ATENEI, VIA AL RIORDINO DEL 3+2 - LAUREATI «PENTITI» DELLA FACOLTA’ - UNIVERSITA’ E DOCENTI IN RIVOLTA - MA C'E’ CHI APPROVA LA MORATTI: PROTESTA SOLO POLITICA - PAURA DEL PRECARIATO - PEROTTI: TROPPA SPESA, POCA RICERCA - ETA’ MEDIA TROPPO ALTA - TROPPI SCIENZIATI AGITANO BANDIERE - L'ATENEO RESTA SENZA BREVETTI - BILL GATES: "L'ITALIA ARRANCA IL GOVERNO PUNTI SULLA RICERCA" - RUBBIA (SCONFITTO) LASCIA L'ENEA - NUOVE ASSUNZIONI NELLE UNIVERSITA’ SNALS CONTRO LA RIFORMA DEI DOCENTI - POLICLINICO: LEZIONE NELL'ATRIO - UNIVERSITA’. STUDENTI ESCLUSI DALLE SPECIALIZZAZIONI - QUELLA "CITTADELLA" NEL DESERTO - PRODUCIAMO STUDENTI GENERICI BISOGNA RICOMINCIARE DALL' ABC - LA RIFORMA DEL CUN STA PER ESSERE VOTATA - NOCCIOLO, IN BARBAGIA L'ALBERO DEL TORRONE - RSU: C'E’ POCO DA RIDERE, PAROLA DI AUSILIARIO - TAGLI AL PUBBLICO IMPIEGO: BLOCCO DELLE ASSUNZIONI - ================================================================== MEDICNA: COSI’ LA RICERCA DIVENTA BUSINESS - I SUPER OSPEDALI. TUTTA LA TECNOLOGIA IN CAMERA OPERATORIA - DAL "MEDIA LAB" DEL SAN RAFFAELE I SOFTWARE INNOVATIVI - AUTISMO, UNA BATTAGLIA LUNGA UN ANNO AL BROTZU - INFIAMMAZIONE CEREBRALE E AUTISMO - SPECIALISTI A CONVEGNO SULL'EMERGENZA OBESITA’ - REALIZZATO IL PACEMAKER PER LA VESCICA - COSI’ SI SCONFIGGE LA SCLEROSI NUOVA SPERANZA DALLE STAMINALI - QUANDO LA PIZZA FA BENE AL CUORE - IL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO RISOLVE LE MALATTIE LEUCEMICHE IN 7 CASI SU 10 - NUOVE OPPORTUNITA’ PER GLI IMPIANTI OSSEI - PSORIASI, COLPITI 2 MILIONI DI ITALIANI - "LA SFIDA DEL CORPO TRASPARENTE COSI’ SCONFIGGEREMO IL CANCRO" - TUMORI, LARGO AI NUOVI FARMACI - CANCRO: LA RICERCA PUNTA A UN TEST PER SCOPRIRE CHI E’ A RISCHIO - LA DIAGNOSTICA TRADIZIONALE VA IN SOFFITTA: SI RIPARTE DAL DNA - SCREENING: I VANTAGGI SI VEDRANNO NELLA PREVENZIONE DI NEOPLASIE E RECIDIVE - SI PUO’ INDURRE AL SUICIDIO LA CELLULA TUMORALE - ATTIVITA’ SESSUALE GARANTITA, ANCHE SENZA PROSTATA - LA "SPIA" DELL'ENDOMETDOSI - STAMINALI SALVANO IL CUORE MALATO - TELOMERASI CONTRO L'HIV - MICRO RNA PER CURARE IL DIABETE - ANTIDEPRESSIVI E SVILUPPO OSSEO - NELLE STAMINALI DEL CERVELLO IL SEGRETO DELL' IMMORTALITA’ - ================================================================== _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 20 nov. ’04 ATENEI, VIA AL RIORDINO DEL 3+2: ALESSIA TRIPODI ROMA Nelle universita’ sta per arrivare il nuovo "percorso a Y". Il decreto di riordino del "3+2" firmato dal ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, e’ stato infatti pubblicato in,Gazzetta Ufficiale, II processo sara’ completato con la rivisitazione delle classi di laurea di primo e secondo livello, alla quale stanno lavorando sei tavoli tecnici predisposti dal Miur. Ma la protesta del mondo accademico non si placa. Docenti e ricercatori di molti atenei italiani - insieme a parlamentari dell'opposizione si incontreranno oggi a Roma per protestare contro la riforma dello status giuridico, il blocco delle assunzioni, il riordino del "3+2" e la carenza di risorse. Nuovi ordinamenti. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 266 del 11 novembre scorso si chiude l’iter del Dm 270/2004 che modifica il "3+2", introdotto con il decreto 509/99 dall'allora ministro dell'Universita’, Ortensio Zecchino. Il testo firmato da Moratti introduce il 'percorso a Y" dopo un anno comune (che da’ diritto a 60 crediti formativi), lo studente puo’ scegliere il corso "professionalizzante" (120 crediti), che conduce alla laurea triennale ("1+2") immediatamente spendibile nel mondo del lavoro. Oppure, puo’ optare per il percorso metodologico-formativo, (120 crediti), che prepara ad un ulteriore biennio di studi (120 credili) per il conseguimento della laurea magistrale (1+2+2), Per Giurisprudenza, invece, e’ previsto un ciclo unico quinquennale di studi, indispensabile per la preparazione alle professioni legali. Il decreto Miur conferma legittimita’ del titolo di dottore per i laureati triennali, immesso in dubbio dalla Corte dei Conti. Chi consegue la laurea magistrale, invece, sara’ dottore magistrale, mentre alla fine del dottorato si avra’ diritto al titolo di dottore di ricerca. I tempi di attuazione delle norme saranno stabiliti, d'intesa con la Conferenza dei rettori (Crui), dai singoli decreti che rivisitano le classi di laurea: cio’ significa che le novita’ potranno essere applicate con scadenze differenziate. La protesta. Oggi all'ateneo di Roma Tre sara’ presentato il documento «Diamo voce alle universita’», proposto da parlamentari dell'opposizione e docenti (tra gli altri, Luciano Modica, Franca Bimbi, Maria Chiara Acciarini. Walter Tocci). Il testo ha raccolto l'adesione di oltre 7mila universitari, secondo i quali «non basta opporsi alle politiche ,del ministro Moratti, ma bisogna concordare un'agenda per il futuro delle universita’, coinvolgendo direttamente tutti i protagonisti _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 16 nov. ’04 LAUREATI «PENTITI» DELLA FACOLTA’ PADOVA L'Universita’ e la laurea ? Una vera delusione. La pensa cosi’ piu’ di un quarto dei "dottori" ad un anno e mezzo dal conseguimento del sudato titolo. 11 dato emerge da uno studio, realizzato su un campione di oltre 2800 laureati, promosso dall'Universita’ di Padova nell'ambito delle attivita’ dell'Osservatorio sul mercato locale del lavoro coordinato da Luigi Fabbri s. Lo studio, che verra’ presentato domani, 15 novembre, nel corso di un convegno, ha analizzato i percorsi post laurea dei giovani, il loro inserimento lavorativo, l'andamento delle retribuzioni, il ritorno per alcuni a percorsi formativi. Maria Cristiana Martini e’ andata in particolare a guardare i "pentimenti" relativi alla laurea conseguita ed il risultato crea qualche sconcerto. Gia’ al momento di discutere la tesi mediamente il 24,4% degli studenti manifestava ragioni di ripensamento; la percentuale sale al 27,1% sei mesi dopo, per stabilizzarsi sul 26,2°lo a diciotto mesi di distanza. A guidare la classifica degli scontenti sono i dottori in giurisprudenza : il 44,6% dei laureati avrebbe preferito un altro percorso di studio. Sopra la media anche scienze politiche con il 34,1% medicina veterinaria con il 33,2 e lettere con il 31,8. I piu’ convinti sembrano essere invece i laureati in economia , con una percentuale di pentimento del 16,2%, gli psicologi con il 18,1, i medici al 18,6 e gli ingegneri al 19,4. E’ scontato che sia l’impatto con il mondo del lavoro a determinare gli esiti piu’ pesantemente negativi. Due situazioni apparentemente contrapposte suscitano alla fine la stessa reazione. Chi si trova a svolgere un lavoro che non permette di utilizzare le competenze acquisite all'universita’ sostiene che non valeva la pena di studiare per anni se poi non e’ possibile mettere in pratica cio’ che si e’ imparato. Chi invece avverte sul lavoro l'esigenza di competenze che non sono state insegnate arriva alla stessa conclusione : non valeva la pena di studiare se cio’ che viene richiesto e’ diverso da quello che e’ stato insegnato. «Il curriculum che implica un maggior rischio di pentirsi degli studi scelti anche per chi e’ uscito dall'universita’ complessivamente soddisfatto - commenta Maria Cristiana Martini - e’ quello di chi si e’ laureato in ritardo, con voti di laurea bassi, ed ha avuto una impressione negativa dei docenti. Tra coloro che gia’ lavoravano, invece, rischiano di pentirsi quelli che hanno visto diminuire il proorio grado di soddisfazione per il lavoro oppure sono passati da un lavoro dipendente ad uno autonomo che non ha dato i risultati sperati». Tra le variabili che incidono positivamente sul giudizio finale c'e’ il lavoro trovato vicino a casa, mentre per quanto riguarda i segmenti di impiego e’ il terzo settore a creare l'atmosfera migliore. «L'aspetto piu’ indelebile dell'esperienza universitaria - conclude Martini - sembra essere la stima per i docenti che e’ parte integrante e decisiva del giudizio sull'intero percorso di studi. Possono demoralizzare anche il ritardo con cui si arriva alla laurea e quindi lo slittamento di altri traguardi paralleli come matrimonio e figli. Ma cio’ che piu’ sembra deludere alcuni laureati e’ la mancanza di riconoscimenti per il titolo che possiedono». CLAUDIO PASQUALETTO _____________________________________________________________ L’avvenire 14 nov. ’04 UNIVERSITA’ E DOCENTI Ricercatori e docenti in rivolta contro la proposta che modifica il loro stato giuridico Le ragioni della protesta intrecciate con la difesa di privilegi e gli interessi di un sistema inefficiente La riforma contestata rischia l’oblio Dai rettori ai ricercatori, tutti d'accordo a contestare il testo che riordina una giungla di ruoli e salari Dietro la richiesta di garanzie per i precari un braccio di ferro politico tra atenei e ministro In gioco le risorse per il futuro e la competitivita’ Da Milano Paolo Lambruschi Discussione delle tesi di laurea in piazza del Campo a Siena, assistenti travestiti da lavavetri a Torino, lezioni in strada in tutta Italia. E’ stata fantasiosa la protesta dei ricercatori che da oltre un mese si oppongono al disegno di legge sul riordino dello stato giuridico dei docenti universitari, attualmente all'esame del Parlamento, conosciuto come ddl Moratti. Una lotta «per salvare l'universita’», si e’ detto. Ma il provvedimento vuole riformare, dopo 25 anni, un settore definito dagli addetti ai lavori «una giungla». Sotto le insegne di «San Precario» hanno sfilato giovani brillanti cui viene negato il giusto spazio. Ma nel gruppone dei 21462 ricercatori italiani, un terzo ha abbondantemente superato la cinquantina. E non si tratta solo di vittime dei «baroni», nella categoria rientrano anche i medici, il cui titolo di ricercatore li parifica nel salario ai primari. Solo negli ultimi quattro anni c'e’ stata un'immissione di under 40. Intricato anche il meccanismo retributivo, modellato sugli scatti di anzianita’. Un dedalo dove il ricercatore che vince il concorso prende quasi mille euro, ma a fine carriera guadagna come un ordinario agli inizi, cioe’ il professore di prima fascia del sistema italiano il cui salario supera i 2500 euro. Mentre la busta paga dell'associato, la fascia intermedia, ammonta al 70% dell'ordinario. Ma chi fa ricerca, pilastro insieme alla didattica dell'universita’? Al 70% i ricercatori, sostengono gli esperti di valutazione accademica, mentre in media gli associati producono il 20 e gli ordinari il restante 10. Gli ordinari in Italia sono 18.106, gli associati 18.130. Pero’ i ricercatori spesso sono impegnati anche nella didattica, cioe’ insegnano e non ricercano. Cosi’ questo settore vitale non tiene il passo con il resto dell'Ue e gli Usa, e non solo perche’ il nostro governo investe poco rispetto ai concorrenti. Un sistema, viene da sospettare, che a pochi conviene cambiare. Infatti, come ha dichiarato venerdi’ scorso il presidente della potente Conferenza dei rettori Piero Tosi «mi sembra opportuno che le comunita’ accademiche manifestino la loro unita’ in questo momento». Il testo della Moratti, pur con alcuni limiti, si propone di modernizzare il sistema cominciando a eliminare la figura del ricercatore - docente e distinguendo i ruoli. Gli odierni ricercatori diventerebbero, tramite concorsi nazionali, professori associati e ordinari. Mentre agli atenei spetterebbe l'attivazione, per la ricerca, di contratti a termine, collaborazioni o assegni con giovani provenienti dai dottorati o dai master. Questo punto ha scatenato la protesta, conclusa venerdi’ a Roma dopo 24 ore di agitazione della categoria. «Chiediamo al ministro - spiega Augusto Palombini, segretario nazionale dell'Adi, associazione dottori di ricerca e dottorandi italiani - di modificare il provvedimento. Il precariato allontanera’ i giovani cervelli dall'Italia. Va bene che un professore universitario agli inizi abbia contratti a termine, chiediamo pero’ l'abolizione dei rapporti che non garantiscono contributi e maternita’. E piu’ risorse per l'universita’». Problemi li provoca anche la proposta di vincolare parte della retribuzione dai docenti all'attivita’ di ricerca svolta. Come finira’? La chiave e’ trovare i fondi, impresa quasi disperata. Tosi infatti, che ha chiesto al ministro di riaprire il tavolo negoziale, si e’ detto contrario ai tagli e al blocco delle assunzioni nella prossima Finanziaria, che per l'Universita’ stanzia solo 600 milioni. «Tra il 2012 e il 2016 perderemo il 45% di professori per pensionamento. E’ necessario sostituirli oppure si rischia di far morire l'universita’». In caso contrario pochi sono disposti a scommettere sul futuro del ddl, che rischia di impantanarsi alle Camere, dove un parlamentare su dieci viene dal mondo accademico. E in questi casi un accordo bipartisan si trova sempre. il ddl I tre punti del disegno di legge che hanno scatenato la protesta Contratti di ricerca Non si faranno piu’ concorsi per nuovi ricercatori. Per svolgere attivita’ di ricerca e di didattica integrativa le universita’ possono stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa con possessori di laurea specialistica. Il trattamento di questi contratti e’ determinato da ciascuna universita’. Stato giuridico e trattamento economico Il ddl prevede che i professori universitari svolgano attivita’ scientifiche per 350 ore l'anno, di cui 120 di attivita’ didattica frontale. Ciascuno potra’ stipulare con l'Ateneo appositi contratti integrativi: ci sara’ una parte di stipendio fissa e una variabile relativa a ulteriori impegni e ai risultati conseguiti. Il provvedimento, infine, oltre ad abrogare la distinzione tra tempo pieno e tempo definito, prevede che il rapporto di lavoro dei docenti sia compatibile con lo svolgimento di attivita’ professionali e di consulenza esterna sempre che cio’ non rechi danno all'ateneo. Reclutamento dei professori I professori verranno reclutati attraverso concorsi nazionali distinti, a cadenza annuale. Il numero dei posti disponibili sara’ pari al fabbisogno indicato dalle universita’. Potranno essere realizzati specifici programmi di ricerca sulla base di convenzioni con imprese, fondazioni o enti, prevedendo anche l'istituzione, con oneri finanziari a carico di questi stessi soggetti, di posti di professore di prima fascia con incarichi della durata massima di tre anni. MA C'E’ CHI APPROVA LA MORATTI: PROTESTA SOLO POLITICA Un gruppo di docenti e ricercatori approva, con qualche riserva, il ddl perche’ dopo 25 anni di blocco smuove le acque. L'agitazione e’ ideologica e pregiudiziale. I ricercatori? Una categoria che esiste solo in Italia. E in tutto il mondo occidentale la carriera universitaria inizia con il precariato Da Milano Paolo Lambruschi Si puo’ voler bene all'universita’ senza scendere in piazza. E’ il motivo che ha spinto un gruppo di docenti e ricercatori dar vita a Universitas University, un'associazione che conta 450 iscritti e che, senza essere filogovernativa, ritiene necessaria una riforma dopo quasi 25 anni e preferisce avere un atteggiamento costruttivo rispetto alle proposte di cambiamento di un sistema inefficiente. Venerdi’ scorso, per chiamare a raccolta chi non si riconosceva nella protesta, ha organizzato a Milano un convegno sul futuro degli atenei. «Prima di tutto - spiega Roberto Pretolani, redattore del notiziario telematico dell'associazione (Universitas University.org) e ordinario di Economia ed estimo alla facolta’ di Agraria a Milano - rifiutiamo la contrapposizione ideologica e pregiudiziale. Il ddl Moratti ha dei limiti, ma da qualche parte bisogna partire per cambiare. E’ una protesta politica senza proposte alternative. Anche noi abbiamo alcune perplessita’ sul disegno di legge, ma ci sono diversi punti da salvare. E poi respingiamo il metodo del blocco della didattica perche’ danneggia gli studenti». Professore, dunque sbagliano i ricercatori a rifiutare il precariato? Ma neanche oggi e’ tutto rose e fiori. Tra borse e assegni di ricerca, prima di superare il concorso da ricercatore uno vive parecchio tempo da precario. Onestamente all'inizio della carriera mi pare giusto che un professore universitario faccia un periodo di precariato. Del resto funziona cosi’ dappertutto. L'accesso dei giovani nel mondo accademico deve giustamente avvenire attraverso contratti di ricerca a tempo determinato, pero’ con un trattamento economico almeno pari a quello di un ricercatore confermato. Insomma, precari ma pagati meglio, su questo hanno ragione a protestare. Pero’ ci pare giusto ridurre, come stabilisce il ddl Moratti, da tre a due le fasce di docenti abolendo i ricercatori. E’ una categoria che esiste solo in Italia. Parte di loro protesta perche’ perderebbe privilegi economici: infatti si troverebbe costretta a svolgere gratuitamente diverse ore di lezione, come del resto gia’ fanno oggi i docenti associati e gli ordinari. Come vede, gli ideali c'entrano poco. Quali altri punti del ddl sono da salvare secondo voi? Primo, lo svolgimento dei concorsi per i professori con rigoroso rispetto dei tempi per limitare il clientelismo. Secondo, il pensionamento a 70 anni per i professori di prima e seconda fascia per effettuare un ricambio generazionale. Terzo, la possibilita’ di attivare convenzioni con soggetti pubblici e privati per finanziare cattedre e programmi di ricerca. Quarto, l'immissione nei ruoli a tempo determinato attraverso criteri oggettivi per la conferma in ruolo, in modo da rendere produttivo dal punto di vista della ricerca ciascun docente. Infine, la flessibilita’ nel trattamento economico dei professori, nella direzione di una effettiva autonomia degli atenei. E quali critiche muovete? Ad esempio mancano le risorse per coprire le nuove esigenze di didattica e ricerca. E i criteri sulla formazione delle commissioni giudicatrici dei concorsi nazionali paiono nebulosi. Non siamo d'accordo neppure con l'abolizione del tempo definito dei docenti. Serve infine un riconoscimento formale dei giovani che completano il contratto di ricerca per agevolarne l'ingresso nel mondo del lavoro. _____________________________________________________________ L’avvenire 14 nov. ’04 PAURA DEL PRECARIATO (P.Lamb.) Si definiscono indispensabili per il funzionamento dell'universita’, sono molto critici verso il presente e preoccupati per il futuro. Ma cosa chiedono per uscirne? I sindacati della scuola, la Rete nazionale dei ricercatori precari e l'Associazione dottorandi e dottori in ricerca (Adi) sono unite nella critica al disegno di legge di Letizia Moratti, che riforma lo status giuridico dei docenti e in sostanza abolirebbe la figura del ricercatori, terza fascia di docenza universitaria. I contestatori riconoscono la validita’ di alcuni principi del ddl, pero’ lo ritengono inadatto al sistema italiano. Inoltre, ritengono che formera’ un corpo docente non stabile e in definitiva alimentera’ la fuga di cervelli Ma mentre l'Adi ha una posizione propositiva sul contratto dei ricercatori, la Rete chiede il ritiro in blocco del provvedimento. Sul punto al centro della contestazione, l'abolizione del ruolo di ricercatore, l'Adi rilancia chiedendo di conservarlo, ma introducendo contratti a termine rinnovabili che garantiscano contributi previdenziali e maternita’. I rappresentanti di categoria temono che il ddl Moratti porti i ricercatori precari a ritrovarsi disoccupati a 40 anni, per giunta senza esperienza lavorativa in un mercato del lavoro che non riconosce il valore legale del titolo. Contestata ovviamente anche la bassa retribuzione. Ma non piace nemmeno l'articolo sul tempo determinato per i professori appena entrati in ruolo. Le due organizzazioni si oppongono poi alla possibilita’ per gli atenei di stipulare accordi con privati (imprese, fondazioni) per istituire cattedre con propri finanziamenti scegliendo i docenti. _____________________________________________________________ L’avvenire 14 nov. ’04 PEROTTI: TROPPA SPESA, POCA RICERCA (P. Lam.) Da oltre un anno e’ il «grillo parlante» del sistema accademico nazionale, pronto a denunciarne l'immobilismo e il sostanziale fallimento. Roberto Perotti, docente della Bocconi, pubblica le sue opinioni sulla newsletter riformista «Voce.info» e ha le idee chiare sulle inefficenze della nostra universita’, a partire dalla ricerca. Tesi che fanno discutere: in Italia la spesa per il personale docente e’ di gran lunga superiore alla Gran Bretagna, mentre il confronto sulla ricerca e’ impietoso: la nostra produttivita’ vale la meta’. «E se guardiamo a variabili come il numero di citazioni o al numero di pubblicazioni per ricercatore - afferma Perotti - in quasi tutte le discipline l'Italia figura nelle ultime posizioni tra i Paesi dell'Ocse». Per colpa di chi? Colpa della mancanza di incentivi. Esempio classico: i docenti di una tipica universita’ italiana si riuniscono e chiamano a fare il professore un raccomandato, magari incompetente. Perche’ accade? Perche’ chi compie questa scelta non la paga. Nei sistemi universitari che funzionano, quando si chiamano gli incompetenti a insegnare, l'ateneo perde prestigio, studenti e finanziamenti e rischia di chiudere. Come giudica il disegno di legge del ministro Moratti? Credo sia un tentativo di riforma effettuato in buona fede. A mio avviso tenta di portare il sistema italiano nella direzione degli altri sistemi che funzionano. La parte piu’ contestata prevede l'introduzione dei contratti a termine per i ricercatori. Cosa ne pensa? Viene interpretata come una precarizzazione della carriera universitaria. Ma in tutti i sistemi efficienti c'e’ una fase di valutazione. Ho lavorato 14 anni negli Usa, mi hanno fatto un contratto di sei anni al termine del quale si valutavano il mio lavoro e le mie pubblicazioni. E’ la linea del decreto Moratti. La valutazione del periodo iniziale mi pare un principio sacrosanto, altrimenti come possiamo stabilire se uno puo’ fare il professore universitario? L'establishment accademico ha tutto l'interesse a non introdurre la competizione, perche’ altrimenti gran parte delle persone che lavorano oggi in universita’ si ritroverebbe a spasso. _____________________________________________________________ L’avvenire 14 nov. ’04 Le cifre ETA’ MEDIA TROPPO ALTA Quasi un cilindro, per giunta ingrigito: sono la forma e il colore del sistema accademico italiano dove, sui 57968 docenti, ben 21462 (il 37,2%) sono ricercatori, mentre 18130 (il 31,4%) sono professori associati, Piu’ o meno quanti i18106 ordinari (stessa percentuale). Negli ultimi quattro anni l'ultima fascia si e’ stabilizzata mentre, dopo due anni di stop, e’ tornata a crescere la percentuale dei ricercatori. L'eta’ anagrafica del personale resta un problema serio. Quasi otto ordinari su dieci nella Penisola hanno infatti piu’ di 50 anni, il 15% in piu’ dei pari grado francesi e tedeschi. Quasi sei associati su dieci hanno tagliato questo traguardo, contro il 34% dei transalpini e il 7% dei tedeschi. Quanto ai ricercatori, la maggior parte degli ingressi tra il 1999 e l'anno scorso aveva 35 anni, ma una quota significativa aveva superato il mezzo secolo di eta’. Per non parlare dei titolari di assegno di ricerca, destinato ai post dottorati al massimo ventotteni: sono in tutto 10399. hanno prevalentemente 32 anni con picchi consistenti di quarantenni. _______________________________________________________________ Il Messaggero 14 nov. ’04 TROPPI SCIENZIATI AGITANO BANDIERE Il ministro: «Pochi risultati soddisfacenti dalle ricerche su cellule staminali embrionali» Sirchia al congresso dei medici cattolici: «L'ospedale e’ diventato un'azienda ed ha ormai emarginato i camici bianchi dal nostro inviato ORAZIO PETROSILLO BARI - Ha parlato da medico piu’ che da ministro della Salute, Girolamo Sirchia si e’ fatto portavoce dei malessere della sua categoria, scagliandosi contro «la burocratizzazione delle "aziende" ospedaliere». L'«espropriazione della classe medica dalla titolarita’ della salute», contro la politica che ‹ha mal-educato i medici dal loro ruolo», non mancando di rivolgere strali agli «scienziati progressisti che parlano nei talk show della sperimentazione sugli embrioni» c bollando l'eutanasia come «l'eliminazione di malati scomodi sventolata come un atto d'amore». La platea di colleghi lo ha interrotto piu’ volte con applausi. Poi, qualcuno ha lamentato che non abbia parlato anche... il ministro Sirchia. Il suo e’ stato l'interevento piu’ rilevante della giornata conclusiva del XXIII Congresso nazionale dell'Associazione medici cattolici italiani (Amci) svoltosi a Bari sul tema «Medicina e dignita’ umana». Sirchia ha anticipato i temi affrontati al Congresso in questa intervista. Signor ministro, si parla tanto in questi contesti di "umanizzare la medicina": per lei cosa vuol dire e cosa sta facendo il suo ministero «Umanizzare la medicina puo’ voler dire tante cose: dalle piu’ semplici, come il rendere le strutture sanitarie piu’ vicine ai malati, alle piu’ difficili quali il trattamento dei medici e degli infermieri rispetto all'organizzazione dei servizi. Prima, il medico era l'indiscusso depositario della scienza medica. Ora abbiamo chiamato "azienda" l'ospedale c sono stati emarginati i medici che eseguono gli ordini di un direttore amministrativo. IL disegno di legge di cui e’ relatore Di Virgilio, mira a ridare un ruolo di centralita’ ai medici nella loro stretta competenza». C'osa si sta facendo dinanzi ai tempi troppo lunghi per gli esami diagnostici? «Sto lavorando molto per porre fine allo scandalo delle strutture pubbliche che danno la preferenza a pazienti che decidono di usufruire dell’intramoenia (Fattivita’ privata in ospedale ndr). Lo scandalo sta nel privilegiare quelli che possono permettersi analisi e visite a pagamento. In tal mondo si concede a chi puo’ di evitare la lista d'attesa, si offre un trattamento piu’ "cortese" c si tollera elle cio’ venga praticato durante ('orario di servizio. Calpestando i principi del servizio sanitario a carico dal cittadino: e cosi’ il malato paga due volte. Bisogna mettere dei paletti». Ha parlato piu’ volte di una "comunicazione medico-paziente". Cosa intende? «Si tratta di una disciplina da insegnare. Non e’ materia da dilettanti. Esiste un quadrilatero della comunicazione: istituzione, medico, parente, paziente. Il malato spesso si lamenta di come viene trattato. Tutti i medici devono curare i malati. Occorre ridisegnare l'aggiornamento in modo che avvenga questa comunicazione_ Sto lavorando a tale progetto anche fornendo —crediti- non solo per coloro che fanno la specializzazione ma anche in modo trasversale». Chi si oppone per motivi etici alla sperimentazione sugli embrioni viene bollato come nemico del progresso scientifico. Qual e’ il suo parere? Gli scienziati non ragionano con le emozioni ma sui dati. Se consideriamo le cellule staminali embrionali, nulla e’ stato ancora trovato. Al contrario, un loro sfruttamento porta a rischi altissimi per il "principio di beneficialita’". E cioe’: se sei vecchio e’ meglio che muoia, se sei debole - per esempio un embrione - perche’ non devo utilizzarti? E il discorso si potrebbe allargare ai poveri del terzo mondo, ai condannati. La societa’ deve interrogarsi a fondo. La mia proposta e’ di ricercare sugli animali se vi sano davvero tali potenzialita’. Ma non e’ stato fatto. La scienza e’ costituita da numeri, fatti c dimostrazioni. Prima di gridare "al lupo al lupo", cerchiamo di documentarci. Lo scienziato non e’ colui che agita bandiere ma studia i dati, non come certi scienziati progressisti che parlano dappertutto e che brucerebbero i preti perche’ secondo loro fermano la locomotiva della scienza» _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 17 nov. ’04 L'ATENEO RESTA SENZA BREVETTI Titolarita’ delle invenzioni ai ricercatori C on il nuovo Codice dei diritti di proprieta’ industriale il ministro delle Attivita’ produttive, Antonio Maizano, intende mettere a punta un quadro legislativo capace di favorire l'innovazione. Tuttavia, lo schema di decreta legislativo - approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri il 10 settembre - sancisce nella sostanza una normativa contestata da imprese e universita’, essendo giudicata un boomerang rispetto allo sviluppo della ricerca: la proprieta’ delle invenzioni, in ambito universitario, e’ infatti riconosciuta ai ricercatori. Si tratta di una disciplina che ' non ha riscontri negli altri Paesi europei e negli Usa (dove, pero’, le universita’ private possono disciplinare il rapporto con i ricercatori), Infatti, in tutti i Paesi industrializzati vige la regola che l'invenzione fatta in universita’ appartenga all'ente (salvo, naturalmente, il riconoscimento morale e pecuniario agli inventori). Fino a poco tempo fa l'unica eccezione a questa regola era costituita dalla Germania, ma anche la legge tedesca e’ stata di recente allineata con i principi adottati dagli altri Paesi. In Italia, fino al 2001, l'inventore dipendente da una pubblica amministrazione era soggetto alla stessa,normativa che regola il rapporto tra inventore dipendente di aziende e il datore di lavoro, con l'unica differenza che l'eventuale premio, canone o prezzo da corrispondere all'inventore veniva stabilito dal ministro preposto all' amministrazione di appartenenza del ricercatore. Tuttavia, con la legge 18 ottobre 2001, n. 383, e’ stata introdotta una normativa del tutto peculiare per gli inventori dipendenti da una universita’ o da una pubblica amministrazione (articolo ? 4 , bis della legge sulle invenzioni). Si e’ infatti stabilito che il ricercatore «e titolare esclusivo dei diritti derivanti dall'invenzione brevettabile da’ cui e’ autore. L'inventore presenta la domanda di brevetto e ne da’ comunicazione all'amministrazione». In questo modo il ricercatore, dopo aver effettuato la ricerca utilizzando i laboratori e i mezzi dell'universita’; e’ titolare esclusivo dei diritti derivanti dall'invenzione, Questa situazione, come si e’ detto, ha creato non poche preoccupazioni tra la aziende che di regola effettuano ricerche congiunte con gli atenei. Per questo, in una prima versione di Codice unico, si prevedeva che «quando il rapporto di lavoro intercorre con un'universita’ o con una pubblica amministrazione avente tra i suoi compiti istituzionali finalita’ di ricerca, l'inventore comunica la sua invenzione all'universita’ o all'amministrazione, alle quali spetta il diritto di chiedere il relativo brevetto entro sei mesi dalla comunicazione»; Inoltre, si era stabilito un premio al ricercatore «di almeno il 30% di quanto ottenuto dallo sfruttamento economico del brevetto chiesto dall'universita’ o dall'amministrazione», Pero’, il testo approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso al Parlamento (proprio in questi giorni le commissioni Attivtita’ produttive e industria di Camera e Senato stanno esaminando lo schema di decreto) e’ stato modificalo, confermando il "vecchio" articolo 24 bis. L'unica variante e’ una deroga nel caso di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da, soggetti privati, ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall’universita’ ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore. Con la deroga si sono garantite le imprese. Ma universita’ cd enti pubblici rimangono esclusi dalla possibilita’ di autofinanziamento, che nel resto del mondo industrializzato costituisce uno strumento sempre piu’ importante per lo sviluppo della ricerca. GIANFRANCO DRAGOTTI __________________________________________________ la Repubblica 19-11-2004 BILL GATES: "L'ITALIA ARRANCA IL GOVERNO PUNTI SULLA RICERCA" Parla il fondatore della Microsoft: "Ritardo tecnologico come e piu’ del resto d'Europa" ANDREA Di STEFANO ETTORE LMNI MILANO - «L'Italia? E’ in ritardo tecnologico, come e piu’ del resto d'Europa. Per recuperare occorre uno sforzo collettivo in cui ognuno deve fare la sua parte». Il giudizio e la ricetta sono d'autore: Bill Gates, fondatore e anima di Microsoft. Ha un conto in banca che vale 40 miliardi di dollari. Per molti - oltre che il piu’ ricco - e’ anche l'uomo piu’ potente della terra («Non e’ vero, e’ Murdoch con i suoi media», chiosa lui). Ma invece che godersi su un'isola tropicale le sue fortune gira il globo come un missionario dell'hitech, promuovendo il suo mondo (e la sua azienda) con l'entusiasmo e i ritmi di un giovane imprenditore. Con idee, come spiega anche in questa intervista, piuttosto chiare: «Domanda e offerta oggi si incontrano in rete. Una piccola impresa del Veneto puo’ diventare fornitore di un colosso cinese online. Ma l'Italia deve recuperare il terreno perduto: il governo deve lavorare sull'educazione, abbattere le barriere tra aziende e universita’, varare politiche di incentivazione fiscale e obbligare il sistema Paese a discutere "digitalmente" con la pubblica amministrazione. E le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, devono capire che investire in tecnologie non e’ piu’ solo un'opportunita’ ma un obbligo». A proposito di investimenti, mister Gates. Microsoft ha appena distribuito un superdividendo da 32 miliardi. Molti l'hanno interpretato come un se gno della maturita’ del settore hitech, che preferisce restituire soldi agli azionisti piuttosto che stanziarli in ricerca... «Non e’ cosi. Siamo il primo investitore mondiale in ricerca con 6,8 miliardi di dollari l'anno. Ma generiamo piu’ cassa di quanto ci serva. E noi sappiamo fare software, non siamo un fondo d'investimento. Cosi’ abbiamo aspettato di avere alle spalle i problemi con l'antitrust e abbiamo distribuito soldi ai soci. Una scelta che non ha niente a che vedere con la mancanza di opportunita’ di crescita nell'hi-tech. Ne’ perl'innovazione ne’ per le acquisizioni, che nel settore si fanno in azioni e non in contanti». Qual e’ oggi lo stato dei vostri rapporti con l'antitrust Ue? «Stiamo aspettando il giudizio di prima istanza per fine anno. Poi vedremo. Noi siamo pronti a discutere con Bruxelles. Decidera’ dopo questa sentenza il nuovo commissario; noi, lo ripeto, siamo sempre stati aperti ai negoziati». Nessun rancore quindi con Mario Monti... «C'e’ stato un ottimo rapporto, lo rispettiamo. Non ci sono elementi personali nelle nostre relazioni con la Ue. Lui stesso d'altra parte ha riconosciuto il nostro ruolo creativo nel presentare proposte alternative». Lei ha finanziato a livello personale la campagna elettorale di George Bush. Come mai? «In fondo ci ho messo poco, qualche migliaio di dollari. George Soros ha versato decine di milioni per Kerry... Microsoft comunque non prende posizioni politiche, tanti nostri manager hanno sostenuto lo sfidante democratico. Di Bush comunque mi piace l'approccio al tema della liberalizzazione degli scambi e il suo sostegno al libero mercato. Gli unici due argomenti "politici" di cui parlo. Non ho partecipato ad alcuna manifestazione in suo sostegno e su altre cose non sono nemmeno d'accordo con lui». Cosa si aspetta dalla Casa Bianca dopo la conferma di Bush? «Innanzitutto con la rielezione abbiamo il vantaggio della prevedibilita’ visto che abbiamo gia’ avuto quattro anni per conoscerlo. Ora deve stabilizzare l'Iraq, lavorare sugli accordi commerciali globali, cosa che sa fare bene. Il problema e’ che ha dei vincoli di budget, visto il debito estero e commerciale, che prima non aveva». Cina e India sono la croce e la delizia di molti industriali. Lei come vede il boom di questi mercati? «Fanno gola e spaventano assieme. Ma io piu’ che temere l'arrivo di temibili concorrenti vedo l'apertura di mercati giganteschi. E il protezionismo non serve. Ne’ ai consumatori ne’- a lungo andare - alle imprese. Il problema e’ un altro, soprattutto per l'Europa ...» Quale? «Quello di lavorare di piu’ sui prodotti brevettati. Guardi cos'e’ successo agli Stati Uniti negli anni '80. Temevamo l'invasione giapponese ma abbiamo lavorato con umilta’. E negli anni '90 Tokio, penalizzata da un sistema Paese meno efficiente e’ rimasta al palo mentre negli Usa e’ arrivata la rivoluzione internet e hi-tech». E Bill Gates cosa fara’ da grande? Sta riducendo la sua quota in Microsoft mentre cresce invece la sua fondazione di beneficenza (che distribuisce ogni anno oltre 1,5 miliardi di dollari in progetti sulla salute nel terzo mondo, ndr)... «Il solo business in cui posso dare il mio contributo e’ la Microsoft. E cosi’ continuero’ a fare fino almeno a quando avro’ 60 anni. Poi ho sempre detto che tutto quanto avessi guadagnato avrei trovato il modo di "restituirlo" in qualche modo. Ma questo e’ un altro discorso...» E allora su che prodotti e tecnologie scommette per il futuro di Microsoft? Punterete di piu’ sui consumatori, in vista del nuovo sistema operativo Longhorn? «Puntiamo ancora sul business, ma stiamo cercando di adattare ai consumatori strumenti pensati per gli affari. Il confine tra questi due mondi e’ sempre piu’ sottile. Il pc - grazie alle soluzioni introdotte negli ultimi tre anni - e’ oggi uno strumento che permette di gestire le proprie finanze personali, studiare e nello stesso tempo svolgere tutte le funzioni multimediali. Ci sono attivita’ che sono prevalentemente consumer, come ascoltare musica o scattare foto con il proprio telefonino o macchina fotografica digitale, ma gli stessi strumenti possono essere utilizzati anche per lavoro. Ma la vera rivoluzione, in futuro, sara’ nel mondo delle comunicazioni Cosa pensa della concorrenza di Linux? «Concorrente si, ma a distanza. E’ un problema di servizi e costi: i nostri clienti non devono investire ingenti somme in formazione del personale per poter gestire i sistemi. E se poi c'e’ un problema tecnico per risolverlo con Linux possono essere necessari anche 120 giorni mentre noi ne impieghiamo al massimo sette». ____________________________________________________________ il Mondo 25-11-2004 RUBBIA (SCONFITTO) LASCIA L'ENEA SCONTRO NEL CONSIGLIO DELL'ENTE NUOVE TECNOLOGIE Scontro, non solo metaforico, all'Enea. Le divisioni tra il presidente, il Nobel Carlo Rubbia, e i consiglieri dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente e’ arrivato a un punto di non ritorno: Rubbia ha abbandonato l'ultima seduta del cda, dopo che non era stato approvato il nome del nuovo direttore generale da lui proposto, Roberto Andreani, un ingegnere di 67 anni che lavora in Germania. I consiglieri hanno avanzato dubbi sull'eta’ e di rimando hanno proposto l'attuale facente funzioni, Giovanni Lelli. Bocciato in consiglio anche Trade, il progetto voluto da Rubbia per bruciare le scorie radioattive. Stessa musica tra i sindacati: da una parte Cgil-Cisl-Uil, dall'altra l’Anpri, l'associazione dei ricercatori. Nella mensa due guardie giurate sono finite a terra, con qualche contusione, mentre tentavano di dividere le fazioni. L'Anpri voleva che i vertici dell'Enea parlassero anche nella loro assemblea e non solo in quella di Cgil, Cisl e Uil. _____________________________________________________________ Il Sole24Ore 19 nov. ’04 NUOVE ASSUNZIONI NELLE UNIVERSITA’ SNALS CONTRO LA RIFORMA DEI DOCENTI ROMA Il Consiglio dei ministri nella seduta di ieri ha approvato, su proposta del ministro per la Funzione pubblica, Luigi Mazzella, il decreto che autorizza le Universita’ italiane ad assumere un totale stimato in 659 unita’ di personale. «Il decreto stabilisce - spiega Mazzella - che le singole universita’ provvedano all'assunzione di quel personale che ha espletato- i concorsi pubblici al 15 marzo 2004, sia docenti e ricercatori che personale tecnico- amministrativo dando priorita’ alle nuove immissioni ed in particolare ai giovani». Nel caso di assunzione di personale gia’ dipendente di pubbliche amministrazioni, incluse le stesse universita’, per la determinazione del contingente di personale che e’ consentito assumere con le risorse assegnate, i singoli Atenei possono considerare lo specifico differenziale di costo per assegni fissi a regime. Infine, il decreto autorizza l'Universita’ di Palermo, per l'anno 2004, ad assumere 97 unita’ di personale a tempo determinato. La protesta dello Snals. Lo Snals-Confsal sferra l'attacco al disegno di legge sullo stato giuridico dei docenti e lancia un questionario con cui chiede agli insegnanti di intervenire in prima persona nel dibattito sulla professione e sull'ipotesi di carriera. «La carriera degli insegnanti non puo’ essere definita per legge - afferma il segretario generale, Fedele Ricciato -. E’ una questione che va affrontata e risolta per via negoziale coinvolgendo la categoria». Lo Snals-Confsal chiede il ritiro della proposta di legge presentata da Paolo Santulli (Fi) e Angela Napoli (An). II progetto, all'esame della commissione. Cultura della Camera, ha scatenato l'aspra reazione del fronte sindacale fin dall'inizio, anche perche’, tra l'altro, prevede la cancellazione delle Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie) nelle scuole. Ma, nonostante il fuoco di sbarramento, pochi giorni fa lo stesso Santulli ha affermato che il testo entro dicembre sara’ votato dalla commissione per poi approdare in aula. Il questionario. La consultazione lanciata ieri dallo Snals-Confsal si aggancia al documento della commissione ministeriale prevista dall'articolo 22 del contratto nazionale proprio sull'ipotesi di carriera per i docenti. In particolare, dal testo diffuso lo scorso 24 maggio emergono tre elementi da considerare per gli scatti di carriera: la valorizzazione dell'esperienza professionale; i crediti formativi (formazione e competenze certificate); i crediti professionali (attivita’ e incarichi specifici aggiuntivi all'insegnamento). Il questionario puo’ essere compilato anche online sul sito del sindacato (www.snals.it) e le risposte dovranno pervenire entro il 15 gennaio 2005. Intanto, pochi giorni dopo lo sciopero generale della scuola - al quale lo Snals-Confsal non ha aderito - il sindacato autonomo portera’ i piazza i suoi dirigenti e una rappresentanza delle 7mila Rsu per contestare l'attuale politica del Governo. La manifestazione si svolgera’ a piazza Montecitorio e davanti a palazzo Madama il prossimo 29 novembre. LUIGI ILLIANO _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 19 nov. ’04 POLICLINICO: LEZIONE NELL'ATRIO "Caso frequente" Porte delle aule chiuse nella facolta’ di Medicina? Un'abitudine. Quanto capitato qualche giorno fa, con la lezione di Chirurgia toracica, svolta dal professor Giovanni Brotzu nell'atrio del Policlinico, sembra essere una regola. "Capita spesso che aule destinate alle lezioni del corso di Medicina vengano trovate chiuse, o per dimenticanza o perche’ destinate ad altri usi. ? spiega Gianni Orofino, rappresentate degli studenti di Medicina e Chirurgia ? Eppure l'iter per la destinazione d'uso delle aule e’ abbastanza semplice: c'e’ un ufficio del Policlinico con un calendario delle lezioni, che puo’ essere sempre consultato". Il problema sembra essere quello della scarsa comunicazione tra enti: "Capita infatti che non ci sia raccordo tra il rettorato e la direzione del Policlinico". La decisione della direzione generale del Policlinico di mettere a disposizione del corso di laurea due aule, per permettere agli studenti di iniziare ad ambientarsi e per agevolare i professori, si trasforma cosi’ in un boomerang. (m.v.) _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 17 nov. ’04 UNIVERSITA’. STUDENTI ESCLUSI DALLE SPECIALIZZAZIONI Un anno di studi perso con la laurea in autunno Perdere un anno di studi per un calendario studiato male. Capita nell'universita’ di Cagliari, dove venerdi’ scorso e’ scaduto il termine per l'iscrizione alle lauree specialistiche. Iscrizione che ha potuto effettuare chi ha ovviamente conseguito la laurea triennale, mentre per chi tardera’ qualche mese all'orizzonte ci sono molti mesi di inattivita’: libri e dispense potranno essere parcheggiati nell'attesa di iscriversi a novembre del 2005. "E’ una battaglia che stiamo conducendo da un anno ? spiega Giuseppe Frau, rappresentante degli studenti nell'ateneo ? Le lezioni sono iniziate ieri per chi si e’ laureato, nel primo livello, nella sessione estiva. Per chi lo fara’ in quella autunnale, impossibile iscriversi al corso di laurea di secondo livello. Dovra’ attendere l'anno prossimo e perdere tempo senza poter seguire lezioni o dare esami". La situazione si era riscontrata gia’ l'anno scorso, con tanti studenti che avevano protestato: "Alcuni sono andati in altre facolta’ della Penisola o a Sassari ? aggiunge Frau ? Nell'ateneo sassarese per esempio e’ possibile effettuare una pre-iscrizione per chi si laureera’ entro febbraio. In questo modo e’ possibile iniziare subito a seguire dei corsi e non perdere tempo". Quello che hanno passato i laureati delle varie facolta’ cagliaritani, quest'anno tocchera’ anche a quelli di Giurisprudenza: "Solo 25 studenti si sono laureati in corso ? spiega Silvia Pili, rappresentante della facolta’ di Leggi ? : il problema e’ molto sentito da tutti quelli che arriveranno al traguardo nei prossimi mesi. Piu’ volte il rettore e’ stato invitato a permettere un'iscrizione con riserva per dare la possibilita’ di entrare nel corso specialistico subito, per gli si laurea a dicembre o febbraio. Tutto inutile". Le possibilita’ non sono molte. La prima e’ aspettare. La seconda, a discrezione dei docenti, e’ quella che i neo laureati nella sessione autunnale, seguano le lezioni dei corsi specialistici e diano l'esame con riserva. Una strada che dipende dalla collaborazione dei docenti. Infine la terza: iscriversi ai singoli corsi, pagando le tasse, e comunque fino a un massimo di tre esami. Il costo e’ elevato: 100 euro la tassa di iscrizione, piu’ 50 euro per ogni esame sostenuto. "Attenzione pero’ ? ricorda Silvia Pili ? per conseguire la laurea specialistica si dovranno attendere comunque i due anni. Dunque cosa si risolverebbe?". Lunedi’ scorso sono iniziate le lezioni dei corsi biennali (il pagamento della prima rata delle tasse deve essere effettuato entro domani), la speranza per chi arrivera’ alla laurea autunnale e’ una sola: ottenere l'iscrizione con riserva Matteo Vercelli _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 16 nov. ’04 QUELLA "CITTADELLA" NEL DESERTO Ma dove sono gli autobus?La chiamano "Cittadella universitaria", ma potrebbe essere definita anche "cittadella fantasma", in quanto sorta nel deserto. E nel deserto inesorabilmente abbandonata. Per raggiungerla vi sono strade impossibili da percorrere, strozzate da nodi che bloccano il traffico per minuti eterni. E allora si vorrebbe lasciare a casa l'auto e prendere i mezzi pubblici. E a questo punto inizia il drammatico calvario del coraggioso viaggiatore che spera di utilizzare i pullman Ctm. Guai, pero’, a prendere il numero 29 di sabato (domenica niente bus): dopo le 15 puo’ utilizzare soltanto il telefono cellulare per chiedere soccorso perche’ di autobus non vi e’ piu’ traccia. I piu’ ottimisti potrebbero pensare di utilizzare il numero 8. Perfetto. Vi e’ un dettaglio, pero’, che non puo’ essere ignorato: le corse dalle 5 del mattino sino alle 7 si fermano a Monserrato (via San Gavino) e non raggiungeranno mai la "cittadella". E la situazione non cambia di una virgola con le corse che partono dal capolinea di piazza Matteotti alle 19,05 e sino alle 22. Si e’ quindi costretti a usare l'auto se gli impegni di lavoro e di studio vanno oltre gli orari del pullman. Ma alla "cittadella" e’ ospitato anche il Policlinico Universitario dove, guarda caso, vi sono persone ricoverate. Che, guarda caso, hanno parenti che vanno a trovarli. Ma, guarda caso, gli orari delle visite coincidono con gli orari degli autobus inesistenti del Ctm. Ma che bella pensata! Congresso a medicina a sassariE’ vero che si tratta solo di un avviso, ma le indicazioni sul sito internet riguardo al congresso che il prof. Feo terra’ il 20 novembre 2004 nella Facolta’ di medicina e chirurgia di Sassari sono veramente scarse. Nessun link, nessun contatto, non si sa l'argomento che verra’ trattato, chi puo’ parteciparvi, se bisogna iscriversi,?buio totale. Chissa’ che prima della data in questione si riesca ad avere qualche dettaglio in piu’! (r.f) _____________________________________________________________ Corriere della Sera 16 nov. ’04 PRODUCIAMO STUDENTI GENERICI BISOGNA RICOMINCIARE DALL' ABC Giuseppe De Rita Conti Paolo ROMA - Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis, parte con una confessione liberatoria: «Mi sono occupato di scuola per la prima volta nel 1955. Sono andato avanti per quarant' anni. Poi, dieci anni fa, ho smesso. Magari sara’ stata colpa mia. Ma mi sono stufato». La scuola e’ scesa in piazza contro la riforma Moratti. Per arrivare al nodo del problema: cosa non va nel nostro sistema educativo? «Partiamo da una consapevolezza. A furia di parlare di quale scuola dovrebbe avere l' Italia, la scuola si e’ fatta da sola. E male. Manca dei tre cantoni necessari a un circuito efficace: una domanda delle famiglie e delle imprese, una adeguata risposta del sistema, una classe dirigente capace di orientare il tutto». Eppure non c' e’ stato governo di centrosinistra o di centrodestra che non abbia parlato di riforma... «E' il tipico modo intellettualistico di lasciare le cose come stanno. Tutto questo gran parlare di capitale umano, o di fattore umano che dir si voglia, di investimenti in ricerca, non conduce concretamente a nulla. Si pompa solo un approccio generico. Anche l' opinione pubblica, posso garantirlo, si e’ stufata di sentir parlare continuamente di questa benedetta centralita’ della scuola. Un volontarismo sterile». Partiamo dal nucleo-base della nostra societa’. Lei accusa: manca una vera domanda delle famiglie. In che senso? «Si mandano i figli a scuola, ci si sforza per farli arrivare all' universita’. Benissimo. Ma se poi questa laurea e’ in fisica o in scienza delle comunicazioni e’ secondario. Vedo solo una domanda generica di un titolo, di mobilita’ sociale verso l' alto, di nuovo status». Passiamo ora al mondo imprenditoriale. Dove sbaglierebbe? «Ricordo che ai tempi di Giancarlo Lombardi alla vicepresidenza di Confindustria si poteva star sicuri sulle richieste rivolte al mondo dell' istruzione: formazione professionale media, o anche medio-bassa. Una laurea forse non impegnativa ma ben motivata. Oggi questa domanda non esiste, tutto e’ caratterizzato dalla genericita’. Confindustria, Confcommercio, Confartigianato non fanno che dire: investimenti, professionalita’, centralita’ della scuola. Solo formule vuote prive di concretezza. Cosi’ come e’ vuoto lo sforzo di una classe dirigente che non ha prodotto vere idee». Visto che e’ in tema di accuse, cosa pensa della «risposta del sistema», quella degli insegnanti? «Mi prenderanno forse a parolacce i miei amici sindacalisti. Ma mi chiedo: chi ha vinto in questi anni? L' immobilismo. Ha vinto chi stava nella scuola. Cioe’ gli insegnanti e i sindacati: chi si e’ preoccupato di entrare nella scuola, di restarci, e raramente di come riempirla di contenuti, di cosa, e perche’ insegnare. E' un sistema privo di vera vita che serve poco a chi ci studia e piu’ a chi ci lavora». Gli insegnanti pero’ si ribellano contro una riforma che non condividono e contro un sistema retributivo che ormai li colloca ai gradini piu’ bassi della scala sociale. «Il problema della retribuzione e’ oggettivamente legato anche al numero di docenti, che sono quasi 833.000. Mi pare difficile difendere insieme il livello retributivo e quello occupazionale. Probabilmente si sconta anche la vecchia leggenda urbana: cioe’ che il corpo insegnante si sia fortemente femminilizzato e che lo stipendio, nella gran parte dei casi, non sia l' unico reddito familiare». Lei pensa che gli insegnanti italiani siano troppi, come ha gia’ affermato sul Corriere della Sera Attilio Oliva, presidente di TreeLLLe, l' associazione non profit che studia i problemi dell' educazione? «Siamo certamente in un regime di abbondanza: un docente ogni nove alunni contro uno ogni quindici della media europea. Non per niente ci siamo inventati gli insegnanti di sostegno o addirittura le tre diverse figure nelle scuole elementari. I sindacalisti obiettano: ma come, proprio adesso che la natalita’ sta risalendo, lo Stato vuole tagliare l' organico degli insegnanti? Hanno le loro ragioni. Ma resta il problema di fondo: questa e’ una scuola senz' anima». Ma il numero di laureati cresce, come quello dei diplomati. «Eppure questa scuola, questo sistema formativo somiglia alla societa’ italiana: non riesce a garantire competenze. Sono state le competenze medie a costruire questo Paese: dall' agronomo o dal perito industriale del piccolo centro di provincia in su. Gente ferratissima nel proprio campo. Oggi, in questa famosa scuola senz' anima, si studia troppo poco. Sono in tanti a innamorarsi dei "centri di eccellenza". Ma a quale "eccellenza" si puo’ arrivare quando mancano le basi piu’ banali, quando non c' e’ la struttura piu’ elementare? E parlo del far di conto, dell' italiano, poi del latino, della stessa lingua inglese... Al mio vecchio liceo Tasso di Roma hanno organizzato magnifiche iniziative legate al volontariato, ai problemi dell' Africa. Ma secondo me studiano pochissimo». La accuseranno di qualunquismo, professor De Rita. «L' ho gia’ detto prima. So che mi prenderanno a parolacce. Ma io lo penso: questa scuola produce studenti poco competenti che approdano all' universita’ dove la loro situazione non cambiera’. Prima di parlare delle eccellenze, che riguardano piccoli numeri e non milioni di studenti, pensiamo alle basi». Lei cosa suggerirebbe? «Il rimedio piu’ ovvio. Ricominciare a insegnare davvero e a studiare davvero, a distribuire competenze e conoscenze fondamentali. Propongo un anno scolastico etico in cui tutti riprendano il proprio ruolo. Basta con questo metodo generico: sono generici i genitori, generici gli insegnanti, generici gli imprenditori che cercano forza-lavoro, generica la mano pubblica. La colpa minore, alla fine, e’ degli studenti». In quanto alla mano pubblica? «Dovrebbe limitarsi a gestire seriamente cio’ che c' e’». Lei teme che l' Italia, nel contesto europeo, possa fornire solo «generici», per ripeterla con lei, al mercato dell' Unione? «Esattamente. Con una laurea in materie improbabili, con un curriculum poco convincente, con basi cognitive incerte, si finira’ fatalmente nella subalternita’». Paolo Conti LE COMPETENZE Questo sistema non garantisce competenze. Le competenze medie hanno costruito l' Italia L' EUROPA Lauree improponibili, basi cognitive incerte: finiremo fatalmente nella subalternita’ _____________________________________________________________ L’UNIONE SARDA 18-11-2004 NOCCIOLO, IN BARBAGIA L'ALBERO DEL TORRONE Produttori e esperti riscoprono una coltura tipica Alla questione del noccio’lo non ci aveva ancora pensato nessuno. Gli sforzi di enti e studiosi in questi anni si sono concentrati su castagno e ciliegio. Sono stati avviati anche alcuni piani di sviluppo legati a colture che trovano terreno fertile nella Barbagia Mandrolisai. Il nocciolo ,invece . e’ stato un po' trascurato. Almeno fino a quando un'e’quipe guidata dal professor Roberto Pantaleoni dell'universita’ di Sassari in collaborazione con il Centro nazionale delle ricerche ha deciso di presentare un progetto al ministero delle Politiche agricole nell'ambito del programma nazionale di agricoltura biologica. Fra i sei approvati in tutta Italia c'e’ anche quello proposto dall'istituto per lo studio degli ecosistemi del Cnr e dal dipartimento di protezione delle piante dell'universita’ di Sassari. Domani pomeriggio verranno presentanti i primi risultati della ricerca sulla realta’ corilicola della Barbagia Mandrolisai. «II progetto - spiega il professor fantaleoni - e’ finalizzato all'ottenimento di produzioni biologiche di qualita’. In altre regioni italiane il noccio’lo rappresenta una importante fonte di reddito, specialmente nella provincia di Cuneo e nel viterbese. In questi contesti non si tratta certo di una coltivazione minore. Anzi». A Belvi, Desulo, Tonara e Aritzo, invece, la corilicoltura e’ stata quasi abbandonata. Nei torronifici non si utilizzano piu’ nocciole locali, ma prodotti importati dalla Turchia (un tipo di frutto si chiama l'rebisonda). «In Sardegna l'area interessata non e ampia - continua il docente - ma un'eventuale ripresa della produzione potrebbe entrare proprio nella filiera del torrone». Attualmente le quantita’ sono irrisorie. «Abbiamo effettuato numerosi sopralluoghi - dice Pantaleoni - e purtroppo e’ stato constatato che le coltivazioni sono abbandonate. Peccato, perche’ c'e’ una situazione sanitaria favorevole. Rispetto alla penisola, mancano certi insetti particolarmente nocivi come il balanino, un coleottero che fora le nocciole. Possiamo affermare con certezza che nelle aree interessate dal nostro progetto questo insetto non c'e’». Secondo i redattori del piano (denominato Co.Hi.Bio) le varieta’ locali del frutto non sono state mai analizzate e classificate. «In questo caso manca uno studio scientifico vero e proprio - aggiunge Roberto Pantaleoni - nulla si sa ad esempio delle varieta’ locali o dei problemi entomolqici e fitopatologici, poco frequentate" sono le problematiche agronomiche, pedologiche, commerciali, di marketing». La pensa nella stesso modo anche Franco Arangino,il presidente del Consorzia Agro Forestale della Barbagia di Belvi. «Il noccio’lo in passato ha rappresentato una risorsa per i nostri padri - commenta - oggi il rilancio di questa coltura potrebbe servire alle famiglie per integrare il reddito. Anche per questa ragione abbiamo deciso di organizzare questo incontro con gli esperti del settore. Il progetto avra’ la durata di tre anni e credo che alla fine ci sara’ un quadro preciso della situazione». 1 promotori dell'iniziativa contano ovviamente anche di coinvolgere i produttori. «Ci sono alberi di nocciolo anche a Gadoni e in alcuni paesi della Barbagia di Seulo - aggiunge Arangino - purtroppo la proprieta’ frazionata non consente di pensare a progetti di grande respira_ G forse e’ meglio cosi’. Di sicuro il frutto puo’ contribuire positivamente per creare delle produzioni di nicchia, di qualita’. Prodotti che troverebbero sicuramente spazio nel mercato. Sarebbe bello se i torronai della Barbagia Mandrolisai in futuro nel confezionamenti dei dolci usassero materie prime locali: nocciole di Belvi, Tonara, Desulo e Aritzo». FRANCESCO PINTORE _____________________________________________________________ Orizzontescuola.it 17 nov. ’04 LA RIFORMA DEL CUN STA PER ESSERE VOTATA dalla Commissione Istruzione del Senato Infatti sono stati gia’ presentati e illustrati gli emendamenti. Per i resoconti delle sedute fin qui svoltesi e per il testo del DDL e degli emendamenti cliccare: http://www.senato.it Le 'novita’' introdotte dal DDL governativo, elaborato dall'attuale CUN (pluriprorogato e con una composizione da anni illegittima), non rendevano necessaria una legge, ma un 'semplice' decreto ministeriale. Questa verita’, sottolineata da tempo dalle Organizzazioni unitarie della docenza (v. nota), e’ stata evidenziata anche dal sen. Modica (DS) in Commissione: "la maggior parte delle novita’ introdotte non avrebbero richiesto un intervento legislativo, trattandosi di disposizioni che rivestono - soprattutto con riferimento alle modalita’ di elezione del Consiglio - un rilievo prettamente amministrativo". Modica ha aggiunto che qualche modifica introdotta, che richiederebbe un intervento legislativo, non e’ "talmente urgente da giustificare l'ennesima proroga del CUN." (seduta del 28.9.04). Ed in effetti la falsa urgenza di una legge di 'riforma' del CUN e’ servita e serve a coprire la volonta’ politico-accademica di svuotare l'attuale Organismo di ogni capacita’ di rappresentanza valida e democratica, disarmando cosi’ il Sistema nazionale delle Universita’ in un momento cruciale per la sua stessa sopravvivenza. Il sen. Tessitore (DS) ha opportunamente ricordato che si e’ determinata "una sostanziale perdita di ogni effettiva capacita’ rappresentativa del CUN nei confronti del sistema universitario." (seduta del 28.9.04). Sia il Relatore, l'on. Bevilacqua (AN), che il Rappresentante del Governo si sono dichiarati aperti ad accogliere emendamenti migliorativi (seduta del 19.10.04) e lo stesso ha dichiarato il sen. Valditara (AN), che ha voluto pero’ fare una sorta di difesa d'ufficio dell'attuale testo del provvedimento. Valditara ha, tra l'altro, giustamente sostenuto che "nella passata legislatura si era infatti assistito ad una crescente valorizzazione della CRUI ai danni del CUN" (seduta del 28.9.04). Egli non si e’ reso pero’ forse conto che l'attuale testo del DDL copia la composizione voluta nella passata legislatura dal sottosegretario Guerzoni e che l'ulteriore svuotamento del CUN e’ stato prodotto dalle ripetute e non necessarie proroghe accolte dall'attuale Ministro e votate dall'attuale Parlamento. GLI EMENDAMENTI PRESENTATI L'Opposizione ha presentato diversi emendamenti che recepiscono alcune delle principali richieste avanzate dalle Organizzazioni unitarie della docenza. I piu’ importanti emendamenti (1.23, 1.2, 1.1) riguardano la riduzione da 14 a 6 delle aree che esprimono i rappresentanti della docenza nel CUN e la previsione dell'elettorato attivo e passivo unico per ordinari, associati e ricercatori. Queste modifiche, che potevano e possono ancora oggi essere apportate con un atto amministrativo, sono entrambe essenziali per evitare una composizione del CUN settoriale e corporativa. In questa stessa direzione il sen. Monticone (Margherita), tra gli altri, ha sostenuto che "al fine di svolgere in pieno il ruolo di rappresentanza del sistema, i membri del CUN dovrebbero infatti a suo avviso agire senza vincoli di mandato, rappresentando l'intero sistema." (seduta del 28.9.04). Molto opportuni sono anche gli emendamenti 3.6 e 3.7 tesi a impedire che il Collegio di disciplina sia composto da soli ordinari quando e’ 'incolpato' un ordinario, da ordinari e associati quando si tratta di un associato, ecc. Una composizione 'a fisarmonica' che non era stata prevista nemmeno nel testo elaborato dall'attuale CUN. Altri emendamenti positivi sono quelli (1.10, 1.11, 1.22) tesi a precisare che tutti gli attuali membri del CUN non possono essere immediatamente rieleggibili, visto che il testo elaborato dall'attuale CUN su questo punto non e’ chiaro. Emendamenti non condivisibili sono invece quello (2.4) con il quale si vuole porre il parere del CUN, "organo elettivo di rappresentanza del sistema universitario", sulla programmazione universitaria allo stesso 'livello' dei pareri espressi da altri organi, e quello (2.12) con il quale si vuole impedire allo stesso CUN l'acquisizione di pareri di altri Organismi. In sostanza, con questi emendamenti si vuole ridurre il ruolo del CUN quale Organo di autogoverno del Sistema delle Universita’. GLI EMENDAMENTI NON PRESENTATI Nessun emendamento, oltre quello contro il funzionamento 'a fisarmonica', e’ stato presentato sulla composizione del Collegio di disciplina (3 ordinari, 1 associato e 1 ricercatore), una composizione che chiarisce la natura degli interessi accademico-corporativi che troppo spesso 'ispirano' l'elaborazione delle leggi riguardanti l'Universita’. Noi pensiamo che il Collegio di disciplina debba essere composto da appartenenti alle categorie dei 'giudicabili', senza alcuna predeterminazione dei suoi componenti per fasce ne’, tanto meno, con una composizione 'adattata' al grado dell''incolpato'. Potrebbe cosi’ accadere che il Collegio risulti composto da soli ordinari o da soli associati o da soli ricercatori. E allora? E’ forse meglio che esso risulti composto da 'soli' ordinari con la presenza di una sorta di 'avvocati di ufficio' (un associato e un ricercatore)? Ma se la preoccupazione di proteggere gli ordinari dai giudizi espressi da appartenenti alle 'classi' subalterne e’ un 'valore' tanto irrinunciabile, perche’ chi ha elaborato o accetta questa aberrazione giuridica non pensa a tre Collegi di disciplina distinti, ognuno competente per la propria fascia e composto esclusivamente da appartenenti a quella? Nessun emendamento, inoltre, e’ stato presentato per eliminare la previsione di una elezione 'a rate' dei componenti del CUN (meta’ ogni due anni), che ne indebolisce profondamente il ruolo di Organo di autogoverno di cui l'Universita’ ha bisogno. Su questo punto la posizione dell'Opposizione contraddice i suoi stessi emendamenti, sopra citati, che vanno invece quasi tutti nella direzione di riconoscere nel CUN l'Organo di rappresentanza delle Universita’. Nota. V. documento dell'ANDU "La controriforma del CUN" in http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 19 ottobre 2004 _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 16 nov. ’04 RSU: C'E’ POCO DA RIDERE, PAROLA DI AUSILIARIO Uomo di spettacolo, umorista,conduttore televisivo nonche’ ausiliario socio- sanitario. E’ il profilo professionale, abbastanza anomalo, di Massimiliano Medda, una doppia vita tra le corsie del Brotzu e i riflettori di Come il calcio sui maccheroni, per citare il piu’ recente dei suoi impegni insieme alla compagnia La Pola. Tra i dipendenti della sanita’ cagliaritana e’ di sicuro il piu’ conosciuto, una notorieta’ che non gli fa dimenticare problemi e appuntamenti della sua categoria. Che in questi giorni vede andare al voto per le Rsu, tutti insieme, infermieri, tecnici, impiegati e - appunto - ausiliari. Medda compreso. Per chi votera’? «Non avrei problemi a dirlo se le urne non fossero gia’ aperte. Diciamo che c'e’ un candidato che mi convince e che votero’ volentieri. Anche perche’ e’ lui che mi concede i cambi di turno, e se non lo voto non mi fa andare in trasmissione a Videolina». Voto di scambio. «Ovviamente scherzo, gli daro’ il voto perche’ lo stimo. Spero che venga eletto, e in genere mi piacerebbe se nelle Rsu entrassero colleghi che lavorano sul campo piu’ che dirigenti sindacali a tempo pieno. Tra l'altro e’ successo anche a me di candidarmi alla Rsu, anche se molto tempo fa». Eletto? «Eletto. E dopo sei mesi mi sono dimesso». Deluso? «Non e’ stata una grande esperienza: bisognava avere pazienza, aspettare che gli eventi maturassero, e poi servivano doti che non avevo. Ho preferito andarmene, ognuno deve fare quello che sa». E il lavoro le piace? «E’ un bel lavoro, un lavoro che ti da’ molto soprattutto sul piano umano, anche se in questi anni l'ho visto cambiare molto. Sono stato assunto nell'83, e all'epoca le degenze duravano venti giorni, anche un mese, e si aveva tempo di fare amicizia col paziente. Ora dopo tre giorni ti mandano a casa, a malapena fai in tempo a presentarti». La sanita’ e’ migliorata? «E’ migliorata, almeno per quanto riguarda i servizi offerti al paziente: oggi in poco tempo ti fanno tutti gli esami e ti dicono anche quando devi morire, quando sono arrivato per fare una risonanza dovevano mandarti a Milano». E per quanto riguarda i dipendenti? «Il problema e’ la carenza di personale. Da quando siamo diventati un'azienda si sta necessariamente attenti ai costi, e questo comporta anche che il personale non sempre puo’ essere sostituito». Prima rivendicazione: aumento degli organici. «Certamente, l'aumento e’ fondamentale per far funzionare meglio qualunque reparto. Il problema e’ che parliamo di un settore in cui ci sono tagli, e questo rende tutto piu’ complesso» Seconda rivendicazione? «Guardi, parliamo di un lavoro in cui deve emergere il lato umano, soprattutto in certi reparti il paziente ha bisogno di essere messo a suo agio, non solo di un'iniezione. Questo pero’ non deve far dimenticare gli i dipendenti della sanita’, sono professionisti, e a cominciare dagli infermieri sono retribuiti poco rispetto a quello che fanno». _____________________________________________________________ Il Messaggero 18 nov. ’04 TAGLI AL PUBBLICO IMPIEGO BLOCCO DELLE ASSUNZIONI in vista anche per polizia e carabinieri di PIETRO PIOVANI ROMA Che anche nel 2005 ci sara’ il blocco delle assunzioni ormai l’hanno capito pure i muri dei ministeri. Ma pochi credevano che il blocco potesse riguardare tutta, ma proprio tutta la pubblica amministrazione italiana. Quindi non solo i ministeri (che ormai ci sono abituati), non solo gli enti di ricerca e le universita’ (che dicono di non poterne piu’). Ma anche le asl, i comuni, le province e le regioni (che in questi anni qualche neoassunto almeno erano riusciti a farlo entrare). Anche la scuola, che finora era stata sempre tenuta fuori dal divieto di assunzione. E anche i militari, i Carabinieri, la Polizia, la Finanza. Cosi’ si puo’ evincere dalle cifre che circolano da diversi giorni fra i politici della maggioranza. Il blocco a quanto pare durera’ ben tre anni. E deve consentire allo Stato di risparmiare 500 milioni di euro nel 2005, un miliardo e mezzo nel 2006 e due miliardi e mezzo nel 2007. Cifre altissime, che calcolatrice alla mano non si raggiungono se non chiudendo le porte dell’intera pubblica amministrazione. La differenza di cifre da un anno all’altro va spiegata. Ogni anno va in pensione il 2% del personale, se non sono sostituiti si risparmia un miliardo l’anno. Ma il primo anno non tutti i dipendenti se ne vanno dall’1 gennaio, quindi i risparmi arrivano un po’ alla volta e alla fine ammontano solo a mezzo miliardo. Poi, nel 2006, si risparmia un miliardo sugli stipendi di tutti quelli che sono andati in pensione l’anno prima piu’ mezzo miliardo su quelli escono nell’anno in corso; stessa storia nel 2007. Queste somme pero’, ripetiamo, non si raggiungono se non estendendo il blocco a tutte le amministrazioni. E questa e’ la strada che viene delineata al Tesoro e nei vertici di maggioranza. Un blocco totale pero’ solleverebbe un enorme problema politico. L’ipotesi di un divieto di assunzione nella scuola sta gia’ scatenando la rivolta di professori e personale non docente. Lo stesso vincolo per le forze armate e di polizia incontrerebbe l’ostilita’ di buona parte della maggioranza, a cominciare da An. La questione persino surreale poi riguarda l’utilizzo che si dovrebbe fare di questi presunti risparmi. Inizialmente si e’ detto che i soldi sarebbero serviti a garantire aumenti piu’ congrui ai dipendenti pubblici (e in effetti il foglietto agitato pochi giorni fa davanti ai giornalisti dal ministro Siniscalco indicava una spesa aggiuntiva di 1,4 milioni di euro per i contatti). Ma si sa anche che l’emendamento alla Finanziaria in preparazione prevede l’uso degli stessi soldi per coprire la riduzione delle tasse dal 2006. Oggi i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil si incontrano per fare il punto sulla Finanziaria e sullo sciopero del 30 novembre. E da oggi (fino a giovedi’) un milione e settecentomila dipendenti pubblici votano per eleggere i loro rappresentanti sindacali nelle Rsu. Una irrituale presa di posizione e’ giunta dal partito di Fassino: «I Ds invitano i lavoratori ad una forte partecipazione al voto e al sostegno di Cgil Cisl e Uil». ================================================================== _____________________________________________________________ Il Sole24Ore 19 nov. ’04 MEDICNA: COSI’ LA RICERCA DIVENTA BUSINESS Hans Wigzell racconta come ha trasformato gli studi di base dei Karolinska in idee d'impresa L'ex rettore, ora presidente della commissione Nobel, spiega come applicare in Italia il modello svedese STOCCOLMA a «Promuovere l'applicazione dei risultati degli studi di base e’ un dovere etico per un istituto di ricerca medica», spiega Hans Wigzell, rettore dal 1995 al 2003 del prestigioso Karolinska Institute, dal 2000 presidente della commissione che assegna i premi Nobel e oggi «primo consigliere scientifico» del Governo svedese. Wigzell, immunologo di formazione, scherzosamente definisce i suoi due mandati da rettore «l'epoca del tiranno», durante la quale ha profondamente riformato la piu’ celebre istituzione svedese facendole accettare una "terza missione" che ha rapidamente contagiato anche le altre Universita’ svedesi. «Oltre a fare ricerca di base e formazione - spiega Wigzell - il ruolo di un istituto come il nostro e’ anche quello di contribuire al trasferimento tecnologico Non solo perche’ la societa’ nella quale viviamo possa beneficiare delle applicazioni della conoscenza che produciamo, ma anche per che’ questo processo ci fornisce piu’ risorse e ci rende meno dipendenti dai finanziamenti pubblici». L'indipendenza della ricerca accademica e’ qualcosa di sacro a Karolinska. Ma oggi un quarto del la forza docente, circa 61 professori, proviene da aziende per garanti re che fin dai primi anni gli studenti familiarizzino con il mondo indu striale e sono 11 le spin-off varate negli ultimi due anni. Il sistema e molto permeabile e non e’ raro incontrare un direttore di laboratorio o un amministratore che proviene dalle grandi case farmaceutiche scandinave come o viceversa. Immunologo di formazione, Wigzell e’ tutt'altro che un teorico dei processi di trasferimento tecnologico e vi partecipa direttamente. Qualche anno fa ha contribuito a fondare Actar, una compagnia per lo sviluppo di farmaci, e oggi e’ vicedirettore del Fondo di investimento del Karolinska che contribuisce a finanziare le iniziative di spin-off dell'Universita’. Per lo scienziato svedese la scienza ha dimostrato di poter avere un impatto enorme nel migliorare la qualita’ della vita. «Nei tumori per esempio - osserva Wigzell -, in 30 anni dal 1964 al 1994 le percentuali di sopravvivenza sono passate dal 4% all'89%lo per la leucemia acuta dei linfonodi, dal 65 all'84% per il tumore al seno, dal 45 al 72% per quello alla prostata e dal 49 al 95% per quello ai testicoli. Ma le sfide sono tutt'altro che vinte perche’ per altri tipi di tumore, come quello al polmone, la sopravvivenza e’ passata dall'8 ad appena 10% e per le donne e’ addirittura diminuito dall' 11 al 10 percento. Le malattie cardiovascolari poi continuano ad avere un costo sociale altissimo». L'oncologia e’ uno dei campi d'attivita’ per i quali il Karolinska e’ celebre nel mondo, ma l'istituto svedese e’ oggi un faro nella ricerca sulle cellule staminali. AL contrario degli Stati Uniti e di molti altri Paesi europei la Svezia ha una legislazione che permette la ricerca su tutti i tipi di cellule staminali, adulte e fetali, cosi’ come quelle embrionali prodotte nel corso delle gravidanze medicalmente assistite. Proprio in questi mesi si sta inoltre preparando ad autorizzare, in quadri di ricerca molto precisi e sorvegliati da comitati etici, la clonazione terapeutica per scopi di ricerca. «Questo settore e’ una grande promessa per la medicina - spiega il catalano Ernest Arenas, trasferito al Karolinska nel 1991 e oggi direttore di un vasto progetto per la terapia del Parkinson che ha ottenuto 4,9 milioni di curo dalla fondazione Michael J. Fox -, una via e’ per esempio l'impianto di nuove cellule in grado di differenziarsi in neuroni produttori di dopamina, proprio quelli che la malattia distrugge, ma resta ancora molto da scoprire sulla biologia di queste cellule prima di poter intervenire sui pazienti». Se sull'utilizzo delle staminali in campo neurologico i ricercatori sono cauti, in altri sono gia’ avviate le sperimentazioni cliniche. Un nuovo progetto coordinato dal dipartimento di ematologia del Karolinska sta studiando l'impiego di staminali adulte provenienti dal midollo osseo e dal fegato del feto per vari impieghi, come la rigenerazione del tessuto osseo nei pazienti colpiti da leucemia o per riprodurre il muscolo cardiaco in seguito a un infarto. Wigzell e’ anche un buon conoscitore dell'organizzazione della ricerca negli altri Paesi europei: «L'Italia e’ un panorama molto eccitante perche’ dispone sia di buona ricerca scientifica che di una struttura delocalizzata dei centri sul territorio che puo’ favorire la nascita di cluster basati sull'innovazione industriale. In questo senso e’ uno dei Paesi piu’ moderni mentre la Francia che ha anch'essa ottimi ricercatori e’ molto centralizzata e rigida. Se si guarda al numero delle pubblicazioni - continua Wigzell - gli istituti americani sono solitamente in testa. Perche’ sono piu’ grandi e hanno piu’ ricercatori e piu’ fondi. Ma se si guarda ai singoli centri si scopre che c'e’ un ottimo rendimento della ricerca in Europa. Tutto sta nel riuscire a coordinarla». L'eccellenza svedese nel trasformare la ricerca in business e’ percio’ un traguardo raggiungibile anche per l'Italia? «Certamente, ma solo se si adatta la struttura della ricerca - conclude l'ex-rettore -, perche’ c'e’ bisogno di una larga base di ricercatori, ma soprattutto di un'e’lite di cervelli in grado di percorrere strade nuove. Ne bastano meno di 50, ma bisogna garantire loro i mezzi per lavorare e incoraggiarli a restare nel proprio Paese». GUIDO ROMEO _______________________________________________________________ MF 16 nov. ’04 I SUPER OSPEDALI. TUTTA LA TECNOLOGIA IN CAMERA OPERATORIA Medicina Siemens, Philips, Generai electric ed Esaote sempre piu’ presenti nelle nuove strutture sanitarie di Annika Abbateianni Sempre piu’ sofisticate e l'avanguardia, le apparecchiature mediche prodotte da colossi quali Siemens; Philips, Ge, Esaote, si propongono di rivoluzionare le tecniche diagnostiche. Accanto ai vantaggi per i pazienti in termini precisione, velocita’ e minore invasivita’, sfruttando l'incremento della rapidita’ delle analisi gli ospedali possono inoltre ammortizzare i costi dei macchinari eseguendo un maggior numero di esami. E ad agevolare le strutture pubbliche pensa il project financing, del quale la Sanita’ sta ultimamente facendo il pieno. Basti pensare che la formula di finanziamento di derivazione anglosassone ha avuto campo sanitario, nel 2004, un importo medio di piu’ di 30 milioni di euro, oltre a quattro gare sopra 100 milioni Fra le multinazionali attive nel campo della produzione di apparecchiature medicali, Siemens ha realizzato nuovi macchinari di eccellenza in ambito mondiale. Fra questi, il piu’ rivoluzionarlo e’ la Somatom Sensation 64 strati, che sara’ installata per 1a prima volta in Italia, a inizio dicembre, presso Policlinico Umberto 1 di Roma. L’aspetto rivoluzionario dell'apparecchiatura e’ conferito dalla velocita’ di rotazione di 0,37 secondi Inoltre, essendo caratterizzata da un gran numero di strati (ovvero le sottilissime sezioni del corpo ottenute con i raggi X, poi ricomposte dai computer per avere un'immagine finale di tipo tridimensionale) ben 64, consente una maggiore precisione dell'immagine e, di conseguenza, anche della diagnosi. La nuova tecnologia di rilevazione permette di visualizzare le immagini del corpo e del cuore con una precisione senza precedenti, spingendosi fino a una risoluzione di 0,4 mm. I vantaggi per il paziente sono evidenti: la rapidita’ della macchina, che impiega dai 12 ai 14 a secondi per la scansione di tutto il corpo invece dei 25- 30 delle macchine a 16 strati, permette infatti una riduzione dei 60% della dose di radiazioni alle quali viene esposto l'individuo, consentendo al tempo stesso diagnosi piu’ precise e affidabili Somatom Sensalion 64 e’ l'unica Tac a 64 strati al mondo, installata in soli 50 esemplari. Ma Siemens ha all'attivo una vera e propria sala operatoria del futuro. Inaugurata lo scorso giugno presso la Neurochirurgia dell'ospedale Sant'Andrea di Roma, e’ infatti la prima sala operatoria europea, nonche’ la seconda al mondo, a completamente integrata. Denominata BrainSuite, questa futuristica a camera operatoria, frutto della collaborazione fra BrainLab e Siemens, viene utilizzata specialmente nella rimozione dei tumori cerebrali, un ambito nel quale la massima precisione riveste un ruolo fondamentale. Per sala operatoria completamente integrata s'intende un ambiente in cui tutti gli strumenti a disposizione del neurochirurgo (neuronavigatore, microscopio e risonanza magnetica intraoperatoria) sono compatibili e possono comunicare fra di loro, integrando le immagini diagnostiche con i dati aggiornati acquisibili durante l'operazione. L’ospedale Sant'Andrea e’ quindi il primo in Europa ad annoverare una tecnologia d'avanguardia di questa portata, finora attiva solo negli Stati Uniti, presso la New York university. Il concetto alla base di BrainSuite consiste nel rendere l'intervento piu’ preciso e sicuro per il paziente. Di fatto, la risonanza magnetica intraoperatoria Magneton Sonata di Siemens, sistema ad alto campo da 1,5 Tesla, permette a neurochirurgo di’ verificare la completa rimozione del tumore nel corso dell'operazione e assicura un maggiore controllo su tutte le fasi dell'intervento chirurgico. Ai numerosi vantaggi dal punto di vista clinico se ne aggiungono altri di carattere economico-amministrativo per la struttura ospedaliera, come la riduzione dei tempi e dei costi della degenza e il miglioramento della qualita’ della cura dei pazienti «La percezione degli utilizzato rispetto a queste straordinarie tecnologie», ha dichiarato il professo Ferrante, primario della divisione di neurochirurgia dell'ospedale Sant’Andrea, «e’ di essere in grado di fornire la migliore cura possibile ai propri pazienti. L'alta qualita’ delle immagini data dalla risonanza magnetica e la completa integrazione con i dati del neuronavigatore ci permettono di intervenire sul tumore con maggiore sicurezza e contribuiscono notevolmente ad accrescere la precisione e i risultati della procedura chirurgica». Grazie all’integrazione in sala operatoria della risonanza magnetica con il sistema di navigazione, neurochirurgo puo’ utilizzare i dati del paziente, aggiornati in tempi reale, per la pianificazione, simulazione e attuazione della procedura chirurgica navigata. Inoltre, grazie a BranSuite e’ possibile visualizzare ogni fase dell'intervento sullo schermo gigante posizionato sulla parete della sala, cosi’ come verificare, dopo la resezione del tumore, e ancora all'interno dell'ambiente sterile della sala operatoria, la precisione e la qualita’ dell'intervento prima di chiudere l’incisione fatta. Anche Ge medical systems ha da poco lanciato sul mercato apparecchiature medicali di notevole interesse. E’ stato infatti da poco presentato il DiscoveryTm St, il sistema Pet/Tac integrato di nuova generazione completamente ottimizzato per la cura del cancro. L’apparecchiatura (gia’ in funzione all'ospedale San Raffaele di Milano al S.Croce di Cuneo, all’Irmet di Torino, al Centro tumori di Milano, all'Ieo di Milano, agli ospedali civili di Brescia, all’Umberto 1 di Mestre, all’Usll 6 di Vicenza, al Cro di Aviano, al S.Orsola di Bologna, al Tor Vergata di Roma, al Federico I di Napoli e all'Sdn di Napoli) dotata di uno scanner Pet (Tomografia a emissione di positroni) e uno scanner Tac (omografia assiale computerizzata) per scansioni a quattro e otto strati Fra i suo valori aggiunti, oltre a consentire attivita’ di imaging in 3d e 2D, presenta un diametro di apertura del vano paziente piu’ ampio (di 70 cm' che permette di eseguire qualsiasi esame su pazienti di ogni corporatura e una minore lunghezza del tunnel d’esame (di 100 cm), che risulta piu’ confortevole soprattutto per i pazienti claustrofobici. «II Discovery St apre nuove frontiere m oncologia in quanto permette non solo una valutazione rapida e precisa della diffusione tumorale nel corpo, ma, interagendo con i sistemi per la radioterapia oncologica, consente anche di operare selettivamente solo le cellule tumorali metabolicamente attive», ha spiegato il professor Ferruccio Fazio, primario del reparto di medicina nucleare dell'ospedale San Raffaele di Milano. Rivoluzionario anche il Senographe Ds prodotto da Ge healthcare. Si tratta del primo sistema mammografico digitale a campo completo progettato per soddisfare tutte le esigenze. cliniche, dallo screening alle procedure diagnostiche e interventistiche, con un'unica apparecchiatura. Senographe Ds permette l’esecuzione di svariate procedure mammografiche con maggiore precisione ed efficienza, comprese le biopsie e gli interventi pre-chirurgici: Ge heaithcare ha anche presentato di’ recente il primo sistema totalmente integrato per l'ecografia cardiovascolare in 4D. E’ Vivid 7 dimension, l'apparecchiatura in grado di incrementare notevolmente l'affidabilita’ delle diagnosi delle patologie cardiache. Essendo il primo sistema totalmente integrato, consente l'esecuzione di indagini diagnostiche multidimensianali, in tempo reale e in 4D. L’apparecchiatura offre anche nuove tecniche di acquisizione, ricostruzione e analisi dei dati ecocardiografici, che permettono la visualizzazione contemporanea di immagini acquisite su piu’ plani anatomici. Al San Raffaele di Milano e’ stato di recente inaugurato un nuovo centro universitario di eccellenza per la risonanza magnetica ad alto campo. C.er.m.a.c. e’ stato istituito e coffinanziato dal ministero dell'universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica. Successivamente si sono uniti ulteriori finanziamenti del ministero della salute, dell’unfversita’ Vita-Salute San Raffaele, della fondazione San Raffaele, di Trenta Ore per la vita, e contributi della Janssen-Cilag spa Per strutture e avvio delle attivita’ sono stati stanziati complessivamente circa 3,3 milioni di euro. Oggi il centro dispone di un nuovissimo apparecchio di risonanza magnetica ad alto campo prodotta da Philips, che e’ dotata di un magnete a 3 Tesla (l'unita’ di misura del campo magnetico, paragonabile a circa 60 mila volte il campo magnetico terrestre): Il macchinarlo e’ installato in un bunker appositamente realizzato in un'area adiacente al reparto di neuroradiologia dell’istituto scientifico universitario San Raffaele ed e’ interamente dedicato all'attivita’ di ricerca. Grazie a esso sara’ possibile rilevare il funzionamento e la struttura del cervello, le connessioni che si verificano con il linguaggio, le emozioni, il pensiero e le modificazioni dovute a patologie come tumori o malattie degenerative. Novita’ anche per Esaote, la societa’ controllata dal gruppo Bracco e leader nel mercato mondiale dell'elettronica biomedicale, che ha presentato di recente un'apparecchiatura di ultima generazione per l'esame a risonanza magnetica della colonna vertebrale sotto carico fisiologico. Il nuovo apparecchio, denominato G- Scan, si propone come innovazione dell'immaging a risonanza magnetica (Rm} per la particolarita’ tecnologica di permettere la rotazione solidale di magnete, letto e paziente, al fine di portare quest'ultimo dalla posizione orizzontale a quella verticale . Con questa apparecchiatura lo specialista radiologo puo’ quindi effettuare l'esame per soddisfare l'esigenza clinica di una migliore correlazione tra dolore, situazione in cui lo stessa si manifesta e posizione del paziente. Di fatto, in posizione verticale, per via del carico naturale - che si viene a creare, si riproducono i rapporti tra le diverse e complesse strutture che compongono la colonna vertebrale, anche in stato patologico. Il tamografo G-Scan permette lo studio anche di tutti gli altri distretti articolari: mano/polso, gomito, spalla, piede/caviglia, ginocchio e anca, sia in posizione supina sia sotto carico fisiologico. _______________________________________________________________ La Repubblica 15 nov. ’04 DAL "MEDIA LAB" DEL SAN RAFFAELE I SOFTWARE INNOVATIVI Prodotti d'avanguardia che utilizzano reti neurali e intelligenza artificiale e integrano il lavoro dei medici RENATA FONTANELLI I ricercatori del San Raffaele hanno messo a punto un software per l'interpretazione dell'elettroforesi capillare, un esame utile allo studio delle proteine e molto importante nella diagnosi di alcune patologie del sistema immunitario. Il nuovo software, chiamato FuzzyLab, consente di ottenere risultati qualitativamente migliori e di abbattere dell'80% i tempi di refertazione dell'esame, a vantaggio sia del medico che del paziente. FuzzyLab e’ un software di tipo neuro -fuzzy, si basa cioe’ su una combinazione di reti neurali e logica fuzzy. Le reti neurali sono una sorta di cervello artificiale in grado di migliorare continuamente la propria capacita’ di apprendimento. La logica fuzzy rende i processi di calcolo del computer piu’ "flessibili". Si tratta di una logica applicata gia’ da qualche anno a molti prodotti di largo consumo che permette ad esempio alle lavatrici di ultima generazione di dosare acqua e detersivo in base al livello di sporco dei bucato. Fuzzylab svolge rapidamente e in modo del tutto automatizzato e standardizzato il lavoro di interpretazione dell'elettroforesi capillare tino ad oggi eseguito manualmente e soggetto all'interpretazione del medico. «In un laboratorio di grandi dimensioni - spiega Stefania Del Rosso, responsabile del laboratorio di Proteine di laborario Diagnosiica e Ricerca San Raffaele - si effettuano ogni giorno in media 350 elettroforesi, la cui lettura richiede ad un medico esperto almeno due ore di lavoro. Per svolgere lo stesso compito il software impiega solo 20 minuti. In questo modo il medico puo’ distinguere velocemente tra esiti normali e patologici e dedicare quindi il tempo risparmiato all'analisi degli esami piu’ critici e piu’ difficili da interpretare». L'elettroforesi capillare analizza le proteine del siero e, oltre a fornire indicazioni su stati infiammatori e possibili sofferenze epatiche, rivela la presenza di una componente monoclinale (un insieme di anticorpi tutti uguali tra loro) prodotto da certe alterazioni del sistema immunitario. Le componenti monoclonali sono correlate a patologie linfo proliferative maligne come il mieloma multiplo, la leucemia linfatica cronica e i linfomi. L'elettroforesi puo’ inoltre essere importante per sottoporsi a una Tac: in questo caso, la presenza di una componente monoclonale puo’ interferire con i mezzi di contrasto utilizzati per l'esame scatenando una pericolosa reazione anafilattica. Per imparare a leggere le analisi, FuzryLab e’ stato sottoposto a un vero addestramento in tre fasi. Nella fase iniziale il software "allievo" e’ stato istruito a riconoscere la forma delle curve elettroforetiche normali con un algoritmo matematico, sulla base dei dati forniti dal medico addestratore. Nella seconda fase sono state messe a punto e inserite nel computer le formule matematiche per l'identificazione delle curve patologiche. Nella terza fase, di validazione del sistema, l'interpretazione manuale e quella di FuzzyLab sono state messe a confronto per valutarne il margine di errore, risultato inferiore al 2%. IL sistema e’ molto flessibile e in grado di incrementare il proprio aggiornamento con l'esperienza, via via che i medici addetti utilizzano il programma e inseriscono nuovi dati, cosi’ com'e’ nella logica delle reti neurali. «I vantaggi di questo approccio sono molti per medici e pazienti», dice Michelangelo Murone, vice-direttore di Labora «Il primo e’ la riduzione dei tempi di refertazione, che permette all'analista di avere piu’ tempo a disposizione per esaminare i tracciati patologici. Altrettanto importante e’ il miglioramento della qualita’ interpretativa, che si traduce in una refertazione piu’ sicura, perche’ le curve patologiche vengono analizzate sia dal software che dal medico, e poi piu’ oggettiva e standardizzata, perche’ Fuzzylab riduce la probabilita’ di errori e il rischio di differenze interpretative» IL programma FuzzyLab, sviluppato da Lorenzo Schiavina, professore di matematica alla Cattolica di Brescia, e’ un sistema esperto di tipo neuro-fuzzy, cioe’ un'applicazione che appartiene all'area dell'intelligenza artificiale, basata su una fusione di reti neurali e logica fuzzy. Le reti neurali sono strumenti di calcolo che riproducono la struttura di base e i processi di apprendimento del cervello, in modo tale da poter essere addestrate con particolari algoritmi a fornire le stesse risposte che darebbe un esperto umano a specifiche richieste. La logica fuzzy e’ un'estensione della tradizionale logica binaria (del "si o no", del "vero o falso") su cui sono basati i normali programmi per computer ed e’ stata introdotta per superare questo schematismo. Fuzzy in inglese significa vago, indefinito, sfumato, e la logica fuzzy permette ai computer di non classificare i dati che deve elaborare solo come "tutto bianco" o "tutto nero", ma anche di considerare le innumerevoli vie di mezzo comprese tra i due estremi, pur mantenendo il rigore matematico tipico del calcolatore. E’ dunque particolarmente adatta a rappresentare la conoscenza di un esperto umano della realta’, che e’ variegata, multiforme e sfaccettata. Il Laboraf Diagnostica e Ricerca San Raffaele, e’ nato nel 2002 da un'esperienza di oltre 30 anni nel campo della diagnostica e della ricerca di laboratorio all'interno dell'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele. Dal 1970 ad oggi i settori di analisi si sono diversificati e specializzati fino a comprendere oltre 25 laboratori specialistici, tutti dotati di strumentazione all'avanguardia e in grado di avvalersi delle tecniche di indagine diagnostica piu’ moderne. Esegue piu’ di 6 milioni di analisi di laboratorio all'anno, 700 tipi diversi di test, 50 metodiche nuove ogni anno. Conta oltre 2.000 utenti al giorno e 300 clienti in service. _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 14 nov. ’04 AUTISMO, UNA BATTAGLIA LUNGA UN ANNO AL BROTZU Brotzu. Sempre piu’ efficace l'azione di recupero dei bambini, insegnanti in prima linea Scienziati Usa e famiglie sarde: ecco gli alleati del Centro Un anno di attivita’, due aziende sanitarie alle spalle (la numero 8 e il Brotzu), quattro professionisti in servizio. In tre numeri e’ il Centro regionale per l'autismo, che si avvia al primo compleanno con un'agenda fitta di impegni e ottimi propositi per i prossimi dodici mesi. Il primo piu’ che altro e’ un augurio: il potenziamento della struttura. Come spiega il dottor Giuseppe Doneddu, che dirige la struttura ospitata dal reparto di Pediatria di via Peretti, non mancherebbero certo i pazienti da aiutare ne’ i medici con i quali collaborare nella lotta a una malattia neurologica sempre piu’ diffusa, o probabilmente sempre piu’ avvertita e sempre meglio e piu’ rapidamente diagnosticata. «Le statistiche dicono che ci sono 62 bimbi autistici su 10 mila: un numero decisamente alto, visto che viene considerata "rara" una patologia che colpisce un individuo su 20 mila», dice Doneddu, che tra un corso di formazione per insegnanti e una full immersion per pediatri coordina il lavoro con i pazienti e i loro familiari di due terapisti comportamentali e un terapista linguistico. Il lavoro non manca, quindi, soprattutto perche’ in questo campo la rapidita’ della diagnosi e’ fondamentale perche’ la terapia abbia buoni effetti, «vale a dire consentire al bambino di inserirsi e integrarsi nel miglior modo possibile nel mondo circostante». La guarigione per il momento non e’ ancora un obiettivo a portata di mano, almeno fino a quando le ricerche lanciate in grande stile dalle universita’ statunitensi non daranno frutti decisivi. Il miglioramento netto della qualita’ della vita dei pazienti - e delle loro famiglie - invece si’. Innanzitutto attraverso le terapie, che al Brotzu si sviluppano nelle tre camere attrezzate dove il terapista stimola i piccoli pazienti - ce n'e’ di 21 mesi - e stabilisce un rapporto con loro, mentre i genitori osservano attraverso i monitor in modo da capire e apprendere l'alfabeto di gesti, comportamenti e simboli che consente di entrare in contatto con i loro piccoli, sconcertanti tanto nei silenzi e nell'autoisolamento quanto nelle loro manifestazioni di intelligenza vivissima, penetrante. Durante la sua formazione scientifica a Miami, ancora oggi centro di eccellenza nello studio dell'autismo, Doneddu venne a conoscenza del caso di un avvocato del lavoro eccellente, cento per cento di cause vinte, l'idolo dei sindacati, che pero’ non riusciva ad avere una vita di relazione equilibrata per via dei suoi modi spicci, bruschi fino alla maleducazione. «Non era maschilismo brutale, ma autismo. Era un caso di sindrome di Asperger, la forma piu’ lieve e piu’ diffusa», che consente di recuperare buoni margini di vita sociale e di relazione. Ovviamente prima di agisce, piu’ si recupera: «Da questo punto di vista c'e’ di che essere abbastanza soddisfatti: l'autismo e’ una patologia "democratica", nel senso che colpisce indifferentemente in qualunque ceto sociale e in qualunque comunita’ con la stessa incidenza, ma devo dire che in Sardegna le famiglie e gli insegnanti sono sempre piu’ sensibili, sempre piu’ avvertiti, cosi’ come i pediatri». E infatti sono sempre piu’ numerosi i casi che vengono segnalati al Centro dalle Asl isolane e non solo, visto che la struttura sta diventando un punto di riferimento anche per molte altre regioni italiane. Se come regalo di compleanno avesse uomini e risorse in piu’, non sarebbero solo le famiglie sarde ad esserne felici. AUTISMO: I NUMERI DEL DISAGIO Ecco alcune delle cifre piu’ significative sull'autismo in Sardegna. 110 Sono i pazienti assistiti dal Centro regionale per l'autismo istituito dall'Asl 8 e del Brotzu; 30 arrivano dalle altre province sarde. 3 Sono le ore di terapia quotidiana a cui viene sottoposto un paziente quando frequenta il centro, prima di essere affidato al pediatra che nel frattempo e’ stato formato dagli specialisti della struttura. 6 Sono i pazienti che possono essere assistiti dal centro, che si avvale del lavoro di quattro professionisti. 62 Sono i bambini autistici ogni 10 mila. Per essere definita rara, una patologia deve affliggere un individuo su 20 mila, l'autismo colpisce un bambino su 161. La sindrome di Down, per avere un termine di raffronto, si manifesta in un bambino su 700. _____________________________________________________________ Le Scienze 19 nov. ’04 INFIAMMAZIONE CEREBRALE E AUTISMO Sarebbero coinvolte irregolarita’ del sistema immunitario nel cervello Secondo uno studio pubblicato online sulla rivista "Annals of Neurology", l'infiammazione cerebrale e’ un'evidente caratteristica dell'autismo. I ricercatori hanno trovano infatti forti prove a sostegno dell'ipotesi che, negli individui autistici, alcune componenti del sistema immunitario che favoriscono l'infiammazione vengano costantemente attivate. "Questi risultati - afferma Carlos A. Pardo-Villamizar della Johns Hopkins University di Baltimora - rafforzano la teoria secondo cui l'attivazione immunitaria nel cervello sarebbe coinvolta nell'autismo, anche se non e’ chiaro se cio’ sia distruttivo o benefico, o entrambe le cose, per il cervello in via di sviluppo". L'autismo e’ un disturbo che fa la sua comparsa nella prima infanzia. Si stima che colpisca da 2 a 5 bambini ogni 1000, con un rischio quattro volte maggiore per i maschi rispetto alle femmine. I bambini autistici presentano difficolta’ nelle interazioni sociali e nella comunicazione e possono manifestare un comportamento ripetitivo e un forte attaccamento verso determinati oggetti o routine. L'autismo ha una forte componente genetica e, a volte, puo’ essere prevalente in alcune famiglie. Tuttavia, per un disturbo genetico, il numero di casi sembra essere maggiore del previsto, e questo suggerisce che le anomalie genetiche richiedano l'influenza di altri fattori per causare il disturbo. Secondo lo studio di Pardo-Villamizar e colleghi, questi fattori potrebbero essere costituiti da irregolarita’ del sistema immunitario nell'ambito del sistema nervoso. Diana L. Vargas, Caterina Nascimbene, Chitra Krishnan, Andrew W. Zimmerman, Carlos A. Pardo, "Neuroglial Activation and Neuroinflammation in the Brain of Patients with Autism". Annals of Neurology; pubblicato online: 15 novembre 2004 (DOI: 10.1002/ana.20315). _____________________________________________________________ L’Unione Sarda 18 nov. ’04 SPECIALISTI A CONVEGNO SULL'EMERGENZA OBESITA’ Appuntamento scientifico nazionale E’ allarme obesita’ dopo la ricerca della Sio che stima in 4 milioni gli italiani sovrappeso in modo allarmante. Questa vera e propria patologia - col suo carico di malanni e problemi strettamente collegati, dalle cardiopatie al diabete, dai problemi respiratori ai disturbi del comportamento - sara’ al centro di un convegno organizzato a Cagliari dalla sezione sarda della Sio (societa’ italiana dell'obesita’) per il 27 novembre. All'appuntamento partecipera’ una folta rappresentativa dell'Universita’ del capoluogo, insieme ai due noti specialisti Ottavio Bosello e Michele Carruba. «Il dato piu’ allarmante - come spiega il presidente della Sio Sardegna Guido Almerighi, organizzatore del congresso e responsabile della struttura obesita’ del servizio di endocrinologia della Asl 8 - e’ l'impennata dell'obesita’ specie tra i giovani. E nonostante i pazienti si pongano il problema di curare l'obesita’ e conseguentemente la qualita’ della vita di relazione, la patologia si associa con il passare del tempo al diabete, alle malattie cardio vascolari e respiratorie, all'ipercolesterolemia e ad alcune neoplasie». L'ultimo aggiornato studio sulle dimensioni dell'obesita’ e’ firmato dall'Istituto auxologico italiano: il III Rapporto sull'obesita’ in Italia e’ del 2001. Dunque, visto il trend in ascesa conclamato su scala internazionale, numeri approssimati per difetto. Anzi, la ricerca evidenzia la lievitazione dei pazienti affetti da Grande obesita’. La patologia, ancora poco conosciuta, e considerata in rapporto alla gravita’, e’ stata inserita nel '95 nell'International classification of disease. I numeri dell'Istituto auxologico confermano quanto appurato dall'Istat. L'istituto di statistica evidenzia un 53, 8 per cento di italiani normo peso. Ma a fronte di un 3 per cento sotto peso, si scopre che un terzo degli adulti, pari al 33,4 per cento della popolazione, e’ soprappeso. E il 9,1 e’ obeso, percentuale che comprende anche l'un per cento di soggetti definibili Grandi obesi. L'obesita’ interessa nella stessa misura uomini e donne, e per quanto riguarda la distribuzione geografica il Sud la fa da padrone. Se nel settentrione la media e’ intorno al 7 per cento, al meridione si sale all'11. Gli specialisti spiegano queste cifre con la correlazione tra obesita’ e condizioni socioeconomiche meno favorevoli. _________________________________________________ Libero 14-11-2004 REALIZZATO IL PACEMAKER PER LA VESCICA L'apparecchio si impianta nell'apparato urinario Risolve in modo rapido ed efficace il problema dell'incontinenza ATLANTA- [l.s.] In futuro coloro che soffrono di incontinenza urinaria potranno risolvere questo problema in modo rapido ed efficace, grazie a un nuovo tipo di `pacemaker" per la vescica sperimentato di recente negli Usa. Attualmente per la cura dell'incontinenza grave l'unica soluzione possibile e’ quella della ricostruzione chirurgica dei tessuti coinvolti, una procedura che puo’ sfociare nello sviluppo di ulteriori problemi. Per fornire una valida alternativa (possibilmente meno intrusiva) al bisturi una ditta Usa, la Medtronic, ha sviluppato il suddetto dispositivo, affidandone la sperimentazione a un team della Emory University (guidato da Niall Galloway). Uno dei motivi principali per cui si sviluppa l'incontinenza urinaria grave e’ dato dal fatto che i nervi preposti al controllo dei muscoli presenti sul pavimento pelvico si "accendono" troppo frequentemente, alterando cosi’ anche il funzionamento dell'intestino e per l'appunto della vescica. II dispositivo della Medtronic (che deve essere impiantato in prossimita’ dell'apparato urinario) funziona appunto normalizzando il tasso di "accensione" dei suddetti nervi e di conseguenza bloccando il rilascio anomalo dell'urina. Lo strumento ha le dimensioni di un cronometro e possiede un'autonomia piuttosto elevata (le batterie del neurostimolatore contenuto in esso possono durare infatti fino a quindici anni, ed evitano quindi ai pazienti che lo ricevono di doversi sottoporre a interventi sostitutivi troppo frequenti). Il team di Galloway ha iniziato a effettuare i primi impianti sperimentali a partire dal 2001, e fino ad ora ha trattato circa cento pazienti, ottenendo in un gran numero di casi l'eliminazione completa degli episodi di incontinenza. _______________________________________________________________ La Repubblica 16 nov. ’04 COSI’ SI SCONFIGGE LA SCLEROSI NUOVA SPERANZA DALLE STAMINALI Torino, eccezionali risultati su 4 malati di sclerosi laterale amiotrofica. Cellule de1 midollo osseo innestate in quello spinale hanno di fatto bloccato il male ALBERTO CUSTODERO TORINO - «I muscoli delle gambe sono cresciuti, sono piu’ tonici e forti. Non sono certo guarita, ne’ ho ripreso a camminare. Ma sono migliorata: stabilizzare una malattia come la sclerosi laterale amiotrofica e’ gia’ un successo». La Sla ha colpito Claudia nel pieno della sua gioventu’: 7 anni fa, quando aveva appena vent'anni. Ne120021a donna, insieme a altre sei persone nelle sue stesse condizioni (fra cui il presidente dei radicali Luca Coscioni), e’ stata sottoposta a Torino a una sperimentazione di frontiera unica al mondo allora autorizzata solo dal comitato etico regionale e oggi avallata anche dall'Istituto superiore di sanita’. Si tratta dell'innesto di cellule staminali nel midollo spinale dopo essere state prelevate dal midollo osseo e moltiplicate ed espanse in laboratorio. A 24 mesi da quella coraggiosa ricerca che ha inevitabilmente scatenato un vespaio di polemiche, so no ora noti i primi risultati che saranno annunciati nelle prossime settimane su Lancet. "Repubblica" e’ in grado di anticiparli. In quattro di quei 7 pazienti (fra questi Claudia e Coscioni), la malattia ha rallentato la sua progressione mortale. La Sla e il suo meccanismo di degenerazione dei moto-neuroni del cervello e del midollo spinale si sono bloccati. E’ ancora troppo presto per parlare di guarigione, i numeri, del resto, sono troppo esigui perche’ siano statisticamente significativi. Ma i tre medici piemontesi autori della sperimentazione, la neurologa Letizia Mazzini (dell'Universita’ di Novara), l’onco-ematologa Franca Fagioli del Regina Margherita e il neurochirurgo delle Molinette Riccardo Boccaletti, non hanno potuto tacere la verita’. E cioe’ che «e’ stato notato un significativo rallentamento del declino lineare delle capacita’ vitali di 4 dei 7 pazienti 24 mesi dopo il trapianto delle cellule staminali mesenchimali». Va detto che, parallelamente alla sperimentazione su sette persone, ne e’ stata condotta una analoga su un animale dal neuro-anatomo-patologo Alessandro Vercelli. Un topolino malato di Sla ha subito lo stesso trapianto di staminali e i risultati sono stati simili: anche sulla cavia sono stati registrati miglioramenti. L'impiego di queste cellule e’ talmente agli albori che nessuno puo’ dire, oggi, per quali misteriosi meccanismi la malattia degenerativa abbia subito una battuta d'arresto su quei 4 malati. AL momento sono possibili solo ipotesi. Eccone alcune: le cellule innestate potrebbero produrre fattori di crescita nervosi che sostengono le cellule malate e ne rallentano la degenerazione. Oppure l'effetto positivo potrebbe essere dovuto al cambiamento del micro- ambiente cellulare diventato piu’ ricco di neuro-trasmettitori. Tutte teorie da verificare. Quel che i ricercatori piemontesi sono in grado di affermare con certezza e’ che «le cellule mesenchimali sono sicure ed efficaci sui pazienti», per cui la sperimentazione puo’ proseguire su un numero sempre maggiore di malati. «Su un campione al momento limitato - ha precisato Enrico Garaci, presidente dell'Istituto superiore di sanita’ - E mantenendo la massima cautela». _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 17 nov. ’04 QUANDO LA PIZZA FA BENE AL CUORE La notizia sembra troppo bella per essere vera: la pizza fa bene al cuore. Non solo o non tanto perche’ la eleva grazie al sua gusto inconfondibile quanto, piuttosto, perche’ sembra proteggerlo dalle malattie cardiovascolari, soprattutto se consumata spesso e con una certa regolarita’ 'La sorprendente associazione e’ stata messa in rilievo dai ricercatori dell'Istituto Maria Negri di Milano coordinati da Silvano Gailus, che hanno effettuato un'indagine su circa 500 persone di eta’ compresa tra i 25 e i 79 anni reduci dal loro primo infarto e un numero analogo, di soggetti senza disturbi cardiovascolari. Secondo, quanto riportato sulla Rivista European Journal of Clinical Nutritian, che ha ospitato il lavoro, come atteso coloro che avevano avuto un infarto fumavano di piu’, erano piu’ facilmente in sovrappeso, tendevano alla pigrizia e mangiavano peggio. Ma quando hanno approfondito l'analisi delle abitudini alimentari del campione, gli epidemiologi milanesi si sono accorti che le persone che non avevano avuto infarti erano anche grandi appassionati della pizza. Nello specifico, consumare un pasto a base di pizza almeno due volte alla settimana significava avere un rischio pari a circa il 50% di duello registrato tra chi non ne mangiava mai o poteva essere definito consumatore occasionale; in una situazione intermedia si ponevano coloro che mangiavano almeno una pizza alla settimana. Grande la cautela espressa dagli autori, che sottolineano l'esiguita’ dello studio e l'impossibilita’ di fornire una spiegazione dettagliata, e’ che commentano: «Non c'e’ alcuna prova del fatto che la pizza di per se’ faccia bene alla salute, anche se e’ probabile che chi e’ abituato a consumare di piu’ sia anche piu’ propenso a seguire la dieta mediterranea, i cui benefici sono noti da tempo», scrive Gallus nell'articolo, che e’ stato anche ripreso dal New Scientist e dal British Medical Journal. Per questo il consiglio non e’ «mangiate pizza e sarete protetti» ma semplicemente: «non abbandonate la dieta mediterranea e prediligete la varieta’ degli alimenti». Lo studio puo’ essere dunque letto anche come l’ennesima promozione per la dieta mediterranea. Promozione che segue di qualche giorno quella apparsa su un'altra rivista scientifica, Jama, che ha ospitato ben due ricerche dalle quali emergono nuove convincenti prove dei benefici di un'alimentazione basata sui vegetali, sui grassi insaturi, sulle carni bianche, sul pesce, sulle fibre e su un moderato consumo di vino rosso. Oltre a cio’ Giancarlo Logrocino, associato di epidemiologia alla Harvard Schol of Public Health di Boston a Erice ha ricordato che: «La dieta mediterranea puo’ aiutare a prevenire patologie neurodegenerative come Alzheimer e Ptukinson, perche’ uno stato di buona salute di vene e arterie cerebrali si traduce in un buon funzionamento dei tessuti cerebrali e in un potenziamento della capacita’ di resistere agli insulti: Al momento - ha aggiunto - sono in atto diversi studi sull'argomento, a riprova dell'importanza crescente della prevenzione anche nelle malattia neurodegenrative. Del resto anche il vino rosso, appena uscito vincitore dall'ultima tenzone nella quale si sono affronta sostenitori e allarmisti. Tra i primi Rodolfo Paoletti, presidente della Nutrition Foundatiotin of Italy che intervenendo sull'argomento ha ricordato che «e’ ormai stato dimostrato da decine di studi che il rischio infarto e di ictus ischemici diminuisce del 30-50% nei consumatori moderati di alcol, cioe’ in quelli che bevono tre bicchieri al giorno se uomini e due se donne». Per chi invece alla pizza e al vino rosso ha rinunciato per cercare di perdere qualche chilo e ciononostante non riesce dimagrire potrebbe essere giunto il momento di guardare in un'altra direzione: quella del proprio intestino e degli ospiti che vi risiedono, La composizione della flora batterica intestinale, infatti, stando a quanto riportato in una ricerca pubblicata su Pnas, potrebbe avere un ruolo assai piu’ importante del previsto nell'assimilazione, dei cibi e, di conseguenza, nel bilancio tra alimenti ingeriti e calorie accumulale. A questa conclusione sono giunti alcuni ricercatori Usa che hanno introdotto la normale flora batterica in alcuni topi genericamente modificati e cresciuti in un ambiente del tutto sterile: l'aggiunta della flora residente nell'intestino ha fatto aumentare del 60% il peso dei topi sterili in sole due settimane. E questo anche se gli animali trattati mostravano meno del solito e, per contro, avevano un metabolismo piu’ attivo. La conclusione e’ stata che la flora batterica favorisce l'accumulo di grasso stimolando la ,sintesi di trigliceridi nel fegato e il successivo accumulo nelle cellule adipose. Secondo gli autori la corriposizione della comunita’ batterica intestinale potrebbe dunque avere una grande influenza sulla predisposizione all’obesita’ e al sovrappeso. AGNESE CODIGNOLA _______________________________________________________________ Il Giornale 20 nov. ’04 IL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO RISOLVE LE MALATTIE LEUCEMICHE IN 7 CASI SU 10 UNA RICERCA DEGLI EMATOLOGI DI BOLOGNA ` FILIPPO DI LUCREZIA All'ospedale S. Orsola di Bologna ricerca e cura procedono di pari passo. Nell'istituto di ematologia ed oncologia medica diretto dal prof. Michele Baccarani i trapianti di midollo osseo effettuati in questi mesi del 2004 sono stati 65 con una percentuale di guarigione del `70%» afferma il dr. Giovanni Martinelli responsabile del gruppo di ricerca sulle leucemie acute e mieiodisplasie. Un' altra attivita’ di rilievo condotta dall'istituto e’ la sperimentazione di nuovi medicinali come quella in corso sulla 5 Aza citidina un farmaco ideato per combattere la mieloplasia. Di recente, poi, al fine di sensibilizzare il personale medico e paramedico sullo scottante tema delle infezioni ospedaliere si e’ tenuto un convegno dal tema «Infezioni in ematologia». Non e’ mai troppo parlarne se si pensa che ogni anno ben 400 mila ricoverati, e 9 mila sono decessi, contraggono infezioni nei nostri ospedali. Ma forniamo alla sperimentazione della 5 Aza citidinache oltre: al S.Orsola viene condotta in altri 9 centri nazionali. L'intero ciclo si sviluppa in almeno sei mesi e si articola per un minimo di sette applicazioni ogni 28 giorni che consistono in semplici iniezioni praticate nella parte superiore del braccio o sulla coscia ed addome. Controlli settimanali (emogrammi) e cure di sostegno tradizionali (trasfusioni) vengono poi effettuate, se necessario, su ogni paziente. II dr. Carlo Finelli che insieme alla dott.ssa Costanza Bosi coordina la sperimentazione al S. Orsola afferma che i primi risultati positivi dovrebbero essere evidenti in tomo al terzo-quarto mese». La sperimentazione regolata da un rigido protocollo e’ parte di uno studio a livello internazionale che coinvolge Paesi come Gran Bretagna, Francia, Spagna e finanche Australia. Il dr: Mario Giulio Levreiro direttore generale della Pharmion che distribuira’ il suddetto farmaco in Italia precisa che «la 5 Aza ciddina che negli Stai Uniti e’ stata omologata con procedura d'urgenza ha alte capacita’ terapeutiche in quanto riduce drasticamente tra l’altro la schiavitu’ delle trasfusioni migliorando cosi’ in modo sensibile la qualita’ della vita dei mielodisplasici». Dopo la sperimentazione ci sara’ pere> da superare i tempi degli enti europeo (Emea) e nazionale preposti all'omologazione del medicinale che comunque la Pharmion conta di avere entro il 2005. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 17 nov. ’04 NUOVE OPPORTUNITA’ PER GLI IMPIANTI OSSEI In medicina esiste una malattia caratterizzata da fratture che si verificano dopo un trauma anche banale, o addirittura spontanee. Gli specialisti la definiscono malattia delle ossa di cristallo (osteogenesi imperfetta), a indicare la quasi assoluta mancanza di resistenza ossea, come se le ossa fossero "cave". Nel futuro potrebbe pero’ verificarsi una sorta di rivoluzione copernicana cor il vetro che non solo un simbolo di fragilita’ ossea ma piuttosto un ideale sistema di "sostegno" gia’ impiegato per impianti di tessuto osseo, ad esempio nell'area della mandibola. Insomma; al ruolo di elemento passivo del vetro tradizionale nei vetri di nuovo tipo si contrappone il ruolo attivo per cui i vetri vengono oggi classificati per aree da’ funzione nei segmenti offici, elettronici, chimici, biologici e biomedici, come appunto il biovetro. Ci stanno lavorando da tempo, e con buoni risultati, i ricercatori della Stazione Sperimentale del Vetro di Venezia e Marghera. Le diverse applicazioni moderne di questo materiale, insieme alle molteplici attivita’ della struttura, sono state al centro del convegno organizzato ieri per celebrare i cinquant'anni di attivita’ della Stazione, a Palazzo Franchetti a Venezia. «La collaborazione con gli esperti di scienza dei materiali, medici, biologi e veterinari ha consentito la messa a punto di vetri composti da silice, ossido di calcio, ossido di sodio, anidride fosforica e quindi la ricerca sull'interazione di questi biovetri con il tessuto osseo - ha spiegato il ricercatore Sandro Ilreelich -. I biovetri, contrariamente ad altri materiali impiegati nella fabbricazione di protesi per impianti ossei non alterano i meccanismi chimici che regolano la ricostruzione del tessuto osseo». Questa teoria e’ gia’ divenuta pratica sperimentale: si e’ dimostrato che il biovetro si altera progressivamente una volta a contatto con l'interfaccia ossea dando luogo alla formazione di uno strato superficiale di gel di silice. Questa struttura crea quindi un ambiente ideale sia per lo sviluppo di cellule ossee sia per la crescita di cristalli di fosfato di calcio: Nell'ambito di poche settimane dall'impianto si ottiene quindi una sorta di "cocktail" ottimale, con il biotvetro che si fissa al tessuto osseo senza che diventi necessaria l'interposizione di tessuti fibrosi di connessione, come invece si verifica per altri materiali. Ma non basta. «Si tratta di un prodotto sintetico, `e quindi la sua composizione chimica puo’ essere variata rispetto alla composizione di base - fa notare Hreclich -., In particolare il biovetro viene prodotto attraverso un processo di fusione di una miscela vetrificabile costituita da materie prime pure con granulometria inferiore a 70 micron. Poi si effettua la fusione a 1450 gradi per 5~8 ore, e il vetro ottenuto viene frantumato e macinato secondo la granulometria voluta. Infine, come accade con l’idrossiapatite porosa di sintesi, alla polvere di biovetro possono essere aggiunti gel proteici di matrice ossea, per ottenere manufatti preformati con diverso grado di flessibilita’ per l'utilizzo in diversi campi; di applicazione per implantologia dentale, chirurgia maxillofacciale e ortopedia», Nell'ambito del settore biovetri, in Italia e’ attivo un gruppo di studio che in collaborazione con la Stazione Sperimentale del vetro ha predisposto l'elaborazione di composizioni di biovetri e la messa a punto di un protocollo sperimentale di piove in laboratorio e su animale, che hanno consentito di mettere a punto una particolare composizione chimica che genera un vetro oltre che biocompatibile e biodegradabile, filabile. Le applicazioni di questo vetro gia’ oggi vengono impiegate in campo odontoiatrico e ortopedico come rivestimento di protesi metalliche dove il biovetro esercita la funzione osteoconduttiva ed assicura un legame stabile con il tessuto osseo. FEDERICO MERETA ________________________________________________ il Giornale 20 nov. ’04 PSORIASI, COLPITI 2 MILIONI DI ITALIANI A FIRENZE IL CONGRESSO EUROPEI DI DERMATOLOCIA Le malattie della pelle sono in aumento; a aumenta anche il livello d'attenzione parte di coloro che ne soffrono. Questa e’ la prima conclusione del congresso europeo di dermatologia, svoltosi recentemente a Firenze con la partecipazione di oltre_ mille specialisti (presenti anche alcuni dermatologi americani). «Conclusione ovvia» commenta il professor Sergio Chimenti, cattedratico nell'Universita’ di Roma Tor Vergata. «E’ enormemente cresciuto, infatti, il senso estetico della popolazione; e ogni danno cutaneo, danno che non si puo’ nascondere, crea seri problemi». Tra le malattie della pelle, Cimenti mette al primo posto, come frequenza, l'acne (che non e’ soltanto «juvenilis», puo’ essere diagnosticata anche negli adulti) e la psoriasi, le cui chiazze squamose, spesso localizzate nel volto e nel collo, creano anche gravi problemi psicologici. AL congresso di Firenze egli ha presentato una relazione sulle «Nuove strategie terapeutiche nella psoriasi», malattia che studia da piu’ di vent'anni. Quali sono, dunque, queste nuove «strategie»? Chimenti risponde: «Cominciamo col ricordare che la psoriasi colpisce attualmente due milioni di italiani, quasi sempre fra i trenta e i quarant'anni, `ma qualche volta anche nell'eta’ dello sviluppo. Aggiungiamo che la sua sintomatologia e’ preoccupante, perche’ all'inestetismo si aggiungono il prurito (spesso inarrestabile) e in venti casi su cento una complicazione artritica: Tutto questo ;piega perche’ i ricercatori, da decenni, cercano una terapia risolutiva». Da un anno, sostengono i dermatologi, questa soluzione c'e’: non debella la psoriasi ma permette un netto miglioramento di quello che scientificamente viene definito «coinvolgimento cutaneo»: chiazze, eritemi, quindi prurito. «Con Raptiva» spiega il professor Chimenti «abbiamo ottenuto questi risultati in 70 casi su cento. Accanto alle nostre ricerche altre se ne fanno in tutto il mondo. Io stesso sto coordinando uno studio europeo su seicento soggetti di entrambi i sessi (eta’ media 40 anni) trattati con raptiva. Chimenti tiene a sottolineare il ruolo «primario» della dermatologia italiana in questa e in altre sperimentazioni cliniche. «Dai tempi dei grandi maestri, come Ribuffa o come Scarpa» dice «abbiamo fatto enormi progressi. Non c'e’ studio internazionale, che non annoveri uno specialista italiano nel team dei ricercatori». Il congresso di Firenze (presidente il professor Lotti, presidente onorario il professor Giannotti) ha confermato questi primati. Nella sua relazione congressuale, il professore ha elencato i vantaggi del nuovo trattamento terapeutico: notevole compliance del paziente (la terapia puo’ essere anche domiciliare), nessun danno epatico o renale, volonta’ di guarire anche se i tempi sono lunghi: risultati dopo due anni e mezzo. Raptiva, gia’ presente sul mercato americano, arrivera’ in Italia fra cinque o sei mesi. Si sta seguendo una nuova linea di ricerca nel rapporto tra psoriasi e depressione: si cerca di ridurre le gravi complicazioni psichiche. ___________________________________________________ la Repubblica 20-11-2004 "LA SFIDA DEL CORPO TRASPARENTE COSI’ SCONFIGGEREMO IL CANCRO" Computer e medicina: l'ultima frontiera nella cura dei tumori secondo lo scienziato Ehud Shapiro CLAUDIA DI GIORGIO ROMA - Un corpo senza segreti, in cui e’ possibile "vedere" il male, e curarlo. E il "corpo trasparente", la nuova frontiera per la diagnosi e la cura dei tumori, che l’Airc, l'associazione italiana per la ricerca sul cancro, ha scelto come tema scientifico centrale per la conferenza internazionale e gli incontri pubblici organizzati oggi in 47 citta’ italiane allo scopo di far conoscere il lavoro e i progressi della ricerca. Mentre le diagnosi mediante tecniche di "imaging" come la risonanza magnetica o la Tac si fanno sempre piu’ raffinate e diffuse, oggi infatti vedere il corpo da fuori non basta piu’. Oggi il fronte della lotta ai tumori si e’ spostato all'interno, fin dentro le cellule, a caccia dei meccanismi molecolari che determinano e condizionano lo sviluppo dei tumori. Su questo nuovo fronte si ritrova a combattere un esercito un po' diverso da prima, dove a fianco dei medici e dei biologi compaiono specialisti in discipline come la "computer science", apparentemente assai distanti dalla pratica clinica. Con risultati spesso straordinari: e’ il caso di Ehud Shapiro,lo scienziato israeliano che pochi anni fa si occupava di Internet, e che ora ha realizzato il primo prototipo funzionante di computer a Dna capace di "vedere" e «curare" un tumore a livello molecolare. «La mia educazione formale e’ in matematica e teoria dell'informazione. Ho cominciato a studiare biologia da autodidatta, sei o sette anni fa; in realta’, la mia linea di ricerca e’ al confine tra biologia e "computer science". Io e il mio gruppo usiamo gli strumenti e i concetti dell'informatica per affrontare problemi di natura biologica. Fondamentalmente, nei lavori che abbiamo pubblicato, finora, abbiamo utilizzato molecole biologiche per effettuare semplici calcoli». In genere, te ricerche sui computer organici puntano a ottenere macchine piu’ potenti per calcoli sempre piu’ complessi. Come mai ha scelto una strada cosi’ differente? «In realta’, per una serie di casi. Concettualmente, il nostro computer prende le mosse da quello ideato negli anni Trenta dal matematico inglese Alan Turing, una macchina che non fu mai costruita, ma che e’ alla base di tutta la "computer science". Il nostro lavoro e’ ispirato alla "macchina di Turing" in modo molto diretto. Semplificando molto, una macchina di Turing esamina i dati contenuti in un nastro e li elabora in sequenza. E in qualche modo, e’ molto piu’ simile al macchinario biomolecolare, per esempio ai ribosomi (una struttura della cellula, ndr) che non ai moderni computer elettronici». Quindi un concetto poco efficiente per effettuare i calcoli che chiediamo ai computer ma molto per effettuare diagnosi a livello molecolare. «La ragione per cui penso che questo approccio sia giusto e’ che, come abbiamo dimostrato, un computer fatto con molecole biologiche interagisce molto bene, con molta facilita’ con un ambiente biochimico. L'uso di componenti elettroniche inquel tipo di ambiente sarebbe difficile, o addirittura impossibile». In pratica, che cosa avete costruito? «Abbiamo perfezionato il computer piu’ semplice che avevamo costruito ne12001 aggiungendo un modulo di input, fatto di Dna, e uno di output, che e’ un enzima. Attraverso il modulo di input, il computer e’ in grado di individuare i sintomi molecolari della malattia, poi elabora le informazioni in modo da determinare se sono tutti presenti. Se lo sono, distribuisce il farmaco attraverso il modulo di output». Il farmaco in che cosa consiste? «Abbiamo costruito una molecola di Dna che contiene sia i marcatori programmati della malattia sia un segmento di Dna destinato a fare da farmaco "antisenso", un tipo di farmaco che colpisce alcuni geni legati alla malattia. Se il computer decide che tutti i sintomi della malattia sono presenti, e in una determinata concentrazione, "taglia" quel segmento e lo rilascia. Questo permette anche di calibrare la quantita’ di farmaco da somministrare in funzione della gravita’ della malattia». Tutto questo pero’ e’ avvenuto solamente in provetta. «Si, e in una situazione estremamente semplificata e artificiale. Pero’ i marcatori molecolari che abbiamo mescolato con le componenti del computer sono quelli individuati dalla ricerca medica come presenti nei tumori, e nella concentrazione corrispondente». Quali sono ora i vostri progetti? «Ora cercheremo di far funzionare tutto questo nelle cellule viventi. E io penso che se anche non dovessimo riuscirci noi, con questo particolare computer, sono convinto che prima o poi ci riusciranno altri, magari usando design un po' diversi, ma basandosi sullo stesso concetto _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 18 nov. ’04 TUMORI, LARGO AI NUOVI FARMACI Le molecole di ultima generazione, che colpiscono la mutazione genetica alta base della malattia, cominciano a 'sostituire la chemioterapia Contro il cancro, la chemioterapia fa spazio (e talvolta gia’ cede il passo) ai farmaci di nuova generazione, scaturiti dall'indagine molecolare, cioe’ dalla scoperta di geni alterati che sono all'origine del tumore. Contro il cancro vengono sparate «pallottole d'argento», efficaci perche’ vanno a colpire proprio la mutazione genetica che ha causato il tumore, e non danneggiano i tessuti sani. Questo cambiamento di strategia segna la sconfitta per alcuni tumori, purtroppo non tra i piu’ diffusi. Farmaci selettivi. Ma anche contro i principali killer, il cancro del polmone, del colon e della mammella, che hanno un profilo molecolare molto complesso, scendono in campo i primi farmaci selettivi. Non vincono la malattia, pero’ gia’ garantiscono una maggiore sopravvivenza e una migliore qualita’ di vita. «E’ questa la via da seguire, ed e’ chiaro che progressi molto piu’ consistenti si registreranno quando 'i farmaci anticancro saranno configurati in base a una piu’ ampia conoscenza dei geni della cellula e delle loro interazioni», dice il professor Roberto Labianca, primario degli Ospedali Riuniti di Bergamo e presidente dell'Associazione di oncologia medica. Labianca e’ intervenuto al convegno del Cnr, in cui sono stati illustrati i progetti strategici contro il cancro. Contro il tumore del seno la nuova farmacopea schiera una molecola, il trastuzumab, la cui desinenza «mab» rivela che si tratta di un anticorpo monoclonale, cioe’ di un anticorpo costruito in laboratorio. Questa molecola va a occupare il recettore C- Erb b2. Le numerose pazienti nelle cui cellule tumorali questo recettore presenta un'alterazione molto forte (classificata con tre segni +) rispondono bene alla cura. Altri due anticorpi monoclonali vengono impiegati contro il cancro del colon. Il cetuximab elimina le cellule tumorali del colon che abbiano un' alterazione dell'Egfr, l’Epidermal Growth Factor Receptor. «Anche in questo caso, non tutte le cellule neoplastiche possono essere distrutte ma la malattia risponde alla cura e, pure quando il cancro e’ metastatizzato, la sopravvivenza si allunga. Per ottenere di piu’, si studia come indirizzare ancora meglio l'azione del cetuximah. Viene usato in una fase sempre piu’ precoce della malattia, e in pazienti cui il tumore e’ stato tolto ma che presentano linfonodi infiltrati», riferîsce il professor Labianca. In questi pazienti, la probabilita’ di recidiva della malattia e’ del 50-60%, e allora la molecola cetuximab diventa una terapia medica adiuvante, per potenziare l’effetto dell'intervento chirurgico. Contro l'angiogenesi. Fortemente innovativo e’ il meccanismo d'azione dell'altro farmaco di nuova generazione impiegato contro il cancro del colon. Il bevacizumab e’ la prima molecola usata con successo, nell'uomo, per bloccare l’angiogenesi, il processo con il quale il tumore si costruisce una rete di vasi sanguigni, indispensabili per fornire energia alla moltiplicazione cellulare. II bevacizumab, aggiunto alla chemioterapia, si e’ rivelato efficace contro il tumore del colon con metastasi. «Questo trattamento - spiega Labianca - aumenta la sopravvivenza e, in qualche caso, l'eventuale possibilita’ di guarigione. Ma, come il cetuximab, puo’ essere piu’ utilmente usato nella fase adiuvante, cioe’ dopo l'intervento chirurgico». (Gli studi clinici sul cetuximab e sul bevacizumab sono da poco cominciati e i risultati saranno disponibili tra alcuni anni). Un farmaco selettivo e’ stato messo a punto anche contro il tumore polmonare. E la molecola chiamata gefitinib, che riesce a rallentare il decorso della malattia. L'azione e’ diversa da quella degli anticorpi monoclonali: il farmaco inibisce il segnale che fa moltiplicare le cellule neoplastiche. «Ci sono dati promettenti, specie nei pazienti nei quali la chemioterapia si era rivelata inefficace», osserva Labianca. Questa terapia d'avanguardia ha senso soltanto se nelle cellule tumorali esiste il recettore giusto da andare a occupare. La regola vale per tutti i farmaci di nuova generazione di cui ha parlato il professor Labianca. «Somministrare questi farmaci a tutti i pazienti indistintamente, cioe’ anche quando manca la condizione essenziale (l'esistenza del recettore) per il successo della terapia, sarebbe una scelta tutt'altro che etica: sottrarrebbe risorse (i nuovi farmaci sono molto costosi) ai pazienti che invece potrebbero trarne concreto beneficio». I dilemmi della ricerca. Molti interrogativi sono emersi durante il convegno romano, organizzato dal Cnr e dal ministero dell'Istruzione, dell'universita’ e della ricerca. Quesito principale: come puo’ attrezzarsi la ricerca, per studiare la complessa interazione fra un notevole numero di geni della cellula? Il professar Marco Piecotti, responsabile del Dipartimento di Oncologia sperimentale, e dei laboratori dell'Istituto tumori di Milano, propone un nuovo modello di organizzazione della ricerca e della cura in oncologia. Il sistema si incardina - da un lato - su centri di eccellenza in cui si fa ricerca molto avanzata, dotati di strumenti costosi e di personale di elevatissima qualificazione professionale, e - dall'altro - s una vasta rete di strutture la quale garantisce che tutti i cittadini possano ricever prestazioni di ottimo livello, sia nella fase della diagnosi che in quella della terapia. (Pierotti parte dalla ricerca dell'americano Miehael Porter, di Havard, il quale sposta il focus dalla riduzione dei costi alla qualita’ per unita’ di prezzo). Dal canto suo, l'oncologo clinic( deve mantenersi al corrente degli studi d'avanguardia e accertare rapidamente quali metodiche si possono gia’ applicare ai suoi pazienti, come rileva il professor Labianca. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 16 nov. ’04 CANCRO: LA RICERCA PUNTA A UN TEST PER SCOPRIRE CHI E’ A RISCHIO Un gene puo’ contenere piccole variazioni o "polimorfismi" che, da soli, non significano nulla ma in un insieme (set) di geni, in una certa popolazione e in un certo ambiente possono predisporre allo sviluppo di un tumore. Su questi polimorfismi si basano gli studi di una rete di laboratori, tra cui quelli delle Universita’ di Verona e Pisa e dell'Ospedale San Camillo - Forlanini di Roma. «Cerchiamo di identificare marcatori molecolari per poter operare - a basso costo - uno screening della popolazione e individuare i soggetti a rischio per un certo tipo di cancro», dice il professor Aldo Scarpa, dell'Istituto di Anatomia patologica dell'Universita’ di Verona. «Sulla base dei risultati preliminari, prevediamo di organizzare, insieme con la professoressa Rosella Silvestrini, coordinatrice del progetto strategico Oncologia finanziato dal Cnr e dal Miur, uno studio italiano su larga scala che investa i tumori piu’ diffusi». Il test. La ricerca mira a scoprire un test che permetta di scegliere i pazienti da inviare alla mammografia, alla gastroscopia e via dicendo. Saranno possibili, cosi’, controlli molto ampi sulla popolazione sana. «Studieremo la presenza di un ampio numero di polimorfismi sia in pazienti che hanno sviluppato il tumore sia in individui sani. Dal confronto tra queste due popolazioni si puo’ accertare quale set di minime variazioni geniche fa scattare il rischio. Lo studio sara’ condotto in diverse regioni, le cui popolazioni hanno un diverso rischio rispetto a un determinato tumore». Spesso, infatti, il set di geni o marcatori molecolari che hanno significato in una certa popolazione o in un certo Paese, non e’ di alcun significato altrove. Come dimostrano gli studi sul cancro dello stomaco, polimorfismi genici che indicano un aumentato rischio in Italia sono diversi (la quelli significativi in Polonia o in Scozia. Lo studio dovrebbe essere effettuato su larga scala in Toscana e in Romagna, dove questa neoplasia colpisce 55-60 persone su 100 mila. piu’ che nel Centro Sud e nelle isole, dove i casi sono 5 ogni 100mila abitanti. Da vagliare la situazione de! Veneto, dove di tumore allo stomaco si ammalano 20 persone su 100mila. Analizzando l’attivita’ di un enzima presente nelle urine, si puo’ diagnosticare con notevole accuratezza un tumore della vescica; lo dimostrano gli studi compiuti presso l'Istituto Oncologico di Forli, che fa parte del network di cui e’ portavoce il professor Scarpa. I ricercatori forlivesi hanno messo a punto anche un'altra metodica non invasiva e assolutamente economica: amplificando e valutando il Dna che si trova nelle Seci, sono riusciti a rilevare la presenza del tumore del colon. I marker. Ma come si possono scoprire nuovi marcatori del tumore? L'e’quipe veronese t'a crescere in coltura una linea cellulare di cancro, poi preleva il liquido in cui queste cellule sono cresciute, il cosiddetto sovranatante, e vi cerca le proteine che le cellule neoplastiche hanno rilasciato. In questo modo i ricercatori dimostrano che le proteine emmesse dalle cellule in coltura sono ritrovabili anche nel siero e nelle urine di pazienti che hanno il cancro. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 16 nov. ’04 LA DIAGNOSTICA TRADIZIONALE VA IN SOFFITTA: SI RIPARTE DAL DNA E una svolta profonda, per l'oncologia. La diagnosi molecolare, basata sui difetti genici che portano al cancro, sta modificando radicalmente la strategia della lotta contro i tumori. «Ci troviamo di fronte a un paradosso: oggi, tumori dello stesso tipo si curano con terapie e farmaci diversi, mentre sottotipi di tumori diversi si affrontano con la stessa terapia». Parla il professor Marco Pierotti, responsabile del Dipartimento di Oncologia sperimentale, e dei laboratori dell'Istituto tumori di Milano. Pierotti cita subito un esempio. Recettori tipici della cellula del cancro della mammella, per esempio l’oncoproteina c-erb-B2, sono presenti, mutati, anche in una sottoclasse di tumori del polmone, gli adenocarcinomi. Percio’ una terapia contro questo target potrebbe essere utile sia contro un gruppo di tumori della mammella che contro un gruppo di tumori del polmone. Rivoluzione diagnostica. Le conseguenze? «Una rivoluzione: va in soffitta la diagnosi fondata sulla morfologia del tumore; si passa invece alla diagnosi basata sul difetto ' molecolare» spiega Piexotti. All'antica domanda ",Che cos’e’ il cancro?" si di una risposta chiara: il cancro e’ una malattia dei geni della cellula. Si e’, in parte, dissolta la fitta cortina che nel 1926 aveva indotto il patologo americano James Ewing (scopritore del sarcoma che porta il suo nome) a confessare l'impotenza della medicina: «Non so che cosa sia il cancro. E nessuno potrebbe dirvelo, neanche sotto tortura». Se i tumori hanno un'origine genica (che e’ invece "genetica" soltanto nel 5-8% dei malati, nei quali e’ prodotta da un gene trasmesso da uno dei genitori), il programma Alterazioni L obiettivo e’ individuare e combattere i geni responsabili dei carcinomi dell'oncologia moderna consiste nell'identificare quali geni si sono alterati provocando il can, cro e come interagiscono fra loro. Approccio olistico. E’ incominciata la seconda fase di questa imponente ricerca: «Dopo l'approccio gene per gene, si passa all'approccio olistico; e’ la totalita’ della cellula che diventa oggetto di studio con il microarray. Si tratta di costruire firme molecolari piu’ complesse del singolo gene, che comprendano piu’ geni simultaneamente e ci permettano di predire l'aggressivita’ biologica di un tumore e la sua potenziale risposta ai farmaci», dice il professor Pierotti. All'istituto tumori di Milano si lavora a realizzare una classificazione - su base molecolare - dei vari tumori della mammella, che saranno forse una decina. Sono stati studiati circa 150 pazienti; presto si arrivera’ a 900. Si fa tesoro dell'esperienza accumulata nella fase uno, quando si studiava un gene per volta. Quell'approccio ha prodotto rilevanti successi. «Abbiamo definito le basi molecolari di quella fascia, ristretta ma importante, che comprende i tumori ereditari. Sono stati identificati i geni BRCA-1 e BRCA-2 (acronimo che sta per breast cancer, tumore del seno). Poi l'attenzione si e’ concentrata sulla p53. Se questo gene e’ difettoso, non viene piu’ controllato il ciclo cellulare, e la cellula tumorale diventa insensibile all'azione dei farmaci come il cisplatino che inducono l’apoptosi, il suicidio delle cellule neoplastiche. Il Glivec. Ma ad aprire le porte alla classificazione molecolare e’ stato il Glivec, il primo farmaco concepito con lo scopo preciso di disattivare un oncogene, nel caso specifico la chinasi abelson, o abl, presente praticamente in tutte le forme di leucemia mieloide cronica. L'abl e’ come un interruttore che, in queste malattie, e’ rotto: una molecola, l’atp, e’ andata a occupare la "tasca"> cioe’ il recettore dell'enzima abl. Per conseguenza, le cellule si moltiplicano ininterrottamente. Il Glivec interrompe questo meccanismo, va a occupare lui la tasca in cui s'inserisce l’atp. Il Glivec funziona non solo contro la leucemia ma anche contro una particolare forma di tumore intestinale, il gist, in cui l'oncogene da disattivare e’ il kit. «E non finisce qui: al Glivee rispondono (perche’ esprimono lo stesso recettore) anche alcuni sarcomi, famiglia cui appartengono, tra gli altri, tumori del tessuto connettivo»,conclude Pierotti. Il caso piu’ recente e’ stato pubblicato, settimane fa, su «Cancer», dall'e’quipe del professore: quello dei cordomi, tumori da residui embrionali della notocorda, molto aggressivi e finora senza cura. _______________________________________________________________ Il Sole24Ore 16 nov. ’04 SCREENING: I VANTAGGI SI VEDRANNO NELLA PREVENZIONE DI NEOPLASIE E RECIDIVE Molte persone non accettano neanche l'idea di sottoporsi a un test di diagnostica molecolare. Pensano che l'eventuale scoperta di un forte rischio di ammalarsi di cancro non porterebbe alcun vantaggio pratico ma solo un'insopportabile angoscia. «Questo atteggiamento non e’ fondato. C'e’ tutto da guadagnare da una diagnosi basata sulla cosiddetta firma molecolare del tumore - risponde il professor Generoso Bevilacqua, direttore della Divisione di anatomia patologica e diagnostica molecolare dell'Universita’ di Pisa -. Consideriamo una famiglia in cui figli e nipoti abbiano ereditato certe alterazioni genetiche. Hanno vissuto anni e anni in una continua preoccupazione. Con la diagnosi molecolare, le cose cambiano: si puo’ rassicurare - a ragion veduta - la maggior parte di loro, dimostrando che non hanno affatto ereditato il rischio di sviluppare un tumore. Alle poche persone di quella famiglia che invece hanno veramente ereditato il danno genetico, verranno offerti rigorosi protocolli personalizzati di sorveglianza. E, quando sara’ possibile, anche una terapia profilattica, per esempio un vaccino». Le recidive. Ma con l'aiuto della firma molecolare, si puo’ andare anche alla ricerca delle cellule neoplastiche che "sono in giro" nell'organismo nonostante una terapia o un intervento chirurgico di rimozione del tumore. In genere, queste cellule stazionano nei linfonodi, nel midollo osseo o nel sangue periferico, per poi andare ad annidarsi in un organo, provocando la ripresa della malattia anche dopo 20-25 anni. Le cellule, rimaste silenti, si risvegliano improvvisai-nenie a causa di un forte stress che provoca un calo delle difese immunitarie, oppure quando nell'organismo arrivano - o vengono prodotte - sostanze che favoriscono la crescita cellulare. Oggi a molti pazienti viene detto che hanno un tot di probabilita’ di riammalarsi di cancro entro cinque anni. La ricerca delle cellule silenti permette di formulare una prognosi ben piu’ precisa. «Potremo dire al paziente che quelle cellule in 2iro non le ha, c che certamente il cancro non gli ritornera’. Oppure gli diremo che le cellule neoplastiche circolanti esistono ma che potra’ incominciare trattamenti terapeutici». Oggi la diagnosi molecolare viene praticata in alcuni centri di eccellenza. Ne’ in Italia ne’ all'estero esistono ancora strutture di laboratorio diffuse su tutto il territorio, in grado di condurre questo tipo di indagini. _____________________________________________________________ Libero 19 nov. ’04 SI PUO’ INDURRE AL SUICIDIO LA CELLULA TUMORALE Con l’«affettatrice di molecole» una nuova speranza per l'oncologia MILANO - Nuove speranze per la lotta ai tumori. Arrivano da un’affettatrice di molecole", ovvero dal proteasoma, una struttura della cellula che ha il compito di demolire le proteine inutili, difettose o dannose. Considerando che le cellule tumorali risultano particolarmente pericolose per la loro capacita’ di staccarsi dal tessuto d'origine e disseminare la malattia nell'organismo attraverso il flusso sanguigno, limitarne la mobilita’ significherebbe ridurre sensibilmente la stessa pericolosita’ dei tumori. E dato che «le cellule metastatiche - spiega alla rivista Newton il tedesco Robert Huber, Nobel per la chimica nel 1988, usano il proteasoma per demolire le molecole che le vincolano al tessuto d'origine, riuscendo cosi’ a liberarsi, se riuscissimo a bloccare questa attivita’ in modo selettivo nelle sale cellule tumorali, avremmo un'arma potente contro le metastasi». Per mettere a punto delle molecole capaci di agganciarsi al proteasoma e bloccarne il funzionamento e’ necessario conoscere la disposizione nello spazio di ciascun atomo del proteasoma (contiene circa 100mila atomi ed e’ formato da 28 subunita’). Per fare questo Huber utilizza della luce di sincrotrone (raggi X emessi da particelle cariche che corrono in un acceleratore). «Un farmaco antitumorale che agisce inibendo il proteasoma e’ gia’ sul mercato negli Stati Uniti e ci sono diverse molecole di questo tipo allo studio nel manda - aggiunge Huber - Il problema e’ calibrare la loro tossicita’ perche’ il blocco dell'attivita’ del proteasoma spinge la cellula all'apoptosi, il suicidio programmato. Dobbiamo imparare a dirigere gli inibitori verso il bersaglio giusto. Ci vorranno dai 5 ai 10 anni perche’ le nuove molecole candidate vengano esaminate e selezionate». Alle disfunzioni del proteasoma, inoltre, sono collegate anche alcune malattie neurodegenerative: se la sua attivita’ risulta insufficiente, infatti, le molecole difettose si accumulano e uccidono le cellule cerebrali. La scoperta del funzionamento del proteasoma si deve a Aaron Ciechanover, Avram Hershko e Irwin Rose, che proprio per questo hanno vinta il Nobel per la chimica. Le' molecole destinate alla demolizione, secondo la descrizione data dai tre scienziati nei primi anni Ottanta, vengono contrassegnate con l’ubiquitina, una catena di aminoacidi che le aggancia e le spinge verso il proteasoma, dove le proteine vengono "affettate" e i loro frammenti riciclati. Ogni cellula contiene circa 30mila di queste microscopiche macchine. ________________________________________________ Repubblica 18-11-2004 LA "SPIA" DELL'ENDOMETDOSI UNA RICERCA Italiana eseguita presso II Dipartimento di Ginecologia dell'Universita’ di Genova, pubblicata sull'ultimo numero di "Human Reproducifon", ha dimostrato un collegamento tra emicrania ed endometrfosi Le pazienti con questa ultima patologia, causata dallo sviluppo di tessuto endometrioso, quello che riveste la parte interna dell'utero, ma in aree anomale, al di fuori dell'utero provocando dolore, ed un rischio maggiore dl sterilita’ e di sviluppare tumori benigni, hanno anche un rischio maggiore di soffrire di mai di testa frequenti. L'esperimento che ha portato atta scoperta si e’ basato su un campione di 133 donne con endometriosi e un gruppo di controllo di 166 donne sane: fa prevalenza di emicrania era significativamente piu’ afta nelle donne con endometriosi. I ricercatori, in particolare, hanno potuto osservare che li’insorgere dell'emicrania avviene, in media, ad una eta’ piu’ bassa nelle pazienti colpite da endometriosi (16 anni e 4 mesi contro 21 e 9 mesi). Nei campione di donne con endometriosi che abbiamo esaminato, spiega ti dottor Simone Ferraro,-un terzo di loro soffriva di emicrania (oltre il 13 per cento in forma grave con la presenza di aura, fa visione di scintillii che precede il dolore). Nel gruppo di controllo solo Il 15 per cento invece accusava frequenti mai di testa sebbene la severita’ dei disturbo era pari in entrambi i gruppi. Il legame tra emicrania ed endametriosi puo’ essere determinato dalla prostaglariffina prodotta, mentre e’ gia’ stato dimostrato che le disfunzioni regolatorie di ossido nitrico svolgono un ruolo in entrambe le patologie. !i mai di testa frequente puo’ essere dunque considerato anche un campanello d'allarme per l’endometriosi, malattia questa a volte senza sintomi che colpisce il 5 per cento della popolazione femminile in eta’ riproduttiva. Soffrono invece della fastidiosa emicrania una percentuale che va dal 15 al 19 per cento della stessa popolazione femminile In Usa ed Europa mentre Il 2% soffre di emicrania legata alla presenza di endometriosi _____________________________________________________________ Libero 19 nov. ’04 ATTIVITA’ SESSUALE GARANTITA, ANCHE SENZA PROSTATA La chirurgia e’ in grado di sconfiggere sia il tumore sia î danni alla virilita’ La chirurgia oggi non e’ solo in grado di sconfiggere il tumore alla prostata (il carcinoma con piu’ alta incidenza negli uomini al di sopra dei 65 anni) ma anche i danni alla virilita’ che un certo tipo di intervento produceva in passato. Fino a poco tempo fa subire un'operazione di asportazione della prostata per un tumore significava rinunciare alla possibilita’ di avere una vita sessuale. Le tecniche adoperate in passato, infatti, non si preoccupavano delle lesioni al sistema nervoso che avrebbero reso l'uomo impotente. Da quest'anno in Italia il Professor Giovanni Alei, chirurgo andrologo e docente a La Sapienza di Roma, ha sperimentato l'efficacia di un intervento che, eseguito in due fasi successive, non compromette la virilita’ del paziente. Una protesi garantira’ l'attivita’ sessuale anche senza prostata. Una tecnica chirurgica assolutamente nuova gia’ sperimentata su 500 pazienti negli Stati Uniti con r un'operazione che puo’ essere effettuata anche in anestesia locale. Nella prima fase, quando viene asportata la prostata, si impianta il primo pezzo, il serbatoio che permettera’ alla protesi di funzionare. Dopo circa tre mesi si procede all'impianto dei cilindri e della pompa. «Si tratta di una tecnica vantaggiosa sia per la facilita’ del metodo d'impianto» spiega Alei «che r la riduzione dei costi e i giorni di degenza». Esistono due tipi di protesi peniene: non idrauliche ed idrauliche. La scelta di una protesi dipende molto da cio’ che desidera il paziente. Le protesi idrauliche hanno il vantaggio di poter conferire al pene l’aspetto di flaccidita’, di far percepire al paziente la sensazione di rigidita’ e sono affidabili. In genere i risultati a lungo termine sono soddisfacenti per l’80-90% dei pazienti. Questo tipo di intervento costituisce un grande passo in avanti perche’ quelli precedentemente applicati salvaguardavano la vita del paziente ma non tenevano conto del danno esistenziale cui questi andava incontro diventando impotente. Ora, invece, fra gli aspetti che vengono ritenuti importanti da preservare rientra anche la vita sessuale. _____________________________________________________________ La Repubblica 19 nov. ’04 STAMINALI SALVANO IL CUORE MALATO Sperimentata a Milano una rivoluzionaria tecnica contro l'infarto grazie alle cellule del midollo che "producono" vasi Una nuova arma contro l'ischemia di CARLO BRAMBILLA Una ricercatrice in laboratorio MILANO - Cellule staminali per guarire il cuore malato di ischemia, prima causa di morte nel mondo occidentale. Uno studio pilota durato due anni, su quattro pazienti, presso il Centro Cardiologico Monzino di Milano, diretto dal professor Paolo Biglioli, e pubblicato sull'ultimo numero della rivista scientifica Annals of Thoracic Surgery, dimostra come particolari cellule staminali (le CD 133) prelevate dal midollo osseo e introdotte nel muscolo cardiaco, siano in grado di generare spontaneamente nuovi vasi. E ricostruire quindi, in prospettiva, il muscolo cardiaco infartuato. Della scoperta, che potrebbe rivoluzionare nei prossimi anni la terapia dell'infarto, si discute oggi a Milano, in un convegno internazionale, presenti i pionieri mondiali della ricerca sulle cellule staminali in cardiologia. "Abbiamo investigato il potenziale terapeutico di alcune cellule staminali, presenti nel midollo delle ossa lunghe, per la cura dell'ischemia cardiaca - annuncia Biglioli, direttore scientifico del Centro Cardiologico e direttore della cattedra di Cardiochirurgia dell'Universita’ di Milano. - Se i nostri risultati preliminari saranno confermati, possiamo dire di trovarci di fronte ad una vera rivoluzione nella cura dell'ischemia cardiaca, la degenerazione del tessuto del cuore dovuta a una insufficiente irrorazione di sangue attraverso le arterie coronariche". Una patologia che oggi e’ curata con terapie convenzionali, farmacologiche, angioplastica e by pass coronarico, che non sempre, pero’, possono essere applicate alla popolazione anziana o a chi ha gia’ subito altri interventi. La nuova terapia, invece, e’ adatta a tutti i pazienti e si realizza con un intervento relativamente semplice, di appena un quarto d'ora. "Da quando si sono scoperte queste meravigliose cellule, le staminali, che hanno la capacita’ di trasformarsi in tessuti diversi, si e’ pensato alla possibilita’ di rigenerare il cuore, sia nella sua componente vascolare che in quella muscolare - racconta Giulio Pompilio, responsabile del Programma clinico di terapia genica e cellulare al Centro Cardiologico Monzino. - La procedura che abbiamo applicato e’ sicura e poco invasiva. Abbiamo realizzato il prelievo delle staminali dei pazienti presso l'Istituto Europeo di Oncologia. Al Monzino, in sala operatoria, le abbiamo iniettate direttamente nel muscolo cardiaco. Dopo due mesi abbiamo cominciato ad osservare i primi effetti benefici. A due anni dall'intervento i pazienti stanno bene e conducono una vita normale". __________________________________________________________________ Le Scienze 19 nov. ’04 TELOMERASI CONTRO L'HIV Una proteina puo’ rafforzare le difese immunitarie dei pazienti Un gruppo di scienziati dell'Universita’ della California di Los Angeles ha dimostrato che la proteina chiamata telomerasi previene l'invecchiamento prematuro delle cellule immunitarie che combattono l'HIV, consentendo alle cellule di dividersi indefinitamente e prolungare cosi’ la propria difesa contro l'infezione. La ricerca, pubblicata sul numero del 15 novembre 2004 della rivista "Journal of Immunology", suggerisce una futura terapia per rafforzare il sistema immunitario indebolito nei pazienti positivi all'HIV. Ogni cellula contiene un minuscolo orologio cellulare, chiamato telomero, che si accorcia ogni volta che la cellula si divide in due. Situati alle estremita’ cromosomiche delle cellule, i telomeri limitano il numero di volte che una cellula puo’ dividersi. "Le cellule immunitarie che combattono il virus HIV - spiega la patologa Rita Effros - sono costrette a dividersi in continuazione, per continuare a svolgere le proprie funzioni protettive. Questa enorme quantita’ di divisioni accorcia prematuramente i loro telomeri. I telomeri di un paziente di 40 anni infetto da HIV assomigliano a quelli di una persona sana di 90 anni". Secondo molti scienziati, i telomeri si sono evoluti per evitare la crescita cellulare incontrollata che conduce al cancro. Eppure molti tumori continuano a crescere a causa di cambiamenti genetici che producono la proteina telomerasi, che rigenera i telomeri delle cellule. Effors e colleghi hanno pensato di poter sfruttare le proprieta’ della telomerasi come una potente arma per rafforzare il sistema immunitario dei pazienti infetti da HIV. I ricercatori hanno estratto cellule immunitarie dal sangue di alcuni pazienti e hanno osservato che cosa accade se in queste cellule la telomerasi rimane permanentemente attivata. I risultati sono incoraggianti. "Abbiamo scoperto - afferma Effros - che le cellule immunitarie possono dividersi senza fine, crescendo con un tasso normale e senza mostrare nessuna anormalita’ cromosomica che possa condurre a un tumore. La telomerasi stabilizza la lunghezza dei telomeri, che non si accorciano piu’ ogni volta che la cellula si divide". _____________________________________________________________ Le Scienze 17 nov. ’04 MICRO RNA PER CURARE IL DIABETE Il ruolo del gene miR-375 identificato con un algoritmo al computer Lo studio di un gene "microRNA" scoperto di recente ha rivelato che la sua funzione e’ quella di regolare la secrezione di insulina nel pancreas. La ricerca, che definisce per la prima volta la funzione biologica di un gene microRNA dei mammiferi, e’ stata pubblicata sul numero dell'11 novembre 2004 della rivista "Nature". La scoperta e’ stata effettuata da un team di ricercatori della Rockefeller University, dell'Universita’ di Lund in Svezia, dell'Universita’ di New York, e dell'Universita’ di Oxford. I microRNA costituiscono una vasta classe di geni regolatori che non codificano per proteine. Nonostante siano presenti virtualmente in tutti gli organismi multicellulari, la loro funzione biologica e’ poco chiara. Per individuare il ruolo del gene miR-375, il biologo Nikolaus Rajewsky della NYU ha sviluppato un algoritmo al computer in grado di prevedere i target dei microRNA nel genoma. Nello studio, i geni previsti come obiettivo di miR-375 sono stati verificati sperimentalmente: cio’ ha consentito di determinare che la funzione di miR-375 e’ quella di regolare la secrezione di insulina. "Questi risultati sono entusiasmanti, e per diversi motivi. - commenta Rajewski - Innanzitutto, aprono nuove strade allo studio dei meccanismi di secrezione dell'insulina nel corpo, che potrebbero portare allo sviluppo di nuovi trattamenti contro il diabete. In secondo luogo, abbiamo definito per la prima volta la funzione di un microRNA dei mammiferi. Infine, le nostre scoperte dimostrano la necessita’ di un'intensa collaborazione fra il calcolo e gli esperimenti nella biologia moderna dell'era post-genomica". _____________________________________________________________ Le Scienze 16 nov. ’04 ANTIDEPRESSIVI E SVILUPPO OSSEO La fluoxetina potrebbe essere dannosa per bambini e adolescenti Secondo uno studio pubblicato online sulla rivista “Endocrinology”, una diffusa classe di farmaci antidepressivi, prescritti anche ai bambini, potrebbe avere effetti negativi sulla crescita delle ossa. Lo sostengono alcuni ricercatori dell’Universita’ dell'Indiana, che hanno studiato gli effetti degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sulla maturazione ossea dei topi. Gli esperimenti mostrano una riduzione della massa e delle dimensioni delle ossa negli animali trattati con questi farmaci. “I risultati - afferma Stuart J. Warden, il principale autore dello studio - indicano un potenziale impatto negativo dei SSRI sullo scheletro, e suggeriscono di effettuare ulteriori ricerche sulla prescrizione di questi farmaci a bambini e adolescenti”. Gli scienziati hanno esaminato gli effetti della fluoxetina (Prozac), in quanto si tratta dell’unico antidepressivo la cui prescrizione ai bambini e’ approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti. Lo studio, finanziato dai National Institutes of Health (NIH), e’ stato avviato dopo che alcune ricerche cliniche preliminari avevano mostrato che l’uso di SSRI era associato all’incremento di perdita ossea nelle anche delle donne anziane, a un calo di densita’ ossea negli uomini, e a un calo di crescita scheletrica nei bambini. _____________________________________________________________ Corriere della Sera 16 nov. ’04 NELLE STAMINALI DEL CERVELLO IL SEGRETO DELL' IMMORTALITA’ Studio italiano: serviranno per cure innovative Come nei tumori, non hanno il meccanismo di «autoeliminazione» De Bac Margherita ROMA - Cellule immortali, che lanciano la sfida a malattie dai meccanismi opposti. A quelle degenerative, come il Parkinson o l' Alzheimer, dove il tessuto del cervello si deteriora. E a certi tipi di tumori cerebrali caratterizzati al contrario da una proliferazione cellulare incontrollata. Un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto perche’ queste staminali hanno il dono della sopravvivenza e ritengono di poterle utilizzare, in ambedue i versanti, per futuribili terapie sull' uomo. Prospettiva che affascina i ricercatori e trasmette speranza a milioni di pazienti. I dati paiono incoraggianti ma la comunita’ scientifica procede cauta: la strada e’ ancora lunga e non bisogna attendersi risultati a breve termine. LO STUDIO - L' esistenza di cellule primitive immortali era nota. E’ stato pero’ aggiunto un tassello di conoscenze in piu’, riuscendo a comprendere come e perche’ sono cosi’ resistenti e quali sono le difese intrinseche che sfoderano quando devono contrastare gli attacchi nell' ambiente in cui vivono, il sistema nervoso. Lo studio, pubblicato sul Journal of experimental Medicine, e’ stato condotto dall' Istituto superiore di sanita’ (Iss) in collaborazione con l' Istituto neurologico Besta di Milano, la Jefferson University di Filadelfia, l' universita’ Federico II di Napoli e l' Istituto Mediterraneo di Catania. Il segreto di queste cellule con la «corazza» e’ l' assenza di una proteina che spinge i neuroni normali verso il «suicidio», che nelle cellule si chiama apoptosi. In piu’, sono in grado di produrre in quantita’ abbondanti una seconda proteina che le protegge da situazioni di emergenza, ad esempio un' infiammazione. Ruggero De Maria, oncologo sperimentale, direttore del reparto di biotecnologie dell' Istituto superiore di sanita’, ha coordinato la ricerca: «Nel tessuto nervoso queste cellule sono in minoranza e, nel Parkinson o nell' Alzheimer, non riescono a contrastare i danni provocati dalla morte dei neuroni. E' dunque necessario introdurne altre dall' esterno per vederle differenziarsi e assistere alla rigenerazione dei tessuti. Se al contrario il danno e’ lieve, ad esempio una piccola ischemia che magari passa inosservata, e’ sufficiente la loro presenza fisiologica per salvaguardare il cervello». L' efficacia delle staminali resistenti all' apoptosi, prelevate da materiale abortivo e dal bulbo olfattivo (studi sperimentali sono in corso al san Raffaele di Milano, coordinate da Angelo Vescovi), e’ stata verificata con successo sui topini. Sull' uomo siamo ai primi test (alcuni protocolli avviati nel Nord Europa), i primi dati sembrano incoraggianti. NEOPLASIE - Poi c' e’ la seconda strada di ricerca, ma non e’ sicuro che sia davvero percorribile. Le immortali sono state isolate nel tessuto cerebrale colpito da glioblastoma, un tumore molto grave. Le staminali neoplastiche sono poche ma molto efficaci e sembra costituiscano la vera causa della malattia. In questo caso si potrebbe tentare di indebolirne le difese, di sbloccare la loro resistenza intervenendo sulle proteine chiave. Si tratta di soluzioni lontane. Terapie del genere richiederebbero un' organizzazione complessa, la creazione di banche di staminali e la formazione di gruppi chirurgici specializzati. MECCANISMI - Cesare Peschle, direttore del dipartimento di ematologia e oncologia dell' Iss, e’ prudente ma speranzoso: «Le caratteristiche presenti nelle cellule neurali sono potenziate in quelle neoplastiche che generano il glioblastoma e altri tumori al cervello. Una volta individuati, i meccanismi dell' apoptosi possono diventare dei bersagli per terapie molecolari mirate, alternativa alla chemio non abbastanza efficace e dai troppi effetti collaterali». Peschle ricorda il precedente del Glivec, il farmaco che ha cambiato la storia della leucemia mieloide cronica. Margherita De Bac La scheda LE STAMINALI E' stato scoperto il segreto delle cellule primitive «immortali» che vivono nel nostro sistema nervoso LA PROTEINA A queste cellule manca la proteina che spinge i neuroni normali verso il «suicidio», o apoptosi IL FUTURO Potrebbero servire nella lotta a malattie degenerative, come Parkinson e Alzheimer, oppure contro alcuni tumori cerebrali caratterizzati da una proliferazione incontrollabile delle cellule