CNVSU: IL GRADIMENTO SUGLI ATENEI: CAGLIARI E SASSARI TRA LE ULTIME - UNIVERSITÀ CLASSIFICA CENSIS: CRESCE MEDICINA BENE FARMACIA - POLITECNICO: CON SETTE SEDI PIÙ VICINI ALLE AZIENDE - PRESTITI D'ONORE AGLI UNIVERSITARI I GIOVANI SI PAGHERANNO GLI STUDI - PRESTITI D’ONORE AGLI STUDENTI «OCCHIO, UNA PRESA IN GIRO» - E-LEARNING ITALIA A DUE VELOCITÀ - UNA GOVERNANCE PER LA DIDATTICA - MOLTI DUBBI PER GLI ATENEI ONLINE - UNIVERSITÀ, GIÀ BLOCCATO PERCORSO A «Y» - VIALE. «UN'EUROPA SCACCIA-CERVELLI» - QUEI TROPPI DIFENSORI PER GLI ATENEI DEI FIGLI DI PAPÀ - CORSI DI LAUREA A PIACERE, ANCHE PER UN SOLO STUDENTE - CINQUEMILA STRADE PER LA LAUREA - UNIVERSITA’: LA RIVINCITA DEI NUMERI - VERONESI: TRE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE PER LA RICERCA - CORPORAZIONI. II GOVERNO INTERVENGA SU SCUOLA E UNIVERSITÀ - SU ATENEI E CONVENZIONI IL MINISTERO È DISARMATO - UNIVERSITÀ, CAMBIERANNO I CONCORSI NESSUN TAGLIO ALLE NON STATALI - MATRICOLE, «CORSI BREVI» PRIMA DELL' UNIVERSITÀ - TELEGRAPH: "INGLESI, NON È ORA DI VIVERE COME GLI ITALIANI?" - OMAGGIO DELL'ATENEO A DUILIO CASULA - ======================================================= I SINDACI PROMUOVONO IL PIANO DELL’ASL 8 - PER LA ASL N.1 CI VUOLE UN MANAGER SARDO - MA LA SANITÀ SARDA RESTA IN LISTA D'ATTESA - OSTETRICIA, LA LAUREA BREVE HA 10 ANNI - CAPACITÀ INFORMATICHE: LE DONNE SI SOTTOVALUTANO - LIVIA TURCO, BUONE IDEE MA TROPPA PRUDENZA - MORTI EVITABILI: MAGLIA NERA A NUORO - I LICENZIATI RISCHIANO ICTUS E INFARTO - COLESTEROLO? TRIGLICERIDI? MEGLIO LA LIPIDOMICA - CON GLI ULTRASUONI I DENTI SPEZZATI RICRESCONO IN DODICI SETTIMANE - COS 'É IL NOCEBO: SFIDUCIA NEI FARMACI - CUORE, RIVOLUZIONE NELLA DIAGNOSI - OGNI ANNO 20 MILIONI DI ECOGRAFIE - UN CAVALLO DI TROIA CONTRO L'EMOFILIA - IL RICCIO DI MARE SVELA I SEGRETI DELL’ALZHEIMER - L' ARIA CONDIZIONATA FA INGRASSARE - MAL DI SCHIENA SU DUE RUOTE - MALATTIE E CURE AL MASCHILE, NASCE LA «CLINICA DELL' UOMO» - PERCHÉ LE CELLULE TUMORALI NON MUOIONO MAI - NELLA TERAPIA DEL DOLORE NON SIAMO ULTIMI - SESSO SICURO, A LEZIONE DAI SARDI - DIAGNOSI DELLA SCLEROSI MULTIPLA CON LA RISONANZA MAGNETICA - ======================================================= ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Giu. ’06 CNVSU: IL GRADIMENTO METTE IN FILA GLI ATENEI: CAGLIARI E SASSARI TRA LE ULTIME Primi in classifica Politecnico di Milano e Campus Biomedico di Roma Tra gli indicatori, i laureati in corso i voti alti e la capacità di attirare studenti L’ innovazione e la tradizione plurisecolare. Negli ultimi anni la geografia accademica del nostro Paese è stata rivoluzionata, ma i nuclei dell'eccellenza rimangono fedeli a questi due poli: da un lato i Politecnici, a partire da quello di Milano, dall'altro le sedi che affondano le loro radici nella ricca storia universitaria del CentroNord: Modena-Reggio Emilia, che vide le sue prime lezioni universitarie dal 1175, Padova, dove l’ Università Iuristarum è attiva dal 1222, e Parma, il cui Studium annovera fra i propri allievi anche il figlio di Francesco Petrarca. La tendenza emerge chiara dalle classifiche elaborate in queste pagine e riassunte nelle due graduatorie generali (una per gli atenei pubblici e una per i privati) riportate qui a fianco. Le classifiche sono elaborate su dati inediti del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario (Cnvsu) relativi a bilanci e laureati del 2004 e agli iscritti nel 2004/O5: non pretendono di essere esaustive ma tramite sei indicatori gettano luce su tre temi chiave della, qualità: la regolarità negli studi, indicata dal livello di studenti che abbandonano o che rimangono "parcheggiati" in ateneo senza approdare nemmeno a un esame nel corso dell'anno e di quanti, al contrario, arrivano alla laurea senza entrare nella grande famiglia dei fuoricorso; la forza di attrarre i talenti migliori, anche superando quei confini regionali che il proliferare delle sedi rischia di rendere sempre più alti; la capacità, infine, di far crescere le forme di finanziamento autonome (non solo i contributi studenteschi, ma anche i proventi della partecipazione a concorsi di ricerca nazionali o europei). Sul podio. Questi tre fattori danno una marcia in più ai Politecnici,, che sfruttano i vantaggi della specializzazione e dell'aria di maggiore disciplina che si respira a ingegneria e dintorni. A spingere sul podio il Politecnico di Milano e le Università di Modena e Padova non sono expolit particolari in una delle classifiche "di tappa" che conducono alla graduatoria finale, ma la continuità con cui riescono a ottenere posizioni di testa in tutti gli indicatori. Il Politecnico si distingue soprattutto per la determinazione dei propri studenti, che nonostante i curricula impegnativi difficilmente gettano la spugna (le mancate iscrizioni . al secondo anno riguardano meno di due studenti su 100, mentre la media nazionale è al doppio), raramente escono dal "flusso produttivo" dei corsi (l'anno scorso l’86,6% di loro ha dato almeno un esame) e vedono premiati i bloro sforzi con una laurea durante il corso legale (risultato raggiunta nel 26,8% dei casi). La regolarità negli studi é la carta vincente anche per l'Università di Modena, dove la quota di studenti inattivi scende all' 11 % e quella dei laureati in corso sale al 33. All'altro capo della classifica si addensano invece gli atenei del Mezzogiorno, condannati soprattutto da due fattori: la scarsa attrattività, anche perché le opportunità occupazionali indirizzano verso Nord la migrazione accademica, e la bassa capacità di autofinanziamento (si veda anche la pagina a fianco). Più differenziata la situazione negli altri indicatori> anche se le università del Sud mostrano performance mediamente più deludenti anche in termini di regolarità degli studi. I privati. Un discorso a parte meritano le, università private, che quest'anno sono state separate nella valutazione perché le loro particolarità (dall'offerta didattica solitamente più concentrata alla diversa struttura finanziaria) mal si presta a un confronto generale. Anche i punteggi ottenuti dagli atenei privati non sono confrontabili con quelli dei loro concorrenti pubblici, perché si basano su proporzioni diverse Le dimensioni più contenute e la specializzazione nei corsi di area medica, che non conoscono il fenomeno massiccio di abbandoni e fuoricorso e moltiplicano l'incidenza dei laureati nella durata legale, garantisce i primi posti al Campus Biomedico di Roma e all'Università San Raffaele di Milano, ma anche i due poli di eccellenza degli studi economici, Luiss e Bocconi, mostrano indici di tutto rispetto. In entrambi gli atenei la dispersione al secondo anno è un fenomeno praticamente sconosciuto, una quota importante di studenti (il 38,5% alla Luiss, il 46,5% alla Bocconi) si laurea nei tempi previsti e l’attrattività da fuori Regione supera abbondantemente il50%. GIANNI TROVATI La graduatoria Generale: Le pubbliche 1 Milano Politecn 394,0 2 Modena 393,6 3 Padova 378,7 4 Ancona 369,4 5 Parma 363,4 6 Torino politec 354,5 7 Pavia 341,8 8 Trento 333,6 9 Bologna 333,0 10 Firenze 331,9 11 Ferrara 331,7 12 Perugia 330,1 13 luav Venezia 329,9 14 Udine 325,8 15 Torino 325,1 16 Siena 319,4 17 Messina 313,4 18 Piemonte Orient 312,8 19 Chieti 311,2 20 Venezia 304,9 21 Pisa 304,3 22 Arcavacata di R 303,5 23 L'Aquila 301,8 24 Urbino . 301,2 25 Bari Politecnic 298,6 26 Bergamo 290,7 27 Bari 288,0 28 Verona 275,9 29 Genova 285,0 30 RomaTor Vergata 279,4 31 Napoli II Univ. 277,9 32 Milano 275,9 33 Trieste 275,2 34 Catanzaro 274,8 35 Roma Tre 271,8 36 ViterboTuscia 268,4 37 Valle d'Aosta 266,7 38 Brescia 265,1 39 Napoli Oriental 264,5 40 Campobasso 256,3 41 Milano Bicocca 256,0 42 Macerata 253,7 43 Catania 247,2 44 Benevento Sanni 241,5 45 Potenza 238,2 46 Cassino 235,6 47 Varese Insubria 234,2 48 Napoli Federico 234,1 49 Salerno 226,1 50 La Sapienza 224,1 51 Sassari 223,7 52 Camerino 220,5 53 Teramo 217,1 54 Foggia 216,4 55 Calabria 201,7 56 Cagliari 197,3 57 Napoli Partenop 193,0 58 Palermo 189,8 59 Roma Iusm 183,4 60 Lecce 138,1 ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Giu. ’06 LA METODOLOGICA Le classifiche sono basate sugli ultimi dati forniti dal Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario. I dati si riferiscono ai laureati nel corso del 2004 c ,agli studenti iscritti nell'anno accademico 2004/2005. Gli indicatori finanziari si riferiscono ai bilanci 2004 (riscossioni) I punteggi sono calcolati attribuendo 100 punti al primo classificato di ogni indicatore e 0 all'ultimo. Alle università che si sono classificate nelle altre posizioni è stato attribuito un punteggio proporzionale a quello riconosciuto al primo classificato. Lo stesso procedimento è stato ripetuto per le, università privato. La classifica generale è costituita dalla somma dei punteggi ottenuti da ogni università nelle singole classifiche parziali. Sono stati esclusi dal calcolo i due piccoli atenei per stranieri di Perugia e Siena; che per la specializzazione dell'offerta formativa e della platea di riferimento non sono confrontabili con le altre università. ____________________________________________________________ L’Unione Sarda 5 lug. ’06 UNIVERSITÀ CLASSIFICA CENSIS: CRESCE MEDICINA BENE FARMACIA Un balzo in avanti di dieci posizioni, e la facoltà di Medicina raggiunge il ventiduesimo posto a livello nazionale, nella classifica stilata dal quotidiano Repubblica in collaborazione con il Censis. Ottimo il risultato di Farmacia, che cresce rispetto all'anno precedente, conquistando il quinto posto assoluto a livello nazionale. «Stiamo raccogliendo i frutti del lavoro di questi ultimi anni - commenta il preside Gavino Faa, - fatto di innovazione, ricerca e nuova didattica». Medicina è ancora indietro per quanto riguarda il profilo dei docenti: «Si prende in considerazione anche il rapporto tra professori e studenti. Da noi, in proporzione, ci sono troppi docenti. Abbiamo però attivato tre nuovi corsi, e questo permetterà di far iscrivere più studenti e migliorare ancora il nostro piazzamento in classifica». Tra le altre facoltà dell'Università di Cagliari, con Medicina e Farmacia, crescono anche Economia (30° posto), Scienze Politiche (12°), Scienze della Formazione (12°), Giurisprudenza (30°), Lingue (10°). Stabili Ingegneria (24°) e Scienze (21°). In leggero calo Lettere (33°). (m. v.) ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 26 Giu. ’06 POLITECNICO: CON SETTE SEDI PIÙ VICINI ALLE AZIENDE Quando è stato fondato, nel' 1863, si chiamava Istituto tecnico superiore di Milano, aveva sede nell'ex Collegio Elvetico di via Senato ed era il primo istituto di formazione superiore del capoluogo lombardo. Oggi il Politecnico di Milano è una "università-rete" attiva in sette sedi, che conta circa 39mila studenti e ogni 'anno laurea in media duemila architetti e tremila ingegneri. «I nostri punti di forza sono la regionalizzazione, l'internazionalizzazione, la ricerca di laboratorio, i rapporti con le aziende e la cura con cui aiutiamo i laureati a trovare un lavoro idoneo alla loro preparazione», spiega il rettore Giulio Ballio. AL Politecnico di Milano operano 1.200 tra docenti e ricercatori, 440 assegnisti di ricerca e 850 dottorandi. L'offerta didattica prevede 32 corsi di laurea, 35 corsi di laurea magistrale - di cui 11 tenuti interamente in lingua inglese - e 30 corsi di dottorato di ricerca. Dalla fine degli anni '80 è iniziato un percorso di decentramento che ha portato all'apertura delle sedi di Como, Lecco, Cremona, Mantova e Piacenza, oltre che del campus milanese della Bovisa, che ospita la facoltà di design. «Il valore della regionalizzazione è aver stabilito un punto di contatto diretto con il sistema economico locale - spiega Ballio - che ci permette di sviluppare le istanze di ricerca che arrivano dal territorio». Nel corso degli anni, il Politecnico di Milano ha potenziato le interazioni tra mondo accademico e tessuto produttivo: ~ Finora dall'attività dei suoi laboratori sono sorte 92 invenzioni coperte da 150 brevetti di cui il.60% applicate industrialmente. Ma il dato più rilevante sono i 45 milioni di euro di autofinanziamento che l'università ha generato l'anno scorso. «La metà deriva da finanziamenti per la ricerca della Ue e da progetti ministeriali italiani - osserva il rettore -. Mentre il resto viene ricavato dalla vendita delle applicazioni della ricerca e da quanto le aziende ci pagano per utilizzare i nostri laboratori. Per la maggior parte, l'autofinanziamento serve a retribuire giovani assegnisti e dottorandi, che fanno ricerca per due o;tre anni in università e spesso finiscono nelle stesse aziende che avevano finanziato i progetti». L'obiettivo è ora includere in questo meccanismo di circolazione delle competenze tra università e azienda un maggior numero di studenti stranieri. Ma perché il modello Politecnico possa continuare ad avere successo, serve un rilancio globale, come rileva il rettore Ballio: «Un ateneo, per quanto internazionale, risente del territorio in cui opera. Se la situazione economica italiana non migliora, anche le punte d'eccellenza del sistema universitario ne soffriranno». CRISTIANO DELL'OSTE Chi desiderasse l’articolo completo puo’ richiederlo a medicina@pacs.unica.it ____________________________________________________________ Il giornale di Sardegna Sardegna 3 lug. ’06 PRESTITI D'ONORE AGLI UNIVERSITARI I GIOVANI SI PAGHERANNO GLI STUDI Giunta. I ragazzi restituiranno il finanziamento dopo la laurea Le iscrizioni agli Atenei saranno incentivate. Corsia preferenziale per il provvedimento Incentivare le iscrizioni all'Università dei giovani sardi, garantendo un sostegno economico attraverso i prestiti d'onore, che permettono di pagarsi gli studi, per poi restituire quanto speso una volta conseguita la laurea e trovato un lavoro. Con questo strumento la Giunta regionale vuole cancellare il triste primato che vede la Sardegna relegata al diciassettesimo posto in Italia per numero di laureati e con soltanto il 50 per cento dei diplomati che si iscrivono a un corso di laurea, a fronte di una media nazionale superiore al 75 per cento. QUESTO L'OBIETTIVO del disegno di legge approvato dall'esecutivo. Nella Finanziaria 2006 sono stati stanziati 2 milioni e 500mila euro per la concessione di prestiti d'onore agli studenti universitari sardi. Con il disegno di legge, predisposto dall'assessore della Pubblica Istruzione, Elisabetta Pilia, viene costituito un Fondo per la concessione di garanzie, di concorso negli interessi e per contributi a fondo perduto. Questo Fondo di garanzia permetterà l'erogazione dei finanziamenti, che saranno destinati agli universitari iscritti a corsi di laurea triennali e di laurea specialistica a ciclo unico nelle Università sarde, riservando la precedenza agli studenti del primo anno. Spetta ora al Consiglio regionale approvare il testo di legge, inviato con criterio di urgenza. L'assegnazione dei prestiti d'onore agli universitari rientra tra gli interventi strategici dell'esecutivo regionale per incrementare i livelli di istruzione nell'Isola. Si tratta di uno strumento di riconosciuta efficacia per spingere i giovani a proseguire gli studi, finora però non utilizzato, nonostante i prestiti d'onore fossero stati introdotti con la legge regionale 37/87 per il diritto allo studio nelle Università sarde, ma mai attivati. Gli studenti possono pagarsi gli studi universitari beneficiando di un finanziamento a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato, che verrà restituito una volta ultimati gli studi. L'istituto di credito, cui sarà affidata la gestione del programma di prestito, sarà selezionato tramite bando ad evidenza pubblica. La Giunta predisporrà entro sessanta giorni il piano di attuazione degli interventi, tra i quali ci sono l'ammontare annuale massimo del prestito – differenziato per fuori sede, pendolari e studenti in sede - e le modalità di restituzione. Da un'analisi predisposta dall'assessorato della Pubblica Istruzione, risulta evidente che tra le cause che spingono ad abbandonare gli studi, c'è anche la difficile condizione finanziaria della famiglia d'origine. Nell'anno accademico 2005-2006 sono stati stanziati 12 milioni di euro, che hanno permesso di soddisfare soltanto il 60 per cento delle richieste. ____________________________________________________________ Il giornale di Sardegna 6 lug. ’06 PRESTITI D’ONORE AGLI STUDENTI «OCCHIO, UNA PRESA IN GIRO» Università. Il consigliere d’amministrazione dell’Ersu Murgia attacca: «Una beffa per i borsisti» La Regione stanzia due milioni e mezzo di euro per garantire le iscrizioni: i soldi dovranno essere restituiti dopo la laurea e una volta conquistato un lavoro Enrico Fresu I prestiti d’onore: «Un cappio al collo per gli studenti e una beffa per chi dovrebbe ricevere una borsa di studio ma non può, per carenza di fondi». L’iniziativa della Regione: «L’Ersu non ne sapeva niente. Tempo fa avevamo bloccato un’iniziativa dello stesso tipo». Il rapporto tra gli enti: «Beh, a questo punto sono tutti da capire: non si dialoga». Non piace a Matteo Murgia, rappresentante degli studenti nel consiglio di amministrazione dell’Ersu (Ente regionale per il diritto allo studio), e non è l’unico, la delibera della giunta regionale che prevede l’erogazione di prestiti agli studenti per poter accedere all’università: due milioni e mezzo di euro da distribuire attraverso una banca, quella che vincerà la gara d’appalto indetta dalla Re- 3Studenti in fila davanti alla sede dell’Ersu gione. E qui scatta la prima molla nella testa di Murgia: «Mai vista un banca fare beneficenza. Qualche anno fa alcuni rappresentanti di Banca Intesa proposero agli studenti una formula simile: dovevi essere già al terzo anno, quindi non garantiva l’accesso all’università perché il prestito arrivava molto tempo dopo, e inoltre la copertura era a carico dell’università. In pratica», continua, «gli altri avrebbero pagato le tasse per garantire eventuali insolvenze. Insomma: la banca, ovviamente, non rischiava nulla, erogando un prestito agli studenti che rimaneva a carico loro. Un paradosso» . MA STAVOLTA è diverso, i fondi sono regionali. Una montagna di soldi che dovrebbe facilitare l’accesso agli studi e garantire l’accesso nelle facoltà a chi non potrebbe permetterselo. «Sembra, ma non è così», obietta il consigliere dell’Ersu. Che per rafforzare la sua tesi snocciola dati: «Con solo la metà di quei fondi potremmo coprire tutte le richieste di borse di studio. Con l’ultimo bilancio siamo riuscito a soddisfare molte richieste in più, circa 800. Se la Regione quei soldi li avesse dati all’Ersu, l’ente potrebbe adempiere alle proprie funzioni. Invece gli studenti, anche quelli che hanno diritto alle borse (che non devono essere restituite) sono costretti a ricorrere al prestito». Che non è a titolo gratuito: i soldi ricevuti dovranno essere restituiti dopo la laurea, quando il ragazzo o la ragazza troveranno un lavoro. Questa è l’impresa difficile. Una. L’altra è trovare un buon lavoro: «E chi va a spiegare a un laureato», attacca ancora Murgia, «costretto al lavorare magari in un call center, che dovrà risparmiare per restituire i soldi a una banca? Soldi che, gli spetterebbero di diritto. E “gratis”». Senza contare che quei soldi della Regione, come le borse di studio, rischiano di finire nelle tasche dei padroni di casa che affittano in nero agli studenti”. ____________________________________________________________ Italia Oggi 26 Giu. ’06 E-LEARNING ITALIA A DUE VELOCITÀ In una ricerca della Crui i risultati dell'indagine sull'utilizzo dell'Ict sul territorio nazionale Corsi a distanza in due atenei su tre. In prevalenza al Nord DI LUIGI DELL'OLIO Fare lezione da casa, senza essere costretti a spostarsi in auto o in treno per raggiungere l'ateneo. Il sogno dell'e-learning, uno dei miti coltivati nella stagione d'oro della new economy, si è concretizzato solo in parte. Penalizzata dalla diffidenza verso lìhitech da parte del corpo docente e dalla scarsità di fondi per avviare i nuovi progetti. Una conferma in tal senso arriva da una recente ricerca realizzata dalla Crui (la Conferenza dei rettori delle università italiane), che ha rilevato lo stato dell'arte in Italia. Dall'indagine emerge che l'utilizzo degli strumenti dell'Information and communication technology, primo fra tutti internet, nel mondo dell'istruzione è una realtà presente ormai in due università su tre della Penisola: infatti il 64% degli atenei che ha partecipato al sondaggio ha affermato di avere una politica per l’e-learning, contro il 36% censito a fine 2001. In particolare, le iniziative sono raddoppiate nell'arco del biennio 2002-2004, per poi crescere a velocità più contenuta nell'ultimo anno e mezzo. Italia a due velocità e i problemi. Dalla ricerca emerge un'Italia a due velocità, con una prevalenza di atenei più dinamici sotto il profilo dell'e-learning nel Nordest (84,6%) e nel Nordovest (72,7%) mentre appaiono più attardate le università del Centro (50%) e del Sud (52,9%). Anche se i ricercatori leggono come un dato positivo il fatto che in tutte le macroaree si sia raggiunto il 50% di adozioni. L'e-learning viene considerato dagli intervistati solo in parte come «formazione totalmente a distanza», mentre appare in realtà «prevalentemente orientato al miglioramento dell'accessibilità e all'arricchimento della didattica tradizionale». Tra i vantaggi dell’e-learning gli intervistati mettono al primo posto la flessibilità (91,8%), seguita dalla qualità (83,7%) e dalla possibilità di puntare sugli studenti lavoratori (75,5%), che poi dovrebbe rappresentare il target primario della formazione erogata online. A frenare la diffusione dell'e-learning sono soprattutto i limiti culturali. Lo strumento viene giudicato positivamente dal 92% degli alunni, mentre i giudizi favorevoli del corpo docente non superano un modesto 21%. Tra il personale accademico emerge in particolare il timore di un potenziale ribaltamento di ruoli tra pedagogia e tecnologia. Secondo numerosi intervistati, infatti, la tecnologia rischia di sopravanzare gli aspetti didattici. Quasi tutti gli intervistati concordano poi su un altro punto: senza fondi sufficienti non si può andare lontano. L'adozione di tecnologie innovative, la formazione dei fruitori del servizio, la creazione di programmi ad hoc e la creazione di sìti internet per veicolare le informazioni sono tutte voci di costo che incidono sulla fattibilità dei progetti, rendendo così inattuabile buona parte dei progetti. (riproduzione riservata) ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 27 Giu. ’06 UNA GOVERNANCE PER LA DIDATTICA UNIVERSITÀ II ministro Mussi: a luglio presenteremo il Ddl per l'istituzione dell'Agenzia nazionale di valutazione Gli investimenti verranno distribuiti premiando i risultati migliori MILANO II Governo accelera sulla valutazione delle università. Entro luglio, secondo il calendario dettato ieri dal ministro dell'Università, Fabio Mussi, nel corso di una visita all'Alma Mater di Bologna, sarà presentato il Ddl per l'istituzione dell'Agenzia nazionale di valutazione che, ha spiegato il ministro, «dovrà valutare in modo indipendente i risultati della didattica e della ricerca per orientare gli investimenti laddove c'è maggiore qualità e lavoro serio»: Un obiettivo che, se centrato, rappresenterebbe una rivoluzione copernicana nei rapporti fra università e risorse. Tutti gli indicatori mostrano infatti che gli atenei viaggiano a velocità molto diverse fra loro, ma nonostante le reiterate pressioni del mondo imprenditoriale e i progetti ribaditi più volte dall'ex ministro dell'Università, Letizia Moratti, la quota "meritocratica" del finanziamento ordinario non ha mai superato il 2-3%. La novità, nel progetto del ministero, è rappresentata proprio dall'indipendenza dell'Agenzia che dovrebbe avviare la valutazione su ampio raggio: «In questi anni - sottolinea Luciano Modica, sottosegretario all'Università - è mancato un soggetto terzo che si assumesse interamente la responsabilità della valutazione, senza subire le pressioni del ministero e del mondo accademico». L'Agenzia di valutazione, comunque, non sarà chiamata a partire da zero ma si fonderà «sull'ottimo lavoro svolto dal Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario e, per la ricerca, sull'esperienza del Comitato di indirizzo per la valutazione e la ricerca» Per tradurre davvero in pratica quei criteri di "finanziamento premiale" introdotti fin dalla Finanziaria 1994, ma rimasti per 12 anni sulla carta, sarà necessario separare drasticamente il Fondo ordinario dalle quote destinate alla qualità. «Senza questa misura - spiega Modica - premere sul finanziamento competitivo significa mettere a rischio la sopravvivenza di alcuni atenei, e quindi incappare in resistenze insuperabili da parte del mondo accademico. Tutti i Paesi che hanno imboccato la strada della valutazione si sono trovati davanti questo scoglio, e lo hanno superato dividendo la quota che garantisce la sopravvivenza dell'esistente da quella che va guadagnata ogni anno». Nelle prossime settimane è attesa anche la nuova versione dei decreti sugli ordinamenti, attuativi della riforma Moratti (Dm 270/2004), che a fine maggio erano stati ritirati dal ministero, Superata l'ipotesi, contestatissima dagli atenei, di sperimentare i nuovi ordinamenti a «Y» (un primo anno comune, e poi la biforcazione fra un biennio professionalizzante e un quadriennio a indirizzo metodologico) già dal prossimo anno accademico, il nuovo calendario ministeriale prevederà probabilmente la partenza dal 2007/2008, ma con la possibilità per gli atenei di adeguarsi entro i tre anni successivi. «Dobbiamo abituarci - sottolinea Modica - a università libere anche di adottare modelli curriculari diversi, perché è necessario aumentare gli spazi di autonomia riducendo il peso di decreti e circolari ministeriali». Servirà più tempo, invece, per rinnovare il corpo docente. AL riguardo ieri Mussi ha parlato di un orizzonte decennale, in cui «utilizzare i risparmi che si avranno con l'uscita di circa 30mila docenti universitari per finanziare l'ingresso di molte migliaia di giovani ricercatori». Negli incontri dei giorni scorsi al ministero i docenti avevano anche esplorato la possibilità di rivedere la riforma del reclutamento e dello stato giuridico varata dal Governo Berlusconi (legge 230/2005), ma Mussi ha escluso questa opzione prospettando piuttosto correttivi in sede di regolamento ministeriale. GIANNI TROVATI gianni.trovati@ilsole24ore.com ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 27 Giu. ’06 MOLTI DUBBI PER GLI ATENEI ONLINE Restano incertezze sulla ricerca e il ruolo dei tutor Professori e investitori privati. Istituti universitari e professionisti della formazione. Tanti hanno scommesso sul boom delle università telematiche (si veda anche «Il Sole-24 Ore» di ieri), quegli atenei che offrono lezioni solo su Internet e, alla fine dei corsi, rilasciano un titolo di studio equivalente alla laurea ottenuta nelle università tradizionali, come previsto dal decreto Stanca-Moratti del 2003. Sono nove gli atenei telematici nati dall'inizio di quest'anno. Eppure restano ancora numerosi punti caldi da affrontare. Per esempio, la questione della ricerca scientifica: è una delle attività principali svolte dagli atenei italiani, ma sulle telematiche il Consiglio nazionale universitario (Cun) ha sollevato parecchi dubbi. «Nei nostri pareri più volte sono stati rilevati l'eccessivo numero di istituti telematici e l'assenza di quell'attività di ricerca che caratterizza l'università italiana», ha sottolineato Cristiano Violani, responsabile del Cun. Perplessità che riguardano anche la didattica a distanza. Le lezioni degli atenei multimediali si svolgono interamente online: l'allievo studia e interagisce con i colleghi in aule virtuali. Solo i tutor seguono gli studenti multimediali durante le lezioni e nel percorso formativo: sono, insomma, il volto umano delle telematiche. «Spesso si tratta di ricercatori universitari che in questo modo alleggeriscono il lavoro dei docenti», osservano dall'istituto telematico Telma, gestito da un consorzio di cui fa parte il Formez. A conti fatti, i titoli offerti dagli atenei multimediali offrono numerosi vantaggi agli studenti. Costano meno delle lauree tradizionali, i corsi si seguono da casa e, in genere, gli orari sono decisi dagli allievi. Una manna per studenti che abitano lontano dagli atenei o lavoratori che non hanno tempo per frequentare le lezioni. «Le università telematiche sono nate per questo motivo: devono realizzare potenzialità specifiche, superare limiti di spazio e di tempo», sottolinea Giuseppe Castorina, promotore dell'Università telematica delle scienze umane. Solo l'esame di fine corso deve essere "in presenza", come previsto dal decreto del 2003. Molte telematiche, inoltre, hanno anche convenzioni con enti o istituzioni pubbliche per il riconoscimento di crediti guadagnati con l'attività lavorativa. Questa procedura ha attirato l'attenzione del ministro Fabio Mussi, che da un mese ha fermato il riconoscimento di nuovi atenei multimediali. LUCA DELLO IACOVO ____________________________________________________________ Avvenire 29 Giu. ’06 UNIVERSITÀ, GIÀ BLOCCATO PERCORSO A «Y» Aria di cambiamento anche al ministero dell'Università e della Ricerca scìentifica. A dire il vero il fronte abrogazionista è concentrato in modo prioritario sul settore scuola, ma qualche squillo di tromba l'ha suonato anche il neo ministro dell'Università Fabio Mussi. AL momento sono tre i provvedimenti che il titolare del Miur ha bloccato chiedendo un supplemento di analisi e di confronto. Due di questi sono stati addirittura ritirati dalla Corte dei Conti, dove si attendeva il via libera definitivo. Lo stop è arrivato per il decreto ministeriale numero 216 che riguarda la «definizione delle linee generali d'indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2007/09». Analoga sorte per il decreto ministeriale numero 217 dell' 11 aprile 2006 su «Individuazione dei parametri e dei criteri per il monitoraggio e la valutazione dei risultati dell'attuazione dei programmi delle Università». Nella rete anche il decreto che introduce il nuovo percorso di studio destinato a sostituire l'attuale «3+2», cioè la laurea triennale seguita da un biennio di specializzazione. La formula dovrebbe essere sostituita da un percorso definito a «Y», cioè con un primo anno comune, seguito da due bienni: il primo più orientato a una professionalizzazione al termine dei tre armi, il secondo biennio orientato alla preparazione perla specializzazione successiva dando vita a un percorso complessivo di cinque anni. «Abbiamo bloccato i decreti che non erano ancora entrati in vigore e si trovavano all'esame della Corte dei Conti», spiegano al ministero dell'Università e Ricerca (Miur). Più complessa la fase d'intervento sulle parti della Mussi ferma il decreto che doveva portare alla sostituzione dell'attuale «3+2» riforma già avviate e applicate. «Nella prima fase del mio impegno al ministero - ha annunciato Fabio Mussi all'atto del suo insediamento al Miur -intendo pormi in ascolto del mondo accademico, visitando gli atenei e incontrando docenti e studenti». Un tour già avviato e che ha avuto Milano come una delle tape più recenti. Nell'incontro è emersa la richiesta di fare chiarezza almeno sul percorso di studi, visto che il «3+2» ha evidenziato qualche problema, soprattutto nello sbocco professionale. Alcuni ordini professionali hanno infatti espresso chiaramente contrarietà a percorsi più brevi degli attuali mantenendo la stessa validità del titolo conseguito. Unica soluzione per lo studente completare l’intero percorso quinquennale. Enrico Lenzi ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 1 Lug. ’06 VIALE. «UN'EUROPA SCACCIA-CERVELLI» Da un'indagine promossa dall'Onu il valore economico delle migrazioni L'Italia in ritardo nella creazione di strutture attrattive per i ricercatori Non ci sono grandi differenze nelle motivazioni che portano alla migrazione i giovani ricercatori europei o quelli dei Paesi emergenti». Lo spiega Riccardo Viale, cinquantatreenne docente di Politica della ricerca e dell'innovazione alla Scuola superiore della Pubblica amministrazione di Roma e ordinario di Metodologia delle Scienze Sociali all'Università di Milano Bicocca. Ma Viale è anche presidente della Fondazione Rosselli, uno dei principali think tank internazionali sulle politiche pubbliche. La fondazione fa parte dei network di eccellenza di diverse istituzioni di ricerca nelle politiche scientifiche e tecnologiche. In particolare è parte dell'Esto (European Science and Technology Observatory) e dell'Eteps (European Techno Economic Policy Support). Ma la Fondazione Rosselli è anche partner dell'Ocse per le politiche di sviluppo del territorio e dell'Organizzazione delle nazioni unite per le politiche sull'immigrazione. Professor Viale, qual è dunque la molla che spinge ad emigrare, in Europa come in India o in Cina? Per i ricercatori giovani e preparati la spinta arriva non solo da motivazioni economiche, perché quelle valgono anche per gli statunitensi. Ma la differenza è nella ricerca di strutture d'avanguardia. Strutture che mancano non solo nei Paesi emergenti, ma anche in buona parte d'Europa. Non è solo un problema italiano, allora? La debolezza delle strutture di ricerca vale per tutta l'Europa. Da noi è solo più grave rispetto ad altre aree del Vecchio continente. Di conseguenza è inevitabile che la meta, per questi ricercatori di tutto il mondo, diventino gli Stati Uniti, visti come la frontiera più avanzata. Eppure ci sono giovani studenti indiani o cinesi che arrivano anche in Europa. È vero, soprattutto in Gran Bretagna o nei Paesi Scandinavi. D'altronde non tutti possono trasferirsi in America. Anche se gli Stati Uniti restano il sogno di quasi tutti. Perché, allora, l'Italia non riesce a essere competitiva neppure come capacità di attrazione all'interno dell'Europa? Innanzitutto per ragioni linguistiche. Da noi sono molto pochi i corsi tenuti in inglese. E per i giovani dell'India o dei Paesi emergenti, questo è un problema. Inoltre da noi sono carenti le strutture di accoglienza. Mancano le residenze universitarie.. D'altronde i nostri atenei sono strutturati per studenti che arrivano dallo stesso territorio e che vivono in famiglia. Esattamente l'opposto della logica degli atenei statunitensi. Di conseguenza diventa impossibile pensare di riuscire ad attirare i migliori tra i giovani studenti o i nuovi ricercatori di altri Paesi? Per lo meno è molto difficile. Ma non è solo una questione di residenze. Come è possibile sperare di attirare un giovane americano quando non gli si può offrire l'opportunità di lavorare in un laboratorio di ricerca adeguato? I migliori, in ogni parte del mondo, cercano i centri di ricerca di eccellenza. E se da noi mancano, ovviamente non vengono. E le opportunità di carriera? Un altro elemento negativo. A 28-29 anni, negli Stati Uniti, i migliori tra i laureati possono già dirigere un centro di ricerca. È una spinta importante. Da noi non accade. Da noi si preferisce privilegiare l'anzianità di servizio. Non ci sono settori in cui l'Italia riesca comunque a rappresentare un polo per i giovani di tutto il mondo? Ci sono, certo. Basti pensare alla capacità di attrazione esercîtata da Torino nel settore dell'auto, del design industriale. Attrazione a livello mondiale, indubbiamente. Come quella esercitata da Milano sempre nel settore del design. E ancora Milano e Torino sono poli di eccellenza nella ricerca sui tumori: l’Italia è al terzo posto al mondo per pubblicazioni su questo tema. Senza dimenticare i livelli di eccellenza mondiale nella fisica nucleare e in altri campi della scienza della vita. In questi ambiti, dunque, anche l’Italia dimostra di poter essere una meta ambita per i migliori studiosi di tutti i Paesi. Non solo in ambito europeo. Tutte opportunità in campo scientifico. Ma in ambito umanistico, l'Italia non interessa più? AL contrario. Arrivano anche dagli Stati Uniti per seguire gli studi e le iniziative relative al restauro; ai beni culturali, alla storia dell'arte. Si tratta, però, di migrazioni limitate. Ma se l'attenzione da parte dei giovani dei Paesi più sviluppati è limitata, l'Italia è considerata una meta ambita almeno da parte di chi arriva dal Nord Africa o dall'Europa dell'Est? Arrivano, s3. Ma solo per studiare e per laurearsi. Il loro è un obiettivo più educativo che di ricerca. D'altronde la legge italiana non facilita l'accoglienza di ricercatori che provengano da questi Paesi con l'intenzione di fermarsi. Manca l'attenzione nei confronti di un capitale umano di alto livello, non è prevista una distinzione tra uno scienziato e un immigrato privo di competenze e di qualifiche. AUGUSTO GRANDI ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 2 Lug. ’06 QUEI TROPPI DIFENSORI PER GLI ATENEI DEI FIGLI DI PAPÀ Il dibattito sul futuro dell'università Italiana, provocato dal mio articolo sul Sole-24 Ore del 20 maggio, ha messo in luce una profonda divisione culturale. Da un lato c'è chi - come Guiso, Yerotti, Schizzerotto e Tabellini - guarda ai fatti e sulla base di questi propone possibili soluzioni per la nostra università malata. Queste soluzioni possono differire nell'enfasi, ma vanno tutte nella direzione di introdurre più mercato. Non per pregiudizio ideologico, ma come unica soluzione possibile di fronte al fallimento della nostra università. Dall'altro chi - come Modica, Rigidi, Trombetti e lo stesso ministro Mussi - ignora i fatti e, rifiutando per pregiudizio ideologico ogni proposta alternativa, si limita a chiedere più soldi per il. nostro sistema universitario: II primo fatto che il ministro e gli attuali vertici del mondo degli atenei sembrano ignorare è che l’università italiana ha fallito. E non ha fallito solo dal punto di vista della ricerca (come ha correttamente ricordato Guiso, abbiamo un ritardo di 30-50 anni). Ha fallito anche come centro dì insegnamento. I dati sono chiari: i nostri laureati sono poco appetibili: il 38% di loro dopo tre anni non ha un lavoro. Il ministro Mussi lenta di attribuire questa responsabilità agli industriali italiani, incapaci di assorbire i nostri laureati. Ma in un mondo globalizzato, questa scusa non basta. Se non c'e' domanda in patria, un laureato qualificato può trovare facilmente posto all'estero. Gli ingegneri indiani sono richiestissimi nella Silicon Valley. Perché non capita lo stesso ai nostri laureati? La risposta é una sola: in media (ci sono ovviamente molte eccezioni) la qualità dei nostri laureati è scarsa. E, siccome non siamo geneticamente inferiori, Yunica spiegazione di questa deficienza è che la nostra università non insegna quello di cui un laureato ha bisogno nel modo del lavoro. Un'impresa fallita, caro mirsho, va ristrutturata, non coperta di soldi. Se proprio vuole criticare gli industriali, il ministro Mussi dovrebbe accusarli di sperperare i propri soldi sovvenzionando un'università come la Luiss che riflette tutti i vizi dell'università pubblica italiana. è inutile che la Confindustria elabori sofirsticati programmi di riforma dell'istruzione pubblica; quando poi si di. mostra essa stessa incapace di gestire efficientemente uno de pochi atenei privati del nostro Paese. . Il secondo fatto che il ministro sembra, ignorare è che la nostra università è già un sistema di predestinati. Quanti primari, professori, notai o avvocati Lei conosce signor: ministro che non siano figli di tanto padre (e madre)? Nella patria del liberismo sfrenato due degli ultimi quattro presidenti (Reagan e Clinton) erano figli di poveri alcolizzati. Quanti de nostri presidenti o primi ministri vengono da umili origini? Al contrario è proprio un'università svuotata di contenuti che favorisce i figli di papà. Dopo avei buttato via cinque anni in un sistema inutile: costoro possono permettersi di prendersi un diploma all'estero; che apre loro una rapida, e brillante carriera- La gente normale, che questi corsi non può pagarsi, rimane ignorante e sottoimpiegata. II terzo fatto che il ministro sembra ignorare è elle l'attuale sistema di finanziamento universitario è socialmente iniquo. l poveri pagano le tasse universitarie ai figli di papà. 2 forse questo il tipo di redistribuzione che vuole promuovere Mussi? Se il ministro ignora. i fatti, c'è chi, per scongiurare il pericolo di una vera riforma, i fatti si înventa. Massimo Egidi, rettore in pectore dell'università della Confindustria, rigetta la mia proposta di liberalizzazione dell'università per paura che il mercato porti ad una «selezione al contrario» del quale - egli afferma - «esistono molti esempi». Ma perché non li cita, mio caro Egidio, questi esempi? Di fronte., all'evidenza, sono pronto a cambiare le mie opinioni. Al momento, l'unico esempio di competizione nel mercato universitario che io conosca, gli Stati Uniti, è positivo. Nel giro di 50 anni la competizione ha trasformato delle università per figli di papà, come fino agli anni 50 erano Harvard, Yale e Prìnceton, in istituzioni meritocratiche che vanno in tutto il mondo a reclutare gli studenti migliori, indipendentemente dalle loro capacità finanziarie. Ma forse è proprio di questo di cui hanno paura gli attuali vertici universitari e politici; che un domani il loro posto sia preso da uno giovane meritevole, invece che trasferito. per diritto di nascita, ai loro amatissimi figli. ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 3 Lug. ’06 CORSI DI LAUREA A PIACERE, ANCHE PER UN SOLO STUDENTE DI GIANNI TROVATI L’ anno scorso si sono immatricolate all'università più di 300mi1a persone. Solo una di loro ha scelto il corso di laurea in Tecniche forestali e tecnologie del legno nell'indirizzo per le industrie forestali, attivato a Viterbo. Lo stesso è accaduto a Perugia a Biotecnologie orientate alla creazione d'impresa; o a Scienze dei fenomeni sociali e dei processi organizzativi a Contiso, mentre il corso per Operatore del non profit di Jesi ha potuto contare su tre ingressi e Tossicologia degli inquinanti ambientali a Tempio Pausania ne ha totalizzati cinque. II fatto è che la concorrenza fra, sedi vicine e la passione per la specializzazione, che ha colto alcuni senati accademici dopo l'introduzione del «3+2», ha fatto esplodere: l'offerta formativa delle università. A settembre le matricole potranno scegliere fra più di 3mila corsi, che diventano 5.400 contando anche le lauree specialistiche, mentre nell'ultimo anno di vita del vecchio ordinamento, i titoli erano 2.500. In questo florilegio di proposte trovano spazio i titoli più disparati. Alcuni impegnativi; come Promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, altri evocativi (Gestione del verde), ultramoderni (Tecnologie del packaging) o arcaizzanti (Tecnologia del legno), criptici (Divulgatore ambientale o Valorizzazione delle biodiversità) o iperspecia9istici. (Scienze vivaistiche);.O poetici, come Scienze del fiore, che forma specialisti «nell'uso' sostenibile del materiale vegetale per abbellire spazi privati, e pubblici». Questa ipertrofia accademica complica le scelte delle matricole e spesso mostra un rapporto problematico con le esigenze del mondo del lavoro, oltre che con le richieste stesse degli studenti. Mentre l’università, pungolata anche dai disincentivi economici, ara prova a innestare faticosamente la retromarcia. ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 3 Lug. ’06 CINQUEMILA STRADE PER LA LAUREA Il 10% dei titoli triennali non va oltre le 20 matricole Quasi 5.400 corsi; tremila dei quali aperti a chi, a settembre, metterà piede per la prima volta in università. Tra gli effetti (indesiderati) della riforma degli ordinamenti che nel 2001/02 ha introdotto le lauree «3+2», la moltiplicazione degli indirizzi è uno dei più discussi. Anche restando nel campo dei corsi triennali o a ciclo unico, l'esplosione è evidente: chi si affaccia oggi al mondo universitario ha di fronte un panorama di opzioni superiore del 35% rispetto a quello che si presentava ai suoi colleghi di sei anni fa. Anche l'anno prossimo, secondo i dati forniti al Sole-24 Ore dagli atenei, l'offerta appare destinata a crescere, anche se a ritmi inferiori che in passato (si veda l'articolo sotto). s Senza iscritti. Il risultato di questa dinamica è che una parte dei corsi rimane praticamente a secco di iscritti. Consultando i dati dell'ufficio statistico del ministero dell'Università si scopre che l'anno scorso 312 corsi (triennali o a ciclo unico, con l'esclusione di quelli a numero chiuso), non hanno superato l'asticella delle 20 matricole e il fenomeno colpisce in tutte le aree, geografiche e disciplinati. Secondo i documenti ufficiali depositati nelle banche dati dell'offerta formativa del ministero, ad esempio, a Firenze il corso in Tecnologie del legno avrebbe potuto accogliere 75 nuovi iscritti, ma si è fermato a 5. A Ravenna la folla di aspiranti Tecnici del territorio (150 attesi) non si è vista, perché le matricole sono state 15. Addirittura 230 avrebbero potuto essere i nuovi iscritti a Scienze e conservazione dei beni archeologici, ma a Fermo (Macerata) ne hanno visti arrivare solo 9, mentre altri 5 (e anche in questo caso . i documenti parlano di una «utenza sostenibile» di 230) hanno scelto Scienze e conservazione dei beni archivistici e librari. In 18, invece dei 70 possibili, si sono spinti a Castelnuovo, nelle Madonie, per studiare Conservazione e valorizzazione delle biodiversità e Formazione ospedaiizzazione? I casi citati sono solo degli esempi di una tendenza più diffusa. Ma si traita di vizi del sistema o, almeno in alcuni casi, di corsi di nicchia che possono offrire una marcia in più rispetto agii insegnamenti più ganeralisli? «-Nelle lauree triennali -- taglia corto Elio Franzini, presidente della conferenza dei presidi di Lettere - i corsi "di nicchia" non hanno senso, perché la specializzazione è compito delle lauree magistrali mentre la prima fase deve fornire una preparazione più ampia, anche per aumentare il raggio dei possibili sbocchi occupazionali». Il proliferare dell'offerta, il varo . di corsi con gli stessi insegnamenti in sedi vicine per una spietata concorrenza territoriale (che spiega il numero ba55iàimo di iscritti in alcuni coni di matematica, fisica o ingegneria in molte sedi di provincia) sono secondo Franzini il frutto di «sei anni di incertezze e' di sperimentazione, che hanno lasciato campo libero ai particolarismi è in qualche caso a delle vere e proprie follie. Oggi,però, questa fase si è chiusa e ci si avvia, lentamente e con fatica, verso una razionalizzazione». Questione di disincentivi. In effetti l'eterno' cantiere dell'università italiana è aperto dal 1999. e la sua ultima pietra sarà posata solo con il nuovo decreto sulle classi (attuativo dell'ultima riforma Moratti), che è atteso nelle prossime settimane, ma qualche: disincentivo è già stato introdotto nel sistema: In particolare i «requisiti minimi», che di ogni corso valutano la sostenibilità in termini proprio di numerosità di nuovi iscritti; docenti destinabili è di risorse strutturali disponibili (biblioteche, aule informatiche), dal 2004 05 concorrono a determinare una quota (al momento piccola) dei finanziamenti universitari. e che dall'anno non sono più derogabili (se non dalle università non statali e da quelle nuove). Si tratta, di un indicatore di qualità estremamente interessante, ma finora poco pubblicizzato, al punto che per scoprirne le implicazioni occorre spulciare gli allegati dei decreti con cui il ministero assegna i fondi agli atenei. L'ultimo decreto reso disponibile su Internet è quel1o del 2004, e mostra che solo 15 atenei avevano rispettato i requisiti minimi in tutti i loro corsi. Negli altri la percentuale si abbassa fino a scendere sotto il 60% nelle università di Campobasso e Catanzaro e alla Parthenope. di Napoli. Un dato che meriterebbe maggio-re pubblicità. GIANNI TROVATI ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 3 Lug. ’06 UNIVERSITA’: LA RIVINCITA DEI NUMERI Matematica e fisica, chimica e informatica, ma anche ingegneria, architettura e medicina, Questa seconda e ultima puntata del dossier Università è dedicata alle facoltà scientifiche e ai loro corsi di laurea. Un'offerta didattica ampia e diversificata, che sarà esplorata innanzitutto individuando le tendenze e le novità di ogni area disciplinare. Ma anche mettendo a fuoco alcuni percorsi professionali e presentando le testimonianze di laureati alle prese con il mondo del lavoro. lavoro. Ogni anno scelgono di studiare tra numeri; formule e progetti circa 4 matricole su 10. L'anno scorso; in particolare, hanno. puntato su un corso di laurea nel campo scientifica 137mila ragazzi su un totale 332mila. Un numero che molti osservatori vorrebbero più elevato, per aumentare la diffusione della cultura tecnico-scientifica e sostenere le imprese italiane nella sfida per l'innovazione e la competitività. Ma non è solo una questione di sistema-Paese. Le rilevazioni di AImaLaurea dimostrano che le lauree scientifiche sono mediamente più spendibili sul mercato del lavoro rispetto a quelle umanistiche. Il record _spetta a ingegneria, che vanta un tasso di occupati del 96,6% a cinque an ni dalla laurea, seguita da scienze statistiche (96%), architettura (94,2%) e farmacia (93,3%). E la tendenza è positiva, dal momento che tre di queste quattro aree hanno migliorato la percentuale tra la rilevazione 2005 e quella del 2006. L'unica in calo è architettura, ma si tratta di una lieve flessione dello 0,2 per cento. La maggiore fatica che sembrano indicare i dati dei laureati in area medica - solo il 61,2% lavora a cinque anni dalla fine dell'università - è solo apparente: in prima luogo perché la percentuale è cresciuta dei 6,8% rispetto al 2005, e poi perché sul curriculum dei futuri dottori pesano i lunghi anni di specializzazione post-lauream. Qualche perplessità in più arriva invece dall'area scientifica "pura". Qui la percentuale di laureati che lavorano dopo cinque anni si ferma al 77,4% ed è diminuita del 2,1% rispetto alla rilevazione 2005. il dato più basso è quello dei laureati nell'indirizzo geo-biologico (73.6%), ma tutti comunque si piazzano al di sotto della media dell'area scientifica _(90,4% esclusa medicina) e anche dell'area umanistica (86.4%). Gli iscritti. Sarà per una percezione creativa delle opportunità di impiego. Sarà per la paura di dover andare nelle università e negli istituti di ricerca stranieri. come tanti altri "cenlelli in fuga". Fatto sta che negli ultimi anni i corsi di laurea dell'arca scientifica hanno visto diminuire il numero degli iscritti. Le matricole dei corsi in matematica sono passate dalle oltre 42nìla di quindici anni fa a poco meno di 2mila nell'estate del 2005. E fisica ha vissuto un fenomeno simile, scendendo dai 3.560 immatricolati dell’anno accademico 1994-95 al 1.450 del 2000. anno in cuz è cominciato un leggero recupero. Alcuni dati Eurostat possono essere utili per tracciare un confronto con gli altri Paesi. Mentre in Italia il numero degli iscritti ai corsi di laurea di scienze (incluse matematica, fisica. informatica, geologica, biologia e chimica) è diminuito del 2,7%n tra il 1998 e il 2003, nel Regno Unito il calo è stato solo dello 0,7% e in Germania sì è registrato un incremento del 2,3 per cento. Di contro, nello stesso periodo nel nostro Paese è rimasto stabile il numero di iscritti a ingegneria e architettura, mentre in Germania e nel Regno Unito c'è stato un calo dell’ 1,1% e del 2,7 per cento. Gli iscritti ai corsi dell'area medica, invece, sono aumentati in quasi tutta l’Europa.(in Italia l'incremento è stato del 3,5%). Se poi si guarda oltre l'Atlantico, sì scopre che gli Lisa hanno un numero di laureati in materie scientifiche inferiore a quello dell'Unione europea, ma un totale, molto superiore di ricercatori. Per pareggiare il conto é stato calcolato l’Europa avrebbe bisogno di 550mila ricercatori entro il 2010. Borse di studio e programmi di incentivo per gli studenti sono numerosi, a livello europeo e nazionale. Non resta che vedere se i ragazzi (e le imprese chiamate a valorizzarli dopo gli studi) asseconderanno gli obiettivi delle istituzioni. Un piccolo aiuto per decidere può arrivare dalla consultazione delle pagine centrali di questo inserto, che riportano l'offerta fori-nativa delle università italiane in vista del prossimo anno accademico, dall'Università di Modena-Reggio Emilia a quella di Viterbo, incluse 1e università telematiche dì nuova istituzione: ____________________________________________________________ la Repubblica 4 Lug. ’06 VERONESI: TRE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE PER LA RICERCA «Nella vita conta di più l'immaginazione chela conoscenza». Sono parole di Albert Einstein, genio e icona delle scienze cosiddette "esatte". Mi piace ricordarle quando penso allo spirito scientifico, per sottolineare che la scienza non è un corpus rigido di nozioni ma è un modo libero e sempre nuovo di pensare e di interpretare la realtà che ci circonda e d è dunque lo strumento per eccellenza per immaginare, per dirla con Einstein, il proprio futuro. Per questo credo sia importante che i giovani scelgano la scienza. Oggi è innegabile che ci sia una diffusa avversione a tutto ciò che viene dal pensiero scientifico. Si crede di più agli oroscopi e alla New Age e meno a coloro che studiano e si impegnano per migliorare la vita umana, per debellare malattie o per svelare i misteri dell'universo e della vita. Ma perché la gente non ha più fiducia nella scienza e perché i ragazzi non la vivono più come ansia di superare i limiti e desiderio di scoprire se stessi e l'ignoto? È chiaro che in questi ultimi dieci-vent'anni la scienza ha progredito così rapidamente da creare una sorta di disagio nella gente. Si è formato un divario tra gli obiettivi della scienza e della tecnologia e il livello di consapevolezza della popolazione, che è rimasta disorientata davanti all'incalzare delle novità. Aree di sviluppo come l'informatica, le telecomunicazioni e le biotecnologie, semplicemente non esistevano solo trent'anni fa. Non solo la gente comune, ma tutta la società è disorientata: i politici non sanno come includere il progresso scientifico nei loro programmi, i giuristi e bioetica non sanno quali regole proporre e il mercato non riesce a tener testa all'innovazione. Il risultato è che non c'è investimento nella ricerca scientifica e senza investimento è impossibile attrarre i giovani. r vero che oggi la carriera per un giovane ricercatore una strada in salita e che negli ultimi anni il Paese non si è preoccupato di creare sbocchi professionali adeguati, impoverendo i nostri centri di eccellenza della forza di creatività dei nostri giovani. Ma domani potrebbe essere diverso perché per uscire da questo circolo vizioso abbiamo un mezzo molto forte: la cultura. C'è in Italia un ampio movimento culturale a favore della cultura scientifica che sta gradatamente coinvolgendo scienziati manager, imprenditori, politici, intellettuali. Ci aspettano tre grandi rivoluzioni scientifiche che domineranno i prossimi decenni: quella informatica, quella dei nuovi materiali e quella biologica. Tutte e tre modificheranno profondamente i modi del pensare e dell'agire, ma soprattutto la rivoluzione biologica ha bisogno di essere compresa e indagata perché la conoscenza del Dna apre orizzonti immensi. La posigenomica cambierà il modo di curare le malattie e altre scienze disegneranno il mondo futuro sotto il profilo dell'energia, delle risorse, dell'economia, della zootecnia, dell'agricoltura. La società attuale che vive, più o meno consapevolmente, questa svolta epocale della civiltà, credo abbia una grande opportunità per rilanciare il ruolo dell'Italia nello scenario internazionale, chefasen7a alcun dubbio perno sull'innovazione scientifica. Tutti 3 giovani alle soglie dell'università possono, se vogliono,avere un grande ruolo in questo disegno. ____________________________________________________________ L’Indipendente 5 Lug. ’06 CORPORAZIONI. II GOVERNO INTERVENGA SU SCUOLA E UNIVERSITÀ E i privilegi dei baroni? Dopo Tassisti banche e farmacisti Romano Prodi e Pier Luigi Bersani confermano la loro volontà di colpire i privilegi e le stor ture nei mercati dell'energia e delle professioni. E c'è da sperare che abbiano lo stesso coraggio per reclamare la necessità di proporre le regole senza doverle mediare in fase preventiva con i riti della concertazione. Di non farsi scrivere dagli interessati i provvedimenti di liberalizzazione. Eppure nell'impeto di rendere il Paese libero da lacci e lacciuoli, di introdurre regole meritocratiche, è facile notare che nell'agenda del governo mancano due voci fondamentali per renderlo competitivo: la scuola e l'università. Anche qui i privilegi di pochi bloccano tutto il settore, ma finora dai ministri competenti (Beppe Fioroni per l'Istruzione e Fabio Mussi per la Ricerca e Università) si sono sentiti solo lai per il taglio di risorse. Il sistema dell'istruzione italiana si compiace per un passato lontano. Nel quale è difficile trovare gli eredi di Natalino Sapegno, di Giulio Natta o di Federico Caffè, anche perché chi potrebbe seguirne le orme resta relegato nei dipartimenti in improbabili ricerche oppure, se è fortunato, è costretto a trasferirsi all'estero. Nel contempo l'università ha introdotto un sistema di diplomi brevi ma continua ad avere in Europa la media più bassa (sotto il40 per cento) di laureati. A riprova che il problema non era tanto aprire le porte degli atenei quanto selezionare all'ingresso chi voleva davvero studiare. Perla scuola-media inferiore o media superiore-si può dire senza rischio di smentita che si è ormai tramutata in un diplomificio, dove ormai si fanno anche corsi di cucina mentre la storia romana è considerata obsoleta e fa scandalo ipotizzare periodi d'avvicinamento alle aziende. Tutto questo è dovuto a due caste ben definite (i baroni "universitari" e i docenti scolastici legati ai sindacati) campioni nel chiudere le porte a ogni innovazione per difendere le loro cattedre. Eppure il processo di liberalizzazione potrebbe partire abolendo il valore legale al titolo di studio. ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 8 Lug. ’06 SU ATENEI E CONVENZIONI IL MINISTERO È DISARMATO Di ALESSANDRO MONTE La nuova legislatura prospetta cambiamenti in molti campi dell'azione pubblica, istruzione universitaria in testa. La definizione normativa degli interventi programmati dal Governo per migliorare governance e government del sistema universitario, però, richiede tempi non brevi. Gravi emergenze impongono invece misure rapide e incisive. Una di queste é il fenomeno delle «lauree facili» segnalato da inchieste recenti (si veda, ad esempio, «11 Sole-24 Ore» del 27 marzo). La progressiva rarefazione delle risorse statali spinge gli atenei verso fonti alternative di finanziamento non sempre in linea con gli interessi primari della didattica e della ricerca- Non si tratta del ricorso a sponsor privati, ma della competizione al ribasso attuata con strumenti nobili e meno nobili. La concorrenza tra atenei, infatti, passa sempre più spesso per l'uso." disinvolto" di una disposizione ministeriale che consente di alleggerire il carico didattico a chi dimostra di possedere conoscenze e abilità professionali. Invece di considerare che l'esperienza acquisita sul campo o in corsi di studio extraunìversitari,- pone già impiegati pubblici e privati professionisti in posizione di vantaggio per superare gli esami universitari rispètto ai giovani studenti, il policy maker ha preferito elargire loro ulteriori agevolazioni. Un meccanismo scardinante. La disposizione. introdotta dal Governo di centro-sinistra nel 1999 con la riforma degli ordinamenti didattici (3+2), è stata confermata dal Governo di centro-destra che anzi ne ha rafforzato la portata. La legge Finanziaria per il 2002. infatti, concede ai dipendenti pubblici il diritto di vedersi riconosciuti, come crediti universitari, i cicli di studio superati nell'ambîto di scuole interne all'amministrazione di appartenenza, attraverso convenzioni con atenei disposti a stipularle. Ma da strumento per aumentare i laureati, le convenzioni si stanno rivelando un meccanismo scardinante la fede pubblica nell'imparzialità dell'istituzione universitaria e il principio della parità di impegno didattico per il conseguimento di titoli di studio con identico valore legale. Un fenomeno allarmante perché si inserisce in un sistema formativo che già comporta una drastica riduzione del peso e della qualità degli studi richiesti per la laurea Normativa ambigua e senza limiti. Ambigua e priva di limiti, la disposizione è stata utilizzata a piene mani non solo dai ministeri dell'Interno (oltre 30 convenzioni), della Difesa, dell'Economia, per favorire avanzamenti di carriera di categorie di impiegati, ma anche da enti i più vari, inclusi l'Ordine dei giornalisti e i Collegi dei ragionieri. E questo grazie ad atenei che gareggiano sugli sconti di esami e crediti da concedere, sollevando però la sconcerto negli studenti "regolari", che mal digeriscono colleghi che godano di corsie preferenziali. In realtà la normativa prevede l'obbligo di «predeterminare i criteri» dei riconoscimenti e «certificare» conoscenze e abilità. Statistiche drogate. Accanto ai sostanziosi abbuoni di crediti, senza o con verifiche approssimative dell'effettivo superamento di esami in coni di studio equivalenti a quelli universitari, alcuni atenei concedano l'iscrizione: all'ultimo anno del corsa di laurea, sconti sulle tasse e forme, di tritoraggio per facilitare le prove rimaste. Altri atenei promuovono essi stessi esosi corsi di laurea paralleli a quelli ufficiali ma con programmi ridotti e minori esami riservati a enti convenzionati. Non si dispone di dati sul numero dei laureati "privilegiati" che, tuttavia, possono stimarsi già oltre il 10% del totale e in continua crescita, contribuendo per questa via a "drogare" le statistiche ufficiali dei laureati in corso (e connessi finanziamenti) e, dunque. il prexeso successo della riforma del 3+2. I maggiori sconti si concentrano nell'area delle scienze sociali. Per la laurea in Scienze Politiche, al personale della Polizia di Stato sono evitati, ad esempio, fino a 18 esami. II ministero alle corde. Di questo passo i dipendenti pubblici, specie se di corpi amati, conseguiranno la laurea senza sostenere un esame all'università basta quello finale che non richiede più l'obbligo della tesi. Il rischia evidente è un progressivo svuotamento del molo dell'università nella formazione superiore. Rispetto a questa deriva., il Ministero é impotente. L'autonomia didattica agli atenei ha comportato l'abolizione di ogni form di controllo e la soppressione dello smilzo corpo di 10 ispettori ministeriali. Senza l'intervento del legislatore o la "supplenza" della magistratura, dunque, le lauree facili sono destinate a proliferare. Interventi urgenti e deterrenti: i) recente decreto di riordino delle lauree ha posto un tetto (60) ai crediti riconoscibili. II nuovo ministre dell'Università che aveva ritirato il provvedimento prima che . entrasse in vigore, dopo le denunce giornalistiche si é affrettato a confermai e il tetto inviando ai Rettori «Indicazioni operative» (un atto non vincolante), in vista di misure più stringenti_ Non si tratta, penò, solo di limitare la discrezionalità degli atenei, una di assicurare una maggiore trasparenza del loro operato ampliando la vigilanza ministeriale. Criteri e procedure per riconoscere competenze acquisite ai di fuori dell' università dovrebbero apparire nel Regolamento didattico di ateneo, can l'esplicito divieto di configurare ingiustificate disparità di oneri didattici tra studenti. Il ministro potrebbe casi accertarne legittimità e coerenza nell'esame del Regolamento. monitorandone la corretta applicazione. Gli studenti "convenzionati", comunque, non dovrebbero rientrare nei parametri per i finanziamenti ministeriali. Meno attenzione agli interessi delle corporazioni e più alla qualità delle lauree, e alla uniformità di condizioni per conseguirle, restituirebbe credibilità all'istituzione universitaria e fiducia nei cittadini. ____________________________________________________________ Il Sole24Ore 5 Lug. ’06 UNIVERSITÀ, CAMBIERANNO I CONCORSI NESSUN TAGLIO ALLE «NON STATALI» ROMA a Una "radicale" riforma dei concorsi e della governance universitaria, la nascita dell'agenzia per la valutazione e una legge di riordino degli enti di ricerca. E poi, un numero crescente di dottori di ricerca nelle imprese e nella pubblica amministrazione e una «conferenza nazionale sulla condizione studentesca». Sono gli obiettivi del ministro dell'Università e della ricerca, Fabio Mussi, annunciati ieri nel corso di un'audizione alla Commissione Cultura della Camera. Riguardo al "3+2", in particolare, Mussi ha assicurato che «non si vuole cancellare la riforma, ma solo correggerla, riducendo la frammentazione e proliferazione dei corsi». E ha ricordato che nella manovra bis «sono previsti vantaggi pari a un miliardo di euro per le imprese che investono in ricerca e innovazione». Il ministro ha individuato i principali ostacoli che rendono difficile il «passaggio dalla vecchia alla nuova università». Primo fra tutti, l'alto numero di docenti vicini all'età pensionabile («il40% degli ordinari - ha fatto notare Mussi - ha più di 60 anni»), poi l'insufficienza delle risorse, «diminuite - ha detto - del 10,48% rispetto al 2001». E, non ultimo, quello «culturale», che considera l'università italiana «un mondo improduttivo e parassitario». In relazione alla notizia pubblicata sul Sole-24 Ore di domenica 2 luglio, infine, il ministero dell'Università e della ricerca precisa che «il testo definitivamente approvato dal Consiglio dei Ministri del 30 giugno non prevede tagli ai fondi stanziati per le università non statali». ALESSIA TRIPODI ____________________________________________________________ Corriere della Sera 7 lug. ’06 MATRICOLE, «CORSI BREVI» PRIMA DELL' UNIVERSITÀ Superato lo scoglio della maturità le «summer school» degli atenei«Ci sono opportunità infinite per chi vuole crearsi un proprio modello formativo» Matematica e architettura, ma anche cinema e astronomia tra i temi proposti Appena superato lo scoglio della Maturità in molti si preparano a entrare in università. Alcuni hanno già scelto che tipo di percorso affrontare e quindi possono cominciare a prendere confidenza con le materie, altri hanno rimandato la scelta a settembre e il periodo estivo potrebbe portare consiglio. Qualunque sia la motivazione, per i neodiplomati-future matricole, superdiligenti anche in area vacanze, l' offerta di corsi estivi brevi e brevissimi è vasta. E la spesa, salvo rare eccezioni, è modesta. Si comincia con i classici precorsi di matematica, organizzati in tutta Italia. Per esempio, l' università dell' Insubria, a settembre, li tiene a Varese e Como. In totale 30 ore di lezione al costo di 30 euro. La facoltà di architettura del Politecnico di Torino organizza invece, dal 29 agosto al 9 settembre, la summer school «Grandi trasformazioni urbane in contesti europei», che aveva affrontato la realizzazione del Villaggio Olimpico. «Sarebbe importante dedicare l' estate alle proprie passioni, a conoscere altre persone e stili di vita - commenta Luigi Serio, esperto dell' evoluzione dei sistemi formativi presso l' Istud, Istituto di studi direzionali di Stresa - Comunque la scelta del percorso universitario è condizionata sempre dalla famiglia, dalla moda del momento, dalla promozione delle università e dalle aspettative professionali al momento della laurea. Gli interessi e le propensioni dello studente non hanno un gran peso. Ecco perché è fondamentale «smontare» i processi formativi degli istituti e creare un proprio pensiero autonomo. Se si ha l' orizzonte aperto le opportunità sono infinite». Per chi allora vuole spaziare liberamente, è da considerare la «Film summer school», organizzata dall' università della Svizzera Italiana e dal Festival di Locarno dal 30 luglio al 5 agosto. Le lingue utilizzate sono l' inglese, il francese e l' italiano, con le quali si terranno incontri con autori e registi . Interessante anche l' opportunità organizzata a Milano dalla società Umanitaria. Fino a settembre, tutti i lunedì, si tengono gratuitamente serate su psicologia, musica, dialettologia e tecniche vocali. Per gli astrofili l' appuntamento è in Val d' Aosta. Dal 24 al 28 luglio la scuola estiva di astronomia di Saint-Barthélemy tiene un corso sul sistema solare. Destinato a docenti di materie scientifiche e a studenti neodiplomati. A San Gimignano il comune organizza dal 26 al 29 agosto l' «International summer school of religions in Europe». Quest' anno affronterà i temi legati alle «Feste nelle religioni del mondo globalizzato». La partecipazione è gratuita. In tema ambientale, le università dell' Emilia Romagna fanno la parte del leone. A Porretta Terme, a settembre, il corso si occuperà di sviluppo agricolo e rurale attuati nell' ambito della cooperazione, mentre a Bertinoro (27 agosto-3 settembre) la scuola approfondirà l' analisi dello sviluppo urbano nei paesi in via di sviluppo. Si occupano invece di biocarburanti gli appuntamenti «Fuel from biomass», sempre a Bertinoro dal 3 al 9 settembre e «Production of fuels» a Bologna dal 4 al 9 settembre. mcannone@hotmail.com Cannone Maurizio ____________________________________________________________ Repubblica 8 lug. ’06 TELEGRAPH: "INGLESI, NON È ORA DI VIVERE COME GLI ITALIANI?" I miti del Belpaese: l'intramontabile Loren e l'azzurro Toni La "Dolce vita", simbolo dello stile italiano LONDRA - Gli inglesi vorrebbero essere italiani. Invidiano al Belpaese il buon cibo, il rito del bere, il tempo da dedicare ai figli, l'attività fisica: in una parola, sognano la dolce vita. Dopo gli attacchi della stampa tedesca, che in questi giorni di Mondiali si è lanciata contro il calcio azzurro e i suoi tifosi, dalle colonne del quotidiano inglese Telegraph arriva un elogio al lifestyle della penisola. L'italo-americana Cristina Odone, opinionista del giornale, firma un articolo intitolato "Abbracciamo la dolce vita", in cui si chiede: "Non è ora che noi inglesi viviamo come gli italiani?". Che gli italiani siano un po' anglofili, dice la giornalista, non è un mistero. Il "Barbour" è la giacca sempre di moda, Londra è l'ombelico d'Europa in cui tutti vogliono andare, la tata in stile Mary Poppins è uno status symbol sociale. Quello che forse sorprende è che gli inglesi si stanno scoprendo "italofili". Arrivando addirittura - questo lo dice il Telegraph - a defenirci "non solo più civilizzati, ma più inclini alla perfezione". Una lode che passa anche da Sofia Loren e dagli azzurri. La prima, splendida 71enne, prossima a spogliarsi sul calendario Pirelli. I secondi giunti alla finale dei Mondiali dando prova di essere una sorta di "razza superiore". E il segreto sta tutto nelle buone abitudini di vita che permettono agli italiani di mantenersi in salute dieci anni più a lungo degli inglesi (14 anni nel caso delle donne), spiega l'opinionista citando uno studio della Leicester University. Anzitutto, il cibo. Fin da bambini i britannici vengono abituati a mangiare prodotti già preparati, artificiali, industriali: niente di più lontano da una corretta nutrizione. Le mamme inglesi spendono infatti tempo, soldi ed energie in corsi pomeridiani per i più piccoli, senza pensare che a loro farebbe certamente meglio un buon pasto preparato in casa. E questo non significa che le italiane stiano tutto il giorno ai fornelli: hanno imparato infatti a cucinare velocemente, pur usando ingredienti sani e semplici. Anche le mense, secondo Cristina Odone, hanno in Italia un maggiore standard di qualità: costano di più, certo, ma questo è segno che usano alimenti freschi. Poco diverso il discorso per il vino: simbolo della convivialità, fa parte della tradizione culinaria della penisola. Senza eccedere, gli italiani si sanno godere un buon bicchiere di rosso fin da piccoli, quando i nonni abituano i nipoti dando loro il vino allungato con l'acqua. Non come succede agli inglesi, che "bevono come se il proibizionismo fosse dietro l'angolo". Anche perché, ricorda la Odone, per gli italiano il pasto è un rito che riunisce la famiglia, non una veloce perdita di tempo tra le troppe ore di lavoro quotidiano (secondo l'articolo, sarebbero in media 46,3 alla settimana in Gran Bretagna contro le 38,5 in Italia). Nel Belpaese - Mamma mia! - c'è addirittura chi torna casa durante la pausa pranzo, che spesso dura qualche ora. Così, riposati dalla pennichella di metà pomeriggio, gli italiani trovano per il Telegraph lo stimolo a superare lo stress e le energie per muoversi molto più degli inglesi. Che - accusa l'opinionista - non riescono nemmeno a concepire l'idea di fare una passeggiata di piacere, e non solo per dovere. Insomma, conclude Cristina Odone: "La salutare dolce vita è un trionfo di moderazione e un tributo alla tradizione mediterranea che rende superati il Barbour e le tate - e che produce la Loren and il Toni". ________________________________________________________________ L’Unione Sarda 26 Giu. ‘06 OMAGGIO DELL'ATENEO A DUILIO CASULA Rettore dell'Università dal '79 al '91: festa in suo onore nella cittadella di Monserrato Lo scienziato compie 90 anni: istituì Medicina del lavoro Duilio Casula, novant'anni da scienziato. Giovedì docenti, ex allievi e autorità gli renderanno omaggio con convegno Novant'anni compiuti sabato scorso, passati quasi tutti nel mondo della Medicina e dell'Università, dove ha ricoperto la carica di rettore dal '79 al '91; quindi fondatore dell'istituto di Medicina del lavoro. Duilio Casula, nato a Gesturi il 24 giugno del 1916, sarà festeggiato giovedì, dalle 10,30, dalla facoltà di Medicina e dalla sezione di Medicina del lavoro, in una mattinata in suo omaggio, nell'aula magna della cittadella universitaria di Monserrato. Proprio quella cittadella ispirata da Mario Aresu, uno dei maggiori clinici italiani, guida professionale e di vita per Casula: fu Aresu a dar corpo al primo complesso, a Cagliari, che raccogliesse i maggiori reparti universitari, che prese il nome di clinica Aresu, in via San Giorgio (oggi sede di alcuni istituti di altre facoltà). Con la stessa filosofia è nato il progetto del Policlinico: fu proprio Casula a posare la prima pietra dell'ospedale universitario, quando era rettore. Medicina del lavoroI titoli accademici (dalla laurea in Medicina, con il massimo dei voti e dichiarazione di lode nel '41, alla carica di rettore dell'Università di Cagliari) non si contano, così come gli incarichi ricoperti e i riconoscimenti culturali, scientifici e le onorificenze raccolte nella sua lunga attività lavorativa. Tra i tanti meriti di Casula, quello di aver creato l'istituto di Medicina del lavoro, che dal '63 ha avuto sede in via Ospedale. Una sicurezza sanitaria nel campo delle malattie dovute al lavoro, per operai, minatori e tecnici che si dovevano curare dai mali delle miniere e delle fabbriche del Sulcis. La sua attività scientifica ha avuto infatti come principale oggetto proprio la Medicina del lavoro, con ricerche e studi sull'igiene del lavoro, la tossicologia industriale, la patologia e la clinica delle malattie professionali. Dal '79 al '91 l'Università di Cagliari è stata guidata da Casula. Tante le iniziative che ne hanno caratterizzato l'operato: nuove aule, biblioteche ed edifici per le attività universitarie, istituzione di nuovi uffici all'interno dell'amministrazione universitaria, corsi di aggiornamento per il personale, grande attenzione per la ricerca scientifica (con la nascita di dipartimenti, centri interdipartimentali, di studio e ricerca e interuniversitari) e la valorizzazione del patrimonio museografico dell'Ateneo. Mistretta Saranno in tanti giovedì a festeggiare i novant'anni di Duilio Casula. Dal rettore Pasquale Mistretta, al preside di Medicina, Gavino Faa, passando per il sindaco Emilio Floris, il presidente dell'ordine dei medici di Cagliari, Raimondo Ibba, il presidente della società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale e Lorenzo Alessio, ordinario di Medicina del lavoro all'Università di Brescia. Con loro gli allievi di Casula, oggi primari o ai vertici nei reparti di vari ospedali. Matteo Vercelli   ======================================================= ____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 1 lug. ’06 I SINDACI PROMUOVONO IL PIANO DELL’ASL 8 Accordo sostanziale sulle scelte sanitarie strategiche Ambulanza a Sinnai al posto della guardia medica QUARTU. Prove tecniche di concertazione tra comuni e Asl 8 sul piano strategico 2006-2008. Ieri mattina in via Porcu si è tenuto il primo incontro che ha visto riuniti intorno allo stesso tavolo il direttore generale dell’azienda sanitaria Gino Gumirato e i sindaci del distretto che fa capo all’amministrazione quartese. Tra i comuni interessati: Sinnai, Dolianova, Serdiana e Burcei. Dai primi cittadini è arrivato un sostanziale via libera alle proposte contenute nel piano, anche se l’assise di ieri è solo la prima di una lunga serie. Unica nota stonata: la polemica inaugurata qualche giorno fa dal sindaco di Sinnai, Sandro Serreli, sulla chiusura della guardia medica di Solanas «avvenuta — dice il primo cittadino — senza un minimo preavviso e in un periodo cruciale, quello vacanziero, che di fatto priva cittadini e turisti di un servizio fondamentale». Dai vertici dell’azienda sanitaria ribattono numeri alla mano: secondo i tabulati, il presidio di Solanas riceve in media, da luglio a settembre, due visite giornaliere. Troppo poche, dicono ai piani alti di via Peretti, per giustificare l’apertura permanente di una guardia turistica. Inoltre la vicinanza con Villasimius — e quindi con una struttura che può contare su tre medici in servizio 24 ore su 24 — gioca a favore della chiusura. Discorso esaurito? Non proprio, perché alla fine si è trovato un accordo che ha accontentato tutti: Solanas avrà a disposizione un’ambulanza dedicata che opererà giorno e notte. Polemica finita. Per il resto, sembra che gli argomenti discussi ieri abbiano convinto un po’ tutti. A cominciare da Gigi Ruggeri: «È importante che il riordino del sistema di assistenza viaggi di pari passo con le comunità interessate. Mi pare che ci stiamo muovendo in questa direzione, anche per recuperare il silenzio degli ultimi anni. Da parte nostra cercheremo di essere propositivi e comunque, in un clima di massima collaborazione, chiediamo che la razionalizzazione si traduca, com’è stato garantito dal direttore generale, in prestazioni migliori e non solo in tagli ai servizi». Uno spettro paventato da parecchi sindaci, ma dopo le prime riunioni sembra che i timori siano rientrati: «Ritengo che il piano di rientro del debito illustrato dal dg Gumirato, con la riduzione delle ospedalizzazioni e il conseguente reimpiego delle risorse per il miglioramento dei servizi, vada nella giusta direzione e sia un prospetto condivisibile — ha aggiunto Ruggeri — e credo che il piano di razionalizzazione sia giustificato, ma solo si tiene conto delle esigenze del territorio: da questo punto di vista, mi sembra che la strada imboccata sia quella giusta». Novità in vista anche per quanto riguarda il servizio di pronto soccorso dell’ospedale Marino, una delle strutture di riferimento per gli utenti dell’area vasta. A breve saranno ultimati i lavori che interessano la nuova ala del reparto radiologia: col trasferimento nei nuovi locali in costruzione, il pronto soccorso raddoppierà la superficie operativa e quindi potrà accogliere un numero sempre maggiore di utenti senza intaccare gli standard qualitativi del servizio. Infine l’Asl ha intenzione di potenziare le prestazioni specialistiche in molti dei comuni che rientrano nel distretto quartese, a cominciare dai servizi di cardiologia, assistenza domiciliare integrata, fisioterapia e radiologia. Il progetto è in fase di studio e i centri interessati da questo tipo di intervento si conosceranno solo nelle prossime settimane. La concertazione intanto va avanti e nei prossimi mesi il direttore generale Gino Gumirato — che nelle scorse settimane ha incontrato più di tremila operatori del settore sanitario a cominciare da dipendenti, rappresentanti dei sindacati e delle associazioni di volontariato - sarà impegnato in una serie di riunioni con tutti i sindaci della provincia. Pablo Sole ____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 30 Giu. ‘06 «PER LA ASL N.1 CI VUOLE UN MANAGER SARDO» SASSARI. Le dimissioni del direttore generale della Asl di Sassari e la nomina di un manager sardo. È quanto chiesto dal consigliere regionale dei Riformatori Gavino Cassano in una lettera al presidente della Regione Renato Soru e all’assessore alla Sanité Nerina Dirindin.. «Non passa giorno — si legge nella lettera — senza che l’operato dell’attuale direttore generale della Azienda Asl n.1 di Sassari, Bruno Zanaroli, venga messo in discussione da fatti ed episodi di una gravité estrema: pazienti che muoiono in corsia durante banali esami clinici o durante interventi chirurgici, tempi di attesa per le visite sempre piò lunghi, organizzazione del personale che lascia a desiderare, servizi verso l’utenza sempre piò inefficienti, tanto che effettuare una risonanza magnetica presso le strutture pubbliche è oramai un lontano miraggio. Anche la stampa di oggi riporta un tragico evento verifi- catosi nell’ambito ospedaliero di Sassari». Gavino Cassano aggiunge che i dati parlano chiaro. «Durante la gestione dell’attuale manager, nonostante siano in continuo aumento le consulenze esterne, per la sanité sassarese non c’è stato alcun vantaggio, n sotto l’aspetto qualitativo n tanto meno quantitativo. Il personale sanitario e amministrativo viene, in alcuni casi, penalizzato rispetto ad altri privilegiati. Il rapporto con le strutture convenzionate sta sempre peggiorando per il mancato trasferimento di risorse che servono a garantire ai dipendenti le giuste retribuzioni. Alla luce di tutte queste considerazioni — conclude il messaggio di Cassano —, nell’eventualité che Bruno Zanaroli, nella sua qualité di direttore generale, abbia disatteso le linee guida e di indirizzo che la Regione Sardegna ha a suo tempo emanato per tutte le direzioni generali delle aziende sanitarie sarde, chiedo che venga attentamente valutato se ci siano i presupposti per la revoca dell’incarico di direttore generale e la contestuale nomina di un manager tutto sardo, e possibilmente sassarese, che conosca in maniera approfondita i problemi e le necessité della sanité nella citté capoluogo e nell’intero territorio di competenza della Asl n.1». ____________________________________________________________ L’Unione Sarda 2 lug. ’06 MA LA SANITÀ SARDA RESTA IN LISTA D'ATTESA  La rivoluzione mancata Prendersela contro la continuità territoriale in questi giorni è come sparare sulla Croce rossa. Sta succedendo di tutto e di più: aerei che perdono le ruote, atterraggi d'emergenza, aeroporti chiusi per incidenti vari, ritardi cronici, parlamentari che si accorgono sulla loro pelle quanto sia difficile volare. Fino al bicchiere d'acqua negato al povero passeggero malato. Ma il trasporto aereo non è l'unica cosa che non decolla in Sardegna. Per esempio che fine ha fatto la rivoluzione nella sanità? C'erano state grandi promesse, accolte con un briciolo di diffidenza ma anche di rispetto: si parlava di uomini nuovi, di tagli col passato, dello scardinamento di un sistema clientelare portatore di voti ma non di servizi. Il piano sanitario regionale era stato promesso per il dicembre del 2004: non è ancora arrivato ed è solo una cornice all'interno della quale manca però il quadro con la firma d'autore (in pratica: deve essere approvato in Commissione, poi andare in aula, e siamo al luglio del 2006). Entro l'aprile del 2005 era stata promessa l'istituzione della Aziende universitarie. Stiamo ancora aspettando. Ma soprattutto si era promesso un risanamento economico e qualitativo. Nel 2005 la spesa sanitaria regionale è aumentata - rispetto allo stanziamento iniziale - di 300 milioni di euro. Chi alla Regione deve fare i conti ci spieghi perché. Ma, soprattutto, le liste d'attesa, vero cancro della sanità in Sardegna, non solo non sono state abbreviate, ma appena pochi giorni fa L'Unione Sarda ha rilevato la ripresa dei viaggi della speranza per gli interventi di cardiochirurgia verso strutture continentali. Come ai vecchi tempi, che sembravano dimenticati come una delle cose più buie della Sardegna. C'è qualcosa che non va. Perché la rivoluzione si è impantanata? O meglio: perché non è mai partita? Mancano i fondi, dice sommessamente qualcuno; o manca la capacità politica di portare avanti enunciazioni e piani che sulla carta sono bellissimi ma che poi restano a metà del guado dopo un primo positivo impatto mediatico? Basta andare in un qualsiasi reparto di un ospedale cagliaritano per rendersi conto del malessere che serpeggia tra medici, infermieri e tecnici. Oppure chiedere a Nuoro e Sassari quando avranno le stroke unit (cioè le unità per la terapia dell'ictus). Permetteteci di essere pessimisti. Paolo Figus ____________________________________________________________ Repubblica 29 Giu. ‘06 OSTETRICIA, LA LAUREA BREVE HA 10 ANNI Sono 15800 gli iscritti all'albo, ma solo 250 sono maschi. I corsi di studio e il record siciliano di Laura Cappozzo L'ostetricia è un ramo della medicina che si occupa dell'assistenza alla donna durante la gravidanza, il parto e il puerperio. Se è vero che la prima scuola di ostetricia fu istituita a Torino nel lontano 1728, è vero anche che si è dovuto attendere fino al 1996 per ottenere che le Scuole di Ostetricia avessero un riconoscimento accademico attraverso il rilascio di un diploma universitario (laurea breve). Eppure la professione delle ostetriche non può certo dirsi secondaria: da sempre l'ostetrica, o la levatrice d'altri tempi, ha avuto un ruolo consultivo ed educativo importante, non soltanto per le donne, ma anche per la famiglia e per la comunità che la considerava quasi un intimo e amorevole "angelo custode". Il suo intervento, oggi, dovrebbe includere l'educazione prenatale e la preparazione al ruolo genitoriale nonché estendersi ad alcune aree della ginecologia, della pianificazione familiare e delle cure all'infanzia. Dovrebbe essere in grado di fornire la necessaria supervisione, assistenza e consigli alla donna durante la gravidanza, il parto e il periodo post-parto; quasi un'interfaccia tra strutture e competenze diverse puntualizzando di volta in volta quali sono le situazioni che possono essere gestite ambulatoriamente e quali richiedono l'invio ad un centro specialistico o l'ospedalizzazione. Ma come si diventa oggi "ostetrici"? "L'esercizio professionale si consegue con l'esame finale del corso di studi universitari", spiega Giovanni Antonetti, ostetrico e segretario nazionale del sindacato Confedir Sanità, nonché web-master della Federazione Nazionale dei collegi delle ostetriche (Fnco), "all'interno delle facoltà di Medicina e Chirurgia sono infatti stati istituiti appositi corsi di laurea breve per gli ostetrici, così come per gli infermieri. La durata degli studi è di tre anni, al termine dei quali l'esame finale è sufficiente a conseguire l'abilitazione alla professione in ospedali, cliniche, unità sanitarie, a domicilio o in qualunque altro servizio". Ma è bene ricordare che a questo triennio, per chi volesse intraprendere una carriera dirigenziale, si dovrà agganciare un ulteriore biennio al termine del quale si potrà ottenere la laurea magistrale che permetterà l'accesso alla dirigenza medica in diversi ambiti di applicazione: professione sanitaria ostetrica che svolge, con autonomia professionale, attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva. Se molto è cambiato negli anni, una nota è rimasta invariata: il numero degli ostetrici uomini. Su circa 15800 ostetrici iscritti all'albo professionale, solo 250 sono gli uomini, la maggior parte dei quali operanti in Sicilia. ____________________________________________________________ Le Scienze 2 Lug.. ‘06 CAPACITÀ INFORMATICHE: LE DONNE SI SOTTOVALUTANO La mancanza di autostima può precludere anche delle possibilità lavorative Uomini e donne di fronte al computer: se si tratta di un campione scelto in modo casuale sembrano non esserci significative differenze di genere. Se però si bada alla capacità di autovalutazione, le donne ritengono di essere molto meno abili di quanto in realtà siano. È questo il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista “Social Science Quarterly”, il primo teso a valutare le competenze informatiche e in particolare quelle che riguardano la navigazione in Internet, vere o presunte, di uomini e donne. Questa minore autostima del sesso femminile è consistente con precedenti ricerche che hanno avuto come oggetto le capacità matematiche e scientifiche, secondo Eszter Hargittai ricercatrice della Northwestern University e coautrice dello studio. “Anche in quelle aree disciplinari – ha commentato – spesso ci si trova di fronte a una percezione delle proprie capacità che non hanno corrispondenza nella realtà. Per quanto riguarda il Web, la sottostima delle proprie capacità porta a limitare l’utilizzo della Rete e, in ultima istanza, a sentirsi inadeguate alle opportunità di lavoro che il mercato offre.” ____________________________________________________________ Repubblica 3 lug. ’06 LIVIA TURCO, BUONE IDEE MA TROPPA PRUDENZA LIVIA Turco, stimata ministra della Sanità, ha esposto alla Camere le linee guida del suo programma non ancora, peraltro, suffragato da una definizione degli investimenti necessari per attuarlo, in particolare per quanto concerne il progetto straordinario di sostegno al Mezzogiorno al fine di «garantire ai cittadini del Sud le stesse possibilità di cura degli altri e ridurre i costosi flussi migratori di malati verso altre regioni ». Restano anche appese all’incertezza finanziaria le forme del maggiore impegno verso gli anziani, i disabili e la salute mentale: così come la realizzazione delle nuove “case della salute” indicate come la struttura essenziale per erogare sul territorio le cure primarie. Naturalmente non è responsabilità della ministra se non ha fatto cifre ma solo del fatto che non è stata ancora definita dal governo la manovra economica nel suo assieme. Proprio per questo al discorso avrebbe giovato una maggiore concretezza su una questione centrale che non incide neppure per un soldo sui bilanci, quella dell’invasione partitica delle Asl. E’ vero che nel suo intervento Livia Turco ha lodevolmente affermato «l’esigenza che la politica della lottizzazione esca definitivamente dalla sanità, una necessità sulla quale auspichiamo si possa creare una reale condivisione tra tutte le forze politiche». Il solo esempio che ha fatto è, peraltro, riduttivo limitandosi alla constatazione che «la scelta di un direttore generale debba basarsi sul curriculum e l’esperienza documentata e non la fedeltà a questo o a quel partito». Benissimo, proponga criteri di nomina obbligatoriamente oggettivi senza ignorare, però, che la questione centrale resta la facoltà insindacabile del direttore generale di nominare primari e primarietti, infischiandosi dei concorsi o procedendo, addirittura, motuproprio. Il silenzio su questo punto lascia pensare che la ministra paventi in partenza la resistenza dei partiti, a cominciare da quelli dell’Unione, ma se non mette i piedi nel piatto, l’idea di riformare il governo clinico è destinata a rimanere una buona intenzione. Eppure è indubbio che lo snodo per recuperare non solo qualità e professionalità medica ma anche per tagliare alle radici il viluppo affaristico e di potere germinato in modo patologico attorno alla gestione sanitaria, si situi, appunto, nella licenza di lottizzare posti, contratti, forniture, convenzioni coi privati (consiglio di leggere in proposito il recente “Malati e governatori. Un libro rosso per il diritto alla salute” di Ivan Cavicchi, ed. Dedalo). Si tratta di una prassi consolidata che moltiplica costi, sprechi, ruberie di ogni genere e, talvolta, delitti (vedi omicidio Fortugno). Non è per caso che tutti gli ultimi scandali, emersi grazie alle intercettazioni, abbiano propaggini dirette nella sanità dove il regime delle convenzioni con cliniche, istituti diagnostici, case di ricovero private consente ogni tipo di pratica clientelare. Ma anche laddove il Ssn funziona bene e le Regioni operano con efficienza, il sistema di nomine resta preda della volontà politica. Una missiva dalla Toscana (non è la prima né sarà l’ultima) esprime, meglio di qualsiasi discorso, questa realtà desolante. Chi scrive è la dott. Elisabetta Corsi di Murlo (Siena) che mi manda in copia la lettera inviata al presidente della Regione, Martini, e all’assessore alla Sanità, Rossi dopo quattro colloqui sostenuti negli ultimi due anni a Carrara, Pisa, Livorno e Pistoia, concorrendo ad un posto di primario (dirigente di II livello) per la disciplina di patologia clinica, non vincendo alcun incarico. Riassumo per brani: «Dalla esperienza fatta ho tratto la conclusione che nessuno si era preso cura di leggere attentamente il mio curriculum (due lauree, due specializzazioni e trent’anni di carriera ospedaliera) e che soprattutto la scelta del candidato idoneo sarebbe stata fatta in base ad un personale, preordinato e insindacabile giudizio del direttore generale. Certo, questo è quanto definito dalle norme concorsuali ma anche curriculum e servizio prestato dovrebbero contare. Ho invece avuto la sensazione che per me — priva di particolari sponsorizzazioni — e armata solo del patrimonio culturale e professionale, non c’era corsa. La mia partecipazione era solo una inutile, mortificante perdita di tempo. Il mio impegno, la voglia di mettermi in discussione, di aggiornarmi, confrontarmi era e continua ad essere un esercizio decoubertiano. Non le scrivo, però, per fare un caso personale ma perché ritengo le norme concorsuali profondamente sbagliate e non trasparenti, data la loro assoluta discrezionalità». MARIO PIRANI ____________________________________________________________ La Nuova Sardegna 3 lug. ’06 MORTI EVITABILI: MAGLIA NERA A NUORO «Prevenzione per evitare tante morti» Replica della Asl dopo i risultati di un’indagine sulle cause dei decessi NUORO. Qualche giorno fa, i dati di uno studio, avevano assegnato alla Asl di Nuoro la non invidiabile maglia nera delle cosiddette «morti evitabili», ovvero dei troppi decessi registrati tra i 5 e i 69 anni d’età. La causa? Per l’indagine Era stava anche nella carenza di prevenzione primaria. L’Asl 3 incassa il giudizio ma è pronta anche a rilanciare. Per raccontare delle tante iniziative fatte nel nome della prevenzione. «L’analisi condotta dallo studio Era — scrive il responsabile del Centro epidemiologico dell’asl 3, Mario Usala — si riferisce al triennio 2000-2002 e deve essere correttamente considerata come uno strumento di misura del bisogno sanitario. La mortalità evitabile non è tanto un indicatore di efficacia dei servizi sanitari quanto una spia che aiuta a comprendere dove è più rilevante il problema della mortalità per cause sentite come non naturali, oltre che prevenibili». Il professionista poi ricorda che «nella Asl di Nuoro sono state attivate già da tempo alcune azioni per contrastare questo fenomeno, attraverso iniziative nel campo della prevenzione e della promozione della salute e nella ricerca di una maggiore efficienza organizzativa per rispondere alla domanda di salute della popolazione ». Ma la valanga di novità sul fronte prevenzione riguarda anche il campo della patologia tumorale. È proprio in questo settore, infatti, che, come spiega il responsabile Asl, sono stati avviati diversi progetti. Il potenziamento dell’Ematologia e dal 2002 del servizio di Oncologia, del Centro per le cure palliative e dell’Hospice destinato ad accogliere anche i parenti dei malati oncologici, solo per citarne alcuni. «In campo preventivo — continua Usala — si sono realizzate iniziative di dissuasione dall’abitudine al fumo, con campagne di promozione della salute e istituzione di un Centro antifumo presso il Servizio di fisiopatologia respiratoria. Nel settore delle malattie cardiovascolari si sono realizzate iniziative di sensibilizzazione per l’adesione a stili di vita corretti, culminate in specifiche manifestazioni di educazione sanitaria, ma anche, nel campo della terapia, con il potenziamento o istituzione di servizi come l’emodinamica ». Infine, conclude il medico «nel campo della prevenzione degli incidenti e dei traumatismi sono state condotte specifiche iniziative, per esempio la prevenzione degli incidenti domestici in età pediatrica, della dipendenza da droghe o da alcool, attivando anche importanti collaborazioni con altri organi. È stata realizzata una iniziativa di formazione per la riduzione degli incidenti sul lavoro. Sono state realizzate importanti occasioni di promozione della salute mentale: il Progetto Pinocchio e il progetto Assedio». Lo studio bocciava la sanità locale L’azienda risponde: abbiamo fatto tanto per promuovere la salute e la ricerca ______________________________________________________ L’Unità 26 Giu. ’06 I LICENZIATI RISCHIANO ICTUS E INFARTO USA Osservati oltre 4000 uomini in età avanzata E La perdita del lavoro in età avanzata raddoppia le probabilità di avere un attacco di cuore o un ictus. Lo dice uno studio condotto su 4301 americani tra i 5 1 e 61 anni, che sono stati monitorati a partire dal 1992. Tutti stavano lavorando all'inizio del test, mentre dieci anni dopo 582 avevano perso il lavoro. Sul totale dei partecipanti allo screening, 202 avevano avuto un attacco di cuore e 140 un ictus. L'analisi statistica sui dati ha mostrato che chi è stato licenziato dopo i 50 anni ha più del doppio delle probabilità di avere una di queste due patologie di chi continua a lavorare. ____________________________________________________________ La Stampa 3 lug. ’06 COLESTEROLO? TRIGLICERIDI? MEGLIO LA LIPIDOMICA UN TEST NATO DALLE RICERCHE DEL CNR DI BOLOGNA: CHECK UP PER LO STRESS E PER MOLTE MALATTIE ANALISI di colesterolo e trigliceridi: chi non le fa? Ma oggi è possibile andare oltre e ottenere la mappatura completa dei nostri grassi, il cosiddetto profilo lipidomico. La lipidomica è l'ultima nata delle cosiddette «omiche», tra cui la più nota è la genomica, e ha l'obiettivo di aggiungere tante informazioni sulla nostra salute. Il gruppo di ricerca «BioFreeRadicals» dell'Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività (Isof) del CNR di Bologna, guidato da C. Chatgilialoglu, per mano di Carla Ferreri ha messo a punto una tecnica che consiste in un'analisi lipidica accurata delle membrane cellulari, utilizzando quelle dei globuli rossi, disponibili con un semplice prelievo di sangue. Esperti in radicali liberi e lipidi, i ricercatori del gruppo hanno pensato di rendere utilizzabili le conoscenze che si sono accumulate nel settore: uno splendido esempio di impiego immediato della ricerca pura nel campo applicativo. Così l'analisi lipidomica, denominata «Fat-Profile», è per la prima volta disponibile al pubblico di tutta Europa. Fino a tempi molto recenti lo studio delle membrane si era concentrato su proteine e scambi ionici. Poi l'attenzione è andata anche ai lipidi, che ne costituiscono la parte quantitativamente maggiore: e ormai è certo che non hanno solo funzione strutturale, ma influiscono anche sulle funzioni cellulari. Avvalendosi dei dati provenienti dalla letteratura biochimica e medica, i ricercatori di Bologna hanno raccolto i valori normali riguardanti le frazioni di acidi grassi presenti. Poi hanno esaminato e organizzato i dati relativi alle varie patologie. E infine sono riusciti a introdurre la rilevazione di lipidi insoliti, gli isomeri «trans», verosimile testimonianza di danno cellulare provocato dai radicali liberi. Come si procede nell'analisi? Ottenuto il profilo lipidomico di un paziente, lo si confronta con quello normale per rilevare eventuali scompensi. Possono così rendersi manifesti squilibri dovuti a una dieta sbilanciata oppure a uno stato di stress cellulare. Alterazioni dei valori di acidi grassi saturi e monoinsaturi, infatti, vengono messi in relazione a malattie dermatologiche e cardiovascolari, mentre scompensi riguardanti i diversi tipi di poliinsaturi sono spesso correlati a malattie del sistema immunitario e degenerative del sistema nervoso. Squilibri in quest’ultimo settore sono anche associati all'invecchiamento e sono un campanello d'allarme nella patogenesi del cancro. Una valutazione medica caso per caso, fatta anche alla luce dello stato di salute e della storia del paziente, aiuterà a interpretare gli scompensi e a fornire indicazioni terapeutiche, consistenti in modificazioni e integrazioni dietetiche. Significativo l’esempio di un paziente affetto da dermatite a sfondo allergico (in cui coesistono la patologia dermatologica e alterazioni del sistema immunitario), che mostrava elevati livelli di acidi grassi saturi, pochi omega-6, lipidi «trans» in quantità sensibile e poco DHA (omega-3). Ecco la «ricetta» nutraceutica: integrazione dietetica con omega-3 e vitamine A-C-E ad azione antiossidante, assunzione di coenzima Q ad azione antiradicalica e, inoltre, eliminazione dietetica dei grassi saturi. Il «Fat-Profile» può essere utilizzato anche a livello preventivo e in questo caso la «ricetta» potrà riuscire a correggere squilibri osservati prima del verificarsi di una situazione patologica. Un esempio è la tempestiva correzione dietetica di uno scompenso lipidico in gravidanza che consente lo sviluppo ottimale del feto e una buona crescita neonatale. E naturalmente non ci si limita a questo caso: tanti piccoli squilibri possono essere rettificati, aiutando a prevenire i danni legati all'invecchiamento, l'insorgenza di patologie cardiovascolari e del cancro. Carla Cardano ____________________________________________________________ Libero 7 Lug. ’06 CON GLI ULTRASUONI I DENTI SPEZZATI RICRESCONO IN DODICI SETTIMANE NON (r.s.) I denti che si rompono accidentalmente possono ricostruirsi da soli con l'aiuto degli ultrasuoni. La scoperta è stata fatta da ricercatori dell'Università dell'Alberta, in Canada, i quali hanno sviluppato uno strumento che, applicato sul dente spezzato, lo fa ricrescere in 12 settimane. Grazie alle nanotecnologie, si è riusciti a costruire un apparecchio della grandezza, di un'unghia che può essere applicato direttamente in bocca senza provocare fastidi. Le prime applicazioni della, scoperta saranno disponibili commercialmente fra due anni. ____________________________________________________________ Libero 7 Lug. ’06 COS 'É IL NOCEBO: SFIDUCIA NEI FARMACI Harvard, provoca gravi danni Adesso sappiamo CAMBRIDGE Siamo convinti dell'inefficacia di un certo farmaco? Addirittura pensiamo che esso possa farci più male che bene? Attenzione: questo può significare che siamo vittime di un effetto ancora poco conosciuto, ma che paradossalmente riguarda oltre il 50% di chi è costretto a assumere medicinali. Si tratta del cosiddetto effetto nocebo. Con questo termine si indica il contrario dei più noto effetto placebo. L'effetto placebo si manifesta nel momento in cui si è convinti dell'efficacia di una certa sostanza, sebbene in realtà questa non contenga alcun principio attivo utile alla salvaguardia del nostro organismo. Ecco un esempio pratico. Il medico ci suggerisce di bere un bicchiere d'acqua per eliminare il mal di testa. Ci dice che disciolto in esso c'è anche un farmaco "miracoloso" in grado di spazzar via la cefalea. In realtà non è così: nel bicchiere c'è solo l'acqua ma noi decidiamo comunque di credergli. Morale. Alla fine il nostro mal di testa scompare. Tuttavia il dolore al capo non ce lo fa passare il fantomatico medicinale che ci ha consigliato il dottore, ma solo la nostra autoconvinzione che in quel bicchiere possa verosimilmente nascondersi un farmaco valido. Anche per l'effetto nocebo accade la stessa cosa, ma al contrario. Dunque ponendoci in una situazione analoga alla prima, eccoci di nuovo dal dottore. II quale ci indica la terapia con cui sconfiggere definitivamente il mal di testa. Ma nel prescriverla ci dice anche che non è sicura la sua efficacia e che inoltre si può andare incontro a degli effetti collaterali. Torniamo a casa e cominciamo ad assumere il farmaco. Risultato. Gli effetti collaterali si fanno sentire subito e il mal di testa anziché diminuire aumenta. L'effetto nocebo ha così il sopravvento e noi rischiamo di non curarci come si deve. A sollevare il problema, sottovalutato e sottostimato, che non reca solo danni alla salute ma anche al portafoglio (c'è gente che butta viale medicine appena comprate), è un team di ricercatori di Harvard. Questi intendono ora sollecitare i medici a prendere provvedimenti in tal senso. Secondo gli studiosi infatti l'effetto nocebo parte tutto dall'inadeguato rapporto medico paziente. «Se il malato ha la sensazione che il medico gli prescriva un farmaco soltanto per chiudere il colloquio e liquidarlo, la sua delusione si trasferisce sul medicinale». Allora compare l'effetto nocebo. É il farmaco che diventa cattivo al posto dello specialista. Nella prescrizione infatti si intrecciano sempre fattori psicologici e chimici. MARIO GALVANI ____________________________________________________________ la Repubblica 5 Lug. ’06 CUORE, RIVOLUZIONE NELLA DIAGNOSI Al Niguarda la prima risonanza magnetica cardiovascolare GUARDARE cuori e arterie in tre dimensioni, per fare ricerca, e per diagnosticare le malattie cardiovascolari. Da oggi sarà possibile farlo al Centro di cardiologia e cardiochirurgia `De Gasperis' dell'ospedale Niguarda, grazie a un'apparecchiatura, del valore di un milione e 700mila euro, che permetterà di combattere le malattie del cuore, considerate la prima causa di morte in Italia e in tutto il mondo occidentale. «L'esplorazione tridimensionale completa e approfondita- spiega Ettore Vitali, direttore del Centro di Riguarda - consentirà al medico di individuare con tempestività la zone d'intervento e segnalarle al cardiochirurgo prima ancora di un'eventuale operazione». ___________________________________________________ il Giornale 08-07-2005 OGNI ANNO 20 MILIONI DI ECOGRAFIE Seimila specialisti si sono riuniti a Milano per il congresso biennale della Società italiana di radiologia Gandini; «Oggi possiamo visualizzare le, alterazioni patologiche degli organi più profondi» Luigi Cucchi I progressi della, diagnostica e dell'interventistica sono stati al centro dell'attenzione del congresso della. Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM) che si è svolto nei giorni scorsi a Milano sotto la presidenza del professor Paolo Cortivo di Trieste ed al quale hanno partecipato oltre seimila medici specialisti che avranno come nuovo presidente, fino al 2008, il professor Roberto Lagalla, direttore dell'Istituto di radiologia dell'Università, di Palermo. «La cardioradiologia e l’imaging in oncologia sono state al centro dell'attenzione dei congressisti», precisa Giovanni Gandini, titolare della cattedra di radiologia dell'università di Torino, presidente della sezione di radiologia interventistica della SIRM, aggiungendo che la Tomografia computerizzata, (TC), la cardio e l'angiografia TC sono le metodiche di imaging diagnostico attualmente più utilizzate, dopo l’ecocolordoppler nella, diagnosi delle malattie vascolari. Infatti la TC, che grazie alle nuove apparecchiature multistrato sempre più veloci, consente di esaminare in tempi brevissimi, dell'ordine di pochi secondi, ampi volumi corporei ha notevolmente ampliato le potenzialità dia,gnostiche della, metodica, sostituendosi all'angiografia nello studio della patologia, sia cardiaca sia dei vasi arteriosi reativamente alla radioterapia. oncologica in questi ultimi anni accanto all'imaging tradizionale, utilizzato per il piano di cura del paziente, si sono rese disponibili altre metodiche basate su un imaging funzionale come la. PhT e la TC-PET in grado di determinare una, modificazione dell'atteggiamento terapeutico in una elevata percentuale di pazienti e, soprattutto, di consentire una migliore identificazione del volume tumorale con una sensibile riduzione della, dose ai tessuti sani. La. Risonanza Magnetica (RM), indagine di eccellenza nella valutazione del sistema nervoso centrale, trova nuovi e promettenti campi di applicazione nello studio delle patologie addominali, dell'apparato vascolare e cardiaco e della mammella. 1 progressi della tecnologia hanno inoltre consentito la realizzazione di nuove apparecchiature RM "aperte" di elevata, potenza che permettono di esaminare senza problemi anche i pazienti claustrofobici. Anche l’Ecografia - aggiunge il professor Gandini - che è la metodica di imaging più diffusa al mondo, ha contributo ai più recenti progressi che la scienza biomedica ha, realizzato in campo diagnostico e terapeutico. Ogni anno in Italia vengono effettuati oltre venti milioni di esami ecografici: la non invasività l'innocuità, il basso costo (rispetto a TC e RM) e l'ampia, disponibilità di apparecchiature ne fanno l'indagine di prima istanza nello studio di un gran numero di organi superficiali e profondi e nella valutazione di molte malattie. I radiologi hanno poi affrontato il tema delle implicazioni economico-gestionali, legate alle nuove tecnologie informatiche. «L'obiettivo è la realizzazione di procedure sempre meno invasive e che abbiano un buon rapporto qualità-prezzo. La qualità rimane l'elemento prioritario e al centro di ogni sceltavi deve sempre essere il paziente», spiega il professor Gandini sottolineando l'importanza della; diagnosi precoce per garantire una possibilità di cura ai pazienti, influenzando positivamente la loro qualità di vita. «Nei tumori della mammella diagnosticati in fase precoce il tasso di guarigione supera il 90 per cento e l'intervento chirurgico è oggi molto meno demolitivo. La possibilità di eseguire agobiopsie utilizzando come guida la Risonanza Magnetica rappresenta un ulteriore passo avanti». Nell'ambito della radiologia interventistica, vascolare grandi progressi si sono compiuti nel trattamento degli aneurismi dell'aorta e delle patologie steno-ostruttive. Con le nuove tecniche di angioplastica, come quella sottointimale e con l'impiego di strumentari sofisticati (quali il laser ad eccimeri) si spera di poter ridurre ulteriormente il numero delle amputazioni che oggi in Italia sfiorano le 15 mila all'anno»: Anche la radiologia interventistica extravascolare dimostra grandi potenzialità sia nel trattamento delle complicanze nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato, evitando in una elevata percentuali di casi un reintervento che sarebbe molto gravoso. Una intera sessione del congresso è stata dedicata agli anziani. Anche la radiologia - sostiene il professor Gandini - non può prescindere dal tenere in conto l'età del paziente, in costante aumento. «La radiologia sta vivendo un momento magico grazie all'avvento de1l’imaging molecolare, della diagnostica a, luce ottica, delle nanotecnologie e della terapia genica per cutanea. Si dilatano in modo impensabile le possibilità di cura ed al radiologo è richiesta una formazione interdisciplinare sempre più complessa», afferma il professor Francesco Dalla Palma, primario radiologo all'ospedale di Trieste e presidente della SIM fino alla conclusione del congresso. ____________________________________________________________ Le Scienze 4 lug. ’06 UN CAVALLO DI TROIA CONTRO L'EMOFILIA Il problema riguarda circa il 30 per cento degli emofilici Ricercatori del Medical College of Wisconsin, a Milwaukee, hanno scoperto – dandone notizia sull’ultimo numero del Journal of Clinical Investigation – quella che potrebbe rappresentare la chiave di volta per una terapia genetica dell’emofilia A (la forma più frequente, che ha un’incidenza cinque volte superiore all’altra forma, l’emofilia B). L’emofilia A è dovuta a una deficienza di un fattore di coagulazione del sangue, il fattore VIII, legata a fattori genetici e viene curata con trasfusioni – in media tre volte alla settimana – di emoderivati. Nel 30 per cento circa dei pazienti, si sviluppa tuttavia una reazione immunitaria contro il fattore VIII fornito per trasfusione, impedendo a esso di svolgere la sua funzione. Nel modello animale costituito dal topo, i ricercatori di Milwaukee sono riusciti a introdurre in cellule staminali destinate a trasformarsi in piastrine il gene per la produzione del fattore VIII, in modo da proteggerlo dall’attacco degli anticorpi ed essere comunque disponibile al momento del bisogno. Prima di passare a una sperimentazione sull’uomo, tuttavia, la nuova procedura verrà testata su altri modelli animali. ____________________________________________________________ Le Scienze 8 lug. ’06 IL RICCIO DI MARE SVELA I SEGRETI DELL’ALZHEIMER Placche e fibrille sarebbero solo formazioni reattive di difesa del cervello Le responsabili dell’Alzheimer non sono, come si pensava, le fibrille che proteina beta-amiloide (beta-A) forma sui neuroni dei malati, bensì aggregati ancora più piccoli, oligomeri della proteina beta-A. A evidenziarlo è uno studio condotto sull’embrione di riccio di mare dai ricercatori di due istituti del CNR, dell’Istituto di biofisica (Ibf) e dell’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare di Palermo, i cui risultati sono stati pubblicati sull’ultimo numero della rivista Faseb Journal Express. “L’Alzheimer costituisce una delle grandi emergenze sociali e sanitarie di questi anni. – dice Pier Luigi San Biagio dell’Ibf – A livello neuropatologico, com’è noto, questa malattia è caratterizzata da una degenerazione del tessuto cerebrale, il quale viene ‘attaccato’ da placche senili il cui principale componente è la beta-A. Questo peptide è un prodotto del metabolismo cellulare e circola normalmente nei fluidi corporei, ma sui neuroni dei malati può precipitare in forma di fibrille e di altri aggregati oligomerici, una sorta di fibrille più piccole e sottili”. Lo studio in vitro e in vivo attuato per evidenziare nuovi aspetti legati all’aggregazione di questa sostanza e alla sua incidenza patologica, mediante tecniche spettroscopiche e di scattering di ha permesso di comprendere le basi molecolari del meccanismo di formazione delle fibrille. Nell’osservazione in vivo effettuata sull’embrione di riccio di mare, il cui funzionamento cellulare da un punto di vista biochimico è simile a quello dei mammiferi, è emerso che i monomeri e gli oligomeri di beta-A producono un maggior numero di malformazioni negli embrioni rispetto alle fibrille e che talvolta arrivano a causare la loro morte cellulare (apoptosi). La ricerca avvalora dunque l’ipotesi che siano gli oligomeri più che le fibrille la causa primaria del disturbo; le fibrille potrebbero anzi essere un meccanismo di difesa messo in atto dall’organismo per ridurre l’azione tossica degli oligomeri. ____________________________________________________________ Corriere della Sera 1 lug. ’06 L' ARIA CONDIZIONATA FA INGRASSARE «Si consumano meno calorie» Studio Usa: non fa bruciare le riserve di grasso. Ma c' è chi è scettico Un italiano fra gli autori delle ricerca. L' esperto: «Attenti anche agli antistaminici». L' insonnia fra le cause dell' aumento di peso Stile di vita, soprattutto alimentare, e sedentarietà. Sono i principali fattori predisponenti all' obesità. Ma ve ne sono altri. Legati agli agi della vita moderna. Come l' aria condizionata. Affermarlo mentre il termometro supera i 32 gradi appare quanto meno autolesionista. E l' impatto sui media americani del grande lavoro di revisione scientifica su almeno 100 ricerche internazionali riguardo le cause che favoriscono i chili di troppo ha aperto il dibattito in campo medico. David Allison, direttore della Clinical Nutrition Research Center all' università dell' Alabama, difende le sue conclusioni: l' aria condizionata fa ingrassare. Secondo il ricercatore americano, quando il corpo si trova al di sopra o al di sotto della «zona termoneutra», quando cioè patisce il caldo o il freddo, aumenta il carico di energia spesa che a sua volta fa consumare le riserve energetiche dell' organismo come il grasso. Di conseguenza, tutto ciò che mantiene l' organismo fermo nella «zona termoneutra» non solo non aiuta a consumare le riserve di grasso ma favorisce i chili di troppo. Anche perché il tipo di alimentazione non viene adeguato a questa stabilità della temperatura ambientale. Sul lavoro come in casa, auto o mezzi di trasporto compresi. Riscaldamento d' inverno e aria condizionata d' estate bruciano soldi (bollette di luce e gas) ma non le calorie. I «centri» termoregolatori del corpo si «addormentano» e non consumano energie. E di questo Allison è convinto come lo è Angelo Pietrobelli, uno dei firmatari dello studio pubblicato sull' International Journal of Obesity, pediatra dell' università di Verona e della Columbia University di New York. Pietrobelli anzi aggiunge: «Per gli italiani un fattore predisponente è anche quello di voler imitare gli americani negli stili di vita sbagliati». «Tu vuo' fa l' americano, ma sei nato in Italì», cantava Renato Carosone in un' Italia ancora affamata dopo la seconda Guerra mondiale. Un ritornello che nel 2006, a fame post-bellica ormai nel dimenticatoio, potrebbe essere molto efficace come slogan per correggere stili di vita errati. «Oggi - avverte Pietrobelli - i nostri figli sono in sovrappeso come gli americani di qualche anno fa. Anche da noi è aperta la via all' obesità come malattia sociale, l' attuale emergenza sanitaria negli Stati Uniti. Una via che siamo ancora in tempo a invertire». Sotto accusa fast food e sedentarietà, o assenza di esercizio fisico. Il top della negatività: auto e aria condizionata. Il top della positività: bicicletta e sudore. Ma non basta. Allison avverte: «Oltre a fast food e assenza di esercizio fisico ci sono tanti altri fattori insospettabili che contribuiscono all' epidemia di obesità». Quali? «La privazione cronica del sonno, smettere di fumare e vari farmaci molto diffusi come gli antistaminici e le medicine anti-diabete». Perché? Pietrobelli risponde: «Lo studio è una revisione di tutta la letteratura al riguardo ed ecco le conclusioni più curiose: quando uno smette di fumare aumenta di peso perché mangia di più (la nicotina c' entra poco), il cattivo sonno fa ingrassare (l' insonnia tante volte è associata al mangiare notturno), gli antistaminici danno fame come effetto collaterale e gli anti-diabete influiscono sull' equilibrio diabete-insulina». Ovviamente, avvertono i ricercatori, «non lanciamo nessun messaggio a favore delle sigarette: bisogna smettere di fumare, aiutandosi con una dieta adeguata». L' ipotesi di Allison sull' aria condizionata è però quella che ha incontrato più scetticismo tra i colleghi: «C' è gente che resta magra e gente che ingrassa in ogni tipo di clima ed è dunque improbabile che i condizionatori abbiano un ruolo», sostiene Darwin Deen, professore di medicina sociale all' Albert Einstein College of Medicine di New York. Ma Pietrobelli difende l' ipotesi: «Va ad influire sul metabolismo, sul consumo energetico. Le comodità favoriscono l' obesità cambiando lo stile di vita». Il vivere senza seguire le stagioni sembra proprio in antitesi alla linea. Pappagallo Mario ____________________________________________________________ Corriere della Sera 2 lug. ’06 MAL DI SCHIENA SU DUE RUOTE Vertebre Attenti ai microtraumi Avventurarsi in motorino, o in bicicletta, per le strade sconnesse delle nostre città a volte è un vero percorso a ostacoli: buche da evitare, rotaie dei tram da superare, asfalto precario e pavimentazione in pietra del centro mettono a dura prova l' abilità dei guidatori di due ruote. Ma sono una minaccia anche per la salute della schiena: secondo uno studio apparso sull' European Spine Journal, i microtraumi ripetuti, cui si va incontro viaggiando su due ruote, alla lunga possono regalare dolori alla schiena e alla cervicale. L' ipotesi è che dischi vertebrali e legamenti della schiena, sottoposti a piccoli, ma continui traumi, dovuti alle vibrazioni che la colonna deve sopportare e ammortizzare durante la guida, siano esposti a uno stress anomalo e, col tempo, finiscano per usurarsi prima e più del normale. Lo proverebbe anche l' elevata frequenza di mal di schiena, sciatica e cervicale che si registra fra i vigili urbani e i poliziotti che passano la giornata sulle moto, come ha rivelato una ricerca dell' Università di Milano Bicocca, che suggerisce controlli mirati regolari. «I microtraumi ripetuti hanno un effetto negativo su scheletro e articolazioni, tanto che si documentano fratture "da durata" dovute a movimenti insistiti, ad esempio nei ballerini o nei saltatori» conferma Alessandro Faldini, presidente della Società italiana di ortopedia e traumatologia. «La colonna vertebrale, grazie alla possibilità di cambiare curvatura e alla presenza dei dischi intervertebrali, è un ammortizzatore naturale per le sollecitazioni meccaniche cui veniamo sottoposti. Tuttavia, se tali sollecitazioni si ripetono molte volte, il sistema si usura più velocemente». «Le vibrazioni dovute alle irregolarità della strada possono creare piccoli traumi alla colonna, anche se danni veri e propri si hanno solo se si passa alla guida molto tempo» tranquillizza l' esperto. «E' il caso ad esempio della lombalgia dei camionisti, frequente a chi guida mezzi non ammortizzati». La salute della schiena è a rischio anche per chi sceglie la bici come sport: una ricerca del Dipartimento di ortopedia dell' Università olandese di Groningen mette sotto accusa la "mountain bike", che provocherebbe mal di collo e mal di schiena per colpa delle vibrazioni continue e della postura. Altrettanto "pericoloso", per chi ha già una predisposizione a sviluppare lombalgia, è correre sull' asfalto o senza scarpe in grado di assorbire il trauma dell' impatto con la strada. «Lo sport fa bene, ma bisogna sceglierlo con criterio e praticarlo senza esagerare, perché scheletro e articolazioni ne pagano il prezzo: cautele che sono indispensabili soprattutto nei bambini durante la fase di crescita, anche perché una vera cura del mal di schiena non esiste e una volta fatto il danno si può solo lenire il dolore» conclude Faldini. Elena Meli I consigli E' possibile evitare i piccoli traumi alla schiena? Ecco cosa dicono gli esperti. Tenere sotto controllo il peso, perché i chili di troppo pesano anche sulla schiena. Praticare sport, ma senza eccedere, scegliendo i materiali giusti (ad esempio scarpe ammortizzate per la corsa). Cercare di non passare troppo tempo in motorino o in bicicletta ogni giorno, soprattutto su strade sconnesse. Mantenere la postura corretta per non accentuare i danni dovuti ai microtraumi. Meli Elena ____________________________________________________________ Corriere della Sera 4 lug. ’06 MALATTIE E CURE AL MASCHILE, NASCE LA CLINICA DELL' UOMO Policlinico Nasce a Milano la «Clinica dell' uomo». Dopo donne (Mangiagalli) e bambini (De Marchi e Buzzi) anche gli uomini potranno contare su un centro d' eccellenza che avrà come epicentro l' uomo e i suoi problemi di salute. L' indirizzo? In pieno centro di Milano, via della Commenda 15, nella sede che per decenni è stata considerata la scuola di urologia italiana fondata dal professor Luigi Pisani. Il nuovo reparto di urologia «Cesarina Riva» dell' ospedale Policlinico - diretto dal professor Francesco Rocco, 59 anni - nasce dopo tre anni di ristrutturazione finanziati dalla Fondazione per la ricerca e la terapia in urologia (R.T.U.) e dalla Fondazione Cariplo. La fondazione del Policlinico è invece intervenuta finanziando tutte le attrezzature scientifiche: un esborso che, in totale, supererà i 4 milioni e mezzo di euro. Il progetto «Clinica dell' uomo» nasce nel 1998 quando il professor Rocco - ordinario di urologia all' Università Statale - era primario a Monza. L' opportunità dopo un colloquio con paziente-industriale diventato amico. «Gli dissi - racconta il direttore - che mi sarebbe piaciuto tornare a Milano ma che il Cesarina Riva risaliva al 1908». «Mettilo a posto» fu la risposta del mecenate, «qui ci sono i quattrini». Da allora è stato un crescendo che vedrà i lavori terminare a fine settembre. Nel 2003 il professor Enrico Pisani andò in pensione e il professor Rocco arrivò a Milano. «Ho avuto il massimo della collaborazione dai vertici del Policlinico e abbiamo attuato una sinergia tra pubblico e privato». L' obiettivo? «Avere nel cuore di Milano - dice ancora il professor Rocco - una struttura attrezzata, confortevole, efficiente ma soprattutto umanizzata». Ma la «mission» espressa dallo sponsor privato andava al di là di una mera ristrutturazione. «Da qui dobbiamo far partire iniziative di valore sociale e scientifico» aveva detto il mecenate, lasciando intendere che avrebbe voluto far nascere una «Clinica dell' uomo». «Se ci pensiamo bene - sottolinea il professor Rocco - le donne hanno riguardi e tutele che il maschio non ha». Dal punto di vista sociale gli obiettivi sono ambiziosi (e già in parte attuati): liste di attesa più brevi e degenze confortevoli e sempre temporalmente limitate. E ancora: ampliare quella che è chiamata la «dismissione protetta». Spiega il direttore di urologia:«Già oggi a tutti i malati della Asl di Milano mandiamo a casa un nostro medico nella settimana successiva alla dimissione. In un anno e mezzo ne abbiamo visitati oltre 450 ». Il nuovo reparto di urologia Cesarina Riva (nel 1908 la sua costruzione costò 100 mila lire) si estende su una superficie di oltre 2000 metri quadrati, conta 24 letti e tre sale operatorie (due delle quali attrezzate per i trapianti) e una ventina di medici. Il comfort e la privacy per il paziente sono paragonabili a quelli di una clinica privata. FRANCESCO ROCCO *** «Dopo donne (la Mangiagalli) e bambini (De Marchi e Buzzi) ora anche gli uomini potranno contare su un centro d' eccellenza dedicato a loro» I numeri INVESTIMENTI 4,5 milioni di euro investiti tra pubblico e privato (Fondazione per la ricerca e terapia in urologia) STRUTTURA La Clinica dell' uomo si sviluppa in 2.250 metri quadrati: offre 12.000 prestazioni ambulatoriali l' anno, 24 letti, 3 sale operatorie, 1.200 interventi in day-surgery, 1.110 interventi chirurgici a pieno regime e impiega 20 medici, 35 infermieri e 3 caposala Berticelli Alberto ____________________________________________________________ Corriere della Sera 2 lug. ’06 PERCHÉ LE CELLULE TUMORALI NON MUOIONO MAI Ricerca Ricercatori dell' Università del Texas hanno scoperto perché nei tumori il fenomeno che porta normalmente le cellule alla morte, si blocca. Ad alterare questo ritmo chiave della vita, impedendo che proceda verso la sua fine naturale, è l' Atp, la molecola deputata a fornire il carburante per i processi cellulari. Nelle cellule tumorali, l' Atp interviene nelle prime fasi dell' apoptosi (la morte cellulare programmata che passa attraverso una sequenza ben definita di eventi) bloccando l' azione delle due proteine che innescano il processo. Una di queste è il citocromo C, già oggi un bersaglio delle terapie antitumorali che cercano di stimolarne la produzione per «spingere al suicidio» le cellule malate. Lo studio sottolinea però che una terapia anti-cancro efficace dovrebbe affiancare a questa strategia un metodo che permetta di ridurre la disponibilità di Atp per le cellule tumorali in modo che il citocromo C prodotto possa svolgere la sua attività. ____________________________________________________________ Corriere della Sera 25 Giu. ‘06 NELLA TERAPIA DEL DOLORE NON SIAMO ULTIMI L' intervento Ho letto l' articolo di Umberto Veronesi, pubblicato in queste pagine domenica 28 maggio, dal titolo: «Non è finita la lotta al dolore» e vorrei replicare ad alcune affermazioni che non mi trovano d' accordo. Quando si parla, ad esempio, di dolore «inutile», si deve considerare che esso non è sempre di diagnosi facile: un errore può condurre a conseguenze tragiche, come dalla mia casistica ed esperienza medico-legale potrei ampiamente riferire. Inoltre, negli ospedali italiani, praticare l' analgesia dopo l' intervento chirurgico è prassi da molti decenni. Nel 1935, al primo Congresso nazionale di anestesia, fu affidata ad Antonio Lunedei una relazione dal titolo «Il dolore postoperatorio»; negli anni ' 50, il fondatore della terapia del dolore, John Bonica, insegnò a tutti noi che, sedando il dolore postoperatorio, si fa guarire prima il malato. Se oggi in qualche ospedale il trattamento del dolore non è di routine è per la cronica carenza di organici ed è su questo che vedo importante l' intervento di ministri e assessori. Si valuta che le persone tormentate da un dolore cronico di qualsiasi origine e tipo (dalla cefalea, al mal di schiena) in Italia siano oltre 20 milioni! Il dolore cronico è un dramma in cui 1 italiano su 3 è coinvolto. Ma l' Italia nella terapia del dolore non è stata mai «fanalino di coda». Nel ' 74, il Board dell' International Ass. for the Study of Pain (Iasp) scelse per il primo Congresso mondiale sul dolore Firenze, a riconoscimento di quanto l' Italia stava facendo; la massima onorificenza internazionale per attività scientifiche o cliniche sul dolore, la Honorary Member della Iasp, è stata assegnata dal ' 74 ad oggi nel mondo solo a 46 algologi, fra i quali chi scrive, italiano. L' Università di Milano fu la prima al mondo ad istituire, nel 1983, una Cattedra di fisiopatologia e terapia del dolore, alla cui direzione venni chiamato. L' attuale Presidente degli algologi europei e il Presidente mondiale dei clinici del dolore, sono italiani: i professori Giustino Varrassi e Diego Beltrutti. E va ricordato che nel 1980 a Milano si tennero, fra i primi in Europa, corsi d' aggiornamento in terapia del dolore per i medici di famiglia. La passione, l' impegno, la competenza degli anestesisti italiani contro il dolore è sempre stata ammirevole, con risultati eccellenti. Grazie alla dedizione dei pionieri della terapia antalgica, che è doveroso ricordare. Mario Tiengo Emerito di fisiopatologia e terapia del dolore, Univ. di Milano; pres. Ass. Italiana Lotta al Dolore Tiengo Mario ________________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 Giu. ‘06 SESSO SICURO, A LEZIONE DAI SARDI Medicina. I risultati di un congresso internazionale al T-Hotel Al letto gli isolani più prudenti dei continentali Le donne sarde sono in buone mani. Anzi, ottime, se si pensa che la clinica ostetrica e ginecologica dell'Università di Cagliari figura fra le più operose e avanguardistiche in Italia per quanto riguarda la ricerca scientifica. Ma noi isolani ci distinguiamo anche per la nostra prudenza e lungimiranza in materia di rapporti sessuali: le coppie sarde potrebbero tranquillamente tenere lezioni di sesso sicuro agli indisciplinati e imprudenti continentali, ben più riluttanti di noi a utilizzare, durante i rapporti, adeguati contraccettivi per prevenire malattie sessuali o gravidanze indesiderate. Sono i dati che emergono con prepotenza dal Congresso-maratona, cominciato mercoledì 21 giugno e conclusosi sabato 24, che ha riunito al T-Hotel alcuni fra i più illustri studiosi e ricercatori nazionali e internazionali nel campo della ginecologia e delle malattie sessualmente trasmissibili. Il convegno ha messo in luce argomenti e studi talvolta poco reclamizzati, ma legati a patologie in grado di condizionare negativamente la vita delle persone. In particolare, per quanto riguarda le donne, si è posto l'accento sulla piaga rappresentata dall'endometriosi, malattia comunissima caratterizzata da dolore pelvico cronico, infertilità e intensa sofferenza durante il rapporto sessuale. Gianbenedetto Melis, direttore della clinica ostetrica e ginecologica dell'Università cagliaritana, ha sviscerato l'argomento: «Noi curiamo il dolore profondo accusato dalle nostre pazienti, spesso dovuto all'endometriosi, considerandolo alla stregua di una malattia vera e propria. Esistono infatti interventi chirurgici mirati, in grado di rimuovere definitivamente il dolore pelvico. Mi preme inoltre ricordare che la nostra clinica, in uno studio condotto nel 2004 dal "Corriere della Sera" e da "Repubblica", si è classificata al terzo posto in Italia per attività di ricerca e quantità di studi pubblicati». Melis ha poi rimarcato che «noi sardi siamo al primissimo posto in Italia per l'uso corretto e costante dei contraccettivi. Più del 30 % delle coppie sarde sfrutta i vantaggi della pillola, percentuale che nel resto di Italia si attesta intorno al 20%. Il motivo di tanto zelo? Gran parte del merito va certamente attribuito alle campagne educative condotte dalle università di Cagliari e Sassari, sempre attentissime alle problematiche legate alla sessualità». Matteo Bordiga ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 27 Giu. ’06 DIAGNOSI DELLA SCLEROSI MULTIPLA CON LA RISONANZA MAGNETICA  SASSARI. La diagnosi della sclerosi multipla con l’utilizzo della risonanza magnetica. Questo il tema del convegno che si è svolto nell’aula blu della Facoltà di medicina e chirurgia. Un incontro, inserito in uno dei corsi di aggiornamento per neurologi e radiologi del programma Ecm (Educazione continua in medicina), al quale hanno partecipato due tra i massimi esperti mondiali di risonanza magnetica della sclerosi multipla: Massimo Filippi e Marco Rovaris, che lavorano al San Raffaele di Milano e fanno parte dell’equipe internazionale presieduta dal professor John Mcdonald per la messa a punto dei nuovi criteri diagnostici della sclerosi multipla. La grave malattia degenerativa del sistema nervoso in Italia colpisce circa cinquantamila persone. Sono passati cinque anni da quando Mcdonald ha proposto nuovi criteri per la diagnosi e diversi studi ne hanno confermato la validità. In particolare, si sono definiti nuovi criteri per la dimostrazione della disseminazione spaziale e temporale delle lesioni. Di queste novità si è discusso durante il convegno, al quale sono intervenuti per l’università di Sassari Maura Pugliatti e Stefano Sotgiu.