STATUS DOCENTI, GIOCHI APERTI - E’ LA VITTORIA DEI RICERCATORI - RIFORMA MORATTI, IL GOVERNO APRE AI RICERCATORI UNIVERSITARI - UN PUNTO CENTRALE DELLA RIFORMA MORATTI - GRANESE:L'UNIVERSITÀ FRA VIZI E VIRTÙ - UNIVERSITÀ DIVISE SUL PERCORSO A «Y» - LAUREE CON PERCORSI FRAMMENTATI - CON IL «3+2» PIÙ PUNTUALI ALLA TES - IN ARRIVO LE CLASSI ENTRO IL 18 GENNAIO - GLI SCIENZIATI RECLAMANO L’8 PER MILLE - DECALOGO PER RILANCIARE LA RICERCA IN ITALIA - SCIENZIATI, 10 PROPOSTE PER SALVARE LA RICERCA - LA RICERCA È AL COLLASSO - PER SALVARE LA RICERCA DATECI L’OTTO PER MILLE - INNOVAZIONE LE COLPE DELL'UNIVERSITA' - CASULA: EX RETTORE E BIG DI MEDICINA - UN’ISOLA DI ANALFABETI - DUECENTOMILA EURO PER UNA LAUREA - I MALATI POVERI AVRANNO UNA CASA - GOOGLE PORTA ONLINE MILIONI DI LIBRI - ================================================================== DA MODENA IL NUOVO DIRETTORE DELLA ASL - UN MANAGER EMILIANO ALLA ASL DI SASSARI - BARACCA: SARDI IN SANITA’ FUORI L'ORGOGLIO - DIRINDIN: DIRITTO ALLA SALUTE E MANCATA SARDITÀ - SANITA’ :OCCORRE RIGORE PER L'ISOLA - I SINDACATI ALLA DIRINDIN: TROPPI LUOGHI COMUNI - SANITÀ, SINDACATI CONTENTI A METÀ - SANITÀ: TUTTI GLI ASPIRANTI MANAGER - I LIMITI ETICI DELLA RICERCA - IL PORTAFOGLI DELLA SALUTE - L'ITALIA CORRE NELLA MICROCHIRURGIA - IL SAN RAFFAELE DI MILANO PUNTA SULLA NEUROLOGIA CLINICA - QUANDO IL BISTURI È PIÙ UTILE DEL LASER - INVENTATO BISTURI CHE PRESERVA LE SINGOLE CELLULE - BIMBI: IN OSPEDALE I VIDEOGAME MEGLIO DEI TRANQUILLANTI - SCLEROSI MULTIPLA PIÙ A RISCHIO I NATI DI MAGGIO - È PERICOLOSO CURARE COI FARMACI L'INFELICITÀ DEI BAMBINI - LA MENTE SI CURA CON L'AIUTO DEL PC - IL SOFTWARE FA LA DIAGNOSI DI ANORESSIA E BULIMIA - VERSO LO SVILUPPO DI UN VACCINO PER LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI - CARDARELLI-SUN FIRMATO ACCORDO DI COOPERAZIONE - SE IL CERVELLO È IN RITARDO - UN LEGAME FRA ALCOL E TUMORI - LE CAUSE DELLA PSORIASI - ================================================================== _________________________________________________ Il Sole24Ore 11 Dic. 04 STATUS DOCENTI, GIOCHI APERTI Università Mancano i finanziamenti ROMA a Sullo status giuridico dei docenti universitari la partita é ancora tutta da giocare II passaggio in aula alla Camera del ddl di riordino proposto dal ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, è stato infatti rimandato al prossimo mese di gennaio, mentre sul contenuta del provvedimento 'e ripartito il confronto. «II testo condiviso è ancora tutto da scrivere», ha detto ieri a Roma Mano Pepe (Fi), relatore del provvedimento in commissione Cultura, in occasione del seminario nazionale «Otto proposte su ricerca e docenza universitaria», organizzato dalla Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell'Università La Sapienza. All'incontro - durante il quale sano state presentate nuove proposte di riforma della carnera docente e del sistema di finanziamento di università e ricerca - hanno anche partecipato, tra gli altri, il senatore Luciano Modica (Ds), Domenico Volpini (Margherita), vice presidente della Commissione cultura della Camera, e l’economista e professore emerito della Sapienza, Paolo Sylos Labxm. «Il testo è aperto agli emendamenti fino alla fine della discussione - ha sottolineato .Pepe - ma il ritiro del ddl creerebbe un danno irreparabile» Pepe ha escluso la stralcio della normativa sui con- corsi - caldeggiato nei mesi scorsi dalla Crui, la Conferenza dei rettori - e ha precisato che «il ministro Moratti non é contrario alla terza fascia dei ricercatori, ma, secondo la commissione Bilancio e il ministero della Funzione pubblica, questa fascia può creare problemi di bilancio». Ma il problema centrale resta quello dei finanziamenti. «Non si possono fare riforme senza risorse», ha detto Modica, sottolineando come «i fondi per le università statali nel triennio '99-2001 della legislatura di Centro-sinistra hanno registrato un aumento annuale medio del 13,95%, parallelamente a un'inflazione media del 2,39%, mentre nel triennio 2002-2004, governato dai Centro-destra, l'incremento è stato dello 0,54% a fronte di un'inflazione media del 2,35». La carenza di risorse investe anche la ricerca. «La Finanziaria per il 2005 -ha detto Rino Falcone dell'Osserva torio sulla ricerca del Cnr - prevede un nuovo blocca triennale delle assunzioni per gli enti pubblici di ricerca e una riduzione degli organici del 5 per cento. La situazione è gravissima – ha continuato - perché il blocco è già presente da tre anni». Matricole. Il numero degli immatricolati alle università rimane stabile Lo dicono i dati dell'ufficio statistico del ministero dell'Istruzione diffusi ieri. II totale delle matricole non supera quota 340mila, lo stesso del 2003-2004. La Sapienza di Roma vanta il maggior numero di nuovi iscritti (24878 studenti), seguita dalla Federico II di Napoli (17.258) e dall'Università di Bologna (16 060). La Facoltà preferita dagli studenti è quella di Scienze giuridiche, che raccoglie il 10% deh totale degli immatricolati, mentre al secondo pasto si piazzano le Scienze dell'economia e della gestione aziendale, con il 9% di preferenze. ALESSIA TRIPODI __________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 15 dic. ’04 E’ LA VITTORIA DEI RICERCATORI Si riapre la discussione sull'intero sistema delle carriere universitarie Una VITTORIA sperata e cercata ma soprattutto inaspettata. Il disegno di legge Moratti sulla riforma delle carriere universitarie è stato cancellato dal calendario dei lavori della Camera dei deputati, riaprendo di fatto la discussione sul riordino dello statuto giuridico dei ricercatori universitari e dell'intero sistema delle carriere universitarie. «P una vittoria importante che segue una mobilitazione altrettanto importante - sottolinea Marco Pitzalis, ricercatore di Scienze della Formazione nell'Università di Cagliari e membro del coordinamento dei ricercatori. Come dire che è stata vinta soltanto una battaglia, anche se importante, ma per vincere la guerra servirà combattere ancora. La cancellazione del ddl Moratti dal calendario dei lavori della Camera sposta però il fronte dello scontro; dalla fase oppositiva i contendenti si dovranno ora fronteggiare sul terreno delle proposte. «L'unica strada percorribile è quella di una riforma che riconsideri le carriere universitarie istituendo un ruolo unico della docenza», spiega il portavoce del Coordinamento dei ricercatori - diviso in livelli il cui accesso sia regolamentato attraverso una idoneità nazionale e un concorso locale». Con l'idoneità la proposta dei ricercatori i punta a soddisfare e garantire uno standard nazionale dei ricercatori lasciando però alle singole Università una larga autonomia attraverso il concorso locale. E nella proposta rientrerebbe anche una regolamentazione degli scatti di carriera decisi sulla base del merito e non su valori burocratizzati. Un'esigenza, quella della riforma dello stato giuridico, divenuta pressante dopo la rivoluzione del tre più due che ha sconvolto i corsi di laurea quadriennali. La riforma degli ordinamenti didattici ha di fatto raddoppiato le ore di didattica per i ricercatori, senza prevedere per altro alcuna retribuzione, privando così i ricercatori della possibilità di fare il lavoro a cui sono chiamati; inoltre la formula del tre più due, attuata in questa maniera, non fa che abbassare il livello qualitativo dei corsi di laurea. Alessandro Pes _______________________________________________ Il Tempo 11 dic. ’04 RIFORMA MORATTI, IL GOVERNO APRE AI RICERCATORI UNIVERSITARI Incontro alla Sapienza tra gli operatori e il deputato Pepe, relatore del disegno di legge sul riordino dei docenti ROMA - Dalle piazze alle aule: la protesta dei ricercatori universitari contro il disegno di legge Moratti sullo stato giuridico dei docenti ritorna al suo luogo d'origine. E’ il momento di andare oltre la richiesta di ritiro, in blocco, dei ddl. Aula Gini, Facoltà di Statistica della Sapienza: docenti e studenti sui banchi, deputati, senatori e vari esponenti dei mondo accademico in cattedra. Per fare proposte e approfondire il problema della riforma universitaria. Bivacchi di studenti all'esterno, atmosfera pesante (e non solo per i caloriferi a tutta callara), all'interno dove si parla del futuro dell'Università. La platea e agguerrita. Chiede il riconoscimento della docenza ai ricercatori, nuovi metodi di valutazione per l'avanzamento di carriera, e soprattutto investimenti. La nota dolente ancora una volta, i fondi per la ricerca ridotti all'osso e decisamente inferiori rispetto agli altri Stati. -Ho lavorato due anni in un laboratorio scientifico in Usa che ha sfornato 13 premi Nobel per la ricerca di base - spiega un professore - Fondi statali: due miliardi di dollari. Sapete perchè da noi i cervelli fuggono? Una brava ricercatrice di 35 anni dopo aver lavorato all'università di Nottingham non è più tornata. Percepiva uno stipendio mensile di 3.000 e passa euro. Lo stesso che prendo io, pero a 60 anni. Per entrare da noi, in Italia, bisogna essere senza cervello, credo, C'è un ricercatore di Architettura che spara sul ddl: «Il riordino non è una riforma ma un escamotage per ridurre il peso economico dell'Università alle casse dello Stato. Investire nell'università è un'esigenza strategica. La precarizzazione porterà a realizzare sempre più progetti fuori dagli atenei». A fare da contraltare ci sono le istituzioni. «Valuteremo fino all'ultimo momento le proposte dei ricercatori insieme al comitato di maggioranza e poi col governo, per arrivare a un tetto condiviso che è ancora tutto da scrivere cerca di calmare le acque l'onorevole Mario Pepe, membro della Commissione giustizia della Camera e relatore di maggioranza sul ddl delega del governo. La platea rumoreggia: nessuno si fida più. Sì parla ancora di università statunitensi, ma l'America è lontana, anzi non abita qui, come ricorda Domenico Volpini vicepresidente della commissione cultura della Camera che dice: «Nel nostro paese manca una mentalità che incentivi le aziende alla sponsorizzazione dei progetti di ricerca», E c'è chi aggiunge: «Non è la Morattí il nostro referente ma il ministero dei Tesoro, Poi Pepe conferma: «La riforma sarà approvata nel primo ramo del parlamento nel mese di gennaio». Ma cosa vogliono i ricercatori? Un periodo limitato di contratti a tempo determinato (non più di tre, cinque anni) prima di accedere al ruolo unico della docenza. E nella docenza tre fasce diverse dell'impegno didattico e di ricerca. E progressione di carriera a numero aperto. N.P. ______________________________________________________________ La Stampa 17 dic. ’04 UN PUNTO CENTRALE DELLA RIFORMA MORATTI COME NASCE UN PROF NONOSTANTE qualche inevitabile difficoltà e molte diffidenze sindacali la riforma Moratti procede nel suo iter. In questi giorni, in particolare, vengono prese alcune decisioni di significato strategico intorno alla formazione iniziale dei futuri insegnanti. Un gruppo di esperti sta infatti completando la stesura del decreto legislativo che dà attuazione all'art. 5 della legge che modifica gli attuali percorsi per accedere all'insegnamento (il Corso di laurea in Scienze della Formazione primaria per quanto riguarda i docenti della scuola dell'infanzia e primaria e i Corsi biennali di specializzazione della Sis per gli aspiranti professori degli istituti secondari). In futuro l'accesso ai ruoli per tutti i docenti (primari e secondari) avrà luogo mediante il possesso di una laurea specialistica (quinquennale) a numero programmato e con valore abilitante coerente con le discipline d'insegnamento, cui farà seguito un periodo (retribuito) di formazione in servizio al termine del quale, previo giudizio positivo, il giovane insegnante sarà assunto in via definitiva. Sono previste norme di tutela per quanti già ora sono inclusi in graduatoria, che potranno ambire al «posto in ruolo» secondo le regole oggi in vigore. Fin qui i dati relativi all'ingegneria didattica e alle questioni sindacali connesse alle scelte in corso, queste ultime meritevoli della massima attenzione per i numerosi risvolti anche sociali. Ma questo passaggio politico rappresenta soprattutto una grande opportunità per disporre in futuro di insegnanti colti e capaci. Non c'è riforma al mondo che possa prescindere da questo elementare dato. Negli ultimi decenni l'Italia in questo campo non è stata virtuosa. E' mancato qualsiasi controllo in ingresso e in servizio della «qualità» docente, dietro la pressione sindacale di rapide e generalizzate immissioni in ruolo senza concorso e la resistenza opposta dalla categoria a qualsiasi forma, anche blanda, di verifica dei risultati raggiunti. Ne sa qualcosa l'ex ministro Berlinguer che tentò, invano, di premiare i migliori, pagando a caro prezzo quel meritorio tentativo, peraltro fallito. Nella scuola attuale, ormai frequentata fino al 16°-17° anno da quasi il 90% degli interessati, è difficilmente proponibile il docente d'altri tempi, tutto assorto negli studi e nell'approfondimento della propria disciplina. Agli insegnanti oggi vengono richieste anche altre competenze professionali come quelle relazionali, comunicative, organizzative, progettuali. Questo per far fronte a scolaresche che si presentano con caratteristiche molto più variegate rispetto anche ad un passato non lontano. La diffusa presenza di alunni problematici (in difficoltà familiari, poveri sul piano economico, sperduti di fronte al mondo dei media), di studenti portatori di handicap e di alunni stranieri - per fare solo qualche esempio - rende assai complesso e difficile l'esercizio della docenza. E' del tutto comprensibile che chi sta per decidere sulle modalità e sui contenuti della formazione iniziale dei futuri docenti sia preoccupato di trovare un punto di mediazione tra l'esigenza di garantire una preparazione culturale di alto profilo e assicurare, in ogni caso, la padronanza di quelle abilità professionali che appaiono oggi un requisito essenziale per agire con efficacia in qualsiasi tipo di scuola. Per varie ragioni il modello delle Sis non è più praticabile, ma in ogni caso l'esperienza accumulata in questi anni merita la massima considerazione. Se non si persegue, al tempo stesso, la via di una docenza professionalmente «sapiente» e «competente» si aprono due gravi rischi. Da una parte l'illusione, peraltro assai radicata in molti ambienti, che basta sapere per saper insegnare. L'esperienza dice che non è così. Dall'altra la presunzione di una parte della pedagogia italiana secondo cui la professione docente si identifica soprattutto con la padronanza delle tecnologie didattiche. Equivoco specularmente opposto, ma non meno dannoso. Università di Torino, Scienze della formazione ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 13 dic. ’04 GRANESE:L'UNIVERSITÀ FRA VIZI E VIRTÙ Commento L'opposizione alla nuova legge di Alberto Granese L'Università italiana è in fermento. L'opposizione pressoché plebiscitaria al disegno di legge del ministro Moratti fa venire al pettine vecchi nodi in una vicenda che non riguarda soltanto gli addetti ai lavori, ma il corpo sociale nel suo complesso, le strategie della produzione scientifica e dello sviluppo, l'occupazione, la condizione e le prospettive dei giovani. Non c'è da stupirsi che Jacques Derrida, il grande filosofo francese recentemente scomparso, si sia occupato di questo,  pubblicando qualche anno fa un vivace pamphlet dal titolo L'Università senza condizione. Che vuol dire "Università senza condizione"? Vuol dire libertà di ricerca, autonomia culturale e gestionale, indipendenza dal potere. Derrida ha parlato di "impotenza" dell'università e della fragilità delle sue difese "davanti a tutti i poteri che la comandano, la assediano e tentano di appropriarsene". È bene però  dirlo con chiarezza: di "libertà di" e di "libertà da" nell'università italiana ce n'è in molti casi fin troppa. Questo ha a che fare con l'abuso dell'"ope legis" e dei provvedimenti-tampone, con la rilassatezza del sistema e del costume concorsuale, con il venir meno del principio di verifica e di selezione seriamente applicato; talvolta con l'individualismo "sregolato" dei docenti, con la loro scarsa disponibilità al lavoro coordinato e sinergico. In ambito universitario gli addetti ai lavori godono spesso di libertà impensabili in altri contesti. Non ci vuol molto a capire quanto poco questo abbia a che fare con la libertà di ricerca. E non c'è allora troppo da meravigliarsi che alla ricerca si attribuiscano fondi esigui, quasi vi fosse una percezione di scarsa utilità e qualità e di scarsa produttività del lavoro universitario, da cui derivano la perversa strategia negativa di smobilitazione e di affossamento, lo scarso riguardo dei poteri forti per l'Accademia, i provvedimenti legislativi che tendono a mortificarla e a indebolirla a vantaggio di soggetti privati ritenuti più affidabili. Viene a proposito la metafora del cane che si morde la coda. Se l'università produce poco tanto vale costringerla nella sua nicchia con la logica del "costo zero". Strano paradosso! Singolare contraddizione! In una università che si vorrebbe configurata e organizzata come "azienda" si applica una logica che proprio sotto il profilo aziendale o aziendalistico appare dissennata e risibile. La risposta non può essere che una: superando paradossi e contraddizioni si deve considerare l'università un terreno di investimenti cospicui, di sfide e scommesse  importanti, sicché è da respingere la strategia di indebolimento in atto nel nostro Paese che provoca fondate preoccupazioni e allarmate proteste. L'università non può restare così com'è. Ma se si parla seriamente di ricerca, è proprio dall'università che si deve ripartire. Non da un'università chiusa in se stessa, politicamente inetta e con scarse capacità progettuali, ma da una università riformata e riqualificata che, per essere "senza condizione", deve aver presenti e accettare le condizioni poste oggettivamente  dalle dinamiche di crescita e di sviluppo di cui è, o dovrebbe essere, attivamente e responsabilmente partecipe. _________________________________________________ Il Sole24Ore 14 Dic. 04 UNIVERSITÀ DIVISE SUL PERCORSO A «Y» ISTRUZONE Gli atenei si stanno preparando al rodaggio del nuovo ordinamento, ma si discute sulla sua effettiva portata Tosi (presidente Crui): «Non c'è un anno comune» - Cautela a ingegneria e soddisfazione a giurisprudenza Sempre più fitto il calendario delle riforme per scuola e università. Mentre sta per vedere la luce il riordino delle superiori, gli atenei si preparano al rodaggio del nuovo percorso a «Y», che manda in archivio il «3+2» In realtà nessuna delle università interpellate segnala l'intenzione di sperimentare le novità già da quest'anno - cosa passibile secondo il decreto 270/2004 ma tutti pronosticano come avvio il 2005/06, quando saranno state ridefinite le classi di laurea «Partire ora - , conferma Piero Tosi, presidente della Conferenza dei rettori - sarebbe pericoloso, perché dobbiamo ancora approfondire le norme». Il nuovo ordinamento prevede, per ogni corso di laurea una base comune (60 crediti) e poi una biforcazione: da un lato l’iter professionalizzante, che si conclude al terzo anno, e dall'altro quello che prevede la prosecuzione studi fino al quinto anno con la laurea magistrale. La Y. L'iter é stato battezzato a «Y», ma non tutti sono d'accordo «Io non capisco questa definizione - frena Tosi -, perché non c'è scritta da nessuna parte che ci sia un primo anno comune Sono gli atenei a decidere la collocazione dei crediti comuni lungo il percorso» La questione non é nominalistica ma interessa l'effettiva portata delle novità si tratta di una rivoluzione o sola di una correzione del 3+2? Perplessità a ingegneria. Negli atenei i sostenitori della seconda ipotesi sono molti «La versione finale del decreto - riflette Antonio Vicina, vicepresidente della Conferenza dei presidi di ingegneria - è molto smorzata. Ogni ateneo, decide dove collocare i crediti comuni, e ci sono continue `passerelle" tra curricula professionalizzanti e percorsi più accademici» Risultatato «Tutti gli ordinamenti di ingegneria possono rimanere inalterati, anche perché nessuno imporrà una distinzione al secondo anno. E’ troppo presto». Suggerisce cautela anche Giovanni Del Tiri, rettore del Politecnico di Torino, secondo il quale «prima di introdurre modifiche occorreva attendere il compimento del "3+2"» Questione di tempi. Proprio a questo si riferisce Enrica Amaturo, preside di sociologia alla Federico II di Napoli, quando definisce – Terribilmente negativa l'introduzione di un nuovo ordinamento quando non è finito il primo ciclo del "3+2", perché disorienta gli studenti». Giurisprudenza. I giudizi più positivi sui nuovi percorsi giungano dalle facoltà di giurisprudenza, dove viene introdotta la laurea a ciclo unico. L'obbliga di finire un ciclo ai terzo , anno con tanto di discussione di tesi, come previsto dal «3+2», era avvertito come una barriera mutile verso lo sbocco naturale rappresentato dalle professioni legali, e dunque dalla laurea specialistica. Un'imposizione ritenuta così fastidiosa da indurre alcune facoltà, come quella di Roma Tor Vergata, a sfruttare tutta la proroga possibile per mantenere fino a oggi il vecchio percorso quadriennale. Di conseguenza, come spiega il prorettore dell'ateneo, Giampiero Milano, docente di diritto canonico, «il nuovo ordinamento ci impone salo di rimodulare i programmi passando da quattro a cinque anni di corso». Le professioni legali non rappresentano l'unica orizzonte anche perché il mercato registra un surplus ormai cronico di laureati difficile da assorbire. Anche per chi aspira a carriere diverse nell'impresa o nella Pa, afferma Milano, «la laurea triennale si è mostrata inadeguata. L'autonomia della «magistrale». Il secondo cambiamento, da malti ritenuto il più significativo, è rappresentato dalla nuova struttura della laurea magistrale, che sarà conseguita can 120 crediti «autonomi» senza il riconoscimento dei 180 crediti totalizzati nei primi tre anni. Uno "sganciamento" in nome della flessibilità dei passaggi tra i corsi di studio, che riprende lo spinto del «3+2» ingessatosi poi nel sistema dei riconoscimenti dei crediti, ma che apre il campo anche a qualche pericolo. La sottolinea il presidente della Crui Tosi, quando spiega che «i vincoli per accedere alle lauree magistrali saranno posti dalle singole università, ed è necessario che tutti garantiscano la qualità» Il rischio è che alcuni atenei pongano barriere d'ingresso troppo esili, per avere piú iscritti, oppure che si specializzino sulle lauree magistrali- E’ il sogno di ogni docente - sottolinea Vicino - e bisogna calcolare che il panorama accademico si sta arricchendo con molti operatori nuovi» _________________________________________________ Il Sole24Ore 16 Dic. 04 LAUREE CON PERCORSI FRAMMENTATI Riforma del «3+2» / L'eccessiva autonomia crea incertezze e confusione Di PAOLA POTESTIO La definitiva approvazione della revisione della riforma che ha istituito le lauree in successione, il cosiddetto schema 3+2, induce a qualche considerazione sulle esperienze fatte e ad alcune sollecitazioni d'intervento. Intanto, mi sembra utile puntualizzare che la revisione si limita a una sola vera correzione: la separazione del "3" dal "2", ossia i requisiti minimi di crediti nei singoli ambiti disciplinari saranno fissati, per ciascuna laurea specialistica, sui 120 crediti spettanti a tale laurea e non sui 300 crediti complessivi, necessari per !'acquisizione della laurea specialistica. L'innovazione è utile poiché consente flessibilità nell'articolazione (lei percorsi e favorisce una maggiore specializzazione dell'offerta formativa delle sedi. Per quanto riguarda invece il percorso a Y del triennio, ossia un primo anno comune seguito da un biennio diversificato per coloro che vogliono e per coloro che non vogliono proseguire gli studi, la revisione non ammette in realtà nulla di più di quanto non fosse già praticabile dalle scelte autonome delle singole sedi, L'innovazione ai limita, sotto questo aspetto, all'indicazione di una possibilità. La revisione approvata conferma, dunque, lo schema delle lauree in successione. Personalmente, non ho mai compreso l'utilità di spezzare il percorsa unitario della laurea. Ne vedo invece il grave rischio di indebolimento 0 attenuazione della cura, che caratterizzava la fase iniziale dei vecchi corsi di studio, degli aspetti metodologici e generali. Vale comunque, a questo punto, prendere atto della linea di continuità scelta dal ministro Letizia Moratti e preoccuparsi degli interventi possibili per migliorare l'assetto delle nuove lauree. Il 3+2 è stato incapsulato dalla riforma in un'organizzazione particolarissima, caratterizzata allo stessa tempo da una pesante rete di vincoli e da una grande autonomia delle sedi. I vincoli sono costituiti da una struttura di crediti minimi che distingue le attività didattiche in diverse tipologie (attività di base, caratterizzanti, attività affini -integrative), a ciascuna delle quali corrispondono crediti minimi per singoli ambiti disciplinari. Per quanto riguarda invece l’autonomia, le sedi possono scegliere la denominazione dei corsi di laurea, la struttura e denominazione degli insegnamenti, l'utilizzo di un certo numero di crediti, la determinazione delle are di docenza corrispondenti a un credito formativo (con il vincolo che almeno la metà delle 25 ore di attività lavorativa cui corrisponde un credito sia riservata allo studio individuale, inteso in ampio senso). Pur prescindendo dall'autonomia nella creazione di corsi di laurea, esercitata peraltro con buona fantasia dalle sedi, ]*assenza di un indirizzo organizzativo generale ha favorito l'adozione di modelli molta diversi ira le sedi. sottolineo in particolare due aspetti. 11 primo ha a che fare con la composizione del credito tra are di docenza e ore di studio individuale. É evidente che non esistono basi oggettive per la definizione di una tale composizione, la quale non può che appoggiarsi a elementi di convenzionalità. AL di fuori di convenzioni condivise, il credito é un'unità di misura fante soltanto di confusioni. E tale si è mostrato nelle realizzazioni della riforma. Insegnamenti di uguale denominazione e di uguali are di docenza ricevono erediti diversi nelle singole sedi> a seconda della distribuzione, decisa dalla sede, delle ore del singolo credito tra docenza e studia individuale. La comparabilità degli insegnamenti e la mobilità degli studenti ne risultano inutilmente complicate. A questo aspetto di incertezza e confusione se ne associa un secondo, ancora più rilevante. II coordinamento tra gli insegnamenti all'interno dei corsi di studio non é mai stato un punto di forza della nostra tradizione universitaria. Nella vecchia struttura, le carenze di coordinamento hanno di fatto operato nella direzione della severità e complessità dei corsi di studio. Nell'autonomia introdotta dalla riforma 3+2 sulla numerosità di insegnamenti e prave di esame, questa carenza ha operato nella direzione della moltiplicazione e della frammentarietà degli insegnamenti. La difesa da pane di ciascun docente di un proprio territorio e l'accettazione reciproca di tutti i territori sonno state facilitate da questa debolezza della nostra tradizione universitaria. Il risultato oggi vi è un'ampia varietà di modelli organizzativi delle nuove lauree, prevalentemente connotati da grande numerosità e frammentazione degli insegnamenti. In verità, la ripartizione e la frammentazione sono state prima di tutto caratteristiche dell'impianto legislativo della riforma, che ha varata ben 42 classi di lauree triennali e 104 classi di lauree biennali. C'è un Paese avanzato che dispone di tanta abbondanza di saperi? La nostra, naturalmente, non é un’abbondanza di saperi, ma di tanti piccoli poteri. Che casa fare oggi? Un punto cruciale è l'indicazione di un indirizzo organizzativo generale che consenta di superare l'anarchia dei modelli adottati e la frammentarietà dei percorsi. Si indichi in particolare, nella forma ritenuta più opportuna, una generale, convenzionale ripartizione dei "credito formativo" tra lezioni e studio e si fissi un qualche vincolo, , sia pur parziale,, sulla numerosità degli insegnamenti. Dia inoltre il Governa un buon esempio nel superamento delle frammentazioni, riducendo drasticamente la ridicola numerosità delle classi dei corsi di laurea. Non ho, tuttavia, molta fiducia che questa sarà la strada seguita: nessuna indicazione del ministro é finora emersa in questo senso e, particolare non irrilevante, ai tavoli tecnici che stanno elaborando le nuove classi dei corsi di laurea e i loro crediti minimi siedono rappresentanti dei tantissimi ordini professionali e non i rappresentanti delle associazioni scientifiche del Paese. _________________________________________________ Il Sole24Ore 13 Dic. 04 CON IL «3+2» PIÙ PUNTUALI ALLA TESI Il «3+2» sta per andare in pensione, ma della sua non lunghissima storia (é stato introdotto con il Dm 509/99, e ha iniziato a operare pienamente sola nel 2001/2002) lascia alcuni buoni frutti nel mondo accademico. I dati emergono dal Rapporto 2004 sullo Stato dell'università che il Comitato nazionale di valutazione del sistema universitaria (Cnvsu) sta elaborando, e riguardano in particolare il maggiore grado di partecipazione degli studenti alla vita universitaria. Si tratta di un discorso di qualità più che di quantità, i cui elementi più indicativi non risiedono quindi nell'aumento delle matricole (peraltro arrestatosi nel 2004/05, che registra un +0,07% rispetto allo scorso anno accademico, ma nel modo in cui chi si iscrive a un corso di laurea vive la propria esperienza di studente. Indicativi a questo riguardo sono i cosiddetti «indicatori di processo» che mostrano, accanto a una flessione degli immatricolati inattivi, un deciso aumento dei «successi» universitari. Considerando i laureati del 2002 nel vecchio ordinamento solo i 4,6% è giunto puntuale all'appuntamento con la tesi, mentre la quota dei laureati in corso del nuovo ordinamento si attesta al 40,9%, molto più in alto anche rispetto ai diplomi universitari triennali (28,9%) Can il «3+2» è cambiata anche la domanda di formazione universitaria. Oltre all'aumento del numero di quanti decidono di immatricolarsi immediatamente dopo la maturità (nel 2003 lo hanno fatto il 76% dei maturi, un livello che non si raggiungeva dal 1992), é cresciuta anche la quota di chi riprende la formazione anni dopo la fine delle superiori nel 2002/03 il 21% di quanti si sono iscritti per la prima volta a un corso dr laurea aveva più di 22 anni, mentre la quota di immatricolazioni tardive» era al 16% solo due anni prima. «Si tratta - sottolinea Guido Fiegna, del Cnvsu -di soggetti motivati, per cui l’eterogeneità degli immatricolati contribuisce anche a diminuire il tasso di abbandono». Il nuovo ordinamento a «Y» non abbandona la prospettiva di un titolo triennale e il sistema delle classi di laurea, che tanta parte hanno avuto nel determinare queste dinamiche positive, ma quali effetti avrà? «Anche nel precedente ordinamento - sottolinea Fiegna - c'era la possibilità di un percorso simile, e molte lauree triennali erano pensate come propedeutiche a un titolo specialistico, L'ordinamento - conclude Fiegna - deve rappresentare un insieme di consigli per non far perdere tempo agli studenti, ma non deve imbrigliare troppo le loro possibilità di scelta Altrimenti l'università si trasforma in un post-liceo», G.iR. _________________________________________________ Il Sole24Ore 14 Dic. 04 IN ARRIVO LE CLASSI ENTRO IL 18 GENNAIO Entro il 18 gennaio le indicazioni per la revisione Scatta il 18 gennaio prossimo la dead time per la consegna delle proposte di revisione delle classi di laurea e di laurea magistrale, necessaria dare attuazione alla riforma a «Y» prevista dal decreto 270/2004. Per quella data i sette tavoli tecnici per macroaree disciplinari dovranno consegnare il risultato del lavoro al sottosegretario all'Istruzione, Maria Grazia Siliquini, cui toccherà -- nell'ambito del gruppo di coordinamento -- risolvere eventuali problemi insoluti e avviare il confronto can le parti sociali. Confronto in tempi ristretti. il confronto per dare corso alla riforma dell'autonomia didattica procede - seconda il sottosegretario - a tambur battente, anche se si é ritenuta di dare qualche giorno in più ai gruppi "discipinari" per definire il manifesto delle nuove lauree e delle lauree magistrali. «Il dialogo tra mondo universitario e Ordini professionali, i cui rappresentanti compongono i gruppi dr lavoro, ha l'obiettivo - dichiara il sottosegretario Siliquini - di fare in modo che l'offerta didattica corrisponda sempre più alle esigenze dei territori in questo senso deve crescere la flessibilità degli atenei L'altro verso della medaglia, però, é rappresentato dalla necessità di rafforzare i vincoli a livello nazionale can riferimento alle materie ritenute indispensabili agli sbocchi professionali» Le classi, Peraltro, se questi sono due tra i capitoli principali della filosofia della riforma secondo il sottosegretario Siliquini i gruppi di lavoro sono stati lasciati liberi rispetto alla determinazione del numero delle classi Sano dunque "archiviate" le indicazioni della commissione presieduta dal rettore delta Luiss, Adriano de Maio, secondo cui occorreva un taglio ai "contenitori" che fissano obiettivi formativi e attività indispensabili per conseguirli Le coordinate dettate dalle classi, con riferimento ai settori scientifico- disciplinari, dovranno poi essere coniugate negli insegnamenti da parte delle università. «I tavoli tecnici - specifica Siliquini - sono liberi e, se ritengono, potranno anche ridurre i corsi "inutili". Dagli Ordini possono venire indicazioni preziose circa gli sbocchi professionali e la preparazione necessaria» I dossier dei tavoli tecnici, assicura Siliquini, saranno poi sottoposti alle altre parti sociali prima di essere "consegnati" al ministro, Per rientrare nei tempi previsti, al sottosegretario ha anticipalo al tavola di coordinamento la possibilità che gli schemi relativi a singole classi vengano presentati al Con man mano che sono pronti. Par dr capire, dunque, che non ci saranno stravolgimenti rispetto alla "geografia" attuale che consiglino una "presa di visione" complessiva. Contenuti e crediti. In ogni caso. i decreti relativi alle lauree dovranno individuare i crediti vincolati - non superiori al 50% dei complessivi, fatti salvi «i corsi preordinati all'accesso alle attività professionali» - per le attività formative di base e caratterizzanti, essendo stato cancellato, tra l'altro, il riferimento alle attività integrative e a quelle scelte dallo studente. La riforma, per quanto riguarda le lauree, ha scelto il percorso a «y», con l'alternativa - al termine del primo anno - tra un indirizzo professionalizzante e uno con valenza metodolagico-scientifica Per le lauree magistrali i crediti vincolati, sempre per gli stessi "insiemi" di attività, sono il 40% del totale In questa caso, però, i decreti dovranno definire anche le ' attività negli ambiti disciplinari affini a integrativi, quelle scelte dallo studente e quelle relative alla prova finale, che per la laurea magistrale - articolata in 120 crediti - continua a configurarsi come <