MUSSI: UN'UNIVERSITÀ SERIA E SELETTIVA - L'ISTRUZIONE È LA CHIAVE PER APRIRE UNA SOCIETÀ IMMOBILE - VINCA LA MERITOCRAZIA - MUSSI: FONDI ALLE UNIVERSITÀ I COMMISSARI AVRANNO SOLTANTO UN INCARICO - UNIVERSITÀ, PER I PROGETTI COMNUSSIONI SORVEGLIATE - UNIVERSITÀ, PIENO DI RIFORME - UN BOLLINO DI QUALITÀ PER GLI ATENEI - AN: II CICLO 1+4 FAVORISCE GLI STUDENTI - ISCRIZIONI A ODONTOIATRIA, INCUBO QUIZ - MISTRETTA: INCUBO QUIZ, SANTA ALLEANZA CON I LICEI - SÌ EUROPEO ALLA RICERCA SUGLI EMBRIONI. UNIONE DIVISA - SCUOLA, NIENTE BONUS ALLE PRIVATE - UN ARCHIVIO DIGITALE PER I TESTI DELL 'ISOLA - L’INTELLIGENZA NON HA PADRONI MA L’ISOLA HA SETE DI TALENTI - ANCHE IN CARCERE CI SI PUÒ LAUREARE - CAGLIARI: DENUNCIÒ FRODE CONCORSI, PUNITO - A PROPOSITO DI CONCORSI A CATTEDRA "TRUCCATI " - ODONTOIATRIA: IL CONCORSO ERA PILOTATO: QUATTRO IMPUTATI - SCIENZE ULTIMA DELLA CLASSE - UNIVERSITÀ AI TEMPI DEI BERLINGUATTI - E INTANTO MUSSI GIOCA LA SCHEDINA - RICERCA: MENO PROVINCIALI, PIÙ EUROPEI - ======================================================= VERONESI LANCIA LA SFIDA AL VIA IL TESTAMENTO BIOLOGICO - OSPEDALE SAN RAFFAELE, MANCA L’OK DELLA REGIONE» - VERONESI: L’EROINA DI STATO FA DIMINUIRE I DROGATI - SANITÀ, ENTRO GIUGNO UN PATTO CON LE REGIONI - STATALI E SANITÀ, STRETTA DA 7 MILIARDI - IGIENE DENTALE, NIENTE FINANZIAMENTI - L' AUDIOLOGO SIAMO MALATI DI RUMORE. - NEROZZI: MENO DIPENDENTI? PRIMA ELIMINARE GLI SPRECHI - ULTIMO VIAGGIO DEL VECCHIO PROFESSORE - FLORIS:UN VECCHIO SIGNORE DELL’OTTOCENTO» - I RICORDI MANIPOLATI DALLE FOTO - CANCER : LES PROMESSES DE LA MEDECINE NUCLEAIRE - PSICHIATRI DEPRESSI, BOOM DI SUICIDI - NON DATE PIÙ FIGLI ALLA PATRIA MA EMBRIONI ALLA RICERCA - DOPO LE RUGHE IL BOTULINO ALLONTANA LA DEPRESSIONE - BIOINFORMATICA, NIENTE VIVISEZIONE - LA PREGHIERA DEI PARENTI NON TI AIUTA A GUARIRE - ======================================================= ______________________________________________________ Italia Oggi 17 giu. ’06 UN'UNIVERSITÀ SERIA E SELETTIVA, ECCO LA SCOMMESSA DEL MINISTRO MUSSI Un approccio politico, lontano da quello professorale di Berlinguer e dall'aziendalismo della Moratti DI PAOLO BAGNOLI Chissà se Fabio Mussi che; da toscano verace, ama le battute ne avrà sparata qualcuna delle sue nel prendere possesso dell'incarico di ministro per l'università e la ricerca, ma forse, finalmente, il settore ha trovato quel ministro che mancava da tempo. Mussi, nei primi passi di uomo di governo, invece di lasciarsi andare a dichiarazioni innovative, sembra voler rimettere il disastrato sistema universitario sui giusti binari; quelli che, riforma dopo riforma, esso ancora non è riuscito a conquistare. Il tempo dirà se il giudizio è giusto e se Mussi ce la farà. Bisogna, tuttavia, riconoscere che senza un convinto impegno di tutto il governo e della sua maggioranza, nonché l'appoggio del mondo accademico, è difficile che il ministro possa riuscire nell'impresa. Staremo a vedere; intanto registriamo un'intenzione che è da apprezzare perché spiccatamente politica e non viziata, come nel caso di Luigi Berlinguer, dalla condizione professorale, e in quello di Letizia Moratti, dall'interpretare il settore con parametri aziendalistici. Forse la politica, nella sua dimensione più diretta, sta riaffrontando l'intera questione che è una di quelle di maggiore rilevanza strategica per le sorti del paese. Vedremo quali saranno i termini della «riforma Mussi», ma forse il ministro sta ricollocando il problema nella dimensione di partenza giusta, quella per cui non esistono soluzioni tecniche che risolvono questioni politiche e, nello specifico, questa concerne, prima ancora della dotazione dei fondi, dei curricula dei vari moduli di studio, di quale sia la forma migliore per un reclutamento serio della docenza e così via, nell'interrogarsi su quale deve essere il compito dell'università e sul fatto che essa, in ogni caso, da una cosa non può prescindere se non a rischio di contraddirsi: vale a dire, dalla serietà e selettività dei percorsi di studio. Infatti solo in questi risiede la sostanza del processo formativo che l'istituzione universitaria è chiamata a dare. A seguire, poi, verranno tutte le altre questioni compresa quella del valore legale dei titoli di studio che è giusto abolire se si toglie all'università il profilo pubblico. In caso contrario vorrebbe dire privatizzarla senza avere il coraggio di dirlo; e ciò non sarebbe serio anche se di taglio italico. Non è, infatti, assolutamente detto che al profilo pubblico debba corrispondere un livello in discesa; naturalmente si parla generalizzando, visto che ci sono pure, grazie a Dio, aree di eccellenza, ma se di questo si tratta la responsabilità è della politica non dell'istituzione universitaria. Allora, il recupero di una dimensione politica forte sulla questione universitaria deve presupporre un intento fondativo: tendere all'alto, qualificare la funzione dei docenti studenti; insomma, studiare e selezionare. È un qualcosa di veramente incomprensibile del perché, quando si parla di università, rimbalzano tanti temi, ma quasi mai quello della serietà e severità degli studi poiché il compito dell'università è la trasmissione del sapere per alti fini formativi e culturali e non solo quello, oggi prevalente, di dare uno straccio di titolo a tutti coloro che si iscrivono. Così anche le lauree triennali devono recuperare serietà. Ecco il compito impegnativo che attende Mussi e di tempo a disposizione non ce n'è poi molto. ______________________________________________________ Il Sole24Ore 14 giu. ’06 L'ISTRUZIONE È LA CHIAVE PER APRIRE UNA SOCIETÀ IMMOBILE DI ANTONIO SCNIZZEROTTO egli ultimi tempi si sono susseguite autorevoli segnalazioni delle rigidità e delle chiusure che ostacolano il buon funzionamento delta società e dell'economia italiane. Si tratta di giudizi che trovano riscontro, tra l'altro, nelle ricerche sulla mobilità sociale, ossia sugli spostamenti che italiani e italiane compiono tra le varie posizioni della stratificazione occupazionale. Società economicamente vivaci e organizzativamente efficienti sono caratterizzate da elevati livelli di mobilità. A prima vista, il dato Istat più recente parrebbe tranquillizzante: nel 2003 un po' più dei tre quinti (63,6%) degli italiani si trovavano in una collocazione sociale diversa da quella dei loro padri. Ma questo valore diventa meno confortante se si considera che tra l’85 e il 2003 la proporzione di individui socialmente mobili è aumentata solo di 4,5 punti (59,1% era il valore del 1985), vale a dire di un quarto di punto all'anno. Negli ultimi vent'anni, dunque, l'Italia non si è certo comportata come un Paese particolarmente dinamico. L'impressione di una società scarsamente capace di cambiare trova conferma nella mobilità di carriera, ossia nella proporzione di individui che, durante la loro vita attiva, hanno mutato posizione occupazionale. Nel 2003 solo un terzo, o poco più, di essi (36,0%) aveva compiuto questa esperienza. E si tratta di una quota decisamente vicina a quella (30,0%°c) registrata nel 1985. Il panorama del nostro Paese diventa ancora meno limpido se si sposta l'attenzione sul suo grado di fluidità sociale, ossia sulla capacità di garantire che le varie posizioni professionali e sociali siano raggiunte in virtù delle competenze possedute dalle persone, anziché per effetto delle loro origini e appartenenze. Tutte le ricerche condotte sull'argomento dal 1985 al 2003 concordano nel sostenere che in Italia le provenienze familiari svolgono un ruolo cruciale nella determinazione dei destini sociali degli individui. Naturalmente, questo fenomeno è presente anche in altri Paesi avanzati, ma in nessuno è così intenso come da noi. L'elemento di maggiore preoccupazione è, tuttavia, rappresentato dal fatto che in Italia l'influenza esercitata dalle provenienze familiari è rimasta sostanzialmente immutata dagli inizi del XX secolo a oggi. Molte nazioni avanzate - per limitarci all'Europa Francia, Irlanda, Svezia, Danimarca, Norvegia e Olanda - hanno invece fatto segnare, i questo periodo, una riduzione del peso dell'ereditarietà sociale. Ma come sono riusciti diventare più meritocratici Le ricerche inducono a ritenere che esistano due variabili sulle quali è prioritario agi re se si vuole rendere un Paese meno chiuso sotto il proti lo delle chance di mobilita Si tratta di: ridurre l’influenza delle origini sociali sul] possibilità di raggiungere livelli più elevati di istruzione; innalzare il peso delle competenze acquisite a scuola nella determinazione de destini occupazionali e socia li delle persone. Per garantire l’eguaglianza nelle opportunità di istruzione è necessario attuare articolate misure per il diritto allo studio che non sì con centrino in via principale, come da tempo accade in Italia, sul contenimento delle tasse di iscrizione alle scuole superiori e all'università. AL contrario di quanto sembra credere il ministro dell'Università, Fabio Muss (si veda «Il Sole-24 Ore del 23 maggio), fino a oggi questa politica ha lasciato inalterate le distanze intercorrenti tra soggetti di diversa origine sociale nei tassi di frequenza delle secondarie superiori e le ha addirittura, aumentate nel caso degli accessi all'università, determinando propri quella predestinazione che Mussi sostiene di voler giustamente combattere. Accanto a opportune rimodulazioni delle tasse scolastiche (che servono anche a rendere più esigenti gli studenti e a differenziare l'offerta universitaria, come ha spiegato Luigi Zingales su Sole-24 Ore del 20 maggio) si dovrebbero, pertanto estendere, rendere più generosi e meglio collegati alle rispettive condizioni economiche i sussidi monetar (borse di studio, integrazioni al reddito, detassazione delle spese) riconosciuti agli studenti meritevoli (e alle loro famiglie). Si dovrebbe inoltre, ampliare l'offerta dei servizi di carattere logistico per gli iscritti fuori sede e collegarne i costi alle possibilità economiche dei loro genitori (oltre che alle loro personali prestazioni didattiche). Occorrerebbe, poi, sostenere i cosiddetti prestiti, d'onore e prevedere, come accade in altri Paesi, quote di rimborso differenziali in funzione del successo economico dei soggetti che di tal prestiti hanno usufruito. Sarebbe, infine, opportuno pensare di integrare i trasferimenti pubblici per il diritto allo studio con forme assicurative, in parte obbligatorie in parte volontarie (come avviene per le pensioni), intese o ad accantonare le risorse necessarie per far fronte ai futuri costi dei processi formativi dei propri figli. Al fine di fare in modo che l'istruzione eserciti una più decisiva influenza sugli esiti occupazionali e sociali delle persone si dovrebbe operare principalmente in due direzioni. La prima riguarda l'inserimento di veri elementi di valutazione ne nostro sistema scolastico superiore e universitario e, con essi, l'introduzione della possibilità di riconoscere eventuali disparità esistenti nei livelli di apprendimento assicurati dalle singole scuole e da singoli atenei (come ha sostenuto anche ieri Gian Felice Rocca, vicepresidente Confindustria per l’Education, si veda il servizio a pag. 12) Questo significherebbe, tra l'altro, eliminare il valore legale dei titoli di studio come sostenuto dt Zigales ma anche da altri, tra cui Giacomo Vaciao e Luigi Guiso, così da impedire che un diploma di laurea ottenuto dopo avere superato un impegnativo percorso di studi valga formalmente quanto quello rilasciato da chi fornisce una preparazione più superficiale. All'obiezione, avanzata da Mussi, che in tal modo si favorirebbero solo i figli delle classi superiori perché solo essi avrebbero la possibilità di accedere alle istituzioni scolastiche più prestigiose, si è implicitamente risposto in precedenza. Qui basterà aggiungere che il riconoscimento del valore legale dei titoli, oltre a non avere innalzato l’eguaglianza sostanziale davanti all'istruzione, ha comportato un irrigidimento in senso credenzialistico del nostro mercato del lavoro. II secondo intervento inteso ad accrescere il peso dell'istruzione sui destini occupazionali delle persone potrebbe consistere nell'introduzione, accanto agli attuali corsi di laurea (triennali e specialistici) di stampo eminentemente accademico, dì percorsi di istruzione terziaria a carattere fortemente professionalizzante. Si potrebbe così meglio coordinare la preparazione universitaria con le esigenze del mercato del lavoro e ridurre la distanza che attualmente intercorre tra noi e il resto d'Europa e del mondo avanzato per quanto riguarda l'incidenza delle persone con titolo di studio universitario. Essa non riguarda, infatti, la formazione universitaria di stampo generale e orientata alla professione ma, appunto, quella rivolta alle occupazioni di carattere tecnico superiore. ANTONIO SCHIZZEROTTO ______________________________________________________ Il Sole24Ore 14 giu. ’06 VINCA LA MERITOCRAZIA Capitalizzare il talento, selezionare le risorse, applicare principi meritocratici, se non si procede in questa direzione tra 20 anni in Europa ci saranno solo quattro 0 cinque buone università, e saranno tutte inglesi: altro che obiettivi di Lisbona con lo spazio europeo della conoscenza entro il 2010». È l'ipotesi allarmante, espressa con sorniona preoccupazione da Andreu MasColell, docente all'Universitat Pompeu Fabra di Barcellona, massimo esperto in microeconomia avanzata, con un passato politico di Commissario per l'università e la ricerca nel governo della Catalogna nel 1999 e ministro per Ricerca e Società dell'informazione con Aznar. Di lui si dice che abbia trasformato la zona olimpica di Barcellona nel Parco scientifico di fama internazionale che è oggi, rivoluzionando le regole esistenti, riuscendo ad attirare tanti capitali privati per assumere i migliori docenti e ricercato «Nel futuro d'Europa vedo solo quattro-cinque atenei, tutti inglesi» ri del mondo, tra investimenti delle imprese, impegno degli industriali della regione catalana, e campagne di fundraising. «Non è stata tutta opera mia - si schermisce - ma lo sforzo di una collettività». Mas-Colell, girando gli atenei degli Stati Uniti, in California a Berkeley, in qualità di full professor, nel Massachussets. ad Harvard nominato primo Louis Berkman Professor of economics, si è convinto che anche in Europa per le università la prima regola è la deregulation. Professore Mas - Colell, lei parla di competitività e selezione delle risorse economiche, per salvare le buone università europee: così facendo non avremmo un mero mercato dell'istruzione? Le università dovrebbero essere capaci di contendersi gli studenti sulla base della qualità che esprimono, e gli studenti in grado di scegliere. Si avrebbe un riscontro positivo in relazione all'abilità degli atenei nell'attrarre studenti secondo criteri di merito. E' la qualità che si mette in gioco. Non è un obiettivo ambizioso? In Italia ci sono tante università pubbliche con migliaia di corsi tra lauree e master, da dove si comincia? Il panorama andergraduate, del primo ciclo universitario, è frammentato in tutta Europa, è probabile che un vero spazio europeo si sviluppi nel livello post- laurea, anche per l'Italia può essere così. Multinazionali e altre imprese dicono che è difficile identificare i talenti italiani freschi di laurea o di master; pare che le università non sappiano promuovere i propri laureati, che ne pensa? Accade tutte le volte che c'è una distanza tra università e business. Ma vorrei rivolgermi proprio a quelle imprese: ci sono delle ottime persone all'interno delle università italiane (penso agli amministratori e ai docenti), che hanno grandi idee, fate un piccolo sforzo per cercarle, non sarà difficile, dialoga te con loro. La combinazione tra le loro idee e la vostra credibilità può essere una potenza. Dal suo lavoro per il parco scientifico di Barcellona può venire un consiglio per chi governa in Italia l'università? L'Italia possiede l'essenziale, un enorme ammontare di talento e capitale umano, molto si è allontanato dall'Italia. Ha senso avere volontà di convogliare le nuove risorse, soprattutto quelle che verranno, verso questo patrimonio. Fondando delle organizzazioni (assolutamente non burocratiche, non legate alle regole amministrative) in grado di capitalizzare il talento. E necessario essere molto selettivi nella distribuzione delle risorse, per attirare l’interesse dei privati. Una buona pratica è quella di coinvolgere nella valutazione dei centri universitari gli studenti internazionali che studiano in Italia. C'è bisogno di un'attenzione svincolata dagli interessi nazionali, c, tanta voglia di farcela. Non è impossibile. ______________________________________________________ Corriere Della Sera 13 giu. ’06 L'ANNUNCIO DEL MINISTRO MUSSI «FONDI ALLE UNIVERSITÀ I COMMISSARI AVRANNO SOLTANTO UN INCARICO» ROMA - «E quindi uscimmo a riveder le stelle». Slogan più che ambizioso quello scelto dai Ds per il convegno di Roma sull'Università e 3a Ricerca. Dante, l'ultimo verso dell'Inferno: come dire, il peggio è passato, adesso si volta pagina. E allora è con il sorriso dei giorni importanti che Fabio Mussi si presenta davanti a professori, studenti e militanti della Quercia, riuniti in un hotel romano. Il ministro per l'Università e la Ricerca lancia la sua promessa che sarà messa nero su bianco già oggi con un atto di indirizzo. L'obiettivo è mettere ordine nelle varie commissioni chiamate a studiare le nuove riforme, ma soprattutto quelle che devono valutare il lavoro già fatto. E quindi, in sostanza, ripartire i fondi tra le varie università. «Nessuno -spiega Mussi - potrà sedere in più di una. Non è possibile che la stessa persona faccia parte di più commissioni, intascando il relativo gettone. È una questione morale». Questione morale non solo per i singoli commissari, ma anche perché «strutturate in questo modo con le stesse persone che siedono in più posti - spiegano al ministero - le commissioni rappresentano una vera e propria concentrazione di potere». Non è l'unico impegno che prende il ministro. Promette una «ondata di giovani da inserire nelle università». «Come quali e quanti - spiega - dipenderà anche dalle risorse disponibili». Ecco, perché il problema è tutto qui: i soldi. Non solo per l'Università ma anche per la Ricerca. L'idea c'è ma anche in questa caso siamo ancora ai primi passi: «Stiamo studiando insieme ai ministri per lo Sviluppo, Bersani, e per l'Innovazione, Nicolais, un intervento sul mercato dei capìtali e sul sistema fiscale che favorisca la destinazione di risorse verso la Ricerca». Non nuove tasse, spiegano al ministero, ma sgravi più generosi per chi investe nel settore. L. Sal. ______________________________________________________ Il Sole24Ore 13 giu. ’06 UNIVERSITÀ, PER I PROGETTI COMNUSSIONI SORVEGLIATE Dal ministro regole più severe sulla composizione MILANO o «Riformare senza cancellare l'esistente».la linea annunciata ieri dal ministro dell'Università e della Ricerca Fabio Mussi, a un convegno organizzato dai Ds sui «Primi passi dei Governo Prodi». L'ultimo provvedimento in cantiere, che dovrebbe essere emanato già oggi, è un atto di indirizzo sulla composizione delle commissioni dei ministero che decidono la ripartizione dei fondi ai diversi progetti da finanziare; nessuno potrà far parte, contemporaneamente, di più di una commissione. «primo passo - ha spiegato Mussi - per spezzare la concentrazione di potere nel campo universitario». Il ministro ha aggiunto che i comitati di valutazione dovranno diventare «una grande agenzia indipendente» per una più giusta distribuzione delle risorse. Ma gli «interventi mirati» attraverso cui Mussi vuole «invertire la rotta» passano anche per altri provvedimenti varati negli ultimi giorni. Università telematiche e crediti agli studenti lavoratori. Con due atti d'indirizzo del 1 giugno, il ministero dell'Università frena il proliferare dei corsi online e i percorsi abbreviati di laurea riservati ai dipendenti di enti e amministrazioni pubbliche, in base a convenzioni fra enti e Atenei pubblici e privati. D ministero ha previsto che, in attesa di definire modalità e termini di presentazione delle istanze sulla costituzione di università telematiche, sia sospeso l'esame delle richieste di nuove istituzioni e anche quello delle domande già presentate ma non ancora definite. Sulle convenzioni tra atenei e istituzioni, il ministero invita a «contenere il limite dei crediti formativi riconoscibili nel numero di 60 sulla laurea triennale, pari a un anno di corso». Stop all'università «Franco Ranieri di Villa San Giovanni. Il 22 maggio il ministro ha chiesto alla Cotte dei Conti, «per ulteriori approfondimenti», la restituzione del Dm 276 firmato dall'ex ministro Letizia Moratti il 16 maggio il suo ultimo giorno in carica) per l'istituzione dell'università degli studi europea «Franco Ranieri», non statale, legalmente riconosciuta, a Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria. Classi di laurea e programmazione 2007-2009. Appena arrivato al ministero, Mussi aveva già chiesto il ritiro di due decreti ministeriali: i Dm 216 e 217 del 2006 relativi alla «definizione delle linee generali d'indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2007-2009» e all'«individuazione dei parametri e dei criteri per il monitoraggio e la valutazione dei risultati dell'attuazione dei programmi delle Università». per modificare «parti insoddisfacenti o sbagliate.» e arrivare a una nuova stesura entro l’ estate. Il ministro ha ritirato anche i quattro decreti ministeriali, inviati alla Corte conti alla fine della passata legislatura, relativi alle classi di laurea con il nuovo modello a «Y» (si veda «II So1e-24 Ore» del 25 maggio). L'obiettivo è arrivare all'attuazione della riforma in tutte le università non prima dell'anno accademico 2007-2008. VALENTINA MELIS ______________________________________________________ ItaliaOggi 13 giu. ’06 UNIVERSITÀ, PIENO DI RIFORME Il ministro Fabio Mussi annuncia la strategia per il futuro. E detta le priorità In cantiere il restyling a 360°. Ricerca avanti tutta DI BENEDETTA . PACELLI P unta a fare il pieno di riforme, il nuovo governo targato centro-sinistra. Soprattutto sul fronte università e ricerca. Un piano decennale di assunzione per i ricercatori, un'agenzia di valutazione nazionale indipendente, un progetto per la governance universitaria fino alla modifica, prevista entro l'estate, dei decreti che definiscono le nuove classi di laurea appena ritirati (si veda ItaliaOggi del 25 maggio). Insomma intenzioni precise quelle presentate ieri dal ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, all'incontro organizzato dai Ds sui primi passi del governo Prodi. Un programma che mostra subito una totale inversione di rotta rispetto al precedente esecutivo. Con una priorità: incrementare le risorse, anche intervenendo sul mercato dei capitali e sul sistema fiscale per favorirne la destinazione verso la ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico. In tal senso lo stesso Mussi ha annunciato un prossimo incontro con Confindustria per capire con precisione quanto il capitale privato possa investire. II ministro ha quindi precisato che si può intervenire su tre punti in particolare: capitalizzazione, investimenti e flussi di cassa. Tra le priorità del centro-sinistra poi, un piano decennale di assunzioni per i ricercatori, che favorisca lo svecchiamento degli atenei tanto più che nei prossimi anni ci sarà un'uscita del 47% dei docenti che potrebbero essere sostituiti con le nuove leve. Il ministro ha però precisato che rispetto al «come, quali e quanti ricercatori saranno assunti, ciò dipenderà anche dalle risorse disponibili». All' attenzione del nuovo esecutivo anche lo spinoso problema sul sistema di reclutamento dei docenti universitari che dovrà essere regolato per tutti solo attraverso il merito, per chi entra così come per chi è già nel sistema. Il centro-sinistra propone di delegare ai singoli atenei la possibilità di assumere i docenti e non riportare (come invece prevede il disegno di legge 230/2005 sul reclutamento firmato Letizia Moratti) al centro le procedure di valutazione. Infine, ma non ultimo, l'emanazione di un atto di indirizzo, previsto forse già per la giornata di oggi, per mettere ordine nelle commissioni e far si che nessuno d'ora in poi possa essere presente in più di una contemporaneamente. Un provvedimento questo, ha spiegato il ministro, che potrebbe rappresentare un primo passo per spezzare la concentrazione di potere nel campo universitario. Riferendosi agli interventi da attuare nel settore Mussi ha puntato, il dito ancora contro il precedente governo che non ha provveduto all'istituzione di un corretto sistema di valutazione. Il neoministro ha manifestato in questo senso l'intenzione di trasformare gli attuali comitati di valutazione in una grande agenzia indipendente di valutazione.