Questa rassegna in http://pacs.unica.it/rassegna Indicizzata in http://pacs.unica.it/htdig/search.html Mailing list: medicina@pacs.unica.it «RIFORME, TROPPI NO» L'UNIVERSITÀ SI RIBELLA UNIVERSITÀ, VALUTAZIONI A UN' AUTHORITY UNIVERSITÀ, DAI «NO» ALLE PROPOSTE NEGLI USA È LA RICERCA MOTORE DELLO SVILUPPO UNA TRIPLA ELICA PER RILANCIARE LO SVILUPPO QUALIFICHE: LAUREA BREVE FUORI GIOCO MATURITÀ CONCLUSA ENTRO IL 20 LUGLIO C'ERA UNA VOLTA IL PRESALARIO WEB-ATENEI BOOM GRAZIE AI MANAGER E-LEARNING: UN' OPPORTUNITÀ DI CRESCITA PER CHI GIÀ LAVORA LEZIONI AL VIDEOCITOFONO CON GLI OLOGRAMMI ARRIVEREMO A MEZZO SECOLO L'ITALIA SFIDA GLI USA SUI CALCOLATORI ======================================================= ALGHERO. MEDICINA È SOVRAFFOLLATA, STOP AI RICOVERI SARDI CON IL FIATO CORTO: COLPA DELLE SIGARETTE SANLURI: LA GUERRA DEI MEDICI: «LA ASL IN TRIBUNALE» PSICANALISI PERCHÉ, HA FALLITO AUTISMO SI SCONFIGGE CON UNA GOCCIA DI SANGUE I VERMI? UN AUTENTICO TOCCASANA PER CURARE FERITE ED ESCORIAZIONI ALLARME DIABETE I MALATI SALGONO OLTRE DUE MILIONI ROBOT IN CORSIA RIVOLUZIONANO LA SANITÀ A GENOVA IL PC SPOSA LA BIOLOGIA EMERGENZA ALZHEIMER ALZHEIMER: SASSARI. CONTRATTI SCADUTI SE LA GENETICA INFLUENZA LA PERFORMANCE SPORTIVA A GIUGNO DECOLLA IL PUERPERIO DEL CIVILE DOVREMMO INVIDIARE I MUSCOLI DEI TIBETANI L’ARTE DIFFICILE DI RICOSTRUIRE IL NOSTRO CORPO ATTENZIONE AI TACCHI ALTI IL ROBOT SIMULA L'INTERVENTO CLINICO RIVISTE DI MEDICINA SOTTO ACCUSA ECCO PERCHÉ L'ESTERNO DEL CORPO È SIMMETRICO ======================================================= ____________________________________________________ Il Sole24Ore 15 mag. ’05 «RIFORME, TROPPI NO» L'UNIVERSITÀ SI RIBELLA Appello di 1.300 docenti contro i rischi di collasso degli atenei Nel mirino la linea «dura» seguita dalla Conferenza dei rettori ROMA a Di fronte ai tentativi di riforma degli atenei «siamo stanchi di dire e di ascoltare solo no: da più di trent'anni l'università non sa fare altro». E a dire «solo no» sarebbe «quella piccola minoranza alla quale consentiamo da troppo tempo di parlare a nome di tutti». Con un appello a tutta pagina sul quotidiano «Corriere della Sera» di ieri è arrivata una sferzata senza precedenti al mondo accademico e politico proprio da un gruppo dì insegnanti e rettori. Un nucleo numeroso: quasi 1.300 universitari che hanno sottoscritto in un mese e mezzo sul sito della Fondazione Magna Charta un appello lanciato da alcuni accademici rigorosamente bipartisan, da Biagio De Giovanni (Università di Napoli L'Orientale) a Ernesto Galli della Loggia (Perugia), da Gaetano Quagliariello (Luiss) a Nicola Rossi (Roma Tor Vergata), da Giovanni Sabbatucci (Roma La Sapienza) a Giorgio Rumi (Milano). È una petizione che sta facendo discutere: per toni, contenuti e procedure. Non ci sono mezzi termini: l'università italiana, così com'è, «rischia il collasso». Ma proprio per sfuggire al legittimo sospetto della strumentalizzazione politica, il documento avverte: «Non ci interessa mettere alla gogna il ministro o il governo di turno, oggi quello di destra come domani quello di sinistra». In effetti la critica che emerge non si concentra in particolare sull'attuale politica universitaria. 1 soggetti colpiti direttamente da questa petizione sono piuttosto tutte le sigle sindacali e di rappresentanza del mondo accademico: a cominciare naturalmente dalla Conferenza dei rettori, uno degli interlocutori più ostici di Letizia Moratti. Sembra peraltro che l'appello abbia spiazzato i vertici della Crui e rischia di dividerli tra chi fa spallucce pensando che si tratti del solito elenco di firme finito sui giornali e chi, invece, vuole cercare di capire e confrontarsi. Non è un mistero del resto, che il lavoro di interdizione della Conferenza dei rettori su moltissimi provvedimenti - dal riordino dello stato giuridico ai fondi agli atenei distribuiti in base alla loro valutazione - abbia rallentato fino all'esasperazione l’iter dei tentativi di riforma. E anche se proprio alla Camera riprende in aula la discussione sul nuovo status degli accademici, non si scorge ancora il traguardo finale. In sintesi, il senso di questo appello sembra il rifiuto di continuare ad applicare uno schema che è quello di sempre: la lobby degli universitari - a cominciare dai rettori - pronta a stringersi in una corporazione che fa muro contro ogni tentativo di cambiare lo status quo, «al massimo la richiesta di provvedimenti specifici a favore di questa o quella categoria o l'eterna domanda di più fondi». «In questo modo l'università è scomparsa dal dibattito ufficiale e le poche discussioni che si fanno ancora rasentano ormai l'esoterismo» osserva Quagliariello, uno dei maggiori protagonisti dell'iniziativa. Adesso però i promotori vogliono evitare che la presa di posizione rimanga, appunto, il solito appello. Per questo è già in preparazione un nuovo documento, meno generico. Se l'elenco dei docenti sottoscrittori potrà coagularsi in un movimento concreto e organizzato, è già pronta la sigla: «Per l’Università». E gli assi portanti delle prossime battaglie spiega Quagliariello, sono stati già definiti: «1) un'autonomia reale degli atenei; 2) un'effettiva concorrenza tra le sedi sul territorio, con tanto di specializzazioni: non tutti possono fare bene tutto; 3) meritocrazia e valutazione a 360 gradi, dai docenti agli studenti; 4) meccanismi di selezione per sconfiggere il localismo degli insegnanti». La sfida si misura anche sul grado di consenso che sarà raccolto. Per ora i più entusiasti sono stati soprattutto gli insegnanti delle facoltà scientifiche, forse un po' meno legati al machiavellismo e a riti bizantini della politica. MARCO LUDOVICO I NODI IRRISOLTI Una serie di questioni sugli atenei in discussione da anni • I DDL sulla riforma dello stato giuridico è uno dei provvedimenti che ha stretto il mondo universitario e politico in una discussione asfissiante: il progetto di Letizia Moratti è stato sensibilmente rivisto e nonostante questo il percorso in Parlamento è ancora lento e faticoso. • Un nuovo meccanismo di finanziamento degli atenei è stato messo in agenda da questo Governo, ma il solito dibattito a ogni Finanziaria sull'ammontare del Ffo (il fondo di finanziamento ordinario) ha messo in secondo piano i programmi messi a punto. • La valutazione dei risultati è tuttavia un criterio di erogazione delle risorse che ha portato, proprio nei giorni scorsi, a un confronto Moratti-Crui. II ministro non sembra mollare, la Conferenza dei rettori fa buon viso a cattivo gioco. Il riordino del "3+2" è stato un altro tema che ha portato anche a confronti molto duri. Gli atenei hanno fatto resistenza contro "la riforma della riforma", anche per oggettivi problemi di gestione, ma, al di là della revisione introdotta di recente, rimane aperto il problema più grave: la grande proliferazione di corsi, il grado sicuramente inferiore di qualità degli studi universitari. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mag. ’05 UNIVERSITÀ, VALUTAZIONI A UN' AUTHORITY Ma rimane aperto il nodo dei ricercatori Un emendamento dell'opposizione affida la certificazione a un ente terzo ROMA a Nella riforma dello stato giuridico dei docenti universitari spunta l’Authority per la valutazione degli atenei. All'esame della commissione Cultura della Camera, il disegno di legge dovrebbe andare in aula tra due settimane. E, a sorpresa, martedì mattina è passato un emendamento dei deputati Ds e Margherita che istituisce l’«Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario». Una novità introdotta con la complicità delle numerose assenze nelle fila dei deputati della Casa delle Libertà, finiti in minoranza, che si sono dovuti rapidamente ricompattare per evitare che il provvedimento fosse stravolto. La struttura proposta dall'emendamento dell'opposizione deriva dalla «trasformazione - entro 180 giorni dall'approvazione della legge - del comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu) e del comitato per gli indirizzi della ricerca (Civr)» come spiega l'emendamento. Cnvsu e Civr sono i due organismi di cui ora si avvale il ministro Letizia Moràtti mentre, se la novità introdotta entrasse in vigore, nascerebbe al loro posto un'agenzia «autonoma e indipendente, con funzio- di authority per la valutazione esterna della ricerca, della didattica e degli atenei, nonchè del sistema universitario nel suo complesso». Spiega Walter Tocci (Ds):« I, proprio qui che sta l'importanza: vogliamo un organismo che abbia caratteristiche indiscutibili di terzietà e di autonomia sia dal ministero sia dai singoli atenei». I meccanismi di valutazione, in effetti, sono stati già introdotti da Letizia Moratti, che proprio in questi giorni_ sta discutendo con la Crui sui criteri di ripartizione del 4% del Ffo (il fondo di finanziamento ordinario): è una quota da distribuire in base a indicatori di qualità. L'accordo con la Conferenza dei rettori non c'è ancora ma il ministro ha già detto in più di un'occasione che andrà avanti fino in fondo. In questo quadro, tuttavia, il ruolo di un'authority cambia in parte il sistema di erogazione dei fondi. Nella proposta Ds-Margherita, ferma restando la titolarità del governo a erogare i finanziamenti. il giudizio dell'Agenzia sulle università diventa decisivo: «Le rilevazioni dell'Authority diventano la base di calcolo: i fondi assegnati in base alla valutazione, infatti, sono determinati matematicamente, in proporzione ai risultati conseguiti da ciascun ateneo» sottolinea Tocci. `Il nodo principale del Ddl rimane la sorte della «terza fascia», gli attuali ricercatori, che nel testo proposto dal, Governo veniva soppressa. Ieri il relatore del provvedimento, Mario Pepe (Fi), ha dichiarato che si aspetta «un'apertura dal ministro, che fino a ora ha manifestato la più ferma contrarietà sul tema». Perciò, spiega Pepe, il tentativo è quello di trovare una posizione comune nella maggioranza. Ma il rischio è che si arrivi in aula senza un accordo c che sia «necessario per il governo porre la fiducia al provvedimento». La fiducia parlamentare è un passaggio brusco ma non è esclusa. Sembra difficile, semmai, che il Ddl abbia ancora possibilità di essere approvato definitivamente, cioè prima della fine della legislatura. Il clima non è dei più favorevoli e c'è da aspettarsi che al Senato il testo venga quasi sicuramente modificato, costringendo la Camera a una nuova lettura: i tempi, dunque, sono strettissimi. Ma il ministro Moratti tiene moltissimo a questo disegno di legge e non è escluso che spinga anche solo a un ok parziale del Parlamento, che potrebbe avere almeno un valore simbolico rispetto ai tentativi, tutti finora miseramente falliti, di cambiare le. regole per i docenti universitari, che risalgono al 1980. MARCO LUDOVICO ____________________________________________________ Il Sole24Ore 22 mag. ’05 UNIVERSITÀ, DAI «NO» ALLE PROPOSTE DI ALESSANDRO BIANCHI* Ho letto con grande attenzione l'appello «Per l'Università», pubblicato sul Corriere della Sera del 14 maggio, e devo dire che ho apprezzato la passione civile e l'amore per la nostra Università che sembra aver mosso i firmatari, in particolare il richiamo al senso originario «di luogo dove si trasmette e si elabora la cultura» e l'intento di «affermare la propria volontà riformatrice in nome dell'interesse generale». Si tratta, nel primo caso, del richiamo a una condizione costitutiva dell'Università italiana che credo non sfugga ad alcuno e, nel secondo, di un obiettivo che credo impossibile non condividere da parte di chi opera nel mondo universitario. Da questo punto di vista sarebbe assai difficile trovare qualcuno che non sia disposto a firmare l'appello che, dunque, potrebbe raccogliere un consenso plebiscitario. Viceversa ho meno apprezzato quello che sembra essere il presupposto principale dell'appello, ovvero quello di non lasciare l'Università in mano a «quella piccola minoranza alla quale consentiamo da troppo tempo di parlare a nome di tutti e di bloccare tutto», anche perché il riferimento ad «associazioni degli studenti» e ad «organizzazioni dei docenti», appare piuttosto vago, per non dire ambiguo. Mi nasce, allora, un dubbio: non sarà che il bersaglio degli appellanti sia un altro? Non sarà che là minoranza di cui si dice che pretende di parlare a nome di tutti, che blocca tutto, che non ha proposte da fare, che è capace solo di chiedere più fondi, sia la Conferenza dei rettori delle Università italiane? È questa, peraltro, l'interpretazione che viene evocata in modo esplicito da un articolo del So1e-24 Ore dal titolo «Riforme, troppi no. L'Università si ribella», che mi sembra evochi uno scenario un po' troppo altisonante, visto che si possono avanzare seri dubbi sul fatto che i pur autorevoli firmatari dell'appello rappresentino l'Università che, per fortuna, ha ancora le sue legittime rappresentanze, la prima delle quali è proprio la Conferenza che ne riunisce i rettori. E da qui vorrei partire, memore del fatto che da sei anni faccio parte della Crui e da qualche tempo ne sono il Segretario generale, per richiamare brevemente alcuni aspetti della vicenda. All'indomani dell'entrata in vigore della legge di riforma degli ordinamenti didattici - che per il sistema universitario ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, per di più avviata in modo affrettato - ci aspettavamo un periodo di relativa calma che consentisse di trasferire con la dovuta attenzione e misura le modifiche all'interno delle nostre Università. È avvenuto esattamente il contrario, è avvenuto che il Miur ha letteralmente bombardato l'Università con provvedimenti che hanno riguardato tutti gli aspetti della sua vita: ordinamenti didattici (la riforma della riforma), stato giuridico dei docenti, concorsi, fondo di finanziamento, ricerca e altro. Di fronte a questa difficilissima e imprevedibile situazione, la Crui si è assunta con grande responsabilità il compito di rappresentare i legittimi interessi del sistema universitario, chiarendo che intendeva rispettare la prerogativa del Miur quale organo di indirizzo ma, al contempo, intendeva tutelare rigorosamente l'autonomia del sistema. Ha fatto questo sia con nette prese di posizione (tutti ricordano l'episodio delle ventilate dimissioni) sia avanzando proposte su tutti gli aspetti della vita universitaria, direttamente o indirettamente toccati dai provvedimenti ministeriali. Queste iniziative e queste proposte attengono ad alcuni dei gangli vitali dell'Università italiana, che la Crui ha ritenuto fosse suo compito primario salvaguardare per garantirne il buon funzionamento corrente. Ma la stessa Crui non ha mancato di prestare attenzione al tema dei valori su cui ritiene debba fondarsi l'Università - nel rispetto della sua millenaria storia, dei principi che via via si sono affermati e della sua funzione sociale - quale luogo di elaborazione e trasmissione dei saperi. Lo ha fatto, per il tramite del suo Presidente, con le annuali «Relazioni sullo stato delle Università italiane» che sono state pensate come occasioni per proporre periodicamente all'attenzione del Paese proprio quei temi che sembrano tanto cari ai firmatari dell'appello. Se di queste iniziative della Crui - sia quelle che riguardano il governo del sistema universitario sia di quelle che attengono ai suoi valori fondanti - non si condividono i contenuti, nessun problema perché se ne può discutere apertamente. Ma se quello che si mette in discussione è la legittimità della rappresentanza, allora la questione è di altra natura e mi auguro che i firmatari dell'appello abbiano ben presente di che cosa stanno parlando. * Segretario generale Crui Il Miur ha «bombardato» gli atenei con un eccesso di provvedimenti ____________________________________________________ Il Sole24Ore 22 mag. ’05 NEGLI USA È LA RICERCA MOTORE DELLO SVILUPPO LEZIONI D`OLTREOCEANO Per l’Ocse le infrastrutture arretrate e i mercati poco aperti influiscono sulla scarsa resa dei fattori di produzione ROMA m Si potrebbe intitolare California dreaming, ma non è una vecchia canzone. E una tabella tra le tante che il ministro dell'Economia, Domenico Siniscalco, ha distribuito ai senatori nel corso della sua "operazione verità" sulle cifre dell'economia e della finanza pubblica italiana. Un grafico che spiega in modo estremamente efficace da dove viene la continua erosione della competitività e delle quote di mercato italiane, mettendo a raffronto la produttività del lavoro domestica con quella statunitense (il Pil per occupato in termini percentuali, con l'Europa a 15 come base pari a 100). Insomma, è vero che quest'anno ci si mette anche la congiuntura sfavorevole, e l’Isae ha appena pubblicato una nota nella quale senza troppi giri di parole si spiega che se tutto andrà bene l'incremento del Pil annuale sarà pari allo 0,2% (il che vuol dire che se qualcosa andrà storto nel 2005 avremo un decremento del prodotto). Ma, come mostra il grafico, i problemi dell'Italia vengono da lontano: e negli anni Novanta, mentre ali Stati Uniti mettevano un tigre nel motore grazie alla capacità di diffondere all'intera economia i benefici effetti dell'innovazione tecnologica, in Italia il motore dell'attività economica cominciava a perdere colpi. E quindi un motivo c'è se «The Economist», con una notevole dose di quella che i tedeschi chiamano schadenfreude (gioia maligna per le disgrazie altrui) ci definisce il malato d'Europa e ribalta sull'Italia un appellativo che la Gran Bretagna si era meritata negli anni Settanta. Del resto, nel suo rapporto dedicato al nostro paese, I'Ocse si è posto il problema: perché la crescita della produttività in Italia è così debole? Probabilmente, spiega il rapporto, gli stessi fattori che sono all'origine della scarsa competitività, di prezzo e non, vanno ricercati in una bassa crescita della produttività totale dei fattori (Tfp). Vale a dire l'efficienza con la quale vengono utilizzate e combinate le risorse del capitale e del lavoro. Una sua flessione registra ad esempio, la difficoltà dell'industria italiana di cogliere al volo l'occasione dell'innovazione per rinnovare i prodotti e riallocare la risorse. Ma nella total factor productivity rientrano anche altri fattori che varino oltre lavoro e capitale. L'arretratezza delle infrastrutture per esempio; la concorrenza nel mercato dei prodotti e in quello dei servizi. O il peso del debito pubblico in rapporto al Pil, che resta il più elevato di tutti i paesi dell'Ocse, a parte il Giappone e che di questi tempi di annunci un po' contraddittori sulla politica di bilancio inquieta non poco le agenzie di rating, al punto da indurle a uno scambio di opinioni vis a vis con il presidente del Consiglio. Uno stock del debito che, come non si stanca di sottolineare nelle sue analisi la Banca d'Italia, rimane il principale impedimento a un'attività di investimento più forte e, conseguentemente, a una crescita economica più robusta. Purtroppo, rileva ancora l’Ocse, in epoche recenti questa produttività totale sembra aver assunto un segno negativo. La conseguenza è che sebbene le retribuzioni siano cresciute assai poco in termini reali nella percezione dei lavoratori (vale a dire, in rapporto all'indice dei prezzi al consumo) il costo del lavoro per unità di prodotto in Italia «è aumentato in modo significativo». Come annotava l'ultimo bollettino congiunturale di via Nazionale, dal 1995 il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato in Italia di oltre il 20% contro il +12% di media registrato in media nei principali Paesi dell'area dell'euro. E di conseguenza l'Italia ha perso per molti anni competitività di prezzo all'interno di Eurolandia e poi, con l’euro forte, in modo molto più consistente anche verso i Paesi esterni all'Eurozona. Mentre l'export ha continuato a perdere terreno sul mercato mondiale: ormai la quota italiana è sotto il tre per cento. ROSSELLA BOCCIARELLI ____________________________________________________ La Stampa 18 mag. ’05 UNA TRIPLA ELICA PER RILANCIARE LO SVILUPPO CONVEGNO INTERNAZIONALE SUI RAPPORTI TRA INDUSTRIA, UNIVERSITÀ E INNOVAZIONE IL sistema della ricerca e dell'innovazione ha subito profondi mutamenti di natura organizzativa, sociologica e manageriale nel corso dell'ultimo secolo, in particolare nei paesi più industrializzati. L'accademia, non sempre volontariamente, si è progressivamente permeata di valori, modelli organizzativi e ruoli sociali tipici del sistema imprenditoriale e finanziario. D'altro canto, il sistema industriale sembra aver recentemente riscoperto l'esistenza (e l'importanza) dell'università; ciò in particolare da quando parte dell'industria si è trovata nella necessità di recuperare la leva dell'innovazione come fattore di competitività, dopo anni in cui il costo del lavoro, i mercati protetti o la debolezza della moneta hanno rappresentato, purtroppo, leve di competitività estremamente più efficaci. Il processo di convergenza si concretizza in un modello di attività innovativa fondato sull’interazione reciproca dei sistemi accademico ed imprenditoriale, sostenuta dalla politica. Due studiosi, Henry Etzkowitz e Loet Leyesdorff, hanno descritto le complesse dinamiche con cui i sistemi accademico, politico ed industriale interagiscono, per innescare e sostenere dinamiche di sviluppo basate sull'innovazione e sul progresso tecnico, con la metafora della Tripla Elica. L'origine epistemologica del modello della tripla elica è di natura sociologica, benché la metafora ispiri oggi un'ampia classe di modelli economici di natura evoluzionista. In particolare, i riferimenti concettuali più prossimi sono il modello dei cluster innovativi (basati sull’aggregazione virtuosa di più realtà industriali) e quello dei Regional Systems of Innovation. I tre riferimenti interpretativi condividono l'unità di analisi, rappresentata dal sistema locale, e l'oggetto dell'analisi, costituito dalla capacità dei sistemi locali di produrre modelli di sviluppo fondati sull'innovazione tecnologica. La caratteristica distintiva del modello della tripla elica è tuttavia la centralità del ruolo dell'università come motore di sviluppo e forza trainante delle dinamiche di crescita locale. Nell'interpretare questo ruolo, l'università si trasfigura, nell'interpretazione più estrema, verso un modello che gli stessi studiosi della tripla elica definiscono di Hybrid University. Proprio l'astrazione costituita dall'idea di ibridazione dell'istituzione accademica spiega la straordinaria attualità del dibattito che si aprirà domani a Torino nell'ambito della quinta edizione della Triple Helix Conference, organizzata dalla Fondazione Rosselli. L'ibridazione della natura dell'istituzione universitaria e la sua assunzione di un ruolo centrale e pro-attivo nelle politiche locali per l'innovazione è oggetto di un aspro dibattito, non solo a livello politico ma anche interno all'accademia stessa, tra chi sostiene le proprietà taumaturgiche del coinvolgimento diretto dell'università in spazi propri della politica industriale e chi solleva preoccupazioni, non sempre infondate, sul fatto che ciò la allontani dagli obiettivi formativi che le sono propri, con esiti indesiderati ed inefficienti dal punto di vista delle stesse dinamiche innovative. Nel concreto, da domani a Torino saranno quindi sollevate domande teoriche dall'enorme valenza applicativa: è efficiente che le università si facciano carico in prima persona del trasferimento tecnologico e dell'incubazione d'impresa? Che effetti ha una struttura di incentivi che spinge i ricercatori universitari a brevettare le loro idee e che conseguenze ci sono sulla prestazione scientifica dei ricercatori stessi? Quali relazioni tra i mercati finanziari e le conoscenze detenute dal sistema universitario? Quali modelli di governance garantiscono all'università un ruolo virtuoso nella definizione delle politiche locali? La riflessione è straordinariamente rilevante nel contesto locale e nazionale, in cui si è recentemente caduti nell'eccesso opposto: voler scaricare sul sistema universitario impropri obiettivi di politica industriale, con conseguenze nefaste, dal punto di vista sia del raggiungimento di questi stessi obiettivi sia della capacità dell'istituzione di svolgere i compiti che riguardano la sua missione istituzionale. In questo contesto il ruolo della politica è di garantire il fragile equilibrio che regola le relazioni tra università e impresa, assicurando sinergie. La ricerca storica, economica e sociale condotta nella comunità scientifica della Tripla Elica costituisce in quest'ottica un importantissimo riferimento per definire di politiche dell'innovazione fondate su una solida analisi teorica ed empirica. La recente popolarità mediatica dei temi della ricerca e dell'innovazione si è infatti accompagnata ad un frenetico proliferare di interventi a sostegno dell'innovazione pensati e realizzati non solo senza alcun chiaro riferimento teorico ma, fatto più grave, senza neppure un'adeguata conoscenza della letteratura empirica che da tempo si propone di valutare e misurare gli effetti delle diverse esperienze di politica per la ricerca e l'innovazione. E' peraltro forte il significato simbolico legato al fatto che una città come Torino, che affida le sue speranze di sopravvivenza al declino dell'industria tradizionale ad un modello di sviluppo basato sulla conoscenza, ospiti un evento di tale rilevanza scientifica ed apertura internazionale. L'evento riunisce infatti più di quattrocento studiosi dai cinque continenti, con una rappresentanza particolarmente qualificata proveniente dai paesi in via di sviluppo dell'America Latina, dell'Africa e del Sud Est Asiatico, insieme a i testimoni diretti delle più avanzate esperienze internazionali di politica dell'innovazione e manager di importanti parchi scientifici, incubatori e centri per il trasferimento tecnologico. Politecnico di Torino, Economia dell’innovazione ____________________________________________________ Italia Oggi 19 mag. ’05 QUALIFICHE: LAUREA BREVE FUORI GIOCO Gli effetti della direttiva approvata da Strasburgo la scorsa settimana sulla formazione forense Il triennio in legge non corrisponde ai parametri di Bruxelles DI GINEVRA SOTIROVIC Laurea formato europeo per gli avvocati. L'Europa ha deciso: per diventare liberi professionisti è necessario avere un diploma di laurea riconosciuto. A ogni numero di anni corrisponde un livello di qualifica e quindi un livello professionale (per alcune professioni ne bastano tre, per altre ce ne vogliono almeno quattro). A questo poi si dovrà aggiungere lo svolgimento della pratica o di un tirocinio equivalente e soprattutto sarà necessario definire precisi sbocchi professionali. In questo contesto la laurea 1+4 che il governo ha elaborato come percorso unico per accedere alle professioni giuridiche appare in linea con le nuove disposizioni di Bruxelles, ma la stessa cosa non si può dire per il triennio che attualmente appare del tutto sprovvisto dei requisiti necessari per svolgere una qualsivoglia professione. Sono queste le conclusioni che saltano agli occhi applicando la nuova direttiva sulle qualifiche professionali, approvata f11 maggio scorso dal Parlamento europeo e ora in fase di screening da parte del Consiglio di Bruxelles, al mon do forense. Gli avvocati, differentemente da tutte le altre professioni ordinistiche alle quali la nuova normativa fa riferimento, hanno potuto mantenere le due direttive di settore che disciplinano la libertà di stabilimento e l'esercizio temporaneo della professione in un altro stato membro, ma sono a pieno titolo ricompresi nel nuovo sistema di formazione che l'Europa sta tentando di introdurre per armonizzare il settore. La direttiva prevede cinque livelli di qualifica, l'ultimo dei quali corrisponde a un minimo di quattro e a un massimo di cinque anni di università: quelli richiesti dalla maggioranza degli stati europei per conseguire la laurea in giurisprudenza e accedere poi alle professioni legali. Su questo punto, almeno, quasi tutti gli stati Ue sono in accordo (fatta eccezione per paesi come Danimarca e Irlanda per i quali basta un triennio) e comunque il paese di stabilimento potrà sempre richiedere eventuali integrazioni formative a quei professionisti che dovessero provenire da paesi più permissivi. Ma il vero problema riguarda il corso triennale che così come era stato concepito fin dall'entrata in vigore della riforma del '99 non risulta affatto in linea con i parametri europei. La laurea triennale, prima in giurisprudenza e ora in base agli intenti riformatori del governo dovrebbe essere in scienze giuridiche, non presenta alcun sbocco professionale preciso. Finora, infatti, nessuno è stato in grado di stabilire a cosa serva conseguire una laurea di tre anni nelle facoltà di giurisprudenza. A differenza di tutti gli altri ordini professionali, infatti, che hanno individuato sezioni B all'interno del proprio albo nelle quali i triennali hanno potuto avere accesso, l'avvocatura non ha mai accettato alcuna scorciatoia. Senza laurea almeno quadriennale, dunque, nessuno può iscriversi all'albo degli avvocati. La laurea triennale, quindi, appare quasi del tutto inutile in Italia e assolutamente inservibile in Europa. Un problema, quello di adattare i nostri corsi triennali ai modelli europei, che il relatore alla direttiva, Stefano Zappalà, ha sollevato già all'indomani dell'approvazione della nuova normativa sollecitando un coordinamento con il ministero dell'università. Una questione nota anche alla commissione Siliquini che da tempo ormai si sta occupando di rivedere il sistema di accesso per le professioni legali e che dopo aver ridisegnato il percorso di studi di giurisprudenza (1+4) dovrebbe anche ridefinire il percorso del triennio in scienze giuridiche. «Dovremo al più presto stabilire quali sbocchi professionali questo corso può avere, ma deve essere ben chiaro che in nessun modo la laurea triennale può dare accesso alla professione di avvocato», spiega il coordinatore della commissione Siliquini e segretario del Consiglio nazionale forense, Giuseppe Bassu. Entro i prossimi due anni, dunque, se si vuole dare anche a questi laureati l'opportunità di circolare liberamente in Europa, senza alcun tipo di ambiguità nei confronti dei laureati senior, il governo italiano dovrà precisare confini e obiettivi professionali ____________________________________________________ Il Sole24Ore 15 mag. ’05 ACCESSO ALL'UNIVERSITÀ MATURITÀ CONCLUSA ENTRO IL 20 LUGLIO Gli esami di maturità dovranno terminare prima del 20 luglio. Lo chiarisce una nota del ministero dell'Istruzione del 13 maggio, che sollecita le commissioni ad articolare il calendario in modo che le prove siano completate entro quella data. Il 20 luglio è infatti fissato il test unico nazionale di ammissione al corso di laurea specialistica in Odontoiatria e protesi dentaria. La programmazione dei lavori degli esami di Stato dovrà essere tale - chiede il ministero - da consentire ai candidati di completare le prove di esame prima della suddetta data». Il test di ammissione per medicina e chirurgia è invece fissato il 6 settembre, mentre per veterinaria l'appuntamento è stabilito al 7 settembre. Il giorno successivo sono programmate le prove per l'ammissione ai corsi di laurea delle altre professioni sanitarie. Per architettura e scienze della formazione primaria il test è in programma, rispettivamente, il 2 e il 19 settembre. Maggiori informazioni sul sito: http://accessoprogrammato.miur.it ____________________________________________________ Il Sole24Ore 16 mag. ’05 C'ERA UNA VOLTA IL PRESALARIO IL diritto allo studio come lo conoscono gli studenti di oggi è nato ufficialmente l'ultimo giorno del 1991, quando il Parlamento approvò la legge 390, ma ha un antenato glorioso. Si tratta del «presalario», che fu istituito nel 1963 prevedendo importi ragguardevoli: 180mila lire per ogni anno accademico agli studenti in sede, e il doppio per i fuori sede. In quegli anni, giusto la cinquecento aveva un prezzo di listino di 450mila lire. Il culmine del presalario fu però toccalo qualche anno più avanti, nel 1969, quando la legge 162 ne determinò un aggiornamento "pesante": 250mila lire per gli studenti in sede e mezzo milione per quelli fuori sede. Un impiegato Fiat ai primi anni di carriera, a quell'epoca, arrivava a fatica a ricevere in busta paga 60mila lire. Gli anni 70 furono invece un decennio piuttosto buio per i contributi studenteschi. Rimasta orfana di nuovi aggiornamenti, la somma stabilita dalla legge del 1969 crollava di anno in anno colpita da un'inflazione a due cifre, acuita dalla crisi petrolifera. Per incontrare delle novità si dovette attendere il 1977, quando un Dpr (il 616) trasferì alle Regioni competenze, risorse e sedi fisiche degli istituti per il diritto allo studio. Il contributo agli studenti cominciò così ad assumere una forma vicino a quella attuale, in cui a decidere il grado di generosità è un ventaglio di variabili locali. I? il prossimo passo? L'ultima novità in materia di diritto allo studio è il superamento del contributo a fondo perduto, che nelle intenzioni di molti dovrebbe essere sostituito almeno in parte da un prestito a tempo, da restituire quando lo studente ha ottenuto un lavoro e un reddito. Una via, a cui sta lavorando ad esempio il politecnico di Milano, per far decollare anche (la noi il modello europeo del prestito d'onore. G.TR. ____________________________________________________ Italia Oggi 18 mag. ’05 WEB-ATENEI BOOM GRAZIE AI MANAGER Già quattro gli istituti virtuali riconosciuti dal decreto Stanca-Moratti. Business da 720 mln di Euro Professionisti in cerca di laurea bis, -L’università online decolla L’Uuniversità virtuale piace agli italiani. Specie se sono professionisti e manager alla ricerca della seconda laurea. Grazie a questa spinta, e pur scontando un forte ritardo rispetto al resto d’Europa, anche in Italia, dunque, l'università telematica è diventata una realtà consolidata. Dal 2004 a oggi, infatti, sono quattro i principali istituti privati on-line sviluppati in Italia col placet del ministero della pubblica istruzione e riconosciuti come facoltà totalmente equiparabili a quelle classiche. A promuovere questa novità, non senza suscitare polemiche, è stato il decreto interministeriale Stanca-Moratti, diventato operativo il 16 maggio 2003. II risultato? Se nel 2001 l’e-learning convogliava poco più del 2% della spesa formativa (50 milioni e rotti di euro), oggi questo è un business che vale oltre 720 milioni (pari a121% del totale degli investimenti sulla formazione). Una nuova categoria di studenti, dunque, fa la sua apparizione nel panorama della scuola italiana: quella dello «studente-navigatore», che scarica le dispense sul proprio PC e sostiene via internet gli esami. Una categoria numericamente ampia e particolare perché spesso già acculturata, tra i 30 e ì 40 anni d'età, impegnata nel mondo del lavoro e alla ricerca di uno strumento di formazione continua per potenziare la propria competitività nel mercato. In una società che ha cancellato la vecchia idea del posto fisso e dove il percorso professionale di una vita è segnato da frequenti cambiamenti di incarichi e aziende, l'università telematica, a differenza dei normali atenei che si rivolgono a un «target» di studenti giovani e ai primi passi, sembra affermarsi come lo strumento privilegiato di chi una laurea e un lavoro l'ha già ma vuole rimanere al passo coi tempi. Alla Guglielmo Marconi di Roma, per esempio, il primo istituto nato dopo il decreto, dai 450 iscritti del primo anno si è passati ai 1.500 di oggi. II target è costituito in media da lavoratori e professionisti che vogliono potenziare la propria formazione e avere più chance di avanzamento di carriera. Secondo una ricerca della stessa università, il43% degli iscritti ha dichiarato di apprezzare l’elearning perché riesce a ottimizzare il proprio tempo, il 15% perché supera il problema della distanza, un altro 15% per la qualità e l’innovatività del modello didattico. . Un ulteriore 14%, ancora, è soddisfatto delle convenzioni stipulate dall'ateneo con enti e associazioni mentre il restante 8% è alla ricerca di una seconda laurea. Molti, però, davanti alla formazione a distanza levano gli scudi e manifestano una palese ostilità. La Conferenza dei rettori universitari italiani ha da sempre avversato il decreto Stanca-Moratti ritenendolo promotore di strutture svincolate dal pubblico, fortemente sponsorizzate e legate alle aziende e rispondenti a una concezione del tutto liberista e privatizzata della scuola. Strutture, inoltre, accessibili solamente a chi pub permettersi di pagare tasse salate (1.500 euro alla Marconi, contro i 900-1.100 euro degli atenei tradizionali) e, dunque; economicamente elitarie. ____________________________________________________ Italia Oggi 18 mag. ’05 E-LEARNING: UN' OPPORTUNITÀ DI CRESCITA PER CHI GIÀ LAVORA Il vice ministro dell’istruzione, Guido Possa, spiega a ItaliaOggi quali sono i vantaggi della formazione universitaria a distanza L'e-learning la considera una sua creatura, da difendere contro tutto e contro tutti: il viceministro dell'istruzione, Guido Possa, spiega a ItaliaOggi l'università telematica italiana del domani. «Non voglio fare -polemiche», esordisce, «ma l'insegnamento a distanza è un merito esclusivo del governo Berlusconi. Il centro-sinistra non l'avrebbe mai permesso». Domanda. Onorevole, cominciamo bene... Risposta. È la verità. La Conferenza dei rettori universitari, che ha una connotazione ideologica fortemente vicina al centro-sinistra, è sempre stata del tutto ostile all'università telematica. Per questo rivendico in particolare a Berlusconi, a Forza Italia e al sottoscritto l'essere riusciti a ottenere un'apertura nei confronti dell'e-learning già nella Finanziaria 2002 e, dopo, nel decreto interministeriale Stanca-Moratti. Questo malgrado la diffidenza del comitato universitario voluto dallo stesso decreto in rappresentanza del mondo accademico che, in particolare contro l'università Marconi, spesso ha cercato di arrogarsi competenze che non gli spettavano, come l'esame del business plan, esprimendo pareri anche vincolanti. D. Perché tanta ostilità? R. L'università telematica è nata al di fuori del mondo accademico classico. II Politecnico di Milano, per esempio, ha istituito una sua struttura telematica, ma sviluppata pur sempre al suo interno. Qui, invece, parliamo dì un'università totalmente telematica verso la quale è stata manifestata un'opposizione di tipo corporativo. Un'opposizione oltretutto decisamente contraria a quello che è il naturale sviluppo della realtà. D. Quale sarebbe? R. Negli Stati Uniti esiste una molteplicità di università che va dagli istituti di eccellenza, dove l’accesso degli studenti è fatto tramite un rigoroso filtraggio (penso a Stanford o al Mit di Boston), a centinaia di atenei di buon livello, modesti ma validi. Questo è un sistema sconosciuto in Italia dove si parte dall'aspettativa che tutte le università debbano essere per forza rigorosamente eccezionali: qualcosa che, semplicemente, è impossibile in un paese dove l'istruzione universitaria è un fenomeno di massa. D. Non si rischia di creare università di serie A e di serie B? R. È strutturalmente impossibile avere 50 università di eccellenza, non ci sono risorse, e questo tanto con la Moratti quanto con Berlinguer. Solo nel 2003 in Italia ci sono stati quasi 235 mila laureati, una dimostrazione lampante di ciò che è un'università di massa. Ebbene, non credo che tutti questi studenti siano dei novelli Enrico Fermi: alcuni, magari, saranno capaci di raggiungere livelli d'eccellenza, altri invece hanno semplicemente bisogno di una buona cultura del fare e del saper fare. D. In base a quale criterio, secondo lei, sarà possibile realizzare questa selezione intellettuale? R. Negli Stati Uniti il voto di maturità è considerato abbastanza preciso da valutare ogni persona e da saperla indirizzare agli istituti universitari più idonei. Da noi questo approccio non c'è... D. Tutto questo, però, non rischia di avere ripercussioni anche sulla qualità dell'insegnamento? R. No. Semmai, si tradurrà in una gradazione, come di fatto già succede, di professori al top e altri di buon livello. Questa realtà è già nei fatti, non è un'intenzione del governo Berlusconi che, semmai, vuole investire nel capitale umano e nei giovani, facendoli laureare a 22 anni, dopo tre anni dalla maturità e non dopo sei, mettendo loro a disposizione università di gran classe e altre normali. D. Ma come si inserisce in tutto ciò l'università telematica? R. Questa riesce a coprire una necessità di acculturazione oggi difficile da soddisfare: i bisogni di chi lavora, di chi è già inserito in un contesto professionale ma vuole perfezionare ancora la propria formazione o avere una seconda laurea. Parlo di studenti di fascia d'età compresa tra i 30 e i 45 anni, cui la propria occupazione lascia poco tempo per studiare ma che vogliono migliorare se stessi e le proprie opportunità di essere appetibili per il mercato. Gli studenti della Marconi sono così: generalmente over 40, economicamente indipendenti e motivatì al punto da studiare prevalentemente di notte, perché di giorno lavorano. L'università classica, a questa fascia di persone, oggi non dà nessuna risposta. D. Che sviluppo prevede per l'università on-line? R. Siamo appena all'inizio, ma sarà fortissimo. Certo, ci sono ancora barriere da superare: molti professori, per esempio, non hanno interiorizzato il modo di insegnare, l'approccio multimediale peculiare dell'e-Iearning, che ha un'efficacia di apprendimento incomparabile. D. Chi insegnerà a questi professori a insegnare, allora? R. Ci sarà un passaggio graduale nel tempo. Ma già adesso, per esempio, grazie alle modalità comunicative dell'e-learning, lo studente non è mai abbandonato a se stesso; ma in continuo contatto con un tutor, una persona che parla il suo stesso linguaggio e si muove sulla sua stessa lunghezza d'onda. D. Dove si troveranno le risorse per finanziare questa università? R Quelle oggi esistenti non sono finanziate dal pubblico. La Marconi si sostiene interamente e tranquillamente con le rette studentesche. Non escludo per le future accademie la presenza di aziende sponsor, per esempio. D. Non teme un'ingerenza nella didattica da parte dei privati? R. Le lauree delle università telematiche sono lauree a tutti gli effetti, pienamente riconosciute, nel totale rispetto dell'offerta formativa pubblica. Non potranno esserci ingerenze private se queste università vogliono essere davvero tali. Le università telematiche, in definitiva, rispondono a un bisogno essenziale della società moderna: quello della formazione permanente, dove il lavoro, o il cambiare lavoro, comporta il bisogno continuo di avere più di una laurea o di approfondire particolare tematiche e competenze. ____________________________________________________ L’Unione Sarda 17 mag. ’05 LEZIONI AL VIDEOCITOFONO Il preside contro lo studente provocatore È nemico della facoltà di Leggi. All'inaugurazione dell'anno accademico ha ridicolizzato la didattica a distanza, parlando di "lezioni al videocitofono", e guai a lui se si avvicina al Quadrilatero di viale Mancini. Giovanni Lobrano, preside di Giurisprudenza, usa parole di fuoco. Quell'attacco gratuito alla teledidattica e alle lezioni in videoconferenza non gli è piaciuto per niente. Nessuno ha nominato Giurisprudenza, ma lo sanno tutti che è l'unica ad aver attivato quel servizio. Perciò si scusi ufficialmente Giuseppe Bertotto, rappresentante di tutti gli studenti dell'ateneo nel consiglio di amministrazione dell'Università, considerato «pregiudizialmente ostile» nei confronti di Leggi. Scuse mai arrivate, Bertotto stia alla larga o verrà considerato anche un irresponsabile e un provocatore. Potrebbe sembrare uno scherzo, invece è tutto scritto e protocollato su carta intestata alla facoltà di Giurisprudenza. Tutto in una lettera che il preside Giovanni Lobrano ha inviato lo scorso 5 maggio al rappresentante degli studenti in senato accademico e per conoscenza al rettore. «In occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico il signor Giuseppe Bertotto ha ironizzato pesantemente sulla didattica a distanza svolta dalla nostra Facoltà», scrive Lobrano. Un attacco ingiustificato, tanto più che «il pensiero del signor Bertotto è opposto a quello degli studenti che dovrebbe rappresentare», insiste il preside nella lettera approvata dal consiglio di Facoltà. A essere precisi, la guerra a suon di carte intestate tra il preside Lobrano e lo studente Bertotto era iniziata già da prima. Il 22 febbraio, quando in un'altra missiva il professore aveva denunciato il fatto, aveva dichiarato la disponibilità a discutere sull'utilità o meno della didattica a distanza e aveva «chiesto comunque le scuse del signor Bertotto per la forma inaccettabile» di quell'intervento fatto davanti al governatore Soru e a una folla incredibile di docenti, autorità, studenti e rappresentanti vari della società civile. Ma le scuse non sono mai arrivate e allora Lobrano e il consiglio di Facoltà hanno deciso di tornare all'attacco, chiedendo al rappresentante degli studenti nel senato accademico di chiedere a Giuseppe Bertotto di non avvicinarsi neanche alla sede di Leggi. «Poiché sono imminenti le elezioni universitarie e la Facoltà si appresta ad attivare in un'aula del Quadrilatero il proprio seggio - è la richiesta - le chiedo di provvedere affinché eventuali attività dei rappresentanti degli studenti nel seggio siano svolte da persone diverse dallo stesso signor Bertotto». Altrimenti, «la sua presenza verrebbe a ulteriore gratuita provocazione». Detto in altre parole, stia alla larga, «anche al fine di evitare situazioni conflittuali nel seggio, con rischio per lo svolgimento delle elezioni». Gian Mario Sias ____________________________________________________ CORRIERE DELLA SERA 15 mag. ’05 CON GLI OLOGRAMMI ARRIVEREMO A MEZZO SECOLO «Produrre media con grande densità di integrazione, capaci di occupare piccoli spazi e garantire lunga vita alle informazioni»: è questa la sfida che stanno portando avanti i centri di ricerca dei produttori di memorie. La posta in gioco, oltre a un mercato di parecchi miliardi di euro, è quella di dare la possibilità al genere umano di «tenere memoria» delle informazioni digitali per «i figli dei nostri figli». La ricerca si svolge a 360 gradi: dai sistemi magneto-ottici ad alta densità ai materiali organici con proprietà riflettive, dalle fibre ottiche all'olografia. Ed è proprio su quest'ultima che si concentra l'attenzione degli esperti. Perché potrebbe diventare la nuova frontiera degli archivi digitali. Il principio fisico, scoperto nel 1948 dal Nobel Dennis Gabor, si basa sul concetto di interferenza di due fasci luminosi di luce che incidendo su una superficie creano un'immagine tridimensionale. Ad esempio, il loro uso ci è noto nelle etichette di sicurezza inserite nelle carte di credito. «L'olografia nel settore informatico - spiega Antonio De Vita, responsabile di Imation Italia, la società del Minnesota che da 50 anni opera nei media digitali - ha iniziato a svilupparsi dopo la scoperta che raggi laser di particolare frequenza, incidendo su polimeri riflettivi, presentavano un effetto di memorizzazione delle informazioni». Infatti un ologramma è il disegno formato da zone chiare e scure (i bit 0/1) create da raggi laser che si incrociano. Se nella zona dell'intersezione poniamo un materiale fotosensibile, questo rimane impressionato dall'immagine creata (fase di scrittura). Se invece il materiale fotosensibile viene investito da uno dei due raggi che in precedenza aveva generato l'immagine, si ricostruisce l'informazione originaria del secondo raggio laser (fase di lettura). Il vantaggio rispetto alle tecnologia su silicio è quello di memorizzare byte su strati successivi del polimero, sfruttando così spazi a tre dimensioni. Ecco perché nei Labs del Minnesota si pensa di integrare fino a 1 TeraByte di dati nello spazio di una zolletta di zucchero. Vi sono però ancora due punti di criticità sui quali si concentrano le ricerche. «Il primo-spiega De Vita - riguarda il supporto dove si registrano i Byte, che deve essere un fotopolimero con elevato livello di contrasto tra pixel (punti luminosi) chiari e quelli scuri. Il secondo è l'impossibilità dei polimeri di essere riscritti più di una volta». Siamo, dunque, in presenza di una tecnologia da migliorare anche per quanto riguarda la vita media delle informazioni garantite per ora non oltre i 50 anni. «Quindi - aggiunge l'esperto - come tutti i sistemi digitali di archiviazione richiede il rinfresco periodico dei dati». U. T. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 18 mag. ’05 L'ITALIA SFIDA GLI USA SUI CALCOLATORI grande computer ApeNext in vetrina a Washi ton Per confrontarsi con colossi dell'elaborazione dati del calibro di Ibm Il roadshow tecnologico pone le ba a collaborazione intercontinentale con Giappone e Stati Uniti Un supercomputer made in Italy, ApeNext (Array processor experiment/next) in cerca d'applausi negli Stati Uniti. Realizzato da Eurotech di Udine su progetto e sviluppo dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) in collaborazione con il centro di ricerca tedesco Desy e l'università di Parigi-Sud, il calcolatore viene oggi presentato a un convegno voluto e organizzato dall'ambasciata italiana a Washington. A1 consesso partecipa una cerchia di addetti ai lavori più ampia di quella tradizionale dei fisici perché ApeNext è adatto anche ad applicazioni scientifiche diverse da quelle per cui è state sviluppato. «Questo incontro è un primo passo pei gettare le basi di una collaborazione intercontinentale - dice Raffaele Tripiccione coordinatore del progetto ApeNext - date che le prossime generazioni di supercomputer non saranno gestibili a un livello piì limitato. Per tale motivo si parla qui anche di due progetti equivalenti al nostro, une statunitense e uno giapponese». La prima installazione di ApeNext che entra di diritto nella hit parade de più potenti sistemi di calcolo del mondo è ancora in corso presso l'Università di Roma e già si può parlare delle applicazioni e delle ricadute industriali del lavoro di sviluppo e realizzazione. Pensata per la matematica complessa necessaria per indagare la struttura delle particelle dette elementari, i mattoni della materia, la macchina italiana trova un'applicazione altrettanto importante nella biologia quantitativa. Infatti, sembra fatta apposta per studiare non solo quali meccanismi conducono dal Dna allo sviluppo di strutture cellulari complesse, ma anche quali principi attivi possano essere efficaci in particolari contesti patologici, consentendo così di comprendere l'origine delle malattie e di sviluppare farmaci avanzati. «Non per nulla - osserva Tripiccione - la macchina concepita da Ibm con lo stesso profilo, seppure con dimensioni e potenza maggiori, si chiama B1ueGene, dove Gene indica proprio il gene biologico». Un'applicazione altrettanto nuova riguarda le previsioni per il mercato finanziario. dato che le tecniche matematiche in cui eccelle il supercomputer italiano sono affini a quelle usate dagli analisti di Wall Street. Meno nuove, ma non per questo meno importanti altre aree in cui ApeNext può dare un notevole contributo: la climatologia, la meteorologia, la geofisica. «Parimenti importanti le ricadute industriali del progetto - osserva Tripiccione -, prevalentemente di carattere formativo. Studenti che hanno partecipato con la tesi di laurea al suo sviluppo e alla sua realizzazione, ora lavorano presso l'azienda italo-francese StMicroelectronics, o la filiale italiana della statunitense produttrice di software Synopsis, o presso l’Atmel Roma, start-up dell'omonima produttrice di semiconduttori statunitense. Tutte competenze rimaste nel nostro Paese, così come quelle acquisite dalla multinazionale italiana Eurotech di Udine, che è passata dallo sviluppo di pc per applicazioni industriali alla realizzazione di calcolatori ad alte prestazioni. E perciò può vantare come clienti i centri di ricerca avanzata più qualificati d'Europa». La strada non è tutta in discesa per Eurotech, poiché alle spalle dell'equivalente statunitense di ApeNext, il progetto QcdOC della Columbia University di New York, c'è nientemeno che Ibm. Da tre lustri, l’Infii e l'ateneo newyorchese rivaleggiano nel varare ogni quattro-cinque anni un nuovo progetto e si trovano regolarmente insieme sulla linea del traguardo. «Rivali anche nei costi - precisa Tripiccione - perché il progetto italiano costa solo il 10% in più di Qcd». Quattro milioni di curo, circa, il costo dell'ApeNcxt in corso di installazione a Roma, capace di eseguire 10mila miliardi di operazioni al secondo; 1,2 milioni di euro circa il costo di quello destinato a Berlino, capace di tremila miliardi di operazioni al secondo. Anche il Giappone ha un progetto, Grape, simile nello spirito a quello italiano in quanto sviluppato per 1e esigenze dei fisici teorici. Ma molto diverso nella pratica perché, essendo dedicato a problemi specifici di astrofisica, può essere usato quasi esclusivamente per tali studi ROSANNA MAMELI ======================================================= ____________________________________________________ L’Unione Sarda 18 mag. ’05 ALGHERO. MEDICINA È SOVRAFFOLLATA, STOP AI RICOVERI Il paziente è grave? E allora cambi ospedale Chiuso per mancanza di personale: per urgenze rivolgersi ad altra struttura più attrezzata. Si consiglia di prenotare un posto letto al Santissima Annunziata di Sassari. Ci manca solo un bel cartello di questo tenore all'ingresso della corsia, per scrivere la parola fine sul livello di assistenza nel reparto di medicina dell'ospedale civile di Alghero. Un lungo corridoio di stanze sovraffollate e servizi sottostimati Letti insufficientiDa un po' di tempo a questa parte si ricovera anche sulle barelle: non ci sono lettini sufficienti per le richieste di un presidio ospedaliero che interessa oltre 80mila abitanti. Se non fosse per la pazienza e la dedizione dei medici (pochi) e personale infermieristico (ancora di meno) in medicina e oncologia il livello di assistenza sarebbe vicino allo zero. Vanni Masia, rappresentante delle Rsu ospedaliere ribadisce: «La divisione di Medicina che comprende gli ambulatori di oncologia e di diabetologia, registra un carico di lavoro alla stelle: è il reparto più affollato, dove si evidenziano i disagi più gravi per i pazienti. Oncologia é relegata in uno spazio angusto con il medico costretto a fare spola tra l'ambulatorio e i turni massacranti della corsia». La situazione che aveva denunciato mesi fa è rimasta tale e quale. Camici in rivoltaE il limite è stato forse già raggiunto: «Si consiglia che i pazienti acuti siano direttamente avviati al vicino ospedale di Sassari o altre strutture sanitarie più attrezzate». "Si consiglia" lo scrive una decina di medici del reparto di medicina in una lettera indirizzata al direttore generale dell'Asl e per conoscenza a una lunga sfilza di colonnelli della sanità sassarese e algherese. Una segnalazione, un suggerimento o forse un ultimo disperato tentativo di vedere finalmente accolte le loro richieste di intervento. Personale ridotto all'osso per centinaia di visite giornaliere, comprese le ambulatoriali. Nessuno parla ufficialmente, ma il malessere e l'insoddisfazione per le precarie condizioni lavorative sono di casa nel reparto al primo piano dell'ospedale civile di Alghero. TensioniTensioni che ormai si manifestano anche nei rapporti tra colleghi. I medici scrivono che a causa della carenza di organico e di organizzazione del lavoro: non è più possibile assistere i pazienti affetti da patologie acute. Persone ricoverate e per cui è necessaria una continua osservazione: aritmie cardiache, per esempio. Per farla breve e semplice non c'è personale sufficiente per garantire un elettrocardiogramma o un prelievo di sangue. Una vera e propria emergenza. O meglio neanche più un'emergenza visto che si tratta di un problema di lungo corso. Ora il personale medico esce allo scoperto. Ribadisce le ripetute segnalazioni fatte in passato sui disagi e le carenze assistenziali in cui sono costretti ad operare e chiedono una soluzione definitiva. Pazienti con le valigieNel frattempo, però, i pazienti acuti devono fare le valigie e trasferirsi in reparti meglio attrezzati perché non è più possibile assistere i malati affetti da patologie che richiedono un continuo monitoraggio. E i numeri del reparto non possono che dare ragione. Libro neroDue medici per la diabetologia, altrettanti per l'oncologia, ma uno a contratto, e cinque per la medicina. Per dieci mesi all'anno nei reparti, uomini e donne, l'occupazione dei letti supera il cento per cento: spesso alcuni ricoverati finiscono sulle barelle e parcheggiati nei corridoi. Il personale infermieristico in organico è di 25 unità. Molti però hanno fatto richiesta di part time: lavorano solo la mattina, non nei fine settimana. Disponibili per le turnazioni, quattro da sei ore, sono al massimo una quindicina di infermieri. Nei turni di notte l'assistenza è garantita da un solo infermiere per reparto. Non è certo un caso di malasanità: ma di sanità inesistente. Maurizio Olandi 18/05/2005 ____________________________________________________ L’Unione Sarda 21 mag. ’05 Alghero. Allarme degli internisti ospedalieri nel corso del convegno della Fadoi SARDI CON IL FIATO CORTO: COLPA DELLE SIGARETTE Le malattie cardiovascolari, il diabete, le epatiti croniche e l'insufficienza respiratoria. Patologie vecchie ed emergenti che colpiscono i sardi a livelli sempre più allarmanti e che sono al centro di un dibattito avviato ieri mattina all'hotel Catalunya, in occasione del quarto congresso regionale Fadoi Sardegna. Gli internisti ospedalieri si sono dati appuntamento ad Alghero per un check-up ad ampio raggio sulle malattie che creano maggiori problemi nell'Isola. A cominciare col fiato corto, quella difficoltà a respirare che rende la vita difficile. Un argomento che verrà affrontato più ampiamente nella giornata di oggi ma che è stato anticipato dal professor Francesco Flumene presidente della Fadoi Sardegna. E le notizie non sono rassicuranti. L'insufficienza respiratoria è in aumento anche fra i giovani e questo perché il vizio del fumo sta dilagando. Lo dicono le cifre: la bronchite cronica, secondo gli esperti, colpisce l'8,4 per cento dei sardi, ben al di sopra della media italiana che si attesta sul 6,4 per cento. Sono schiavi del tabacco 23,4 sardi su cento, nel 2001 erano 22,9. «Ogni giorno ? è stato detto ? un sardo fuma 15 sigarette quando la media italiana è di 14,4». Ma l'insufficienza respiratoria può essere anche figlia delle allergie che provocano l'asma. Un problema che si registra anche nella nostra Isola, nonostante l'ambiente non sia particolarmente inquinato. Nella giornata di apertura del congresso si è parlato anche delle patologie cardiovascolari e gastrointestinali ma non sono mancate le tematiche strettamente professionali come l'economia sanitaria. Ai lavori, introdotti dal saluto del presidente nazionale Fadoi, Ido Iori, hanno partecipato tra gli altri, il presidente della commissione regionale sanità Pierangelo Masia, il sindaco di Alghero Marco Tedde, il direttore sanitario della Asl n. 1 Giorgio Lenzotti e il presidente dell'Ordine dei medici di Sassari Agostino Sussarello. Ha preso la parola anche il neo presidente della Provincia Alessandra Giudici, alla prima uscita nel mondo della salute con il nuovo incarico. Grande è l'attesa, proprio in conclusione dei lavori, per il dibattito scientifico sulla terapia genica e soprattutto sulle prospettive nelle patologie internistiche. (c. fi.) ____________________________________________________ L’Unione Sarda 21 mag. ’05 Sanluri. Scontro fra Cgil e direzione sul contratto SANLURI: LA GUERRA DEI MEDICI: «LA ASL IN TRIBUNALE» I medici dell'Azienda sanitaria locale n. 6 di Sanluri hanno deciso di ricorrere al Tribunale del lavoro di Cagliari per far rispettare l'applicazione del contratto. È da alcuni anni che tra la Funzione pubblica Cgil medici e la direzione amministrativa dell'azienda sanitaria sanlurese è in corso una trattativa per risolvere bonariamente le rivendicazione del personale medico. Mediazione fallitaL'ultimo tentativo di conciliazione si è avuto il 10 maggio scorso, presso la direzione del Lavoro di Cagliari, ma senza alcun risultato. Le posizioni sono rimaste fossilizzate. «Abbiamo preso atto della mancata volontà dell'azienda di accordarsi sulle ipotesi di conciliazione avanzate dal nostro sindacato, nonostante siano chiarissime le clausole del contratto nazionale che regolano la materia», afferma Loredana Zuddas, segretaria generale della Funzione pubblica Cgil del Medio Campidano. Questione di stipendiLa situazione è complessa. L'attuale contratto dei medici prevede che una notevole parte dello stipendio sia determinato dall'indennità di posizione e dall' indennità di risultato «Queste, a differenza dei contratti precedenti, sono legate strettamente alla qualità e alla produttività del lavoro», sottolinea la segretaria della Funzione pubblica. I medici hanno la funzione di dirigenti. «E come tali sono premiati in proporzione al livello di responsabilità e di produttività, cioè al raggiungimento degli obiettivi che si sono concordati con l'azienda. Si tratta certamente di una rivendicazione economica, ma soprattutto chiedono che sia riconosciuta la qualità del loro lavoro», aggiunge Loredana Zuddas. «Riconoscano quelle indennità»Secondo la Cgil l'Asl ha disatteso in gran parte l'applicazione delle norme del contratto, non riconoscendo le forme di incentivazione. «Che non sono aggiuntive allo stipendio; nell'intenzione di chi ha stilato il contratto sono parti integranti della retribuzione. Il contratto viene rispettato nella maggior parte delle Asl della penisola e in Sardegna solo in quella di Nuoro», sostiene la sindacalista. La posizione dell'aziendaL'azienda sanitaria di Sanluri è rimasta sempre ferma sulle sue posizioni: i medici sarebbero regolarmente retribuiti sia per la produttività sia per la qualità del lavoro. Le figure apicali sono sempre esistite, quindi non deve versare alcun incentivo. Per la Cgil questo atteggiamento disattende completamente lo spirito del contratto di lavoro e mortifica le professionalità mediche. La mancata applicazione del contratto e la proliferazione di incarichi, spesso inutili e mai pagati, non migliorano la qualità della sanità nel territorio. Ne consegue che il Medio Campidano non ha avuto uno sviluppo della sanità pari a quello che avrebbe meritato con un appropriato utilizzo delle risorse. E a pagarne le conseguenze sono gli utenti. La parola ai legali«Dopo l'ultimo tentativo di trovare un accordo abbiamo dato mandato al nostro ufficio legale, che a breve depositerà l'istanza presso il Tribunale del lavoro per la tutela ed il riconoscimento dei diritti dei propri iscritti», polemizza Loredana Zuddas. E aggiunge: «Un'analoga iniziativa è stata portata avanti da altre organizzazioni sindacali dei medici dell'azienda sanitaria di Sanluri e dimostra che è generale il malcontento verso l'ennesimo atteggiamento di chiusura dell'azienda nei confronti dei sindacati», evidenza la sindacalista. Rapporti tesiI rapporti tra la Cgil Funzione pubblica e l'Asl non sono mai stati idilliaci e in più occasioni la Cgil ha denunciato la mancanza di trasparenza, di circolazione di informazione e di corrette relazioni sindacali. «Siamo sicuri ? conclude Zuddas ? che in sede giudiziaria saranno riconosciuti i diritti maturati, ma siamo fortemente preoccupati per l'ostinazione e la chiusura preconcetta che l'azienda continua a manifestare in ogni sede». Gian Paolo Pusceddu ____________________________________________________ CORRIERE DELLA SERA 15 mag. ’05 PSICANALISI PERCHÉ, HA FALLITO La psicanalisi ha da poco compiuto cent'anni ed è tempo di bilanci. «Ora possiamo dire che la psicoterapia come è ancora vista oggi ha fallito» sentenzia il noto filosofo e psicanalista junghiano James Hillman in questo provocante libro. La dimostrazione sta nel dilagare delle nevrosi, delle paure, della depressione nella nostra società. La ragione sarebbe nascosta nelle terapie che cercano le cause all'inter no dell'individuo favorendo un ripiegamento su se stesso. Per cambiare rotta e ridare efficacia alla psicanalisi diventata «sterile e inaridita» bisognerebbe invece guardare all'esterno, nella comunità, nell'ambiente, nei luoghi della vita, insomma, dove si manifestano l'arte o la politica. Solo così la scienza, nata con Freud, un secolo fa riconquisterebbe la sua «forza rivoluzionaria originale». Il libro è una sfida ma offre la soluzione esplorando il mondo della psicanalisi in questa direzione perché «la malattia è là fuori» ed è là che bisogna combatterla. (G.Cap.) ____________________________________________________ MF 16 mag. ’05 AUTISMO SI SCONFIGGE CON UNA GOCCIA DI SANGUE di Andrea Ibrtì Un'eccezionale scoperta potrebbe consentire presto di verificare con una semplice analisi del sangue 1a predisposizione all'autismo. A Boston durante un recente convegno di ricercatori, è stato rivelato che «la scienza non è mai stata così vicina alla realizzazione dì un precoce metodo di riconoscimento dell'autismo» già dopo poche ore di vita del neonato. Attualmente, invece, per ottenere una diagnosi certa di questa malattia bisogna attendere che il bambino giunga i due o tre anni di età Grazie a questa nuova tecnica, i ricercatori nutrono fondate speranze non solo di poter diagnosticare immediatamente l'autismo, ma anche di impedirne lo sviluppo. ____________________________________________________ Libero 18 mag. ’05 I VERMI? UN AUTENTICO TOCCASANA PER CURARE FERITE ED ESCORIAZIONI SYDNEY - Curare le ferite e le escoriazioni, o i tessuti in cui la circolazione non è più efficiente, tramite l'impiego dì vermi, imitando ciò che la medicina di un tempo faceva con le sanguisughe, utilizzate per combattere ipertensione, edemi, flebiti, cancrene, e molte altre malattie. t l'idea di un team di ricercatori australiani che hanno coltivata dei bachi, simîli a quelli che soprattutto in Pianura Padana nell'80q e nei primi del '900 venivano allevati per produrre la seta, la cui caratteristica è quella dì aiutare a pulire e disinfettare le ferite difficilmente guaribili, grazie alla loro peculiarità di cibarsî di tessuti morti. Secondo gli esperti australiani, che hanno commentato le loro conclusioni nel corso di un convegno tenutosi al "Chirurgie - College " di Sidney, simili applicazioni potrebbero giovare soprattutto a diabetici, malati di cuore e di polmoni. I bachi, definiti degli autentici microchirurghi, sono sterili, e non provocano alcun tipo di effetto collaterale. Come le sanguisughe sì presume che passano inoltre garantire un azione analgesica e anestetica per le sostanze contenute nel loro muco. Presso l’Essen-Mitte Clinic, in Germania, gli esperti hanno verificato che applicando ripetutamente gli irudinei nei punti dolenti del corpo, il dolore fisico diminuisce drasticamente. Nella scala standard di misurazione del dolore i livelli sono infatti passati da 53,5 a 19,1 ____________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mag. ’05 ALLARME DIABETE I MALATI SALGONO OLTRE DUE MILIONI Le cifre fanno paura. Due milioni di persone oggi in Italia soffrono di diabete e ogni anno si aggiungono centomila nuovi malati che in un caso su tre non sanno di esserlo. La tendenza per il futuro è ancor più allarmante: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità tra vent'anni il numero dei diabetici sarà più che raddoppiato, raggiungendo quota cinque milioni. Nella maggior parte dei casi si tratta della forma di tipo 2, che compare nell'adulto ed è in costante ascesa, mentre più raro è il diabete di tipo 1, che interessa bambini e adolescenti e appare stabile sotto l'aspetto numerico. Da queste preoccupanti osservazioni epidemiologiche, destinate a ripercuotersi pesantemente anche sui costi sanitari legate alle complicazioni della malattia, partono gli specialisti dell'Associazione medici diabetologi (Amd), riuniti da oggi a sabato ai Magazzini del cotone di Genova per il congresso nazionale. Fondamentale per arginare questa "avanzata" del diabete è soprattutto la prevenzione. «Oggi un diabetico su tre non sa di esserlo, quando basterebbe un semplice esame della glicemia ripetuto annualmente dopo i 40-45 anni per cogliere immediatamente le persone a rischio e impostare un programma di trattamento, che non può basarsi solo sulla dieta ma deve prevedere un significativo incremento dell'attività fisica», ricorda il presidente del Congresso Marco Comaschi. La diagnosi precoce, insomma, potrebbe rivelarsi l'arma più efficace per ridurre il rischio di complicazioni a distanza, che vanno dalla cecità all'infarto fino a danni renali e alle arterie degli arti. Su questo fronte e sulla necessità di scoprire immediatamente un eccesso di glicemia si muovono alcune ricerche di base condotte in Italia, che verranno presentate al Congresso. Uno studio condotto dall'èquipe di Antonio Ceriello, docente all'Università di Udine, ha infatti dimostrato che già nelle primissime fasi l'aumento patologico della glicemia porta alla liberazione diradicali liberi che attaccano le cellule, ma soprattutto ha chiarito in laboratorio che le cellule mantengono una sorta di "memoria" negativa perché quando si ristabiliscono valori normali di glicemia si protrae il danno indotto dai radicali liberi. «Attualmente stiamo valutando questa ipotesi negli animali da esperimento, così come stiamo testando farmaci in grado di "annullare" questo meccanismo, liberando le cellule dell'organismo da questa memoria a distanza», spiega lo stesso Ceriello. Sul fronte delle cure si spera nell'arrivo di nuovi farmaci e dell'insulina per via inalatoria, ma soprattutto si punta a "personalizzare" il trattamento. Nel futuro la terapia potrebbe infatti basarsi sulle caratteristiche genetiche dell'individuo e sulle manifestazioni cliniche della malattia, perché si è visto che la risposta ai farmaci che inducono il calo della glicemia può essere diversa, sia pure a parità di trattamento, nei vari malati. FEDERICO MERETA ____________________________________________________ Libero 19 mag. ’05 ROBOT IN CORSIA RIVOLUZIONANO LA SANITÀ LONDRA - Due robot in corsia promettono di rivoluzionare la sanità britannica. All ospedale londinese di St.Mary, infatti, un robot in via di sperimentazione consente ai medici di visitare i pazienti a distanza, mentre un altro, utilizzato sempre nella capitale al Guy's Hospital, può eseguire complicati interventi chirurgici. "Sister Mary" (Sorella Maria), così si chiama il ` robo- doc" che gira tra una corsia e l'altra al St.Mary's, permette ai medici di esaminare i malati a distanza. I dottori usano un joysticlc per manovrare la macchina con i7 risultato di vederepaziente, cartella clinica e tutti gli esami medîci ai quali è stato sottoposto in passato, con un solo sguardo. Il Robot da Vinci ha invece fini capacità chirurgiche: ha eseguito un complicato intervento di trapianto di rene su. un paziente. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 19 mag. ’05 A GENOVA IL PC SPOSA LA BIOLOGIA Ricerca di base per il domani, ma gettando un occhio alla realtà di oggi per non sganciare completamente la sperimentazione dalla realtà di ogni giorno. È con questa filosofia che la bioinformatica diventa realtà al centro di Biotecnologie avanzate di Genova grazie a un finanziamento del ministero dell'Università e della ricerca (Miur) che prevede diverse iniziative (per un totale di 12 milioni di euro al centro genovese) tra cui appunto l'organizzazione di un Labora- / torio interdisciplinare di tecnologie bioinformatiche (Litbio). II progetto comprende oltre al coordinatore Francesco Beltrame, bioingegnere nell'Università di Genova, i gruppi di Marco Muselli (Cnr, Genova), di Emanuela Merelli (Università di Camerino), di Luciano Milanesi (Cilea, Milano) e di Gianpietro Tecchiolli (Eurotech Spa). Le simulazioni. «La nicchia della bioinformatica è di estremo interesse, sia per i risvolti futuri che questa scienza consentirà di ottenere sia per le applicazioni attuali, tutte legate alla possibilità di analizzare in tempi rapidissimi grandi quantità di informazioni grazie ai supercalcolatori (nella foto il supercomputer da 3 teraflop installato al Cilea di Milano, ndr)», spiega Paolo Rolleri, presidente del Cba. Sul fronte scientifico questo "teorema" si sviluppa attraverso l'analisi dei dati generati dai vari processi di sequenziamento del genoma, che formano la base delle conoscenze per lo sviluppo rapido di nuovi farmaci e di nuovi metodi di prevenzione e cura. In pratica, grazie alla bioinformatica, si utilizzano strumenti avanzati di simulazione che accorciano i tempi e possono aumentare la probabilità di successo, scientifico e commerciale, di un prodotto. Diventa quindi più agevole e rapida l'analisi di piccoli tratti del patrimonio genetico umano e quindi può apparire meno lontana la messa a punto di medicinali "costruiti" sulla base dell'articola ta conformazione genetica del singolo individuo, così come di protocolli preventivi mirati su una determinata popolazione che presenta specifiche caratteristiche nel proprio Dna. L'analisi dei dati. Si profila insomma una sorta di "rivoluzione" della ricerca che prevede l'impiego di algoritmi più efficienti ed efficaci per consentire analisi più globali e approfondite in grado di modificare l'approccio alla ricerca biomedica. Il progetto finanziato a Genova prevede quindi una piattaforma solida capace di consentire l'analisi di Avogadro, il supercomputer che costituisce il cuore del LitBio grandi volumi di dati e preparare una classe di professionisti orientati alla ricerca, con competenze specifiche, dedicati alla soluzione dei problemi. L'iniziativa che verrà portata avanti al Centro di biotecnologie avanzate del capoluogo ligure fa parte del progetto ministeriale Firb (Fondi di investimento per la ricerca di base) così come gli altri due affidati ai gruppi di ricerca che avranno come base la struttura genovese. Uno mira alla costruzione di un Laboratorio di immunobiotecnologie e proteomica funzionale, ed è coordinato dal direttore scientifico dell'Ospedale Gaslini e docente all'Università di Genova Lorenzo Moretta, l'altro, «Nanomed: nanotecnologie per la biomedicina», è coordinato da Ugo Valbusa, fisico della materia all'ateneo genovese. Fe.Me. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 22 mag. ’05 EMERGENZA ALZHEIMER CONVEGNO AI LINCEI L’aumento della vita media fa impennare l'insorgenza delle malattie degenerative DI GILBERTO CORBELLINI Problemi attuali e prospettive future nello studio delle malattie neurodegenerative» è il titolo della Giornata Golgi che si terrà domani a Roma presso l'Accademia Nazionale dei Lincei, e vedrà tra i relatori Adriano Aguzzi e Antonino Cattaneo (ore 14.30; Palazzo Corsini - Via della Lungara, l0). Problemi sanitari e biologici ne stanno creando non pochi le malattie neurodegenerative, tra cui troviamo le demenze (in particolare l’Alzheimer), il Parkinson, la sclerosi amiotrofica laterale, le encefaliti spongiformi da prioni. Complessivamente si stima che sia oggi affetto da demenza circa il 5% della popolazione oltre i 65 anni, e addirittura il30% degli over 85. Quasi metà delle demenze sono dovute alla malattia di Alzheimer, con una preponderanza di donne. In Italia, circa 700mila persone sono colpite da varie forme di demenza e circa 400mila sono malate di Alzheimer. Per quanto riguarda il Parkinson, si stimano circa 100mila persone affette in Italia, con lieve preponderanza di uomini. Come conseguenza dell'invecchiamento della popolazione il quadro è destinato a peggiorare. I neuroepidemiologi statunitensi stimano che in quel paese, dove quasi la metà delle persone oltre 85 anni è colpita da Alzheimer, si passerà nell'arco dei prossimi cinquant'anni dagli, attuali 4 milioni di malati di Alzheimer a un numero compreso tra 10 e 15 milioni. Anche se sono associate all'età avanzata, le malattie neurodegenerative non sono dovute all'invecchiamento. Si può tranquillamente invecchiare senza sviluppare una demenza o il Parkinson. Vi sono diverse e articolate cause, di natura genetica e ambientale, all'origine di queste malattia. La probabilità che i fattori causali entrino in gioco è ovviamente favorita dal fatto che nell'ultimo j secolo l'aspettativa di vita alla nascita è raddoppiata nei paesi sviluppati (da circa 40 a circa 80 anni), ed è I quasi quadruplicata rispetto a quanto previsto dall'evoluzione della nostra specie. Il nostro organismo è venuto fuori da due milioni di anni circa di selezione naturale, e nella savana del Pleistocene, dove hanno trascorso più tempo, i cacciatori-raccoglitori vivevano circa 25 anni. In merito all'eziologia e alla patogenesi della malattie neurodegenerative la ricerca ha identificato negli ultimi due decenni una serie di fattori e meccanismi prima insospettati. Insieme alle cause e alle predisposizioni genetiche si è visto che l'aggravamento di queste malattie è dovuto spesso a processi infiammatori, che inizialmente si manifestano come reazioni difensive nei riguardi delle degenerazioni cellulari ma che possono col tempo diventare dannose. Le degenerazioni dei tessuti, a loro volta, si è visto che sono dovute all'aggregazione di particolari proteine, che i neuroni utilizzano per la loro fisiologia, ma che possono andare incontro ad alterazioni della conformazione tridimensionale, aggregandosi e depositandosi all'interno delle cellule, deteriorandone il funzionamento e portandole a morte. Di fatto diverse malattie neurodegenerative, dall’Alzheìmer al Parkinson, dalla corea di Hungtinton encefalopatie da prioni sono dovute a, fenomeni di intossicazione causati dall'addensarsi e aggregarsi di proteine che cambiano struttura, assumendo in alcuni casi avvolgimenti del tutto particolari. La morte delle cellule deteriorate o altri fattori, tra cui episodi di infezione, possono accentuare le risposte infiammatori e immunitarie. L'allungamento della vita e le abitudini acquisite con il progresso economico- industriale, soprattutto l'alimentazione che si è impoverita di acidi grassi insaturi, probabilmente facilitano le trasformazioni in senso patogenetico di proteine essenziali per il metabolismo dei neuroni. Così come aumentano il rischio che vadano fuori controllo i meccanismi infiammatori e immunitari che si innescano contro le intossicazioni proteiche. e strategie terapeutiche che si stanno sperimentando, in attesa delle staminali, cercano di contrastare l'infiammazione, ma anche di stimolare risposte immunitarie che portino all'eliminazione delle proteine tossiche. È già stato sperimentato un vaccino contro l'amiloide beta, la proteina di cui sono fatte le placche nei cervelli colpiti da Alzheimer. Ma i risultati sono stati solo parzialmente positivi. Indubbiamente, comunque, la vaccinazione contro proteine che assumono forme alterate e causano le degenerazioni del neuroni,rappresenta una delle prospettive più interessanti per contrastare l'evoluzione di queste malattie che colpiscono il cervello delle persone nell'età avanzata. ____________________________________________________ L’Unione Sarda 20 mag. ’05 ALZHEIMER: SASSARI. CONTRATTI SCADUTI Non ci sono più soldi: si chiudono le porte ai malati di Alzheimer Niente soldi, niente contratti, e le Cliniche universitarie di Sassari chiudono le porte ai malati di Alzheimer. Fine dell'assistenza medica. L'Università non ha rinnovato i contratti ai collaboratori che lavorano per l'Unità valutativa Alzheimer delle Cliniche, e il servizio rischia l'estinzione. Impossibile per la responsabile, Maria Rita Piras, assistere da sola i seicento pazienti che si rivolgono all'ambulatorio per avere assistenza. A lanciare l'allarme annunciando per la prossima settimana manifestazioni e sit in davanti alle sedi istituzionali, è l'Associazione di volontariato Alzheimer di Sassari. «Per quest'anno non è stato concesso nessun finanziamento per la ricerca, per cui al personale che finora ha raggiunto un alto grado di preparazione non si potrà chiedere di lavorare solo su basi volontaristiche», denuncia Gianfranco Favini, presidente dell'Associazione. Favini, 57 anni, ozierese trapiantato a Sassari, capelli grigi e sopraccigli neri, è uno che di volontariato se ne intende. «Faccio volontariato da 23 anni, da quando è nata Mondo X», la comunità di recupero per tossicodipendenti creata a S'Aspru da padre Salvatore Morittu. Adesso lotta per i malati di Alzheimer, «lotto per i poveri di questa società», spiega lui. Una lotta che adesso si fa davvero dura, in nome dei 1300 ammalati di Alzheimer che vivono in provincia di Sassari: «Il servizio offerto dall'Unità valutativa Alzheimer delle Cliniche universitarie è fondamentale, e rischia di chiudere mentre andrebbe potenziato». Chiudere perché il personale che ci lavora da tre anni rimane senza un contratto: «L'Università avrebbe dovuto proporre il rinnovo dei contratti di lavoro a i quattro collaboratori e non lo ha fatto, alla scadenza la responsabile del Servizio resterà sola ad assistere seicento pazienti. Sarà impossibile». Già ora l'attività dell'ambulatorio va avanti con gli uomini contati e sarebbe necessario potenziare l'organico: «L'Unità è oberata di lavoro, stanno fissando appuntamenti per il 2006. E per i malati di Alzheimer riconoscere la malattia con tempestività è l'unica strada per combatterla». L'Alzheimer non dà scampo: non esiste cura, solo terapie capaci di tenere sotto controllo le manifestazioni più devastanti della malattia. Come i raptus violenti o i black out di memoria. Prevenzione e rapidità di intervento sono le parole d'ordine contro l'Alzheimer, ma senza personale specializzato qualsiasi lotta diventa impossibile. Vincenzo Garofalo ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 20 mag. ’05 SE LA GENETICA INFLUENZA LA PERFORMANCE SPORTIVA Convegno alla Cittadella universitaria di Monserrato “In Sardegna siamo i primi a occuparci di questa ricerca” CAGLIARI. Quanto influisce il corredo genetico sulle performance sportive? In che modo si può favorire la partecipazione dei disabili mentali lievi alla pratica dello sport? E ancora, quali sono gli sviluppi della psicologia legati alle discipline sportive? Su questi e altri temi ci si confronterà oggi, nell’aula magna della Cittadella universitaria di Monserrato, nel corso di “La ricerca scientifica nelle scienze motorie”, convegno organizzato dall’Università di Cagliari, insieme al corso di laurea in Scienze motorie e a quello specialistico in Scienze e tecniche dello sport. L’incontro vuole essere l’occasione per fare il punto sullo stato dell’arte del corso di laurea di primo livello in Scienze motorie, istituito nel 1999 dalle ceneri dell’Isef, ma soprattutto vuole affrontare alcuni grandi temi oggetto d’importanti attività di ricerca interna. Parlando di “Performance sportiva e genetica molecolare”, si forniranno così i primi risultati di una ricerca che se appassiona a livello internazionale, da noi conta pochi adepti. ‹‹In Sardegna - dice Alberto Concu, docente di fisica dello sport - siamo forse i primi ad occuparci di questo aspetto della ricerca››. Ma si parlerà anche della valutazione funzionale dell’atleta, sotto i diversi profili, di “somatotipo e performance sportiva”, passando per alcuni temi di ricerca in psicologia applicata allo sport. I lavori cominceranno alle 9, con i saluti delle autorità, e andranno avanti per tutta la giornata. Nel pomeriggio sono previsti interventi da parte di giovani ricercatori, mentre ai giovani laureati è dedicata la sezione “poster”, una carrellata delle più brillanti tesi sperimentali discusse in questi pochi anni di vita di Scienze motorie, corso che offrendo una preparazione a 360 gradi, riesce oggi a proporre agli studenti un’ampia varietà di sbocchi occupazionali. (s.z.) ____________________________________________________ L’Unione Sarda19 mag. ’05 San Giovanni di Dio. Dopo tante false partenze A GIUGNO DECOLLA IL PUERPERIO DEL CIVILE Per il momento le pazienti dormono ancora nei corridoi, solo un paravento le protegge da occhi indiscreti. Al diavolo privacy e riservatezza che dovrebbero essere un diritto di chi è ricoverato in ospedale e che si sente quasi d'ingombro tra infermieri, medici e visitatori. Insomma una situazione davvero imbarazzante. Non è tutto, a complicare la vita di chi è ricoverata nel reparto di Ostetricia e ginecologia del San Giovanni di Dio ci si sono messi anche i lavori di ristrutturazione di alcune stanze. Polvere, muratori e impalcature hanno complicato le condizioni delle malate che comunque, vista la necessità dei lavori, hanno ulteriormente stretto i denti. Qualcuna ha anche segnalato il caso ai carabinieri del Nas che hanno constato alcune irregolarità, ma tutte di poco conto. Poi, chiudere quel reparto, anche se a mezzo servizio, formato da professionisti di primo livello avrebbe comportato un disagio notevole e costretto le pazienti a rivolgersi ad altre strutture ospedaliere. Ma tra poco più di dieci giorni le cose nel reparto di Ostetricia e ginecologia dovrebbero cambiare con l'apertura del Puerperio. Per scaramanzia nessuno ancora vuole comunicarlo ufficialmente, ma dopo tante false partenze sei stanze con tutti i comfort, in grado di accogliere dieci neomamme e i loro piccoli, saranno a disposizione della Clinica diretta dal professor Gian Benedetto Melis. Sembra che l'arrivo del nuovo manager della Asl 8 abbia dato un'accelerata a quello che per tanti anni è stato un caso di malasanità. Una storia strana quella del Puerperio dell'ospedale Civile: da più di tre anni e mezzo, a parte piccole parentesi, quelle stanze completamente finite sono chiuse. Alla base della vicenda c'era un'incomprensione tra il direttore della Clinica e i vertici della Sanità sarda. Il primo sosteneva di non avere abbastanza personale per mandare avanti la struttura. I secondi, al contrario, affermavano che le ostetriche a disposizione del professor Melis erano più che sufficienti. Tra i due litiganti, in questo caso, il terzo soffre. Quel Puerperio, costato oltre seicento milioni di lire e finanziato con soldi pubblici, è di vitale importanza per Ostetricia: le mamme e i bimbi non saranno più costretti a lunghe trasferte tra un piano e l'altro della struttura. Non solo, destinando alle partorienti il piano superiore, quello inferiore, una volta conclusi i lavori, subirebbe un decongestionamento. Una diatriba che durava da anni senza nessuna soluzione all'orizzonte, nonostante una convenzione firmata nel 1998 che impone alla Asl di fornire all'Università tutti gli strumenti necessari, tra questi anche il personale, per assistere i pazienti. Ora la gestazione sembra finita e il parto nella fabbrica dei bambini dietro l'angolo. Andrea Artizzu ____________________________________________________ La Stampa 18 mag. ’05 DOVREMMO INVIDIARE I MUSCOLI DEI TIBETANI UNO STUDIO DEL CNR IN ALTA QUOTA PERDONO SOLO L’OTTO PER CENTO DELLA LORO POTENZA, I NOSTRI PERDONO IL 40% I nostri muscoli di gente abituata a vivere in pianura non hanno "la stoffa" di quelli dei tibetani abituati a vivere in alta quota. Una delle massime autorità in medicina e fisiologia d'alta quota, Paolo Cerretelli dell'Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano, ha scoperto che i muscoli degli europei (popolazioni caucasiche) dopo un periodo medio-lungo ad elevate altitudini appaiono danneggiati perché non sviluppano adattamenti enzimatici e sistemi protettivi come invece avviene per i muscoli delle popolazioni del Tibet. La scoperta, presentata alla conferenza mondiale di fisiologia a San Diego, in California, Usa, indica il forte peso che hanno i geni sull'adattamento dell'organismo alle alte quote e forse aiuterà i biologi a svelare alcuni segreti dell'invecchiamento umano. Solo di recente Cerretelli ha trovato che a cinquemila metri la potenza muscolare dei tibetani cala non più dell'8%, la nostra del 35-40 per cento, inoltre che i muscoli dei tibetani sono protetti da sistemi enzimatici per purificare l'organismo dall'"overdose" di radicali liberi cui è sottoposto in alta quota. «Nel nuovo studio - ha spiegato il fisiologo - abbiamo usato campioni di muscolo di guide alpine estratti prima e dopo le spedizioni sull'Everest e sul vicino Lhotse nel 1981 e nel 1986 e congelati in attesa dei mezzi tecnici per studiarli. Abbiamo esaminato le modifiche molecolari ed enzimatiche prodotte dalla permanenza in alta quota per due-tre mesi nei muscoli delle guide». Le differenze emerse tra i muscoli di tibetani e caucasici nella loro reazione all'alta quota sono notevoli, ha riferito Cerretelli: nei tibetani a 5.000 metri di quota rimane basso il livello della molecola "lipofuscina", un indicatore del danno causato dai radicali liberi, negli altri questa molecola risulta in eccesso dopo le spedizioni. Inoltre i caucasici presentano anche danni cellulari e alle centraline elettriche della cellula, i mitocondri, mentre nei tibetani fibre muscolari e apparato di approvvigionamento energetico restano indenni. Il segreto dei tibetani non sta in un diverso tessuto muscolare, ma nella presenza, di cui noi non godiamo, di concentrazioni quattro volte più elevate di un enzima protettivo che pulisce i danni dei radicali liberi, la "glutatione S transferasi" e di cospicue riserve, anche queste assenti nelle guide alpine, di mioglobina, cioè la proteina che trasporta e conserva l’ossigeno, con un ruolo cardine nei processi ossidativi. «Tutte le modifiche enzimatiche protettive viste nei tibetani - ha dichiarato Cerretelli - non sono state ritrovate nei caucasici"; ciò spiega le notevoli alterazioni riscontrate nei campioni di muscolo estratti dopo le spedizioni. Quindi pochi mesi in alta quota non sono sufficienti ad indurre processi enzimatici compensatori di adattamento. È possibile - ha detto Cerretelli - sia che fattori genetici protettivi favoriscano i tibetani, sia che servano periodi più lunghi per acclimatarsi.». Ma confrontando i campioni di muscolo presi prima e dopo le spedizioni, ha precisato Cerretelli, sono emerse variazioni dei livelli di almeno altre quindici proteine ancora da studiare, che potranno suggerire altre conseguenze dell'overdose di radicali liberi. Oltre che alla salute degli amanti delle vette, ha rilevato il fisiologo, queste informazioni sono utili alla comprensione della biochimica dell'invecchiamento umano, perché la montagna lascia sul corpo gli stessi segni del tempo: accumulo di sostanze di rifiuto e radicali liberi, défaillance dei sistemi di rifornimento energetico, danni cellulari. Dunque stare due-tre mesi in alta quota, ha concluso Cerretelli, è come invecchiare in modo accelerato e reversibile ed è un ottimo modello di studio del declino fisiologico dovuto agli anni che scorrono. Paola Mariano ____________________________________________________ La Stampa 18 mag. ’05 L’ARTE DIFFICILE DI RICOSTRUIRE IL NOSTRO CORPO LA microchirurgia ci offre sempre nuove possibilità che soltanto pochi anni fa sapevano ancora di fantascienza. Grazie ai progressi dell'immunosoppressione che scongiura il rischio di rigetto, nervi, articolazioni, organi come la laringe, o addirittura intere parti del corpo come la parete addominale potranno essere prelevate da cadavere per essere trapiantate su pazienti colpiti da tumore o vittime di un trauma. «Persino la faccia - è stato annunciato al ventunesimo Convegno della Società italiana di microchirurgia svoltosi a Torino dal 5 al 7 maggio - potrà essere prelevata da cadavere per ridare il volto a una persona sfigurata». Mezzi ottici di ingrandimento e fili di sutura sottilissimi hanno permesso di sviluppare metodiche ricostruttive anche su strutture anatomiche delicate e sorprendentemente piccole. «La microchirurgia - spiega Bruno Battiston, responsabile del centro di microchirurgia del Cto di Torino e neo presidente della Società scientifica - non è una vera specialità, ma una tecnica a disposizione di chirurghi di estrazione diversa per ottenere ricostruzioni più sofisticate e complete dove le tecniche tradizionali non sono in grado di garantire un valido risultato». L'Italia è uno dei paesi all'avanguardia su questo fronte. Dai primi reimpianti di arti o dita amputate, il microchirurgo è in grado di ricostruire già oggi assi vascolari e nervosi per garantire non solo la sopravvivenza del paziente, ma anche la funzionalità delle parti amputate e ricostruite. «La produzione di tessuti tramite la clonazione e l'ingegneria genetica - aggiunge Battiston - aprirà la porta a una chirurgia di "parti preservate" con grandi possibilità non solo per la ricostruzione di componenti mancanti, ma anche per il superamento dell'invecchiamento del corpo». L'intervento compiuto nel 1988 a Torino, durato tredici ore per riattaccare le braccia a un operaio di 22 anni di Trento che aveva subìto la doppia amputazione in un infortunio sul lavoro, oggi non farebbe più tanto clamore. Le frontiere del bisturi, da allora, si sono spostate molto in avanti. «Mentre il trapianto di mano da cadavere, dopo il caso dell'ospedale Eduard Herriot di Lione, è una porta ancora aperta da verificare per i problemi psicologici connessi, il problema che divide il mondo scientifico non è tanto tecnico, quanto etico: è lecito sottoporre ai rischi di rigetto e quindi di una terapia farmacologica prolungata pazienti che richiedono un trapianto che non è salva-vita, ma ne migliora "soltanto" la qualità?». Perché ovunque non ci sia un autotrapianto, ovunque un organo arrivi da cadavere, l'organismo umano considera quell'organo qualcosa di estraeo, da rifiutare. La microchirurgia consente oggi di trasportare tessuti da una parte all'altra del corpo per ricostruzioni altrimenti impossibili. L'oncologo può procedere più radicalmente nell'asportazione di un tumore sapendo che ha a disposizione questa opportunità. La microchirurgia permette di ricostruire lesioni a nervi periferici che hanno provocato una paralisi o la perdità anche totale di sensibilità. Molte specialità utilizzano ormai tecniche microchirurgiche per la soluzione dei problemi più completi: dall'ortopedia alla chirurgia generale, dalla neurochirurgia alla chirurgia estetica, fino a quella vascolare. Si può sostituire osso con osso («Femore e anca in blocco, al posto di una protesi»), si può tamponare solo una perdita ossea che deriva da alcune malattie. Si possono rimpiazzare muscolo con muscolo, segmenti di pelle, con autotrapianto o attraverso la Banca della Cute. Si fanno crescere nasi e orecchie su braccia, che una volta vascolarizzati sostituiscono nasi e orecchie da amputare o strappati in un incidente. Non solo. In diversi ospedali, è già nata l'ultramicrochirurgia. E qualcuno incomincia a ipotizzare la creazione di una banca di tessuti vivi, perfettamente vascolarizzati, pronti per l'impianto. Marco Accossato ____________________________________________________ Repubblica 19 mag. ’05 ATTENZIONE AI TACCHI ALTI Provocano difetti di postura, alluce valgo e dita a martello IL TACCO deve essere sotto i quattro centimetri, soprattutto se lo portiamo per buona parte del giorno. Se è alto sposta il baricentro del corpo in avanti (uno di otto centimetri produce un'inclinazione innaturale in avanti di circa 45 gradi), porta il piede in posizione equina, origina alluce valgo (il 40 per cento delle donne over 45 ne soffre) e dita a martello (aggravate da scarpe strette e a punta) e il tutto si riversa sulla postura. Dolori alla cervicale, alla schiena, cattiva masticazione spesso sono dovuti a postura sbagliata. In agguato metatarsalgie, cioè dolore intenso sotto la pianta, neuroma di Morton, patologia del nervo plantare, sesamoiditi, la frattura cioè delle due ossicine sotto il primo metatarso che permettono l'articolazione, e borsiti. Se poi dal tacco si passa alle scarpe bassissime ecco i dolori al polpaccio perché muscoli e tendini si sono "accorciati" col tacco alto: bisogna riabituarsi lentamente. "Il podologo crea protezioni personalizzate, come le ortesi al silicone, una seconda pelle per le parti doloranti che aiutano la guarigione" assicura Mauro Montesi, presidente dell'Associazione podologi. Negli Stati Uniti si fanno infiltrazioni di silicone intorno alle callosità per far riassorbire il trauma meccanico da scarpa. (m. gul.) ____________________________________________________ Repubblica 19 mag. ’05 IL ROBOT SIMULA L'INTERVENTO CLINICO Nasce a Prato il primo laboratorio di ricerca sugli errori E' IN FASE avanzata di allestimento nella sede operativa del Cespro (Centro dell'Università di Firenze), ospitata a Prato dalla Fondazione Prato Ricerche, il primo laboratorio italiano di ricerca sull'applicazione della simulazione in medicina. Il laboratorio è il primo che, oltre a scopi puramente didattici, unisce obbiettivi di ricerca nell'ambito della sicurezza per i pazienti. Il laboratorio è dotato di manichini robotizzati che sono in grado di riprodurre con completo realismo le condizioni cliniche di un vero paziente, nonché di attrezzature analoghe a quelle presenti nelle sale operatorie, sale di pronto soccorso e di terapia intensiva. Operando su questi manichini, i medici e gli operatori sanitari, specialmente quelli attivi in area critica, possono mettere in pratica, in un contesto ripetibile e privo di rischi per i pazienti, le metodiche necessarie ad affrontare situazioni di emergenza. Questi robot costituiscono uno strumento di addestramento per gestire con più esperienza e padronanza le reali situazioni critiche che possono determinarsi in ambito sanitario. Per molti anni i simulatori sono stati impiegati in aviazione, nella gestione di impianti nucleari, nel volo militare ed in altri ambiti industriali per la formazione delle varie professionalità. La necessità di effettuare training al simulatore è emersa ormai da qualche anno anche nella comunità medica internazionale, considerato anche che soltanto negli Usa ogni anno si registrano 44mila perdite umane a causa di errori medici. La possibilità di estendere in maniera sempre più ampia al settore medico queste metodologie formative consentirà di migliorare la risposta dei professionisti della salute alle situazioni critiche e fornirà un banco di prova per lo studio e lo sviluppo di procedure volte a minimizzare il rischio clinico e dare più sicurezza alle persone malate. "Alla base di questo progetto", ha sottolineato il direttore del Cespro Sergio Boncinelli, "c'è l'ottimizzazione del lavoro di équipe che passa attraverso l'utilizzo ideale delle risorse tecniche ed umane disponibili nei diversi contesti sanitari. Sarà possibile, ad esempio, ridurre i rischi associati alle situazioni critiche che possono generarsi in ambito sia intra che extraospedaliero. Grazie alla simulazione il laboratorio sarà in grado di portare un contributo attivo al miglioramento delle condizioni di sicurezza delle persone che devono affrontare un percorso clinico nella prospettiva del recupero della salute". ____________________________________________________ Le Scienze 19 mag. ’05 RIVISTE DI MEDICINA SOTTO ACCUSA Dipenderebbero in modo eccessivo da inserzionisti e finanziatori "Le riviste di medicina costituiscono un estensione del braccio del marketing delle compagnie farmaceutiche": lo sostiene Richard Smith, ex curatore del British Medical Journal e ora direttore generale di UnitedHealth Europe, in un provocatorio editoriale pubblicato sulla rivista "PLoS Medicine". L'esempio più evidente della dipendenza delle riviste mediche dall'industria farmaceutica è la quantità di denaro che ricevono dalle pubblicità di farmaci, ma secondo Smith si tratterebbe della "forma meno corrotta di dipendenza", in quanto le inserzioni "possono essere viste e criticate da tutti". Il problema maggiore, invece, è quello della pubblicazione di trail clinici finanziati dall'industria. "Per una compagnia farmaceutica - spiega - uno studio favorevole vale più di migliaia di pagine di inserzioni pubblicitarie. Ecco perché le aziende spendono a volte milioni di dollari per ristampare e diffondere in tutto il mondo i risultati delle ricerche". A differenza delle pubblicità, l'affidabilità degli studi viene percepita dai lettori in maniera più positiva. "Fortunatamente per le compagnie farmaceutiche che hanno finanziato questi studi, ma non altrettanto per la credibilità delle riviste che li pubblicano, i trial raramente producono risultati sfavorevoli per i prodotti della compagnia stessa". Citando esempi da 86 diversi studi, Smith dimostra che i risultati dei trial sono influenzati da chi li finanzia. ____________________________________________________ Le Sciernze19 mag. ’05 ECCO PERCHÉ L'ESTERNO DEL CORPO È SIMMETRICO L'acido retinoico impedisce all'embrione di svilupparsi asimmetricamente In uno studio pubblicato sulla rivista "Nature", i ricercatori del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla, in California, riferiscono di aver risolto uno dei maggiori enigmi della biologia dello sviluppo, facendo luce sul meccanismo che si assicura che l'esterno del nostro corpo sia simmetrico mentre gli organi interni vengono disposti in maniera asimmetrica. Una ricerca sul danio zebrato (zebrafish), un modello della biologia umana, ha consentito a Juan-Carlos Belmonte e colleghi di scoprire che l'acido retinoico (vitamina A) è il segnale che tampona l'influenza degli stimoli asimmetrici nelle prime fasi delle cellule staminali embrionali e consente a queste cellule di svilupparsi simmetricamente. In assenza di acido retinoico, l'esterno del nostro corpo si svilupperebbe in maniera asimmetrica, e la parte destra sarebbe più corta e piccola di quella sinistra. "Visto dall'esterno - commenta Yasuhiko Kawakami, primo autore dell'articolo - il corpo umano sembra del tutto simmetrico. Ma, all'interno, la disposizione degli organi non lo è. Per esempio, non abbiamo due stomaci, uno collocato a destra e uno a sinistra: ne abbiamo uno solo, nella parte sinistra del corpo". Una complessa cascata di segnali contribuisce a generare l'impostazione tridimensionale del corpo sia nello zebrafish che nell'uomo. Belmonte e colleghi hanno scoperto che lo sviluppo lungo gli assi destra-sinistra e anteriore- posteriore è coordinato dalla vitamina A: l'acido retinoico esercita la propria influenza nella fase in cui le cellule staminali embrionali cominciano a formare i tre strati principali di cellule dell'embrione che si organizzano poi nel cervello e nel sistema nervoso, nel tratto gastrointestinale e in altri sistemi del corpo.