Questa rassegna in http://pacs.unica.it/rassegna Indicizzata in http://pacs.unica.it/htdig/search.html Mailing list: medicina@pacs.unica.it AUMENTANO I DOTTORI CON LA LAUREA TRIENNALE - CON LA LAUREA DA GRANDE FARÒ... - QUELLA SFIDA DECISIVA PER IL POSTO IN AULA - ITALIA BATTISTRADA UE NELLE LEZIONI ONLINE - I TITOLI DOPPI CHE PORTANO IN EUROPA - INCENTIVI A MATEMATICA E SCIENZE PER AUMENTARE LE IMMATRICOLAZIONI - FISICA / DALL'AMBIENTE ALLA FINANZA - INFORMATICA / IMPRESE ED ENTI PUBBLICI - ASTRONOMIA E ASTROFISICA / POCHI LAUREATI L'ANNO - UNIVERSITÀ, INDUSTRIA E GOVERNO IL TRIANGOLO PERFETTO (NEGLI USA) - NIENTE RICERCA, NIENTE SVILUPPO. - ATENEI, IL GRANDE RISIKO DEI RETTORI - LE ELEZIONI DEL RETTORE ALLA SAPIENZA - RICERCA SCIENTIFICA OK MA BARI NON HA RICADUTE ADEGUATE - L'E-MAIL PIACE ALLE AZIENDE - SE I NOBEL SI SCHIERANO CON LUZZATTO - SCIENZIATI, IMPARATE ANCHE A COMUNICARE - LEVI MONTALCINI: CHE AVVENTURA LA SCIENZA - TROPPO CALCIO, POCA SCIENZA - ================================================================== REGIONE SARDEGNA: NERINA DIRINDIN (TORINESE) ALLA SANITA’ - DIRINDIN: L’OPPOSIZIONE ATTACCA - DIRINDIN: CURRICULUM VITAE - RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE - È PRECARIA LA CORSIA DEI MEDICI? - AL DOTTORE IL POSTO PIACE - VIA DALLA CHIRURGIA: BAGARRE AL POLICLINICO - ANESTESIA REGINA DI «BORSE» - UN PRELIEVO «PENSIONA» LA GASTROSCOPIA - DANNI AL GINOCCHIO, C'È IL TRAPIANTO DI CARTILAGINE - CANCRO AL SENO, LA RIVOLUZIONE "COSÌ SI SCONFIGGE PER SEMPRE" - LE ENDORFINE ALLA BASE DEL RAPPORTO MADRE-FIGLIO - MASCHI STERILI, È COLPA DEL CELLULARE - L'ENERGIA DEL LASER PUÒ ALLEVIARE I DOLORI - «TANGENTI SUI RICERCATORI», ARRESTATO UN FARMACOLOGO - L'ALCOOL PROTEGGE LE DONNE DALL'OSTEOPOROSI - UNA NUOVA PROTEINA CHIAVE NELLA DIVISIONE DELLE CELLULE - SANITÀ: SIRCHIA PER UN CENTRO NAZIONALE DI PREVENZIONE DELLE MALATTIE - INCINTA DI TRE GEMELLI SÌ ALL' ABORTO SELETTIVO - RESISTENZA AL VIRUS DELL'AIDS - UN MARCATORE GENETICO PER L'ARTRITE - NEUTRALIZZARE STREPTOCOCCUS MUTANS - ================================================================== _____________________________________________________ L’Avanti 28 Giu. 2004 AUMENTANO I DOTTORI CON LA LAUREA TRIENNALE Ma la vera piaga del sistema restano gli studenti fuori corso ROMA - Raddoppia il numero dei laureati. Migliorano le performance degli studenti. Cresce la frequenza alle lezioni, aumentano le esperienze di stage e tirocinio, diminuiscono i delusi dell'esperienza universitaria. Novità positive anche per la prima infornata delle lauree triennali. In aumento il numero degli studenti che finiscono il corso entro il periodo previsto. Ma non mancano i punti critici: diminuisce la propensione agli studi all'estero e viene confermata la volontà, per i due terzi della popolazione analizzata, di proseguire gli studi dopo la laurea breve, con un sistema che non sembra in grado di avviare in maniera diffusa i bienni della "specialistica". Questi, in sintesi, i risultati della sesta indagine di AlmaLaurea sul profilo dei laureati tra il gennaio e il dicembre del 2003. L'indagine ha preso in esame centomila studenti, in 27 atenei, che hanno concluso il corso di laurea: 72 mila che hanno seguito il vecchio ordinamento, quasi 20 mila triennali, poco più di mille e 700 lauree specialistiche a ciclo unico e 500 di durata biennale. La novità assoluta dell'indagine è relativa ai primi studenti che hanno ottenuto la laurea triennale. Fino al dicembre del 2003 hanno terminato il corso in regola poco più del 31 per cento degli iscritti. Ma il dato potrebbe trarre in inganno. Le prime iscrizioni, infatti, sono state nell'anno accademico 2001-2002, quindi la gran parte dei "pionieri" ha ancora a disposizione la sessione estiva e quella invernale per laurearsi. Quelli che hanno già preso il titolo sono gli studenti che hanno ottenuto il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, con il riconoscimento degli esami già fatti, e quindi con un percorso abbreviato. A questi si aggiungono gli iscritti a quegli atenei, pochi a dire il vero, che hanno anticipato la riforma Berlinguer. Se il trend venisse confermato la riforma centrerebbe uno degli obiettivi centrali: la riduzione drastica dei "fuori corso", uno dei mali peggiori e radicati del sistema universitario italiano, che lo ha sempre distinto dagli altri Paesi avanzati. L'universo femminile si conferma il più numeroso, quasi il 60 per cento. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 CON LA LAUREA DA GRANDE FARÒ... Viaggio fra le 500 proposte dell'area scientifica e sanitaria Da grande farò lo scienziato, oppure l'astronauta». E auspicabile che, per chi si appresta in questi mesi a iscriversi a un corso di laurea, le idee vaghe dell'infanzia abbiano lasciato spazio a progetti più puntuali e precisi sugli ambiti di studio da affrontare e sul proprio futuro professionale. In caso contrario, infatti, la scelta del corso di laurea diventa un compito arduo, soprattutto per chi ha in mente uno dei percorsi scientifici che presentiamo in questo secondo numero della Guida Università (il primo, dedicato alle aree economico-giuridica, umanistica e psicosociologica è stato pubblicato lunedì scorso). Più di 500 titoli. L'elenco dei corsi che appartengono a quest'area di studio è sterminato, i titoli sono più di 500, per cui l'esigenza di fare chiarezza è stringente. Chiarezza, in questo caso, significa classificazione, e per questo motivo la presentazione dei corsi all'interno dell'inserto procede per i rami più interessanti con un occhio attento agli sbocchi professionali. La trasformazione. Lo scopo di questo lavoro è di offrire un bagaglio informativo il più ricco, completo e dettagliato possibile. Con qualche parziale eccezione, rappresentata ad esempio dai corsi di laurea in medicina, l'area scientifica è stata investita profondamente dall'onda del novità prodotta dal «3+2», che ha moltiplicato indirizzi e specializzazioni e ha aperto il campo a opportunità inedite, anche per tenere il passo di un mondo professionale che si evolve con rapidità crescente. Prima di abbandonare l'idea di una laurea scientifica perché ci si ritiene poco portati per i numeri, quindi, è il caso di esaminare con attenzione tutte le possibilità, perché questo settore riserva proposte interessanti anche per chi non ama i sentieri classici delle scienze tradizionali. Nuove lauree. La trasformazione dei corsi ha portato con sé inoltre l’inclusione a pieno titolo nel mondo universitario di realtà che in precedenza erano esterne. È il caso delle professioni sanitarie tecniche, che il nuovo ordinamento ha ordinato in quattro specifiche classi di laurea, di scienze motorie, prima affidate ai corsi "di livello universitario" proposti dagli Isef, e dell'Alta formazione artistica e musicale, che trattiamo all'interno dell'area di ingegneria e architettura. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 QUELLA SFIDA DECISIVA PER IL POSTO IN AULA Numero chiuso / Quiz & cultura E la prima sfida per chi comincia l'avventura universitaria. Per alcuni è decisiva per iscriversi al corso di laurea, per altri è obbligatoria ma non vincolante ai fini dell'accesso. In quest'ultimo caso, i test d'ingresso hanno, infatti, il compito di determinare i debiti formativi che misurano la preparazione dello studente. Numero chiuso. A livello nazionale, ad avere il numero di posti programmati sono i corsi di laurea specialistica a ciclo unico in medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria; i corsi di laurea in professioni sanitarie; quelli in architettura delle classi 4 e 4S; i corsi in scienze della formazione primaria. II decreto del Miur che assegna a ciascun ateneo il tetto di iscrizioni è ancora in fase di elaborazione, ma è già stato reso pubblico quello che determina le modalità e i contenuti delle prove di ammissione per gli atenei pubblici. Si terranno tra il 3 e il 29 settembre (si veda la tabella). I test per medicina, odontoiatria e veterinaria sono predisposti dal ministero e sono identici in tutta Italia. Consistono in 90 quesiti, a risposta multipla, di logica e cultura generale, biologia, chimica, fisica e matematica. Stessi argomenti per le prove delle professioni sanitarie, preparate, però, da ciascuna università. Anche i futuri architetti dovranno cimentarsi in una prova preparata dai singoli atenei. Tra le materie: disegno, rappresentazione, matematica e fisica. La cultura generale è, invece, alla base del test per gli aspiranti al corso di scienze della formazione primaria. Altri percorsi con accesso programmato dalle singole università sono quelli di nuova istituzione o che prevedono la fruizione di laboratori e lo svolgimento di tirocini. «Per questo - spiega Renato Sironi, responsabile commerciale di Alpha Test, società leader nelle pubblicazioni di preparazione alle prove di selezione - le facoltà di psicologia e scienze della comunicazione risultano spesso a numero chiuso». È contingentato anche l'accesso all'Istituto universitario di scienze motorie di Roma: per accedere ai 230 posti disponibili si deve superare una prova scritta. Al punteggio concorreranno anche titoli sportivi acquisiti. Università private. Sono quasi sempre a numero chiuso i corsi organizzati dagli atenei privati. La Bocconi di Milano ha già effettuato alcune selezioni: un primo test è stato effettuato ad aprile e ha assegnato gran parte dei 2.850 posti disponibili per i vari corsi di laurea triennali; una seconda chance è prevista per il 6 settembre. La soluzione in due tranche è stata scelta anche dalla Luiss di Roma: l'appuntamento autunnale è per il 3 settembre, quando si svolgeranno le selezioni per i 1.165 posti da distribuire tra le tre facoltà. Ingegneria. Obbligatori, ma solo per definire i debiti formativi sono í test che il 1 ° settembre si terranno in 27 tra gli atenei dove esistono corsi di laurea in ingegneria. Gli studenti dovranno cimentarsi con i quesiti preparati da una commissione nazionale. «I debiti formativi - spiega Maurizio Verri, presidente della commissione, test del Politecnico milanese - si contano soprattutto in matematica, chimica e fisica». DAVIDE CIONFRINI • DEBITI FORMATIVI. Determinati di norma attraverso test d'ingresso, misurano le lacune degli studenti in relazione al corso di laurea prescelto. L'emergere di debiti non pregiudica l'iscrizione, ma obbliga gli studenti a frequentare pre- corsi intensivi che anticipano le lezioni o a seguire programmi didattici alternativi spalmati sul primo anno • NUMERO PROGRAMMATO. I limiti di accesso agli studi universitari sono stati riconosciuti dalla sentenza 383/98 della Corte costituzionale. La Consulta ha stabilito, sulla base di direttive europee, che ci deve essere congruenza tra la disponibilità delle strutture e il numero di studenti, soprattutto per i corsi che prevedono attività di laboratorio e tirocini. La sentenza è stata "recepita" dalla legge 264/99 • DATE E CONTENUTI DEI TEST. II calendario e le modalità delle prove di ammissione per i corsi di laurea programmati a livello nazionale viene stabilito di anno in anno da un decreto ministeriale, che è vincolante per le università statali. Gli atenei privati, invece, decidono autonomamente le date dei test che, con contenuti simili, si svolgono di norma durante la stessa settimana delle selezioni statali _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 ITALIA BATTISTRADA UE NELLE LEZIONI ONLINE Telematica / Le iniziative Una valida opportunità per chi già lavora o per chi abita in zone troppo distanti dagli atenei e che, altrimenti, non frequenterebbe le aule. Sono le università telematiche, dispensatrici di corsi online, la cui istituzione riceve, dall'anno scorso, l’imprimatur del Miur. Per ora ne sono nate due. L'opportunità di formarsi a distanza era, però, una realtà già da dieci anni. Consorzio Nettuno. È un ente consortile che si avvale della collaborazione di aziende e atenei. Nato nel 1993 dall'unione di tre università (Politecnico di Milano e di Torino e Federico II di Napoli), attualmente conta 38 tra atenei e organismi internazionali consorziati, 19mila iscritti (dei quali 4.500 nuove matricole nell'anno 2003-2004) e offre ben 27 corsi di laurea suddivisi fra architettura, beni culturali, economia, ingegneria, psicologia, sociologia, scienze della comunicazione. Il modello d'insegnamento è quello "misto", capace di coniugare la didattica a distanza (Tv e Internet) e quella tradizionale, che si avvale di un rapporto costante degli studenti con i tutor. Le lauree sono rilasciate dalle facoltà consorziate, a una delle quali si deve (ovviamente) risultare iscritti. «Il nostro è un modello copiato in tutta Europa - spiega il direttore Maria Amata Garito - che sta per essere utilizzato per il progetto di Università europea e per il Med Net'U,l’Università virtuale Euro- Mediterranea». Università. La prima Università telematica autorizzata dal Miur è stata la «Guglielmo Marconi» di Roma, divenuta operativa dal mese di marzo, quando aveva già registrato circa 50 iscrizioni valide per il 2003-2004. Da agosto inizieranno le iscrizioni per l'anno 2004-2005, che offre sei corsi di laurea e che «a giudicare dal numero di telefonate e di contatti ricevuti sul sito Internet - spiega il rettore Alessandra Briganti - sta suscitando molto interesse». Le lezioni saranno seguite su Internet attraverso un'apposita piattaforma software dell'Università (Virtual C@ampus) mentre gli esami, come previsto per legge, saranno sostenuti di persona di fronte al docente. I corsi avranno poi l'ausilio di un tutor ogni 40 studenti per ciascuna materia, con il quale verranno effettuate verifiche periodiche. «Pur essendo una formazione a distanza, di fatto - spiega Briganti - lo studente non è affatto uno sconosciuto per i docenti». Ultima nata è l'Università telematica Telma, approvata nel mese di maggio. È gestita dal Formez (Centro di formazione studi del dipartimento della Funzione pubblica) all'interno di un consorzio composto anche da Euform, Edefa e Iat. Propone i corsi di laurea triennali e specialistici in economia e management dell'audiovisivo e in produzione e distribuzione audiovisiva. «Abbiamo scelto una nicchia - spiega Carlo Flamment, presidente del Formez - che rappresenta una scoperta per quanto riguarda l'offerta didattica in Italia e in Europa». Le iscrizioni si apriranno a settembre, ma per luglio è prevista una presentazione ufficiale del percorso di studi e dei docenti. ADRIANO LOVERA GLI INDIRIZZI • Network per l'Università Ovunque Nettuno. indirizzo: corso Vittorio Emanuele Il, 39, Roma. Numero Verde 800298827. Tel: 066920761. Fax: 0669207621. E-mail: info@unìnettuno.it. Internet: www.uninettuno.it. Corsi attivati: 27 corsi di laurea in architettura, beni culturali, economia, ingegneria, psicologia, sociologia, scienze della comunicazione. • Università Guglielmo Marconi. Indirizzo: via Fabio Massimo 88, Roma. Telefono: 063218557 - 063218745 - 063243787. Fax: 063219544. E-mail: info@unimarconi.it. Internet: www.unimarconi.it. Corsi attivati: scienze giuridiche, lingua e cultura italiana (per stranieri), scienze economiche, scienze dell'educazione e della formazione, scienze geo- topo-cartografiche, estimative, territoriali ed edilizie, scienze del servizio sociale. • Università Tel.ma. Indirizzo (sede di Roma del Formez): Va Rubicone 11, Roma. Telefono: 0684891- 068489.3274. Internet: www.formez.it Corsi attivati: economia e management dell'audiovisivo e produzione e distribuzione audiovisiva _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 I TITOLI DOPPI CHE PORTANO IN EUROPA Gli accordi con l'estero / Più di 300 Con lo stesso sforzo raddoppia il risultato. Questo in sintesi quello che accade agli studenti che scelgono di puntare sul doppio titolo. La laurea doppia o congiunta nasce con accordi tra atenei di Paesi diversi e permette il riconoscimento del titolo in più Stati, grazie a un percorso che prevede lo svolgimento di una parte degli studi nelle università coinvolte. Questi titoli negli ultimi anni hanno registrato un consistente incremento, legato in parte alla riforma dell'università (Dm 509/99) che ha allineato la formazione accademica italiana a quella europea. I doppi titoli oramai interessano tutte le aree disciplinari - e soprattutto le materie sociali e quelle tecnico scientifiche - anche se il numero di studenti coinvolto resta ancora esiguo. È la risposta del mondo accademico alla creazione di un'Europa unita anche e soprattutto sul fronte della formazione della futura classe dirigente. Oggi gli accordi inter-universitari rilevati dal Cimea (Centro informazione mobilità equivalenze accademiche) sono circa 300, e continuano ad aumentare. -Il titolo congiunto - spiega il presidente del Cimea, Carlo Finocchietti - se guardiamo alla spesa che bisogna affrontare per attuarlo, è "poco efficiente", i costi infatti sono elevati per un numero di studenti limitato». «Basti pensare - prosegue Finocchietti - che uno dei doppi titoli più antichi, il T i m e (Top industrial managers for Europe), che vede la partecipazione di 40 università tecniche europee tra cui il Politecnico di Milano, ha laureato solo un migliaio di studenti in tutta Europa». Il valore aggiunto del doppio titolo non sta solo nella possibilità di avere una laurea valida in diversi Paesi, che ovviamente aumenta le prospettive di lavoro, ma è un passaggio obbligato per un'unione culturale europea. «I doppi titoli e le lauree congiunte - sottolinea Carlo Finocchîetti - sono una tappa di armonizzazione dei sistemi di istruzione superiore a livello europeo. Servono ad armonizzare i curriculum formativi e a trovare criteri generali di uniformità». Gli studenti interessati, disposti a trascorrere all'estero metà del tempo dedicato alla propria formazione, devono rivolgersi all'ufficio orientamento d'ateneo per verificare quali sono le opzioni possibili. FEDERICA MICARDI _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 INCENTIVI A MATEMATICA E SCIENZE PER AUMENTARE LE IMMATRICOLAZIONI Tre milioni di € agli atenei per aumentare le immatricolazioni Meglio del previsto. Per i laureati nei corsi della facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali le prospettive occupazionali risultano ben più positive di quanto lascino indicare le statistiche. Il mercato del lavoro. La rilevazione del consorzio AlmaLaurea, secondo cui lavora a un anno dal conseguimento del titolo "solo" il 50,5% dei laureati della facoltà, deve essere interpretata considerando due fattori. Primo: l'elevato numero di laureati che preferisce aspettare e acquisire ulteriori competenze e specializzarsi in un determinato settore. Lo dimostra la percentuale del 24,2% di laureati che non lavora né cerca, perché impegnata in master, dottorati e borse di ricerca. L'altro elemento è la carenza di laureati in materie scientifiche per molti settori (scienze pure e chimica soprattutto) che configura nel nostro paese un fenomeno di skill-shortage ("mancanza di competenze") nonostante le richieste del mondo industriale risultino significative. Se si considera il gruppo scientifico classico (matematica, fisica e scienze naturali) la situazione è ancora più allarmante nonostante il dato occupazionale sia leggermente più positivo: sempre secondo AlmaLaurea a un anno dal titolo lavora il51,4% dei laureati. Incentivi allo studio. Per favorire l'iscrizione di studenti a corsi di laurea in materie fisiche, matematiche, statistiche e chimiche e cercare così di arginare questo gap tra domanda e offerta di lavoro, il Governo ha stanziato circa tre milioni di curo (Dm 198/2003, noto anche come «Progetto giovani») da utilizzare come sgravi sulle tasse per gli studenti già iscritti all'anno in corso e a quelli del 2004/2005 Gli atenei avranno un finanziamento proporzionale al numero di iscritti nei corsi interessati - spiega Enrico Predazzi preside della facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali di Torino e presidente della Conferenza dei presidi delle facoltà di scienze - un segnale importante che dovrebbe favorire un'inversione del trend che ha visto una costante diminuzione, in Italia e negli altri paesi industrializzati, del numero delle immatricolazioni nei corsi d'area scientifica». Resta da verificare come queste iniziative si integreranno con la riforma a «Y» che prevede, dopo un primo anno comune, l'orientamento verso una laurea triennale (1+2) o una volta conseguita quest'ultima optare per una laurea "magistrale" (1+2+2). Oltre a interventi di carattere istituzionale non mancano per le nuove matricole garanzie anche sotto il profilo occupazionale. «Non si conosce un significativo grado di disoccupazione per le scienze pure, e il grado di occupazione rimane medio alto - continua Predazzi - senza considerare la necessità a tutti i livelli di laureati in materie scientifiche come dimostra la redditività di ogni investimento fatto sulla ricerca». La richiesta di laureati del gruppo scientifico viene, oltre che dall'insegnamento nelle scuole superiori e in ambito accademico, dal mondo dell'impresa e dalla ricerca. «Un settore che sta aprendo nuove possibilità è quello delle nanotecnologie che ha un ampio spettro di applicazione, dai materiali alla biologia ad altre aree - afferma Gianpiero Sironi preside della facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali di Milano; le possibilità sarebbero addirittura maggiori se in un tessuto imprenditoriale come quello italiano, anche le piccole e medie imprese puntassero di più sull'innovazione scientifica e tecnologica». , _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 FISICA / DALL'AMBIENTE ALLA FINANZA Eclettici al test lavoro Una laurea apprezzata dai settori in cui la sua peculiarità non è essenziale. Il corso in fisica ha offerto in passato ampie possibilità di inserimento nell'industria, meccanica ed elettronica, e nella ricerca. Il primo settore oggi non sta attraversando un momento brillante mentre «la ricerca - chiarisce Enrico Onofri presidente consiglio unificato di fisica dell'università di Parma - è in difficoltà per il blocco delle assunzioni e ha scarse prospettive di sviluppo». Dopo la riforma. Anche ora continua a godere di un appeal, per certi versi paradossale, pressò il mondo del lavoro. Mentre i settori, che per affinità sarebbero quelli preposti ad accoglierne i laureati, risultano sempre più restii, ai "fisici" si è aperto tutto il mercato caratterizzato dall'uso di strumenti e conoscenze informatiche. «Nonostante l'errore di prospettiva sulla ricerca lasciata a sé stessa, le migliori opportunità - continua Onofri - derivano infatti dai settori che hanno visto la diffusione dell'utilizzo del computer e dell'informatica come lo sbocco bancario e quello finanziario oltre all'insegnamento e al ramo del controllo ambientale, dove i fisici possono contribuire con le loro competenze». I laureati portano in dote la capacità di adattarsi a contesti lavorativi caratterizzati da elementi di novità e difficilmente classificabili, con una preparazione da spendere in molti settori. Una struttura eclettica. Anche i corsi dedicati ad approfondire materie specifiche rimangono sempre orientati a una forte versatilità negli insegnamenti. «II corso ha una struttura eclettica - spiega Riccardo Pratesi presidente del corso di laurea in ottica dell'università di Firenze - e permette l'inserimento tanto nell'industria di dispositivi e apparecchiature ottiche quanto nel settore della sicurezza del lavoro e nella sanità ambientale negli ambienti dove vengono utilizzate apparecchiature laser e optoelettroniche». Tutti i numeri per il Cnr Anche in Italia, con una preparazione ottimale, si può ambire a ricoprire alti incarichi di ricerca. Lo dimostra l'esperienza di Bianca Falcidieno, laureata in matematica all'università di Genova (110 e lode) e ora dirigente di ricerca e responsabile della sezione di Genova dell'Istituto di matematica applicata e tecnologie informatiche del Cnr. «Subito dopo l'università - racconta - avevo ottenuto una borsa di studio in analisi. Ero interessata, però, a percorsi più innovativi e così chiesi il passaggio a una borsa nel campo informatico, andando anche contro i consigli di alcuni miei superiori». E dopo due anni uscì il bando per un concorso interno per ricercatore. «Mi presentai quasi solo per capire di che cosa si trattasse e alla fine mi trovai ad averlo superato». Attualmente, grazie anche al suo apporto, il Cnr italiano è fra i leader mondiali nel campo della grafica computazionale, ossia i calcoli e le funzioni matematiche che presiedono alla costruzione di immagini, tanto sui computer quanto sui telefonini. «La ricerca è un campo in cui è necessario uno studio continuo e che consiglierei a chi è davvero appassionato. Meglio sarebbe, inoltre, se i finanziamenti pubblici fossero motto più cospicui». Bianca Falcidieno _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 INFORMATICA / IMPRESE ED ENTI PUBBLICI L'esperto hi-tech ha. tante chance Esperti con forti competenze in materie hi-tech capaci però di operare nel mondo imprenditoriale non solo informatico ma inteso nella sua accezione più ampia. È questa la nuova sfida per i corsi della classe delle lauree in scienze e tecnologie informatiche. «L'obiettivo è coniugare competenze di carattere informatico e scientifico con elementi di economia aziendale e di diritto delle nuove tecnologie - spiega Paolo Ciancarini direttore del corso di laurea in scienze di Internet a Bologna - per formare così delle figure che attualmente mancano sia in ambito imprenditoriale che negli enti pubblici». Amministratori di rete, esperti in sicurezza, progettazione e sviluppo di sistemi informatici e informativi di carattere aziendale connessi a servizi finanziari e di consulenza sono solo alcune delle professionalità richieste dal mercato e verso la cui formazione sono orientati i corsi di laurea. «Uno dei principali settori in cui in futuro i laureati potranno trovare spazio - aggiunge Pierluigi Crescenzi presidente del corso di laurea in informatica dell'università di Firenze - è quello dell'e-leaming e della formazione a distanza, per la crescente necessità in molti rami lavorativi di continui aggiornamenti delle proprie conoscenze». Informatica è sempre stata il fiore all'occhiello per le facoltà di scienze viste le ottime garanzie offerte dal punto di vista occupazionale. La situazione di crisi delle aziende legate a Internet e il non felice momento del settore hi- tech hanno evidenziato però anche i primi segnali di una certa contrazione della capacità di assorbimento del mercato. Le chance di un rapido ingresso nel mondo del lavoro per i laureati del settore rimangono comunque elevate anche grazie a una formazione diversificata che consente l'acquisizione di una serie di competenze da spendere non solo nell'industria informatica ma nel mondo imprenditoriale in complesso. L'area informatica si avvantaggia poi di una formazione diversificata a vari livelli che offre ampie possibilità d'impiego, anche prima di aver terminato gli studi. «I nostri laureati - prosegue Crescenzi - possono operare infatti nell'ambito della. progettazione e sviluppo di sistemi informatici su una vasta gamma di applicazioni, e queste attività si possono svolgere sia in imprese produttrici di software e di reti di calcolatori ma anche in imprese e enti locali e laboratori che utilizzano sistemi informatici complessi oltre alla possibilità di inserirsi in attività dì ricerca scientifica e di insegnamento». Tirocini, stàge e altri strumenti di contatto con il mondo del lavoro hanno poi favorito ulteriormente le possibilità di accoglienza dei laureati del settore. «In generale - continua Ciancarini - i laureati nella classe 26 (scienze e tecnologie informatiche) non faticano comunque molto a trovare un posto di lavoro che sia adeguato alle loro competenze anche grazie alla possibilità, introdotta dalla riforma, di una serie di scambi con il mondo del lavoro utile a conoscere e valutare le richieste del mercato». _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 ASTRONOMIA E ASTROFISICA / POCHI LAUREATI L'ANNO Un nocciolo duro a1 servizio del cosmo Una nicchia a sé all'interno delle lauree scientifiche. Poco conosciuta, l'area delle "scienze dello spazio", comprendente la laurea triennale in astronomia, della classe delle scienze fisiche e le lauree specialistiche in astrofisica, cosmologia e gravitazione, scienze dell'universo, fornisce una preparazione tecnico-scientifica avanzata e caratterizzata da una forte impronta delle scienze dell'elettromagnetismo. «Le capacità di assorbimento del mercato - spiega Bruno Marano, presidente del corso di laurea in astronomia dell'università di Bologna - sono ridotte e un corso del genere ha senso quando si parla di piccoli numeri: 40/50 laureati all'anno». Ricerca, insegnamento e divulgazione scientifica costituiscono i settori di lavoro peculiari ai laureati del settore. Non solo. «Poiché non appare probabile, come è accaduto in passato, un aumento delle opportunità d'impiego nel campo della ricerca astrofisica, per esempio presso osservatori astronomici o laboratori specifici - chiarisce Alberto Franceschini presidente dei corsi di studio in astronomia dell'università di Padova - i nostri laureati ultimamente si stanno indirizzando altrove: circa un terzo in enti di ricerca o presso università, in Italia ma in modo significativo anche all'estero; un'altra parte ha trovato impiego nell'insegnamento medio e superiore e la parte restante è stata assorbita nel mercato dell'industria, in particolare informatica, ma anche ottica (soprattutto in Veneto) e spaziale». Vale per le "scienze dello spazio" quanto evidenziato per la fisica. «I corsi sull'universo e lo spazio sono in pratica corsi di laurea in fisica o ne costituiscono, come le lauree specialistiche del settore, un'emanazione - afferma Marano -: riescono a fornire competenze diversificate e una mentalità predisposta ad affrontare e risolvere casistiche non facilmente inquadrabili; così per i nostri laureati si aprono nuovi settori occupazionali come quello dell'informatica legata all'impresa e ai servizi». L'offerta formativa potrà essere migliorata attraverso l'inserimento di-elementi di informatica, elettronica e potenziando i laboratori. «I nostri laureati potranno spendersi ancora meglio - conclude - se riusciremo a incrementare le attività pratiche, operando un bilanciamento nella formazione tra la parte teorica, preponderante, e quella pratica in modo da fornire quella capacità operativa più diretta richiesta dal mondo imprenditoriale». _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 VETERINARIA,AGRARIA: C'È BUSINESS NELLA SICUREZZA A TAVOLA Controlli in allevamenti e aziende Innovazione e polivalenza. Questi gli elementi centrali nell'offerta I formativa dei corsi delle facoltà di medicina veterinaria e agraria. Entrambe le aree offrono una discreta garanzia dal punto di vista occupazionale stando alle rilevazioni di AlmaLaurea: a un anno dal titolo il 63,9% dei laureati in agraria lavora e solo il 20,4% è alla ricerca di un'occupazione; per medicina veterinaria i dati sono, apparentemente, meno positivi: lavora il 49,6% dei laureati, mentre il 26,7% è in cerca di occupazione. Si tratta però di un dato che testimonia più un certo orientamento dei laureati verso aree vicine alla saturazione che un mercato in crisi o lento nell'assorbire i laureati del settore. Veterinaria. «Punto di forza del corso - spiega Stefano Cinotti presidente della facoltà di medicina veterinaria di Bologna - è la combinazione di tre elementi: l'assistenza clinica agli animali da produzione e agli animali da compagnia e la sicurezza alimentare in uno scenario che vede milioni di animali domestici e decine di milioni di animali da macello. A questo, va aggiunto che tutto il settore della produzione e macellazione delle carni necessita di ispezione di tipo sanitario e di cura degli aspetti correlati alla sicurezza alimentare che sono i compiti del medico veterinario». Le opportunità lavorative dunque non mancano: «Le migliori - spiega Cinotti - riguardano l'area connessa alle produzioni industriali legate ai mangimi, alla chimica, al comparto farmaceutico e agli alimenti, il vero mercato è nella sicurezza alimentare non tanto nell'assistenza clinica, alla quale invece sono orientati la maggior parte degli studenti, e che è prossimo alla saturazione». La laurea in medicina veterinaria è sprovvista di una corrispondente laurea di primo livello, ma è l'unica a godere di una direttiva di indirizzo della Comunità Europea (la 1027/78) che fissa a livello Ue non solo principi ispiratori e materie di riferimento, ma soprattutto l'equipollenza e il riconoscimento dei titoli di laurea e il diritto di stabilimento. Da valutare per quest'area e per quella di agraria, l'applicazione del nuovo modello a «Y», anno comune poi biennio per conseguire la laurea triennale o doppio biennio, (2+2) per ottenere la laurea magistrale, soprattutto alla luce del corso in medicina veterinaria che è rimasto a ciclo unico e di durata quinquennale. Agraria. «I corsi spaziano dagli aspetti relativi al sistema agricolo - afferma Maurizio Cocucci preside della facoltà di agraria dell'università di Milano - a quelli più moderni riguardanti ambiente e biotecnologie». L'estensione della formazione anche al mercato dell'ambiente e dell'alimentazione ha facilitato l'inserimento dei laureati nel mercato del lavoro. «Abbiamo puntato sull'innovazione introducendo nei corsi le "tre culture", biologia applicata, tecnologia ed economia - commenta Giovanni Bittante preside della facoltà di agraria dell'università di Padova - e inoltre gli stessi dati AlmaLaurea, pur in un periodo difficile, ci vedono al primo posto tra le facoltà di agraria con una percentuale di occupati a un anno dalla laurea superiore di dieci punti alla media nazionale, paragonabile ai dati di economia e ingegneria». Acquistano importanza la consulenza e l'esercizio della libera professione. Con le novità del Dpr 328/2001 è essenziale per lo studente scegliere quale laurea conseguire, perché alle due sezioni (A per le lauree triennali, B per quelle specialistiche) in cui sono divisi gli albi professionali, corrispondono differenze sostanziali. Tutto l'impianto rischia un'ulteriore revisione quando sarà operativa la revisione dello schema del «3+2» introdotto dal ministro Moratti. LORENZO CAVALCA _____________________________________________________ L’Unità 28 Giu. 2004 NIENTE RICERCA, NIENTE SVILUPPO. Ma Berlusconi non lo sa Sindacati e Confindustria oggi chiedono di puntare sulla scienza per uscire dal declino. E il governo? Pietro Greco C È un ragione che spiega, almeno in parte, la perdita di competitività e il conseguente declino dell'industria italiana: da almeno quarant'anni l'impresa italiana - unica in occidente - non crede nella ricerca scientifica. E, fatto ancora più grave, questa mancanza di fiducia è andata aumentando negli ultimi anni. Mentre in tutti gli altri paesi avanzati le imprese acceleravano, tra il 1990 e il 2000, gli investimenti privati in ricerca e sviluppo> in Italia diminuivano del 30%. Nel 1990 quegli investimenti ammontavano allo 0,75% del Prodotto interno lordo, nel 2000 erano scesi a meno dello 0,55%. E oggi sono ancor meno. a parità di fatturato, un'azienda italiana investe in ricerca e sviluppo un quarto di un'azienda americana. II paese scivola sempre più giù nelle classifiche della competitività. Sulla base di questi numeri dovremmo concludere che non solo il presente, ma anche il futuro è compromesso. Tuttavia c'è una novità positiva che accende la speranza di uscire dalla spirale del declino: per la prima volta dopo quarant'anni in Italia sta crescendo la consapevolezza che in un paese a economia avanzata non c'è «sviluppo senza ricerca». Da più parti, infatti, si inizia ad affermare con convinzione che al declino ci si può opporre in un solo modo: puntando sull'innovazione e sulla scienza che produce le idee per l'innovazione. Lo affermano con forza i sindacati. Lo afferma ogni volta che può il Presidente della Repubblica (un presidente che sa di economia), Carlo Azeglio Ciampi. Lo dichiara da qualche tempo il Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio. E lo dice, infine, sempre più spesso e con apparente convinzione anche il nuovo presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo. Aggiungendo che le aziende italiane devono trovare al loro interno una parte cospicua delle risorse per finanziare la loro ricerca. Insomma, le imprese italiane devono imparare a «credere nella ricerca». È un messaggio, questo, che da quarant'anni non sentivamo dagli ambienti industriali e finanziari e che potrebbe davvero contribuire a segnare una svolta nella politica di sviluppo del nostro paese. Che la scienza sia la leva strategica per il consolidamento e l'ulteriore sviluppo delle economie avanzate non a un'idea astratta. Ma si fonda su solide basi storiche. Tutto inizia nel luglio del 1945, quando il direttore dell’US Office of Scientific Research, Vannevar Bush, trova il tempo di redigere per il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Harry S. Truman, il rapporto «Science: The Endless Frontier». La scienza accademica, sostiene Bush, è il fondamento strategico su cui fondare la sicurezza economica e sociale, oltre che militare, degli Stati Uniti. L'indicazione diventa realtà. Tanto che gli Usa e, a cascata, tutti i grandi paesi industrializzati iniziano a fondare sulla ricerca scientifica e tecnologica il loro sviluppo economico e civile. Anche l'Italia, nell'immediato dopoguerra, partecipa di questa strategia dello «sviluppo attraverso la ricerca». Con grandi benefici. Scientifici ed economici. La nostra industria chimica raggiunge livelli di avanguardia assoluta. All'Olivetti di Ivrea mettono a punto il primo personal computer del mondo. L'Eni di Mattei sfida le «sette sorelle». Lo svizzero Daniel Bovet, come molti altri, viene in Italia, presso l’istituto Superiore di Sanità, per effettuare ricerche d'avanguardia e son queste sue ricerche italiane vinil premio Nobel. Poi, improvvisamente, all'inizio degli anni '60 questa stagione finisce. Mattei muore in un incidente aereo tuttora considerato misterioso. L'Olivetti chiude la strada che, più tardi, avrebbe fatto la fortuna di Bill Gates. Felice Ippolito, direttore del Comitato nazionale per l’energia nucleare e Domenico Marotta, direttore dell'Istituto Superiore di Sanità, vengono trascinati in tribunale. Il flusso dei cervelli diventa a senso unico: via dall'Italia. E il nostro paese esce dal percorso di tutte le economie avanzate e di persegue, da solo, uno «sviluppo senza ricerca». La scelta è politica, ma anche imprenditoriale. Saranno gli storici a dirci perché viene realizzata. Sta di fatto, però, che la competitività italiana non punta più sui prodotti a tecnologia avanzata, ma su nicchie di mercato nel campo della «commodities» (prodotti di massa a tecnologia matura) e sulla svalutazione ricorrente della lira. La spesa in ricerca scientifica dell'Italia si assesta intorno a percentuali del Prodotto interno lordo che sono tra la metà e un terzo degli altri paesi avanzati. L'intensità degli investimenti industriali in ricerca e sviluppo risulta, in particolare, lontanissima da quella delle imprese straniere. L'Italia inizia a uscire dal novero dei paesi che sanno innovare. La scelta dello «sviluppo senza ricerca» non sembra, però, avere conseguenze sull'economia italiana. Almeno fino a quando la lira non entra nel sistema dell'euro (la strada della svalutazione diventa impraticabile) e il mondo non conferisce una nuova accelerazione all'economia delle alte tecnologie. In breve l'Italia perde competitività rispetto sia ai paesi a economia sviluppata che rispetto ai paesi emergenti. La grande industria quasi scompare. Mentre le medie e piccole industrie arrancano. Si verifica, cioè, quello che era facilmente prevedibile. Non riusciamo a competere con i paesi che producono alta tecnologia perché non abbiamo le idee. Non riusciamo a competere coi paesi emergenti che producono «commodities» perché abbiamo costi strutturali decisamente superiori. A questo punto la situazione è insostenibile. Qualcuno parla di declino del paese. È dunque in questa condizione di emergenza che nei settori decisivi dell'economia e della società sembra maturare, finalmente dopo quarant'anni, una nuova cultura dello sviluppo. Senonché in nessun paese si è mai verificato che una cultura di sviluppo si è trasformata in concrete politiche senza o, addirittura, contro il governo. Quando Vannevar Bush propone il suo famoso rapporto, Harry S. Truman e, poi> di seguito tutti i successivi presidenti degli Stati Uniti fanno propria quella indicazione e la incarnano in politiche concrete. Oggi, invece, siamo in una situazione in cui tutto il sistema economico e finanziario del paese - per la prima volta dopo quarant'anni, lo ripetiamo - fornisce indicazione «à la Vannevar Bush», ma non c'è un governo che sembra pronto a recepirle e a incarnarle in politiche concrete. Oggi è i1 governo Berlusconi l'ultimo ostacolo allo «sviluppo attraverso la ricerca» e> quindi, al tentativo di risalire 1a china del declino industriale ed economico dell'Italia. Questa affermazione non nasce da un pregiudizio. Ma dall'analisi dei fatti. II governo Berlusconi ha effettuato vistosi tagli al bilancio del1a ricerca pubblica, una ricerca che in ogni paese avanzato non solo completamente ma stimola la ricerca privata. Non sta favorendo in alcun modo la stessa ricerca privata, anzi si accinge probabilmente a drenare risorse anche da quell'ultimo fondo di barile. Ma, soprattutto, non ha proposto una sola idea per operare una riforma strutturale e conferire al nostro sistema industriale un'autentica vocazione alla ricerca. _______________________________________________ Il Corriere della Sera 2 lug. ’04 UNIVERSITÀ, INDUSTRIA E GOVERNO IL TRIANGOLO PERFETTO (NEGLI USA) Il tratto comune della classe dirigente americana è il frequente scambio di ruoli VISTI DA LONTANO Gaggi Massimo Il tentativo di ispirarsi a modelli stranieri nella riforma delle strutture accademiche, l' idea di trasformare gli atenei in fondazioni, la creazione - a Genova - di un istituto di ricerca sul modello del Mit di Boston sganciato dal Cnr e dalle varie scuole raccolgono nel mondo universitario più perplessità - se non addirittura ostilità - che adesioni. Ci sono resistenze burocratiche, timori legati a uno sviluppo delle carriere che oggi cammina su binari abbastanza prevedibili. Ma ci sono anche molti docenti pronti a mettersi in gioco, che non difendono alcuna rendita di posizione. Si oppongono perché temono che riforme miranti all' efficienza e a un rapporto più stretto tra accademia e mondo produttivo possano snaturare l' insegnamento, mercificarlo. Si genera così una sorta di strabismo: le università americane sono i templi dell' insegnamento per eccellenza, ma il modello americano - atenei gestiti come imprese e professori abituati a lavorare gomito a gomito con gli uomini dell' industria o delle amministrazioni pubbliche per sviluppare nuove tecnologie - viene bocciato. O, meglio, viene giudicato non esportabile in Italia. Così possiamo tranquillamente continuare a lamentarci per la scomparsa delle industrie avanzate, per l' inadeguatezza delle università (con poche eccezioni) o per le classifiche della ricerca che ci collocano agli ultimi posti in Europa. Mettere sotto accusa il mondo accademico è però un errore. Quello che serve è un "salto" culturale che deve riguardare i ricercatori, sì, ma anche gli uomini delle imprese e quelli di governo. In genere la capacità del sistema americano di occupare la frontiera più avanzata di quasi tutte le tecnologie e di tradurre rapidamente i risultati della ricerca in realizzazioni industriali, viene attribuita nell' ordine: agli enormi investimenti in tecnologie belliche che prima o poi producono importanti ricadute civili; alla capacità di attrarre cervelli dall' estero (e qui gli Stati Uniti ora perdono colpi a causa di una serie di restrizioni decise per motivi di sicurezza); all' eccellenza e al buon funzionamento delle università che possono brevettare le loro invenzioni traendo, quindi, grossi benefici economici dal loro lavoro intellettuale. Tutto vero, ma c' è un fattore "diffuso" una specie di collante - o, meglio, un conduttore elettrico - del sistema che merita di essere considerato più attentamente: il triangolo università-amministrazioni pubbliche-industria privata che compare nel curriculum di quasi tutti i principali dirigenti americani. Non parliamo dell' industriale che si sente investito della missione di iniettare imprenditorialità nella politica o del professore che sbarca in un ministero e continua a comportarsi come se stesse in facoltà. Parliamo di un establishment in cui imprese, università e amministrazioni hanno un dialogo continuo, fertile e generalmente trasparente, basato anche su un frequente scambio di ruoli. Il ministro Usa che viene dall' industria, il dirigente che lascia un ministero a Washington e va a lavorare per un' impresa ci insospettiscono. Effetto della lente deformante dell' esperienza italiana e di qualche scandalo - tipo Halliburton - che in America è l' eccezione, non la regola. La regola sono i personaggi come Robert Rubin - studi ad Harvard e Yale, poi banchiere, ministro del Tesoro di Clinton, poi ancora a Wall Street e in futuro, forse, di nuovo al governo (o alla Federal reserve) coi democratici. O Stanley Fisher (economista del Mit, poi "policymaker" al Fondo Monetario Internazionale, ora banchiere a Citigroup). O, ancora, Larry Summers, docente di Harvard passato alla Banca mondiale, ministro del Tesoro alla fine degli Anni ' 90 e ora di nuovo ad Harvard come rettore. E anche i manager che hanno fatto tutta la loro carriera in azienda, in genere hanno avuto qualche esperienza post universitaria - uno stage - in qualche centro parlamentare o di governo, che ha insegnato loro a conoscere (e a rispettare) la pubblica amministrazione. Vediamo soltanto Monica Lewinsky, ma dietro c' è un sistema che funziona. massimo.gaggi@rcsnewyork.com _____________________________________________________ Il Mondo 9 Lug. 2004 ATENEI, IL GRANDE RISIKO DEI RETTORI UNIVERSITA E POTERE I NUOVI EQUILIBRI (POLITICI) AL VERTICE DELL’ACCADEMIA Ribaltoni a Messina e Vercelli, battaglie all'ultimo voto a Torino e Genova. Mentre in Bocconi e alla Sapienza il ricambio sarà in autunno. Ecco la mappa completa di chi comanderà A Ferrara arriva un allievo di Romano Prodi, a L'Aquila va un ex senatore DS mentre a Messina vince il centro destra e la Puglia rimane vicina al Polo. A Genova hanno detto la loro anche gli industriali, ma hanno perso. Nelle ultime settimane si sono chiuse le urne in 20 università italiane (su 77) per le elezioni dei magnifico rettore. Mentre importanti partite come quelle alla Sapienza di Roma e alla Bocconi di Milano sono ancora aperte. Nessuno lo ammette apertamente, ma chi indossa toga ed ermellino esercita un grande potere non solo nell'accademia. Basti pensare che alcuni atenei (Trento o Messina) sono tra le prime industrie del territorio per giro d'affari e posti di lavoro. Logico che la politica ci metta lo zampino, come è successo di recente con il clamoroso ribaltone del rettore di Catania, Fernando LAtteri, uscito dalle fila dei centrodestra per candidarsi con lo schieramento avversario alle Europee: non è stato eletto ma ha raccolto 120 mila preferenze. L’operazione candidatura non era invece riuscita a Rinaldo Bertolino, numero uno uscente (non piú eleggibile) all'università di Torino: per lui si era parlato di un posto tra le file della Margherita per mandarlo al Parlamento di Strasburgo. Nell'ateneo sotto la Mole Antonelliana, dopo tre turni, è stato eletto Ezio Pelizzetti, ordinario di chimica, vicerettore vicino ai Ds di Piero Fassino. Ha battuto di poco 130 voti su 1.400 votantì) Bruno Giau (Economia e politica forestale), ma soprattutto Pier Maria Furlan (Psichiatria), consulente del ministro Letizia Moaratti e membro della commissione sulla governance d'ateneo guidata da Adriano De Maío. Cambia il rettore anche a Ferrara, dove Patrizio Bianchi sostituisce sulla poltrona più alta Francesco Concomi, che ha avuto in passato problemi giudiziari ed è stato assolto per prescrizione dei reati. Entrambi appartengono all'entourage di Prodi. Oltre a essersi laureato con il presidente della Commissione europea nel 1976, Bianchi è stato in Nomisma, nel cda Iri e primo presidente di Sviluppo Italia. Tra le molte riconferme spicca quella di Giovanni Puglisi, che allo Iulm di Milano ha battuto con oltre l’80% il suo avversario Carlo Antonio Ricciardi (preside di Scienze della comunicazione). Il magnifico continuerà a fare la spola con Palermo, dove è assessore alla cultura nella giunta cittadina guidata da Diego Cammarata di Forza Italia. Ma tra gli incarichi di Puglisi c'è anche quello di vicepresidente della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero, istituita presso la farnesina. Il 16 giugno scorso a Lecce ha rivinto anche Oronzo Limone. La sua era una corsa senza sfidanti, ma con una grande preoccupazione. L’astensionismo. A urne aperte la paura è stata scongiurata perché ha votato l’81% fra docenti e rappresentanti di ricercatori, studenti e personale, il numero uno ha raccolto 628 voti su 770 disponibili. Dalla sua parte stava l'emergente Roberto Cingolani, (Fisica generale), consulente del presidente della Regione Raffaele Fitto (Forza Italia) è considerato un astro nascente in tema di nanotecnologie. Tanto che il governo lo ha inserito nel comitato di indirizzo del nuovo Istituto italiano di tecnologia (Iit, una specie di Mit italiano) che ha sede a Genova. E che ha una dote finanziaria di 1.050 milioni di euro nei prossimi dieci anni per sviluppare la ricerca scientifica. Proprio per questo motivo, nell'ateneo della città ligure si è giocata una partita incerta fino all'ultimo. Dopo 14 anni e quattro mandati di grande potere, ha lasciato il campo Sandro Pontremoli, dominus della facoltà di Medicina. Per il successore, la Confindustria locale voleva un esponente di Ingegneria o Economia, capace di coinvolgere l'ateneo nei progetti dell'Iit e nel rilancio del sistema produttivo. Ma Ingegneria si è spaccata tra Alfredo Squarzoni (ex preside, vicino a Comunione e liberazione) e Pier Paolo Pullafito (attuale prorettore di sinistra). Così l'ha spuntata Gaetano Bignardi, 70 anni, che è stato preside a Farmacia. Da molti viene considerato un uomo pratico. appartenente a un'arca laico-socialista, ma non una forza giovane capace di innovazione. Toga ed ermellino sono affari di famiglia: anche suo fratello Luigi è numero uno, a L'Aquila, ma lascerà la poltrona con l'inizio del nuovo anno accademico. Il 15 giugno al suo posto è stato eletto Ferdinando Di Iorio, senatore Ds per due legislature. Sorpresa a Messina, dove il magnifico uscente Gaetano Silvestri, giurista di centrosinistra, aveva indicato come successore Giacomo Maisano (ordinario di Fisica). Ma il 13 marzo scorso l'università gli ha voltato le spalle, spedendo sulla poltrona più alta Franceseo Tomasello, preside a Medicina, nominato nel 2003 dal ministro della Salute Girolamo Sirchia come esperto del Consiglio superiore di sanità e con simpatie per Forza Italia. Un'altra sorpresa è arrivata da Vercelli, sede dell'università Piemonte Orientale. Il medico Dario Viano, rettore per sei anni che si era ricandidato, ha perso nettamente (236 contro 157) contro Paolo Luciano Garbarino, ordinario di Istituzioni di diritto romano a Giurisprudenza. Tra le altre, per lui ha votato la facoltà di Economia. Ma questa lunga tornata elettorale non si è ancora chiusa. L'ultimo atto in autunno sarà quello più importante, perché vota la Sapienza di Roma, il più grande ateneo d'Europa. La partita è ancora aperta. In campo c'è l'attuale rettore Giuseppe D' Ascenzo, che ai tempi del governo dell'Ulivo era sostenuto anche da un gruppo di docenti di sinistra come gli psicologi Cristiano Moiani e Nino Dazzi. Ma secondo alcuni, oggi D'Ascenzo avrebbe bruscamente sterzato verso destra, in particolare Alleanza nazionale, avvicinandosi anche alla facoltà di Medicina, guidata da Luigi Frati (ex Dc). Così Violanti e Dazzi hanno inventato la candidatura di Renato Guarini (preside di Scienze statistiche e prorettore), appoggiata da autorevoli personalità come Sabino Cassese (Diritto amministrativo), Mario Morcellini (Sociologia della comunicazione), Roberto Palumba (preside di Architettura) e. l'archeologo Paolo Matthiae, scopritore dei sito di Ebla (Siria), In pista c'è inoltre il prorettore Gianni Orlandi, appoggiato dai Ds. che chiede un cambiamento di rotta e ha lanciato lo slogan «adotta un ricercatore». Tutti dovranno fare i conti con la facoltà e il preside di Medicina, che controlla un pacchetto di voti vicino al 40%. A Trento, il rettore Massimo Egidi secondo mandato e non più rieleggibile, ha ottenuto una modifica dello statuto che gli consentiva un altro biennio. Di fronte alle resistenze di alcune facoltà ha però rinunciato, anche se malvolentieri. I candidati in campo adesso sono addirittura sei. A ottobre, alla Bocconi di Milano finisce anche il secondo mandato di Carlo Secchi, che non ha mai fatto mistero di gradire un rinnovo dell'incarico. In questo caso la scelta non è affidata alle urne ma spetta a1 consiglio di amministrazione, presieduto da Mario Monti. Il commissario europeo ha già avviato una serie di colloqui tra i docenti di via Sarfatti. Sul nome di Secchi non sembra ci siano opposizioni. Se dovesse prevalere la scelta di tornare alla tradizionale alternanza tra docenti di Economia politica (come Secchi) ed Economia aziendale, molti fanno il nome di Salvatore Vicari. Fabio Sottoconaolu Università Rettore Scadenza Milano-Cattolica Lorenzo Ornaghi 2006 Milano-Iulm Giovanni Misi Milano-Politecnico Giulio Ballio 2006 Milano-San Raffaele Luigi Maria Verzè 2005 Milano-Statale Enrico Decleva 2005 Modena e Reggio Emilia Giancarlo Pellacani 2005 Molise Giovanni Cannata I Napoli-Federico II Guido Trombetti 2006 Napoli-Orientale Pasquale Ciriello Napoli-Parthenope Gennaro Ferrara 2045 Napoli-Seconda università Antonio Grella 2005 Napoli-Suor Orsola Francesco Maria De Sanctis 2006 Padova Vincenzo Milanesi 2005 Palermo Giuseppe Silvestri 2005 Parma Gino Ferretti 2007 Pavia Roberto Schmid 2005 Perugia Francesco Bistoni 2006 Perugia-Stranieri Paola DeVechi Bianchi 2004* Piemonte Orientale Paolo Luciano Garbarino Pisa Marco Pasquali 2006 Pisa-Sant'Anna Riccardo Varallo Pisa-Scuola Normale Salvatore Bettis 2007 Reggio Calabria-Mediterranea Alessandro Bianchi 2007 Roma-Campus biomedico Vincenzo Lorenzelii Roma-Iusm Francesco Figura 2007 Roma-Luiss Adriano De Maio 2005 Roma Lumsa Giuseppe Dalla Torre 2005 Roma San Pio V Francesco Leoni Roma-Sapienza Giuseppe D'Ascenzo 2004* Roma-Tor Vergata Alessandro Finazzi Agrò 2005 Roma-Tre Guido Fabiani 2006 Salerno Raimondo.Pasquino 2005 Sassari Alessandro Maida 2006 Siena Piero Tosi 2006 Siena-Stranieri Pietro Trifone Teramo Luciano Russi 2005 Torino Ezio Pelizzetti Torino-Politecnico Giovanni Del Tin 2005 Trento Massimo Egidi 2004 Trieste Domenico Romeo 2007 Trieste-Superiore studi avanzati Edoardo Boncinelli Udine Eurio Honsell Urbino-Carlo Bo Giovanni Bugliolo 2004 Venezia Pier Francesco Ghetti 2006 Venezia-luav Marino l'ohn ZOOb Verona Elio Nlosele 2007 Viterbo Marco Mancini CHE COSA PREVEDE LA GOVERNANCE Un rettore eletto solo da docenti, studenti e personale dell'ateneo, che abbia il potere di decidere dove e come spendere i soldi per lo sviluppo dell'università. Il consiglio di amministrazione aperto agli esterni, «che non dovranno mai essere in maggioranza rispetto al corpo accademico». E poi la possibilità di creare un organismo composto interamente da esponenti di istituzioni locali o associazioni di categoria, con un ruolo esclusivamente consultivo sulla strategia dell'università. Sono questi gli assi portanti della futura governance di ateneo voluta dai rettori. Giovedì 17 giugno hanno approvato all'unanimità e con applauso finale un documento che ha avuto una lunga gestazione, attraverso varie commissioni, l'ultima delle quali era guidata da Vincenzo Milanesi (nella foto), numero uno a Padova. Che dice: «Abbiamo evitato due rischi, essere autoreferenziali o subordinati a qualcuno. II segnale che vogliamo mandare è dì apertura alla valutazione esterna sul nostro operato, ma chiediamo anche piena responsabilità sulle nostre scelte». Quali erano i punti su cui i rettori non riuscivano a mettersi d'accordo? Uno dei più dibattuti era proprio la presenza dì esponenti della società civile o del mondo politico nel cda. Contrari, per esempio, i capi delle sette università romane, che temevano un'ulteriore invasione di campo per opera dei partiti, mentre Trieste e altre realtà più piccole vedevano di buon occhio !a presenza in consiglio del sindaco o di un suo rappresentante. In perfetto stile accademico e per non far torti, la Crui ha deciso che gli esterni devono essere nominati «motivatamente e d'intesa con il rettore, in base a curricula professionali ed esperienze che rendano giustificata la scelta». _____________________________________________________ L’Unità 1 Lug. 2004 LE ELEZIONI DEL RETTORE ALLA SAPIENZA Guarinio. competenza per governare l'ateneo La chiave non sono le mediazioni fra facoltà Sarà necessaria una delega per il policlinico Waada Marra La saggezza dei settant'anni e l'entusiasmo dei trenta: è lo stesso Renato Guarini a definire la sua candidatura a Rettore della «Sapienza» usando queste categorie Anche se ci tiene a precisare che la decisione di presentarsi non é stata una sua iniziativa ma una richiesta del gruppo di cui è espressione, Minerva 2004. Guarini, napoletano, classe 1932, uomo da sempre di sinistra, è dal 1995 Preside della Facoltà di Scienze Statistiche ed 2 probabilmente proprio quest'incarico che lo rende un candidato di tutto rispetto Questa facoltà, infatti, e all'avanguardia da molti punti di vista si è saputa adeguare ai tempi e sforna dei giovani che trovano collocazione nel mondo del lavoro con alte specializzazioni. Difatti è tra quelle che sono incentivate a livello comunitario per avere un incremento di immatricolati, che così pagano solo la prima rata di 25 euro Professore, qual è lo spiríto di Minerva 2004? Ritengo che il problema non è solo formulare un programma ma soprattutto dare delle regole, un metodo e delle garanzie perché tale programma venga attuato Per questo ho voluto già indicare alcuni nomi di docenti che si impegneranno nell'attuazione la compagine di governo non deve essere frutto di mediazioni tra facoltà, dipartimenti ecc_, ma espressione, di competenza, specificità, conoscenza dei vari problemi Anche se le elezioni saranno a settembre, quella che si sta svolgendo alla «Sapienza»è una campagna elettorale in piena regola, con quattro candidati in campo (oltre a lei, Giuseppe D'Ascenzo, Gianni Orlandi e Luigi Frati): ma c'è chi dice che alla fine le candidature si ridurranno a due o tre, grazie a degli accordi... Noi non stiamo eleggendo il sindaco di un Comune ma il Rettore di una delle più grandi università italiane, questo deve essere fatto nel rispetto sia di regole democratiche che accademiche Non si possono fare accordi a priori, ma quando si va al ballottaggio bisogna contarsi. I maligni dicono che state lavorando per l'attuale Rettore, D'Ascenzo... L'assurdità di quest'affermazione e evidente se stessimo lavorando per lui, non ci saremmo presentati con un programma che è alternativo all'attuale gestione Ma lei è attualmente Prorettore con alcune deleghe.. Credo di aver lavorato bene nei l'ambito delle mie deleghe e nel rispetto della figura del Rettore e con lealtà verso di lui Per esempio mi sono occupato dell'attuazione dei nuovi ordinamenti didattici delle lauree triennali, delle lauree specialistiche, dei master, della gestione dei budget di facoltà. Ho affermato il principio dell'autonomia gestionale delle facoltà d'accordo con il Rettore e in contrapposizione alle posizioni assunte da alcuni esponenti del Cda che hanno indiscriminatamente cercato di bloccare le assunzioni degli idonei di prima e seconda fascia e dei ricercatori. Difatti nel mese di dicembre sono stati assunti 92 professori e nel mese di gennaio 62 ricercatori e questo in collaborazione con il Rettore. Aver collaborato lealmente con il Rettore per il raggiungimento degli obiettivi è un merito. Ma adesso per lei è possibile distaccarsi da D'Ascenzo, la cui gestione è universalmente criticata come fallimentare? Nel mondo accademico non ci si distacca: si collabora ne( bene dell'istituzione. In tutte le gestioni ci possono essere chiari o scuri La cornples5ità della «Sapienza ~, era tale che é semplicistico poter immaginare che si potessero raggiungere solo risultati positivi Come vi ponete rispetto alla candidatura di Frati, Preside di una facoltà importante e potente come Medicina? E cosa pensate di fare per gestire l'area sanitaria e i policlinici? Frati é una persona con molta esperienza delle cose universitarie e credo sia un concorrente ideale. Nel programma di Minerva 2004 è prevista una delega per l'area sanitaria, ma non abbiamo ancora individuato la persona- deve essere qualcuno che possa collaborare con il Rettore per la gestione di una situazione complessa ________________________________________ La Gazzetta Economia 26 Giu. 2004 RICERCA SCIENTIFICA OK MA BARI NON HA RICADUTE ADEGUATE La ricerca scientifica in provincia di Bari può vantare poli di eccellenza di livello internazionale non ancora a tutti nati, ma questo patrimonio di competenze non ha significative ricadute sul sistema produttivo locale. Le Scienze Chimiche, l'Ingegneria industriale e dell'informazione e le Scienze Fisiche sono, í polí di eccellenza dei due atenei baresi: queste discipline fanno registrare indici di impatto e di produttività superiori sia alla media degli Atenei del Mezzogiorno sia alla media nazionale. La Chimica, in particolare, si attesta su livelli pari a quelli dei maggiori Centri internazionali. Questi poli collaborano con network di eccellenza internazionali e, dato l'elevato potenziale di applicazione industriale delle loro ricerche, hanno stretti rapporti con grandi aziende multinazionali non localizzate nella provincia, mentre dimostrano un modesto interesse per le relazioni con la struttura produttiva locale e nei confronti della brevettazione e della commercializzazione dei risultati conseguiti. Sono questi alcuni dei risultati dell'indagine La capacità scientifica e di ricerca nella provincia di Bari condotta da Giulio Cainelli e Michele Capriati dell'Università degli Studi di Bari e pubblicata sul sito www.assi.ba.idfuturo nell'ambito del progetto La Fabbrica del Futuro. Piano strategico dell'industria della provincia di Bari. Sul sito www.assi.ba.iUfuturo sono consultabili anche agli altri studi realizzati per il progetto, che è stato avviato dall'Assindustria di Bari, in collaborazione con la Camera di Commercio, con l'obiettivo di disegnare lo scenario dell'industria barese del prossimo decennio. _____________________________________________________ La Repubblica 28 Giu. 2004 L'E-MAIL PIACE ALLE AZIENDE Focus/ Una ricerca di Kiwari sottolinea come le PMI italiane apprezzino molto I utilizzo della posta elettronica per ridurre i costi e ottimizzare i servizi LUIGI FERRO Alle aziende italiane l'-mail piace. E non solo perché l'utilizzo della posta elettronica è in crescita, ma anche perché la email è sempre più integrata all'interno della strategia della comunicazione delle aziende. L'analisi è di Kiwari, società specializzata nello sviluppo di tecnologie per il marketing e la comunicazione digitale, che tramite CommStrategy ha realizzato l'E-mail corporate insight, un rapporto che studia l'utilizzo della posta elettronica in quaranta aziende fra le quali ci sono nomi come Telecom, Unicredit, Cartasì, ma anche Internet company come 6slcuro e Spesaonline. E-commerce, assicurazioni e broker ori line sono i settori dove l'utilizzo delle e-mail è più spinto, mentre largo consumo, food e telcom appaiono in ritardo. II 95% del campione, però, ha attivato progetti per la riqualificazione delle anagrafiche della clientela con l'inserimento dell'indirizzo e-mail. "Evidente - recita il rapporto - è la tendenza verso l'integrazione della posta elettronica nei sistemi di Crm (Customer relation’s ship management, la gestione delle relazioni con la clientela) con case study evoluti nel settore dei viaggi". I vantaggi principali dell'e-mail per le aziende rispetto al direct marketing tradizionale comprendono il taglio dei costi, l'immediatezza e l'analisi in tempo reale della redemption con ritorni più elevati delle campagne pubblicitarie. Oltre i170% delle aziende intervistate pubblica una newsletter come servizio a valore aggiunto finalizzata alla fidelizzazione della clientela, mentre 1'86% utilizza lo strumento del direct e-mail marketing con promozioni riservate ai clienti digitalizzati. Iniziative che ottengono un click-through rate (la risposta al messaggio) del 5% contro un dato medio dell' 1,8% rispetto ad analoghe iniziative che non utilizzano la posta elettronica. Secondo l'indagine di Kiwari, oltre il 50% delle aziende ha migrato verso il digitale le comunicazioni riservate alla clientela che per il momento continuano a essere affiancate dall'invio tradizionale. L'email, però, è utilizzata spesso come canale per veicolare coupon digitali e sondaggi ori line ed è uno dei mezzi più diffusi per la pubblicità tramite Internet. L'indagine identifica anche cinque profili fra le aziende intervistate ottenuti incrociando la propensione all'utilizzo della posta elettronica con le modalità di utilizzo del Web. Così emerge un segmento centrale formato da circa un terzo del campione, gli entusiasti razionali, con una forte presenza ori line e un uso evolutivo della posta via Internet come canale di fidelizzazione della clientela. Altri due profili con forte propensione al Web sono i digitalizzati (27%), player puri on line che utilizzano la Rete per vendere prodotti o servizi, e i promotori digitali (9%) per i quali Internet è un canale informativo alternativo a quello fisico da presidiare attentamente. Più in basso per quanto riguarda la relazione con la posta elettronica troviamo i curiosi (23%) e i parsimoniosi (9%). L'attività principale del primo gruppo di aziende è off line; questo però non gli impedisce di guardare con attenzione al digitale verso il quale nutrono forti aspettative. Tanto è vero che stanno studiando i primi progetti di migrazione. Aziende che operano solo su Internet, formano invece il secondo gruppo che ovviamente utilizza il Web in modo molto evoluto ma con un utilizzo dell'e-mail limitato all'indispensabile. In questo modo si cerca di non essere particolarmente invasivi stando attenti alla valutazione sul ritorno dell'investimento effettuato. _____________________________________________________ La Repubblica 1 Lug. 2004 SE I NOBEL SI SCHIERANO CON LUZZATTO di Maurizio Paganelli Il licenziamento dall'Istituto Tumori di Genova (Ist) del direttore scientifico Lucio Luzzatto non è stato affatto "digerito" dalla comunità scientifica internazionale. Ne è testimonianza il rifiuto a partecipare al workshop (organizzato dall'Ist quando c'era Luzzatto) dell'8 luglio, proprio a Genova, di 18 grandi nomi della scienza (tra i quali tre Nobel), con lettera-appello inviata al ministro della Salute Sirchia. Ma già prima, Harold Varmus Nobel 1989, former director dell'NIH, presidente del Memorial Sloan-Kettering (dove 3 anni fa lavorava Luzzatto prima del gran rientro), insieme a Max Gottesman, direttore dell'Istituto Ricerche sul Cancro alla Columbia University ed advisory editor del Jaurnal of Molelecular Biology, avevano inviato una protesta al ministro Sirchia senza ricevere alcuna risposta. Lo racconta proprio Max Gottesman, uno dei più quotati ricercatori del mondo che segnala alcuni aspetti del caso: 1) una vicenda simile rende impossibile il rientro di "cervelli" italiani dall'estero; 2) indica che la ricerca di base non è sufficientemente supportata in Italia; 3) mostra un difetto di onestà da parte del governo e un trattamento meschino verso un uomo apprezzato ovunque per la propria integrità. «Non ne facciamo un questione politica sul governo», conclude Gottesman, «diciamo solo che è stato fatto un errore e che deve essere corretto». _______________________________________________ La Stampa 30 Giu. ’04 SCIENZIATI, IMPARATE ANCHE A COMUNICARE INFORMAZIONE IL RECORD DELLA «VISIBILITA’» E’ DETENUTO DAGLI STATI UNITI UN INVITO CHE ARRIVA DALL’EUROPA: SPESSO LA RICERCA NON E’ SOSTENUTA DALLA DIFFUSIONE DELLE NOTIZIE LA questione dei finanziamenti sembra il più delle volte l'unica al centro del dibattito sulla ricerca europea. Ma non è la sola sfida che il vecchio continente deve affrontare in campo scientifico. C'è infatti anche il difficile settore della comunicazione, della trasmissione alla gente di risultati e scoperte che sono normalmente allo stesso livello di quelli di altri Paesi, e molto spesso sono nettamente superiori, eppure raramente arrivano al "primo posto" in una ipotetica graduatoria mondiale dell'informazione che raggiunge i cittadini, nella quale il podio più alto ce l'hanno più o meno sempre gli americani. "Non vendiamo ancora bene la nostra scienza", questa è stata una sintesi di Phillippe Busquin Commissario alla Ricerca della UE, durante il suo intervento al meeting "Comunicare la Ricerca Europea", che a maggio ha riunito a Bruxelles scienziati, giornalisti ed esperti di comunicazione. Un appuntamento che ha coinciso con l'avvio di oltre duecento progetti scientifici finanziati dal Sesto programma quadro (i Programmi quadro sono lo strumento principale dell'Unione Europea in questo campo). "La questione di comunicare la scienza - ha detto Rainer Gerold responsabile della Direzione "Scienza e società" nella Dg Ricerca - non è solo legata al creare una cultura scientifica generale, ma ci viene imposta anche dal bisogno di avere più ricercatori nell'Unione Europea". Solo che il grosso dell'informazione sulle ricerche scientifiche (a parte quella porzione predominante che viene dagli Stati Uniti) arriva non dall'Europa nel suo complesso, ma dai singoli Paesi. Così sul tavolo della discussione sono finite varie ipotesi di lavoro, per dare alla scienza europea la visibilità che dovrebbe meritare. Alcune sono già in funzione da qualche tempo, soprattutto dirette ad aiutare gli scienziati a divulgare le loro ricerche al grande pubblico. Ad esempio il sito internet AlphaGalileo (http://www.alphagalileo.org), dedicato in modo particolare ai giornalisti, che possono trovare le comunicazioni e gli annunci delle varie Istituzioni scientifiche. Però molti interventi hanno sottolineato un dato evidente: la gente riceve il grosso delle informazioni scientifiche dalla televisione piuttosto che dalla carta stampata. E' l'idea che ha fatto nascere un'iniziativa come Research-TV che, partendo dalle notizie provenienti dalle organizzazioni che vi partecipano (prevalentemente inglesi per il momento), produce brevi videonotiziari a tema scientifico che le televisioni di tutto il mondo possono usare liberamente. Altre idee sono per ora semplicemente allo studio. E' circolata per un po', ad esempio, l'idea di creare un canale televisivo satellitare specifico per la scienza europea. I più lo vedono, però, quasi come un carrozzone: un sacco di soldi ma pochi spettatori a seguirlo, e l'idea molto probabilmente non andrà avanti. Ma all'origine delle notizie, comunque le si diffonda, ci sono gli scienziati, quelli che, secondo Gerold "hanno l'obbligo non solo di comunicare i risultati del loro lavoro, ma di informare il pubblico, un'azione che deve essere continua durante tutto lo svolgimento dei progetti europei". E gli scienziati devono essere "addestrati" al rapporto con i media, come ha sottolineato Steve miller, dello University College di Londra. Insomma, chissà che con un po' di pazienza non si riesca a migliorare la percezione che la gente ha della scienza. Ad esempio (leggendo i dati del sondaggio Eurobarometer 2001 sui cittadini e la scienza) per quel 41% di europei ancora convinti che gli antibiotici uccidono sia i virus sia i batteri, oppure quel 20% per il quale i primi uomini hanno vissuto assieme ai dinosauri. Americo Bonanni _______________________________________________ Corriere della Sera 1 lug. ’04 LEVI MONTALCINI: CHE AVVENTURA LA SCIENZA Pubblichiamo alcuni brani di "Abbi il coraggio di conoscere", il testo che il premio Nobel Rita Levi Montalcini ha scritto per la serata in programma oggi alla Milanesiana, la manifestazione di letteratura musica e cinema promossa dalla Provincia di Milano e dal Comune di Milano con la direzione artistica di Elisabetta Sgarbi. Nel corso dell'iniziativa il premio Nobel per la medicina dialogherà, sul filo dell'autobiografia, con il coordinatore della serata Armando Torno, mentre il compositore Roberto Cacciapaglia terrà un concerto dal titolo "Mente Radiosa/Radiant Mind". L'appuntamento è per questa sera, alle ore 21, a Palazzo Isimbardi di Milano. Anticipiamo alcuni brani del testo autobiografico che verrà letto questa sera alla Milanesiana. Dalla ribellione al padre alle scoperte rivoluzionarie La mia infanzia e adolescenza si svolsero in un ambiente saturo di affetto, dominato dalla forte personalità di mio padre che ci amava teneramente, ma esigeva da noi incondizionata obbedienza. La sua volontà era legge e sia io che le mie sorelle dovevamo sottostare ad una rigida educazione vittoriana che non creasse conflitti tra il ruolo di future mogli e madri e le esigenze di una possibile carriera professionale. Erano quelli gli anni nei quali l'artista teatrale ammirato da mio padre e dal pubblico torinese, Ermete Zaccone, era salutato da scrosci di applausi quando, nella parte del Padrone delle Ferriere, recitava, rivolgendosi alla giovane moglie, con un tremulo in crescendo che rendeva più melodrammatica la sua voce di basso: "Tu mi ami, io ti adoro, ma ti spezzerò". Emersa a 18 anni dal tedio di un liceo femminile che non dava adito all'università, non avendo né uno spiccato talento artistico come la mia gemella Paola, né inclinazione per il ruolo di moglie e di madre, mi trovai del tutto disarmata di fronte al futuro e profondamente infelice. L'intervento a mio favore di mia madre, che adoravo, ebbe il sopravvento sulle convinzioni di mio padre che mi permise, seppure con qualche perplessità, di riprendere gli studi interrotti da tre anni. Mi preparai privatamente alla licenza liceale che conseguii senza difficoltà in pochi mesi ed ottenni il secondo e più ambito permesso di iscrivermi alla facoltà di medicina. Torreggiava in quegli anni nell'Ateneo torinese una figura che per alcuni aspetti mi ricordava mio padre, il famoso istologo Giuseppe Levi, che avrebbe esercitato una forte influenza sulla mia scelta e prosecuzione dell'attività scientifica. Dalla fine del primo anno universitario entrai come interna nell'Istituto Anatomico da lui diretto e iniziai gli studi sul sistema nervoso che avrei poi continuato sino ad oggi. Erano miei compagni di università e di internato sotto la sua direzione, mia cugina Eugenia Lustig, Salvatore Luria e Renato Dulbecco e si stabilì tra noi un'amicizia che crebbe e si consolidò con gli anni. Conseguita la laurea in medicina nel 1936, continuai a frequentare l'Istituto Anatomico e la clinica neuro-psichiatrica, attratta sia dalla ricerca pura che dall'esercizio della professione medica per la quale sentivo di avere particolari attitudini. La perplessità sulla carriera da scegliere fu troncata dalla promulgazione, il 14 luglio 1938, del manifesto razziale che privava i cittadini non ariani di ogni diritto alla carriera universitaria e a tutte le libere professioni. Nella primavera del 1939 accettai l'invito di un istituto neurologico di Bruxelles e mi trasferii in quella città dove rimasi sino al dicembre dello stesso anno, quando si riteneva imminente l'invasione del Belgio da parte delle truppe tedesche. In quel periodo così drammatico e denso di pericoli, non volendo rimanere separata dalla mia famiglia, ritornai a Torino. Nell'impossibilità di frequentare gli istituti universitari decisi di allestire un piccolo laboratorio di neuroembriologia sperimentale in casa nella mia camera da letto. Giuseppe Levi, reduce come me dal Belgio, nel quale era migrato all'inizio della campagna antisemita, mi chiese di venire a lavorare con me e gli offrii con gioia la posizione di primo e solo assistente. Erano i mesi che precedevano l'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania e i quotidiani rigurgitavano di slogan antisemiti. Nel giugno del 1940, con la dichiarazione della guerra iniziarono i massicci bombardamenti delle città italiane. Seguì lo sfollamento in massa di quelle più colpite e tra queste Torino, grande centro industriale. Con mia madre, mio fratello e mia sorella (mio padre era mancato di infarto nel 1932), ci trasferimmo in una collina dell'astigiano dove io continuai le mie ricerche in un laboratorio sistemato nell'anticucina tra difficoltà di ogni genere, sino al settembre 1943. In quel laboratorio scoprii il processo della morte di intere popolazioni nervose nelle fasi iniziali del loro sviluppo, fenomeno che descrissi dettagliatamente. Soltanto tre decenni più tardi (1972) questo processo sarebbe stato definito da altri autori con il temine di apoptosi, cioè morte programmata delle cellule. L'inverno e la primavera del 1944 passarono negli assidui contatti con gli amici partigiani, attivi nel partito di azione, confezionando carte d'identità false per quelli sprovvisti del documento e la revisione con Levi del suo monumentale trattato d'istologia. Con la fine della guerra nell'aprile 1945 Giuseppe Levi fu reintegrato nella cattedra di anatomia a Torino e mi offrì la posizione di assistente, posizione che occupai sino a quando nel 1946 il noto scienziato, Viktor Hamburger, che aveva letto il mio articolo pubblicato su Archivie de Biologie , mi invitò a recarmi a St. Louis, nel Dipartimento di Zoologia da lui diretto alla Washington University per chiarire i nostri differenti punti di vista sui meccanismi di controllo dei tessuti periferici sui centri nervosi deputati alla loro innervazione. Partii per gli Stati Uniti nel settembre 1947. L'invito era per qualche mese, né era mia intenzione rimanere più a lungo: sarei invece rimasta in quel Dipartimento prima nella qualifica di Associate Professor e poi come Full Professor per tre decenni, sino al 1977. Si stabilì sin dal primo giorno del mio arrivo a St. Louis un rapporto scientifico e d'amicizia con Hamburger che sarebbe continuato negli anni a venire (...). Nel 1961, desiderosa di ricongiungermi con i miei cari, decisi di rientrare almeno per qualche mese in Itala, pur continuando a espletare la mia attività scientifica e didattica alla Washington University. La scelta della città dove continuare le ricerche sul NGF cadde su Roma grazie alla generosa ospitalità offerta dal compianto prof. Giovanbattista Marini Bettolo, Direttore del Dipartimento di Biochimica dell'Istituto Superiore di Sanità. Ritornavo così in questa città che aveva esercitato su di me un profondo fascino sin da un lontano giorno della mia infanzia quando per la prima volta ero rimasta impressionata dal Colosseo, dai Fori e dai ruderi della grande Roma imperiale. Ebbe così inizio la mia vita pendolare tra l'Italia e gli Stati Uniti, dove fino al 1977 continuai a svolgere attività didattica e di ricerca in diretta connessione con l'attività scientifica condotta a Roma, alternandomi con il compianto caro amico Pietro Angeletti. Dal 1969 il gruppo da me diretto si trasferì dall'Istituto Superiore di Sanità a una sede alle dipendenze del Consiglio Nazionale delle Ricerche. In questo Centro si erano associati a me giovani ricercatori, affascinati dalla saga del NGF in pieno sviluppo, spinti dall'entusiasmo e dallo spirito di avventura che regnava nel laboratorio, incuranti del fatto che non potevo assicurare loro alcuna certezza di un futuro. Due decenni più tardi, il 10 dicembre del 1986, le ricerche eseguite in condizioni così difficili e i risultati conseguiti furono ampiamente compensati (...). Rita Levi Montalcini _______________________________________________ La Stampa 28 Giu. ’04 TROPPO CALCIO, POCA SCIENZA SE UNO STADIO COSTA COME UN’UNIVERSITA’ L'ELIMINAZIONE ingloriosa della nazionale di calcio dal campionato europeo pone problemi che vanno al di là del mondo del pallone e riguardano il peso e il ruolo, presente e futuro, di questo sport nell'economia del Paese. Il «calcio» è un sistema complesso che va dalla «produzione» dello spettacolo calcistico - acquistato direttamente da chi si reca agli stadi, dalle televisioni che lo trasmettono, dalle imprese che lo usano come veicolo pubblicitario - alla «produzione» di notizie e commenti su questo spettacolo, in straordinaria espansione negli ultimi anni, fino alle attività accessorie, come la vendita di simboli sportivi davanti agli stadi. Nei costi di questa produzione occorre includere anche le imposte e i contributi sociali connessi con il calcio, a vario titolo non pagati, e i sussidi a vario titolo pagati a chi, anche gratuitamente, in modo volontario e a livello locale svolge quest'attività. Il numero delle persone professionalmente coinvolte nell'attività calcistica, o in altre da essa derivate, può essere ragionevolmente stimato in alcune decine di migliaia, all'incirca pari a quello di chi si occupa di ricerca scientifica; e il valore complessivo delle produzioni calcistiche e collegate al calcio in 15-20 mila miliardi di vecchie lire l'anno, ossia un po' meno dell'1 per cento del prodotto interno lordo italiano, una cifra quasi pari a quella destinata alla ricerca scientifica. Per il calcio, si tratta di un valore relativamente elevato in campo internazionale in rapido aumento negli ultimi 10-15 anni; per la ricerca scientifica, al contrario, si tratta di un valore relativamente molto basso (circa la metà di quello dei principali Paesi avanzati) dall'andamento stagnante, o addirittura in diminuzione. Costruire un grande stadio costa all'incirca quanto costruire un'università; l'Italia dei mondiali costruì una dozzina di grandi stadi ma solo un paio di università. Lo stipendio annuale di un giocatore mediamente noto di serie A è ampiamente sufficiente a finanziare un ottimo programma annuale di ricerca scientifica, ma i soldi per il primo si trovano sempre, per il secondo quasi mai. E' molto facile che grandi imprese sponsorizzino squadre di calcio, è terribilmente arduo convincere le stesse imprese a dedicare qualche spicciolo al finanziamento della ricerca. Accanto a come riportare la nazionale italiana agli onori dei trofei europei e mondiali occorre studiare come evitare che la ricerca scientifica italiana scompaia del tutto dalla scena internazionale. Scienza e sport non sono necessariamente alternativi (possono anche essere in piccola parte complementari) ma entrambi vanno riportati a un'ottica di politica industriale, a un discorso di priorità nazionali, a un esame di prezzi e di redditi. Potrà questo Paese continuare con molto calcio e poca ricerca? I cinesi praticano assai poco lo sport competitivo e sfornano oltre mezzo milione di laureati scientifici all'anno, contro i 22 mila italiani. Forse non dovremmo lamentarci se le loro esportazioni ci portano via i mercati, così come non dobbiamo lamentarci se i piccoli paesi emergenti d'Europa, come Portogallo, Grecia e Repubblica Ceca, con molta voglia di vincere, producono del buon calcio a prezzi inferiori ai nostri e ci portano via i trofei. mario.deaglio@unito.it ================================================================== ________________________________________________ L’Unione Sarda 4 lug. ’04 REGIONE SARDEGNA: NERINA DIRINDIN (TORINESE) ALLA SANITA’ Igiene, sanità e assistenza sociale Nerina Dirindin, 55 anni, di Torino, indicata da Progetto Sardegna. Sposata, due figli, è docente di economia pubblica ed economia sanitaria alla facoltà di economia dell’università di Torino. Tra il ’99 e il 2000 è stata direttore generale del Dipartimento della programmazione del ministero della sanità all’epoca di Rosy Bindi. E’ autrice di alcuni testi sulla sanità: “Chi paga per la salute degli italiani?”, “Elementi di economia sanitaria”, e “In Buona salute”. _______________________________________________________ DIRINDIN: L’OPPOSIZIONE ATTACCA FORZA ITALIA Pietro Pittalis, portavoce di Forza Italia, prova a tracciare un primo giudizio a caldo della nuova Giunta: «Non parlo delle singole persone che meritano rispetto: un bilancio lo si potrà dare soltanto una volta che cominceranno a lavorare. Certo che il metodo utilizzato dal presidente Soru, porta a una considerazione: ha affibbiato un sonoro ceffone alla classe dirigente sarda del centrosinistra che dimostra di non avere alcuna voce in capitolo sulle scelte. Ma soprattutto ne esce mortificata: per la sanità Soru è andato a pescare una professionista torinese, Nerina Dirindin. Secondo questa logica non ci sarebbero evidentemente persone del centrosinistra in grado di potersi occupare dei problemi della sanità», aggiunge Pittalis: «A questo punto il presidente Soru dovrà ricredersi su alcune dichiarazioni. Per esempio sul fatto che secondo lui non c’erano panini sardi all’aeroporto. Così come il professor Gianluigi Gessa, che minacciava di cacciare il professor Rubbia dalla Sardegna. Tutto ciò sta a indicare uno stato davvero confusionale di questa maggioranza e poco coerente rispetto agli slogan lanciati in campagna elettorale. Soprattutto a quelli che facevano riferimento a una profonda sardità». I RIFORMATORI E’ questo il nome che Soru intende designare alla guida della Sanità sarda. Qualcuno potrebbe obiettare come appaia quanto meno strano che mister Tiscali, dopo la sua campagna elettorale all’insegna dei valori della sardità, non trovi ora di meglio che affidarsi ad un tecnico torinese. Ma chi è in realtà Nerina Dirindin? Il suo curruculum su internet lascia poco spazio alla fantasia. E’ una professoressa di economia dell’Università degli Studi di Torino, ha cinquantacinque anni, coniugata con due figli. Ha un impressionante elenco di collaborazioni e di attività di qualità in tema di economia sanitaria ed è autrice (o coautrice) di diversi libri sulla materia. E’ stata Direttrice della Programmazione del Ministero della Sanità con Rosi Bindi. Al di la dell’orientamento politico (che è di centrosinistra, come è ovvio, visto che il centrosinistra ha vinto le elezioni sarde), sembra trattarsi di un tecnico di tutto rispetto. I Riformatori guardano con attenzione e senza preconcetti al nuovo Assessore alla Sanità. Che dimostri (e quanto prima possibile) le sue capacità di innovazione e di rafforzamento del sistema. Ci confronteremo sui progetti e, quando (e se) saremmo d’accordo, non avremmo certo vergogna a dirlo pubblicamente. Cercheremo di non copiare i difetti del centrosinistra, che ha invece smontato scientificamente ogni iniziativa di cambiamento in sanità (anche quelle condivise “a parole”). _______________________________________________________ DIRINDIN: CURRICULUM VITAE Nata a Torino il 25.5.1949. Coniugata, due figli. Professore associato presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Torino. Attività universitaria 1972 laurea presso la Facoltà di Economia e Commercio dell'Università degli studi di Torino 1973-80: borsista C.N.R. (1973-74) e titolare di un contratto di ricerca (1974- 80) presso la Facoltà di Economia e Commercio di Torino 1981-1999: ricercatrice presso la Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Torino, Istituto di Economia Politica a.a. 1991/92: titolare dell'insegnamento di ECONOMIA POLITICA I presso la Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Torino, sede di Novara a.a. 1992/93 e 1993/94: titolare dell'insegnamento di "SCIENZA DELLE FINANZE E DIRITTO FINANZIARIO" presso la Facoltà di Economia e Commercio di Torino a.a. 1994/1995: titolare dell’insegnamento di “ECONOMIA PUBBLICA” presso la Facoltà di Economia di Torino dall'a.a. 1991/92 all’a.a.1997/98: titolare dell'insegnamento di ECONOMIA SANITARIA presso la "Scuola Diretta a fini speciali per Dirigenti e Docenti di Scienze Infermieristiche" della Facoltà di Medicina dell'Università di Torino a.a. 1995/1996, 1996/97 e 1997/98: titolare dell’insegnamento di “ECONOMIA SANITARIA” presso la Facoltà di Economia di Torino a.a. 1997/98: titolare del corso di “SCIENZA DELLE FINANZE” per il Diploma Universitario in Economia e amministrazione delle imprese (sede di Pinerolo) presso la Facoltà di Economia di Torino 1999-2000: in aspettativa ai sensi dell’art. 13 del DPR 382/80 in quanto Direttore generale del Dipartimento della Programmazione Ministero della Sanità dal 16 luglio 2000 ha ripreso servizio presso la Facoltà di Economia dell’Università di Torino a.a. 2000/01: titolare del corso di “SCIENZA DELLE FINANZE” per il Diploma Universitario in Economia e amministrazione delle imprese (sede di Pinerolo) presso la Facoltà di Economia di Torino aa. 2000/01: titolare dell’insegnamento di “ECONOMIA SANITARIA” presso la Facoltà di Economia di Torino Torino, giugno 2001 Nerina Dirindin Attività di ricerca Nel periodo 1983-1989 ha partecipato alla ricerca condotta per conto della regione Piemonte per la definizione di un sistema di indicatori di efficacia ed efficienza per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi di piano e del corretto uso delle risorse. Nel 1988 ha collaborato al progetto finalizzato CNR "Struttura ed evoluzione dell'economia italiana", con la ricerca "La spesa sanitaria e le altre voci del Welfare State in Italia" afferente al Sottoprogetto 3. Nel mese di febbraio 1990 ha tenuto, in qualità di esperta di Economia Sanitaria e per conto del Ministero degli Esteri, Direzione Generale Cooperazione e Sviluppo, un "Corso di Management per sistemi locali di Sanità" a Salvador di Bahia, Brasile. Nel periodo 1989-1992 ha collaborato alla definizione di schemi di lettura e interpretazione dei dati e degli indicatori derivabili dai flussi informativi presenti nel Sistema Informativo Sanitario del Ministero della Sanità. Nel 1993 ha coordinato un gruppo di lavoro del Cresa sui Livelli uniformi di assistenza sanitaria. Nel 1994 è stata membro della Commissione Ministeriale per l’analisi delle determinanti della spesa sanitaria (presidente Prof. E. Veronesi). Nel 1994-95 ha partecipato, in qualità di esperta, alle riunione della prima sezione del Consiglio Superiore di Sanità sul tema dei sistemi di remunerazione dei soggetti erogatori di prestazioni sanitarie. Nel 1996 ha collaborato al progetto strategico CNR coordinato da F. Modigliani e F. Padoa Schioppa “Il risanamento della finanza pubblica in Italia”, affrontando il tema dell’evoluzione del sistema italiano di tutela della salute con particolare riguardo alle innovazioni introdotte nel secondo dopoguerra in occasione dell’estensione della protezione ai pensionati. Nel 1995-96 ha approfondito il tema degli effetti del sistema sanitario sulla distribuzione del reddito analizzando in particolare il lato del finanziamento; su tali temi ha pubblicato, per il Mulino, il volume “Chi paga per la salute degli italiani?”. Nel 1996-1997 ha collaborato con l’Assessorato alla Sanità della Regione Emilia Romagna all’analisi delle aree di criticità della spesa sanitaria e della realtà regionale. Nel 1997 ha collaborato alla ricerca condotta per conto dell’Agenzia per i Servizi sanitari regionali sulle modalità di remunerazione dell’attività ospedaliera alternative e integrative rispetto al sistema di pagamento a prestazione. Nel 1997 è stata membro delle delegazione ufficiale del Governo italiano alla Conferenza internazionale di Lubiana dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel 1997-98 ha fatto parte del gruppo di lavoro della Banca d’Italia (coordinatore prof. A. Sen) su “Regional Differences, Inequality and Social Exclusion in the Design of Public Policies. Nel 1997 ha coordinato il gruppo di lavoro del Ministero della Sanità per la predisposizione del Piano sanitario nazionale 1998-2000. Nel 1999 è stata nominata Direttore Generale del Dipartimento della Programmazione del Ministero della Sanità, incarico che ha ricoperto fino al 15 luglio 2000. Nel dicembre 2000 – febbraio 2001 ha coordinato, su incarico del Ministro per Solidarietà sociale, la Commissione di esperti per l'elaborazione di proposte finalizzate all'adozione degli strumenti attuativi della legge 328/2000 ed ha coordinato il gruppo di lavoro per la predisposizione del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003. Ha collaborato, in qualità di reviewer, con la rivista European Journal of Public Health. E’ membro del Comitato Scientifico della rivista “Politiche Sanitarie” e del Comitato di Direzione della rivista “Epidemiologia e Prevenzione”. E’ membro del Comitato Scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità. E’ membro della Commissione Tecnica per la Spesa Pubblica, del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica. Torino, giugno 2001 _______________________________________________ La Stampa 30 Giu. ’04 RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE La verità? E’ un farmaco da dosare con saggezza TROPPO POCA PUO’ NON SERVIRE, MA TROPPA PUO’ ESSERE LETALE. IL DILEMMA TRA CERTEZZA E DUBBIO L'11 giugno si è svolto a Modena, per il «Master in evidence based medicine» coordinato da Alessandro Liberati, il seminario «L'incertezza in medicina: affrontarla o rimuoverla?». Si deve partire dal fatto che il mondo del medico è il mondo dei segni: delle cose che possono essere misurate, pesate, rilevate mediante strumenti, valutate in termini obiettivi. Il mondo del paziente è il mondo dei sintomi (la descrizione che dà del proprio malessere) e di quello che egli si aspetta, spera, teme a proposito degli effetti della malattia: mondo dominato dalla soggettività, dal non misurabile (il che non significa necessariamente irrazionale). Il mondo dei segni è dominio della scienza e appartiene al medico. Il mondo della soggettività pare essere scarsamente scientifico, appartiene al paziente e nella cultura medica corrente tende a contare abbastanza poco. La scienza non dà certezze, solo ragionevoli probabilità. Ogni traguardo raggiunto dalla scienza è per definizione provvisorio e destinato ad essere oltrepassato. Quanto alla soggettività, è incerta per definizione. Ne consegue che la certezza non appartiene alla medicina:ha a che fare col mondo della religione, delle sette, della magia; in altre parole i soli a poter vantare certezze sono maghi e ciarlatani. La medicina con quei contesti non c'entra: lo strumento comunicativo di maghi e ciarlatani è autoritario, in quanto essi si pongono come gli unici detentori della verità. Ciò che essi vogliono ottenere non è la fiducia ma la fede. La fiducia, come l'amore o l'amicizia, è una relazione tra persone e va guadagnata giorno per giorno: ognuno dà e riceve in egual misura. La fede è un atto di delega totale: uno solo decide ciò che è bene per l'altro. Nella fede è necessario che uno creda nell'altro: la fede non è quindi una relazione tra persone ma una rinuncia alla propria autonomia, al proprio potere decisionale. Al paziente che ha fede resta un solo triste potere: trasferire la delega a un mago più bravo, a una setta più potente. La ricerca di esperti migliori incrementa il «doctor shopping»: l'andar per medici come si va per botteghe. Eppure per secoli la medicina ha distribuito certezze: nelle relazioni terapeutiche si è cioè appoggiata agli aspetti magici più che a quelli scientifici. Ma come è possibile dare risposte certe a domande del paziente come: Che cosa ho? Da dove mi viene questo disturbo? Saranno solo fisime? Sarà dovuto a alimentazione, stress, ereditarietà, ambiente…? Sarà come quello di mio padre che, poveretto…? Si può curare? Si può guarire? Dovrò fare tanti esami? Faranno male? Dovrò prendere tante medicine? Quanto durerà? Diventerà cronico? Peggiorerà? Che effetti avrà sulla mia vita quotidiana, familiare, lavorativa? E soprattutto: il mio dottore è bravo abbastanza? E' quello giusto? Solo un mago in effetti potrebbe fornire certezze, purché il paziente gli deleghi tutto il potere. Ma il paziente naviga su Internet, ha diritto al consenso informato, si appoggia ad associazioni, è pronto alla denuncia: la fede tende a funzionar sempre meno. E la fiducia? Quella occorre conquistarsela giorno per giorno sapendo che non sarà mai acquisita una volta per tutte. E' la fiducia, non la fede che produce benessere o allevia il malessere; e la fiducia si costruisce cominciando a dare fiducia. Questo richiede da parte del medico (spetta a lui guidare la comunicazione) alcuni accorgimenti: 1) Accogliere le opinioni e le ipotesi del paziente: anche se appaiono irrazionali, hanno senso per lui, vanno rispettate. Naturalmente "accogliere" non vuol dire "accettare" né tanto meno condividere; significa però evitare il confronto/contrasto sprezzante o ironico. 2) Selezionare e sottolineare quel poco o tanto di positivo che in esse è contenuto: è raro che una persona dica solo sciocchezze, è arroganza pensarlo. Questo è un primo passo verso la fiducia. 3) Agganciare agli aspetti positivi ciò che più a essi somiglia di quel che vogliamo comunicare. E’ l'inizio della costruzione d’uno spazio comune: il paziente accoglie più facilmente le nostre indicazioni se hanno senso per lui. 4) Nella relazione terapeutica, segnalare onestamente la distinzione tra ciò che sappiamo o crediamo di sapere e ciò che non sappiamo o che è ancora nel campo delle ipotesi. In contesto scientifico e in una relazione fra persone un atteggiamento del genere non ha generalmente effetti negativi: al contrario. 5) Quanto fa parte della relazione terapeutica (segni, sintomi, diagnosi, prognosi, terapia) è un percorso da costruire insieme, in ogni momento potenzialmente variabile. Il solo aspetto definito è l'obiettivo, da individuare col paziente, non a suo nome. Non è detto che le priorità del medico coincidano con quelle del paziente. 6) Il paziente non dev’essere ingannato, mentire è scorretto eticamente e inefficace: le bugie prima o poi si svelano. Ma va ricordato che la verità è un farmaco, e va dosata con abilità professionale, paziente per paziente. Troppo poca verità può non servire ma una overdose di verità può essere letale. In ogni caso, quando si deve comunicare una cattiva notizia, non esiste verità completamente priva di effetti collaterali negativi. 7) La sola certezza che va trasmessa al paziente è che in ogni momento e comunque si evolva la situazione, il medico starà al suo fianco e utilizzerà a suo vantaggio tutte le risorse di cui dispone. In molti casi questa certezza è l'unica che siamo in grado di dare e vale ad aumentare il benessere e l'autonomia del paziente più di tutte le immaginarie certezze magiche o pseudoscientifiche. Affrontare un destino incerto e inquietante da soli è quanto di peggio una persona possa sopportare. [TSCOPY](*)Direttore del Dipartimento Comunicazione, Counselling, Salute dell'Istituto Change di counselling sistemico di Torino Giorgio Bert (*) _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 È PRECARIA LA CORSIA DEI MEDICI? Pareri contrastanti sul rischio-lavoro L’ iscrizione a medicina non è garanzia di lavoro sicuro? Secondo la Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) il rischio c'è. E negli ultimi anni sta cambiando il panorama generale: la pletora di circa 100mi1a sottoccupati che la Federazione denuncia, come spiega il suo presidente Giuseppe Del Barone, sta virando nel settore femminile. Su 10 laureati, 7 sono donne e tra non molto Ordine e disoccupazione si tingeranno davvero di rosa. Lo scenario futuro. Proprio su questo argomento Del Barone lancia un sasso nello stagno: «È pur vero - afferma - che c'è un'oggettiva difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro: un medico prima dei 35 anni difficilmente ce la fa. Ma non riesco a giustificare il fenomeno per cui, ad esempio, chi cerca un sostituto per andare in ferie (soprattutto nel settore della medicina del territorio) non lo trova». «Scarto a priori - aggiunge Del Barone - che il "precariato" medico trovi sfogo in medicine alternative o emigri verso altri Stati che pure chiedono medici italiani, come l'Inghilterra. Ma allora perché i giovani disoccupati non si fanno avanti? Vorrei che scendessero in pista nel sistema sanitario nazionale, senza rimanere nell'ombra: si comincia anche così». Non la pensa allo stesso modo Luigi Frati, preside della prima facoltà di medicina dell'Università di Roma "La Sapienza". «L'attuale curriculum formativo - spiega - prevede 6 anni di corso di laurea e almeno 5-6 di specializzazione. Controllando la situazione demografica degli studenti, ci si accorge che tra dodici anni non avremo né carenza né esubero di medici e la situazione sarà normalizzata. E questo soprattutto grazie al numero chiuso, che proprio le università hanno introdotto autonomamente nel 1986». Nuovo esame di Stato. Un'università sempre più efficiente, quindi, e sempre alla ricerca di innovazioni. E anche Del Barone plaude ai mutamenti che in quest'ultimo periodo stanno caratterizzando gli studi. Primo tra tutti la riforma dell'esame di Stato, che debutta quest'anno. «Sono soddisfatto - spiega - soprattutto perché se a gestire l'esame fosse rimasta solo la componente universitaria, si sarebbe lasciata una prova così importante in mano a chi fino a quel momento è stato il tutor del candidato. Ora, invece, la commissione sarà per metà composta di medici esterni agli atenei». Le nuove regole, infatti, prevedono che la commissione sia composta da quattro universitari e quattro medici scelti dalla Fnomceo. E tra le novità per i neo- dottori c'è anche un tirocinio "maggiorato", con tre mesi post-laurea ripartiti nelle strutture universitarie e del servizio sanitario nazionale: un mese in un reparto di medicina, uno in chirurgia e un altro presso un medico di medicina generale convenzionato. Le note dolenti arrivano, secondo Frati, dal versante del "dopo-università". «La ricerca - spiega - sarebbe il vero punto su cui investire, anche da parte dei giovani per ottenere i migliori risultati in materia di professionalità. Oggi da noi non è competitiva e l'impoverimento fa soffrire anche la professione. O l'Italia cambia sistema e pone la ricerca al centro dello sviluppo o non saranno solo i medici a risentirne». PAGINA A CURA DI PAOLO DEL BUFALO _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 AL DOTTORE IL POSTO PIACE Classifiche / Record di soddisfazione A cinque anni dalla laurea sono quelli che lavorano di meno. E tuttavia sono anche quelli che meno cercano un posto di lavoro. Sono convinti quasi completamente della loro scelta e non si "scollano" mai dall'attività sanitaria. Ai medici italiani piace la professione e non tradiscono il percorso compiuto. I dati sono quelli dell'indagine 2004 di AlmaLaurea. Il quadro che emerge è quello di un medico che a cinque anni dalla laurea giudica "efficace" nel 99,5% dei casi il proprio titolo di studio, tanto da non essere indotto a frequentare master (solo l’11,1% lo fa, contro il 22,8% dei laureati nel settore politico sociale). Secondo l'indagine, i medici occupati a cinque anni dalla laurea sono il 55,8%, mentre dopo un triennio dal titolo solo il 17,6% lavora e dopo un anno non cerca lavoro e solo l’1,1% vorrebbe trovarlo. Se il dato occupazionale vede i medici fanalino di coda, la categoria balza al primo posto nella classifica della soddisfazione per il tipo di laurea e il lavoro svolto. Su una scala di valori da 1 a 10, infatti, il gradimento che gli uomini esprimono della loro professione è di 8,20 e di 8,07 da parte delle "dottoresse". E se a un anno dalla laurea i redditi mensili netti più elevati sono quelli dei laureati (uomini) in agraria (1.190 curo), mentre i medici (sempre uomini) sono al secondo posto con 1.188 euro,a cinque anni dal titolo i medici conquistano la vetta della classifica con un reddito mensile netto di 1.770 euro per gli uomini e di 1.787 euro per le donne. _______________________________________________ La Nuova Sardegna 1 lug. ’04 VIA DALLA CHIRURGIA: BAGARRE AL POLICLINICO Il caso di un infermiere davanti al magistrato CAGLIARI. Trasferire un infermiere dalla sala operatoria: possibile o no? Mille storie s'intrecciano con la vertenza in corso al Policlinico universitario di Monserrato dove un chirurgo ha chiesto l'allontanamento di un infermiere dall'attività delle sale operatorie e Cgil, Cisl e Uil hanno dichiarato guerra per tante ragioni, una fra tutte: al Policlinico non risulterebbe esserci un regolamento sulla mobilità del personale. Il problema è che la decisione della direzione sanitaria è stata avallata dal magistrato del lavoro il quale ha emesso una sentenza che dà ragione al chirurgo. Va bene che l'infermiere possa essere spostato in corsia per la motivazione superiore che in una chirurgia, durante un intervento, è indispensabile che il clima sia di massima collaborazione. L'infermiere ha presentato ricorso al tribunale collegiale e qui riprendono i dissidi: il dipendente, infatti, in attesa del giudizio di secondo grado dovrebbe adeguarsi alle disposizioni della direzione sanitaria, ma in attesa del giudizio, il sindacato rilancia la protesta sostenendo che la vicenda è "un vergognoso attacco a tutti gli infermieri del policlinico". Il tenore del comunicato è molto secco. Dopo aver ricordato che da maggio va avanti lo stato di agitazione provocato dalla vicenda ("l'illegittimo allontanamento di un infermiere dalle sale operatorie", è scritto nel comunicato), "... si comunica - si va avanti nella nota - che la causa tuttora pendente presso il tribunale in composizione collegiale avverso il quale è stato presentato un reclamo. Sarà quindi il tribunale - si sottolinea - a risolvere la controversia. Le organizzazioni sindacali ribadiscono che un allontanamento (precisamente si tratta di un trasferimento) non motivato dalla direzione sanitaria e assunto in assenza di un regolamento sulla mobilità del personale, che il vertice aziendale avrebbe dovuto predisporre dal 1997 ai sensi dell'articolo 25 comma 5 del vigente contratto collettivo decentrato, rappresenta un attacco vergognoso a tutti gli infermieri del policlinico già sottoposti a un sovraccarico di lavoro nell'attuale momento di dissesto organizzativo aziendale". _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 Giu. 2004 ANESTESIA REGINA DI «BORSE» Più contributi anche nella cardiochirurgia Specializzazioni / Gli indirizzi premiati Previsioni di crescita per le borse di studio per le specializzazioni mediche. Ma anche nuvole nere su quelle fuorinorma Ue. Nel 2003-20041e borse sono state 5.490: 102 in più rispetto al 2002 e per il prossimo anno si attendono ancora ritocchi in questo senso. Anestesia è la regina degli aumenti: 70 nuove disponibilità, che portano i posti complessivi a 525. E alle 5.490 borse da 11.603 euro ciascuna erogate per il 2003 dal Miur, le Regioni ne hanno aggiunte 631 finanziate di tasca propria per garantire la copertura del fabbisogno. Oltre ad anestesia, sono state "premiate" con borse statali in più cardiochirurgia, geriatria, igiene, cardiologia, neurologia e ortopedia. Solo tre le specializzazioni che si vedono invece sottrarre posti: igiene e medicina preventiva (-5), medicina interna (-2), chirurgia generale (-1). E in tutto, vengono attivate 11 nuove scuole. La Ue. Ma sulle specializzazioni pesa sempre l'incognita Ue. Tredici di queste, infatti, non hanno equivalenti nell'Unione: non esistono, come tossicologia o psicologia clinica, oppure hanno denominazioni differenti rispetto a quelle elencate nelle direttive sul riconoscimento dei titoli, come igiene e medicina preventiva o neurofisiopatologia. Risultato: gli altri Stati membri potrebbero non riconoscere i nostri specialisti come tali. Si tratta del 24,5% delle 53 scuole attivate nell'anno accademico 2002-2003. Ben 699 borse di studio (il 12% delle 5.320 assegnate dal Miur) potrebbero, dunque, risultare fuori legge. E un effetto boomerang è in agguato anche per chi le ha ottenute: una sentenza della Corte di giustizia del 25 febbraio 1999 stabilisce, infatti, che solo quanti hanno frequentato le scuole riconosciute a livello Ue hanno diritto a essere rimborsati per i danni subiti da parte dello Stato italiano che non si è tempestivamente adeguato alle normative comunitarie. ________________________________________ L’Eco di Bergamo 27 Giu. 2004 UN PRELIEVO «PENSIONA» LA GASTROSCOPIA Un semplice esame del sangue permetterà di rivelare la presenza deli'helycobacter pylori, batterio patogeno responsabile dell'insorgere di gastriti e altre malattie dell'apparato gastrointestinale. La nuova tecnica, che permetterà ' di evitare in molti casi il ricorso a tecniche Invasive come la gastroscopia, è stata presentata a Milano. In Italia, ogni anno, sono circa 700mila le persone che si sottopongono a gastroscopia. Un terzo dei pazienti, però, risulta poi privo di patologie rilevanti. L'introduzione di «gastropanel» permetterà di evitare la gastroscopia a quasi 250mi1a persone l'anno, con un risparmio, per il sistema sanitario quantificabile in diversi milioni di euro. Attraverso l'analisi di quattro ! parametri si può stabilire se il paziente è affetto da helycobacter e se fa gastrite é atrofica e può degenerare in cancro. L’esame stabilisce anche Il punto esatto dello stomaco in ari si è sviluppata la patologia. ________________________________________ GIORNALE Di SICILIA 27 Giu. 2004 DANNI AL GINOCCHIO, C'È IL TRAPIANTO DI CARTILAGINE PALERMO. In un convegno illustrate nuove tecniche di intervento PALERMO. (cn) Dolori anche lancinanti, scrosci, deformazioni, impotenza funzionale, sono i segni che accompagnano l'erosione della cartilagine del ginocchio, quel tessuto, formato da grosse cellule (condrociti) che ci permette di muovere l'articolazione. Stati di malattia come quelle artrosiche o danni traumatici, possono rovinare la cartilagine, creando una condizione particolarmente difficile per la deambulazione. Ora c'è una nuova speranza: il trapianto di cartilagine, soprattutto se la malattia colpisce in età giovane e in zone limitate. «Se abbiamo un problema alla cartilagine a 60 anni, magari ci rassegniamo all'idea che è subentrata una forma di artrosi: nei casi gravi si può intervenire con la chirurgia protesica, ma in una fascia d'età giovane il discorso è diverso. Qui si può pensare al trapianto di cartilagine», spiega l'ortopedico Vincenzo Adriano Paolillo, presidente del congresso - L'artroposcopia nelle lesioni intrarticolari del ginocchio che si è concluso ieri a Palermo, presente il dottore Ferdinando Priano, presidente della Società italiana di artroscopia. La cartilagine non è un tessuto che facilmente rigenera, il trapianto, in alcuni casi selezionati, può essere la soluzione. In artroscopia, si preleva un piccolo frammento di cartilagine integra, la si invia a laboratori specializzati (in Italia ne esiste uno ad Abano Terme) dove i condroeiti vengono messi in coltura. In altre parole, da poche cellule se ne ricavano milioni. Quando si raggiunge il numero necessario, le cellule vengono impiantate nella zona dove c'è l'erosione del tessuto cartilagineo. «L'intervento - dice Paolillo - può essere eseguito sia in artroscopia, sia aprendo il ginocchio, a seconda della sede della lesione. I risultati sono oggi contraddittori. In realtà, come accade per ogni tecnica nuova, talora si tende ad allargare le indicazioni». Al convegno vengono ribadite le giuste regole per il trapianto di cartilagine: soggetti entro i 50 anni, non obesi, che non abbiano deviazioni dell'asse degli arti inferiori, che abbiano un ginocchio stabile. Il danno deve essere sempre limitato a piccole zone. L'intervento si presta meglio in pazienti con danno traumatico. AL convegno, si è parlato anche delle recenti tecniche per la riparazione delle lesioni del menisco e del legamento crociato anteriore. _____________________________________________________ La Repubblica 28 Giu. 2004 CANCRO AL SENO, LA RIVOLUZIONE "COSÌ SI SCONFIGGE PER SEMPRE" Genova, Veronesi annuncia una nuova cura: 5 minuti radioterapia dopo l'asportazione della mammella, Su 600 casi, 3 recidive DOELLA ALFONSO GENOVA -Una radioterapia concentrata in cinque minuti, una "scarica" esattamente mirata da un braccio-robot nel punto dove è appena stato asportato il tumore al seno, con la paziente ancora sul tavolo operatorio; una volta uscita dall’ospedale, la donna deve solo pensare a superare lo stress della malattia e sottoporsi ai controlli, senza dover affrontare le sei settimane di radioterapia previste abitualmente. Racconta Umberto Veronesi, direttore dell'Istituto Europeo di Oncologia ed ex ministro della Sanità ad una platea attenta di duemila ginecologi a congresso ai Magazzini del Cotone a Genova, che seicento donne sono state curate in cinque anni con questa tecnica, messa a punto all'Ieo, e i risultati sono lusinghieri: tre casi di recidiva del tumore, un caso di fibrosi post operatoria e quindici di fibrosi leggera. Ma soprattutto, sotto il profilo psicologico e della vita quotidiana, un grandissimo vantaggio. «Le donne non devono più sottoporsi al disagio della terapia, agli spostamenti se abitano lontano dai centri di cura spiega Veronesi- E' un progresso estremamente importante. La maggior parte delle pazienti aderisce più che volentieri a questa terapia della quale, voglio sottolinearlo, siamo comunque ancora ai risultati preliminari; posso dire che, se mai, dobbiamo rallentare gli entusiasmi». La lotta contro il tumore al seno che, come ha ricordato Veronesi nella sua lezione magistrale, vede calare sensibilmente la mortalità mentre aumenta purtroppo il numero dei casi, ha quindi un nuovo amico, che si chiama "Eliot" (Electronic Intraoperative Therapy). E' un acceleratore lineare mobile di ultima generazione, fornito di un braccio robotico che entra in campo sparando la sua "raffica" curativa al termine dell'operazione chirurgica, dopo l’ asportazione del tumore e la ricostruzione della mammella. Ma la ricerca non si ferma qui: il gruppo internazionale che lavora allo Ieo («Non ha senso dire che devono tornare in Italia i cervelli italiani; mi sembra patetico che ognuno resti a casa sua, la ricerca va avanti se c'è un crogiuolo di scienziati» dice Veronesi) sta studiando su 2000 donne in menopausa sottoposte alla terapia ormonale sostitutiva, la somministrazione di tamoxifene contro lo sviluppo di tumori. La nuova legge sulla procreazione assistita, invece, che Veronesi definisce «sciagurata, incivile, iniqua, che ci rimanda indietro di decenni, colpisce pesantemente la donna e non la aiuta» condanna le italiane con un'ereditarietà genetica per il tumore al seno, per cui la gravidanza è a rischio, a rinunciare alla possibilità di una fecondazione in vitro, come si sta studiando in Gran Bretagna: il genetista può accertare quali siano gli embrioni sani e impiantarli. «Ma in Italia una disgraziata legge limita a tre gli embrioni, e questo permetterà solo alle donne con possibilità economiche di andare all'estero» accusa l'oncologo. Cosa bisognerebbe fare? «Tornare alla legge precedente, rimettere le cose nella più assoluta libertà di fecondazione eterologa». Per permettere alle donne, persone tanto apprezzate («se avessi bisogno di farmi operare sceglierei un chirurgo donna, perché sono brave, pazienti e con un senso naturale nella manualità», dice sorridendo) di scegliere allo stesso tempo il loro destino e la loro salute. e. _____________________________________________________ L’Unità 28 Giu. 2004 LE ENDORFINE ALLA BASE DEL RAPPORTO MADRE-FIGLIO II sodalizio madre-neonato si instaura sotto l'effetto di «droghe naturali» messe in circolo nel cervello del piccolo, oppioidi dei circuiti del piacere dette endorfine. Smettendo di far funzionare questi circuiti situati in una regione primitiva del cervello e con diramazioni nella corteccia, l'incantesimo affettivo si spezza e i cuccioli non riescono ad attaccarsi alla madre. Lo rivela una ricerca italiana sui topi coordinata da Francesca D'Amato dell'Istituto di Neuroscienze, Psicobiologia e Psicofarmacologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Roma. I cuccioli non cercano più con la stessa assiduità la madre, «piangono poco» e non mostrano una preferenza specifica nei confronti del suo odore. La scoperta, apparsa sull'ultimo numero di «Science», ha risvolti importanti nella comprensione delle basi dell'autismo. _____________________________________________________ Libero 29 Giu. 2004 MASCHI STERILI, È COLPA DEL CELLULARE Pericoloso tenerlo in tasca: le onde elettromagnetiche riducono la qualità degli spermatozoi Effetti negativi anche sulla quantità e la motilità dl LUIGI SPARTI BERLINO - Telefoni cellulari di nuovo sotto accusa: secondo un recente studio ungherese, questi moderni strumenti di comunicazione danneggerebbero in modo sensibile la fertilità maschile, causa la continua emissione di onde elettromagnetiche. In particolare, il fenomeno colpirebbe chi porta abitualmente il telefonino nelle tasche anteriori dei pantaloni. Ad affermarlo sono Imro Fejes e il suo team dell'Università di Szeged, che hanno presentato i risultati delle loro ricerche al meeting annuale della "Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia" (attualmente in corso a Berlino). Gli studiosi hanno studiato per tredici mesi 231 uomini che avevano abitudini diverse nell'uso del telefonino, comparando la qualità dello sperma di coloro che utilizzavano quotidianamente il cellulare con quella di coloro che invece non si avvalevano di questo strumento. E i risultati delle analisi non hanno lasciato spazio a dubbi: i possessori di cellulari (soprattutto coloro che tenevano il telefonino nelle tasche anteriori dei pantaloni o attorno alla vita, nel marsupio) tendevano a produrre il trenta per cento di spermatozoi in meno della media. Non solo, ma la motilità del loro sperma (il movimento degli spermatozoi è un fattore essenziale per il processo di fecondazione) era qualitativamente peggiore di quella dei soggetti appartenenti al gruppo di controllo. Non sono tuttavia mancate le critiche allo studio di Fejes: secondo ad esempio, Hans Evers, già presidente della "Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia, la ricerca degli ungheresi non terrebbe in adeguata considerazione altri fattori che normalmente influiscono sulla fertilità maschile, come ad esempio lo stress, l'alimentazione e lo stile di vita. «I cellulari - ha dichiarato Evers - sono legati soprattut1~¢ . a certe professioni, come il management, ed è noto che imprenditori e uomini d'affari sono sempre molto occupati e patiscono sovente forti dosi di stress. Se ad esempio compariamo la loro qualità spermatica con quella degli agricoltori, che vivono all'aria aperta, possiamo renderci conto di questo fenomeno senza chiamare in causa i cellulari». Nonostante ciò le perplessità sollevate da Fejes e colleghi rimangono, e solo studi approfonditi provvederanno a dirimere la controversa questione. E a questo proposito sta per partire nel Regno Unito una ricerca di ampio respiro che esaminerà il rapporto tra cellulari e fertilità maschile, seguendo circa 250 mila persone per un periodo di 15 anni. _____________________________________________________ L’arena 29 Giu. 2004 L'ENERGIA DEL LASER PUÒ ALLEVIARE I DOLORI BIOINGEGNERIA. EFFETTO ANTALGICO Milano. I bioingegneri hanno scoperto che un raggio laser di colore rosso, a bassissima potenza (670 nanometri), applicato nel punto dove, per patogenesi meccanica di tipo infiammatorio con gonfiore (edema), oppure postraumatico o da compressione artrosica, è in grado di attenuare e contrastare il dolore da insulti sui tronchi nervosi. L'effetto sui tessuti interessati (connettivo), e sul terreno sede di infiammazione, non comporta danno, lesioni aggiunte e ipertermia. L'apparecchiatura strumentale di questo nuovo tipo di laser, è stata messa a punto da una collaborazione in équipe tra il Dipartimento di Informatica Sistemistica-Telematica dell'università di Genova, la Asl 3 genovese e RGM Medical Devices. Le indicazioni patologiche del nuovo laser. Se ne è clinicamente dimostrata l'utilità negli edémi post chirurgici e traumatici, nei traumi meccanici muscolo-scheletrici assai frequenti negli sport competitivi (calcio, rugby, baseball, eccetera). L'effetto antalgico delle applicazioni del nuovo laser, applicazioni che prevedono sedute di meno di un minuto, non si limita alla sede locale del dolore, ma ha anche carattere generale e sistemico. Lo hanno dimostrato, casistica alla mano, a un convegno a Milano, i professori Michele Gallamini, vicepresidente RGM Medical Devices Division, Luigi Baratto, direttore del centro di Bioingegneria dell'università di Genova, Laura Calzà, neurofisiopatologa dell'università di Bologna, Guido Rovetta, reumatologo dell'università di Genova. Coordinatore del dibattito, il dottor Bruno Volterra. (r. m.) _____________________________________________________ CORRIERE DELLA SERA 30 Giu. 2004 «TANGENTI SUI RICERCATORI», ARRESTATO UN FARMACOLOGO Genova, il professor Schettino accusato di concussione. Indagate anche la moglie e due figlie Intercettazioni e controlli bancari durati quattro mesi. Il pm: trattenuta una parte dei compensi con fondi pubblici ai collaboratori del docente Il fascicolo messo assieme dalla procura di Genova lo accusa di concussione. Gennaro Schettino, 54 anni, ordinario di Farmacologia e direttore del Dipartimento di Neuroscienze all'università genovese, avrebbe «arrotondato» lo stipendio intascando soldi che invece erano destinati alla ricerca. Sul suo conto hanno indagato per più di quattro mesi carabinieri e guardia di finanza della polizia giudiziaria della procura. Si sono convinti che il docente affidasse ai suoi ricercatori lavori per i quali, alla fine, lui tratteneva una parte del pagamento. I contratti, in pratica, sarebbero stati stipulati per cifre che lo studente di turno incassava soltanto parzialmente. E se la cosa allo studente non fosse andata bene, peggio per lui: niente contratto. I fondi da cui il professore avrebbe sottratto denaro erano quelli destinati alla ricerca farmacologica perché su quelli lui aveva praticamente la totale discrezionalità. Nell'inchiesta sono state coinvolte anche la moglie e le due figlie perché, secondo il pm Enrico Zucca, anche loro avrebbero firmato contratti per attività universitarie in realtà inesistenti: a ciascuna di loro è stato consegnato un avviso di garanzia che ipotizza il reato di truffa aggravata. Le indagini partirono a metà febbraio. Una «dritta» che veniva dall'interno dell'università diceva che all'Istituto di farmacologia qualcuno faceva affari privati usando i soldi pubblici. Gli inquirenti l'hanno presa sul serio e l'inchiesta è partita. Intercettazioni, controlli bancari, testimonianze: è finito tutto in un fascicolo che, stando all'accusa, inchioderebbe il professore alle sue responsabilità. Nei prossimi giorni gli investigatori valuteranno a una a una le posizioni dei singoli ricercatori: al momento risultano tutti vittime della concussione ma non è escluso che ulteriori accertamenti mettano in campo il reato dì corruzione. Molto dipenderà da quello che il professore racconterà ai magistrati. Gennaro Schettino ha sempre tenuto contatti professionali con molti enti pubblici e università, anche fuori Genova. La possibilità che anche qualcuno di questi venga chiamato in causa è ritenuta niente affatto remota. G.Fas. _____________________________________________________ Il Tempo 2 Lug. 2004 L'ALCOOL PROTEGGE LE DONNE DALL'OSTEOPOROSI LONDRA - Un bicchiere di vino al giorno forse non toglie il medico di torno, ma protegge le donne dall'osteoporosi. A questa conclusione sono giunti i ricercatori dell'ospedale St Thotnas di Londra che hanno esaminato gli effetti dell'alcool su 46 coppie di gemelle. i risultati - pubblicati ieri sulla rivista "Annals of the Rheumatic Diseased" - sono incoraggianti per chi ama pasteggiare con il vino o con la birra, o farsi un goccetto di superalcolico o di amaro a fine pasto. Ma senza esagerare. _____________________________________________________ la Repubblica 03-07-2004 UNA NUOVA PROTEINA CHIAVE NELLA DIVISIONE DELLE CELLULE Studio del Mario Negri Sud pubblicato su "Science" CHIETI -Un passo in avanti nella comprensione del ruolo che le proteine giocano nel controllo delle funzioni cellulari, con possibili ricadute terapeutiche in oncologia. Uno studio del Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro, in provincia di Chieti, sul ruolo della proteina Bars - individuata già dieci anni fa dallo stesso centro di ricerca- è stato pubblicato nell'ultimo numero della rivista scientifica americana "Science". La proteina, isolata, clonata e definita strutturalmente, è componente essenziale per la divisione cellulare, con un ruolo specifico nella divisione di uno degli organi cellulari, il complesso del Golgi, che è una stazione fondamentale per la regolazione del traffico intra cellulare di proteine. La proteina Bars interviene durante questo processo, controllando la frammentazione del complesso del Golgi, quando le membrane si trasformano e poi si frammentano in unità più piccole, quelle che saranno poi ripartite ugualmente trale due cellule figlie. Ebbene, si è scoperto che se l'attività della proteina viene bloccata, la cellula non si divide. Potrebbe essere perciò una scoperta importante per il controllo della nascita delle cellule tumorali. La ricerca, che ha goduto dei finanziamenti di Airc e Telethon, avviene in un settore dove le conoscenze umane sono ancora molto parziali. Dice Daniela Corda, capo del laboratorio di regolazione cellulare del Mario Negri: «Se pensiamo che nel nostro organismo circolano decine di migliaia di proteine e di queste soltanto una frazione è stata finora identificata e studiata, capiamo quanto tempo, sforzi e tenacia richiedano questi studi di base». ______________________________________________ Avvenire 03-07-2004 SANITÀ: SIRCHIA ANNUNCIA LA NASCITA DI UN CENTRO NAZIONALE DI PREVENZIONE DELLE MALATTIE STILE USA ROMA. È ufficiale: anche l'Italia avrà il suo centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie. Un "Cdc italiano", sul modello del Center for Desease Control statunitense. Lo ha annunciato il ministro della sanità, Gerolamo Sirchia, diffondendo on line la notizia attraverso un video messaggio. « È la prima volta che in Italia si realizza questo tipo di iniziativa già presente in molti paesi» ha sottolineato il ministro, puntualizzando la necessità di dotarsi di una struttura di questo tipo, con funzioni di controllo dei rischi per la salute, di coordinamento dei piani di sorveglianza e prevenzione attiva delle epidemie e dei sistemi d'allerta in riferimento al bioterrorismo. II decreto inoltre prevede che l'attività del centro sia svolta tramite il "Comitato strategico di indirizzo", presieduto dal ministro e composto dai membri delle Regioni, protezione civile e istituti di sanità. _______________________________________________ Il Corriere della Sera 2 lug. ’04 INCINTA DI TRE GEMELLI SÌ ALL' ABORTO SELETTIVO Il giudice: è depressa, avrà solo due figli Pinna Alberto DAL NOSTRO INVIATO CAGLIARI - Non potevano aver figli e un bimbo lo avevano desiderato tanto. Ma dopo l' inseminazione artificiale a lei avevano detto che era in attesa addirittura di tre gemelli. E da quel giorno la gioia era diventata angoscia e depressione: aveva paura di perderli. E poiché la legge italiana non consente vie d' uscita - rinunciare a tutti e tre i bimbi o tenerli tutti e tre - la donna, una giovane di Palermo, 26 anni, disoccupata, s' è rivolta al magistrato e ha ottenuto una sentenza che le ha consentito di interrompere la gravidanza per uno dei tre e di proseguirla per gli altri due. «Una situazione di pericolo imminente e irreparabile che deve essere evitata» ha riconosciuto il giudice del tribunale di Cagliari Emanuela Cugusi, che ha autorizzato l' intervento di embrioriduzione. Ieri mattina Giovanni Monni, primario di ginecologia e ostetricia all' ospedale microcitemico, ha eseguito l' intervento: appena 4 minuti e in giornata la donna è tornata a Palermo. E' probabilmente il primo caso di aborto selettivo consentito per stress e adottato con provvedimento d' urgenza: «Anche una prosecuzione limitata della gravidanza è destinata - si legge nella sentenza - ad aggravare la già compromessa salute della donna. Il tempo per far valere il diritto della ricorrente per via ordinaria comporterebbe un pregiudizio irreparabile per la sua salute». Ed è la seconda volta in appena tre settimane che il giudice Emanuela Cugusi dà il via libera a un aborto selettivo per ragioni di salute. L' 8 giugno scorso autorizzò il professor Monni a intervenire su una donna di Cagliari che attendeva due gemelli, uno dei quali malato. Stavolta i tre embrioni erano sani, ma alla madre, pur in buone condizioni fisiche, era stata diagnosticata una forte crisi ansioso-depressiva. Lo stato di stress è stato certificato dalla clinica psichiatrica dell' Università di Palermo. «La signora era disperata - ha detto il professor Monni - e aveva già preso contatto con un ospedale a Londra per abortire selettivamente. Costo 1000 euro soltanto per l' intervento. Una situazione assurda. Questa legge sta costringendo molte coppie ad andare in altre nazioni». La legge italiana vieta la crioconservazione degli embrioni: i tre ovuli inseminati in fecondazione assistita devono essere tutti trasferiti nell' utero. E se vengono fecondati non si può procedere all' aborto selettivo, se non in presenza di patologie gravi. Prima di organizzare il ricovero a Londra la donna di Palermo ha cercato una soluzione su Internet e ha poi saputo della decisione del tribunale di Cagliari sui due gemelli. Il giudice ha ritenuto che la tutela della salute psichica della madre fosse preminente sulle norme delle recente legge, che «ora - auspica Monni - dovrebbe essere modificata». Alberto Pinna Il caso L' INTERVENTO La donna aveva scoperto di aspettare tre gemelli dopo essersi sottoposta a un intervento per la fecondazione assistita IL DIVIETO La legge sulla procreazione medicalmente assistita vieta l' aborto selettivo e obbliga il medico all' inseminazione di 3 ovociti nonché al trasferimento nell' utero degli eventuali 3 embrioni ottenuti, vietando la crioconservazione LE PROBABILITÀ Se la donna che si sottopone alla procreazione assistita è giovane significa che con molta probabilità otterrà tre embrioni. In una donna di oltre 35-38 anni, invece, le probabilità scendono e nella migliore delle ipotesi si ottengono due embrioni _______________________________________________ Le Scienze 30 Giu. ’04 RESISTENZA AL VIRUS DELL'AIDS Alcuni individui sono meno vulnerabili alle controdifese dell'HIV Un team guidato dal biochimico e biologo molecolare Reuben Harris dell'Università del Minnesota ha scoperto e descritto le funzioni di una proteina umana che muta il virus dell'AIDS (HIV) e presenta potenzialità per tenere a bada la malattia. La nuova proteina (chiamata APOBEC3F) e un'altra descritta precedentemente (APOBEC3G) riescono a mutare direttamente il virus HIV. Questo tipo di proteine - chiamate limitatori retrovirali - possono pertanto contribuire alla resistenza all'HIV di alcune persone. Harris e colleghi hanno presentato la propria scoperta in un articolo pubblicato online il 24 giugno sulla rivista "Current Biology". In un individuo infetto da HIV, il virus utilizza la macchina cellulare umana per produrre nuove particelle virali. Ma talvolta queste particelle contengono delle vere e proprie bombe a tempo, le proteine APOBEC, in grado di mutare il materiale genetico del virus dopo che ha infettato una nuova cellula ospite. Sfortunatamente, il virus dell'AIDS ha sviluppato una controdifesa: produce infatti una proteina chiamata VIF (fattore virale infettivo) che innesca la distruzione dei limitatori retrovirali, impedendo così le mutazioni. Ora gli scienziati hanno scoperto che le persone più resistenti al virus possiedono forme delle proteine APOBEC in grado di evitare la distruzione da parte di VIF. _______________________________________________ Le Scienze 1 Lug. ’04 UN MARCATORE GENETICO PER L'ARTRITE La mutazione è presente nel 28 per cento dei pazienti Un team di ricercatori ha scoperto una variazione genetica che raddoppia il rischio di artrite reumatoide (AR). La mutazione, un polimorfismo di un singolo nucleotide (SNP), è presente in quasi il 28 per cento degli individui che soffrono della malattia ma solo nel 17 per cento della popolazione generale. La scoperta è il risultato di una collaborazione fra gli scienziati del North American Rheumatoid Arthritis Consortium (NARAC), guidato da Peter K. Gregersen del North Shore-Long Island Jewish Research Institute, della Celera Diagnostics e della Genomics Collaborative. Lo studio verrà pubblicato sul numero di agosto 2004 della rivista "American Journal of Human Genetics". Anche se gli scienziati non conoscono ancora l'esatta causa dell'AR, sanno però che si tratta di una malattia autoimmune nella quale il normale sistema immunitario del corpo non funziona in modo appropriato e attacca i propri tessuti sani. Ciò provoca infiammazioni e conseguenti danni alle articolazioni. Lo SNP associato all'AR si trova in un gene che codifica per un enzima (PTPN22) noto per essere coinvolto nel controllo dell'attivazione delle cellule T immunitarie. In condizioni normali, l'enzima agisce come "regolatore negativo", disattivando cioè una specifica molecola di segnalazione che a sua volta interrompe le linee di comunicazione e impedisce l'iperattività delle cellule immunitarie. Se i geni sono mutati, questa regolazione sembra essere inefficace e le cellule T rispondono in maniera esagerata, provocando infiammazioni e danni ai tessuti. © 1999 - 2004 Le Scienze S.p.A _______________________________________________ Le Scienze 2 Lug. ’04 NEUTRALIZZARE STREPTOCOCCUS MUTANS Il batterio modifica la propria membrana cellulare per difendersi dagli acidi Costringere i batteri che si trovano nella bocca degli esseri umani a soffocare nei loro stessi acidi potrebbe essere una strategia per porre fine alle carie. Lo sostengono alcuni microbiologi dell'Università di Rochester, che hanno scoperto un punto debole nelle difese che questi batteri usano per sopravvivere in un ambiente ostile. Streptococcus mutans, il batterio dominante nella bocca umana, si aggancia ai denti, mangia gli zuccheri e poi secerne acidi, rappresentando la causa principale di decadimento dentale. Il segreto del suo successo risiede nella ristrutturazione delle proprie membrane cellulari per rendersi immune dall'assalto degli acidi che lui stesso libera. "In questo esatto momento - spiega il biologo Robert Quivey Jr. - nella vostra bocca si trovano milioni di batteri che divorano zuccheri e secernono acidi dannosi. Per questo motivo è necessaria un'appropriata igiene orale". In uno studio pubblicato sul numero del primo luglio della rivista "Journal of Bacteriology", Quivey e la collega Elizabeth Fozo descrivono la vulnerabilità di S. mutans, spiegando che un gene noto come fabM è responsabile dei cambiamenti della composizione della membrana che permettono al batterio di essere più resistente all'acido. Lo stesso gene era stato scoperto in precedenza in un insetto che provoca un tipo di polmonite virulenta. Quando Fozo e Quivey hanno eliminato il gene in S. mutans, le difese del batterio sono cadute e la membrana cellulare non è più stata in grado di proteggerlo dal suo stesso acido.