CATTEDRE CON CONCORSI NAZIONALI - LE NUOVE REGOLE PER SALIRE IN CATTEDRA ALL'UNIVERSITÀ - CONCORSO "UNICO" SEMPRE PIÙ LONTANO - QUEL DECRETO SUL RECLUTAMENTO DEI DOCENTI - TUTTE LE INSIDIE DIETRO IL RIORDINO DEL NUOVO CUN - SCUOLA: UN SISTEMA A QUATTRO PUNTE - IL CROCEVIA DELL'UNIVERSITÀ - L’UE BOCCIA LA RICERCA ITALIANA: È DELUDENTE - MORATTI: PERCHÉ L’OCSE SBAGLIA A BOCCIARE LA SCUOLA - PER L’UNIVERSITÀ 99 EURO D'AUMENTO - IPOTESI D'ACCORDO PER L'UNIVERSITÀ - GIUSTO PAGARE DI PIÙ I DOCENTI MIGLIORI - MATRICOLE? POCO ISTRUITE - PIÙ IMMATRICOLATI MA IL 3+2 È UN FLOP - LE BUGIE DELLE AUTOREVOLI RIVISTE SCIENTIFICHE - SASSARI: STUDI UNIVERSITARI? SÌ, MA AL RALLENTATORE - DNA: S.ANTIOCO ALLA RICERCA DELLE RADICI. - ======================================================= LA CHIRURGIA DEL POLICLINICO NELL’ECCELLENZA - MEDICINA, È FINITA LA CACCIA ALL'AULA - IL RETTORE LICENZIA UN RICERCATORE AL POLICLINICO - 554: UNA STRADA ANTI CAOS VERSO LA CITTADELLA - LA TUBERCOLOSI TORNA ANCORA A COLPIRE - LA PROSTATA DIVENTA UNA MINACCIA - TUMORE AL SENO SCONFITTO CON UN CHICCO RADIOATTIVO - RIDUCI IL FRUTTOSIO A TAVOLA E LA GOTTA SPARIRÀ - FERMARE LA LEPTINA PER COMBATTERE LA SCLEROSI MULTIPLA - ATEROTROMBOSI: QUASI UNA PANDEMIA - OBESITÀ E RISCHI PER LA SALUTE - IL RUOLO DEL CERVELLO NELLA TERAPIA DEL DIABETE - STIMOLATORE DI BUON UMORE - NUOVO TEST AL CARBONIO: I DENTI NON MENTONO SULL' ETÀ - ======================================================= ________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 gen. ’06 CATTEDRE CON CONCORSI NAZIONALI Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo sul reclutamento dei professori Ultimo tassello attuativo della riforma delle carriere - Moratti: «Si garantirà un confronto omogeneo» ROMA a Concorsi universitari, si cambia. Addio alle selezioni locali: per diventare professori sarà necessario superare una prova di valutazione nazionale. Gli aspiranti docenti saranno giudicati da commissari che esamineranno - oltre al curriculum didattico e scientifico - anche eventuali brevetti e progetti innovativi portati avanti dai candidati. Sono le novità contenute nel decreto legislativo sul reclutamento dei professori universitari approvato ieri in prima lettura dal Consiglio dei ministri. Il testo è stato emanato in attuazione della delega attribuita al Governo dalla legge 230 del 4 novembre 2005, che ridisegna lo status dei docenti universitari. Il ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti, porta dunque a compimento il primo tassello della sua contestata riforma delle carriere universitarie, con un provvedimento che «eviterà - ha detto -il ripetersi di fenomeni di localismo e garantirà il confronto omogeneo di tutti i candidati appartenenti allo stesso settore scientifico, sulla base di medesimi criteri di valutazione e da parte della stessa commissione». Dopo il parere delle Commissioni parlamentari competenti, il decreto legislativo tornerà in Consiglio dei ministri per la definitiva approvazione. Il nuovo sistema di reclutamento si basa su un'idoneità nazionale per i professori associati e ordinari, che si ottiene a seguito della valutazione di commissioni nazionali, formate con un metodo misto di elezione e sorteggio. L'idoneità dura quattro anni e costituisce requisito necessario per la chiamata degli aspiranti docenti da parte delle Università, anche se - precisa il Miur - non comporta diritto di accesso al ruolo di docente. Le commissioni dovranno valutare il raggiungimento della «piena maturità scientifica» per i docenti ordinari e della «piena maturità scientifica e didattica» per gli associati. Gli atti dei giudizi d'idoneità saranno . verificati dal Consiglio universitario nazionale (Cun) e approvati dal ministero e, successivamente, resi pubblici per via telematica. Ogni anno il ministero bandirà, con proprio decreto da pubblicare in Gazzetta Ufficiale entro il 30 giugno, concorsi distinti per ciascun settore scientifico-disciplinare e per le due fasce di ordinari e associati, per un numero di idoneità pari al totale dei posti indicato dalle Università, aumentato di una quota non inferiore al 20 per cento. Gli atenei dovranno comunicare al ministero il proprio fabbisogno di docenti entro il 31 marzo di ogni anno, ma il decreto stabilisce che - anche in assenza di richieste - ogni cinque anni dovrà comunque essere bandito un posto per ciascun settore e ciascuna fascia. Le sedi prescelte per lo svolgimento delle prove saranno sorteggiate da una lista di atenei, definita dal Miur su proposta della Conferenza dei rettori (Crui) e aggiornata ogni tre anni. Nei concorsi per ordinari è prevista una riserva di posti - pari al 25% delle richieste avanzate dalle università - per i professori associati che possono vantare un'anzianità di almeno 15 anni, compreso il servizio prestato come associato non confermato nell'insegnamento di materie oggetto del bando di selezione. Per la formazione delle commissioni sarà costituita - per ciascun settore disciplinare e per ciascuna fascia di docenza - una lista di 15 commissari nazionali eletti direttamente dai docenti. E da queste liste saranno sorteggiati i cinque componenti di ogni commissione. Le norme contenute nel decreto saranno applicate con gradualità. Nelle prime due tornate di concorsi per ordinari e nelle prime quattro per gli associati, il numero di posti indicato dagli atenei sarà aumentato del 100%, mentre a regime - come già accennato l’incremento del fabbisogno non dovrà essere inferiore a120 per cento. Nelle prime quattro tornate di selezione per i professori associati, inoltre, sono previste riserve di posti pari al 15% sulla quota di incremento del 100% per assistenti e ricercatori e un'ulteriore quota dell' 1% riservata ai tecnici laureati. «Questa riforma introduce elementi che garantiscono trasparenza, rigore e merito - ha detto Moratti - e te valutazioni avranno per oggetto l'intera produzione scientifica dei candidati, sulla base di criteri trasparenti e coerenti con i parametri adottati a livello internazionale. Il testo - ha concluso - è frutto di un percorso comune di confronto con la Crui e il Cun, con i quali è stato sostanzialmente condiviso». ALESSIA TRIPODI Il decreto legislativo sui nuovi concorsi è il primo provvedimento di attuazione della riforma dello status giuridico dei docenti, approvata definitivamente dalla Camera lo scorso 25 ottobre tra le durissime polemiche dell'opposizione e del mondo accademico Con la riforma scomparirà, a partire dal 2013, il ruolo del ricercatore. Da quella data in poi, le attività di ricerca negli atenei saranno svolte da giovani assunti con contratti a tempo determinato della durata massima di sei anni. Chi può vantare almeno tre anni d'insegnamento potrà fregiarsi del titolo di "professore aggregato", che sarà valido solo per la durata dei contratto di docenza I professori a tempo pieno che s'impegneranno di più in compiti di ricerca, didattica e gestione, potranno contare su una busta paga più pesante Gli atenei potranno stipulare convenzioni con imprese ed enti esterni per finanziare progetti di ricerca _________________________________________________ Il Sole24Ore 13 Gen. 06 LE NUOVE REGOLE PER SALIRE IN CATTEDRA ALL'UNIVERSITÀ di Nicoletta Cottone Regole più trasparenti per il reclutamento dei professori universitari: è stato approvato oggi dal Consiglio dei ministri lo schema preliminare di decreto legislativo sulle procedure per il conseguimento dell’idoneità scientifica nazionale, per salire in cattedra negli atenei italiani. Il decreto ora, dopo il parere delle competenti commissioni parlamentari, tornerà in Consiglio per l’approvazione definitiva. «Con le idoneità nazionali - sottolinea Letizia Moratti, ministro dell’Istruzione - abbiamo riportato serietà e selettività nelle procedure, evitando il ripetersi di fenomeni di localismo, di clientelismo e di baronie. Il testo è il frutto di un percorso comune di confronto con la Crui e con il Cun, con i quali è stato sostanzialmente condiviso». In futuro, in base al nuovo sistema, il requisito necessario per la chiamata da parte delle università sarà l’acquisizione di una idoneità nazionale per le fasce dei professori ordinari e di quelli associati tramite procedure di valutazione affidate a commissioni concorsuali costituite con un metodo misto di elezione e sorteggio. L’idoneità, che avrà una durata di 4 anni ai fini della partecipazione alle procedure di reclutamento, non comporta di per sé diritto di accesso al ruolo dei professori universitari. Ogni anno il ministero bandirà procedure ad hoc per ogni settore scientifico- disciplinare e per le due fasce degli ordinari e degli associati, per coprire con un numero di idoneità pari ai posti che le università intendono coprire per concorso, incrementato di una quota non inferiore al 20 per cento. In assenza di specifiche richieste da parte delle università deve, comunque, essere bandito ogni 5 anni un posto per ciascun settore e per ciascuna fascia. Gli atti dei giudizi di idoneità, sottoposti alla verifica del Cun e all’approvazione del ministro, saranno resi noti in via telematica. «Un’altra importante novità del nuovo sistema di reclutamento - spiega il ministro Moratti - è che le valutazioni avranno per oggetto l’intera produzione scientifica dei candidati, comprendendo oltre alle pubblicazioni e al curriculum didattico e scientifico, anche i brevetti e i progetti innovativi, sulla base di criteri trasparenti e coerenti con i parametri adottati a livello internazionale». Riserva per i docenti da oltre 15 anni Una piccola quota è riservata ai professori associati con anzianità di servizio nella stessa fascia non inferiore a 15 anni, compreso il periodo prestato come professore associato non confermato in settori identici a quelli del bando o affini: in questi casi nei giudizi di idoneità per la fascia dei professori ordinari viene riservata una quota pari al 25% del fabbisogno segnalato dagli atenei. Composizione delle commissioni Per la composizione delle commissioni sarà costituita per ogni settore e per ciascuna fascia una lista nazionale di 15 commissari scelti tramite elezione da parte del corpo docente del settore. Da questa lista saranno sorteggiati per via telematica i 5 componenti definitivi di ogni commissione. La fase transitoria Nelle prime due tornate di giudizi di idoneità per la fascia dei professori ordinari e nelle prime quattro tornate per i giudizi di idoneità per i professori associati la quota di incremento del fabbisogno indicato dalle università sarà del 100 per cento. Per le prime quattro tornate di giudizi di idoneità per la fascia di professori associati è prevista una riserva del 15% sulla _________________________________________________ Repubblica 12 Gen. 06 CONCORSO "UNICO" SEMPRE PIÙ LONTANO Dopo aver sospeso i concorsi la Moratti ci ripensa e fino al 30 giugno tornano le vecchie regole. Tocci (Ds): "Finalmente finiscono le contraddizioni" stop alle novità per le assunzioni di MASSIMILIANO PAPASSO Dietrofront del governo sui concorsi universitari. Dopo il diktat del ministro Moratti che all'inizio dello scorso anno aveva ordinato ai rettori di sospenderli in attesa di una più severa regolamentazione, gli atenei italiani hanno trovato nella calza della befana l'inaspettato sblocco dei concorsi per il reclutamento di docenti. La notizia, che era già nell'aria da qualche settimana, è stata confermata a fine dicembre dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto "milleproroghe" che ha riconsegnato alle università italiane il potere di bandire "nuovi concorsi fino all'emanazione del nuovo decreto legislativo e comunque non oltre il prossimo 30 giugno". Si aprono così "sei mesi di fuoco" per le università italiane all'interno dei quali gli atenei potranno continuare a scegliere i propri docenti (solo quelli ordinari e associati, non quindi i ricercatori) attraverso le vecchie regole, che prevedono concorsi organizzati su scala locale e banditi autonomamente da ogni singolo ateneo. Schivato dunque, almeno per il momento, lo spauracchio del concorso unico nazionale, introdotto dalla riforma Moratti e fortemente voluto dallo stesso ministro per ridare al sistema del reclutamento della docenza quella qualità - per usare le sue parole - "che negli ultimi tempi è stata messa in dubbio da eccessivi localismi, insufficiente selettività e dubbi di trasparenza". "Con lo sblocco dei concorsi universitari - afferma Walter Tocci, deputato dei Ds e componente della Commissione cultura della Camera - il governo torna sui suoi passi e mette fine ad una evidente contraddizione. Prima di questa marcia indietro, infatti, gli unici concorsi che le università avevano il potere di bandire erano quelli che riguardavano i ricercatori, ruolo che proprio la riforma Moratti aveva deciso di mettere in esaurimento. A più riprese avevamo fatto presente questo paradosso ma solo adesso il centrodestra, così come aveva fatto lo scorso anno, apre gli occhi e vi pone rimedio. Resta il fatto però - conclude Tocci - che con una politica del genere diventa quasi impossibile chiedere agli atenei una qualsiasi programmazione in materia di reclutamento della docenza". Un difficoltà a cui gli atenei in questi anni avevano supplito facendo sempre più spesso ricorso allo strumento dei concorsi, tanto da allarmare il ministro Moratti e obbligarla all'inizio del 2005 ad ordinare a tutti i rettori di congelare i nuovi bandi. Secondo il governo, infatti, solo nei primi mesi del 2005 le università stavano per inserire nel sistema attraverso i concorsi, quasi 7mila unità di personale (di cui 982 per professore ordinario e 1581 per professori associati), mentre soltanto nei primi trenta giorni di gennaio erano stati già banditi concorsi per un totale di 480 posti. Una "corsa" a cui la Moratti decise di mettere un freno, prima con il blocco temporaneo e poi con il varo di una nuova legislazione che, attraverso il ricorso ad una prova di idoneità nazionale, avrebbe dovuto garantire maggiore trasparenza. "Bloccare quei concorsi - ricorda Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell'Andu, l'associazione nazionale dei docenti universitari - fu un atto illogico perché riguardavano solo professori associati e ordinari, e quindi non andavano ad incidere sul sistema vero e proprio del reclutamento. Cosa succederà adesso? Un'ipotesi più che verosimile è che le università tenderanno a dislocare la maggior parte delle risorse a loro disposizione a favore dell'avanzamento, discriminando così il reclutamento e quindi i ricercatori. Un ultimo effetto che la dice lunga sull'agire improvvisato in tutti questi anni del ministro Moratti e del suo ministero". __________________________________________________________ CORRIERE DELLA SERA 14-01-2005 QUEL DECRETO SUL RECLUTAMENTO DEI DOCENTI Nella sua risposta a Barbielfini Amidei (Corriere dell'8 gennaio), il ministro Moratti afferma che il decreto sulla formazione ed il reclutamento degli insegnanti, attuativo della riforma da lei promossa, garantisce «insegnanti più giovani, più qualificati, e con la certezza del posto di lavoro». l'affermazione corrisponderebbe perfettamente al vero (per la metà del reclutamento previsto nei prossimi anni, l'altra metà essendo riservata agli «abilitati» già esistenti) se fosse entrata in vigore la versione del decreto approvata dal Consiglio dei ministri il 25 febbraio 2005. Si prevedeva infatti la diretta assunzione a tempo indeterminato dei giovani laureati, dopo una «laurea magistrale» cui erano ammessi a seguito di un concorso per un limitatissimo numero di posti, e dopo un anno di tirocinio, in cui avrebbero assunto, sotto la supervisione di un tutore, piena responsabilità di insegnamento. Ma non è questo il contenuto del decreto entrato in vigore in autunno. Questo decreto prevede invece che; dopo un percorso cosi selettivo, i giovani debbano aspettare un altro concorso, bandito con scadenza triennale dal ministro, il quale, seguendo la prassi del passato, avrà facoltà di non bandire alcunché, cedendo alle sollecitazioni di chi non vuole riservare nemmeno la metà dei posti disponibili ai giovani. Nessun sa come si sia arrivati a questa correzione negativa del decreto. Certa è che, nonostante le evidenti buone intenzioni del ministro Moratti, ella lascerà aperta la possibilità che un nuovo ministro perseveri nella attuale prassi di reclutare gli insegnanti solo tra chi è disponibile a lunghe e incerte attese, mentre raccatta qua e là supplenze, per sbarcare il lunario e per aumentare il proprio «punteggio». Come in altre occasioni, le candide dichiarazioni dei ministro ci fanno pensare che ella non legga con sufficiente attenzione i provvedimenti che i suoi collaboratori sottopongono alla sua firma. Alessandro Figà Talamanca Università «La Sapienza» di Roma ________________________________________________________ Il Sole24Ore 14 gen. ’06 TUTTE LE INSIDIE DIETRO IL RIORDINO DEL NUOVO CUN DI ALESSANDRO MONTI * L'organo di rappresentanza degli atenei indebolito dalla serie di proroghe degli anni passati Già ampiamente riformato dal Governo Prodi nella XIII legislatura, il Consiglio universitario nazionale, organo elettivo di rappresentanza del sistema universitario, è stato ulteriormente riordinato con una legge approvata dal Senato il 22 dicembre 2005. Anziché indire le elezioni per il rinnovo del mandato quadriennale scaduto nel 2001, il Governo Berlusconi ha preferito prorogare più volte le funzioni del Cun, in attesa degli esiti dell'iter legislativo di riordino. Le novità introdotte appaiono circoscritte e marginali e, certo, non giustificano la lunga sospensione delle votazioni per l'elezione dei rappresentanti di studenti, ricercatori, professori e personale tecnico- amministrativo delle università. Restano intatte le modifiche che la legge Bassanini bis nel 1997 ha apportato allo spartano assetta del Cun, concernenti i criteri elettivi (non più per Facoltà di appartenenza, ma per aree omogenee di settori scientifico- disciplinari) e i più ridotti campi di consulenza al ministro (programmazione universitaria, quota di riequilibrio del Fondo di finanziamento ordinario, ordinamento degli studi, regolamenti didattici, settori scientifico- disciplinari). Essenzialmente il riordino introduce due nuovi membri (in rappresentanza uno del Convegno permanente dei dirigenti amministrativi delle università, l'altro del Coordinamento nazionale delle conferenze dei presidi di facoltà), la partecipazione alle sedute di presidenti di vari organi consultivi, alcuni già rappresentati (Consiglio degli studenti, Cnsu), altri impegnati nella valutazione del sistema universitario (Cnvsu) e della ricerca (Civr) o con competenze non pertinenti (Consiglio nazionale per l'alta formazione musicale, Cnam), nonché modifiche alla Corte (ora Collegio) di disciplina, con la formalizzazione del principio del contraddittorio. Insidioso appare il ripristino del parere obbligatorio sulla legittimità degli atti delle commissioni per il reclutamento di professori e ricercatori, destinato a riprodurre i negativi effetti di "aggiustamento" e "cogestione" dei concorsi, più volte segnalati dal Consiglio di Stato. Mentre la pletorica presenza di rappresentati di altri organismi, sia con diritto di voto (Crui, Cnsu), sia senza (Convsu, Civr, Cnam) rischia di influenzare in modo improprio il processo di formazione della volontà collegiale del Cun e di alterarne l'equilibrio della composizione scientifico-disciplinare. Finora le conseguenze dell'iniziativa legislativa non sono state positive. Sottoponendo i1 Cun a reiterate (ma non scontate) proroghe, il ministro si è giovato per oltre un quadriennio di un organo affetto da precarietà esistenziale e, dunque, ritenuto in condizioni di non nuocere. I componenti del Cun, infatti, costretti a 'restare in carica per un secondo mandato senza elezioni, hanno finito per affievolirne rappresentatività e autorevolezza. Un prezzo troppo alto per attendere una riforma meramente "ornamentale". È augurabile che al nuovo Cun, insediato in tempi rapidi, sia consentito di svolgere i propri compiti nel pieno rispetto della legge istitutiva. * Università di Camerino _________________________________________________ Manifesto 10 Gen. 06 SCUOLA: UN SISTEMA A QUATTRO PUNTE ENRICO PANINI* Fra pochi giorni potrebbe realizzarsi una vera e propria rivoluzione nel nostro sistema scolastico. Sarebbe una rivoluzione di tale entità da mettere in ombra anche quanto copiosamente elargito fino ad ora dal ministro Moratti a favore delle scuole private per abbattere quello che lei stessa ha definito, al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, il «monopolio della scuola statale». Alcune settimane fa il governo ha presentato un emendamento al Decreto legge 205 che andrà in discussione domani nell'aula del Senato. Con quell'emendamento si intende portare a termine la costruzione di un sistema scolastico a quattro punte (scuola statale; scuola paritaria; scuola non statale paritaria; istituti privati); si offrono copiose garanzie normative e economiche ai soggetti privati; la scuola pubblica viene relegata nel ruolo di ancella «danarosa» dalla quale prelevare continuamente risorse per dirottarle verso altre finalità, dalle scuole private che hanno visto raddoppiare il loro finanziamento in cinque anni alla finanza creativa. Mentre i dati Ocse ci dicono che il nostro paese è scivolato nella serie B) della conoscenza e rischia una ulteriore retrocessione, e è imbarazzante che il ministro risponda trattando l'Ocse come degli scolaretti e citando a sua difesa dati di istituti non indipendenti dal ministero, il governo mette in campo il più tradizionale scambio elettorale: scuole di tendenza in cambio di voti. Ma andiamo con ordine e vediamo l'emendamento facendolo uscire dalle sue tecnicalità e dalle tante furbizie e dissimulazioni nascoste nei vari commi. Si istituiscono le «scuole non statali non paritarie». Una tipologia di scuole che non aveva i requisiti per chiedere la parità e che ora potrà operare sulla base di pure regole di mercato: nessun obbligo di avere insegnanti con l'abilitazione; nessun obbligo di accettare alunni disabili; nessun obbligo che le qualifichi in modo puntuale. Niente di niente ma ci si premura di riconoscere loro la funzione di assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione per coloro che non proseguiranno il percorso scolastico dopo la terza media. Questa previsione rappresenta ora una garanzia su una consistente fetta di mercato e costituisce l'anticamera per il rilascio dei titoli di studio. Poi si prende un istituto giuridico, la parificazione, che esisteva prima della Costituzione, nato negli anni trenta in una fase nella quale diverse scuole elementari private coprivano ampie carenze del sistema pubblico, che oggi coinvolge 30 mila alunni circa e si estende a tutte le scuole elementari paritarie che prima non potevano ricorrere a questa possibilità. La parificazione comprende l'attivazione di una convenzione onerosa economicamente (per lo Stato). Con l'emendamento proposto si incrementa lo stanziamento (per il quale manca la copertura economica e la Commissione bilancio non ha espresso il proprio parere) sia per chi ne usufruiva già sia per tutte le altre scuole elementari paritarie alle quali verrà esteso l'istituto della parificazione. Ma non è ancora finita, perché si eliminano i requisiti previsti per le scuole elementari parificate e che ne motivarono all'epoca la nascita e il proseguimento (es: natura speciale della titolarità, gratuità di iscrizione e di frequenza, ecc.), così si potrà tranquillamente evitare ogni vincolo pur continuando, o incominciando, a ricevere un finanziamento diretto ancorché impedito dalla Costituzione. Per quanto riguarda gli insegnanti nessun riferimento né al titolo di studio né all'abilitazione (solo «titoli professionali coerenti con gli insegnamenti impartiti e con l'offerta formativa della scuola (!)») né tutele di carattere contrattuale: insomma siamo al peggiore far west. Siamo di fronte a un atto politico pesantissimo e all'espansione incentivata delle scuole di tendenza. Auspichiamo che il Senato, nel rispetto dei principi costituzionali che non possono essere interpretati ideologicamente o in contrasto con le sentenze della Corte cstituzionale, respinga l'emendamento presentato. *segretario della Flc-Cgil _________________________________________________ Unità 10 Gen. 06 IL CROCEVIA DELL'UNIVERSITÀ Gustavo Zagrebelsky Per quanto le previsioni su argomenti come questi siano sempre un azzardo e si debba essere circospetti (i profeti, e nemmeno i profeti di sventura, non si addicono all’Università, secondo il monito weberiano), non si può non constatare che le prospettive non inducono all’ottimismo. Osservando dal punto di vista della condizione universitaria, si può fare una distinzione fondamentale tra i Paesi che si considerano alla testa dello sviluppo economico, politico, tecnologico e culturale e i Paesi che sembrano rassegnati ad accettare posizioni di retroguardia o di rincalzo, acconciandosi a vivere a rimorchio o d’importazioni. In questo secondo caso, che purtroppo sembra quello che ci riguarda maggiormente, l’interesse per lo sviluppo dell’Università sembra destinato a scemare. In condizioni d’impotenza, quanto al progresso delle scienze, si è costretti ad affidarsi parassitariamente ai risultati delle ricerche altrui. Quanto al governo della società, quella che era un tempo la funzione ideologica dell’Università è oggi molto più efficacemente e capillarmente svolta con mezzi di omologazione di massa. È difficile definirla cultura e, infatti, non ha nulla a che vedere con questa, ne è anzi l’antitesi. Naturalmente, non ama gli studi, che avverte come nemici potenziali. D’altra parte, quanto alla funzione professionalizzante, il destino dell’Università pare in molti Paesi essere quello di diventare il prolungamento dell’istruzione superiore, per ovviare al generale sprofondamento del livello qualitativo della scolarizzazione, ovvero quello di assumere più marcati caratteri di scuola di avviamento professionale. E anche questa funzione potrebbe esaurirsi in tempi brevi, quando si troverà più conveniente che imprese e pubblica amministrazione, invece che «esternalizzare» i costi della formazione, provvedano direttamente alla qualificazione professionale dei propri dipendenti, senza finanziare strutture terze che comportino costi superiori e risultati incerti. Finora, il valore legale del titolo ha frenato questa tendenza, per esempio nei settori delle pubbliche amministrazioni e delle libere professioni. Ma esso, per l’impiego privato, costituisce spesso più un ostacolo che un vantaggio e, in ogni caso, è oggi contestato in nome della flessibilità dell’organizzazione universitaria, cioè della sua autonomia, una carta che la difesa dell’Università e della sua funzione non può permettersi di trascurare. Il pericolo, sotto questi aspetti, non è l’attrazione impropria dell’Università nell’ambito di altri poteri ovvero la funzionalizzazione della ricerca ai loro progetti: è invece puramente e semplicemente l’abbandono, l’oblio. Non verrà abolita ma verrà privata della sua funzione propria. In una parola, perderà la sua identità istituzionale; verrà de-istituzionalizzata e trasformata in qualcosa d’altro. Coloro che avvertono il richiamo della vita accademica, cercheranno altrove, come in effetti cercano, la risposta alle loro ambizioni, salvo poi, eventualmente, accorgersi che neppure dall’altra parte dell’Oceano, sia pure per motivi diversi, esiste sempre il paradiso della libertà. È evidente, a questo punto, che la questione universitaria deve considerarsi una questione nazionale. Essa chiama in causa interessi, consapevolezze e responsabilità generali, della società tutta intera. Si stratta, niente di meno, di guardare in faccia lo scivolamento in atto, verso un «secondo mondo» gregario, che fa perdere, con la propria cultura, anche il rispetto, la considerazione e, alla fine, l’autonomia politica rispetto alle altre nazioni. E questo, in un momento in cui diversi Paesi già del «terzo mondo», dopo aver, in un primo momento, inviato i propri ricercatori nelle grandi Università di altri Paesi, li richiamano per fondare proprie istituzioni universitarie in grado di accompagnare, con la definizione delle proprie identità culturali nazionali, lo sviluppo autonomo della ricerca scientifica e tecnologica. In ultima istanza abbiamo davanti a noi un bivio: da un lato la strada della rassegnazione, dall’altra quello della fiducia. Questo testo è la prolusione tenuta dal giurista Gustavo Zagrebelsky in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico all’Università di Torino ________________________________________________________ La Stampa 13 gen. ’06 L’UE BOCCIA LA RICERCA ITALIANA: È DELUDENTE NEL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE EUROPEA ROMA SALE DAL 13 'AL 12* POSTO, MA RESTA MOLTO SOTTO LA MEDIA In testa la Svezia, noi ultimi fra i grandi. Stanca. «Ci sono amche luci» Enrico Singer corrispondente da BRUXELLES Un posto lo abbiamo recuperato. Ma siamo sempre in fondo alla classifica, Dodicesimi sui vecchi quindici Paesi dell'Unione. Con la prospettiva di agganciare la media della nuova Europa a Venticinque soltanto tra dieci anni, E questo nella migliore delle previsioni», come dice il rapporta sullo stato della ricerca e dell'innovazione pubblicato ieri dalla Ue. Nella precedente classifica eravamo tredicesimi. Adesso abbiamo superato la Spagna. Fanalini di coda restano sempre Grecia e Portogallo. Ma la distanza da Svezia, Finlandia, Danimarca, Germania, Gran Bretagna e Francia resta grande. Per un Paese che vanta la quarta economia dell'Unione, è un ritardo che penalizza. Perché la chiave del futuro sta proprio negli investimenti in formazione e nuove tecnologie. Ricerca e innovazione sono indispensabili per giocare la partita della globalizzazione. E il rapporto della Ue - alla sua quinta edizione - mette anche a confronto i risultati dell'Europa con quelli di Giappone e Stati Uniti. Un confronto impietoso; il Giappone ha un indice di nove volte superiore a quello medio europeo e gli Stati Uniti di sette volte superiore. Tenendo conto di tutti i trentatré Paesi presi in esame, l'Italia sale al diciassettesimo posto. Nel 2004 era al diciottesimo. Un lento miglioramento, insomma, c'è. Ma è «troppo lento e deludente», secondo gli esperti di Bruxelles. Il rapporto calcola l'indice di innovazione in base a 26 criteri: dai laureati nelle materie scientifiche al livello della spesa per ricerca e formazione, al tasso di occupazione nei servizi high-tech, fino al numero dei brevetti registrati. L'indice conquistato dall'Italia è 0,36: per fare un raffronto, quello del primo della classe - la Svezia - è 0,72 e quello dell'ultimo - la Turchia - è 0,06. La variazione negli ultimi tre anni, però, è positiva dell'1,4%. Ma la novità del rapporto di quest'anno è la suddivisione finale in quattro gironi: i Paesi-guida, quelli con prestazione media, quelli in ripresa e duelli in calo. L'Italia è l'ultimo dei Paesi con prestazione media. Incalzato dai primi in rimonta: Ungheria e Slovenia. Le maggiori debolezze della realtà italiana sono gli input di innovazione e il basso livello della formazione permanente. Scarso il numero di laureati in materie scientifiche, anche se c'è una tendenza positiva (si è passati dal 55% della media Ue nel 1999 al 65%). Bassa anche la cooperazione tra le piccole e medie aziende nell'innovazione. La prestazione migliore è nella creazione di conoscenze e nelle sue applicazioni. Siamo sopra la media europea anche nella vendita di prodotti ad alta tecnologia. Di fronte a questi dati, il ministro per l'Innovazione e le tecnologie, Lucio Stanca, osserva da Roma che il rapporto contiene «ombre già note», ma anche «diverse luci». Gli elementi che ci penalizzano, dice Stanca «vengono da lontano e sono di natura strutturale». II dato positivo, invece, è che 1Ttàlia ha un tasso di crescita dell'indice di innovazione che è addirittura superiore alla Svezia - che ha perso l'1,5% - e si classifica «subito dopo il gruppo dei Paesi più avanzati, non di quelli in retrocessione, come Spagna e Belgio». _________________________________________________ Repubblica 7 Gen. 06 MORATTI: PERCHÉ L’OCSE SBAGLIA A BOCCIARE LA SCUOLA LETIZIA MORATTI Egregio direttore, ho letto con stupore su Repubblica di ieri l’articolo "Bocciata dall’Ocse la scuola della Moratti". Ancora una volta la scuola e l’università del nostro Paese vengono rappresentate come se nulla fosse stato fatto negli ultimi anni, come se non fossero state attuate importanti riforme indirizzate proprio a sanare le situazioni denunciate dall’Ocse. Le riforme stanno dando da un paio d’anni positivi risultati dei quali l’Ocse non tiene conto, essendo i dati illustrati del 2003, se non addirittura degli anni precedenti. Quelle bocciate dall’Ocse, pertanto, sono la scuola e l’università che io ho trovato all’inizio del mio mandato nel 2001. Ritengo opportuno fare una riflessione e fornire qualche dato. La riflessione: il suo giornale ha riportato con enfasi un rapporto basato su dati superati, e non ha dato in passato lo stesso rilievo a relazioni annuali degli organismi di valutazione, l’Invalsi per la scuola, il Cnvsu per l’università e il Civr per la ricerca, che fotografano la situazione aggiornata all’anno di riferimento. Sottolineo che una rigorosa valutazione da parte di questi enti indipendenti costituisce l’asse portante della mia azione nella "filiera" della conoscenza scuola-università-ricerca. Il Rapporto Invalsi presentato un mese fa, per esempio, rileva che le competenze degli alunni in grammatica e matematica stanno migliorando, dopo anni di declino testimoniato dall’indagine Ocse-Pisa. Per quanto riguarda i diplomati, il dato Ocse si riferisce alla fascia d’età 24- 64 anni, sulla quale ovviamente non si può intervenire. Invece, per la fascia d’età 18-24 anni siamo oggi ampiamente nella media europea, ossia all’80% rispetto al 70 del 2001. Una puntualizzazione va fatta anche sugli stipendi degli insegnanti, ora vicini alla media europea, essendo aumentati mediamente negli ultimi 4 anni di 274 euro mensili attraverso la destinazione di apposite risorse per la valorizzazione della professionalità, e sui finanziamenti al comparto scuola, aumentati dal 2001 al 2005 di cinque miliardi di euro, con un incremento del 13%, tutto finalizzato alla scuola statale. Altri tre dati sulla scuola che smentiscono l’Ocse: con le 130.000 immissioni in ruolo a partire dal 2001 abbiamo "svecchiato" notevolmente l’età media degli insegnanti, mentre il rapporto docente/alunni di 1 a 10, che si riferisce al 2001, tra i più bassi in Europa, sta migliorando per effetto di interventi di razionalizzazione. Infine, abbiamo recuperato al sistema scolastico-formativo oltre 120.000 ragazzi che lo avevano abbandonato, abbassando considerevolmente il livello di dispersione. Un breve cenno sui dati riguardanti l’università. Il rapporto Cnvsu 2005 ha evidenziato un forte incremento dei laureati, 220.000 all’anno, con un aumento del 30% rispetto al 2001, mentre il tasso di abbandono degli studi è sceso dal 65 al 40%. Diminuisce inoltre il numero degli studenti che si laureano fuori corso. Anche l’iscrizione alle lauree scientifiche, che ci vedeva penalizzati rispetto ad altri Paesi, è in netta ripresa (+10%) grazie a iniziative mirate. Il finanziamento statale alle università, infine, è aumentato dal 2001 al 2005 del 13,5%. Certamente la strada da percorrere è ancora lunga e i risultati si vedranno nella loro pienezza tra qualche anno, con la completa attuazione delle riforme. Ma rappresentare l’Italia come il fanalino di coda dei Paesi Ocse, con "investimenti da Terzo Mondo", non risponde al vero e certo non giova agli studenti, alle famiglie e agli insegnanti, che giustamente credono nella scuola come "motore" del rinnovamento del Paese. L’autrice è ministro dell’Istruzione ________________________________________________________ Il Sole24Ore 12 gen. ’06 PER L’UNIVERSITÀ 99 EURO D'AUMENTO Intesa anche per i dirigenti dei ministeri: 390 euro in più al mese MILANO o Comparto dopo comparto, se pur a tempo scaduto, si esaurisce la tornata contrattuale 2004-2005 del pubblico impiego. Gli ultimi rinnovi sono di ieri: Aran e sindacati hanno firmato infatti l'accordo per l'Università, per il personale dirigente dei ministeri e dei vigili del fuoco. La prima intesa riguarda circa 59mila dipendenti non docenti e prevede un aumento medio complessivo a regime di 99 euro mensili per tredici mensilità. Gli incrementi, per la parte fissa dello stipendio, sono erogati in due tranche: 37 euro dal primo gennaio 2004 e 48 euro dal primo febbraio 2005. E come già è accaduto per il personale di altri comparti, per la parte variabile della retribuzione 4 euro sono destinati all'indennità di ateneo e 10 euro alla contrattazione integrativa. «Questo aumento - sottolinea l'Agenzia per la rappresentanza negoziale nella pubblica amministrazione - consente la crescita della retribuzione media complessiva del 5,01 %, cosi come definito nell'accordo del 27 maggio 2005 tra Governo e sindacati e confermato dalla legge Finanziaria per . il 2006. Inoltre, a parti- . re dal 31 dicembre 2005, è previsto l'incremento del valore del buono pasto che passa a 7 euro». E sempre ieri è stata firmata l'ipotesi di contratto dei circa 4.400 dirigenti dei ministeri, di cui 402 di prima fascia e 4.043 di seconda fascia. Il contratto che è relativo al quadriennio normativo 2002-2005 e ai due bienni economici 2002-2003 e 2004- 2005, prevede a regime aumenti pari a 390 euro per la prima fascia e a 300 per la seconda. L'accordo costituisce anche il primo Testo Unico di tutte le disposizioni normative che disciplinano il rapporto di lavoro di questi dirigenti e si articola in due parti. Nella prima sono regolate le norme comuni a tutto il personale dirigenziale, nella seconda sono definite apposite clausole destinate a particolari categorie come dirigenti delle professionalità sanitarie del ministero della Salute e dei vigili del fuoco. Aggiornate, inoltre, le norme sulla tutela della maternità e della paternità, il mobbing, le molestie sessuali oltre ad essere introdotta la disciplina dei congedi per la formazione. A questo punto all'appello mancano due comparti importanti, sanità ed enti locali, dal momento che nei giorni scorsi è arrivato al rush finale il rinnovo per i 60mila lavoratori degli Enti pubblici non economici con un aumento medio complessivo a regime di 727 euro mensili per tredici mensilità. Mentre sembra a questo definitivamente risolta la vicenda dell'erogazione degli aumenti per quei settori, come ad esempio scuola e ministeri, per cui il contratto ha avuto il via libera anche dei magistrati contabili. Se infatti il ministro della Funzione pubblica, Mario Baccini, interrogato ieri sull'argomento, ha detto di aver fatto «tutto ciò che doveva. Ora chiedete a Tremonti», il sindacato conferma invece che gli aumenti e gli arretrati sono stati inseriti nella buste paga di gennaio, in fase di contabilizzazione proprio in queste ore. SERENA UCCELLO _________________________________________________ Il Sole24Ore 11 Gen. 06 IPOTESI D'ACCORDO PER L'UNIVERSITÀ Firmata in sede Aran l'ipotesi di contratto per il secondo biennio economico del comparto università. Il contratto riguarda circa 59 mila dipendenti, fra docenti e non docenti. L'accordo sottoscritto con i sindacati di categoria prevede un aumento medio complessivo a regime di 99 euro mensili per tredici mensilità. Gli incrementi, per la parte fissa dello stipendio, saranno erogati in due tranche: 37 euro dal primo gennaio 2004 e 48 euro dal primo febbraio 2005. In analogia con gli accordi per il personale di altri comparti, per la parte variabile della retribuzione 4 euro sono destinati all'indennità di ateneo e 10 euro alla contrattazione integrativa. Questo aumento, sottolinea l'Aran, consente la crescita della retribuzione media complessiva del 5,01%, così come definito nell'accordo del 27 maggio 2005 tra governo e sindacati e confermato dalla Legge Finanziaria per il 2006. Inoltre, a decorrere dal 31 dicembre 2005, è previsto l'incremento del valore del buono pasto che passa a 7 euro. ________________________________________________________ LA STAMPA 10 gen. ’06 «GIUSTO PAGARE DI PIÙ I DOCENTI MIGLIORI» IL RETTORE ALL INAUGURAZIONE DELLANNO ACCADEMICO. ABOLIRE IL VALORE LEGALE DELLA LAUREA? LE PRIORITÀ SONO ALTRE Teatro Regjo La cerimonia ufficiale Protesta degli studenti: «Esclusi dal palco» Una profonda e radicale riforma dell'Università, che spazzi via la burocrazia e ponga gli atenei migliori in grado di competere sul piano internazionale, creando incentivi che consentano non solo alle università più efficienti di avere più soldi, ma anche di diversificare gli stipendi, pagando di più i docenti migliori, e premiando gli studenti più bravi. E' un assaggio della proposta di riforma dell'Università che sta delineando Confindustria, anticipata nelle linee guida da Luca Cordero di Montezemolo ieri all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università, al teatro Regio. Montezemolo ha sferzato un sistema che cha accumulato oggettivi ritardi nella competizione», invitandolo «a cambiare in profondità»; il rettore di via Po, Ezio Pelizzetti, non solo non s'è risentito, ma ha apprezzato il discorso: «Se si premiano gli atenei migliori, abbiamo da guadagnare. E' vero che le griglie stipendiali sono rigide, impedendoci ad esempio di essere attraenti per gli scienziati stranieri». Perplesso s'è detto invece sulla proposta di abolire il valore legale della laurea, formulata dal manager («non garantisce chi assume meglio un accreditamento internazionale dei corsi»), ma anche dal presidente emerito della Corte costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, nella prolusione. Per Zagrebelsky, che ha ragionato su essenza, garanzie e costrizioni delle istituzioni, «il valore legale attribuisce all'Università un ruolo centrale nel mercato degli impieghi, ma omologa le più macroscopiche differenze qualitative fra atenei, e le ingiustizie fra studenti». Per Pelizzetti, «che un'Università sia buona o no, si percepisce nei concorsi: più nessuno viene assunto con la sola laurea. L'abolizione si può anche decidere, ma non è il problema più urgente: lo è creare le condizioni per avere docenti e strutture all'altezza dei migliori del mondo». Alla cerimonia di ieri era presente un ricco parterre di personalità, dall'ex ministro Siniscalco al garante della privacy Franco Pizzetti, dal cardinal Poletto al presidente di SanPaolo Imi, da Giancarlo Caselli ad Andrea Comba, Alessandro Barberis ed Evelina Christillin, con il sindaco e gli assessori di Regione e Comune Valpreda, Bairati, e Alfieri. II direttore amministrativo di via Po, Giovanni Ferrero, ha illustrato il bilancio, con 21 milioni in più erogati dal ministero (su 671 totali) per i buoni risultati conseguiti dall'ateneo, e un piano per assumere mille tecnico-amministrativi entro il 2012. Se Montezemolo ha chiesto per il Paese più competitività, innovazione e, soprattutto, rispetto delle regole, etica e meritocrazia, per gli atenei ha sottolineato che «non tutte le Università sono uguali, cosi come le industrie o le banche. In tutti i settori va premiato chi fa bene il proprio mestiere. Senza Università non c'è ricerca, e senza ricerca non c'è competitività, sviluppo, innovazione». Proprio l'innovazione è l'anello debole dell'Italia: «dobbiamo farla entrare nel Dna dei bambini fin dall'asilo». Il top-manager ha parlato anche della crisi della Fiat, che «paradossalmente ha avvicinato di più l'azienda alla città: cito il rapporto con le istituzioni su Mirafiori, modello che dovrebbe essere esportato, ma anche la mia presenza qui». Non ha parlato di esuberi, ricordando però che «il mercato dell'auto è uno dei più competitivi al mondo» e che «spesso si è chiamati a scelte che si vorrebbero evitare. Ma è responsabilità dell'impresa mettere insieme l'organico con le necessità del mercato». Un'evenienza su cui s'è espresso il cardinale Poletto: «Mi auguro che non ci siano licenziamenti, e si eviti questo smacco a tante famiglie». Alla cerimonia non ha preso la parola nessun rappresentante degli studenti. Quelli di «Obiettivo Studenti» hanno volantinato per protesta: «E' la prima volta - ha detto Marco Giorgio, fino a poche settimane fa presidente del Senato Studenti - In questi mesi abbiamo duramente criticato il rettore, che ha usato un pretesto per censurarci». Dal «magnifico» un'altra spiegazione: «Tra le varie liste, in questo momento nessun rappresentante ha titolo a parlare a nome di tutti». _________________________________________________ Repubblica 14 Gen. 06 MATRICOLE? POCO ISTRUITE Alla Sapienza un’indagine delle facoltà scientifiche su cinquemila studenti All’università, ma senza conoscere italiano e geometria Bucciarelli: "Così scopriamo il perché degli abbandoni e dei ritardi nel laurearsi" "Che fare? Rimettere mano ai programmi e tornare a dialogare con le superiori" CARLO PICOZZA Sognano un futuro da ingegneri, matematici, biologi, fisici, statistici o architetti ma confondono eludere con preludere, riluttante con arrendevole e non sanno quando un quadrilatero può essere contenuto in una circonferenza. Le matricole delle facoltà scientifiche non conoscono l’italiano di base né possiedono i rudimenti di geometria e trigonometria. Parola delle facoltà scientifiche della Sapienza che per un quinquennio hanno fatto test a cinquemila studenti delle superiori (ultimi anni) che intendono iscriversi a uno dei tanti corsi per conseguire la laurea di primo livello (triennale). «Solo il 5% ha una conoscenza di base della geometria», spiega il preside di Ingegneria della Sapienza, Tullio Bucciarelli. Meno deboli in trigonometria. Ma, aggiunge il capo d’istituto, «appena il 12,7% sa rispondere a 8 domande su 10. E si tratta di domande facili». «Su 100 studenti», continua Bucciarelli, «appena 15 sono in grado di centrare risposte sul lessico». E poco più di 27 sanno di ortografia. Provare a spulciare tra il cumulo dei test per credere. Alla domanda «indicate la forma corretta tra areoporto, aereoporto, aeroporto», la gran parte punta il dito sulla prima o sulla seconda parola. «Qual è il contrario di subdolo?», chiedono i prof. E gli studenti, in maggioranza, indicano stupido, tardivo o losco e non franco. Il contrario di opinabile? E giù, croci su inconcludente, acuto o considerevole. Su indiscutibile giurano in pochi. Sfiora il 17% la quota di studenti che riesce a completare correttamente le frasi con il verbo giusto. Per esempio: «Il detenuto è riuscito a .... la sorveglianza e si è dileguato». La scelta cade su precludere, illudere, preludere o deludere. Pochi centrano: "eludere". Cosa vuol dire reperire? Aggiustare, esporre, perdere. In 15 su 100 rispondono trovare. Per i più, subodorare vuol dire profumare, puzzare o indagare. E riluttante è restio per pochi. Gli altri pensano a combattivo, silenzioso o arrendevole. «Scopriamo così - commenta Bucciarelli - il perché di tanti abbandoni o dei gravi ritardi nel laurearsi». Meno di un terzo discute la tesi in tempo. Cosa fanno le facoltà per recuperare i deficit di cultura di base? «Per lo studio della matematica abbiamo realizzato un cd di "autoapprendimento". Ma per il resto? Forse bisognerà rimettere mano ai programmi, tornando a parlare un linguaggio comune con la scuola media superiore». _________________________________________________ ItaliaOggi 13 Gen. 06 PIÙ IMMATRICOLATI MA IL 3+2 È UN FLOP Alla Sapienza il punto sulla riforma universitaria. Aumentano gli immatricolati, diminuiscono gli abbandoni, ma la riforma del 3+2, a cinque anni dalla sua applicazione, non convince. E ancora meno il riordino che avverrà con il nuovo assetto cosiddetto a ‘y'. Troppi corsi di laurea, soprattutto per le lauree di I livello, troppi esami da sostenere che non ampliano l'offerta formativa ma al contrario, si dice, la frammentano, e poi troppa distanza tra il mondo dell'università e quello del lavoro. Questi i temi caldi della conferenza che si è tenuta ieri a Roma presso l'università La Sapienza che ha fatto il punto della situazione sull'applicazione della riforma degli ordinamenti didattici introdotta con il dm 509/99 e sulle novità ulteriori connesse con il dm 270/2004. Lo schema in vigore prevede una laurea triennale di I livello e una specialistica di II livello, biennale. Con il nuovo assetto a ‘y', invece, dopo un primo anno comune, gli studenti possono scegliere tra due opzioni: un percorso biennale professionalizzante, che conduce alla laurea triennale, o un percorso metodologico di preparazione a un ulteriore biennio, che conduce al conseguimento della laurea magistrale. I cambiamenti, come ha rilevato il rettore della Sapienza Renato Guarini, quando sarà applicato il dm 270, cosa che non avverrà prima dell'anno 2007/2008, ‘non sono di poco conto' e vanno da una separazione netta tra le lauree di I e II livello alla creazione di un percorso comune per corsi di laurea della stessa classe. ‘Non applicheremo il 270 finché non avremo risolto tutte le contraddizioni che lo caratterizzano', ha precisato ancora Guarini. Dubbi e perplessità sulla riforma degli ordinamenti provengono anche dalle rappresentanze studentesche, riunite da due giorni (oggi sarà l'ultimo) in un convegno teso a evidenziare i punti di eccellenza e di criticità propri delle riforme in atto. Gli studenti chiedono al ministro dell'istruzione chiarimenti sul nuovo ordinamento universitario, la diminuzione della frammentarietà dei corsi e la necessità di fornire adeguate risorse economiche. Davanti a queste preoccupazioni non si fa attendere la risposta della Moratti, anche se da lontano, giacché il ministro ‘part-time', come è stata definita dagli studenti, non si è presentato al convegno, ma con un comunicato rende note le iniziative condotte dal suo ministero, dichiarando soprattutto di aver destinato 288 mln di euro in più per diritto allo studio, orientamento, residenze, assegni di ricerca, mobilità. ________________________________________________________ Il Giornale 15 gen. ’06 LE BUGIE DELLE AUTOREVOLI RIVISTE SCIENTIFICHE La domanda chiave da, cui partire è la seguente: può bastare da. sola la pubblicazione su giornali come Science, Nature, NewScientist, Lancet, British Medical Journal e altre testate di uguale prestigio internazionale a garantire l'assoluta affidabilità di una ricerca scientifica? Se con stucchevole ripetitività i cronisti di tutto il mondo fanno precedere il nome di tali riviste dall'aggettivo «autorevole», una ragione ci sarà. Ed è bene sottolineare che tale ragione è in gran parte condivisibile; infatti i giornali citati rappresentano davvero il meglio dell'editoria specializzata, anche se... Dietro questi puntini di sospensione si celano clamorosi scandali, l'ultimo dei quali ha coinvolto uno tra i nomi più «autorevoli», Science appunto. E’ stato proprio sulle sue pagine che lo scorso anno il genetista sudcoreano Hwang Woo- Suk annunciò al mondo di aver clonato cellule staminali, dando alla luce i primi animali fotocopia, peccato che , per ammissione dello stesso Hwang - quello studio fosse completamente falso e ora il genetista sudcoreano si trovi sotto inchiesta per frode scientifica. In passato passi falsi sono stati commessi anche su Nature e British Medical Journal: nel primo caso a rivelarsi controversa fu la rivoluzionaria, ipotesi sulla «memoria dell'acqua» avanzata dal biochimico Jacques Benveniste; nel secondo caso ad essere smascherato fu lo scienziato indiano Itam B. Singh che sosteneva di aver individuato il «segreto dei cibi in grado proteggere il cuore»; in entrambi gli episodi a ripristinare la verità furono gli stessi direttori delle riviste su cui erano stati pubblicati gli studi. I: che si debba andare con i piedi di piombo perfino con i Nobel, lo dimostra la vicenda, che nel 1989 coinvolse David Baltimore e la rivista L'el,l: dopo dieci anni di inchieste il virologo americano venne scagionato, ma il polverone scatenatosi fu all'origine della creazione negli Usa dell'Office of Research Integrity (Ori) che da allora si occupa di verificare gli esiti degli studi pubblicati sulle riviste di settore, in, primis quelle specializzate in ricerche biomediche. Sul tavolo del gran giuri scientifico americano finiscono ogni anno centinaia di casi su cui grava. il sospetto di truffe, plagi, e conflitti di interessi. Decine, finora, le sentenze di colpevolezza con aziende farmaceutiche DI rapporti speculativi con équipe di ricerca e gruppi editoriali che, in cambio di investimenti pubblicitari, chiudono gli occhi sulla, reale efficacia delle «grandi scoperte» annunciate in copertina. Per trovarne conferma basta sfogliare il recente saggio di Iorace Freeland, direttore del Center of History of Recent Science della George Washington University: un libro-dossier dal titolo The Great Betrayal (in italiano, «Il grande tradimento» ) in cui si passano in rassegna, tra l'altro, i finti scoop scientifici organizzati a lavorino per ragioni di profitto; notizie «bufale» e dati «taroccati» che solo in minima parte vengono corretti o smentiti dalle testate colpevoli di averli precedentemente avvalorati. «L'Office of Research Integrity - si legge sul sito www.partecipasalute.it - ha registrato nel 2003 un incremento del 20 per cento nei nuovi casi segnalati dalle istituzioni rispetto all'anno precedente. Un dato rilevante, se si considera che il numero delle denunce (pari a 105) supera di oltre il 50 per cento la, media di 69 calcolata sugli ultimi dieci anni (dal 7993 al 2003)». Un capitolo a parte meriterebbe l'informazione scientifica su internet, strumento dalle potenzialità enormi ma ad altissimo rischio di inattendibilità. Un sito degno di essere consultato è www.livescience.com che si è preso la briga di passare al setaccio alcune delle credenze scientifiche date per «acquisite» da scienziati e opinione pubblica e che, invece, non hanno alcun serio fondamento. Numerosi gli esempi: non è vero che «gli esseri umani sono in grado di utilizzare solo il 70 per cento del loro cervello» (in realtà questa percentuale è superiore di almeno tre volte); non è vero che «nell'emisfero sud l'acqua, scorre verso lo scarico del lavandino ruotando in senso antiorario» (in realtà, anche al di là dell'equatore, l'acqua seguita a ruotare in senso orario); non è vero che «la Grande muraglia cinese è l'unico monumento visibile dallo spazio» (in realtà, appena superata l'orbita terrestre, gli astronauti sono in grado di vedere anche le piramidi e le piste dei maggiori aeroporti); non è vero che «unghie e capelli continuano a crescere anche dopo la morte» (in realtà è il cadavere che, per effetto della disidratazione, si rimpicciolisce creando l'illusione ottica dell'allungamento di unghie e capelli); non è vero che «per digerire un chewing-gum ci vogliono sette anni» (in realtà bastano poche ore come avviene per qualsiasi altro alimento); non è vero «che gli uomini pensano al sesso ogni sette secondi» (in realtà ogni persona, ci pensa quanto e quando vuole). Ma torniamo alle pecche della, grande editoria specializzata, minacciata - secondo quanto sostiene la rivista Nature - soprattutto da una «mancanza di trasparenza e dagli inganni mirati a sfruttare il buon nome della scienza per inseguire i profitti, come rivelato dai recenti scandali farmaceutici». Non è un caso, dunque, che il National Institute of Health statunitense abbia indetto una moratoria di un anno, durante il quale qualsiasi attività di consulenza esterna per le aziende farmaceutiche e biotecnologiche sarà categoricamente vietata ai dipendenti. L'ente nazionale vuole infatti stabilire delle regole che mettano in guardia dai conflitti di interesse e tutelino l'integrità della ricerca. Fantascienza per l'Italia, dove questi argomenti trovano pochissimo spazio e non sembrano destare preoccupazione nelle istituzioni. Tra le rare eccezioni figura il «Coordinamento per l'integrità della ricerca biomedica» (Cirb, sito internet www.cirb.it). Nato un paio di anni fa su iniziativa di alcuni ricercatori e operatori sanitari, il Cirb si propone infatti di sensibilizzare ai temi dell'indipendenza della ricerca, oltre a promuovere la definizione di un codice comune di condotta. Come farsi che i giornali rivolti agli operatori sanitari pubblichino le ricerche migliori senza farsi influenzare dagli sponsor delle loro stesse riviste e da ricercatori e revisori che a loro volta possono avere conflitti d'interesse? Una possibile risposta viene dal Committee on publication ethics (Cope) che ha sede a Londra e ha affidato a Richard Smith, il direttore del British Medical Journal, il compito di stilare una prima bozza per un codice di comportamento per gli editori in campo medico. La, proposta di Smith tende, in sintesi, a trasformare il ruolo dell'editore medico da passivo recipiente (di articoli da una parte e di pubblicità dall'altra), in soggetto attivo che svolge un ruolo cruciale nel garantire al proprio lettore ciò che gli viene proposto. Il direttore si trasformerebbe cosi in un supergarante. La proposta ha già sollevato polemiche in quanto vista da molti come un'ingerenza. Perché - ci si chiede -l’editore dovrebbe avere un proprio comitato che valuti l'eticità, dei lavori inviati per la pubblicazione, quando i comitati etici hanno già fatto questo lavoro? Come può l'editore svolgere il compito di Sherlock Holmes della ricerca individuando le l'rodi scientifiche? «Qui sta. il punto - commentano ainaraniente gli esperti italiani del Cirb -, proprio queste domande dimostrano che il mondo della ricerca. medica non è ancora. pronto per accettare il nuovo ruolo degli editori e dall'altro che gli editori stessi pensano a, volte più agli introiti pubblicitari che alla qualità degli articoli proposti». _________________________________________________ La Nuova Sardegna 8 Gen. 06 SASSARI: STUDI UNIVERSITARI? SÌ, MA AL RALLENTATORE Ateneo ai raggi X nella relazione programmatica per il prossimo triennio Sempre molto alto il numero degli abbandoni e delle lauree fuori corso Parecchi ragazzi si iscrivono nella Penisola GABRIELLA GRIMALDI SASSARI. Solo il 41 per cento degli studenti si laurea entro un massimo di due anni fuori corso. Il tasso di laurea “in regola”, poi, è incredibilmente vicino allo zero. Quasi nessuno a Sassari, insomma, ce la fa nei tempi stabiliti. In alcuni casi, vedi Giurisprudenza e Scienze dell’educazione, i corsi con durata legale di 4 anni si “spalmano” fino a 8,7 anni. Anche l’età della laurea da noi è più alta della media nazionale: 28,1 anni contro 27,79. Più lusinghieri del resto d’Italia i voti assegnati dopo la discussione della tesi, 104,8 rispetto a 102,9. Sono questi i punti deboli dell’ateneo sassarese che, con la relazione programmatica stesa alla fine dell’anno, mette a fuoco gli aspetti su cui lavorare per migliorare la qualità degli studi superiori e mette alcuni punti fermi sul programma di espansione e crescita per i prossimi tre anni. Certo i dati sulla didattica fanno riflettere: possibile che gli studenti dell’università cittadina siano tutti scarsi? Oppure che le aspettative di lavoro siano talmente basse da indurre i giovani a “parcheggiare” le proprie ambizioni in una facoltà in attesa di migliori opportunità. Un’ipotesi plausibile, quest’ultima, ma i veri problemi, come ammettono anche i componenti del consiglio di amministrazione dell’università che si è riunito il 20 dicembre del 2055, è l’organizzazione e la qualità della didattica». «Di sicuro un settore sul quale c’è parecchio da lavorare - dice il prorettore Attilio Mastino -. Gli anni di permanenza degli iscritti sono ancora troppi anche i crediti maturati nel tempo non superano la media dei trenta all’anno mentre dovrebbero essere sessanta». Una situazione che non è soltanto negativa in sè. La preoccupazione dei membri del Senato accademico infatti è relativa alla possibilità concreta che con le nuove leggi finanziarie, il fondo di funzionamento ordinario, cioè la quota di finanziamento statale, sia ripartito in base ai risultati di ciascun ateneo. Il calcolo in quel caso farebbe riferimento a tre parametri: la ricerca, la didattica e i numeri (quello del personale docente e degli studenti, cioè le dimensioni dell’università). «È un calcolo che ora come ora ci danneggerebbe - prosegue il prorettore -. Perchè se siamo “in attivo” nel campo della ricerca e in quello dei numeri rischieremmo di abbassare la quota con la didattica. Ecco perchè abbiamo già avviato un programma di recupero affidando un monitoraggio sulle carriere dei singoli studenti a undici manager di facoltà che dovranno stabilire i correttivi da apportare. E poi abbiamo chiesto che nella valutazione dell’ateneo incidano fattori “regionali” come l’insularità e il tessuto socio-economico della nostra terra». Sull’organizzazione degli studi, d’altra parte, non mancano le proteste da parte degli studenti che di tanto in tanto lamentano la poca disponibilità dei docenti e mettono in discussione i programmi adottati nei singoli corsi. Eppure il numero degli insegnanti e dei ricercatori che prestano servizio nelle undici facoltà dell’università di Sassari è andato via via aumentando negli anni, soprattutto in relazione al moltiplicarsi astronomico (così come ha stabilito e consentito la riforma degli studi) dei corsi di laurea che oggi sono ben 53, con un totale di 7063 docenti compresi ordinari, associati, ricercatori, assistenti e incaricati. Una profonda riflessione è stata dunque avviata dal Senato accademico e dal Nucleo di valutazione col proposito di applicare quei “requisiti minimi” richiesti in campo nazionale e non solo tenendo presente l’obiettivo di ridurre i tassi di abbandono: quelli dopo un anno rappresentano il 30 per cento degli iscritti, tre punti oltre la media nazionale. Il fenomeno appare particolarmente grave in alcune facoltà tanto che l’ateneo non ha beneficiato dei fondi a disposizione per le università virtuose. Di aumentare il numero degli studenti attivi, di ridurre i tempi necessari per il conseguimento dei titoli di studio, di rafforzare la coerenza fra formazione erogata e fabbisogni del mercato del lavoro e aumentare la virtuosa mobilità nazionale e internazionale di studenti e docenti. Attualmente l’università di Sassari intercetta una quota di mercato pari al 25 per cento degli studenti sardi rispetto al 61 per cento di Cagliari. Il restante 14 per cento si iscrive in facoltà al di fuori dell’isola. La quota degli iscritti sardi in continente è circa doppia in provincia di Sassari rispetto alla provincia di Cagliari. Un’emorragia che soltanto una politica basata sulla qualità potrà arrestare. Sono dati, dunque, sui quali l’università dovrà mettere il massimo impegno nei prossimi anni. Un impegno assunto anche dal rettore Alessandro Maida, rieletto per la terza volta alla guida dell’ateneo. IL BILANCIO Nessun aumento per le tasse SASSARI. Il consiglio di amministrazione a fine anno ha approvato il bilancio di previsione. Il bilancio risulta in equilibrio fra le entrate e le uscite previste per la gestione dell’ateneo. Le entrate sono costituite per il 67 per cento dal fondo nazionale proveniente dal ministero per l’Università da altri ministeri (7 per cento). Per l’8,4 per cento sono costituite dal fondo della Regione sarda, e per il 6 per cento dalle tasse studentesche. Il totale è di 165 milioni di euro all’anno e tanto si è previsto di spendere nel 2006. Riguardo alle tasse il senato accademico ha deliberato di non aumentare del 5 per cento il loro importo come inizialmente si era pensato anzi, di non aumentarle affatto anche per non scoraggiare ulteriormente l’accesso alle facoltà. REGIONE Negati i soldi per Architettura SASSARI. Ci sono volute alcune riunioni per trovare l’accordo, fra università e Regione, sulla destinazione dei fondi (4 milioni e 700 euro) che arriveranno anche quest’anno dall’ateneo sassarese. Per la verità molti amministratori del consiglio erano rimasti perplessi dai quattro obiettivi fissati dal governo Soru, definiti marginali e difficilmente raggiungibili in tempi brevi. Erano i voucher per gli studenti, i visiting professor, i premi per i ricercatori e le riviste elettroniche. A questi sono state aggiunte finalità più generali come l’edilizia e il potenziamento della didattica. Qualche rimbrotto da Sassari anche per il mancato rinnovo del finanziamento di un milione e mezzo di euro alla facoltà di Architettura e quello per le 2 scuole di specializzazione di Veterinaria EDILIZIA Cambia in corsa il progetto orto botanico SASSARI. Fra grandi incompiute e progetti in itinere, l’università di Sassari sta tentando di portare a conclusione tutta una serie di opere edilizie che dovrebbero migliorare qualità didattica e funzionalità dell’ateneo. Fra i punti critici il serpentone di cemento che cresce con lentezza esasperante a Piandanna e il cantiere sbarrato nel futuro reparto di Malattie Infettive. Ecco comunque i progetti elencati nella relazione. Nella Facoltà di Agraria è in corso la realizzazione del nuovo complesso didattico e dei servizi generali e la ristrutturazione dell’Azienda di Ottava. Nella facoltà di Economia (nell’edificio dato in comodato dalla Provincia a Serra Secca) si sta procedendo all’adeguamento alle norme di sicurezza. Lavori anche nella facoltà di Farmacia a Monserrato, una volte definite le esigenze nell’ottica di funzionare come “polo chimico-farmaceutico” insieme al Dipartimento di Chimica e sulla base del fatto che si acquisiranno gli spazi dell’attuale “complesso didattico” della facoltà di scienze Matematiche che si trasferirà a Piandanna. Nella Facoltà di Medicina e Chirurgia si sta portando a norma la medicina interna, si stanno ristrutturando e ampliando gli Istituti di Anatomia patologica e Medicina Legale, di Igiene e Patologia generale, di Neurologia e di Scienze Radiologiche e si sta parzialmente sistemando l’ex-Ipai. Si va poi dalla messa a norma dei dipartimenti biologici alla costruzione del nuovo depuratore, da parziali lavori di ristrutturazione del complesso clinico alla realizzazione dell’impianto di cogenerazione (anche per il Polo naturalistico di Piandanna) mediante intervento di finanza di progetto. Progetti anche per il primo lotto dell’ospedale veterinario e per il secondo lotto della messa a norma del Dipartimento di Chimica. Restano due questioni spinose. La prima riguarda l’orto botanico (riconvertito dopo parecchie polemiche in polo bionaturalistico che ospiterà anche altre facoltà). Il finanziamento, all’epoca pari a 74,5 miliardi di lire e ridottosi a 59,235 miliardi, si è esaurito e adesso sarà necessario trovare i capitali per andare avanti. La consistenza dell’investimento fino ad oggi si potrà conoscere solo una volta risolti i rapporti con la Concessionaria Proger in via di liquidazione e quelli l’Impresa Astaldi (che ha presentato riserve per importi consistenti) senza contare le somme occorrenti per l’esproprio dei terreni per l’Orto Botanico. Il cantiere, molto a rilento, sta lavorando per completare i rivestimenti e piazzare gli infissi. La seconda è il cantiere dell’edificio destinato al reparto di Malattie infettive in viale San Pietro, chiuso ormai da molto tempo a causa del fallimento dell’impresa Sodeco. (g.g.) ____________________________________________________________________ L UNIONE SARDA 12-O1-2OO6 DNA: S.ANTIOCO ALLA RICERCA DELLE RADICI. Tra breve tutti i cittadini di Sant'Antioco potranno conoscere il proprio Dna. Il progetto è stato elaborato dall'Università Popolare cittadina dell'Auser. «Daremo la possibilità a tutta la popolazione dell'isola - afferma il rettore Giovanni Cancedda - di conoscere l'identità genetica dal prenuragico ad oggi». La ricerca della identità genetica, di cui si sono già reperiti i finanziamenti per l'anno in corso, sarà affidata al ricercatore del Cnr Mario Pirastu che è anche il coordinatore del lavoro di ricerca sul Dna di "Sa Corona Arrubia" di Villanovaforru. Nella sede dell'Auser di piazza Italia fervono i preparativi. Il progetto si propone di realizzare una collana di produzioni scientifiche suddivisa per temi che riguardano l'identità storica della città di Sant'Antioco dal titolo "Libro dell'identità"; l’identità ambientale dell'isola attraverso la pubblicazione di un atlante fotografico della fauna, flora e paesaggio dell'isola. n testo sulle tradizioni popolari. l'identità genetica della popolazione dell'isola dal periodo prenuragico ai nostri giorni. Infine un testo di antropologia filosofica dal tema "L; uomo come soggetto e artefice del suo destino". «Sarà un progetto a largo respiro - spiega il presidente della sezione Auser cittadina Francesco Puglia - finalizzato a produzioni e diffusione della cultura grazie alle ricerche dell'università popolare e di altre figure che collaboreranno nella riuscita del progetto». Lo studio infatti potrà contare sul supporto dell'Avis, dell'archivio storico "Studio 87" per le ricerche storiche. della cooperativa Archeotur, di archeologi e di uno studio fotografico». Il progetto per la ricerca genetica che sarà pluriennale e riguarderà l'uomo, l'ambiente vegetale e faunistico marino di Sant'Antioco. TITO SIDDI ======================================================= _________________________________________________ L’Unione Sarda 12 gen. ’06 LA CHIRURGIA DEL POLICLINICO NELL’ECCELLENZA Egregio Direttore Dopo aver letto i vostri articoli e quelli di altri quotidiani isolani in merito alle vicende che hanno coinvolto i medici della chirurgia del policlinico universitario, mi sono sentita in dovere di scriverle per manifestarle tutto il mio disagio e disappunto per come è stata trattata una equipe di medici che io ho avuto modo di conoscere. Nonostante i miei 37 anni ho vissuto molti ricoveri ospedalieri spesso nei reparti di chirurgia sia in Sardegna sia nella penisola. Ultimamente ho subito un ricovero d?urgenza che mi ha portato da un ospedale di provincia alla chirurgia del Brotzu che ha risolto l?emergenza ma che per la complessità del mio caso era riluttante a trattarmi. Tramite conoscenti sono stata indirizzata al prof. Nicolosi che con una umanità fuori dal comune mi ha rassicurata togliendomi l?angoscia di sentirmi abbandonata; ha predisposto il mio ricovero e ha risolto il mio caso. Durante la degenza ho avuto un trattamento che ancora oggi mi commuove; non solo l?alta competenza manifestatami dai chirurghi e dagli anestesisti ma il calore umano che ha contraddistinto il mio rapporto con tutto il personale. Non ho mai avuto, neanche nei grandi ospedali di eccellenza, una sensazione di sicurezza come ho avuto dall?equipe del prof. Nicolosi; percepire dalle pagine di un giornale la volontà di mettere in cattiva luce l?operato di uomini che si spendono senza riserve e con coraggio mi indigna e mi spinge a supplicarla di andare a verificare come si lavora in quei reparti cosi che si manifesti maggiore rispetto e attenzione nel trattare vicende che per la loro risonanza pubblica possono creare opinioni e commenti che possono ledere la dignità delle persone e comunque danneggiare in modo immeritato la reputazione di chi comunque si spende per il bene del prossimo. Le sarei grata se pubblicasse questa lettera che esprime sentimenti comuni di tanta gente che è stata curata da questi medici e nutre riconoscenza e affetto per loro. Cordiali saluti Giuseppina Casula Via Sardegna, Morgongiori _____________________________________________________________________ Spett. Redazione Sono uno dei tanti lettori del Vs. giornale, anzi è più corretto dire "del ns. giornale",per ciò che rappresenta L'Unione Sarda per noi che abitiamo in questa splendida isola. Leggendo le notizie di cronaca dei giorni scorsi ho saputo ciò che è accaduto al Policlinico di Monserrato e devo dire che la notizia non mi ha lasciato indifferente. Sono veramente spiaciuto per i familiari per quanto successo. Nello stesso tempo però, sono altrettanto spiaciuto per le accuse rivolte al chirurgo - il Prof. Nicolosi - e a diversi suoi collaboratori. Per ciò che ho vissuto personalmente posso dire che, non molto tempo fa, sono stato operato dal Prof. Nicolosi per un tumore maligno, e la sua rimozione presentava particolari difficoltà. Ringrazio il professore per la sua competenza e l'uomo Nicolosi per la sua premura e umanità nel gestire il mio caso. Penso che sia giusto portare all'attenzione dell'opinione pubblica anche testimonianze come la mia, perché livelli di professionalità come quelli del prof. Nicolosi non si acquisiscono dall'oggi al domani e costituiscono un patrimonio per la collettività. Cordiali saluti. Salvatore Atzeni _________________________________________________ L'Unione Sarda 10 Gen. 06 MEDICINA, È FINITA LA CACCIA ALL'AULA Dal prossimo anno accademico tutte le lezioni nel nuovo complesso della Cittadella Parte il conto alla rovescia per il trasferimento a Monserrato Una struttura da 12 mila metri quadri con aule e biblioteca accanto al Policlinico. Il preside Faa: «Ragioniamo anche su Odontoiatria». Il sogno della facoltà di Medicina si sta per materializzare: i lavori per la realizzazione del nuovo edificio alla Cittadella universitaria di Monserrato sono a buon punto, e dal prossimo anno accademico gli studenti e i docenti non dovranno più fare la spola tra diversi punti della città per le lezioni. “Un passaggio storico per la facoltà”commenta il preside Gavino Faa “da quando esiste, Medicina è sempre stata sparpagliata. Con il nuovo edificio in Cittadella l'idea di campus universitario è vicina a diventare realtà”. La struttura di 12 mila metri quadri, in un edificio lungo 130 metri disposto su tre piani e un seminterrato, è quasi pronto, e la speranza è di poter avviare le lezioni già dal 1 marzo, all'inizio del secondo semestre: “Oggettivamente sarà difficile“ continua Faa “ma dal primo novembre l'intero corso di Medicina sarà trasferito a Monserrato, a due passi dal Policlinico. Stiamo ragionando anche sulla possibilità di portare anche i corsi di Odontoiatria e delle lauree sanitarie». La struttura. Aule, aree per gli studenti, stanze più piccole per i corsi meno numerosi, un'aula congressi da 400 posti, con ingresso esterno, punto ristoro e accoglienza: questi gli spazi che saranno messi a disposizione degli studenti e dei docenti. “Fino a oggi - ricorda il preside - le attività erano svolte in tante sedi, come via della Pineta, Ponte Vittorio, l'ospedale San Giovanni di Dio, Policlinico, via Ospedale, clinica Aresu. Ovviamente le difficoltà per l'attività didattica, con docenti costretti a girare in continuazione, erano molteplici. Con questo nuovo edificio invece si troveranno tutti i servizi in poche centinaia di metri: le lezioni in aule nuove, la mensa, la pratica al Policlinico». Un campus che prende spunto dall'Università La Cattolica di Roma, con il Gemelli: “l suo successo - spiega Faa - è proprio aver accorpato tutto in un'unica area». La biblioteca. Un altro fiore all'occhiello potrebbe essere quello della grande biblioteca bio-medica, che potrebbe essere ospitata in un altro edificio in fase di costruzione, sempre nella Cittadella di Monserrato. «Si sta ancora discutendo, ma l'idea piace a molti», ricorda il preside. Il seminterrato dell'edificio che ospiterà Medicina invece servirà a raccogliere l'enorme mole di materiale didattico della facoltà, diventando un gigantesco archivio. Un altro piccolo tesoro al servizio degli studenti e dei docenti. La promessa. Era stato lo stesso rettore Pasquale Mistretta ad anticipare l'accorpamento di Medicina, in un incontro di alcuni mesi fa con i rappresentanti degli studenti. “Il rettore - conclude Faa - avrà anche qualcuno dei difetti che i suoi critici gli addebitano, ma certamente gli va riconosciuto il merito di dare all'ateneo nuove strutture e spazi per la didattica». Matteo Vercelli _________________________________________________ Corriere della Sera 11 Gen. 06 SAPIENZA, RICERCATORE LICENZIATO. LA CGIL: «NORME FITTIZIE» Un ricercatore universitario del Policlinico della Sapienza è stato licenziato dal Rettore per «scarso rendimento» appellandosi al Testo Unico degli impiegati civili dello Stato, un testo che non si applica ai ricercatori. Un licenziamento in base a norme fittizie per il segretario generale della Flc-Cgil, Enrico Panini. «Peccato - osserva il sindacalista - che nessun organo collegiale della Sapienza, come è invece previsto, si sia espresso al riguardo! Peccato che gli unici pareri espressi (Consiglio Universitario Nazionale e al termine di due ispezioni ministeriali) si siano dichiarati contrari!» Il Ministero si è costituito in giudizio davanti al Consiglio di Stato presso cui pende il ricorso del ricercatore. _________________________________________________ La Nuova Sardegna 8 Gen. 06 554: UNA STRADA ANTI CAOS VERSO LA CITTADELLA Statale 554. Ogni giorno estenuanti code al semaforo delle 5000 auto al giorno Si farà la bretella di accesso diretto al Policlinico Universitario di Monserrato. Dopo mesi di polemiche e rinvii sono partiti i lavori per la costruzione del nuovo ponte sulla statale 554. «Con il nuovo svincolo - spiega l’assessore provinciale alla viabilità, Paolo Mureddu - verrà realizzata una bretella che consentirà, una volta superato il ponte, di raggiungere direttamente il Policlinico della Cittadella Universitaria. Abbiamo sbloccato una parte del progetto che era rimasto sospeso per mancanza di fondi. Serviva circa un milione di euro. Grazie a ll ’impegno dell’assessore regionale ai lavori pubblici, Carlo Mannoni, l’opera verrà costruita e completata in soli 16 mesi». L’opera avrà la forma di una nave a vela in movimento. Sarà formata da una campata unica Lo svincolo per il Policlinico di circa 83 metri, da una sezione stradale di 18 metri a due sensi di marcia, separati da una barriera centrale, con due corsie di accelerazione e decelerazione. Mancava il via libera della Regione per completare l’ambizioso progetto. Quello che tra qualche mese diventerà uno degli snodi cruciali della viabilità cagliaritana è ormai una realtà. Per le migliaia di automobilisti che ogni giorno ci transitano è un annuncio importante. Finalmente il traffico sulla statale 554 verrà decongestionato. Oggi per i circa 5000 automobilisti i tempi di percorrenza sono davvero lunghi. Nelle ore di punta occorrono circa 35 minuti per uscire dall’Università e superare il blocco che si forma al semaforo per immettersi sulla statale. Sulla 554 sono previsti una serie di interventi e la costruzione di tre svincoli nei nodi più critici della viabilità. Per l’assessore regionale ai lavori pubblici, Carlo Mannoni, è necessario uno studio di valutazione approfondito del traffico: «Mi sono impegnato per inserire l’opera nei programmi del 2006 - dice - con i fondi previsti dalla finanziaria. È già partita una gara internazionale che consentirà di individuare il sistema per migliorare la viabilità dell’importante arteria. Sono stati individuati fondi Cipe del 2005, circa 30 milioni di euro. Sarà un iter che faremo insieme ai Comuni e alla Provincia. Presto firmeremo un protocollo d’intesa che tenga conto delle realtà locali». A chi l’accusa di essere troppo ottimista per i tempi di attuazione, Mureddu replica con i dati: «Sono stati stanziato circa 9 milioni di euro. Il ponte è un manufatto semplice. Sono stati già spesi 700 mila euro. I lavori procedono e l’impresa preparerà tra qualche giorno la viabilità alternativa. Trattandosi di una struttura prefabbricata sarà in parte montata a terra ________________________________________________________ Repubblica 9 gen. ’06 LA TUBERCOLOSI TORNA ANCORA A COLPIRE L'industria si mobilita per debellarla Presentata a Roma al summit dei premi Nobel l'ultima iniziativa, intrapresa dall'americana Eli Lilly congiuntamente con I'Oms LAURA HISS Per quanto incredibile possa apparire, la tubercolosi uccide ancora Smila persone al giorno, una ogni 15 secondi. In Russia, Cina, India e in maniera crescente in Africa, si stanno diffondendo nuovi ceppi di infezione resistenti alle cure tradizionali. Nel solo Sud Est asiatico si riscontrano 3 milioni di nuovi casi all'anno. Una minaccia anche nell'Europa dell'est, dove sono stati registrati nel 2004 0ltre 250.000 nuovi ammalati. A dare l'allarme, insieme a Marcos Espinal, segretario della Stop-TB Partnership dell’Oms, durante il Summit dei premi Nobel per la pace a Roma, è la Eli Lilly, che ha stretto un'alleanza con l’Oms e altre istituzioni. La Lilly produce due antibiotici, la capreomicina e la cicloserina, da tempo utilizzati per il trattamento della tubercolosi resistente ai farmaci di prima linea, chiamata MDR-TB (Multidrug Resistant Tubercolosis). L'iniziativa "The Lilly MDR-TB Partnership" è partita nel 2003, quando l'azienda insieme a istituzioni pubbliche e private ha stanziato 70 milioni di dollari per combattere la malattia. In particolare Lilly si è fatta carico dell'approvvigionamento di capreomicina e cicloserina per i progetti approvati dall'Oms a livello mondiale. inoltre l'azienda ha trasferito il proprio know how e le proprie tecnologie ad altri produttori farmaceutici in Sud Africa, Cina, India e Russia. «I risultati sono davvero soddisfacenti», commenta Gino Santini, vice presidente della Eli Lilly. «Dobbiamo affrontare questa malattia con grande impegno perché sappiamo che ogni persona affetta dalla Tbc può infettarne altre 20. Con il nostro programma stiamo trasferendo nei paesi più colpiti la nostra esperienza e la capacità di produrre i farmaci necessari alla cura, oltre al fatto che i farmaci prodotti da noi sono offerti per il programma ad un costo nominale ed inferiore al costo di produzione». In Cina la società Hisun produrrà la caproemicina. E' terminata la costruzione dello stabilimento per produrre la materia prima e sono in corsoi lavori per la realizzazione dell'impianto che produrrà le fiale. In India la partner ship è con la società Shasun, che ha già convalidato il primo lotto di cicloserina prodotto localmente. In Sud Africa intanto, la Aspen sta iniziando la produzione sia di cicloserina che di capreomicina. E' in corso anche la costruzione di uno stabilimento nuovo che a regime avrà la capacità produttiva di 4 miliardi di capsule. «A fine 2004 il progetto MDR-TB ha consentito di curare oltre 10mila pazienti inclusi in progetti approvati dall'Oms in oltre 30 paesi», continua Santini. «In Russia abbiamo siglato un accordo con la Sia International per la produzione di tutti e due i farmaci. Ma il progetto MDR-TB fa parte di una sfida più ampia, portata avanti dall'Oms con il programma Stop-TB partnership. L'obiettivo è quello di dimezzare le morti per Tbc entro il 2015. Durante questi prossimi 10 anni potremo salvare più di 14 milioni di vite». Partner della Lilly nel programma MDRTB sono tra gli altri, la Harvard Medical School,l'U.S. Centers for Deseas Control e il World Economie Forum. ________________________________________________________ Il Giornale 15 gen. ’06 LA PROSTATA DIVENTA UNA MINACCIA Dopo i cinquant'anni questa ghiandola si ipertrofizza e in molti casi le sue cellule diventano cancerose Luigi Cucchi *Nel corso della vita di ogni uomo la prostata può andare incontro a tre differenti tipi di malattie: l'infiammazione (prostatite), comune nella età giovanile (20-40 anni), l'ingrossamento benigno (ipertrofia prostatica) si evidenzia dopo i 50 anni, ed il cancro della prostata che si manifesta di solito dopo i 40 anni. Parliamo della prostata, di questa piccola ghiandola, a forma, di castagna, fondamentale per la fertilità maschile, con il professor Francesco Montorsi, 43 anni, urologo presso la Università Vita Salute San Raffaele di Milano, dove ha sede uno dei più qualificati Centri urologici italiani. «La prostata è un organo essenziale per la vita riproduttiva, di ogni maschio e può causare qualche disturbo nell'arco di una vita. È importante dopo i 40 anni sottoporsi a controlli periodici, soprattutto se in famiglia, ci sono già stati casi di in malattia tumorale prostatica. Nella fascia di età dai 20 ai 40 anni, la prostata può andare incontro a fenomeni infiammatori che possono essere curati con antibiotici come i chinolonici che agiscono in modo efficace. La, curava protratta, per 20 giorni. ln associazione agli antibiotici si utilizzano per 3 mesi medicinali decongestionanti e miorilassanti». Si può guarire da una prostatite? «Molti pazienti superano la fase acuta della, malattia ma possono poi vedere ritornare disturbi simili dopo qualche tempo. L'ipertrofia prostatica, rappresenta, l'ingrossamento benigno della ghiandola. e provoca, qualche disturbo nell'urinare in almeno la metà dei maschi arrivati ai 50 anni. Al San Raffaele stiamo studiando un medicinale, analogo della vitamina D3, che causa la, riduzione del volume della prostata ed un miglioramento dei disturbi minzionali». Quando e come va controllata la prostata? «Se in famiglia esiste un caso noto di tumore alla prostata, la valutazione prostatica va fatta a. partire dai 40 anni. In caso contrario è corretto iniziare i controlli dopo i 50 anni. PI poi di fondamentale importanza, il dosaggio dell'antigene prostatico specifico (PSA), piccola proteina che rende fertilizzante il liquido seminale di ogni maschio. L'ecografia prostatica transrettale fornisce informazioni utili ma, non sempre decisive: serve soprattutto per eseguire eventuali biopsie nei casi di sospetto tumore». Quando si deve ricorrere alle biopsie prostatiche? «Nei casi in cui l'esplorazione rettale evidenzia un nodulo duro sospetto per un tumore alla prostata, quando l'ecografia transrettale evidenzia. un'area ugualmente sospetta,, e nei casi in cui il PSA è aumentato. Non sono indicate negli ultraottantenni con qualche focolaio di tumore che probabilmente non farà mai loro del male vistala lenta evolutività di questa malattia. Le biopsie devono essere; eseguite sotto guida ecografica ed associate ad adeguata, anestesia locale che permette di eseguire la procedura senza che il paziente senta, male: si devono eseguire almeno 12 campionamenti. Un medico esperto le effettua in non più di 5 minuti. La terapia medica è utilizzata come primo passaggio terapeutico, poi si ricorre all'enuciazione endoscopica, COD il laser ad holmio che consente di rimuovere anche le prostate benigne di grandi dimensioni (fino a 250-300 grammi). L'introduzione di questa tecnica, che raccomando, ha cambiato la vita a tanti pazienti. La chirurgia rappresenta l'arma ancora più efficace. Poiché fortunatamente la diagnosi di tu more della, prostata, viene fatta in fase sempre più precoce, possiamo oggi eseguire l'intervento con tecnica, anatomica che consente di salvaguardare la continenza, urinaria e la, potenza, sessuale del paziente. Più del 95% dei pazienti operati con questa tecnica riprende una continenza nell' arco dei primi 3 mesi postoperatori. Almeno la, metà di questi non perdono urine già alla rimozione del catetere vescicale 5 giorni dopo l'intervento». L'intervento per tumore viene fatto con il taglio o in laparoscopia? «L'intervento con un piccolo taglio di 8-10 cm nel basso ventre rappresenta ancora, oggi l'opzione di prima, scelta. Sia per l'intervento con il laser ad holmio sia nell'intervento con il taglio per la rimozione completa della prostata per un tumore viene generalmente utilizzata la anestesia locoregionale. Si pratica una piccola, iniezione di anestetico nella schiena, e questa garantisce un perfetto e totale controllo del dolore. La tecnica laparoscopica impone invece l'uso della, anestesia generale». Quale è il ruolo della, radioterapia, nella cura del tumore prostatico? «Eseguita dall'esterno (radioterapia, conformazionale e tomoterapia) o tramite posizionamento di semi radioattivi all'interno della prostata. (brachiterapia) è una opzione alternativa all'intervento chirurgico. Nella, mia esperienza non si raggiunge la medesima capacità curativa nei confronti del cancro prostatico rispetto all'intervento chirurgico. La radioterapia è invece necessaria in associazione all'intervento chirurgico quando la malattia. tumorale è estesa». _____________________________________________________ MILANO FINANZA 14-01-2005 TUMORE AL SENO SCONFITTO CON UN CHICCO RADIOATTIVO IL futuro della radioterapia dei tumori sembra risiedere in minuscoli dispositivi, delle dimensioni di un granello di riso, impiantabili con una singola operazione chirurgica. Un recente studio che li vede protagonisti ha coinvolto una quindicina di donne con tumori al seno di piccole dimensioni, e i risultati sembrano incoraggianti in termini di ripresentazione del tumore, dosi inferiori di radiazioni indirizzate e tollerabilità. Lo studio è stato condotto in un istituto oncologico canadese e i risultati pubblicati di recente sulla rivista della più importante associazione mondiale di radiologia nel settore oncologico. II tumore al seno è il tipo di neoplasia più comune nelle donne e, vista l'ampia diffusione della mammografia, è sempre più spesso diagnosticato a uno stadio precoce di sviluppo. In questi casi il trattamento standard prevede l'intervento chirurgico per rimuovere il tumore seguito da una radioterapia esterna di durata variabile (tra le tre e le sette settimane) per uccidere le cellule tumorali residue; cosi facendo si ottengono risultati simili all’asportazione totale del seno ma con il vantaggio di preservarlo intatto. Nonostante l'efficacia consolidata, la radioterapia esterna crea in un'alta percentuale di persone gravi effetti collaterali che possono comprometterne la qualità di vita e comportare l'interruzione o la rinuncia al trattamento. È per questo che negli ultimi anni ha avuto un rapido e crescente sviluppo la radioterapia interna, che si esegue su un tessuto o all'interno di una cavità del corpo con sostanze radioattive che emettono grandi quantità di energia a breve distanza, cosi da ridurre l'esposizione dei tessuti circostanti e quindi gli effetti tossici. Gli studi clinici a questo proposito si susseguono numerosi e in alcuni casi vengono già adottate come fonti di radiazioni dispositivi impiantabili temporanei. I medici canadesi hanno cercato di compiere un passo avanti ulteriore, utilizzando dispositivi permanenti anziché temporanei come unica fonte di radiazione, del tipo di quelli già in uso per i pazienti con cancro alla prostata. Questi strumenti, grandi quanto un granello di riso, non vanno rimossi ogni giorno ed emettono radiazioni fino a esaurimento (in genere per qualche settimana). Quelli di ultima generazione sono costituiti da un ago molto preciso che serve a raggiungere la cavità chirurgica e il cui percorso può essere seguito attraverso l'ecografia. Dopo aver tracciato l'area in cui effettuare l'impianto, l'ago è inserito nella cavità sotto la guida dell'ecografia che ne rende più semplice il posizionamento per quanto riguarda profondità e direzione. Il vantaggio rispetto agli impianti temporanei è che il paziente è sottoposta a una sola operazione chirurgica, che dura un'ora sotto anestesia locale, a fronte di dieci trattamenti settimanali richiesti per gli impianti temporanei. Dopo l’operazione, inoltre, i pazienti vengono dimessi e possono condurre una vita normale. L'operazione è stata proposta per ora a una quindicina di donne con caratteristiche ben precise, ovvero con tumore poco esteso e tenendo conto di fattori influenti come l'età. Nel 50% dei casi non si è registrato alcun dolore durante l'operazione, nell'altra metà è stato riportato un dolore acuto di basso grado e in nessun caso si sono manifestate reazioni tossiche. II principale valore aggiunto degli impianti permanenti sembra risiedere proprio nella riduzione della dose di radiazioni inviata ai tessuti, che consente di ridurre in modo drastico gli effetti tossici gravi. di Silvia Fabiole Nicoletto dispositivo permanente uccide le cellule malate senza provocare danni a quelle sane _________________________________________________ La Stampa 11 Gen. 06 RIDUCI IL FRUTTOSIO A TAVOLA E LA GOTTA SPARIRÀ CONFERMATA LA SCOPERTA DI UNA RICERCA ITALIANA DEL 1970. I FARMACI POSSONO ESSERE SUPERFLUI LA gotta è una patologia «storica», come la sifilide. Già definita «malattia dei re», è stata associata al consumo, spesso sfrenato, di cibi sostanziosi, di carne in particolare, e di alcol ed è stata spesso associata a personaggi famosi del passato, nobili ma non soltanto. Ne soffrirono sovrani famosi come Carlo V, Enrico VIII, Giorgio IV e il re Sole Luigi XIV (che di gottà morì), oltre al presidente americano Thomas Jefferson e a uomini politici come Benjamin Franklin. Ma ne furono vittima anche letterati, poeti e uomini di scienza. Le descrizioni dei loro mali sono pittoresche e spesso, al centro dei racconti, c’è l'alluce gonfio e rosso, tipico di un attacco di gotta. E l’alluce si trova anche nelle arti figurative e in letteratura, in cui spesso non manca un riferimento alla condotta morale del paziente, considerata assai discutibile. Già riconosciuta e descritta da Ippocrate nel V secolo a.C. e poi da Galeno, è il più antico tipo di artrite conosciuto. Il nome, che deriva da «gutta», goccia in latino, descrive la causa ipotetica, vale a dire l'eliminazione nelle articolazioni di un eccesso di «umori», non più in equilibrio. Si tratta di una supposizione che, mutatis mutandis, ben si adatta a descrivere la vera origine della malattia, vale a dire la precipitazione di cristalli di acido urico, in seguito ai suoi alti livelli nel sangue: la scoperta si deve all'inglese Garrod nel 1848. Oggi la gotta non è più temuta come un tempo, perché già alla prima analisi del sangue, quando si evidenziano alti livelli di acido urico, si corre immediatamente ai ripari con farmaci specifici e molto efficaci. Ma si devono per forza utilizzare medicinali? Oggi comincia a farsi strada l’altra soluzione, quella di un corretto regime dietetico in grado di controllare efficacemente la gotta. Non non si tratta, però, della solita dieta, che riduce la carne e altri alimenti «ricchi», bensì di un regime alimentare che cerca di limitare il fruttosio, eliminando i cibi che ne contengono molto, a cominciare dallo zucchero, dal miele e dalla frutta molto dolce. I fondamenti di questa dieta furono gettati già nel 1970 dal gruppo di patologia generale di Bologna, guidato dal professor Stirpe, e pubblicati sulla prestigiosa rivista «The Lancet». E tuttavia questa scoperta è restata a lungo in un cono d’ombra. Nella ricerca si è dimostrato che la somministrazione di fruttosio provoca un moderato e transitorio aumento del livello di acido urico nel sangue nei soggetti normali e, invece, un accentuato e persistente aumento nei soggetti sofferenti di gotta e nei loro figli, anche se sani. Questo dato indica uno stretto legame tra l’ingestione di fruttosio e la causa della gotta, l’alta concentrazione di acido urico nel sangue, e conferma anche l’ereditarietà della predisposizione alla malattia. Si pensò allora che una dieta povera di fruttosio potesse essere in grado di controllare il livello di acido urico e, quindi, di evitarne la precipitazione nelle articolazioni sotto forma di cristalli, causa dei dolorosissimi attacchi di gotta. E infatti i risultati furono sorprendenti: quasi tutti i soggetti gottosi, sottoposti a dieta a ridotto contenuto di fruttosio, nonostante la sospensione dei farmaci mostrarono miglioramenti di rilievo, addirittura stupefacenti in alcuni casi di gotta molto grave. La dieta è stata recentemente provata di nuovo da un coautore dell'articolo su «The Lancet», De Stefano, che ha riscontrato gli stessi effetti benefici su se stesso e su tutti gli altri pazienti seguiti. Che cosa resta dell'antica dieta? Solo la limitazione dell’alcol, che continua a restare valida: l’alcol, infatti, favorisce gli attacchi di gotta perché riduce l’eliminazione di acido urico attraverso i reni. Carla Cardano _________________________________________________ Le Scienze 12 Gen. 06 FERMARE LA LEPTINA PER COMBATTERE LA SCLEROSI MULTIPLA La scoperta fatta da ricercatori italiani dell’Università di Napoli ”Federico II” Ricercatori italiani hanno scoperto che, nel modello animale costituito dal topo, il blocco dell’ormone leptina, prodotto innanzi tutto dalle cellule adipose, svolge effetti benefici nei confronti dell’induzione e della progressione dell’encefalomielite autoimmune indotta sperimentalmente. Nello studio – che apparirà sul numero di febbraio del Journal of Clinical Investigation, ma che è anticipato online – Giuseppe Matarese e i colleghi dell’Università di Napoli "Federico II" suggeriscono che la neutralizzazione della leptina possa quindi rappresentare una possibile via per prevenire e curare la sclerosi multipla (SM). La SM è una patologia infiammatoria che colpisce il cervello e il tronco spinale e che è caratterizzata da debolezza muscolare, intorpidimento, perdita della coordinazione, tutti sintomi legati alla distruzione da parte dei linfociti T della mielina che funge da isolante dei circuiti nervosi. La leptina ha notoriamente una funzione critica nella regolazione dell’assunzione di cibo, ma successivamente è stato anche osservato che essa viene espressa a livello del sistema nervoso centrale nel corso di lesioni infiammatorie. Il gruppo di ricerca diretto da Matarese ha studiato gli effetti del blocco della leptina sfruttando sia anticorpi anti-leptina, sia ricorrendo all’uso di recettori chimerici per la leptina. _________________________________________________ Le Scienze 12 Gen. 06 ATEROTROMBOSI: QUASI UNA PANDEMIA Il profilo dei pazienti a rischio è simile in tutto il mondo Le trombosi, esito di processi aterosclerotici e causa di infarti, ictus e trombosi periferiche di varia gravità, sembrano essere una patologia sempre più diffusa, avviandosi a rappresentare la causa di morte e disabilità più diffusa al mondo. Il dato emerge dallo studio del The Reduction of Atherothrombosis for Continued Health (REACH) Registry, un data-base internazionale che coinvolge ben 44 nazioni, istituito anni fa proprio per monitorare la diffusione di questa patologia. Dalla ricerca – condotta da Deepak L. Bhatt e colleghi della Cleveland Clinic e pubblicata sul numero odierno di JAMA – risulta che il profilo di rischio dei pazienti è ovunque uniforme; in particolare, è elevato il numero di quanti soffrono di ipertensione (81,8 per cento), ipercolesterolemia (72,4) e diabete (44,3). Anche la prevalenza del sovrappeso (39,8 per cento), di obesità (26,6) o addirittura di grande obesità (3,6) è simile, pur toccando i massimi in Nord America, dove gli obesi arrivano al 36,5 per cento e i grandi obesi al 5,8. Il dato più interessante che emerge dall’indagine è tuttavia, secondo gli autori, l’esistenza di "un notevole gap fra le raccomandazioni delle linee guida per il trattamento della patologia e l’effettiva prassi medica. A dispetto della notevole quantità di evidenze a favore dell’uso di statine e antiaggreganti, questi farmaci non vengono prescritti nella misura ottimale". Anche gli interventi sugli stili di vita dei pazienti – alimentazione eccessiva e disordinata, sedentarietà, fumo, abuso di bevande alcoliche - sarebbero ovunque decisamente insufficienti. © 1999 - 2006 Le Scienze S.p.A _________________________________________________ Le Scienze 11 Gen. 06 OBESITÀ E RISCHI PER LA SALUTE Nella terza età l'eccesso di peso aggrava l'esito delle malattie cardiovascolari Obesità, disturbi cardiovascolari, diabete: tre fattori spesso correlati fra loro ma secondo meccanismi che tuttora sfuggono nei loro dettagli. Per esempio, si sa che l’obesità è un fattore di rischio per le malattie coronariche e cardiovascolari. Non è chiaro tuttavia se l’eccesso di peso possa portare a un aggravamento degli esiti di queste patologie. Ora uno studio epidemiologico su larga scala, pubblicato sulla rivista medica “JAMA”, sembra fornire una risposta. In definitiva, i soggetti obesi nell’età adulta – anche in assenza di fattori concomitanti come l’ipertensione e alti livelli di colesterolo – hanno nella terza età un rischio maggiore di ospedalizzazione e di morte proprio per patologie cardiovascolari. Lijing L. Yan, della Feinberg School of Medicine presso la Northwestern University a Chicago e i suoi colleghi hanno esaminato le statistiche storiche riguardanti l’indice di massa corporea di una coorte di 17.643 soggetti adulti confrontandole poi con i tassi di morbilità e mortalità, per le malattie considerate, una volta superato il sessantacinquesimo anno di età. Nel caso delle malattie coronariche, in particolare, il rischio di morte per i soggetti obesi è risultato del 43 per cento più alto rispetto ai soggetti con peso normale della stessa categoria. Secondo quanto si legge nell’articolo “le conclusioni di questo e di altri studi depongono a favore della necessità di un’ampia opera di prevenzione primaria per tutti i maggiori fattori di rischio, tra cui il sovrappeso e l’obesità, a partire dall'età giovanile”. _________________________________________________ Le Scienze 10 Gen. 06 IL RUOLO DEL CERVELLO NELLA TERAPIA DEL DIABETE La ricerca animale fa intravedere un miglioramento di efficacia dei trattamenti farmacologici Non sono solo i tessuti di organi e apparati, come per esempio i muscoli, a essere implicati nella risposta all’insulina, ma anche il cervello. È questa una nozione già stabilita in recenti studi ma ulteriormente confermata in un articolo pubblicato sull’ultimo numero della rivista “Cell Metabolism” e firmato da alcuni ricercatori Università di Washington a Seattle. Nel corso dello studio sono stati utilizzati ratti in cui è stato indotto un deficit di cellule pancreatiche di tipo beta, responsabili della secrezione di insulina, per riprodurre la forma giovanile di diabete umano. I ricercatori hanno iniettato nel cervello degli animali un composto chimico in grado di limitare la funzione di un enzima coinvolto nella normale risposta all’insulina, prima della somministrazione dell’ormone stesso. Senza una normale risposta all’insulina del cervello, la riduzione dei livelli di glicemia è risultata inferiore del 35 per cento. “I nostri risultati – ha spiegato Michael Schwartz, che ha guidato la ricerca – suggeriscono in che misura, negli individui affetti da diabete, la capacità dell’insulina di abbassare i livelli ematici di glucosio coinvolge il cervello. “Si tratta di un effetto non banale: il cervello fornisce un contributo sostanziale alla risposta all’insulina.” Non è difficile a questo punto intravedere la possibilità di migliorare le terapie per il controllo della glicemia, eventualmente con una somministrazione di quantità inferiori di insulina. _________________________________________________ Corriere della Sera 11 Gen. 06 STIMOLATORE DI BUON UMORE Depressione: ora si tenta con microimpulsi elettrici. Anche in Italia primi risultati incoraggianti in casi gravi Prima di Natale gli specialisti dell'Istituto Neurologico Besta di Milano hanno presentato al Congresso nazionale di neurochirurgia di Torino i primi tre casi italiani di depressione cronica resistente ai farmaci risolti con VNS (vagal nerve stimulation), la tecnica di stimolazione del nervo vagale. Balzata quest'estate agli onori della cronaca dopo l'approvazione dell'ente americano di controllo dei farmaci, la VNS era già nota agli specialisti, soprattutto per la sua efficacia in malattie come l'epilessia e il Parkinson. Uno dei primi studi con VNS nella depressione fu condotto negli Stati Uniti nel 2000 con miglioramenti del 40%; uno dei più incoraggianti è stato quello di Harold Sackeim della Pennsylvania University che nel 2001 ha riportato un dimezzamento dei sintomi depressivi in un terzo dei pazienti. Lo stimolatore vagale è un micro-pacemaker a pile eterne, impiantato sottocute in anestesia locale, vicino alla clavicola sinistra che invia benefici microimpulsi elettrici a specifiche aree del cervello sfruttando il nervo vago che transita nel collo come una sorta di cavo di collegamento cerebrale già predisposto dalla natura. ? Lo schema Da luglio questa metodica può essere usata nella depressione cronica resistente. A seconda della frequenza usata per gli impulsi si va a colpire (e curare) un'area cerebrale diversa fra le tante con cui il nervo vago è collegato, un po' come se ogni stazione d'arrivo avesse un binario dal passo particolare. Nella depressione gli impulsi vanno a nucleo del tratto solitario e locus ceruleus, connessi a regioni legate al controllo dell'umore e particolarmente ricche proprio delle cellule nervose (noradrenergiche e serotoninergiche) su cui vanno ad agire gli antidepressivi. In Europa è già partito un primo studio multicentrico controllato che, sotto la guida del Brain Stimulation Group dell'Università tedesca di Bonn, sta selezionando con l'aiuto di diversi centri europei i pazienti a cui resta solo questa chance. «I risultati americani sono troppo eloquenti per pensare a un effetto placebo, come qualcuno aveva insinuato -ha detto Caroline Frick, una delle ricercatrici dell' Università di Bonn a capo della sperimentazione europea - . Ci siamo già accorti che se la frequenza elettrica dei microimpulsi è calibrata a 1,25 mÅ piuttosto che 0,75 com'era nei primi studi americani, i risultati migliorano e la conferma arriva dalle valutazioni eseguite con un test mirato: la depressione si dimezza subito e si attesta su una riduzione del 48% che si mantiene per l'anno successivo». Anche i trattamenti effettuati al Besta rientrano nel protocollo europeo.«Si tratta di tre donne sessantenni che soffrivano di depressione da oltre quindici anni - informa Orso Bugiani, ex-primario di neuropatologia del Besta, che le ha seguite prima e dopo l'impianto effettuato dai neurochirurghi Angelo Franzini e Giovanni Broggi - . Avevano sviluppato una marcata sintomatologia di tipo inibitorio con un grave ritiro sociale e perdita di ogni interesse, associata a pesanti disturbi di somatizzazione (dolori diffusi, cefalea continua). Dopo aver provato per anni molti antidepressivi anche a dosaggi elevati, non ottenevano risultati utili perché si era creata una resistenza al farmaco. In Italia è la prima volta che in questa malattia si ottiene con la VNS un risultato tale da consentirne la presentazione ad un convegno come quello recente di Torino. Anche all'ospedale di Varese ci sono altri tre casi e stanno andando altrettanto bene. Nelle nostre pazienti i primi effetti si sono manifestati circa sei mesi dopo l'impianto: hanno cominciato a star bene e, per la prima volta, è calato il bisogno di prendere i farmaci con cui convivevano da tre lustri» Negli Stati Uniti _________________________________________________ Corriere della Sera 8 Gen. 06 NUOVO TEST AL CARBONIO: I DENTI NON MENTONO SULL' ETÀ le ricerche dicono che . Medicina legale Misurando la quantità di carbonio radioattivo presente nello smalto dentale, si può risalire all' epoca di nascita di una persona con un margine di errore molto basso, di circa un anno e mezzo. La nuova procedura, per ora, è stata utilizzata per stimare l' età di 22 individui. ÈChe cosa significa: i test nucleari eseguiti tra il 1955 e il 1963 hanno rilasciato nell' atmosfera carbonio radioattivo. Considerato che lo smalto contiene carbonio, la percentuale di carbonio radioattivo in esso rinvenuta, riflettendo quella dell' atmosfera, può essere un utile indicatore della data di nascita per le persone nate dopo il 1943. ÈCommento: «Le premesse sono ottime, trattandosi oltretutto di una metodica che avrebbe il vantaggio di non essere influenzata dalle abitudini di vita, quindi teoricamente universalmente valida. Prima di una sua eventuale entrata nelle scienze forensi, occorrerà però verificarne la validità su campioni più ampi, la riproducibilità, nonché l' accessibilità economica», osserva Danilo De Angelis, odontologo all' Istituto di medicina legale dell' Università di Milano. Nature (2005; 437: 333)