RIFORMA UNIVERSITARIA EUROPICIDA - RIFORMA UNIVERSITARIA: IL COMPUTO NEVROTICO DEL SAPERE - LA CORTE DEI CONTI BOCCIA LA RICERCA GESTITA DAL MIUR - QUANTI DOTTORI IN PIÙ CON LA LAUREA - L'IDENTIKIT DI 140MILA LAUREATI ITALIANI - LAUREATI SEMPRE PIÙ GIOVANI - DOPPIA SCUOLA MORATTI. I RICCHI DI QUA, I POVERI DI LÀ - DOPPIO CANALE: VIA ALLA RIFORMA DELLA SCUOLA SUPERIORE - RIFORMA DEI LICEI, IL GIALLO DELL'ACCESSO ALL'UNIVERSITÀ - FUGA DI CERVELLI, CENTOMILA SCIENZIATI LASCIANO L'EUROPA - RICERCATORI: POPOLO DI MIGRANTI D’ÉLITE - STAVOLTA OXFORD NON DÀ BUONI ESEMPI - SONO IN ALTO MARE LE LAUREE PER I PROFESSORI DI DOMANI - SE SEI PRECARIO MUORI PRIMA - NUOVE OPPORTUNITÀ PER I LAUREATI SARDI - VIA ALLA METROPOLITANA PER IL POLICLINICO - UNIVERSITA’:SELEZIONI ANTICIPATE AL 20 LUGLIO E GRADUATORIA NAZIONALE - UN ERRORE PORRE LIMITI A INTERNET - LA RETE GARR SI ESTENDE DAGLI ATENEI ALLE SCUOLE - ======================================================= ANCHE I FARMACI VENGONO CONTRAFFATTI - SCLEROSI: UN TRISTE PRIMATO NASCOSTO NEI GENI SARDI - SPORT, UNA TERAPIA A DOPPIO TAGLIO - BROTZU. INAUGURATA LA PET - IL TUMORE AL SENO E IN AUMENTO, MA SI MUORE MENO - LA RISONANZA DIVENTA MINI - L'EPATITE NON È PIÙ UNA CONDANNA A MORTE - LA RISONANZA DIVENTA MINI - L’ICTUS SI COMBATTE IN CULLA - IL 10 PER CENTO DEI BEBÉ ITALIANI NASCE PREMATURO - DANNI AI TOPI NUTRITI CON GLI OGM - VIAGRA, ALLARME CECITÀ NEGLI USA - UNGHIE: NON SBAGLIATE A TAGLIARLE - ALL'UNGHIA INCARNITA PROVVEDE IL FENOLO - DENTI IPERTECNOLOGICI - DON VERZÉ: CON UN MICROCHIP VISITA A DISTANZA DEI PAZIENTI - I COLORI FONDAMENTALI SONO UNIVERSALI - IN DUBBIO I BENEFICI DELL'ASPIRINA PER GLI ULTRASETTANTENNI - ======================================================= _____________________________________________________ Il Giornale 27 mag. ’05 RIFORMA UNIVERSITARIA EUROPICIDA La laurea 3+2 ha ridotto al minimo i programmi Erasmus Il 3+2 uccide Erasmus. Si scopre anche europeicida la già bistrattata riforma universitaria, targata dm 509/99, che ha l'obiettivo di accorciare i tempi di laurea, rendendo cosi più competitivi i neodottori italiani sul mercato del lavoro. A rivelarlo, é la VII Indagine AlmaLaurea sul profilo dei laureati 2004, presentata ieri all'università di Firenze. Fra le pieghe del rapporto, che monitora 140 mila universitari italiani di 35 atenei giunti lo scorso anno al fatidico «pezzo di carta» (di cui 47 mila laureati triennali del nuovo ordinamento}, emerge anche questo paradosso: il modello di studio che, attraverso la moneta di scambio dei crediti, é stato pensato per omageneizzarsi ai sistema continentale, finisce per indebolire Erasmus, il padre di tutti i programmi di mobilità europea, di cui abbiamo appena finito di festeggiare il decennale e il milionesimo studente. Secondo l'indagine, infatti, sono solo sette su 100 i laureati triennali coinvolti in esperienze di scambio, di cui 3,8 attraverso i programmi europei e 3,2 tramite altre iniziative. Nel vecchio ordinamento la percentuale era quasi doppia, 13,3%, e la quota Erasmus raggiungeva l’8,3%. L'accorciamento degli studi, la compressione dei piani di studio, rendono ormai residuale quell'attività di studio all'estero che, per quanto elitario anche nelle lauree vecchia maniera, aveva segnato positivamente la vita e i curricula di migliaia di studenti italiani. Inevitabilmente il focus di questa VII indagine, la prima che contenga un numero piuttosto importante i laureati 3+2, si è spostato sulla riforma universitaria che ha attraversato più governi nelle- ultime due legislature; Tanto più -- che- il Consorzio interuniversitario bolognese, ché ha da poco festeggiato il 43mo ateneo aderente (ormai i 314 delle università italiane); ha avviato parallelamente _una ricerca sul tradimento dell'università riformato- fra- i neo laureati triennaii, ricerca che ha raggiunto già le 15 mila risposte. «Si dividono equamente fra favorevoli e contrari al 3+2», spiega il professore Andrea Cammelli ; fondatore e direttore di AlmaLaurea, «ma il sistema riformato è valutato come "decisamente migliore» solo dal 15% degli intervistati, la metà di quanti -ritengono "decisamente migliore" il modello precedente». Fra i fans della new wave accademica, i neodottori dell'arca economico statistica, ingegneria, architettura e scientifica, fra i quali il gradimento oscilla dal 50 ai 57%. Sul fronte opposto, la maggioranza dei neopsicologi,, geo-biologi e laureati del gruppo letterario, per à quali l’appeal del 3+2 viaggia fra il 31 e il 37%. Ma questa VII indagine è anche 1a prima che, su richiesta dr Consiglio nazionale di valutazione e ministero dell’università, interpellava i laureati sulla qualità della vita accademica. E dal, rapporto, emerge una certa, insospettata, soddisfazione. I triennalisti dimostrano una maggior soddisfazione dei loro colleghi "pre-riforma" nella valutazione tout court dell'esperienza universitario che, nel complesso, é positiva (87,3% di soddisfatti). Giudizi positivi sul anche rapporti con i docenti soddisfacente per l’80,9%, percentuale che cresce del 7,3% sé ci si riferisce ai dottori del 3+2. Vecchi e nuovi laureati sono poi soddisfattà l’80,8% delle biblioteche. La percentuale contiene addirittura un 27% di autentici aficionados dello scaffale, Che giudicano «molto soddisfacente»il sevizio. Più chiaroscuro il quadro che riguarda lo aule: se 65 laureati su 100 le considera «spesso o sempre adeguate», altri 32,5 neodottori se ne lamenta. E ancora peggiore é il giudizio sulle aule, informatiche: soddisfatto solo il 26%, contro un 56,6% di ex studenti che invece bocciano la disponibilità di pc connessioni internet. Anche in questo caso la forbice fra vecchi e nuovi laureati é singolare.: fra questi ultimi i contenti salgono al 32%. Nel complesso la leva 2004 dei dottori italiani sembra non aver rimorsi né rimpianti sulla scelta universitaria: oltre 68 su 1001a ripeterebbero tal quale, Solo dieci cambierebbero ateneo, pur mantenendo lo stesso corso, mentre sette ripartirebbero per una nuova laurea in un'altra università. Autenticamente pentiti della scelta solo due laureati su 100. Il futuro? Continuare a studiare. Due dottori su tre, dopo il titolo, continuano verso lauree specialistiche e master, con punte nel 91 su 100 del gruppo psicologico, 83 del geo-biologico, 78 di ingegneria, 73 del giuridico. Conseguire la laurea magistrale é un must (o una necessità?) al Sud (91°%) e nelle isole (92%), mentre nel Nord la percentuale si abbassa (81% per il Nordovest, 83% Per il Nordest): le sirene del mercato del lavoro, ancorché giù di voce, si fanno sentire, _____________________________________________________ Il Manifesto 28 mag. ’05 RIFORMA UNIVERSITARIA: IL COMPUTO NEVROTICO DEL SAPERE AUGUSTO ILLUMINATI Strana bestia, la riforma universitaria. Un coacervo di pochissime leggi e di moltissimi decreti ministeriali, circolari applicative e talvolta perfino salutari ripensamenti, che nel complesso «implementano» il progetto moltiplicando e scompigliando in ogni momento dell'anno le procedure, i regolamenti d'ateneo, facoltà e corsi di laurea e i pezzi che arrivano fino allo studente: la modulistica dei piani di studio e i verbali d'esame. II tutto in un esilarante anglo-italiano a base di panel, diploma supplement, range, ranking list e sotto la dittatura di griglie informatiche maneggiate in modo fallimentare dai funzionari ministeriali e violabili con trucchi al di sotto di qualsiasi manualità hacker. La macchina del 3+2 Vero che il Ddl Moratti ha suscitato un'opposizione molto estesa, ma ancor più vero che il corpo docente, particolarmente nelle componenti più strutturate (ordinari e associati), si divide fra chi coerentemente prende la distanze dalla riforma Zecchino-Berlinguer, madre dell'attuale, e chi si scaglia solo contro la stesura più recente, che certamente è peggiorativa e non finanziata, ma si muove nel solco della precedente. La macchina (europea) del 3+2 e la recente introduzione del cosiddetto percorso a Y nel triennio sono nella sostanza largamente accettate, tranne che nelle facoltà umanistiche, e sarebbe arduo sostenere che la precarizzazione dei ricercatori e di altre figure non susciti consensi anche presso chi contesta le formulazioni morattiane. Il sangue dei baroni non è acqua. Inoltre, nell'applicazione del 3+2 e nella proliferazione dei corsi triennali e specialistici (ora denominati magistrali), nonché dei più strani master di primo livello, si registra un accanimento terapeutico dovuto esclusivamente allo zelo dei docenti e all'illusione di conquistare qualche fetta di finanziamento e di potere in una fase di forsennata riduzione dei trasferimenti statali alle università. Tralasciando il marasma burocratico e le patologie professionali dei docenti, il punto politicamente più interessante è questo: la costruzione delle carriere studentesche mediante l'attribuzione di crediti formativi (cfu), che si aggiungono alla normale valutazione in voti, è un tentativo goffo e illogico di computo quantitativo dei saperi, la cui gestione suggerisce improbabili analogie con standard di efficienza imprenditoriale. Il cfu dovrebbe infatti corrispondere a un certo numero di ore di studio e pagine di testo, partecipazione alle lezioni «frontali» (ce ne sono di «dorsali»?), ecc. Secondo l'ideologia ufficiale l'acquisizione delle conoscenze è come una fabbrica o un mercato e viene verificata con criteri di razionalizzazione, addizione (180 cfu per una laurea triennale, 120 per la magistrale, x per master e altre specializzazioni, ecc.), riconoscimento del pregresso e delocalizzazione: per esempio, 2 cfu per precedenti esperienze lavorative, x cfu per stages aziendali, tirocini e altri lavori non pagati, ecc. Dietro tali pomposi assunti e gli inni alla professionalità, in realtà vige l'arbitrio più totale dei criteri secondo docente, corso di laurea e facoltà, il rappezzo di campi eterogenei e la segmentazione capricciosa di saperi già compromessi con il sistema dei moduli e ridotti in pillole con corsi da 1 0 2 cfu, funzionali soltanto a vanità e clientelismi baronali, non certo a esigenze del mercato. II tutto condito con centralizzazione ministeriale, canalizzazione rigida dei percorsi obbligati, futili lusinghe occupazionali e incombente depressione. L'assemblaggio dei cfu da parte dello studente - complice l'istituzione-, funziona da variante della raccolta delle figurine. Meno divertente e con troppi doppioni. In alcuni casi si rendono effettivamente bassi servizi di fornitura di forza-lavoro precaria o più semplicemente si favorisce con vari meccanismi di riconoscimento la formazione privata, in particolare clericale, ma nella maggior parte delle situazioni prevale una logica produttivistica senza effettiva produttività, molto simile a quella descritta per altri tipi di impresa da Corinne Maier in Buongiorno pigr-izia. Squallida ideologia e allenamento alla sottomissione. Senza catastrofismi, constato che la macchina è impazzita e va riorganizzata con ritocchi non marginali, abbandonando l'equivoco che basti retrocedere dalla cattive applicazioni morattiane alla buona ispirazione berlingueriana tradita. Contenimento del danno La natura arbitraria e caotica della riforma consente a breve una linea di contenimento del danno, per esempio intervenendo con buon senso sull'assetto del personale, la liberalizzazione dei percorsi, il riaccorpamento dei moduli e l'assegnazione ad essi di un numero superiore di cfu, al fine di ridurre drasticamente il numero degli esami che oggi affliggono studenti e docenti. Ma questi sono solo palliativi in vista di un riordino ben più incisivo. Per rimettere in moto l’apparato universitario e sincronizzarlo con lo sviluppo effettivo dei saperi non bastano soluzioni tecniche e neppure più adeguati finanziamenti. Dobbiamo invece domandarci: come rendere desiderabile l'università per studenti e docenti, che oggi la vivono in modo passivo o nevrotico? Come uscire dalla disaffezione, causa non secondaria del presente sfacelo economico e politico? Si può comprimere la principale risorsa produttiva come avviene ora, quando si cerca di arrestare la diserzione dalle facoltà scientifiche cancellando le tasse di iscrizione mentre quelle umanistiche si svuotano a favore dei fantasmi mediatici di scienze della comunicazione? Siffatte fughe sono indizi di un'eccedenza che si sottrae a una logica aziendale, di un movimento cui non si risponde solo con incentivi materiali e deviazioni dispersive ma sparigliando e riaprendo la partita. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 27 mag. ’05 LA CORTE DEI CONTI BOCCIA LA RICERCA GESTITA DAL MIUR ROMA La ricerca pubblica gestita dal Miur? Una «terra di nessuno», dove i finanziamenti sono stati «fortemente ridimensionati e anche redistribuiti in programmi avviati da altri dicasteri» e dove «non c'è traccia di verifica degli obiettivi». E dove soprattutto è «mancata, se non definitivamente tramontata, la realizzazione di un governo del sistema». La bocciatura senza appello del ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca è firmata dalla Corte dei conti nella sua relazione, appena trasmessa al Parlamento, che mette a nudo limiti e ritardi nella «gestione della ricerca applicata» nel periodo tra il 1999 e il2003. Ma con sonore bocciature anche per le politiche successive. E impossibile infatti, secondo la magistratura contabile, poter valutare almeno fino al 2003 effetti ed efficacia dei progetti di ricerca: «Gran parte delle relazioni finali è stata presentata in ritardo, come in ritardo sono risultati la maggior parte dei progetti». Non solo, la Corte ha anche rilevato che è ormai prassi comune quella di non presentare la relazione obbligatoria sull'impatto economi co e occupazionale dei progetti, senza la quale «il soggetto fruitore dovrebbe essere escluso, negli anni successivi, dalle agevolazioni». La magistratura contabile, del resto, è lapidaria: la ricerca applicata si è trasformata, letteralmente, in una «terra di nessuno». Una, soprattutto, la causa: l’ assenza di una effettiva «misurazione dell'efficacia delle ricerche che, prevista alla verifica finale, non è però risultata confermata, come esiti concreti, né dal Comitato di valutazione per l'indirizzo nella ricerca (Civr) né dalle attività di monitoraggio svolte dal ministero». Inoltre - fa notare ancora la Corte - si è assistito a un preoccupante declino delle attività di ricerca a sportello, «anche se dal 2001 in poi si sono colti sintomi di ripresa della domanda». Tra l'altro, per tutto il periodo preso sotto esame, le attività di ricerca delle imprese hanno puntato «in misura minoritaria» sulle innovazioni di prodotto, rispetto alle «iniziative rivolte a conseguire obiettivi di maggiore efficienza e margini di economicità all'interno dell'impresa». L'ultima nota dolente riguarda la ricerca pubblico privata che ha registrato un calo dei fondi: «Nei progetti di ricerca presentati congiuntamente negli anni dal 2001 al2004, la Corte ha riscontrato una diffusa tendenza alla diminuzione delle somme impegnate a tale scopo». MARZIO BARTOLONI _____________________________________________________ Il Giorno 27 mag. ’05 QUANTI DOTTORI IN PIÙ ORA CHE LA LAUREA È DIVENTATA BREVE Primo bilancio della riforma «L'obiettivo di ridurre la durata degli studi inizia a produrre effetti positivi» spiega Andrea Cammelli direttore di AImaLaurea di Elena Comelli Ridotta regolarità, lunga durata degli studi, elevata età alla laurea costituiscono da tempo un grave problema per l'università italiana. Ma alcuni di questi difetti sono stati parzialmente corretti dalla riforma universitaria che ha introdotto le lauree triennali, come risulta dal rapporto sui laureati italiani, presentato ieri all'università di Firenze dal consorzio AlmaLaurea. «Indubbiamente - spiega il direttore di ALmaLaurea, Andrea Cammelli - l’obiettivo di ridurre la durata degli studi sta iniziando a produrre effetti positivi». I laureati in corso, che sono sempre stati al di sotto del 10 per cento del totale fra il 1998 e il2001, sono ora il 32,5 per cento, quasi un terzo dell'intero collettivo dei laureati. Risultano in corso quasi 60 laureati sa cento nel gruppo medico e 4-6 in quello psicologico mentre, all'estremo opposto, a concludere in corso gli studi sono solo 18,6 architetti su cento e 15,4 laureati del gruppo giuridico. I laureati in corso in età canonica, ossia gli studenti che non hanno accumulato ritardi negli studi né prima né dopo l'immatricolazione sono cresciuti dal 7,5 al20,1 per cento. «Se prendiamo in considerazione i laureati pre-riforma e post-riforma nel loro insieme - precisa Cammelli - rileviamo che fra il 2001 e il2004 il ritardo alla laurea rispetto ai tempi ufficialmente previsti si è ridotto in media di circa un terzo, passando da 2,9 a 2 anni». Un risultato veramente sorprendente in questo breve lasso di tempo, considerando che il grave ritardo degli studenti italiani rispetto alle medie europee dura da decenni. Ma fra il2001 e il 2003 l'età media alla laurea si è contratta solo da 28 a 27,6 anni. Fra i laureati dell'ultimo anno l'età alla laurea si è ridotta ulteriormente fino a raggiungere il livello di 27,3 anni, sempre molto alto rispetto a una media europea di 25 anni e statunitense di 23. L'età alla laurea. infatti, risente del ritardo negli studi universitari, ma sono importanti anche altre due sue componenti: l’età all'immatricolazione e la durata ufficiale del corso di studi. Nel complesso dei laureati, l'età alla laurea si è ridotta mediamente di 0,7 anni (da 28 a 27,3 anni) fra il 2001 e il 2004, ma il contributo delle componenti non è omogeneo. Alla riduzione dei tempi di laurea, si accompagna infatti un aumento dell'età all'immatricolazione, dovuto al rientro in formazione delle laurea di primo livello da parte di studenti che hanno oltrepassato da tempo i 19 anni d'età. L'età dell'immatricolazione è salita cosi dai 20,3 anni del 2001 ai 21 anni del 2004. Inoltre, mentre fra i laureati pre-riforma l'intenzione di proseguire gli studi riguarda solo 54 laureati su cento, invece fra i laureati postriforma di primo livello sono oltre 76 su cento quelli che intendono proseguire gli studi (85 su cento tra i regolari under 23). In sostanza, se l'età dei laureati di primo livello si è sensibilmente ridotta, tra questi laureati ce ne sono molti di più che tendono a proseguire gli studi, aumentando ulteriormente i tempi di permanenza all'università. L'abbreviazione dei tempi di laurea, inoltre, ha alcuni effetti collaterali molto importanti. Da un lato, la partecipazione a programmi comunitari dl studio all'estero risulta sistematicamente superiore fra i laureati pre-riforma in tutti i gruppi disciplinari. Dall'altro, è lievemente aumentata la capacità attrattiva degli atenei del nostro Paese, testimoniata dal crescente numero di iscritti di altre nazionalità, anche se i confronti internazionali testimoniano una persistente scarsa presenza dall'estero. Se nel 2001-02 il sistema di istruzione superiore francese, ad esempio, era stato scelto da 2.470 studenti statunitensi, 4.770 sudamericani, 23.000 asiatici, nello stesso anno nelle università italiane gli iscritti statunitensi erano 209, i sudamericani 1.328, gli asiatici 2.950. Particolarmente zelatante il divario sugli studenti cinesi: in Francia erano 5.477. in Italia solo 124. ____________________________________________________ La Repubblica 26 mag. ’05 L'IDENTIKIT DI 140MILA LAUREATI ITALIANI Il consorzio di atenei Almalaurea illustra l'indagine 2004 sulle caratteristiche e performance di chi conclude gli studi Divisi sul 3+2, critici sulla riforma Aumenta il numero dei "dottori". Sono più assidui quelli delle discipline tecniche. Poche esperienze all'estero di CRISTINA NADOTTI ROMA - Quanti sono i laureati italiani, che fanno, cosa pensano della riforma. Sono alcuni dei temi del convegno promosso da Almalaurea a Firenze. Su "La qualità del capitale umano dell'università italiana" sono intervenuti nell'Aula Magna dell'ateneo fiorentino rettori, rappresentanti del mondo dell'industria, esponenti politici, portavoce degli studenti e del Miur. Il convegno è aperto anche all'osservazione internazionale, con le esperienze di rettori di università estere. Almalaurea è un servizio nato nel 1994, su iniziativa dell'Osservatorio Statistico dell'Università di Bologna, per rendere disponibili on line i curricula dei laureati. A gestire il servizio è un consorzio di Atenei Italiani con il sostegno del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca: l'obiettivo è quello di mettere in relazione aziende e laureati, per essere punto di riferimento per tutti coloro che affrontano a vario livello le tematiche degli studi. Oggi Almalaurea presenta con il convegno di Firenze la VII Indagine sul profilo dei laureati, che fornisce una panoramica delle caratteristiche e performance dei laureati nel 2004. Come ha spiegato il direttore di Almalaurea Andrea Cammelli, nell'illustrare l'indagine, "il rapporto restituisce alle 35 università coinvolte una documentazione (interamente consultabile online) completa, affidabile, aggiornata e articolata a livello di Ateneo, Facoltà (eventualmente per sede), corso e classe di laurea, a seconda che i laureati abbiano concluso studi del precedente ordinamento, oppure quelli post-riforma". Un dato importante riguarda proprio i laureati di primo livello nei corsi triennali, avviati con la riforma universitaria. Fra i quasi 140mila laureati AlmaLaurea del 2004, assieme a coloro che hanno portato a termine corsi previsti nel precedente ordinamento, sono presenti infatti oltre 47mila laureati dei nuovi corsi triennali. Il loro identikit permetterà, pur con le cautele del caso, significative verifiche sullo stato di avanzamento della riforma universitaria. Il direttore di Almalaurea ha sottolineato uno dei primi dati emersi dal rapporto, che riguarda lo stato della riforma. "Per tutta la fase di transizione, caratterizzata dalla graduale scomparsa dei tradizionali percorsi di studio e dal progressivo affermarsi del nuovo ordinamento - ha osservato Cammelli - il nodo centrale risiede nella compresenza di popolazioni diverse, nell'ambito delle quali i laureati tradizionali saranno sempre più caratterizzati da performances accidentate". Il Rapporto analizza le caratteristiche dei laureati esaminando in particolare: età alla laurea, punteggio agli esami ed alla laurea, regolarità e durata degli studi, titolo di studio dei genitori, classe sociale di provenienza, diploma e voto di maturità, assiduità nel frequentare le lezioni, studio all'estero, esperienza di tirocinio o stage, tempo impiegato per la tesi, valutazione dell'esperienza universitaria, sostenibilità del carico di studio, conoscenza delle lingue estere, conoscenze informatiche, intenzione di proseguire gli studi, settore di lavoro preferito, caratteristiche del lavoro cercato. L'indagine è tutt'ora in corso, ma i dati raccolti da Almalaurea consentono di conoscere ciò che gli studenti pensano della riforma. "I laureati intervistati, chiamati ad esprimere il proprio giudizio sulla Riforma universitaria - ha riferito il direttore del consorzio - si dividono equamente tra favorevoli e contrari al "3+2". Ma il sistema riformato è valutato "decisamente migliore" solo dal 15 per cento degli interpellati, la metà di quanti ritengono, invece, "decisamente migliore" il modello precedente; un modello quest'ultimo, che ottiene un indice di gradimento ancora più elevato tra i laureati regolari under 23 (37 per cento assegnato al "decisamente migliore")". I tempi della laurea. Tra i dati che spiccano nel rapporto, quello sul numero di chi si laurea nei tempi previsti, oggi sono il 32,5% del totale contro appena il 9,5% del 2001. Secondo l'indagine Almalaurea, sono soprattutto gli studenti del gruppo medico a concludere nei tempi il percorso: ci riesce, infatti, il 60%. Si laurea in corso anche il 46% degli appartenenti al gruppo psicologico, mentre più lenti sono gli architetti (18,6%) e i gli studenti delle discipline giuridiche (15,4%). Sono ancora molti quelli che si laureano in ritardo di almeno cinque anni, rispetto ai tempi previsti dagli ordinamenti, che sfiorano il 17%. Di questi, oltre il 90% si concentra fra i laureati pre-riforma. Età e voti dei laureati. Fra il 2001 e il 2004, l'età media alla laurea scende da 28 a 27,3 anni, per effetto della riduzione della durata legale degli studi, ma anche del minore ritardo con cui si arriva al traguardo, nonostante aumenti l'età di immatricolazione. Se si considerano i risultati conseguiti, fra il 2001 e il 2004 il punteggio degli esami è rimasto costantemente pari a una media di 26,2. Alla laurea, invece, la votazione media è passata da 102,5 su 110 a 103. Le esperienze all'estero. Piuttosto basso il numero di chi fa esperienze all'estero: solo l'11,3% nel 2004 ha lasciato l'Italia per ragioni di studio. La partecipazione a programmi comunitari di studio all'estero è superiore fra i laureati pre-riforma in tutti i gruppi disciplinari. Stupisce anche che siano pochi i i laureati dei gruppi medico, chimico-farmaceutico, scientifico e geo- biologico (meno del 4 %) che hanno fatto esperienze in alboratori o strutture stranieri, mentre il 25,8 di quelli del gruppo linguistico ha svolto programmi dell'Unione europea), seguito a distanza dal politico-sociale (10,7%) e da architettura (8,7%). Le aspirazioni per il futuro. Una volta finita l'università, l'82% dei laureati cerca un lavoro che consenta l'acquisizione di professionalità. Seguono, tra gli obiettivi, in ordine decrescente di rilevanza, la possibilità di carriera, la stabilità del posto di lavoro e il guadagno. I laureati triennali, rileva Almalaurea, rispetto a quelli dei precedenti ordinamenti, attribuiscono maggiore importanza alla stabilità del posto di lavoro (60% contro 55%). Le donne aspirano più degli uomini alla stabilità (10,6% in più), alla coerenza con gli studi (+8,7%) e alla rispondenza a interessi culturali (+6%). Gli uomini, invece, tendono ad attribuire più importanza, rispetto alle donne, alla carriera (+7,8%) e al guadagno (+2,9%). A livello contrattuale, quasi l'80% propende per una soluzione a tempo indeterminato e a tempo pieno. Gli altri tipi contrattuali previsti, nel loro insieme, raccolgono solo il 16,7% delle preferenze dei laureati. ____________________________________________________ Corriere della Sera 27 mag. ’05 LAUREATI SEMPRE PIÙ GIOVANI Adesso la media è 27,3 anni FIRENZE - A quasi 4 anni dalla riforma, si cominciano a intravedere segnali positivi per colmare il «gap» che separa l'Italia universitaria dal resto dell'Europa. Si riduce l'età della laurea (da 28 a 27,3 anni), aumenta la frequenza delle lezioni anche nelle facoltà più «trascurate» dagli studenti, mentre diminuiscono le esperienze all'estero dei dottori: questi i dati più significativi del VII Profilo dei laureati italiani, realizzato da AlmaLaurea, il consorzio tra 43 atenei e presentato a Firenze dal direttore del consorzio, Andrea Cammelli, e dal rettore dell'Università di Firenze, Augusto Martinelli. Lo studio, su 140 mila laureati nel 2004 (di cui 47 mila lauree brevi), costituisce - ha sottolineato Martinelli - «innanzitutto un identikit di chi ha concluso gli studi, ma vuole anche fornire uno strumento a chi governa il sistema università, per migliorarlo esaminando i problemi evidenziati dai giovani». _____________________________________________________ L’Unità 28 mag. ’05 DOPPIA SCUOLA MORATTI. I RICCHI DI QUA, I POVERI DI LÀ Varata dal governo la controriforma delle superiori Una valanga di proteste: dai Ds alla Cgil alle Regioni di Pasquale Colizzi /Roma FATTA E FINITA, la riforma Moratti è stata completata con l'ultimo tassello, quello che reintroduce la scuola di serie A e quella di serie B, cioè gli istituti professionali. Manca solo il parere non vincolante della conferenza Stato-Regioni, poi la Riforma della secondaria superiore ideata dal ministro dell'Istruzione Letizia Moratti approderà in Parlamento per il voto finale. Il provvedimento che istituisce di nuovo il «doppio canale» d'istruzione - licei e istituti professionali - ha ottenuto il via libera dal Consiglio dei ministri. L, l'ultimo pezzo che si aggiunge a quelli approvati in questi mesi, riguardanti tra l'altro il primo ciclo scolastico, il riordino dell'Invalsi (l'istituto per la valutazione del sistema dell'istruzione), quello sull'alternanza scuola- lavoro, e sulla formazione degli insegnanti. Il disegno è compiuto all'interno della legge «cornice», la famigerata legge 53, e ora prosegue il suo iter di approvazione a tappe forzate. Sono otto i tipi di licei previsti dalla riforma. Dureranno tutti 5 anni - articolati in 2+2+1 -che saranno impostati in modo da preparare la prosecuzione degli studi all'università. L'ultimo decreto attuativo, di cui sono circolate almeno una decina di bozze, è stata varato dal governo con un vero e proprio strappo istituzionale. L'esecutivo, infatti - si è detto negli ambienti della Cgil nei giorni scorsi - ha presentato uno schema di decreto legislativo senza alcun confronto con le confederazioni e i sindacati di categoria. L'ultimo incontro tra le parti risale a molti mesi fa, poi più nulla. Riguarda in particolare il «doppio canale di istruzione»: da una parte ci saranno i licei che rilasceranno diplomi finali, dall'altra gli studenti delle medie potranno scegliere i percorsi dell'istruzione e formazione professionale, per i quali sono previste qualifiche e diplomi professionali. Per la Moratti entrambi i percorsi hanno «pari dignità» e consentono l'accesso all'università, ma con modalità diverse. Il rischio è che ci sia una specie di percorso obbligato: chi frequenta corsi professionali tendenzialmente sarà scoraggiato a frequentare l'università e sarà svantaggiato qualora decida di frequentare facoltà più impegnative. Ma la riforma è stata accolta da un coro di no. Durissimo il giudizio del presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, secondo il quale rispetto al principio di «leale collaborazione» fra le istituzioni al quale intendono attenersi le regioni, il Governo «continua ad andare in un'altra direzione». «Trovo inaccettabile - ha detto - che l'esecutivo si riservi di acquisire un semplice parere delle Regioni, mentre riserva loro integralmente il livello di istruzione e formazione, spezzando cosi un ordinamento che io penso debba rimanere organico e unitario». No anche da parte dei sindacati, confederali. «Il provvedimento aumenterà le disuguaglianze tra i giovani - commenta Panini della Flc-Cgil annunciando uno «scontro durissimo». Scrima, leader della Cisl scuola, si chiede perché il Governo si ostini in un'avventura nella quale il mondo della scuola «assolutamente non si riconosce» mentre Di Menna, segretario generale della Uil scuola, chiede di «fermare i motori e aprire una discussione per un processo di riforma condiviso e partecipato». Pollice verso dei Cobas secondo i quali l'alternanza scuola-lavoro propugnata dalla Moratti «altro non è che apprendistato gratuito al servizio dell'impresa privata». Gli studenti dell'Uds dicono che quello dell'approvazione della parte finale della riforma Moratti è da segnare come un giomo nero per la scuola italiana. La diessina Alba Sasso, della commissione Cultura della Camera parla di reintroduzione di una preselezione classica. Secondo il deputato verde Bulgarelli il decreto varato venerdì «è il peggio che la riforma Moratti abbia espresso finora». Reintroduce infatti una odiosa discriminazione tra studenti di serie A, che compiranno il loro percorso formativo nei licei, e di serie B, che verranno invece indirizzati verso l'apprendistato. ____________________________________________________ La Repubblica 27 mag. ’05 DOPPIO CANALE: VIA ALLA RIFORMA DELLA SCUOLA SUPERIORE Arriva il "doppio canale": i licei e l'istruzione professionale L'opposizione: "Concezione di stampo evidentemente classista" Dallo Stato 87 milioni in due anni Il ministro dell'Istruzione Letizia Moratti ROMA - Dopo ottant'anni cambiano le scuole superiori. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera all'ultima tranche di riforma, quella che riguarda appunto le secondarie superiori (leggi il testo completo). Il doppio canale. La scuola superiore viene suddivisa, dopo le classi medie, in due tronconi "di pari dignità": quello dei licei e quello dell'istruzione e formazione professionale. Da tutti e due i canali si potrà accedere all'università, fermo restando il fatto che i licei sembrano essere il ciclo di studi più chiaramente propedeutico all'iscrizione ad un ateneo. I licei. Durano 5 anni, articolati in 2+2+1, terminano con un esame di Stato e il titolo di studio conclusivo ha valore legale. E' prevista la personalizzazione dei percorsi e la figura del tutor. Perchè l'anno scolastico sia valido è necessaria la frequenza obbligatoria di 3/4 dell'orario annuale e viene valutata anche la condotta. Vengono proposti 4 licei senza indirizzo - classico, scientifico, linguistico, delle scienze umane - e altrettanti con indirizzi: economico (istituzionale e aziendale), tecnologico (8 indirizzi che assorbono in sostanza gli attuali istituti tecnici e riservano grande spazio a laboratori e 'saper fare'), artistico (3 indirizzi), musicale (2 indirizzi). Istruzione e formazione professionale. Il decreto stabilisce i livelli essenziali di prestazione. Essi riguardano, tra l'altro, l'orario minimo annuale (990 ore annue di cui 3/4 a frequenza obbligatoria e percorsi sia triennali sia quadriennali), il profilo educativo, culturale e professionale comune al sistema dei licei, le modalità di prosecuzione degli studi (anno integrativo per accedere a università), i requisiti dei docenti. Le novità. Le principali novità nell'insegnamento riguardano le lingue, lo sport, l'informatica e la musica. Inglese. Nel quinto anno di tutti i licei l'insegnamento di una disciplina non linguistica è veicolato in lingua inglese; nel linguistico sono previste 33 ore annue di conversazione con docenti di madrelingua; è introdotta una seconda lingua comunitaria obbligatoria; sono previste 2 ore obbligatorie settimanali di educazione fisica alle quali potranno sommarsi eventuali ore aggiuntive ricavate nell'ambito del monte ore obbligatorio rimesso alla scelta delle famiglie. Sport. E' prevista la possibilità di attribuire crediti formativi agli studenti che svolgano, anche al di fuori del contesto scolastico, attività sportive. Informatica. L'apprendimento dell'informatica è previsto nelle quote orarie della matematica e al termine del primo biennio dei licei si consegue il 'patentino informatico'. Musica. Per favorire i 'talenti' sono previsti percorsi fortemente caratterizzati in chiave musicale già dalla secondaria di primo grado assicurando l'insegnamento dello strumento musicale e i percorsi del liceo musicale possono essere avviati in convenzione con Conservatori e Accademie. Prossime tappe. Il via libera del consiglio dei ministri è solo il calcio d'inizio per la riforma della scuola secondaria. Il provvedimento, dopo il preliminare ok di oggi, arriverà sul tavolo della Stato-Regioni per un parere e poi approderà in Parlamento. L'inizio. Per l'avvio della riforma delle secondarie l'anno di riferimento resta il 2006-2007, mentre l'entrata a regime del nuovo sistema è prevista per il 2010-2011. I fondi. Per la copertura del decreto sono stati stanziati 44 milioni di euro per il 2006 e 43 milioni a decorrere dal 2007. Il ministro. "Il senso di questa riforma - ha spiegato il ministro Moratti - è quello di dare più opportunità ai giovani attraverso un sistema che mantiene la tradizione dei nostri licei storici, ma con una forte innovazione, con licei più moderni che vanno incontro alle esigenze di una società che cambia dal punto di vista culturale, sociale, economico e scientifico". Intendimento della riforma, ha aggiunto il titolare del dicastero dell'Istruzione, anche quello di rafforzare "il canale dell'istruzione e formazione professionale per dare più opportunità di lavoro ai giovani rispettando le loro vocazioni". L'opposizione. "Un atto classista", così la deputata diessina Alba Sasso, membro della commissione Cultura di Montecitorio, definisce la riforma delle scuole superiori e attacca il doppio canale formativo che "ribadisce la separazione fra il percorso liceale e il percorso professionalizzante, nel quadro di una concezione di stampo evidentemente classista". ____________________________________________________ L’Unione Sarda 23 mag. ’05 RIFORMA DEI LICEI, IL GIALLO DELL'ACCESSO ALL'UNIVERSITÀ L'ultima bozza del decreto riserverebbe l'iscrizione a tutte le facoltà solo a chi ha la maturità classica. "Discriminata la formazione scientifica" Il classico e gli altri sette licei. Verso la riforma, tra annunci, smentite e piccoli brividi. "Ma davvero il classico è l'unico liceo che consentirà l'accesso a tutte le facoltà?". No che non è vero, hanno risposto dal ministero. Intanto la polveriera si è accesa. I tempi sono stretti (il decreto va approvato entro il 17 ottobre, già venerdì dovrebbe essere varato dal Consiglio dei ministri) e stretti rimangono alcuni nodi da sciogliere. Appaiono bozze nuove, che contraddicono quelle precedenti. Nuovi quadri orario, aggiustamenti, ripensamenti. L'ultima bozza della riforma appare in rete ai primi di maggio. Riporta a due ore settimanali l'educazione fisica (nobilitata a "scienze motorie"), ma non riesce a calmierare il carico di lavoro: era stato promesso un tetto massimo di 30 ore, siamo a 38 negli artistici, 35 al tecnologico, 31 al classico. Aggiunge 2 ore di storia dell'arte al ginnasio, ma fa scendere a tre ore la lingua e letteratura italiana al tecnologico (di contro, ci sono 4 ore per le due lingue straniere). Toglie il latino al quinto anno dello scientifico (per far posto alle scienze) e lo inserisce al liceo economico, accanto all'italiano, 5 ore settimanali nel biennio e 4 nel triennio. Ma, soprattutto, c'è quella notizia circolata all'uscita dell'ultima bozza e che diceva pressappoco così: solo chi sceglie il classico ha il privilegio dell'accesso ad ogni facoltà universitaria, mentre per tutti gli altri percorsi liceali l'accesso risulta debitamente filtrato e canalizzato. E torniamo alle dissertazioni del secolo scorso, sul prestigio e l'unicità del liceo classico, cuore del sistema educativo italiano. "Le altre scuole consentono di avvicinare mondi specifici e nuovi, aprendo orizzonti di contenuto e di metodo. Il classico apre poco, ma approfondisce, questo è il suo punto di forza", dice Mara Seva, del liceo Zucchi di Monza. "Il classico insegna a studiare, riflettere, argomentare, smontare, ricomporre (con la filosofia) a concentrarsi (con le traduzioni), a esplicitare il pensiero. Ci sono poche ore a scuola perché si deve studiare tanto a casa, per possedere sul serio quei contenuti". La replica: "Ma non è che allo scientifico il rigore, il carico di lavoro e l'abilità di riflettere e ricomporre siano inferiori, anzi...", controbatte Marcello Fiori, prof di matematica e fisica. Il legislatore, questa volta, utilizza 81 parole per descrivere l'unicità del classico. A differenza degli altri sette percorsi liceali, non deve pensare troppo a "competenze, conoscenze e abilità", piuttosto a "una dotazione di contenuti e di sensibilità all'interno di un quadro culturale di alto livello e di attenzione ai lavori anche estetici che offra gli strumenti necessari per l'accesso qualificato ad ogni facoltà universitaria". Negli altri licei, dunque, devono offrire solo gli strumenti per il rispettivo indirizzo di studi? Non è così, ma si può bene fraintendere. Ma è davvero necessario fare il classico, per fare bene l'università? "Niente affatto - osserva Mara Seva - proprio perché oggi la preparazione da classico ce l'hanno in pochi e l'università la fanno in molti, gli atenei si accontentano di livelli più bassi, almeno per i primi anni, partendo da preparazioni meno alte". Le scelte dopo il classico? Un "classico": in prima posizione lettere, poi economia, giurisprudenza, medicina, ingegneria e architettura, scienze politiche, matematica e fisica, comunicazione e spettacolo. Giuseppe Tesorio _____________________________________________________ Il Sole24Ore 27 mag. ’05 FUGA DI CERVELLI, CENTOMILA SCIENZIATI LASCIANO L'EUROPA Secondo uno studio Cnr nel 2003 il nostro Paese ha perso 5.900 ricercatori Momo (Monitoring system on career paths and mobility flows): cosi si chiama lo strumento che aiuterà l'Europa ad affrontare lo spinoso problema delle migrazioni intellettuali. Si tratta del primo tentativo europeo di avere un quadro obiettivo (fatto di cifre) e aggiornato della cosiddetta fuga dei cervelli, e di definire strategie di intervento. AL progetto Momo, attivato dalla Dg Ricerca della Ue, partecipano Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Norvegia, Svezia, Repubblica Ceca e Polonia, i cui dati alimenteranno un database sui flussi di mobilità dei ricercatori. Momo comincerà a lavorare sulla base dei risultati già raggiunti dal progetto «Brain drain», presentato ieri a Roma da Maria Carolina Brandi e Sveva Avveduto dell'Istituto di ricerca sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr, che ne hanno curato la parte italiana. Il progetto ha impegnato anche il Merit dell'Università di Maascht e l'Iku dell'Università di Budapest, e ha raccolto una serie di dati chiari e indiscutibili: dei 15mila europei che hanno concluso il dottorato di ricerca (Phd) in Usa tra il 1999 e il 2001, 11 mila dichiarano di non essere interessati a rientrare in Europa. I dati italiani sono tra i più preoccupanti: i nostri ricercatori tendono infatti a restare più a lungo e spesso finiscono col trasferirsi definitivamente all'estero. Venendo a tempi più recenti, tra i 100mila lavoratori europei emigrati in Usa nel 2003 con un visto H1B (riservato alle altissime qualifiche), 5.900 sono italiani: il nostro Paese si colloca al quarto posto dopo Gran Bretagna (3lmila persone), Francia (15mila), Germania (13mila), e prima della Spagna (5.800). Ammontano a cinquemila gli italiani altamente qualificati che ogni an no, dal 1998 al 2003, hanno trovato occupazione negli Usa: le motivazioni di chi parte sono legate alle migliori possibilità di carriera (78%), al prestigio dell'istituzione (74,6%), alle possibilità di accesso alle tecnologie di punta (73%), ai maggiori fondi per la ricerca (69%), alle opportunità di contatto con ricercatori ed esperti (68%); secondario il fattore della retribuzione economica (54%). Dalla ricerca emerge chiaramente che se non si interverrà in tempi molto brevi con misure adeguate, l'Europa rischia nei prossimi 10 anni un grave declino, per la perdita di conoscenza e di competitività. Lo studio presentato ieri precisa anche che singoli Paesi europei stanno cercando di favorire il rientro dei loro ricercatori e incentivare l'arrivo di studiosi stranieri. Il Regno Unito concede da qualche anno maggiori permessi di soggiorno per reclutare personale straniero qualificato, in particolare medico; in Germania grazie alla "green card", si è raggiunta una percentuale di stranieri ad altissima qualificazione del 9 per cento. Nella logica di una maggiore internazionalizzazione del sistema ricerca, anche l'Italia ha messo a punto alcune misure, in particolare il decreto sul "rientro dei cervelli" varato dal Miur a febbraio 2005. ELISABETTA DURANTE _____________________________________________________ Europa 28 mag. ’05 RICERCATORI: POPOLO DI MIGRANTI D’ÉLITE Un progetto dell'Unione Europea misura la- dimensione del fenomeno. Ecco i risultati LUCIA ORLANDO ricercatori italiani come Coriolano. ' Sentono di non contare più tanto per il proprio paese e decidono di andare altrove, come Coriolano abbandonò Roma quando patrizi e plebei gli voltarono le spalle. È con questa immagine che Sveva Avveduto, dell' Istituto di ricerche sulla popolazione c: le politiche sociali del Cnr, dipinge il quadro dell’emigrazione intellettuale dal nostro paese. A Roma nel corso della presentazione del numero 156 della rivista Studi emigrazione, tutto dedicato al problema, Sveva Avveduto, insieme alla collega Carolina Brandi ed a Enrico Todisco dell'Università di Roma La Sapienza, hanno dato vita al tentativo, non facile, di quantificare il fenomeno del brain drain, espressione coniata nel lontano 1963 dalla Royal Society e traducibile come "drenaggio dei cervelli verso i paesi che offrono migliori opportunità professionali. Secondo lo studio condotto, nel periodo tra il1996 ed il2000 l'Italia ha perduto oltre 2700 laureali: a tanto ammonta la differenza tra quanti lasciano il nostro paese per cercare migliori condizioni di ricerca all'estero (e vengono cancellati dall’anagrafe) e quanti fanno ritorno in patria. II numero in sé può non colpire molto, ma finora i dati italiani sul fènomeno della migrazione intellettuale erano stati molto disomogenei e, di conseguenza, poco utili per cercare soluzioni politiche condivise al problema della valorizzazione del patrimonio intellettuale del paese. I dati utilizzati per 1a ricerca sono principalmente di fonte Istat e Aire (anagrafe degli italiani residenti all'estero), ma i ricercatori avvertono che entrambe le fonti certamente sottostimano il fenomeno migratorio. Secondo la ricerca presentata, l'Italia è il quarto paese dell'Unione ad esportare cervelli negli Stati Uniti, dopo Gran Bretagna, Francia e Germania. Ma il fatto più grave (per tutta t Unione Europea) è che questo processo si pro lunga nel tempo fino al punto che solo un ricercatore europeo su dieci progetta di ritornare in patria a breve termine. Il fenomeno così non assume il sano carattere di una mobilità utile allo sviluppo dei paesi dell'Unione, ma diventa un vero e proprio "brain drain", un drenaggio di cervelli verso i paesi con migliori politiche della ricerca. Per quanto riguarda l’Italia, un altro aspetto rende la situazione più problematica. Come ha evidenziato Carolina Brandi, il fenomeno emigratorio non è compensato dall'ingresso in Italia di ricercatori stranieri. Non solo questa compensazione non avviene sul piano numerico, ma, a differenza di quanto fanno gli italiani, quasi i due terzi dei ricercatori esteri stimano di fermarsi solo un anno nel nostro paese. Ma in che direzione operare per allontanare lo spettro del depauperamento, anche intellettuale, del nostro paese? Franca Bimbi, nella successiva tavola rotonda, ha sottolineato che quello del l’immigrazione è uno dei temi centrali dell'agenda politica del centrosinistra per il2006 e 1a migrazione dei cervelli ne rappresenta un aspetto importante. Costruire condizioni favorevoli nel paese per il personale intellettuale qualificato richiede, per esempio, il rafforzamento dei legami tra i vari protagonisti della ricerca: università, enti di ricerca, industrie, favorendo gli scambi di ricercatori e facendo crescere i modelli organizzativi in cui il trasferimento da ricerca ad industria è avvenuto con successo, come nell'Istituto Nazionale di Fisica della Materia. Bocciata, invece, la politica dell'eccellenza come è stata interpretata dall’attuale governo. Sia Giovanni Garofalo, docente di Diritto del lavoro all’Università di Bari che Giovanni Paoloni, storico delle Istituzioni scientifiche dell’Università della Fuscia, sono stati categorici: «Creare e potenziare solo pochi centri di eccellenza -ha detto Paoloni è come avere un sistema di isole senza arcipelago. Un sistema di punti separati senza un tessuto intorno di medio livello è destinato ad esaurirsi». In ogni caso c'è una dimensione europea del problema che non va elusa. Per ridurre l’emorragia l’ Unione Europea ha messo a punto alcune misure per favorire la mobilità interna, come il programma Marie Curie che permette a 9000 ricercatori ogni anno di lavorare all’estero, o come la creazione del portale web eracareers che raccoglie 1500 collegamenti a organizzazioni di ricerca in grado di offrire borse di studio e sovvenzioni. Tutte queste iniziative bastano a rendere appetibile l’Europa ai laureati europei? E soprattutto, possono bloccare l’emorragia italiana? Franca Bimbi _____________________________________________________ Il Sole24Ore 29 mag. ’05 STAVOLTA OXFORD NON DÀ BUONI ESEMPI Il «no» alle valutazioni individuali dei docenti Quando qualche giorno fa,la "Congregazion" dell'Università di Oxford ha votato contro la proposta di introdurre le valutazioni individuali delle prestazioni dei professori (prevedendo premi per i più bravi) per 351 voti a 153, il nocciolo della questione che attanaglia da mesi la venerabile Università è apparso chiaro. Da una parte i tradizionalisti che, in nome del principio di libertà accademica, si oppongono alla "mercificazione" del sapere. Dall'altra, un gruppo di modernizzatori che cercano di rendere più attraente l'università e che vedono nell'introduzione di sani principi meritocratici un prerequisito di questo tentativo. La Congregation di 3.552 membri è difficile da governare e il vicecancelliere (una specie di direttore generale) è un australiano riformatore non ancora entrato nei riti piacevoli, bizzarri ma anche arcani e inefficienti della gloriosa istituzione. Oxford è un esempio dei problemi che tutte le accademie europee devono affrontare. Il mondo di Oxbridge è stato per anni la fucina della classe dirigente inglese e sotto molti profili ha saputo rispondere alle sfide della modernità. Oxford e Cambridge sono a tutt'oggi centri d'eccellenza, hanno più studenti stranieri delle altre università, ricevono molti soldi in donazioni (in due hanno un patrimonio di 4 miliardi di sterline) e sono considerate la quinta e l'ottava migliori istituzioni del pianeta. Però la situazione è difficile. II costo per studente ad Oxford si aggira sulle 12mila sterline (le stime variano) di cui 8mila rimborsati dallo Stato e 3mila pagati dallo studente. E i rimanenti 4mila? In parte recuperati attraverso le rette degli studenti extracomuntari o dei corsi post-graduate, in parte attraverso le donazioni o le sponsorizzazioni private (65 milioni l'anno) a i fondi per la ricerca governativi (l50 milioni), Ciò nonostante il salario dei professori è basso, è difficilissimo mandare via quelli inefficienti, malti bravi vanno in America e la mancanza di fondi è cronica (l'obbligo di non potere chiedere più di 3mila sterline per studente, porterà in breve a una riduzione dei posti disponibili). Naturalmente, non dare il giusto prezzo a ciò che si compera, essere soffocati dalla burocrazia e non riuscire a competere sono piaghe che, si moltiplicano nell'Europa continentale e si ingigantiscono in Italia. Fra le tante riforme sulla competitività, la più essenziale è quella universitaria, che nessuno affronta seriamente, ricorrendo a bizantinismi incomprensibili. Il modo di selezione dei docenti rimbalza tra l'idoneità unica e quella del terzetto, le rette sono stabilite in gran parte dallo Stato, il ruolo di professore una volta conquistato è a vita, non c'è differenziazione nella retribuzione, né valutazione del corpo docenti da parte dei consumatori (salvo qualche timido, lodevole tentativo che comunque non ha conseguenze di carriera) e si assiste a una lotta senza esclusione di colpi per i fondi ministeriali (che una volta ottenuti vengono spesi anche in iniziative inutili, altrimenti si rischia di non averli ]'anno dopo) e l'assegnazione delle cattedre ai propri allievi (a prescindere dai loro effettivi meriti). Il rapporto con i privati è difficile (le cattedre sponsorizzate dalle imprese rarissime), i programmi sono decisi in buona parte dalle burocrazie del ministero e il valore legale del titolo di studio depotenzia la concorrenza delle università straniere, Quale attività umana potrebbe funzionare efficientemente con tali regole? Nessuna sorpresa che l'Italia abbia un numero impressionante di fuori corso, pochi laureati rispetto agli altri Paesi occidentali, c che nessuna università sia tra le prime 50 del mondo e attiri relativamente pochi stranieri. Peccato che un Paese con una bassa qualità di istruzione superiore, non possa recuperare la competitività perduta: purtroppo in un momento m cui i problemi sono l'eredità di Berlusconi e l'indipendentismo della Margherita a chi importa una tale quisqulia? _____________________________________________________ Il Sole24Ore 23 mag. ’05 SONO IN ALTO MARE LE LAUREE PER I PROFESSORI DI DOMANI Il futuro / I bandi tra giugno e luglio Alle Siss rimane un altro anno di vita. Le scuole di specializzazione per l'insegnamento sono in attesa di cambiamenti di cui, per ora, non si conosce la portata. Per quest'anno chi vuole iscriversi dovrà attendere i bandi che saranno emanati tra giugno e luglio, ma studenti e professori aspettano anche di capire come saranno tradotte in pratica le novità previste dalla legge 53, che individua come strada per portare alla cattedra i futuri insegnanti delle lauree magistrali ancora tutte da costruire. Le incertezze pesano già sulle scelte di chi oggi aspira alla cattedra. «Le alternative sono due - spiega il Presidente della conferenza dei rettori delle Siss Luca Curti -: iscriversi alla Siss, oppure optare per un'altra laurea magistrale, il più possibile affine alla materia che si vuole insegnare, nella speranza che venga poi riconosciuta come titolo abilitante». Una speranza, però, che si fonda su basi incerte. Ancora non sono chiari i criteri con cui le lauree magistrali offriranno l'abilitazione, e nemmeno è stato deciso se a condurre alla cattedra i futuri insegnanti saranno specifici corsi di laurea oppure una versione «arricchita» dei corsi di laurea esistenti. Un altro aspetto che preoccupa il mondo delle Ssis è il ruolo che sarà loro riconosciuto nella preparazione degli insegnanti. «Diverse facoltà premono per formare al loro interno i futuri professori - dice Curti - ma questo fatto può compromettere tutta la formazione non strettamente legata alla materia, parlo degli aspetti pedagogici, psicologici e sociologici dell'insegnamento e di tutta quella parte legata all'esperienza sul campo». Quest'ultimo è proprio uno dei punti forti che hanno caratterizzato le Siss, insieme a una formazione didattica di alto livello, possibile grazie a una preventiva selezione, affiancata dallo studio di tecniche e di discipline di insegnamento applicate durante la fase di tirocinio; è difficile immaginare che ogni singola facoltà possa mettere in campo un team di formatori cosi articolato. La dimensione pratica della formazione è affidata soprattutto all'anno di «applicazione» (dopo la laurea magistrale) che rappresenterà il debutto dei nuovi insegnanti in cattedra e, aggiunge il direttore della sezione milanese della Ssis lombarda Guido Vegni, «non è chiaro se sarà possibile mantenere l'unione che oggi esiste tra università e scuola, legame ora possibile attraverso supervisori che le Siss hanno selezionato nelle scuole e che svolgono il ruolo di tutor per gli studenti. L'impressione che abbiamo - conclude Vegni - è che il tempo dedicato alla sperimentazione, ai laboratori e all'esperienza diretta sarà minore e che la qualità potrebbe risentirne». FEDERICA MICARDI _____________________________________________________ il Giornale 25 mag. ’05 SE SEI PRECARIO MUORI PRIMA Gli italiani con un lavoro precario hanno un tasso di mortalità superiore del 50 per cento rispetto a chi ha un lavoro stabile. Tra i disoccupati si arriva addirittura al250 percento in più. È il dato, preoccupante, dello studio sulle « Diseguaglianze di salute in Italia», pubblicato come supplemento a Epidemiologia e Prevenzione. La ricerca sarà illustrata al Forum organizzato dalla Commissione Politiche dei lavoro e politiche sociali del Cnel, in programma a Roma il 31 maggio. Verranno presentati i risultati degli studi più recenti sulle diseguaglianze nella salute. La perdita di salute non dipende solo da fattori biologici, fisici, chimici, ma anche da cause sociali, sottolinea Giuseppe Costa, epidemiologo dell'Università di Torino e uno dei curatori dello studio, che interverrà al Forum. E infatti, nonostante le malattie cardiache colpiscano di più le classi sociali più deboli, Ae persone di basso livello socioeconomico hanno il 25 per cento in meno di probabilità di avere accesso alle Unità coronariche, afferma Carlo Perucci, del Dipartimento di epidemiologia dell'Asl Roma E, riportando i dati di un'indagine condotta nella capitale. Per Cesare Cislaghi, presidente dell'Associazione italiana di epidemiologia, le trasformazioni in atto nel Servizio sanitario neonatale «rischiano di aggravare le attuali diseguaglianze o di crearne di nuove» . Cisiaghi presenterà al Forum un Manifesto per l'equità nella salute. ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 26 mag. ’05 Firmata la convenzione tra Regione ed Fds VIA ALLA METROPOLITANA CHE PORTERÀ GLI STUDENTI AL POLICLINICO DELL’ATENEO CAGLIARI. E’ stata firmata la convenzione tra l’Assessorato regionale dei Trasporti e la gestione Ferrovie della Sardegna per l’avvio dei lavori per il secondo lotto della metropolitana leggera di Cagliari. L’importo complessivo è di circa ventiquattro milioni di euro, finanziato con il Programma operativo regionale Sardegna, approvato dalla Commissione Europea. I lavori - è spiegato in una nota - costituiscono un ampliamento funzionale di quelli in esecuzione nel tratto tra Cagliari e Monserrato e riguardano una estensione di circa 1.700 metri, dalla fermata di Gottardo sino al Policlinico-Cittadella Universitaria, a di Monserrato. L’opera sarà completata entro la fine del 2008, e dopo alcuni mesi di verifiche e collaudi, potrà essere inaugurato il nuovo servizio di trasporto metropolitano, particolarmente atteso dagli studenti universitari della Cittadella, dagli utenti del Policlinico e da tutti coloro che lavorano in quelle strutture. Il progetto è stato lanciato negli anni Novanta sotto forma di scheda progettuale e ha trovato grande impulso con l’apertura del policlinico universitario. Attualmente la difficoltà dei collegamenti è ancora una realtà. ____________________________________________________ L’Unione Sarda 24 mag. ’05 NUOVE OPPORTUNITÀ PER I LAUREATI SARDI Ingegneria biomedica. Collaborazione tra Consorzio 21, Sfirs e Sviluppo Italia Uno spazzolino da denti portatile fabbricato in Sardegna, che si infila al dito come un anello e si usa senza dentifricio e senz'acqua. È una delle tante invenzioni presentate ieri a Pula nella sede del Consorzio 21, società che per conto della Regione promuove l'innovazione tecnologica in Sardegna. Con altri partner, il gruppo guidato da Francesco Marcheschi ha iniziato un programma per la valorizzazione e la promozione sul mercato di nuove apparecchiature mediche (elettroniche e meccaniche) inventate da aziende private o da università sarde per la prevenzione, lo studio e la cura delle malattie. Il settore è quello dell'Ingegneria biomedica che - semplificando - non studia le malattie dal punto di vista chimico, ma fornisce gli strumenti tecnologici per la loro individuazione o per il supporto alle terapie o degli gli interventi chirurgici. I progetti esposti (in fase di prototipo o già brevettati) sono 10, ma in tutto il Consorzio 21 ha deciso di seguirne 30 nell'ambito dello sviluppo del Distretto della biomedicina nato tra Cagliari (con l'Università), Pula (con il Parco scientifico e tecnologico), ma anche Sassari e Milano, da dove sono arrivati gruppi di ricercatori. «Il distretto», spiega Marcheschi, direttore del Consorzio 21, «può contare su fondi per 50 milioni di euro e può dare nuove opportunità ai laureati in Ingegneria biomedica». Gli altri partner chiamati a collaborare per valorizzare i progetti sono la Sfirs e Sviluppo Italia. La prima, società d'intermediazione finanziaria, punta a fondare assieme al Consorzio 21 una società di gestione del risparmio per finanziare progetti innovativi e, in seguito alla modifica del proprio statuto, è disposta anche ad acquisire quote minoritarie delle imprese: «La strada è questa e», ha spiegato il presidente regionale della Sfirs Giuseppe Busia, «per la nascita della società siamo in attesa dell'autorizzazione di Bankitalia». Gianni Marzulli, di Sviluppo Italia-Sardegna, ha sottolineato l'esigenza di sfruttare i fondi del nuovo decreto sulla competitività destinati a imprese giovanili con progetti innovativi che nascono nei distretti tecnologici (come quello di Cagliari-Pula) e di snellire le procedure per la valutazione e l'eventuale acquisizione delle quote partecipative. Nicola Perrotti (Unioneonline.it) ____________________________________________________ La Stampa 26 mag. ’05 UNIVERSITA’:SELEZIONI ANTICIPATE AL 20 LUGLIO E GRADUATORIA NAZIONALE Odontoiatria, rivoluzione Regola numero uno. Muoversi subito, prima d’aver superato l’esame di maturità. Due. Scordarsi le vacanze, o pianificare d’essere sì al mare, ma davanti a un computer a verificare le graduatorie. Numero tre. Prepararsi all’eventualità di studiare in un’altra città. Una vera rivoluzione investe chi d’ora in poi vorrà diventare medico dentista iscrivendosi alla laurea in Odontoiatria. Per la prima volta il - super selettivo - test d’ammissione si svolgerà non a settembre ma il 20 luglio, stessa data in tutt’Italia: le iscrizioni si aprono il 30 maggio. Ma la novità più grossa è un’altra. La graduatoria degli ammessi al primo anno dell’ambitissima laurea è divenuta nazionale. Saranno matricole i 947 studenti in assoluto migliori al test in tutta la Penisola. Un giovane di Cagliari più bravo ai quiz di uno di Torino potrà «rubargli» uno dei 40 posti a disposizione qui, e un piemontese potrà conquistare un banco a Palermo o a Napoli. Se non ci saranno grossi guai, lo stesso metodo verrà presto applicato anche alla laurea in Medicina e Chirurgia. La rivoluzione è stata decisa dal ministero dell’Università: l’ateneo di via Po non ha potuto che adeguarsi, e l’ha fatto con un decreto del rettore. Stabilisce che chi vuol entrare a «Odonto» deve iscriversi al test alla segreteria di Medicina (corso Massimo D’azeglio 60) dal 30 maggio all’8 luglio (chi non avrà il voto di maturità sarà ammesso sotto condizione). Ogni studente indicherà i 5 atenei in cui vorrebbe iscriversi. Chi si presenta all’esame dovrà tener d’occhio la graduatoria, che sarà esclusivamente in Internet e verrà aggiornata mano a mano che i vincitori si presenteranno nell’ateneo in cui avranno vinto il posto a formalizzare l’immatricolazione. Chi non si farà subito avanti, automaticamente lascerà libero il posto a uno studente in coda. Le graduatorie saranno aggiornate per tutta l’estate:il 26 luglio, il 3, l’11, il 23 agosto, l’8 e il 16 settembre. Chi avrà la chance di iscriversi, non appena vedrà, grazie a una password, il proprio nome in lizza, (http://odontoiatria.miur.it) dovrà scapicollarsi a Milano, Roma o Sassari per non perdere il diritto all’iscrizione. Lorenzo Silengo, numero uno della scuola di Biotecnologie che sovrintende ai test d’ammissione a Medicina, non nasconde il rischio di guai: «Se uno vincesse a Cagliari, certo faticherebbe a trovare in pieno agosto un posto in traghetto per presentarsi in quell’ateneo. Non tutte le università consentono iscrizioni a distanza. Ed è vero che il sistema, in uso in molti paesi stranieri, in Italia, dove il diritto allo studio è a macchia di leopardo, rischia di favorire le famiglie più abbienti, che possono mantenere uno studente lontano da casa». In astratto, il sistema «è però il massimo della meritocrazia: se 1000 piemontesi in gara fossero i più preparati di tutti, vincerebbero tutti i posti disponibili in tutte le università italiane». In tema di ingiustizie, a Medicina si sottolinea polemicamente che dal meccanismo della graduatoria nazionale sono escluse le università private. Silengo conferma: «Gli atenei privati in cui ci sono lauree in Odontoiatria possono scegliere date diverse dal 20 luglio e quiz diversi da quelli obbligatori per tutta la Penisola». Chi ha soldi da spendere, insomma, ha una chance in più da tentare. Il professor Lorenzo Silengo _____________________________________________________ Il Sole24Ore 24 mag. ’05 UN ERRORE PORRE LIMITI A INTERNET Leonard Kleinrock, uno dei padri.. della. Rete, mette in guardia dai rischi, dl una eccessiva regolamentazione - Nel 1969 da Ucla ha inviato la prima e-mail BOLOGNA a «Nel 1969, l’uomo metteva piede sulla luna. Quando abbiamo inviato il primo messaggio via Internet, nessuno se n'è curato. Anzi, le società di telecomunicazione, che oggi rischiano di vedere spazzato via parte del loro business da Internet, non ci stavano nemmeno ad ascoltare. Oggi, Internet è ovunque, un miliardo di persone lo usa. Nonostante la scoppio della "bolla" c nonostante Internet abbia rivelato un lato oscuro che allora non fummo in grado di anticipare, sono ottimista sul suo futuro». Leonard Kleinrock, 71 anni, può esser considerato uno dei padri di internet. Oggi l'università di Bologna lo laurea dottore honoris causa in "scienze di Internet", un Titolo nuovo per il millenario ateneo bolognese. Alla fine degli anni 60, quando ancora studiava per il suo dottorato al Massachussetts Institute of Technology, elaborò la prima teoria matematica della commutazione di pacchetti di dati. «Al Mit - racconta - ero circondato da computer, che non potevano comunicare fra loro. Ho cominciato a pensare come farli "parlare" l'uno con l’aln-o, trasmettendo dati». La storia dell'impulso dato dall'Arpa, l'ente pubblico americano nato in risposta allo "schiaffo" tecnologico dei sovietici con il lancio dello Sputnik, è ben nota. Quando Kleinrock andò a lavorare all'università di California a Los Angeles, fu deciso che il primo nodo di quello che allora si chiamava Arpanet sarebbe stato localizzato li. il primo esperimento di mettere in rete due computer, quello dell’Ucla e quello di Stanford, vide partire da li il primo messaggio, sole due lettere, "l" e "o", prima che si perdesse la connessione. La strada fatta è talmente lunga che sembra impossibile che già allora Kleinrock avesse una visione di Internet che corrisponde in modo impressionante a quello che Internet poi sarebbe diventato. « Ho le prove: il 3 luglio 1969 la Ucla pubblicò in un comunicato di due pagine il mio pensiero sul futuro di Internet - dice orgoglioso mostrando una copia del documento sullo schermo del suo portatile - cioè una rete sempre funzionante, sempre disponibile, localizzata ovunque, cui chiunque può avere accesso. Quel che non potevo immaginare era che oggi mia madre, che ha 97 anni, usa Internet. Il grosso pezzo mancante da quella visione, in cui la rete era pensata soprattutto per trasmettere dati, era che ha reso possibile la comunicazione fra persone, creando comunità con interessi in comune, eliminando ogni ostacolo di razza, religione, credo politico. Le barriere all'interazione personale sono crollate, le distanze annullate, il tempo non esiste più, visto che la comunicazione è istantanea». Kleinrock (un eclettico che qualche mese fa, alle celebrazioni del 35esimo anniversario dell'invio del primo messaggio, in una conferenza all'Ucla svolse in rime baciate la sua rievocazione dei fatti) è convinto che la diffusione esponenziale di Internet dipenda dal fatto che l'accesso sia sempre stato libero, aperto allo scambio di ricerca e di idee, fin dal principio. «Ma allora - ammette - ci fidavamo di tutti quelli che usavano il network. Oggi purtroppo non si può dire la stessa cosa. Il lato oscuro di Internet, i virus e lo spam, i furti di identità e di proprietà intellettuale, la pornografia hanno bisogno di qualche tipo di controllo. 11 problema è che gli hacker sono sempre più sofisticati e hanno la capacità di stare un passo avanti ai meccanismi che si studiano per bloccarli. Sarebbe sbagliato però demonizzare Internet: tutte le tecnologie, dall'auto al nucleare all'elettricità, hanno inconvenienti. E poi molti di questi sono problemi etici. Quindi come tali non possono essere risolti da ingegneri. Il network è vulnerabile, ha contribuito a rendere il mondo più piccolo, ma questo accresce la sua fragilità. Però, dovendolo regolamentare, preferii-ci pendere dalla parte del mantenimento del libero accesso, per non perdere la capacità di crescere, piuttosto che dell'eccessiva regolamentazione». La bolla della new economy è stata, secondo lo scienziato dell'Ucla, un'esperienza dolorosa ma necessaria e che oggi ha creato condizioni di finanziamento più sane. «Era diventata - dice -- una mania. Si tiravano dietro i soldi a tutto, anche senza redditività, senza business plan accettabili. Quan-do la bolla è scoppiata, sono saltate anche buone società. Ma oggi sappiamo che quelle che vengono finanziate sono state selezionate attentamente». L'altra implicazione importante dal punto di vista economico è stato lo spostamento del potere dai produttori di beni verso i consumatori e la loro capacità di scelta, ponendo nuove sfide alle imprese. Ma anche queste hanno risposto. «I guadagni sono stati enormi - afferma Kleinrock - dall'outsourcing al just-in-time a molti aspetti della distribuzione». Nel futuro di Internet, l'uomo che tanta parte ebbe nel crearlo vede quattro componenti. «Il primo - sostiene - è il nomadic computing, la possibilità di andare in ogni localizzazione e ricevere gli stessi servizi, essere identificato come frienddy; il secondo sono quelli che chiamò gli spazi intelligenti, il che non vuol dire necessariamente lo schermo di un computer: entro in questa stanza e questa stanza dev'essere in grado di interagire con me, l'intelligenza si sposta dallo spazio virtuale allo spazio fisico; al terzo posto metto l'ubiquità; al quarto la convergenza, che, dopo che se n'è parlato a lungo, sta finalmente accadendo. Basta pensare ai telefonini. Quel che è difficile da prevedere sono le applicazioni di questi quattro elementi. Di qui, da applicazioni ora impensate, verranno le sorprese, come è stato per l'e-mail, o per il world wide web». Su questo, nemmeno Kleimock ha pronte sii] suo portatile due paginette per dirci quello che succederà fra 35 anni. ALESSANDRO MERLI _____________________________________________________ Il Sole24Ore 26 mag. ’05 LA RETE GARR SI ESTENDE DAGLI ATENEI ALLE SCUOLE Sta crescendo la rete informatica del Garr (Gestione ampliamento rete ricerca), i binari tecnologici sui quali procede il lavoro di ricerca scientifica e culturale in Italia. Con una spesa stimata di 20 milioni di euro annui (dal 2003) il Garr si sta espandendo in vari sensi, per fare fronte alle nuove esigenze del mondo accademico. Se n'è parlato a Pisa, in quella che è stata la prima conferenza del Garr al pubblico, durante la quale è stato descritto il piano di sviluppo che la vedrà impegnata da qui al 2006. Aumenterà la banda disponibile, per supportare più complessi progetti di collaborazione a distanza, e saranno raggiunti nuovi siti, tra cui, per la prima volta, scuole, ospedali e istituti artistici e musicali. Come funziona. Adesso questa rete collega tra loro i computer dei principali università, laboratori, musei e biblioteche italiani: in tutto 300 siti, con oltre due milioni di utenti finali. Inoltre si interconnette con analoghe reti europee e mondiali. 11 Garr è composta di nodi (punti di presenza), che ne sono l'ossatura, attraverso i quali sono serviti i vari siti connessi: adesso sono 40, contro i 16 del 2003, quando il Garr ha cominciato a dispiegare le ali verso la maturità. Tra novembre 2003 e dicembre 2004 si sono svolte le prime due fasi di sviluppo, durante le quali la banda di connessione ha fatto un passo avanti. Quindici nodi hanno infatti acquisito un collegamento a 2,5 Gbps al Garr, mentre prima erano a 100 Mbps. Entro la fine del 2005, saranno potenziati anche i collegamenti di singoli siti: saranno portati ad almeno a 155 Mbps, mentre adesso ce ne sono alcuni a 2 o a 34 Mbps. Anche i nodi cresceranno: quattro dei principali (due a Milano, uno a Roma e uno a Bologna) passeranno a 10 Mbps. È il piano della terza fase di sviluppo del Garr, tuttora in corso. Finirà a luglio. La quarta fase (fino a gennaio 2006) porterà il Garr verso un'infrastruttura in fibra ottica proprietaria, che adesso è a uno stadio di prima realizzazione nell'area di Milano e Como. A cosa serve. Ma a che serve questa superiore velocità di connessione tra i siti? A supportare più utenti che collaborano a distanza su un progetto comune nello stesso momento, per esempio. Ma anche per portare avanti progetti che richiedono molta banda, perché sono basati su comunicazioni in tempo reale audio e visive. Durante la conferenza di Pisa, una studentessa di viola italiana ha eseguito un brano sotto la guida di un'insegnante americana, che le appariva in videochiamata. «L'e-learning, l'apprendimento a distanza, è uno dei servizi che sta facendo passi avanti nel mondo accademico grazie alla maggiore disponibilità di banda», spiega Claudia Battista, vicedirettore del Garr. Altre applicazioni sono l'accesso remoto a laboratori da cui le università hanno bisogno di scaricare una grossa mole di dati: «Per esempio - prosegue Battista - è in corso un progetto per collegare alcune università ai centri di osservazione astronomica. Grazie alla banda a 2,5 Gbps possono scaricare i dati in tempo reale. Prima le rilevazioni astronomiche invece dovevano essere messi su nastri, spediti fisicamente in un centro in Olanda, dove venivano fatte le correlazioni». Più utenti connessi. Il Garr non si sta espandendo solo in termini di banda, però, ma anche in senso geografico. Verranno aggiunti nuovi siti periferici e anche nuove categorie di siti. «Il nostro obiettivo - dice Battista - è collegare al Garr tutti i centri che siano, in una qualche misura, depositari e promotori della cultura nazionale. Quindi non solo università e musei, ma anche gli ospedali che fanno ricerca in campo medico: 31 di loro saranno collegati al Garr nei prossimi mesi. Allo stesso modo, connetteremo i principali istituti di alta formazione artistica e musicale e le direzioni regionali dei beni culturali». Con il progetto Scuole in ospedale si permetterà ai bambini di continuare a seguire le lezioni tramite videoconferenza. Già venti ospedali sono stati collegati, a questo scopo, al Garr; altri 45 si aggiungeranno nei prossimi due mesi. «AL vaglio del Ministero - anticipa Battista - c'è anche il progetto di collegare al Garr, con l’Adsl, mille scuole tra elementari e medie. Credo che partiremo già a fine 2005. Una decina di scuole superiori, in Emilia Romagna, sono già state collegate». Alessandro Longo - l’IDENTIKIT La rete Garr in Italia I siti già coperti 356 I siti in attivazione 34 La velocità minima di banda 34 Mbps La velocità massima di collegamento 2,5 Gbps Il nodo cittadino con più traffico (Roma) oltre il 90%) ======================================================= _____________________________________________________ Libero 28 mag. ’05 ANCHE I FARMACI VENGONO CONTRAFFATTI: uno su 10 risulta inefficace o dannoso MILANO~ Di contraffatto, oggi, non ci sono solo magliette, borse, cinture e accessori vari delle firme più alla moda. Nel novero dei prodotti falsi rientrano, purtroppo, anche i farmaci. Con serie conseguenze per la salute dei malati che ne fanno uso. Mentre per chi li produce e li smercia, questi medicinali rappresentano indubbiamente un grosso affare. Una stima approssimativa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, come documenta il mensile Focus, valuta intorno al10 per cento l'impatto dei medicinali falsi sul commercio farmaceutico mondiale. Un problema grave che investe tutti i Paesi, ma soprattutto quelli del Terzo Mondo e, in particolare, il Sud-est asiatico e l'Africa, dove la diffusione di antibiotici e antimalarici inefficaci, se non addirittura dannosi, miete moltissime vittime. Basti pensare che una ricerca svolta in Cambogia nel 1999 ha dimostrato che il60 per cento dei venditori di medicine spacciavano come autentici farmaci che in realtà erano contraffatti e quindi completamente inefficaci. Ma quand'è che un farmaco può essere considerato falso? Quando contiene gli ingredienti sbagliati, oppure è privo di principi attivi o, ancora, questi ultimi sono presenti in misura insufficiente per produrre l'effetto dovuto. Difficile, quindi, guarire da una qualsiasi malattia curandosi con farmaci che di curativo non hanno praticamente niente. E questo lo sa bene la farmacologa Dora Akunyili,chedal2001 controllala fornitura di medicine in Nigeria battendosi contro medicinali falsi e corruzione. «Visto che la maggior parte dei prodotti falsi arriva in Nigeria dalla Cina e dall'India - spiega - abbiamo nominato in questi Paesi un gruppo di analisti indipendenti, per testare i farmaci e rilasciare le certificazioni corrette. Inoltre, abbiamo rinforzato la sorveglianza in tutti i porti e aeroporti di entrata in Nigeria. Nel 2003 abbiamo chiuso per 6 mesi il mercato di Aba, nel sud est del Paese, perché vi si vendevano in gran quantità farmaci non registrati, falsi e di qualità pessima». Un lavoro che ha permesso di salvare la vita a milioni di persone. ____________________________________________________ L’Unione Sarda 27 mag. ’05 SCLEROSI: UN TRISTE PRIMATO NASCOSTO NEI GENI SARDI Sclerosi multipla/1. I clamorosi risultati di una approfondita ricerca interdisciplinare Nove nuovi casi all'anno contro una media di tre in Italia Nuoro. La sclerosi multipla colpisce più in provincia di Nuoro che in tutto il resto dell'Isola. Si registra infatti una prevalenza di 157 casi per 100 mila abitanti, contro i 153 della Sardegna e i 33 circa del resto d'Italia. Sempre nel Nuorese, c'è un'incidenza di 9 nuovi casi all'anno, contro i 6 a livello regionale e i 3 della penisola. Sono alcuni dei dati che saranno divulgati oggi nel corso del convegno sulla "Sclerosi multipla in provincia di Nuoro, ricerche e nuove prospettive terapeutiche", organizzato dalla divisione di Neurologia dell'ospedale San Francesco, (Asl 3) in collaborazione col Dipartimento di scienze sanitarie applicate dell'università di Pavia, l'MCR Biostatisc unit, Institute of public health di Cambridge (Gran Bretagna) e il Centre national de genotypage, di Evry (Francia). «Sarà un'occasione per far conoscere al mondo scientifico, ai pazienti e ai loro familiari - spiega il dirigente medico Anna Ticca - i risultati di uno studio che conduciamo sulla malattia dal 1995. Grazie alla collaborazione di 571 pazienti (sui 758 del registro) che hanno collaborato, fornendo i dati clinici, genealogici, anagrafici, donando il proprio sangue e quello dei parenti». Dell'équipe di ricercatori, coordinata dal primario di Neurologia Bruno Murgia, fanno parte, oltre ad Anna Ticca, le dottoresse Valeria Saddi e Maria Luisa Piras. Si sapeva che, nel panorama delle cosiddette malattie autoimmuni, la sclerosi multipla era più diffusa in Sardegna rispetto al resto per Paese. La ricerca che sarà illustrata oggi mette in rilievo i dati del Nuorese, ancora una volta isola nell'isola «perché la popolazione dell'interno della Sardegna è quella che, nel tempo, ha subito meno il flusso delle immigrazioni, ha avuto meno contatti con l'ambiente esterno e quindi forma un'entità geneticamente omogenea». La sclerosi multipla è una malattia che comporta un processo degenerativo del sistema nervoso e provoca uno stato di disabilità progressiva. «Ancora non se ne conoscono le cause - dice la dottoressa Ticca - ma sicuramente gioca un ruolo importante il fattore genetico, insieme ad altri di carattere ambientale». Finora non si è scoperta una terapia in grado di guarirla completamente, ma la scienza sta compiendo continui passi avanti, che consentono di rallentarne o bloccarne il decorso, assicurando ai pazienti sempre migliori condizioni di vita. Tra i farmaci più usati, l'interferone e gli immunosoppressori «mentre forse l'anno prossimo entrerà in commercio un nuovo prodotto, anticorpo monoclonale, che pare stia dando risultati addirittura superiori a quelli all'interferone. Poi c'è tutta una serie di studi su immunosoppressori più selettivi e su nuove ipotesi terapeutiche, come le cellule staminali e il trapianto di midollo, che ci fanno ben sperare per il futuro». La strada del trapianto di midollo viene seguita anche a Nuoro, grazie alla collaborazione fra la Neurologia e l'Ematologia, diretta dal dottor Attilio Gabbas. «Abbiamo il caso di una nostra paziente affetta da patologia ematologica - precisa la dottoressa Ticca - sottoposta a trapianto dal dottor Gabbas. Anche se è presto per valutare i risultati, a sei mesi abbiamo sicuramente una stabilizzazione della malattia sia clinica che di risonanza». C'è uno sforzo corale, nei centri di tutto il mondo, per tentare di debellare una patologia che colpisce pazienti sempre più giovani. Una nuova strada, percorsa da alcuni gruppi di ricerca d'elezione, riguarda il trapianto di cellule staminali, che dovrebbero avere la possibilità di riparare il danno neurologico e cerebrale che si registra nei malati di sclerosi multipla, ma si tratta di un campo di studio ancora in fase molto sperimentale. Il centro di ricerca dell'ospedale di Nuoro è nato grazie all'impulso della compianta dottoressa Donata Marchi, pioniera storica, da medico e da paziente, della Fisioterapia al San Francesco. È riconosciuto con delibera regionale sin dagli anni Ottanta e va avanti, nonostante la carenza di personale e mezzi, grazie all'entusiasmo e alla determinazione di un gruppo di studiosi «ma anche al concreto sostegno della Asl 3». Collabora col centro di Sassari, diretto dal professor Rosati e con quello di Cagliari della professoressa Marrosu, ma anche con università della penisola (Pavia) inglesi e francesi. Due i canali principali di ricerca: la raccolta di dati epidemiologici, ma anche relativi alla sclerosi multipla associata a eventuali patologie associate ed alle modalità con cui si è arrivati alla diagnosi. Sempre sotto il profilo epidemiologico, è prevista la compilazione, da parte del paziente, di un questionario genealogico, riguardante cioè la sua famiglia. Una particolare attenzione viene dedicata alle famiglie in cui si registrano più casi, nelle quali la sclerosi multipla è associata ad altre patologie autoimmuni. «Tutti i pazienti e i loro parenti stretti vengono inoltre sottoposti a tipizzazione tessutale ed analisi del Dna, in modo da disporre di una mappatura genetica. Soprattutto per poter studiare i casi presenti in una stessa famiglia. Ed è proprio dall'analisi del patrimonio genetico di questi gruppi familiari - conclude la dottoressa Ticca - che possiamo trarre i dati più interessanti». Lucio Salis ____________________________________________________ L’Unione Sarda 24 mag. ’05 SPORT, UNA TERAPIA A DOPPIO TAGLIO Sanità. Congresso sui danni provocati da un eccesso di attività Fare attività sportiva fin da piccoli riduce i rischi di osteoporosi, ma attenzione a non passare dall'altra parte della barricata: l'eccesso può essere dannoso. Lo conferma una ricerca condotta da un'équipe dell'ateneo cagliaritano su un centinaio di atleti di diverse discipline, del Cus Cagliari. Ancora, l'utilizzo di nuovi materiali nell'impiantistica sportiva può provocare patologie ai tendini. I temi che servono da spunto per parlare di patologie e sport, e delle correlazioni che esistono, sono numerosi: così la prima cattedra di Reumatologia dell'Università di Cagliari, presieduta da Giuseppe Perpignano, ha organizzato il secondo congresso nazionale Reumatologia e sport, che si svolgerà al Forte Village Resort, a Santa Margherita di Pula, da giovedì 26 a sabato 28 maggio. Tanti gli specialisti, circa trecento, italiani e stranieri attesi, con relatori di fama mondiale, a conferma dell'importanza di un argomento che vedrà per la seconda volta (dopo il primo congresso svolto nel 1997) Cagliari capofila di un'iniziativa che interessa i circa 16 milioni di italiani che praticano attività sportiva. «Sarà l'occasione per fare il quadro della situazione a 360 gradi ? ha spiegato in una conferenza stampa Perpignano, che riveste anche il ruolo di delegato del rettore per le politiche sportive». L'apertura dei lavori, giovedì alle 17, è stata affidata ad Antonio Del Monte, direttore dell'Istituto di scienze dello sport dell'Acquacetosa di Roma e vicepresidente della commissione media Aereonautique. «Gli argomenti sono numerosi e di grande interesse ? ha aggiunto Adriano Rossi, presidente del Cus Cagliari e vice presidente nazionale della Federazione di atletica leggera ?. Per esempio la sessione sugli integratori, sui farmaci e sul doping potrà fare chiarezza in un momento difficile per tutto lo sport». Sull'utilità dell'attività sportiva come prevenzione di problemi ossei, Perpignano ha spiegato che fare sport «riduce i rischi per esempio di osteoporosi, anche se si deve evitare l'intensità e l'eccesso». In questa direzione si è mossa una ricerca dello staff del dipartimento di Reumatologia, che ha effettuato degli esami con l'ultrasuonometria ossea, su un centinaio di atleti del Cus Cagliari, di tutte le discipline. Matteo Vercelli ____________________________________________________ L’Unione Sarda 27 mag. ’05 BROTZU. INAUGURATA LA PET, fine dei viaggi della speranza La lotta contro i tumori compie un salto nel futuro Ora è ufficiale: al Brotzu è disponibile un nuovo centro speciale, in gradi di dare una svolta nella lotta contro i tumori. Ieri è stata inaugurata la prima struttura Pet/Tac della regione, una delle più moderne d'Europa. L'occasione l'ha fornita il convegno, al quale sta partecipando il gotha italiano della specialità, che si sta svolgendo nell'aula magna dell'ospedale, "Innovazione tecnologica in Sanità". Dibattito organizzato dalla Struttura complessa di medicina nucleare e dall'ufficio tecnico dell'ospedale, sotto la supervisione del primario del reparto Livia Ruffini, e dell'ingegner Gianluca Borelli, coordinatore del progetto. A dire la verità questa struttura dell'ospedale più importante dell'Isola è in funzione, anche se a regime ridotto, da circa un mese. Tutti i giorni sei pazienti si affidano a questo nuovo macchinario che, sia ben chiaro, non è in grado di fare miracoli, ma darà senza dubbio una notevole mano d'aiuto ai medici nella scoperta precoce di tutte le malattie tumorali e nell'intervento in modo mirato sulla lesione. Tutto si risolverà in un ricovero giornaliero della durata massima di sei ore. Una rivoluzione, quindi, in campo oncologico (contro i tumori), in cardiologia (per capire se un infartuato ha bisogno di un trapianto o di un by-pass), in neurologia (per la diagnosi precoce dell'Alzheimer). Come in una catena di montaggio, in ambiente sterile, dopo un'iniezione di una piccola quantità di farmaco tracciante che non provoca alcun effetto collaterale o allergico, i pazienti vengono sottoposti all'esame. A completare l'opera della struttura manca ancora il bunker in cemento armato dove verrà installato il laboratorio in grado di produrre il farmaco, che ora arriva dall'Austria a bordo di aerei privati. Entro l'anno casi del genere non si verificheranno più. Non solo, ed è questo l'aspetto più importante, per i pazienti non sarà più necessario affrontare costose trasferte a Milano per visite che devono essere prenotate con almeno 4 mesi d'anticipo. Con il pagamento di un semplice ticket che non supera il tetto di 36 euro, al quale sono escluse alcune categorie, in poco meno di 20 giorni sarà possibile essere sottoposti all'esame. E per prenotare basta una telefonata (070/539235), un fax (070/531341) o una mail (medicinanucleare@aob.it). Per questa prima fase i giorni fissati per l'esame sono il martedì, giovedì e venerdì, ma una volta che l'apparato sarà a regime verranno accolti nella struttura dodici pazienti al giorno, tutti i giorni tranne la domenica. Tutto senza che dai bilanci del Brotzu sia uscito un euro. I circa 8 milioni di euro necessari per la realizzazione del centro sono a totale carico della società che si è aggiudicata la gara - la multinazionale inglese Alleance diagnostic - che riceverà un rimborso per ogni prestazione. Andrea Artizzu _____________________________________________________ L’Unità 23 mag. ’05 IL TUMORE AL SENO E IN AUMENTO, MA SI MUORE MENO E di Cristiana Pulcinelli Di tumore al seno si ammalano sempre più done. Nei paesi occidentali si è passati da con caso ogni 15 donne a un caso ogni 10 donne nel giro degli ultimi cinquant'anni, Come mai? Dopo aver analizzato a lungo questi dati, ora sembra di essere vicini alla soluzione del mistero», dice Alberto Costa, direttore della Scuola europea di tricologia di Milano. Quante persone colpisce li tumore al seno ogni anno? Circa un, milione. Dopo quello al polmone, che conta un milione e duecentomila casi all'anno è il tumore più diffuso. Non a caso, il Parlamento europeo lo ha inserito tra le priorità sanitarie. Perché ci si ammala di più di tumore al seno? Bisogna partire da un presupposto: le cellule sono meno vulnerabili quando hanno completato la loro differenziazione, ovvero il cammino che le porta dall'essere cellule embrionali ad essere cellule dei vari organi che compongo il corpo. Vale la pena ricordare il processo di differenziazione è opposto al processo che si innesca con il cancro: le cellule malate, infatti perdono le loro caratteristiche specifiche. Le cellule che vanno a formare le ghiandole mammarie completano la loro differenziazione solo con l'allattamento. Nel passato però le donne cominciavano ad allattare uno o due anni dopo la prima mestruazione e continuavano a farlo per metà della vita. Ancora tre generazioni fa era normale avere il primo figlio a 15 anni e poi proseguire con 7-8 gravidanze allattando i bambini per un anno intero. Nel giro di cinquantanni il mondo occidentale ha conosciuto una rivoluzione: abbiamo portato l'età della prima gravidanza a 26 anni, il numero dei figli si è ridotto a uno e il periodo di allattamento si è accorciato, La convinzione da gli esperti è che la maggiore vulnerabilità della mammella sia dovuta proprio, al fatto di aver imposto un cambiamento radicale ad un processo che durava da milioni di anni. Dai 13 ai 26 anni, ogni mese l'impulso, ormonale parte dall'ovario e arriva al seno portando il messaggio «preparati a produrre latte», ma poi il latte non viene prodotto. Questa stimolazione ormonale della ghiandola mammaria la predispone alla malattia. Cosa si può fare? Certamente non si può tornare indietro Non si può dire alle donne che vogliono studiare, trovare un lavoro. devi fare i figli prima. Allora dobbiamo lavorare su alti piani. E ci stiamo riuscendo. Perché, se è vero che di cancro ci si ammala di più, è anche vero che di cancro si muore di meno. Da 5 anni il numero dei morti è in calo costante. Si cominciano a vedere gli effetti della diagnosi precoce delle nuove cure. La mammografia dopo i 40 anni è ancora uno strumento indispensabile per la diagnosi precoce? Lo screening tramite mammografia è cominciato in Svezia 30 anni fa. I consultori pubblici scrivevano a tutte le donne sopra una certa età per invitarle a fare l'esame. Questo esperimento ebbe un grosso impatto positivo sulla mortalità e cosi si esportò in altre parti dei mondo. A 20 anni di distanza, però, e sorto qualche dubbio sulla sua validità, Il fatto è che la mammografia è un esame che da ottimi risultati dopo i cinquant’anni, quando cioè il seno cambia la sua stuttura e un eventuale tumore si individua facilmente con i raggi X. Però il tumore al seno si è cominciato a manifestare anche prima, in particolare nella fascia d'età tra i 40 e i 50 anni. Quello che oggi sembra importante, più che lo screening di massa, è dunque valutare il rischio individuale Cosa deve fare una donna per essere tranquilla? Verso i 40 anni deve fare un colloquio con un medico specialista che valuterà i suoi fattori di rischio. Ad esempio, una donna che a 40 non ha ancora fatto figli e dunque non ha mai allattato, e che ha 2 casi di cancro al suo nella sua famiglia dovrà seguire un percorso di diagnosi precoce diverso da una donna che, alla stessa età, ha allattato due figli e non ha parenti con questa malattia. Alcuni stili di vita possono far diminuire il rischio di ammalarsi? Chi ormoni che stimolano le ghiandole mammarie sono gli estrogeni che in alcuni casi agiscono quasi come cancerogeni Gli estrogeni si accumulano nel tessuto adiposo. Quando una donna aumenta di peso, quindi, aumenta il tessuto adiposo in cui si depositano questi ormoni. Una dieta bilanciata e l'esercizio fisico sono importanti per evitare di ingrassare. Bisogna ricordare che, al contrario, nella nostra società, aumenta la sedentarietà. Secondo alcuni ricercatori, da 5 anni stiamo seduti due ore in più al giorno a causa di Intenet. _____________________________________________________ MF 24 mag. ’05 LA RISONANZA DIVENTA MINI Oberon 021 individua le diverse patologie grazie all'emissione di impulsi elettromagnetici Esamina organi ossa, tessuti molli e vasi in 30 minuti. Ed è trasportabile Un investigatore portatile in grado di osservare tutte le parti del corpo e appurare se vi siano patologie in corso e dove. II nuovo sistema Oberon 021, appena approdato in Italia, effettua la lettura diagnostica di organi, tessuti molli, ossa, sistemi cellulari, vasi sanguigni basandosi sui segnali di tipo elettromagnetico che il corpo dà in risposta a impulsi emessi dall'apparecchiatura collegata a un calcolatore. Il paziente deve solamente indossare una cuffia come quella dello stereo e con Oberon 021, prodotto in Russia e commercializzato in Italia da Oxicur, si possono individuare processi infiammatori, infettivi, ostruttivi attraverso l'interpretazione cromodinamica degli impulsi che appaiono sullo schermo del computer. «Dentro la macchina», afferma Piergiorgio Spaggiari, docente di medicina quantistica e direttore generale dell'a zienda ospedaliera della provincia di Lodi, «sono memorizzati numerosissimi casi di persone con differenti patologie. A seconda del tipo di impulsi che il corpo emette la macchina ritrova nel database una risposta analoga e può. quindi rilevare l'esistenza di una patologia nel paziente». Non solo, le rilevazioni cromatiche permettono anche di appurare la gravità del danno patologico. «La macchina non è paragonabile con una risonanza magnetica nucleare», aggiunge Spaggiari, «sia per la potenza del campo elettromagnetico emesso (bassissimo nel caso di Oberon 021) sia per la differente impostazione diagnostica. Ma può essere un efficace strumento di screening di massa per dare una prima valutazione globale del paziente con un'attendibilità dell'84% circa». Lo strumento è facilmente trasportabile e offre un'analisi non invasiva i cui risultati possono essere memorizzati e stampati. L’esame non dura più di 30 minuti e ha un costo che varia da 100 a 200 curo. _____________________________________________________ Libero 26 mag. ’05 TAC AL CUORE PER EVITARE ESAMI INUTILI Richiede 20 secondi, contro i 30 minuti della coronografia Una Tac al cuore potrà evitare esami inutili e invasivi al 40% dei pazienti a rischio. In 20 secondi, invece dei 30 minuti richiesti per una coronarografia, sarà possibile "fotografare" in tre dimensioni il muscolo cardiaco e i vasi che lo nutrono, individuando lesioni e selezionando i malati da sottoporre a analisi più approfondite. La nuova frontiera della diagnostica cardiologica, possibile "con le nuove tac multistrato rapide e precise", è stata descritta ieri a Milano da Lorenzo Bonomo della Cattolica di Roma e Alessandro Del Maschio del San Raffaele. _____________________________________________________ Il Giornale 27 mag. ’05 L'EPATITE NON È PIÙ UNA CONDANNA A MORTE Massimo Colombo, direttore del dipartimento di malattie dell'apparato digerente dell'Università di Milano, parla della lotta contro la malattia Luigi Cucchi • L'epatite cronica virale non è più una condanna a morte. I virus dell'epatite B e C, all'origine di cirrosi epatiche e carcinoma al fegato, si possono combattere con ottimi risultati. In questi ultimi anni la medicina ha compiuto grandi passi avanti nella cura delle malattie epatiche: le conoscenze sono aumentate e l'impiego di nuovi farmaci, come l’interferone e la nbavh-ina ha allungato la vita a migliaia di pazienti. Si sono modificate le terapie, ora sempre più personalizzate, protratte fino a 48 settimane e adeguate alle risposte dei pazienti. Allungando i tempi di cura che vengono modulate in base alle reazioni dei malati, si è riusciti ad ottenere risposte positive anche nel 30°~ di quei pazienti che non davano alcuna risposta e che fino a pochi anni fa rappresentavano il 40% dei 27 milioni di persone che in Europa soffrono di malattie epatiche, di cui 8,5 milioni di epatiti virali. Incontriamo il professor Massimo Colombo per una analisi sulle più recenti conquiste della medicina nell'area delle epatiti croniche, che colpiscono oltre un milione di italiani. di questi diverse decine di migliaia sono in terapia con farmaci antivirali (interferone e Ribavirina). Oltre al virus vi sono numerosi coFATTORI che aggravano la malattia: l'alcol e il grasso. Nuovi studi indicano le terapie più efficaci e aprono scenari nella lotta alle malattie virali che insidiano il fegato. «Nella seconda parte degli anni Novanta abbiamo capito - ricorda il professor Colombo - l’importanza di personalizzare il più possibile la terapia. Si deve intervenire adeguando lo schema ideale di cura alle reazioni del paziente. La terapia deve considerare il peso corporeo e le reazioni dell'organismo. l farmaci somministrati (interferone e ribavirina) devono essere modulati. Per battere l’infezione occorre impiegare alte dosi farmacologiche, soprattutto nelle fasi iniziali, ma controllando e riducendo gli effetti collaterali: anemia, bassi globuli bianchi, lèbbre, malessere, depressione. L'epatite cronica va comunque aggredita precocemente. La dose farmacologica piena va mantenuta per almeno sei mesi. Se nei primi tre si registra una caduta della carica virale (da un milione a meno di diecimila) vi sono ottime probabilità di guarigione: tre pazienti su quattro guariscono se le cure vengono protratte per 12 mesi. In questi ultimi dieci anni la guarigione è passata da 3 a 5 volte, nel caso di pazienti con genotipo 1, cioè quelli che rispondono meno alla terapia. Dopo 10 annidi cure si può registrare un tasso di guarigione del 20-25%». Colombo, nato a Vigevano nel 1946, è direttore del dipartimento di malattie dell'apparato digerente ed endocrinologia dell'università di Milano. È una cattedra prestigiosa, fino al1991 è stata del professor Nicola Dioguardi (di cui Colombo era allievo), riconosciuto nel mondo tra i grandi padri dei moderni studi sul fegato. Oggi l'università di Milano continua ad essere uno dei primi centri al mondo per le ricerche avanzate in epatologia. Altre città italiane sono all'avanguardia internazionale: le ricerche condotte all'ospedale Molinette di Torino sono state anch'esse determinanti nel far progredire la diagnosi e la terapia delle malattie epatiche. Proprio a Torino, Rizzetto, quando era m giovane medico, ha individuato per primo al mondo il virus dell'epatite Delta. Oggi si distinguono in Italia per le loro ricerche i Centri di Padova, Bologna, Palermo, che hanno dimostrato di saper percorrere le strade più innovative delle nuove frontiere dell'epatologia, assieme agli Istituti di eccellenza di Londra, Parigi, Barcellona. Oltre Atlantico, negli Stati Uniti, vi sono le scuole epatologiche di Bethesda.nel Maryland, di Miami in Florida. di San Francisco in Calitornia di Boston nel Massachusetts, di Hochester nel Minnesota. Nel dipartimento guidato dal professor Colombo, autore di oltre 300 pubblicazioni sulle più qualificate riviste scientifiche internazionali, svolgono la propria attività trenta epatologi, sono visitati 130-150 pazienti al giorno, oltre 30mila ogni anno, sono in cura 300 pazienti per epatite C, vengono seguiti 60(i malati ai quali è stato trapiantato il fegato e curati altri 150 per carcinoma epatico. Ogni giorno, in day hospital, si effettuano almeno dieci biopsie di natura diagnostica o terapeutica. Colombo è editor in chief del Journal of Hepatology, ma delle più qualificate riviste scientifiche al mondo, rivista ufficiale della Società europea di epatologia. Il fegato, il nostro laboratorio biochimico, continua a stupire gli studiosi. Fino a pochi anni orsono si pensava che il fegato fosse indifferente al grasso, oggi si sa con certezza che la statosi (fegato grasso) è all'origine di gravi malattie. «L'accumulo di grasso causa steatosi epatica non alcolica, una degenerazione causata da uno stress ossidativo delle cellule epatiche. Un italiano su quattro afferma il professor Colombo -ha grasso nel fegato che può causare infiammazione ed in alcuni casi cirrosi. È una malattia metabolica associata cori frequenza al diabete di tipo 2 dell'adulto, alla dislipidemia, al soprappeso. Quindici anni orsono non ne conoscevamo l'esistenza oggi sappiamo che può essere grave. II grasso non danneggia quindi solo l'apparato cardio-circolatorio, colpisce anche il fegato». Una ricerca condotta negli Usa ha dimostrato l'impatto dell'obesità sul grado di malattia epatica. E’ stato evidenziato che 1 trattamento con l’interferone all’a-2b associato a ribavirina, basato sul peso corporeo, ottiene un tasso più elevato di risposta iimmunologica sostenuta, rispetto ad altri protocolli standard. Sono migliorate le cure dell'epatite C, ma anche le terapie dell'epatite B. «Oltre all'impiego dell'interferone abbiamo nuovi farmaci, somministrabili per via orale, come gli analoghi nucleocidici, che simulano porzioni del Dna del virus B, sono ben tollerati. Sono nati con lo sviluppo delle ricerche fai macologiche sull'Hiv. Fino a 5-6 anni fa, prima dello messa a punto di questi farmaci, a molti pazienti con epatite B, il fegato non poteva essere trapiantato per l'alta carica virale che danneggiava il nuovo fegato. Ora il trapianto non presenta più alcun rischio». Le epatiti virali C e B, quelle che possono cronicizzare, si erano diffuse negli anni Sessanta e Settanta soprattutto con le trasfusioni di sangue, oggi nei Paesi sviluppati il contagio avviene a causa di comportamenti sessuali a rischio. «Stiamo registrando una recrudescenza di queste forme: 5mila nuovi casi ogni anno. La scarsa prudenza, la superficialità, favoriscono la trasmissione dell'epatite s dell'Hiv. Oggi anche i soggetti colpiti da Hiv, se ben trattati, hanno però una sopravvivenza elevata». 2 Anche il 30% dei malati più gravi migliorano con i farmaci moderni I cronici epatici in Italia superano il milione. Le cure sono personalizzate Massimo Colombo «Un italiano su quattro ha grasso nel fegato, causa di infiammazioni e a volte di cirrosi» _____________________________________________________ MF 27 mag. ’05 L’ICTUS SI COMBATTE IN CULLA Salute Un recente studio ha provato l'efficacia del latte materno nella protezione dall'ipertensione agli acidi grassi polinsaturi si abbassano i valori della pressione sistolica di Silvia Nibiole Nicoletto Il latte materno si conferma il miglior alimento per il neonato. Oltre a essere molto nutriente, produce effetti benefici nel lungo periodo sulla pressione sanguigna; benefici analoghi a quelli che un adulto iperteso riesce a ottenere solo con una dieta povera di sa le o con l'esercizio fisico. E più l’allattamento è prolungato più l'effetto aumenta. A riconoscere il valore aggiunto dell'allattamento al seno è uno studio pubblicato sulla rivista Archives of Disease in Childhood che ha coinvolto oltre 2 mila bambini di età compresa tra i 9 e i 15 anni, arruolati in Estonia e Danimarca dai ricercatori dell'università di Bristol. Lo scopo degli studiosi inglesi era quello di stabilire un eventuale legame tra l'allattamento e una serie di condizioni come l’ipertensione o l’ipercolesterolemia, cui si fa riferimento con il termine sindrome metabolica. In precedenza era già stata ipotizzata una relazione tra il benessere del cuore del bambino e l'assunzione del latte materno, che pareva agire alla stregua di un farmaco riducendo i livelli di colesterolo nel sangue. Alcune evidenze sperimentali mostravano, inoltre, come l’aterosclerosi inizierebbe a gettare le proprie basi già nella prima infanzia. Da qui l'idea di valutare il possibile effetto a lungo termine di fattori come il peso alla nascita o l'allattamento sul benessere di vasi sanguigni e cuore. Al momento dell'arruolamento dei bambini, avvenuto in modo casuale, sono stati raccolti una seria di parametri tra cui i livelli di trigliceridi e colesterolo Ldl (il cosiddetto colesterolo «cattivo») e quelli della pressione sistolica. Quest’ultima rappresenta la forza del sangue che viene pompato dal cuore in tutto il corpo e un valore pari o superiore a 140 millimetri di mercurio può predisporre allo sviluppo di disturbi come ictus o attacchi cardiaci. Se per le altre condizioni esaminate non si sono riscontrate differenze significative, i valori della pressione sistolica erano molto più bassi nei bambini che erano stati allattati naturalmente nei primi mesi di vita. La relazione era visibile tanto nei danesi quanto negli estoni, indipendentemente dalle condizioni socio-economiche e dalle abitudini dietetiche, e si manteneva anche dopo l'esclusione di fattori influenti come l'altezza, il peso, lo stadio dello sviluppo, il sesso e l'età. In particolare, i ricercatori hanno rilevato che i bebè alimentati solo con latte materno per almeno sei mesi avevano valori di pressione sistolica pari a 1,7 mm di mercurio in meno rispetto agli altri; per fare un paragone, una dieta povera di sale porta a una riduzione di circa 1,3 mm di mercurio e l'attività fisica di 0,7. Più si allunga il periodo dell'allattamento, inoltre, più cresce di pari passo l'effetto benefico sulla pressione arteriosa del bambino; un dato che rafforza la relazione causa-effetto dei due fattori. Nel complesso la ricerca supporta l'evidenza che l'allattamento 'al seno, laddove possibile, sia la scelta migliore che ogni mamma possa fare per alimentare il proprio bambino e potrebbe incentivarne il ricorso anche nei paesi, come l'Inghilterra, in cui è sempre meno praticata. Un punto ancora oscuro, tuttavia, 'e il meccanismo alla base dell'effetto benefico di questo naturale toccasana; un'ipotesi avanzata dai ricercatori è che un ruolo chiave sia giocato dagli acidi grassi polinsaturi a lunga catena, di cui molte preparazioni di latte artificiale sono prive. _____________________________________________________ Libero 29 mag. ’05 IL 10 PER CENTO DEI BEBÉ ITALIANI NASCE PREMATURO SONO SOTTOPESO Sono 50 mila ogni anno i bebè italiani nati prematuri; il 10% del totale. Fra le cause, decisioni del medico dovute a condizioni cliniche patologiche, ma anche parti naturali anticipati dovuti all'età della madre, superiore ai 35 anni o inferiore ai 18. Questi i dati diffusi a Milano, in un incontro sui prematuri. «In caso di parto prematuro - ha spiegato Guido Moro, neonatologo dell'ospedale Macedonio Melioni di Milano - è necessario fare attenzione al peso. I bimbi al di sotto dei 1.500 grammi hanno bisogno di molte cure e attenzioni». ____________________________________________________ L’Unione Sarda 22 mag. ’05 DANNI AI TOPI NUTRITI CON GLI OGM Dossier segreto della Monsanto rivelato dalla stampa britannica Test su un nuovo tipo di mais. La società: le anomalie sono normali in un simile campione statistico LONDRA - Reni più piccoli del normale, anomalie nel sangue che fanno pensare a un serio attacco al sistema immunitario, possibilmente a un tumore. E' la prova che alcuni alimenti geneticamente modificati (Ogm) possono a lungo termine essere nocivi all'organismo? Se lo chiede il giornale britannico Independent on Sunday pubblicando stralci di un rapporto segreto preparato per il gruppo Monsanto su un tipo di mais ogm che potrebbe presto essere introdotto sul mercato europeo. I topi di laboratorio alimentati con Mon 863, un mais cui è stata aggiunta una tossina per renderlo più resistente, hanno mostrato di avere problemi fisici che secondo diversi esperti sono "estremamente preoccupanti". "Sono risultati che sembrano indicare un grosso problema al sistema immunitario - ha detto all' Independent Malcolm Hooper, docente di chimica all'università di Sunderland -. Se avessi dati come questi davanti a me concluderei che assolutamente non si può dare il nullaosta affinché questo prodotto arrivi ai consumatori". Ugualmente allarmato Michael Antoniu, professore di genetica molecolare alla scuola di medicina del Guy's Hospital di Londra: "Da un punto di vista medico - ha detto - questi risultati sono estremamente preoccupanti. Sono rimasto molto sorpreso dalla quantità di anomalie rilevate". Per la Monsanto, che non vuole rendere pubblico il rapporto perché "contiene informazioni commerciali riservate che potrebbero essere utilizzate dalla concorrenza", nei risultati dello studio, lungo 1.139 pagine, non c'è nulla di sorprendente. Le anomalie nei topi, ha detto un portavoce all' Independent on Sunday , non hanno significato e rispecchiano le normali variazioni all'interno di un gruppo di tale entità. "Se veramente sono tanti gli esperti che hanno dubbi sulla credibilità dei nostri studi avrebbero dovuto esprimerli alle autorità competenti. Dopotutto il Mon 863 non è nuovo. Nove organizzazioni mondiali, dal 2003 ad oggi, lo hanno definito sicuro quanto il mais convenzionale". Venerdì scorso Gran Bretagna e nove altri paesi europei hanno votato a favore dell'introduzione del mais transgenico, senza però che sia stato raggiunto il quorum necessario per assicurare luce verde. Secondo l' Independent on Sunday , diversi esponenti del governo sono "talmente preoccupati dai ritrovamenti che hanno chiesto ulteriori informazioni". Il giornale cita anche Beatrix Tappeser, consulente del governo tedesco sugli ogm, secondo la quale "andrebbero svolte altre verifiche per avere la coscienza a posto". L'Europa rimane uno dei principali ostacoli alla diffusione degli ogm, un mercato che globalmente vale secondo gli esperti circa 4,2 miliardi di euro l'anno. Nei paesi Ue l'opposizione non accenna a diminuire. Stando a una conferenza organizzata la settimana scorsa al Parlamento di Bruxelles dall'Assemblea delle Regioni d'Europa, sono una su tre le Regioni che chiedono di restare "ogm free ". Negli Usa la situazione non potrebbe essere più diversa. Secondo alcune stime il 75% dei cibi pronti sul mercato statunitense contiene ingredienti transgenici. Il primo grosso allarme in Europa sulla sicurezza degli ogm era giunto nell'agosto del 1998, quando Arpad Pusztai, del prestigioso Rowett Research Institute di Aberdeen, in Scozia, aveva annunciato che topi nutriti con patate geneticamente modificate avevano riportato problemi al sistema immunitario e accusato un rallentamento della crescita. Era un momento molto delicato per il governo di Tony Blair, che stava cercando di dare al Regno Unito un ruolo portante nella rivoluzione delle biotecnologie. Sembra che due telefonate da Downing Street siano bastate a costringere al silenzio Pusztai, nonché a rovinare la sua carriera. Paola De Carolis ____________________________________________________ La Repubblica 27 mag. ’05 VIAGRA, ALLARME CECITÀ NEGLI USA Effetti collaterali all'esame della Food and Drug Administration La Pfizer collabora e crolla in borsa, perdendo il 3 per cento si indaga su oltre quaranta casi La casa farmaceutica: pronti a cambiare le avvertenze CHICAGO - Potrebbe esserci un nesso tra il Viagra, il Cialis e alcuni casi di cecità. La Pfizer, produttrice della famosa pillola blu, tempo fa aveva nettamente smentito questa relazione parlando di semplici coincidenze, ma la Food and Drug Administration , l'agenzia Usa che vigila sui farmaci, sta compiendo una serie di indagini sugli effetti collaterali e per ora, ammette la portavoce della Fda Susan Cruzan, ancora non è arrivata a un risultato definitivo. Il tipo di cecità che il Viagra è sospettato di provocare è la "neuropatia ottica ischemica anteriore non-arteriosa" (Naion), che si manifesta in pazienti affetti da diabete o disturbi cardiaci, patologie che possono essere favorite dall'uso del Viagra. La Fda ha 42 riscontri di pazienti affetti da Naion, 38 hanno usato il Viagra e 4 il Cialis. Non ci sono casi riportati per l'uso di Levitra, il terzo farmaco in commercio per l'impotenza. Il Viagra, introdotto sul mercato nel 1998, ha avuto nel 2004 1,68 miliardi di dollari di fatturato. Eli Lilly & Co., che produce Cialis, riferisce di problemi di visione come effetto secondario raro, come vedere una tinta blu o avere difficoltà a distinguere l'azzurro dal verde. "Questi non sono tutti gli effetti secondari di Cialis," avverte il sito web della casa farmaceutica. "Meno comune è la visione bluastra o vaga, una sensibilità alla luce. Questi fenomeni possono accadere per un breve periodo", avverte la Pfizer Inc. per quanto riguarda il Viagra. Il portavoce della Pfizer, Daniel Watts, ha annunciato di aver avviato contatti con le autorità della Food and drug administration per introdurre un'avvertenza su questo rischio nelle istruzioni per l'uso. "Siamo in contatto con la Fda per aggiornare le avvertenze in modo da includere un riferimento a questi rari casi di disturbi visivi", ha spiegato il portavoce del colosso farmaceutico. Il titolo della Pfizer ha perso quasi il 3% a Wall Street dopo la diffusione della notizia. ____________________________________________________ La Repubblica 27 mag. ’05 UNGHIE: NON SBAGLIATE A TAGLIARLE I consigli del podologo Massimiliano Giordani TAGLIARE le unghie è un gesto che compiamo spesso ma probabilmente in modo scorretto. "Qualche consiglio si può dare", premette Massimiliano Giordani, podologo consulente all'ambulatorio di Patologia Ungueale del Sant'Orsola di Bologna, "tenendo conto del fatto che non tutte le unghie hanno la stessa forma. In ogni caso bisogna tagliarle ogni due settimane a forma un pò quadrata, con una tronchesina, per ottenere un taglio netto ed evitare che restino delle fratture nell'unghia, le cosiddette spicule ungueali. Rifinire con una limetta ed evitare di accorciarle troppo: la lunghezza laterale deve essere uguale alla lunghezza del solco ungueale". Infine qualche consiglio sulla scelta delle calzature: meglio evitare di indossare a lungo le scarpe da ginnastica e quelle a punta affusolata, che, costringendo le dita, possono provocare l'incarnimento di unghie tagliate male. "L'incarnimento può essere provocato da eccessiva macerazione dei tessuti, dovuta a ipersudorazione del piede e mancata traspirazione, legata soprattutto all'uso di calzature sportive", precisa Giordani, "ma anche ad un pedicure eccessivo fatto in maniera maldestra. Bisogna evitare di tagliare le unghie troppo corte, di stondarle troppo o di tagliarle affusolate, ed è importante evitare di togliere la cuticola, cioè la pellicina al bordo dell'unghia, perché protegge ed evita la perionissi (il cosiddetto giradito, ndr)". Particolare accuratezza serve inoltre per gli anziani, che spesso hanno uno spessore ungueale elevato dovuto a varie patologie. "Per un pedicure corretto è importante usare gli strumenti giusti o rivolgersi al podologo", conclude Giordani. (e. nas) ____________________________________________________ La Repubblica 26 mag. ’05 ALL'UNGHIA INCARNITA PROVVEDE IL FENOLO Patologia molto frequente, soprattutto nei giovani. Un intervento risolutivo nei casi gravi di Antonella Tosti * L'unghia incarnita è una patologia frequente che colpisce soprattutto i giovani. Insorge di solito su un'anomalia anatomica congenita, il "malallineamento dell'alluce": l'unghia è deviata lateralmente rispetto all'asse della falange distale del dito. L'alterazione congenita è predisponente, ma in genere l'incarnimento è precipitato da un pedicure non corretto con la formazione di spicule laterali che penetrano nei tessuti molli e causano una reazione infiammatoria più o meno grave. Si distinguono, a seconda della gravità, 3 gradi di incarnimento. I grado: infiammazione della piega ungueale laterale con dolore ed essudazione talvolta purulenta; II grado: formazione di tessuto di granulazione facilmente sanguinante che protrude dal solco ungueale a ricoprire parzialmente la lamina. Persiste dolore che interferisce con la deambulazione e lo sport; III grado: il tessuto di granulazione va incontro a riepitelizzazione con formazione di un cuscinetto che ricopre la lamina. Nell'unghia incarnita di I grado, l'intervento del podologo è utile in quanto l'asportazione della spicula ed un trattamento non invasivo con medicazioni ad hoc può portare a guarigione senza intervento chirurgico. Nell'unghia incarnita di II o III grado è necessario rivolgersi al medico. Se l'incarnimento è grave, la piega laterale è infiammata, sanguina, vi è secrezione purulenta, è necessario asportare la porzione di matrice che dà origine alla parte laterale della lamina. Questa porzione di matrice è situata in profondità e lateralmente nella falange per cui non viene distrutta se ci si limita a estrarre chirurgicamente l'unghia malata. Questo spiega perché gli interventi di avulsione dell'unghia, oltre ad essere dolorosi e invalidanti, non risolvono definitivamente il problema. Il miglior trattamento dell'unghia incarnita grave è la fenolizzazione: l'intervento, in anestesia locale, dura circa 20-30 minuti; si usa fenolo all'88% per distruggere chimicamente la matrice laterale dell'unghia. Il fenolo ha diverse proprietà che lo rendono "insostituibile": è antisettico, quindi evita la comparsa di infezioni e non rende necessaria la terapia antibiotica dopo l'intervento; è anestetico e quindi il post-operatorio non è doloroso; è cicatrizzante per cui dopo 2-4 settimane il dito è in genere guarito. É controindicato a chi ha disturbi circolatori gravi. Tra i vantaggi: produce ottimi risultati estetici, è scarsamente invalidante e dolorosa e ha ottime probabilità di successo definitivo (più del 95%). Inoltre è relativamente economica rispetto a trattamenti più invasivi e costosi quali la resezione chirurgica con il laser. Per questo trattamento è opportuno rivolgersi al dermatologo. *Prof. straor. Clinica Dermatologica, Univ. di Bologna ____________________________________________________ La Repubblica 26 mag. ’05 DENTI IPERTECNOLOGICI Tac, computer, laser per l'implantologia moderna di Annamaria Messa Un impianto come ormai si sa, è una vite, che fa da radice artificiale, inserita nell'osso mascellare o mandibolare al posto di uno o più denti mancanti. Con la tecnica tradizionale, "a lembo sollevato", s'incide la mucosa, si scolla il periostio, si vede l'osso, lo si fora, s'inserisce l'impianto e dopo i 4-6 mesi necessari per l'osteointegrazione (la vite si integra saldamente con l'osso) e la cicatrizzazione dei tessuti molli si fissa il dente definitivo. Più recente la tecnica "flapless", "senza lembo": "Perforando l'osso attraverso la mucosa, la vite s'inserisce senza tagliare né cucire, evitando edemi post operatori, gonfiori o dolori particolari ma vanno presi molti accorgimenti sia in fase di pianificazione (sulla base della tac Dental Skan si utilizzano planning digitali) che durante l'intervento", spiega l'odontoiatra romano Francesco Valente. La protesi definitiva si posiziona comunque qualche mese dopo. È una tecnica considerata "cieca" perché si opera senza conoscere con esattezza la situazione sotto la gengiva, il reale spessore dell'osso. Adesso con l'aiuto del Cad (Computer Aid Design), software usato in genere da ingegneri e architetti, il planning diventa più preciso perché sulla base della tac si ottiene il modellino grafico tridimensionale dell'osso del paziente con la guida "stereolitografica" (con varie sezioni di un mm ognuna) all'osteotomia, cioè al punto ottimale in cui il dentista deve forare l'osso e le angolazioni da dare alla fresa per evitare rischi di perforare punti "inviolabili". Non si va più tanto alla cieca quindi anche senza tagliare la gengiva. Il dentista procede agli impianti virtualmente, spedisce in e-mail il file al centro di produzione specifico dove un laser, in sinergia col computer, polimerizza una resina acrilica liquida in una serie di strati formando un oggetto tridimensionale con gli spazi per i cilindri guida in acciaio. Quando il modellino arriva allo studio del chirurgo è pronto per la pratica clinica. "Dopo una leggera anestesia si poggia questa guida in bocca al paziente e si può forare la mandibola o la mascella e infilare la vite", sottolinea Valente, uno dei nove tutor italiani (gli altri sono a Genova, Udine e Pescara, sempre in studi privati) che stanno seguendo gli studi di questo nuovo protocollo. Un limite della tecnica è nella differenza di misure tra la realtà e l'immagine fornita dal computer. "Un impianto è lungo in media 13 mm, largo 4 e deve stare a 2 mm di distanza dall'altro dente: in uno schermo a 17 pollici lo vediamo largo 20 centimetri...", commenta Valente, "In concreto però si ha una precisione submillimetrica, circa 0,8 mm". "Può andare bene la tecnica "senza lembo" se già c'è un'armonia tra dente e tessuti che riproduca l'effetto del sorriso naturale del paziente, altrimenti è meglio incidere la gengiva e ottenere un sicuro risultato estetico oltre che funzionale", precisa Arturo R. Hruska, il dentista che nel 1987 ha applicato per la prima volta al mondo capsule e ponti in titanio, antesignano a livello internazionale dagli anni '70 della tecnica con carico immediato dell'impianto. Hruska inserisce nella stessa seduta sia la vite che il dente definitivo. ____________________________________________________ Il Corriere della Sera 25 mag. ’05 DON VERZÉ: CON UN MICROCHIP VISITA A DISTANZA DEI PAZIENTI SAN RAFFAELE Un ospedale del futuro. Anzi, un teleospedale. Che monitora i pazienti a distanza. Senza più file davanti agli ambulatori per fare gli esami. E' questo l' ambiziosissimo progetto di sviluppo dell' ospedale San Raffaele. Un' iniziativa che ha anticipato ieri lo stesso don Luigi Verzé, fondatore del San Raffaele, durante la presentazione del nuovo corso di laurea in Consumi e Pubblicità dell' università Vita Salute. « Abbiamo individuato un' area di 50 ettari a venti chilometri da Verona - ha detto don Verzé - . Si tratterà di un ospedale diverso. Dedicato ai sani più che ai malati » . Il centro sarà specializzato nel monitoraggio a distanza dei pazienti. L' idea è di inserire microchip sottopelle ( in alternativa bracciali con microtrasmettitori) in grado di inviare a distanza all' ospedale informazioni sulla salute del paziente. Un' idea di monitoraggio costante da applicare, per esempio, nelle fasi postoperatorie o in caso di soggetti a rischio. Le evoluzioni dell' ingegneria biomedica, infatti, permettono già oggi ai diabetici di monitorare da soli il livello della glicemia. Mentre i cardiopatici possono farsi l' elettrocardiogramma nel salotto di casa. E inviare in tempo reale il risultato all' ospedale. Il teleospedale veronese voluto da don Verzé è un' esperienza di frontiera a cui il San Raffaele sta lavorando in collaborazione con il Mit di Boston. A oggi non esiste niente di simile in giro per il mondo. Le ruspe dovrebbero cominciare a scavare per porre le fondamenta del nuovo centro tra un paio d' anni. « Ma al progetto stiamo già lavorando - ha detto don Verzé - . In particolare, siamo alla ricerca dei ricercatori che si dovranno cimentare con questa nuova sfida » . Il monitoraggio sanitario a distanza oggi è utilizzato da cardiopatici e diabetici ma non dai malati di tumore. Ma domani le cose potrebbero cambiare: l' evoluzione della tecnologia applicata alla medicina apre ogni giorno nuove possibilità. Don Verzé, in particolare, sottolinea i vantaggi dell' ospedale a distanza per il controllo di chi non ha problemi di salute. Il microchip sottopelle, potrebbe dialogare, per esempio, con le etichette di nuova generazione applicate sui prodotti che si trovano al supermercato. E mettere in guardia il paziente a dieta che fa acquisti troppo calorici. O il celiaco che sta mettendo nel carrello un prodotto che contiene glutine. Si tratta di applicazioni futuristiche delle nuove tecnologie. Ma già oggi è evidente come, a fronte dei vantaggi per la salute del paziente, sia messa in discussione la privacy. « Certo, è un aspetto di cui tenere conto e da valutare con attenzione - dicono dal San Raffaele - . Va sottolineato, però, che già oggi il problema esiste. Gli ospedali sono comunque a conoscenza dei dati sensibili che riguardano la salute dei pazienti » . Un' area del centro sarà dedicata alla certificazione dei prodotti contenenti organismi geneticamente modificati. Querze' Rita ____________________________________________________ Le Scienze 27 mag. ’05 I COLORI FONDAMENTALI SONO UNIVERSALI Non è vero che ogni linguaggio determina arbitrariamente le categorie di colori Una ricerca pubblicata sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences" dimostra che, quando si tratta di dare nomi ai colori, le differenti culture partono dagli stessi colori di base. I risultati del World Color Survey indicano infatti che alcuni colori vengono percepiti all'interno di categorie universali, a prescindere dal linguaggio di chi li percepisce. Contrariamente ad alcune ipotesi secondo cui ogni linguaggio determina arbitrariamente le proprie categorie di colori, Paul Kay dell'Università della California di Berkeley e colleghi hanno scoperto che un piccolo numero di colori di base è universalmente presente in tutti i linguaggi. I risultati sono il frutto di un'analisi di oltre 100 società non industrializzate: i ricercatori hanno mostrato 330 gettoni colorati a una media di 24 persone per ciascuno di 110 linguaggi non scritti. Hanno chiesto a ogni osservatore di dare un nome ai colori e, su una tavolozza con tutti i gettoni, di indicare e dare un nome al gettone che rappresentava meglio ciascuno dei colori principali. I risultati mostrano che le risposte si concentravano attorno ai colori che anche nella lingua inglese vengono considerati i migliori esempi di "nero", "bianco", "rosso", "giallo", "verde" e "blu". I ricercatori hanno scoperto che queste categorie di colori si mantengono molto stabili da un linguaggio all'altro. Paul Kay, Terry Regier, Richard S. Cook, "Focal colors are universal after all". Proceedings of the National Academy of Sciences (2005). ____________________________________________________ Le Scienze 27 mag. ’05 IN DUBBIO I BENEFICI DELL'ASPIRINA PER GLI ULTRASETTANTENNI Pubblicato un modello epidemiologico dell'uso di aspirina da parte degli anziani Gli effetti benefici della somministrazione di basse dosi di aspirina a persone in salute oltre i settant'anni per prevenire le malattie cardiache sono controbilanciati da un aumento dei casi di gravi emorragie: lo sostengono alcuni ricercatori in uno studio pubblicato online sulla rivista "British Medical Journal". Usando un modello epidemiologico, Mark Nelson dell'Università della Tasmania e colleghi hanno simulato gli effetti a vasto raggio dell'uso abitudinario di aspirina in una popolazione di 20.000 uomini e donne, fra i 70 e i 74 anni di età, senza malattie cardiovascolari. Il modello suggerisce che qualsiasi beneficio ottenuto dall'uso dell'aspirina (in particolare, la prevenzione degli attacchi cardiaci) viene controbilanciato da un incremento dei casi di emorragie gravi. Le cifre indicano anche che l'equilibrio complessivo fra effetti benefici e dannosi può facilmente pendere da una parte o dall'altra. Pertanto, non sarebbe il caso di somministrare alla cieca aspirina in basse dosi agli anziani. Secondo gli autori dello studio, i risultati suggeriscono la necessità di un trial clinico che stabilisca i reali effetti benefici o dannosi dell'aspirina negli ultrasettantenni, e sottolineano l'importanza di un trattamento preventivo mirato per coloro che hanno maggiori probabilità di trarne vantaggio. Mark R. Nelson, Danny Liew, Melanie Bertram, Theo Vos, "Epidemiological modelling of routine use of low dose aspirin for the primary prevention of coronary heart disease and stroke in those aged 70". BMJ, doi:10.1136/bmj.38456.676806.8F (20 maggio 2005).