NON CERCHIAMO SCUSE: NELLA RICERCA SIAMO ULTIMI IN EUROPA LA RICERCA E LE INVOLUZIONI DELLA POLITICA LA MIOPIA DELLA STRETTA AI SOSTEGNI 3+2:IL FLOP DELLA RIFORMA ZECCHINO 3+2: UNIVERSITA’, FUORI DALL’ANARCHIA ATENEI, ONLINE LE PREISCRIZIONI I GIOVANI SOGNANO IL POSTO FISSO» COMPUTER PROGRESSO TECNICO E IMPATTO AMBIENTALE MA SUL WEB SIAMO FORSE TUTTI CRIMINALI? ================================================================== SAN RAFFAELE: DIDATTICA E FINANZIAMENTI SENZA DI NOI, LE CORSIE SAREBBERO PRESE D’ASSALTO COMPROMESSO IL LAVORO DEL MICROCITEMICO A UDINE NASCONO GLI ESPERTI DI AUTISMO L’IPERTENSIONE E’ UNA PATOLOGIA MAL CONTROLLATA TRE DIVERSI TIPI DI CELLULE FANNO RISPUNTARE I DENTI NIENTE DOLORE DAL DENTISTA CON LA CURA ALL'OZONO ANTICARIE ECCO LE NUOVE FRONTIERE DELLA RISONANZA MAGNETICA IL CANCRO AI POLMONI UCCIDE PIU’ DONNE DI QUELLO AL SENO LA CATARATTA SCIOLTA CON IMPULSI DI ACQUA PARKINSON DEI GIOVANI, SCOPERTO IL GENE IL SESSO? SERVE ANCHE A RIPARARE IL NOSTRO DNA IL CAVALLO DI TROIA DELL'HIV ASMA E ALLERGIE? PUO’ ESSERE UTILE UNA VACANZA IN MINIERA ================================================================== ______________________________________________________________ La Repubblica 15 apr. ’04 NON CERCHIAMO SCUSE: NELLA RICERCA SIAMO ULTIMI IN EUROPA I peggiori tra chi e’ gia’ nella Ue. E anche tra i 10 che entreranno a maggio, Dal licenziamento di un luminare a Genova, ai debiti non onorati con la Unione, ecco come si sta distruggendo il futuro. Scientificamente di Affilio Giordano GENOVA. La sindrome di Salieri ha fatto un'altra vittima. E’ Lucio Luzzatto, genetista ed ematologo di fama mondiale. Salieri, almeno nel mito creato da Puskin (storicamente poco attendibile), e’ la rappresentazione dell'uomo mediocre che invidia il genio fino a farne una malattia. E, infine, lo uccide di’ il genio era Mozart). Luzzatto e’ un grande scienziato che ha lavorato negli Stati Uniti, tra l'altro al lletztorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, uno dei templi della ricerca oncologica internazionale. Viene richiamato in Italia nel 2000 per dirigere l'Istituto tumori di Genova e accetta.« Vorrei dedicare gli ultimi anni ad un istituto del mio Paese>,, dice. Un sentimentale. Dopo tre anni, Lucio Luzzatto vene licenziato dal commissario Maurizio Mauri, un medico proveniente dall'istituto tumori di Veronesi e cresciuto all°Humanitas di Milano, il policlinico privato nato per iniziativa dell'Opus Dei. Ragione formale del licenziamento? La collaborazione, appunto, con il Mskcc di New York, cosa risaputa nonche’ prestigiosa. Naturalmente dietro c'e’ altro. Per l'esattezza una politica sulla ricerca che qualcuno descrive come una gigantesca sindrome di Salieri. Luzzatto sintetizza: <,Nel mondo gli istituti sono diretti dagli scienziati, in Italia dalla politica». L'Ist dl Genova e’ forse il piu’ autorevole centro di ricerca sul cancro d'Italia. Altri, come quello fondato da Veronesi, si sono sempre distinti piu’ per la cura che per la ricerca. Le due cose non sono separabili, ma l’Ist ha operato in senso inverso, con una zona <.minore,> di clinica e una centrale di ricerca. Ma se la cura rende, almeno nell'immediato, la ricerca presuppone investimenti a lungo termine. Dice Angelo Abbondandolo, genetista, ex direttore di dipartimento all'Ist (che ha lasciato pochi mesi fa): «Se io volessi smantellare l'attivita’ di un centro di ricerca, sceglierei i bersagli sensibili da colpire. Che sono: il personale che fa ricerca, le fonti di finanziamento, le norme che dicono come utilizzare i fondi, a cominciare dal reclutamento di giovani e, infine, il cervello, il direttore scientifico». Gli obiettivi, uno per uno, sono stati centrati: i ricercatori raccontano di un gigantesco mobbing collettivo che li voleva «fannulloni e rubastipendi» fino ad un provvedimento, unico in Italia e causa di un centinaio di liti legali, che ha tolto a gran parte di loro (i non laureati in medicina) un'indennita’ di circa 500 euro su stipendi medi intorno ai 2000. «Come se si ritenesse di seconda categoria un ricercatore laureato in fisica, per esempio Francis Crick, uno degli scopritori della doppia elica del Dna...», osserva Abbondandolo. Poi i finanziamenti. Lo Stato paga gli stipendi e le spese generali ma, come ormai capita in tutti gli enti di ricerca, non finanzia altro. In pratica si pagano persone che non possono far nulla. E si creano ostacoli continui all'utilizzazione dei fondi che vengono da altre fonti, pubbliche o private. La burocrazia e’ un'arma lenta e abile. Per esempio, per dare piccole cose, gli enti di ricerca hanno visto tagliare i buoni-pasto. Oppure: all'Ist improvvisamente non viene piu’ riconosciuto il rimborso delle spese di soggiorno ai borsisti fuori sede per congressi: eppure sono i giovani, il futuro della ricerca. «La chiave pet capire la provincialita’ di atti come questo e’ nelle motivazioni. Tipo: hanno finito di fare vacanze a nostre spese», racconta malinconico un ricercatore. E in Italia si bloccano le assunzioni di giovani ricercatori, dal 2001 negli enti, poi negli atenei. Se si considera che, soprattutto per la creativita’ scientifica, l'eta’-soglia per le nuove scoperte e’ di solito i 30 anni, si comprende che cosa puo’ produrre un paese che ha un'eta’ media di 49 anni. «Durante il suo ministero, Letizia Moratti ha perseguito un'appropriazione politica della ricerca, con il risultato di affondarla», commenta Walter Tocci, responsabile alla Camera dei Ds per il settore. Perche’? La sua spiegazione, da oppositore politico, richiama ancora il mito di Salieri: «La ricerca in Italia e’ stata maltrattata da tutti, anche dal centrosinistra. Ma questo attacco senza precedenti dice che la destra teme tutto cio’ che e’ autonomo, che non puo’ controllare. E reagisce con motivazioni rozze che verrebbero considerate ridicole in qualsiasi paese civile». Dice il vero? Certo e’ che il commissario europeo per la ricerca, Philippe Busquin, ha avuto, recentemente, parole durissime a proposito. L'Italia - ha detto - nel 2003 ha fatto il peggior risultato per la ricerca non solo rispetto ai 15 Paesi dell'Unione, ma pure se confrontata con i paesi che sono in procinto di entrare. Le cifre? Un 5,3 per cento di finanziamenti in meno rispetto all'anno precedente. La smania di ce~, dunque, si unisce ai tagli. Le nomina dei vertici, spesso finora dettate dalla comunita’ scientifiche, vengono avocate dalla politica (per esempio all'Istituto nazionale di fisica della materia o a quello di Astrofisica). Tutti gli enti sono commissariati (e solo Enea e Asi, l'agenzia spaziale, hanno da poco di nuovo un Presidente), con l'unica eccezione dell'Istituto di fisica nucleare, un santuario della ricerca italiana i cui padri sono Fermi e Amaldi. Un altro dato che colpisce e’ che l'Italia va defilandosi sempre piu’ dalle politiche europee di ricerca. «Recentemente», racconta un funzionario della Commissione, «va consolidandosi l'idea di un ente unico che unisca gli sforzi di un continente complessivamente in ritardo. La cosa stava anche a verbale tra gli esiti dei recente incontro tra i tre leader inglese, francese e tedesco. L'Italia? Sta dando segnali di volersi sganciare. In una recente riunione tecnica tra gli stati dell'Unione, un rappresentante del Cnr lo ha dichiarato esplicitamente». Ci sono poi casi alla soglia del ridicolo. Come il richiamo fatto all'Italia per il progetto europeo Sincrotrone di Grenoble: non paghiamo il nostro ticket di partecipazione da due anni. O il progetto spaziale fatto, grottesco, di voler far passare Luzzatto per uomo del centrosinistra, perche’ nominato da Rosy Bindi, e il commissario Mauri come uomo del centrodestra da’ il segno della miseria del contesto politico». D'altronde, nessuno ha mai brillato nel setto re, ne’ sinistra ne’ destra. Una zona che rende poco, non si vede, non fa voti e i cui risultati sono a lunga scadenza. «Ognuno, poi, pub parlare in liberta’ di fuga dei cervelli o fare demagogia con leggi che ne prevedono il rientro», commenta Camillo Ricordi> uno dei piu’ importanti ricercatori italiani in tema di trapianti, che oggi lavora a Miami. «La questione non e’ far rientrare noi, ma permettere ai moltissimi italiani geniali e sconosciuti di lavorare nel loro Paese. Pensi a quanti giovani, piu’ intelligenti di me, non possono lavorare perche’ non hanno mezzi, strutture ne’ possono essere assunti dalle universita’?». Commenta Edoardo Boncinelli, biologo molecolare, altro «cervello» di fama mondiale, oggi alla Sissa di Trieste: «Il caso Luzzatto ripropone la solita lotta tra burocrati e ricercatori. Peggiorare la situazione della ricerca in Italia era quasi impossibile, perche’ stavamo gia’ a livelli bassissimi. Ci si sta provando». E mentre il ministro Moratti assicura che «la nuova ricerca italiana non potra’ prescindere dalla valutazione», senza alcuna valutazione vengono assegnati i pochi fondi ad istituti privati. Per esempio i 50 milioni di euro al Campus Biomedico di Roma, dell’Opus Dei. O i 20 milioni all'Universita’ San Pio V, sempre a Roma, dove, incidentalmente, insegnano diversi notabili del passato nonche’ l'attuale ministro Rocco Buttiglione. O il capolavoro del ministro Giulio Tremonti: addirittura un miliardo di euro ad un fantomatico Istituto di Tecnologia che dovrebbe sorgere a Genova. Nessuno ne sa nulla e nulla si vede. Forse e’ un modo per dire: stanziamo, vedete. E tenersi i soldi in cassa. L M. Nel 2003, L’Italia ha tagliato fondi per il 5,3 per cento Il ministro della Salute:•Non credevo che con Luzzatto si arrivasse al licenziamento» Aurora. Proposto dall'Italia, che doveva anche finanziarlo al 50 per cento, con 16 milioni, e’ stato poi sconfessato. Infine: il «Nodo 3», un modulo abitativo speciale studiato dall'Alenia. E’ quasi pronto ma, adesso, nessuno vuol piu’ pagarlo. Una linea che lascia stupefatti gli altri paesi dell'Ue. E torniamo al caso Ist, ultimo simbolo della politica della ricerca in Rada. «Non e’ un mistero», dice un dirigente, «che qui si va verso un esaurimento della ricerca. ATTILIO GIORDANO • ______________________________________________ Il Sole24Ore 11 apr. ’04 LA RICERCA E LE INVOLUZIONI DELLA POLITICA Oltre i tagli ai finanziamenti per la ricerca si assiste a un generale deterioramento nei rapporti con i governi Due casi gravi.- il licenziamento di Lucio Luzzatto, uno dei nostri biologi piu’ importanti, e l’eliminazione dell’evoluzionismo dai programmi scolastici DI LUIGI LUCA CAVALLI-SFORZA I ministri Tremonti e Moratti hanno annunciato, all'inizio della legislatura, che vi sarebbero stati importanti tagli nel finanziamento della ricerca. Notizie recentissime fanno temere di peggio: una di queste, comparsa il primo di questo mese, sembrava proprio un pesce d'aprile, ma purtroppo non lo e’. Si tratta del licenziamento in tronco del miglior ricercatore e clinico oncologo italiano: il professor Lucio Luzzatto. Non ho visto articoli che spieghino bene perche’ questo fatto e’ molto grave. Io ho avuto la fortuna di conoscere Luzzatto quando era professore in Nigeria, all'universita’ di Ibadan, dove, laureato in Medicina a Genova nel 1959, ha passato dieci anni dal 1964 al 1974. Vi ha creato il primo dipartimento di Ematologia in Africa con finanziamenti dal National Institute of Health degli Stati Uniti, Debbo confessare che ho avuto l'impressione che l'universita’ di Ibadan fosse meglio di come era allora quella in cui mi sono laureato io, a Pavia: Luzzatto, almeno, vi ha fatto scoperte importanti, e le ha pubblicate sulle due riviste maggiori, «Nature» e «Science». Dal 1974 al 1981 e’ passato a un altro lavoro di missionario scientifico, che riguardava l'Italia. Ha accettato di divenire direttore dell'Istituto internazionale di genetica e biofisica del Cnr a Napoli, ove ha rimediato alla grave situazione creatasi in quell'istituto a causa di una rivoluzione maoista del 1968-69. Luzzatto lo ha rimesso in funzione, ed e’ riuscito a farvi i pochissimi studi sul genoma compiuti in Italia, Nel 1981 e’ stato chiamato alla cattedra di Ematologia di Sir John Dacie, alla Royal postgraduate medical school dell'Universita’ di Londra, e vi ha anche diretto per 7 anni l'Unita’ sulla Leucemia del Medical research council inglese. Ho avuto di nuovo occasione di rivederlo a New York, ove si e’ trasferito nel 1994 e ha creato e diretto un nuovo dipartimento (Genetica Umana) presso il Centro del cancro del Memorial Sloan-Kettering e vi ha stabilito un programma di Terapia Genica, con un ottimo finanziamento dall'Istituto nazionale del cancro degli Stati Uniti. Luzzatto ha identificato la struttura del gene dell'enzima gluco--fosfo-deidrogenasi (il primo difetto enzimatico umano in cui cio’ e’ avvenuto), spiegato la selezione naturale in questo gene contro la malaria, eliminato il gene nel topo attraverso la tecnica detta di k.o., ne ha assicurato la persistente espressione in vivo dopo trasferimento genico in studi pre-clinici, oltre all'aver raggiunto alcuni risultati essenziali sul gene noto con la sigla Pnh. Il 1° luglio 2000, essendogli stato proposto di assumere la Direzione scientifica dell'Istituto tumori di’ Genova (Ist), Lucio Luzzatto ha lasciato allo Sloan Kettering un posto di professore a vita e senza limiti di eta’ per dedicare gli ultimi anni della sua attivita’ scientifica alla sua citta’ natale. L' Ist ha ora raggiunto una produzione scientifica di alto livello, che lo ha portato alla posizione numero 2 tra gli Istituti italiani dei Tumori. Luzzatto e’ uno dei pochi direttori scientifici con cospicua esperienza internazionale, sia nell'attivita’ clinica sia nella ricerca di base: e’ anche un clinico di grande valore scientifico e umano. Per chi lo conosce, ha avuto il fragore di una bomba la notizia che il commissario straordinario nominato dal ministro Sirchia lo ha licenziato in tronco con un'accusa in apparenza infamante, di aver collaborato con la concorrenza. Il commissario deve essere abituato all'idea che nell'industria Fiat, poniamo, non si puo’ avere una consulenza con un concorrente, come la Renault. Ma per fortuna nella scienza questo genere di concorrenza non esiste, anzi vige la regola dell'aiuto reciproco tra fondazioni che hanno lo stesso scopo. Quale bravo direttore che non sia pronto a qualunque compromesso con i suoi padroni accettera’ di succedere a un uomo del valore di Lucio? Oggi che si parla di investire miliardi a Genova in un nuovo «Istituto di tecnologia» come la Mit, si trovera’ mai piu’ una persona veramente desiderabile, sapendo che potra’ essere di nuovo scacciata come in cane? Le notizie dei giorni scorsi fanno sperare che si sta trovando una soluzione accettabile ad ambe le parti e spero che sia la verita’, ma penso sia importante che la si conosca tutta e presto, anche perche’ e’ sempre piu’ difficile accettare le decisioni di questo governo a proposito della scienza italiana. Negli ultimi mesi si e’ fatto un altro grave passo indietro in Italia, cui sono profondamente sensibile, e di cui dovro’ parlare piu’ avanti. Questa volta non e’ il ministro della Salute, ma e’ il Miur, che ha scelto il professore Giuseppe Bertagna, dell'editrice «La Scuola» di Brescia, per rifare il programma ministeriale di scienze per le scuole elementari. Il programma, che prima comprendeva lo studio dell'evoluzione biologica e culturale dell'uomo, non contiene piu’ questa frase. Dimenticanza? No. Intervistato da un quotidiano, Bertagna ha asserito che «l'evoluzionismo e’ una degradazione». Sono ben pochi i biologiche condividono questa opinione. Per quanto mi riguarda, sono convinto che e’ impossibile capire la biologia senza l'evoluzione. Io ho passato la mia vita a far ricerche sull'argomento, e molti anni a scrivere, con mio figlio Francesco, un libro di scienze in quattro volumi per le scuole medie, ora pubblicato da Edimond, in cui si da’ a questa "degradazione" il rilievo giusto e necessario, Giovanni Paolo II non sembra condividere l'opinione di Bertagna, che, cresciuto in una linea cattolica piu’ fondamentalista del Papa, vuol riportare la scienza italiana a prima del 1859 (anno di pubblicazione dell'Origine delle Specie). Evidentemente Bertagna spera che il prossimo pontefice cancelli l'errore del papa vivente sull'evoluzione, e magari faccia macchina indietro anche sul recente riconoscimento degli errori della Chiesa nei confronti di Galileo. E’ talmente ovvio che e’ il Sole che gira intorno alla Terra! Come si fa a non accorgersene ______________________________________________ Il Sole24Ore 11 apr. ’04 LA MIOPIA DELLA STRETTA AI SOSTEGNI DI GIUSEPPE GALATI* L'Italia e’ sotto la media Ue Ma e’ giusto ripensare i sussidi puntando su chi fa ricerca IL dibattito sugli incentivi e’ in corso. Saranno ridotti? Come e quando? Gli imprenditori giustamente rifiutano il collegamento tra riduzioni fiscali e riduzioni degli incentivi agli investimenti. Maroni parla di trenta miliardi di trasferimenti alle imprese, ma probabilmente fa riferimento all'insieme dei trasferimenti statali, soprattutto al settore pubblico. L'insieme delle somme che vanno alle imprese private sono forse un decimo, qualcosa come tre miliardi di euro, attraverso un centinaio di leggi agevolative che in realta’ si riducono a una decina. In genere, pero’, quando si parla di incentivi si pensa al Sud. Lo vorremmo analizzare. Il 50% delle risorse dirette al sostegno alle imprese va al sistema industriale del Nord. La stessa cosa avviene per gli investimenti produttivi della programmazione negoziata. Se dopo tre o quattro anni dall'avvio dell'investimento, il Mezzogiorno (e le aree depresse del Centro Nord) ci guadagna in occupati e salari, il Nord ci guadagna in mantenimento di parte del sistema industriale, dell'occupazione e’ dei salari, e lo Stato in imposte e tasse e corrispettivi dei servizi. C'e’ poi un elemento importante: un quarto delle risorse destinate agli incentivi arriva dai fondi comunitari in forma di cofinanziamento all'impegno nazionale. Se manca l'incentivo nazionale non c'e’ neppure il cofinanziamento comunitario. Non c'e’ solo questo alla base della difesa degli incentivi che semmai vanno modificati ma non aboliti o ridotti. Sarebbe un errore se la tesi negativa andasse avanti proprio mentre la situazione industriale del paese imporrebbe l'alimentazione degli investimenti pubblici e privati, soprattutto in ricerca e innovazione, ma anche in creazione e sviluppo di impresa. I dati, infatti, non giocano a nostro favore. In quanto a trasferimenti alle imprese, l'Italia e’ ormai sotto la media europea: nel 2000, la media comunitaria era sullo 0,99 e quella italiana sullo 0,92. Il tema va ragionato. A parte gli incentivi locali, regionali o di altro tipo, che favoriscono logicamente gia’ oggi le aree piu’ ricche, restano in piedi la 488 per le aree depresse, gli interventi per la programmazione negoziata, in primo luogo i’ contratti di programma, la legge 46 per l'innovazione tecnologica e la 297 per la ricerca (queste ultime due senza finanziamento). La legge con il piu’ alto ammontare delle incentivazioni e’ la 488: il bando attuale assegnera’ 1200 milioni di euro. Diecimila domande accettate su 17 bandi, ottomila le richieste con l'ultimo bando. Qui c'e’ un primo intoppo all'idea di utilizzare le somme dovute agli incentivi di’ sostegno alle imprese. Si illuderebbe, infatti, chi pensasse di usare per cassa quei 1200 milioni. La cifra e’ di competenza e l'esborso di cassa viene spalmato su tre anni in cifre crescenti. L'ultima assegnazione del Cipe e’ pari a 500 milioni di curo nel triennio; pertanto 165 milioni annui. Se si aggiungono le risorse degli esercizi precedenti, gli anni migliori per la 488, non si superano complessivamente i 1500 nel triennio, 500 l'anno. Proviamo a stabilire l'apporto che la legge 488 ha offerto al sistema nel suo complesso. Su cento euro di investimento, trenta vanno alla localizzazione e all'edilizia, il 20% nei servizi e spese varie, il 50 torna al Nord nell'acquisto di macchinari e attrezzature, tecnologie e ricerche. E mentre il Sud vedra’ i frutti dell'investimento non prima di tre o quattro anni, il Nord usufruisce subito degli acquisti. Cinquecento milioni di acquisti l'anno vogliono dire lavoro a centinaia di aziende per non meno di ventimila lavoratori. Si tenga conto poi che giustamente il governo Berlusconi ricorda gli obiettivi raggiunti sul piano del lavoro: 200mila occupati in piu’ nel Mezzogiorno in un biennio non sono pochi. La gran parte prodotta dagli investimenti realizzati negli anni passati dalla legge 488, mentre circa 80mila posti a tempo indeterminato dovrebbero essere acquisiti con gli ultimi bandi della legge. Nel Sud l'aumento dei consumi passa con i posti di lavoro prima che con qualsiasi altro strumento. Si potrebbe indagare su quale e’ stata la crescita del reddito pro capite per effetto della 488. Con questo non riteniamo chiuso il discorso. Gli obiettivi del sostegno alle imprese vanno modifica e. E’ due anni che lo ripetiamo. In quanto a dimensione vanno privilegiate le piccole aziende se sono di nicchia produttiva e non quelle generiche e ripetitive solo legate ai mercati locali. Vanno, invece, favorite le medie imprese, sempre che, rispondano ai principi dell'innovazione produttiva e della capacita’ di mercato interno estero. Anche l'incentivo unico per le imprese non puo’ voler dire molto se non risponde ai criteri dell'innovazione imposti dalla concorrenza e se non risponde alle diversita’ finanziarie e produttive del sistema italiano e se non promuove il "made in Italy". Un ultimo appunto sulla programmazione negoziata. Vale il discorso della 488. II Mezzogiorno ha bisogno di medie e grandi aziende anche per far vivere e sviluppare le piccole aziende. Il contratto di programma o di localizzazione continua a essere un buon strumento per tentare di industrializzare un'area depressa. Senza contratti non ci sarebbe ne’ l'impianto automobilistico di Melfi, ne’ l’St di Catania, ne’ la Bosh ne’ la Lear, ne’ il nuovo sistema turistico in Puglia e in Basilicata, ne’ il settore ferroviario di Palermo ne’ quello nautico, informatico, agroalimentare e orafo della Campania; ne’ il rafforzamento delle universita’ meridionali. Forse basterebbe fare i conti. Il Governo Berlusconi esce oggi vincente per l'azione condotta. C'e’ bisogno che il problema degli incentivi alle imprese delle aree depresse del paese sia visto in una visione ottimistica. I risultati sono migliori dei luoghi comuni. * sottosegretario alle Attivita’ produttive ______________________________________________ Avanti 13 apr. ’04 IL FLOP DELLA RIFORMA ZECCHINO La formula del "3 + 2" voluta dal centrosinistra non ha risolto la questione dei fuoricorso Atenei, Il ministro Moratti: "Un anno comune per tutti, un biennio per la laurea di base, due per la specializzazione" CATANIA - Dilettanti allo sbaraglio: cosi’ si potrebbero definire gli studenti universitari iscritti ai corsi di lauree brevi di tre anni o di "primo livello" che a partire dal nuovo anno accademico in corso rischiano di non potere accedere ai corsi delle lauree specialistiche di due anni qualora non fossero riusciti a raggiungere i 180 crediti previsti dalla riforma. Una riforma che consiste nella formula del "3+2", varata dal ministro Zecchino nel 1999 e caratterizzata dalla trasformazione dei corsi di laurea quadriennali o quinquennali in triennali (che devono essere conseguiti con 180 crediti, ognuno dei quali corrisponde a 25 ore ripartite in 7 ore di lezione e 18 di studio) cui fanno seguito, per chi volesse proseguire la carriera universitaria o approfondire il proprio percorso di studi, le lauree specialistiche (che si raggiungono con 300 crediti) o i master universitari (60 crediti dopo la laurea di primo livello o quella specialistica). Questa dunque la riforma Zecchino, valutata rivoluzionaria nel suo proposito di diminuire il numero degli studenti fuori e di equiparare l'universita’ italiana ai parametri dell'Unione Europea, ma proprio a conclusione dei tre anni dal momento in cui e’ stata attivata il "3+2" ha rivelato i suoi punti deboli mostrando la non equivalenza della laurea triennale con quella tradizionale e il triste dato dei numerosi studenti fuori corso per il mancato raggiungimento dei crediti (in alcuni casi addirittura di pochissimi crediti), il che equivale purtroppo a dover perdere di fatto un anno accademico alla conclusione degli studi e a non poter dare il via all'attivazione dei corsi biennali specialistici in mancanza di studenti laureati. Una riforma che quindi riporta il tutto alla situazione da cui si era partiti, cioe’ quando fino a qualche anno fa gli atenei italiani pullulavano di studenti fuori corso che, a volte anche trentenni, non riuscivano a completare il corso di laurea e di conseguenza a trovare un impiego stabile. Le soluzioni a tali problemi tuttora sono in fase di discussione: il ministro alla Pubblica Istruzione, Letizia Moratti (nella foto), dopo la riforma della scuola primaria e secondaria, ha proposto delle modifiche al Decreto Zecchino presentando il cosiddetto schema a "Y" (1+2+2), ovvero primo anno in comune per tutte le lauree, biennio per la laurea di primo livello e biennio specialistico. Nelle universita’ siciliane non sono mancate le reazioni al primo bilancio negativo del Decreto Zecchino: " La riforma - ha detto il preside della Facolta’ di Ingegneria dell'Universita’ di Catania, Antonio Recca - ha mancato il suo obiettivo di immettere dopo tre anni i giovani nel mondo del lavoro". Ritardi didattici e inadeguatezza sarebbero le cause dell'insuccesso per il preside della Facolta’ di Lettere e Filosofia dello stesso ateneo: "Da parte docente e dell'organizzazione dell'universita’ abbiamo affrontato questa riforma senza gradualita’ e non siamo riusciti ad adeguare il tipo di intervento didattico". Sulla stessa lunghezza d'onda anche le altre principali universita’ siciliane. Angela Caputo ______________________________________________________________ La Stampa 13 apr. ’04 UNIVERSITA’, FUORI DALL’ANARCHIA COME SALVARE I NOSTRI ATENEI CON UNA RIFORMA GLOBALE DEL «3+2» IL mio articolo, scritto con Paola Potestio e uscito sulla Stampa del 14 marzo, sull'organizzazione universitaria nota come «3+2» ci ha procurato un centinaio di messaggi di professori, studenti e laureati. Tutti senza eccezione hanno espresso approvazione verso la nostra estrema perplessita’. Sebbene cento persone non siano che una goccia nel mare, il campione e’ pur sempre rispettabile, tanto piu’ che non uno dei nostri interlocutori ha espresso opinioni contrarie alle nostre. Un collega mi ha detto perfino: «Il fatto e’ che, ormai, l'Italia non ha piu’ un'universita’». Non voglio spingermi a tanto. Ma e’ evidente che il modo di funzionare dell'universita’ non risponde piu’ alle aspettative e alle speranze dei suoi protagonisti (il personale, gli studenti), che l'inquietudine e’ profonda e che qualcosa bisogna fare per non distruggere davvero tutto. Il ministero Moratti sta muovendosi su una quantita’ di temi, senza pero’ raggiungere in nessun campo una soluzione soddisfacente e condivisa. Elenco gli ambiti in cui negli ultimi tempi si sono prodotti norme, proposte, disegni di legge: si sono istituite le cosiddette «universita’ telematiche» (guardate con sospetto da moltissime parti), sono state elaborate proposte sullo stato giuridico dei professori e il meccanismo dei concorsi (con un disegno di legge che ha scatenato scioperi, agitazioni, proteste in tutto il paese), e’ stato creato l'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT, valutato con estrema durezza da pressoche’ tutti, a cominciare dalla Conferenza dei Rettori). Da alcune settimane, poi, circolano documenti, prodotti da think tanks di varia credibilita’, in cui si ridisegna, con mano non proprio leggera, il sistema della governance universitaria. Alcune proposte prevedono che il rettore delle universita’ non sia neppure un professore, e gia’ questo fatto sta cominciando a suscitare allarme. A sostegno di queste posizioni affiorano ideologie «americaneggianti», secondo le quali il governo dell'universita’ deve essere controllato dagli «azionisti» del sistema. Proprio cosi’! Anche se non e’ affatto facile capire, sviluppando la pesante metafora, chi siano mai gli «azionisti» dell'universita’, se non gli studenti e le famiglie che la finanziano. Guardando le cose un po' a distanza, il Ministero Moratti sembra si’ intenzionato a introdurre innovazioni, ma si muove secondo procedure inusitate e adottando presupposti pericolosi. Quanto alle prime, non mostra alcuna considerazione del popolo dei suoi amministrati, ma, all'opposto, largheggia in irritanti manifestazioni di supponenza. Quanto ai secondi, lo sfondo ideologico di queste operazioni e’ privatistico e tecnologico, dato che sostiene, in modo piuttosto provinciale, un modello «americano» in un paese che non e’ affatto l'America: pretende che nelle universita’ entrino in forze i privati (professionisti, «azionisti», capitali); e che vi si producano soprattutto brevetti e scoperte, cioe’ «roba seria», non chiacchiere inutili. Non manca chi (come, esplicitamente, alcuni gruppi della Bocconi) elabora sottili dottrine a sostegno di queste posizioni. Si delinea insomma uno slittamento delle funzioni e dei poteri. Alcuni paventano che si stia consegnando l'universita’ ai «poteri forti». Le universita’ si degradano a scuole post-superiori concentrandosi sull'insegnamento (sia pure con le gravi complicazioni segnalate nel nostro articolo menzionato sopra). La ricerca (quel poco che ancora si fa) viene trasferita a entita’ terze (come l'IIT), esterne al sistema universitario e si concentra su tematiche di tipo pratico e applicativo. Nello stesso momento, sul personale delle universita’ viene innestata una massiccia componente di estranei alla ricerca (professionisti, professori a contratto): cio’ dovrebbe soddisfare le pressioni delle corporazioni che ambiscono ad avere peso nell'universita’. Infine, la governance viene trasformata da elettiva e democratica (le cariche universitarie sono, al momento, e per antica tradizione, tutte elettive) in designativa e fiduciaria. Si tratta di un restyling pesantissimo, che incrina tre pilastri tipici del nostro sistema e produce una vittima illustre. I pilastri sono: il collegamento, che si vorrebbe virtuoso, tra didattica e ricerca, il carattere elettivo (cioe’, teoricamente, democratico) delle posizioni di governo, la ricerca come missione primaria dell'universita’. La vittima e’ costituita dalla ricerca come tale: l'universita’ sara’ sempre meno il posto giusto per farla, e quella che si fara’ sara’ sempre piu’ orientata verso il modello tecnologico e biomedico. Il resto degli studi praticati nelle universita’ non andranno considerati come ricerca ma, al piu’, come «curiosita’ individuali», che non meritano neanche troppi sforzi finanziari. E’ chiaro che il mantenimento del 3+2 risponde obiettivamente alla funzione di sfibrare il collegamento tra universita’ e ricerca. Non a caso, il ministro, dopo aver annunciato ai suoi esordi che avrebbe smantellato il 3+2, sentito allora come di sinistra, ha poi gradualmente abbandonato questo proposito. Ora, chi muove da atteggiamenti siffatti deve esser consapevole che si assume l'altissimo rischio di provocare conseguenze pesanti e potenzialmente pericolose. La posta in gioco e’ costituita da due questioni nient'affatto marginali: la formazione intellettuale e professionale dei giovani e il futuro della ricerca. Bisogna quindi domandarsi se questo schema e’ davvero quel che serve a questo paese, considerato che siamo tra gli ultimi in Europa quanto a investimenti per la ricerca. Io credo che neanche un governo di destra, come l'attuale, possa davvero desiderare un'universita’ che non produce idee nuove e che serve solo a offrire «moduli» e crediti. Allora, delle due l'una: o si conserva il sistema attuale con energiche modifiche oppure si procede a una riforma globale. Se proprio si vuole mantenere il 3+2, occorre fluidificarne i meccanismi (per esempio creando una tavola nazionale di corrispondenza tra i moduli e i loro crediti) per evitare la selvaggia anarchia ora imperante. A un livello piu’ strutturale, bisognera’ distinguere universita’ di due livelli, come accade nel mondo anglosassone, dove si ha da un lato il college, dall'altro l'university. Le universita’ di primo livello (a cui apparterrebbero le «universita’ telematiche») potrebbero conferire titoli di base (lauree triennali e master di primo livello), puntando soprattutto sulla didattica. Le universita’ di secondo livello, piu’ attrezzate e qualificate, sarebbero invece abilitate a dispensare tutti i titoli, compresi quelli dottorali (che vi avrebbero anzi grande spicco): esse sarebbero concentrate tanto sulla didattica quanto sulla ricerca e avrebbero l'obbligo di investire energicamente su quest'ultima. Nel caso invece che si ritenesse che il 3+2 vada buttato alle ortiche (come pensano molti, me compreso), occorrera’ avviare un processo di progettazione esteso e condiviso, il cui mandato preliminare dovrebbe essere quello di rispondere ex novo alle seguenti delicatissime domande, ormai quasi svanite dalla memoria: a che cosa vogliamo che serva l'universita’ in Italia? A chi deve indirizzarsi? Che cosa deve produrre? __________________________________________________________________ Il Sole24Ore 15 apr. ’04 ATENEI, ONLINE LE PREISCRIZIONI I moduli sul sito web dell'Istruzione ROMA a Al via, da oggi, le preiscrizioni online, per l'anno accademico 2004- 2005, ai 77 atenei italiani, in attuazione del decreto ministeriale del 30 marzo 2004. A essere interessati alle preiscrizioni, che riguardano anche accademie, conservatori e percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (i cosiddetti Ifts), sono oltre 450mila studenti dell'ultimo anno delle scuole superiori, che fino al 15 maggio possono compilare il modulo telematico collegandosi al sito del ministero (www.miur.it) o direttamente allo speciale sito www.universo.miur.it, da scuola o da casa. L'iscrizione anticipata non e’ vincolante: al momento dell'immatricolazione sara’, infatti, possibile modificare la preferenza indicata in precedenza. Per gli studenti che compilano la scheda telematica di preiscrizione e’ disponibile, anche quest'anno, la banca dati dell'offerta formativa (consultabile sul sito del ministero) che raccoglie tutti i corsi di laurea attivati nelle universita’ italiane. Di ogni sede universitaria si possono avere informazioni dettagliate su corsi, sbocchi professionali, attivita’ formative con i relativi "crediti", rilevazioni dell'ufficio statistico su immatricolati e iscritti. Obiettivo delle preiscrizioni e’ quello di predisporre iniziative e attivita’ di orientamento per la scelta del corso di laurea, in relazione a vocazioni dello studente, possibilita’ occupazionali e offerta dei servizi allo studio. Mentre per lo studente e’ possibile sapere in quali atenei e in quali sedi e’ attivato il corso di laurea individuato nell'ambito prescelto. Entro il 31 maggio, il ministero predisporra’ la banca dati contenente i moduli compilati dagli studenti, cui le universita’ avranno accesso telematico. Per garantire la riservatezza dei dati., queste istituzioni possono ottenere, attraverso una specifica "chiave di accesso", una copia in via telematica dei soli moduli che riguardano gli studenti appartenenti alle proprie strutture o a quelle di riferimento. Il Miur provvede, inoltre, alla trasmissione cartacea alle istituzioni non collegate in rete. Nel caso di iscrizione agli studi universitari, le scuole e le universita’, in base ai dati acquisiti, potranno promuovere, anche di comune intesa, attivita’ di orientamento per far acquisire la conoscenza degli obiettivi formativi specifici, dei contenuti e delle attivita’ del corso di studi che si intende frequentare, delle opportunita’ di tirocini sul campo, delle disponibilita’ di strutture didattiche e servizi dedicati agli studenti. Analoghe iniziative sono previste per i corsi di alta formazione artistico-musicale e per i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore. LAURA CAVESTRI ______________________________________________________________ Corriere della Sera 15 apr. ’04 I GIOVANI SOGNANO IL POSTO FISSO» Indagine della Bicocca sui ragazzi milanesi. Flessibilita’ si’, ma solo per cominciare Trovato Isidoro La flessibilita’ non gli fa paura. Il part time, i licenziamenti facili e il lavoro temporaneo? Ben vengano, se migliorano la difficile situazione occupazionale. Ma se gli chiedete di esprimere un desiderio e indicare il suo lavoro ideale, vi dira’ che sogna un impiego a tempo pieno, stabile e per una sola azienda. E’ questo il ritratto del giovane milanese, di eta’ compresa tra i 18 e i 30 anni, tracciato dall' indagine «I giovani e il lavoro» presentata ieri a Milano nello Spazio Sironi. La ricerca, promossa da Adecco e Corriere Lavoro, e’ stata realizzata dall' Istituto Iard «Franco Brambilla» e patrocinata dall' Universita’ degli studi Milano Bicocca. Si tratta di un' indagine nazionale sul mercato del lavoro italiano considerato poco accogliente per i giovani. A tal punto che i tassi di disoccupazione giovanile risultano tra i piu’ alti dell' Unione europea. All' interno della ricerca, pero’, e’ stato possibile estrapolare i dati forniti dai giovani milanesi e ne e’ venuta fuori una fotografia interessante del mondo del lavoro cosi’ come viene percepito dagli utenti di quella fascia di eta’. Il percorso occupazionale tipo di un giovane potrebbe essere sintetizzato cosi’: il primo contatto col mondo del lavoro avviene presto, si comincia con uno o piu’ lavoretti occasionali e saltuari e quando finisce l' esperienza scolastica s' incontrano le vere difficolta’. L' inserimento occupazionale invece avviene sempre piu’ spesso attraverso forme di lavoro atipiche, le cosiddette «porte d' ingresso flessibili». Alla luce di cio’ risulta comprensibile che la maggior parte dei giovani milanesi interpellati giudichi le attuali condizioni di lavoro molto negative. E, come se cio’ non bastasse, non emerge molta fiducia nel futuro: per i ragazzi nei prossimi dieci anni ci saranno le stesse difficolta’ e le stesse difficili condizioni di lavoro. Ma e’ sul tema della flessibilita’ che appare «l' anima milanese» degli intervistati: per gran parte di loro il part time, il lavoro temporaneo e i contratti a progetto non sono un ostacolo ma forse ottimi strumenti per «vivacizzare» il mercato. Ed e’ sicuramente questo l' elemento che differenzia i giovani della nostra citta’ a quelli del resto d' Italia. Ma la spiegazione e’ evidente. A Milano piu’ che altrove un ragazzo alle prime esperienze occupazionali sa che in questa citta’ esiste un flusso lavorativo ancora abbastanza vivace. Insomma perdere l' impiego non significa necessariamente rimanere fermi per troppo tempo. «Anche questo e’ un dato che conferma l' immagine dei giovani delineata dalla nostra indagine - dice Antonio De Lillo, presidente dell' Istituto Iard - siamo al cospetto di una generazione concreta, che non coltiva i grandi sogni e le illusioni delle generazioni precedenti. I ragazzi, specie in tema di occupazione, badano al sodo, sono consapevoli delle difficolta’ che li attendono e sognano soprattutto un' occupazione stabile, duratura e socialmente utile». Non a caso infatti la ricerca ha chiesto agli intervistati di indicare anche la loro professione ideale, la piu’ ambita. Vi aspettavate veline e calciatori? E invece a trionfare e’ stato il direttore di un quotidiano nazionale. E' proprio questa la professione piu’ ambita non solo dai giovani milanesi (in fondo questa e’ la citta’ dei grandi quotidiani) ma dai coetanei di tutta Italia. Isidoro Trovato 3.519 I GIOVANI che, interpellati al telefono o via Internet, hanno detto il loro parere sul lavoro 30 L' ETA’ massima degli intervistati che hanno risposto all' indagine Iard-Bicocca Giudici e medici i piu’ invidiati DOMANDE SUL WEB La ricerca e’ stata condotta con due rilevazioni distinte: la prima con un' intervista telefonica che ha coinvolto 1.400 giovani tra i 18 e i 30 anni; la seconda via web, con un questionario pubblicato sui siti di Corriere Lavoro, Adecco e Istituto Iard L' INDAGINE A curare l' indagine e’ stato l' Istituto Iard in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell' Universita’ di Milano Bicocca IL LAVORO IDEALE La classifica delle professioni ideali vede al primo posto il direttore di un quotidiano nazionale seguito dal giudice, dal medico di pronto soccorso e dall' imprenditore. Solo al quinto posto l' attore cinematografico ______________________________________________________________ La Stampa 14 apr. ’04 COMPUTER PROGRESSO TECNICO E IMPATTO AMBIENTALE Pc, utilissimo ma inquinante si stanno studiando i rimedi E’ INDISPENSABILE SENSIBILIZZARE IL CONSUMATORE E INCORAGGIARE LE OFFERTE DI ROTTAMAZIONE SI e’ generalmente portati a pensare all'inquinamento prodotto da un Pc in termini di utilizzo, quindi di inquinamento sonoro e visivo. Eppure, e’ la sua produzione a risultare maggiormente pericolosa dal punto di vista ecologico. Quali effetti hanno i Pc sull'ambiente? Questa la domanda che si sono posti gli autori di uno corposo studio di 300 pagine dedicato alle energie necessarie per produrre e poi riciclare un Pc (monitor compreso). "Sono enormi", e’ stata la risposta che si e’ dato Eric Williams, coordinatore dello studio pubblicato dall’Universita’ delle Nazioni Unite con sede a Tokyo. La quantita’ dei materiali necessari alla fabbricazione di un Pc in termini di peso, infatti, e’ circa dieci volte superiore a quello del Pc stesso: oltre 240 chilogrammi. Per fare un paragone con gli oggetti di uso comune, un'automobile o un frigorifero integrano la quasi totalita’ delle materie prime utilizzate per la loro fabbricazione. Questo coefficiente differenziale, tra la massa di materie prime necessarie e il prodotto finito, da’ l'idea di quale imponente quantita’ di materiale viene scartata e, quindi, riversata sull'ambiente. Materiale, oltretutto, spesso a elevato potenziale inquinante. Ma il differenziale tra la massa di materia prima e il risultato finale, non e’ tutto: anche i metodi di fabbricazione si rivelano molto inquinanti. Basti pensare che sono necessari circa 1.500 litri d'acqua per produrre una scheda madre, per la realizzazione della quale si utilizzano circa 22 chilogrammi di componenti chimici di diversa natura. "L'impatto ambientale causato dall'impiego dei combustibili fossili (cambiamento climatico), chimici (effetti nocivi sulla salute dei dipendenti impiegati nella produzione di chip) e d'acqua (molto scarsa in alcune zone geografiche) e’ significativo e merita attenzione", affermano gli autori dello studio. Se il riciclaggio appare come una soluzione, la sua pratica deve essere inquadrata da precise norme. "Il riciclaggio gestito da un'impresa monopolistica, il cui interesse principale mira a riciclare a costo fisso, potrebbe dare vita a un sistema troppo dispendioso, con vantaggi irrisori per l'ambiente", precisa lo studio. Quanto alle vecchie macchine, in genere concludono la loro carriera in un armadio, quando va bene, in un cassonetto dell'immondizia nei casi peggiori. Una delle misure raccomandate, per lottare contro lo spreco e l'inquinamento, e’ la sensibilizzazione del consumatore nei confronti dell'impatto della produzione e dell'utilizzo di un Pc sull'ambiente. Dal canto loro, anche i produttori non si mostrano insensibili al problema: alcuni propongono ormai offerte di rottamazione che accompagnano l'acquisto di nuovi materiali. Salvatore Romagnolo ______________________________________________________________ La Stampa 13 apr. ’04 MA SUL WEB SIAMO FORSE TUTTI CRIMINALI? IL DIBATTITO PER UNA CULTURA DIGITALE LIBERA Dagli Usa all’Europa governi e aziende mirano a regolar Internet si sta dimostrando un sistema potente per condividere la conoscenza con il libero scambio di informazioni tra pari noto come «peer-to-peer file sharing» (o P2P), ma e’ sotto tiro da parte dei governi che, nel nome della sicurezza e della protezione della proprieta’ intellettuale, cercano di controllarla. Dagli Usa all’Europa all’Italia fioccano norme e decreti per regolare Internet. Il risultato? Il popolo di Internet che non ci sta viene penalizzato, se non criminalizzato, alla stregua dei criminali veri. «Il nuovo proibizionismo contro le reti P2P e chi le frequenta minaccia la creativita’ e la liberta’» dichiara Lawrence Lessig, professore di legge alla Stanford University autore del nuovo libro «Free Culture» («Cultura Libera», a disposizione gratis online su www.free-culture.org). La guerra iniziata dall’industria discografica, che ha visto i suoi profitti crollare con lo scambio di brani digitali, e’ stata abbracciata dall’industria del software e adesso anche da quella cinematografica. Si calcola che siano circa 70 milioni le persone che nel mondo utilizzano il file sharing online da quando e’ nato alla fine degli anni Novanta e gran parte e’ illegale. Eppure in un sondaggio Usa i giovani a cui viene chiesto se sanno che la loro attivita’ e’ illegale, solo il 16 per cento risponde di si’. La maggior parte risponde: «Beh, c’e’ illegale e illegale». Cosa fa l’industria discografica a parte fare causa ai ragazzi che scaricano musica da Internet? «Usa la legge per proteggersi dalla competizione» accusa Lessig, secondo cui invece si potrebbero esplorare altri modelli di business su Internet che permetterebbero ai consumatori di pagare per le opere degli artisti. Le soluzioni provengono proprio da Internet: dal copyright piu’ flessibile Creative Commons (www.creativecommons.org) alla tassa mensile per i downloader come per le radio libere da devolvere alle varie Siae mondiali (www.eff.org) alla firma digitale da lasciare sulle opere scambiate per uso personale (il sistema di gestione dei diritti digitali dell'Istituto Fraunhofer, inventore degli Mp3): permette l’usufrutto, ma costringe gli utenti a prendersi una certa responsabilita’. Peraltro, scaricare anche un numero elevato di canzoni da Internet non sembra incidere sulle vendite di album, secondo i risultati di una ricerca di alcuni ricercatori delle Universita’ di Harvard e del Nord Carolina. Il gruppo ha rilevato che gli effetti della pirateria sono statisticamente indistinguibili da zero: «Abbiamo rilevato che la maggior parte degli utenti non avrebbe comunque comprato l'album». I ricercatori hanno paragonato le vendite di 500 album di vari generi musicali al numero di download corrispettivi e hanno rilevato che sarebbe necessario scaricare 5 mila canzoni per modificare le vendite di un cd. Addirittura sembrerebbe che la condivisione di file abbia un effetto positivo sulle vendite degli album piu’ richiesti. Per gli attivisti che difendono il peer-to-peer file sharing non si tratta di difendere la «pirateria», ma la ragionevolezza, in un'era di caccia alle streghe che in nome della lotta al cyber-terrorismo viola i diritti costituzionali dei cittadini per proteggere gli interessi delle lobby industriali. «Quando gli interessi economici vengono difesi dalle forse di polizia, c'e’ qualcosa che non va: qualcosa di illiberale che non puo’ star bene in una democrazia» sostiene l’avvocato napoletano Astolfo di Amato. Proprio in Italia, di fronte al dibattito che si e’ sviluppato intorno al controverso «decreto salva-cinema», il ministro Giuliano Urbani che lo ha voluto con urgenza ha fatto retromarcia nei giorni scorsi e ha tolto le sanzioni al P2P di film online per uso personale. Secondo Ross Anderson, professore all’universita’ di Cambridge intervistato dalla Bbc, lo scambio di file tra pari servira’ anche per superare le barriere che certi Stati pongono alla libera navigazione, per cercare notizie non soggette alla censura o raccontate da un punto di vista diverso da quello della maggioranza dei media. Un fatto e’ certo: dalla societa’ industriale siamo passati alla societa’ dell'informazione ed e’ sensato adattare le leggi al cambiamento. Ma senza fretta. E con la partecipazione di tutte le parti in causa. ================================================================== ______________________________________________ Il Giornale 17 apr. ’04 SAN RAFFAELE: DIDATTICA E FINANZIAMENTI E il San Raffaele mette in cattedra rateneo scientifico con lo sponsor da Milano Donare e’ particolarmente oneroso, ma non per tutti. C'e’ chi ha trovato uno stratagemma per aggirare l'ostacolo: la sponsorizzazione. E’ verso questa forma d'investimento che si e’ indirizzato uno dei tanti mecenati che finanziano l'attivita’ del San Raffaele. La Fondazione Prada, dell' omonima griffe italiana, sostiene all'Universita’ Vita e Salute di Milano la ricerca scientifica anche se non medica. Sovvenziona per un triennio quella, si potrebbe dire, del pensiero. Da novembre dell' anno scorso ha stipulato un accordo triennale, rinnovabile, assumendosi l'onere della cattedra, di cui e’ titolare il professor Massimo Cacciari, che ha assunto ufficialmente il nome di Cattedra Fondazione Prada di Filosofia Estetica. «Finanziandola - spiega Germano Celant, direttore artistico della Fondazione - intendiamo sostenerne l'attenzione al pensiero concreto che nelle arti trova la massima espressione: una collaborazione che crede nella ricerca pura e creativa quale base di una visione globale dell'esistere». Si tratta di una novita’ che entra a far parte del processo di riforma e rinnovamento dell' universita’ italiana, e piu’ in generale in tutti i settori della pubblica amministrazione. Recenti normative consentono una collaborazione per mezzo della quale il pubblico puo’ ottenere risorse finanzia rie dai privati. Un'opportunita’ possibile attraverso diverse forme organizzative, per esempio consorzi, societa’ miste e fondazioni di partecipazione. Ma a legare la Fondazione della stilista milanese all' ateneo Vita e Salute e’ la possibilita’, offerta dal legislatore, di costituire societa’ miste anche su spinta dei docenti. Ed e’ in questa direzione che s'inserisce la sponsorizzazione della cattedra di Estetica. Un evento, nuovo per la realta’ universitaria italiana, che potrebbe essere facilmente emulato soprattutto petche’ si rivela fiscalmente vantaggioso. La sponsorizzazione, indipendente dal fine umanitario, e’ un investimento a tutti gli effetti come altri nel campo della comunicazione e del marketing, ad esempio l'acquisto di spazi pubblicitari. Segue pertanto la trafila burocratica e fiscale dell'impresa. Un'operazione decisamente piu’ vantaggiosa di una donazione, questa per le aziende e’ detraibile per 2.065,83 euro , o alternativamente per il 2% del reddito d'impresa qualora l'importo dell'offerta sia maggiore. Un beneficio per la Fondazione che si rivela tale anche per l'universita’ di Don Verze’ che puo’ contare per la cattedra di Estetica su un finanziamento triennale di 300 mila euro. L'ateneo del San Raffaele oltre al vantaggio economico puo’ contare sullo stesso impegno da parte dell'organismo Prada per il non profit nell'ambito della cultura, della scienza e dell'arte. AL centro dell'accordo ci sono la liberta’ d'insegnamento del docente ed il rispetto delle esigenze relative al rapporto con gli studenti di cui l'ateneo si fa garante. ______________________________________________________________ Il Messaggero 15 apr. ’04 SENZA DI NOI, LE CORSIE SAREBBERO PRESE D’ASSALTO I DOTTORI DI BASE «Guido Terzilli non esiste piu’, preferisco pensare al dottor Kildare». Pierluigi Bartoletti, segretario regionale della Fimmg, ha cancellato dalla sua memoria il “medico della mutua” interpretato da Alberto Sordi, per indossare il camice di Richard Chamberlain, l’interprete di quel particolare medico un po’ angelo custode. «Il dottor Terzilli e’ ormai fuori del tempo. Una volta la scelta di essere medico della mutua era residuale, cioe’ quasi un ripiego. Ora invece e’ una decisione ponderata, professionale, non in contrapposizione con l’ospedale ma sicuramente dettata da motivazioni profonde. Il medico di famiglia adesso deve essere bravo a condurre i percorsi di salute invece che gestire da solo quadri patologici complessi». Per Bartoletti il Sistema sanitario privilegia chi si nasconde dietro il lamento o si accontenta di essere il “rubinetto” per diminuire la spesa farmaceutica. «La Fimmg e’ propositiva con la Regione perche’ vogliamo essere parte attiva del sistema - aggiunge -. Ad esempio abbiamo proposto il “dottor cup” e siamo disposti a prenderci le nostre responsabilita’ nelle prenotazioni di urgenza, ma anche nella gestione del malato verso l’ospedale e la sua presa in carico dopo le dimissioni. Con il progetto “flu line”, in quattro mesi abbiamo filtrato piu’ di 10mila persone durante l’epidemia influenzale con solo 5 ricoveri. Sono sempre piu’ convinto che invece di pensare al ponte sullo Stretto di Messina bisognerebbe investire nella salute. Lo sciopero di venerdi’? Gli studi rimarranno chiusi ma sono pronto a scommettere che i colleghi saranno, come sempre, a disposizione dei pazienti». Chi vive la professione di medico con frustrazione e’ lo specializzando, dottore a tutti gli effetti, studente per lo Stato. «Dopo anni di Universita’, arriva il momento della specializzazione. Altri anni di lavoro retribuiti con 966 euro lordi al mese per sfociare nelle precarieta’ piu’ assoluta - spiega Michele Russo della Federspecializzandi -. Dopo aver conseguito l’ultimo diploma, la prospettiva e’ quella di lavorare nelle guardie mediche, nelle cliniche private come turnisti o sperare in qualche sostituzione negli studi dei medici di famiglia. Il miraggio di un lavoro in una corsia ospedaliera, almeno nel Lazio, e’ lontanissimo perche’ sono bloccati i concorsi». ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 15 apr. ’04 COMPROMESSO IL LAVORO DEL MICROCITEMICO La denuncia dell’associazione "Cometa" Rischiano di saltare i finanziamenti per le malattie rare Bastano 210mila euro per salvare la vita a decine di bambini sardi, appena nati e affetti da malattie metaboliche e rare. Eppure quei soldi, per la prima volta dopo 15 anni, rischiano di non arrivare, compromettendo cosi’ parte dell’attivita’ portata avanti dal Servizio malattie metaboliche della Clinica pediatrica del Microcitemico di Cagliari, diretta da Stefano De Virgiliis, che e’ anche il Centro di riferimento regionale per questo genere di patologie. Il finanziamento, infatti, non e’ stato inserito nella manovra finanziaria per il 2004: l’unica soluzione e’ percio’ il ricorso a un emendamento, sollecitato dall’Associazione "Cometa Sardegna", fondata cinque anni fa e alla quale sono iscritte centinaia di famiglie sarde, e da De Virgiliis. "Non essendoci una legge regionale sulle malattie metaboliche, che in realta’ e’ stata presentata ancor prima che venisse istituita quella nazionale del 2001 ma e’ ferma da quattro anni in commissione - spiega De Virgiliis - per compensare questa mancanza ogni anno presento un progetto chiedendone il finanziamento, e finora siamo sempre riusciti a ottenerlo, garantendo il funzionamento del Centro, dove peraltro lavorano professionalita’ di eccellenza, non ancora strutturate e pagate pochissimo. Quest’anno, invece, la somma destinata al Centro non e’ stata prevista: chiaro che il rischio, se il finanziamento non viene recuperato con un emendamento, e’ che verrebbero a mancare gran parte delle prestazioni specialistiche. Per fare solo un esempio - continua De Virgiliis - la gasmassa, che con un unico esame e una sola goccia di sangue del neonato consente di identificare oltre 25 malattie ereditarie del metabolismo. Ed e’ una prestazione che, venendo a mancare quei soldi, probabilmente non potra’ piu’ essere garantita". Le stesse preoccupazioni vengono espresse dall’associazione "Cometa Sardegna", attraverso la presidente Luisa Molinas. "Se non dovesse piu’ arrivare quel denaro dalla Regione sarebbe un vero e proprio dramma - spiega - Sarebbero a rischio i macchinari e lo stesso personale, altamente specializzato. Il giorno in cui questi bambini non avessero piu’ questi soldi, per loro sarebbe la fine". Le famiglie, per il momento, aspettano fiduciose che quell’emendamento sia inserito e approvato, essendo la manovra finanziaria per il 2004 in discussione proprio in questi giorni nelle commissioni consiliari. Ma si dicono pronte a protestare, con fermezza, se quel finanziamento sara’ tagliato, impedendo di fatto quella diagnosi precoce che e’ l’unica possibilita’ di salvare decine e decine di bambini. "Lo screening neonatale e’ obbligatorio per tutti e consente di individuare, permettendo cosi’ alla nascita un tempestivo intervento, patologie come la fenilchetonuria e l’ipotiroidismo" spiega De Virgiliis, precisando che il lavoro e le ricerche del servizio del Microcitemico sono state riconosciute dall’Istituto superiore della Sanita’, che ha inserito il gruppo della Clinica pediatrica nel progetto di studio delle malattie rare che coinvolge altri otto ospedali italiani. E il Centro, che e’ anche il riferimento regionale per le malattie rare, e’ stato convenzionato nel ’96 da un’intesa fra Universita’, Asl e Regione, incassando anche un riconoscimento europeo con il controllo di qualita’ cui il centro del Microcitemico viene sottoposto dall’European Directory: al suo funzionamento si affidano le speranze di tante famiglie che, da anni, lottano per la vita dei loro bambini. Sa.Pa. ______________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 apr. ’04 A UDINE NASCONO GLI ESPERTI DI AUTISMO Dal 28 maggio corso all'ateneo friulano con lezioni teoriche e attivita’ di tirocinio L’Universita’ di Udine organizza un master universitario di primo livello su "Handicap e disabilita’ cognitive - Psicopatologia delle disabilita’ e autismo infantile" per approfondire le tematiche relative all'autismo infantile e ai numerosi disturbi psicopatologici che colpiscono le persone disabili. Il problema. Se negli ultimi anni gli studi sull'autismo hanno subito una forte accelerazione con altrettanti progressi nella comprensione del fenomeno e un significativo miglioramento della qualita’ di vita della persona autistica, non altrettanto si puo’ dire di tutte quelle forme di psicopatologie che colpiscono una percentuale rilevante di persone disabili. Tra autismo infantile e psicopatologia della persona disabile c'8 invece spesso un intreccio, senza contare che per le diverse forme di psicopatologia esistono modelli teorici e strategie d'intervento ancora poco noti in Italia ma la cui validita’ e’ gia’ riconosciuta a livello internazionale. Oltre ad approfondire tutte queste tematiche, durante il master particolare attenzione verra’ accordata alla professionalita’ dell'operatore, con riferimento alla comunicazione interpersonale e d'equipe, al problem solving, al decision making e al controllo dello stress. I requisiti. Per l'iscrizione al corso, diretto da Paolo Meazzini, e’ richiesta la laurea triennale o del vecchio ordinamento. L'iniziativa e’ diretta soprattutto a medici, neuropsichiatri, psicologi, insegnanti, pedagogisti e sociologi che operino all'interno di scuole, cooperative e altre strutture private o pubbliche. Possono essere ammessi anche diplomati universitari in logopedia e fisioterapia o con titoli equipollenti. STEFANIA MARTELLETTO ______________________________________________ Il Messaggero 17 apr. ’04 L’IPERTENSIONE E’ UNA PATOLOGIA MAL CONTROLLATA ROMA - In Italia l’ipertensione e’ una patologia mal controllata e sottostimata dai medici, nonostante siano 15 milioni gli italiani che ne soffrono. A lanciare l’allarme e’ uno studio del Cnr, dell’universita’ Milano-Bicocca e dell’Istituto superiore di sanita’ che ha tenuto sotto osservazione oltre 4000 pazienti. Solo il 15% degli ipertesi con pressione maggiore o uguale a 140 e il 34% degli ipertesi con la minima maggiore o uguale a 90 raggiungeva valori considerati sotto controllo. Vale a dire inferiori a 140 e a 90. Inoltre, l’86% dei pazienti presentava altri fattori importanti di rischio cardiovascolare (diabete, obesita’, ipercolesterolemia, fumo). La conseguenza, secondo il lavoro del Cnr coordinato da Roberto Volpe del Servizio protezione e prevenzione, ben il 42% dei pazienti ipertesi aveva un profilo di rischio cardiovascolare considerato alto e il 15% molto alto, tutte situazioni in cui vi e’ la necessita’ di un incisivo intervento farmacologico. ______________________________________________ Libero 13 apr. ’04 TRE DIVERSI TIPI DI CELLULE FANNO RISPUNTARE I DENTI STAMINALI PIÚ EPITELIALI ED ESENCHIMALI UTILIZZATE PER L'ESPERIMENTO Il tessuto dentale e’ cresciuto nei reni di alcuni topi cavia di GIANLUCA GROSSI LONDRA - Tra poco potremo dire addio alle dentiere, e sperare nella possibilita’ di vedere ricrescere i denti anche da adulti. t l'importante conclusione ottenuta dal ricercatore Paul Sharpe del King's College di Londra. Lo scienziato ha illustrato i suoi studi in un recente articolo pubblicato sulla rivista "The Ecanomist": sono i primi risultati concreti riferibili a una nuova branca dell'odontoiatria chiamata "odontoiatria rigenerativa". Si parte dai neonati. Essi sono caratterizzati infatti da una sorta di protodenti nascosti nelle gengive: il risultato dell'interazione di due tipi di _ cellule, le epiteliali e le mesenchimali. Gli studiosi hanno scoperto che coltivando insieme i due complessi citologici, e facendoli interagire con le cellule staminali neuronali di origine umana (chiaramente indifferenziate) si possono effettivamente creare" dei nuovi denti, del tutto identici a quelli che abbiamo normalmente, in bocca: le cellule dell'epitelio gia’ programmate per accogliere la dentina e lo smalto inducano le altre strutture cellulari a trasformarsi in cellule orali mesenchimali, e a fornire quindi le basi per lo sviluppo di tessuti prima inesistenti. Essi hanno compiuto un'operazione che non e’ esagerato definire avveniristica: hanno infatti impiantato l'intera colonia cellulare ("primordium") nel rene dei topi, un ambiente ideale per far sviluppare i denti perche’ molto irrorato e ricco di ossigeno, giungendo infine a dimostrare che in effetti dalla compartecipazione di cellule epiteliali, mesenchimali staminali potenzialmente possibile "forgiare" ex novo canini, incisivi e molari. Siamo solo all’inizio,commentano i ricercatori, ma tutto lascia presagire che in futuro potremo davvero scordarci di rimanere sdentati, e anche per chi e’ molto avanti con gli anni potrebbe esserci verosimilmente la possibilita’ di ritrovarsi ancora con un bel sorriso smagliante, addirittura meglio del risultato ottenibile solo con costose e spesso fastidiose protesi. Sharpe sostiene infine che in questo momento gli studi si stanno concentrando sull’individuazione di tutti i geni responsabili dello sviluppo della dentatura, per poter intervenire su quelli piú importanti: uno di questi e’ gia’ stato classificato, si chiama Barxl, ed e’ il precursore dei denti molari. Dopo l’esperienza positiva sui topi, la fase successiva dovrebbe portare ad impiantare finalmente un "primordium" direttamente sulla gengiva di persone che hanno perso i denti. _____________________________________________________ Il Giornale 11 apr. ’04 NIENTE DOLORE DAL DENTISTA CON LA CURA ALL'OZONO ANTICARIE Sulla poltrona del dentista senza anestesia, senza trapano e soprattutto senza dolore. E’ il sogno di tutti i pazienti ed e’ quanto promette la terapia dell'ozono per «sconfiggere» la carie. La tecnica, che utilizza un apposito apparecchio che eroga ozono, ed e’ gia’ utilizzata con successo in altri Paesi europei come Gran Bretagna e Germania, e’ stata sperimentata anche in Italia, in particolare all'Universita’ Vita-Salute San Raffaele di Milano e all'universita’ La Sapienza di Roma. I protocolli clinici e i risultati delle sperimentazioni condotte dai ricercatori italiani saranno presentati in un Simposio internazionale, durante il congresso nazionale del Collegio docenti di odontoiatria, in programma a Roma il prossimo 23 aprile. L'ozono - sostengono gli specialisti - e’ capace di interferire sui meccanismi di progressione della carie attraverso la sterilizzazione della lesione, inducendo cosi’ il Dentista al lavoro opposto di guarigione (remineralizzazione spontanea) e rendendo i denti molto piu’ resistenti ad un eventuale e successivo «attacco». Grazie ai rilevatori elettronici della carie - spiegano ancora gli esperti - si puo’ eseguire una diagnosi precoce di lesioni iniziali e intervenire con il trattamento a base di’ ozonoterapia, senza dolore e in pochi -secondi. Successivamente, attraverso il fluoro contenuto nella saliva o somministrato per via locale, si puo’ avere una guarigione della lesione. _________________________________________________________ L’Arena 13 apr. ’04 ECCO LE NUOVE FRONTIERE DELLA RISONANZA MAGNETICA RICERCA. Francesca Zanderigo al convegno di Venezia « Un esame per lo studio del flusso sanguineo attraverso il cervello» Si tiene a Venezia un importante convegno dell’Ismrm la societa’ internazionale per la risonanza magnetica, e un invito a partecipare in qualita’ di relatrice e’ arrivato da parte di Robert Goldstem responsabile della didattica dell'Universita’ di Berkeley in California, a Francesca Zanderigo, impegnata in un dottorato di ricerca all'Universita’ di Padova. Un invito quello per il 22 prossimo nato dopo aver visionato alcuni risultati preliminari della ricerca intrapresa dall'e’quipe guidata dal professor Claudio Cobelli, ordinario di bioingegneria all'Universita’ di Padova, di cui, oltre a Francesca, fanno parte i ricercatori Alessandra Bertoldo, Gianluigi Pillonetto assieme al neuroradiologo Mirko Cosottini, gia collaboratore del Cnr, il Centro nazionale delle ricerche, di Pisa. Un invito che rappresenta un'occasione di prestigio per tutta l'Universita’ patavina. Francesca e nata a Lavagno, ma vive e lavora a Padova. Ventiquattro anni, minuta, non molto alta, con lunghi capelli biondi e con in tasca una laurea in ingegneria elettronica ad indirizzo biomedico conseguita con il massimo dei voti e lode all'Universita’ di Padova. Proprio qui da due mesi svolge il suo dottorato di ricerca in bioingegneria. «E il mio battesimo del fuoco perche’ piu’ degli altri mi sto occupano di come applicare le teorie ai dati di pazienti reali. Per questo il mio professore vuole che intervenga io a questo convegno internazionale organizzato da Fernando Calamante, spagnolo che lavora a Londra, Leif Ostergaard danese e da Robert Goldstein». L'argomento della relazione? «Presentero’ i risultati raggiunti utilizzando la Risonanza magnetica nello studio del flusso sanguineo attraverso il cervello. L'esame fornisce un segnale elettrico che noi ci proponiamo di tradurre in grandezze oggettive, universalmente valide e leggibili dal medico cui spetta decidere come intervenire sul paziente». Ma questo gia’ si fa. «Si’, attraverso la Pet, la Tomografia ad emissioni di positroni. Un esame, pero’, che presenta dei rilevanti punti di svantaggio: occorre iniettare in vena al paziente un liquido di contrasto radioattivo, c'e’ bisogno di macchinari specifici (i ciclotroni) poco diffusi e i costi dell’ esame sono elevati». E voi, allora, cosa vorreste ottenere? «Lo stesso risultato adoperando, pero’, la risonanza. Cosi l'esame si potrebbe realizzare in tutti i centri ospedalieri, sarebbe meno costoso e, soprattutto, meno invasivo per il paziente perche’ usa un agente di contrasto non radioattivo: il gadolinio». Siete i soli a svolgere Vesto tipo di ricerche. «No, il problema, pur molto nuovo, interessa ricercatori un po' in tutto il mondo». Ma la risonanza si usa ormai da vent'anni e,.. «E vero. Fino a poco tempo fa, pero’, per passare dal segnale della risonanza ai parametri utili per i medici veniva usata la SVD, singolar value decomposition (decomposizione mediante valori singolari), una tecnica di tipo statistico che presenta una serie di problemi, evidenziati da tempo, dipendenti da parametri soglia introdotti arbitrariamente dal ricercatore. Percio’, i risultati non sono oggettivi e non sono confrontabili tra diversi gruppi di lavoro. Il nostro obiettivo e’ di arrivare a qualcosa di piu’ standardizzato con caratteri di universalita’». Ma quali sono gli obiettivi della ricerca? «Rendere i risultati delle analisi mediante risonanza piu’ oggettivi e ricostruire una informazione fisiologica sulla permanenza del sangue. in una determinata regione per indagare lo stato di avanzamento di patologie quali la stenosi delle arterie carotidee e l’ictus». Settori di applicazione? «Oltre a quelle gia’ accennati, vorremmo studiare anche l'epilessia e le dinamiche del flusso sanguineo nel cuore». Giuseppe Corra’ __________________________________________________________ Il Gazzettino 14 apr. ’04 IL CANCRO AI POLMONI UCCIDE PIU’ DONNE DI QUELLO AL SENO Washington Uccide piu’ donne americane il cancro ai polmoni del cancro al seno: lo rivela uno studio pubblicato ieri dal Journal of the Amercan Medical Association (Jama), che parla di epidemia femminile mondiale dei ventunesimo secolo, mentre il fenomeno e’ in diminuzione presso gli uomini. Secondo Jyoti Pote, il medico che ha coordinato lo studio, «tra il 1990 e il 2003 il numero di nuovi casi di cancro ai polmoni e’ aumentato del 60 per cento tu le donne, mentre negli uomini il numero e’ rimasto stabile». Nel 2004 le donne americane che moriranno di cancro al polmone, saranno un numero equivalente a quelle che perderanno la vita per tumori di carattere ginecologico, precisa lo studio. Secondo la ricerca pubblicata dal periodico scientifico americano, l'estensione dell'incidenza del cancro al polmone sulle donne non sarebbe per niente collegata al fumo. ___________________________________________________________ IL SECOLO XIX 15-04-2004 LA CATARATTA SCIOLTA CON IMPULSI DI ACQUA Genova. La cataratta si scoglie via con l'acqua. Non quella del rubinetto ovviamente, ma L’acqua tiepida e lievemente aspirata secondo una tecnica nuova messa a punto da una ristretta equipe di oculisti italo-francese. «La cataratta anziche’ essere distrutta dagli ultrasuoni, viene sciolta da una serie di impulsi di acqua», spiega l'oculista genovese Federico Rathschuler precisando che assieme a Roberto Ravera di Albenga e Philippe Crozafon di Nizza, in tre mesi sono stati operati oltre 200 pazienti «senza campiicazioni’». Gli interventi sono stati compiuti in strutture private tra Italia e Francia e rappresentano un record europeo. La tecnica, che si chiama "AquaLase", risulta indolore e veloce. E fa capire come un banale degrado dell'occhio sia sempre piu’ diffuso tra la popolazione e non soltanto ultrasessantenne. Non a caso, cioe’, la microchirurgia si e’ affinata velocemente, dovendo tenere il passo con l'alto'numero di pazienti. - E' stato Philippe Crozafon, luminare nella cura della cataratta, a dare indicazioni alla «Alcon", societa’ statunitense, perche’ riuscisse a costruire una macchina capace di questo intervento: senza anestesia, se non quella di un collirio (la cosiddetta "anestesia topica"), e senza ricovero vista che in un paio d'ore il paziente puo’ ritornare a casa: con un cristallino nuovo, e finalmente, senza ombra davanti al proprio orizzonte. La microchirurgia, quindi, ricorre all'acqua calda: E non per banalita’, L'ipotesi di usare un elemento cosi’ naturale per combattere la prima causa al mondo di cecita’, come sottolinea Ratschufer, diventa sempre piu’ allettante oltre che realizzata, «Siamo arrivati all'uso dell'acqua osservando che durante gli interventi al laser, il liquido ammorbidisce la cataratta facilitando l'operazione». «Si opera a qualsiasi eta’, ma abbiamo avuto casi di persone sui 35- 40 anni che gia’ avevano presentavano questo tipo di problema». Negli Stati Uniti, l'intervento all'acqua e’ gia’ stato collaudato. In Giappone sta per essere adottato dai chirurghi oculari anche avvalendosi dell'esperienza europea. La nuova macchina usata per AquaLe’se costa sui 78 mila euro. Per il paziente;' invece, il costo di’ uri intervento e’ variabile: va dai 4 ai 7 mila euro. ______________________________________________________________ Corriere della Sera 16 apr. ’04 PARKINSON DEI GIOVANI, SCOPERTO IL GENE Ricerca italiana sulla forma che colpisce in eta’ precoce. Dallapiccola: primo passo per farmaci rivoluzionari De Bac Margherita ROMA - Una famiglia di Marsala, diversi matrimoni tra consanguinei, la stessa malattia che colpisce quattro persone tra padri, figli e nipoti. E’ su questo quartetto cosi’ speciale che i neurologi dell' Universita’ Cattolica di Roma 4 anni fa decidono di indagare. Vogliono scoprire qual e’ il segreto che li lega e li condanna a una forma di Parkinson giovanile. L' avventura attraverso i misteri della degenerazione cerebrale che non ha risparmiato personaggi celebri (il Papa, Cassius Clay) si e’ conclusa ieri, con la pubblicazione dello studio sulla rivista «Science». Le nuove conoscenze potrebbero determinare un cambiamento radicale nelle cure e portare alla messa a punto dei primi farmaci terapeutici e addirittura preventivi. Ci vorranno alcuni anni, ma la prospettiva non e’ remota. Il segreto e’ racchiuso in un gene di una piccola regione cromosomica, ribattezzato Pink1, che i quattro componenti della famiglia siciliana condividono. E’ questo piccolo elemento del Dna che, se alterato, impedisce il corretto funzionamento dei mitocondri, minifabbriche di energia per le cellule del cervello. Ecco allora che, in presenza del difetto, i neuroni non vengono alimentati e vanno incontro al deterioramento. Col tempo, man mano che le cellule nervose muoiono, compaiono i segni del Parkinson. «Possiamo pensare di sperimentare sui pazienti dei farmaci che permettono al mitocondrio di mantenere la sua funzione di motore - spiega Alberto Albanese, il neurologo dell' Universita’ Cattolica che ha seguito la ricerca dall' inizio, assieme ad Anna Rita Bentivoglio -. Terapie del genere esistono gia’, sono utilizzate per altre patologie, si tratta di provarle per il Parkinson. Per la prima volta possiamo ipotizzare di cambiare il destino del morbo». Allo studio pubblicato da «Science» hanno partecipato diversi gruppi, quasi tutti italiani. Il gene Pink1 e’ stato individuato da Enza Maria Valente, giovane neurogenetista, ex della Cattolica, anni di formazione a Londra, ora in forze presso l' Istituto romano Mendel diretto da Bruno Dallapiccola. I finanziamenti sono arrivati da Telethon, che ha investito in questo settore 750 mila euro dal ' 97, per sette progetti. «Comprendere le basi biologiche di una malattia e’ il primo passo per impostare strategie farmacologiche - dice Dallapiccola -. Non tutte le forme di Parkinson sono ereditarie e non sappiamo quanto sia diffusa quella della famiglia di Marsala e delle altre tre che, successivamente, sono state identificate in Italia e Germania. Il Pink1 sembra avere un ruolo speciale rispetto ai 5 geni che gia’ conosciamo». Il Parkinson e’ la piu’ frequente malattia degenerativa dopo l' Alzheimer, una delle piu’ diffuse dell' eta’ avanzata. Colpisce il 2% della popolazione dopo i 65 anni e il 3-4% dopo i 75, puo’ esordire anche in eta’ giovanile. Margherita De Bac mdebac@corriere.it DAL 1817 La malattia prende il nome dal medico inglese James Parkinson che la descrisse, definendola «paralisi agitante» gia’ nel 1817 PRIGIONIERI I malati di Parkinson si definiscono «prigionieri del proprio corpo»: il morbo di Parkinson e’ infatti un progressivo disturbo neurodegenerativo che provoca la perdita di controllo dei movimenti SINTOMI Rigidita’ degli arti e del collo, bradicinesia, regolari scatti involontari degli arti, della testa, della bocca, della lingua, perdita dell' equilibrio e della coordinazione 4 MILIONI DI PERSONE in tutto il mondo sono affette dal morbo di Parkinson. In Europa quasi il 2% della popolazione sopra i 65 anni 5.000 EURO ALL' ANNO e’ il costo complessivo di un «parkinsoniano» all' anno. Dopo la diagnosi, in media la sopravvivenza e’ di diciassette anni 80% CURATI CON FARMACI La terapia piu’ utilizzata e’ a base di Levodopa, una sostanza introdotta 30 anni fa. Viene somministrata all' 80% degli ammalati 250.000 GLI AMMALATI IN ITALIA Nel nostro Paese la media e’ di 1.200 nuovi casi all' anno. In Europa entro il 2020 il 40% degli over 75 sara’ colpito dal morbo ______________________________________________________________ Corriere della Sera 13 apr. ’04 IL SESSO? SERVE ANCHE A RIPARARE IL NOSTRO DNA Cosi’ e’ possibile la «manutenzione» dell' elica della vita che va trasmessa integra Sgaramella Vittorio A che serve il sesso? Per la riproduzione (e per il piacere) di chi lo pratica, si dice. Si sa che possono farne a meno quasi tutti gli organismi inferiori, molte piante e su 43 mila specie note di vertebrati solo pochi pesci, rettili, anfibi; ma non i mammiferi. Perche’? Due le spiegazioni a confronto: la prima che il sesso serve a rimescolare i geni e favorire l' evoluzione e la salvaguardia della specie, la seconda - piu’ recente - e’ quella che vede il sesso come momento di «riparazione» del Dna. Secondo il modello finora accettato, quello di Lucrezio-Weismann-Fisher-Muller, la riproduzione per via sessuale favorisce il rimescolamento dei geni e quindi delle caratteristiche che ne sono codificate, cioe’ aumenta la biodiversita’ (la possibilita’ di «rimescolare» i geni in modo da annullare i rischi letali per la specie). In altri termini, i cambiamenti ambientali sfavorevoli ai genitori potrebbero non esserlo piu’ per alcuni dei figli selezionati in base al rimescolamento dei geni. Sarebbe questo il segreto dell' evoluzione? Oggi pero’ prevale un secondo modello: intuito da Platone, ripreso da Freud, sviluppato da Maynard Smith e divulgato da Michod in Eros and evolution propone che il sesso serve a... riparare il Dna (gli effetti sull' evoluzione ci sono tutti, ma indiretti). Si tratta di un «tagliando» al Dna, tale da consentire una «sana» riproduzione, che avviene ogni volta che entrano in campo le cellule sessuali (i gameti). Ad ogni atto sessuale si «riprogramma» il Dna, si sana, si ripara rispetto ai rischi ambientali e, se tutto funziona, nascera’ un figlio con un Dna piu’ «forte». Con questo nuovo modello si sanerebbero diversi paradossi, come la diffusione del sesso contro i suoi costi (la ricerca del partner e’ solo l' inizio!); l' insensatezza di scompaginare genomi (Dna) di successo in omaggio a biodiversificazioni (combinazioni di geni diverse e vincenti) vantaggiose in nuovi ambienti tanto ipotetici quanto generazionalmente lontani; la continuita’ evolutiva delle specie asessuate contro la discontinuita’ delle sessuate (persino Darwin era turbato dagli «anelli mancanti»). Anni fa il Nobel Jacob noto’ che la natura fa bricolage, ma piu’ che riparare, ricicla. L' uomo e’ fatto da miliardi di cellule, differenziate in circa 200 tipi riconducibili a due linee: la somatica (sangue, cuore, cervello, pelle, eccetera) e la sessuale (gameti: spermatozoi nei maschi, ovuli nelle femmine). Le cellule somatiche servono alla vita dell' organismo, le sessuali (i gameti) alla sua riproduzione. Ogni cellula abbonda di proteine, Rna, etc, ma ha un unico Dna: di norma dopo l' avvio si mette a riposo e fa lavorare le sue copie di scorta che ne assicurano le funzioni. Il Dna e’ a termine e dura al piu’ una vita, almeno nelle cellule somatiche. Nei gameti invece passa da una generazione all' altra: e’ perpetuo. Il Dna di ogni cellula umana contiene tre miliardi di «lettere» combinate in parole diverse: quattro basi azotate, A, C, G e T, in un' infinita’ di combinazioni diverse. Sono tutti siti sensibili: radiazioni e sostanze chimiche ne colpiscono un migliaio al giorno. Danni, o alterazioni di struttura, e mutazioni, o alterazioni di sequenza, s' accumulano, causano malattie genetiche e accelerano l' invecchiamento. Sbagli che la cellula somatica ripara senza strafare, se sono pochi. Se sono tanti, e ripararli crea scompiglio, attiva un programma di suicidio cellulare, ma l' organismo si salva: anche le cellule abbondano. Se sono troppi gli sbagli, e’ il caos: salta pure il programma di suicidio e si rischia il cancro. Ben altra la cura al Dna nella linea sessuale. Non per amore della discendenza, ma solo perche’ altrimenti il Dna non si replica. Grazie al sesso infatti il Dna gratifica il suo narcisismo: si perpetua, resta discontinuo e serve l' evoluzione. In genere le cellule subordinano la loro vita alla replicazione del Dna, possibile solo se e’ integro: ma per mantenerlo tale ci vuole tempo e energie. Ecco perche’ la natura ne ha reso la manutenzione cosi’ allettante che per goderne c' e’ chi e’ pronto a morire: di «infortuni sul lavoro» sono vittime la mantide religiosa, il topino col marsupio, il cactus centenario; l' uomo non si ferma neppure davanti all' Aids. La nostra cultura l' ha sublimata in un ideale (amore) e svilita in un' ossessione (sesso) nel cui nome si compiono mirabilia e crimini. Qui possiamo solo riassumere la logica del ruolo del sesso nella manutenzione del Dna. Per correggere un testo occorre una copia buona di scorta: meglio se, come in una pellicola cinematografica, c' e’ anche un negativo. Il Dna e’ fatto da due eliche intrecciate: una e’ il negativo (o il complemento) dell' altra. La sequenza di basi di un' elica, determina quella dell' altra: gli sbagli di una sono corretti per confronto con l' altra. Qui scatta la prima riparazione. Le cellule somatiche hanno due doppie eliche di Dna, una materna e una paterna. Questo permette di ripararle tutte e due, purche’ i danni siano diversi: nella seconda riparazione la doppia elica giusta fa da back-up alla sbagliata. Ma ai gameti (le cellule sessuali) non basta. Hanno solo una doppia elica di Dna e devono passarla ai discendenti: va riparata al meglio. E cosi’ e’, grazie a un terzo tagliando che le cellule progenitrici staccano prima di diventare gameti: anch' esse, come le somatiche, hanno due doppie eliche, che pero’ replicano non una ma due volte. Questo evidenzia tutti gli sbagli presenti su ogni singola elica e ne ottimizza la correzione. Che non opera a pioggia: un capolavoro d' ingegneria riparativa allinea le doppie eliche materna e paterna e accumula le parti giuste in una, quelle sbagliate nell' altra. Le nuove doppie eliche, miste materne/paterne, finiscono ciascuna in un gamete: quella meglio riparata avra’ una maggiore probabilita’ di successo nella fecondazione naturale. I gameti si mobilitano a milioni e anche se revisione (specie su ovuli) e selezione (di spermatozoi) sono severe, su cento nascite registriamo quattrocento aborti e quattro malformazioni congenite. In vitro il rischio sale: c' e’ revisione, non selezione. E ancor di piu’ con la clonazione: manca anche la revisione. Sulla riproduzione resta molto da imparare: ad esempio perche’ e’ facile clonare piante, ma non animali. «Conoscenza e’ potenza», ammoniva F. Bacone. Queste transazioni spiegano anche perche’ nei figli ricompaiono tratti presenti nei nonni e non nei genitori (e viceversa). Lo noto’ Lucrezio nel De rerum natura, ma forse fuorviato dalla sua vena poetica manco’ il modello giusto. Peccato, perche’ l' aveva gia’ abbozzato quattro secoli prima Platone nel Simposio. Il sesso e’ tabu’ e lo si esorcizza in favole. Dopo cavoli e cicogne archiviamo lotta a parassiti, biodiversita’, etc, come sottoprodotti del sesso: della vita toccano l' hardware (cellule, organismi) piu’ che il software (Dna). Infine: perche’ il Dna? Se siamo strumenti di un disegno divino, amen. Alcuni cercano ragioni scientifiche: il Nobel Monod, e prima Democrito, ci vedono figli di caso e necessita’. Si sa ancora ben poco della termodinamica di un processo che mira essenzialmente al Dna. Ma su Marte, o altrove, con chimica e fisica simili alle nostre, c' e’ una molecola cosi’ egoista da asservire la biosfera e bella da rispettare la sezione aurea? Vittorio Sgaramella 4 IL NUMERO delle basi azotate che compongono il Dna Si tratta dell' Adenina, della Citosina, della Guanina e della Timina 3 I MILIARDI di basi azotate (A, C, G e T) che si trovano nel Dna di ogni cellula umana e che danno vita alle combinazioni piu’ diverse 46 I CROMOSOMI presenti nelle cellule dell' uomo: 22 coppie di omologhi e una coppia di cromosomi sessuali Scoperto gene della malattia di Crohn Scienziati dell' Universita’ di Toronto (nella foto) hanno identificato il gene responsabile della malattia di Crohn, infiammazione cronica che colpisce il canale alimentare e, in particolare, intestino tenue e colon ______________________________________________________________ Le Scienze 16 apr. ’04 IL CAVALLO DI TROIA DELL'HIV Le cellule infette non vengono riconosciute dai sistemi di difesa del corpo Alcuni ricercatori del Children's Hospital di Philadelphia stanno studiando i dettagli del modo in cui il virus HIV riesce a travestire i geni nelle cellule infette per passare inosservati dal sistema immunitario. Gli scienziati hanno identificato proteine cellulari espresse durante l'infezione che consentono alle cellule infette da HIV di evitare l'apoptosi, il cosiddetto suicidio cellulare. Questo meccanismo di sopravvivenza permette al virus di mantenere l'infezione all'interno delle cellule compromesse. Le scoperte, per ora basate soltanto su studi sulle cellule e non su pazienti, potrebbero condurre in futuro verso trattamenti per eliminare del tutto le infezioni di HIV. Gli attuali metodi si basano su una combinazione di farmaci (terapie anti-retrovirali altamente attive) che non elimina livelli di infezione latenti. Lo studio, pubblicato sul numero di marzo della rivista "AIDS", si basa su ricerche precedenti dello stesso autore, Terri H. Finkel, che mostravano come l'HIV non uccide sempre le cellule immunitarie infette. Elimina, invece, le cellule vicine e in qualche modo impedisce ad almeno alcune delle cellule infette di morire. "Abbiamo scoperto che un gene chiamato HALP - spiega Finkel - svolge un ruolo cruciale nella protezione delle cellule infette. HALP interferisce con l'apoptosi e di solito ha un compito benigno, ma in caso di infezione di HIV impedisce alle cellule T infette di essere attaccate dal sistema immunitario, rendendole libere di riprodurre il virus". ______________________________________________________________ La Stampa 14 apr. ’04 ASMA E ALLERGIE? PUO’ ESSERE UTILE UNA VACANZA IN MINIERA SPELEOTERAPIA UN SISTEMA ORIGINALE CHE PUO’ AIUTARE A RITROVARE IL BENESSERE IMPORTANTI LA TEMPERATURA BASSA COSTANTE, L’UMIDITA’ ALTA, L’ASSENZA DI POLLINI. L’ESEMPIO DI PREDOI IN VALLE AURINA DUE ore al giorno in grotta per respirare meglio e alleviare i disturbi di asma, bronchite cronica, diversi tipi di allergia: si chiama speleoterapia, e’ (anche) un ottimo modo per reimpiegare le miniere abbandonate e contraddice l’idea comune che vuole la vita sottoterra subdolamente nemica dei polmoni e delle vie respiratorie. I primi a trarne inconsapevolmente beneficio furono i civili tedeschi che durante la seconda guerra mondiale si rifugiarono nelle grotte di Klutert per sfuggire ai bombardamenti. Giorni e notti, settimane e mesi di ansia e patimenti dai quali pero’ chi soffriva di disturbi respiratori usciva rigenerato e, talvolta, guarito dai disturbi. Firmata la pace, l’usanza gia’ diffusa da tempo nella pratica popolare dell’Europa orientale, prese piede in Austria e in Germania, il Paese che oggi conta il maggior numero di centri di questo tipo, dodici, utilizzando le grotte naturali o, piu’ spesso, le reti di cunicoli delle miniere sfruttate. Una cura dapprima solamente empirica che nei decenni e’ stata codificata, stabilendone i meccanismi di funzionamento e i parametri di riferimento per valutare l’idoneita’ di un sito: intanto l’accesso limitato al mondo esterno, assicurato dai pozzi di ventilazione che regolano flusso e ricambio dell’aria, deve garantire che nella galleria entrino quantita’ minime di allergeni, pollini e polveri, e ne preservano la purezza. Inoltre, sono necessari clima stabile, umidita’ relativa dell’aria di circa il 95%, temperatura costante di circa 9° centigradi: condizioni che rendono l’aria qualitativamente ottimale per garantire un’azione rilassante sulle vie respiratorie. Ne beneficiano cosi’ le mucose con esiti positivi in affezioni come asma bronchiale, bronchiti, faringiti, riniti e sinusiti croniche, allergie da polline e enfisema polmonare. Come per le cure termali, e’ la ripetizione ad assicurare il risultato: i medici consigliano un soggiorno di un paio d’ore durante almeno due settimane per avere benefici visibili e duraturi. Il silenzio e la quiete - a patto che non si soffra di claustrofobia - sono un elemento psicologico secondario ma ugualmente benefico, che si sfrutta dotando la «sala», pavimentata, isolata e resa abitabile, di confortevoli lettini e di indumenti termici, indispensabili contro il freddo. Dall’estate scorsa anche in Italia esiste una di queste «gallerie climatiche». A «copiarla» dalla vicina Austria sono stati gli altoatesini della Valle Aurina, nell’estremo Nord del Paese. Usufruendo di fondi della Comunita’ Europea e di finanziamenti statali e regionali, il tratto finale della galleria St. Ignaz, la piu’ profonda delle vecchie miniere di rame di Predoi (Prettau), che corre a 1100 metri nel cuore della montagna, e’ stato dotato di porte stagne e attrezzato per brevi soggiorni. Vi si arriva con il classico trenino da miniera, equipaggiati con cerate, sacchi a pelo di piumino e, volendo, riviste e libri, anche se il consiglio e’ di rilassarsi completamente e compiere esercizi di respirazione profonda che favoriscono il «lavoro» dell’aria fresca e pura. Prima, o dopo la cura, si puo’ visitare il museo minerario allestito nelle gallerie che rievoca in modo realistico i tempi, tutto sommato non lontanissimi, in cui nemmeno con la fantasia piu’ sfrenata si sarebbe potuto pensare a quello come a un luogo salubre e a una fonte di benessere fisico. Carla Reschia