PROMOSSA A PIENI VOTI LA RIFORMA UNIVERSITARIA - SE LA RIFORMA È IMPOSSIBILE ALLORA AUTORIFORMA - CHI NEGA L’UNIVERSITà - LAUREA BREVE? NO, MEGLIO LA LUNGA - SCIENZA, È CRISI DI VOCAZIONI - CARTA RICERCATORI OK DEGLI ATENEI - L'AUTOGOL DEL MINISTRO MORATTI - DALL'ANNO PROSSIMO ALLA SAPIENZA NASCE IL PART-TIME - UNIVERSITÀ, CONCORSO IN FAMIGLIA - SARDEGNA, PATTO CON L'UNIVERSITÀ - CON 11MILA EURO PER STUDENTE SASSARI È TRA LE RICCHE D'ITALIA - RICERCA SCIENTIFICA ALLA FAME A CAGLIARI I FONDI CALANO DELL'80% - STA NASCENDO IL LODO MISTRETTA PER RINVIARE LE ELEZIONI AL 2006 - «GIÙ LE MANI DALLO STATUTO» CICLONE MISTRETTA ALL'UNIVERSITÀ - NASCE UN CONSORZIO PER LA TELEMATICA - GIUNTA, GARA D'APPALTO PER L'INFORMAZIONE DIGITALE - E LE CHIAMANO UNIVERSITÀ: MA ALLORA DIO NON È SARDO” - LA SCIENZA TRUCCATA - ATENEI, LA RISORSA DEI PRIVATI - UNIVERSITÀ, SERVONO VOUCHER PER TROVARE LAVORO - TELELAUREATI IN TURISMO - ======================================================= ATENEI, PARTONO I QUIZ PER L'ISCRIZIONE - LAUREE: ECCO LE DATE D’ESAME ODONTOIATRIA «SPERIMENTALE» - GRADUATORIA NAZIONALE: TREMANO MEDICINA E VETERINARIA - STUDI IN CITTÀ? NON FARAI L'ODONTOIATRA - TROPPI CORSI A NUMERO CHIUSO, STUDENTI IN RIVOLTA - STUDENTI DI MEDICINA, FORMAZIONE IN CORSIA - PARCHEGGIO CON MULTA AL POLICLINICO DI MONSERRATO - CLINICA PEDIATRICA, LA FURIA PINTOR - ARRIVA A TORINO LA NUOVA CHIRURGIA PER COMBATTERE I TUMORI GASTRICI - CANCRO, ECCO I «MARCATORI-SPIA» - LOTTA AI TUMORI CELLULA PER CELLULA - ECCO PERCHÉ I FARAONI NON RIDEVANO MAI: AVEVANO DENTI CARIATI" - NON ESISTE UN LIVELLO "SICURO" DI RADIAZIONI - ======================================================= ______________________________________________ La Stampa 03 lug. ’05 PROMOSSA A PIENI VOTI LA RIFORMA UNIVERSITARIA Crescono i laureati in corso, si abbassa l'età media e la durata degli studi Risultati positivi per la riforma universitaria. Sono quelli che emergono dalla consueta indagine sui laureati italiani svolta da Almalaurea (www.almalaurea.it) incentrata, nell'edizione più recente,: sui laureati del 2004. Un campo d'indagine più ampio (35 atenei -rispetto ai 27 dello scorso anno) restituisce dati, molto fedeli rispetto al complesso dei laureati italiani, scorporando anche i laureati del vecchio ordinamento da quelli post riforma. Rimane la divisione tra studenti-studenti (che si dedicano a tempo pieno agli studi, il 23,3°lo dei laureati 2004), studenti-lavoratori (che svolgono lavori occasionali, e sono la maggioranza dei laureati, 68,2%), lavoratori-studenti (che in concomitanza con lo studio hanno anche un lavoro continuativo e sono più del 7°lo dei laureati). T dati che emergono dall'analisi di Almalaurea sono confortanti: sale per esempio la percentuale totale dei laureati in corso, passati dal 10% circa del periodo 1898-2001 al 24,9% del 2003 fino al 32,5% del 2004. 5i sono laureati in corso circa il 60% degli afferenti al gruppo medico e il 46% del gruppo psicologico, entrambi "primi della classe", mentre all'estremo opposto si collocano architetti e studenti del gruppo giuridico, rispettivamente con 18,6 e 15,4 laureati in corso su cento. L'età media del laureato si abbassa da 28 a 27,6 anni. Inoltre, anche la durata ufficiale dei corsi, per effetto delle lauree triennali, ha subito una riduzione di 0,6 anni, passando da 4,4 a 3,9. Il carica di studio imposto dai corsi à stato giudicato "sostenibile" dalla stragrande maggioranza- (87,7%) del campione, Soddisfacenti i rapporti con i docenti (80,9%) e la valutazione delle biblioteche (80,8%), mentre aule e postazioni informatiche, non incontrano grandi apprezzamenti: le prime sono giudicate inadeguate dal 32,5% del campione, le seconde sono "numericamente insufficienti" per il 55,6%. Con la riforma, cresce anche la domanda di formazione post-laurea: se fra i laureati del vecchio ordinamento l'intenzione di proseguire gli studi riguarda il 54%, la percentuale sale al 76% fra i laureati di primo livello. Una richiesta di formazione "allargata" che si legge chiaramente anche nell'aumentata percentuale di studenti coinvolti in stage e tirocini: il 60% dei laureati di primo livello contro il 20% dei pre-riforma. Si contraggono però, fra i laureati di primo livello, le esperienze di studio all'estero, che sono state svolte dal 13,3% dei laureati del vecchia ordinamento e solo dai 7% di laureati post-riforma. Da quali studi superiori provengono i neolaureati italiani? La maturità scientifica à il diploma più diffuso (36,9% dei laureati), seguito da quella tecnica {26,1%} e da quella classica (16,6%). I risultati delle ragazze sembrano superiori a quelli dei loro colleghi maschi per quanto riguarda la votazione negli esami (una media di 26,6 contro 25,7), il voto di laurea (104,3 contro 101,1), la durata degli studi (qui la differenza é meno sensibile, due anni per le ragazze contro i 2,1 dei ragazzi). Questo scarto si riduce considerando soprattutto che c'è una maggiore presenza di studentesse nei corsi di laurea caratterizzati da votazioni mediamente più ' alte, come quelli del gruppo letterario, linguistico, psicologico e anche medico, Le laureate continuano a rimanere minoritarie nei campi agrario, scientifico e ingegneristico. Infine, una piccola curiosità: circa tre quarti dei laureati (il 74% dei pre- riforma e il 78% dei laureati di primo livello) sono i primi "dottori" della loro famiglia (e sono spesso lavoratori-studenti). Dal gruppo medico post riforma (che comprende anche infermieri e altri professionisti del settore sanitario) provengono la maggioranza dei "primi laureati": solo il 9% ha infatti almeno un genitore laureato. AL contrario, i medici del vecchio ordinamento vantano la più alta percentuale (45%) di genitori laureati. La famiglia di provenienza sembra rivestire una certa importanza anche per quanto riguarda la riuscita degli studi: il voto di laurea medio scende dal 104,4 di chi ha entrambi i genitori laureati fino al 102,7 di chi proviene da famiglie con titoli inferiori. MIUR ___________________________________________________ Il Riformista 6-07-2005 CARI COLLEGHI, SE LA RIFORMA È IMPOSSIBILE ALLORA RIPROVIAMOCI CON L'AUTORIFORMA UNIVERSITÀ. AL SEMINARIO DEI «DODICI» Si è svolto ieri a Roma, il seminario "L'Università che vorremmo", organizzato dai dodici firmatari dell'appello per "Ridare voce all'Università"; lanciato tre mesi fa sul Riformista e sul sito della Fondazione Magna Carta (www.magna- carta.it). In quella sede Nicola Rossi ha rilanciato la proposta di autoriforma» delle istituzioni universitarie. Forse è il caso di accettare le cose per quelle che sona Almeno per il momento una riforma logicamente coerente e realmente incisiva dell'università non è a portata di mano. Ci hanno provato la sinistra prima e la destra dopo. Ci hanno messo le mani personaggi di indiscussa buona fede e di provata capacità. In tutti i casi la forza delle corporazioni e degli interessi particolari e la logica del passato hanno finito per avere la meglio Lasciamo quindi che l’univesità, per quella che è oggi, segua la sua strada E proviamo ad aprire una strada diversa: quella dell'autoriforma. Proviamo a immaginare che, entro una data prefissata, le università (pubbliche o private) che, nel rispetto delle loro attuali procedure statutarie, lo decidessero possano trasformarsi in Fondazioni universitarie e godere della più completa autonomia finanziaria,gestionale, didattica e scientifica. Esse, e solo esse, sarebbero libere di assumere il personale docente e non docente con contratti di diritto privato sottoposti solo al vincolo della legge, di organizzare l'intera struttura della didattica (dai corsi di laurea di 1o livello ai dottorati di ricerca), di stabilire le norme per l'ammissione: degli studenti e di fissare le tasse di frequenza, di provvedere in piena autonomia ai servizi connessi (dalle mense agli alloggi per gli studenti o per i docenti), di acquisire risorse da destinare esclusivamente alle attività statutarie della Fondazione. Contestualmente, nel bilancio dello Stato verrebbe creato un "Fondo per le Università autonome" costituito dai trasferimenti già in essere verso le università che avessero optato per la trasformazione e aumentato di una significativa percentuale. Il fondo verrebbe ripartito in due distinti capitoli. II rapitolo della ricerca verrebbe allocato inizialmente secondo le quote di allocazione preesistenti e successivamente sulla base di una rigorosa valutazione dei risultati scientifici a livello di singolo Dipartimento, effettuata, almeno inizialmente, anche con l'ausilio di docenti stranieri. II capitolo della didattica verrebbe, invece, interamente utilizzato per il finanziamento di un massiccio programma di borse di studio (inclusive del pagamento delle tasse di frequenza) riservato agli studenti capaci e meritevoli e privi di mezzi che vogliano iscriversi alle università che avessero optato per la trasformazione in Fondazioni autonome. AL personale docente e non docente in servizio presso l'università che avesse optato per la trasformazione e che preferisse conservare lo status precedente verrebbe data la possibilità di trasferirsi - entro un congruo periodo di tempo - in altra università che non avesse optato per la trasformazione o, se del caso, in altro impiego pubblico. Le università che non optassero per la trasformazione permarrebbero nella loro situazione - giuridica, finanziaria, gestionale, didattica e scientifica - attuale. Come si vede, nessuno sarebbe costretto a essere "autonomo" ma sarebbero le singole università a deciderlo. Gli oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato - che sarebbe qualitativamente più che quantitativamente modificato - sarebbero con ogni probabilità molto modesti Qualora alcune coraggiose università decidessero di spingersi sulla via della vera e totale autonomia, in un tempo relativamente breve si introdurrebbero germi di concorrenza tra gli atenei, offrendo - tra l'altro - al paese una semplice possibilità di valutare l'entità e la distribuzione degli oneri impliciti nella situazione attuale. Inutile dire che sarebbe necessario studiare disposizioni transitorie sia per quanto riguarda il personale che non optasse per il nuovo regime privatistico, sia per le diverse poste del bilancio sia, infine, per il passaggio ai nuovi atenei- fondazione dei compiti relativi al diritto allo studio (in particolare mense e alloggi) oggi facenti capo alle Regioni. E' appena il caso di aggiungere che l'abolizione del cosiddetto valore legale del titolo di studio costituirebbe una precondizione di questa riforma Visto che Maometto sembra piuttosto riluttante all'idea di andare alla montagna, chissà che prima o poi non accada il contrario. _______________________________________________ La Rinascita 08-07-2005 CHI NEGA L’UNIVERSITà GOVERNO Berlusconi tra dirigismo e demagogia Le classi dirigenti italiane e la politica hanno accumulato nel ternpo (si può dire dall'unità in poi) una serie lunghissima di colpe storiche nei confronti dell'università, della ricerca e del sistema formativo nazionale. Ma il governo Berlusconi rischia di battere ogni record mescolando tendenze dirigistiche a mosse demagogiche, interessi contrari al carattere pubblico di scuola ed università ad improvvisazioni, conclamato rigore a veri e propri sbracamenti ed ope legis di funesta memoria. Il progetto sullo stato giuridico della docenza universitaria, recentemente volalo, malgrado le proteste di tutto il mondo universitario - dalla maggioranza di centro-destra alla Camera ed ora passato al Senato (dove si vogliono forzare i tempi della sua approvazione) - ne è l'ultima dimostrazione. II testo contiene tali incongruenze da mettere d'accordo tutti nel respingerlo (tranne,s'intende la maggioranza parlamentare). Non c'è un solo punto, infatti, del disegno di legge che veda rettori, senati accademici, presidi di facoltà, docenti e ricercatori "in sintonia con la Moratti". Negli atenei (sessanta su settantasette si sono già pronunciati con alti formali) non c'è accordo con il ministro né sulle modalità di selezione dei ricercatori, né sullo svolgimento dei concorsi, né sul sistema di valutazione, e meno che meno sulla istituzione del cosiddetto "professore aggregato" (una nuova figura di docente declassato e senza ruolo da attribuire in modo stravagante ai più diversi soggetti). Se la legge venisse approvata arrecherebbe un altro colpo durissimo all'università italiana minandone definitivamente la qualità, i criteri selettivi, il carattere di massa, unitario e pubblico ed allo stesso tempo le condizioni di una reale autonomia. Resterebbero le attuali caratteristiche di lungo precariato per l'accesso alla carriera universitaria e, di converso, per gli effetti combinati dell'ope legis e la mancanza di risorse, la preclusione al reclutamento di giovani energie e quindi a qualsiasi possibilità di rinnovamento degli atenei. Non può esserci nessun compromesso con un simile pasticcio. I comunisti, come hanno fatto efficacemente alla Camera facendo passare significativi emendamenti soppressivi, si batteranno anche al Senato perché il disegno di legge venga accantonato e si riapra un confronto serio sui problemi dell'università c della ricerca. Che sono tanti ma che riguardano prima di tutto la quantità e la destinazione delle risorse. Nell'immediato, quindi, oltre ad impedire al governo di provocare altri guasti, occorre impegnarsi perché sia attribuita con legge al sistema dell'università e della ricerca una quota, con valori europei, di fondi in proporzione al Pil ed una quota aggiuntiva per il reclutamento dei docenti e dei ricercatori pubblici, per contrastare ed eliminare progressivamente il fenomeno aberrante del precariato e per rendere effettivo (e non soggetto alla differente ricchezza delle regioni) il diritto allo studio. Ma è necessario sin da ora guardare alla prossima legislatura e formulare un programma di governo del centro-sinistra in cui alla università, alla ricerca, al sistema formativo si dia finalmente tutto il peso che la situazione del Paese richiede. Mai come oggi le sue sorti sono state legate al suo livello culturale, allo sviluppo della ricerca di base, alle sue capacità di innovazione. Ripetere gli errori del passata significherebbe segnarne la definitiva decadenza. ________________________________________________ Italia Oggi 07/07/2005 LAUREA BREVE? NO, MEGLIO LA LUNGA DI ALESSANDRA RICCI Laurea triennale? No, grazie. Un'impresa che deve assumere laureati preferisce ancora pescare nel bacino delle cosiddette lauree specialistiche o lunghe. Chi dunque è in procinto di scegliere il percorso universitario da intraprendere non si faccia illusioni. La laurea breve paga solo nel 16,8% dei casi. Ma se ci si accontenta di un posto da diplomato, allora il titolo conta e molto: le imprese sano disposte ad accettarlo come specializzazione post diploma. Considerazione non da poco, visto che i diplomati restano i più gettonati (+10%) sul mercato del lavoro. Sono le rilevazioni contenute nel report «Excelsior» 2005 che ha stimato il fabbisogno formativo e i tassi di occupazione per le aziende. Il rapporto è stato stilato da Unioncamere, l'unione italiana delle camere di commercio, d'intesa con il ministero del lavoro. Per Vanno in corso si dovrebbe registrare dunque un andamento ancora positivo dell'occupazione, nonostante l'economia che va male. Alla fine di quest'anno il saldo attivo é atteso per altre 92 mila posti, dato dalla differenza tra le 647.740 entrate e le 555.260 uscite. Rispetto a un 2004 con f1,3% di crescita, quest'anno bisognerà accontentarsi di un tasso di crescita dello 0,9%. È un piccola miracolo, comunque, «un piccalo miracolo italiano», ha detto il ministra del welfare Roberto Maroni, «se consideriamo l'andamento dell'economia per i primi tre mesi del 2005. In tutti i paesi europei, l'andamento dell’occupazione è invece direttamente proporzionale al pil». Ma se in Italia si continua ad assumere é tutto merito delle pini, capaci di assorbire anche i segni negativi della grande industria. I posti in più sono creati in larga misura dalle piccolissime aziende, ossia quelle con meno di dieci dipendenti, che fanno registrare il +2,8% (nel 2004 era però il 4%), seguite dalle imprese di medie dimensioni (+0,7%). Continua l'emorragia di posti nelle realtà con più di 250 dipendenti: la perdita è raddoppiata, salendo dallo 0,2 allo Q,4°lo. A trainare l'occupazione resta il settore dell'edilizia (+26.400 occupati), seguita dal commercia e dal turismo. «Le piccole e medie imprese continua no a svolgere un ruolo sociale che merita rispetto e attenzione», ha commentata il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli, che ha evidenziato il valore aggiunto delle imprese più innovative e stabilmente presenti sui mercati internazionali. Anche per il2005, come negli anni precedenti, la crescita più elevata dell'occupazione è attesa dalle imprese del Mezzogiorno (+1,7%), seguito quest'anno dal Centro (+1%? che supera, anche se di poco, il Nordest (+0,8%). La crescita più contenuta è invece del Nordovest (+0,4%). Sul podio, per nuovi posti, Lombardia, Campania e Lazio, regioni che da sole produrranno oltre 30 mila nuovi posti di lavoro. I lavoratori con più appeal sono i diplomati, soprattutto quelli specializzati. Nel 2005 le assunzioni di diplomati dovrebbero riguardare infatti 19 mila unità in più rispetto alle 199 mila del 2004. In prima fila i tecnici e in generale gli impiegati con elevata specializzazione. Le assunzioni, in questo caso, saranno a tempo indeterminato per sei lavoratori su dieci (il 61,9% del totale, rispetto a 66,2% dell'anno precedente). In discesa, invece, una categoria storica del mondo del lavoro: gli operai specializzati, che dovrebbero perdere altre 23 mila unità, passando da 159 mila a 135 mila. In crescita, anche se modesta, la richiesta di laureati, che passeranno dall'8,4% dell'occupazione all'8,8%. E per la prima volta è stato possibile anche pesare il ruolo delle lauree triennali, che perdono la partita nel confronto con il percorso tradizionale della laurea quinquennale. È quest'ultimo titolo infatti a riscontrare i maggiori favori degli imprenditori: è richiesto per coprire quasi il 58% dei posti da laureato disponibili. La laurea breve concentra invece il 16,8% della domanda di laureati. C'è poi un 25% di pasti per i quali i due tipi di laurea sono indifferenti. Tra le motivazioni che spingono a preferire la laurea specialistica, riferisce Unioncamere, le maggiori certezze che si hanno circa il contenuto formativo. Insomma, c'è poca conoscenza sui livelli di formazione che ci sono dietro a una laurea di soli tre anni. Il titolo breve può invece essere utilmente speso quando il posto é per diplomati: in quel caso può anche servire a compensare l’esperienza o la specializzazione che non si ha e che è invece richiesta. Le lauree più richieste continuano a essere quelle degli indirizzi economico- commerciali, seguite dall'indirizzo di ingegneria elettronica ed elettrotecnica, che supera il gruppo sanitario e paramedica. Alle spalle dell'ingegneria spuntano però, a sorpresa, le lauree umanistiche. Sul fronte della tipologia dei diplomi è in calo l’appeal dell'indirizzo amministrativo e commerciale, mentre riscuotono più successo i percorsi propriamente tecnici, come quello meccanico, turistico-alberghiero e agrario- alimentare. Dal rapporto dell'unione delle camere di commercio emerge inoltre che la lamentata difficoltà di reperimento delle professionalità necessarie è sempre consistente, ma meno che in passato: passa al32,2% contro il 36,8%d dell'anno prima. In calo anche la richiesta di extracomunitari: quest'anno le aziende prevedono di assumere al massimo 183 mila lavoratori non proveniente dall'area dell'euro, pari al 28,2% del totale delle assunzioni. Erano oltre 195 mila nel 2004. (riproduzione riservata) ______________________________________________ Il Sole24Ore 07 lug. ’05 SCIENZA, È CRISI DI VOCAZIONI La ricerca è apprezzata dai giovani, ma negli ultimi 15 anni le iscrizioni sono progressivamente calate La ricerca scientifica gode di ottima fama ma di pessima salute tra i giovani: è questa la stridente contraddizione che emerge confrontando i dati di una recente indagine dell'Inps sul valore che i giovani attribuiscono alla ricerca e i dati delle iscrizioni universitarie. La figura del ricercatore è infatti considerata la più utile alla società ed è al primo posto per le ragazze, al secondo - dopo l'imprenditore - per i giovani. Ma gli stessi ragazzi, da tempo, non intendono dedicare alle materie scientifiche le loro energie. In altri termini, la scienza è una cosa nobile e bella, ma è meglio starne lontani. Le iscrizioni. A colpire l'arca delle cosiddette scienze "pure" (fisica, chimica, matematica) è di fatto una vera emorragia: dal 1989 al 2004 gli studenti di fisica sono calati da 3.216 a 1.989, quelli di matematica da 4.396 a 1.880, e quelli di chimica da 2.274 a 1.931. I dati - non definitivi - dell'anno in corso segnano una discreta ripresa della chimica (2.347) e della fisica (2.235), ma non della matematica (1.850): i numeri assoluti, comunque, restano piccoli. Il «Sole-24 Ore» intende analizzare questo preoccupante fenomeno, che va di pari passo con la scarsità degli investimenti italiani in ricerca. Una combinazione micidiale che rischia di pregiudicare irrimediabilmente il futuro del Paese. In verità, l'abbandono degli studi scientifici non è un problema solo italiano: il fenomeno ha una dimensione internazionale, riguarda un po' tutti i Paesi ricchi dell'Occidente (non certo la Cina, né il Giappone né l'India), e penalizza soprattutto l'Europa. Le iniziative promosse da Bruxelles per contrastare il problema hanno incontrato finora scarso successo, mentre maggior fortuna hanno avuto le politiche di sensibilizzazione intraprese nei Paesi anglosassoni e scandinavi. A dare un'idea della gravità del problema basta un solo dato: l'India, da sola, produce più laureati in discipline scientifiche di tutto il Vecchio continente. Gli atenei italiani, però, si stanno attrezzando e per il prossimo anno accademico sono pronti ad adottare speciali incentivi, grazie a 3 milioni di curo stanziati dal Miur. Le 43 facoltà scientifiche italiane premieranno in vario modo i loro immatricolati: l'Università di Bari, per esempio, ha già deliberato di esentare dalle tasse chi si iscriverà a matematica, fisica o chimica. L'interesse femminile. I giovani italiani sanno che ricchezza e benessere di uno Stato dipendono dalla forza del suo apparato di ricerca, ma sono evidentemente scoraggiati. Da che cosa? La difficoltà degli studi ha certamente un suo peso, ma non rappresenta una novità: anzi, un'idea "elitaria" delle facoltà scientifiche è sempre esistita. E poi c'è un dato che sembra ridimensionare questo aspetto, e che riguarda la crescente presenza di donne: «Le ragazze costituiscono oggi il 30% circa degli immatricolati. In questo buio panorama è l'unico dato positivo; per di più in controtendenza con il resto d'Europa», precisa Sveva Avveduto, che ha curato la ricerca svolta dall'Irpps per conto del Cnr. Le ragioni della crisi. Sul calo delle iscrizioni grava piuttosto la convinzione che il lavoro del ricercatore sia diventato ad alto rischio e poco remunerativo. I giovani sentono dire ovunque che il mondo della ricerca è statico, sottodimensionato, poco e mal finanziato, che il lavoro del ricercatore è precario, che per far carriera si deve andare lontano. È vero, oggi la situazione è critica, i grandi enti scientifici non assumono quasi più, mentre gran parte delle imprese italiane non sa purtroppo che farsene - diciamo la verità - di giovani laureati nelle tre materie scientifiche per eccellenza, per quanto ben preparati e magari provvisti anche di Phd (dottorato di ricerca). Gli incentivi. Ma le cose devono cambiare, per forza. Potrebbero cambiare già sulla scia di provvedimenti che proprio in questi giorni sono presentati dal Governo (borsa del lavoro) e da Confindustria (proposte di integrazione università-azienda). Senza trascurare che le opportunità, a ben vedere, cominciano a moltiplicarsi: i palazzi della finanza di Londra, New York, Parigi, Ginevra corteggiano fisici e matematici. ______________________________________________ Italia Oggi lug. ’05 CARTA RICERCATORI OK DEGLI ATENEI L'adozione formale ieri in un convegno della Crui È l'Italia il primo paese europeo di datarsi di uno «statuto» dei ricercatori. Gli atenei italiani hanno infatti adottato formalmente, ieri, la Carta europea dei ricercatori e il Codice di condotta per la loro assunzione, durante un convegno organizzato dall'università di Camerino e dalla Crui (la Conferenza dei rettori delle università italiane). Il sistema universitario italiano si impegna cosi a recepire e dare attuazione ai principi contenuti nella raccomandazione della Ce 20051251 che imposta le linee guida per regolamentare, in una prospettiva europea, i rapporti fra ricercatori e loro datori di lavoro in una logica -di responsabilità e trasparenza. «P paradossalmente tempestivo che oggi», ha affermato Fulvio Esposito, rettore dell'università di Camerino, «nel momento in cui l'idea europea sembra vacillare, dal mondo dell'università e della ricerca giunga un segnale forte, espresso nella volontà di darsi un sistema di regole comuni per i ricercatori europei». Il presidente della Crui, Piero Tosi, ha poi sottolineato come «l'incremento quantitativo e qualitativo delle risorse umane coinvolte nella ricerca costituisce il motore fondamentale per il rafforzamento dell'economia dell'Unione europea e della sua competitività a livello mondiale». Malto soddisfatta dell'iniziativa italiana anche il commissario europea Janez Patocnik: «In questo momento l'Europa deve affrontare una crescita economica che garantisca coesione sociale e sviluppa ecosostenibile. Per attenere questo», ha aggiunto, <.si deve puntare necessariamente sullo sviluppo della società della conoscenza, investendo in 1`ormàzione, ricerca e innovazione». Sempre ieri, la Crui ha chiesto al ministro dell'università Letizia Moratti, modifiche sostanziali al disegno di legge sullo stato giuridica della docenza universitaria. Il comitato di presidenza della- Crui ha illustrato al ministro il documenta approvato dall'assemblea generale il 23 giugno scorso e fatta pro. priu dai senati accademici e dai consigli di amministrazione di 65 atenei. Il presidente della Conferenza dei rettori, Piero Tosi, ha ribadito al ministro il giudizio «radicalmente negativo» delle università sul testo dei disegna di legge licenziato dalla carnera, E attualmente all'esame del senato, e ha poi illustrato le principali richieste contenute nel documento. ______________________________________________ Corriere della Sera 08 lug. ’05 L'AUTOGOL DEL MINISTRO MORATTI Un bel colpo, quello riuscito al ministro dell'Università, Letizia Morali. Ha messo d'accordo tutti o quasi tutti i rettori, i docenti e i partiti italiani nella critica alla sua riforma. La vicenda dello stato giuridico dei docenti non poteva non creare problemi. La materia è incandescente. 1 sistemi di reclutamento sono l'anima di qualunque principio di cambiamento del sistema. La vera architrave delle trasformazioni. Quel che sembra mettere d'accordo tutti è innanzitutto la questione dei concorsi: serve un concorso nazionale, quale unico modo per uscire dall'area delle pressioni del locale.. Infine, l'altra questione bollente è il reclutamento dei ricercatori, l'introduzione di contratti a scadenza e la possibilità di verificarne le competenze strada facendo. Ora, al di là di quel ché si pensa, c'è un valore che sovrasta tutto: ed è quello che per ogni cambiamento di vasta portata è indispensabile l'apporto e il consenso di tutti. O quantomeno della stragrande maggioranza degli operatori e dei responsabili della gestione concreta, vale a dire i rettori. Averli messi d'accordo tutti è un bel colpo. Ma contro la riforma è un autogol. ______________________________________________ La Stampa 03 lug. ’05 DALL'ANNO PROSSIMO ALLA SAPIENZA NASCE IL PART-TIME Dal prossimo anno accademico, alla Sapienza di Roma partirà l'opzione part-time. Gli studenti con problemi di tempo, che abbiano presentato domanda entro il 31 maggio u.s., potranno usufruire di questa nuova opportunità, concordando in sede d'iscrizione un percorso formativo più diluito nel tempo, con agevolazioni nel pagamento delle tasse. Gli studenti possono optare per il part-time anche successivamente all'immatricolazione, mettendosi `in regola" entro il 31 maggio di ogni anno. Anche gli studenti provenienti da altri Atenei possono usufruire di questa opportunità. Il Regolamento impone agli studenti part-time un percorso formativo con un numero di crediti per ogni anno non superiore a 40 e non inferiore a 20. L'opzione formulata per la scelta del regime di part-time (la domanda può essere inoltrata una sola volta) non modifica la durata legale del- corso per il riscatto degli anni ai fini pensionistici. Sui certificati verranno, quindi, indicate la durata legale del corso, valida ai fini giuridici, e la durata concordata del corso, che riguarda l'organizzazione didattica del corso stesso. Gli "sconti" variano a seconda della laurea prescelta Infatti, per i corsi di laurea di 1 livello le tasse che lo studente pagherà sono pari, per i primi due anni, al 90% del dovuto, mentre per il terzo anno scendono all'80% e al 60% per gli anni successivi. Stesso discorso per le lauree specialistiche, ma in questo caso il 90% delle tasse sarà pagato dallo studente per il primo anno, nel secondo si scenderà all'80% e da li in avanti al 60%. Primo triennio al 90%, triennio successivo all'80% e poi 60% per gli iscritti alle lauree specialistiche a ciclo unico. In caso di fuori corso rispetto alla durata concordata, lo studente dovrà versare le tasse nella misura ordinaria dovuta. ______________________________________________ L’Unità 03 lug. ’05 l’Unità UNIVERSITÀ, CONCORSO IN FAMIGLIA WANDA MARRA Commissioni di concorso selezionate solo sulla base di chi deve vincere, figli di professori che finiscono in cattedra, ma anche espulsione di chi non rientra in un ristretto gruppo di potere: sotto la lente di ingrandimento, il caso di Economia ed Estimo rurale (Agraria). Un gruppo ristretto di persone ne gestisce completamente le sorti, manipolando i concorsi universitari. È una storia che viene da lontano, e sulla quale oggi esiste un'inchiesta della Procura di Firenze, con otto indagati e perquisiti dalla Guardia di Finanza. L'accusa è associazione a delinquere per abuso d'ufficio nelle selezioni dei componenti delle Commissioni dei concorsi per ricercatori e professori. Concorsi truccati, insomma, posti assegnati non in base a criteri meritocratici, ma clientelari. Tutto parte da una serie di esposti presentati a varie Procure da Quirino Paris, docente di Economia agricola alla Università di California, che finiscono a Milano sul tavolo del Pm Pradella e a Firenze su quello del sostituto Pappalardo. A un certo punto le inchieste si incrociano e la Pradella decide di trasmettere gli atti a Firenze. La Guardia di Finanza fiorentina indaga a partire dal concorso per un posto di ricercatore di Economia Agraria, nella Facoltà di Medicina dell'Università di Firenze, vinto nel 2002 da Nicola Marinelli, figlio del Rettore, Augusto Marinelli. Tra gli otto indagati c'è Mario Prestamburgo. ordinario di Economia Agraria a Trieste, ex deputato dell'Ulivo, Sottosegretario al ministero per le Risorse agricole del governo Dini e Presidente della Società italiana di Economia agraria (Sidea), che Paris accusa di condizionare le votazioni delle commissioni per i concorsi per ricercatori e professori e peri giudizi di conferma. Da questa accusa Prestamburgo, comunque, più volte si è difeso dicendo che come presidente della Sidea era suo compito dare indicazioni di voto per i commissari d'esame. Rispetto al periodo più recente, ha dichiarato che dal 1999 al 2003 sono stati organizzati 142 concorsi con un solo ricorso. E ha liquidato le denunce di Paris come legate solo al fatto che 30 anni fa fu bocciato a un concorso. Prestamburgo nel 2002 e nel 2003 è il più presente nelle Commissioni di valutazione e di conferma: solo in questo periodo ne ha fatto parte ben 8 volte. Ma in quegli stessi anni, molti altri nomi ricorrono nelle commissioni: Salvatore Tudisca, il Preside di Agraria a Palermo, è commissario 7 volte, Dario Casati, Giuseppe De Meo, Lorenzo Idda e Augusto Marinelli (il Rettore di Firenze di cui abbiamo parlato sopra) lo sono 6, Leonardo Casini, Francesco Bellia, Giuseppe Chironi, Carmelo Sturiale, 5, Gian Gaspare Fardella, Antonio Guariglia, Carlo Cupo, Antonino Bacarella 4. Questi dati si trovano nella documentazione trasmessa da Paris al presidente del Cun, Luigi Labruna, nel 2004 per denunciare il fatto che nelle commissioni concorsuali di Economia agraria apparissero sempre gli stessi docenti. Dopo questa denuncia il Cun ha modificato radicalmente le modalità di definizione delle commissioni di conferma e quei nomi li troveremo in altre vicende, a partire da una di 14 anni fa. Maria Giuseppina Eboli, tuttora ricercatrice nella Facoltà di Economia della Sapienza di Roma, partecipa nel 1991 a un concorso nazionale del raggruppamento Economico - estimativo, per 36 associati. Nonostante avesse titoli superiori a quelli di molti vincitori, non viene neanche ammessa all'orale. In commissione, ci sono Prestamburgo, Cantarelli, Cassano, Cupo, Ronco, Segale, Sturiale, Tudisca e Volpi. La Eboli non accetta il giudizio e fa ricorso al Tar, nonostante venga sconsigliata da tutti (perché è una di quelle cose che in ambiente accademico non si fa). Nel ricorso - presentato nel marzo 1992-tra i motivi di invalidità eccepiti c'è la presenza in commissione del professor Cassano, che aveva già partecipato al concorso del 1986 (la legge vietava che un professore potesse essere commissario in due concorsi di seguito della stessa disciplina). Il ricorso arriva a sentenza il 19 maggio del 1999. Il Tar riconosce fondato il rilievo relativo alla presenza in commissione di Cassano, e dà ragione alla Eboli. Tutti, sia il Murst, che i vincitori di quel concorso, fanno appello davanti al Consiglio di Stato, sostenendo che i concorsi dell'86 e quello del '91 erano per due ambiti disciplinari diversi. La sentenza del 17 dicembre 2004 è interlocutoria. Il collegio giudicante richiede al Murst una documentata relazione proprio su questo punto: infatti la differenza tra le discipline sembra nominativa, non sostanziale. L'udienza viene fissata al 30 maggio scorso, ma il Ministero presenta la documentazione richiesta proprio il giorno della sentenza, e cosi tutto è ancora in sospeso. Prendiamo un altro caso emblematico, quello di Giovanni Anania, Professore straordinario dal '99 presso l'Università della Calabria, nel raggruppamento Economia agraria ed estimo. Anania organizza un congresso internazionale per il novembre 2002 su un tema particolarmente importante, la riforma della politica agraria dell'Unione Europea. "Quando Mario Prestamburgo vide il programma, chiamò tre colleghi per dire che se fossero venuti, nessuna delle persone che lavorava con loro, avrebbe mai vinto un concorso", racconta Anania. Morale della favola, il congresso viene cancellato. Ma Anania non ci sta e manda una denuncia a tutti i soci della Sidea sull'operato di Prestamburgo: "Non voleva che un evento cosi grosso fosse organizzato senza chiedere il permesso a lui". Anania deve essere confermato proprio il primo novembre del 2002: in Commissione ci sono due dei nostri nomi noti, Bellia e Bacarella, oltre al Rettore dell'Università del Molise, Giovanni Cannata. Alla fine Anania non viene riconfermato, e Cannata che non è d'accordo firma una relazione di minoranza. Anania fa ricorso: il Tar nel novembre del 2004 gli dà ragione e annulla il verbale, perché non era stata valutata l'operosità scientifica del candidato, come richiesto alla Commissione. Per inciso, non confermare un professore straordinario è cosa rarissima. Il Miur fa giudicare Anania di nuovo dalla stessa commissione. Questi fa immediatamente ricorso e lo vince di nuovo lo scorso aprile. Ora, dopo una serie di altre vicende, il Cun ha nominato una nuova commissione per giudicare Anania. Tra l'altro è proprio a partire da questo caso che Paris comincia a mandare in giro le sue denunce. Dopo i due casi di cui abbiamo parlato, affrontiamo l'ultima questione: il concorso del 1998 per Economia ed estimo rurale in cui arrivano in cattedra come associati, i figli di luminari della materia. Anche in questo caso è d'obbligo un'occhiata alla commissione. Ci sono 5 ordinari (Simeti, Casini, Guariglia, Carrà e Tudisca) e 4 associati (Cecchi, Marangon, Reho e Zarbà). Gli ultimi 4 sono tutti diventati associati nell'ultimo concorso, quello del `91, contestato dalla Eboli, in cui erano in commissione tra gli altri Sturiale e Cupo, mentre tra gli ordinari Antonio Guariglia e Salvatore Tudisca hanno vinto il concorso di I fascia nel 1990, giudicati da una commissione di cui facevano parte Schifani e Cupo. Nel '98 diventano associati Luisa Sturiale, Paolo Cupo, Giorgio Schifani, ovvero i figli di coloro che avevano portato in cattedra proprio i commissari di quel concorso. Regole e vendette II professor Ania organizza un convegno ma lo boicottano: «Chi va non sarà premiato ai concorsi» I soliti nomi: anno 1998 prova per Economia agraria, i commissari premiano i figli di chi li ha giusto portati in cattedra La denuncia di un docente dell'Università di California: a Firenze diventa ricercatore il figlio del rettore Nomi eccellenti che finiscono nelle commissioni giudicanti anche 8 volte: oltre a Firenze casi a Palermo CULTURA TRASPARENTE? Commissioni manipolate, presenziate da fedelissimi baroni degli Atenei che decidono secondo convenienze e parentele chi potrà insegnare. E i professori che non ci stanno? Boicottati. E chi denuncia? Deve affrontare una trafila di ricorsi estenuanti. Ma intanto partono le inchieste: da Firenze, con 8 docenti indagati. ______________________________________________ Il Sole24Ore 07 lug. ’05 SARDEGNA, PATTO CON L'UNIVERSITÀ Biggio (Confindustria) annuncia un piano sull'innovazione e incalza la Regione CAGLIARI a «La carrozza Sardegna sembra essere parcheggiata su un binario morto». È diretto Gianni Biggio, presidente della Confindustria regionale, di fronte all'assemblea generale degli industriali sardi. «L'indice della produttività del lavoro è inferiore al dato medio nazionale - ha osservato Biggio - e la dimensione media delle nostre imprese è diminuita in maniera preoccupante negli ultimi 15 anni. Non a caso, il contributo dell'industria al Pil regionale è la metà di quello delle aree più sviluppate del nostro Paese». È un quadro a tinte fosche quello disegnato dal presidente regionale. E le frecciate sono dirette alla Regione. «L'amministrazione pubblica sembra incapace di cogliere le sfide della modernizzazione e soffoca le imprese con la sua burocrazia», ha continuato Biggio, chiedendo uno sforzo al Consiglio regionale per imprimere una svolta, sia in termini di riforme sia di politica economica, che favorisca lo sviluppo delle aziende. Alla Sardegna serve una nuova ricetta. E i suoi ingredienti sono conoscenza, innovazione, ricerca e formazione. «La Regione deve investire, ma dobbiamo farlo anche noi», ha aggiunto. Il ritardo è nei numeri: il contributo delle imprese alla ricerca nell'isola è stato pari a 14 milioni di euro (l’8% della spesa regionale), uno dei più bassi in Italia. «Vareremo un progetto integrato e pluriennale che accresca la collaborazione tra imprese e università», ha commentato Biggio. Punta sull'istruzione anche Renato Soru, il presidente della Giunta. «La Sardegna è in moto in tutti i suoi settori. Bisogna avere più coraggio, scommettere sui giovani, mandarli a scuola con un'ostinazione totale, perché questo è il nostro capitale e da loro dipenderà il futuro». Per l'autunno il governatore ha annunciato una legge di riforma dell'amministrazione regionale. Il punto di partenza è il riordino degli enti in agricoltura e la costituzione di un'agenzia governativa per lo sviluppo. «Se una grande industria vuole investire in Sardegna - ha spiegato Soru - io non saprei sinceramente dove mandarla. Non esiste, infatti, una società, come in Piemonte o in Trentino, che si occupi di localizzazione, marketing territoriale e che sia uno sportello unico per le imprese». In sintonia con Soru, il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, che ha sottolineato la necessità per l'isola di guardare avanti e progettare il futuro senza piangere o soffermarsi sul passato. «Ho sentito interventi propositivi e comprendo le difficoltà delle imprese e di alcuni settori come la chimica e il tessile - ha affermato Montezemolo -. È arrivato il tempo però di sfruttare la vocazione turistica dell'isola coniugandola con ambiente, innovazione e industria». Infine una battuta provocatoria: «Per la Sardegna è meglio qualche provincia in meno e qualche infrastruttura in più». IL riferimento è ai costi delle quattro amministrazioni nate a maggio dopo un referendum del 2004. LANFRANCO OLIVIERI Montezemolo: guardare avanti e sfruttare la vocazione turistica Gianni Biggio, presidente degli industriali sardi ______________________________________________ Il Giornale di Sardegna 05 lug. ’05 CON 11MILA EURO PER STUDENTE SASSARI È TRA LE RICCHE D'ITALIA La classifica del Comitato nazionale di valutazione, parte un nuovo sistema di ripartizione ? L'Università di Siena ha il budget più alto d'Italia: poco meno di 12 mila euro l'anno per studente. Sassari è settima nella classifica degli atenei statali, con 10 mila 929 euro pro capite, Cagliari non arriva neppure alla metà: 5000 euro. Il calcolo, del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario, si ricava dividendo le entrate totali dell'ente per il numero degli iscritti (esclusi gli immatricolati inattivi). Intanto il decreto ministeriale del 28 luglio 2004 ha messo in piedi un nuovo sistema di ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario, un modello che, per la prima volta, si basa sulla qualità dell'offerta e dei progetti, e non più sulle domande presentate . I NUMERI Il Rapporto è stato pubblicato sull'inserto del Sole 24 ore di ieri. L’università di Cagliari può contare su entrate per poco più di 5.000 euro per ogni studente iscritto, mentre per quella di Sassari, che figura al settimo posto a livello nazionale, il budget è il doppio, quasi 11.000 euro. Va precisato, però, che il dato di Cagliari, collocando l’ateneo al quarantottesimo posto su una lista di 58, si riferisce agli effettivi movimenti di cassa e non alla competenza annuale. La media italiana sta intorno agli 8600 euro, Siena è la più “ricca”, seguono - tutte sopra gli 11mila euro - Trieste, Roma Iusm, Pavia, Venezia Iuav e Roma Tor Vergata. In coda all'elenco c'è Napoli Parthenope, con un budget a cranio di 2559 euro. «Le ultime, sono le piccole realtà», sottolinea uno degli autori della guida, Gianni Trovati, «penalizzate perché nonostante le loro strutture si siano evolute negli ultimi anni, l'offerta formativa e il numero degli iscritti siano cresciuti, tutto ciò non ha trovato riscontro (ancora) nei criteri di suddivisione dei finanziamenti ministeriali». IL CONTRIBUTO degli studenti cagliaritani sul totale delle en entrate dell’ateneo è pari all’11%, contro il 6,2% dei colleghi sassaresi. Quello più elevato (19,7%) si registra nell’univerità di Bergamo seguita da Bologna (18,6%) e dal Politecnico di Milano (18,6%). In questa classifica Cagliari figura al 25° posto e Sassari al 55°. Stessa posizione è assegnata all’università del capoluogo sardo in quella stilata in base al peso dei finanziamenti dello Stato e degli enti locali sul totale delle entrate: per Cagliari è pari a 66,8%, mentre per Sassari - quattordicesima nell’elenco guidato da Napoli Parthenope (91,4%) e Roma Iusm (82%) - è del 70,7%. Un altro dato riguarda il peso delle spese per il personale sul totale delle uscite. Cagliari, secondo ateneo in Italia dopo Palermo, registra una percentuale del 73,2%, mentre a Sassari (31esima), la percentuale è del 54,2%. IL NUOVO MODELLO recepito dal ministero per l'Università e la ricerca scientifica con il decreto ministeriale del 28 luglio 2004, ha rivisto i criteri di ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario. Su una proposta fatta dal Comitato nazionale di valutazione, la suddivisione dei fondi dovrebbe essere collegata alle seguenti voci: domande da soddisfare, in relazione al numero di studenti iscritti; risultati dei processi formativi, misurabili annualmente in termini di crediti acquisiti; risultati delle attività di ricerca scientifica. Ciascuna delle voci dovrebbe incidere per un terzo in sede di stanziamento dei denari. ? ______________________________________________ Il Giornale di Sardegna 05 lug. ’05 RICERCA SCIENTIFICA ALLA FAME A CAGLIARI I FONDI CALANO DELL'80% Per il capoluogo i finanziamenti, compresi quelli europei, sono passati da 14 milioni a poco più di tre milioni di euroSassari sta meglio: lo scorso anno ha potuto utilizzare 4,5 milioni. Il prorettore: abbiamo fatto molta strada Giacomo Bassi giacomo. bassi@gds.sm L'università sarda ha sete di finanziamenti per la ricerca, molta sete. Nell'ultimo anno i trasferimenti dallo Stato italiano alle università sarde sono diminuiti (lo dice la riforma Moratti) del 2,6 per cento. E nel caso di Cagliari l'importo totale dei fondi, compresi quelli europei, che sono la maggior parte, e addirittura passato da oltre 14 milioni di euro nel 2003 a poco più di 3 milioni. UNA SITUAZIONE difficile per i ricercatori dei due atenei sardi: una situazione, soprattutto, dalla quale e complicato venir fuori. Perchè se a Sassari il prorettore Attilio Mastino e moderatamente soddisfatto (in questi anni abbiamo fatto molta strada) a Cagliari invece si chiedono maggiori risorse e soprattutto più collegamenti tra l'ateneo e il mondo del lavoro. Sinergie che riescono solo parzialmente a essere assicurate grazie ai 3.086.037 euro che lo Stato ha trasferito all'ateneo cagliaritano nel 2004 per la ricerca (a Sassari sono stati di 4,5 milioni). Ricerca che non è solo del ramo scientifico (cioè delle facoltà di medicina, fisica, ingegneria, scienze, farmacia), ma anche di quello umanistico (giurisprudenza, lettere e filosofia, scienze politiche). È con quei finanziamenti che vengono pagati i 1900 docenti ricercatori e i 736 tra assegnisti e dottorandi delle università di Sassari e Cagliari. Nello specifico, i fondi che arrivano agli atenei italiani sono distribuiti dal ministero, da dall'Unione europea e dalle regioni. Sono i Firb (Fondo investimento ricerca di base): a Cagliari ne sono arrivati per 224.300 euro, a Sassari 1,5 milioni; i Fisr (Fondo integrativo speciale ricerca): Cagliari nel 2004 e rimasta a bocca asciutta, come anche per i Pon (Programmi operativi nazionali), che pero sono difficilmente calcolabili a livello centrale. Sassari invece ha avuto 1,2 milioni di euro. Un divario tra gli atenei acuito anche dai fondi della Fondazione Banco di Sardegna: l'università del Capo di Sopra ha visto finanziati 25 progetti. E POI CI SONO i finanziamenti per la ricerca scientifica erogati direttamente dalla Regione: quest'anno le richieste partite dalle due università dell'Isola erano pari a 23 milioni di euro. Ma di tutti i progetti che avevano bisogno di essere finanziati ne sono stati accettati 66 per 1,5 milioni di euro complessivi. Lo scorso anno erano stati erogati 4.340.000 euro. Soldi che, dicono i ricercatori, non servono a pagare gli stipendi ma a migliorare la qualità formativa degli atenei HA COLLABORATO RENZO SANNA ______________________________________________ Il Giornale di Sardegna 07 lug. ’05 STA NASCENDO IL LODO MISTRETTA PER RINVIARE LE ELEZIONI AL 2006 Università. Il Rettore pensa a una norma transitoria: vuole prorogare il suo mandato di due anni Ma con un ricorso al Tar potrebbero essere travolti anche i mandati dei presidi in carica Che Pasquale Mistretta volesse continuare a fare il Rettore era cosa nota. Che volesse modificare lo statuto per essere eleggibile quattro volte di seguito, pure. Ma non che pensasse a quest'altra soluzione: prorogare di due anni il mandato accademico, in modo da “congelare” le elezioni universitarie e rimandarle al 2008. Invece, a quanto pare, questo è quanto sta meditando l'uomo costantemente al vertice dell'Ateneo cagliaritano. In questi giorni sta illustrando la sua idea ad alcuni dei dieci presidi delle varie facoltà. La norma transitoria che Mistretta vuole introdurre avrebbe infatti conseguenze anche per loro: una proroga di due anni del mandato per le presidenze in scadenza. E poi, nell'ambito del Senato Accademico allargato (l'organo universitario che deve pronunciarsi su una eventuale modifica dello statuto) i voti dei presidi sono determinanti per decidere o meno l'approvazione di una norma. Dunque, ancora non c'è nessuna proposta ufficiale al Senato: ma Mistretta sta sondando il terreno per capire se è possibile costruire una maggioranza attorno a questa proposta di modifica. E anche per valutare se questa sia la soluzione per lui più conveniente: resta sempre in piedi, infatti, l'alternativa che il Rettore ha già annunciato. Modificare una volta ancora lo Statuto (come è già accaduto tre anni fa) in modo da rendere possibile un rinnovo del mandato, con regolari elezioni. In questo momento infatti Mistretta è incandidabile proprio in base allo Statuto. Proroga o rinnovo, dunque: questo ha in mente il Rettore. SUL PUNTO, Pasquale Mistretta sceglie il silenzio: è disposto a parlare di tutto tranne che di elezioni, statuti e modifiche, di tutto tranne che di Mistretta. La proposta ufficiosa che in questi giorni gira per le facoltà, pero, inizia a far serpeggiare un dibattito. E l'argomento e ovviamente la legittimità o meno di questa norma transitoria: può il Rettore prorogare il suo mandato, congelando di fatto le elezioni e rinviandole a una data futura, seppur con il consenso della maggioranza del Senato Accademico allargato? GIURISTI (e non solo) hanno espresso qualche perplessità. Il lodo Mistretta finirebbe con intuibile rapidità tra le mani dei giudici del Tar. Che davanti a norme del genere sono soliti pronunciare la formula rituale: Il tribunale accoglie il ricorso e annulla gli atti impugnatiâ. Cioè cestinerebbero il lodo Mistretta, anche perchè la giurisprudenza in materia e molto rigida nel far rispettare il principio di uguaglianza, sancito dall'articolo 3 della Costituzione. E un abbattimento della norma avrebbe un effetto a catena disastroso anche per i mandati dei presidi. Ora il clima all'Università inizia a infuocarsi come a ogni vigilia elettorale: a maggio 2006 si dovrebbe votare, modifiche permettendo, e presto spunteranno i nuovi candidati anti-Mistretta. L'ultima volta ci provarono Beppe Santacruz, Raga e Fanfani. Rivinse Pasquale Mistretta. elezioni, statuti e modifiche, di tutto tranne che di Mistretta. La proposta ufficiosa che in questi giorni gira per le facoltà, però, inizia a far serpeggiare un dibattito. E l'argomento è ovviamente la legittimità o meno di questa norma transitoria: può il Rettore prorogare il suo mandato, congelando di fatto le elezioni e rinviandole a una data futura, seppur con il consenso della maggioranza del Senato Accademico allargato? GIURISTI (e non solo) hanno espresso qualche perplessità. Il “lodo Mistretta” finirebbe con intuibile rapidità tra le mani dei giudici del Tar. Che davanti a norme del genere sono soliti pronunciare la formula rituale: «Il tribunale accoglie il ricorso e annulla gli atti impugnati». Cioè cestinerebbero il lodo Mistretta, anche perché la giurisprudenza in materia è molto rigida nel far rispettare il principio di uguaglianza, sancito dall'articolo 3 della Costituzione. E un abbattimento della norma avrebbe un effetto a catena disastroso anche per i mandati dei presidi. Ora il clima all'Università inizia a infuocarsi come a ogni vigilia elettorale: a maggio 2006 si dovrebbe votare, modifiche permettendo, e presto spunteranno i nuovi candidati anti-Mistretta. L'ultima volta ci provarono Beppe Santacruz, Raga e Fanfani. Rivinse Pasquale Mistretta. ? ______________________________________________ Il Giornale di Sardegna 08 lug. ’05 «GIÙ LE MANI DALLO STATUTO» CICLONE MISTRETTA ALL'UNIVERSITÀ Elezioni. Polverone dopo le indiscrezioni sull'idea del rettore: prorogare di due anni il suo mandato Le reazioni dei presidi: «Confusione e paura serve più federalismo e competitività» Mistretta, la successione di Mistretta, le modifiche di Mistretta allo statuto: il rettore e tutto quello che in qualche modo lo riguarda è diventato d'un botto il tormentone dell'Università, quasi non si parlasse d'altro. La sua intenzione di proporre al Senato Accademico una norma transitoria per prorogarsi il mandato di due anni, rinviando le elezioni da maggio 2006 al 2008, ha prodotto molta confusione. Anche imbarazzo, timori. E scatenato un inizio di dibattito sul futuro dell'Ateneo. QUELLO CHE già in molti iniziano a identificare come possibile candidato per il Rettorato, il preside di Scienze Politiche Francesco Paci, ancora non vuole parlare di investiture. Si limita però a una considerazione generale: «C'è bisogno di rimettere l'Università al centro della competitività, ed è importante discutere ora del nostro futuro, e non di cambiamenti di statuto». Sull'idea di prorogare il mandato di Mistretta e dei presidi, «non c'è una proposta formale e se e quando sarà presentata la valuterò. Ma ho forti perplessità sulla possibilità di cambiare lo statuto». Perplessità che non nasconde anche Francesco Sitzia, preside di Giurisprudenza. «L'ipotesi di prorogare il mandato mi sembra ormai tramontata. Vedremo cosa proporrà il rettore: anche se è prematuro parlarne, io sono sempre stato convinto - per deformazione professionale - che debba esistere un limite al numero di mandati. Sono contrario alla soppressione del limite che io stesso ho contribuito a inserire nello statuto». Sul futuro dell'Ateneo Sitzia auspica «una cessione di poteri, un passaggio da un'Università centralizzata a una federale, multi-government. La struttura piramidale non funziona più: serve un passaggio di potere dal rettore ai presidi, ma anche un ripensamento generale della filosofia dell'Ateneo». Per Francesco Ginesu, preside di Ingegneria, «è un momento molto confuso, ma sono aperto a una franca discussione in Senato dove ognuno dovrà prendersi le sue responsabilità». Anche per Gavino Faa, preside di Medicina, «la situazione è molto delicata. C'è preoccupazione, sgomento: si tratta di cose che in gran parte non si conoscono, per questo c'è un po' di paura». ? ______________________________________________ Il Giornale di Sardegna 08 lug. ’05 NASCE UN CONSORZIO PER LA TELEMATICA A passi lenti, la tecnologia prende piede in Ateneo. Nasce un Consorzio interuniversitario per l'Università Telematica della Sardegna. Con l'elezione di Virgilio Mura (docente dell’Università di Sassari) a presidente e di Franco Meloni (dirigente dell’Università di Cagliari) a direttore, prende il via l'ente costituito il 19 aprile 2005 dai Rettori di Cagliari e Sassari. Il Consorzio si propone di promuovere iniziative di istruzione universitaria e di alta formazione postlaurea grazie a l’utilizzazione delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione. Ma ha anche altri obiettivi: promuovere, progettare, coordinare e svolgere attività di ricerca e attuazione di progetti finalizzati all’introduzione di nuovi strumenti, programmi didattici, metodologie didattiche e linguaggi multimediali, nel campo dell’istruzione e della formazione. C'è sicuramente la didattica on- line nel futuro del Consorzio, vista come strumento utile per potenziare l'insegnamento accademico. Ma le attività non saranno limitate all'uso interno dei due Atenei: si pensa anche a effettuare attività di consulenza, progettazione di servizi, studi, ricerche e trasferimento dei risultati su incarico di amministrazioni pubbliche ed enti pubblici e privati. Il Consorzio si promette di diffondere i risultati di studi, ricerche e indagini anche tramite proprie pubblicazioni monografiche o periodiche su qualunque supporto, organizzare incontri di studio, al fine di consentire lo scambio di esperienze e informazioni, anche a livello internazionale. E poi stipulare contratti e convenzioni con altri soggetti che operino in ambiti attinenti alle finalità del Consorzio. Il Consiglio direttivo del Consorzio è costituito dal presidente Virgilio Mura, e i professori Roberto Giuntini, Riccardo Scateni e Silvano Tagliagambe. Il direttore è Franco Meloni. ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 9 lug. ’05 GIUNTA, GARA D'APPALTO PER L'INFORMAZIONE DIGITALE Soru diserta la riunione, dentro Janna c'è anche Fiscali Prende corpo la realizzazione della Rete telematica regionale illustrata qualche mese fa dal presidente della Regione. Ieri la Giunta ha deciso di procedere con la gara d'appalto per «un'infrastruttura telematica che garantisca una banda pressoché illimitata per il trasporto dell'informazione digitale». 9 milioni 650 mila euro a base d'asta per costruire la rete delle pubbliche amministrazioni locali, passando per il progetto ? in parte già attuato ? del collegamento sottomarino della rete a fibre ottiche, affidato alla società consortile Janna (Regione con il 49 per cento, Tiscali, Enel.it, Eurostrada spa col 17 per cento ciascuno). Il bando prevede anche l'utilizzo, per 15 anni, di alcune delle 12 coppie di fibra ottica delle tratte del cavo sottomarino (realizzato per ora tra Civitavecchia e Olbia, e a breve tra Mazara del Vallo e Cagliari) di cui la Regione ha disponibilità. L'amministrazione le darà in concessione per compensare i costi dell'intervento. Alla riunione di Giunta che ha adottato la delibera non era presente Renato Soru: non si conoscono le motivazioni ufficiali dell'assenza, ma è possibile che proprio la presenza di Tiscali nella società Janna sia all'origine della scelta, per prevenire possibili accuse di conflitto di interessi. LitoraliLa Giunta, su proposta dell'assessore all'Urbanistica Gian Valerio Sanna, ha anche dato il via libera a nuove concessioni demaniali marittime, per non più di sei mesi. Sanna ha spiegato che si tratta di autorizzazioni che «consentirebbero di dotare i litorali interessati di indispensabili servizi turistico-ricreativi, nonché di soccorso e di sicurezza. Inoltre non comportano interventi strutturali stabili». In tutto 22 concessioni in tutta l'Isola. SpettacoliNella seduta di ieri è stato approvato il programma stralcio di pubblicità istituzionale: 890mila euro per il 2005, 200 mila per i teatri stabili, 300 per l'Ente De Carolis di Sassari, 250 per i festival di jazz, altri 50 per il costituendo Sardinia jazz Network, 90 per compagnie di danza. Approvati anche i criteri di programmazione della spesa (per 7 milioni 910 mila euro) per i contributi a sostegno dell'attività di spettacolo. PtmLa società Ptm spa (Porto terminal Mediterraneo) ha esaurito il suo compito di progettazione e realizzazione del Porto canale di Cagliari, quindi può essere sciolta. L'esecutivo ha accolto la richiesta dell'assessore ai Trasporti, Sandro Broccia. La nascita della spa, nel 1969 serviva a favorire lo sviluppo industriale dello scalo: per far ciò Ptm dà vita alla società Siaca, partecipata dal Casic. Il 16 giugno 2004 (a elezioni regionali appena svolte) la giunta Masala delibera l'acquisto dal Casic del 31 per cento del capitale sociale di Ptm, cui viene attribuito lo status di Agenzia governativa. Per la giunta «non si ravvede la necessità di sostenerne ulteriormente i costi di gestione». Francesca Zoccheddu ___________________________________________________________ Sardi news 4 lug. ’05 E LE CHIAMANO UNIVERSITÀ: MA ALLORA DIO NON È SARDO” di Stefania Siddi Da Londra a Cagliari, dall’Italia al Regno Unito: i nostri atenei a confronto con quelli inglesi “Le chiamano Università”. Così inizia uno dei paragrafi dell’ultimo libro di Peter Gregory Jones, “So, God is not Sardinian” (Ma allora Dio non è sardo). Dopo 25 anni in Sardegna molti dei quali passati a insegnare nella facoltà di Economia a Cagliari, questo gentleman inglese, formatosi nella prestigiosa Università di Cambridge, sostiene che “a confronto con le loro omonime anglosassoni, le università italiane non sono affatto degli establishment di istruzione accademica. Al contrario, offrono quella che può essere definita istruzione superiore avanzata.” Questa affermazione può suonare strana, o far storcere il naso o sembrare presuntuosa. Ma come? Non si dice che nelle università anglosassoni si studia meno e che le loro lauree non valgono quanto quelle italiane? In proposito credo di poter dire qualcosa con cognizione di causa, avendo frequentato entrambe abbastanza a lungo per poter esprimere un giudizio sufficientemente obbiettivo. Non ricordo con nostalgia i miei anni all’Università di Cagliari tra la facoltà di Giurisprudenza prima e quella di Scienze Politiche per due anni poi. Di quel tempo non rimpiango il senso di smarrimento e disagio, le lunghe code in segreteria, la difficoltà a reperire informazioni, il numero insufficiente di Notiziari, le aule sovraffollate, gli orari di inizio delle lezioni che comportavano levatacce alle 6 del mattino per poter sedere ai primi posti, la difficoltà nel capire il peculiare modo o il trucco per passare ogni esame, l’arbitrarietà di certi docenti nella conduzione e nella valutazione dell’esame, l’inutilità di certi studi, la monotonia dello studiare dalle dispense sbobinate, indispensabili per poi ripeterne pedissequamente il contenuto e passare l’esame con buoni voti. Nonostante i disagi ero fortemente determinata a portare avanti gli studi. Non avrei mai pensato però di concluderli nel Regno Unito. Più che una scelta ponderata, una serie di circostanze personali e familiari mi hanno portato in Inghilterra nel bel mezzo dei miei studi per passarvi poi sette lunghi e difficili anni. Credo di non esagerare affermando che da durante i quasi 4 anni trascorsi alla University of Westminster di Londra, ho scoperto un mondo che non avrei potuto neanche sospettare se fossi rimasta a Cagliari o se avessi frequentato là solo un corso Erasmus o Socrates. Da allora ho cominciato a fare una lunga serie di valutazioni e comparazioni fra due sistemi universitari così diversi e per tanti versi diametralmente opposti. Motivazioni scritte anti-abbandono La prima differenza consiste nell’atto di iscrizione. Nelle università anglosassoni non ci si può iscrivere a proprio piacimento. Bisogna partecipare ad una selezione, fornendo le proprie motivazioni per iscritto (nelle più selettive anche attraverso un colloquio orale), sia per arginare l’abbandono e sia perché ogni istituto fissa un numero massimo di iscrizioni in linea con le proprie strutture, servizi e standard prescelto. Alcune università si accaparrano così gli studenti migliori. In che modo gli studenti si preparano agli esami? Qui da noi una delle tecniche consiste nello sbobinare le lezioni dei docenti così che non sia necessario ulteriore studio. Così sostengono ancora alcuni dei miei studenti. Non serve consultare altri libri o riviste di approfondimento. Quel che dice il docente è necessariamente considerato giusto e vero. Certi docenti mettono a disposizione le proprie dispense. Lo studente non deve così consultare direttamente i vari autori e trarre le proprie conclusioni, ma il docente lo fa per lui. Più spesso si utilizza un libro di testo uguale per tutti e talvolta il docente integra il libro prescelto con parti monografiche. Ma come funzionano le cose nel mondo anglosassone? Là nessuno sbobina e nessun docente si limita a racchiudere il materiale di studio in una dispensa. Se viene distribuito del materiale scritto, questo ha solo funzioni di guida che lo studente dovrà integrare e approfondire. Tanto meno esiste “un” libro di testo, ma vengono indicati vari testi, con l’avvertimento che ciascun libro presenta punti di forza e di debolezza, così come tutti gli esseri umani, inclusi i docenti universitari, a cui gli studenti danno quasi sempre del tu. Il compito principale è lasciato allo studente, il quale attraverso la lettura di manuali generici, specifici, e riviste specialistiche, deve impegnarsi ad approfondire gli argomenti trattati, le dottrine prevalenti, la critica e magari pensare perfino i possibili sviluppi o le strade di ricerca. Una grande differenza tra i due sistemi consiste nel fatto che mentre qui gli esami difficili sono concentrati nei primi anni, spesso al fine di ridurre il numero eccessivo di iscritti, nel Regno Unito si procede per gradi. Agli studenti del primo anno si consente di prendere confidenza con il sistema, di sperimentare, e i voti del primo anno non contano per la votazione finale. La difficoltà degli argomenti aumenta strada facendo e la mole di lavoro, l’impegno, la capacità di ricerca e la profondità di analisi richiesta all’ultimo anno è ben superiore a quella richiesta al primo. Le biblioteche, aperte anche la domenica, sono molto ben fornite, tanto che non è necessario acquistare i libri, né tanto meno fotocopiarli integralmente come accade da noi. Anche i computer sono di solito sufficienti. A ogni studente all’inizio del corso viene assegnata una password per l’uso dei computer e per l’accesso gratuito a internet, nonché una e-mail per le comunicazioni con l’università. Inoltre tutti gli insegnamenti richiedono l’uso di software generici tipo Word, Excel o Power Point, o specifici. Le lezioni si tengono solo in tre fasce orarie: dalle 10 alle 13, dalle 14 alle 17 e dalle 18 alle 21 e ogni lezione è sempre seguita da un seminario, e gli studenti non bivaccano negli atri a tutte le ore. Le date degli esami vengono fissate dalle segreterie, e guai a non sostenerli, pena dover presentare certificati di malattia gravissima o lutto al comitato per la valutazione delle circostanze attenuanti. Il mio malessere dovuto alla gravidanza durante il master è stato ritenuto grave ma solo a metà, mentre qui uno studente maschio ha giustificato un’assenza con un certificato scritto dal ginecologo. Se il ricorso viene respinto si deve risostenere l’esame ma si ha il voto minimo. I corsi sono strutturati in modo tale che non si debba finire oltre la durata stabilita. Perché tanta severità? Nel mondo anglosassone è ben chiaro che l’istruzione non è un bene pubblico, ma un bene strettamente privato. Ogni studente ha dei costi alti e il suo mantenimento costa non tanto alla famiglia, quanto allo studente stesso, ma soprattutto allo stato e quindi ai contribuenti. Perciò non si bivacca all’università. E sempre per lo stesso motivo non vengono offerti corsi obsoleti utili solo a mantenere uno status quo. L’istruzione è business, non solo nel senso che si guadagna dall’offerta della stessa, ma in quanto essa è considerata la linfa del sistema economico e in quanto tale ad esso connessa. Pertanto l’università è strutturata in maniera tale da insegnare non solo le teorie e le tecniche, ma anche una serie di abilità trasferibili nel mondo del lavoro, quali la capacità di gestione del tempo e quella di lavorare sotto pressione, perché il mondo del lavoro funziona così. Il pensiero alfabetizzato All’università non si ripetono o si rinviano gli esami, così come nel mondo del lavoro non c’è modo di riconquistare un cliente a cui non si è offerto un buon servizio nei tempi stabiliti, o di ripartecipare a una gara o un appalto per cui non si sia presentata in tempo o nei dovuti modi la domanda, o di operare un malato grave in un momento successivo, solo perché alla data fissata non ci si sentiva pronti o non si era soddisfatti del risultato. Gli esami si compongono di due parti. In una lo studente fa ricerca attiva su un quesito teorico o pratico, così sviluppa sia capacità di analisi e sintesi, poiché nello scritto non si può superare il limite di spazio consentito, pena l’abbassamento del voto. Gli scritti si preparano da soli ma anche in gruppo, perché nelle aziende e negli enti il lavoro viene sempre più spesso svolto in team. Così si imparano anche le ripartizioni dei ruoli e dei compiti e la capacità di negoziazione e di persuasione. L’esame finale è sempre scritto, anche per evitare valutazioni arbitrarie. Ogni scritto è rigorosamente anonimo fino a correzione avvenuta, e oltre all’esaminatore interno ve ne è uno esterno a garanzia di obiettività. Molti in Italia criticano il sistema degli esami scritti. Peccato, perché le ricerche hanno evidenziato che la scrittura sviluppi il “pensiero alfabetizzato”, ossia la capacità di sviluppare e organizzare le idee secondo una certa sequenzialità logica, mentre l’oralità che è piatta, là viene limitata alle presentazioni le cui tecniche vengono appositamente insegnate. Il pensiero alfabetizzato - che pare manchi a molti universitari - molti lo sviluppano solo al momento della tesi, visto che questa è sempre obbligatoria. Nel mondo anglosassone invece il project o dissertation in alcuni corsi è facoltativo. La struttura del project è uguale ma la lunghezza è inferiore e lo studente è completamente autonomo sia nella scelta dell’argomento, sia nella ricerca e nella stesura, con solo poche linee guida da parte del tutor. Nonostante la lunghezza inferiore del project, alla fine dei suoi studi, tra le ricerche personali per le composizioni, le relazioni, gli studi di casi concreti, le presentazioni e gli esami finali, la produzione scritta di uno studente nel Regno Unito è forse superiore a quella di uno studente italiano. La discussione del project non avviene quasi mai, e non è mai pubblica. I festeggiamenti, rigorosamente in toga, con i colleghi dello stesso anno di iscrizione, sono posticipati di qualche mese. Per finire, le università offrono servizi utilissimi, quali il servizio per l’orientamento alla carriera e i counsellor, figure intermedie tra un assistente sociale e uno psicologo a cui gli studenti si possono rivolgere gratuitamente per problemi e difficoltà di studio o personali. A ciascuno trarre le proprie conclusioni. Non so se il senso di superiorità dell’università italiana diffuso sia tra studenti, docenti, amministrativi e tra la gente in genere permarrà a lungo. Personalmente mi pare poco giustificato e a fortiori dopo la confusione generata dalla riforma introdotta in seguito alla Convenzione di Bologna, non ho dubbi. Da insegnante noto con rammarico e frustrazione che all’università ancora oggi, nonostante molti apprezzabili sforzi, regna la disorganizzazione, l’incertezza e la lentezza. Che il nostro sistema sia inefficace per la formazione qualitativa ma soprattutto quantitativa delle risorse umane necessarie al sistema economico e della futura classe dirigente ormai si sa. La giunta Soru ha perfino destinato €15.000 affinché dei laureati sardi si specializzino altrove. Giusto. Peccato però che questi soldi finiranno nelle casse di altre università. Speriamo che tutti gli specializzati tornino in Sardegna. ______________________________________________ Il Corriere della Sera 09 lug. ’05 LA SCIENZA TRUCCATA Molti ricercatori correggono i loro studi per consegnare i risultati in tempi più rapidi. Il vero motivo? Non deludere i finanziatori il caso di Vittorino Andreoli psichiatra e scrittore Piccole correzioni, abbellimenti, qualche falso. Una recente indagine svolta tra oltre tremila ricercatori degli Stati Uniti è arrivata a conclusioni abbastanza sorprendenti: il 15 per cento degli intervistati ha ammesso di aver modificato il progetto, la metodologia o i risultati di una ricerca sotto la pressione degli sponsor commerciali; un terza ha dichiarato di non aver rispettato alcune regole etiche, o di aver coperto colleghi che usavano dati falsi; il 27 per cento non conserva documentazione dei proprio lavoro L'analisi. L'indagine americana mette un dito nella piaga. Non illudiamoci che quella degli Stati Uniti sia una situazione diversa dalla nostra: quella europea e molto simile. La ricerca scientifica è una delle più straordinarie attività umane. La si può raccontare attraverso le sue grandi scoperte, ma anche attraverso gli errori e le truffe di alcuni scienziati. C'è un aspetto, inoltre, che non viene mai preso in considerazione abbastanza: il rapporto tra scienza e denaro. Per fare, una qualunque ricerca oggi occorrono soldi, e tanti. Anche le cosiddette scienze non sperimentali, come la matematica, hanno bisogno di grandi e costosi calcolatori, per esempio. Una parte di questi soldi è pubblica: lo Stato decide chi merita i finanziamenti e chi no. Una parte è privata (poco in Italia, molto in altri paesi) e proviene da grandi aziende a volte quotate in borsa che tra i loro obiettivi ( e necessità} hanno il guadagno. in entrambi i casi, i ricercatori devono conquistarsi questi finanziamenti, convincere il governo o le aziende che la loro ricerca funziona, è importante, darà risultati in breve tempo. Di solito bisogna presentare una relazione ogni tre mesi su quanto svolto, dimostrando che si è raggiunto qualche risultato. Altrimenti chi ti finanzia più? Ecco, con tale brama di scoperte in queste relazioni si raccontano molte bugie, qualche volta veri imbrogli che hanno però una forte giustificazione: convincere chi legge a dare altri soldi, perché in caso contrario la studio si blocca. Eppure, nella ricerca seria capita di lavorare armi senza ottenere risultati. La ricerca seria ha bisogno di tempo, una necessità opposta a.. quella di finanziatori che chiedono tutto e subito. E allora si spaccia per "risultato" la riuscita di un esperimento minimo che, per essere affidabile, andrebbe ripetuto altre volte, o di un altro che ha coinvolto un campione non significativo. Conseguenza: va avanti non tanto chi é capace davvero, ma chi è più spregiudicato, chi ha il potere di convincere e di ottenere soldi. Crolla quindi il mito della ricerca pura, della possibilità di studiare: ciò che piace e che più è utile alla gente; crolla il mito della libertà dello scienziato. Ma se vogliamo progressi duraturi, è necessario cambiare mentalità. Chi finanzia deve abbandonare la fretta. Smettere di pretendere risultati ogni tre mesi. E capire che il tempo, la precisione, le verifiche sono fattori. indispensabili per la scienza vera. Testo raccolto da Anna Mafia Speroni. Per la ricerca e lo sviluppo l'Italia investe solo lo 0,55% del prodotto interno lordo, contro la 0.69% della spesa media Ue e l’1% di Svezia e Finlandia, i paesi leader. Maggiori le distanze negli investimenti privati: 0,55% quelli italiani. 1,30% la media europea, 3.32% e 2,37% le quote di Svezia e Finlandia. ______________________________________________ Il Sole24Ore 09 lug. ’05 ATENEI, LA RISORSA DEI PRIVATI DI ANGELO PROVASOLI* I numeri contano. Non è solo un gioco di parole. I numeri fotografano la realtà, ne disegnano contorni e dimensioni, indicano la grandezza di un fenomeno. E qui sta il loro limite, o piuttosto il limite di chi ai numeri vuole dare un significato non solo quantitativo ma anche qualitativo. Prendiamo il rapporto università mondo del lavoro. La recente indagine Istat dice che il 63% dei laureati italiani ha un lavora continuativo a tre anni dal conseguimento del titolo di studio. Questo numero sintetizza in modo efficace il fenomeno. Ma quale fenomeno? Sicuramente non quello della qualità dei nostri laureati, quanto piuttosto quello di un mercato del lavoro in forte evoluzione, caratterizzato sempre più da forme contrattuali flessibili. Nel 2004 il 19°Io dei laureati del 2001 aveva avviato attività autonome, il 15 aveva un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e il 4% un contratto di prestazione d'opera. È colpa dell'università? Non credo sia questo il modo corretto di affrontare la situazione. Il rapporto tra università e imprese andrebbe indagato sotto un profilo diverso. L'università non può dialogare con il mondo del lavoro solo in quanto fornitore di mano d'opera di alto livello. Dialogo che, tra l'altro, in questi anni ha dato buoni risultati, che nel caso Bocconi si traducono in 2.900 stage attivati nel 2004, 1.600 imprese coinvolte e laureati che trovano impiego in meno di tre mesi dalla laurea. Il dialogo, meglio ancora la collaborazione, dovrebbe partire molto prima, a valle. Università e imprese dovrebbero investire, ognuna mettendo a disposizione le proprie risorse, umane da un lato, finanziarie dall'altro, sull'innovazione e la ricerca. Il gap tra l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea sul fronte degli investimenti in ricerca non dipende infatti dagli investimenti pubblici, quanto piuttosto da quelli privati. Se sul primo fronte siamo vicini alla media europea e allo stesso livello degli inglesi (anche grazie alle recenti politiche intraprese in questo settore, che hanno permesso di invertire il trend negativo degli ultimi dieci anni), assai diversa è la situazione sul piano degli investimenti privati, che in Italia è pari allo 0,54% del Pil contro una media europea dell'1,27 per cento. Certo anche in questo caso bisogna fare i conti con i numeri. L'Italia conta 4 milioni di Pini (pari al 20% di tutte quelle presenti nel territorio dell'Unione europea), fattore di flessibilità ma anche di debolezza, e un numero esiguo di gruppi industriali con fatturato superiore a 20 miliardi di euro: Eni, Fiat, Pirelli, Telecom. Appare quindi necessario trovare forme di collaborazione adeguate, che tengano conto della realtà. Se difficilmente potremo arrivare ai bilanci degli atenei americani, le cui risorse provengono anche per l’80% dai privati, sicuramente vanno però diversificate maggiormente le entrate degli atenei che attualmente dipendono del tutto dalle risorse pubbliche (o, come nel caso della Bocconi, dalle tasse pagate dagli studenti, che incidono per l’83%). Come? Prima di tutto facendo maturare una cultura e una consapevolezza diversa all'interno degli atenei. Noi professori dobbiamo imparare a considerare i privati come una risorsa strategica determinante e non come un pericolo alla nostra autonomia. Le imprese devono maggiormente credere, nei fatti, all'importanza dell'innovazione e dello sviluppo della società della conoscenza, dando contenuto alle parole del loro presidente Luca Cordero di Montezemolo. Sul piano degli strumenti e dei canali di finanziamento le forme possono essere le più varie. La Bocconi si muove, e sempre più lo farà, sul piano per esempio delle cattedre dedicate, come quelle Aidaf, Lehman Brothers o la prossima con Banca Intesa, e dei progetti di ricerca ad esse associate. Progetti che permettono di sviluppare iniziative e formare ai massimi livelli giovani ricercatori. Le partnership potranno concretizzarsi inoltre in borse di studio, aule e laboratori intitolati e progetti di ricerca congiunti. Tutte attività che permettono ad atenei e imprese di avere un franco rapporto di confronto e collaborazione. A vantaggio del progetto della ricerca e della formazione e degna degli studenti e delle stesse imprese. `Rettore dell'Università Bocconi ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 6 lug. ’05 UNIVERSITÀ, SERVONO VOUCHER PER TROVARE LAVORO Finanziamenti. Consegnate venti borse di studio agli studenti per stage all’estero Per ora sono venti le borse a disposizione dei laureati dell'ateneo di Cagliari, grazie al finanziamento di 411 mia euro dell'assessorato regionale al Lavoro, con il progetto In Time 36. Soldi arrivati da poco, che permetteranno, già da luglio, a venti laureati di svolgere un tirocinio formativo all'estero, completandolo poi in Italia o in Sardegna. Altre venti borse saranno attivate a settembre. La notizia è stata data ieri durante un incontro organizzato dal gruppo studentesco Università per gli studenti nell'aula A del polo economico giuridico dell'Università di Cagliari, dalla responsabile del settore relazioni estere e dal rappresentate dell'assessorato al Lavoro. Si è parlato anche dei voucher della Regione (3.000 borse finanziate fino al 2008 con 50 milioni di euro): per ora c'è un regolamento, ma i tempi per la partenza del programma non saranno brevi. Deve ancora essere nominata, dalla Giunta, la commissione di sei esperti che valuterà le esperienze formative proposte. Per questo l'Università potrebbe chiedere che una parte delle risorse destinate ai voucher, venga dirottata per In Time 36. Oggi si riuniranno il rettore Pasquale Mistretta, con gli assessori regionali alla Programmazione, al Lavoro e alla Pubblica istruzione. Un'occasione importante per avanzare la richiesta, e poter arrivare a coprire un totale di cento borse del progetto In Time. I voucher (per persone che non abbiano più di 35 anni, limite aumentato a 40 per gli occupati, laureati o in possesso di un diploma accademico di primo o secondo livello, minimo 105 su 110) potranno servire per la partecipazione a programmi di alta formazione e di inserimento lavorativo. Entro il 30 marzo sarà pubblicato il relativo bando. Intanto però c'è bisogno di nuove risorse per il progetto In Time: sono tanti i curricula raccolti dal settore relazioni estere e girati ad aziende estere, pronte a ospitare i laureati cagliaritani anche subito. «Le iniziative presentate sono importanti perché permettono di colmare quella distanza che esiste tra Università e mondo del lavoro», hanno spiegato i rappresentanti Giuseppe Frau e Fabiola Nucifora. Argomento ripreso dal rettore Pasquale Mistretta: «Nell'assemblea di Confindustria, la parola Università era sulla bocca di tutti. Questo ci riempie di responsabilità, ma ci permette di chiedere un maggior contributo alle imprese e alla Regione, per la ricerca e per l'occupazione dei giovani laureati». In Time ci prova, ma solo per 20 laureati. Chissà che non si trovino altre risorse già da oggi. Matteo Vercelli ___________________________________________________________ La Nuova Sardegna 8 lug. ’05 TELELAUREATI» IN TURISMO Sant’Anna Arresi, università a distanza: due neo dottori SANT’ANNA ARRESI. Due neo-dottori grazie all’Università a distanza. Ieri mattina, presso la sede della facoltà di Economia, a Bologna, si sono laureati due studenti che hanno completato i loro studi attraverso il corso teledidattico di Economia e Management dei Servizi Turistici, operativo ormai da qualche anno a Sant’Anna Arresi. I nuovi laureati sono: Francesca Murgia, di Giba, la quale ha presentato una relazione di politica economica del turismo, trattando, in particolare, il tema: “I beni pubblici nel prodotto turistico”. Tiziana Diana, di Carbonia, ha preferito, invece, occuparsi di geografia del turismo. La sua relazione ha affrontato un argomento spesso all’attenzione degli enti pubblici e degli operatori turistici del Sud-Ovest sardo: «Come affrontare il problema della destagionalizzazione nel Sulcis-Iglesiente attraverso la valorizzazione del territorio». Le due studentesse hanno raggiunto un brillante risultato finale a testimonianza della loro serietà ed impegno ma anche dell’efficienza di una scuola che ha consentito, nel breve volgere di qualche anno, ad una decina di giovani del territorio di ottenere la laurea. La scuola di economia e management dei servizi turistici è nata circa cinque anni fa quasi in sordina ed è andata avanti nonostante lo scetticismo di qualcuno. I risultati sono arrivati quasi subito perché la materia è interessante ed è strettamente legata alle peculiarità ed alle prospettive di sviluppo del territorio. A tutto ciò si aggiunge la validità di questa formula d’insegnamento a distanza. Gli allievi seguono le lezioni in audio conferenza o attraverso altri supporti audiovisivi ed informatici. Un tutor li segue durante tutto il corso degli studi e gli esami si svolgono a Sant’Anna Arresi. Tutto questo consente di ridurre i costi e la scuola diventa accessibile anche ai meno abbienti. Enrico Cambedda ======================================================= ______________________________________________ Il Corriere della Sera 09 lug. ’05 ATENEI, PARTONO I QUIZ PER L'ISCRIZIONE 2,15 ore IL TEMPO previsto nella maggior parte dei corsi per rispondere a tutte le domande 80 IL NUMERO ' dei quesiti proposti a seconda dei corsi; cinque risposte possibili, una sola esatta I primi saranno gli aspiranti dentisti, e verrebbe pure facile la battuta «via il dente ...». Ma con i test di ammissione all'università c'è poco da scherzare. Il futuro comincia anche da un modulo: risposte esatte, saltate, sbagliate. La stagione delle selezioni si apre con odontoiatria: test di ammissione fissato per mercoledì 20 luglio. Freschi di diploma. La prova affronterà quesiti di logica e cultura generale, biologia, chimica, fisica e matematica. Tempo: due ore e quindici minuti, ottanta quesiti a risposta multipla. Anche per il prossimo anno accademico, l'ammissione degli studenti ai corsi di laurea a «numero programmato», è condizionata al superamento di una prova. Per l'accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e in medicina veterinaria, le prove sono predisposte direttamente dal ministero. Tempo due ore e le aspiranti matricole dovranno rispondere a ottanta quesiti a risposta multipla (una risposta esatta tra le cinque indicate), su quattro argomenti: logica e cultura generale; biologia; chimica; fisica e matematica. Il test di ammissione si effettuerà presso le sedi universitarie martedi 6 settembre (per medicina e chirurgia) e mercoledi 7, per veterinaria (con inizio alle ore 11). Per l’accesso ai corsi di laurea delle professioni sanitarie, invece, la prova è predisposta da ciascuna università ed è identica per l'accesso a tutte le tipologie dei corsi. La prova si svolgerà giovedi 8 settembre. Da ricordare anche la prova per l'ammissione al corso di laurea in scienze della formazione primaria, che si terrà presso le varie sedi lunedi 19 settembre. Anche in questo caso, ottanta quesiti a risposta, di logica e cultura generale, cultura storico-letteraria, cultura scientifico-matematica, cultura pedagogica e didattica. Infine, per architettura, la prova è predisposta da ciascuna università, e si svolgerà presso le varie sedi il2 settembre (inizio ore 11) e consisterà nella soluzione, in due ore e quindici minuti, di ottanta quesiti a `risposta multipla, di cui una sola esatta tra le cinque indicate, su argomenti di logica e cultura generale; storia, disegno e rappresentazione, matematica e fisica. Giuseppe Tesorio _______________________________________________________ Il Sole 24Ore 6 Giu.05 Lauree: ecco le date d’esame Odontoiatria «sperimentale» Sono state avviate le procedure per l’ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso 2005-2006 in medicina e chirurgia, odontoiatria e professioni sanitarie (infermieri, fisioterapisti, tecnici ecc.). Il Miur ha stabilito le date dell’esame di ammissione: odontoiatria 20 luglio, medicina 6 settembre, veterinaria 7 settembre, professioni sanitarie 8 settembre. L’anticipazione di due mesi per odontoiatria è la novità di quest’anno. Ed è legata al fatto che per la prima volta in assoluto la graduatoria sarà unica a livello nazionale. La prova di esame, unica e uguale per tutto il territorio nazionale, potrà essere svolta nelle Università vicino casa, mentre la successiva assegnazione dipenderà dalla graduatoria di merito elaborato a livello nazionale. Gli studenti meglio classificati potranno scegliere dove frequentare, tutti gli altri entreranno nei posti disponibili rimasti. Il Miur sta definendo ora l’assegnazione dei posti ai vari Atenei. Al momento il Miur ha stabilito solo i posti per odontoiatria: 893 rispetto ai 931 dello scorso. Una riduzione di appena 38 posti, il 4% che riguarda L’Aquila (da 30 a 12), Messina (da 30 a 16), Catanzaro (da 25 a 20), Chieti (da 50 a 45) e Pisa (da 30 a 28). Riguarda anche Bari (da 45 a 37), ma in questo caso gli 8 posti sono stati spostati su Foggia, ora autonoma, ma in precedenza “aggregata” a Bari. «Per la “novità” di odonotoiatria, che il Miur ha definito “sperimentale” - spiega Angelo Mastrillo, segretraio della conferenza dei corsi di laurea delle professioni sanitarie - secondo un’elaborazione dei dati relativi allo scorso anno curata da un ricercatore dell’Università di Cagliari, Andrea Casanova, alcune Università perderebbero il 50% dei posti degli studenti locali, a favore di studenti più meritevoli provenienti da altre città. Sarebbero stati esclusi alcuni studenti di Perugia (18 su 22), Varese (13 su 20), Sassari (16 su 25), Cagliari (9 su 20), Catanzaro (14 su 25), Modena (7 su 15), e Messina (13 su 30), a favore degli studenti più preparati di Padova, Verona, Napoli, Bologna, Firenze e Ancona. Però sul totale di 886 posti, quelli coperti a livello locale sarebbero stati 733, mentre i restanti 153, appena il 17%, sarebbero stati occupati per mobilità da studenti presentatisi in altre Università». Quindi la temuta “iniquità” a favore dei meritevoli, riguarderebbe solo il 17 per cento. Inoltre non è detto che la mobilità sarebbe stata reale, se si pensa ai circa 60 studenti di Padova e Verona che avrebbero dovuto trasferirsi anche in Sicilia e Sardegna, pur di iscriversi ai corsi. ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 6 lug. ’05 GRADUATORIA NAZIONALE: TREMANO MEDICINA E VETERINARIA Lauree scientifiche, è allarme rosso Università. Fra due settimane il megatest per Odontoiatria: in palio mille posti In Medicina, a Cagliari, si iscrivono 170 giovani ogni anno. Con la graduatoria nazionale la metà resterebbe fuori dalla porta «Il problema è grosso», sospira il preside di Medicina, Gavino Faa. La lista nazionale per l'accesso ai corsi a numero chiuso rischia di essere una mannaia per gli studenti cagliaritani che sognano una laurea in materie scientifiche. La crisi è già in atto per il corso di laurea in Odontoiatria, su cui fra due settimane sarà sperimentato il nuovo metodo che lascerà fuori dalla porta i ragazzi che hanno preso la maturità nei licei di Cagliari e del resto dell'Isola, fra i peggiori d'Italia nel rispondere ai quesiti dei test. Soprattutto quelli di argomento scientifico. Il test del 21 luglio«Sarà un caos», pronostica il preside Faa, che guarda con qualche apprensione al primo megaconcorso, fissato per il 21 luglio. Il Ministero ha scelto come cavia Odontoiatria perché i posti a disposizione in tutta Italia sono pochi, un migliaio circa. Se, contro i pronostici degli addetti ai lavori, la prima prova nazionale dovesse funzionare, già dall'anno prossimo potrebbe toccare a corsi più frequentati, in particolare Medicina e Veterinaria. E per Cagliari, se non si dovesse intervenire sulla preparazione scientifica e la pratica dei quiz a risposta multipla nei licei, sarebbe una tragedia. «Oggi - spiega il presidente del corso di laurea di Medicina, Amedeo Columbano - si iscrivono all'università 170 giovani aspiranti medici all'anno. Con l'accesso su base nazionale, metà di loro resterebbe fuori dalla porta». Il rischio del caosAi ragazzi cagliaritani, in attesa che le cose migliorino, non resta che gufare contro il test di Odontoiatria. Il rischio del caos è alto. Dei tanti candidati che si presenteranno nei vari atenei, il Cineca di Bologna selezionerà i mille che avranno fatto i test migliori d'Italia. I primi duecento (fra i quali, a meno di sorprese clamorose, difficilmente ci saranno ragazzi maturati nei licei cagliaritani) potranno scegliere dove iscriversi. Esaurite le sedi più ambite, il diritto di scelta toccherà ai secondi duecento migliori classificati. Gli altri saranno contattati in una terza fase. Non è insensato attendersi ingorghi e lunghe attese. Dopodiché, gli ultimi seicento eletti dovrebbero essere contattati via sms per la spartizione dei posti rimasti. Ai cagliaritani, se andrà bene, rischiano di toccare le sedi meno gradite. «Colpa di un metodo - commenta Faa - importato pedissequamente dagli Usa, dove c'è una maggior propensione allo spostamento che in Italia. E dove motel e stanze in affitto costano meno e uno studente fuori sede trova facilmente un impiego part time con cui mantenersi». (m. n.) Il rettore Mistretta spiega il perché dei corsi ad accesso limitato «Il numero chiuso? Lo impone la riforma» «Non sono il rettore o il Senato Accademico a volere strozzare l'ingresso ai corsi di laurea, ma le regole dettate dalla Riforma, che hanno introdotto dei requisiti minimi da rispettare. L'alternativa al numero chiuso sarebbe la soppressione del corso». Pasquale Mistretta ha accettato il voto contrario dei rappresentanti degli studenti, ricordando però che la decisione di introdurre nuovi corsi a numero chiuso non è un'idea dell'ateneo cagliaritano. «I requisiti minimi ? sottolinea il rettore ? sono dati dal rispetto del rapporto tra numero di studenti e docenti, tra studenti e locali e aule a disposizione. Dunque si deve per forza di cose chiudere l'ingresso, mettendo un numero massimo di studenti. In alcuni casi, per fortuna non a Cagliari, si arriva anche alla chiusura totale del corso». L'intervento di Mistretta è arrivato dopo l'approvazione da parte del Senato accademico del manifesto degli studi 2005- 2006, che ha visto passare la percentuale dei corsi a numero chiuso dal 40 al 53 per cento, con le conseguenti proteste da parte degli studenti. Intanto un movimento studentesco, che fa capo a Comunione e liberazione, ha avviato dei corsi estivi per preparare i diplomati ad affrontare i test d'ingresso alle facoltà. Un modo per permettere di colmare le lacune in alcune materie, con suggerimenti e indirizzi precisi che potrebbero permettere a molti ragazzi di non perdere il treno della facoltà universitaria preferita. Un duello che nel caso di Odontoiatria, e un domani in Medicina e Farmacia, è da affrontare con i colleghi della Penisola. (m. v.) Università ”Si insegnino i test al liceo” I dati in possesso del presidente del corso di laurea in Medicina, Amedeo Columbano sono quelli dell'anno scorso: «Ma il fenomeno - sospira il prof - va avanti da molto tempo». Test consegnati dagli aspiranti iscritti a Medicina: su 35 atenei, Cagliari è 32ª nella classifica in base alla miglior prestazione, 33ª in quella basata sulla media delle risposte degli ammessi, 34ª in quella che prende in considerazione i voti degli ultimi ammessi. Con lo stesso punteggio del quindicesimo classificato a Cagliari, un veneto, nella sua università, finì 140°. Perché i ragazzi che studiano a Cagliari non sanno rispondere ai quesiti? Da cosa dipende la loro scarsa preparazione nelle materie scientifiche? «È possibile - suggerisce Columbano - che il ritardo cominci alle medie. Poi l'insularità, la poca competitività, i pochi confronti, la scarsa mobilità hanno il loro peso. Come la mancata educazione ai test». Il preside Faa concorda: «Non credo nel tipo di preparazione promosso dai quiz a risposta multipla. Ma credo che a scuola i nostri ragazzi dovrebbero familiarizzare con questo tipo di test ormai dominante, imparando, per esempio, che delle cinque risposte bisogna sempre scartare le due estreme: dal 20 per cento delle possibilità, in questo modo, si sale già al 33 per cento». Magari il consiglio potrà essere utile, fra due settimana, a qualche aspirante odontoiatra. (m. n.) ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 5 lug. ’05 STUDI IN CITTÀ? NON FARAI L'ODONTOIATRA Università. I ragazzi cagliaritani fanalino di coda nella graduatoria nazionale: troppe lacune nelle materie scientifiche Nuovi test d'ammissione, avvantaggiati i liceali del nord Corsa contro il tempo per evitare la beffa: al via i corsi intensivi riservati ai maturandi Cambiano le regole per accedere al corso di laurea a numero chiuso. Il rischio è che a Cagliari si laureino solo odontoiatri di origini continentali. E tra un po' tocca a Medicina e Veterinaria Studiare da odontoiatra, per chi consegue la maturità a Cagliari, rischia di diventare un sogno impossibile: le aspiranti matricole si presentano al test d'ammissione con troppe lacune in matematica, fisica, chimica, biologia, genetica, logica, cultura generale. Cagliari, se le cose continuano così, sfornerà solo odontoiatri nati da Firenze in su. E tanti giovani cagliaritani dovranno rivedere le proprie ambizioni. Graduatoria nazionale Il problema è serio. Da questo mese cambiano i meccanismi di accesso ai corsi di laurea in Odontoiatria attivati (a numero chiuso) nelle varie università italiane: se finora ciascun ateneo permetteva l'iscrizione ai primi classificati fra i candidati che affrontavano in loco gli esami di ammissione, d'ora in poi, in tutto il Paese, la lista sarà unica. Un'enorme graduatoria compilata in base ai risultati dei test d'ammissione effettuati nelle varie università: ai corsi di laurea saranno ammessi i migliori d'Italia. E i cagliaritani non troverebbero posto. Colpa di giganteschi buchi di preparazione rispetto ai ragazzi dei licei del centro-nord. E dato che la prospettiva (molto concreta) è di passare al listone nazionale, in tempi stretti, anche per gli altri corsi di laurea di Medicina e Veterinaria, si capisce la fretta con cui università e licei cagliaritani stiano cercando di correre ai ripari. Ultimi in classifica Il punto è questo. Stando alle analisi del Cineca di Bologna (l'ente cui affluiscono tutti i test d'ammissione e che elabora i dati per conto di tutti gli atenei), finora le matricole cagliaritane che ambivano a frequentare Odontoiatria sono fra quelle con i punteggi più bassi. Il miglior candidato di Cagliari, spesso, viene superato dal peggiore di una città come Firenze. Peggio, e nemmeno sempre, fanno solo Foggia e Messina. Un segnale confermato anche dai test di valutazione che la facoltà di Ingegneria effettua sui nuovi iscritti. Mal di scienza Il guaio sono le materie scientifiche. Per essere ammessi in Odontoiatria, occorre rispondere a 80 quesiti a soluzione multipla: 18 quesiti di fisica e matematica, 18 di chimica, 18 di biologia e genetica, il resto logica e cultura generale. Per uscire dall'impasse, è qui che bisogna lavorare. Come? È quanto i responsabili dei corsi di laurea coinvolti e i presidi dei licei stanno cercando di capire. Corsa ai ripariNelle ultime settimane, i contatti si sono intensificati. La prospettiva è di definire un programma di collaborazione entro settembre-ottobre. L'ipotesi è di organizzare, per i maturandi che hanno scelto di proseguire gli studi in un corso di laurea a numero chiuso con chiamata su base nazionale, dei corsi full immersion: a partire da gennaio, finite le lezioni regolari, gli aspiranti odontoiatri (e probabilmente anche gli aspiranti medici e veterinari) dovrebbero frequentarne altre, mirate a migliorare le loro conoscenze scientifiche. Mettendo i ragazzi cagliaritani in condizioni di competere ad armi pari con i coetanei della Penisola. Marco Noce ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 5 lug. ’05 TROPPI CORSI A NUMERO CHIUSO, STUDENTI IN RIVOLTA Voto contrario al Manifesto degli studi 2005-2006: «Negato il diritto all'istruzione» Iscrizioni limitate in tutte le Facoltà, fa eccezione solo Giurisprudenza Sale il numero dei corsi di laurea con accesso limitato, e gli studenti dell'ateneo di Cagliari si ribellano. Nell'anno accademico '04-'05 su cinquanta corsi, venti erano a numero chiuso, il 40 per cento. Una percentuale elevata che aveva portato alle prime proteste. Nel nuovo manifesto degli studi '05-'06, approvato nell'ultima seduta del Senato accademico con soltanto due voti contrari (quelli delle rappresentanti degli studenti Fabiola Nucifora di "Università per gli studenti", e Silvia Corda di "Uniti e liberi"), la percentuale sale al 53 per cento, con 27 corsi a numero chiuso su 51. In alcuni casi diminuiscono i posti a disposizione, e così ai due rappresentanti non è rimasto che cercare di far sentire la loro voce votando contro il piano dell'offerta formativa. Il manifesto agli studiL'unica facoltà che conserva la libertà di accesso ai corsi di laurea triennali è Giurisprudenza. Per il resto in tutte le altre aree di studio almeno un corso è a numero chiuso, con l'en plein di Farmacia (2 su 2), Medicina (7 su 7) e Scienze della formazione (3 su 3), oltre ai corsi interfacoltà di Scienze motorie e Servizio sociale: Economia (1 su 3), Ingegneria (3 su 9), Lettere (2 su 5), Scienze matematiche, fisiche e naturali (3 su 11) e Scienze politiche (1 su 3). Ad accesso libero il corso di Amministrazione, governo e sviluppo locale. Posti ridottiNella facoltà di Lingue e letterature straniere, dove tutti e tre gli indirizzi di laurea erano a numero chiuso, la situazione è peggiorata per la riduzione di posti: dai 500 dell'anno accademico scorso ai 400 del prossimo. Anche nelle lauree specialistiche, la situazione vede un proliferare di corsi blindati: in Scienze solo Tecnologie informatiche era chiuso (40 posti) nell'ultimo anno, mentre nel nuovo manifesto dell'ateneo di Cagliari per accedere ai corsi di Tecnologie informatiche (25 posti), Rilevatore di ambienti naturali (20), Biologia marina (20), Biologia sperimentale e applicata (80) e Neuropsicologia (20) sarà necessario superare una prova e battere i colleghi studenti. In controtendenza Psicologia che raddoppia: dai 120 posti dell'anno scorso ai 240 del prossimo. Una scelta che va verso la trasformazione del corso di laurea di Scienze della Formazione in facoltà autonoma. La protesta«Basta fare un confronto tra il manifesto del 2004 e quello approvato la settimana scorsa dal Senato accademico per capire dove sta andando la nostra Università». È critica Fabiola Nucifora, rappresentante degli studenti nel Senato universitario, che ha detto no, insieme all'altra rappresentate, Silvia Corda, votando contro al piano di offerta formativa varato dall'ateneo di Cagliari. «È una tendenza ? prosegue la rappresentante di Università per gli studenti ? che si sta affermando in tutti gli atenei e va nella direzione imposta dall'attuale Governo. Si sta chiudendo la possibilità ai giovani di scegliere e di poter mettere in pratica il loro diritto allo studio. In Europa la situazione è all'opposto. I requisiti introdotti dalla riforma sono troppo ristrettivi, e così anche Cagliari si è dovuta adeguare, un'azione in controtendenza rispetto al passato, quando le tasse basse e il libero accesso erano una garanzia al diritto allo studio». Le proteste non sono mancate in passato e non mancheranno: «Come studenti protesteremo e rivendicheremo quello che è un nostro diritto». Matteo Vercelli ______________________________________________ Il Corriere della Sera 09 lug. ’05 STUDENTI DI MEDICINA, FORMAZIONE IN CORSIA In un momento di sofferenza strutturale per lo stato di indigenza della didattica e della ricerca scientifica delle nostre Università, la Statale di Milano propone agli studenti di Medicina un nuovo corso di laurea che formerà medici ospedalieri già al termine degli studi. Questo corso rappresenta un modello innovativo in Italia e si basa, sulla preminenza di una attività didattica clinica rispetto al classico nozionismo teorico. In un medico la professionalità non deve essere un valore da acquisire negli anni, ma deve fare parte integrante della sua formazione. Di qui è nata l'idea di un corso di laurea sperimentale ad indirizzo ospedaliero, operativo dal 1° marzo scorso. Gli elevati standard professionali presenti nélle varie specialità dell'ospedale S. Giuseppe sono stati messi a disposizione degli studenti che avessero compiuto la prima parte del loro iter formativo (primo triennio): AI termine di questo periodo, una full immersion in un ambiente ospedaliero favorisce l'apprendimento di quel «saper fare» che costituisce la professionalità del medico. Abbiamo cosi potuto mettere a frutto per questo corso di laurea i recenti sforzi innovativi sostenuti dall'ospedale: sale operatorie dotate tutte di telecamera e collegate alle aule didattiche, unità operative caratterizzate da alta qualificazione tecnologica, tutto dotate di apparecchiature e professionalità d'avanguardia. L'organizzazione didattica di questo corso prevede che gli studenti frequentino tutti i giorni la struttura ospedaliera come medici dell'organico, a rotazione, nei vari reparti, affidati a un singolo tutor in un rapporto 1 a 1. Il tutor insegnerà il «know how» di ogni suo gesto professionale: la visita, la raccolta della storia clinica, la medicazione, l'uso di strumenti diagnostici, le tecniche chirurgiche, il confronto con le esigenze manageriali dell'Azienda. Al pomeriggio sono previste lezioni tradizionali secondo il piano di studi della Facoltà di Medicina. Edoardo Austoni Professore ordinario di Urologia all'Università di Milano, Coordinatore del Corso di laurea sperimentale dell'ospedale S.Giuseppe ______________________________________________ Il Giornale di Sardegna 05 lug. ’05 PARCHEGGIO CON MULTA AL POLICLINICO DI MONSERRATO Assegnati ai medici i postieggi mentre i malati devono fare un chilometro sotto il sole Divieto di sosta con rimozione forzata al Policlinico Universitario. Tutte le aree disponibili attorno all’ospedale sono state interdette ai malati, costretti a fare lunghi tragitti a piedi sotto il sole, anche oltre un chilometro, per recuperare l'auto nel parcheggio dei visitatori. Il parcheggio di 40 posti è stato riservato ai medici e a parte del personale. Che però già dispongono dei posteggi interni lungostrada. Ritirati tutti i pass che consentivano la sosta. A pochi eletti è stato concesso un nuovo documento in cui è ben evidenziato a caratteri cubitali che è un pass non valido per la sosta: un foglietto rilasciato dalla direzione sanitaria, previa dichiarazione dei medici dell’ospedale, e che deve deve essere esibito al custode all’ingresso. “Il presente pass non è valido per la sosta del veicolo nel parcheggio interno del Policlinico Universitario - si legge - ma esclusivamente per il transito finalizzato all’accompagnamento dei pazienti le cui condizioni cliniche impediscono la deambulazione prolungata”. Di fatto i malati che non possono deambulare sotto la canicola estiva ma che comunque guidano l'auto non hanno altra soluzione: si va a piedi, il parcheggio consentito è troppo lontano. COSI, PER UNA VISITA si può rischiare come minimo un colpo di sole. In pole position tutti i cardiopatici a rischio di trombosi, almeno un centinaio ogni giorno, che si riversano nella clinica universitaria per il trombotest. Seguiti dai portatori di handicap che tanto hanno lottato perché la loro vita si avvicinasse quanto più possibile alla normalità e potessero gestirsi da soli in modo diversamente abile. Tutti, come una punizione scolastica, devono venire accompagnati se vogliono evitare rischi inutili alla propria salute: essere autosufficienti non è consentito. Una decisione che ha ben poca cura delle finalità per cui la struttura esiste: quella di aver cura dei malati. Ma piuttosto che attivare un servizio di pulmino per collegare il parcheggio lontano all’ingresso della clinica, si è visto bene di acquistare un autogrù da ammortizzare facendo pagare 30 euro per ogni infrazione alla regola. Un aggancio da pochi giri di ruota per portare l’auto parcheggiata “abusivamente” senza autorizzazione fino all’area recintata che costa quasi come una multa in pieno centro. Ma da pagare subito e in contanti. Altrimenti la macchina non viene restituita. ___________________________________________________________ L’Unione Sarda 5 lug. ’05 CLINICA PEDIATRICA, LA FURIA PINTOR «Non voglio essere correo di strategie che danneggiano i bimbi» C'è chi sostiene che dietro le dimissioni del capo della clinica pediatrica ci sia la difesa del primariato. Il preside di medicina: «Falso». I maligni sono divisi in due gruppi: c'è chi dice che ci sia una manovra per cacciarlo e sostituirlo con altri. E chi sostiene che le sue lamentele e quelle degli altri prof della clinica Macciotta siano nient'altro che il colpo di coda di una cricca di baroni che temono, con l'istituzione dei dipartimenti, di perdere cattedre, primariati. Carlo Pintor, direttore della prima clinica pediatrica, scrolla le spalle e replica sicuro: «Lo escludo al 100 per cento». Gavino Faa, preside di medicina, gli fa sponda: «Chi dice questo vuole solo creare problemi. La nascita dei dipartimenti non ridurrà i reparti». Insomma, «c'è solo un problema di tutela dei bambini» dietro le dimissioni di Pintor, 67 anni, professore associato dall'82, ordinario dal '92, tre specializzazioni: pediatria, puericultura ed endocrinologia. Dimissioni confermate? «Ineluttabili. Ma vorrei che andasse via anche il direttore generale della Asl 8». Addirittura? «Non è accettabile che rifiuti di incontrare un gruppo di professori che chiedono di vederlo. È uno schiaffo anche all'università». Ce l'ha contro l'accorpamento dei reparti pediatrici? «Non contro tutti gli accorpamenti, ma contro quelli insensati, come pediatria e neuropsichiatria infantile». Perché? «Da mesi denunciamo la carenze di infermieri. Per far funzionare il pronto soccorso dobbiamo inviare personale da altri reparti, il servizio trasporto neonati, quello che garantisce a tutti i bambini nati con problemi in tutta la Sardegna possano essere trasportati da noi funziona dalle 8 alle 14, come un ufficio qualunque. In questo contesto si accorpano i reparti». Ma Gumirato ha spiegato che si fa in tutta Italia quando il personale va in ferie. «Ma non si può fare in tutti i reparti. Preferirei che si chiudesse la mia clinica, visto che esistono reparti analoghi al Brotzu e al microcitemico e si tenesse aperta neuropsichiatria. Meglio far funzionare bene un reparto che due male». Dimissioni irrevocabili? «Non voglio essere correo di una cattiva assistenza. E non voglio fare né il ragioniere né continuare a mandare ogni giorno lettere di protesta senza ottenere risposte, è un'umiliazione». L'ottimismo di FaaChiarita la differenza «tra chi lavora per risolvere i problemi e chi per crearli», Gavino Faa dice di condividere le lagnanze di Pintor ma ritiene che i problemi si possano superare. «Ha ragione e se ha presentato le dimissioni per questo - ma io non lo ho ricevute - mi auguro che le ritiri. Quanto agli accorpamenti ho chiesto un incontro ai direttori sanitari della Asl e del San Giovanni di Dio Sorrentino e Ortu per ragionare su alcune situazioni specifiche. Ho ottenuto la massima disponibilità e sono certo che risolveremo i problemi». Fabio Manca ______________________________________________ La Stampa 03 lug. ’05 ARRIVA A TORINO LA NUOVA CHIRURGIA PER COMBATTERE I TUMORI GASTRICI Arriva dal Giappone una speranza nuova contro il carcinoma gastrico, una delle più ardue sfide per gli oncologi di tutto il mando, che solo in Piemonte conta ogni anno 1300 nuovi casi e uccide circa 850 malati. Il Gruppo Italiano di Studio del Carcinoma Gastrico (Igcsg) coordinato dai dottori Maurizio Degiuli e Fabio Calvo, chirurghi al San Giovanni Antica Sede, ha condotto in collaborazione con i colleghi dei National Cancer Center di Tokyo il primo studia nazionale utilizzando in sala operatoria una tecnica giapponese anziché L’approccio accidentale. E ha dimostrato che la probabilità di sopravvivenza a distanza di sette anni dall'intervento cresce - col metodo nipponico - dal 20 al 65 per cento, Senza maggiori rischi collaterali. «Il trattamento chirurgico messo a punto dai medici orientali - spiega Degiuli - si basa non sala sulfaspartaziane di parte o di tutta la stomaco affetta dal tumore, ma anche sulla contemporanea asportazione dell'intera rete linfatica loco-regionale», Una «rate» che comprende le ghiandole linfatiche attorno allo stomaco e accanto ai vasi sanguigni che lo irrorano: «Anche in accidente - precisa il dottor Degiuli - l’intervento prevede l’asportazione delle ghiandole linfatiche, ma non in maniera cosi meticolosa come quella descritta dagli studiosi giapponesi». «Loro - prosegue Degiuli - basandosi su studi anatomici e linfo-scintigraf5ci hanno individuato sedici stazioni linfatiche principali attorno alle pareti della stomaco e lungo i vasi sanguigni, ognuna delle quali può contenere da uno a cinque linfonodi. Queste sedici stazioni vengono suddivise dai chirurghi giapponesi in tre livelli di profondità: mentre l'intervento standard in Occidente prevede solo l’asportazione di quelle più vicine al tumore, quello descritto dai giapponesi comporta anche l'asportazione dai livelli più profondi». L'operazione secondo il metado qiapponese è stata eseguita dall Igcsg au 200 pazienti italiani. I nastri chirurghi hanno appresa il metodo direttamente dai maestri nipponici. Con loro hanno elaborato un rigido protocollo di procedura, che rispecchiasse la meticolosità della tecnica originale; tecnica che richiede una perfetta conoscenza anatomica della zana che circonda lo stomaco. Ancora il dottor Degiuli: «Nei Paesi occidentali si à registrato un sensibile decremento dell'incidenza del carcinoma gastrica, anche grazie all'affinamento della tecniche diagnostiche, ai progressi della chirurgia e all’approccio con chemio-radioterapia. Purtroppo però, questo tumore continua a rappresentare una difficile scommessa per i chirurghi e gli oncologi. Nel 2000 erano stati diagnosticati oltre 870 mila nuovi casi nel mondo, con 650 mila morti, In Italia, ogni anno, si cantano 16 mila malati in più e 11 mila decessi: significa che mentre nel nostro Paese dopo cinque anni dalla diagnosi di carcinoma dello stomaca vivono meno di tre pazienti su dieci, in Giappone ne sopravvivono sette, più del doppio». Il perché del modello-Giappone è presto spiegato: «E' una delle nazioni can incidenza più alta di neoplasie gastriche - sottolinea il dottor Degiuli -: ogni anno 120 persone su 100 mila sviluppano un tumore dello stomaca. Un rapporto che in Italia è invece di 20-30 mila su 100 mila. Per questa il ministero della Salute nipponico ha investito molto anche sulla diagnosi precoce e ha dato grande impulso allo sviluppo tecnologico e all'organizzazione di imponenti screening di massa». Screening che hanno portato dai primi Anni Sessanta alla nascita di centri ospedalieri super-specializzati: «Cosi aggi, in Giappone, altre ff 50 per cento di nuovi casi di cancro dello stomaca 's diagnosticato all'inizio, con una speranza di guarigione vicina al 100 per cento. Mentre in Occidente questa percentuale é al di sotto del 20». I chirurghi giapponesi hanno pubblicata numerosi studi da cui emerge che i loro pazienti operati anche in uno stadio avanzata della malattia vivono più a lungo di quelli occidentali. Non sola: questi tumori tendono a ripresentarsi mena frequentemente rispetto alla media italiana. Il tutto grazie alla diagnosi precoce e alle tecniche operatorie ara importate dal nostro Gruppo Italiana di Studio ________________________________________________ LA GAZZETTA DEL METZOGIORNO 03-07-2005 CANCRO, ECCO I «MARCATORI-SPIA» Procedura non invasiva unica al mondo elaborata da un team di ricercatori Tecnica che individua le alterazioni, «segnali» del tumore al polmone Brucia, ragazzo, brucia i polmoni quella sigaretta ma anche l'inquinamento e alcuni lavori sono galeotti. Il cancro è dietro l'angolo. Il cancro polmonare colpisce 26.000 uomini e 7.000 donne all'anno. Solo un malato su dieci sopravvive cinque anni alla diagnosi. Questo tumore non dà segni iniziali di sé e, quando lo si avverte, è già troppo grande per poter essere aggredito utilmente con le terapie disponibili. II segreto per vincerlo è la diagnosi anticipata (a parte la prevenzione basata sul non fumare e vivere in un ambiente salubre). La radiologia e la broncoscopia con l'esame istologico si rivelano preziosi ma non riescono a fronteggiare le necessità «e, tra l'altro, richiedono l'impiego di notevoli risorse economiche pur con risultati - dice il prof: Onofrio Resta, direttore della cattedra di malattie respiratorie dell'Università di Bari - con risultati poco incoraggianti»- Per questo si cercano nuove vie diagnostiche precoci specie per la popolazione ad alto rischio (fumatori e quanti sono esposti per motivi di lavoro o di vita al fumo passivo o agli agenti inquinanti) e si punta, in particolar modo, sulla ricerca di componenti genetiche alterate. Identificare il danno nella cellula rappresenta l'elemento discriminante non solo per la «traccia» del tumore ma anche per valutarne il grado di sviluppo 0l’efFicacia della terapia. I gruppi di ricerca delle cattedre di malattie dell'apparato respiratorio dell'Università di Bari (direttore il prof. Resta) e di Foggia (direttore il prof. Maria Pia Foschino), e dell'oncologico di Bari (oncologia sperimentale, direttore il dr. Angelo Paradiso), dell'unità operativa chirurgia toracica dell'ospedale San Paolo (direttore il dr. Francesco Carpagnano) e dell'Ispa del Ci r di Bari (dr. Giuseppina Mulé) hanno messo a punto una tecnica originale che ha permesso di identificare cinque alterazioni genetiche che si rivelano spia di tumore presente o in via di costituzione. Per la prima volta al mondo, con tecnica non invasiva (sull'aria espirata dalla bocca o dal naso che viene condensata facendola passare per un sistema di refrigerazione a meno 20°), è stata individuata una serie di «marcatori» neoplastici utilizzabili allo scopo. «Le ricerche in questo ambito, coordinate dalla dr. Giovanna Elisana Carpagnano, consentono di scoprire le alterazioni che - spiega la prof. Foschino - lasciano auspicare l'applicazione di questa metodica in programmi di screening e diagnosi precoce del tumore del polmone Nioola Simonetta CNR ______________________________________________ Il Sole24Ore 07 lug. ’05 LOTTA AI TUMORI CELLULA PER CELLULA L'Istituto europeo di oncologia festeggia dieci anni e illustrai nuovi traguardi della cura e della prevenzione con è un buon momento per la ricerca italiana, -e non solo per la crisi economica. Rispetto a qualche anno fa è infatti cambiato profondamente l'atteggiamento nei confronti del progresso scientifico: la speranza ha lasciato spesso il posto alla diffidenza e, qualche volta, all'ostilità. Per questo il nostro impegno, più oneroso che in altri momenti, è e deve essere improntato a trasmettere quell'entusiasmo che continua a sostenerci e che, del resto, è motivato dalle continue scoperte e passi in avanti». Nonostante tutto vuole essere ottimista Umberto Veronesi, nel fare il punto sui progetti in corso e su quelli da avviare nel secondo decennio di vita dell'Istituto da lui fondato nel 1994. E la sua fiducia, come ha sottolineato lui stesso, sembra poggiare su solide basi. La natura dei tumori. Ci sono buone notizie su molti tipi di tumore e sulla comprensione del fenomeno-cancro in generale, che potrebbe presto subire capovolgimenti epocali grazie all'ingresso sulla scena delle cellule staminali. «Da qualche anno - ha chiarito durante la conferenza che si è svolta a Milano Pier Giuseppe Pelicci, responsabile dell'Unità operativa di oncologia molecolare - si è capito che il concetto secondo cui il tumore è un unicuum, un tessuto composto da cellule tutte ugualmente malate, era errato. In realtà all'interno di ogni massa sembrano esserci cellule tumorigeniche che alimentano la neoplasia, senza le quali essa non procede». I risultati degli studi. I primi indizi si sono avuti qualche anno fa, quando i ricercatori di Ann Arbor, in Michigan, hanno dimostrato che cellule tumorali umane non erano sempre in grado di dare origine alla malattia negli animali privi del sistema immunitario, come se talvolta mancassero elementi necessari e sufficienti. Questi elementi cruciali sono stati identificati e chiamati cellule staminali, anche se hanno molto poco in comune con quelle di norma chiamate cosi. Da allora queste staminali sono state trovate in tumori cerebrali ed ematologici, ma si stanno cercando un po' ovunque. «Accanto a ciò - ha aggiunto lo stesso Veronesi c'erano osservazioni cliniche difficili da spiegare. Per esempio, alcune donne con tumore mammario hanno cellule tumorali nel midollo osseo ma non sviluppano metastasi. Inoltre alcuni trattamenti sistemici consentono di avere un'ottima risposta clinica e una remissione, ma non un'eradicazione completa della malattia». Ora, ha concluso l’oncologo, è fondamentale giungere a una migliore caratterizzazione dei marcatori, per arrivare a un'identificazione sicura e, di conseguenza, a farmaci sempre più mirati. ___________________________________________________________ Corriere della sera 4 lug. ’05 Conferma da studi Usa "ECCO PERCHÉ I FARAONI NON RIDEVANO MAI: AVEVANO DENTI CARIATI" Brutto colpo per i cultori dell'antico Egitto da fantascienza. "Per quanto riguarda la salute dei loro denti - ha dichiarato Judith Miller, odontoiatra americana e studiosa di medicina antica - i sudditi del faraone e i faraoni stessi erano messi male, perché non avevano dentisti abbastanza bravi". Un'affermazione che conferma quanto gli specialisti già sanno, ma che contrasta con l'immagine romanzesca del sapiente medico egiziano padrone di mirabolanti conoscenze; un'idea sbagliata diffusa da vecchi film americani e da tanti libri spazzatura dedicati a un'antico Egitto fantasy. Senza toglier niente allo splendore della civiltà egiziana, prendiamo atto che per quanto riguarda i loro denti gli egizi avevano ben poco da ridere. Le prove sono tante e significative. La radiografia della mummia del faraone Amenhotep III (Amenofis) che regnò tra il 1387 e il 1348 avanti Cristo, mostra una bocca devastata da infezioni dentali che si erano propagate all'osso mascellare e portarono il faraone nella tomba, per setticemia, a meno di quarant'anni. Nell'epoca predinastica i problemi dentari erano rari ma, dalla metà del terzo millennio avanti Cristo, la carie cominciò a colpire l'aristocrazia mentre il popolino manteneva una bocca in buona salute. Poi anche l'alimentazione del popolo diventò più ricca e quando l'Egitto entrò nel periodo della decadenza il mal di denti aveva raggiunto tutti gli strati sociali. Sappiamo dell'esistenza di medici dentisti fin dal terzo millennio avanti Cristo, e ci sono arrivate informazioni "scientifiche" sul loro operato dai papiri medici, come quello di Ebers, dove si legge: "Rimedio per consolidare un dente. Polvere di Nubia e miele. Impastare e otturare il dente". Ma il risultato doveva essere modesto, perché l'otturazione era sempre provvisoria. E non è raro trovare mummie completamente prive di denti. Per renderli più bianchi, gli Egizi utilizzavano probabilmente gli stessi dentifrici diffusi tra gli altri i popoli del Mediterraneo. Paste a base di polveri abrasive tratte da corniola, corallo, pomice e gusci d'uovo che venivano impastate con liquidi odorosi o con urina, meglio se di bambino. Le protesi arrivarono in Egitto in epoca romana, ma quando i denti finti raggiunsero la Valle del Nilo arrivarono anche i caustici versi dei poeti satirici. Come Marziale: "Taìde ha i denti neri, Lecania bianchi. Come mai? La prima ha i suoi denti, l'altra li ha comprati". Viviano Domenica ___________________________________________________________ Le Scienze 5 lug. ’05 NON ESISTE UN LIVELLO "SICURO" DI RADIAZIONI Anche basse dosi di esposizione possono danneggiare il DNA Un rapporto della National Academy of Sciences degli Stati Uniti conferma che i rischi dell'esposizione a basse dosi di radiazioni aumentano col crescere della dose, ma soprattutto suggerisce che non esiste un livello di radiazioni da considerare sicuro. Si tratta di una conclusione che negli ultimi 15 anni era stata già prevista, e che contraddice l'ipotesi - avanzata da qualche scienziato - che piccole quantità di radiazioni siano innocue o addirittura benefiche. La commissione BEIR-VII (Biological Effects of Ionizing Radiation VII) ha esaminato i rischi di esposizione a radiazioni sia naturali sia prodotte dall'uomo, a dosi pari o inferiori a 0,1 Sievert (Sv), più o meno 40 volte la quantità cui un individuo medio viene esposto in un anno. Per un americano tipico, l'82 per cento delle radiazioni cui è esposto proviene da fonti naturali quali il gas di radon che fuoriesce dal terreno; il resto proviene soprattutto da procedure mediche come i raggi X. La commissione ha scoperto che il modello LNT (linear, no-threshold), che mette in relazione diretta le dosi di radiazione con i danni al DNA, è valido. Alcuni scienziati avevano suggerito che piccole dosi di radiazione fossero innocue o che potessero addirittura stimolare la riparazione del DNA e altri processi protettivi. Ma questa ipotesi non ha finora trovato conferme.