AUTONOMIA PER RILANCIARE LA RICERCA - FAR WEST UNIVERSITÀ - I RETTORI AL MINISTRO MUSSI «PIÙ FONDI O LEZIONI A RISCHIO» - MUSSI: PREMIO FISCALE A CHI INVESTE IN RICERCA - SUPER LAUREE: IN ITALIA NON SERVONO - UNIVERSITÀ, I GIOVANI SNOBBANO L'ORIENTAMENTO - LA RICERCA È SENZA MERITOCRAZIA - LA RICERCA DI BASE E QUELLA CLINICA DEVONO IMPARARE A STARE INSIEME - IL PIANO STRATEGICO PARTE DALL’UNIVERSITÀ - CENSIS: UNIVERSITA’ SASSARI SOPRA CAGLIARI DI TRE POSTI - SE L'UNIVERSITÀ PERDE AUTONOMIA - CNIPA: «L'INFORMATICA PUBBLICA HA BISOGNO DI PIÙ SOSTEGNO» - STOP ALL’EOLICO, ENEL VA IN SPAGNA - LASER: VINCE NAKAMURA PAPÀ DEL LED - ======================================================= FARMACI, SU IL TETTO DI SPESA - SANITÀ, IPOTESI TICKET PER I PIÙ RICCHI - MA PER LA SANITÀ SI SPENDE DAVVERO TANTO? - SALE IL DEFICIT SANITÀ: MANOVRA PIÙ PESANTE - «CONTRATTI AI MEDICI, NECESSARIA LA STABILITÀ» - L’UNIONE SALVA LA DIRINDIN - FONDI PER SANITÀ: SARDEGNA IN TESTA - A LUGLIO IL RIORDINO DEL SERVIZIO SANITARIO - IL NUOVO BROTZU IN ROSSO A METÀ PRESENTA IL CONTO ALLA REGIONE - BROTZU, SARÀ CENTRO REGIONALE DEL PARTO INDOLORE - OLBIA: MAI PIÙ OSPEDALE DA TERZO MONDO - BEETHOVEN SORDO PER IL MORBO DI PAGET OGGI GUARIREBBE CON SOLI 90 EURO - CONOSCIAMO SETTE COLORI IN REALTÀ NE VEDIAMO 200 - LA FAME ALLUNGA LA VITA, PIÙ DELLO SPORT - BACI APPASSIONATI E DELLE ALLERGIE NON RIMANE TRACCIA - ARTRITE REUMATOIDE: SESSO DIFFICILE PER ALMENO UN TERZO DEI MALATI - PRESENTATA UN LASER FREDDO CHE "POLVERIZZA" I TROMBI - VACCINO CONTRO IL CANCRO ALLA CERVICE - BASTA UNA COMPRESSA AL MESE PER COMBATTERE L'OSTEOPOROSI - IL GRASSO NEL CERVELLO FA DIMAGRIRE - GLI SCIENZIATI STUDIANO I BIMBI CHE RICORDANO LE LORO VITE PRECEDENTI - SBIANCANTI: NON LASCIATEVI "ABBAGLIARE" - UN PO' DI SOLLIEVO PER I CELIACI - CHIAVI PER COMBATTERE L'HIV - L' OCCHIO DEL MEDICO È ANCORA INSOSTITUIBILE - IL BOTULINO ANTI-RUGHE? DAL MEDICO DI FAMIGLIA - ======================================================= ____________________________________________________ Il Sole24Ore 25 giu. ’06 AUTONOMIA PER RILANCIARE LA RICERCA CARLO Bernardini, MARCELLO BUIATTI, GIORGIQ FORTI, SILVIO GARATTINI, MARGHERITA HACk, GUIDO MARTINOTTI, FRANCO PACINI, GIORGIO PARISI, TULLIO REGGE Se il nuovo Governo vuole davvero che il Paese partecipi all'Europa della conoscenza, non gli rimane molto tempo per ristabilire le condizioni essenziali al buon funzionamento della scienza: spazi di autonomia in cambio di responsabilità, istituzioni agili, snelle, di liberarla da politiche "aziendaliste" antiquate, dai burocrati, e dai loro sostenitori. I direttori degli istituti di ricerca moltiplicano le lettere al loro Ministro, la base continua a contestare i vertici del Cnr, domani protestano a Bologna i ricercatori precari e a Pisa i dottorandi. Perché, se finora le decisioni prese da Fabio Mussi sono state accolte con favore? Nove personalità delle scienze "dure" e umane spiegano qui i motivi della mobilitazione. I 1 Consiglio Europeo ha appena approvato il «VII programma quadro», il piano dettagliato con il quale saranno investiti 50 miliardi di euro nella ricerca e lo sviluppa tecnologico tra il 2007 e il 2011. Per i ricercatori italiani, significa poter accedere a nuove risorse e partecipare di nuovo all'Area di Ricerca Europea in tutti i campi, scientifici e umanistici, in maniera attiva, senza lo scetticismo e la tendenza al ripiego manifestati negli ultimi anni dal Ministero Moratti. Per non sprecare l’occasione, bisogna rimediare d'urgenza alla grave situazione della nostra ricerca che soffre di vecchi problemi strutturali e culturali e per l'esigua quota di Pil a essa destinata; l0 0,70% del Pil in fondi pubblici e l0 0,30% in fondi privati, due ,percentuali che nel resto d'Europa sono ribaltate. È vero che i risultati dei singoli ricercatori sono tuttora brillanti, come risulta dalle analisi pubblicate da esperti stranieri, ma si basano su sacrifici individuali durati troppo a lungo, in mancanza di soldi, personale, strutture adeguate. Negli ultimi anni del governo Berlusconi il finanziamento degli enti di ricerca, a malapena sufficiente in precedenza. è calato del 20 per cento. TI Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) ha dovuto svendere, come altri d'altronde, i gioielli di famiglia con scandalose cartolarizzazioni per assicurarsi di che pagare )a luce e pulire i gabinetti. I giovani ne sono stati esclusi per cinque anni da un "blocco delle assunzioni" scritto con lettere di fuoco nelle leggi finanziarie. Nel frattempo, sugli enti di ricerca é calata una struttura gerarchica stretta, così da consentire la permeazìone politico-partitica fino ai livelli più profondi. È prevalso lo spoil-system e gli attuali presidente e vce-presidente del Cnr ne rappresentano soltanto gli esempi più eclatanti, non i soli. E l'introduzione dello spoil-system in un sistema trasformato appositamente per esaltare la trasmissione di potere e di clientela, invece del merito e della competenza scientifica. rischia di spezzare in via definitiva la leva del rilancio economico: la ricerca pubblica. Proprio il Cnr, l'ente in cui più hanno avuto seguito i"'aziendalismo" di stampo ottocentesco e il puntiglio burocratico della signora Moratti, è ormai paralizzato da intromissioni e costrizioni che ne impediscono l’attività libera e produttiva. Non a caso, le più forti contestazioni sì sono avute contro il suo presidente su cui pure si è abbattuta una polemica riguardante la verità del suo curriculum scientifico, polemica rimbalzata sulle maggiori riviste internazionali. ____________________________________________________ L’Unità 20 giu. ’06 FAR WEST UNIVERSITÀ CARLO BERNARDINI Una riforma di buone intenzioni, come quella varata da Luigi Berlinguer e che va sotto il nome di 3+2, ha scatenato una guerra che, a volerla nobilitare, si può chiamare di religione ma più volgarmente somiglia a quella da agricoltori e allevatori in un unico Far West (l'Università). Veniamo al sodo: Berlinguer constatò dai tempi suoi, cioè prima che passasse il governo d'occupazione berlusconiano, con le truppe occupanti agli ordini del generale Brichetto) che l'età dei neolaureati italiani era, in media, molto alta, oltre i 27 armi; che le università avevano un numero enorme di studenti fuori corso magari impegnati per anni in una tesi di ricerca, che il numero degli abbandoni degli studenti era assai elevato, in media il 70% degli iscritti iniziali. Aggiungendo a tutto ciò che l'università italiana era diversa dalle altre, europee in particolare, e che spesso le nostre poche lauree andate in porto equivalevano a dottorati stranieri, Berlinguer pensò bene di adoperarsi perché il nostro sistema producesse più laureati e meno frustrati, agendo sulla natura stessa dei titoli, sull'ordine degli studi e sulla complessità dei corsi. Nacque la formula 3+2, che richiedeva che gli universitari si rimboccassero le maniche e concepissero e organizzassero i loro insegnamenti in modo efficiente. Alcune Facoltà lo fecero (gli agricoltori) perché abituate a forme cooperative di gestione dei corsi di laurea: l'autonomia voluta già da Ruberti lasciava ampi margini di proposta, si trattava perciò solo di farla, quella proposta. Naturalmente, tutti gli «agricoltori» sapevano benissimo che si sarebbe trattato di proposte sperimentali e che nessuno avrebbe vietato di ottimizzarle nel tempo, con la pratica. Gli «allevatori», invece, avevano da pascolare ciascuno la propria mandria e quindi scarsa attitudine a collaborare. Non capirono il problema incominciarono a mugugnare sempre più intensamente, sinché alcuni opinionisti dei giornali, tra cui il prof Pietro Citati su Repubblica (che, a rigore, allevatore professionalmente non è, e tanto meno agricoltore) le sparò grosse, scrivendo che solo gli allevatori appartengono all'élite dirigenziale, che gli agricoltori sono solo tecnici, che gli animali devono pascolare liberamente su territori liberi e vasti, che se ci sono animali in eccesso meglio destinarli a lavori pesanti che non continuare ad allevarli per incrementare le greggi. Fuor di metafora, Citati scrisse (e non era la prima volta) che solo gli umanisti potevano aspirare alla dirigenza, che gli studenti in eccesso potevano fare i fruttivendoli o i falegnami e altre sublimi prospettive di questo tenore. Siamo al punto, registrato dal frenetico scambio in rete attraverso l'associazione Andu di docenti universitari, che le posizioni si sono radicate e appaiono inconciliabili. Il sistema delle abitudini e degli stili di vita di agricoltori e allevatori è profondamente diverso; anche le offerte fori-native lo sono e nessuno oserebbe gridare che quella degli altri è inaccettabile. Eppure è così: se il contrasto non scoppia, il bubbone infetterà tutto il sistema: Questo è un caso di conflitto in cui manca una buona ideologia di riferimento, dalla parte dei giovani, con interrogativi di questo tipo: 1 - Una comunità nazionale deve o non deve aspirare ad avere un sistema pubblico di istruzione che raggiunga il maggior numero possibile di giovani? 2 - La cultura consiste forse soprattutto in forme di erudizione o in capacità operative? 3 - Perché preferire una straziante e inutile tesi di 300--- 500 pagine, confezionata in più di un anno, a una dissertazione agile e concettosa di 30 o 40 pagine costruita in 3 o 4 mesi con una piccola ricerca personale? 4 - Perché preferire ciò che si faceva in 4 armi a ciò che si può fare in 3+2=5 armi, senza preoccuparsi anche di eventuali impieghi dei laureati nei primi 3 anni? Penso che un motivo forte per avere gente giovane con un titolo valido sia quello di aprire gli occhi sul degrado a cui conducono le politiche della formazione che abbiamo appena superato con la caduta del governo Berlusconi. Ma, nelle condizioni al contorno a cui siamo tornati, i risultati dipendono solo dall'impegno e dalle idee che sappiamo metterci noi docenti. _________________________________________________________ Il Corriere della Sera 21 giu. ’06 I RETTORI AL MINISTRO MUSSI «PIÙ FONDI O LEZIONI A RISCHIO» Il responsabile della Bocconi: sconti fiscali alle aziende che finanziano l' università È allarme finanziamenti per le università di Milano. Senza nuovi fondi il bilancio degli atenei pubblici rischia di saltare. Statale, Bicocca e Politecnico hanno bisogno di almeno venti milioni di euro per far fronte all' aumento dei costi per docenti e impiegati amministrativi: spese imposte per legge che adesso minacciano il budget. Alla sua prima uscita ufficiale milanese, ieri il ministro dell' Università e della Ricerca, Fabio Mussi, ha ascoltato le richieste dei rettori degli atenei di Milano (e del resto della Lombardia). L' incontro si è svolto in via Festa del Perdono in occasione della consegna dei diplomi ai dottori di ricerca 2006: «Senza un adeguamento dei finanziamenti diventerà improcrastinabile il taglio dei servizi - denuncia Enrico Decleva, rettore della Statale -. Sono in pericolo l' offerta di borse di studio e di assegni per la ricerca, la disponibilità dei libri in biblioteca, l' acquisto di attrezzature scientifiche». Marcello Fontanesi, rettore della Bicocca, spiega: «Gli aumenti dei costi per il personale non sono coperti dall' arrivo di nuove risorse: così il budget viene eroso». È dello stesso avviso Giulio Ballio, alla guida del Politecnico: «Un adeguamento dei finanziamenti è indispensabile per la nostra sopravvivenza - sottolinea -. Arrivare a dover ridurre il riscaldamento e le pulizie sarebbe assurdo». Tutto (o quasi) gira intorno al problema delle risorse. Gli atenei privati mettono sul tavolo anche l' idea di defiscalizzare i contributi che le imprese concedono alle università. «Bisogna consentire alle aziende di dedurre dalla dichiarazione dei redditi le somme devolute - propone Angelo Provasoli, rettore della Bocconi -. Le donazioni servono per essere più competitivi nel mondo». Sullo sfondo, anche i vincoli burocratici che condizionano l' offerta formativa e la scelta dei docenti: «Per proporre programmi internazionali appetibili a livello mondiale e reclutare professori fuori dall' Italia dobbiamo avere più spazio di manovra», ribadisce Provasoli. «L' autonomia delle università lombarde deve diventare effettiva - sintetizza Lorenzo Ornaghi, rettore della Cattolica -. Oggi ci sono troppe briglie burocratiche». Il ministro Mussi se ne va da via Festa del Perdono dopo avere fatto una promessa. Quella di non tagliare ulteriormente i finanziamenti. sravizza@corriere.it I RETTORI GIULIO BALLIO Politecnico Sarebbe assurdo arrivare a dover ridurre le spese del riscaldamento ENRICO DECLEVA Università Statale Sono in pericolo le borse di studio e gli assegni per la ricerca ANGELO PROVASOLI Università Bocconi Bisogna consentire alle aziende di detassare le somme devolute agli atenei Il ministro degli atenei AL GOVERNO Nato a Piombino il 22 gennaio 1948, Fabio Mussi (foto), deputato dal 1992 del Pds-Ds, è il ministro dell' Università e della Ricerca nel governo Prodi Ravizza Simona _________________________________________________________ Il Corriere della Sera 21 giu. ’06 MUSSI: PREMIO FISCALE A CHI INVESTE IN RICERCA «Riassetto per Cnr e Istituto di Tecnologia» Il ministro: il Consiglio nazionale dovrà recuperare una capacità di ideazione per il Paese «Metteremo mano al Consiglio Nazionale delle Ricerche e come primo atto riporteremo al di fuori l' Istituto Nazionale di Fisica della Materia inglobato di forza dall' ex ministro Letizia Moratti». Fabio Mussi ministro dell' Università e della Ricerca alla domanda di come intende affrontare la riforma degli enti di ricerca che nel nostro Paese abbisognano di molte cure preferisce rispondere partendo da questo esempio. «Perché è significativo - dice - in quanto è un organismo che funzionava bene, produceva risultati ed era da esempio per gli altri. Invece, integrato nel Cnr, si è appiattito e snaturato dovendo fare i conti con un sistema diverso. Quindi gli ridaremo l' autonomia. E' inutile inseguire nuove architetture quando quelle esistenti si dimostrano efficienti». Il ministro Mussi sta compiendo in questi giorni una serie di incontri nelle varie regioni per prendere contatto con le realtà locali. Ieri ha partecipato alla consegna dei diplomi ai dottori di ricerca all' Università degli Studi di Milano e nelle risposte che ha dato alle nostre domande comincia a delinearsi l' impostazione politica elaborata per il mondo di cui è responsabile. «Il Cnr - aggiunge per completare il discorso sul maggior ente di ricerca italiano i cui dipendenti hanno sollecitato anche nei giorni scorsi rapidi interventi - deve recuperare una cultura perduta, ritrovare una missione e una capacità di progettazione e ideazione per il futuro che sia utile al Paese». La domanda che però tutti si pongono è quale sarà il destino dell' Iit, l' Istituto italiano di tecnologia fortemente voluto a Genova da Giulio Tremonti e Letizia Moratti e sempre avversato dalle università e dai centri di ricerca, se non altro perché assorbiva nuove risorse economiche mentre tutti piangevano cassa. «L' Iit è nato male, ha difetti di concezione - precisa subito il ministro -. Tanto per cominciare lo si è paragonato impropriamente al Mit americano, ma il vero Mit è anche un' università dove si formano i giovani; insomma è un sistema ben diverso. Comunque - sottolinea Mussi - l' Iit non sarà bloccato. Però interverremo seriamente per migliorarlo e adattarlo in maniera più precisa alle nostre necessità. Bisogna, cioè, creare delle linee di collegamento concrete con le università e le altre istituzioni già esistenti». Allargando il raggio d' azione degli interventi che presto segneranno il nuovo corso, Mussi nota per l' Università la necessità di una riforma, la creazione di un' agenzia di valutazione, chiamando però a raccolta i docenti, sollecitando loro «molto impegno perché dalla formazione dei ragazzi e dalla ricerca dipende il futuro dell' Italia». Naturalmente il tema più spinoso e finora mai risolto, è quello delle scarse risorse disponibili, carenti sul fronte pubblico e ancor di più su quello privato. «Infatti - dice il ministro - le aziende spendono soltanto lo 0,38 per cento del Pil. Berlusconi aveva promesso di accrescere il loro impegno ma il risultato non s' è visto. Questo, tuttavia, deve emergere perché in Europa e altrove il capitale privato è spontaneamente più presente. Quindi le industrie devono muoversi investendo maggiormente. Solo se ciò accadrà anche il Governo si dimostrerà disponibile ad aiutare e incentivare soprattutto con lo strumento fiscale, ma ce ne sono anche altri da mettere in campo. Un impegno simile, oltre a rispondere alle necessità, esprime pure quella nuova cultura industriale di cui il Paese ha bisogno». Caprara Giovanni ____________________________________________________ Il Messaggero 20 giu. ’06 SUPER LAUREE: IN ITALIA NON SERVONO Nel nostro Paese 1 su 5 abbandona dopo il primo anno Il mercato non premia i master: Iscritti alle facoltà scientifiche in timido aumento dal nostro inviato CORRADO GIUSTINIANI TORINO- Il segnale è debolissimo, ma conviene captarlo, nella speranza che diventi un giorno forte e chiaro. Le immatricolazioni ai corsi di laurea scientifici sono in leggerissima ripresa. Piccoli numeri, certo: i 1.575 iscritti nel 2000 a Matematica sono diventati nel 2003 1.852, i 1.454 di Fisica sono saliti a 1.824, gli 867 di Chimica sono più che raddoppiati. a 1.900. Ce ne vuole ancora, però, per di scrollarsi di dosso lo scettro di Cenerentola d'Europa. Su 100 mila occupati tra i 25 e i 34 anni, in Italia i laureati scientifici sono appena 900, in Francia tre volte di più. 2700, ha ricordato John Elkan, vice presidente della Fondazione Agnelli aprendo ieri la giornata di studi dedicata a "La scelta universitaria. Tra progetti di vita e sviluppo economico». Ma se i laureati delle facoltà scientifiche fossero di più, troverebbero davvero posto nel nostro sistema produttivo? La domanda se l’è posta Andrea Cammelli, docente a Bologna c direttore di "Alma Laurea", la più grande banca dati d'Europa, con 700 mila curricula a disposizione delle aziende. A cinque anni dalla laurea -ha spiegato il professore - chi ha fatto un master o un'esperienza all'estero ha un tasso di occupazione di appena un punto e mezzo più alto rispetto agli altri. E' un dato preoccupante, che la dice lunga sull'arretratezza delle nostre aziende». Le imprese private, come è noto, investono pochissimo in ricerca scientifica e in innovazione. La Spagna ha in proporzione il doppio dei laureati scientifici (1.700 su 100 mila occupati), il Regno Unito 2.400, l'Irlanda 3.100, la Corea 4.200. E anche quanto a laureati in senso assoluto continuiamo ad essere il fanalino di coda in Europa: ne abbiamo 12 su 100 abitanti e solo la Turchia ci è dietro. Può confortare che ormai vadano all'Università i tre quarti dei diciannovenni dopo la maturità (nel 2004, per l'esattezza, il 76,5 per cento). Sconforta che poi uno su cinque, un esercito di 70 mila giovani, abbandoni il corso durante i primi dodici mesi. E' stato analizzato il problema cruciale dell'orientamento, per favorire la scelta del corso di studi e la successiva carriera professionale. Qui, c'è un altro numero pesante, su cui riflettere: uno su tre, secondo "Alma Laurea" non ripeterebbe il corso di studi che lo ha portato comunque al titolo. Luisa Ribolzi, dell'Università di Genova, ha ricordato le mode facili e immediate, che portano i giovani a frequentare in massa facoltà come Scienza delle comunicazioni (gli iscritti in Italia sono ben 54 mila, cifra più o meno pari a quella di tutti i giornalisti non solo professionisti, ma anche pubblicisti del nostro paese) o come Psicologia (48 mila), mentre sul Cepu non vi sono dati, ma si favoleggia che vi ruotino attorno 80 mila studenti. «Stiamo andando verso una proliferazione degli squilibri formativi, e anche culturali, di questo paese» ha concluso la docente. In questi anni le Università stanno investendo molto in marketing per attirare studenti, non preoccupandosi degli sbocchi professionali che i corsi garantiscono e l'industria tace. L'offerta prolifera in modo esponenziale: siamo a 100 Università con 130 mila docenti. Antonv Watts, dell'Istituto nazionale delle carriere di Cambridge, ha ricordato che l’Ocse propone un servizio di assitenza permanente, nella scuola e dopo, alle scelte future e di carriera. «Bisogna cominciare dalla scuola elementare, come si fa in Norvegia. Non per imporre da subito una scelta, ma per consentire al bambino di diventare via via più consapevole di se stesso e delle sue capacità». ORIENTAMENTO E' la capacità di guidare la scelta della facoltà e del corso di laurea più adatto alle caratteristiche personali o più richiesto dal mercato del lavoro. Se ne fa poco e quel poco è inefficace. Occorrerebbe iniziare già a scuola ____________________________________________________ Il Sole24Ore 20 giu. ’06 UNIVERSITÀ, I GIOVANI SNOBBANO L'ORIENTAMENTO TORINO «Molti studenti dedicano più tempo a scegliere una vacanza che la facoltà universitaria» denuncia Anthony Watts, uno dei massimi esperti britannici di orientamento. In compenso «il 69% degli immatricolati ritiene inutili, ai fini della scelta, le iniziative di orientamento degli atenei»: lo rivela un'indagine condotta a Bologna da Andrea Cammelli, ideatore e direttore del consorzio universitario Almalaurea, la prima agenzia che studia sistematicamente i percorsi lavorativi dei laureati. A rimetterci sono sia i giovani («Abbiamo - dice Luisa Ribolzi dell'Cniversità di Genova - il tasso di congruenza fra laurea e lavoro più basso d'Europa»), sia l'economia: secondo l'ultima indagine Excelsior un terzo delle imprese fatica a trovare le figure professionali di cui ha bisogno. «Gli studenti cinesi - aggiunge Francesco, Profumo, rettore del Politecnico di Torino - sono 684 in tutta Italia e 60mila in Germania». Il convegno sulle scelte universitarie che si è svolto ieri presso la Fondazione Agnelli, che vent'anni fa aveva prodotto «II filo di Arianna», uno dei primi strumenti di orientamento, ha messo in luce gli scarsi progressi compiuti da allora. «Le ricerche Ocse - ha detto John Elkann, vicepresidente della Fondazione, aprendo i lavori rivelano che gli studenti decidono spesso in base a informazioni scarse, imprecise, schiacciate sul presente. È preoccupante la debolezza nelle immatricolazioni alle facoltà scientificbe: su 100mila occupati tra i 25'e i 34 anni i laureati scientifici in Italia sono poco più di 900; In Francia sono più di 2.700: Anche se dai dati più recenti sembra emergere qualche segnale di miglioramento». Per questo nella scorsa legislatura il ministero dell'Istruzione e della ricerca aveva deciso di sostenere le iscrizioni alle facoltà scientifiche, pagando di tasca propria metà delle tasse. Ma è stato in parte deluso: «Una percentuale consistente degli iscritti al primo anno - ha rivelato Cammelli – non si è iscritta all'anno successivo». Orientare le scelte, certo, è difficile: se tutti si iscrivessero secondo le richieste delle imprese, si troverebbero poi in soprannumero al momento della laurea. «Tuttavia in Italia si fa davvero troppo poco - ha denunciato Walter Passerini del Sole-24 Ore: non si formano orientatori, non si fa monitoraggio dei fabbisogni professionali, non c'è coordinamento tra le varie agenzie». La grande accusata però è la pessima abitudine dei giovani di frequentare l'università "sotto casa". «L'orientamento - conclude Attilio Oliva, vicepresidente dell'università Luiss di Roma - esiste soltanto sulla carta: scuola e università devono dialogare di più tra loro e con il territorio». ANDREA CASALEGNO Tanti abbandoni Mancate reiscrizioni tra il 1° e 2° anno per i corsi di laurea sostenuti dal Miur. Dati in percentuale sul totale Matematica 36,1 Fisica 27,$ Chimica 27,7 Statistica 31,6 Fonte: Fondazione Agnelli ____________________________________________________ Tst 21 giu. ’06 LA RICERCA È SENZA MERITOCRAZIA Enrico Bellone Il ministro Mussi ha dato il consenso italiano alla costituzione del Consiglio Europeo della Ricerca. Una svolta netta rispetto al passato. Una svolta che potrebbe innescare meccanismi virtuosi nelle nostre Università e nei nostri enti di ricerca. Eppure, su questa decisione permane un silenzio greve. Si preferisce disputare su un'altra scelta ministeriale: quella che, togliendo il veto italiano, ha permesso a molte nazioni europee di sviluppare linee di ricerca sulle cellule staminali, nella cornice di un programma quadro che stanzia 53 miliardi di euro per sette anni, a partire dal 2007. La disputa è quasi ovvia: certi studi sono da più parti politiche valutati come «eticamente sensibili». Meno ovvio è che non siano giudicati eticamente sensibili l'incertezza della carriera e i vergognosi emolumenti e stipendi mensili dei dottorandi e dei ricercatori, i relativi metodi di reclutamento, il patologico divario tra il numero dei nostri studiosi e la media europea, la tendenza a separare la docenza dalla ricerca, l’idea a che i fondi per la scienza siano «spese» e non «investimenti». Il silenzio su accennato deve essere fonte di preoccupazione. E mi spiego. Aderendo al Consiglio Europeo della Ricerca, dovremmo mettere le mani sulle modalità di reclutamento delle risorse umane. Nel volgere degli anni le nostre modalità hanno portato all'invecchiamento del personale universitario e al rigetto della meritocrazia. Si bandiscono grappoli di concorsi solo dopo avere deciso chi li vincerà; con una inclinazione a premiare i cosiddetti «candidati locali» e a chiudere le porte in faccia ai giovani meritevoli. Questo sistema va respinto perché produce inefficienza negli Atenei e incide negativamente sull'innovazione del sistema Italia. Dovremmo invece incamminarci lungo direttrici che prevedono, da un lato, pochi concorsi e molte chiamate, e, dall'altro, severe valutazioni triennali dei risultati ottenuti dai singoli programmi di ricerca.- Basterebbe, insomma, copiare ciò che già è in atto in nazioni moderne. Certo, ogni tanto i nostri metodi di reclutamento sollevano critiche pesanti al di là delle Alpi. Un caso esemplare scoppiò, un paio d'anni or sono, proprio a Torino. Esemplare in quanto chiarisce la natura profonda della cosiddetta «fuga dei cervelli». C'è un concorso per un posto di ricercatore al Politecnico. Uno dei candidati ha una posizione di statura internazionale, ma il concorso è vinto da un altro. Il perdente è talmente bravo da ottenere subito, da una università «straniera», la chiamata «per chiara fama» non come ricercatore, ma come professore associato. La vicenda coinvolge collaboratori in mezzo-mondo, viene trattata con severità sulle colonne di «The Scientist» e di «Le Scienze», suscita proteste a Gottinga, Nantes e Boston. E poi? E poi, niente. Il problema, per troppe persone, non è «eticamente sensibile». Il nostro guaio non sta nella «fuga dei cervelli», ma nella nostra pluridecennale indifferenza nei confronti della ricerca di base e nella conseguente incapacità del sistema a trattenere i meritevoli, o a farli rientrare dopo esperienze fatte in altri paesi. Ecco perché ho voluto sottolineare il silenzio sulla saggia scelta di aderire al Consiglio Europeo della Ricerca. Certi silenzi sono gallerie buie, in fondo alle quali si nasconde la deriva del Paese. Università degli Studi di Milano ____________________________________________________ La Repubblica 19 giu. ’06 LA RICERCA DI BASE E QUELLA CLINICA DEVONO IMPARARE A STARE INSIEME Un medico in ospedale MAURO MORONI Più di 20 fa anni chiudeva l'ospedale Agostino Bassi di Milano. Venivano chiusi oltre trecento letti interamente dedicati alla cura delle malattie infettive. Ospitava ancora cittadini con esiti di poliomielite, ricoverava casi di difterite; nell'autunno riservava un intero reparto ai milanesi che avevano contratto il tifo durante le ferie al sud; in inverno, ogni notte, ospitava bambini affetti da croup. Dell'eredità dell'ospedale Bassi si è fatto carico pressoché interamente l'Azienda Ospedaliera Sacco. E' stata questa una scelta felice per più motivi e che ha coinciso con importanti cambiamenti sociali. Le malattie infettive hanno cambiato volto, la specialità medica si è inserita in un ospedale rapidamente trasformato in policlinico universitario che ha permesso il rapido sviluppo anche della ricerca clinica e sperimentale in tale disciplina. Milano è una grande città aperta sul mediterraneo e punto di arrivo e partenza per flussi commerciali continui. L'aeroporto intercontinentale di Malpensa vede ogni giorno arrivi da ogni parte del mondo. I rischi infettivologici da tempo non sono più "regionalizzabili" ma viaggiano con la velocità dei voli internazionali. L’AIDS , la Sars e l'influenza aviaria sono solo gli ultimi e i più noti fra i problemi. Il Dipartimento di malattie infettive del polo universitario Sacco si è fatto carico delle nuove sfide è si è dimostrato in grado di affrontarle. Dispone di strutture, professionalità, metodologie e procedure adeguate e collaudate sia per la ricerca di base che per l'assistenza oltre alla gestione delle emergenze infettivologiche. E' un punto di riferimento ed una sicurezza per la città. Ma oggi tutto evolve con estrema rapidità e solo una costante, efficace e solida ricerca può garantire il mantenimento di standard adeguati. Senza il continuo supporto della ricerca anche l'assistenza invecchia. In campo infettivologico la biologia molecolare ha introdotto innovazioni sorprendenti già entrate nell'uso nell'ambito della diagnosi. L'interazione costante fra infettivologi, microbiologi, farmacologi, biochimici, fisici molecolari, immunologi può aprire spazi impensabili nella messa a punto di nuovi farmaci. Non ultimo per importanza va citato il ruolo di supporto alla ricerca e alla formazione nei paesi in via di sviluppo mediante progetti di cooperazione quali quelli già avviati in diverse località anche con il supporto della Regione Lombardia. In tale ottica il Sacco si configura come polo di eccellenza e presenta potenzialità (quali la possibilità di sviluppare anche un "Campus Universitario e di Ricerca") che possono inserirlo nel progetto che vede Milano come una delle principali capitali della ricerca europea con capacità di attrazione di risorse economiche e professionali. In quest'ottica va ripensato il ruolo degli ospedali clinicizzati che permetta di recuperare risorse che diano stabilità ai progetti in corso sia per la ricerca clinica che per la ricerca di base al pari degli Istituti di Ricerca e Cura. MAURO MORONI *direttore dipartimento malattie infettive al Sacco L'ospedale Sacco _________________________________________________________ La Nuova Sardegna 23 giu. ’06 IL PIANO STRATEGICO PARTE DALL’UNIVERSITÀ Affollato seminario del sociologo perugino Roberto Segatori SASSARI. Università e ricerca, agroalimentare e identità. Sono le tappe principali del percorso indicato da Roberto Segatori per la redazione del piano strategico di Sassari. Ordinario di Sociologia e fenomeni politici a Perugia, ieri il docente ha tenuto un seminario rivolto a studenti e amministratori. Obiettivo dell’incontro - promosso nella sede centrale dell’ateneo dal master in Scienza della governance e sistemi complessi dell’Università - spiegare come si redige un piano strategico. Per chi non lo sapesse, il piano strategico, di cui il Comune sta per dotarsi, è uno strumento di programmazione del territorio che spiega cosa intende fare l’amministrazione nei prossimi dieci anni. Economia, urbanistica, finanze: tutti i settori produttivi vengono passati al setaccio per capire quale può essere la strategia vincente del prossimo decennio. Un lavoro sinergico che amministratori e manager di Palazzo Ducale dovranno fare con le imprese pubbliche e private coinvolgendo sindacati e associazioni di categoria. Nella valutazione del sociologo, autore del piano strategico del comune di Perugia, il fulcro della programmazione dovrà essere l’Università. «Sassari - ha spiegato Roberto Segatori - vanta una radicata tradizione politico-giuridica nata in ambito universitario. Credo che il percorso debba partire proprio da lì». In questo ragionamento è compresa la vicina Alghero, non solo in quanto sede universitaria, ma soprattutto come polo turistico capace di attrarre flussi importanti. «Al riguardo - prosegue il sociologo - non va dimenticato che Alghero, oltre che polo turistico, è anche sede di un’azienda vitivinicola rinomata e importante». Ma c’è anche da fare i conti con le neonate province, Olbia-Tempio in particolare, che occupano spazi di mercato creando concorrenza. «Infine occorre valutare - ha concluso Segatori - quanto vale Sassari rispetto a Cagliari, cioè quanto pesa il territorio nell’assegnazione delle risorse economiche con cui si gioca il successo della programmazione». Oltre agli studenti del master, diretto dalla sociologa Antonietta Mazzette, al seminario hanno partecipato l’assessore comunale alla Programmazione Luciano Chessa e una nutrita rappresentanza di dirigenti di Palazzo Ducale. _________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 23 giu. ’06 CENSIS: SASSARI SOPRA CAGLIARI DI TRE POSTI Indagine Censis. L’ateneo turritano stabile a metà classifica, tre posti prima di quello di Cagliari Università bocciata in didattica e gli studenti viaggiano poco Promossa la ricerca ma gli iscritti non approfittano dei progetti europei e dell’estero Paola Medde Buono il livello della ricerca,alto il profilo dei docenti, ma scarsi i rapporti internazionali e la qualità della didattica. La pagella dell’università sassarese, stilata dal Censis in collaborazione con il quotidiano La Repubblica, è una sfilza di sei e sette: voti pieni, ma non entusiasmanti. Con nessuna eccellenza, ma neanche con lacune disastrose. Fatto che colloca l’ateneo turritano al ventiseiesimo posto nella classifica nazionale sulle 49 università italiane, esattamente dove si trovava lo scorso anno, a pari merito con Roma 3, in coda a una sfilza di piccole e medie università del centro-nord, e tre posti avanti all’università di Cagliari. POSTONUMERO VENTISEI conservato grazie a una fervida attività di ricerca e a una discreta classe docenti, che in una scala da 60 a 110, ottengono rispettivamente 95 e 93 punti. Ad abbassare la media ci pensano la non proprio eccellente produttività degli studenti, (81 i punti ottenuti) misurata in base ai voti sul libretto e alla durata degli studi, gli scarsi rapporti internazionali (79 punti) – evidentemente non è bastato l’accordo firmato con l’università di Shangai - e ancor più la qualità della didattica (76 punti), che anche all’indagine del nucleo di valutazione interno all’università, pubblicata nel dicembre 2005, risulta in netto calo. In caduta libera la facoltà di Scienze politiche, che per una manciata di punti non sprofonda al di sotto della sufficienza. Anche qui, a risollevare le sorti della facoltà, è l’attività di ricerca, che totalizza 92 punti su 110. Ma il livello complessivo di Scienze politiche è critico: la facoltà sassarese è l’unica fra quelle italiane, insieme a Messina e Catania, a mostrare una sensibile flessione nella valutazione del Censis. PUNTE D’ECCELLENZA, invece, Economia e d’Agraria. Incrociando i dati del Censis con quelli del Ministero dell’Istruzione e dell’università, sono loro a riscattare l’ateneo sassarese. E ancora una volta, è la voce “ricerca” a trainare la valutazione positiva: il dipartimento di ricerca della facoltà di Economia ha ottenuto la medaglia d’oro del Miur nel 2006, classificandosi al primo posto tra tutti i dipartimenti d’Economia italiani, gomito a gomito con la Bocconi di Milano. Eppure gli sforzi dei singoli dipartimenti non bastano ad alzare la media di un giudizio che, facendo la media tra le undici facoltà comprese nall’ateneo sassarese, resta ancora inesorabilmente una sufficienza risicata. _________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 25 giu. ’06 SE L'UNIVERSITÀ PERDE AUTONOMIA Paolo Pani Ricerca, giovani, innovazione e sviluppo, territorio. Università. Cerchiamo di procedere per ordine. Partiamo dall'Università. L'Università è osservatorio, internazionale, di conoscenza d'altre realtà, oltre quelle locali del proprio territorio. È il luogo dei giovani, che, pur con le loro identità, cercano di superarle per costruire altre visioni del mondo. Università è anche elite. È il luogo dove l'intelligenza dell'uomo ricerca nuovi strumenti di conoscenza. Per i giovani è legittimazione ed affermazione competitiva delle proprie capacità intellettuali. È solamente successivo il passaggio, quello di un loro inserimento nella società per una loro carriera professionale. L'Università precede la società, da strumenti critici e propositivi, ma è autonoma rispetto al "progetto politico". Questa è la cornice teorica, la pratica è altro. È evidente la grave ed incestuosa commistione fra "università, politica ed economia". L'Università perde la sua autonomia, gli universitari si accodano, con spirito corporativo, come clienti della politica e del mercato. I giovani universitari sono associati allo stato sociale. Gli aspetti prioritari sono quelli di garantire un loro sbocco professionale ed adeguarsi a quanto "passa il convento". Così, l'Università perde i suoi caratteri originari, d'istituzione autonoma e, infine, di strumento d'innovazione e di sviluppo generale, culturale, sociale, politico ed economico, diventa semplice adeguamento. Il primo segnale della deriva è l'avvilimento della ricerca di base, di quegli strumenti elementari, ma insieme complessi, con i quali è successiva-mente costruito il "progetto tecnologico", quello di mettere insieme le "cose". È la matematica che precede la computer science, è la biologia generale che precede la biotecnologia e la stessa medicina. Si vorrebbe saltare il passaggio, la pratica senza teoria, la tecnologia senza scienza, le professioni senza cultura. Forse può pagare nel breve termine, ma poi risulterà oltremodo effimera, almeno dalle parti nostre, in Occidente. *Docente universitario di Cagliari _________________________________________________________ Il Sole24Ore 24 giu. ’06 CNIPA: «L'INFORMATICA PUBBLICA HA BISOGNO DI PIÙ SOSTEGNO» di Benito Carobene Cnipa: radiografia dell’informatica pubblica nel 2005 Livio Zoffoli, presidente del Centro nazionale per l’informatica nella Pubblica amministrazione (Cnipa), intervenendo alla presentazione della Relazione annuale 2005, ha analizzato lo stato dell’informatizzazione della nostra Pa. Il punto di partenza è stata la convinzione che la tecnologia possa essere motore di modernizzazione dell’intera struttura pubblica. Ciò, deve essere compreso da chi ha le più alte responsabilità nella guida del cambiamento. In particolare «tale convinzione deve tradursi in atti concreti, che devono avere chiarezza negli obiettivi e concordia nella volontà». Per quanto, poi, concerne l’ente da lui presieduto, Zoffoli ha affermato che “trasparenza e cooperazione sono i capisaldi dell’operare del Cnipa, ispirati dai quattro principi del sapere, saper fare, fare e far sapere”. Nel “sapere” vi è l’azione volta a valorizzare l’eccellenza delle competenze interne, lo studio di nuove soluzioni offerte dal mercato e l’indirizzo di nuovi e concreti temi di ricerca. Il “saper fare” riguarda il contributo del Cnipa tendente a far emergere la latente domanda di innovazione. Il “fare” si traduce nella realizzazione dell’e- government nelle sue componenti tecnologiche. Infine, il fare senza “far sapere” rimane un esercizio isolato, così come il far sapere senza la capacità di fare rappresenta un’iniziativa velleitaria. Accettati tutti questi principi, però, appare doverosa una riflessione su come compiere quel definitivo salto di qualità dal quale dipende la piena affermazione dell’e-government come strumento capace di migliorare l’efficienza e l’economicità dei servizi a cittadini e imprese. E, quindi, in definitiva, capace di aumentare la competitività del Paese. In particolare, occorre agire sul versante dell’offerta affinchè tutti i dipendenti pubblici comprendano appieno le potenzialità della digitalizzazione. Soprattutto, essi dovranno diventare capaci di utilizzarla non per meccanizzare l’esistente, ma come punto di partenza per riorganizzare procedure e servizi. Contemporaneamente, però, occorre agire sul versante della domanda perché non soltanto una piccola quota di utenti comprendano e si avvalgano delle semplificazioni che l’e-government induce e dei benefici, anche economici, che arreca. Discorso, questo, che ha portato Zoffoli ad affrontare il fondamentale tema dei servizi offerti a cittadini e imprese. Tale tema è stato, per il Cnipa, il fulcro dell’intera politica di questi anni. Con i fondi ereditati dalle aste Umts sono stati attivati 134 progetti per fornire servizi pubblici in rete con il coinvolgimento di 4mila amministrazioni locali. Il loro stato di avanzamento ha raggiunto la quota del 92%, 62 progetti sono già conclusi e 1.954 servizi sono già disponibili in rete. L’offerta di validi servizi, però, non riguarda solo gli utenti. Infatti, essa si coniuga con l’obiettivo dell’efficienza interna. Basti dire che le amministrazioni locali coinvolte hanno valutato in circa 700 milioni di euro annui i risparmi realizzabili a regime. Anche sul piano della semplificazione amministrativa si sono ottenuti risultati notevoli. Basti, a questo proposito, ricordare il Portale nazionale delle imprese che costituisce la prima esperienza europea di piattaforma trasversale di cooperazione applicativa. Esso, infatti, eroga in un’unica operazione telematica più adempimenti omogenei, come quelli nei confronti di Inps, Inail e Camere di commercio. Comunque, è già in corso il piano di sviluppo del portale integrando i 19 servizi già esistenti con altri ottanta. Non mancano, però, come ha sottolineato Zoffoli, gli aspetti negativi. Infatti, malgrado i progressi fatti, quasi mai il ciclo del servizio è completo. In particolare, risulta carente o mancante la fase finale del pagamento in rete. A proposito di questo importante tema Zoffoli si augura che, dal mondo bancario, giungano una maggiore collaborazione e un chiaro impegno. Appare evidente, però, che tutto questo discorso non può essere portato avanti dalle sole amministrazioni centrali. Infatti, il ruolo delle autonomie locali non può non essere considerato fondamentale. E il Cnipa, di conseguenza, ha sempre operato per avere la collaborazione di Regioni e Comuni. Molto importante, a questo proposito, è la seconda fase del piano di e-government e tutti gli interventi previsti dagli accordi di Programma quadro per la Società dell’informazione con le Regioni e gli altri enti locali. Basti ricordare che, ad oggi, sono stati stipulati accordi con le tutte le Regioni e Province autonome per un valore complessivo di oltre 1.150 milioni di euro (tra finanziamenti statali e regionali). Di questi, 912 milioni riguardano le regioni del Sud, l’Abruzzo e il Molise. In conclusione, Zoffoli ha ricordato che, per procedere su questa strada, occorre che tutti operino per favorire una piena attuazione del recente «Codice dell’amministrazione digitale». Però, la cosa sarà possibile solo se vi sarà la necessaria collaborazione di tutti. _________________________________________________________ L’Unione Sarda 23 giu. ’06 STOP ALL’EOLICO, ENEL VA IN SPAGNA Oggi sarà inaugurato il nuovo impianto di Littigheddu, a Sedini: entreranno in funzione 36 pale di nuova generazione Nell’ultimo anno ha perso 15 milioni di euro nell’isola DAL NOSTRO INVIATO GIUSEPPE DEIANA OLBIA . Enel si prapara ad abbandonare la Sardegna per spostare gli investimenti sul fronte delle rinnovabili nel centro Italia e in Sicilia. I vertici dell’azienda lo ripeteranno anche oggi in occasione dell’inaugurazione del Parco eolico di Littigheddu, nel Comune di Sedini, 36 mega pale di nuova generazione per 54 megawatt di potenza. Quanto basta per produrre 90 milioni di chilowattore all’anno e fornire elettricità a 33 mila famiglie per dodici mesi. Quello che verrà avviato oggi sarà il più grande parco eolico di Enel sull’intero territorio nazionale. E forse sarà anche l’ultimo realizzato in Sardegna, nonostante i mezzi innovativi messi in campo (le nuove tecnologie puntano su pale più grandi e quindi per produrre energia l’impatto ambientale si riduce, almeno sul fronte del numero di aerogeneratori da utilizzare). I vertici dell’azienda, arrivati ieri a Olbia per prendere parte all’inaugurazione di oggi, hanno spiegato a chiare lettere quanto accaduto per gli investimenti di Enel in Sardegna nell’ultimo anno e mezzo. Tutto fermo, dopo la “moratoria” voluta dalla Giunta Soru, con perdite milionarie. «Nel sito di Balascia, in provincia di Sassari, abbiamo perso 15 milioni di euro: i lavori erano quasi conclusi quando siamo stati fermati », ha raccontato Vittorio Vagliasindi, responsabile del settore Energie rinnovabili dell’Enel, appena sbarcato dall’aereo che lo ha portato in Sardegna. A Seui, invece, manca soltanto un’autorizzazione, che però difficilmente arriverà. E questo nonostante i programmi nel settore eolico, è stato spiegato anche da Sandro Fontecedro, responsabile del settore Generazione di Enel, necessitino di anni e anni di studio, ricerca e quindi anche investimenti che creino le precondizioni per i nuovi impianti. «In Sardegna, era prevista la realizzazione di sette centrali, ma andremo da altre parti, soprattutto nel centro Italia e in Sicilia», ha aggiunto ancora Vittorio Vagliasindi, spiegando che la società Enel, anche in seguito al blocco deciso dalla Giunta Soru, non è riuscita a incrementare la quota di energia rinnovabile prodotta con l’eolico, nonostante il piano industriale, lasciando così il primato nazionale alla Ivb, prima azienda in Italia per l’energia del vento. SEDINI E NUOVI INVESTIMENTI. Con le 36 nuove pale che entreranno in funzione oggi a Sedini, gli impianti eolici dell’Enel diventano così quattro in Sardegna: Monte Arci (Ales), Alta Nurra (Sassari), Sa Turrina Manna (Tula) e appunto Littigheddu. E anche se non lo farà nell’isola, Enel continuerà a investire nell’eolico, oltre che nel territorio nazionale soprattutto in Spagna, nazione che sta puntando tanto su questa fonte energetica alternativa (per arrivare a 20.000 megawatt). Anche perché Enel è ancora indietro nel raggiungimento della quota di certificati verdi (le attestazioni ottenute con la produzione di energia rinnovabile, il cui livello deve essere pari a quello generato da centrali termoelettriche e quindi inquinanti). IDROELETTRICO. Buone notizie arrivano invece da quest’altra forma di produzione di energia rinnovabile. In Sardegna Enel gestisce 14 impianti, per una produzione complessiva di 736 gigawattore di energia elettrica. E soprattutto continua a investire. Lo dimostra l’entrata in funzione lungo il corso del Tirso di due nuove centrali che erano state bloccate da un contenzioso con il Consorzio di Bonifica di Oristano. Ora il problema è stato risolto e da una settimana è stato siglato il contratto per avviare gli impianti. Enel, inoltre, punta a incrementare l’attività anche con nuovi impianti a Posada e nella diga di Pedra e’ Othoni, lungo il corso del Cedrino, in Baronia. Si guarda poi anche ad altri sistemi, che però non offrono ancora le garanzie dell’idroelettrico e dell’eolico. Per esempio, l’energia solare, che però ha ancora costi eccessivi e necessita di un impegno non da poco: per ottenere la stessa potenza di una centrale termica, servirebbero 7.000 campi da calcio, utilizzando l’energia solare, hanno spiegato i tecnici dell’Enel. Con un problema in più: il sole c’è soltanto di giorno. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 23 giu. ’06 LASER: VINCE NAKAMURA PAPÀ DEL LED il ricercatore giapponese ha permesso la produzione su larga scala di luci a bassa consumo E il 52enne giapponese Shuji Nakamura il vincitore della seconda edizione del premio Millennium, il Nobel della tecnologia assegnato dal Governo finlandese ogni due anni insieme a una borsa da un milione di curo. II riconoscimento, destinato a incoraggiare lo sviluppo di tecnologie innovative finalizzate a migliorare la qualità della vita e lo sviluppo sostenibile, nel 2004 era stato assegnato a Tim Berners-Lee per il suo contributo nello sviluppo di internet. Nakamura, attualmente ricercatore presso l'Università della California di Santa Barbara, ha ottenuto il premio per aver sviluppato i Led (diodi a emissione di luce) blu, per decenni un sogna proibito della tecnologia laser. Oggi questa tecnologia non permette solo di quintuplicare la capacità di stoccaggio dei dati su cd e dvd, ma anche di ridurre gli sprechi energetici, fornire acqua sterilizzata a basso costo per i Paesi in via di sviluppo e, in combinazione con i Led verdi e rossi già sul mercato, potrebbe dare una nuova fonte di luce bianca in grado di mandare in pensione la lampadina inventata da Thomas Edison quasi 130 anni fa: Lo sviluppo di diodi a luce blu, dotata della più ridotta lunghezza d'onda nello spettro del visibile, si è a lungo scontrato con problemi della fisica dei materiali e di finanziamento. Dopo che giganti come Rca, Hewlett-Packard, Matsushita, Sony e Toshiba avevano tentato di sviluppare questi Led per quasi vent'anni, la svolta è arrivata nel 1996, con la diffusione dei primi risultati di Nakamura sui Led al Gallio. Un risultato ancor più sorprendente, perché ottenuto senza grandi budget e non nei laboratori di un gigante dell'informatica, ma in un'azienda specializzata nella chimica dell'illuminazione, la giapponese Nichia Chemical, dove Nakamura era entrato per non allontanarsi da Tokushirna, la sua città natale. «Una parte dei fondi ricevuti col premio sarà destinato all'avanzamento delle ricerca sulle fonti solide di illuminazione - ha spiegato Nakamura - e una seconda tranche andrà a Ong come "Light-Up-the World" e "Ingegneri senza frontiere" che lavorano alla diffusione di queste tecnologie nei Pvs». GUIDO ROMEO guido. romeo@gmail.com www.teehnologyawards.org www.lightuptheworld.orgonal.org ======================================================= ____________________________________________________ Il Sole24Ore 23 giu. ’06 FARMACI, SU IL TETTO DI SPESA IL ministro Livia Turco pronta a ridefinire il plafond a carico del Servizio sanitario nazionale ROMA a Un nuovo (e più elevato) tetto di spesa per la farmaceutica pubblica e una spinta agli accordi per lo sviluppo e la R&S. Ma anche una richiesta forte alle aziende di ritorno ail’etica: serve meno marketing e più legalità. II ministro della Salute, Livia Turco, apre le porte a una «nuova politica farmaceutica», dove il confronto e la scelta in comune delle strategie del Sistema sanitario nazionale dovranno essere la stella polare. E riscuote consensi dalle aziende, riunite ieri a Roma per l'assemblea annuale di Farmindustria. 11 capitolo doloroso del tetto di spesa per il settore, è stato ribadito dal presidente di Farmindustria. Sergio Dompè: un «tetto», ha detto, che non tiene conto della domanda di salute. dell'invecchiamento e del trasferimento dell'assistenza farmaceutica dall'ospedale al territorio». -Di più, ha aggiunto Dompè: va rivisto il Patto di stabilità e serve una «corretta e realistica previsione di spesa, calcolata sull'appropriatezza delle cure offerte». Un argomenta scottante, per le imprese. Che non a casa sono alle prese con la nuova manovra varata dall'Aifa. Manovra (scatterà a metà luglio), che sarà rimodulata: il taglio «selettivo» massimo dei prezzi per i farmaci che hanno venduto troppo, sarà del 10 e non del 12% , fermo però l'obiettivo dei 388 milioni di minore spesa del Ssn. Obiettivo dichiarato delle imprese è il rilancio della ricerca, con incentivi, per chi investe. C'è una grande vitalità, ha sottolineato Dompè, ricordando i casi di eccellenza italiani e la voglia di investimenti che cresce anche tra le multinazionali. Nel 2005 gli investimenti totali sono stati di un miliardo di curo. Abbiamo i conti e tutti i numeri in regola, è stato insomma il messaggio di Farmindustria al Governo in vista dell'apertura del «tavolo» con l'intera filiera farmaceutica. Ms servono programmazione e stabilità normativa. Mentre il ministro per il Commercio internazionale e le politiche europee, Emma Bonino, ha toccato un altro tasto: oltre alla razionalizzazione delta spésa, va abbandonata «la presenza eccessiva dello Stato nel mercato farmaceutico, come compratore e regolatore della domanda». Mentre il ministro per lo Sviluppa, Pierluigi Bersani, in un messaggio ha parlato della salute come di uno «straordinario» volano per l'economia del Paese. Livia Turco ha poi riassunto l’«agenda» del Governo, Non senza ringraziare Confindustria per l'attenzione nei confronti della sanità in genere. Punto dì partenza, per il ministro, è che «il farmaco, pur in un contesto di spesa programmata, può diventare elemento di sviluppo» per il sistema-Paese. Ed ecco allora le quattro linee d'azione elencate dal ministro. Anzitutto il monitoraggio costante della spesa per cancellare gli sprechi_ «Andrà posta - ha poi aggiunto - la questione di una verifica di una eventuale rideterminazione del tetto dì spesa». Terza linea di intervento: la valorizzazione degli accordi di. programma e per l'innovazione, pensando a forme premianti che incoraggino chi scommette in R&S. Infine: la lotta agli abusi, a cominciare dall'abbandono di «logiche di marketing così esasperate con ripercussioni sulla stessa legalità del sistema». Solo lungo queste binario, secondo il ministro, si potrà vincere la sfida della «modernizzazione del Paese nell'ottica di un'ampia responsabilità sociale d'impresa». Responsabilità che, peraltro, varrà anche per i cittadini. «II principio della legalità per le imprese è irrinunciabile», ha assicurato Dompè. Emma Marcegaglia, vice presidente di Confindustria, ha confermato il «no» delle industrie contro «l'inaccettabile aumento dell’Irap», proprio a causa dei deficit sanitari. E ha riproposto la ricetta di Confindustria per il rilancio della ricerca su quattro linee di intervento: credito d'imposta del 10% delle spese totali m ricerca per dieci anni; credito d'imposta del 50% per i progetti dei privati assegnati alle Università; il finanziamento del 35%-50% dei costi dei grandi progetti tra cui biotech e farmaceutica; il sostegno alle startup innovative, con esenzioni dagli oneri sociali per il personale. L'impegno per lo Stato sarebbe di 1,5 miliardi l'anno, ma avrebbe un effetto di trascinamento della spesa privata di circa il doppio. Investire per crescere, ìnsomma: ROBERTO TURNO Ricerca, 6mila addetti Dati in milioni di euro Dipendenti (n.) 74.000 Addetti Ricerca (n.) , 6.030 Produzione 19.300 Investimenti 99[ì Spese R&S 1.070 Esportazioni 11.138 Salda estero (medicinali) +1,380 _________________________________________________________ Repubblica 22 giu. ’06 SANITÀ, IPOTESI TICKET PER I PIÙ RICCHI Verso una compartecipazione alla spesa. Visco: no ad aumenti di tasse. Angeletti sul taglio al cuneo: metà ai lavoratori Turco: ma non siano una toppa ai conti. Scatta la stretta sui ministeri ROMA — L’ombra dei ticket continua ad aleggiare sull’intervento sui conti pubblici. «Io non sono contraria ai ticket in modo assoluto », ha detto ieri il ministro della Salute, Livia Turco che tuttavia si è detta contraria ad un loro inserimento fin dalla manovra-bis. «Penso - ha aggiunto - che per garantire l'universalità e per vincere la sfida di un sistema sanitario pubblico di qualità, e per garantire che la qualità sia data a tutti i cittadini, dal più povero al più ricco, bisogna chiedere una compartecipazione al costo dei servizi sulla base del reddito». Nel menù tecnico continua a restare l’ipotesi di un copayment ospedaliero per vitto e alloggio o, in alternativa, sulle prestazioni o sui farmaci dal quale sarebbero esclusi i bassi livelli di reddito. Ma su questo la Turco non si è assolutamente espressa. Ieri intanto il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco è intervenuto a Napoli (al fianco del titolare di Via Venti Settembre Tommaso Padoa-Schioppa) alla Festa delle Fiamme Gialle, per la delineare la strategia del governo sul fronte delle tasse. Visco ha annunciato l’intenzione di condurre una battaglia contro «ogni forma di illegalità economica» ed ha evocato una «nuova tensione etica e civile». Bisogna cambiare rotta rispetto alla politica dei condoni - ha detto - che ha fatto aumentare l’evasione e «contribuito» al deterioramento dei conti pubblici. «C’è il sapore dell’emergenza - ha detto Visco - ma reagiremo». Il vicemistro ha tuttavia assicurato che il governo «non ha intenzione di inasprire il prelievo tributario: al contrario - ha detto -, è nostro obiettivo diminuirne l'onere, nella misura compatibile con gli equilibri di bilancio». Al primo posto nell’agenda c’è invece una «determinata, sistematica e intelligente» lotta all'evasione e all'elusione fi- scale, già oggetto nei giorni scorsi di uno dei primi provvedimenti del viceministro. Sul ruolo del fisco nella manovra- bis e nella Finanziaria sono giunte tuttavia solo indicazioni di massima. Per Visco saranno necessari «interventi sulle imposte dirette e sulle imposte indirette per redistribuire il carico fiscale», capovolgendo lo schema «che ha visto l'inasprimento delle imposte indirette (quelle sui consumi) compensare interventi regressivi sulle imposte dirette (quelle sui guadagni)». Inoltre il fisco dovrà distinguere «tra attività speculative e attività produttive, alleggerendo le imprese e i lavoratori impegnati nella produzione». Con una circolare applicativa diffusa ieri è scattata anche la cura anti-sprechi di Padoa-Schioppa. Si tratta, come già annunciato, del taglio del 10 per cento agli stipendi dei ministri e sottosegretari (che sarà esteso anche ai viceministri). Risparmi anche sui viaggi aerei necessari in caso di trasferta al dipendente pubblico al quale sarà rimborsato solo il prezzo del biglietto per la classe economica. Confermato il taglio delle consulenze del 10% (tranne per la Scuola Superiore di pubblica amministrazione). Riduzioni anche per i gettoni di presenza e solo un «equo indennizzo » per chi si infortuna per motivi di servizio. Infine il leader della Uil Angeletti ha replicato a Montezemolo che aveva proposto di dare alle imprese i due terzi del cuneo fi- scale: «Sotto il fifty-fifty neppure si discute». Controreplica di Bombassei (Confindustria): «Angeletti “sconcerta”». _________________________________________________________ La repubblica 19 giu. ’06 MA PER LA SANITÀ SI SPENDE DAVVERO TANTO? IL COPIONE è noto. Ogniqualvolta la spesa pubblica esce fuori controllo a finire per prima sul banco degli accusati è la sanità. Si denunciano scostamenti abnormi dalle previsioni, sprechi inauditi, eccessi di cure e di farmaci, furfanteria diffusa. Dopo la fase, come la chiamò Federico Caffè, del “terrorismo contabile”, subentra quella dei sacrifici imposti con tagli ai bilanci, riduzione di servizi e prestazioni, tosature all’industria farmaceutica. Non essendo i malati una categoria (in genere o guariscono o muoiono e, quando si cronicizzano, specie gli anziani, sono le famiglie a farsene carico) i sindacati si limitano a qualche mugugno. Il governo, assillato dallo stato in cui ha trovato il bilancio pubblico, sta seguendo la strada di sempre. Va però detto che l’approccio scelto denota una metodologia apprezzabile perché evita le accuse generiche e le concentra sui deficit e i debiti che gravano solo su alcune regioni poco virtuose che hanno assunto impegni di spesa non coperti da finanziamenti corrispondenti. Non vi è dubbio che vada loro imposto un percorso di rientro, in mancanza del quale sarà indispensabile un inasprimento fiscale locale che inciderà sui cittadini. Peraltro non si può ignorare che sull’indebitamento delle regioni pesa la incompleta erogazione da parte dello Stato negli ultimi tre anni dell’aliquota di compartecipazione all’Iva che era stata fissata per legge nel 2000. Si tratta di un mancato introito stimato tra gli 8 e i 12 miliardi che corrispondono grosso modo ai debiti accesi presso i fornitori. Il lettore potrebbe chiedersi, peraltro, visto che reputo inevitabile la manovra prospetta, per quale ragione vi dedichi queste righe. La ragione sta in quanto detto all’inizio, nell’esigenza, cioè, di mettere in luce la fallacia della filosofia accusatoria con cui vengono da molto tempo affrontati i problemi della sanità pubblica. Dovrebbe, invece, essere tenuto presente che gli sfondamenti della spesa pubblica preventivata avvengono in un contesto di investimenti nettamente inferiore a quello dei principali paesi europei: mentre in Italia essa è del 6,3% del pil, in Francia tocca il 7,4, in Germania l’8,6, in Svezia il 7,9, in Danimarca il 7,3 e così via. E’ indubbio, d’altra parte, che la spesa sanitaria – pubblica e privata – tende a salire sia per ragioni strutturali (la cosiddetta “malattia da costi” derivante dall’impossibilità di incrementare la produttività nel settore sanitario al livello degli altri comparti dell’economia), sia per il rapido invecchiamento della popolazione e il prolungarsi dell’attesa di vita che aumenta in modo esponenziale i costi delle cure almeno dai 65 anni in avanti, sia per i progressi sempre maggiori delle tecnologie diagnostiche e delle innovazioni terapeutiche che comportano crescenti spese per assicurarne la fruibilità a tutti i cittadini qualora si voglia assicurare il diritto alla salute in modo egualitario. È, infine, indubitabile che se il centro sinistra vorrà rispettare il suo programma, specialmente per ciò che concerne un Fondo speciale per migliorare gli standard sanitari nel Mezzogiorno e un Fondo per gli anziani non autosufficienti occorrerà reperire risorse ulteriori. Dove trovarle? Una risposta va individuata fin d’ora se si vuol rendere credibile e condiviso un programma politico. Se gli obbiettivi sono chiari e ben percepibili all’opinione pubblica, dovrebbe essere possibile chiedere una compartecipazione alla spesa sia sotto forma di ticket sia sotto forma di imposte specifiche di scopo. Comunque neppure per questa via sarà possibile sopperire a tutte le necessità di spesa sanitaria. Occorre affrontare la questione sempre elusa: non è la spesa sanitaria pubblica col suo 6,3% ad essere fuori quadro ma la spesa pensionistica – la più alta d’Europa – che assorbe il 15,4% del pil. Quasi un quarto è versato a persone con meno di 65 anni, dato che l’età media di uscita dal lavoro è nel nostro paese intorno ai 60 anni, mentre in confronto a trent’anni orsono l’attesa di vita si è prolungata attorno agli 80 anni. Come ha ricordato il governatore Draghi «affrontare il nodo dell’età media effettiva di pensionamento è una priorità ineludibile». Se andremo ancora avanti così non avremo presto i soldi né per assicurare agli anziani pensioni decenti né per curarne la salute. È desolante che i tre leader sindacali seguitino a compiacersi del loro assurdo diniego e i governanti si affrettino ad adeguarsi al diktat. Salvo a rifarsi sulla spesa sanitaria. Solo perché i malati non hanno sindacato e i sindacati, invece, contino la maggioranza degli iscritti fra i pensionati. Ma per la sanità si spende davvero tanto? MARIO PIRANI L I N E A D I C O N F I N E _________________________________________________________ Il Corriere della Sera 19 giu. ’06 SALE IL DEFICIT SANITÀ: MANOVRA PIÙ PESANTE Oggi vertice al ministero. Spuntano le «una tantum» Nel 2006 a rischio sfondamento la maggioranza delle Regioni ROMA — Settimana decisiva per tentare di mettere un freno alla spesa sanitaria. Oggi è previsto un vertice tecnico tra le sei Regioni che hanno sfondato il tetto della spesa nel 2005 (Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Sicilia) e i ministeri della Salute, dell’Economia e degli Affari regionali. Giovedì, invece, la Conferenza Stato-Regioni dovrebbe cominciare a discutere di come imbrigliare una spesa che appare sempre più fuori controllo. Al ministero dell’Economia c’è molta preoccupazione perché, dalle prime stime, appare probabile che nel 2006, se non si invertirà la tendenza, a sforare il tetto della spesa sanitaria sarà la maggior parte delle Regioni italiane, con un buco complessivo di 5 miliardi di euro. Per questo il ministro, Tommaso Padoa- Schioppa, è impegnato a raggiungere un Patto con le Regioni che includa una revisione strutturale dei meccanismi di spesa. Del resto, la sanità dovrà concorrere al taglio della spesa che andrà a comporre, insieme con le nuove entrate, la manovra di luglio. Una manovra che, per incidere per 9-10 miliardi sui conti 2006, dovrebbe necessariamente avere un valore in ragione d’anno di 15 miliardi, metà sulle maggiori entrate e metà sulle minori uscite. Il governo ci tiene comunque a sottolineare che non ci saranno solo misure di risanamento dei conti, per ridurre nel 2006 il deficit di bilancio dal 4,6% tendenziale al 4%, ma anche provvedimenti per rilanciare l’economia. In questo senso, ieri, il sottosegretario all’Economia, Mario Lettieri, non ha escluso che un primo intervento di riduzione del costo del lavoro, il cosiddetto cuneo, potrebbe arrivare già a luglio, senza aspettare la Finanziaria 2007: «Potrebbe anche esserci una parte di riduzione nella manovra bis», spiegando che lo sconto verrebbe limitato alle aziende «disposte a trasformare il loro lavoro precario in assunzioni a tempo indeterminato » e a quelle che fanno più investimenti. Lo stesso Lettieri ha però detto di ritenere più probabile provvedimenti diversi, come la reintroduzione del credito d’imposta sulle assunzioni e «lo sblocco dei fondi per la 488», cioè gli aiuti a fondo perduto e a tasso agevolato per le imprese che investono. Il menù dettagliato della manovra di luglio non è ancora pronto. Il governo vorrebbe intervenire il più possibile con misure strutturali, ma alla fine, per chiudere il conto, potrebbe arrivare anche qualche misura una tantum o tampone, come il rinvio di una serie di spese e di investimenti, a partire da quelli già annunciati su una parte delle grandi opere infrastrutturali. Sul versante delle entrate l’unica cosa certa è che ci sarà un pacchetto di norme per limitare l’evasione, l’elusione e le truffe sull’Iva (è troppa la differenza annua tra Iva lorda, pari a 105 miliardi, e l’Iva netta, pari a 85 miliardi, incassata dallo Stato). Improbabile, ma non escluso un leggero ritocco per l’aliquota più bassa della stessa Iva. Sul fronte delle spese, nel mirino ci sono le spese dei ministeri, il pubblico impiego (blocco delle assunzioni e dei contratti) il sistema degli incentivi alle imprese e, appunto, la sanità. Enrico Marro 4,6% Sale il deficit sanità: manovra più pesante IL DEFICIT calcolato dalla Commissione Faini in rapporto al Prodotto interno lordo (gli accordi Ue prevedono un tetto del 3%) _________________________________________________________ L’Unione Sarda 19 giu. ’06 CONTRATTI AI MEDICI, NECESSARIA LA STABILITÀ Il fenomeno delle assunzioni dei medici con contratti “atipici” a tempo determinato e la scadenza imminente (30 giugno) di settanta di questi contratti hanno spinto la Margherita a presentare un’interpellanza in Consiglio regionale. Nel documento (primo firmatario Giommaria Uggias) si chiede al presidente della Regione e all’assessore alla Sanità che «siano assicurate le condizioni per la prosecuzione dell’assistenza sanitaria, garantendo il livello di qualità delle prestazioni». Nello stesso tempo «devono essere garantiti ai medici migliori condizioni di svolgimento dell’attività professionale ». Per questo si sollecita la Giunta regionale a valutare «l’opportunità di emettere direttive che favoriscano la proroga immediata dei contratti in essere per evitare l’insorgere di disagi nell’attività di assistenza sanitaria ». Nell’interpellanza il gruppo dei consiglieri regionali della Margherita ricorda che il problema del tempo determinato «sta assumendo ampie proporzioni, inadeguate alla specificità e alle prerogative peculiari della professione ». A tal riguardo la Finanziaria 2006 prevede «la possibilità di stabilizzare circa settemila precari, con l’opportunità di arrivare all’assunzione di vincitori di concorso nel 2007 e 2008, con deroga al divieto di nuove assunzioni». Da qui la proposta di attivare «le procedure concorsuali finalizzate alla stabilizzazione dei medici, con la valutazione particolare del periodo di servizio espletato come elemento di maggior punteggio». _________________________________________________________ L’Unione Sarda 18 giu. ’06 L’UNIONE SALVA LA DIRINDIN Consiglio, bocciata la mozione del centrodestra contro l’assessore Il Consiglio regionale ha respinto la mozione del centrodestra che contestava la politica sanitaria contro le pesti suine e chiedeva la censura dell’operato dell’assessore Nerina Dirindin. Nell’illustrare il testo sulle pesti suine, Roberto Capelli (Udc) ha contestato l’ordinanza del presidente della Regione del gennaio scorso, che non avrebbe sortito effetti significativi. Nel testo si chiedeva al presidente Soru di censurare l’operato dell’assessore per quella che veniva descritta come «totale assenza di politiche sanitarie veterinarie per l’eradicazione» delle malattie dei suini. «Nei territori colpiti», hanno denunciato Capelli e Giorgio Oppi, «non sono mai stati effettuati uno screening sierologico e i controlli sugli animali selvatici, con conseguente paralisi del mercato suinicolo sardo». L’assessore Dirindin si è difeso contrattaccando, a cominciare dalla peste suina. «Quando ci siamo insediati nel luglio 2005», ha detto, contestando la passata gestione del centrodestra, «abbiamo trovato la peggiore situazione epidemiologica mai conosciuta nella storia della Sardegna». Inoltre, ha affermato, le politiche per l’eradicazione di peste suina e trichinellosi, concordante con ministero della Salute e dell’Ue, hanno prodotto risultati positivi. Rinviata, invece, la mozione sulla metanizzazione, anche perché non era in aula Renato Soru. Cosa che ha suscitato l’ira di Alleanza nazionale: «Con la sua assenza - hanno dichiarato in una nota Mario Diana e Antonello Liori - il presidente Soru ha inteso sottrarsi al dibattito su un argomento di vitale importanza per la Sardegna, vista l’ingente mole di risorse che la Regione intende investire e l’impatto che il progetto avrà sull’economia isolana». Il governatore era impegnato a Cagliari in un convegno internazionale sul Mediterraneo: «Ma non è la prima volta che ciò accade», hanno dichiarato Diana e Liori, stigmatizzando la scelta di Soru. «Già l’interrogazione sul metanodotto presentata il 6 aprile dall’onorevole Diana è rimasta senza risposta, tanto da indurre l’intera coalizione di centrodestra a portare il dibattito in aula, presentando una mozione al riguardo». Secondo An, l’assenza di Soru «non è giustificabile da alcun impegno istituzionale. La data della seduta e l’ordine del giorno sono stati stabiliti dalla conferenza dei capigruppo di concerto con la Giunta: il presidente era dunque al corrente del fatto che oggi sarebbe stata discussa la mozione». _________________________________________________________ La Repubblica 24 giu. ’06 FONDI PER SANITÀ: SARDEGNA IN TESTA , POLIZIA, ISTRUZIONE il Lazio è il re della devolution ROMA - La gran parte dei trasferimenti statali verso le regioni per le materie interessate dal referendum sulla devolution (per sanità, polizia e istruzione) finisce al Centro-Sud, e in particolare al Lazio e nelle isole. Il calcolo è stato fatto dal centro studi della Cgia di Mestre sui dati del 2003, l'ultimo anno disponibile. La spesa dello Stato per queste funzioni è pari a 81,4 miliardi di euro, di cui gran parte va all'istruzione (51,6 miliardi). Alla sanità finiscono 18,5 miliardi, mentre ai servizi di polizia vanno 11,3 miliardi. Calcolando i trasferimenti procapite per queste funzioni il Lazio fa la parte del leone, seguito da Sardegna e Sicilia. In coda alla classifica Veneto, Trento, Valle d'Aosta e Bolzano. Sanità. Al primo posto c'è la Sardegna. la somma percepita da ciascun sardo è stata, nel 2003, di 516 euro. A seguire il Lazio (478 euro), la Sicilia (446) e le Marche (383). A ricevere meno di tutti dallo Stato centrale sono stati i cittadini della Valle D'Aosta (44 euro) e quelli delle regioni a statuto speciale del Nordest: Friuli Venezia Giulia (53 euro), Trento e Bolzano ( rispettivamente 100 e 48 euro). Servizi di polizia. Per questa funzione a ricevere il maggior numero di trasferimenti pro-capite è il Lazio. L'importo è pari a 348 euro. Al secondo posto è la Liguria con 209 euro all'anno e al terzo posto il Molise con 180 euro. All'ultimo posto è invece la Lombardia dove i trasferimenti alla Regione suddivisi per ogni cittadino arrivano a 100 euro; pochi euro in meno della provincia autonoma di Trento (102 euro), Veneto (103 euro), Piemonte (109 euro) ed Emilia Romagna (110 euro). Istruzione. Ancora la regione Lazio a guidare questa particolare classifica: sono 908 gli euro all'anno destinati dallo Stato a ciascun cittadino laziale. Circa 600 euro in più rispetto alla media nazionale che è pari a 313 euro. Seguono la Calabria (833 euro), il Molise (811 euro), la Sardegna ( 797 euro), l'Umbria (784 euro) e la Basilicata (780). In coda alla classifica, invece, sta il Nord: a Trento sono 327 euro e in Valle d'Aosta 152; ancora meno a Bolzano (54 euro). _________________________________________________________ L’Unione Sarda 24 giu. ’06 A LUGLIO IL RIORDINO DEL SERVIZIO SANITARIO pronta la legge La proposta di legge sulla tutela della salute e del riordino del servizio sanitario della Sardegna, approvata giovedì dalla commissione Sanità, approderà a luglio in Consiglio regionale. Lo annuncia il presidente della commissione Sanità, Pierangelo Masia (Fas), sottolineando l'importanza di un testo che - afferma - «consentirà di recuperare i ritardi maturati nelle passate legislature». Tra le novità, l'istituzione dell'Agenzia regionale della sanità, organismo tecnico-scientifico con compiti di supporto dell'assessorato e del Consiglio, la programmazione e l'organizzazione delle Asl sarde, la regolamentazione della ricerca e della formazione biomedica, la tutela del diritto del cittadino e il nuovo sistema di accordi che sostituirà le vecchie convenzioni. La commissione incontrerà i rappresentanti delle categorie sanitarie, i sindacati e le università per un confronto sulla legge, il cui testo, composto da 32 articoli, sarà ora inviato alle commissioni Enti locali e Bilancio per le osservazioni di merito prima dell'approdo in aula, e al Consiglio delle autonomie locali. _________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 20 giu. ’06 IL NUOVO BROTZU IN ROSSO A METÀ PRESENTA IL CONTO ALLA REGIONE Il risultato è positivo se depurato di costi e ammortamenti. Le prospettive dell'azienda Massimiliano Lasio In rosso a metà. I conti del- Brotzu presentano una perdita lorda pari di 20.635.140 euro. Ma se si considerano costi e ammortamenti vari (ad esempio il rinnovo del contratto di lavoro alla dirigenza) il risultato netto è positivo per poco più di 958.000 euro. A cinque mesi dal suo insediamento, il direttore generale dell'azienda ospedaliera cagliaritana, Mario Selis, tira le somme del suo esercizio e illustra la proposta di bilancio 2005, che dovrà essere approvato dalla Regione, durante una conferenza a cui hanno preso parte anche il direttore sanitario, Paolo Pettinau, e quello amministrativo, Alfredo Pergola. «L'obiettivo dell'azienda », sottolinea il manager, «è migliorare la qualità dell’assistenza del principale ospedale della Sardegna». LA NUOVA DIRIGENZA punta al consolidamento e all’a c c r e s c imento delle attività di alta specializzazione, oltre che a una migliore organizzazione aziendale e a un più stretto rapporto di fiducia con i cittadini. Nel triennio 2003-2005 l'indice di occupazione dei posti letto si è ridotto dal 79,66% di tre anni fa al 77,15% del 2005, rispetto alla media italiana che è rimasta stabile sul 74,36%. «Il dato ottimale è quello che si avvicina al 75% - ha spiegato Selis - se lo si supera troppo vi è un eccesso di occupazione che non è indice di qualità». Ogni paziente ricoverato ha occupato mediamente il posto letto per una settimana per una degenza di 5,32 giorni contro i 7,2 della media nazionale. Sono stati 36.949 i pazienti dimessi nel 2005 a fronte dei 37,482 del 2003 e i 38.194 dello scorso anno (98,36 per medico e 45,66 per infermiere). Calano anche le giornate di degenza, dalle 170.764 di tre anni fa alle 159.633 del 2005. Complessivamente i posti letto assegnati lo scorso anno sono stati 685 (come nel 2004), mentre quelli utilizzati sono stati 628 (618 l’anno precedente). Per ognuno di questi posti nel 2005 erano presenti 1,17 infermieri (1,14 nel 2004) e 0,54 medici (0,48 media nazionale). Si è stabilizzato il numero degli interventi chirurgici (12.567 lo scorso anno rispetto ai 12.843 del 2004), mentre crescono le prestazioni ambulatoriali per i ricoverati (da 2.400.782 del 2004 a 2.604.087) e diminuiscono quelle per gli esterni (da 670.170 del 2004 a 667.301 del 2005). _________________________________________________________ La Nuova Sardegna 20 giu. ’06 BROTZU, SARÀ CENTRO REGIONALE DEL PARTO INDOLORE Il manager ha presentato il bilancio e i progetti per ridurre liste d’attesa e potenziare reparti di Alessandra Sallemi CAGLIARI Siamo ancora lontani dalla lista dei parti possibili offerta alle gestanti negli ospedali inglesi. Ma nel giro di qualche mese il Brotzu darà vita a un progetto mille volte proposto e altrettante rinviato nel corso degli anni Novanta: quello di garantire 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno, il parto senza dolore a qualunque donna si presenti in ospedale. «Offre l’ospedale», cioè sarà assicurato gratuitamente a tutte le pazienti, spiegava il direttore generale Mario Selis nell’occasione della presentazione del bilancio consuntivo ma soprattutto delle nuove linee gestionali del nuovo manager, il quale, fino a ieri, non aveva mai parlato ufficialmente se non costretto dagli eventi. Ieri Selis ha spiegato che l’azienda Brotzu intende potenziare il centro unico di prenotazione e il pronto soccorso nonché accorciare le liste d’attesa di almeno quattro reparti. Cardiologia pediatrica urologia e le chirurgie: cresce il personale Il 26 giugno Selis incontrerà il collega della Asl 8, Gino Gumirato, e si parlerà delle ipotesi di collaborazione che sembrano una delle poche strade buone per evitare doppioni di apparecchiature e di reparti e quindi di spreco di soldi. Selis ha stupito il pubblico di giornalisti convocati per la conferenza stampa annunciando non una sola proposta di collaborazione (quella avanzata senza successo da Gumirato a Selis sulla chirurgia polmonare e del fegato), ma addirittura tre (da Selis a Gumirato) su dialisi, neurochirurgia e le attività di diagnosi con macchinari tecnologicamente avanzati quali Pet e Tac. Selis non teme accuse di fughe in avanti rispetto al piano sanitario (ancora fermo in consiglio regionale) per due ragioni: non si stanno chiedendo finanziamenti ulteriori; con i potenziamenti indicati si intende rispondere alle richieste che salgono dai pazienti e che, per esempio nelle liste d’attesa, hanno una dimostrazione evidente. Per il parto indolore non ci sono liste d’attesa, ma il neo ministro alla sanità Livia Turco ha sfondato il muro delle resistenze (adesso organizzative, in passato culturali) dichiarando appena insediata che intende promuovere ogni azione utile alla diffusione di questa pratica di civiltà. Nella nota distribuita durante la conferenza l’azienda Brotzu «punta a diventare sin dal 2006 centro di riferimento in Sardegna per il parto in analgesia». In apertura della conferenza Selis ha fornito qualche numero sull’ospedale. Escludendo ammortamenti e adeguamento degli stipendi ai contratti nazionali di lavoro, il «risultato dell’esercizio è positivo per un importo di 958.107 euro». Considerando invece il bilancio nel complesso, queste voci costituiscono perdita lorda di esercizio che supera di poco i 20 mila euro. Il tasso di occupazione dei posti letto è del 74,36 per cento, «il dato ottimale è del 75 per cento», ogni paziente non si è fermato in media più di una settimana, tra 2004 e 2005 i ricoveri sono leggermente diminuiti «in linea con le raccomandazioni sull’appropriatezza delle prestazioni ospedaliere ». Al pronto soccorso viene affidata la grossa responsabilità di migliorare il filtro dei ricoveri e su questo il Brotzu intende investire: entro luglio cominceranno i lavori per allestire una «struttura di osservazione breve intensiva con 10 posti letto» mentre a settembre si penserà alla medicina d’urgenza. Vanno avanti i cantieri del Trauma center, «ci vorrà un anno e mezzo per finire», «si tratta di un’opera indispensabile per un dipartimento di emergenza di secondo livello, quale è il Brotzu, unico in Sardegna, che è calibrato su un’utenza di un milione e 600 mila abitanti ». Non c’è dubbio che questo sarà uno dei temi del 26 giugno, visto che l’Asl 8 ha già avviato i lavori per un Trauma center a Is Mirrionis, con i posti letto ecc. Poi il parto: si rifanno tutte le sale travaglio e le sale parto e si «introduce il parto in analgesia, lo faremo gratuitamente, in attesa che il servizio sanitario nazionale riconosca il nostro impegno». Il centro unico di prenotazione: al momento non brilla per effi- cienza, Selis ha detto «non è adeguato». Gli operatori da tre diventereanno cinque, ci sarà anche un potenziamento tecnologico e un disco cortesia intratterrà il cittadino al telefono con alcune indicazioni una delle quali sarà quella di richiamare al pomeriggio, l’ora migliore che finora nessuno prende mai in considerazione. Sulla cardiologia pediatrica (che si ottenne dopo una lunghissima battaglia): già entro il 2006 si intende ridurre le liste d’attesa «con un incremento del personale. Entro il 2007 si vuole riuscire a non dover far aspettare oltre i due mesi per gli interventi di elezione». Urologia: l’obbiettivo è portare le liste d’attesa sotto le due settimane. Neurochirurgia: è un reparto «fortemente condizionato dalle urgenze, 400 casi l’anno vanno fuori. Nostro obbiettivo è poter seguire qui questi casi. Un passo avanti si farà a luglio quando si aprirà la nuova sala operatoria ». Cardiochirurgia: le liste d’attesa di 4 mesi denunciate dal consigliere regionale Pierpaolo Vargiu potrebbero venire accorciate da un contratto a tempo determinato con un cardiologo che sostituirebbe quelle assente e che al momento viene rimpiazzato da un cardiochirurgo sottratto alla sala operatoria. Due problemi che hanno ridotto la mole di attività chirurgica al Brotzu sono stati i «12 cantieri aperti» e anche il vuoto di anestesisti: 2 sono quasi fi- niti, gli altri 8 chiuderanno nel 2007, 4 anestesisti a tempo determinato sono in corso di assunzione. Ma non c’è dubbio che una mano d’aiuto (reciproca) arriverebbe da una sinergia con la Asl 8: sulla neurochirurgia «bisogna stabilire linee guida — diceva Selis — che chiariscano chi fa che cosa»; sulla dialisi il Brotzu si dichiara pronto alla collaborazione in un dipartimento interaziendale; sulla diagnostica, grazie anche alle fibre ottiche, Brotzu, Oncologico e Microcitemico potrebbero diventare un polo funzionante 24 ore su 24. Chissà se in tutto questo parlarsi non si possa far di nuovo parola anche il dipartimento chirurgico polmone-fegato. _________________________________________________________ L’Unione Sarda 23 giu. ’06 OLBIA: MAI PIÙ OSPEDALE DA TERZO MONDO Olbia. Il direttore generale Gianni Cherchi spiega i progetti della Asl gallurese In arrivo i soldi per il secondo lotto, apre anche l’Oculistica Stop ai viaggi della salute. Definirli della speranza sarebbe un po' troppo. Finora ai pazienti galluresi bastava una banalissima cataratta per dover andare a Sassari. Fino a poche settimana fa un calcolo renale. E prima ancora bastava meno. Molto meno. L'ospedale da terzo mondo, così lo definì lo scorso anno l'assessore Nerina Dirindin presto sarà solo un ricordo. Sarà un ospedale normale. Gianni Cherchi, direttore generale della Asl gallurese, ci lavora a pieno ritmo. Aiutato, dicono i ben informati, da uno staff affiatato e da una particolare sintonia con i primari ospedalieri che in quell'ospedale ci lavorano da anni. I 25 milioni di euro stanziati dalla Giunta regionale permetteranno di bandire immediatamente la gara d'appalto e di trasferire in tempi ragionevoli tutti i reparti nel nuovo ospedale di Tannaule. Dove, nel frattempo, è stata aperta la Radiologia che con nuovi strumenti e due medici in più ha vertiginosamente abbassato le liste d'attesa. Ora una mammografia si fa al massimo in 25 giorni così come un'ecografia. I ricoverati aspettano al massimo un giorno. LA TABELLA DI MARCIA. «Entro il 2007 sarà trasferito il Servizio farmaceutico - spiega il direttore generale - il laboratorio analisi e i magazzini. Con il completamento del primo lotto il dipartimento di emergenza, i blocchi operatori con la Chirurgia, l'Ortopedia, la Ginecologia, l'Ostetricia e la pediatra con il punto nascita, l'Anestesia e la Rianimazione ». Quando sarà ultimato anche il secondo lotto potranno essere trasferiti anche i reparti di Medicina interna. I NUOVI SERVIZI. Il nuovo ospedale offrirà non solo più spazi ma anche nuovi servizi. Il più atteso è sicuramente l'oculistica che inizialmente era previsto al San Raffaele. «Il trasferimento in altri ospedali per interventi di cataratta ha un costo elevatissimo sui nostri bilanci», spiega Cherchi mentre rigira tra le mani un voluminoso studio sulle prestazioni sanitarie più richieste. Una sorta di faro per gli investimenti prossimi futuri. «Se per le protesi al ginocchio ho 22 richieste, mi conviene continuare a farle a Sassari. Ma non possiamo continuare a spendere denaro per interventi di routine». E così il neo manager spera di poter partire con gli interventi di cataratta quest'autunno. Saranno anche effettuate le fluoroangiografie per i diabetici ed è partita una campagna di prevenzione con visite ortottiche nelle scuole. Tra i nuovi servizi anche il day surgery (la chirurgia giornaliera) di urologia e una struttura semplice di gastroenterologia. La speranza è quella di poter aprire al più presto l'unità coronarica: «Un intervento in corso di infarto fa salire le probabilità di successo del trenta per cento». ONCOLOGIA. Un discorso a parte per le terapie del tumore. La strada scelta, in questo caso, punta a ridurre al minimo il ricorso all'ospedale limitando il disagio per i pazienti. «Siamo pronti a partire con un progetto pilota per la terapia domiciliare oncologica e il trattamento del dolore. Saranno gli operatori sanitari a recarsi dal paziente. Abbiamo già formato il personale e arricchito l'organico con tre specialisti in questo tipo di terapia». PSICHIATRIA. È una delle emergenze del territorio. Ma molti passi sono stati compiuti anche nel campo della salute mentale. A Tempio è già funzionante Villa Lissia mentre sta per aprire il nuovo centro diurno di Olbia. Si pensa anche ad un altro polo decentrato nella zona di Arzachena e Palau. Non è previsto per ora invece un reparto di tipo ospedaliero. «Per la verità - spiega Cherchi - intendiamo ridurre al minimo il ricorso ai ricoveri coatti grazie ai servizi territoriali ». CARTELLA ELETTRONICA. È stato bandito l'appalto per l'informatizzazione. Così sarà possibile fare un esame diagnostico in ospedale a Olbia, o un prelievo al laboratorio analisi, e ricevere il risultato a Tempio o La Maddalena. Non solo. «I risultati di tutti gli accertamenti e gli intervent eseguiti all'interno delle strutture Asl, dalle analisi del sangue alle ecografie, finiranno in una cartella elettronica che gli operatori sanitari autorizzati potranno consultare in caso di necessità. Questo ci eviterà molti doppioni inutili». I TRE OSPEDALI. La parola d'ordine è massima sinergia tra i tre ospedali galluresi. «Si lavora per dipartimenti, ogni dipartimento ha una struttura verticale all'interno di uno dei tre ospedali e un'organizzazione di tipo orizzontale sul territorio. Ciò significa, per esempio, che dobbiamo valutare la disponibilità di posti letto sul territorio. A Tempio la medicina in estate resterà aperta a pieno servizio». SAN RAFFAELE. «Sono favorevole - conclude il manager - alla presenza di pubblico e privato nella Sanità. Penso che il San Raffaele possa essere utile in settori di altissima specializzazione che non possiamo permetterci. Però cerco di ottenere il massimo per la Sanità pubblica». CATERINA DE ROBERTO L'inaugurazione della Radiologia nel nuovo ospedale è solo il primo passo: la Asl sta per istituire nuovi servizi. ____________________________________________________ Libero 18 giu. ’06 BEETHOVEN SORDO PER IL MORBO DI PAGET OGGI GUARIREBBE CON SOLI 90 EURO g.d.s.) Ludwig van Beethoven aveva una malattia dell'apparato scheletrico che gli aveva deformato il cranio e lo aveva reso progressivamente sordo: il morbo di Paget, descritto per la prima volta dal medico inglese James Paget nel 1876. Se fosse vissuto oggi, Beethoven avrebbe potuto curarsi e guarire: è stato infatti messo a punto un farmaco, il Neridronato, che ha del miracoloso. Un paio di fiale, e la malattia è bloccata. Costo, circa 90 euro. La notizia è stata diffusa mercoledì al Circolo della Stampa di Milano. ____________________________________________________ Libero 23 giu. ’06 CONOSCIAMO SETTE COLORI IN REALTÀ NE VEDIAMO 200 I ragazzi cominciano a percepire a occhio nudo anche l'ultravioletto grazie all'evoluzione della specie e alla varietà delle lunghezze d'onda di ANNALISA BIANCHI Provate a fare l'elenco dei colori che conoscete. Quanti ve ne vengono in mente? Dieci, venti? Pochi, comunque, perchè il nostro occhio ha la possibilità di vederne duecento. Che sono, a loro volta, una minima parte dei colori, infiniti, che esistono da un punto di vista fisico: i colori sono infatti combinazioni di luce, onde elettromagnetiche di diversa lunghezza. Che il nostro occhio però riesce a vedere soltanto se quel colore possiede una lunghezza d'onda compresa fra i 400 e gli 800 nanometri e relativa frequenza. Ecco perchè lo spettro che conosciamo è quello, limitato a sette colori, dell'arcobaleno, che va dal rosso (possiede la frequenza più bassa che possiamo riconoscere) al violetto (la frequenza più alta). Al di sopra del violetto ci sono però l’ultravioletto, iraggi X e gamma.A l di sotto del rosso ci sono l'ultrarosso, le microonde e le onde radio. Mentre i raggi X continuano a essere troppo...blu per essere visti, si è scoperto che le nuove generazioni, insomma i giovani (come da sempre le api, del resto), cominciano a vedere anche l'ultravioletto. Importante, se l'evoluzione troverà definitiva conferma, sarà allora vedere che significato daremo a questo ultra-colore. Perchè non ce n'è uno, fra quelli alla portata del nostro occhio, che non abbiamo caricato di simbolismo, valore, giudizio e pregiudizio. Ciascuno di noi ha infatti il suo colore preferito, ma anche le civiltà, cel'hanno. Quello della società occidentale è il blu. E' la tinta di chi ha sempre paura di sbagliare, e non vuole mai compromettersi. Il "colore gattamorta", lo chiama Michel Pastoureau, antropologo, il maggior specialista mondiale dei colori, nel saggio-intervista di Dominique Simonnet "Il piccolo libro dei colori" (Ponte alle Grazie), Il blu, quello milanesissimo che, abbinato ai tacchi alti e al filo di perle, "fa classe e non impegna". E camuffa di eleganza la banalità: E ammanta tutto e tutti, anche,i mafiosi che lo preferiscono gessato, di rispettabilità. L'hanno scelto il Consiglio d'Europa, l'Unione Europea, l'Unesco, l'Onu, che di blu ha dipinto anche i caschi dei suoi soldati. E pensare che all'inizio era rivoluzionario, il colore dei francesi repubblicani che si opponeva al bianco dei monarchici e al nero dei clericali. Il più ambiguo è il rosso. Il colore del sangue versato da Cristo, dai martiri, dagli eroi. Ma anche delle puttane. Insomma, il colore dell'amore. Il più subdolo dei sentimenti. L'espressione "a luci rosse" viene dal fatto che una volta, davanti ai postriboli, per segnalarli bisognava appendere una lanterna. Ma dello stesso colore era spesso, fino all'Ottocento, l'abito della sposa. Quando invece i valori borghesi presero il posto di quelli aristocratici, la futura moglie fu costretta a esibire la propria illibatezza, indossando un abito bianco, simbolo di innocenza. Il più alla moda è però il verde, dalla storia avventurosa. Verdi erano i draghi, ma anche i marziani. Complementare al rosso, colore del proibito (semaforo rosso), fu assunto come simbolo del permesso e del permissivismo. L'attuale accostamento alla natura (e alla sua difesa) si deve all'Islam: per gli arabi del deserto ogni luogo verdeggiante era sinonimo di paradiso: E ne hanno fatto la loro bandiera. Noi, col colore dell'erba e delle foglie, abbiamo tinto i cassonetti è le divise dei netturbini. ____________________________________________________ Repubblica 22 giu. ’06 LA FAME ALLUNGA LA VITA, PIÙ DELLO SPORT DIMOSTRATI ANCHE SULL'UOMO I BENEFICI DI UNA DIETA IPOCALORICA PURCHÉ BEN BILANCIATA di Luigi Fontana * Una dieta ipocalorica bilanciata risulta più potente dell'esercizio fisico nel rallentare l'invecchiamento anche nell'uomo. La restrizione calorica (RC), diminuisce l'ormone della tiroide T3, che controlla il metabolismo cellulare e la bilancia energetica dell'organismo. Non solo: la RC diminuisce i livelli di una potente molecola infiammatoria, il TNF. La combinazione di queste due condizioni potrebbe spiegare finalmente perché la RC rallenta i processi d'invecchiamento. Questo emerge dalle ricerche in corso all'Istituto Superiore di Sanità e al Centro di Nutrizione Umana della Washington University School of Medicine (St. Louis, Missouri, USA) ed è appena stato pubblicato sul "Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism". La ricerca ha messo a confronto per 6 anni 28 volontari sani che hanno assunto r8oo calorie quotidiane, 28 con alimentazione occidentale e vita sedentaria e 28 atleti con la stessa massa grassa dei soggetti in RC, pur mangiando 2700 calorie giornaliere. Il T3 era significativamente più bassa solo nei soggetti sottoposti a RC, con gli altri valori ormonali che escludevano una situazione di ipotiroidismo. Gli atleti, invece, avevano T3 e TNF identici a quelli dei sedentari. Identica la massa grassa di atleti e RC nonostante i primi mangiassero il45% in più di calorie. Questo indica che la restrizione calorica produce anche nell'uomo degli effetti metabolici ed ormonali specifici, che sono indipendenti a quantità di massa grassa, e che sono dovuti, invece, al ridotto apporto calorico, e quindi al ridotto flusso d'energia che viene metabolizzato da 'organismo. Come era stato osservato negli animali di laboratorio. L'esercizio fisico prevenendo l'accumulo di grasso addominale previene diabete, malattie cardiovascolari ed alcune forme di cancro che riducono la durata media della vita, ma solo la restrizione calorica sembra esser in grado di rallentare l'invecchiamento primario dei tessuti e degli organi anche nell'uomo. In altre parole, una ridotta massa grassa è un requisito necessario, ma non sufficiente per rallentare l'invecchiamento primario. Lo abbiamo constato anche negli animali da esperimento che la restrizione calorica è in grado di aumentare sia la vita media che la vita massima (anche del 50%), mentre fattività fisica aumenta solo la vita media. Già nel X secolo i medici della Scuola Salernitana predicavano i 3 segreti per una vita sana e lunga: Mens laeta, Reduies, Moderata diaeta, ovverosia «Mente lieta, riposo, dieta moderata». Oggi stiamo capendo i meccanismi e potremo così regolarli e modificarli. * Ist. Sup.di Sanità dip. Alimentac~, Nutrizione e Salute, Roma ____________________________________________________ Libero 18 giu. ’06 BACI APPASSIONATI E DELLE ALLERGIE NON RIMANE TRACCIA TOKYO Un rimedio originale per tenere a bada le allergie: baciare ardimentosamente per un certo spazio di tempo il proprio partner. Parola di esperti giapponesi che hanno condotto un singolare esperimento. Hanno chiuso in una, camera preparata appositamente per la, ricerca - dotata di ogni comfort, musica di sottofondo compresa - 24 giovani affetti da, rinite allergica e altri 24 sofferenti di eczema. Dodici coppie da, una parte, dodici dall'altra. Ai partecipanti al test è stato quindi chiesto di baciarsi per circa mezz'ora. Alla fine dell'esperimento gli studiosi hanno verificato che le IgE, gli anticorpi responsabili delle allergie, erano notevolmente diminuiti. (Attualmente si pensa che le malattie allergiche corrispondano a una, iperattivazione di un circuito immunitario battezzato Th2, e predisposto appunto per la produzione degli anticorpi IgE). Due settimane più tardi le stesse persone sono state invitate a rinchiudersi di nuovo nella stanza adibita ai test. Questa volta però ad esse è stato chiesto non più di baciarsi, ma semplicemente di abbracciarsi. Risultato: il livello degli anticorpi rimaneva pressoché invariato. Conclusioni. Secondo gli esperti i baci, e probabilmente qualunque effusione di natura esplicitamente sessuale, avrebbero il potere di agire sull'ormone cortisolo, l'ormone dello stress, la cui presenza in un organismo è direttamente proporzionale all'intensità delle allergie. Presumibilmente quest'ultimo calerebbe drasticamente e cosi facendo provocherebbe anche un abbassamento complessivo degli anticorpi impazziti. Il mondo moderno è devastato dalle allergie. L'inquinamento e il benessere sono le cause della, loro eccezionale diffusione. Soltanto in Italia si stima che siano almeno 10 milioni gli individui colpiti dalla malattia. Cinque milioni invece coloro che devono fare i conti con l'asma allergica. Lo studio è stato condotto da Hajime Kimata, immunologo giapponese, e pubblicato sulle pagine della rivista lournal of Psychosomatic Research". ____________________________________________________ Libero 24 giu. ’06 ARTRITE REUMATOIDE: SESSO DIFFICILE PER ALMENO UN TERZO DEI MALATI Vita sessuale difficile, spesso impossibile, per almeno un terzo dei malati di artrite reumatoide. Tutta colpa dei forti dolori ma anche della fatica "cronica" con cui si devono fare i conti quando si soffre di questa patologia debilitante. A rivelare questo lato nascosto della malattia è un'indagine presentata al congresso di Reumatologia in corso ad Amsterdam. Anche se il 31% dei pazienti intervistati non ha dichiarato di avere problemi sotto le lenzuola, un numero altrettanto grande di malati si è detto in difficoltà quando deve fare l'amore. «Uno su dieci, all'interno di questo gruppo - ha detto Ylva Helland dell'università di Oslo, che ha guidato l'indagine - si è poi definito non più in grado di avere un rapporto sessuale completo». ____________________________________________________ Libero 20 giu. ’06 PRESENTATA UN LASER FREDDO CHE "POLVERIZZA" I TROMBI Congresso internazionale a Verona VERONA Domani a Verona, nel corso di un congresso internazionale, sarà presentata la prima sperimentazione clinica italiana ed europea per il laser "freddo", una tecnologia capace, "polverizzando" i trombi, di curare occlusioni dei vasi sanguigni, aneurismi cerebrali e la cancrena del piede che insorge a causa del diabete. La sperimentazione di questo laser, l'unico del genere approvato dalla Food and Drug Administration, «avverrà in 18 diversi Centri- spiega Carlo Adami, direttore di chirurgia endovascolare all'Università di Verona - Ci sono già risultati eccitanti che provengono da Centri di Washington e Lipsia», secondo cui utilizzare questo laser per trattare la cancrena del "piede diabetico" evita nei 90-93% dei casi di amputare l'arto, a sei mesi dall'intervento. ____________________________________________________ Libero 22 giu. ’06 VACCINO CONTRO IL CANCRO ALLA CERVICE Efficace con 3 iniezioni in sei mesi Migliaia di donne muoiono ogni anno per colpa del cancro alla cervice. Dall'8 giugno negli Usa è in commercio un vaccino e tra qualche tempo si potrà osservare una riduzione drastica dei decessi. Per avere i migliori risultati è necessario che genitori, dottori, ginecologi, docenti e pedagoghi si impegnino tutti nella campagna d'informazione nei confronti delle giovani preadolescenti. Per essere efficace il vaccino Gardasil deve essere inoculato a intervalli regolari per 3 volte. L'azione del Gardasil consiste nel combattere alcuni dei ceppi del papilloma virus che si trasmette per via sessuale ed è responsabile della maggior parte dei casi di cancro alla cervice. Un ostacolo è rappresentato dal prezzo: 300 e più dollari per le 3 iniezioni che devono essere fatte nell'arco di 6 mesi. ____________________________________________________ Libero 22 giu. ’06 BASTA UNA COMPRESSA AL MESE PER COMBATTERE L'OSTEOPOROSI Osteoporosi, da oggi basta una compressa al mese per non pensarci più. Una buona notizia per 4 milioni di italiane in menopausa che, entrate nel tunnel dell'osteoporosi, ogni giorno rischiano una frattura. E una cura comoda: bastano 12 compresse l'anno di BONVIVA (il nome commerciale della pillola, che si trova in far macia); sicura nel senso di ben tollerabile ed efficace perché riduce in maniera significativa, del 62%, il rischio di nuove fratture vertebrali. L'armuncio è stato dato a Roma alla presenza di Silvano Adami dell'Università di Verona e consulente dell'ONIS. _________________________________________________________ La Stampa 21 giu. ’06 IL GRASSO NEL CERVELLO FA DIMAGRIRE RICERCA ITALIANA: SI APRONO POSSIBILITÀ ANCHE PER LA CURA DEL DIABETE IL «grasso» nel cervello aiuta a dimagrire: il team di Luciano Rossetti dell’Albert Einstein College of Medicine, a New York, ha scoperto che l’abbondanza di molecole di grasso (gli acidi grassi) in una regione dell'ipotalamo sopprime l'esigenza di mangiare e che, viceversa, la scarsità di queste molecole porta a una iperfagia e all’aumento di peso. La scoperta, in un articolo su «Nature Neuroscience», suggerisce nuovi approcci terapeutici contro l'obesità e - si spera - anche contro il diabete e molte patologie derivanti dal sovrappeso. Punto di partenza è la porzione mediobasale dell'ipotalamo, il nucleo arcuato: questo è un rilevatore dello stato nutrizionale del corpo, poiché riceve una serie di segnali dall'organismo tramite ormoni importanti come l'insulina (che regola la glicemia) e la leptina, che, prodotta dalle cellule adipose, è considerata una molecola «spezza-fame». Ma il nucleo arcuato possiede anche un altro meccanismo di regolazione dell'appetito, basato sulla quantità di acidi grassi contenuti al suo interno: questi sono i mattoncini che costituiscono molti dei grassi prodotti nel corpo o presenti nei cibi. La biosintesi degli acidi grassi si basa sul malonil-Coenzima A (malonil-CoA), un composto intermedio la cui produzione, invece, è ostacolata dall'enzima decarbossilasi MCD. In molti tessuti la quantità cellulare di malonil-CoA funziona come sensore per la disponibilità di sostanze nutritive e un ruolo analogo era stato ipotizzato anche per l'ipotalamo. Non a caso l'aumento del contenuto ipotalamico di malonil-CoA è indotto dall'alimentazione e, invece, soppresso quando si è a digiuno. Partendo da queste premesse il team di Rossetti, endocrinologo napoletano che si trova negli Usa dall’84, ha creato una «navetta» (un virus vettore) in grado di traghettare il gene dell'enzima MCD nel nucleo arcuato di alcuni topolini sani. Questo vettore virale mantiene alta la quantità di enzima MCD per 12-18 mesi nell’ipotalamo degli animali e di conseguenza riduce il livello di malonil-CoA. Accade così che gli animali - ha spiegato Rossetti - cominciano a mangiare di più, diventando obesi in poco tempo e si mantengono tali per quattro mesi, nonostante segnali ormonali come insulina e leptina cerchino di indurre l’organismo a mangiare meno. In pratica, grazie alla degradazione di malonil-CoA il cervello crede che l'organismo sia in uno stato di denutrizione e aumenta l'appetito e la produzione di zuccheri nel fegato. «Viceversa - ha sottolineato Rossetti - abbiamo dimostrato che l'aumento degli acidi grassi nel nucleo arcuato sopprime l'appetito». Paola Mariano _________________________________________________________ La Stampa 21 giu. ’06 GLI SCIENZIATI STUDIANO I BIMBI CHE RICORDANO LE LORO VITE PRECEDENTI IL DIRETTORE DELLA CLINICA DI PSICHIATRIA INFANTILE ALLA VIRGINIA UNIVERSITY «MOLTISSIMI I CASI ACCERTATI. UN FENOMENO PRESENTE SOLO TRA I 2 E I 6 ANNI» SE avete un figlio che improvvisamente inizia a parlare della sua vita precedente, la persona da cui portarlo è Jim Tucker, direttore della clinica psichiatrica infantile all'Università della Virginia nonché autore del libro «Life Before Life: A Scientific Investigation of Children's Memories of Previous Lifes», ovvero il risultato di anni di ricerche condotte sui bambini che affermano di ricordare vite vissute nel recente passato. Come nasce il libro «Vita prima della vita»? «Dai casi che sono stati studiati negli ultimi 45 anni di ricerche, qui all'Università della Virginia, e che riguardano bambini che ricordano dettagli precisi di vite precedenti, vissute nel passato, prima di nascere». Chi sono questi bambini? «Provengono da ogni angolo del Pianeta e da ogni tipo di famiglie. Da quando abbiamo inaugurato il nostro sito Internet abbiamo trovato 100 nuove famiglie solo negli Stati Uniti. Il dottor Ian Stevenson, che inizò questa ricerca, ha già pubblicato un libro sui casi europei ed ora io ho fatto lo stesso su quelli americani». Stevenson ha studiato anche dei casi italiani? «Nel suo libro si parla di Luigi Gioberti, nato a Venezia nel 1958: all'età di tre anni iniziò a dire di sognare di essere un aviatore ed a 11 anni diceva di essere un pilota britannico di nome John Graham, abbattuto su Montecassino dall'artiglieria tedesca. Ma le ricerche fatte a Londra non hanno fino ad ora confermato l'esistenza di un pilota con quel nome». Come svolgete la ricerca: siete stati voi a trovare le famiglie o sono state loro a farsi avanti? «L'uno e l'altro». Che cosa intende dire quando afferma che questi bambini «ricordano una vita precedente»? «E' una situazione nella quale un bambino, spontaneamente e in genere attorno all'età di 2-3 anni, inizia a parlare di che cosa rammenta della famiglia precedente, come il luogo dove ha vissuto, i nomi di conoscenti e le circostanze della morte». Come fate a sapere che un bambino di 2 o 3 anni sta dicendo la verità? «Verifichiamo. In molti casi i ricercatori sono andati di persona nei posti indicati dai bambini ad incontrare le persone di cui avevano parlato, riscontrando che avevano detto la verità». I bambini sono consapevoli di parlare di vite precedenti o siete voi ad affermarlo? «I bambini non usano l'espressione “vita precedente”, ma parlano con chiarezza di ciò che gli è avvenuto in passato». Può fare l'esempio di un caso dove avete verificato che la memoria corrispondeva ad eventi realmente avvenuti? «Certo. Un bambino turco diede molti dettagli alla sua famiglia sulla città di Istanbul, che si trovava molto lontano da dove abitava, aggiungendo i particolari di parenti avuti in passato con nomi armeni assieme ai relativi indirizzi di casa. Ricordava anche i nomi della moglie e dei figli. In un'altra occasione una bambina indiana ha iniziato a parlare del suo passato, quando aveva 3 anni, descrivendo la vita passata in una città di 200 mila persone e lontana 40 chilometri da dove è nata. Uno dei suoi zii prese nota delle affermazioni della bambina e volle accertarsi se erano vere prima ancora di contattarci. Ebbene, appurò che la bambina aveva detto con precisione i nomi del figlio e del nipote, il fatto che lavorava con il martello, che vicino alla casa c'era uno stagno». Perchè alcuni bambini ricordano le vite passate ed altri non lo fanno? «E' una buona domanda. Si può rispondere però tenendo presente che nel 70% dei casi i bambini ricordano morti avvenute in circostanze non naturali, incidenti o episodi traumatici, improvvisi». Che spiegazione dà a questo tipo di fenomeno? «Ci sono occasioni in cui memoria ed emozioni sopravvivono e ciò porta a dire che la coscienza non è un prodotto del cervello, ma piuttosto un'entità distinta, capace di sopravvivere anche dopo la morte del corpo». Ciò significa spingersi fino a giustificare la teoria della reincarnazione delle anime? «Preferisco non usare il termine “reincarnazione” per la connotazione che ha assunto nel corso del tempo. Meglio è affermare che esistono prove concrete sulla sopravvivenza delle emozioni umane in presenza di alcune circostanze specifiche». Ma lei personalmente crede nella reincarnazione? «Non sono un buddhista nè un induista e non seguo altri credi simili. Passo il mio tempo a fare ricerca e verificare l'esistenza di prove scientifiche, concrete. Sulla base di quanto finora abbiamo trovato la reincarnazione non può essere esclusa del tutto». Vi siete mai imbattuti in adulti che ricordano vite precedenti? «Può avvenire di trovare casi di adulti che ricordano di aver parlato di vite precedenti quando erano bambini, ma in genere questo tipo di memorie svaniscono passata l'età di 6 o 7 anni». Come reagiscono le persone che vengono a contatto con i vostri studi? «In modo differente. Nel mondo della scienza, della medicina, prevale ancora lo scetticismo, ma con il passare degli anni sta aumentando il numero di chi considera le nostre ricerche con maggiore interesse, anche all'interno nelle principali associazioni mediche degli Usa». {Testo} Jim B. Tucker, psichiatra, è autore di «Life Before Life: A Scientific Investigation of Children's Memories of Previous Lives»: il saggio è una sintesi di oltre 40 anni di ricerche sui bambini e i loro ricordi di vite precedenti condotti all’università della Virginia, presso il dipartimento dei «Personality Studies». IL SITO INTERNET http://www.wie.org/bios/jim-tucker.asp LA TEORIA ESTREMA Se Tucker è lo scienziato, Ervin Laszlo è il filosofo: ha elaborato una nuova teoria sulla reincarnazione nel saggio «Science and the Akashic Field: An Integral Theory of Everything» (Inner Traditions, 2004). Sostiene l’esistenza di un «campo di informazioni» (chiamato Akashic field o Quantum field o, ancora, Zero-Point Field), nel quale si raccolgono le esperienze degli esseri viventi: uomini e anche animali sarebbero in grado di «consultare» le informazioni in questa sorta di banca dati universale e, in particolare, i bambini prodigio avrebbero la capacità di leggere ricordi remoti. Maurizio Molinari _________________________________________________________ La Repubblica 24 giu. ’06 SBIANCANTI: NON LASCIATEVI "ABBAGLIARE" Una direttiva Ue fissa il contenuto di perossido allo 0,1%. Ma in Italia le cose vanno diversamente di Johann Rossi Mason A chi non piacerebbe avere un sorriso smagliante, luminoso? Un sogno possibile per molti, grazie alle moderne tecniche di sbiancamento professionale effettuate in uno studio dentistico. Per gli altri è corsa ai metodi fai-da-te, dai dentifrici alle paste da applicare sino alle strisce. Prodotti a base di perossido che si possono acquistare in farmacia o nei supermercati. Secondo la direttiva Europea per prodotti cosmetici (76/768/EEC), la concentrazione di perossido di idrogeno nei prodotti per la cura orale non può superare lo 0,1%, quelli che possiedono una concentrazione maggiore non possono essere, quindi, venduti liberamente al pubblico. In Italia, però, per mancato recepimento di questa direttiva, i prodotti sono in vendita liberamente. Il comitato scientifico per i prodotti cosmetici (Sccp) della Commissione, un organo indipendente con funzione consultiva, ha più volte espresso parere negativo al riguardo richiedendo supervisione autorizzazione (ricetta medica) del dentista e la Commissione ha emesso una direttiva che vincola la loro vendita. "Oggi la normativa europea", spiega Carlo Zappalà, consulente scientifico del Dipartimento di Odontoiatria dell'Ospedale San Raffaele di Milano, "indica che i prodotti sbiancanti con concentrazioni di perossido superiori allo 0,1% sono da utilizzare sotto la supervisione di uno specialista. In Italia invece è ormai accettato un loro utilizzo senza limitazioni o quasi. E in pochi conoscono le concentrazioni di perossido contenuto nei prodotti in commercio e le possibili conseguenze". Roberto Callioni, presidente Andi (Associazione Nazionale Medici Dentisti Italiani) aggiunge: "Avere denti bianchissimi è diventato un fenomeno di costume, ma non è la stessa cosa che avere denti sani, che invece è un diritto. Io sono favorevole alla vendita di questi prodotti dietro prescrizione. L'uso indiscriminato di sostanze sbiancanti, che si somma all'utilizzo di dentifrici dall'effetto abrasivo "meccanico", di gomme da masticare, eccetera, mette a rischio lo smalto, lo consuma irreparabilmente". L'eccesso o l'uso cronico di sbiancanti ad alte dosi di perossido può provocare ipersensibilità, danneggiare lo smalto, indurre carie, gengiviti e, nei soggetti predisposti sviluppare fenomeni di sensibilizzazione. Ma come ci si può accorgere di aver esagerato? "Un consiglio è quello di andare dal dentista al primo accenno di sensibilità, uno dei primi effetti negativi che si riscontrano", spiega Callioni, "e diffidare dalle eccessive promesse, anche con i trattamenti professionali si può arrivare sino ad un certo limite". Una proposta è stata quella di subordinare l'uso di questi prodotti ad una prescrizione medica, in modo da evitarne l'uso indiscriminato. Ma la CE ha preferito una strada diversa, sia pure andando contro il parere del Comitato Scientifico: andare avanti per un periodo di "prova" di cinque anni per ottenere i dati di studio a lungo termine. "In questo modo si usano i cittadini come cavie, bisognerebbe invece aspettare di mettere in commercio i prodotti solo dopo che abbiano dimostrato la loro innocuità anche a lungo termine", conclude Zappalà. Nel dubbio, meglio affidarsi allo specialista. I limiti L'uso continuato di prodotti con alta percentuale di perossido di idrogeno (limite europeo), salvo stretto controllo medico, può provocare ipersensibilità, danneggiare lo smalto , indurre carie e gengiviti _________________________________________________________ Le Scienze 24 giu. ’06 UN PO' DI SOLLIEVO PER I CELIACI Una forma dell’enzima EP-B2 si attiva solo in ambiente gaastrico permettendo di scindere il glutine Tra non molto potrebbe essere disponibile una terapia enzimatica orale in grado di prevenire molti dei sintomi e delle complicanze della celiachia. È quanto afferma un gruppo di ricercatori in due articoli pubblicati sull’ultimo numero della rivista “Chemistry and Biology”. Com’è noto la celiachia è una patologia infiammatoria dell’intestino tenue, che nel mondo occidentale colpisce circa una persona su 200, dovuta all’intolleranza verso il glutine, una proteina presente in molti cereali. Coloro che ne sono affetti sono costretti a seguire una dieta molto stretta e difficoltosa, dal momento che il glutine viene utilizzato come addensante in numerose preparazioni alimentari, e spesso in modo non dichiarato. Il gruppo guidato da Chaitan Khosla, della Stanford University ha focalizzato la sua attenzione sull’enzima EP-B2 che riveste un ruolo fondamentale nella scomposizione del glutine nell’organismo. Nella sperimentazione sono stati utilizzati batteri ricombinanti per produrre una forma dell’enzima che si attiva solo in ambiente acido, una condizione presente nello stomaco. Si è potuto così dimostrare che la EP-B2 è in grado di digerire il glutine in modo efficiente in ambiente gastrico, poiché scinde in modo specifico quelle parti del glutine ritenute responsabili dell’insorgenza della risposta infiammatoria della celiachia. Il risultato apre la strada a futuri test clinici per valutare l’efficacia di una terapia orale a base di una supplementazione di questa forma dell’enzima, che permetterebbe – secondo le speranza dei ricercatori – una modesta assunzione di alimenti contenenti glutine. _________________________________________________________ Le Scienze 20 giu. ’06 CHIAVI PER COMBATTERE L'HIV Si spera di trarre utili indicazioni per lo sviluppo di un vaccino efficace Identificare le differenze genetiche che presiedono alle differenti risposte individuali all’aggressione dell’HIV: è questo l’intento di una cooperazione internazionale tra centri di ricerca europei, australiani e statunitensi di cui è stato dato annuncio oggi. A questo consorzio di ricerca; che prende il nome di CHIAVI (Center for HIV/AIDS Vaccine Immunology). La parte europea (EuroCHIAVI) arruolerà 600 pazienti, suddivisi in nove coorti. “Si tratta – ha detto Amalio Telenti, direttore dell'Istituto di virologia dell’Università di Losanna e uno dei coordinatori per il Vecchio Continente – della più grande coorte mai utilizzata per un’analisi su vasta scala delle differenze genetiche fra persone infettate da HIV”. Il polo di riferimento per l’Italia sarà l'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano, mentre per gli Stati Uniti sarà la Duke University. Fra i pazienti presi in esame, vi saranno anche alcuni, rarissimi casi di persone il cui sistema immunitario riesce a tenere sotto controllo l’infezione: dal confronto con gli altri pazienti i ricercatori sperano di trarre utili indicazioni per lo sviluppo di un vaccino efficace _________________________________________________________ Il Corriere della Sera 18 giu. ’06 L' OCCHIO DEL MEDICO È ANCORA INSOSTITUIBILE I LIMITI Qual è il metodo più corretto per impostare una diagnosi? «È molto difficile stabilire quale sia la "normalità" per ogni singolo soggetto, perciò per fare una diagnosi non possono bastare un numero o una radiografia presi fuori dal contesto», sottolinea Ovidio Brignoli, segretario della Società Italiana di Medicina Generale. «Sottoporsi a esami su esami, poi, può essere fuorviante: per ogni test diagnostico in più, cresce del 10 per cento la possibilità di errori, legati all' esecuzione o all' interpretazione dei risultati». A essere inutili, quindi, sono i check-up che vengono svolti senza un preciso obiettivo. Ma anche quando un test è fatto a ragion veduta, gli esiti devono essere giudicati con le dovute cautele. «I medici devono essere consapevoli dei limiti degli esami impiegati e non devono affidarsi ciecamente ai risultati. Qualunque test è solo uno dei tanti passi che portano alla diagnosi corretta», chiosa Gordon Guyatt, del Dipartimento di Medicina Interna dell' università di Hamilton, in Canada, in un editoriale che accompagna la ricerca olandese. Un' affermazione su cui tutti concordano. «Il bravo medico è colui che mette insieme tutti i tasselli a sua disposizione, li interpreta e formula una diagnosi consapevole dei limiti dei propri mezzi», considera il professor Cappelletti. «In medicina non basta applicare in modo banale poche regole, perché ciò che conta di più è quello che chiamiamo "occhio clinico": qualcosa che sfugge a ogni definizione, ma vale spesso più di mille test diagnostici». _________________________________________________________ Il Corriere della Sera 20 giu. ’06 IL BOTULINO ANTI-RUGHE? DAL MEDICO DI FAMIGLIA Il Tar: innocuo, non deve essere monopolio degli specialisti Gli esperti: i rischi ci sono ancora. Il ricorso del ministero ROMA - Eliminare le rughe dal dentista o dal radiologo? Sembra assurdo ma è così. Una sentenza del Tar del Lazio ha infatti allargato l' uso del botulino a tutti i medici sottraendone il «monopolio» a chirurghi plastici, dermatologi e oftalmologi. Il tribunale ha accettato il ricorso presentato dalla Sime, la società italiana di medicina estetica che aveva richiesto l' annullamento del decreto con cui il ministero della Salute ha autorizzato il 31 marzo del 2004 l' impiego del farmaco anche per cure di bellezza. Tra le motivazioni, il fatto che non sono stati riportati «effetti collaterali negativi gravissimi, ma solo eventi di gravità minima o moderata come bruciore, dolore, pruriti, edema e quindi non si capisce in base a quali elementi siano stati individuati i presupposti di diritto per poter legittimamente restringere la prescrivibilità ai soli specialisti». La sentenza aggiunge che il botulino, anche all' estero, è risultato «generalmente innocuo». Novità che potrebbe decuplicarne il successo, già incontrastato. Secondo l' azienda che lo commercializza in Italia, la Allergan, dal 2004 ad oggi i trattamenti sono stati circa 35 mila, trend di crescita previsto, 75%. Il 70-90% delle donne che se lo fanno applicare su fronte e altre parti del viso ne restano soddisfatte e tornano a sottoporsi alle piccole iniezioni dopo sei mesi (il tempo necessario per il riassorbimento). Sul foglietto illustrativo l' uso del farmaco viene ristretto a chirurghi plastici e maxillo facciali, dermatologi e oftalmologi. Indicazioni: «Temporaneo miglioramento delle rughe verticali di grado da grave a moderato, tra le sopracciglia, negli adulti di età inferiore a 65 anni quando la gravità di tali rughe ha un importante impatto psicologico sul paziente». Insomma, un invito a non considerare le piccole fialette alla stessa stregua di una qualsiasi crema idratante e ad inocularle con prudenza. Ora però il Tar smantella questa sorta di muro protettivo eretto attorno al celebre farmaco capace di far sparire temporaneamente i segni dell' età e dell' espressione. Il ministero della Salute potrebbe decidere di ricorrere al Consiglio di Stato. L' iniziativa del tribunale è stata vista come un' intrusione. È pienamente soddisfatto Carlo Alberto Bartoletti, presidente della Sime: «Dopo due anni una vittoria per tutti i medici della società che si è battuta per questa causa. In due anni il botulino non ha fatto registrare effetti collaterali importanti o permanenti». Quindi secondo Bartoletti non si giustificava la limitazione a pochi professionisti. Meno convinto Maurizio Valeriani, primario di chirurgia plastica all' ospedale San Filippo Neri: «C' è il rischio di aumentare la percentuale di soluzioni poco felici dal punto di vista estetico. È vero, se il medico è responsabile, la specialità non conta ma trovo sia una garanzia per il paziente. Il botulino è innocuo, ma va applicato da persone preparate, che hanno credenziali. Se dovete operarvi al cervello andate dal neurochirurgo o dal cardiochirurgo?». Il farmaco oggi può essere acquistato solo da cliniche e ospedali, non dai singoli cittadini. Se male utilizzato provoca l' abbassamento delle palpebre e asimmetria del movimento facciale, problemi che comunque sono reversibili. Posizione intermedia quella di Nicolò Scuderi, ordinario di chirurgia plastica all' università La Sapienza: «Credo che l' importante per far buon uso del botulino non sia la specialità ma la formazione. Per non commettere errori è bene fare addestramento. La restrizione del ministero era forse esagerata». De Bac Margherita