che interviene in modo molto efficace sul tumore riducendolo di almeno il 50 per cento consentendo cosi’ interventi chirurgici meno invasivi. Il tratto di intestino che viene asportato quando e’ necessario ricorrere al chirurgo e’ nettamente inferiore a quello che sarebbe stato necessario rimuovere prima della scoperta del Glivec. Il convegno tenuto ieri ha consentito di fare il punto su quanto scoperto fino ad oggi e sulle possibilita’ scientifiche di migliorare ulteriormente il trattamento di questa forma di tumore gastrointestinale. «Ma e’ stata anche l’occasione per porre l’accento sull’approccio multidisciplinare necessario per la diagnosi del Gist - ha detto il dottor Antonio Contu. Solo la collaborazione stretta fra chirurghi, endoscopisti, gastroenterologi, radiologi e medici nucleari puo’ aiutare ad individuare precocemente il tumore e a combatterlo con maggiore efficacia rispetto al passato». Gibi Puggioni ___________________________________________ L’Unione Sarda 13 dic. ’03 LA FACOLTA’ DI MEDICINA APRE UNA NUOVA FRONTIERA CONTRO LA SCLEROSI «La scoperta, che se venisse confermata avrebbe un rilievo di ordine internazionale, potrebbe cambiare la vita dei pazienti ammalati di sclerosi multipla e modificare il tradizionale modo di operare dei medici». Il preside della Facolta’ di Medicina Giulio Rosati commenta con queste parole l’importante successo ottenuto dalla sua e’quipe impegnata nella lotta contro la sclerosi multipla, la malattia che in Sardegna e in Scozia fa registrare il maggior numero di casi al mondo. Lo studio del gruppo sassarese, recentemente pubblicato sulla piu’ importante rivista scientifica di neurologia, e’ incentrato sulla presenza di un retro-virus nel cento per cento dei pazienti affetti da sclerosi. Alcuni presentano questo virus solo nel sangue, altri sia nel sangue che nel “liquor”, il liquido celebro-spinale. «Abbiamo analizzato un numero consistente di casi iniziali della malattia - afferma Rosati - tra i pazienti. Alcuni avevano il retro-virus solo nel sangue, altri anche nel liquor». Dopo tre anni di malattia l’e’quipe sassarese ha analizzato per la seconda volta i pazienti: «Quelli che avevano il retro-virus nel liquor avevano sviluppato deficit neurologici permanenti, mentre coloro che l’avevano solo nel sangue no». La sclerosi multipla puo’ infatti avere due diversi decorsi: presentare all’inizio difficolta’ a muovere gli arti fino ad arrivare ad una progressiva disabilita’. Un 30, 40 per cento dei pazienti ha pero’ un decorso benigno: restano infatti nell’iniziale fase intermittente, senza mai arrivare a forme di disabilita’ grave che li privino della loro autonomia. «Ci mancano i numeri - continua Rosati -, dobbiamo analizzare un gruppo piu’ consistente di casi per poter confermare la scoperta; si tratterebbe infatti del primo “indicatore di prognosi”, quindi del primo elemento per capire se il decorso della malattia sara’ benigno e quindi per capire se avviare una terapia». Una cura per la sclerosi multipla costa circa 20 mila euro l’anno, e deve essere effettuata per tutta la vita del paziente. «Se questa non fosse necessaria - conclude Rosati - il risparmio del Servizio sanitario nazionale sarebbe notevole. Gioverebbe della scoperta anche chi viene sottoposto inutilmente alle cure che, spesso, distruggono la vita del paziente. Paolo Mastino ___________________________________________ Corriere Della Sera 9 dic. ’03 MEDICINALI INEFFICACI PER META’ DEI PAZIENTI Londra, la denuncia di un direttore della GlaxoSmithKline «Il futuro e’ la farmacogenomica, con prodotti su misura» Gli esperti: «E' un problema noto, per questo la ricerca di altri prodotti non si ferma mai» «Attenzione al disfattismo, si provano sempre piu’ molecole fino a quella che funziona meglio» Porciani Franca Che le medicine non funzionino sempre e che quel che fa bene a uno non serva a un altro e’ scontato, ma, se il problema viene sollevato da una persona che ricopre un ruolo importante in una industria farmaceutica, fa scalpore. Ieri il quotidiano The Independent ha dato grande risalto alle dichiarazioni di Allen Roses, direttore della divisione di ricerche genetiche della GlaxoSmithKline, il quale ha ammesso candidamente che per quasi la meta’ dei pazienti i farmaci con cui si stanno curando sono inefficaci. Acqua fresca o, peggio, fonte di fastidiosi effetti collaterali. «Ma il problema e’ la classica tempesta in un bicchiere d' acqua - afferma Giuseppe Recchia, direttore medico della divisione italiana della GlaxoSmithKline -. Che i farmaci non siano efficaci al 100% in tutti i malati, ai quali vengono dati, e’ un fatto noto, anzi arcinoto. Se avessimo raggiunto questo traguardo, non ci sarebbe bisogno della ricerca: potremmo utilizzare i tanti preparati, fin troppi, di cui disponiamo». «Io credo che sia necessario metterci d' accordo su cosa intendiamo per farmaco efficace - prosegue Recchia -; la scienza, ma anche le autorita’ regolatorie, sia europee sia nazionali, ritengono tale un farmaco che ha dimostrato di migliorare lo stato di salute di un gruppo di persone in una misura significativamente superiore rispetto all' assenza di trattamento, ma anche rispetto alla migliore terapia disponibile fino a quel momento. Se vediamo le cose in questa chiave, che e’ realistica, anche il 2% in piu’ di probabilita’ di guarigione rappresenta un grande vantaggio. Faccio un esempio: nessuno oggi autorizzerebbe la commercializzazione di un farmaco per la pressione alta che funzionasse nel 30% soltanto dei pazienti, ma la messa sul mercato avverrebbe in tempi fulminei se si scoprisse una molecola capace di dare una speranza di sopravvivenza accettabile al 30% delle persone colpite da un tumore al polmone». L' equivoco probabilmente nasce dal fatto che la maggior parte di noi considera i farmaci senza chiaroscuri; un medicinale, se e’ indicato per una certa patologia, deve sortire lo stesso effetto in tutti quelli che lo prendono. Equivoco alimentato dall' industria che nel marketing di un nuovo preparato si guarda bene dal pubblicizzare il problema dei non «responder»; gli addetti ai lavori sanno che esiste una quota di persone refrattarie a quella terapia, ma il dato resta, per lo piu’, in penombra. «Bene ha fatto Allen Roses a metterlo in risalto - prosegue Recchia -. E' un problema noto ai medici, ai ricercatori e alle industrie che, proprio in questi ultimi anni, hanno investito milioni di euro in un nuovo settore della ricerca, la farmacogenetica che si propone di adattare le cure modellandole sul patrimonio genetico delle persone malate». L' ipotesi di partenza e’ che, conoscendo per ogni individuo i geni (frammenti del Dna) che governano la produzione delle proteine coinvolte nel processo di assorbimento e di degradazione del farmaco all' interno dell' organismo, si possa prevedere chi rispondera’ positivamente a quel trattamento e chi no. Un cammino lungo e complesso che, partito dalle scoperte sul genoma, punta all' individualizzazione delle cure e alla riduzione degli effetti collaterali. Quello che lo stesso Roses, in un articolo comparso sulla rivista Lancet qualche anno fa, defini’ «la medicina giusta per il giusto paziente». La GlaxoSmithKline e’, fra le industrie, una delle piu’ impegnate e su questo nuovo versante: le affermazioni di Roses vanno, percio’, lette anche come promozione di un settore della ricerca che gli sta a cuore. Ma i risultati della farmacogenomica non sono vicinissimi. Come risolvere il problema oggi? «Attenzione al disfattismo - risponde Gianfranco Gensini, preside della Facolta’ di medicina e chirurgia dell' Universita’ di Firenze -. Noi medici siamo consapevoli dei limiti delle cure che proponiamo e difficilmente ci affidiamo a un solo farmaco, ad esempio nella cura dell' ipertensione. Ne proviamo piu’ di uno, informando il malato che esiste la possibilita’ che sia un non "responder". Ma la comunicazione deve essere ben calibrata; altrimenti si ingenera sfiducia e otteniamo, come unico risultato, la compliance zero, ovvero l' abbandono del trattamento». Franca Porciani I NUMERI Quelli che servono e quelli del tutto inutili Il 90% dei medicinali funziona, ad andare bene, in un caso su due. L' ammissione avviene da un direttore del colosso farmaceutico Glaxo, che ha fornito anche una tabella dettagliata con le percentuali di efficacia dei propri medicinali suddivisi per le singole aree terapeutiche. Cosi’ si scopre che la maggior parte dei medicinali non ha alcun effetto sulla maggior parte di coloro che li assumono. Fra i piu’ efficaci ci sono gli analgesici (cox-2), che, stando alle stime Glaxo, funzionerebbero nell' 80% dei pazienti. Efficaci nel 60% dei casi sono invece i medicinali per l' asma, l' aritmia cardiaca, la schizofrenia e la depressione (che raggiunge il 62%). Utili nel 57% dei casi i farmaci della Glaxo per il diabete e nel 50% quelli per l' artrite reumatoide, l' emicrania e l' osteoporosi. Meno di un paziente su due, invece, trae vantaggi dai farmaci per l' epatite C o l' incontinenza. Ma i livelli di efficacia piu’ bassi si registrano per alcune delle malattie che provocano piu’ allarme sociale. I medicinali per l' Alzheimer sono efficaci solo nel 30% dei casi, mentre quelli per il cancro porterebbero giovamenti solo a un paziente su quattro. ___________________________________________ Repubblica 10 dic. ’03 IRREVERSIBILE LA PERDITA DEL COLORE? SEMBRA DI NO imbiancamento Dopo i trent’anni di eta’ la produzione di melanina nei capelli cala del 1020 per cento ogni dieci anni. Il processo di imbiancamento delle chiome e’ irreversibile? Sembrerebbe di no a giudicare dalle ultime ricerche. I capelli gia’ bianchi possono tornare a crescere colorati. Per adesso il fenomeno si riscontra come uno degli effetti collaterali di alcune terapie, come gli agenti chemioterapici, l’acido paminobenzoico, il calcio pantotenato e il minoxidil. «Tale fenomeno dimostra come il follicolo pilifero con l’eta’ non esaurisce del tutto la capacita’ di produrre le melanine, i pigmenti colorati responsabili del colore dei capelli», afferma Desmond Tobin, del dipartimento di scienze biomediche dell’universita’ di Bradford, in Inghilterra, «In un recente studio e’ stato anche trovato il nesso fra fumo e comparsa precoce dei capelli bianchi. Inoltre una ricerca molto recente riporta che individui con canizie precoce sono fino a quattro volte piu’ suscettibili alle malattie ossee. I capelli imbiancano prematuramente anche in presenza di alcune carenze, anche comuni, come la mancanza di vitamina B 12, di acido folico e di omocisteina». La strada genetica per la copertura dei capelli grigi e’ cominciata? «Gli esperimenti effettuati sulle mutazioni genetiche nei topolini hanno individuato almeno 100 tratti di Dna dai quali dipende il colore della pelliccia», risponde il professor Tobin, «Dalle indagini eseguite in laboratorio anche su sezioni di cuoio capelluto umano sono state individuate tracce di melanociti quiescenti nella radice dei capelli e lungo i dotti delle ghiandole sebacee dei follicoli di capelli bianchi. Si tratta di una piccola riserva di colore ed e’ auspicabile per il futuro trovare il modo di indurre questi melanociti a migrare di nuovo lungo lo stelo dei capelli per una repigmentazione naturale». (a. f.) ___________________________________________ La Stampa 10 dic. ’03 NON TOCCARE IL GENE CHE «DORME» COLPITI DA IMMUNODEFICIENZA E’ STATO LA CAUSA DI LEUCEMIA LINFOIDE ACUTA IN DUE NEONATI COME e’ stato possibile che una terapia genica d'avanguardia abbia causato qualche tempo fa in Francia due casi di leucemia infantile, mettendo a soqquadro il mondo scientifico? Solo ora, dopo frenetici studi di un team internazionale, si e’ potuto far luce sull’accaduto. Ricordiamo anzitutto come, fra i successi iniziali della terapia genica, vada per l'appunto annoverato il trasferimento, tramite vettori retrovirali, di geni indispensabili al normale sviluppo delle cellule del sangue e degli organi emo-formatori, ma che possono risultare mancanti in varie situazioni morbose. Una di queste forme e’ la Immunodeficienza Combinata Grave (SCID), caratterizzata da difetti congeniti di vario tipo nelle cellule del sistema immunitario e conseguente mancanza di protezione contro ogni insidia infettiva: i portatori di questo difetto vanno quindi incontro a una serie di infezioni che invariabilmente risultano fatali. Un indirizzo terapeutico sviluppatosi da qualche tempo si basa sull'inserimento del gene mancante nelle cellule emopoietiche, opportunamente prelevate dai piccoli malati e poi restituite ai pazienti stessi: un procedimento chiamato "terapia genica somatica" che assicura un miglior risultato del semplice trapianto midollare da donatore compatibile, caso nel quale la morbilita’ e la mortalita’ sono ancora elevate. Questo approccio fu seguito con successo anche in Italia, nell'Istituto per la Terapia Genica dell’ospedale S. Raffaele di Milano, per trattare casi di SCID nei quali risultava mancante il gene di un indispensabile enzima. Un'altra di queste forme, la SCID -X1, la piu’ comune, e’ legata al sesso (colpisce soltanto i maschi) ed e’ dovuta alla mancanza di un gene che presiede alla formazione di una catena del recettore dell'Interleuchina 2: in assenza di questa proteina, il sistema immunitario e’ gravemente compromesso e i neonati vanno incontro a una serie di affezioni che risultano alla fine fatali. Undici pazienti con questo difetto furono trattati negli ultimi 4 anni all'Ospedale Infantile Necker di Parigi, mediante inserzione del gene mancante in cellule midollari dei pazienti stessi, che venivano poi reinfuse. I risultati clinici furono ottimi in 9 casi, ma in due bimbi, di 1 e 3 mesi di eta’, comparve una leucemia linfoide acuta, che fortunatamente si rivelo’ sensibile alla chemioterapia (i due pazienti sono tuttora vivi, pur con qualche cellula atipica in circolo). Questo evento provoco’ tuttavia la sospensione cautelativa di ogni trattamento di questo tipo, e inizio’ un'affannosa ricerca per identificare la causa di tale fenomeno. Una recente comunicazione su "Science" da parte di un team internazionale ha chiarito come il gene inserito, che di per se’ funziona come stimolante della emopoiesi, abbia attivato il proprio gene promotore, un "proto-oncogene" situato in vicinanza, in modo tale da scatenare l’incontrollata proliferazione dei linfociti. E' chiaro come ogni inserimento di DNA nei cromosomi comporti il rischio di mutazioni: se poi si considera che nel genoma umano sono presenti circa 100 proto-oncogeni, potenziali attivatori tumorali, si puo’ calcolare come il rischio di una "mutagenesi da inserzione" sia cosi’ elevato da suggerire, come indubbiamente si fara’, una grande cautela. In particolare si dovra’ esercitare estrema cautela in soggetti di tenerissima eta’ (come i due casi citati), nei quali le cellule del sangue hanno una speciale sensibilita’ agli stimoli proliferativi. [TSCOPY](*)Cnr, Milano Sandro Eridani (*) ___________________________________________ La Stampa 12 dic. ’03 IL GIUSTO COCKTAIL CONTRO L’AIDS L’ESPERIMENTO CONDOTTO NEGLI USA E IN ITALIA Test sulle combinazioni dei farmaci antiretrovirali ROMA Una delle migliori strategie terapeutiche per iniziare a curare le persone affette da infezione da Hiv-Aids e’ stata identificata attraverso un grande studio randomizzato, durato oltre due anni, pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine. Lo studio, frutto di una collaborazione tra i National institutes of health (Nih) degli Usa e l'Istituto superiore di sanita’ ha coinvolto circa mille volontari, negli Stati Uniti e in Italia. Lo studio, coordinato per l'Italia dal gruppo di Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell'Istituto superiore di sanita’, e al quale hanno partecipato i piu’ importanti centri clinici italiani e statunitensi, ha messo in luce quali siano la combinazione e la sequenza migliori dei cocktail di alcuni farmaci antiretrovirali oggi disponibili. I risultati della ricerca sono stati incorporati nelle linee guida americane sulla terapia dell'Aids. «Oltre all'importanza per la definizione delle migliori strategie terapeutiche per combattere l'infezione da Hiv - ha dichiarato Vella - questo studio e’ un ulteriore riconoscimento della qualita’ internazionale della ricerca italiana e conferma la capacita’ dell'Iss di coordinare grandi trial clinici multicentrici». «Questa ricerca - spiega il professor Enrico Garaci, presidente dell’Istituto superiore di sanita’ - dimostra che l'Iss e’ impegnato a tutto campo nella ricerca sull'Aids, ottenendo risultati di livello internazionale in ciascun settore». L’Istituto e’ impegnato anche nella ricerca sul primo vaccino italiano anti Hiv, preventivo e terapeutico, messo a punto da Barbara Ensoli e dal suo gruppo, per il quale e’ cominciata la fase di reclutamento dei volontari. Presto, dunque, si sperimentera’ sull’uomo.