VALUTAZIONE DEGLI ATENEI (CIVR2006) - LA VALUTAZIONE DELL’ATENEO CAGLIARITANO - RICERCA ITALIANA PROMOSSA A PIENI VOTI - BUONI VOTI PER LE NOSTRE UNIVERSITÀ SARDE - PROGETTO DS: UN'AUTHORITY PER GLI ATENEI - CONCORSI, IL TITOLO TRIENNALE «VALE» LA VECCHIA LAUREA - DALLA RIFORMA MORATTI ALLA PROPOSTA BORSELLINO - IL SUCCESSO DELLA SCIENZA SENZA ETICA - APPUNTI E TESINE SI SCARICANO DAL BLOG - ARRIVA LO STATINO ELETTRONICO - IL FUTURO DEI GIOVANI MEDICI - BIOLOGIA, RESTRIZIONI DRASTICHE PER LE ISCRIZIONI - BIOLOGIA, CORSI DIMEZZATI: TROPPI STUDENTI, POCHI DOCENTI - PARTONO OTTO NUOVI CORSI DI LAUREA. ARCHITETTURA APRE ANCHE A CAGLIARI - SASSARI: UN ATENEO TELEMATICO DI ALTA FORMAZIONE - GLI AMBASCIATORI BOCCIANO LA MORATTI - PROF DI RELIGIONE A SALARIO SPECIALE - ======================================================= SEI NUOVI ORDINI NELLA SANITÀ - UNA VITTORIA CON TROPPE SFUMATURE CORPORATIVE - SARDEGNA: CRESCE LA SPESA MA NON MIGLIORANO I SERVIZI NELLA SANITA' - STAMINALI TUTTE LE COLPE DELL’ITALIA - LA MATEMATICA? AIUTA IL MEDICO - CRESCE LA DOMANDA DI SALUTE - CONTRATTO DI LAVORO: SCIOPERO AL POLICLINICO - SASSARI BORDATE DAL MUNICIPIO PER L’AZIENDA MISTA - GIUSEPPE BROTZU, UNA VITA PER LA RICERCA - POLITICI E LE CLINICHE L' AFFARE SICILIANO - SE IL RICERCATORE SI INVENTA I PAZIENTI - L'UOMO É NATO UN MILIONE DI ANNI ORSONO - È LA TROMBOFLEBITE LA PATOLOGIA PIÙ LETALE NELL'UNIONE EUROPEA - DIABETE, ADDIO SIRINGHE ARRIVA L’INSULINA SPRAY - TROPPI SI AVVELENANO CON LE ERBE FAI DA TE - AVIARIA, SCOPERTO VACCINO EFFICACE SUGLI ANIMALI - TRAPIANTI DI RENI, DONATORI ANZIANI - PET: DIAGNOSTICA HI-FI - MAMMOGRAFIA: IMMAGINI NITIDE VIA INTERNET - IL MISTERO DELLA SLA - TRAPIANTO DI RENE: LA VIA ITALIANA È LA MIGLIORE - GLI OMEGA-3 NON AIUTANO A PREVENIRE I TUMORI - ======================================================= ____________________________________________________ Miur VALUTAZIONE DEGLI ATENEI (CIVR2006) Valutazione degli atenei basata sui prodotti fino al 2004. http://www.civr.it/ RISULTATI DELLE VALUTAZIONI DEI PANEL DI AREA http://vtr2006.cineca.it/ LA VALUTAZIONE COMPLESSIVA DELL’ATENEO CAGLIARITANO giusto per contribuire alla corretta interpretazione dei dati CIVR, relativamente alla situazione della nostra Università, vi invio l'indirizzo del sito nel quale si trova una tabella elaborata dal collega van der Mee. http://krein.unica.it/~cornelis/valutazione_aree.html In essa si trova, in particolare, la valutazione del percentile = (1- frazione)*100, che a me sembra piuttosto significativa. Sebastiano Seatzu _____________________________________________________ Il Sole24Ore 27 gen. ’06 RICERCA ITALIANA PROMOSSA A PIENI VOTI Più del 90% dei «prodotti» supera la prova ROMA o Ricerca italiana promossa a pieni voti. Più del 90% dei prodotti (articoli, libri, brevetti, progetti) presentati da università ed enti di ricerca tra il 2001 e il 2003, infatti, ha superato la "prova qualità". Ma gli atenei del Sud restano fanalino di coda. Lo rivela il primo rapporto di valutazione realizzato dal Civr (il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca) presentato ieri a Roma dal viceministro all'Istruzione, Guido Possa, e dal presidente Civr, Franco Cuccurullo. Tra i 17.324 prodotti di ricerca esaminati, il 30% è stato giudicato "eccellente"., il 46% "buono" e il 19% "accettabile". Solo il 5% dei prodotti è risultato "limitato". I progetti valutati sono stati proposti su base volontaria da 77 atenei, 12 enti pubblici di ricerca e da 13 istituzioni private (che, a differenza degli altri partecipanti, hanno pagato per la valutazione), per un totale di 64:028 ricercatori coinvolti. La verifica è stata condotta su 20 aree di ricerca da altrettanti panel di valutatori. per un totale di 6.812 esperti italiani e stranieri. i quali hanno utilizzato il metodo internazionale del "peer reaiewing". «La ricerca italiana mostra risultati di qualità - ha commentato il ministro dell'istruzione Letizia Moratti, in un comunicato, nel quale ha fatto notare che «il processo messo a punto dal Civr ha. avuto costi diretti pari a 3 milioni e 550 mila curo, contro i 15 milioni e 250mila del Research Assessment Exercise inglese, finora considerato punti) di riferimento internazionale». Per il vice ministro Possa «il ritardo degli atenei del Sud dipende anche dalla data di nascita relativamente recente di molte strutture», mentre Cuccurullo ha sottolineato che «i risultati della valutazione sono il frutto di un lavoro realizzato dal Cineca in collaborazione con il Consiglio universitario nazionale e la Conferenza dei rettori». ALESSIA TRIPODI _____________________________________________________ La Nuova Sardegna 28 gen. ’06 BUONI VOTI PER LE NOSTRE UNIVERSITÀ SARDE MARCO VANNINI Alla presenza del ministro Moratti, si è tenuta ieri a Roma la conferenza stampa di presentazione dei risultati del primo esercizio nazionale di valutazione triennale della ricerca (Vtr). Tutto è cominciato nel 1999 con la creazione del Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca): un organismo creato per mettere il nostro sistema al passo con i paesi scientificamente più evoluti (Usa, Gran Bretagna, Olanda) attraverso un ambizioso programma di valutazione del sistema della ricerca nazionale, sul modello del research assessment exercise (Rae) inglese. In pratica, per ciascuna area della ricerca, gli atenei e gli altri enti censiti hanno inviato al Civr un certo numero di prodotti (determinato in base al numero di ricercatori) selezionati in piena autonomia, perché venissero valutati secondo un processo peer reviewing, cioè per mezzo del vaglio in incognito da parte di membri autorevoli della comunità scientifica di riferimento. L’esame dei 17.329 prodotti presentati ha coinvolto 102 strutture, 64.028 ricercatori di 20 aree disciplinari, 6.661 esperti esterni (un quarto proveniente da istituzioni estere). Il tutto è costato tre milioni e mezzo di euro. I risultati, divisi per classi dimensionali ed aree, sono consultabili all’indirizzo http://civr.it/. Cosa è saltato fuori? Che la qualità della ricerca italiana è mediamente di livello superiore a quanto viene comunemente percepito, ma a fronte di questo dato generale emergono significative differenze sia fra aree disciplinari sia a livello territoriale. Il Sud in particolare è quasi sempre il fanalino di coda: solo in sette casi su circa sessanta occupa il vertice delle classifiche. Uno di questi, l’unico in Sardegna, è rappresentato dall’area delle scienze economiche e statistiche dell’Università di Sassari, che ottiene il primato con un punteggio elevatissimo, frutto di un giudizio di merito che ha ritenuto eccellenti più del 70% dei prodotti presentati (la media complessiva di tutte le aree è del 30%). Fra le altre aree che hanno contribuito al buon posizionamento degli atenei della Sardegna ricordiamo, per Sassari, le scienze fisiche e le scienze biologiche, l’ingegneria industriale e dell’informazione, le scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; mentre per Cagliari ottengono valutazioni superiori alla media le scienze e tecnologie dei nano/microsistemi, quelle per per la qualità e la sicurezza degli alimenti, le scienze mediche e le scienze dell’ingegneria e dell’informazione. Rispetto ad altri tentativi di valutazione, fondati su indicatori indiretti, questo scrutinio toglie argomenti ai soliti scettici interessati che rifiutano le classifiche con argomentazioni di comodo. Invece di arrampicarsi sugli specchi per negare l’evidenza, sarebbe opportuno accettare il verdetto e pensare alle contromisure. Certo, in alcuni casi la presenza di facoltà giovani con poco personale affogato dalla didattica può spiegare il magro risultato. Guardando i titoli presentati, inoltre, notiamo scelte autolesionistiche e tipicamente baronali, che in molte aree hanno portato a selezionare i prodotti dei docenti più potenti a prescindere dalla qualità. In generale, tuttavia, colpisce come i giudizi migliori riguardino il più delle volte studiosi giovani, che scrivono con coautori stranieri, che pubblicano su riviste internazionali dotate di sistemi di valutazione rigorosi, che si rivolgono/espongono al mondo e non al proprio vicinato, che operano in Sardegna ma non sono necessariamente sardi. Se questo è il quadro allora bisogna avere il coraggio di voltare pagina, di fare davvero i ponti d’oro a queste figure portandole al centro della vita accademica. Il primo passo spetta indubbiamente a chi ha la responsabilità politica del sistema della ricerca. La valutazione è stata introdotta col preciso scopo di legare ai risultati la ripartizione di una quota apprezzabile delle risorse: ora agli annunci devono seguire i fatti. Nello stesso tempo, però, occorre rimuovere l’anello debole del sistema attuale, ossia la mancanza di meccanismi espliciti e diretti che premino coloro che hanno contribuito maggiormente ai buoni risultati. E poiché qualunque risultato è frutto di impegno, fortuna e favorevoli condizioni di partenza, è evidente che servono anche meccanismi trasparenti di ridistribuzione interna fra aree emergenti e aree in difficoltà, così da assicurare completezza ed equilibrio nella crescita della conoscenza. Un aiuto importante in questa direzione, inoltre, potrà venire dall’uso intelligente degli strumenti regionali di sostegno alla ricerca. Pensiamo in particolare a diverse interessanti linee d’intervento contenute nella convenzione triennale fra Regione e Università della Sardegna, in cui si ventila l’istituzione di premi per i migliori ricercatori dell’isola e di programmi di visiting rivolti a docenti stranieri (o sardi di ritorno) che aiutino a sprovincializzare le nostre strutture; oppure al disegno di legge sulla ricerca in Sardegna, in cui si parla esplicitamente di valutazione della qualità come base per la distribuzione dei fondi. Guai se si dovesse ignorare la valutazione nazionale in favore di standard locali: non solo si duplicherebbero i costi ma, ne siamo certi, si ricadrebbe fatalmente negli errori del passato. Sarebbe bello invece poter fornire a chi recluta in maniera virtuosa uno strumento in più per attirare nell’isola i migliori ricercatori e convincerli a fermarsi. A quanti nei prossimi giorni visiteranno il sito del CIVR non sfuggirà l’incastro fra reciproche forze e debolezze delle aree della ricerca negli atenei di Cagliari e Sassari. Perché non cominciare proprio su questo terreno, vista l’importanza che la ricerca riveste per il futuro sviluppo della regione, a sperimentare una sana competizione fra i due centri, mettendo da parte, una volta tanto, logiche campanilistiche e volontà dirigistiche e centralizzatrici? Marco Tannini _____________________________________________________ Il Sole24Ore 28 gen. ’06 PROGETTO DS: UN'AUTHORITY PER GLI ATENEI ROMA a Per i docenti universitari carriera salo per merito. Sanzioni per gli atenei che fanno "pubblicità ingannevole" e per le "finte" università che rilasciano titoli di studio privi di valore. Sono alcune delle proposte contenute nel disegno di legge presentato dai Democratici di sinistra per la creazione di un'autorità per la valutazione dell'università e della ricerca. L' authority dovrà essere indipendente dal Governo e dagli atenei e i suoi membri saranno nominati direttamente dal Presidente della Repubblica. Della proposta si discuterà mercoledì prossima a Milano in occasione del "Forum ricerca e università", al quale parteciperanno - tra gli altri - i parlamentari ds Luciano Modica. Luciano Guerzoni e Walter Tocci. Andrea Ratueri. responsabile scuola del partita, e Gianieli Rocca, vicepresidente di Confindustria per l’ Education. Atenei sotto la lente. Secondo il progetto Ds, il sistema di valutazione dovrà essere articolato su due livelli: uno centrale, per monitorare la qualità della ricerca, e uno locale - gestito dai nuclei di valutazione di ateneo - per il controllo di qualità della didattica e della gestione. Spetterà al Presidente della Repubblica nominare il presidente dell'autorità e i cinque membri, tre italiani e due stranieri, questi ultimi designati dail'European research council e dall'European university association. Il disegno di legge affida all'authotity anche il compito di verificare la correttezza della comunicazione pubblica degli atenei e prevede che i professori possano ottenere avanzamenti di carriera e aumenti in busta paga solo dopo aver superato prove di valutazione del lavoro svolto. La valutazione dell'università è al centro del dibattito da diversi mesi. da quando le notine per l’authority vennero inserite nel Ddl di riordino dello status giuridico dei docenti, per poi essere stralciate e ricomprese in un disegno di legge governativo che, come. assicurò il ministro dell'Istruzione. Letizia Moratti, all'indomani del via libera del Parlamento alla riforma delle carriere, sarebbe dovuto arrivare «al più presto» all'approvazione. «Con l'autorità per la valutazione - ha detto Walter Tocei - si supera il vecchio modello ministeriale e burocratico e si sceglie coraggiosamente il nuovo sistema delle autonomie, perché i3 riconoscimento dei meriti può aprire la strada a una crescita degli atenei e degli enti ricerca». Mentre Luciano Modica ha sottolineato che «è necessario uscire dal conflitto tra valutatore e valutato» e «un'authority indipendente rappresenta uno strumento per garantire ai cittadini la qualità dell'università». Università euromediterranea. Domani a Catania il ministro Maratti e i titolari dell'Istruzione dei Paesi del Mediterraneo firmeranno una dichiarazione intergovernativa per la creazione - entro il2010 - dell' «Area mediterranea della formazione superiore». L'appuntamento conclude un percorso avviato dal Miur nel 2003 con l'obiettivo di coordinare i sistemi universitari dell'area, per arrivare al reciproco riconoscimento dei titoli di studio. AL. TR. _____________________________________________________ Il Sole24Ore 26 gen. ’06 CONCORSI, IL TITOLO TRIENNALE «VALE» LA VECCHIA LAUREA La riforma della didattica universitaria ha definito due livelli di titolo, laurea e laurea specialistica (in futuro, "magistrale"); nel gergo abituale, con riferimento alla durata ordinaria, "3" e "3+2". Sul valore da attribuire a questi due titoli, nel confronto coi) l'unica laurea prevista nel vecchio ordinamento, vi è stata nell'opinione pubblica, e anche tra gli addetti ai lavori, parecchia confusione. II tema dei titoli necessari per la partecipazione a concorsi pubblici viene adesso affrontato con una circolare del ministero della Funzione pubblica che è stata vistata dalla Corte dei conti. Con una circolare del dicembre 2000 la stessa Funzione pubblica aveva fornito una precisa indicazione- Veniva stabilito che se si tratta di concorsi per la dirigenza pubblica, per la quale spesso in passato la laurea non era sufficiente, va ora richiesta la laurea specialistica, mentre per tutti i concorsi agli altri livelli del pubblico impiego per i quali era richiesta la laurea essa è da intendersi come la laurea ora presente, il "3". Un decreto interministeriale del maggio 2004, che non riguarda solo il pubblico impiego, ha poi stabilito che in tutti i cast nei quali venga oggi richiesto il titolo di laurea specialistica deve essere ammesso anche chi possiede la laurea del vecchio ordinamento. La soluzione è ragionevole, poiché in precedenza non esisteva un livello di laurea più alto; peraltro, nel testo del decreto viene inopportunamente usato il termine "equiparazione", e ciò ha indotto molti a ritenere che, inversamente, dove precedentemente occorreva la laurea occorra ora la laurea specialistica. Viene cosi eliminata ogni incertezza. La nuova circolare rileva che il decreto del 2004 vale solo per gli effetti indicati, mentre esso non dà assolutamente anche l'indicazione nel verso opposto. La circolare pertanto riconferma integralmente le regole del 2000: eccezion fatta per la dirigenza, il titolo di ammissione necessario per i concorsi che richiedono la laurea è la laurea, Un'affermazione apparentemente lapalissiana costituisce in realtà un chiarimento importante. Non sempre coloro che interpretavano in senso estensivo il decreto del 2004 erano in buona fede: in tutti i settori le forze corporative tendono a rendere difficile l'ingresso dei giovani. II pubblico impiego non è tutto, ma annullare il significato della laurea in tale ambito avrebbe costituito un punto a favore per chi vuole sminuirne il valore anche con riferimento alle professioni e all'impiego privato. Vi è anche chi senza finalità punitive fa rilevare che, a causa della differenza di preparazione tra chi aveva conseguito una laurea quadriennale e chi possiede la laurea nuova, in qualche caso possono mancare alcune competenze necessarie al fine delle mansioni da svolgere. Va perciò precisato che stiamo parlando di condizioni per la partecipazione a una procedura concorsuale, non di assunzione: il bando prevederà prove attraverso le quali potranno essere compiuti gli accertamenti. La questione ha una connessione con il dibattito sui risultati conseguiti, e su quelli non conseguiti, dalla riforma universitaria. Una delle principali motivazioni della riforma è stato l'allineamento sul percorso a più livelli previsto in Europa; altrove, una rilevante percentuale degli studenti si ferma all'acquisizione del primo titolo, mentre i dati iniziali sulla riforma italiana mostrano che oltre l'80% dei laureati si è iscritto alla laurea specialistica. Se il fenomeno si consolidasse, ciò costituirebbe una distorsione del sistema. Peraltro, la nuova laurea è iniziata nel 2001, sicché i primi laureati (quelli in regola con la durata degli studi) vi sono stati nel 2004: è presto per esprimere giudizi, se si tiene conto sia delle condizioni del mercato del lavoro, sia del fatto che ogni riforma di questo tipo richiede un periodo di assestamento al fine di far acquisire dall'opinione pubblica, e in particolare dal mondo produttivo e professionale, il senso delle nuove qualifiche. E l'acquisizione è stata difficile anche dalle incertezze ora superate. Le norme sui concorsi contribuiranno a evitare la sottovalutazione, o la valutazione quasi nulla, della laurea, ma non sono sufficienti: occorre anzitutto che siano i docenti universitari a non volerla svalutare. Ciò non sempre è avvenuto. _____________________________________________________ Repubblica 29 gen. ’06 DALLA RIFORMA MORATTI ALLA PROPOSTA BORSELLINO MAURIZIO MURAGLIA Il malessere del mondo della scuola, come attesta anche una recente indagine comparsa su Repubblica di Palermo, ha superato il livello di guardia. L´impresa educativa appare complicata da una tale quantità di fattori, interni ed esterni alle scuole, da scoraggiare ogni timido tentativo di innovazione. Siamo davanti ad una caduta motivazionale che non risparmia nessuno. Studenti e docenti delle superiori ne hanno piena consapevolezza. Nella scuola del primo ciclo (elementari e medie), la giovanissima età dei frequentanti attenua la forte interpellanza che invece sale sempre più dirompente dalle famiglie degli studenti del secondo ciclo e che acuisce il disorientamento degli insegnanti. Si tratta di una domanda sociale sempre meno implicita che rivolge alla scuola secondaria l´interrogativo di fondo: a che serve la scuola? A che serve come la fate voi? Dare risposte a questa domanda che appare tanto più insidiosa quanto meno esplicitamente rivolta è affare sempre più complicato. La forbice tra la domanda sociale e la cosiddetta offerta formativa delle scuole si allarga sempre di più. Tentiamo di approfondire. La formazione scolastica in genere viene intesa in due puntate. Nella prima puntata, entrano in gioco gli alfabeti di base: sapere leggere, sapere scrivere, sapere far di conto. In questa fase le famiglie chiedono condizioni, professionali e strutturali, che consentano ai figli di concludere l´obbligo con una preparazione adatta ad una prosecuzione degli studi ragionevolmente capace di dire qualcosa su "cosa farà da grande mio figlio". In situazioni culturali altamente deprivate, quel che conta è chiudere quegli otto anni decentemente e poi sperare che succeda qualcosa. Nella seconda puntata la domanda sociale si fa più pressante e si divarica a sua volta in domanda di occupabilità e domanda di formazione culturale. La riforma Moratti anticipa a 14 anni tale divaricazione come se le due domande fossero inconciliabili. Anche immaginando, nel prossimo futuro, uno scenario politico - di politica nazionale e di politica locale - che crei condizioni ordinamentali e strutturali di vivibilità del fare scuola (organici funzionali, edilizia, tempo pieno, obbligo scolastico fino a 16 anni, aumenti stipendiali e quant´altro), quale rapporto la scuola saprà instaurare con una domanda sociale che, per quanto spesso minimalista perché si attesta troppo spesso solo su voti e pagelle, interpella in profondità il rapporto che la scuola sa instaurare tra sapere scolastico e cultura del lavoro, tra cultura della scuola e cittadinanza? Su questi temi a mio parere il dibattito non decolla. Le scuole approvano molte attività che integrano l´offerta del mattino per consentire agli studenti di fare esperienze culturali capaci di interessarli. Ma non risulta che le scuole superiori discutano molto sul modo in cui la letteratura o le scienze o la storia possano permettere agli studenti di intrufolarsi nella complessità culturale e mediatica del mondo che sta fuori dalle aule. Quando assistiamo alla pantomima decembrina delle occupazioni, tocchiamo tutti con mano la difficoltà degli studenti a muoversi nella polis, a "lavorare" per far chiarezza sulle cose e porre le giuste domande a chi governa. Sono proprio queste le situazioni che rivelano quanto sia problematico il rapporto tra cultura della scuola e cittadinanza attiva. Per radiografare meglio la situazione, basterebbe fare un sondaggio per conoscere quante classi quinte studiano la cultura europea ed italiana degli ultimi trent´anni del Novecento. Il problema del lavoro infatti non è soltanto il problema della occupabilità. Il problema del lavoro è anche il problema della capacità di disporre di strumenti culturali capaci di interagire criticamente e cooperativamente con le logiche e le tecnologie sociali. Il cosiddetto "pezzo di carta" troppe volte rischia di essere l´esito di un percorso costellato di saperi e nozioni del tutto avulse dalla contemporaneità, dunque non tradotte in cultura, intesa come cultura della cittadinanza, cultura politica, cultura del lavoro. Nè sarà la semplice immissione di esterni nelle commissioni di maturità (comunque auspicabile) a garantire una simile traduzione al di fuori di un ripensamento della modalità con cui i saperi della scuola incontrano la complessità del contemporaneo. In epoca di programmi politici sulla scuola, che invocano il protagonismo degli insegnanti, occorre intendersi su quali terreni debba esercitarsi un simile protagonismo: sui terreni delle grandi petizioni di principio che, ci si faccia caso, stanno sempre negli articoli 1 di tutte le leggi sulla scuola, di qualsiasi colore politico esse siano, oppure, all´opposto, sul piccolo cabotaggio della rivendicazione impiegatizia? Il problema non è soltanto "fermare la Moratti". Il problema è costruire le condizioni che non rendano plausibili ipotesi come quella Moratti, fondate sulla divaricazione tra cittadini pensanti e cittadini addestrati al lavoro. Saranno capaci i politici siciliani, ad esempio, e la nostra Rita Borsellino su cui tante speranze oggi si concentrano, di coagulare il mondo della scuola siciliana attorno a tre-quattro nodi di grande respiro culturale e pedagogico che rispondano alla domanda di sensatezza del fare scuola di ogni giorno e su questi costruire un programma politico? __________________________________________________________ CORRIERE DELLA SERA 29-01-2005 IL SUCCESSO DELLA SCIENZA SENZA ETICA E’ giusto cogliere i benefici di una ricerca che si è svolta in modo non etico e giuridicamente controverso? Questo il dilemma dopo l'annuncio della società DeCode Genetics della scoperta di una variazione genetica associata a due tipi di diabete. Una prospettiva di grande utilità per l'umanità intera. Ma quando era stato lanciato il progetto di ricerca le reazioni erano state fortissime. La storia: il17 dicembre 1998 il Parlamento islandese approva una legge che, fatto inedito, autorizza un' impresa privata a raccogliere, elaborare e utilizzare la totalità dei dati sulla storia sanitaria e sulla costituzione biologica dei propri cittadini, a scopo di profitto e con un pressoché totale diritto di esclusiva. L'Associazione Medica Islandese e l'Associazione Medica Mondiale denunciano la violazione della regola del consenso informato, della fiducia tra medici e pazienti, nonché l'insufficienza del sistema di criptazione, che non esclude che si possa risalire ai singoli individui. Richard Lewontin denuncia che la gente non è merce" (The New York Times 23/1/1999) e che la procedura del consenso informato viola gli standard della ricerca medica, perché non sono i ricercatori a chiedere il consenso, ma i singoli che hanno l'onere di chiedere di essere esclusi dal database. Critica, poi, la logica del monopolio delle informazioni, i contratti segreti, i conflitti di interessi e invita al boicottaggio dell'Islanda e alla sua esclusione dalla cooperazione scientifica internazionale. Le perplessità rimangono ancora oggi. II caso dell'Islanda resta l'esempio di come non si devono condurre gli studi di popolazione. Che cosa fare, dunque, di risultati scientifici utili raggiunti in modo illegittimo? La questione si è già posta per i risultati ottenuti dai medici nazisti nei lager, e poi entrati nel circolo delle conoscenze scientifiche. Da ultimo ci si è chiesto se non sia ipocrita votare NO al referendum sulla procreazione assistita e domani beneficiare di ricerche su cellule staminali embrionali, proibite in Italia e effettuate all'estero. E se è uno Stato che approva una legge non etica? Ho sostenuto che, se si giustificano guerre per motivi etici, si potrebbe giustificare anche il bombardamento dell' Islanda, che viola standard etici internazionali. E' un paradosso, che però mette in luce le difficoltà di risposta al problema islandese. Io credo che gli scienziati dovrebbero stabilire, in autonomia, standard etici in materia. Pensiamo all' Italia. Studi genetici di popolazione vengono tuttora effettuati, ma manca una regolamentazione giuridica specifica e vi sono incertezze e timori tra gli stessi scienziati. Proporre che questi ricercatori elaborino un pubblico codice di autoregolamentazione è totalmente insensato? Io penso di no, pur conoscendo le difficoltà. Quale sarà intanto il vantaggio economico di DeCode Genetics quando avrà il brevetto del kit diagnostico per individuare i portatori di quella variante? Ci sono 200 milioni di persone al mondo che soffrono di diabete. Un mercato interessante. __________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 24 gen. ’06 APPUNTI E TESINE SI SCARICANO DAL BLOG così internet rivoluziona l'Università Bacheche per gli avvisi e fotocopie in serie delle dispense iniziano a sparire grazie alla diffusione delle community A Pisa un sito per scrivere un romanzo storico a più mani Bologna e Siena apripista della didattica sui portali ? Il blog , lo spazio personale sul web che si può aggiornare quotidianamente come un diario, sta cambiando anche il sistema dell'Università in Italia. Formazione e ricerca scientifica hanno trovato in questo strumento un modo per superare le difficoltà di comunicazione tra professori e studenti. Perché può contenere appunti, tesine, dispense online da scaricare e stampare a casa propria; e permette di dialogare a distanza con i docenti che non sempre, come è noto, è facile incontrare faccia a faccia. Così diari online e blog sono sempre più frequenti in molte facoltà italiane. Lo ha rivelato un'inchiesta di Repubblica at - traverso un viaggio nel web, e sopperendo alla mancanza di qualsiasi statistica o studio su un fenomeno ancora troppo recente e in embrione. C'È CHI IL BLOG l'ha usato per lanciare strali e creare masse di opinione, organizzare campagne moralizzatrici della vita pubblica. Chi per raccontare le proprie avventure erotiche, e chi per tenere un semplice diario personale, giorno per giorno. Lentamente, però, anche gli Atenei - o meglio, singoli docenti e ricercatori all'avanguardia - hanno scoperto quanto internet faciliti la condivisione e lo scambio di informazioni. È stata l'Alma Mater, l'Università di Bologna, una delle apripista in questo campo. La facoltà di Scienze Politiche ha creato il portale Pais (Percorsi di apprendimento interattivo per studenti) all'indirizzo http ://didatti ca. spb o.un ibo .it/ pais. Un grande contenitore di materiale didattico, dispense per approfondire le discipline di esame, appunti delle lezioni. E ancora: gli approfondimenti bibliografici e online consigliati dal docente, i gruppi di discussione tematici. A Siena, invece, un anno fa la facolta di Lettere e Filosofia ha sviluppato un blog vero e proprio, chiamato Prof. Blog!. La vecchia, tradizionale bacheca con gli avvisi per gli appuntamenti e stata completamente soppiantata: il diario online senese contiene di tutto, avverte gli studenti del seminario su gI preraffaeliti e la Vita Novah, pubblica la scelta delle Rime da studiare per l'esame. Tutte informazioni che un tempo si potevano raccogliere solo facendo la posta al professore, tra una lezione e l'altra, o attraverso un rischiosissimo passaparola. Ma i professori piu dotati di estro e fantasia sono andati ancora avanti, sfruttando le enormi possibilita di internet e dei suoi spazi. Come la professoressa di Metodologia della ricerca storica nella facolta di Pisa, Enrica Salvatori: ha creato un diario-blog dove gli studenti partecipano alla scrittura di un romanzo storico ambientato nel XII secolo, ciascuno con il suo contributo. Questi primi casi sono solo gli apripista di un modo tutto nuovo di intendere il rapporto studente-docente: proprio per la sue illimitate possibilita, il blog e gli spazi online in generale cambieranno radicalmente la didattica. E i professori del futuro saranno cresciuti con un tale abitudine all'uso di queste tecnologie, che riproporle nelle tecniche di insegnamento verra naturale. ¡ __________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 26 gen. ’06 ARRIVA LO STATINO ELETTRONICO e la segreteria diventa on line Cagliari. Tra un mese sperimentazione della firma “virtuale” negli esami di tre corsi di laurea Il sistema informatico “Esse 3 ”dovrebbe partire a maggio in tutte la facoltà: uno sportello telematico per gestire da casa certificati, iscrizioni e altre pratiche ¡ Scarseggeranno blog e strumenti di studio multimediali. Ma per quanto riguarda l'informatizzazione, cioe la gestione dei servizi attraverso i computer, l'Ateneo di Cagliari sta per compiere una vera rivoluzione. Entro la fine di febbraio, infatti, partira la sperimentazione dello gs tatino ele ttronicoh in tre corsi di laurea: Economia e Politiche Europee (Scienze Politiche) e Infermieristica e Ostetricia (Medicina). In pratica, al termine di ogni esame i professori non dovranno piu compilare lo statino, quel grosso libro che solo a vederlo incute una specie di timoroso rispetto e registra la carriera universitaria, ne gli studenti dovranno firmarlo. Sara tutto digitalizzato grazie alla gverbalizzazione elettronicah: ogni professore avra una smartcard che permette di apporre la firma digitale. Di cartaceo, insomma, restera solo il L'aula multimediale del centro linguistico d'Ateneo libretto universitario, che contiene tutti gli esami gia sostenuti e i voti rispettivi. L'ALTRA GRANDE NOVITA che dovrebbe cambiare la vita nell'Ateneo in maniera piu radicale, e il sistema informatico E ss e 3 . Si tratta di uno sportello telematico che permettera di accedere dal web a tutta una serie di servizi di segreteria, che oggi costringono gli studenti a passare ore intere in fila. Dall'immatricolazione alle autocertificazioni, le iscrizioni e molti altri atti o richieste di documenti saranno eseguibili online. Questo dovrebbe permettere di ricorrere allo sportello gfi s i c o h delle segreterie solo per casi particolari, delegando la maggior parte delle funzioni al cugino telematico. Anche l'iscrizione agli esami, che oggi in alcune facolta dell'Ateneo si esegue ancora su carta, si potra fare con internet. ? Scarseggeranno blog e strumenti di studio multimediali. Ma per quanto riguarda l'informatizzazione, cioè la gestione dei servizi attraverso i computer, l'Ateneo di Cagliari sta per compiere una vera rivoluzione. Entro la fine di febbraio, infatti, partirà la sperimentazione dello “s tatino ele ttronico” in tre corsi di laurea: Economia e Politiche Europee (Scienze Politiche) e Infermieristica e Ostetricia (Medicina). In pratica, al termine di ogni esame i professori non dovranno più compilare lo statino, quel grosso libro che solo a vederlo incute una specie di timoroso rispetto e registra la carriera universitaria, né gli studenti dovranno firmarlo. Sarà tutto digitalizzato grazie alla “verbalizzazione elettronica”: ogni professore avrà una smartcard che permette di apporre la firma digitale. Di cartaceo, insomma, resterà solo il L'aula multimediale del centro linguistico d'Ateneo libretto universitario, che contiene tutti gli esami già sostenuti e i voti rispettivi. L'ALTRA GRANDE NOVITÀ che dovrebbe cambiare la vita nell'Ateneo in maniera più radicale, è il sistema informatico E ss e 3 . Si tratta di uno sportello telematico che permetterà di accedere dal web a tutta una serie di servizi di segreteria, che oggi costringono gli studenti a passare ore intere in fila. Dall'immatricolazione alle autocertificazioni, le iscrizioni e molti altri atti o richieste di documenti saranno eseguibili online. Questo dovrebbe permettere di ricorrere allo sportello “fi s i c o ” delle segreterie solo per casi particolari, delegando la maggior parte delle funzioni al cugino telematico. Anche l'iscrizione agli esami, che oggi in alcune facoltà dell'Ateneo si esegue ancora su carta, si potrà fare con internet. internet. L'avvio del sistema è previsto per maggio, e coinvolgerà da subito tutte le segreterie di facoltà. Il servizio costa all'Ateneo un milione e 7 mila euro ed è stato affidato alla Kion, una ditta che lavora già per molti altri atenei italiani in collaborazione con il ministero. Sarà invece l'Ibm a fornire la struttura informatica. C'È ANCORAuna novità in vista all'Università: da tempo il consiglio di amministrazione ha deliberato l'acquisto di 110 pc, per realizzare cinque nuove aule multimediali tra Sa Duchessa, la Cittadella di Monserrato, il polo economico-giuridico e Ingegneria. Per ogni aula sono previsti 20 computer collegati a internet con linea adsl e connessione wireless che permette di accedere al web senza fili fino a una distanza di 50 metri. Però non sono state ancora realizzate: inutile dire che di pc c'è molta fame e che gli studenti li attendono con ansia. È prevista anche l'assunzione, a turno, di giovani studenti come tutor informatici col compito di fornire assistenza. ? CR.P. È prevista l'apertura di 5 aule multimediali con connessione adsl e rete wireless: progetto già approvato __________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 26 gen. ’06 LETTERA APERTA AL PRESIDENTE SORU E ALL'ASSESSORE DIRINDIN IL FUTURO DEI GIOVANI MEDICI Giorgio Marcialis Intendo sottolineare la grave situazione cui debbono sottostare i medici precari delle Asl e del Brotzu: nonostante siano specializzati in varie discipline mediche, i loro contratti sono stati prorogati solo per pochi mesi. Questi meritevoli giovani, ormai "maturi", sono preda di un "patto leonino" per cui, dietro la cosiddetta "consulenza", oltre il tempo pieno, trovano: turni, guardie, urgenze e quant'altro. Gli stipendi sono "da fame", appena sufficienti per l'esosa iscrizione all'Ordine dei medici, i contributi previdenziali, i trasporti, l'assicurazione ed il continuo aggiornamento professionale. Qualcuno può far affidamento sulla sua famiglia! La Pubblica Amministrazione dovrebbe indire concorsi e regolarizzare i contratti: sarebbe un riconoscimento ed una garanzia per il buon funzionamento delle strutture sanitarie. La giusta razionalizzazione della spesa non può continuare ad incidere sul sociale e sulla sanità! _____________________________________________________ L’Unione Sarda 22gen. ’06 BIOLOGIA, RESTRIZIONI DRASTICHE PER LE ISCRIZIONI Scienze. Il numero chiuso per le lauree triennali passa da 500 a 120 allievi Biologia per pochi. Lo ha deciso il consiglio di facoltà di Scienze che ha approvato una proposta avanzata dal consiglio di classe di Biologia: riduzione drastica dei posti a disposizione degli studenti. La rivoluzione, che dovrà passare al vaglio del Senato accademico, ha di fatto dimezzato le possibilità per il prossimo anno per i futuri biologi: i posti disponibili nelle lauree triennali sono passati da 500 a 120, mentre quelli delle specialistiche da 120 a 66. Immediata la protesta dei rappresentanti degli studenti dopo il voto favorevole del consiglio di facoltà di Scienze: «Non siamo stati coinvolti ? commenta Manuel Floris, di Università per gli studenti - e così ci troviamo con minori opportunità per chi vorrà iscriversi nei corsi di Biologia». Il preside Roberto Crnjar spiega la presa di posizione dei docenti: «Ci sono molti problemi per i pochi strumenti didattici a disposizione. E poi, inutile nasconderlo, la mancata nascita della facoltà di Biologia ha fatto perdere molte motivazioni». Insomma una presa di posizione di protesta nei confronti del rettore e degli organismi accademici che hanno rinviato il progetto di istituzione della facoltà di Biologia. La proposta era già stata portata due volte in consiglio: la prima, a novembre, non era passata, la seconda, a dicembre, non era stata votata per mancato numero legale. Poi il voto di venerdì sera. «Si poteva anche ipotizzare una riduzione del numero chiuso nelle lauree triennali ? spiega Floris - ma non di queste dimensioni. Vogliamo anche noi una didattica di qualità: ma riducendo di un quarto i posti disponibili s’impedisce a molti studenti di intraprendere la strada per diventare biologi. Sulle specialistiche invece siamo completamente contrari. Chiediamo di ridiscutere la delibera». Se quest’anno le iscrizioni alle triennali sono state inferiori ai posti disponibili (circa 450 sui 500 posti per Biologia sperimentale e Bioecologia), l’anno prossimo il rischio è che rimarranno esclusi in 300. «Formare un biologo - ricorda il preside di Scienze - è molto più costoso di preparare un matematico o un avvocato. Si devono avere gli strumenti adatti. I docenti hanno fatto sacrifici, con tante classi seguite a rotazione nei laboratori, effettuando turni. Ora non sono più disponibili. Anche per la demotivazione dopo la mancata nascita della facoltà». Una forma di protesta che non mancherà di suscitare polemiche nelle alte sfere dell’ateneo. Matteo Vercelli _____________________________________________________ L’Unione Sarda 24gen. ’06 BIOLOGIA, CORSI DIMEZZATI: TROPPI STUDENTI, POCHI DOCENTI Università. In attesa del varo della nuova facoltà Diminuiscono sensibilmente i posti disponibili per garantire una preparazione adeguata. Attualmente nei laboratori si registrano turni massacranti sia per i ragazzi sia per gli insegnanti. Laureati in Biologia sempre più scadenti: «Per questo abbiamo deciso di diminuire i posti disponibili nei corsi di laurea: la situazione non era più gestibile, con troppi studenti e pochi posti nei laboratori e docenti oberati di lavoro». Risultato: una preparazione universitaria inadeguata. Giovanni Biggio, docente di Farmacologia e coordinatore del laboratorio di Biologia sperimentale, spiega così la scelta del consiglio di classe di Biologia, approvata dal consiglio della facoltà di Scienze venerdì scorso, di ridurre di oltre il 50 per cento i posti disponibili a numero chiuso. «Non si tratta di una ripicca per lo stop alla nascita della facoltà ? aggiunge - anche perché proprio nei giorni scorsi il Rettore ha ribadito la sua intenzione nel portare avanti questo progetto». Il problema è nel numero elevato degli studenti iscritti nelle lauree triennali e in quelle specialistiche, con turni massacranti, sia per i docenti che per gli stessi universitari, nei laboratori. «Non eravamo più in grado di dare una preparazione di qualità ai ragazzi. Per questo abbiamo deciso di ridurre gli ingressi in Biologia». Per fare un esempio, Biggio espone i numeri di Biologia molecolare: circa cento studenti con sei docenti. «Le lezioni in laboratorio non possono essere fatte con tantissimi studenti. Così si organizzano molti turni. Una metodologia di lavoro che va contro i docenti, costretti a stare in laboratorio per un numero esagerato di ore, e a discapito degli stessi studenti, che devono essere pronti ad andare a lezione anche la sera o in orari non comodi». I laboratori di Botanica e Istologia sono arrivati ad avere dodici turni. «In questo modo ci siamo accorti, come corpo docente, di non insegnare più in maniera adeguata la pratica. Il laureato conclude con una preparazione scarsa e non competitiva, soprattutto all’estero». In molti, soprattutto gli studenti, si chiedono il perché la questione sia emersa soltanto ora. «Questo non è vero ? ricorda Biggio - perché già cinque anni fa denunciammo le difficoltà. Si è andati avanti fino al 2004, quando eravamo pronti a ridurre i posti a disposizione. In quel momento il progetto della facoltà di Biologia era sempre più vicino alla realtà: così per evitare problemi abbiamo stretto i denti». Dopo il mezzo stop al progetto è arrivata la decisione del consiglio di classe di Biologia: «Sarebbe arrivata comunque ? dice il docente di Farmacologia - perché la situazione era diventata insostenibile. Meglio diminuire adesso i posti e aumentarli un domani, quando sarà realizzata la facoltà o quando ci saranno le condizioni per far iscrivere più studenti». _____________________________________________________ La Nuova Sardegna 25 gen. ’06 PARTONO OTTO NUOVI CORSI DI LAUREA. ARCHITETTURA APRE ANCHE A CAGLIARI Le nuove opportunità formative spaziano da Agraria a Lettere Via ad alleanze strategiche Sassari. Otto nuovi corsi di laurea per il prossimo anno accademico, che amplieranno l’offerta formativa dell’ateneo sassarese e in particolare delle facoltà di Agraria, Architettura, Lettere e Filosofia e Scienze Politiche. La proposta di istituzione è stata presentata ieri alle forze sociali dal rettore Alessandro Maida, dal pro rettore Attilio Mastino e dai rappresentanti delle facoltà. Presenti i rappresentanti di Confindustria e Apisarda, i presidenti degli ordini professionali. Agronomi, Architetti, Ingegneri, Veterinari e Commercialisti, i rappresentanti degli studenti, i presidi di facoltà e i presidenti dei corsi di laurea, gli assessori alla Pubblica Istruzione di Tempio e Nuoro, e il presidente della Provincia di Oristano Pasquale Onida. A partire dal prossimo anno accademico l’università di Sassari dovrebbe potenziare la propria offerta con i corsi di laurea specialistica in “Scienze viticole ed enologiche” e “Scienze e Tecnologie alimentari” nella facoltà di Agraria. “Questa istituzione si pone in prosecuzione alla formazione dei giovani che stanno completando il ciclo triennale della sede di Oristano ma anche per gli altri corsi della facoltà - ha spiegato il preside Pietro Luciano - con una scelta ben motivata e inserita in un quadro regionale in cui i due settori di specializzazione stanno mostrando grande impulso e crescita”. Il progetto di crescita della facoltà di Architettura rimanda all’istituzione di un nuovo corso di laurea triennale in “Disegno industriale” che sarà completato dalla specialistica in “Disegno industriale: valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale”, e altre due specialistiche in Architettura del paesaggio e Pianificazione e politiche per l’ambiente. “Si tratta di una strategia - ha spiegato il professor Azzena - che rappresenta il logico completamento del percorso della nostra facoltà a cinque anni dall’attivazione. Questi nuovi corsi ci consentono l’adeguamento agli standard delle grandi scuole di architettura, e un confronto alla pari con le più prestigiose università europee ed extraeuropee, oltre a caratterizzarci nel panorama nazionale ed europeo, dato l’orientamento verso il territorio, il paesaggio e l’ambiente, per la formazione di professionisti dei mestieri del futuro”. Per la facoltà di Lettere e Filosofia il preside Giuseppe Meloni ha illustrato la proposta di istituzione del corso specialistico in Filosofia e forme del sapere, inserendo anche una seconda proposta per la modifica, ancora da sottoporre a verifica, del quadro didattico del corso in Servizio sociale da attivare, eventualmente, sotto nuova forma. “Abbiamo già il corso triennale in Fiolosofia- ha spiegato il preside - e con questo nuovo, in convenzione con l’università di Pisa, crediamo di colmare la lacuna che sbarra la strada allo sbocco specialistico per gli studenti del corso base”. Infine, per la facoltà di Scienze politiche è stata proposta l’istituzione del corso di laurea in Scienze dell’amministrazione, in convenzione con l’università di Cagliari, che sarà svolto per via teledidattica. “La nostra ambizione - ha detto il presidente del corso di laurea Francesco Soddu - è la formazione di nuove figure professionali capaci di proporsi come elementi di innovazione e di declinare questa innovazione in un ambito di competenze multidisciplinare”. Oggi le proposte saranno sottoposte all’esame del Senato accademico e del consiglio di amministrazione in seduta congiunta. “Il ministero ha imposto tempi stretti - ha spiegato il rettore Alessandro Maida -: siamo vicini alla scadenza delle elezioni e occorre chiudere tempestivamente la partita dell’attivazione dei nuovi corsi per il prossimo anno accademico. Stiamo cercando di ampliare l’offerta formativa anche attraverso la collaborazione con altre sedi universitarie e atenei”. “Il fatto di legarsi ad altre sedi - ha aggiunto - spesso diventa un elemento decisivo di crescita. Nel caso di Architettura, sembrerebbe cosa quasi fatta l’istituzione della facoltà anche nell’ateneo cagliaritano. Ciò significa che occorrerà trovare sintonia tra le due università per programmare insieme ma, soprattutto, garantire un’offerta formativa differenziata”. Angela Recino _____________________________________________________ La Nuova Sardegna 25 gen. ’06 SASSARI: UN ATENEO TELEMATICO DI ALTA FORMAZIONE SASSARI. La nuova sfida dell’università di Sassari è quella di creare l’Ateneo telematico della Sardegna. Il decreto ministeriale Moratti-Stanca prevede infatti a breve l’istituzione di questi organismi, che sono università a tutti gli effetti. La Regione lo ha voluto proporre in modo proprio finanziando il progetto e proponendo un bando pubblico per l’attribuzione dell’incarico. “Siamo in corsa per l’affidamento - ha annunciato ieri il rettore Alessandro Maida -. Le università di Sassari e Cagliari hanno ritenuto di mettersi sul mercato e candidarsi a partecipare a questo confronto. La sfida è quella di assumere la responsabilità totale dell’alta formazione nel settore universitario della Sardegna. E’ una grande responsabilità ma siamo convinti che questo rappresenti una maggiore garanzia per la nostra isola”. I due atenei hanno intanto dato vita a un consorzio con presidenza all’università di Sassari (delegato il preside di Scienze Politiche Virgilio Mura), aprendo a un’associazione di imprese costituita da società esperte nella fornitura del sapere per via telematica. “Abbiamo anche dato il via a rapporti di collaborazione con diverse università italiane”, ha spiegato Maida. La fase iniziale del progetto per la creazione dell’Ateneo telematico, che sarà di fatto la terza università sarda, prevede l’attivazione di tre corsi on-line: Architettura, Scienze della comunicazione e Scienze dell’amministrazione. E oggi si chiudono i termini per la presentazione delle domande: “Incrociamo le dita - ha concluso il rettore - e speriamo di farcela e cominciare presto questa grande sfida”. (a.re.) _____________________________________________________ La Stampa 22 gen. ’06 GLI AMBASCIATORI BOCCIANO LA MORATTI ROMA [CL801']L’EUROPA protesta contro la legge Moratti perché penalizza l’apprendimento delle lingue a esclusivo vantaggio dell’inglese. Cinque Paesi della Ue hanno compiuto un passo diplomatico presso il governo Berlusconi per denunciare un articolo della riforma sulla scuola che a loro avviso diventerà la pietra tombale della seconda lingua obbligatoria prevista dalle direttive dell’Ue. Gli ambasciatori di Germania, Francia, Spagna, Austria e Belgio si sono recati in delegazione dal ministro Moratti nei giorni scorsi, e dopo essersi vivamente lamentati per una decisione del governo in contraddizione con le raccomandazioni comunitarie, le hanno chiesto di «ripristinare le disposizioni iniziali a favore di una seconda lingua comunitaria obbligatoria nella scuola». A scatenare la querelle diplomatica è stato l’inserimento a sorpresa nella riforma dell’ormai famigerato articolo 25, che ha suscitato poche reazioni in Italia ma vibranti proteste all’estero. In sostanza, l’articolo 25 ha stravolto il precedente decreto in vigore dal 2004 che introduceva l’insegnamento obbligatorio di una seconda lingua sin dalla prima media. Adesso, le famiglie potranno optare di usare l’orario per la seconda lingua comunitaria (due ore alla settimana) per rinforzare l’inglese. Il timore dei Paesi europei non anglofoni è che quasi tutte le famiglie sceglieranno questa opzione, e che comunque il numero di quelle che decideranno di studiare la seconda lingua sarà così esiguo da rendere di fatto impraticabile, dal punto di vista della didattica, l’effettivo insegnamento di una lingua che non sia l’inglese. «Questo articolo 25 ha sorpreso tutti noi», ha detto alla «Stampa» una fonte diplomatica che ha partecipato alla protesta contro la Moratti. «Contraddice lo spirito generale della riforma per quanto riguarda l’apprendimento delle lingue. Va contro quel pluralismo linguistico fondamentale per la costruzione europea. E avrà conseguenze molto negative per i futuri studenti universitari italiani, anche nell’ambito della mobilità studentesca in Europa. Dove andranno, tutti a Manchester?». Nel corso dell’incontro con gli ambasciatori il ministro Moratti ha difeso la scelta del governo sostenendo che era giusto che fossero le famiglie a decidere perché loro sono i giudici migliori. Ma secondo alcuni diplomatici presenti la difesa della Moratti è parsa blanda e nemmeno tanto convinta. D’altra parte il ministro non aveva previsto di modificare la precedente normativa sull’insegnamento della seconda lingua. E nulla lasciava sospettare, all’interno del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, l’improvviso mutamento di rotta. Che a quanto risulta è stato voluto da Palazzo Chigi, e da Silvio Berlusconi personalmente, il quale arrivò al potere nel 2001 con il celebre slogan delle «tre i»: inglese, internet e impresa. In seno all’Unione europea si è creato ormai da tempo un consenso sul fatto che l’insegnamento dell’inglese come lingua veicolare debba essere assicurato sin dalla scuola primaria. Ma contemporaneamente si è anche affermato il principio che il plurilinguismo sia fondamentale per la costruzione dell’identità europea. E che dunque vada garantito per legge. L’Unione europea ha già promulgato diverse raccomandazioni in difesa del plurilinguismo. Ma lo scorso novembre ha dedicato per la prima volta una «comunicazione» ufficiale impegnandosi a presentare «una nuova strategia-quadro corredata da proposte di azioni specifiche a favore del plurilinguismo». La mossa del governo italiano, che contraddice in maniera così palese questo impegno della Ue, «non poteva che suscitare una dura reazione da parte degli altri Paesi», dicono fonti diplomatiche. Le organizzazioni italiane che raccolgono gli insegnanti di francese, tedesco, spagnolo sono ovviamente in grande allarme per le inevitabili ricadute occupazionali che avrà il declino dell’apprendimento di quelle lingue, e la quasi impossibilità di continuare a formare un corpo insegnante qualificato in lingue che non siano l’inglese. Mettono anche in guardia contro un rapido impoverimento generale della cultura italiana. L’intreccio secolare con le varie culture europee, dicono, si inaridirà molto presto se non sarà supportato dall’insegnamento delle lingue. «Così viene mutilata la formazione della civiltà europea», dice Raffaele Scalamandré, segretario generale della Società italiana dei Francesisti. _____________________________________________________ ItaliaOggi 24-01-2005 PROF DI RELIGIONE A SALARIO SPECIALE Emendamento al decreto legge sull'università in votazione oggi al senato. Si della Ragioneria Manterranno la differenza retributiva rispetto agli altri precari Pagina a cura DI ALESSANDRA RICCIARDI' Insegnanti di religione cattolica a piena anzianità di servizio. Per i prof di religione neoassunti, circa 15 mila nel triennio 2005/2007, il periodo di precariato svolto prima dell'immissione in ruolo non conterà come per gli altri insegnanti a tempo determinato: ai fini della ricostruzione di carriera sarà valutato a pieno punteggio. Ma la differenza economica, rispetto agli altri assunti, sarà pagata a parte con un assegno ad personam. La norma è contenuta in un emendamento al decreto legge sull'università n. 250/2005, su cui oggi il senato è chiamato a votare. Un decreto, questo, che si è notevolmente appesantito di emendamenti nel suo iter nella commissione istruzione. Alcuni dei quali sono stati sbloccati solo la scorsa settimana dalla Ragioneria generale dello stato. Tra questi, i tre che riguardano la scuola, ossia gli emendamenti sulle scuole private, sugli insegnanti di religione e sulle assunzioni nel settore artistico e musicale. È infatti stata firmata il 18 novembre la relazione di nullaosta da parte del ragioniere generale, Mario Canzio. Risoltala vertenza sulla copertura finanziaria, resterà ora da vedere se le camere, intasate da provvedimenti da approvare, riusciranno a convertire in legge il decreto in tempo utile. Insegnanti speciali. I docenti di religione cattolica con contratto a tempo determinato, a differenza degli altri precari, godono di un trattamento economico speciale. In quanto «stabilizzati» hanno le stesse progressioni degli assunti a tempo indeterminato. Mentre i supplenti delle altre discipline sono fermi al primo scaglione retributivo, anche dopo vent'anni di precariato. Il problema si è posto con le immissioni in ruolo per la religione, autorizzate dal decreto n.186/2003/:15.366 unità nei ruoli dei docenti statali. A1 momento della ricostruzione di cartiera, però, applicando le regole generali, avrebbero infatti avuto uno stipendio più basso del precedente. Il ministero dell'istruzione con l'emendamento al dl sull'università è intervenuto per chiarire che i docenti di religione immessi in ruolo «conservano, a titolo di assegno personale riassorbibile con i futuri miglioramenti economici e di carriera, l'eventuale differenza tra il trattamento economico in godimento e quello spettante in applicazione del suddetto trattamento». L'assegno andrà a scemare via via che lo stipendio ordinario sconterà le differenze. Un assegno necessario, afferma la stessa Ragioneria generale, per evitare «una reformatio in peius» del trattamento dei prof di religione. Tra l'altro, per le casse dello stato l'operazione non comporta nuovi oneri. Scuole private al via. Nulla osta anche alla copertura finanziaria delle nuove norme che disciplinano le scuole private. In particolare per quanto riguarda il riconoscimento alle scuole parificate che otterranno la parità degli stessi finanziamenti di cui godevano prima: il! fatto che il comma 8 dell'emendamento (1.0.80) fissi l'attuale tetto di spesa a carico dell'erario come limite anche futuro per l'assegnazione dei contributi assicura la copertura. Afam, paga lo sport. Per le assunzioni di personale ausiliario, tecnico e amministrativo presso le istituzioni di alta formazione artistica e musicale Afam), la copertura è garantita dal capitolo per il finanziamento delle società e delle associazioni sportive e dilettantistiche. ======================================================= _____________________________________________________ Il Sole24Ore 24 gen. ’06 SEI NUOVI ORDINI NELLA SANITÀ Approvata dalla Camera la legge delega per disciplinare entro sei mesi gli Albi di 22 profili Accesso con la laurea senza esame di Stato - Gli organismi di vertice potranno rappresentare più categorie ROMA a Arrivano per legge gli Ordini per oltre 500mila dipendenti del Ssn. E i nuovi Ordini non saranno meno di sei. A istituirli ci penseranno i decreti legislativi che il Governo è delegato a emanare entro sei mesi; dunque in piena estate. La Camera ha varato ieri definitivamente il Ddl (C. 6229), senza alcuna modifica rispetto al testo approvato appena poco prima di Natale dal Senato. Un'approvazione in puro spirito bipartisan, che ha incassato il voto favorevole di tutti i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione, con l'unica astensione di Rifondazione comunista. Senza tenere in alcuna considerazione l’altolà dell'Antitrust - ma anche della Commissione Ue - che a più riprese ha lanciato messaggi al Parlamento contro l'eccesso di Ordini professionali, e contro quello delle professioni sanitarie in particolare, perché si introduce una regolamentazione eccessiva senza vantaggio per i cittadini. La nuova legge prevede che sia istituito almeno un Ordine per ogni area delle professioni sanitarie (infermieristica, ostetrica, tecnico-sanitaria, della riabilitazione e della prevenzione), lasciando però la possibilità di costituire un singolo organismo con almeno ventimila iscritti. In questo modo si apre di fatto la porta a sei nuovi Ordini o Federazioni di Ordini (le associazioni delle professioni ne hanno identificate anche fino a dieci) e all'interno di queste troveranno posto gli Albi: uno per ciascuno dei 22 profili professionali. Il tutto, prescrive a chiare lettere la legge, «senza alcun aggravio di spesa per la finanza pubblica». Oggi dei 22 profili professionali sanitari solo cinque (365mila operatori) hanno un Collegio, mentre gli altri 17 hanno reclamato l'Ordine a gran voce per una maggiore tutela della professione dall'abusivismo, sostengono, e una migliore regolamentazione deontologica dell'attività. Con il provvedimento approvato torna in pista anche la funzione di caposala, definita «di coordinamento» e valida per tutte 1e professioni sanitarie che si suddividono in quattro fasce: professionisti (dotati di abilitazione), coordinatori (titolari di un master di primo livello per 1e relative funzioni, tra cui saranno riassorbite le vecchie caposala), specialisti (idem, ma per le funzioni specialistiche), dirigenti (laureati quinquennali nella relativa disciplina ovvero con pregressa esperienza almeno quinquennale). E previsto poi che il titolo universitario sia direttamente abilitante alla professione. Senza esame di Stato, quindi, fatto questo che ha fatto insorgere a suo tempo la Fnom, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici. La nuova legge modifica anche la disciplina prevista per l'accesso alla carica di direttore delle aziende sanitarie, aggiungendo, in alternativa ai requisiti già previsti, l'espletamento del mandato di deputato, senatore o consigliere regionale. L'avere svolto uno di questi mandati è considerato «titolò» per poter essere inseriti negli elenchi per l'accesso alla carica di manager. E per medici e operatori delle professioni sanitarie che si trovano in questa condizione (quella di parlamentare o consigliere regionale) salta anche l'obbligo della formazione continua nel periodo in cui svolgono il mandato. Possibile, infine, grazie alle chance del federalismo, anche la creazione di nuove "professioni sanitarie non mediche" legate a esigenze locali. Per realizzarle, la guida saranno le normative comunitarie o le iniziative di Stato o Regioni in base alle necessità indicate nel Piano sanitario nazionale o in quelli regionali. Le nuove professioni, comunque, potranno nascere solo se non sarà possibile far fronte alle necessità con gli operatori dei profili già in servizio. PAOLO DEL BUFALO _____________________________________________________ Il Sole24Ore 25 gen. ’06 UNA VITTORIA CON TROPPE SFUMATURE CORPORATIVE Prima hanno incassato i profili professionali, poi hanno portato a casa l'abolizione dei mansionari, le lauree triennali e specialistiche, l'equipollenza dei vecchi diplomi é ancora la dirigenza. E ieri sono arrivati Ordini e Albi. In meno di dieci anni le professioni sanitarie non mediche hanno fatto Bingo. Di più: un. sei tondo tondo al ,superenalotto. Potenza. di una categoria - anzi: di decine di categorie - che mentre maggioranza e opposizione si accapigliano, è riuscita a ottenere in Parlamento un voto che più bipartisan non si può. E a far gettare alle ortiche i pareri della Ue e dell'Antitrust. Che davanti agli Ordini inorridiscono. Se i 500mila. operatori sanitari baciati dalla fortuna - quasi il 75% del totale dei dipendenti del Ssn - hanno vinto la loro (ultima?) battaglia, vien da. domandarsi cosa e quanto viceversa guadagnano servizio sanitario pubblico e assistiti. Con tutto il rispetto per attività decisive sul fronte, durissimo, dell'assistenza sanitaria, per la lotta all'abusivismo e per la dignità che si deve a chi fà marciare il Ssn. Vien da ricordare che dopo il titolo universitario ottengono subito l'abilitazione alla professione, senza alcun esame di Stato. E che gli addetti ai lavori più umili, ormai, nel Ssn sono merce rara. Tutti marescialli, tutti dottori (o quasi). Intanto ci salvano gli infermieri immigrati. (R. Tu.) _____________________________________________________ L’Unione Sarda 27 gen. ’06 CRESCE LA SPESA MA NON MIGLIORANO I SERVIZI NELLA SANITA' "Nonostante i proclami, la Regione non ha diminuito ne' riqualificato la spesa sanitarie e i servizi ai cittadini non sono migliorati". E' l'accusa fatta dall'opposizione in Consiglio regionale. Gli esponenti del centrodestra, in una conferenza stampa, hanno esibito le cifre inserite nei preconsuntivi del bilancio relative alle annualita' 2004 e 2005. In particolare, e' stato sottolineato che, rispetto al 2004, la spesa sanitaria e' cresciuta nel 2005 di 225 milioni di euro. Il capogruppo dei Riformatori Pierpaolo Vargiu ha evidenziato che il maggior incremento si e' registrato nelle Asl n. 1 (+86 milioni di euro) e Asl n. 8 (+54 milioni di euro): "due aziende sanitarie guidate da direttori generali (Bruno Zanaroli e Gino Gumirato ndr) ben sintonizzati con la Giunta e sui quali non si puo' certo dire che facciano mano contraria rispetto agli indirizzi dell'esecutivo". Vargiu ha inoltre sottolineato "la discrepanza fra i 2.320 milioni di euro previsti come stanziamento iniziale per il 2005 e i 2.680 milioni di euro registrati a consuntivo per la stessa annualita'". "E' evidente ha detto - che le cifre inizialmente previste erano sottodimensionate di circa 360 milioni di euro rispetto al dato finale. Non contestiamo - ha aggiunto l'esponente dei Riformatori - il fatto che la spesa sanitaria aumenti ma vogliamo sottolineare che nonostante gli incremento di risorse non si registra alcun miglioramento nei servizi erogati al cittadino"Il capogruppo dell'Udc ed ex assessore alla Sanita' della passata legislatura Giorgio Oppi ha espresso "meraviglia per l'incremento del deficit a fronte della diminuzione del 2% della spesa farmaceutica registratasi nel 2004 in seguito alla decisione delle industrie di ridurre i costi di alcuni medicinali". Oppi e' poi tornato sul "elevato ricorso alle consulenze", preannunciando in merto un'apposita conferenza stampa. Di "promesse elettorali disattese" ha parlato Antonello Liori (An) secondo il quale c'e' stata una "spaventosa contrazione dei servizi". Domenico Gallus, vice presidente della commissione Sanita' (Fortza Paris) ha lanciato un appello per limitare la soppressione dei servizi di guardia medica in diversi paesi dell'Isola: "la speranza - ha detto - e' che i numeri lascino il posto alla ragione". SPESA SANITARIA: L’ASSESSORE DIRINDIN RISPONDE AL CENTRODESTRA ”DIFFUSI DATI PALESEMENTE PARZIALI” Cagliari, venerdì 27 gennaio 2006 “Il centrodestra oggi ha diffuso dati sulla spesa sanitaria palesemente parziali, ancora in corso di rilevazione, in continua modifica e non ancora disponibili in via definitiva nemmeno dall’assessorato, per poi interpretarli in maniera ancor più maldestra. Il preconsuntivo del disavanzo 2005 arriverà infatti, come tutti gli anni e come in tutte le Regioni, il prossimo 31 gennaio, mentre il consuntivo sarà ufficializzato a fine aprile. I dati che continuano a pervenire alla Direzione dell’assessorato regionale alla Sanità confermano le dimensioni del disavanzo per il 2005 stimate a fine anno, che comportavano un accantonamento per il ripiano di 200 milioni. L’opposizione non scopre nulla di nuovo quando afferma che la spesa sanitaria del 2005 cresce: è stato infatti proprio il Governo nazionale ad aumentare i finanziamenti per consentire il pagamento degli aumenti contrattuali degli operatori della sanità. D’altra parte, i 200 milioni accantonati dalla Regione Sardegna serviranno anche a coprire quelle maggiori spese per il personale inserite nel bilancio 2005 in base a una legge approvata dal Governo appena due mesi fa, spese però non ancora finanziate dallo Stato. L’operazione del centrodestra è volta solo a ostacolare l’azione di risanamento che faticosamente si sta portando avanti, dimostrando di non avere la memoria di quanto è successo negli anni in cui ha governato questa Regione”. Nerina Dirindin Assessore regionale alla Sanità _____________________________________________________ Il Giornale 28 gen. ’06 CRESCE LA DOMANDA DI SALUTE L'invecchiamento della popolazione e le malattie cardiovascolari e metaboliche insidiano la società Daniel Vasella: «La ricerca farmaceutica offre alla Medicina cure sempre più efficaci» Luigi Cucchi *Nel mondo cresce la domanda di salute. Lo ha confermato nei giorni scorsi a Basilea, Daniel Vasella, 52 anni, presidente di Novartis dal 1996, in occasione del tradizionale incontro annuale sui risultati di bilancio. Novartis è una delle prime industrie farmaceutiche al mondo con il3,9 per cento del mercato mondiale: è presente in 140 Paesi con 9lmila dipendenti, il suo volume d'affari nel 2005 ha superato 132,2 miliardi di dollari. I suoi investimenti in ricerca nel 2005 hanno raggiunto i 4,8 miliardi di dollari, pari al 19 per cento del volume d'affari dell'area farmaceutica. Nel mondo pochi Paesi, l'Europa, il Nord America ed il Giappone, rappresentano il 74 per cento dell'intero mercato farmaceutico, stimato in 442 miliardi di curo a prezzo di produzione. Gli Stati Uniti ed il Canada rappresentano il 47,8%, ben avanti all'Europa ed al Giappone che hanno rispettivamente una quota del 29,6% e dell'11,1%. L'Africa, l'Asia e l'Australia, assieme, hanno il 7,7% del mercato, l'America latina il 3,8%. «La domanda di salute è destinata a crescere con tassi sostenuti per cinque differenti cause - sostiene Aamel Vasella -. La prima è rappresenta dall'invecchiamento della popolazione, tendenza che si manifesta in tutti i Paesi occidentali. Più una persona cresce con l'età, più ha bisogno di cure mediche. La scoperta di nuovi farmaci più efficaci e meglio tollerati allarga il mercato, come pure la crescita economica dei Paesi emergenti, che consente di meglio soddisfare la domanda dei trattamenti più urgenti. Nelle società evolute crescono inoltre le malattie croniche. Vi è poi un quinto fattore che fa impennare la domanda sanitaria: le pandemie, cioè quelle infezioni, autentici flagelli, che colpiscono intere aree geografiche del nostro pianeta come l'Hiv e l'infezione aviaria». Oltre a questi megatrend vi è una domanda elevata ancora da soddisfare negli stessi Paesi occidentali, precisa Daniel Vasella, ricordando che, secondo le linee guida delle più importanti Società scientifiche internazionali, nei sette Paesi più industrializzati vi sono 181 milioni di ipertesi, 315 milioni di persone con alterazioni metaboliche (dislipidemie) e 46 milioni di diabetici, che sono privi di diagnosi nella misura rispettivamente del 45, del 53 e del 39 per cento. Vi sono poi coloro che non sono ancora stati curati (42 per cento, 67 per cento, 12 per cento), oppure non sono stati curati in modo ottimale (70, 60, 63 per cento). Nella realtà ricevono cure adeguate solo il 9 per cento degli ipertesi, il6 per cento dei pazienti affetti da dislipidemie ed il 19 per cento dei diabetici. Troppe persone, proprio nei Paesi occidentali, arrecano grave danno alla propria salute, dimenticando le indicazioni dei medici e considerando i farmaci un optional, da prendersi in modo saltuario. Nel passato i ricercatori di Basilea hanno scoperto farmaci che hanno consentito alla medicina di compiere grandi passi avanti. La ciclosporina, nell'area dei trapianti d'organo, ha permesso di uscire dalla fase pionierismica. I trapianti di cuore> di reni, di fegato non si sarebbero diffusi nel mondo senza l'azione di sempre più, efficaci immunosoppressori. È grazie alla ricerca che Novartis ha realizzato negli ultimi anni un farmaco rivoluzionario come Glivec, presente oggi in settanta Paesi, che rappresenta l'unica terapia risolutiva per la leucemia mieloide cronica ed alcune rare forme neoplastiche gastrointestinali. I ricercatori di Basilea, per la terapia contro le metastasi ossee, hanno messo a punto cometa e Ferrara per le recidive del tumore al seno. _____________________________________________________ L’Unione Sarda 26 gen. ’06 CONTRATTO DI LAVORO: SCIOPERO AL POLICLINICO Due giornate di sciopero a febbraio al Policlinico. Lo hanno deciso, con date da stabilire nei prossimi giorni, i sindacati universitari di Cgil, Cisl e Uil. Il Prefetto è già stato informato della decisione. La decisione. sciopero arriva dopo un inutile tentativo di conciliazione tra le organizzazioni sindacali e i vertici dell’amministrazione dell’Università. Tra i punti di divergenza, la mancata applicazione del contratto nazionale del lavoro e del contratto integrativo. «Vista la totale inadempienza del direttore generale del Policlinico e dell’amministrazione dell’Ateneo», scrivono i sindacati al Prefetto, «e considerato inoltre che le indicazioni suggerite in occasione del tentativo di conciliazione, svoltosi in prefettura il 16 dicembre, non sono state prese in considerazione, proclamiamo due giornate di sciopero a febbraio con date da definirsi nei prossimi giorni». I motivi. responsabili sindacali di settore, Pino Calledda (Cgil Flc), Tomaso Demontis (Cisl Università) e Ivana Locco (Uil Pa), ricordano le motivazioni che hanno portato a questa decisione: «I lavoratori del Policlinico sono esasperati da una gestione dell’azienda confusa, dalla mancata applicazione del contratto collettivo nazionale del lavoro e di quello integrativo e dei diritti elementari più importanti». Tra le rivendicazioni evidenziate nella lettera, inviata ieri al Prefetto di Cagliari, vengono sottolineati tre punti in particolare: «La mancata ricostruzione di carriera per la quale ancora oggi i dipendenti si devono rivolgere al giudice, e addirittura con richiesta di ottemperanza e nomina di commissario; la mancata assegnazione degli incarichi; la mancata ricostruzione dei fondi della produttività e posizione di tutto il personale». Questo ultimo punto, denunciano i sindacati, «crea un forte danno economico a tutti i lavoratori». Una situazione ormai intollerabile che ha portato le organizzazioni sindacali alla proclamazione dello sciopero. Il prefetto. L’incontro di un mese fa in prefettura lo stesso vice prefetto vicario, Francesco Montefusco, alla presenza dei rappresentanti sindacali e del delegato per il rettore dell’ateneo di Cagliari, aveva sottolineato la necessità di un incontro tra le parti, alla presenza della direzione del Policlinico. Da allora, denunciano Cigl-Cisl e Uil non è successo niente, quindi l’unica strada percorribile è quella dello sciopero, che segue la proclamazione dello stato d’agitazione d’inizio dicembre. Non erano serviti a nulla neanche le proteste risalenti al 2003 e 2004 e il tentativo di conciliazione interno dello scorso ottobre. Ora i lavoratori sono pronti a incrociare nuovamente le braccia. (m. v.) _____________________________________________________ L’Unione Sarda 26 gen. ’06 SASSARI BORDATE DAL MUNICIPIO PER L’AZIENDA MISTA Il Consiglio comunale di Sassari attacca la Giunta Soru per i ritardi sulla costituzione della Azienda ospedaliera mista Asl-Università. Ad accendere la miccia è stata una interrogazione di Pietro Biosa. Nel corso dei lavori del consiglio comunale il consigliere diessino ha chiesto chiarimenti sulla annunciata scomparsa del reparto di Urologia del Santissima Annunziata: secondo i programmi della Regione dovrà essere accorpato con il medesimo reparto delle Cliniche universitarie, in seguito alla nascita della azienda mista. Biosa ha espresso il disappunto del gruppo consiliare dei Ds e chiesto al sindaco di pronunciarsi sull’argomento. La risposta di Gianfranco Ganau è stata in linea con le preoccupazioni manifestate dai Ds. Il sindaco ha addirittura rincarato la dose, lamentando i ritardi della Regione sulla definizione dell’accordo con Asl e Università: «Stiamo ancora aspettando che ci sia comunicata la nomina di un commissario ad acta che gestisca il passaggio. Abbiamo sollecitato più volte la Regione ma non abbiamo ottenuto risposte. Non possiamo dire di essere contenti di come si sta procedendo per la costituzione dell’azienda mista». (v. g.) _____________________________________________________ L’Unione Sarda 27 gen. ’06 Tra il laboratorio e la gente: GIUSEPPE BROTZU, UNA VITA PER LA RICERCA Il ricordo del padre della ciclosporina è vivo nel Guilcer GHILARZA. Qualche breve rimando contenuto fra le pagine della letteratura medica o imprecisi accenni biografici su internet lo vorrebbero nativo di Cagliari, dove effettivamente si sviluppò la sua fulgida carriera di scienziato. Ma in realtà Giuseppe Brotzu appartiene a quella nutrita schiera di uomini insigni espressi dal tessuto sociale di Ghilarza. Sulle origini del famoso batteriologo sardo non si confondono certamente i suoi concittadini, che appena qualche anno fa ne celebrarono la figura nell’ambito di un ciclo di seminari dedicati alle personalità più illustri del Guilcer. L’iniziativa, promossa dall’amministrazione guidata allora da Tomasio Sanna di concerto con l’Istituto d’istruzione superiore, risvegliò l’interesse collettivo. Compreso quello di studenti e semplici cittadini. Ma chi era Giuseppe Brotzu? Il medico assurse agli onori della cronaca internazionale all’età di cinquant’anni grazie ad un’importante scoperta scientifica, cui approdò nell’immediato Dopoguerra al termine di un incessante lavoro di ricerca sull’identificazione e l’isolamento di nuovi microrganismi produttori di antibiotici. Il padre della cefalosporina, un potente antibiotico attualmente prodotto in tutto il mondo, nel 1971 fu insignito della laura ad honorem all’Università di Oxford, dove le molecole attive furono materialmente purificate solo grazie alle colture fornite da Brotzu. L’impegno profuso nel campo della medicina e l’effettivo contributo dato alla scienza valse all’igienista ghilarzese anche una candidatura al Nobel e il Diploma della National Research Development Corporation. Ma la patinata carriera professionale di Giuseppe Brotzu si regge in realtà su una lunga gavetta e sulla fedele osservanza del giuramento di Ippocrate. Conseguì la laurea in tempi record, e altrettanto rapidamente si inserì come ricercatore nell’Università di Siena, facendo il salto di qualità nel 1932, quando fu nominato direttore dell’Istituto di Igiene dell’ateneo modenese. Dal 1934 e per i trentadue anni successivi diresse quello del capoluogo sardo. Contestualmente, nell’arco temporale compreso fra il ’39 e il ’43 fu preside della Facoltà di Medicina e Farmacia e rettore dell’Università cagliaritana. Giuseppe Brotzu fu inoltre impegnato in prima linea sul fronte della lotta antimalarica condotta dall’Erlas e supportata finanziariamente dalla Fondazione Rockfeller. Successivamente trasferì conoscenze, competenze e impegno nel campo della politica, dove non tardò a distinguersi: militante della Democrazia cristiana, raggiunse l’apice della carriera nel 1955, quando fu eletto alla presidenza della giunta regionale per diventare, cinque anni più tardi, sindaco di Cagliari, dove morì nel 1976. E la città lo ha ricordato intitolandogli l’ospedale civile di San Michele. _____________________________________________________ Corriere della Sera 26 gen. ’06 POLITICI E LE CLINICHE L' AFFARE SICILIANO Undici al lavoro per un' ambulanza In Sicilia sanità da otto miliardi. Tra farmaci e rette da business per cliniche private mai accreditate Nelle case di riposo dell' isola c' è un ospite ogni 5.359 abitanti, uno ogni 146 in Lombardia Complicati i pagamenti in convenzione: i soldi pubblici coprono il 92,5% delle degenze SANITA' Un 118 faraonico solo nei numeri del personale, ospedali pubblici inefficienti, un numero di ambulatori e laboratori superiore alla media nazionale L' economia siciliana è malata? Il business della malattia scoppia di salute. E muove quest' anno 7.729.922.709 euro. Troppi, per un' assistenza come quella offerta. Dove per tirar su voti sono stati assunti al 118 addirittura 3.100 autisti e portantini per 269 ambulanze: undici per ogni autolettiga. E dove un mucchio di soldi viene spartito tra una miriade di strutture private, spesso possedute da politici, neppure accreditate. Direte: possibile? Sì. Dopo 7 anni di rinvii, infatti, le regole per l' accreditamento non non mai state applicate. Risultato: tutte quelle che succhiano alle mammelle di Stato e Regione sono, formula magica, «pre-accreditate». E non hanno sovente alcuna fretta d' uscire dalla precarietà: il rispetto di norme certe potrebbe metterle fuori dal giro. Quali siano le priorità, in Sicilia, lo dice il confronto sulla civiltà con cui vengono accolti gli anziani nelle case di riposo: un ospite ogni 146 abitanti in Lombardia, uno ogni 5.359 (36 volte di meno!) nell' isola. Pochi soldi, tante grane: non interessano. In altri campi, invece, è un affollarsi di mosconi sul miele. Basti dire che in Lombardia ci sono 6,6 convenzionati ogni 100 mila abitanti, in Veneto 3, in Sicilia 26,6. Ovvio, la sanità è la prima «industria» isolana. Ma un' industria, spiega il procuratore aggiunto Roberto Scarpinato, coi difetti dei carrozzoni pubblici. Dove «si assiste ad una sinergia tra i vizi della nuova cultura neoliberista del profitto a tutti i costi ed i vizi della vecchia cultura tribale premoderna della roba». Dove al posto del libero mercato portatore di efficienza c' è «un' ampia fascia di mercato protetto, sottoposto alla barriera doganale dei padrinaggi e delle sponsorizzazioni politiche, grazie a cui vengono costruite posizioni di oligopolio». Un sistema malato dove per Ernesto Melluso, curatore del convegno «Sistema di potere mafioso e malasanità», gli ospedali «sono luoghi pericolosi» e dove alcune cliniche private, come quella di Michele Aiello a Bagheria, sono prosperate con prestazioni che «costavano in media il triplo del prezzo del mercato». E dove, accusa Renato Costa, segretario regionale dei medici Cgil, «quella di non fissare le regole per gli accreditamenti è stata una scelta precisa, per non mandare all' aria laboratori e cliniche che operano al di sotto degli standard minimi di decenza». I primi a esser messi sotto accusa, va da sé, sono gli ambulatori e i laboratori privati. Sono 1.826: 200 per ogni provincia. Un' enormità. Al punto che gira la leggenda che siano più i «pre-accreditati» isolani che tutti gli accreditati nel resto d' Italia. Tesi che Domenico Marasà, segretario dell' associazione, respinge: «Forniamo servizi per 320 milioni di euro, dal semplice esame della glicemia alla risonanza magnetica, compresi gli ambulatori delle cliniche, dando lavoro a 26 mila persone. E pesiamo sul bilancio della sanità per il 4% più un altro 2% per l' emodialisi coprendo l' 80% delle prestazioni. Lo scandalo non siamo noi. Sono i farmaci. E le case di cura». Che intorno alle medicine girino tanti soldi è sicuro: circa un miliardo e 250 milioni di euro. In gran parte incassati da 1.400 farmacie private che (a risarcimento dei ritardi cronici nei rimborsi, dicono loro) sono state recentemente benedette da un accordo tra la Federfarma e l' assessore alla sanità Giovanni Pistorio. In base al quale i farmaci più costosi saranno venduti in esclusiva dai privati. Che con l' aggio potranno arrivare a prendere su un solo farmaco, denunciano i farmacisti ospedalieri, anche 600 euro. Quanto alle cliniche, sono 55 e godono d' un trattamento assai più «generoso» che nel resto d' Italia. Certo, ci sono dei gioielli. Come l' «Ismett», che è nato da accordi tra il Civico di Palermo e l' università di Pittsburgh, fa trapianti di fegato e multi-organo, ha poche decine di letti e al massimo si attira dai critici il rilievo di essere un lusso (50,4 milioni di euro) in una Regione dove la rottura di un femore può obbligarti a salire a Bologna. O come il San Raffaele di Cefalù, che si sarebbe visto riconoscere un tariffario rispetto agli altri del 44,8% più alto. Eccellenze a parte, però, le cliniche private fanno quello che in un Paese normale fanno gli ospedali pubblici. Andando a incassare in modo spesso immotivato. Basti dire che una volta gestita da un amministratore giudiziario la «Villa Santa Teresa» di Bagheria arrivò a praticare tariffe del 75% più basse di quelle pretese prima da Aiello, protagonista del famoso incontro con Totò Cuffaro nel retrobottega di un negozio d' abbigliamento in cui il governatore (la cui moglie di Aiello era stata socia) lo avrebbe informato che era intercettato. I meccanismi di questi pagamenti sono complicatissimi. Il succo è che, dai e dai, i soldi pubblici arrivano ormai a coprire il 92,5% delle rette. E che l' anomalia diventa accecante quando una casa di cura sfonda il budget fissato. Per scoraggiare le furbizie, ad esempio, il Veneto tollera un massimo di sforamento del 5%, tagliando i rimborsi del 25%. Oltre quella soglia, sega drasticamente l' 80% obbligando il privato a comportamenti virtuosi. In Sicilia no: se sfori fino al 25% ci rimetti solo il 20%. Va da sé che, con una Regione così generosa, possedere le cliniche è un affare. E chi trovi, tra i soci o negli immediati dintorni? Il forzista Guglielmo Scammacca della Bruca, già assessore regionale ai Lavori pubblici, che ha quote nella Casa di cura Musumeci e nell' Istituto oncologico del Mediterraneo di Catania. L' autonomista Antonio Scavone, ex deputato Dc, e cognato di Salvatore Zappalà il quale ha il 50% dello studio di diagnostica «X-RAY» di Paternò. Salvatore Misuraca, capogruppo in Regione di Forza Italia e marito di Barbara Cittadini, socia forte col 68% della Casa di cura «Candela» di Palermo e del laboratorio «Villareale» nonché figlia dell' ex assessore regionale alla Sanità Ettore Cittadini. E ancora l' azzurro Francesco Cascio, vice-governatore e assessore all' ambiente, che ha una quota del 25% nella Sicilcosmo (costruzioni case di cura). E Giovanni Mercadante, deputato regionale forzista, socio col 40% dell' Istituto meridionale «Angiò-Tac» e proprietario col figlio Tommaso del gruppo «M&F» (gestione di case di riposo e centri diagnostici). E il lombardiano Pierfausto Orestano, candidato alle ultime Regionali con il Ccd, padrone con la famiglia della «Casa di cure Orestano» di Palermo. E il fratello dell' Udc Giuseppe Drago, Carmelo, assessore al bilancio di Modica, titolare del 25% del Centro di riabilitazione Europa di Ragusa. E poi l' azzurro Alessandro Pagano, assessore regionale ai Beni culturali e cognato di Angela Maria Torregrossa, padrona della clinica nissena «Regina Pacis». E il sindaco di Catania Umberto Scapagnini, che ha il 33% della catanese «Pharmalife». E Ferdinando Latteri, sconfitto da Rita Borsellino alle primarie dell' Unione, la cui famiglia è titolare dell' omonima clinica. E suo cugino Filadelfio Basile, senatore di Forza Italia ora alla Margherita, la cui famiglia possiede la clinica Basile di Catania. Per chiudere con Cuffaro, la cui moglie Giacoma Chiarelli, a parte la vecchia società con Aiello nel Centro di Medicina nucleare San Gaetano, aveva fino al 2003 il 25% del Poliambulatorio «La Grande Mela». Tutto in regola, per carità. Ma rifacciamo la domanda fatta nell' inchiesta su Siracusa: chi ha interessi così forti può davvero dannarsi l' anima per far marciare il settore pubblico? Sergio Rizzo Gian Antonio Stella Rizzo Sergio, Stella Gian Antonio _____________________________________________________ La Stampa 26 gen. ’06 STAMINALI TUTTE LE COLPE DELL’ITALIA CELLULE staminali embrionali oppure adulte? L’interrogativo è oggi una priorità della medicina. Entrambe servono a produrre linee cellulari pluripotenti, capaci di evolvere in una qualunque delle cellule che abitano nel nostro corpo: possono quindi essere usate, al pari di un trapianto, per sostituire cellule danneggiate, come quelle della pelle dopo un'ustione o del cuore dopo un infarto. Il dibattito in molti Paesi è se preferire lo studio di quelle adulte rispetto a quelle embrionali, evitando così problemi etici che preoccupano sia laici sia cattolici. È bene chiarire che le due metodologie non sono equivalenti per raggiungere lo stesso fine. I dati ottenuti in un settore, infatti, illuminano quelli dell'altro. Nelle cellule embrionali le informazioni che derivano dallo studio dei segnali molecolari di una cellula che è in grado di diventare una qualunque dell'organismo sono molto diverse da quelle di cellule adulte, che hanno già subito una specializzazione. La nazione che rinuncia a un aspetto del problema corre con una ruota in meno. Solo in Italia e in Costa Rica è proibito produrre embrioni in eccesso ai fini della procreazione assistita e congelare i soprannumerari per un futuro impiego. Uno studio pubblicato su «Nature» dimostra che è possibile, senza danni, prelevare e riprodurre cellule embrionali prima dell'impianto nell'utero. Questa tecnica, oltre a consentire la diagnosi di una possibile malattia genetica, evitando l'impianto e un eventuale successivo aborto, potrebbe anche in caso di impianto fornire cellule per la ricerca: ma questo in Italia è proibito. Nel nostro Paese abbiamo 30 mila embrioni congelati, dei quali 400 sono orfani e destinati a morte sicura, ma considerati persone e, quindi, con il diritto di nascere. Questa tesi, però, non è sostenuta da tutti i cattolici: San Tommaso, Maritain e altri pensatori cristiani ne hanno discusso per secoli, con opinioni molto diverse: quindi, che l'embrione sia una persona è oggi un dogma, non una dimostrazione scientifica. I processi mentali che caratterizzano lo status di persona umana non esistono in assenza di cellule nervose e, fino al 14° giorno di vita embrionale, non vi è traccia di molecole che appartengano al cervello. Quindi, almeno fino a questo momento, l'embrione è solo un progetto. I 400 embrioni orfani destinati all'inceneritore sono paragonabili a individui adulti in coma irreversibile in grado di donare gli organi per salvare altre vite, fatto che la nostra legge consente. In Spagna è in discussione in Parlamento la proposta del governo Zapatero che prevede l'utilizzo di cellule embrionali entro i primi 14 giorni. In Italia, nel centrodestra domina una posizione in linea con le concezioni del Vaticano e questa trova eco anche nel centrosinistra, con la proposta di legge di Rutelli che renderebbe la ricerca in questo settore ancora più restrittiva. In senso contrario, e in linea con Zapatero, si è espressa l'Associazione Luca Coscioni, mentre la Rosa nel Pugno intende presentare un disegno di legge. Troppi altri tacciono. Piergiorgio Strata _____________________________________________________ La Stampa 26 gen. ’06 LA MATEMATICA? AIUTA IL MEDICO AYAS CONVENTION INTERNAZIONALE DI 5 GIORNI PER STUDIOSI E RICERCATORI AYAS La matematica salva la vita, o meglio aiuta medici e ricercatori a capire il perché dei meccanismi biochimici che sono alla base della vita e delle malattie. Da domani e per cinque giorni medici, informatici e matematici saranno a Champoluc (Ayas) per parlare degli studi di livello internazionale su modelli, calcoli e programmi per computer utilizzati per esplorare i geni umani, ultima frontiera per comprendere i segreti dell’infinitamente piccolo che regola i perché del nostro corpo. La settimana è organizzata dalla Fima, la Federazione italiana di matematica applicata, che ha più di 1200 soci tra docenti universitari, ricercatori, professionisti, giovani dottorandi e studenti. «Siamo molto soddisfatti - dice il presidente Roberto Tadei - perché sarà possibile confrontare con colleghi di tutto il mondo gli eccezionali risultati teorici e applicativi ottenuti sul genoma umano dai ricercatori italiani. E’ frutto di una stretta collaborazione tra biologi, medici, matematici e informatici, con il trasferimento tecnologico verso imprese del settore». L’iniziativa si concluderà venerdì, con una tavola rotonda che comincerà alle 9 su «Genomica umana, una sfida comune per la medicina, la matematica e l’industria». Lo studio delle malattie richiede una visione sistemica, uno strumento comune in grado di «raccontare» e misurare cosa accade all’interno del corpo umano. E’ il caso delle associazioni tra le diverse sequenze del Dna, il patrimonio genetico contenuto nel nucleo delle cellule, uno dei mezzi che consente di studiare l’evoluzione della specie umana e l’esposizione alle patologie. La matematica applicata permette anche di studiare strutture come quelle delle proteine, uno dei mattoni fondamentali di un organismo, per comprendere meglio le loro funzioni. g. c. _____________________________________________________ L’Unità 23 gen. ’06 SE IL RICERCATORE SI INVENTA I PAZIENTI TRUFFE Dopo il caso del sudcoreano, ora è la volta di un norvegese Dopo il sudcoreano Woo Suk Whang, il mago della clonazione umana che si è rivelato un truffatore, è ora la volta di un norvegese: Jon Sudbo. Secondo le prime indiscrezioni riportate sul sito ori line della rivista «Nature», il medico norvegese avrebbe battuto qualsiasi record in quanto a ricerche truccate. Non si sarebbe limitato, infatti, a ritoccare qualche dato, ma avrebbe nientedimeno che inventato di sana pianta i profili e gli stili di vita di ben 900 persone, analizzate per il suo studio. Se lo scandalo di Hwang si è ripercosso su «Science», ora ad andarci di mezzo è un'altra prestigiosa rivista: l'inglese «The Lancet» che ha pubblicato l'articolo del norvegese ad ottobre scorso. Sudbo vi sosteneva di aver analizzato un data base della sanità pubblica norvegese contenente i profili di 900 persone e di aver cosi scoperto che prendere anti infiammatori protegge dall'insorgere del cancro alla bocca. Purtroppo per lui, però, la ricerca è capitata sotto gli occhi dell’epidemiologa Camilla Stoltenberg, responsabile di quel data base, la quale sapeva benissimo che quella non poteva essere la fonte delle informazioni utilizzate da Sudbo. Sembra che Sudbo abbia poi ammesso di essersi inventato tutto. E sembra anche che tra gli autori della ricerca compaiano sua moglie e il suo gemello. «The Lance» ha pubblicato un articolo in cui prende le distanze dalla ricerca, in attesa di un'indagine più approfondita. Ma la domanda si pone sempre più inquietante: di chi fidarsi? _____________________________________________________ Libero 24 gen. ’06 L'UOMO É NATO UN MILIONE DI ANNI ORSONO La nostra specie è la più lenta in assoluto ad evolversi, ovvero a modificare i propri tratti nel corso delle generazioni. E quanto emerso da uno studio di genetica pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences dal biologo Soojin Yi del Georgia Institute of Technology. Lo studio conferma anche l'ipotesi secondo cui gli scimpanzé sarebbero ominidi. Scimpanzè e uomini discendono da un antenato comune dal quale si sono differenziati circa 5-7 milioni di anni fa. Gli esseri umani hanno una lunghezza delle generazioni molto più elevata rispetto alle varie specie di scimmie a causa di una serie di fattori tipici della nostra specie. Per verificare l'ipotesi, gli esperti hanno analizzato,63 milioni di paia di basi (le singole letterine del codice genetico) confrontando babbuini, scimpanzè, gorilla, orango, scimmie rhesus ed esseri umani. È emerso che il "ticchettio" dell'orologîo evolutivo della nostra specie è l'11 % più lento di quello degli altri primati. I ricercatori , hanno poi calcolato che l'orologio evolutivo umano ha subito un rallentamento a partire da un milione di anni fa. Da quel momento, lo sviluppo più lento del cervello ha conferito alla nostra specie le qualità tipicamente umane. _____________________________________________________ Libero 24 gen. ’06 È LA TROMBOFLEBITE LA PATOLOGIA PIÙ LETALE NELL'UNIONE EUROPEA IL MALE POTREBBE ESSERE CURATO FACILMENTE, MA È SOTTOVALUTATO LONDRA Oltre 543.500 morti all'anno. Più delle vittime del tumore al seno, della prostata e dell'Aids rnesse insieme. La patologia presa in esame è la tromboflebite, malattia spesso sottoeurata e sotto diagnosticata dovuta alla formazione di un coagulò sanguigno all'interno di un vaso venoso, coagulo che impedisce il normale fluire del sangue. Sono i risultati dello studio VITAE (VTE Impact Assessrnent Cxroup in Europe) condotto in 25 Paesi europei e presentato nel corso del recente Quinto Congresso europeo di medicina interna. Gli esperti hanno comunicato che, ogni anno, in Europa sono oltre un milione e mezzo le persone colpite da tromboflebite. Come si è detto circa un terzo di esse muore, 435 mila vanno incontro a embolia polmonare e 684 mila a trombosi venosa profonda. «Il vero problema di questa malattia è che nella maggior parte dei casi non dà sintomi specifici e dunque la sua prima manifestazione può essere letale», dice Alexander Collen, chirurgo presso la Gui’s, King's & St. Thomas School of Medicine di Londra. «I pazienti a rischio - prosegue Collen - dovrebbero pertanto essere seguiti attentamente, poiché il male, se preso in tempo, può essere facilmente risolto». Per diagnosticare in tempo la tromboflebite, vanno tenuti sotto controllo sintomi come dolore c/o gonfiore a una gamba, e il cambio di colore dell'epidermide dell'arto, che può diventare rosso acceso. l'embolia polmonare è invece di solito preceduta da un improvviso senso di soffocamento. Al paziente manca l’aria e egli accusa dei dolori generici al torace. _____________________________________________________ Il Giornale 28 gen. ’06 CRISTALLINO ARTIFICIALE PER RIACQUISTARE UNA VISTA PERFETTA «I problemi posti da una miopia elevata o dalla cataratta si possono risolvere impiantando un cristallino artificiale, con un intervento che dura al massimo 20 minuti», afferma il dottor Lucio Buratto, del Centro ambrosiano di microchirurgia oculare. Il recupero visivo è rapido: già nelle prime ore postoperatorie si ottiene una buona visione con pochi disturbi (la prassi è, generalmente, quella di intervenire prima su un occhio e, a breve distanza di tempo; sull'altro). «Le nuove generazioni di lenti intraoculari hanno ormai bassissime complicazioni ed un'ottima tolleranza. Costituiscono un'alternativa valida per coloro che mal sopportano occhiali pesanti e poco funzionali o l'uso di lenti a contatto a volte mal tollerate». Felicita Bbnalisio In genere, quando si parla di miopia, ipermetropia o astigmatismo si pensa all'intervento con laser ad eccimeri come unico trattamento possibile. In realtà, la miopia elevata, cioè superiore alle 7-8 diottrie, cosi come gli altri due disturbi menzionati, possono trovare una soluzione ugualmente soddisfacente con un altro tipo di metodica: l'impianto di cristallino artificiale. Due sono le possibili modalità dell'intervento: l'aggiunta di un cristallino artificiale oltre a quello naturale, oppure la completa sostituzione di quest'ultimo: «La prima metodica., che viene generalmente riservata a pazienti di età inferiore ai 50-55 anni, consente di correggere il difetto visivo senza asportazioni o sostituzioni di tessuti oculari, mantenendo la funzionalità del cristallino naturale (essenziale nella visione da vicino e per la stabilità dell'occhio)», spiega il dottor Lucio Buratto, direttore del Centro ambrosiano di microchirurgia oculare di Milano. «Dato che il cristallino artificiale va posizionato all'interno dell'occhio, l'intervento è sicuramente più invasivo rispetto a quello con il laser (che si esegue sulla cornea, cioè all'esterno dell'occhio); offre tuttavia il vantaggio di poter correggere miopie anche di 15-20 diottrie con estrema precisione, fornendo una qualità visiva molto buona (migliore, a parità di difetto corretto, di quella ottenibile con laser ad eccimeri). Non solo: la correzione effettuata non è soggetta a regressione, come talvolta avviene con il laser, in quanto la lente é in materiale plastico inalterabile nel tempo. Altra. caratteristica importante di questo tipo di intervento, infine, è la reversibilità: qualora il paziente non sia soddisfatto della correzione ottenuta, o in caso insorga un problema (un'iniziale opacità del cristallino, un rialzo della pressione intraoculare o altro), la lentina può essere tolta». Per pazienti di età superiore ai 55 anni, si opta invece per la modalità più radicale: «Con il passare degli anni, il cristallino umano tende a poco a poco a degradarsi ed in modo naturale va incontro a cataratta (cioè a una progressiva opacizzazione)», osserva lo specialista. «A questo punto conviene asportarlo, sostituendolo con una lente artificiale (cristallino pseudofachico). L'asportazione può avvenire tramite facoemulsificazione a ultrasuoni (il tessuto viene frantumato e poi aspirato) o attraverso facoemulsificazione ad acqua (in pratica, il cristallino viene «lavato via» dopo essere stato liquefatto. Il cristallino artificiale può essere anche di tipo multifocale, cioè idoneo ad evitare o ridurre l'uso dell'occhiale». Indispensabile, sempre, è un'accurata visita preoperatoria, al fine di stabilire le condizioni dell'occhio e valutarne l’operabilità: «Il suggerimento ai pazienti è quello di selezionare bene la struttura ove sottoporsi all'intervento ed il chirurgo a cui affidarsi, informandosi anche sulle varie opzioni di trattamento», precisa Buratto. Entrambi gli interventi di impianto di cristallino artificiale sono eseguibili in regime ambulatoriale, con anestesia locale e durano circa 15-20 minuti. _____________________________________________________ Il Giornale 29 gen. ’06 DIABETE, ADDIO SIRINGHE ARRIVA L’INSULINA SPRAY Il nuovo farmaco sarà disponibile nelle farmacie entro la fine dell'estate Il prodotto non può essere somministrato a minori e a chi soffre d'asma o fuma Mariuccia Chiantaretto da New York Dopo anni di studi, tra i pareri contrari di alcuni esperti e le suppliche da parte dei diabetici, la Food and Drug Administration (Fda) ha dato il via alla vendita del farmaco Exubera, la prima insulina spray. L'Exubera, che può essere usato solo da chi ha più di 18 anni, sarà nelle farmacie d'America e d'Europa in contemporanea, verso giugno, massi mo luglio. Le autorità sanitarie europee hanno approvato la vendita il25 gennaio e quelle americane il 27. Il farmaco potrà essere usato nel trattamento del diabete di tipo 1 e 2. È efficace per abbassare il livello della glicemia quanto l'insulina per via iniettiva e superiore. a tutti gli antidiabetici orali. Purtroppo rimane aperto il discorso sulla sua sicurezza a lungo termine. La Fda ha anche avvertito che Exubera non può essere somministrato ai pazienti che fumano o hanno malattie polmonari, asma compresa, perché l'insulina inalata riduce l'aria contenuta nei polmoni. I test condotti prima dell'approvazione rivelano che i pazienti che assumono Exubera presentano una maggiore incidenza di tosse. La casa farmaceutica Pfizer che distribuirà il'prodotto e la Nektar Therapeutics che ha messo a punto la tecnologia per lo spray hanno concordato di eseguire studi clinici di lunga durata fino al 2019. Pfizer non ha ancora annunciato il costo del farmaco. Interpellata dai media una portavoce della casa farmaceutica, Vanessa Aristide, si è limitata a dire che il costo sarà «competitivo con quello dell'insulina da iniettare». La richiesta da parte di medici e pazienti di una forma di insulina spray risale al 1925, quattro anni dopo la scoperta dell'ormone che cura il diabete. In tutti questi anni i diabetici gravi hanno continuato a subire gli effetti tragici di questa malattia che vanno dalla cecità all'impotenza, dall'insufficienza renale all'infarto fino alla perdita di un arto. Sono stati necessari decenni di ricerca e sperimentazione per realizzare un prodotto efficiente che desse qualche garanzia sui risultati. I problemi erano in gran parte dovuti al fatto che non si riusciva a mettere a punto un prodotto inalabile che raggiungesse i polmoni. Vari tentativi erano finiti in un nulla di atto perché l’insulina spruzzata nel naso si depositava nella laringe. Il diabete negli Stati Uniti sta diventando una malattia epidemica e i medici sperano che il farmaco spray convinca molte persone a smettere di trascurarlo. Secondo gli esperti del settore spesso il diabete non viene curato perla paura delle iniezioni. Secondo le statistiche soltanto 5 milioni dei 21 milioni di americani con la glicemia alle stelle fanno iniezioni di insulina. Di questi, spiegano i medici, molti non si curano come dovrebbero perché tendono a ridurre il numero delle iniezioni necessarie per abbassare il livello di glicemia. Per i diabetici Exubera presenta un grosso quesito. «Come si può gestire l'incertezza? - ha commentato Robert Rizza, presidente della American Diabetes Association - Non abbiamo alcuna idea sulla sicurezza nel lungo termine di questo farmaco. Ogni paziente dovrà prendere una sua decisione e bilanciare i potenziali benefici contro eventuali rischi». Fra coloro che hanno accettato i rischi e ne sono felici c'è Paul Matelis, 56 anni contabile di un'agenzia immobiliare di Miami. «Sette anni fa - racconta - quando il mio medico mi ha proposto di fare da cavia nei test di sperimentazione promossi dalla casa produttrice ero molto scettico. Alla prima inalata mi sono però reso che questo farmaco, allora senza nome, era un miracolo». «Dopo aver mangiato - ha proseguito Matelis - una bistecca, un paio di uova, marmellata e biscotti, andavo dal medico con un livello di diabete da coma. Lui mi dava una spruzzata nel naso e la mia glicemia si abbassava immediatamente. Sono anni che vado avanti cosi e sto benissimo». «Cambierà la vita dei pazienti» Ora sono costretti a fare 4 iniezioni al giorno nella pancia Rivoluzione spray. «L'insulina da inalare segna una vera svolta per i diabetici». A dirlo è il presidente dell'Associazione Medici Diabetologi, Umberto Valentini, direttore dell'Unità Operativa Diabetologia e Malattie del Metabolismo degli Spedali Civili di Brescia. «In Italia arriverà nel giro di un anno - prosegue - e certamente cambierà la vita dei pazienti. Si tratta infatti della prima alternativa alla via iniettiva da quando l'insulina è stata introdotta sul mercato negli anni Trenta». Numerosi, spiega Valentini, sono stati i tentativi per trovare vie di somministrazione per escludere l'ago della siringa che da sempre accompagna i diabetici, ma tutti sino ad oggi fallimentari. «In media un diabetico deve assumere insulina per iniezione quattro volte al giorno e anche se le "penne con cartucce" sono pratiche, c'è sempre l'ago da cambiare e l'iniezione va fatta sulla pancia o al massimo sulla coscia - precisa l'esperto - lo spray è dunque un sistema molto innovativo 0ggi il nuovo prodotto occupa uno spazio maggiore rispetto agli spray per asmatici (circa quello di due pacchetti di sigarette), ma in futuro l'erogatore sarà più piccolo». Potrà lo spray soppiantare completamente l'ago? «Per alcuni pazienti già da subito - dice Valentini - anche se la quantità di insulina da inala e (che viene assorbita a livello dei polmoni) è maggior in rapporto di 10 a 1 rispetto alle iniezioni, le somministrazioni nel corso della giornata resteranno le stesso anche con lo spray». In alcuni casi le iniezioni sostituiranno la siringa solo parzialmente, pur sempre con enormi vantaggi. «Esistono diversi tipi di insulina - piega lo specialista - ad azione rapida e immediata più ritardata. Il nuovo farmaco corrisponde al primo tipo ed è ottimale per la somministrazione prima di pasti o su necessità». _____________________________________________________ La Stampa 25 gen. ’06 TROPPI SI AVVELENANO CON LE ERBE FAI DA TE GARATTINI: «INTERFERISCONO CON I FARMACI, DIMINUENDONE L’ EFFICACIA O RENDENDOLI TOSSICI» SFATARE un luogo comune può essere durissimo e accettarlo pericolosissimo. Tutto quello che è naturale è buono. Sbagliato. Le erbe fanno sempre bene. Sbagliato all’ennesima potenza. Se si considera che l’iperico può causare danni immunitari, l’aglio emorragie, la liquirizia ipertensione, il ginseng (noto per le sue proprietà stimolanti) se concentrato rischia di interferire con i contraccettivi orali, si scopre che c’è un mondo ricco di pericoli, nascosto dietro la bandiera verde della natura. Tra gli inquisiti figurano persino salvia, tamarindo e valeriana, che, se assunti in dosaggi sbagliati assieme ad alcuni farmaci, possono annullare l’effetto del farmaco o causare danni collaterali. Il tutto si gioca sull’emozione, complice l’assenza di prove scientifiche. Ne è convinto Silvio Garattini, massimo esperto di farmacologia, il quale ha dichiarato guerra a questa moda finto-naturalistica che nasconde strategie commerciali affilate. Professore, perché i prodotti verdi sono diventati così popolari? «Non vi sono dubbi sull’esistenza di un pregiudizio legato all’assunto che qualsiasi estratto vegetale sia un toccasana o, al massimo, si limiti ad essere innocuo. Invece non è vero: esistono sostanze di cui ignoriamo la struttura e gli effetti sull’organismo. Manca la base scientifica, che non può essere sostituita dalla tradizione. I preparati non assicurano una composizione costante ed è impossibile misurare le sostanze chimiche in essi presenti». Perché i prodotti naturali sono così difficili da analizzare? «Faccio un esempio: a seconda dell’età, delle patologie e dello stress - sì, lo stress - le piante assumono composizioni diverse l’una dall’altra. Significa che i prodotti che ne derivano non hanno finora dimostrato prove di efficacia significativa per quelle patologie a cui sono destinati. Addirittura, in molti casi, abbiamo riscontrato forme di intossicazione, quando i ritrovati vengono assunti in forti quantità». C’è anche il problema delle interferenze con i farmaci allopatici. Che cosa pensa? «E’ frequente che i prodotti naturali interferiscano con i farmaci, diminuendone l’attività o aumentandone la tossicità». Faccia un esempio. «Una volta si usava l’estratto di foglie di digitale per agire sul cuore grazie a suoi principi attivi. Ora adoperiamo proprio i principi attivi, chimicamente sintetizzati, che danno un risultato più definito. Con gli sviluppi della tecnologia medica non è difficile capire se un prodotto è attivo o non lo è». I fautori delle «cure verdi» sostengono il contrario. «Dicono che un principio attivo rispecchia l’efficacia del preparato. Ma non ci sono studi condotti con rigore in grado di dimostrare che un principio attivo assieme ad altri principi attivi funzioni di più che da singolo». Ma chi soffre di allergie, a volte, non ha alternative: preparati naturali o nulla. «E chi l’ha detto che non si è allergici anche alle erbe? In realtà non si può mai sapere se insorgano effetti collaterali». Di fronte alle possibilità promesse dalle erbe esiste una linea-guida di comportamento? «Consiglio ai medici di chiedere ai pazienti, prima di prescrivere un farmaco, se assumono erbe. E poi ci vogliono controlli efficaci, anche per gli integratori alimentari. Si deve esigere chiarezza: se ho un farmaco per l’asma, devo fare una serie di studi per assicurare che sia efficace. Se ho un estratto vegetale, non devo fare test scientifici. D’ora in poi ci vuole lo stesso grado di evidenza». Michela Tamburrino _____________________________________________________ La Repubblica 26 gen. ’06 AVIARIA, SCOPERTO VACCINO EFFICACE SUGLI ANIMALI Il farmaco prodotto da un italiano è realizzabile in un mese Per ricavarlo è stato usato il virus modificato del raffreddore Risultati positivi al 100% su polli e topi. "Test promettenti" Gli esperti programmano sperimentazione anche sull'uomo di ELENA DUSI ROMA - Un vaccino contro l'influenza aviaria esiste già, e si è mostrato efficace al cento per cento nei topi e nei polli. È stato realizzato dall'università di Pittsburgh con gli strumenti dell'ingegneria genetica. Caratteristiche e tecnica di produzione vengono descritte nel numero di febbraio del Journal of Virology. Per ottenere un'azione protettiva dal nuovo vaccino si è creato un virus chimera: cattivo fuori ma buono dentro. Al microrganismo responsabile del banale raffreddore (l'adenovirus, che in questo caso recita la parte del buono) è stata aggiunta una proteina che si trova normalmente sulla superficie di H5N1, il responsabile dell'influenza aviaria. Questa proteina - che si chiama emoagglutinina - permette ad H5N1 di riconoscere le cellule da infettare e penetrarle. È bastata un'iniezione di virus chimera negli animali da laboratorio per scatenare la risposta del sistema immunitario contro l'emoagglutinina. Risposta che scattava anche quando nel loro corpo non era il virus del raffreddore a penetrare, ma il ben più aggressivo H5N1. Andrea Gambotto, che si è laureato nel 1994 all'università di Bari e oggi insegna al dipartimento di genetica molecolare dell'università di Pittsburgh, è il coordinatore dell'équipe che ha realizzato il farmaco: "I risultati ottenuti finora sono molto promettenti. Il vaccino ha protetto in maniera completa gli animali, che altrimenti sarebbero morti di influenza aviaria". Nel 2003 sempre Gambotto con i suoi colleghi aveva messo a punto un vaccino analogo anti Sars. La formula di Pittsburgh, facendo ricorso all'ingegneria genetica, è molto più rapida (e costosa) rispetto al tradizionale metodo di produzione dei vaccini anti-influenzali, che utilizza uova di pollo. Fino a ieri si prevedevano sei mesi di lavoro, a partire dal momento in cui il virus della pandemia umana sarebbe stato isolato, per ottenere un vaccino valido per la nostra specie. Con la tecnica di Gambotto basterebbe un mese. Il virus chimera infatti viene fatto moltiplicare all'interno di cellule coltivate in laboratorio. "Il fattore tempo può essere decisivo se H5N1 impara a mutare rapidamente" sostiene il ricercatore italiano. Gli scienziati di Pittsburgh hanno in programma una piccola sperimentazione anche sull'uomo, anche se il virus dell'aviaria in circolazione oggi non è contagioso per la nostra specie. _____________________________________________________ La Repubblica 26 gen. ’06 Una ricerca italiana dà luce verde al prelievo anche da donatori ultrasessantenni. Aumenta del 30% la disponibilità di organi TRAPIANTI DI RENI, DONATORI ANZIANI efficienti come i giovani di ELENA DUSI Gli studiosi autori della ricerca ROMA - Anche i reni di un ultrasessantenne sono adatti a un malato in attesa di trapianto. Uno studio italiano pubblicato sul New England Journal of Medicine abbatte la barriera dell'età, dà luce verde al prelievo degli organi a 60 anni e oltre e promette di aumentare del 20-30 per cento la disponibilità annuale di organi. Nel nostro paese 50 mila dializzati attendono in lista d'attesa la telefonata dell'ospedale. Lo studio coordinato da Giuseppe Remuzzi dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e degli Ospedali riuniti di Bergamo porta all'80 per cento del totale il numero di reni utili a prolungare la vita di altri uomini. I primi esperimenti sul prelievo di organi negli ultrasessantenni sono iniziati negli anni '90. I medici italiani sono arrivati a trapiantare il rene di una donna di 92 anni, dopo aver verificato che le cellule deputate al filtraggio del sangue erano ancora efficienti. La qualità di un rene da trapiantare, secondo la ricerca appena pubblicata, non dipende dall'età del suo possessore, ma dallo stato di salute delle sue cellule, che può essere valutato al momento dell'espianto attraverso il prelievo di alcune cellule e il loro esame al microscopio. "Oggi nella penisola - spiega Remuzzi - gli interventi sono circa 1.200 all'anno, ma grazie alla nostra tecnica di selezione possiamo aumentarli di 200- 300 unità". Alla ricerca hanno partecipato anche il Nord Italia Transplant e i centri di trapianto di Bergamo, Genova e Padova. Vista l'importanza delle conclusioni di Remuzzi e colleghi, la rivista britannica gli ha dedicato il suo editoriale di apertura. Lo ha firmato il presidente dell'associazione americana per la raccolta degli organi da trapianto, Frank Delmonico. "La procedura studiata dagli italiani - scrive l'esperto statunitense - fa intravedere una nuova strada per sfruttare al meglio i pochi organi a disposizione e contribuirà al successo dei trapianti in ogni paese del mondo". Dieci anni fa il chirurgo di Bergamo prese per la prima volta la decisione di non scartare gli organi di un ultrasessantenne. Per evitare rischi decise di trapiantare entrambi i reni del donatore al posto di un solo rene del ricevente. I due organi nuovi si vennero così a trovare uno accanto all'altro in uno dei fianchi del malato. "In quest'ultima ricerca invece - continua Remuzzi - abbiamo dimostrato che il trapianto può funzionare benissimo anche con un solo organo prelevato da donatori di 75-80 anni". E' l'esame al microscopio a dare il responso: "Dall'osservazione ci rendiamo conto se il tessuto renale è normale e ben conservato o se è compromesso. In generale nel 20 per cento dei casi l'organo non è adatto, nel 60 per cento dei casi occorrono entrambi i reni e nel 20 per cento dei casi ne basta uno solo. L'importante è che la decisione venga presa il più rapidamente possibile per non perdere minuti preziosi". I risultati per il momento riguardano solo il trapianto di rene. "Per altri organi - ha detto il direttore dell'Istituto Mario Negri, Silvio Garattini - occorrerà programmare degli studi analoghi". _____________________________________________________ La Repubblica 26 gen. ’06 PET: DIAGNOSTICA HI-FI Dalla Pet che "vede e verifica" i farmaci alla "tomosintesi digitale" scopri- tumori Dagli Usa le nuove frontiere della tecnologia ad immagine applicate alla medicina. Alti costi, bisogno di centri specializzati: più difficile interpretare i dati di Johann Rossi Mason CHICAGO Siamo abituati a pensare che quello farmaceutico sia un mercato aggressivo, attorno al quale circolano interessi milionari, ma anche la diagnostica ha il suo peso nelle economie legate al mercato della salute, sia per le industrie, potenti multinazionali che producono e vendono tecnologie raffinate, sia per le strutture che le acquistano e, non ultimi, per i singoli utenti che le utilizzano. Al recente RSNA, il Congresso della Società di Radiologia del Nord America, si sono ritrovati 60mila radiologi provenienti da ogni angolo del mondo. Qui ogni anno vengono presentate tutte le novità. Ma la tecnica più nuova è sempre la più utile? Lo abbiamo chiesto al professor Alessandro Del Maschio, Ordinario di Radiologia all'Università Vita-Salute San Raffaele: "La radiologia è un mercato intorno a cui ruotano interessi molto ingenti, le macchine si perfezionano costantemente. Le nuove RM si possono impiegare in cardiologia: il battito cardiaco non interferisce con l'immagine da catturare, non ci sono "artefatti da movimento". Inoltre prima dell'avvento delle TAC a 16 strati le coronarie non erano valutabili, oggi sì". Ormai un esame produce immagini in soli 5 secondi, ma questo significa una minore dose di radiazioni? "Non è detto che la velocità diminuisca la quantità di radiazioni erogate, ma esistono macchine che riescono a tararne la quantità e ad erogarne di più solo dove serve", risponde Del Maschio, le cui parole ci suggeriscono come debba essere cambiata negli ultimi anni la professione di radiologo: "moltissimo, se pensa che sino a qualche anno fa un esame produceva 30 o 40 immagini ed oggi se ne possono avere anche duemila. Questo ha due conseguenze: che il "tempo del medico" per l'analisi di un risultato si è dilatato del 30-50% e che ormai è necessaria una radiologia "d'organo" infatti esistono i cardio-radiologi o i radiologi addominali". Macchine più veloci significherà poter dare un servizio ad un maggior numero di pazienti? "In parte è così ma non solo; abbiamo diagnosi migliori e più precise ma questo comporta un costo in termini di tempo", risponde l'esperto. Alcuni dei dispositivi presentati a Chicago possono costare anche un paio di milioni di dollari, non c'è il rischio che vengano acquistate solo dalle strutture più grandi, che possono ammortizzarne il costo? "Ritengo che succeda esattamente il contrario, ossia che siano acquistate macchine potentissime in piccoli ospedali che non ne hanno bisogno. Il luogo ideale per installare una tecnologia avanzata per uso cardiologico come le nuove TAC è un grande ospedale in cui siano presenti un reparto di cardiologia, uno di emodinamica e uno di cardiochirurgia", replica Del Maschio. I costi per effettuare un esame con una macchina di nuova generazione non rischiano di essere proibitivi per l'utente o per il Servizio sanitario? "I rimborsi specialmente nel nostro settore, sono cronicamente bassi e andrebbero adeguati, anche alla luce del fatto che la quantità di lavoro per singolo paziente è, come dicevo, drammaticamente aumentata". Il futuro che ci aspetta Oltre a prevenire e fare diagnosi precoce, le più moderne tecnologie in radiologia servono a valutare l'attività dei farmaci durante la sperimentazione clinica di questi ultimi. È ciò che ha indotto la Roche a collaborare con la General Electric per la messa a punto di un nuovo farmaco contro l'Alzheimer. "In pratica stiamo sviluppando un tracciante capace di legarsi alle placche di proteina beta-amiloide nel cervello, responsabili di alcuni sintomi, come la perdita di memoria, che vengono poi visualizzate con la PET", rivela Sandro De Poli, presidente della GE Healthcare Italia. In questo modo si potrà verificare in tempi molto più brevi l'efficacia di un nuovo farmaco, ancora nella fase sperimentale. Con questo metodo diagnostico si potrà diagnosticare la malattia, monitorarne l'evoluzione nel tempo e determinare in modo obiettivo l'efficacia del farmaco in sperimentazione. La prossima frontiera della mammografia è, invece, l'applicazione del concetto di tomografia applicata alla mammografia. Si chiama "tomosintesi digitale" e potrebbe aiutare i radiologi a trovare un maggior numero di tumori al seno in uno stadio più precoce. "La nuova tecnologia potrebbe diminuire il numero dei risultati falsi-positivi della mammografia almeno della metà, e ridurre il numero delle donne che vengono chiamate ad un secondo controllo", spiega Folke Lindberg della GE, "Le immagini ottenute potranno essere manipolate in molti modi e permetteranno di visionare sezioni di un millimetro di tessuto. La macchina è ancora in fase di sperimentazione ma si spera mantenga le sue promesse". "Nuovi traccianti per individuare nuove strutture vascolari quando il tumore non è ancora visibile", racconta De Poli. È ciò di cui ci potremmo avvalere tra almeno cinque anni se i dati presentati a Chicago saranno confermati. "I traccianti permetteranno l'individuazione del processo di angiogenesi, cioè la formazione di nuove strutture vascolari, necessarie al tumore per alimentarsi, prima ancora che la massa sia visibile", spiega De Poli. La fantascienza è più vicina di quanto non si possa pensare. _____________________________________________________ La Repubblica 26 gen. ’06 MAMMOGRAFIA: IMMAGINI NITIDE VIA INTERNET La mammografia viaggia su Internet, merito della banda larga e della tecnologia digitale. Le immagini possono essere ora trasferite attraverso la rete senza perdita di dati o di qualità. Alan R. Melton, docente di radiologia alla Columbia University di New York ha commentato così a Chicago: "La possibilità di trasmettere le immagini attraverso grandi distanze potrà aiutare significativamente ad aumentare l'accesso a questo tipo di screening. Lo specialista riceverà le immagini sul proprio computer per l'interpretazione e la refertazione". Negli Usa dal 2000 al 2003 il numero dei mammografi è diminuito dell'8,5%, mentre si stima che un caso di cancro su tre che si manifesterà quest'anno interesserà proprio la mammella. E a Bologna c'è il software "intelligente" LA MAMMOGRAFIA diventa più "intelligente" se ad aiutare l'occhio esperto del radiologo c'è un software educato a segnalare la più piccola anomalia. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Bologna ha creato un'azienda, Arcadia Lab, per sviluppare e sperimentare questo software speciale. Si chiama Galileo e viene ora testato all'ospedale Maggiore di Bologna e all'ospedale di Zurigo. Non è una novità assoluta, software analoghi sono già in commercio, ma forse per la prima volta è un'azienda italiana a realizzarlo. "Galileo", spiega Renato Campanili di Arcadia Lab, "è in grado di individuare le eventuali anomalie di una mammografia. Non sostituisce l'occhio del radiologo ma lo coadiuva. È come un secondo esperto, virtuale, che si affianca al primo. In base ai test condotti risulta che, in questo modo, si accresce del 10-15% la percentuale di successo nella diagnosi del cancro al seno". (marina amaduzzi _____________________________________________________ La Repubblica 26 gen. ’06 IL MISTERO DELLA SLA Il segreto della malattia che "attacca" i calciatori forse è nei geni che producono enzimi-spazzini La Sclerosi Laterale Amiotrofica distrugge i neuroni che comandano i movimenti. Sulla sindrome si è tenuto di recente un summit a Roma in occasione del premio Sapio Ecco una sintesi delle relazioni scientifiche di Arnaldo D'Amico Tra le centinaia di malattie che mettono fine alla vita degli esseri umani la Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla) è una delle più terribili e misteriose. Al suo esordio è apparentemente innocua: deboli contrazioni involontarie animano la superficie dei muscoli, in genere i polpacci, manifestandosi come lunghi solchi sottili che appaiono e scompaiono in una frazione di secondo. Sono fibre muscolari che si attivano involontariamente. Tranne una lieve sensazione di fremito, il soggetto non avverte altri fastidi. Nella maggior parte dei casi, questo disturbo è l'effetto di condizioni non preoccupanti e in pochi mesi scompare. A volte, invece, non solo persiste, ma si estende anche ad altri muscoli. Una visita neurologica con un esame dell'attività elettrica dei muscoli (elettromiografia) svela che sono il sintomo iniziale della Sla. La diagnosi è una delle più difficili da comunicare in medicina. Si tratta di dire a un soggetto che sta benissimo e spesso ha una invidiabile forma fisica perché fa molto sport che i suoi muscoli scompariranno lentamente costringendolo all'immobilità. Infine scompariranno anche i muscoli che lo fanno respirare. Potrà continuare a vivere, se vuole, con un respiratore automatico, sino a che i guai creati dall'immobilità (lesioni e infezioni della pelle, flebiti, bronchiti, polmoniti, ecc.) non provocheranno il decesso. Che arriva cinque anni dopo la diagnosi, in media. Non mancano le eccezioni, come il fisico inglese Stephen Hawking, "padre" dei buchi neri, da circa venti anni è attaccato al respiratore automatico. Delle cause si sa molto poco. La predilezione per persone che fanno molta attività fisica, come ad esempio i calciatori professionisti dove la Sla colpisce ben 6,5 volte più che nella popolazione generale, sta indirizzando le ricerche verso i meccanismi biochimici di cui sono dotate le cellule, comprese quelle nervose, che eliminano i radicali liberi, gli scarti del metabolismo energetico, altamente tossici. In sintesi, l'ipotesi su cui si sta lavorando è che in alcuni soggetti vi sia un difetto dei geni da cui dipende la produzione degli enzimi che "ripuliscono" le cellule dai radicali liberi. E così il progressivo accumulo di queste molecole tossiche uccide lentamente le cellule del corpo, a cominciare da quelle più attive e che quindi producono e consumano più energia, le cellule nervose che comandano i movimenti. Morte queste, in pochi giorni scompaiono anche i muscoli che comandavano perché la loro sussistenza dipende dall'essere connessi col sistema nervoso. Solo in pochi casi la Sla colpisce più spesso gli individui di una stessa famiglia, come se il difetto genetico che rende vulnerabili ai radicali liberi venisse trasmesso per via ereditaria. Nella maggior parte dei casi, invece, la malattia sembra l'effetto di un danno genetico creatosi nel malato stesso, imputabile quindi ai soliti fattori ambientali (radiazioni, sostanze mutagene, ecc) che danneggiano il Dna. Finalmente una conferma dell'ipotesi "intossicazione da radicali liberi" è arrivata di recente ed appare molto promettente riguardo la possibilità di mettere a punto delle cure. Ricercatori canadesi hanno scoperto come la mutazione di un gene presente nel 10% delle Sla inneschi la degenerazione. La scoperta, pubblicata su "Nature Neuroscience", viene dalla Laval University, Montreal, Canada, e prende spunto dalla ricerca apparsa due anni fa su "Neuron" in cui si dimostrava in alcuni malati di Sla la mutazione del gene di un enzima protettivo contro i radicali liberi, la Superossido dismutasi (SOD1). I ricercatori canadesi hanno appurato che l'enzima difettoso uccide, invece di proteggere, i neuroni motori, provocando così la paralisi e poi la scomparsa dei muscoli. Il meccanismo attivato dalla mutazione è molto complesso, coinvolgendo buona parte delle reazioni biochimiche che depurano le cellule dai radicali liberi. In sintesi, l'enzima SOD1 interagisce con delle proteine, le cromogranine, contenute all'interno non solo delle cellule nervose. Quando l'enzima si altera, l'interazione con le cromogranine fa aumentare i radicali liberi invece che diminuirli. "Queste informazioni", spiegano i ricercatori nella loro relazione scientifica, "aprono finalmente la possibilità di individuare sostanze con cui correggere le reazioni biochimiche dannose, innescate dalla mutazione genetica". _____________________________________________________ Le Scienze 26 gen. ’06 TRAPIANTO DI RENE: LA VIA ITALIANA È LA MIGLIORE Oltre 50.000 pazienti sono in lista d'attesa per mancanza di donatori "Il lavoro del gruppo dei ricercatori italiani fa intravedere una strada nuova per utilizzare al meglio i pochi organi a disposizione, e contribuirà al successo del trapianto in ogni parte del mondo." È questo il commento apparso oggi in un editoriale sul New England Journal of Medicine in riferimento ai successi nel campo del trapianto di rene ottenuti dai ricercatori del Mario Negri insieme ai chirurghi e ai medici dell'Ospedale di Bergamo e in collaborazione con il Nord Italia Transplant e i Centri Trapianto di Bergamo, Genova e Padova. Il trapianto di rene è la cura più efficace per le malattie gravi del rene, quelle che compromettono la funzione dei reni e portano alla dialisi. In Italia, però, pochi arrivano al trapianto: oltre 50.000 pazienti restano in dialisi per mancanza di donatori. Un modo di aumentare il numero di trapianti, è quello di utilizzare reni di persone anziane (che una volta si scartavano) ed eventualmente trapiantare due reni - invece che uno - nello stesso ricevente. Questa tecnica, introdotta tempo fa sempre da questi stessi ricercatori, è stata ulteriormente migliorata grazie all’introduzione di un esame bioptico di routine sui reni da trapiantare. Indipendentemente dall'età, il rene la cui struttura sia ancora ben conservata può infatti bastare al ricevente per fare una vita normale. Se la struttura dei reni non è perfetta, ma sufficientemente buona, si provvede a trapiantare entrambi i reni del donatore che riescono così a svolgere il lavoro di un rene ideale. Grazie all'impiego di questi criteri, i risultati a lungo termine del programma dei ricercatori del Nord Italia Transplant si sono dimostrati superiori a quelli di qualunque altro programma che preveda l'impiego di donatori anziani. _____________________________________________________ Le Scienze 25 gen. ’06 GLI OMEGA-3 NON AIUTANO A PREVENIRE I TUMORI L'associazione è stata verificata con esito negativo per diversi tipi di neoplasie Per la vulgata salutista sono una specie di toccasana. Ma anche se in letteratura esistono numerosi articoli che ne dimostrano gli effetti benefici sulla salute, non esistono studi che dimostrino che gli omega-3 siano in grado di ridurre in modo significativo il rischio di tumori. È quanto riportato sull’ultimo numero della rivista ““Journal of American Medical Association (JAMA)” sulla base di un’estesa metanalisi. Catherine H. MacLean e colleghi del RAND Health di Santa Monica, in California, hanno verificato – grazie a una revisione sistematica della letteratura esistente sul’argomento – la validità delle affermazioni circa la prevenzione dei tumori ottenuta con il consumo di omega 3,.gli acidi grassi polinsaturi contenuti soprattutto nel pesce e nei crostacei, nelle mandorle e nelle noci, nella soia, e negli oli di semi di lino, di colza, di nocciole e di noci. Sono così stati individuati 38 articoli, pubblicati tra il 1966 e il 2005 che soddisfacevano gli standard richiesti, tenendo conto del tipo di neoplasia considerata (seno, colon-retto, fegato, prostata e pelle), la sua incidenza, il numero e le caratteristiche dei pazienti dettagli dell’assunzione di omega-3 e le valutazioni finali. Nelle conclusioni dell’articolo si legge che “gli acidi grassi omega-3 non sembrano influenzare il meccanismo di sviluppo tumorale comune ai tipi di tumore considerati nel rapporto. Inoltre, esistono pochi dati che possano suggerire che gli omega-3 riducano il rischi per ogni singolo tipo di cancro”. © 1999 - 2006 Le Scienze S.p.A.