MUSSI ANNUNCIA UN RIORDINO NELLE UNIVERSITÀ - TUTTI I NUMERI DELL'UNIVERSITÀ - L'UNIVERSITÀ FA LA CENERENTOLA - UNIVERSITA’: AUTORITY PER LA QUALITA? - LA FINANZIARIA LASCIA FUORI L’ECONOMIA DELLA CONOSCENZA - RICERCA, 2 MILIARDI IN TRE ANNI - GLI INTRECCI DELLA RICERCA - DOVE PORTANO LE INFINITE VIE DELL'INGEGNO - UNIVERSITÀ MIGLIORI DEL MONDO: INGHILTERRA ALL'ASSALTO DEGLI USA - NELLE CATTEDRALI DEL SAPERE POCHI SOLDI E TROPPI SCANDALI - LE UNIVERSITÀ INSORGONO: IL PROFESSORE CI PORTA AL CRAC - MANCA IL SILICIO, ATTESE DI MESI - IGNOBEL: PERCHE AL PICCHIO NON VIENE L’EMICRANIA - I PREMI IGNOBEL - SASSARI: MEDICINA, NUMERO CHIUSO SENZA NESSUNA PROSPETTIVA - ======================================================= SANITÀ: AZIENDA MISTA, UNA PARTENZA IN SALITA - CAGLIARI: C’È LA BANCA DELLE PLACENTA - SANITÀ E IVA CHE DIFFERENZA CON LA SICILIA! - TICKET, PIÙ CONTROLLI INCROCIATI: - SANITÀ, PRESTO MENO ESENTI - NOBEL ALLA MOLECOLA CHE SPEGNE I GENI - CONVEGNO SIGO: UN BAMBINO SU TRE IN ITALIA NASCE COL PARTO CESAREO - L’HITECH CONTRO L'IPERTENSIONE - EMBRIONI CONGELATI E ABBANDONATI IN ITALIA SONO OLTRE 2.500 - CIRCONCISIONE, MEDICI DIVISI - SARDI BEVONO IL PRIMO BICCHIERE A 11 ANNI - OBESITÀ, IL MOVIMENTO NON BASTA - ======================================================= ____________________________________________________ Italia Oggi 4 ott. ’06 MUSSI ANNUNCIA UN RIORDINO NELLE UNIVERSITÀ Docenza, più ordine Presto l'istituzione della terza fascia DI BENEDETTA P. PACELLI Mussi rispolvera la Berlinguer -Zecchino e rilancia il progetto di istituire una terza fascia della docenza. Tutta quella giungla di personale precario del mondo accademico, a cui di volta in volta sono stati assegnati nomi diversi saranno ora sostituite da un'unica figura. Ad annunciare un disegno di legge ad hoc è stato lo stesso ministero dell'università nel corso della conferenza stampa di ieri a palazzo Chigi. Dichiarando anche che era impensabile mettere in Finanziaria norme sullo stato giuridico dei docenti, ma che invece in parallelo alla manovra, previa consultazione con i. sindacati, presenterà un ddl per istituire, appunto, la terza fascia. Ma sul nome di questa nuova categoria di docenti, il ministro non si sbilancia, "visto la sfortuna che hanno avuto certi nomi, vedi, per esempio l'aggregato, preferisco mantenere il riserbo". Mussi è poi tornato sul tema dello sblocco delle assunzioni dei ricercatori: la previsione è di assumere, con il piano straordinario, oltre 2 mila ricercatori, precisando che il concorso sarà indetto entro marzo 2007. Sempre per quello stesso anno, inoltre, si potrà stabilizzare il personale precario nel limite del 40% del turnover. Mussi ha poi sottolineato che nei prossimi tre anni, nelle università è negli enti di ricerca si potrà assumere sul 100% del turn over sull'anno precedente senza limite di qualifica: questo vuol dire che a 1.000 cessazioni corrisponderanno 1.000 assunzioni e la cessazione di un autista, per esempio, potrà permettere l'assunzione di un ricercatore. Mussi è poi intervenuto su un tema spinoso, quello relativo alla norma prevista nella manovra sull'azzeramento dei vertici degli enti di ricerca, con l'abolizione della figura del presidente e del cda. L'articolo 42 della Finanziaria aveva, infatti, destato non poche preoccupazioni tra gli addetti ai lavori, in merito alla riorganizzazione degli enti. Il ministro Mussi ha chiarito il senso della norma, spiegando che «non si tratta di un azzeramento», ma di un diverso modello organizzativo. È un'idea che non riguarda solo gli enti di ricerca ma gli enti pubblici e si tratta di un progetto che va nella direzione di una ristrutturazione dell'organizzazione degli enti. L'ipotesi è quella di prevedere la presenza di un direttore generale più un comitato scientifico. Questa norma, ha però aggiunto, «va studiata bene nel corso del dibattito parlamentare per adattarla ad ogni singolo istituto pubblico e ad ogni singolo ente». ____________________________________________________ Il Manifesto 4 ott. ’06 TUTTI I NUMERI DELL'UNIVERSITÀ Nei prossimi anni c'è da sperare che «indosseremo gli stivali delle sette leghe». Perché finora, in effetti, «il passo è un più corto del necessario». Non ostenta inesistenti successi ff ministro per l'Università e la Ricerca Fabio Mussi nel presentare i numeri della finanziaria 2007, anzi, spera in qualche emendamento parlamentare. Ma spiega: «Le risorse salgono, anche se meno di quanto che avrei desiderato». Dunque, di dimettersi visti i risicati aumenti del fondo ordinario per l'università - come aveva minacciato dopo i tagli di Bersani e Visco - non ci pensa proprio: «Rimango al mio posto di battaglia». Anche perché il ministro è soddisfatto «delle riforme di sistema che si stanno avviando». Blocco della proliferazione indiscriminata del sistema universitario, ad esempio, e ridefinizione dei criteri per le università telematiche. Ma anche delle «lauree facili», ottenute grazie a ambigue convenzioni strette dagli atenei. «L'obiettivo - ha spiegato Mussi - è ridurre la frammentazione e aumentare la qualità media». Ma ecco tutti i numeri della finanziaria per il sistema universitario: Diritto allo studio: Gli studenti fuori sede che affittano una casa potranno ottenere un credito d'imposta fino a 2.622 euro all’anno. La sede universitaria in cui decideranno di trasferirsi, però, dovrà distare almeno 100 chilometri dal luogo di residenza. Per quanto riguarda le borse di studio c'è un aumento di 10 milioni rispetto al 2006 (ma allora erano stati tagliati di 20 milioni). Un po' di soldi anche per l'edilizia universitaria (in pratica per le residenze studentesche): 147 milioni di euro. Docenti e personal computer Mille euro sotto forma di credito d'imposta per i docenti universitari che acquisteranno un personal computer. Fondo di finanziamento ordinario: Ecco uno dei capitoli veramente dolenti (lo dice anche Mussi). II fondo ordinario sono i soldi che l'università ha a disposizione per sopravvivere. L'aumento è solo di 64 milioni di euro (+0,95%) rispetto all'anno precedente: da 6.950 milioni di euro a 7.014. Come se non bastasse va considerato che gli atenei sono già stati messi a «stecchetto» dal decreto Bersani-Visco, che a luglio ha stabilito un taglio del 10% ai «consumi intermedi» delle università. I consumi intermedi sono tutte quelle attività che consentono a un'università di funzionare: il riscaldamento, le pulizie, la luce e così via. Ci si aspettava che la finanziaria rimediasse, ma per ora non è stato così. Sempre per restare a come le università potranno utilizzare il proprio portafogli, la legge di Tps concede agli atenei per il triennio 2006- 2007 di stabilire il proprio fabbisogno finanziario in misura non superiore al 3% del consuntivo precedente. In parole povere, ciascuna università potrà chiedere ogni armo il 3% in più di finanziamenti rispetto all'anno trascorso. In genere questi «aggiustamenti» annuali, però, vengono stabiliti sulla spesa programmata e non sul consuntivo (cioè quanto si è effettivamente speso). Tagli ai professori: Altro punto di criticità, che nell'incontro con i sindacati di ieri mattina il ministro ha messo tra quelli da emendare in finanziaria. I prof universitari, infatti, vedranno la riduzione del 50% dei loro incrementi automatici biennali (gli scatti di anzianità). Di questo provvedimento si era già parlato, ma doveva essere tarato solo sui redditi più alti in modo da recuperare risorse per l'assunzione dei più giovani. Così invece - osservano i sindacati - si tratta di un taglio che riguarda tutti, anche i docenti più giovani e con bassi redditi. Ricercatori precari: I ricercatori saranno assunti, ma pochi. In tre anni si prevede l'ingresso di 2000 ricercatori. Saranno reclutati attraverso un concorso nazionale (come previsto dalla legge Moratti) che si svolgerà entro marzo 2007. II ministero varerà un regolamento per coinvolgere «in qualche modo» gli atenei nella scelta dei ricercatori. Mussi ha annunciato il varo di un decreto, in parallelo alla finanziaria, che inserirà la terza fascia per i ricercatori universitari, che così diventeranno docenti a tutti gli effetti (nella legge Moratti erano i famosi «aggregati»). Inoltre, negli anni 2008-2009 gli enti di ricerca potranno assumere nel limite delf80% del budget delle entrate complessive. Per quanto riguarda il turn over nel 2007 si potrà stabilizzare il personale precario solo nel limite del 40%. Come parziale consolazione università e enti potranno assumere sul 100% del turn over, nei prossimi tre anni, senza limite di qualifica. Va in pensione un autista? Puoi assumere un ricercatore. Fondi per la ricerca: Nasce il First (Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica). Nel 2007 ci sono 300 milioni di euro in più, nel 2008 altri 300 e nel 2009, 360. La finanziaria prevede inoltre un credito d'imposta fino al 10% per le imprese che investiranno in ricerca. Il credito aumenta al 15% perle imprese che stipulano contratti con università e enti pubblici. il limite è di 15 milioni di euro fanno, il budget è di 300 milioni fanno per tre anni. Ci. Gu. ___________________________________________________ il manifesto 03-10-2006 L'UNIVERSITÀ FA LA CENERENTOLA' Cinzia Gubbini AL ministero dell'Università e della ricerca, retta dal diessino Fabio Mussi, ostentano tranquillità «poteva andare peggio». Che ormai è il refrain di questa finanziaria. Ma a guardare bene, gli atenei e gli enti di ricerca fanno proprio la figura della Cenerentola, soprattutto rispetto al comparto scuola, nella veste per l'occasione della figlia 4egittima» del governo Prodi. A loro 150 mila assunzioni di insegnanti, 20 mila precari stabilizzati, innalzamento dell'obbligo scolastico a 16 anni, pure 100 milioni in più per finanziare le paritarie (cosa che fa imbestialire sindacati e associazioni come «Scuola e costituzione»). Ma vista dal Miur, è una specie di insulto alla miseria Nonostante le paternali del prenúer sulla necessità di investire sulla ricerca, di fondi ce ne sono pochi. Di due miliardi di euro parlano al ministero, ma vogliono ancora essere sicuri delle cifre esatte (aggi Mussi terrà una conferenza stampa, tabelle alla mano). Fatto sta che si tratta, più o meno, dell'accorpamento delle vecchie leggi per finanziare la ricerca, oggi unificate sotto il «Firsb>, (Fondo innovazione ricerca scientifica e tecnologica). «Ma l'importo non cambia di molto, questo è sicuro», osserva Marco Broccatti, della Cgil Flc. E poi c'è lo scotto di quei 50 milioni di euro di aumento per il fondo ordinario dell'università. Che su un totale di 5,5 miliardi di eu ro è come dare i soldi per comprare il gelato al nipotino. Alleanza nazionale ha già cominciato a sbraitare che Mussi deve dimettersi, perché quando con il pacchetto Bersani-Usco furono tagliati qualcosa come 200 milioni di euro (o almeno così calcolavano alcuni atenei), il ministro assicurò risorse aggiuntive in finanziaria Pena, le dimissioni. Sembra che Mussi si sia battuto con le unghie e con i denti, che sia tornato a minacciare,le dimissioni anche durante le sfibranti riunioni per mettere a punto la finanziaria. Ed è così che ha ottenuto quelle piccole percentuali di aumento, oltre alla possibilità per gli atenei di impiegare l’80% dei finanziamenti per assumere i ricercatori (ma solo per coprire il turn over, e tolto il fabbisogno). Dunque «poteva andare peggio». «Ma comunque così non va bene per niente - rilancia ancora Broccatti della Cgil - e domani lo diremo molto chiaramente al ministro. Anche sui tagli del 50% degli scatti di anzianità per il corpo docente non possiamo essere d'accordo, messi così. All'inizio si era parlato di un taglio per i docenti a fine carriera can stipendi molto alti, in modo da recuperare risorse per assumere i giovani. Che si poteva fare. Ma in questo modo i tagli riguardano anche i giovani, e non è chiaro per fare cosa». Insomma, toccare la scuola si può, ma con eleganza- D'altronde gode dì una platea di 4 milioni di persone. I «talents» della formazione universitaria, invece, sono di meno. E pagano. ____________________________________________________ Italia Oggi 3 ott. ’06 UNIVERSITA’: AUTORITY PER LA QUALITA? La valutazione alla base per ottenere finanziamenti statali DI BENEDETTA P. PACELLI Era stato chiaro il ministro dell'università Fabio Mussi: tra le priorità in Finanziaria ci sarà la proposta di un'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario. Detto fatto. Nel disegno di legge della, manovra è prevista la creazione di un'Authority terza (le prime due sono il Civr, e il Cnvsu) e indipendente che avrà il compito di valutare la qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati. Ma non solo. I risultati delle attività di valutazione costituiranno il criterio di riferimento per lo stanziamento dei finanziamenti statali alle università e agli enti di ricerca. Non più finanziamenti a pioggia, quindi, ma fondi da assegnare in base al merito e ai risultati ottenuti. Già ora una parte dei finanziamenti viene assegnata con criteri del genere, ma ora questa quota aumenterà per premiare chi meriterà di più e per valorizzare l'eccellenza. Un altro dei punti forti del disegno di legge per la Finanziaria del 2007 riguarda le disposizioni sul personale delle università e degli enti di ricerca. Per gli anni 2008 e 20091e università statali e gli enti di ricerca pubblici possono procedere ad assumere personale con contratto a tempo indeterminato entro il limite dell'80% delle proprie entrate complessive, come risulta dal bilancio consuntivo dell'anno precedente. In aggiunta a questo provvedimento, entro il 31 marzo 2007, il ministero dell'università, d'accordo con il Cun e la Crui, bandisce un piano straordinario di assunzioni di ricercatori mediante l'attribuzione dell'idoneità scientifica. Il tutto grazie a uno stanziamento di 20 milioni di curo per il prossimo anno, 40 per il 2008 e 80 per il 2009, per un totale, come ha dichiarato lo stesso ministro dell'università, di oltre 3 mila ricercatori. Stop poi alla delocalizzazione delle università, a quelle numerose sedi distaccate, cioè, che non hanno i requisiti necessari in termini di strutture e di docenti. Nel disegno di legge, infatti, per gli anni che vanno dal 2007 al 2009 è fatto divieto a tutte le università statali e non, autorizzate a rilasciare titoli accademici che hanno valore legale, di istituire e attivare facoltà e corsi di studio in sede diverse da quelle dove l'ateneo ha sede legale e amministrativa. Una stretta anche sulle università telematiche abilitate al rilascio dei titoli accademici, con una serie di provvedimenti per bloccarne la proliferazione. Un freno ancora alle lauree facili, quelle legate al riconoscimento dell'esperienza, alla quale non potranno andare più di 60 crediti.. Al, massimo si potrà guadagnare un anno. Con questa Finanziaria poi scattano incentivi fiscali per le imprese che investono in ricerca: è previsto, infatti, un credito d'imposta nella misura del 10% dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale. La misura sale al 15% qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca. Il tetto dei costi è fissato in 15 milioni di euro. Per l’applicazione di questa norma, previa autorizzazione della Commissione europea, è necessario però un decreto del ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia, che definirà le «attività di ricerca e di sviluppo agevolabili». Infine la manovra si concentra su un'altra questione significativa, quella delle locazioni per gli studenti universitari. II meccanismo identificato è quello delle detrazioni: gli studenti fuori sede che sono in affitto potranno usufruire della detraibilità per un importo non superiore a 2.633 euro. Il provvedimento riguarderà tutti gli studenti iscritti a un corso di laurea presso un'università ubicata in un -comune diverso da quello di residenza e distante da quest'ultimo almeno 100 chilometri e comunque in una provincia diversa. (riproduzione Le priorità Istituzione di un'Agenzia nazionale 'di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur). Non più finanziamenti a piaggia ma in base si risultati delle attività di valutazione della stessa Autorità. Piano triennale di assunzioni di ricercatori per il quale é previsto uno stanziamento di 20 milioni di euro per il 2007, 40 milioni per il 2008 e 80 milioni per il 2009. Divieto dal ,2007 al 2009 per le università di istituire è attivare, facoltà e corsi di studia in sede diverso da quella dove l'ateneo ha sede legale. Introduzione del cuneo fiscale e fondo di 600 milioni per credîti d'imposta per le aziende che investono in ricerca e stipulano contratti con le università. Detrazione Irpef per i canoni dì locazione pagata dagli studenti universitari fuori sede. ' ____________________________________________________ Il Sole24Ore 5 ott. ’06 GLI INTRECCI DELLA RICERCA ESPERIENZE A CONFRONTO IL PROGRAMMA QUADRIFOGLIO DI SANDRO MANGIATERRA primo obiettivo, farle incontrare. Si,perché ancora oggi, troppo spesso, ricerca e industria se ne stanno per conto proprio, l'una rintanata nei laboratori universitari, l'altra schiacciata dalle rigide leggi del mercato. Si incrociano ogni tanto, è vero, ma finiscono per guardarsi in cagnesco, con i loro scetticismi e le loro reciproche diffidenze. Allora ben vengano gli appuntamenti come R&D Days, il forum che si è tenuto nei giorni scorsi a Bologna, interamente dedicato ai temi della ricerca e sviluppo. In una parola, all'innovazione. Organizzato nell'ambito del Programma Quadrifoglio, intorno al quale si coagula la ricchezza di conoscenze tecnologiche del Museo del patrimonio industriale e del glorioso Istituto Aldini Valeriani, il forum ha messo a confronto i maggiori centri di ricerca mondiali (dal Mit di Boston al Cern di Ginevra, alla Technische Universitàt di Monaco di Baviera, fino all'Istituto nazionale di fisica nucleare e all'Itc-Irst) con le aziende della Via Emilia, diventata ormai ima sorta di Silicon Valley italiana. Scopo dichiarato: dimostrare come ricerca e industria possano, anzi debbano, andare di comune accorda. Il tutto con esempi concreti di trasferimento di conoscenze al prodotto finale. Per l'Emilia, appunto, non si tratta di concetti nuovi. In regione operano 57 laboratori e centri di ricerca. Gli addetti sono quattro volte superiori alla media nazionale. Idem per quanto riguarda gli investimenti. In particolare, attraverso l’incubatore I Tech Off; coordinato dal consorzio Aster (vi partecipano università, associazioni imprenditoriali, enti pubblici con in testa la Regione), sono stati varati 429 progetti, per un finanziamento che a oggi supera i 65 milioni. Cifre di cui gli amministratori pubblici si fanno vanto. Eppure... «Eppure c'è ancora molta strada da percorrere per ridare centralità all'industria», sostiene Daniele Vacchi, anima del Programma Quadrifoglio, nato proprio per rilanciare la cultura della fabbrica. «Occorre agire su due fronti- continua Vacchi. Intervenendo dal basso, cioè sugli studenti, e per questo abbiamo varato un progetto per riattivare il volano tra istituti tecnici, facoltà scientifiche e mondo delle imprese. E dall'alto, mostrando, come negli R&D Days, gli esempi virtuosi di collaborazione tra ricerca e aziende non mancano». Collaborazione che a volte sfocia in soluzioni semplicissime, altre più complesse. Sempre, comunque, in idee vincenti. Qui di fianco ve ne raccontiamo tre. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 6 ott. ’06 DOVE PORTANO LE INFINITE VIE DELL'INGEGNO La biotecnologia è già l'oggi, il nanotech è già il domani Ma il bisogno di energia pulita incoraggia una rivoluzione DA CAMBRIDGE MARCO MAGRINT Se le vie dell'innovazione sono infinite, è meglio sapere almeno v.J da che parte andare». George Gonzales se la ride, nel giustificare la sua annuale partecipazione al convegno di Technolagy Review, la rivista dell'Mit, sulle tecnologie emergenti. Del resto, partecipare costa e lui è pagato dal liceo dove lavora, la Bergen County technical school di Hackensack, nel New jersey. Sul suo biglietto da visita c'è scritto: direttore della tecnologia. Scusi, ma che vuol dire? «La nostra -racconta fiero- era una scuola dove andavano quelli che non avevano voglia di studiare. Negli ultimi 15 anni è cambiato tutto: adesso siamo al vertice dell'istruzione secondaria americana. I nostri studenti imparano, inventano e hanno a disposizione di tutto: dai microscopi elettronici ai software di ultima generazione, fino a due linee di cellule staminali». Ecco perché Gonzales, emigrato con la famiglia dalla Colombia, deve cercare di capire dove tirano i venti della scienza e della tecnologia. A volte„ i cambiamenti possono essere impercettibili. Salvo poi diventare macroscopici nel corso del tempo. Un po' com'è accaduto alla biotecnologia: considerata un frutto sconosciuto ed esotico solo a metà degli anni 70, oggi il bioteck è un'industria fiorente e una scienza che promette risultati impensabili. Come ad esempio la genetica personalizzata. Gli scienziati hanno completato la mappatura del genoma di un essere umano, ma per trarre i massimi benefici sotto il profilo medico bisognerebbe trovare il modo di fare altrettanto con i singoli individui: rapidamente ed economicamente. «É il sogno del genoma a mille dollari», osserva George Weinstock, professore di genetica al Baylr College of Medicine. Ovvero la possibilità di applicare la rivoluzione biogenetica su ogni singolo paziente. «Il National Human Genome Research Institute sta lavorando per riuscire, entro il 2008, a mettere in sequenza 13 miliardi di basi del Dna umano con costi pari a soli roomila dollari»: già un bel risultato, visto che i successi di aggi sono costati decine di milioni di dollari. «Ma il vero obiettivo - aggiunge - è quello del 2013: "leggere un genoma con una spesa di mille dollari», quanto una delle più sofisticate analisi cliniche di oggi. Poi ci sono le nanotecnohgie. Giudicate una bizzarria fino a qualche - anno fa, sono ormai entrate in maniera definitiva e sempre più rilevante nel club della scienza applicata. Non è un caso, se sette dei 35 giovani premiati da Teehnology Review sono all'opera nel nanomondo, dove le distanze si misurano in miliardesimi di metro. Nel mondo dell'informatica invece, le distanze si misurano in milioni di dollari: scienza e tecnologia sono chiamate a dare una mano. AL convegno dell'Mit sulle tecnologie emergenti si è fatto un gran parlare del futuro di Hollywood. Prima indirettamente, quando sul palco è salito Jeff Bezos -fondatore della Amazon, che da poche settimane vende lungometraggi in download tutto intento a spiegare la trasformazione della sua creatura da grande negozio di libri a grande potenza dell'internet. E poi più esplicitamente, quando un'intera sessione è stata dedicata al tema: «Costruire Pc sicuri per Hollywood». Brad Hunt, il direttore della tecnologia della Mpaa (l'associazione degli studios americani) ha elencato sei strade «per trasformare il Pc in un canale di distribuzione veramente sicuro», tutti business potenziali per inventori e titolari di brevetti: si va da modifiche al Pc per proteggere le uscite digitali, fino a un software ad hoc per vedere i film, con tanto di aggiornamenti online obbligatori. Un incubo. «I computer dovrebbero diventare affidabili in un altro senso: dovrebbero evitare che una persona inesperta come mia madre si trovino a fronteggiare spyware, spam, phishing e roba del genere», lo ha rimbrottato Andrew Huang, presidente dei Bunnie Studios con - perdonate il doppio anglicismo - il look dell' hacker, Ma quello di Hollywood e dell'intera industria dell'intrattenimento, è un caso- limite fra i possibili impatti della rivoluzione digitale (e in generale dell'evoluzione tecnoscientifica degli ultimi vent'anni). Tutti gli altri settori produttivi hanno visto sì un aumento della competizione, della velocità; ma hanno anche visto una drastica moltiplicazione delle opportunità (non a caso, il generico "biotech" era una delle quattro sezioni del premio di Technology Review, illustrato qui a destra). E c'è anche la riprova matematica. «IL 65% degli amministratori delegati preannuncia un drastico cambiamento nella propria organizzazione, nei prossimi due anni», dice con sicurezza Marc Chapman, capo della divisione Strategy & Change della Ibm. Il dato viene da un gigantesco sondaggio effettuato da Ibm in tutto il mondo intervistando 750 top manager «C'è un’ansietà fondo - commenta Chapman - ma si sente soprattutto la forza del cambiamento. Il cambiamento come motore della competitività». Ma c'è qualcosa che va oltre la competitività. Il secondo intervento più applaudito del convegno (la standing ovation è andata al compositore professore del Mit Tod Machover e al fantastico Quartetto d'archi Ying, una sorella e tre fratelli) è stato quello di Nathan Lewis, professore di chimica al Caltech, che ha lanciato l'ennesimo allarme in difesa dell'ambiente. «Ormai -ha detto-quando si parla di riscaldamento del pianeta, non si dibatte più di scienza, ma di risk management, gestione del rischio. Vorrei sapere quante persone voterebbero volentieri per evitare il rischio che nei prossimi secoli accada al pianeta qualcosa di terribile. Se non curiamo il cancro, il mondo resterà lo stesso. Se non vinciamo l’Aids, il mondo sarà lo stesso. Ma se non fermiamo il riscaldamento del pianeta adesso,, il mondo non sarà mai più lo stesso». Applausi. Il mondo scientifico e accademico vota per scongiurare quel rischio. «Siamo già troppo in ritardo- lamenta Lewis-bisogna investire subito sulla ricerca, sulla tecnologia, sulla scienza, per trovare le soluzioni energetiche per accendere il nostro futuro», senza bruciare il mondo che ci dà la vita. George Gonzales era li che prendeva appunti. Dopo la sperimentazione sulle staminali, chissà quali fonti di energia s'inventeranno, all'istituto tecnico di Hackensack. ____________________________________________________ Il Giornale 6 ott. ’06 UNIVERSITÀ MIGLIORI DEL MONDO: INGHILTERRA ALL'ASSALTO DEGLI USA Lorenzo Amaso da Londra Allo straripante predominio degli Stati Uniti si contrappone la Gran Bretagna> che conquista due gradini del podio. Bene anche la Cina, in ascesa rispetto a dodici mesi fa; si difende il Vecchio Continente che occupa oltre 40 dei primi 100 posti. Non pervenuta - desolatamente - l'Italia. Non è il riepilogo del medagliere olimpico, ma la classifica annuale delle migliori università del mondo redatta da Times Higher Education Supplement (Thes), autorevole periodico dedicato al mondo accademico. Oltre 3.700 atenei, disseminati nei cinque continenti, passati in rassegna per stabilire la graduatoria finale delle università che hanno ottenuto i risultati più significativi in termini di insegnamento e in campo scientifico (pubblicazioni, riconoscimenti internazionali e studi). AL primo posto, confermando il primato dello scorso anno, si è piazzata ancora una volta Harvard. Ma la sua supremazia non appare più incontrastata, al contrario sembra ora minacciata dalla prepotente avanzata di due istituti britannici, Cambridge e Oxford, capaci non solo di scavalcare il Massachusetts Institute of Technology (secondo nel 2005), ma addirittura di accorciare il distacco dalla regina delle università. Un risultato inatteso per l’accademia britannica, sempre più alle prese con la cronica carenza di fondi e infrastrutture e - nel contempo - gravata dall'incontrollata crescita dei costi di gestione. Basti pensare che il budget annuale a disposizione di Harvard, pari a 26 miliardi di dollari, supera quello di cui dispongono complessivamente tutte le università di Sua Maestà. Un deficit strutturale che non ha comunque impedito al Regno Unito di inserire tre università (al nono posto c'è l’Imperial College London) nei primi dieci posti, risultando la nazione con il più alto numero di nuove entrate, grazie ai 29 atenei (lo scorso anno erano 23) nelle prime 200 posizioni. «È rassicurante scoprire che il sistema di studio applicato a Cambridge come a Oxford continua a funzionare e a essere apprezzato a livello internazionale - il commento di Ian Leslie, Pro Vice Chancellor di Canibridge -. L'eccellenza dell'insegnamento e della ricerca è confermata dalla graduatoria». Altrettanto soddisfatto John Hood, Vice Chancellor di Oxford: «La nostra presenza nell'élite mondiale, nonostante le ristrettezze economiche, rappresenta un marchio dì inconfondibile qualità». Una crescita comunque ancora lontanissima dal record detenuto dagli atenei a stelle e strisce, che cannibalizzano i primi l5 posti della classifica (11 università), facendo registrare 33 istituti tra i migliori 100. Ma se Yale compie un balzo in avanti, passando dal settimo al quarto posto - appaiando il Mit - in ribasso risultano le quotazioni di Stanford (da 5° a 6°), Berkeley (da 6° a 8°) e Prìnceton (da 9° a.10°). Risultati, comunque, che ribadiscono - se mai ce ne fosse ancora bisogno - il persistere dell'incontrastata egemonia della lingua inglese in ambito accademico, come sottolinea John 0'Leary, direttore di Thes: «Sono tutte università di grandissima tradizione e prestigio. La competizione tra gli atenei diventa di anno in anno sempre più accesa, nella nostra classifica ci sono trenta nazioni rappresentate e ogni anno ce ne sono di nuove». Da segnalare> a questo proposito, il piccolo balzo in avanti dell'Università di Pechino, uno dei due istituti cinesi in classifica, salita dal 15° al 14° posto e primo ateneo a comparire in graduatoria dopo il predominio anglo-americano. «Non c'è alcun dubbio che le università della Cina in un prossimo futuro risulteranno ancor più competitive» spiega 0'Leary. Tra gli outsider, meritano una citazione l'Olanda, con addirittura sette università, la Svizzera e l'Australia con cinque, il Belgio e la Nuova Zelanda con due. Inspiegabile - o forse no -l’assenza dell'Italia in una graduatoria dove trovano posto nazioni dalle risorse economiche limitate quali Irlanda e Messico. Harvard è sempre prima, insidiata però da Oxford e Cambridge Dopo il dominio anglo-americano in graduatoria compare Pechino ____________________________________________________ Il Giornale 6 ott. ’06 NELLE CATTEDRALI DEL SAPERE POCHI SOLDI E TROPPI SCANDALI Giuseppe Do Belile Ci sono: problemi chè.le classifiche nascondono. Oxford e Cainbridge migliorano, ma perdono: economicamente non reggono, sconfitte dai costi e dalla concorrenza. Harvard da sola fattura il doppio di tutte le università inglesi messe insieme. Però anche lei se la passa male: perché è prima nella graduatoria degli atenei più prestigiosi del mondo, ma se si confronta con se stessa di cinque anni fa, si scopre peggiorata. Restano i nomi, la gloria, la tradizione, ma la crisi è molto più di uno spettro. E si vede: Harvard negli Usa negli ultimi due anni è stata travolta da una serie di scandali che hanno di strutto la sua credibilità. Lawrence Summers, il controverso presidente, s'è dimesso qualche mese fa. L'economista, ex ministro del Tesoro dell'amministrazione Clinton, rischiava la sfiducia dei professori: lascerà il posto a fine anno accademico, prima di essere cacciato. L'anno scorso Summers era stato quasi travolto da una insurrezione dei cattedratici per aver collegato a «caratteristiche innate» la scarsa presenza di donne ai vertici delle carriere scientifiche. Alla fine, dopo esser stato contestato dal Senato accademico, ma non dalla potentissima Harvard Corporation che ha potere di vita, o di morte sulle attività del campus, il leader dell'università s'era pentito ed era rimasto in sella. In cinque anni a Harvard, Summers si era fatto nemici a volontà: il suo stile brusco e senza peli sulla lingua aveva provocato un esodo di luminari afro- americani tra cui il celebre Cornell West. La polemica sulle donne e la scienza non aveva aiutato. Poi è arrivato un libro che ha raccontato lo scandalo interno all.'ateneo, dove i figli di politici, imprenditori e star avevano vita facile: test di ammissione facilitati, corsi di preiscrizione fatti solo sulla carta. Tanto, pagando s'impara, anche lì. Altra botta alla credibilità. Harvard ha pagato: economicamente, visto che il suo bilancio è passato da 35 miliardi di dollari a 26. Poi politicamente: per la prima volta in dieci anni nella classifica tutta americana fatta da U-S News and World Report College, la più antica università degli Usa è diventata seconda. L'ha sorpassata Princeton, Solo che anche l'ateneo del New Jersey negli ultimi anni fatica. I suoi problemi sono solo meno evidenti> ma potrebbero avere effetti peggiori. Perché a Princeton l'università deve rispondere all'attacco degli eredi del suo più grande benefattore. La famiglia Robertson ha citato in tribunale l'ateneo perché i soldi del loro avo sarebbero stati usati per scopi diversi da quelli previsti dalla donazione di 40 anni fa. Fosse così, Princeton sarebbe costretta a chiudere la Woodrow Wilson School, uno dei suoi dipartimenti più prestigiosi. II che non sarebbe solo un problema di immagine. Esattamente come accade a Berkeley, altra università il cui nome nessuno mette in discussione, ma i cui risultati economico-culturali sono in ribasso: gli studenti sono costretti anche a pulire i viali del campus da soli. Harvard è travolta dalle gaffe del suo rettore e .Princeton rischia la chiusura di una sua facoltà d'élite GUAI La credibilità di Harvard è stata minata da una serie di scandali ____________________________________________________ Secolo d'Italia 7 ott. ’06 LE UNIVERSITÀ INSORGONO: IL PROFESSORE CI PORTA AL CRAC Roma. Sul governo Prodi gli attacchi del mondo degli atenei. La battaglia è appena cominciata, con la presa di posizione durissima da parte della Conferenza dei rettori nei confronti della Finanziaria: «Ci sarà una situazione ingestibile e irrecuperabile nei bilanci e nel funzionamento delle unìversìtà». Il decreto Bersani già aveva tagliato - per il zoo7 - le spese per i consumi intermedi per circa 250 milioni di euro. «Si tratta delle spese per l'acqua, la luce, il riscaldamento e il funzionamento dei laboratori», spiega il senatore di An, Giuseppe Valditara: «Mussi aveva dichiarato che, se non ci fosse stato un cambio di rotta, se ne sarebbe andato. Ebbene, la situazione è addirittura peggiorata, visto che ci saranno spese aggiuntive pari a 350 milioni di euro, essendoci i contratti del personale, gli scatti dei professori universitari, le somme necessarie per il rientro dei cervelli, come previsto dalla legge Moratti». Quindi, chiarisce Valditara, «abbiamo 250 milioni tagliati dalla Bersani più 350 milioni di crescita normale, il tutto pari a circa 60o milioni di euro. A fronte di ciò, la Finanziaria non arriva neppure a cento milioni di euro. Ecco perché i rettori stanno reagendo con forza e dicono al governo che non ha ri5pettato le promesse fatte in campagna elettorale». Oltretutto c'è da aggiungere che si inseriscono norme molto gravi. Si prevede, ad esempio, il taglio del cinquanta per cento agli scatti biennali per docenti e ricercatori. Questo provvedimento va in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale che aveva equiparato lo stipendio dei professori universitari a quello dei dirigenti dello Stato. «Erano soldi dovuti in attuazione della sentenza», specifica Valditara, «anche i ricercatori prenderanno stipendi minori, in contraddizione con quanto aveva assicurato Mussi in merito alt'esigenza di valorizzare la ricerca». Un altro esempio è il fondo di venti milioni per i nuovi ricercatori: «È curioso perché si introduce un nuovo sistema di reclutamento attraverso una idoneità nazionale di cui non si capiscono i confini». In realtà, se le università avessero avuto i soldi tagliati dal decreto Bersani più un adeguamento per le spese, sarebbe stato possibile bandire posti per ricercatori dieci volte maggiori a quelli dei bando: «Ricordiamo», dice Valditara, «che nel 2004, grazie alla Moratti, ci furono 2474 posti di ricercatore e nel 2005 ben 3093». Necessario porre rimedi. «Presenteremo», assicura Valditara, «una serie di emendamenti per ridare alle università i finanziamenti, poi dobbiamo prevedere il fondo per le università di qualità, eliminare il vincolo alle assunzioni dei giovani ricercatori e ridare ai docenti e ai ricercatori i loro soldi in busta paga». G. FRA. ____________________________________________________ Italia Oggi 3 ott. ’06 LA FINANZIARIA LASCIA FUORI L’ECONOMIA DELLA CONOSCENZA Delle molte accuse mosse contro la prima Finanziaria dei Prodi2 quella che pare meno fondata è di aver torchiato il ceto medio. In primis, perché è oggettivamente difficile definire che cosa sia il ceto medio nelle società contemporanee. Poi perché gli aggravati da maggiori imposte sono meno del 2% dei contribuenti Irpef, un po' pochini per costituire una classe a tutto tondo. Più fondato sarebbe invece un rilievo finalizzato a sottolineare il poco sforzo fatto dalla manovra economica per valorizzare, accumulare e produrre conoscenza italica. Nella sua impostazione è una classica manovra da anni 80, da economisti formatisi in un contesto di mercato e culturale che non c'è più. Quello della progressività capillare delle imposte sul reddito che presume una stabilità pluridecennale delle entrate; quello del riequilibrio usando la leva fiscale anziché puntare al recupero di produttività e di efficienza della pubblica amministrazione (che ha piante organiche pensate quando tutto era cartaceo mentre oggi impera il bit);_ quello che considera i settori del welfare dei monopoli naturali della mano pubblica e dimentica il ruolo chiave che oggi giocano in una economia del quaternario nel generare crescita economica e occupazione. È un intervento per far quadrare il bilancio e far cessare le preoccupazioni dei mercati di una possibile uscita dell'Italia dall'euro. Questo obiettivo è centrato perché ritorna l'avanzo primario (fondamentale in una stagione di tassi al rialzo) e si riporta all'interno del parametri il famigerato rapporto deficit/pil. Ma la manovra avrebbe potuto fare un po' di più per migliorare la competitività italica nella contesa immateriale. Offrire una maggiore defiscalizzazione alle imprese di vero prodotto immateriale dall'Irap; mettere insieme le enormi disponibilità di cassa di Fintecna e Sviluppo Italia per farne una società per lo sviluppo trainata dall'innovazione (quindi un vero fondo di venture capital pubblico con chiari obiettivi di risultato); concentrare la spesa in Ict della pubblica amministrazione centrale sotto una unica cabina di regia per lanciare grandi progetti. Certo, stimolare la produttività della conoscenza specialistica non è impresa facile. Ma è l’obièttivo primario di ogni manovra economica da ventunesimo secolo. Solo così si riesce a creare della nuova occupazione di qualità, ad assicurare un adeguato turnover nel parco imprenditoriale nazionale e a migliorare i saldi della bilancia commerciale. Le statistiche da anni ci condannano perché sottoinvestiamo in conoscenza e perché abbiamo una bassa produttività. Abbiamo preso con ritardo la rivoluzione delle tecnologie dell'informazione e ancora ne paghiamo le conseguenze. Proprio questi due obiettivi dovrebbero essere enunciati con numeri espliciti dalla manovra così da impegnare il governo nel loro conseguimento e per dare una chiara indicazione di inversione di rotta ai mercati. Ridurre la fiscalità sul lavoro, per esempio, stimola la produttività come viene fatto con il cuneo fiscale. Salvo che poi la rimodulazione dell'Irpef produce un effetto antagonista. Infine, una considerazione di ordine macro. L'Italia soffre di una cronica difficoltà nel produrre start-up tecnologiche di prodotto di successo. Non vantiamo né Skype né Nokia. Aumentare la fiscalità sui guadagni di capitale non aiuta, anzi favorisce la fuga dei cervelli. Se era giusto uniformare alla media europea la tassazione dei capital gain forse si poteva prevedere una franchigia per chi rischia davvero sulla frontiera dell'innovazione. Almeno per rettificare il guadagno del molto rischio sopportato anche per creare esternalità positive. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 4 ott. ’06 RICERCA, 2 MILIARDI IN TRE ANNI Università. Il «budget» di Mussi Marzio Bartoloni ROMA La ricerca prova a sorridere con un piatto che vale a miliardi in tre anni: Più magro il ,bottino delle università che per il 2007 incassano qualche briciola in più: a sostegno dei bilanci degli atenei ci saranno 7,014 miliardi contro i 6,920 del 2006. Mentre un po' di ossigeno per i due settori arriva dal tanto atteso sblocco delle assunzioni dei ricercatori e da un piano triennale straordinario, da 120 milioni, che aprirà le porte a 2.000 nuovi cervelli. Sono queste le «basi per una svolta» contenute nella Finanziaria giudicata «complessivamente buona», anche se con «qualche sofferenza», dal ministro per l'Università e la Ricerca Fabio Mussi. Che, ieri, ha sbandierato anche un «pacchetto serietà» per le università (stop agli atenei telematici e altolà alla proliferazione di facoltà e corsi),e un riordino degli enti di ricerca «da studiare bene», ma che promette già un piccolo terremoto. In un solo colpo dovrebbero sparire presidenti e Cda: a guidare gli enti ci penseranno i direttori generali affiancati da comitati scientifici. Per quanto riguarda la ricerca la prima buona notizia riguardale imprese: chi investirà in R&S avrà diritto a un credito d'imposta fino al 10% dei costi sostenuti. Un bonus diventerà del 15% se l'azienda stipulerà accordi di ricerca con enti pubblici e università. A questa agevolazione - che vale 90o milioni in tre anni - si aggiungono i nuovi stanziamenti (960 milioni in tutto) che rimpingueranno il nuovo Fondo unico per la ricerca («First») che prende il posto dei Fondi attualmente attivi. E dove potranno bussare aziende, enti e atenei per ottenere finanziamenti da destinare a tutti quei progetti che spaziano dalla ricerca di base a quella che guarda al mercato. Nasce, inoltre, l'Agenzia nazionale della valutazione che darà i voti alle perfomance di università e atenei. E le cui "pagelle" serviranno per distribuire i fondi a disposizione. Sul fronte assunzioni, oltre al piano straordinario (il concorso sarà indetto entro marzo 2607), si lascerà agli enti la libertà di aprire le porte a nuovi ricercatori nel limite dell'8o% de} budget. Mentre dal 2007 si potranno stabilizzare i precari nel limite del 4o% del turn over. Mussi ha, infine, annunciato l'arrivo di un Ddl per l'istituzione della terza fascia di docenza. Critici, per ora, i sindacati di categoria che, ieri,. hanno confermato lo stato di agitazione dopo un incontro con il ministro. ____________________________________________________ Il Sole24Ore 4 ott. ’06 MANCA IL SILICIO, ATTESE DI MESI I produttori di pannelli non riescono a soddisfare la domanda - Prezzi in salita lacopo Giliberto MILANO =u Il mondo ha fame di silicio. Di silicio confezionato in wafer, in patatine, in chip e in sandwich. Il silìcio è l'ingrediente centrale del computer, del telefonino, del lettore Mp3 dei ragazzi. Ed è, questo silicio, il cuore dei pannelli fotovoltaici. Quando viene colpito dalla luce, emette un flebile flusso di corrente elettrica. La domanda di impianti solari è più forte dell'offerta di silicio e di pannelli fotovoltaici. Da cinque anni la richiesta cresce del zs% fanno. L'anno scorso tutto il mondo ha prodotto pannelli solari per 1.656 megawatt pari a circa zomila tonnellate di silicio: la metà di una domanda stimata sui 3mi la megawatt. Gli istallatori di impianti faticano a stare dietro alle richieste dei clienti che vogliono il pannello sul tetto di casa; i produttori di pannelli non riescono a soddisfare la domanda degli istallatori; i produttori di silicio arrancano dietro alle richieste dei produttori di pannelli voltaici, I tempi di attesa per avere l'impianto si allun gano. I costi del silicio corrono. Nel 2003 le quotazioni del silicio di "grado elettronico" (monocristallino, il più pregiato) erano sui 34 dollari al chilo. Oggi si superano senza fatica i Sa dollari. Il silicio di seconda scelta di "grado solare" (policristallino o semicristallino), al quale i produttori di pannelli solari si adattano quando non trovano quello di "grado elettronico", è passato da io a 30 curo al chilo. Nel 2003 se si ordinava un pannello solare, i rivenditori avevano i magazzini pieni. Oggi l'attesa è di alcuni mesi; i più fortunati riescono ad aggiudicarsi il pannello in un mese, ma non sono rare le attese nell'ordine di un anno. Ma è così raro il silicio? No, è disponibilissimo. È il secondo elemento presente sulla terra dopo l'ossigeno. Ce n'è enormi quantità nel Sahara, nelle sabbie silicee della spiaggia, nelle Alpi. Ce n'è a montagne intere. Ma il silicio che serve per le applicazioni voltaiche ed elettroniche deve avere unapurezza straordinaria, rarissima in natura. Il mercato mondiale di questo metallo è controllato da pochissi mi fornitori, tra cui la giapponese Tokuyama, la statunitense Hemlock e la tedesca Wacker Chemie. Hanno tutti programmato investimentiper aumentare la produzione di silicio. Così come i produttori dei pannelli stanno investendo per stare al passo della domanda. Inunpaio d'anni lanuova disponibilità dovrebbe calmare il mercato. Ma c'è chi cerca alternative, come alcuni ricercatori dell'Università di Parma i quali - insieme al ministero dell'Ambiente, la Regione Lombardia e il gruppo Marcegaglia - stanno sviluppando ad Arese uno stabilimento di pannelli con un ingrediente il quache fa salire l'efficienza e dimezza i costi: al posto del wafer di silicio, arriva il sandwich di telloruro di cadmio. Pesa la qualità ,. Inunpannello solare datre chilowatt entrano dai 9 grammi di silicio di prima scelta ai 13 grammi di silicio di seconda scelta. i3 grammi a chilowatt e Contandogli scarti di produzione, in media servono 40 grammi di silicio a pannello, cioè 13 grammi a chilowatt. Il fotovoltaico batte l'elettronica * Si stima che su una domanda mondiale di 3ómila tonnellate di silicio, 20mila siano andate ai pannelli solari, sottraendo all'elettronica una larga fetta di materia prima. Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. ____________________________________________________ Il Giornale 7 ott. ’06 IGNOBEL: PERCHE AL PICCHIO NON VIENE L’EMICRANIA Ad Harvard assegnati i premi agli studi scientifici più demenziali Eleonora Barbieri Il rumore incuriosisce gli scienziati. Quello delle unghie sulla lavagna, ad esempio, considerato fastidioso quasi a livello universale. Il compito di capire perché se l’è assunto un professore di psicologia di una città abituata a ben altri suoni. Randolph Blalce insegna alla Vanderbilt university, l'ateneo di Nashville, e ha scoperto che l'armonia nel caso delle unghie, non è quella giusta: un livello di frequenza «medio», che risulta insopportabile per chiunque. La sua ricerca gli è valsa un «Ig Nobel», e la notorietà. II premio, come l’ideatore Mare Abraliams tiene a sottolineare. è uza riconoscimento alla scienza «che prima, fa sorridere, e poi spinge anche a pensare». Blalce ha tentato di risolvere un mistero che dura «da 2.300 anni»: inutile, forse, ma tutti sanno di che cosa stia. parlando. Tanto che alcuni volontari. all'epoca dello studio, si erano rifiutati di partecipare all'esperimento. Ieri. all'università di Harvard, Biak-e ha avuto la soddisfazione di ricevere il premio alternativo a quello ufficiale. nato ormai sedici anni fa. Come lui, anche Hotvard Stapleford ha vinto il suo «Ig Nobel» grazie al rumore, quello che solo orecchie molto giovani possono sentire. Stapleford si occupa dei sistemi di sicurezza alla lerthyr TYdfil ma. vedendo sua figlia fuggire da un negozio, disturbata da una banda di ragazzi. si è ricordato dà quando, da piccalo, andava, a trovare il padre in fabbrica e poteva resistere solo qualche minuta. perché il rumore era insopportabile. Gli adulti intorno a lui, però, non si accorgevano di nulla. Questione di frequenze, e di età. Così ha realizzato un «allarme miti bulli» che sfrutta una frequenza sonora molto elevata, percepibile solo fino a vent'anni o poco più, Per cui, dall'altro lato, può essere utilizzata anche come suoneria peri cellulari, che ;li alunni possono sentire. ma non i loro insegnanti. Una piccola magia, che potrebbe indispettire molti docenti in guerra aperta contro i telefonini in classe. 5tapleford è salito sul palco e, come gli altri vincitori, ha avuto sessanta secondi per spiegare al pubblico il motivo del suo «Ig Nobel». Una parodia del Nobel, ma non solo. Non necessariamente «ignobile», come il nome suggerisce, e noli solo perché riscattato, spesso, dal tempo. Invenzioni considerate assurde. come la lavatrice per cani e gatti (per la quale lo spagnolo Eduardo Segura ha vinto nel ?002), sono diventate ora. appetibili, Molti studiosi, dopo aivii di ricerche serissime e puntualmente ignorate, hanno l'occasione, uz2ica, di diventare famosi, come ha ammesso Jonal11aiz IVyatt, vincitore nel 2000 grazie a uno studio sulle toilette a Glasgow: «Coni colleghi ho pubblicato 70 ricerche: è l'unica che ci abbia regalato un po' di notorietà». Non c'è solo la vanità. C'è, secondo Abrahams, il volto umano della scienza, che traspare fra ampollosità, banalità quotidiane trasformate in questioni insolubili, argomenti futili. Indagini assurde condotte con serietà e rigore, fra scartoffie, laboratori, lampade accese anche a tarda sera. Per capire, ad esempio, come mai i picchi non si facciano male alla testa, nonostante la sbattano contro i tronco alla velocità di 20 volte al secondo. Il segreto è in una protezione speciale che, come ha scoperto Ivan Schttab, è dovuta all'adattamento anatomico della calotta cranica. Un altro suono, o meglio un «ultrasuono», è servito invece a un gruppo di scienziati spagnoli per vincere nel settore della chimica: ne hanno misurato la velocità. nel momento in cui attraversa una porzione di cheddar, il formaggio più famoso e insapore d'Inghilterra. Il premio per la medicina, quest'anno. è in perfetto stile degli Annals of improbable research. la rivista che organizza la manifestazione . Un metodo poco comune ma, a quanto pare, efficace per combattere il singhiozzo è stato brevettato dall'americano Francis Fesm' basta un massaggio rettale. e i singulti, anche i più insistenti, passano in 30 secondi. Fesmire si è offeso: «Sono un medico serio». A premiarlo, però, c'erano sette Nobel. veri. Ha vinto anche una équipe francese, che ha spiegato con una «teoria della frammentazione a cascata» un fenomeno culinario molto diffuso: quando si spezzano gli spaghetti crudi, non si dividono mai in due, ma sempre in più parti, Per dissipare il mistero, ci è voluta una legge della fisica, _______________________________________________________ Le Scienze 8 ott. ’06 I PREMI IGNOBEL Dieci i "riconoscimenti" attribuiti quest'anno Anche quest’anno, in concomitanza con l’assegnazione dei premi Nobel, nell’Aula magna dell’Harvard university sono stati consegnati i premi IgNobel, attribuiti agli autori di ricerche (reali) dall’interesse scientifico particolarmente improbabile. Il premio, della cui giuria fanno parte studiosi di fama mondiale, non prevede assegni o rimborsi spese, eppure quasi tutti i vincitori si sono sobbarcati le spese per andare a ritirarlo e svolgere la loro "lezione magistrale" (di un minuto) che si terrà questa sera. Ecco i vincitori: Ornitologia: Ivan R. Schwab, (Università della California a Davis), e Philip R.A. May (Università della California a Los Angeles), per aver spiegato perché i picchi non soffrono di mal di testa. Nutrizione: Wasmia Al-Houty (Kuwait University) e Faten Al-Mussalam (Kuwait Environment Public Authority), per aver dimostrato che lo scarabeo stercorario è in realtà schizzinoso in fatto di cibo. Pace: Howard Stapleton (Merthyr Tydfil, Galles), per avere inventato un repellente contro i teenager, un’apparecchiatura che emette suoni fastidiosi per l’orecchio degli adolescenti, ma non udibili dalle persone adulte. Acustica: D. Lynn Halpern (Harvard Vanguard Medical Associates) e colleghi (Brandeis University e Northwestern University),per avere condotto esperimenti per comprendere perché la maggioranza delle persone è infastidita dal rumore del gesso sulla lavagna Matematica: Nic Svenson e Piers Barnes (Australian Commonwealth Scientific and Research Organization), per aver calcolato il numero di scatti necessari per assicurarsi (o quasi) che nessuna delle persone riprese in una foto di gruppo abbia gli occhi chiusi. Letteratura: Daniel Oppenheimer (Princeton University), per il suo studio sulle “conseguenze dell’uso di un linguaggio tecnico erudito indipendente dalla necessità: problemi legati all’abuso di parole lunghe." Medicina: Francis M. Fesmire (University of Tennessee College of Medicine) e Majed Odeh e colleghi (Bnai Zion Medical Center di Haifa), per la relazione medica sulla fine del singhiozzo intrattabile con digitomassaggio rettale. Fisica: Basile Audoly e Sebastien Neukirch (Università Pierre et Marie Curie di Parigi), per lo studio sulle ragioni per cui, spezzando una manciata di spaghetti secchi, questi si rompono in più di due pezzi. Chimica: Antonio Mulet e colleghi (Università di Valencia, Spagna), e Carmen Rosselló (Università delle Isole Baleari, Spagna), per lo studio sulla “velocità ultrasonica nel formaggio cheddar in dipendenza dalla temperatura". Biologia: Bart Knols (Wageningen Agricultural University, Paesi Bassi e International Atomic Energy Agency) e Ruurd de Jong (Wageningen Agricultural University) per aver dimostrato che la zanzara Anopheles gambiae è attratta in ugual misura dall’odore dei piedi umani e del formaggio tipo limburger. ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 3 ott. ’06 SASSARI: MEDICINA, NUMERO CHIUSO SENZA NESSUNA PROSPETTIVA Puntuale come la caduta delle foglie in autunno, anche quest’anno monta la solita polemica sul numero chiuso per l’accesso a Medicina. Devo dire che in questi quasi 15 anni da che esiste, 13 da quando anche io, che sono ora un giovane specialista alla perenne ricerca di un lavoro stabile, affrontai la prova (e senza uno straccio di medico in famiglia... orrore!), le motivazioni addotte contro il numero chiuso in Medicina (e non, chissà come mai, contro quello, che so, in Archittetura, forse perchè nell’immaginario collettivo gli architetti guadagnano di meno...boh!) si sono evolute e sono divenute più fantasiose, ma tutte miranti a sovvertire un sistema che già adesso, nella realtà laurea più medici di quanti il mercato ne richiederebbe. E le mie sono parole dettate dall’esperienza personale, dato che, dopo tre anni dalla specializzazione, sono ancora alla ricerca del lavoro stabile... Tre anni passati a fare sostituzioni di colleghi ammalati o impegnati in congressi a noi negati o in istituzioni, vedi case di cure private, pronte a metterti alla porta alla prima occasione. Quindi se non mi stupiscono le dichiarazioni di Simone Campus, giovane virgulto, che pare conosca benissimo le problematiche inerenti il pasto unico alla mensa universitaria o le lavatrici della casa dello studente ma molto meno quelle legate alla professione medica, tanto da far suo il luogo comune sessantottino “l’università per tutti” o “tutti devono poter diventare medici”, che è la stessa cosa. Mi lasciano esterreffato invece quelle del preside di medicina, il quale, sulla scorta di non si sa quali dati, afferma che “non è vero che in Italia i medici sono troppi” e “aboliamo il numero chiuso”. Ora, mi risulta che la situazione sia un pò diversa e mi chiedo su quale pianeta sia vissuto finora l’insigne neurologo o quali dati attinga per costruirsi questa “sua” realtà. Che è poi quella dei cinquantenni, attualmente padroni del mercato della medicina regionale, che o non conoscono la realtà dei giovani medici, o la compatiscono o, alla peggio, la vedono come un pericolo al potere costituito, il loro, senza ricordarsi dei relativamente pochi sacrifici che hanno dovuto affrontare ai loro tempi per insediarsi in quei posti, visto che allora di lavoro ce n’era, eccome. Ma, tornando indietro, basti pensare cosa diventerebbe Medicina senza il numero chiuso: 650 iscritti all’anno, di cui, chiaramente, 150-200 che non riuscirebbero a superare nemmeno i primi esami, ma che creerebbero un ingorgo impossibile da gestire, con esami con centinaia di iscritti della durata di un mese, con nessun rapporto diretto professore- discente. Un università bivacco, dove “sostare” per anni e anni, come è già triste realtà di alcune facoltà cittadine, purtroppo. E poi, 150 laureati ogni anno che non troverebbero, crudelmente, nessuno sbocco nelle scuole di specializzazione nè, tantomeno, nel mercato del lavoro già adesso intasatissimo. Follia! E in tutto questo spicca forte il silenzio dell’Ordine dei medici che troppo spesso, quando si tratta di giovani medici, sta zitto e fa finta di niente, oppure si riempie la bocca di vuote parole di solidarietà, invece di prendere posizione netta contro questi propositi deliranti. Ma, tant’è, si sa, l’università è per tutti, finchè si pagano le tasse d’iscrizione. Ma il lavoro un pò meno. Cristiano Meloni ======================================================= ____________________________________________________ L’Unione Sarda 3 ott. ’06 SANITÀ: AZIENDA MISTA, UNA PARTENZA IN SALITA Il via entro il prossimo anno L’Azienda mista partirà con il nuovo anno, ma non mancheranno le difficoltà. Lo ha confermato ieri l’assessore regionale alla Sanità, Nerina Dirindin, che ha visitato la struttura ospedaliera del Policlinico universitario. Due ore di passeggiata nei reparti e nelle sale operatorie, in compagnia del rettore Pasquale Mistretta, del preside di Medicina, Gavino Faa, del direttore amministrativo e sanitario del Policlinico. Un’occasione che è servita anche per dare una buona notizie per l’Università: sono stati sbloccati diversi milioni di euro per l’Ateneo, vecchi debiti della Regione e della Asl 8. «Abbiamo confermato - ha commentato Mistretta - il nostro impegno comune per far decollare l’Azienda mista il primo gennaio 2007. Non ci siamo nascosti che si sono delle difficoltà, ma speriamo di poterle superare con l’azione comune di tutti». L’assessore Dirindin ha ricordato che «l’accordo sull’Azienda mista è inserito nel piano sanitario regionale, e che è importante che l’Università abbia dato un parere positivo al piano». Dunque si attende con fiducia il passaggio del nuovo sistema sanitario nella commissione regionale e poi in Consiglio. Solo in quel momento l’Azienda potrà emettere il suo primo vagito di vita, aspettando poi di compiere i successivi, e complicati, passi. Le difficoltà maggiori saranno soprattutto quelle relative alla fase di transizione, e cioè quando dovranno avvenire i passaggi delle componenti ospedaliere e universitarie. Durante la sua visita l’assessore ha apprezzato il lavoro svolto nella struttura ospedaliera universitaria. Un tour che è servito anche ai rappresentanti degli studenti per un breve confronto con la Dirindin sul problema delle borse di specializzazione in Medicina. Un tema che, ha assicurato l’assessore, sarà oggetto di un incontro da programmare in tempi brevi. Intanto neo laureati e specializzandi si incontreranno giovedì all’ospedale San Giovanni di Dio per una nuova assemblea. (m. v.) ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 6 ott. ’06 CAGLIARI: C’È LA BANCA DELLE PLACENTA Apre a Cagliari il centro per la raccolta e la conservazione del sangue cordonale Fonte di cellule staminali saranno utili nei trapianti Centri trasfusionali e punti nascita cardini del sistema CAGLIARI. Tra un anno nei reparti di ostetricia dell’isola le partorienti riceveranno un foglio dove esprimere il consenso alla donazione del sangue cordonale, contenuto nella placenta, dove si trova un certo numero di cellule staminali utili oggi nei trapianti sul midollo e, domani, nella cura di malattie quali l’infarto (nel figlio della donna donatrice, per esempio). Non sarà un foglio sconosciuto quello che l’operatore addestrato porterà davanti alla mamma presa da mille emozioni: in ogni punto nascita della Sardegna, per tempo, le future madri verranno informate su questa donazione diventata possibile anche nell’isola. Scopriranno che si tratta di un gesto indolore ricco di buone conseguenze. Per esempio le mamme, portatrici assieme al marito di malattie ereditarie, una volta partorito un figlio sano, nella prospettiva di avere altri figli che potrebbero invece presentare quella malattia, con la donazione del sangue cordonale cosiddetta dedicata (che deve essere autorizzata dall’istituto superiore di sanità), potranno sperare di dare un aiuto importante alla guarigione definitiva del bimbo meno fortunato. Le cellule staminali, è noto, hanno caratteristiche che appaiono straordinarie: in parole molto povere hanno la capacità di tornare indietro nel livello di differenziazione e trasformarsi in altro tessuto, come quello per esempio che è stato «rovinato» dalla malattia. La Regione ha deciso ci promuovere anche in Sardegna l’allestimento della banca del sangue cordonale, l’incarico di studiare il progetto è stato affidato a Carlo Carcassi, responsabile del centro di riferimento regionale per i trapianti di organi, tessuti e cellule, l’organizzazione e la gestione della banca saranno il risultato della collaborazione istituzionalizzata (che si sta cercando) tra centri trasfusionali, centri trapianti, ematologie e centri di riferimento. Il progetto costerà 800 mila euro, in Italia ci sono già 16 banche e quella sarda nasce su binari tecnico-scientifici definiti, compresa l’adesione obbligatoria alla rete «Grace» (gruppo raccolta e amplificazione cellule ematopoietiche). Non è stata una forzatura la banca per la Sardegna: Carcassi (che è ordinario di Genetica medica all’università di Cagliari) spiega come lo stesso ministero della salute abbia invitato ogni regione ad aprire una banca del genere sia per allargare le donazioni sia per disporre di una riserva di cellule staminali adulte che potranno tornare utili nel panorama della ricerca internazionale, una volta che le leggi nazionali verranno uniformate sugli stessi valori etici e deontologici. Il 10 per cento dei trapianti di cellule staminali ematopoetiche (capaci di produrre sangue), alternativa al trapianto di midollo osseo, viene fatto con il sangue cordonale conservato nelle banche italiane. Attenzione, perché non tutte le placente possono essere donate: finora il 70 per cento delle donazioni sono state scartate causa malattie trasmissibili dalla madre o scarsità di cellule, ecco un altro motivo per allargare le donazioni possibili. Il progetto è a buon punto: c’è la sede (un’ala del centro trapianti di midollo osseo dell’ospedale Binaghi), la Asl 8 lavora alla gara d’appalto per attrezzare i locali, i medici specialisti in ematologia (tali devono essere) sono già andati in altre banche accreditate per formarsi, a giorni partirà il personale che si occuperà della raccolta del sangue cordonale, del trasporto e della manipolazione. Per molti operatori dell’isola non sarà una novità: fino a sei anni fa all’ospedale Microcitemico si raccoglieva il sangue placentare e così a Sassari e a Nuoro, tutto a opera degli ematologi. Il lavoro pionieristico si è fermato perché i tempi non erano maturi: conservare le placente imponeva costi considerati eccessivi e mancava un’organizzazione generale in grado di rendere davvero diffusa e utile l’intera attività. Alessandra Sallemi ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 4 ott. ’06 SANITÀ E IVA CHE DIFFERENZA CON LA SICILIA! L'accusa dei deputati di Fi: «Passo indietro per i sardi» - Pili: «È tutto un bluff, Soru dovrebbe ritirare l'assenso» ALFREDO FRANCHINI CAGLIARI. L'opposizione di Centrodestra contesta i toni «epici» usati dal presidente Soru nell'annunciare l'accordo con il governo sulle entrate: «Ma quale risultato storico»? chiedono i deputati di Forza Italia. E giù una serie di improperi: un bluff, un inbroglio, una trovata mediatica. La questione della sanità, le cui le spese passano a carico della Regione suscitano dubbi anche nella Cgil. Per il sindacato è una scelta pericolosa per la Regione, ma vediamo le reazioni politiche. La guerra dei numeri è stata aperta ieri dal deputato Mauro Pili. L'ex presidente della Regione ha contestato, tabelle alla mano, l'interpretazione ottimistica data dalla Regione: «Le cifre non soddisfano nemmeno l'incremento minimo del tasso di inflazione programmato e soprattutto ignorano l'incremento di oltre cinque miliardi di euro che vengono stanziati a livello nazionale per la Sanità». Il sistema, aveva spiegato Soru il giorno precedente in Consiglio, entrerà a regime solo nel 2010. Pili fa un calcolo semplice: sottraendo dai trasferimenti le quote del fondo sanitario, (nel triennio 2007-2009 sono rispettivamente 974, 993 e 1012 milioni) restano «puliti» 225 milioni per il 2007, 240 per il 2008 e 340 per il 2009. Ah, se la Sardegna potesse parlare! Anche stavolta il governo ha usato due pesi differenti per le due isole: la Sicilia riscuote il cento per cento dell'Iva e lo Stato continuerà a pagare ai siciliani la metà delle spese sanitarie. Ai sardi darà i nove decimi ma in cambio si liberà totalmente del problema dei problemi di ogni bilancio: la sanità. E c'è di più: la Sardegna è stata esclusa dalla ripartizione di cinque miliardi di euro stanziati in più sul fondo sanitario nazionale, ripartizione che, secondo Pili, avrebbe portato almeno 200 miliardi di euro in più nelle casse dell'isola. Pili affonda il coltello anche sulle cifre «pulite»: i 225 milioni del 2007? «Non sono altro che un marginale adeguamento dei tassi programmati di inflazione che ci sono sempre stati sono stati sempre automatici ma che non tengono in ben che minima considerazione né il pregresso né i fondi europei». Altri tre deputati di Fi, Cicu, Marras e Cossiga, ritengono che l'articolo della Finanziaria che riguarda la Sardegna sia illegittimo «in quanto una legge ordinaria non può modificare una normativa costituzionale come quella di una regione a statuto speciale». Senza contare, dicono, l'eventuale danno al sistema sardo. «Nella realtà», dice Marras componente della commissione Bilancio, «c'è uno spostamentodi somme da un capitolo all'altro. Viene cancellata qualsiasi quota di partecipazione dello stato rispetto alla Sanità escludendo i sardi al diritto della tutela alla salute». Lo Stato con una mano finge di dare e con l'altra prende, sostengono Cicu e Cossiga: «La cosa più rilevante è che è prevista l'entrata a regime delle restituzione delle risorse solo dal 2010. Una restituzione ipotetica ventennale con uno stillicidio di elemosina». Ma il cuore del problema resta la sanità. Per il segretario regionale della Cgil-Funzione Pubblica, Giovanni Pinna, il vantaggio dell'accordo sottoscritto tra Regione e governo sarebbe solo apparente se si considera il trend di crescita della spesa sanitaria degli ultimi anni, una spesa improponibile - afferma Pinna - anche secondo le stime del governo. Perciò la Sardegna in breve tempo avrebbe grosse difficoltà a garantire livelli adeguati di assistenza. 04/10/2006 8 Pag. La Nuova Sardegna ED. NAZIONALE La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SANITA REGIONALE – ____________________________________________________ Il Messaggero 5 ott. ’06 TICKET, PIÙ CONTROLLI INCROCIATI: «E' caccia ai finti poveri-falsi esenti» di MARCO GIOVANNELLI False autocertificazioni e falsi poveri che rubano denaro alle casse della sanità. Nel Lazio ci sono più di 700mila cittadini che non pagano il ticket e che assorbono il 63,9 per cento di tutte le prestazioni sanitarie effettuate. Cifre che lasciano molti dubbi e che hanno indotto la Regione e l'Agenzia per la sanità pubblica ha controlli molto attenti soprattutto sul fronte dell'esenzione da reddito, quella che si ottiene con una semplice autocertificazione. Negli ultimi mesi i controlli della Guardia di finanza hanno permesso di scovare nella Asl dei Castelli 600 falsi esenti mentre la scorsa settimana sono state denunciate per lo stesso motivo 30 persone a Tivoli. «Non bisogna cadere nell'errore di fare di tutta l'erba un fascio perché la gran parte dei fruitori di prestazioni sanitari sono anziani e malati che dobbiamo tutelare sostiene Augusto Battaglia, assessore regionale alla sanità - ma è anche vero che stiamo facendo verifiche molto approfondite percapire il fenomeno e prevenire gli abusi. L'impressione è quella che i falsi esenti siano tanti. Dobbiamo superare il meccanismo delle autocertificazioni, arrivare a dare certezze ai cittadini che hanno diritto all'esenzione e colpire chi ha imbrogliato». II nocciolo della questione ruota intorno a 150mila cittadini che hanno dichiarato di non avere reddito o di guadagnare cifre irrisorie. «Ma i falsi esenti sono tanti? E come si fa a dirlo risponde Antonio Nigro, responsabile del centro studi della Fimmg di Roma, la federazione dei medici di medicina generale-. In passato non c'erano controlli, ora qualcosa si sta muovendo ma l'impressione è che siano ancora tanti». L'esente per patologia o invalidità passa al vaglio di medici specialisti e commissioni di verifica, il pensionato al minimo che non paga il ticket può facilmente dimostrare il suo reddito mostrando il libretto di pensione, mentre per chi si dichiara povero basta rautocertificazione. «La semplificazione deve prevalere su tutto, Fautocertificazione è il cardine della semplificazione ma non possiamo accettare supinamente tutto - afferma Lucio D'Ubaldo, presidente dell'Asp, l'Agenzia perla sanità pubblica-. Il 63,9 percento di prestazioni erogate a favore di cittadini esente è davvero troppo e dobbiamo intercettare gli abusi. I dati sono allarmanti e abbiamo la netta sensazione che dietro l'autodenuncia dei redditi si nasconda un margine d'abuso non piccolo. Nel momento in cui tutti gli sforzi sono indirizzati a ridisegnare il sistema di distribuzione delle risorse per i servizi sanitari e sociali, non possiamo cadere in questa trappola: da una parte chiediamo al cittadino di contribuire sempre di più e dall'altraconsentiamoai furbi di non pagare il ticket. I nostri ragionamento ricadono nella giustizia sociale: aiutare i più deboli e combattere gli imbroglioni». Per chi ha presentato delle false autocertificazioni il rischio di cadere nella rete della giustizia ora diventa alto. La Regione sta intensificando sempre di più i rapporti con la Guardia di finanza e intanto ha chiesto alle Asl gli elenchi di tutti gli aventi diritto alle esenzioni. L'Asp invece sta cercando il sistema per incrociare con l'Agenzia per le entrate i dati sui redditi. Nello specifico delle prestazioni sanitarie richieste, il record di quelle per le quali non è stato pagato il ticket spetta alla radioterapia (il 99,4 per cento) ed è giusto che sia così per i malati di tumore. Al secondo posto c'è la nefrologia (98,6) e al terzo posto l'oncologia (92,2 per cento. Nei laboratori di analisi non hanno pagato il ticket il 63,1 per cento dei pazienti mentre hanno ricevuto gratis visite e indagini il 77,6 per cento di chi si è rivolto al cardiologo, il 66 chi ha avuto bisogno di riabilitazione, il 68 per cento di chi ha chiesto aiuto all'oculista. Al contrario, in fondo alla classifica, chi ha giovato dell'esenzione per la risonanza magnetica è il 35,2 per cento. 04/10/2006 33 Pag. Il Messaggero La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SANITA' NAZIONALE – ____________________________________________________ Il Sole24Ore 2 ott. ’06 SANITÀ, PRESTO MENO ESENTI La manovra 2007 WELFARE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Turco: sono troppi - Ripianati anche 2 miliardi di deficit 2006 OBIETTIVI E ANNUNCI «Zero debiti» in tre anni Il ministro: «Cambieremo un meccanismo iniquo Con le autocertificazioni troppi esclusi senza diritto» Roberto Turno ROMA Cresce ancora la dote finanziaria delle Regioni per la spesa sanitaria: nella versione finale della Finanziaria è spuntato a sorpresa il finanziamento per altri 2 miliardi del Fondo 2006. Parola di Livia Turco, ministro della Salute: «Rimediamo ai guasti del centro-destra, rilanciamo un Ssn che era stato abbandonato. Questa è una manovra che dà e non toglie». E i ticket su pronto soccorso, diagnostica e specialistica, tutti a carico dei non esenti? «La notizia non sono i ticket, ma l'equità e il percorso condiviso con le Regioni. Anche i ticket possono essere un fatto di equità», ha dichiarato ieri il ministro. Che, però, ha annunciato: «L'intero sistema di compartecipazione ed esenzioni è iniquo. Presto lo cambieremo: con le autocertificazioni, in troppi sono esenti senza diritto». Eccola la manovra sanitaria 2007. Una Finanziaria che vede crescere a 97 miliardi (+6 sul 2006) le risorse del Fondo, con l'aggiunta di 3 miliardi per gli investimenti e di 349,5 milioni per la ricerca, e che stanzia (presso il Welfare) le prime risorse per la non autosufficienza (50 milioni nel 2007, poi 200 nel 2008 e nel 2009). Una manovra che, col «Patto per la salute», promette ambiziosamente di riportare in carreggiata ("zero debiti") il sistema in tre anni, e che per questo scommette su efficienza e qualità del Ssn, soprattutto dove (il Sud) le cose vanno assai male. Anche con le misure anti-truffe introdotte nella manovra a carico di dipendenti e farmacisti infedeli. Intanto, in attesa che efficienza e buone pratiche facciano il loro corso, il taglio della spesa tendenziale da tre miliardi è presto raccontato. I nuovi ticket frutteranno 750 milioni; le riduzioni di spesa per farmaci, laboratori e diagnostica 1,125 miliardi; e 1,125 miliardi dovranno arrivare dal «Patto» e dai recuperi a carico delle Regioni. Ecco così i ticket. Nei pronto soccorso, sarà in tutta Italia di 23 euro per i non esenti per i «codici bianchi» e salirà a 41 euro per i «codici verdi» (salvo traumatismi e avvelenamenti); per la specialistica ambulatoriale nasce il ticket-ricetta da 10 euro, che ancora pagheranno soltanto i non esenti. Un recupero dell'inflazione sulla franchigia, è l'interpretazione. Poi c'è l'annunciato ticket anti-spreco: il pagamento integrale della prestazioni, stavolta anche per gli esenti, in caso di referti non ritirati di visite e analisi. E ancora: i ticket «automatici» per la quota (il 40%) di sfondamento del tetto a carico delle Regioni. Per tenere in carreggiata la spesa farmaceutica, sono già previsti tagli ai prezzi dei medicinali: almeno altri 800 milioni di risparmi, dopo gli 800 varati dall'Aifa con i tagli in vigore da ieri. Altri settori pesantemente nel mirino: i laboratori di analisi (in vista una scrematura dei più piccoli), con l'abbattimento del 50% delle tariffe, che favorirà anche gli assistiti; l'acquisto a prezzi «calmierati» per il Ssn dei dispositivi medici (dalle provette alle siringhe alle valvole cardiache); la stop dal 2008 degli accreditamenti provvisori delle strutture private. Più prestazioni odontoiatriche, strutture e servizi per i malati terminali, screening, radiodiagnostica e terapia: queste le promesse da mantenere col nuovo piano di investimenti, che vede il Sud in cima alle priorità. Priorità che riguarderà anche i livelli di assistenza, però, con la scrematura delle prestazioni non essenziali. Aspettando la qualità e l'equità. Qualità che la Sardegna ha deciso di realizzare per proprio conto. Con la revisione concordata del gettito di tasse e imposte (dunque, con la revisione dello Statuto), dal 2007 la Sardegna si pagherà da sé la Sanità. Autonomia finanziaria, come già accade per il Friuli. La Sicilia, invece, sempre in Finanziaria, ha concordato una semi autonomia finanziaria in Sanità entro il 2009. Nel 2007 sarà intanto del 45 per cento. ____________________________________________________ la Repubblica 3 ott. ’06 NOBEL ALLA MOLECOLA CHE SPEGNE I GENI Le ricerche dei due scienziati 45enni sulla funziane di RnaeDna. Primo passo verso cure genetiche contro virus (come l'Aids) e tumori ELENA UUSI ROMA- La telefonata da Stoccolma ha raggiunto gli Usa all'una di notte. «Congratulazioni, il premio Nobel per la medicina è vostro» è 1a frase da sogno arrivata ad Andrew Fire e Craig Mello. I due giovani scienziati (47 anni il primo, 46 il secondo) non sono medici nel senso tradizionale della parola. Il loro lavoro è scendere nell'infinitamente piccolo della cellula e giocare con il Dna come si farebbe con i tasti di un pianoforte. Il pezzo forte del loro repertorio è il "silenziamento" dei geni, che consiste nello scegliere un frammento della doppia elica e spegnerlo come si farebbe con un interruttore. Il risultato: il gene azzittito smette di produrre la proteina che gli compete. E se ancora nessun uomo è stato curato con questa tecnica, le ricerche sul meccanismo di regolazione del Dna promettono di favorire Ia 1otta contro le malattie virali (Aids o epatite) e contro i tumori. Andrew Fire, punta di diamante dell'università di Stanford, e Craig Mello, suo collega alla University of Massachusetts Medical School brancolavano nel buio come tanti altri colleghi nel mondo, prima della scoperta decisiva avvenuta nel 1998. A gettare nello sconforto i genetisti nel 1990 era stato un fiore scolorito: una petunia che Richard Jorgensen, della ditta americana Lina Plant Terhnology, cercava di rendere più colorata inserendovi il gene che sintetizza il pigmento viola. Il fiore, contro ogni aspettativa, nacque con ampie striature di bianco. «Accadde anche a noi con la muffa neurospora. Volevamo donarle un arancione più intenso, e ci ritrovammo una colonia chiazzata di bianco» ricorda Giuseppe Macino del dipartimento di Biotecnologie cellulari della Sapienza di Roma, i cui studi ieri sono stati menzionati dalla Fondazione Nobel. «Avevamo scoperto il fenomeno del silenziamento dei geni. Ma il meccanismo ci era del tutto sconosciuto. Diversi gruppi nel mondo cominciarono a studiarne 1e cause. Fire e Mel1o furono più bravi e più fortunati allo stesso tempo». La soluzione del problema - capirono subito gli scienziati - andava cercata all'interno del cosiddetto dogma centrale della biologia. Un gene per produrre una proteina ha bisogno di trasferire la sua informazione all'esterno del nucleo della cellula. Perfar1o affida 1e "istruzioni di assemblaggio" a una molecola ambasciatrice, l'Rna messaggero. Bloccare questa molecola equivale ad annullare l'effetto del gene, ed è proprio questo il meccanismo che Fire e Mello sono riusciti a inceppare con la loro tecnica battezzata "interferenza daRna". Prima hanno provato a inserire nel verme Caenorhabditis Elegans un frammento diRna messaggero, ma con effetti minimi. Pallidi risultati si ottenevano anche con la molecola di Rna simmetrica e opposta rispetto alla precedente (detta "antisenso"). «La mossa vincente - spiega Macino - fu usare 1e due forme di Rna messaggero mescolate insieme. Con grande sorpresa degli stessi Fire e Mello, l'effetto di silenziamento fu potente. Solo dopo siamo riusciti a svelare il perché. Oggi la tecnica è venduta nei laboratori di tutto il mondo e usata negli esperimenti più svariati. Le applicazioni terapeutiche non sono vicine: gli effetti collaterali sull'uomo non sono ancora sotto controllo». Finora un esperimento condotto sui topi è riuscito ad abbassare il livello di colesterolo del sangue, ma una seconda prova è stata interrotta per aver provocato danni gravi negli animali. ____________________________________________________ Libero 3 ott. ’06 CONVEGNO SIGO: UN BAMBINO SU TRE IN ITALIA NASCE COL PARTO CESAREO Il Congresso della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia in corso a Roma ha diffuso ieri un dato allarmante: in Italia un bambino su tre nasce con parto cesareo. Ogni cento parti, 35,2 avvengono con il bisturi. Preoccupanti anche i dati sull'età delle madri. Le donne italiane infatti, aspettano i 31 anni per dare alla luce il primo figlio. Ma se nelle case italiane la cicogna si ferma solo una volta, in quelle degli immigrati ritorna più volte. La regione con il più alto tasso di natalità è il Trentino Alto Adige; fanalino di coda la Sardegna. ____________________________________________________ MF 3 ott. ’06 L’HITECH CONTRO L'IPERTENSIONE Salute Gli interventi e i progetti innovativi di cura che rendono più veloci i controlli regolari Dati aggiornati con la cartella clinica telematica e valori pressori inviati via sms Un libretto sanitario telematico e un servizio di controllo della pressione via sms sono le ultime soluzioni studiate per rendere più immediati e semplici gli interventi contro l'ipertensione. Presentate in questi giorni al congresso della Siia (Società italiana dell'ipertensione arteriosa), questi sistemi innovativi cercano di invogliare il paziente a mantenere un comportamento responsabile. L’ipertensione è una malattia silente che spesso non provoca sintomi evidenti», spiega il professore Enrico Agabiti, presidente di Siia, «poiché il paziente non avverte disturbi tende a sottovalutare la gravità e i pericoli della patologia e dunque non rispetta la prescrizione del medico, non assume la corretta dose o addirittura interrompe la terapia». Solo tre pazienti su dieci, infatti, seguono con regolarità le cure, una percentuale ancora più bassa si sottopone a controlli regolari, nonostante l'ipertensione rappresenti il fattore di rischio più importante per le malattie cardiovascolari. Tra le soluzioni discusse è stata lanciata un'interessante iniziativa: il progetto Campania, un nuovo modello assistenziale basato sulle nuove applicazioni tecnologiche. Realizzato dal professore Bruno Trimarco dell'università Federico II di Napoli, consiste in un sistema telematico che accede a una cartella sanitaria elettronica, dedicata esclusivamente a tutte le problematiche cardiovascolari. In questo modo si costituisce un contenitore di dati clinici che permette un dialogo continuo e sempre aggiornato tra i centri specialistici e il medico di famiglia. Quest'ultimo,. infatti, può scrivere sulla cartella clinica le informazioni che intende segnalare, richiedere per via telematica sevizi e interventi specialistici, attraverso un sistema centralizzato di prenotazione che interviene sulle liste di attesa. A sua volta, il centro referta sulla stessa cartella i risultati degli esami, suggerisce proposte diagnostiche e terapeutiche, mentre il paziente ha sempre a disposizione, con collegamento in rete, la sintesi delle patologie a lui diagnosticate e dei controlli ricevuti. La realizzazione di questo libretto sanitario telematico permette l'interscambio in tempo reale di informazioni tra i vari ambienti diagnostici, con l'elaborazione a distanza anche delle immagini mediche, per applicare rapidamente i trattamenti clinici più appropriati. Per il momento sono stati coinvolti 14 centri per un totale di 15 mila pazienti con un risultato soddisfacente: tale modello assistenziale migliora l'efficacia dei trattamenti terapeutici perché grazie a una veloce verifica dei risultati si può programmare più correttamente il successivo intervento, e ciò ha degli effetti benefici anche sull'economia sanitaria, riducendo i costi assistenziali legati agli accessi ospedalieri. «L’iniziativa generale messa in atto ha dei risvolti pratici di grande importanza» continua Agabiti, «poiché attualmente, a discapito dei notevoli progressi di efficacia dei trattamenti anti-ipertensivi disponibili, sappiamo che solo il 20% circa dei pazienti ha un efficace controllo dei valori pressori». A riguardo si è studiato un servizio di automisurazione domiciliare, Short Message, che sfrutta l'uso di telefoni cellulari. Una volta misurata la pressione comodamente a casa, si spedisce un messaggio al centro specializzato; che analizza il dato, invia un eventuale sms di allarme, e inserisce l'informazione nella rete, facilitando così l'archivio e la gestione di tali valori e superando il vecchio metodo dei diari clinici cartacei. ____________________________________________________ Libero 4 ott. ’06 EMBRIONI CONGELATI E ABBANDONATI IN ITALIA SONO OLTRE 2.500 Sono 2.527, in Italia, gli embrioni crio conservati in stato di abbandono, appartenenti a 603 coppie che non sono più reperibili o hanno decisa di non volerli utilizzare a fini procreativi I dati, che restano parziali in quanto provenienti solo da 53 delle 82 strutture italianecensite, sono stati ricordati ieri mattina da Giulia Scaravelli, responsabile del Registro sulla procreazione medicalmente assistita (Pma) istituito presso l’Istituto superiore di Sanità. La ricercatrice ha partecipato alla tavola rotonda organizzata dal congresso nazionale della Società italiana di ostetricia e ginecologia (Sigo), in corso a Roma, per fare il punto sull'applicazione della legge 40 del 2004 a due anni dalla sua entrata in vigore: «I dati sono parziali anche per la difficoltà, spiega, «di dichiarare con certezza quando gli embrioni appartenti a una coppia che risulta irreperibile siano davvero abbandonati o meno MF 3 ott. ’06 IL PACEMAKER GRANDE COME UNA NOCE EVITA FREQUENTI CORSE ALLA TOILETTE Impiantato per la prima volta all'ospedale San Raffaele di Milano in anestesia locale di Valerla Panigada Un pacemaker, poco più grande di una moneta, ora non controlla più il cuore ma bensì regolarizza la vescica, e l’intestino. È il più piccolo strumento che risolve sia i problemi di ritenzione sia di incontinenza ed è stato impiantato per la prima volta all'ospedale San Raffaele di Milano. La tecnica della neuro modulazione sacrale, ossia dell’elettro stimolazione, è già praticata da alcuni anni, tanto che ne hanno già beneficiato oltre 30 mila pazienti nel mondo. Oggi però si evolve, facilitando tale trattamento. Infatti, con un intervento mini- invasivo effettuato in anestesia locale si impianta questo dispositivo, InterStim II, costituito da un piccolo neurostimolatore, un elettrocatetere e un programmatore per il paziente. La terapia consiste nella stimolazione elettrica dei nervi sacrali, che controllano la vescica e i muscoli circostanti. Il neurostimolatore, impiantato in una tasca sottocutanea nella parte superiore del gluteo, invia impulsi elettrici ai nervi sacrali attraverso l’elettrocatetere. II paziente percepisce solo un leggero formicolio e l'attività della vescica e dell'intestino si regolarizza Con un programmatore esterno, simile a un piccolo telecomando, il medico o il paziente stesso può accendere, spegnere e regolare l’intensità della stimolazione, in modo da ottimizzare la terapia. Inoltre, prima di procedere all'intervento, si può valutare l'efficacia, di tale terapia con un semplice test, ossia una prova di stimolazione. La vescica iperattiva costituisce la forma più comune di incontinenza urinaria: alcuni pazienti arrivano a urinare anche 20-30 volte al giorno, compromettendo la loro vita sociale. In Europa il 12-13% della popolazione adulta (circa 70 milioni) soffre di questi disturbi. Tale dispositivo, realizzato da Medtronic, ha dimostrato di trattare efficacemente alcuni tipi di disturbi cronici correlati alla vescica, che non avevano ottenuto benefici dai trattamenti farmacologici. ____________________________________________________ La Stampa 4 ott. ’06 CIRCONCISIONE, MEDICI DIVISI Gli specialisti si rifiutano di operare: è una malpratica, un lusso Marco Accossato Maria Teresa Martinengo Torino e il Regina Margherita si dividono sulla circoncisione. Il giorno dopo il primo intervento su un bimbo di 13 mesi di origine egiziana, parte dei medici dell'ospedale Infantile annuncia che non parteciperà alla sperimentazione. E anche dalle Molinette c'è chi si schiera contro la scelta di sottoporre al «taglio» i bimbi a carico della Regione. «In un momento di crisi della Sanità - sostiene ad esempio il professor Alessandro Gaetini, direttore della VI Clinica chirurgica delle Molinette -. non ci si può permettere il lusso di spendere denaro pubblico per quella che più di un medico di riconosciuto valore ha definito Il malpratica"». Una questione non solo di religione: «La circoncisione - sostiene il professor Gaetini - taglia un nervo alla base dell'uretra, fondamentale per stimolare il piacere nella fase conclusiva del rapporto sessuale. Ciò significa che i bimbi circoncisi saranno adulti condannati a rinunciare a parte del piacere». Di parere opposto il dottor Jamal Gabin, italo-palestinese, laureato e specializzato in Urologia all'Università di Torino, da anni all'ospedale di Savigliano. Gabin è uno dei medici che ha stilato la relazione che l'Unione Araba di Torino, portavoce dell'esigenza della «circoncisione mutuabile», ha consegnato a suo tempo alla Regione. «La circoncisione non influisce minimamente sulla sensibilità. Si può portare un'enorme mole di letteratura specialistica a sostegno di questa tesi. Anzi, è l'esatto contrario, la sensibilità aumenta». Un altro esponente dell'Unione Araba, Franco Trad, italo libanese, cristiano, ricorda: «Nel promuovere la possibilità di questa sperimentazione, che tra l'altro si fa con una somma molto limitata, noi abbiamo pensato ai più poveri, ai più esposti alle lusinghe di certi imam che propongono a famiglie "sprovvedute" pseudomedici che praticano l'operazione in condizioni che possono far insorgere complicazioni. In ogni caso, questa è una fase sperimentale. Nulla vieta di restringere il criterio di accesso ai redditi più bassi». Lo scrittore italoiracheno Younis Tawfik osserva: «L'ospedale a pagamento per molti è inaccessibile. Il rischio è che certe fasce di popolazione continuino a fare questa pratica con mezzi non adeguati. Pratica illecita, per altro, in quelle condizioni. Mi spiace che la questione sia diventata politica». «La realizzazione del primo intervento di circoncisione rituale al Sant'Anna è un atto di civiltà e segna un passo avanti sulla via dell'integrazione di culture diverse», insiste Nino Boeti, vicecapogruppo dei Ds, promotore della sperimentazione. «La circoncisione - replica Agostino Ghiglia, An - è un'ipocrisia discriminatoria e probabilmente illegale visto che, oggettivamente, è una scelta "religiosa" operata con soldi pubblici, dal momento che non è praticata dai cristiani e che per gli ebrei può essere praticata solo da un rabbino». Il dibattito, insomma, s'infiamma, anche se la stessa commissaria del Sant'Anna cerca di gettare acqua sul fuoco della polemica: «E' un segnale di attenzione, una pratica da inserire nelle regole della sanità pubblica - dice Marinella D'Innocenzo -. Si può discutere sul fatto che sia a carico o meno della collettività, ma non possiamo cedere sul fatto che questi interventi vengano effettuati in una struttura sicura, da medici preparati». Torino divisa sulla circoncisione: parte dei medici dell'ospedale Infantile annuncia che non parteciperà alla sperimentazione ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 3 ott. ’06 SARDI BEVONO IL PRIMO BICCHIERE A 11 ANNI Nell’isola un preoccupante record nazionale 6mila euro di multa per chi vende ai minori «L’età, non la quantità degli alcolici, determina la dipendenza» di Roberto Paracchini CAGLIARI. Multa dai 3.000 ai 6.000 euro per chi vende alcolici ai minorenni e per chi vende alcolici nelle aree di servizio. L’articolo 90 della Finanziaria alza dai 16 ai 18 anni il limite di età per l’acquisto di alcolici. Lo stesso articolo prevede anche il divieto assoluto di vendita degli alcolici nelle aree di servizio autostradali. La Finanziaria sostituisce il comma dell’articolo 14 della legge quadro del 2001 sugli alcolici che limita la vendita nelle aree di servizio vietandola fra le 22 e le 6 del mattino proibendola tout-court. Il Governo ha parlato facendo una scelta importante e ancor più necessaria, alla luce del recente parere dell’Istat. Se, infatti, nel periodo 1998-2005 si è registrato un trend sostanzialmente stabile nella popolazione in generale, non così è per i giovani, in particolare le donne. Il consumo di alcol è aumentato dal 53,3% al 56,3% tra le ragazze di 18-19 anni e dal 57,6% al 60,4% tra quelle di 20-24. E l’incremento riguarda soprattutto i super alcolici. I rischi maggiori riguardano i minorenni. Le immagini raccontano sempre più spesso di giovani e giovanissimi che circolano la sera con una bottiglia in mano, spesso di birra. Per quanto riguarda i sardi sono tra i più forti consumatori d’Europa proprio in questo campo. I dati, quelli che non si vedono, dicono anche che nell’isola, a Cagliari ad esempio, si inizia a bere attorno agli 11 anni. E queste sono le cifre di una ricerca condotta da Roberta Agabio, del dipartimento di Neuroscienze dell’università di Cagliari, tra ragazze e ragazzi delle medie inferiori. Numeri più preoccupanti di quelli nazionali, che portano a 12 anni le prime esperienze alcoliche. «È stato dimostrato che chi inizia a bere in giovanissima età - spiega Agabio, allieva di Gian Luigi Gessa e presidentessa regionale della Società italiana di alcologia - rischia di diventare alcolista in età adulta. E questo indipendentemente dalla quantità di alcol che si assume. Mentre in coloro che iniziano a fare uso di queste bevande tra i 19-20 anni, questa possibilità diminuisce notevolmente». Ma il fatto «più paradossale è che queste prime esperienze alcoliche - continua Agabio - le si fa non di nascosto, ma in ambito familiare. Un fatto che la dice lunga sulle responsabilità dei genitori e sulla loro mancanza di informazione». E ancora: in Europa, e Italia e Sardegna non fanno eccezione, l’alcolismo è la prima causa di morte nei giovani tra i 15 e i 29 anni. «Sia per gli incidenti in motorino, per i minorenni - spiega Agabio - che per i suicidi, a cui sono maggiormente soggette le ragazze». Un quadro che ha fatto da sfondo alle recenti norme, inserite in Finanziaria e relative al divieto di vendere negli esercizi pubblici (bar, ristoranti, discoteche, pub ecc.) alcolici ai minori di 18 anni. Proibizione allargata a qualsiasi acquirente per gli autogrill delle autostrade (aspetto, questo, che non interessa la Sardegna in quanto l’isola possiede solo superstrade). «Ma siamo sicuri che il problema dell’alcolismo giovanile sia risolvibile con un divieto?», dice Gian Carlo Deidda, presidente regionale della Federazione dei pubblici esercizi della Confcommercio, nonchè titolare di un noto ristorante e pizzeria cagliaritani. «Non è forse - continua - un fenomeno ben più complesso?». Gli operatori del settore accusano di proibizionismo le norme: «La storia dimostra infatti che queste impostazioni sono state sconfitte, nel senso che hanno prodotto effetti contrari a quelli sperati». In questo caso, afferma il legislatore, si tratta di proteggere uno dei settori più fragili, i più giovani. «Mi sembra però una norma di facciata - continua Deidda - altrimenti perchè non si interviene anche verso i negozi e supermercati, non esercizi pubblici, che vendono alcolici senza alcun divieto? Credo siano sufficienti le vecchie norme che proibiscono di vendere ai minori di sedici anni. Lo spostamento di due anni non risolve il problema ma, semmai, crea questioni di non facile soluzione: non è facile riconoscere un giovane di 17 anni e mezzo da uno di 18. Per noi sardi, poi, si rischia di creare difficoltà anche all’economia del turismo: molti giovani stranieri si troveranno con divieti a cui non sono abituati». Le cifre, però, raccontano - come si è visto - scenari inquietanti. «Il problema - precisa Deidda - va visto in termini educativi e di formazione. Allora mi domando: perchè questa nuova legge non prevede forme di sensibilizzazione delle famiglie e degli stessi giovani? Non dimentichiamo che quest’età è quella che accetta meno i divieti, soprattutto se non argomentati e convincenti». Aspetto, quest’ultimo, raccolto in parte anche dai consumatori. «Se da un lato una morma che regoli la vendita degli alcolici ai minorenni è bene accetta - commenta Romano Satolli, responsabile regionale dell’Unione consumatori - dall’altro i giovani vanno educati. L’eccesso fa sempre male, ma bisogna insegnarlo: anche chi mangia troppo si fa male. Il divieto è una scorciatoia debole, che si lascia dietro una serie di contraddizioni». Poi, se da un lato c’è troppa condiscendenza verso l’alcol, dall’altro «sarebbe importante insegnare a farne uso con attenzione. Il miglior modo di salvaguardare sia la salute che la cultura del vino è imparare a bere bene, senza creare danni». ____________________________________________________ Le Scienze 8 ott. ’06 OBESITÀ, IL MOVIMENTO NON BASTA L'unico effetto positivo del programma MAGIC è stato quello di indurre i piccoli a fare una vita meno sedentaria L’attività fisica non sembra avere un impatto significativo nel ridurre l’incidenza dell’obesità nei bambini in età prescolare. È questo il risultato, riportato sulla rivista "British Medical Journal", di un estesa indagine epidemiologica svolta dai ricercatori del programma Movement and Activity Glasgow Intervention in Children (MAGIC) su 545 soggetti con età media di 4,2 anni. Il progetto è stato motivato dalla diffusione del sovrappeso e dell’obesità che, com’è noto, stanno aumentando in modo preoccupante anche in età infantile. I bambini sono stati inseriti in un programma di gioco di tre sessioni di 30 minuti alla settimana. Oltre a ciò, ai genitori è stato affidato il compito di seguire un programma di incremento dell’attività fisica a casa. Dopo sei mesi e dopo un anno è stato poi misurato l’indice di massa corporea di ciascun bambino, e si è così potuto constatare come l’effetto sia stato minimo. Una nota positiva tuttavia deve essere riportata: i ricercatori hanno anche potuto valutare le capacità motorie e l’abitudine al movimento dei piccoli, registrando un discreto incremento nella loro propensione ad evitare la sedentarietà. Questa circostanza fa sperare che l’obesità possa essere combattuta sul lungo periodo, se si riesce a mantenere elevata l’abitudine al movimento negli stessi soggetti.