MATRICOLA SORU: POCHI ESAMI, TANTI FLOP - I LEGIONARI (LAUREATI) DI CRISTO - L'ANNO MONDIALE DELLA FISICA. - LA FISICA NON È UNA RELIGIONE. - PERCHÉ BISOGNA AVER PAURA DELLE CARRIERE FULMINEE - UN NUOVO NEMICO PER L’UNIVERSITÀ: LO STUDENTE-CLIENTE - MENO STUDENTI STRANIERI NEGLI USA: UN' OCCASIONE PER L' UE- ITT INVESTIRÀ IN RICERCA L'87% DEI FONDI - CNR: CREARE CARROZZONI, UN BREVETTO ITALIANO - II CNR UMANISTA - GRANDI SCOPERTE PERICOLO DI INGANNI - CAVIE SITTER «CONCORSO IRREGOLARE» - CONCORSO IMPOSSIBILE PER I "CAVIE-SITTER" - CENTOCINQUANTA MILIONI PER LE NANOTECNOLOGIE - MISTRETTA: «COMUNI TROPPO EGOISTI» - IL MAGNIFICO MISTRETTA SI RICANDIDA - UNIVERSITÀ, IL FUTURO IN PROVETTA - COMPLESSO È PIÙ CHE COMPLICATO... - SORGERÀ A RIU SALIU IL CENTRO UNIVERSITARIO DI MEDICINA SPORTIVA - CONSOLO CONDANNATO PER PLAGIO - ======================================================= SERVONO SCUOLE PER LA TERAPIA DEL DOLORE - RELIGIONE E MEDICINA - SANITÀ, IL DIRITTO ALLA FORMAZIONE DEI GIOVANI MEDICI - BINDI:QUESTA SANITÀ CI CURA MALE" - SASSARI,ALL’ASL 1 È INIZIATA L’ERA ZANAROLI - CI SARÀ UNA SOLA AZIENDA OSPEDALIERA" - BROTZU: TRAPIANTO DI FEGATO, È GIÀ ROUTINE - Il Brotzu centro pilota nella lotta al diabete - BROTZU: NUOVO ESPOSTO DEL PRIMARIO TRASFERITO - RONCONI: LA LOTTA PER IL POTERE ALL’OSPEDALE - SCIENZIATI CORROTTI DALLE MULTINAZIONALI DEL FUMO - TOPI ALLA SALVIA HANNO DETTO ADDIO ALLA BOTTIGLIA - DIETE NEL MIRINO DEI RICERCATORI - COME SI PERFEZIONA LA RADIOTERAPIA - IL BIOLOGO CHE MISE LE MUTANDINE AI ROSPI - SCOPERTO IL GENE CHE CONTROLLA I CAPELLI BIANCHI - SASSARI: TEST RIVOLUZIONARIO PER L’ULCERA ALLE GAMBE - QUEL VIRUS ADDORMETATO E I SUOI RISVEGLI - PROTESI ACUSTICHE TUTTE "DENTRO" - INFARTI GIOVANILI, INFIAMMAZIONI TRA LE CAUSE - "NON DATE CELLULARI AI BAMBINI" - LA VIA DI BRUCE - ======================================================= ________________________________________________ L’Unione Sarda 04 gen. ’05 MATRICOLA SORU: POCHI ESAMI, TANTI FLOP Università e mondo produttivo sul primo semestre della Giunta La matricola Renato Soru deve presentarsi agli esami, il rodaggio non può durare all'infinito. L'invito al governatore della Sardegna arriva dal mondo universitario e, con identica urgenza, da quello delle imprese e dei commercianti. Che, fatto salvo il lungo apprendistato del presidente, chiedono qualcosa di concreto e non risparmiano valutazioni su quanto fatto e non fatto in questa prima tranche di governo regionale. Iniziamo dalla Confindustria che scrive un trenta nel libretto di Soru per la trattativa sul prezzo del latte ovino. Ma registra anche tre clamorosi flop: voto molto al di sotto del 18. Lo dice il presidente Gianni Biggio. "In questi mesi sono stati aperti molti fronti. Su alcune questioni non siamo affatto d'accordo. Iniziamo dal Dpef: carico di elementi politici ma vuoto di contenuti economici. Aspettiamo il bilancio per vedere quali sono i reali orientamenti dell'esecutivo dopo lo stop su alcune partite". Governatore bocciato anche in materia coste. "Non possiamo condividere le scelte fatte da questa Giunta. E vero che c'era la necessità di organizzare lo sviluppo urbanistico delle coste, ma quel decreto comporta soprattutto il blocco di attività economiche e produttive che non sono affatto da tenere in secondo piano". Altro esame non superato per la Confindustria è quello sulla politica industriale, "chimica, industria metallurgica e questione energetica". Per Biggio le urgenze sono tante "l'anno bisesto è finito", dice e "ora bisogna rimboccarsi le maniche. Subito le agenzie regionali di sviluppo". E poi direttive precise sulla funzione della Sfirs. "Ormai non si può più attendere", attacca Diego Casu, presidente Api Sarda. "Sono necessari fatti concreti". Il riferimento è per esempio allo sportello unico per le attività produttive. "Avevamo concesso sei mesi". Tempo scaduto. Alberto Verona, patron della discoteca Sottovento di Porto Cervo, liquida il primo semestre con uno sconsolato "un disastro in tutti i settori". E spiega: "Non sono affatto contento, per quello che ho potuto notare, questi sei mesi sono stati negativi per le scelte fatte". Meno catastrofico il presidente provinciale della Confcommercio della provincia di Cagliari, Giancarlo Deidda: "È passato poco tempo per qualsiasi valutazione. I primi segnali sembrano promettenti. Per il comparto del commercio le nostre strutture hanno lavorato con l'amministrazione regionale per varare la legge sul commercio. Certo, non è ancora il toccasana di tutti i mali, sarà certamente perfettibile, vedremo nelle prossime settimane". Università Il rettore di Cagliari, Pasquale Mistretta, in veste istituzionale parla di semestre positivo: "Il presidente Soru e l'assessore alla Sanità Nerina Dirindin, sono riusciti a concretizzare una vicenda che durava da tempo. Mi riferisco al protocollo Università-Regione per la nuova azienda sanitaria, abbiamo avuto un rapporto di stima reciproca e di agilità nel portare avanti le varie fasi". Debito del Policlinico universitario: "Abbiamo chiuso una lunga vertenza sul debito regionale pregresso dovuto al Policlinico. Seguo con attenzione", aggiunge, "la vicenda della formazione dei giovani al di fuori del sistema scolastico e condivido la linea del presidente improntata a fare ordine e chiarezza. Credo inoltre che la prossima finanziaria ci consentirà di avere risposte concrete su molti problemi della ricerca. Bene anche per il parco scientifico di Pula "attorno al quale si stanno muovendo risorse importanti. La Regione sta dando un taglio chiaro per raggiungere obiettivi di impresa e di occupazione". Meno ottimista quando invece parla da cittadino. "Come Pasquale Mistretta invece non nascondo di avere qualche perplessità. La legge delle coste, per esempio, non mi convince affatto. Due chilometri sono una formula astratta, valida solo perché nessuno si lamenti e tutto abbia un uguale trattamento. In realtà però la Sardegna si diversifica. Non ha senso parlare di due chilometri tout court mentre andrebbe fatto un discorso più reale, calato nelle diverse realtà costiere. Infine noto molte difficoltà di assestamento nel rapporto tra presidente, giunta e consiglio". Anche per il rettore di Sassari, Sandro Maida parlare di bilancio è ancora prematuro. "Troppo presto anche se i segnali mi sembrano di buon auspicio. Tante le iniziative avviate e colpisce anche in questo senso la grande celerità e la forte determinazione dimostrata da questo esecutivo. Seguo con particolare speranza e fiducia", aggiunge il rettore, "quelle iniziative rivolte all'università, sia nel settore della formazione e della ricerca, che in quello della sanità. Sono stati firmati i protocolli di intesa nell'ottobre scorso per la formazione e per l'assistenza e c'è un impegno ufficiale a definire entro sei mesi, la costituzione delle aziende mista ospedaliere universitaria, presupposto fondamentale per una più qualificata formazione di ricerca e assistenza nel settore della facoltà di medica e non solo". Attesa dunque. Le altre sessioni di esame sono molto vicine: non passare gli esami significa andare fuoricorso. Roberto Ripa ________________________________________________ L’Unità 13 gen. ’05 I LEGIONARI (LAUREATI) DI CRISTO C’è qualcuno tra i lettori che sa che cosa è l'università privata della congregazione cattolica dei Legionari di Cristo, destinata ad aprire i battenti a Roma nel prossimo ottobre? E qualcun altro che sa perché la scuola Jean Monnet ha ricevuto due milioni di euro e altrettanto ne riceverà nei prossimi due anni per trasformarsi in una nuova Facoltà? Potrei sbagliarmi ma temo di ricevere risposte negative. La verità è che, leggendo un documento a tratti noioso ma sempre ricco di interessanti novità quale è la Legge Finanziaria dello Stato per il 2005 (che consta di 593 commi senza alcun ordine), confesso di essermi fermato più di una volta incerto tra l'ilarità e la disperazione Due sentimenti contrastanti e non di rado difficili da conciliare. Ma poiché, a differenza dell'attuale presidente del Consiglio che dice di rivolgersi sempre anzitutto agli studenti dell'ultimo banco (intendendo quelli che non studiano), continuo ad aver fiducia negli italiani come nei miei lettori, confido di riuscire a comunicare a questi ultimi sensazioni simili a quelle che ho provato io. Non l'indignazione, per carità, perché altrimenti c'é qualcuno anche nel centro- sinistra che la indica come un atteggiamento disdicevole e magari pericoloso. Parlo di un'istituzione come quella universitaria che dovrebbe, secondo quel che dicono gli economisti più avanzati di mezzo mondo, rappresentare, insieme con la scuola e con la ricerca scientifica, uno dei settori cui dedicare il maggior investimento ai fini dello sviluppo economico del paese e che é invece in una situazione drammatica, come hanno dimostrato all'inizio dell'anno scorso le annunciate dimissioni in massa dei rettori italiani e in autunno la forte mobilitazione di tutte le componenti universitarie di fronte ai provvedimenti del governo in arrivo sul fronte dello stato giuridico e della nuova ristrutturazione didattica, oltre che per la crescente mancanza di risorse. Sull'università e sulla ricerca scientifica sono le cifre macro-economiche a parlare chiaro. Grandi e piccoli atenei, da alcuni anni a questa parte, distribuiscono fondi ridicoli per la ricerca ai docenti e ai ricercatori e la percentuale della ricerca pubblica é ferma allo 0,9 per cento di fronte a percentuali sempre maggiori degli altri stati europei, per non parlare dei primi della classe come gli Stati Uniti e il Giappone che hanno superato il tre per cento annuo rispetto al PIL. Siamo gli ultimi della classe e colpisce l'abisso che c'é tra le dichiarazioni del ministro Moratti e la situazione reale, il CNR é punito da questo governo in maniera crescente come se l'obbiettivo fosse semplicemente quello di chiuderlo a tempo indeterminato. Ma tutto questo non basta. In un anno che si caratterizza per la penuria di risorse in questo settore e che segna per alcune grandi università (é il caso di Roma Tre, per far soltanto un esempio) una consistente diminuzione di fondi rispetto agli scorsi anni, il governo ha deciso di attribuire mezzi rilevanti (ho fatto il caso dei Legionari di Cristo, noti per essere un ateneo che ha in altri paesi un indirizzo fortemente integralista ma altri se ne potrebbero fare) a scuole gradite sul piano politico all'esecutivo e a volte sprovviste per comune riconoscimento, di quel grado di eccellenza sul piano didattico e scientifico che solo potrebbe giustificare un simile trattamento. Così é singolare il caso della scuola Jean Monnet che negli anni scorsi ha distribuito borse di studio e cattedre di insegnamento per studi europei, secondo criteri più o meno misteriosi, e che di colpo diventa una nuova facoltà dotata di grandi risorse in omaggio non si sa bene a quali obbiettivi. Un senatore che ha lunga esperienza di cose universitarie, avendo presieduto a lungo la Conferenza nazionale dei rettori, come Luciano Modica, nel suo intervento in Senato per motivare il voto contrario dei Democratici di sinistra alla legge finanziaria, ha usato parole precise a proposito del caso appena citato che vale la pena riprodurre. Facendo alcun esempi dei criteri usati per l'assegnazione dei fondi alle università, il senatore Modica ha detto: “Il centro San Raffaele del Monte Tabor, sicuramente di grande interesse scientifico nel campo medico, riceve 15 milioni di euro. Voi direte: a seguito di un'accurata valutazione internazionale. No,niente. Sappiamo che una scuola di ateneo a me ignota, la “Jean Monnet” (di quale università non lo sappiamo) si trasforma per legge in facoltà, saltando a pié pari tutte le regole di programmazione dello sviluppo universitario. Questa scuola riceve due milioni annui, da ora in poi. Quindi avremo un piccolo fondo nel bilancio dello Stato ad esso destinato. Sarà importantissima non dico di no,ma é un pezzetto di un'anonima università.” A un simile intervento, pronunciato in un'aula in cui erano presenti soltanto quattro senatori della maggioranza di centro-destra, con l'abituale rispetto che si riserva agli interventi dell'opposizione prima dell'abituale voto di fiducia, non é stato dato dal governo nessuna risposta. Per arroganza o per mancanza di argomenti da opporre. Lascio a chi mi legge la risposta all'interrogativo. Vorrei ricordare soltanto un precedente interessante di cui ormai molti si sono dimenticati. Il governo Berlusconi non é nuovo a simili incursioni in campo universitario. Nel 2002 il protagonista fu l'allora ministro dell'Economia e attuale vicepresidente di Forza Italia, proprio quello che scrisse anni fa per l'editore Laterza un libro intitolato Lo stato criminogeno. Due anni fa Tremonti decise di trasformare di colpo in bianco in una facoltà universitaria la Scuola Superiore di Studi tributari, riservata fino a quel momento ai funzionari del suo ministero, e stabilì che per legge gli insegnanti di quella scuola, di solito dirigenti del ministero, fossero nominati moto suo professori universitari di prima fascia, cioé professori ordinari. Un bell'esempio non c'é che dire di rispetto delle regole di programmazione universitaria e della legge per la nomina dei professori universitari. Ora le eccezioni si moltiplicano e le lobbies, vicine o gradite al governo, diventano assegnazioni privilegiate e arbitrarie della legge finanziaria. A quando la nomina per chiara fama dei sodali del nostro monocrate? Non c'é che aspettare i prossimi capitoli di questa storia italiana. In un anno che segna per alcune grandi università una consistente diminuzione di fondi, il governo attribuisce mezzi rilevanti a scuole gradite sul piano politico ________________________________________________ Il Messaggero 3 gen. ’05 SONO MOLTE IN ITALIA LE MANIFESTAZIONI PREVISTE PER L'ANNO MONDIALE DELLA FISICA. A Roma, i dipartimenti di Fisica delle università La Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre hanno organizzato una serie di manifestazioni in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, il Cnr, l'Agenzia Spaziale Italiana, l'Istituto Nazionale per l'Astrofisica - Osservatorio di Monte Porzio, l'Enea e l'Esrin (European Space Research Institute). Tra le iniziative una mostra itinerante allestita su 12 autobus che gireranno per l'Italia, rappresentazioni teatrali (come il Galileo Galilei di Brecht all'osservatorio di Monte Porzio con possibilità di osservare le lune di Giove), simulazioni di esperimenti sulle scoperte fondamentali di Einstein (effetto fotoelettrico, moto browniano e teoria della relatività), lancio di palloni stratosferici e infine un'esposizione degli strumenti originali usati da Enrico Fermi e dallo storico gruppo di via Panisperna. Nelle scuole di Milano girerà la manifestazione teatrale Lo spettacolo della Fisica . Il Museo Tridentino di Scienze Naturali organizza, dal 12 marzo 2005, la mostra I Giochi di Einstein , con oltre 50 installazioni e oggetti per scoprire la natura e il senso delle scoperte del più noto scienziato del XX secolo. Per informazioni sugli eventi del centenario, è possibile consultare il sito internet dell'anno mondiale della fisica (in Italia): http://www.wyp2005.it/ ________________________________________________ Il Messaggero 3 gen. ’05 LA FISICA NON È UNA RELIGIONE. Se lo fosse sarebbe molto più facile ottenere finanziamenti Leo Lederman premio Nobel per la fisica di ROMEO BASSOLI CENTO anni fa, un oscuro impiegato dell'Ufficio brevetti di Berna, Albert Einstein, pubblicava sulla rivista scientifica tedesca Annalen der Physik tre articoli scientifici. In uno, dimostrava definitivamente la natura atomica della materia. Nel secondo, stabiliva che la luce è fatta di fotoni costituiti da "pacchetti" di energia chiamati quanti. Nel terzo spiegava la teoria della relatività ristretta. Era la rivoluzione della fisica: una nuova idea dell'Universo e delle sue leggi si apriva la strada e su questa avrebbero poi brillato anche di luce mediatica gli scienziati che si rendevano protagonisti di questa scienza. Era anche una rivoluzione contro il senso comune. Tanto che, ai giornalisti che, per molti anni a venire, lo avrebbero tormentato per avere una versione della relatività in una battuta, Einstein avrebbe spiegato così: "Prima, si credeva che se ogni cosa fosse scomparsa dal mondo, sarebbero comunque rimasti lo spazio e il tempo; dopo la teoria della relatività, si crede che assieme alle cose scomparirebbero anche lo spazio e il tempo". Prima e dopo. Il confine è il 1905, l’"anno mirabilis" della fisica, i dodici mesi in cui l'Universo di Newton venne soppiantato da un altro, più coerente ma molto meno intuitivo. Quello di Einstein. Per ricordare quel confine della cultura dell'uomo, l'Unesco ha proclamato l'anno che abbiamo davanti, il 2005, "Anno mondiale della fisica". In tutto il pianeta, sono già centinaia le iniziative programmate, dalla festa con le magliette di Einstein al serissimo convegno di specialisti, dalla mostra itinerante alla rappresentazione teatrale, dall'inaugurazione del nuovo laboratorio all'osservazione della Luna. In Italia, tra Università, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Cnr e altre strutture, le iniziative previste sono già decine. Perché nel 2005 si festeggerà tutta la fisica, la "nuova fisica" come è stata definita, che si è sviluppata nel corso del ventesimo secolo. La scienza cioè che ha rotto la costruzione newtoniana dell'Universo ma che comunque non riesce ancora, cento anni dopo, a ricondurre nell'ambito di una teoria unificata il comportamento della materia e dell'energia a ogni livello. Certo, quando Einstein propose la sua teoria della relatività nel 1905, non ci furono titoli sui giornali. La comunità scientifica ci mise qualche anno per analizzarla e accettarla, trovando poi la risposta agli interrogativi che sollevava nella sua versione (la "relatività generale") nel 1916. Einstein avrebbe ricevuto il Nobel solo nel 1921. Ma nel 1905 per la prima volta veniva spiegato in modo nuovo il comportamento della materia e dell'energia. Einstein si allontanava dal senso comune spiegando che non esistevano punti di riferimento privilegiati nell'Universo, che materia ed energia sono modi diversi di manifestarsi della stessa entità. E' la nascita della famosa formula E=mc2, che nasce dalla sua osservazione generale: "La massa di un corpo è una misura del suo contenuto di energia". Massa ed energia diventavano interscambiabili, ma non equivalenti e questo porterà a concepire una bomba, quella atomica, che trasforma pochi chilogrammi di massa in una mostruosa quantità di energia. E poi l'altra grande novità: il tempo e lo spazio non sono più entità assolute. Anzi, fanno parte di un'unica realtà a quattro dimensioni. Per capire quanto fosse devastante questa idea, bisogna pensare che da pochi anni si era concluso un complicato processo scientifico, tecnologico e politico che aveva portato alla prima regolazione degli orologi sul pianeta. Un'esigenza nata dalla diffusione dei trasporti di massa (i treni e le navi che stavano ricoprendo il mondo con le loro rotte) e che implicava per la prima volta per milioni di persone il contatto con l'idea newtoniana di tempo assoluto che si declinava, meridiano dopo meridiano, lungo il pianeta. Poi, sarebbe arrivata la teoria della relatività e il tempo avrebbe perso il suo ruolo principe. La stessa teoria che avrebbe cambiato un altro tempo: quello del cosmo in cui viviamo. Grazie alla teoria della relatività è stato infatti possibile capire che viviamo in un Universo in evoluzione, che cambia nel tempo, espandendosi e raffreddandosi. Sappiamo che la storia di questo nostro Universo è iniziata circa 14 miliardi di anni fa, con la grande esplosione, un Big Bang, di un punto molto denso e caldo. Sappiamo che ci sono dentro oggetti come i "buchi neri" che la fisica pre-1905 non avrebbe potuto concepire. Grazie a quella rivoluzione di cento anni fa, la fisica ha dominato il mondo della scienza per quasi tutto il '900. Poi, sul finire del secolo, ecco che il cono di luce si sposta sulla biologia, la genetica, la nuova medicina. Si è esaurita la spinta propulsiva della fisica? Non c'è più nulla da scoprire? Secondo un autorevole osservatore, il presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Roberto Petronzio, "la fisica si sta solo prendendo dei tempi più lunghi. Fino agli anni 70 i tempi per realizzare un esperimento importante con gli acceleratori di particelle erano di uno o due anni. Oggi ne costruiamo di così grandi e gli esperimenti sono così complessi, che gli anni necessari sono diventati 10. Questo contribuisce a togliere fascino mediatico alla fisica". Che ha dovuto comunque pagare il minore interesse militare e politico della guerra fredda e, inevitabilmente, la diffidenza dell'opinione pubblica dopo Chernobyl. In realtà, la ricerca in fisica sta andando per strade diverse da quelle del '900. Costruisce oggetti per le nuove comunicazioni come il Web (nato al laboratorio europeo di fisica del Cern di Ginevra) e insegue nuovi perché: "Non ci interessa tanto sapere quante particelle esistono - spiega Petronzio - ma perché ci sono, perché sono raggruppate in tre famiglie, perché lo spazio-tempo potrebbe avere non le 4 dimensioni di Einstein ma molte di più". Per Petronzio, questi sono anni di attesa e lavoro e preparazione. La svolta dovrebbe arrivare con i primi articoli sulle riviste scientifiche del 2009. "Allora, le macchine, come il nuovo acceleratore di Ginevra, dovrebbero aver sfornato i primi dati". Sarà un'altra rivoluzione? ________________________________________________ Corriere della Sera 26 Dic. 04 PERCHÉ BISOGNA AVER PAURA DELLE CARRIERE FULMINEE Un tempo i professori universitari di ruolo erano pochissimi ed avevano un grande prestigio. Vincere un concorso significava diventare famosi. E c'era in quell'epoca un detto: che quando uno diventava professore "perdeva la testa". Uno, sempre gentile, diventava un despota, l'altro lasciava la moglie e scappava con una allieva, un altro ancora smetteva di scrivere libri scientifici e si lanciava in polemiche sguaiate. Perché aver raggiunto il potere, la sicurezza, una sorta di invulnerabilità, consentiva loro di liberare gli impulsi proibiti, rimossi. Si trattava certo di una esagerazione. Vedevo attorno a me tanti professori di valore, equilibrati ed obbiettivi. Eppure c'era una saggezza in quel detto. Il potere cambia, soprattutto il potere improvviso. E può cambiare per il meglio o per il peggio. Ho visto persone che, quando gliene è stata data l'opportunità, hanno sviluppato una energia ed una creatività straordinarie. E' alla morte del padre Filippo che, diventato re, Alessandro può manifestare il suo genio politico e militare. Ma quel genio, quella ricchezza ce l'aveva già tutta dentro. Altri non hanno dentro niente: molti figli di grandi imprenditori, alla morte del padre, sono riusciti soltanto a distruggere tutto quanto l'altro aveva costruito. Non bisogna credere alla menzogna secondo cui questi comportamenti dipendono dall'aver avuto buoni o cattivi maestri. Padri generosi hanno avuto figli miserabili, ottimi maestri allievi dissennati. Tutto dipende da ciò che quella persona si portava dentro, dalle qualità innate e dalla struttura morale che aveva prima di raggiungere il potere. Se ora ci appare avida, invidiosa e vendicativa, è perché lo era già prima. Però nascondeva i suoi difetti in pubblico. Molto meno in privato. Molte persone ufficialmente irreprensibili sono diverse fra le mura domestiche e con i deboli che non possono parlare. Col potere rivelano la loro vera natura. Ho in mente chiaramente tre di questi personaggi. Uno si comportava da topo da biblioteca, un altro da bonaccione accomodante, il terzo da ragazzone gioviale. Poi, improvvisamente, sono stati scaraventati in un’alta posizione di comando. Il topo da biblioteca si è scatenato in feroci vendette e in orge sessuali. Il bonaccione si è dimostrato collerico e corrotto. Il terzo dispotico, invadente e intollerante. E’ per questo motivo che, salvo eccezioni, bisogna aver paura delle carriere inaspettate e fulminee. Bisogna avere paura dei dittatori. Di Cenerentola diventata improvvisamente regina. Meglio chi si è abituato gradualmente al comando, chi lo ha esercitato a lungo, chi si è messo più volte alla prova. Costui non ha brame sfrenate da soddisfare, non viene preso dalla vertigine dell'onnipotenza, non si abbandona ad eccessi. Sa che il potere è inseparabile dalla responsabilità. E sa che la cosa più importante non è l'autorità formale, ma l'autorevolezza. E l'autorevolezza non si ottiene con le urlate e gli isterismi. Perché è una statura morale. E non te la dà nessuno. Te la costruisci tu nel tempo superando gli ostacoli, dando prova di fermezza e di giustizia. Dimostrando che sai fare bene, meglio degli altri. www.corriere.it/alberoni ________________________________________________ La Stampa 10 gen. ’05 UN NUOVO NEMICO PER L’UNIVERSITÀ: LO STUDENTE-CLIENTE DEI concorsi universitari sappiamo ormai tutto - io stesso ne ho denunciato su queste pagine l'intollerabile finzione, aggravatasi con la «riforma»; dei limiti e delle colpe di tanti docenti, non solo quelli recentemente selezionati (si fa per dire) con i concorsi «nuovi», si deve dire tutto il male possibile; dei problemi strutturali - mancanza di spazi, deficit di bilancio, disorganizzazione delle facoltà, silenzio dei dipartimenti, perversi effetti delle politiche governative… - qualcosa si sa, anche se meno. Ciò di cui, invece, non si parla mai, è la situazione del personale non docente: degli amministrativi, in specie. I quali, in realtà, sono la spina dorsale del sistema, nel bene e nel male. In generale la condizione del personale non docente ripropone la situazione del pubblico impiego: pochi lavorano, autentici eroi sconosciuti della quotidianità, dentro strutture che funzionano proprio grazie a costoro, di solito collocati nei livelli medi o anche mediobassi. Sulle loro spalle, poggiano, parassitariamente, i tanti che fingono di dare un contributo, o nemmeno, spesso, si preoccupano di fingere, protetti, oltre che da politiche sindacali spesso miopi e ipercorporative, da reti di rapporti clientelari. Ma forse è il caso di cominciare a guardare con attenzione a tale comparto, se si vuole capire meglio il motto che circola ormai negli atenei italiani: «L'università è un cane morto». Se non è morto, è moribondo. Ho avuto notizia, come tanti colleghi, in diverse sedi universitarie, di episodi più o meno gravi, che configurano un quadro in cui si riconoscono dei comportamenti standard. Proviamo a catalogarli. Si fanno errori di segreteria che possono danneggiare degli studenti. Danni involontari e normalmente rimediabili: gli studenti protestano con i responsabili delle strutture, i quali, con la complicità della dirigenza e nel silenzio dei colleghi, non trovano di meglio che cambiare sede e mansioni per punizione agli impiegati coinvolti, anche se appartengono, guarda caso, al novero dei pochi che lavorano e credono nel loro lavoro. Si citano diversi casi di studenti o studentesse che si situano in una fascia bassa di reddito, dunque con tassazione ridotta: per distrazione capita che vengano inseriti nella fascia superiore; quando lo fanno presente ai dirigenti, questi si fiondano, con le «vittime», nella segreteria dove è stato commesso il «crimine»: lì può accadere che l'impiegato/a colpevoli siano pubblicamente messi sotto accusa. Un caso frequente è quello di impiegati che si accorgono di laureandi cui mancano uno o addirittura più esami; tuttavia possono bloccare le lauree soltanto se i laureandi non hanno parenti e amici potenti, talvolta anche interni alle università. Agli impiegati che si volessero intestardire perché si applichino le regole, di solito non rimane che chiedere il trasferimento. In queste vicende sono stati coinvolti anche studenti non raccomandati, che macandogli un esame se lo vedono abbuonare, essendo nella medesima tornata dei figli di papà. Al di là del fatto che l'organizzazione delle università italiane - vi sono isole felici, certo - è periclitante; al di là della selezione dei dirigenti che è peggiore persino di quella dei docenti (la regola dei concorsi, interni ed esterni, è infatti una loro totale finzione, e basta leggere attentamente un bando qualsiasi per capire come i concorsi siano ritagliati su misura di coloro che debbono vincere, e che, curiosamente, sono spesso congiunti di dirigenti o di professori dell’ateneo); al di là di tutto ciò, gli episodi propongono una novità. Questa novità è il potere oggettivo di cui godono attualmente gli studenti, che nella logica aziendalista imposta agli atenei non sono discenti di cui la collettività si assume l'onere di una formazione superiore, ma semplici, preziosi, clienti da accapparrare e non perdere (gli apparati che segnano l'arrivo di uno studente a uno sportello mostrano sul display, senza infingimento, appunto la parola «cliente», seguita da un numero progressivo). Il cliente ha sempre ragione; guai a contrariarlo: potrebbe portare altrove il gruzzolo non indifferente delle tasse universitarie. E la gara tra atenei (ma anche tra facoltà: non è un caso che una fetta non irrilevante di bilancio sia impiegata in spot per richiamare iscritti) è un'applicazione letterale e grottesca, della «logica del mercato». Risultato? All'abbassamento costante del livello della docenza, si aggiunge, in uno stato precomatoso delle strutture - che anche i più energici tra i rettori (posto che ne abbiano le intenzioni) non riescono a fermare - un nuovo elemento: il potere di ricatto dei clienti, che, con la complicità di un personale corrivo e indifferente alle sorti del sapere di cui le università dovrebbero essere il tempio, contribuirà forse a dare il colpo di grazia al moribondo. Nel '68 abbiamo reclamato il «potere agli studenti»: non era questo che avevamo in mente. ________________________________________________ Corriere della Sera 10 gen. ’05 MENO STUDENTI STRANIERI NEGLI USA: UN' OCCASIONE PER L' UE SERGIO ROMANO Romano Sergio Ho letto in un giornale americano che è diminuito, in questi ultimi tempi, il numero degli studenti stranieri nelle università degli Stati Uniti. Sembra che le disposizioni di sicurezza prese da Bush dopo gli attentati dell' 11 settembre abbiano fortemente complicato le procedure d' iscrizione. Forse si vuole evitare che i terroristi si iscrivano nelle scuole americane per avere una copertura e acquisire al tempo stesso le conoscenze di cui avranno bisogno per i loro attentati. Ricordo che alcuni degli attentatori dell' 11 settembre avevano frequentato una scuola di volo. Che cosa ne pensa? Fabio Marini, Genova Caro Marini, alcuni organi di sicurezza (in particolare l' Fbi e il nuovo Dipartimento creato da Bush) temono probabilmente che le università diventino un vivaio di potenziali terroristi. Ma la classe dirigente sa che la presenza di professori e studenti stranieri nelle università americane è uno dei fattori che ha maggiormente contribuito all' egemonia degli Stati Uniti nel mondo. Questa presenza è il risultato di una strategia che risale alla fine della Seconda guerra mondiale e in particolare all' iniziativa di un senatore, William Fulbright, allora presidente della Commissione Affari esteri. Fulbright lanciò un programma per la concessione di borse di studio a studenti americani e stranieri. Dall' anno della sua fondazione (1946) il «programma Fulbright» ha dato borse a 255.000 «fulbrighters», di cui 96.400 provenienti dagli Stati Uniti e 158.600 provenienti da altri Paesi. Il programma esiste ancora e offre ogni anno 4.500 borse o contributi. Accanto a questo programma è emerso col tempo un fenomeno per molti aspetti più importante: lo straordinario esodo accademico dalle università europee verso le università americane di parecchie decine di migliaia di docenti. Provocato da ragioni prevalentemente politiche sino all' inizio della Seconda guerra mondiale, il fenomeno è diventato sociale e culturale negli anni successivi. Interi comparti della ricerca e della scienza europee si sono spostati al di là dell' Atlantico. Pochi altri avvenimenti hanno avuto conseguenze così profonde e durature. L' esodo ha straordinariamente arricchito le università americane e drammaticamente impoverito le università europee. Insieme alla loro intelligenza e ai loro progetti i professori europei hanno portato con sé i loro studenti. Intendo dire che le loro cattedre sono diventate un centro di attrazione per i giovani europei più promettenti. La morte di Franco Modigliani ci ha ricordato quanti italiani abbiano studiato con lui al Massachusetts Institute of Technology: professori di economia, funzionari della Banca d' Italia e del ministero del Tesoro, spesso prestati alla politica in questi ultimi anni per periodi più o meno lunghi. Insomma una parte non piccola della classe dirigente economica italiana è passata dal Mit. E' accaduto, naturalmente, anche per docenti di altri Paesi. Questi itinerari accademici hanno prodotto una classe dirigente europea che ha una formazione nazionale e una specializzazione americana. Provi a collocare le università europee intorno a un cerchio e scoprirà che il fulcro del cerchio è rappresentato dalle istituzioni accademiche americane. E' l' università americana il luogo in cui i migliori giovani europei si incontrano, fanno esperienze e progetti comuni. L' Alma mater, vale a dire la patria accademica della classe dirigente europea è negli Stati Uniti. Può darsi che molti giovani talenti europei sviluppino durante il loro soggiorno un atteggiamento critico verso la cultura americana. Ma è un fenomeno fisiologico, statisticamente irrilevante. Anche dalle scuole dei gesuiti esce inevitabilmente una certa percentuale di anticlericali; ma queste frange non hanno mai impedito ai gesuiti di avere una considerevole influenza sulla formazione della classe dirigente europea. Dovremmo forse opporci a questo esodo. Peccheremmo di un inutile e illiberale dirigismo educativo, del tutto incompatibile con le esigenze dell' Europa. Ma faremmo bene a ricordare che esso rallenta, di fatto, la nascita di una classe dirigente europea. Se l' America diventa meno desiderabile spetta a noi cogliere l' occasione per trattenere in Europa i nostri migliori talenti e attrarre verso le nostre università i giovani più promettenti degli altri continenti. ______________________________________________________ Corriere della Sera 10 Gen. 05 ITT INVESTIRÀ IN RICERCA L'87% DEI FONDI II budget 2005 è di 28 milioni di euro. Da febbraio selezione degli scienziati. Grilli e Cingolani affiancati da Roland Berger. Aspettative e timori. Oramai ci siamo. Dopo 13 mesi di gestazione, l'Istituto italiano di tecnologia (l'Iit) è al primo vagito. Questo mese partiranno i bandi per 35 dottorati di ricerca; poi sarà la volta delle gare per attrezzare 12.800 metri quadrati di laboratori della sede provvisoria dei Magazzini del Cotone, a Genova. Quindi, in febbraio, il Comitato d'indirizzo e regolazione (detto anche «board of trustees» ) esaminerà l'annesso tecnico al piano scientifico, che mappa millimetricamente il territorio su cui si muoverà l’Iit all'interno dello tre piattaforme - nanobiotecnologie, neuroscienze e robotica-definite dal documento base. A quel punto, potrà iniziare la selezione degli scienziati. Ancora top secret, l'annesso tecnico è stato messo a punto in due mesi dal direttore scientifico Roberto Cingolani e dai tre «platform leader» che lo affiancano con un incarico a termine: per le nanobiotecnologie, Fabio Beltram (professore alla Normale di Pisa), per le neuroscienze Lamberto Maffei (direttore dell'Istituto di neurofisiologia del Cnr di Pisa e professore di neurobiologia alla Normale) e per la robotica Giulio Sandini (Università di Genova). «Dobbiamo fare in fretta - dice Cingolani, che ha 43 anni e dirige il Laboratorio nazionale di nanotecnologia a Lecce, dove lavorano 170 ricercatori con il coinvolgimento di 4 multinazionali-. Perché spesso nella ricerca il tempo è una variabile più importante del denaro». Il budget 2005 dell'Iit prevede spese per 28 milioni, l"87% dei quali per la ricerca (inclusi i dottorati); il restante 13% è destinato al supporto amministrativo. In particolare, 20 milioni saranno investiti nei laboratori e 4 serviranno a pagare i ricercatori e i dottorati. Sono pressoché gli unici soldi finora impegnati dal commissario unico Vittorio Grilli per il biennio di start- up che si chiuderà in novembre. Infatti, secondo i dati forniti dall'Istituto, nel 2004 sarebbero stati spesi poco più di 400 mila euro: per lavori nella sede di Roma, por 1e cinque persone attualmente in staff (Grilli ha rinunciato al compenso), per il sito Internet e per l'attività del board, composto da 23 membri, inclusi 4 premi Nobel. Proprio la composizione del board - che, oltre a scienziati di fama, vede personalità dell'industria e della finanza come Gabriele Galateri (Medio banca), Pasquale Pistorio (Stm), Remo Pertica (Finmeccanica) e John Elkann (Fiat)-testimonia del consenso riscosso dall'idea di costituire l’ Iit. Ovvero un istituto che intende operare in territori alla frontiera del sapere e ha come fine l'alta formazione e la realizzazione di una catena del valore che, partendo dalla ricerca di base, approdi alla scoperta scientifica e da questa al mondo produttivo. Eppure Flit non è nemmeno ipotizzato dal Piano nazionale della ricerca. Nonostante abbia poi riscosso consensi da maggioranza e opposizione, di fatto è nato da una specie di colpo di mano dell'allora ministro dell'Economia Giulio Tremanti, che blindò l’Iit nel decreto collegato alla Finanziaria 2004 e lo dotò di 1.050 miliardi da erogare in dieci anni. Soldi che, ha chiarito Grilli al 5enato, costituiscono il patrimonio che la fondazione deve amministrare e i cui proventi finanzieranno l'attività di ricerca assieme ai contributi dal mondo dell'industria. Grilli e Cingolani sono affiancati da Roland Berger, che ha vinto una gara cui hanno partecipato sei società di consulenza. Spiegano all'Iit che costruire da zero una fondazione (oggi pubblica ma in prospettiva pubblico-privata) dedicata alla ricerca non è esperienza diffusa in Italia e richiede conoscenze particolari nonché la capacità di operare a livello internazionale. Roland Berger, cui andranno 1,35 milioni di euro in 18 mesi, sta analizzando gli aspetti organizzativi e gestionali dei migliori istituti di ricer ca del mondo per fornire benchmark utili a costruire i meccanismi che regoleranno l’Iit: dalla governance ai percorsi di carriera; dagli aspetti logistici ai meccanismi per lo sfruttamento economico delle scoperte; dalla raccolta dei fondi ai rapporti con l'industria, allo stesso statuto che dev'essere approvato entro i due anni di start-up. Nel budget 2005, la consulenza è parte del 13% non destinato alla ricerca, assieme agli stipendi dello staff, all'information technology, ai costi relativi alle riunioni del board e alle spese varie. Altro tassello che sta per andare a posto è quello della sede: l'ex ospedale psichiatrico di Genova-Quarto, di proprietà della Regione Liguria, per ristrutturare il quale servono 30 mesi e 15 milioni di euro. La Regione ha stanziato i fondi a fine 2004 e assicura che nelle prossime settimane ci sarà la firma della concessione all'Iit. Intanto Grilli conta d'inaugurare i laboratori provvisori nei Magazzini del Cotone per metà anno. Quanto ai dottorati, Flit ha firmato accordi con la Scuola 5ant'Anna di Pisa (robotica, 5 posti); con la Normale, (biofisica molecolare e neuroscienze; 8 posti) con l'Università di Genova (10 posti), con il Politecnico di Milano (sistemi artificiali, 4 posti) con l’Ifam-Semm di Milano (nanomedicina, 4 posti); con il San Raffaele di Milano (neuroscienze, 4 posti) altri accordi sarebbero in dirittura d'arrivo. Ora l'obiettivo è assumere una settantina di ricercatori già entro l'anno. «Mi sono già arrivati una cinquantina di curriculum, di cui una ventina dall'estero - dice Cingolani -, ma è solo dall'annesso tecnico al piano scientifico che un ricercatore capirà se il suo profilo corrisponde a quanto l’Iit sta cercando». Dopo aver vinto la scommessa, non scontata, per la sua sopravvivenza, l’Iit dovrà ora dimostrare di saper tener fede alle aspettative, che non sono da poco. Lo stesso Grilli, parlando al Senato in novembre ha indicato a modello il Mit di Boston e il Fraunhofer Institute tedesco, sottolineando come ogni anno nascano oltre 150 aziende collegate all’Iit, e come negli ultimi cinque anni dal Fraunhofer siano nate 240 aziende tra spin-off e joint venture, con 90 mila nuovi posti di lavoro. Insomma, per l'Itt l'asticella è posta ben in alto e anche se i tempi sono necessariamente lunghi, potrebbero bastare pochi anni per intuire l'esito della scommessa. Giovanni Paci ______________________________________________________ Corriere della Sera 10 Gen. 05 CNR: CREARE CARROZZONI, UN BREVETTO ITALIANO Il Cnr costa 750 milioni l'anno, spesi per mantenere l'apparato. Ha 300 istituti. Studia di tutto, dal credito alla giustizia. Maurizio Dècina: «Da rifare» Affidare quel compito alla Banca d'Italia sembrava davvero troppo. Soprattutto perché l'autore della proposta, che per questo aveva chiesto di stanziare in Finanziaria 5 milioni di euro, era nientemeno che l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti, il quale com'è noto non ha un grande feeling con il governatore Antonia Fazio. Ma che alla fine toccasse al Consiglio nazionale delle ricerche, si, proprio al Cnr che fra i suoi presidenti ha avuto anche un personaggio come Guglielmo Marconi, dare vita a un «Osservatorio sul mercato creditizio regionale», come stabilisce il comma 240 della manovra di bilancio, é sembrata un'autentica beffa. 0 meglio, una specie di certificazione d'inutilità del più grande organismo della ricerca pubblica italiana. Dati vecchi Il Cnr costa circa 750 milioni di euro l'anno, spesi quasi tutti per pagare gli stipendi e mantenere in vita un apparato amministrativo imponente. Secondo i dati più recenti che è possibile reperire nel sito Internet del Consiglio, e che significativamente risalgono al 2001, vale a dire a ben quattro anni fa (particolare che la dice lunga sull'efficienza delle strutture), l’organismo da qualche mese presieduto da Fabio Pistella dà lavoro a 8.082 persone, di cui 4.085 ricercatori di ruolo con un'età media superiore a 50 anni, 2.643 tecnici e addirittura 2.220 amministrati.cioè uno ogni otto persone. Come faccia tutto questo a rimanere in piedi e a produrre qualche risultato scientifico apprezzabile, 'e ed è sempre stato un mistero. L'unico fatto certo è che da decenni il Cnr è gestito in base alle solite logiche di spartizione, con presidenti e Cda nominati dal governo soprattutto in base alle aree di appartenenza politica. E i reiterati tentativi di riformare il carrozzone sono andati sempre a vuoto. Compreso l'ultimo. Nel 1999 il Cnr era costituito da 314 (trecento quattordici) istituti e centri di ricerca diversi. Nel 2002 si è tentata una riorganizzazione, che però non è riuscita a ridurre gli istituti a un numero inferiore di 117. Un delirio di sigle e acronimi. Un guazzabuglio incomprensibile di competenze e attività che convivono, in tutta Italia e spesso in luoghi fisici scelti in base a criteri che nulla hanno a che fare con logiche funzionali, nella confusione più totale. Difficile spiegare perché accanto a un Istituto di studi sulle civiltà dell'Egeo, conviva un Istituto di storia dell'Europa Mediterranea, o cora un Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico oppure un Istituto di studi sulle società del Mediterraneo. Come non sembra razionale l'esistenza di un Istituto di astrofisica spaziale e di un Istituto di fisica dello spazio interplanetario. Ma è anche da capire perché del Cnr debba far parte un Istituto di ricerca sui sistemi giudiziari o un Istituto di ricerche sulle attività terziarie. Per non parlare dell'Istituto sperimentale di studi socio-economici sull'innovazione e le politiche della ricerca. Testualmente: «Studio e analisi dei sistemi scientifici nazionali e internazionali e delle modalità di attuazione del trasferimento tecnologico». Boh. Che cosi non potesse funzionare se n'era accorto anche il ministro della Ricerca di turno, Letizia Moratti, che aveva commissariato il Cnr affidando al rettore della Luiss Adriano De Maio il compito di fare un progetto credibile. Coadiuvato da un gruppo di esperti, De Maio ha messo a punto un nuovo model lo organizzativo articolato su 11 dipartimenti, allo scopo di razionalizzare il dedalo di istituti e di diverse (quando non astruse) discipline. Ma soprattutto ha ottenuto di concentrare l'amministrazione in un unico luogo fisico. E a detta degli esperti quello è forse l'unico risultato apprezzabile finora ottenuto. A luglio De Maio è andato via. La situazione è stata regolarizzata con la nomina di un nuovo Cda, presieduto da uno dei sub commissari, quel Fabio Pistella che era stato nominato soltanto qualche mese prima dal governo di Silvio Berlusconi commissario dell'Autorità per l'energia. Accanto a lui è stato collocato, come vicepresidente, un altro sub commissario, il professor Roberto de Mattei, considerato vicino al leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini. Quindi Renato Ugo, Piero Tosi, Federico Rossi, la rappresentante della Confindustria Diana Bracco e l'ex presidente dell'associazione dei costruttori Vico Valassi, in rappresentanza dell'Union camere. Con loro è tornato anche Luigi Rossi Bernardi, già capo della segreteria tecnica di Letizia Moratti, nonché per dieci anni, dal 1984 a11993, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche. Soprattutto, storica eminenza grigia del Cnr. Da allora il progetto De Maio non si può dire che abbia fatto significativi passi avanti. Desolante è la diagnosi di Maurizio Dècina, ordinario di Telecomunicazioni al Politecnico di Milano, che con De Maio ha lavorato al piano. «Per prima cosa bisognerebbe fare un'anagrafe delle spese, per capire come vengono impiegati i fondi pubblici. E non si pensi che il governo italiano spenda cosi poco come si crede, visto che gli stanziamenti pubblici sono inferiori soltanto del 10%-20% alla media europea mentre molto più grande è il divario se si guardano i fondi privati», afferma Decina. Che suggerisce: «Ci vorrebbe una enorme opera di razionalizzazione di tutto l'esistente. A cominciare dal Cnr. Tenere al centro solo quello che serve, affidare una parte all'Università e una parte alle Regioni. Se ne verrà fuori soltanto cosi». Per l'ex ministro Tremonti e il Ragioniere generale dello Stato Vittorio Grilli il sistema è invece irriformabile. Non a caso i due sono stati promotori di una delle operazioni più discusse e contestate dal mondo accademico che fra l'altro ha interessi nel Cnr: l'Istituto italiano di tecnologia, che è in fase di start up a Genova (vedi l'articolo nell'altra pagina). In una situazione che dopo l'uscita di scena di Tremonti, che aveva molto puntato sul progetto, dovrà affrontare probabilmente qualche difficoltà supplementare. Palliativi Né è ipotizzabile il ricorso a qualche palliativo, del tipo fusione fra Cnr ed Enea, che pure nelle scorse settimane da parte di qualcuno, fra cui a quanto pare lo stesso Pistella, era stato preso in considerazione. Già, perché oltre al problema del Cnr, c'è quello dell'Enea (aedi a pagina 2). Un anno fa 'e uscito dal commissariamento con la nomina di un Cda, alla cui guida è stato collocato il commissario Carlo Rubbia, Nobel per la Fisica. Il quale si è reso subito protagonista di una situazione di contrasto insostenibile con gli altri componenti del consiglio. Anch'essi scelti con il bilancino. Il ministro delle Attività produttive Antonio Marzano ha designato Leonardo Buonvino, che sedeva con lui nel Cda della Cofiri, e l'avvocato Cosimo Dell'Aria, che si era presentato alle elezioni comunali di Roma del 2001 incassando 1.178 voti. Letizia Moratti ha scelto Claudio Regis, ex senatore della Lega e capogruppo del Carroccio a Biella e Angelo Marino, di area Udc. Il ministro dell'Ambiente Altero Matteoli ha presentato Pierluigi Scibeta (in quota An) e il direttore generale del suo ministero Corrado Clini. Nei mesi scorsi inoltre Marino, che era uno degli unici due accademici presenti in consiglio (l'altro è l’astrofisico Remo Ruffini, scelto dalle Regioni) è deceduto. Lo scontro Rubbia- Cda è letale. Da un anno l'attività dell'Enea, un ente con 3.150 dipendenti che spende tre quarti dei circa 370 milioni di curo del proprio bilancio solo per le retribuzioni del personale, è paralizzata. Da poche settimane è arrivato, imposto dal consiglio contro Rubbia, il nuovo direttore generale: Giovanni Lelli, che già ne faceva le funzioni. Il suo predecessore, Gaetano Tedeschi, era stato rimosso in base alle norme sullo spoil system introdotte dal governo Berlusconi e ha ora in atto un contenzioso con l'ente. Prima di lui, l'ex parlamentare del Pci Renato Strada era uscito di scena per divergenze con lo stesso Rubbia. II calvario dei vertici, insomma, dura da almeno tre anni, senza che nessuno riesca a porre fine a una situazione surreale, E c'è pure chi si lamenta perché per la ricerca pubblica ci sarebbero pochi soldi. Sergio Rizzo ______________________________________________________ Il Riformista 15 Gen. 05 II CNR UMANISTA SVOLTE. RICERCA NON SOLO SCIENTIFICA Finanziato un progetto sulla multiculturalità Arrivano i soldi per la ricerca. Un milione e mezzo di curo, dei quali un milione per gli under 35. A stanziarli, il Consiglio nazionale delle ricerche, per sostenere 139 progetti su «L'identità culturale come fattore di integrazione». Ma che c'entra il Cnr con le scienze umanistiche e la multiculturalità? Evidentemente c'entra, visto che l'iniziativa, voluta dal vicepresidente Roberto de Mattei, costituisce il primo stanziamento nell'ambito del futuro dipartimento delle identità culturali. «E' un esempio del ruolo che la ricerca pubblica può svolgere per incentivare il progresso in campi di studio strategici per il futuro del paese - spiega De Mattei - L'impegno parte dalla convinzione che vi siano ambiti della cultura umanistica, cosi come di quella scientifica, in cui lo Stato deve intervenire. Tra questi, è fondamentale il rapporto tra le differenti identità tipico della società multietnica, che, se lasciato allo scontro ideologico, rischia di produrre effetti devastanti». Al tema, De Mattei ha già dedicato un saggio (L'identità culturale come progetto di ricerca) che costituisce una sorta di premessa all'iniziativa del Cnr. Ma cosa vuol dire identità per il professore? De Mattei, già subcommissario dell'ente, è uno degli intellettuali emergenti della destra (presidente dell'Institut européen de recherches etudes et formation di Bruxelles, nel Cda dell'Istituto italiano di scienze umane di Firenze e nel direttivo dell'Istituto storico italiano, consigliere per la politica estera di Gianfranco Fini ...). Ed è un cattolico tradizionalista: animatore del gruppo e della rivista Lepanto, che prende il nome dalla storica battaglia del 'S00 tra cristiani e musulmani, nonché autore di un volume inequivocabile, Guerra santa Guerra Giusta. Islam e cristianesimo in guerra. Si potrebbe quindi pensare che le ricerche sostenute dal Cnr abbiano un carattere confessionale e inneggino allo "scontro di civiltà". Invece, se è vero che un progetto parla dell'uso apologetico delle catacombe cristiane, altri approfondiscono «L'integrazione giuridica degli stranieri residenti in Atene», l’«Immigrazione extracomunitaria in Campania» e persino la percezione dell'immigrazione da parte dei romani, che sarà sondata con un questionario face to face. Un'indagine quasi buonista. De Mattei diventa ecumenista? Da un lato il professore ammette che «se c'è un punto in cui lo slogan "unità nella diversità" citato nel preambolo del Trattato costituzionale europeo, è specialmente vero, questo è il campo culturale. La ricchezza dell'Europa consiste nella varietà delle sue identità e nella molteplicità delle sue lingue e delle sue culture». De Mattei assegna all'Europa