MANOVRA, ATENEI PREOCCUPATI - UNIVERSITÀ PARCHEGGIO ADDIO - MERITOCRAZIA PER STUDENTI E DOCENTI CONTRO IL DECLINO DELLE NOSTRE UNIVERSITÀ - PRECARIATO SANS FRONTIÈRES SULLE CATTEDRE DELLA LUISS - UNA PAGELLA PER LE UNIVERSITÀ - ORISTANO: UNIVERSITÀ IN CRESCITA - L'ITALIA È IL PAESE DEI 10 MILIONI DI FIGLI UNICI - TASSE UNIVERSITARIE, PAGARE È PIÙ FACILE - TEST: UN POPOLO DI ASPIRANTI MEDICI - DA SCIENZE COSMETOLOGICHE AI MASTER DI ECONOMIA - I NUOVI FAN DI DOCTOR HOUSE - SARDEGNA: L’ACCADERMIA DEI LINCEI APPRODA AD ATLANTIDE - PANICO ALL'UNIVERSITÀ, UN PC SCOVA I «COPIONI» - ARRIVA INTERNET SENZA FILI PER GLI UNIVERSITARI SARDI - IL DOCENTE UNIVERSITARIO NON PUÒ DIRIGERE IN OSPEDALE - UN MASTER AND BACK PER SOLI RICCHI - ======================================================= AZIENDA MISTA: VIA AI TAVOLI DI LAVORO E AL TOTO-MANAGER - DIRINDIN: PUNTARE ALL'AUMENTO DEL PIL MA ANCHE A QUELLO DEL BENESSERE - LE MALATTIE DELLA SANITÀ IN CITTÀ SOS DELL'UNIVERSITÀ ALLA REGIONE - LA SANITÀ PUBBLICA NELL´ERA DELLA DIAGNOSI - IL SAN RAFFAELE SARDO ENTRA UFFICIALMENTE NEL PIANO SANITARIO - PER LA SANITÀ PIÙ LUCI E OMBRE - IL PROBLEMA DEL BROTZU? LA CARENZA DI ANESTESISTI - MEDICI DI BASE: TICKET IN OSPEDALE PER CHI NON PASSA DA NOI - CREARE VALORE IN LABORATORIO - MARTINI «MEDICO DELLA VITA» - ENDOSCOPIA,G,B. MELIS PRESIDENTE- AL SAN GIOVANNI DI DIO: UN OCCHIO BIONICO PER ADDESTRARE I GIOVANI OCULISTI - GOLGI, IL NOBEL DIMENTICATO - EMBRIONI & UE: ECCO A CHE PUNTO SIAMO - SALUTE MENTALE SOTTO ESAME - SIAMO DESTRI O MANCINI GIÀ NEL GREMBO MATERNO - L'ALCOLISMO È LEGATO A UN GENE - DIECI MILIONI DI DOLLARI A CHI SEQUENZIA CENTO GENOMI - LE TRASFUSIONI SI DIMEZZANO CON L'USO DELLA LENALIDOMIDE - IL NOSTRO ABBIGLIAMENTO VA DRITTO AL CUORE - UN VIRUS INTESTINALE, COSÌ SI SCATENA LA CELIACHIA - RNA SUPERSTAR, DECLASSATO IL DNA - I GLOBULI ROSSI TRASPORTANO FARMACI - IL NOSTRO SANGUE È PIENO DI SOSTANZE TOSSICHE - L'OMS: «L'EUROPA RISCHIA UN'EPIDEMIA DI TBC - ======================================================= _____________________________________________ ItaliaOggi 11 Ott. 2006 MANOVRA, ATENEI PREOCCUPATI I rettori portano la loro protesta a Giorgio Napolitano. E chiedono modifiche Crui: i tagli delle risorse castigano i giovani talenti DI BENEDETTA P. PACELLI Hanno portato fin sul Colle le loro proteste contro la Finanziaria i rettori delle università italiane rappresentati della Crui. E ricevuti ieri dal presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, hanno mosso le loro critiche per una manovra finanziaria che li rende «pieni di ansia e di timori». Una manovra, che come ha tenuto a precisare il presidente della Crui, Guido 1rombetti, «con i suoi tagli all'università castiga le aspirazioni dei giovani talenti, incidendo sulla qualità dei servizi destinati agli studenti. I tagli previsti ai bilanci degli atenei, dopo anni di restrizioni», spiega 1rombetti, «rischiano davvero di allontanarci, forse in maniera definitiva, dai livelli europei ai quali giustamente dovremmo aspirare, mortificando le straordinarie competenze presenti negli atenei, castigando le aspirazioni dei giovani talenti. È necessario perciò un'inversione di rotta per le università. Perché la finanziaria così come è stata formulata appare onerosa e mortificante per il sistema universitario». Quattro, nello specifico, le proposte di revisione della manovra avanzate dai rettori dopo aver incontrato le commissioni bilancio di camera e senato: incrementare la consistenza del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) per un totale di 530 milioni di euro; prevedere un Fondo unico per l'edilizia universitaria di entità adeguata di almeno 150 milioni di euro, con previsioni di crescita per gli anni successivi. E ancora svincolare le università dai meccanismi che legano le assunzioni al solo turnover in quanto in violazione con l'autonomia universitaria ed esclusiva conferma dei vincoli già in atto e derivanti dalle leggi 449/97, 311/2004 e 43/2005 e dalla normativa relativa al personale di area sanitaria. Infine escludere le università dalla riduzione delle spese di funzionamento (legge 4 agosto 2006, n. 248, decreto Bersani). La Crui si dice consapevole dell'importanza di raggiungere gli obiettivi fissati dal governo per il contenimento della spesa e il risanamento dei bilancio pubblico. Ma nello stesso tempo ribadisce che indebolire il sistema universitario significa «minare alla base proprio quei saperi che costituiscono la nostra identità culturale e la nostra vitalità economica. Avere un università competitiva è determinante per la nostra capacità di interlocuzione non subalterna nel contesto internazionale». Insomma, la conferenza dei rettori pur riconoscendo la presenza di alcuni elementi positivi nel provvedimento, sottolinea che nel provvedimento sono presenti alcune gravi contraddizioni. Per la prima volta, per esempio, spiegano i rettori, nei confronti di personale pubblico, viene introdotto un taglio pari al 50% della misura delle classi di stipendio e degli aumenti periodici biennali del personale docente. Ciò a fronte di una crescita del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) delle università statali, che dicono i rettori è di gran lunga inferiore rispetto alla dinamica delle retribuzioni nonché all'indice dell'inflazione. Fatto 100 il Ffo del 2001, il rapporto tra il2001 ed il2006 è salito a 112,4. Mentre fatto 100 il livello degli emolumenti fissi per il personale universitario nel 2001, nel 2006 l'indice è salito a circa 124. «Il disallineamento a carico esclusivo degli atenei è palese». ___________________________________________________ Il Messaggero 14 ott. ’06 UNIVERSITÀ PARCHEGGIO ADDIO Fuori corso scesi dal 90% al60%. E cresce il numero degli iscritti di ANNA MARIA SERSALE ROMA - L'università non è più un parcheggio. L'Italia con il 90% di "fuori corso" che si laureava in ritardo non era allineata all'Europa. Era un Paese arretrato. Quella percentuale, ora, è scesa al 62.4%. II miglioramento è graduale e costante. Per la prima volta l'università di massa guadagna in termini di competitività. «Gli atenei - affermano i rettori nella audizione che si è tenuta presso le Commissioni Bilancio di Camera c Senato - non si sono sottratti al compito di formare gli high skills del Paese e di portare il numero dei laureati a livelli dignitosi ri spetto al resto del mondo industrializzato. I numeri lo dimostrano». I rappresentanti della Crui, la Conferenza dei rettori, nel corso dell'audizione snocciolano cifre inequivocabili: nell'anno accademico 2004-2005 gli immatricolati hanno toccato quota 348.000 (+53.000 rispetto alla media degli immatricolati ante riforma). Non solo. I laureati c diplomati sono raddoppiati: erano 149.000 ora sono circa 300.000. E' altresì cresciuto il numero degli iscritti: da 1.684.000 del '99 siamo a 1.800.000 del 2005. Negli ultimi 4 anni l'incremento è stato del 14,8%. «E' aumentata - dicono ancora i rettori - la percentuale di iscritti regolari ed è scesa quella degli studenti inattivi, di quelli cioè che nel corso dell'anno non hanno superato alcun esame». I dati anticipano in parte il Rapporto sullo stato delle università che verrà presentato il mese prossimo. I rettori, poi, osservano che una «simile e incontestabile crescita di efficienza e produttività è stata però accompagnata da una significativa diminuzione dei finanziamenti ministeriali, con un costo per studente di gran lunga inferiore rispetto a quello di altri Paesi europei, circa 4.000 euro rispetto ai 7.500 della Gran Bretagna e ai 10.000 della Germania». E aggiungono che «un sistema come quello universitario, che costituisce il perno dello sviluppo, e che mostra un andamento positivo, non può essere penalizzato dai tagli della Finanziaria». I rettori non risparmiano giudizi. Dicono che la «situazione è drammatica» e che con investimenti nella ricerca fermi all'1,1%u del PII rischiamo di «allontanare definitivamente gli atenei dalla scena internazionale». E' ben noto che l'Italia è molto lontana dall'obiettivo di investire nell'università e nella ricerca almeno il 3% del Pil, come indicato dall'Agenda di Lisbona sottoscritta da tutti i Paesi Ue. L'ingresso delle lauree di primo livello e la riforma della didattica hanno contribuito alla svolta. Dall'approvazione della riforma del "3+2" le performance degli studenti sono migliorate: nel 2001 i laureati nei tempi previsti dagli ordinamenti didattici erano appena il 10,2%, nel 2002 erano saliti al 12,7°/u, nel 2002 al 24,9%, nel 2003 al 24,9% e nel 2004 al 32,6%. La progressione numerica è stata rilevata dal Consorzio interuniversitario Almalaurea. ___________________________________________________ Il Corriere della Sera 15 ott. ’06 MERITOCRAZIA PER STUDENTI E DOCENTI CONTRO IL DECLINO DELLE NOSTRE UNIVERSITÀ Oggi il sistema non premia come dovrebbe i docenti più preparati e i giovani di talento Dunque, l'eccellenza universitaria di Milano non esiste. O, meglio, non esiste più. Almeno a giudicare dalla classifica stilata dal Times, che non include, fra i primi duecento atenei del mondo, alcun istituto universitario milanese. Non è migliore la situazione romana, che vede l'Università La Sapienza piazzata al fondo della classifica, al 197°posto, dopo avere perduto in un solo anno settantadue posizioni. La classifica può apparire impietosa, ma la freddezza dei numeri fotografa una situazione purtroppo reale. Come scrive Giuseppe Remuzzi nel suo commento, «da noi le università sono fatte soprattutto per i professori che - se hanno 35 anni di anzianità -sono pagati bene anche se non pubblicano» e ai rettori vorrebbero più soldi dal governo, ma non serve se i soldi si continuano a distribuire fra troppe università che fanno tutte più ò meno le stesse cose». Certo, esistono delle eccezioni di qualità, come il distaccamento della facoltà di Architettura del Politecnico a Piacenza, nata per accontentare un ampio bacino di utenza decongestionando la sede milanese. Ma, nella maggior parte dei casi, le piccole università, che si sono moltiplicate negli ultimi anni, hanno semplicemente il fine di accontentare clientelismi politici e non vengono certo tenute in piedi per gli interessi degli studenti. Remuzzi auspica poche e chiare regole: basta con i concorsi (che, come sappiamo tutti, non premiano il valore); basta con i professori che non producono e con il valore legale delle lauree; sì, invece, a maggiori scambi con altri atenei d'Europa, a università con rette più alte per chi può pagare è con borse di studio (dignitose, vorrei aggiungere) e alloggi gratuiti agli studenti di valore ché non hanno disponibilità economica. Vorrei aggiungere che - soprattutto in un momento in cui le risorse pubbliche scarseggiano - sarebbe necessario puntare sulla «meritocrazia». Che non è affatto - come la nostra classe politica sembra credere - una «parolaccia», ma un termine di paragone assolutamente democratico, che dovrebbe riguardare non soltanto gli allievi ma gli stessi docenti. Che senso ha mantenere in piedi corsi frequentati da pochissimi giovani nei quali, spesso, il contributo del titolare della cattedra è nullo o quasi? Non sarebbe meglio destinare queste risorse ad attività più utili a un numero maggiore di studenti? Ma questo è soltanto uno dei moltissimi esempi. Questo non vuol dire che nelle nostre università non insegnino ottimi docenti: ma il sistema non li premia come dovrebbe. La causa principale dei mali dell'università italiana ha un nome: «corporativismo». Un corporativismo (e voglio usare un termine di stampo non certo democratico) che protegge gli interessi delle categorie a tutto svantaggio dei cittadini e che nessuno, purtroppo, ha avuto e avrà il coraggio di smantellare. Finché il corporativismo rimane in piedi, non illudiamoci di vedere migliorare la società. E neppure l'università. Gianni Ravelli Politecnico di Milano ___________________________________________ il manifesto 08-10-2006 PRECARIATO SANS FRONTIÈRES SULLE CATTEDRE DELLA LUISS Anche nei più prestigiosi atenei confindustriali si applicano le ricette considerate «buone per tutti». Questa lettera proveniente da alcuni docenti della Luiss di Roma chiarisce anche quali siano le conseguenze: «C'era una volta una Università privata che si vantava (giustamente!) dell'aggettivo «Internazionale», che fa parte dell'acronimo Luiss. Quattro lingue straniere (Inglese, Francese, Tedesco e Spagnolo) erano insegnate seriamente da docenri di grande valore a gruppi di circa 25 studenti, mentre nelle università pubbliche le lingue erano cadute molto in basso e spesso rese facoltative. Unica in Italia, la Luiss offriva 3 anni di lingua Inglese anche alla Facoltà di Giurisprudenza, con tanto di esame finale scritto ed orale. Va precisato che la maggior parte dei docenti Luiss e tutti quelli di lingue, ad eccezione della titolare dell'Istituto di lingue, erano e sono tuttora precari, con contratti annuali di prestazione d'opera rinnovabili a discrezione [...] Adesso tutto questo è a rischio di scomparsa. Per seguire la moda a volte perversa del risparmio a tutti i costi, altrimenti denominato «outsourcing», [...] è stato deciso che dal prossimo anno accademico 2006-2007 pochi dei 65 docenti di lingue, cioè quelli già in possesso di contratto con altra università, rimarranno in forza alla Luiss con il consueto contratto annuale. La maggioranza dei docenti [...] che dopo molti anni presso la Luiss avrebbe diritto ad una stabilizzazione, sarà (ceduta, venduta, liquidata) invitata ad andare a far parte (se fortunata) del corpo docente di «prestigiose» scuole di lingue quali il British Council per l'Inglese o il Cervantes per lo spagnolo, che hanno avuto o avranno in appalto l'insegnamento delle lingue alla Luiss, a condizioni tuttora ignote e sicuramente mortificanti per docenti a livello universitario ad alta specializzazione. Secondo i nuovi criteri, gli studenti presenti e futuri, che pagano tasse salate, riceveranno l'insegnamento linguistico di base da scuole non Luiss, e solo 10 ore di insegnamento professionale impartite dai docenti dell'Università. Un bel progresso non c'è che dire. A titolo risarcitorio, la Luiss avrebbe proposto una «transazione» di 2/3000 euro al momento del passaggio alle scuole: meglio sarebbe che si parlasse di liberatoria per mettere una pietra sul passato e impedire legittime azioni legali. Invitiamo tutti, studenti in primis, a meditare sulle conseguenze inevitabili di una caduta di qualità della formazione offerta dalla Luiss. Noi stigmatizziamo il totale disinteresse delle autorità accademiche per il disagio e lo sconcerto per una strategia studiata a tavolino senza tener conto delle inevitabili conseguenze negative per ff prestigio dell'università e i posti di lavoro messi a rischio di scomparsa e chiediamo una totale inversione di rotta per costruire sull'esperienza pregressa la futura università veramente internazionale. Francesco Recchini e altri docenti Luiss ___________________________________________________ Il Sole24Ore 10 ott. ’06 UNA PAGELLA PER LE UNIVERSITÀ Verifiche. Nasce l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema accademico Un nuovo protagonista sii affaccia sul pianeta della ricerca pubblica: è l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur). Che dovrà- questo il campito che gli assegna l'articolo 36 del decreto legge collegato alla Finanziaria (il Dl zGa/zoo6) -introdurre massicce dosi di valutazione in un sistema finora piuttosto allergico a voti e pagelle. Atenei ed enti di ricerca pubblici si dovranno sottoporre ogni anno alle verifiche della nuova Agenzia che ne valuterà le perfomance: dalla qualità del la formazione e dei corsi alla produzione scientifica, ai brevetti fino alle partnership col privato. Valutazioni, queste, che non rimarranno solo sulla carta: le pagelle dell'Anvur saranno, infatti> prese in considerazione come un importante criterio per distribuire gli stanziamenti pubblici. Per le Università e gli enti di ricerca si faranno, insomma, sempre meno sconti. E di certo dovrà crescere la loro capacità di attrarre competenze e risorse dall'esterno visto che la Finanziaria non è affatto generosa nei loro confronti. Il Fondo ordinario di finanziamento degli atenei, da anni in cura dimagrante, ha ottenuto solo qualche briciola in più per il prossimo anno (7.014 miliardi contro i 6.950 di quest'anno). Con i rettori che si trovano già a dover stringere la cinghia dopo il pesante taglio del 10%, deciso dal decreto Bersani del luglio scorso, sulle spese per i cosiddetti consumi intermedi. Non si respira aria più serena sul fronte degli enti pubblici di ricerca. Che se da una parte hanno visto riconfermati i fondi a disposizione (circa 1,7 miliardi in tutto) si trovano di fronte a un possibile terremoto. Nell'articolo 42 della Finanziaria c'è un primo assaggio del riordino annunciato dal ministro della Ricerca Fabio Mussi: in un solo colpo dovrebbero sparire presidenti e Cda degli enti di ricerca. Per guidare complesse macchine come quella del Consiglio nazionale delle ricerche basteranno i direttori generali affiancati da comitati scientifici. Non mancano, però, anche le buone notizie: la più importante è quella relativa allo sblocco delle assunzioni dei ricercatori ferme da molti anni. L'ingresso dei nuovi «cervelli» potrà avvenire però nel limite dell'8o% dei budget degli enti. Mar.B. ____________________________________________________ L’Unione Sarda 12 ott. ’06 ORISTANO: UNIVERSITÀ IN CRESCITA, IN CITTÀ SEMPRE PIÙ DOTTORI Aumenta il numero di iscritti nei 5 corsi: 150 matricole Ai nastri di partenza ci sono 850 studenti. Intanto la direzione punta allo sviluppo del settore della ricerca. Cresce il numero degli iscritti all’Università di Oristano. I corsi, attivati ormai dieci anni fa dal Consorzio Uno, fanno registrare un incremento delle domande per le selezioni. È prevista per lunedì prossimo la chiusura delle iscrizioni per Viticoltura ed Enologia e Tecnologie Alimentari. Già chiuse quelle di Economia e Gestione dei Servizi turistici e Biotecnologie Industriali. Ai nastri di partenza 850 studenti di cui 150 matricole. Intanto la direzione punta allo sviluppo del settore della ricerca. I CORSI La convenzione stipulata dal Consorzio Uno con gli atenei di Cagliari e Sassari consentirà quest’anno lo svolgimento di 5 corsi. Sono 450 gli iscritti a quello di Economia e Gestione dei Servizi Turistici, che vanta il maggior numero di studenti. Quest’anno saranno 70 le nuove matricole che si preparano a frequentare le lezioni nei locali del Chiostro del Carmine. Ottanta invece sono coloro che si cimenteranno con le Biotecnologie Industriali, di questi 30 frequenteranno per la prima volta. I due corsi sono organizzati dall’Università di Cagliari. La nota negativa è rappresentata dal ritorno nel capoluogo della laurea specialistica in Economia Manageriale. «Ha concluso il suo ciclo sperimentale di due anni in città - spiega dalla direzione Carlo Aymerich - l’Università di Cagliari ha trasferito il corso nella sede madre, sulla base di quanto stabilito dal comitato di coordinamento regionale che stabilisce che le lauree specialistiche debbano essere svolte nelle sedi centrali. Sono comunque in atto le procedure per riportare il corso a Oristano». Per quanto riguarda il corso di Viticoltura ed Enologia istituito dalla Facoltà di Agraria di Sassari sono 150 gli iscritti con 30 nuove matricole. Stesso numero di iscritti per Tecnologie Alimentari organizzato dalla stessa facoltà e che conta 20 nuove matricole. Sono venti gli iscritti al corso di Archeologia Subacquea, le iscrizioni riprenderanno nell’anno accademico 2007/2008. LE ATTIVITÀ «Stiamo lavorando - spiega ancora Carlo Aymerich - per sviluppare il settore della ricerca, l’altro pilastro su cui deve reggersi l’università». Secondo Aymerich l’università oristanese è in piena salute. «Dopo un primo periodo di assestamento - spiega - ora si può dire che tutti i corsi hanno una certa stabilità. Lo dimostra anche il numero dei laureati: 250 in tutto, circa 60 nell’ultimo anno accademico». Diverse le attività in programma nel nuovo anno accademico. «Abbiamo finalmente attivato i nuovi laboratori di viale Diaz - spiega - vogliamo potenziare anche quello di Nuraxinieddu. E potenziare la collaborazione con l’azienda agraria San Quirico dell’Università di Sassari per un laboratorio di analisi chimiche». E ancora. «Abbiamo in programma lo sviluppo del Centro Ricerche sul Turismo, il Progetto Campus Uno per l’orientamento, l’autovalutazione e la valutazione esterna dei corsi». Jimmy Spiga ___________________________________________________ Il Giornale 12 ott. ’06 L'ITALIA È IL PAESE DEI 10 MILIONI DI FIGLI UNICI Lo stereotipo del «viziato» resiste. Lo psichiatra Pietropolti Charmet: «Questi giovani sono quasi costretti al successo. E avere amici 'e un bisogno primario» I dati Istat: in sette anni le coppie con un solo bambino cresciute del2°°. Sociologi e psicologi si dividono: non avere fratelli fa bene o no? - I numeri seguono la tendenza europea. Una ricerca dell'Università del Kent: «Crescere nei nuclei familiari piccoli aiuta a sviluppare strategie per combattere la solitudine e il preconcetto» Eleonora Barbieri da Milano Per le statistiche sono la normalità ma, per molti, sono ancora dei «mezzi colpevoli». I figli unici, quelli che, secondo i numeri, dovrebbero dominare la società del XXI secolo, nell' immaginario comune sono ancora sotto accusa perché, se non sono viziati o egoisti, sono, comunque, un po' sfortunati. Gli ultimi dati, diffusi l'altro ieri dall'Istat, raccontano un drastico calo nel numero medio di fratelli, da 2,4 a 1,9. Aggiungono il numero più importante: i figli unici italiani sono dieci milioni, cioè una persona su sei. Le famiglie con un solo bambino sono cresciute in sette anni di quasi il due per cento. Nel 1995 erano il 43,4 per cento, nel 2002 invece il45,1 per cento. I decimali raccontano una società che cambia e che ovviamente fa differenze tra Nord e Sud: nell'Italia nord-occidentale si sale al 53,6 per cento, mentre nell'Italia meridionale si scende al 33,8 per cento. Differenti, quindi. La diversità (in negativo) del figlio unico, però, è sempre più il residuo di un'epoca quasi del tutto tramontata. E non solo peri numeri: in Europa la media di figli è di 1,4 a famiglia; i dati dell'Istat parlano, per l'Italia, di 1,3 figli per donna. E se, nel 2003, è cresciuto il numero di coppie con due figli (il 43,8%)> il terzetto familiare era comunque dominante, il 45%. Il fatto che, quando si parla di figli unici, prevalga spesso il pregiudizio, è dimostrato anche dagli ultimi studi sull'argomento, ripresi sul quotidiano britannico Guardian da un'interessata, la giornalista e figlia unica Emma Brockes. Una ricerca condotta da Helen Bowcock all'Università del Kent sottolinea come quello del figlio unico «asociale» ed emarginato sia soltanto uno stereotipo, così bon noto ai ragazzini che, ornai, loro stessi si sono abituati a, sviluppare delle «strategie compensatorie» per combattere il preconcetto da un lato, e la solitudine dall'altro. Anzi proprio perché cresciuti solo con ì genitori, sono particolarmente socievoli e precoci nelle amicizie: «I figli unici sano affamati di relazioni - spiega lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmei,, specializzato ìn tematiche riguardanti il mondo dell'adolescenza, a cui ha dedicato anche il suo ultimo libro Non è colpa delle mamme, edito da Mondadori - Per loro costruirsi un gruppo di amici è un bisogno primario. Il desiderio di un "fratellino sociale" è forte e assolutamente fiducioso> perché privo degli elementi di competizione che nascono in famiglia»' Spesso sono le madri a diventare amiche, per spingere i figli a frequentarsi, fin dall'asilo: così si crea una rete di relazioni diversa rispetto a quella fraterna ma,, non per questo, meno solida, o intima. Certo la, memoria familiare, la complicità, e l'alleanza di fronte ai genitori e al mondo degli adulti sono impossibili da ricreare: ma, non per questo; i figli unici sono soli. E parlare di indipendenza non è necessariamente uno scudo, un modo per mascherare l'insoddisfazione. «Sembra nota Bowcock - che i figli unici debbano essere svantaggiati por forza». Secondo la studiosa, non c'è neppure un legame esclusivo fra scelte professionali e familiari: le madri che decidono di avere un solo bambino non lo fanno per dedicarsi alla carriera ma piuttosto, «per dare al figlio ciò non loro non hanno avuto». Tanta attenzione esclusiva fa sì che, spesso, il bambino sia destinato a una professione prestigiosa o a una carriera di alto profilo, come messo in luce anche dagli studi dell'americano Frederick Leong. I figli unici, quindi, non sono isolati e, neppure, meno svegli di chi abbia fratelli o sorelle, anzi: «Questi ragazzi sono quasi "costretti al successo" - prosegue Pietropolli Charmet - perché il modello educativo dominante oggi tende a capire il bambino, ad aiutarlo a dire la sua, a tirar fuori tutta la sua ricchezza: il genitore non deve "domarlo" ma, piuttosto, essere al suo servizio. Tanta, adorazione assegna al bambino un compito, una illusione che crea, allo stesso tempo, aspettative molto elevate». Ogni cura, ogni attenzione è per il figlio, ma questo non significa che possa «fare quello che vuole». La sua educazione, al contrario, può essere particolarmente rigorosa ed esigente; tanto da, cadere nell'opposto, in una. spinta eccessiva al perfezionismo: è il caso dei «genitori elicottero»> come li definisce )a psicologa americana Madeline Levine nel suo libro The Price of Privilege (Il prezzo del privilegio), mamme e papà sempre pronti a invadere ogni aspetto della vita del figlio, nel tentativo di garantirgli il successo. Da. questo punto di vista, il figlio unico può essere più fragile perché, nel mondo reale, non è dotto che ottenga lo stesso riconoscimento di cui gode in famiglia. II capriccio, la crisi, qualche colpo all'autostima, non sono però un'esclusiva. Toccano a tutti, e i figli unici non sono neppure più viziati degli altri: «Oggi tutti i bambini sono vizia; ti - conclude Pietropolli Charmet - ma, nei confronti dei figli unici permane il pregiudizio: come se fosse "troppo comodo" non essere nato con dodici fratelli e sorelle e, magari, fra gli stenti». ____________________________________________________ L’Unione Sarda 12 ott. ’06 TASSE UNIVERSITARIE, PAGARE È PIÙ FACILE Si potranno usare il bancomat, i bonifici e il servizio on line L’accordo prevede anche vantaggiosi prestiti d’onore agli studenti più meritevoli per facilitarne i percorsi di studio e di formazione. Ateneo. Il rettore ha firmato la convenzione triennale con il Banco di Sardegna Una santa alleanza per tre anni. Il rettore dell’Università, Pasquale Mistretta, e il direttore del Banco di Sardegna, Natalino Oggiano, l’hanno siglata martedì nell’ufficio del rettorato. Tre gli accordi sottoscritti: pagamento delle tasse studentesche con bancomat e on line, prestiti d’onore per gli studenti meritevoli e carte di credito prepagate per i dipendenti dell’Ateneo. le novitàLa convenzione, che scadrà il 31 luglio 2009, offre agli studenti nuove modalità per il pagamento delle tasse universitarie: bancomat, addebito o bonifico bancario, on line. Il Banco fornirà agli studenti una carta pagobancomat prepagata (chiamata "Karica") che potrà essere attivata con cento euro. Un’altra novità è quella dei prestiti d’onore (UniPrestito), approvata anche dal ministero dell’Università, e cofinanziato dall’Ateneo e dalla Regione. Un credito (rimborsabile in otto anni, dopo la fine degli studi) che può arrivare a cinquemila euro per anno (fino a un massimo di tre), a un tasso d’interesse vantaggioso, e che potrà essere utilizzato dagli studenti per completare la formazione, per il conseguimento di master o lauree brevi. Infine la convenzione prevede l’emissione di carte di credito e carte prepagate per i dipendenti dell’Università. i vantaggiPer i responsabili universitari della direzione finanziaria, Marilena Bernardi, e del decentramento, Gaetano Melis, l’accordo permette «di migliorare la comunicazione, ridurre i costi e fornire agli studenti una completa informazione sulle tasse dovute, anche con l’invio di e-mail e sms». niente più file«La convenzione è un passo verso la modernità - sottolinea Oggiano - e permetterà di evitare le vecchie procedure che creavano le file agli sportelli. Inoltre gli studenti potranno conoscere la loro situazione debitoria in tempo reale, con una semplice interrogazione informatica, così come l’Università che potrà avere un aggiornamento quotidiano dei pagamenti effettuati». Per il presidente del Banco, Antonio Sassu si tratta di «un’intesa moderna e importante a favore dell’intera società sarda». ora la regione«Per gli studenti è un accordo fondamentale. Lo hanno capito - commenta Mistretta - lavorando direttamente sulla convenzione con due loro rappresentanti». Novità importante anche quella dei prestiti d’onore: «Strumenti per facilitare i percorsi di studio e di ricerca. Università e Banco di Sardegna hanno fatto il primo passo. Ci dovrebbe essere più attenzione anche da parte del tessuto imprenditoriale e produttivo, degli enti pubblici e in particolare della Regione». Matteo Vercelli ___________________________________________________ Repubblica 12 ott. ’06 TEST: UN POPOLO DI ASPIRANTI MEDICI ANCHE QUEST'ANNO GLI ATENEI SEGNALANO INCREMENTI NEI TEST E NELLE AMMISSIONI Boom di iscrizioni donne più della metà di Maria Gullo Popolo di poeti, santi e navigatori gli italiani, ma dovremmo dire ormai anche di medici. A guardare i dati forniti da alcune università è difficile non parlare di boom dì preiscrizioni alle facoltà di medicina italiane: 1066 a Pavia contro i 924 dello scorso anno, il 5% in più della Cattolica di Roma, che vede anche il 15% in più per i corsi in Biotecnologie sanitarie e il 45% per quelle mediche, 700 richieste per l'università delle Marche. «Nessun dubbio sull'inarrestabile trend positivo, riscontrabile nella media nazionale, che dura da qualche anno», precisa Paolo Magistrellì, preside di Medicina della Cattolica di Roma. A fronte invece di qualche significativo calo nelle facoltà delle cosiddette "scienze pure", in primis le facoltà di Fisica. Del resto non può essere gratificante per nessuno ritrovarsi a fare il ricercatore a vita a 9oo euro al mese con l'unica alternativa di esportare all'estero il proprio cervello, e per molti può non esserlo neanche insegnare in un liceo. Perché la chiave del boom degli aspiranti medici è da ricercare proprio qui, nello sbocco professionale che si presuma la laurea offra. Stessa ragione per cui sono in costante crescita le iscrizioni a Scienze infermieristiche e ostetricia, di cui siamo stati talmente carenti in Italia da aver stabilito posti specifici per studenti extracomunitari, a Fisioterapia e altre professioni sanitarie. Coloro che riescono a passare ora il test d'ammissione a medicina sanno di non rischiare la disoccupazione da qui a 12 anni (tanto ci vuole tra specializzazione e tempi morti in attesa di entrare nella specializzazione desiderata!). Sul tasso di disoccupazione dei medici ha agito infatti egregiamente l'immissione del numero chiuso su scala nazionale stabilito in base al fabbisogno del territorio. A questo si aggiunge forse un calcolo sui pensionamenti a venire, visti gli over65 che ci saranno nel 2020. Chiaro che nel calcolo del boom vanno anche considerati i doppi tentativi, tra statali e private, e quelli dove si tenta di aggirare l'ostacolo, entrano in un corso para-medico e riprovando fanno seguente a medicina, ma non è facile riuscire. «Noi dreniamo soprattutto dal Sud del Paese, come tutte le facoltà romane», spiega Magistrelli, «nonostante al Sud abbiano aperto altre due facoltà, a Campobasso e a Salerno, per cui noi abbiamo dovuto cedere 8 posti». Ma soprattutto è continuato il trend di femminilizzazione della professione: «Le ragazze sono ormai più della metà degli studenti, anche perché mediamente al liceo sono più brave e passano più facilmente i test: c'è infatti una diretta correlazione tra i risultati dei test, il voto di maturità e quelli dell'ultimo triennio del liceo. Ma c'è ancora un filo di prevenzione nella scelta dì un medico donna. Nessun problema nell'oculistica, nella ginecologia, nel l’anestesiologia. Ma quando si arriva alla chirurgia ce ne accorgiamo, siamo ben lontani dalla parità». Certo è che l'investimento è notevole visti i tempi lunghi per ottenere il titolo, e non solo in medicina: secondo un'indagine di Eurostat i corsi universitari italiani pari o superiori ai 5 anni di durata sono di più che in tutta Europa, e l'Unione Europea afferma che, nel 2004., l’85% degli studenti aveva scelto corsi lunghi al contrario di britannici e svedesi, per non parlare della Norvegia, degli States, del Giappone, dove i corsi brevi costituiscono intorno all'80% del totale. Con corsi così lunghi è molto più facile "mollare" work in progress. «È vero che i futuri medici italiani vengono massacrati: 32 esami che valgono per i 54 di una volta, volumi 3 volte più grandi di quelli svedesi. Sarebbe importante per snellire sforzo e tempi, stabilire che ogni argomento venga insegnato da un solo docente, mentre ora esistono sovrapposizioni. È vero anche che alla fine del corso di laurea noi abbiamo costruito non un medico di base, ma la base di un bravissimo medico, che ha già tutte le capacità per risolvere i problemi a 36o gradi al di là della specializzazione, a differenza di molti altri Paesi». Si pensa a un concorso nazionale per le specializzazioni. DA SCIENZE COSMETOLOGICHE AI MASTER DI ECONOMIA LE FACOLTÀ di medicina non sono solo medicina. Molti sono i corsi nuovi o di recente istituzione. A corsi in Biotecnologie mediche e sanitarie offrono ottimi sbocchi professionali per i giovani», afferma il preside di Medicina della Cattolica. Corso di laurea specialistica in Biotecnologie molecolari e cellulari a La Sapienza di Roma; all'università di Teramo il Corso di laurea di I livello in Biotecnologie in collaborazione tra medicina, veterinaria e agraria e uno in Biotecnologie della riproduzione (sbocco specifico nel campo della fertilità), corsi interateneo con l'università di Chieti. La Cattolica ha aperto anche un nuovo ramo che è Scienze cosmetologiche, come formazione post lauream, un master di I livello in Management delle imprese biomediche e biotecnologiche e uno di II livello in Organizzazione e gestione delle aziende sanitarie. Altre università si sono accorte dell'importanza di formare sulla gestione della "cosa" sanitaria: Corso di Alta formazione in Economia e Management in ospedale e in Management dei servizi sanitari a La Sapienza di Roma (campus di Pomezia). Master in Bioetica generale e clinica di I e li livello ad Ancona; a Tor Vergata-Roma, un master di II livello in Sport e società. Dulcis in fundo il centro di eccellenza Mati (Microgravity, aging, training and immobility) dell'ateneo di Udine per lo studio della plasticità muscolare in situazioni particolari (microgravità, invecchiamento).m. g.) ___________________________________________________ Repubblica 12 ott. ’06 I NUOVI FAN DI DOCTOR HOUSE DA "Doctor House" al "Medico in famiglia" alla sua 5° edizione, le fiction che vedono protagonisti i medici spopolano anche tra i giovani. Seguire il medico geniale e cinico Gregory House, interpretato da Hugh Laurie e in onda su Italia 1, è diventato in breve un fenomeno di culto tra i ragazzi proprio come per I'arcinoto fratello maggiore E.R.. Questo nonostante il biondo dottore, che ha perso fuso di una gamba in passato per un en-ore medico, sia trasandato e maleducato, soprattutto con i pazienti che al Princeton Hospital arrivano con disturbi non importanti, visto che a lui interessano, oltre all'intramontabile soap "Generai Hospital", solo i casi più complicati in cui è insuperabile. Successo la scorsa stagione anche per "Squadra med" su Canale 5 il pomeriggio, prodotta da Whcepi Goldberg, dove un equipe di ginecologhe affrontano temi difficili, cancro, abusi, gravidanze indesiderate. II segreto è lo stesso: tensione attenuata con il racconto del privato, in genere disastroso, dei medici protagonisti. Tiene anche la fiction italiana, con i chirurghi di Incantesimo su Rai2 cui si sono aggiunte lo scorso anno le scene di vita vera dai pronto soccorsi italiani: "H24 storie di ordinaria emergenza" su Sky e "Pronto soccorso H24" su Rai 3, docu-fiction che riprendevano l'attività frenetica del S. Giovanni di Roma. ___________________________________________________ L’Unione Sarda 12 ott. ’06 SARDEGNA: L’ACCADERMIA DEI LINCEI APPRODA AD ATLANTIDE Dopo l'Unesco anche la prestigiosa istituzione celebra la tesi con un convegno e e sarà forse vero che nel buio dei tempi uno tsunami travolse l'Isola di Atlante e che magari quell'isola era la Sardegna. Ma certo un'autentica, accertata onda anomala sta sconvolgendo oggi gli ambienti storici e archeologici, rivoluzionando ogni conoscenza sulle arcaiche civiltà del Mediterraneo: è partita dalle tesi di un giornalista, secondo cui le Colonne d'Ercole non possono essere collocate nello stretto di Gibilterra ma nel canale di Sicilia. In questa prospettiva i miti sono da riconsiderare, le fonti da reinterpretare, una buona parte di storia da riscrivere. Il giornalista è Sergio Frau - inviato culturale di Repubblica - e il suo libro-inchiesta sul riposizionamento delle leggendarie Colonne è diventato un punto di riferimento fondamentale «per capire la nostra storia», come è stato detto e ribadito ieri nell'austera sala delle Scienze Morali del Palazzo Corsini a Roma, sede della più prestigiosa istituzione culturale italiana: l'Accademia nazionale dei Lincei. L’ Accademia, fondata nel 1603, ha scelto proprio la teoria di Frau per concludere le celebrazioni del suo quarto centenario di vita: lo ha fatto ospitando la mostra "Atlantikà" (già allestita a Cagliari e poi nella sede parigina dell'Unesco) e un convegno di studi che ha visto ieri un gruppo di personalità scientifiche discutere e analizzare gli argomenti fondanti del libro "Le Colonne d'Ercole, un'inchiesta" che in pochi anni ha conosciuto numerose edizioni e traduzioni, trasformandosi in bestseller. Se è Giovanni Conso a mettere in gioco il proprio prestigio, allora si può credere che le ipotesi non siano uno scherzo. Presidente emerito della Corte Costituzionale, Conso è presidente dei Lincei: «Cosa c'era dietro le Colonne d'Ercole?» ha chiesto davanti a una sala affollata di studiosi e appassionati di storia antica. «C'era la Sardegna», ha risposto sottolineando il credito che l'Accademia attribuisce alla ricerca del giornalista, «tanto importante da far risaltare il ruolo della Sardegna nella storia del Mediterraneo». Conso ha avvertito che i quesiti restano per il futuro, ma anche per il passato: nulla è definitivo, e i nuovi pensieri, le inedite scoperte vanno ad approfondire e arricchire la storia dei popoli. Questo è lo spirito dell'Accademia dei Lincei, che perciò ha voluto condividere l'interesse dell'U sco per le tesi di Frau. Del resto, «il compito degli uomini di cultura è di seminare dubbi più che di raccogliere sentenze» ha osservato - citando Bobbio - l'accademico Edoardo Vesentini nell'introdurre il dibattito che è andato poi sviluppandosi attraverso i pareri di Louis Godart (Lincei), Mario Tozzi (geologo del Cnr), Andrea Carandini (storico e archeologo delta Sapienza), Andrea Cantile (Istituto Geografico Militare), Azedine Beschaouch (archeologo tunisino, accademico di Francia), oltre all'intervento entusiasta del professor Bouchenaki, archeologo algerino, direttore culturale dell’ Unesco. Tutti hanno indicato nella ricerca di Frau una pietra miliare dal1a quale ripartire per riconsiderare la storia del Mediterraneo, che è la storia delle storie del mondo. È vero che trasferendo il non plus ultra dei Greci dalla "bocca" occidentale del nostro mare (lo stretto passaggio fra la Spagna e il Marocco) al Canale di Sicilia (il corridoio d'acqua fra la Sicilia e l'estrema punta della Tunisia), cambia tutta la prospettiva delle cognizioni storiche accolte nei secoli con eccessiva superficialità. Questo è stato dichiarato. La "cortina di ferro" dei Greci era quella: oltre non si spingevano, perché c'era da affrontare l'ignota potenza di popolazioni ostili. Con lo spostamento indicato da Frau, tutto è più chiaro: tornano i conti, dalle molte incertezze storiche a certi equivoci archeologici, fino a coinvolgere i miti. Questo è stato affermato. Ma com'è che questo "giornalista carneade" ha potuto imporsi sul consesso internazionale dell’ufficialità storico- scientifica? È partito da un'intuizione e si è tuffato nella ricerca con un approccio interdisciplinare, riordinando e sintetizzando una vasta materia imo ad ora guardata settorialmente. Lo ha fatto con umiltà e con grandissima fatica (come ha testimoniato Paolo Mauri, responsabile delle pagine culturali di Repubblica), riempiendo il suo lavoro di interrogativi, affrontando l'ostilità di certi ambienti infastiditi dalla novità di tesi proposte al di fuori del mondo accademico. Sergio Frau ha spiegato molti punti della sua ricerca. E tutto sembra trovare non soltanto credito ma convinta adesione negli aspetti storici e letterari, archeologici, geologici, semiotici e persino cartografici. La proposta, dunque, di ubicare lo Colonne d'Ercole tra Sicilia e Tunisia «è una cosa ovviamente storica», come ha energicamente affermato Beschauoch. Il quale ha fatto notare che, pur verosimile, l'ipotesi di indicare la Sardegna come Isola di Atlante distrae l'attenzione dal punto centrale e importante: la nuova visione della storia mediterranea, «verità storica di base» (Frau ha precisato: io ho condotto la mia ricerca sulla posizione delle Colonne d'Ercole, il resto giunge come conseguenza). Conclusione: è necessario «non lasciare». Frau "bravo storico" ha agito come rompighiaccio e su questa strada occorre procedere. Gli studiosi hanno l'obbligo, a questo punto, di riconsiderare storia, tradizioni, documenti, siti, elementi geologici, cartografie con approccio interdisciplinare. «Una Soprintendenza intelligente, uno Stato intelligente dovrebbero aiutare questa ricerca», anziché formulare liste di proscrizione. Qui c'è stato l'applauso più lungo. Dopo le launeddas di Andrea Pisu, l'inaugurazione della mostra, aperta al pubblico fino al 12 novembre nelle sale del palazzo di via della Lungara. MAURO MANUNZA ______________________________________ il Giornale 14-10-2005 19 PANICO ALL'UNIVERSITÀ, UN PC SCOVA I «COPIONI» Un programmino creato da un ex studente ha catalogato 22 milioni di testi: i professori caricano le tesine sul computer e il software confronta ogni parola Elena Jemmallo Copiare un compito in classe, nei prossimi tempi, potrebbe diventare molto difficile. Ingannare il professore con improbabili scuse, mentre il compagno sfoglia il bigino o distrarre la professoressa con improvvisate cerbottane resteranno imprese d'altri tempi. 0 meglio, solo inutili sforzi davanti ai nuovi progressi della tecnologia. Il nuovo strumento anti-copiatura si chiama Turnitin ed è destinato a diventare il software più odiato dagli studenti di tutto il mondo. Per ora; è certamente il più discusso. In inglese significa «consegnare il compito», ma il programma permette di andare molto oltre: consente infatti agli insegnanti di caricare i compiti sul computer e beccare subito gli imbroglioni. Grazie ad un database di oltre 22 milioni di documenti, tra cui temi, test e esercitazioni di ogni materia e livello, ai professori basterà un clic per capire chi ha fatto il furbo e invece di studiare si è limitato a dare una rapida occhiata su Internet. In pratica, per i fan del copia incolla non c'è più scampo. La «diabolica» idea è venuta a John Barrie, ex studente all' Università di Berkeley, che aveva creato un sito per mettere online una serie di tesi di laurea. Come succede in tutte le classi del mondo, il secchione di turno si è andato a lamentare dei «copioni» e Barrie ha realizzato improvvisamente di avere tra le mani una piccola miniera d'oro. Per passare dalle idee ai fatti sono stati sufficienti solo alcuni anni. L'azienda di cui Barrie è oggi titolare vende il servizio a scuole ed università. I docenti caricano i compiti degli allievi sul computer, e attraverso il programma fornito da Turnitin li confrontano con la banca dati. Alla fine dell'esame il programma dà un giudizio di originalità, rivelando gli eventuali scritti da cui è copiato, o quelli che gli assomigliano troppo. Il servizio costa 80 centesimi all'anno per studente, ed ha avuto un tale successo che oggi lo usano oltre 6.000 atenei in 90 paesi del mondo. Soltanto negli Stati Uniti ad utilizzarlo sono 1.820 tra college e università, il44 per cento del totale. Gli studenti, guarda caso, non sono per nulla contenti. E non solo perché il software anti-copiatura rende a tutti loro la vita un po' più difficile, ma anche perché l'archiviazione dei temi è, secondo il parere del Comitato per i diritti studenteschi della California, una palese violazione delle leggi sulla proprietà intellettuale. Non solo. Secondo alcuni studenti, l'archiviazione dei temi sarebbe avvenuta senza il consenso dei rispettivi autori e, ancor peggio, senza alcun compenso economico in cambio. Dubbi che hanno fatto desistere l'Università del Kansas ad utilizzare il sistema e hanno convinto diversi gruppi di studenti a ribellarsi: gli allievi della Mc Lean Iligh School, a Washington, hanno ad esempio raccolto 1.100 firme, sotto una petizione che chiede di cancellare l'abbonamento a Turnitin. Da parte sua Barrie si difende dicendo che lo scopo di Turnitin non è tanto quello di acchiappare gli imbroglioni, quanto di insegnare agli studenti come citare le fonti. Un modo, insomma, per dare il giusto riconoscimento a chi lo merita. Eppure che le copiature, ai tempi di Internet, siano un grosso problema per il sistema scolastico, è ormai palese. Adirlo sono i numeri. Un sondaggio condotto tra i principali college statunitensi dimostra che il plagio è in continua crescita: dei 51mila studenti diplomati intervistati, il 37 per cento ha ammesso candidamente di aver copiato da internet temi o esercitazioni, attinte, per di più, da siti amatoriali o comunque non autorevoli. A fare lo stesso genere di confessione nel 1999 erano appena il 10 per cento. Eppure, molti dei più blasonati istituti americani, davanti alla soluzione tecnologica contro gli studenti furbacchioni ha per ora detto «no grazie». È il caso di Harvard, Yale e Princeton che hanno fatto sapere di non essere d'accordo, fondamentalmente perché l'utilizzo di strumenti come questo rovinerebbe il rapporto di fiducia tra studenti e professori. «Nel momento il cui decidi di venire a studiare a Princeton-ha spiegato Jim Williamson, studente universitario-sai che devi rispettare le regole». Non è dato sapere se poi questo accade veramente: di certo gli studenti della Princeton hanno tirato un bel sospiro di sollievo. Lo usano seimila atenei in 90 Paesi di tutto il mondo Il sondaggio: il 37% degli allievi ammette di fare il furbo I SITI CON GLI APPUNTI MIGLIORI HANNO DIECI MILIONI DI CONTATTI «Ma i ragazzi al giorno d'oggi non sanno neanche imitare» In Italia non esistono siti che incitano a copiare, ma molti aiutano gli studenti fornendo appunti e suggerimenti. Ecco i principali. Studenti.it Offre servizi a liceali e universitari. Nei soli giorni della maturità 2006 ha avuto 8.407.885 contatti. Le pagine più viste sono quelle degli appunti e contengono anche molti testi (fatti da altri studenti) per gli esami e le tesine dei più importanti atenei italiani. Skuola.net Indica 53 modi diversi per copiare senza essere scoperti: Offre inoltre una serie di appunti e trascrizioni di lezioni universitarie. Blogdidattici.splinder.com è un agglomerato di blog per insegnanti (perché anche loro copiano) e per studenti. Mette a disposizione circa un centinaio di documenti dai quali estrapolare notizie base per confezionare una lezione o superare un esame. Internet serve per copiare. E per discutere se sia lecito o no. II forum di Punto informatico, si interessa al software antiplagio,e ai suoi risvolti etici: «Funzionamento dello studente odierno: vai su internet, fai copia e incolla una o più volte e il lavoro è fatto». II tono dei messaggi non è molto conc il iante verso le «esigenze» di uno studente copione. D'altra parte, on line gli alunni non si fanno scrupolo. Su studenti. it (che premette: «Neanche la persona più seria di questo mondo può dire di non aver mai copiato»), ognuno prova a essere utile. «Fragolina» condivide i suoi «tre metodi eccezionali». C'è chi se la prende con chi smaschera i segreti del copiatore esperto e chi, al contrario, si indigna della scarsa intraprendenza degli allievi. Rassegnata la lamentela, su «Picèòlecronache» intitolata: «Non sanno neppure copiare». Spiegazione: «Se le due ore di compito sono divise dalla ricreazione, loro mangiano il panino invece di darsi da fare». ____________________________________________________ L’Unione Sarda 10 ott. ’06 ARRIVA INTERNET SENZA FILI PER GLI UNIVERSITARI SARDI Per il progetto stanziati 400 mila euro Quattro progetti per fornire agli studenti universitari di Cagliari e Sassari gli strumenti necessari per l'accesso a Internet anche attraverso la tecnologia wi-fi (connessione veloce senza filo) sono il frutto dei due diverse convezioni firmate dalla Regione con i due atenei sardi e gli enti di diritto allo studio universitario. I progetti, che usufruiscono di uno stanziamento di 400 mila euro rimasti inutilizzati dal fondo di un milione 800 mila euro del progetto Sax per la creazione di "Internet point" a favore delle organizzazioni di volontariato no profit, sono stati presentati dall'assessore degli Affari Generali, Massimo Dadea. Nei prossimi sei mesi, e non oltre il 31 marzo 2007, saranno realizzati una serie di interventi, anche infrastrutturali, per il potenziamento delle postazioni Internet e l'installazione di piattaforme wi-fi nei campus universitari e nelle strutture abitative dell'Ersu. Con una spesa di 129.648 euro l'università di Cagliari ha previsto di realizzare un sistema di connessione Internet "wireless" per gli studenti nel polo umanistico di Sa Duchessa, in quello di Biologia animale in viale Poetto, in quelli economico- giuridico in viale Frà Ignazio e di Ingegneria in piazza d'Armi, all'Orto botanico e al Palazzo delle Scienze. Sarà possibile accedere alla rete gratuitamente attraverso il proprio notebook dotato di scheda wireless o tramite i 40 computer portatili che saranno concessi in comodato d'uso agli studenti per un periodo non superiore a tre mesi. A Sassari, con due distinti interventi da circa 80 mila euro ciascuno, l'Università realizzerà una rete wireless per studenti e docenti (circa 18 mila utenti potenziali), mentre l'Ersu, oltre alla rete senza fili realizzerà degli Internet point nelle strutture di via Verona (18 postazioni wi-fi e 4 notebook) e via Manzella (otto postazioni fisse e quattro notebook). ____________________________________________________ Corriere della Sera 8 ott. ’06 IL DOCENTE UNIVERSITARIO NON PUÒ DIRIGERE IN OSPEDALE Sentenza del Consiglio di Stato sul caso di Pistoia «Medici ospedalieri in ospedale, gli universitari nelle Università». E' la sintesi di una sentenza, inappellabile e definitiva, del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso straordinario dell' Aogoi (Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani) contro la Regione Toscana e l' Asl 3 di Pistoia. Oggetto del contendere una delibera con cui la Asl affidava, senza concorso, la direzione dell' unità operativa ostetrico-ginecologica dell' ospedale di Pistoia a un professore universitario, coordinatore del corso universitario di ostetricia e ginecologia. La lunga diatriba ha avuto inizio nel dicembre 2002, quando l' Università degli studi di Firenze ha designato il docente coordinatore del suo corso di laurea a ricoprire la direzione dell' unità operativa ostetrico-ginecologica di Pistoia, a danno dei medici ospedalieri. L' Aogoi presentò immediato ricorso al Consiglio di Stato per tutelare i suoi associati. In particolare Antonio Chiantera che nella sua qualifica di primario ospedaliero avrebbe potuto partecipare alla valutazione comparativa dei candidati a ricoprire il posto vacante a Pistoia. Tempi lunghi tra deduzioni e controdeduzioni legali tra Aogoi e la Asl 3 di Pistoia (la Regione Toscana non è intervenuta), fino alla sentenza che ha messo la parola «fine» al contenzioso locale, ma che - costituendo un precedente - potrebbe aprire altri ricorsi per situazioni analoghe (non poche in Italia) riguardanti anche altre specialità mediche. Ed ecco la sentenza del Consiglio di Stato: «Il conferimento ad un docente universitario dell' incarico di direzione di una struttura sanitaria diversa da quella propria delle aziende ospedaliere universitarie è da ritenere illegittimo e pertanto, in accoglimento del ricorso, devono essere annullate le delibere e i protocolli di intesa tra la Regione Toscana e le istituzioni universitarie, in particolare con l' università degli studi di Firenze e la Asl 3 di Pistoia, nella parte in cui prevedono la possibilità di conferimento dell' incarico di direzione di una struttura di un' azienda sanitaria ad un docente universitario, coordinatore di un corso di laurea decentrato». Soddisfatti Antonio Chiantera e l' Aogoi che avevano basato il ricorso sul fatto che «la giurisprudenza amministrativa esclude che la convenzione tra Regioni e università per coordinare attività assistenziale e attività di ricerca e insegnamento possa portare alla clinicizzazione delle strutture delle unità sanitarie locali, con la preposizione alla loro direzione di un docente universitario». Un fatto questo che «comporta un' inammissibile deroga alle disposizioni che prevedono un concorso per gli incarichi di secondo livello di divisioni ospedaliere». In particolare, il docente designato dall' università di Firenze «non sarebbe nemmeno risultato in possesso dell' attestato di formazione manageriale» previsto per accedere al concorso. Pappagallo Mario ____________________________________________________ L’Unione Sarda 11 ott. ’06 UN MASTER AND BACK PER SOLI RICCHI Il Psd’Az boccia il progetto della Giunta regionale Presentato dalla Giunta Soru come fiore all’occhiello di una politica culturale che promuove le eccellenze nel campo della formazione universitaria, il progetto Master and Back ha avuto solo una valenza mediatica, perché come al solito sono state impiegate poche risorse e si è impedita l’attivazione dell’importante circolo virtuoso promesso. Lo sostiene il consigliere regionale del Psd’Az Giuseppe Atzeri. «ll progetto ha fallito perché sinora non è stato stabilito nel bando l’obbligo di rientro. Inoltre, da più parti - continua Atzeri - si denuncia il fatto che Master and Back è una iniziativa ritagliata su misura per giovani che hanno alle spalle una famiglia facoltosa. Infatti, i ritardi intollerabili con cui vengono erogate le rate determinano l’impossibilità, per tanti pur meritevoli giovani, di potersi mantenere agli studi in altre realtà della Penisola ed estere dove il costo della vita, in assenza di puntuali pagamenti, implica il possesso di fondi propri. Le quote di iscrizione ai master di alta formazione e le rette mensili sono, infatti, insostenibili per molte famiglie. Con buona pace - conclude Atzeri - per la meritocrazia e per l’apertura di opportunità rivolte davvero a chiunque dimostri di valere». ======================================================= ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 11 ott. ’06 AZIENDA MISTA: VIA AI TAVOLI DI LAVORO E AL TOTO-MANAGER CAGLIARI. Nelle intenzioni della Asl 8 l’azienda mista nascerà il primo gennaio 2007, i tavoli tecnici per la concertazione con la facoltà di Medicina sono stati avviati, ma gli operatori singoli che sanno di dover essere coinvolti vorrebbero qualche informazione in più sul loro destino. I temi caldi (lo scorporo di personale, immobili e attrezzature e la nomina del direttore generale, una specie di cartina al tornasole in risposta alla irrinunciabile domanda su chi comanderà) restano tali e per il momento senza particolari contenuti. Qualcosa nella Asl si vede muovere in direzione dell’azienda mista: la collaborazione con l’Università per il trasferimento della chirurgia del Binaghi al Policlinico sta andando avanti fino al punto di garantire i turni degli anestesisti anche nel Binaghi stesso, ma è poca cosa rispetto al destino dei dipendenti e alla sorte, per esempio, dell’intero San Giovanni di Dio struttura della quale bisogna decidere come trasformare. La nomina del direttore generale non è così lontana come potrebbe sembrare: non c’è l’azienda, ma individuare il direttore generale e chiamarlo al lavoro significherebbe trovare qualcuno che finalmente esiste solo ed esclusivamente in funzione dell’azienda mista e quindi del suo avvio. In altre parole, una volta nominato il direttore generale il motore sarebbe messo in moto in modo definitivo. Non è un passo facile, però: le nomine sono due (Cagliari e Sassari) e l’attesa è grande sia per chi aspira sia per chi dovrà essere amministrato dal manager scelto. Dalla Regione, di concerto con l’Università. ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 10 ott. ’06 DIRINDIN: PUNTARE ALL'AUMENTO DEL PIL SARDO MA ANCHE A QUELLO DEL BENESSERE NERINA DIRINDIN Con la Finanziaria recentemente approvata dal governo Prodi, la Sardegna si appresta a modificare le modalità di finanziamento della spesa sanitaria, sostituendo i trasferimenti centrali (a carico del bilancio dello Stato) con una compartecipazione al gettito Iva. L'innovazione sta sollevando alcuni dubbi, certo legittimi, ma è bene analizzare i singoli punti. Innanzitutto è bene precisare che la Sardegna è la penultima regione italiana che sostituisce i trasferimenti centrali con la compartecipazione all'Iva. Lo hanno fatto nel 2000 (con il decreto legislativo 56/2000 sul federalismo fiscale) tutte le regioni a statuto ordinario. Lo avevano fatto in precedenza tutte le altre regioni a statuto speciale, ad eccezione della Sicilia. Più che di una novità si tratta quindi di un allineamento tardivo a una regola fiscale ormai ampiamente diffusa. Dal punto di vista delle politiche sanitarie, l'innovazione non introduce alcuna sostanziale novità. Il diritto alla salute continua ad essere tutelato dalla Costituzione, i livelli essenziali di assistenza continuano ad essere garantiti sulla base della normativa nazionale, l'organizzazione dell'assistenza sanitaria continua ad essere disciplinata dalle norme regionali e dai principi nazionali, il fabbisogno finanziario per il servizio sanitario regionale continua ad essere definito dalla Conferenza Stato- Regioni, sulla base di parametri concordati a livello interregionale. Cambiano le modalità attraverso le quali sono accreditati nei conti della sanità parte dei soldi necessari per il suo finanziamento. Le entrate non sono più iscritte in bilancio in quanto «trasferite dallo Stato», bensì in quanto «attribuite» direttamente alla Sardegna in relazione alle imposte pagate dai contribuenti sardi. Il nuovo regime fiscale non può che migliorare le prospettive di finanziamento della sanità (oltre che degli altri settori di spesa), posto che il livello delle nuove entrate è nettamente superiore a quello previsto dai precedenti accordi: oltre 1.500 milioni in più a regime a partire dal 2010 (al netto della quota prevista per la sanità) e, sempre al netto della spesa sanitaria, oltre 300 milioni in più all'anno per il prossimo triennio. Resta il dubbio se, pur a fronte di un così consistente aumento delle entrate, la dinamica della spesa sanitaria pubblica possa essere tale da mettere in crisi il bilancio della Regione. Il dubbio è comprensibile, ma infondato: dato il livello delle nuove entrate, il rischio per la sanità è subordinato a una serie di condizioni tutte eccezionali, che richiederebbe interventi straordinari in ogni caso, anche e soprattutto in presenza del precedente regime delle entrate. E' opportuno domandarsi se il consistente aumento delle entrate regionali (in particolare a partire dal 2010) potrà scatenare appetiti - solo in parte sopiti - a favore di politiche di spesa disinvolte e poco lungimiranti. Ovviamente molto dipenderà dalla programmazione che l'attuale esecutivo saprà avviare, e dai processi di risanamento, di consolidamento di culture e comportamenti, che accompagneranno l'attuazione delle riforme. Ovviamente, ciò vale non solo per il settore sanitario ma anche per tutti gli altri settori di spesa, per i quali l'allentamento dei vincoli di bilancio potrebbe indurre una minore tensione al recupero di efficienza e efficacia nell'erogazione di servizi. L'aumento delle entrate regionali può, inoltre, costituire una straordinaria occasione per intervenire in uno dei settori cruciali per lo sviluppo della Sardegna: il welfare. Il sostegno alla crescita economica non può, infatti, che essere affiancato da un forte rinnovamento del sistema di welfare, quale concreta espressione della cultura regionale del prendersi cura, dell'impegno solidale, dell'attenzione al ben-essere delle persone e dell'intera comunità. Impegnare il sistema a dare risposte innovative a bisogni primari quali quelli delle giovani coppie, degli adolescenti, delle persone non autosufficienti rappresenta una delle sfide più significative sulle quali la Sardegna può lavorare con maggiore decisione anche grazie al nuovo regime delle entrate. La Sardegna può legittimamente candidarsi ad essere tra la prime regioni a puntare non solo alla crescita del Prodotto interno lordo (Pil), ma anche a quella del benessere di tutti sardi. ____________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 13 ott. ’06 LE MALATTIE DELLA SANITÀ IN CITTÀ SOS DELL'UNIVERSITÀ ALLA REGIONE Dal rebus del San Giovanni di Dio alle carenze nella prevenzione. Proteste alla Asl8 I malanni degli ospedali di Cagliari arrivano alla Regione. Un lungo elenco di patologie. Il preside Gavino Faa della facoltà di Medicina dell'Università di Cagliari e il rettore Pasquale Mistretta, ascoltati dalla commissione Sanità, non hanno nascosto niente. Dalla necessità di avviare subito l'azienda mista ai problemi del san Giovanni di Dio. Sino alle carenze nella prevenzionee nel settore pediatria. Prima richiesta: avviare l'Azienda mista (universitariae ospedaliera), che riunisce il Policlinico universitario ed il complesso pediatrico del San Giovanni di Dio (protocollo del 10 ottobre 2004 e avvio previsto non oltre il 30 giugno 2006). Tra le carenze evidenziate nel Piano sanitario regionale anche quella sulla prevenzione. Lo ha detto il preside di Medicina: «In questi anni la medicinaè cambiata da scienza della malattia a scienza della salute. Il Piano dovrebbe prevedere misure che favoriscano il mantenimento della salute e, in caso di malattia, le diagnosi precoci. Oggi individuare un tumore allo stadio iniziale (al di sotto dei cinque millimetri) significa poter intervenire con successo». PEDIATRIA. «Una necessità- ha detto Faa- non soloa tutela della salute dei bambini e della tranquillità delle famiglie ma anche per evitare una alta mobilità passiva verso altre regioni: duemila casi all'anno che costano, alla sanità sarda, almeno sei milioni di euro». Altri problemi portati alla commissione: malattie di fegato ("160 mila i sardi portatori di epatite virale, la malattia ha una incidenza molto più alta: per alcuni tipi quattro volte la media nazionale"), neuropsichiatria infantile (230 milai ragazzi con affezioni neurologiche: frai 15 edi 25 anni il suicidio è la terza causa di mor te"). I neuropsichiatri per abitante sono, in Sardegna, la metà del Piemonte e mancano le strutture per gli acuti (pochii posti letto, concentrati su Sassari). Altro aspetto importante, è stato detto, è quello di una classe medica che ha una età avanzata: dal 1994 non ci sono assunzioni. Il rettore Mistretta ha insistito sull'Azienda mista per la quale, anche per le soluzioni logistiche, ha chiesto "un minimo di elasticità" r ispetto alle indicazioni del protocollo. In particolare se sia produttivo scorporare 300 posti letto dal San Giovanni di Dio, con la prospettiva di creare diseconomia BRACCIO DI FERRO tra la Asl8e i dipendenti sugli orari di lavoro. Nei giorni scorsi lavoratorie sindacati hanno ribadito il loro no alle proposte della direzione. «Non riteniamo migliorative le proposte aziendali- ha detto Paolo Cugliara della Fialsnon crediamo alle promesse di revisione dell'orario nei prossimi mesi. Dobbiamo difendere le esigenze del lavoratore acquisite con lotte e sacrifici». ____________________________________________________ La Repubblica 11 ott. ’06 LA SANITÀ PUBBLICA NELL´ERA DELLA DIAGNOSI UMBERTO VERONESI All´indomani di una legge finanziaria che, come accade con ogni governo, ci ricorda che le risorse per la sanità sono limitate mentre i suoi costi in crescita costante, e ci chiede di capire i tagli e gli aggiustamenti, gli italiani - malati, famigliari e medici in prima linea - si chiedono che cosa fare in concreto dei loro bisogni di salute. Insieme al Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, l´Istituto europeo di oncologia ha voluto lanciare in questo senso il dibattito su un´area che sta sempre all´ombra dei riflettori: gli esami di diagnosi. Basta pensare a quanto si discute, ad esempio, sul consumo, il costo, la prescrizione o l´efficacia dei farmaci, e quanto poco sui test del sangue o le radiografie. È una negligenza grave perché la medicina è capovolta e dobbiamo prenderne coscienza. La "scienza della malattia" è diventata "scienza della salute": fino a pochi anni fa il medico doveva, come prima funzione, interpretare i sintomi delle persone malate per curarle, mentre oggi deve indicare esami appropriati alle persone sane per evitare che si ammalino, o perché in ogni caso la loro malattia sia più lieve. Negli anni ´50 invitavamo il paziente a stare attento ai segnali del proprio corpo, negli anni ´70 gli chiedevamo di andare ogni anno a sottoporsi a determinati controlli, oggi gli chiediamo di sottoporsi ad una diagnostica strumentale quasi personalizzata. È un progresso straordinario che dobbiamo alla ricerca e alla tecnologia e che segna verso la medicina della diagnosi un trend irreversibile e potenzialmente illimitato. L´era della diagnostica nasce infatti per due motivi: la scoperta dell´efficacia della medicina preventiva, che ci ha confermato che la curabilità della malattia aumenta tanto più la diagnosi è anticipata, e la rivoluzione dell´imaging, che ci permette oggi di esaminare il nostro corpo e di scoprire lesioni, cioè segnali visibili di inizio di malattia, anche di qualche millimetro soltanto, e in pochi secondi. A questo oggi si aggiungono le possibilità di diagnosi offerte dalla conoscenza del Dna, che ci permettono di individuare i primissimi segnali di trasformazione della cellula da sana a malata. Inutile dunque pensare di fermare la scienza o di arginare l´accesso della popolazione a queste nuove opportunità perché non si conciliano con la politica sanitaria. Inutile e non etico. Basta pensare a due esempi: negli anni ´70 i tumori alla prostata si presentavano a noi oncologi in fase di metastasi, e dunque o incurabili o trattabili con interventi devastanti, in circa l´80% dei casi. Oggi sono non più del 12%. Per il tumore del seno le percentuali sono ancora più alte e oggi il tasso di guaribilità legato alla diagnosi precoce supera il 90%. Ora stiamo provando ad ottenere gli stessi risultati sul big killer numero uno, il tumore del polmone, e in due anni, con uno studio su 5.000 fumatori, abbiamo scoperto che sui carcinomi trovati individuati (lo 0,8% dei casi) l´85% era operabile con chirurgia non invasiva. Se dunque non possiamo rinunciare ad una diagnostica che ci salva la vita, rimane aperta la questione: dove reperire i fondi per ripagarne i costi? La soluzione potrebbe essere di recuperare parte degli investimenti dal ridimensionamento degli esami di controllo dopo la terapia. Molti studi in oncologia stanno dimostrando che la diagnostica per anticipare la cura è fondamentale, per perfezionare la diagnosi è necessaria, ma per controllare un paziente trattato è inefficace. Un controllo troppo intenso di tutti i malati con eccesso di esami strumentali non cambia la prognosi della malattia, oltre a creare ansie inutili ai pazienti e a rendere più difficoltoso l´accesso agli esami, soprattutto in radiodiagnostica, allungando le liste d´attesa. Va inoltre considerato che, proprio grazie alla diagnosi precoce, la terapia è non solo meno invasiva, ma anche più efficace e con meno effetti collaterali da monitorare. Un´altra via per diminuire gli esami di diagnosi precoce rimane semplicemente quella di ridurre i rischi di malattia con un corretto stile di vita, come un´alimentazione equilibrata. Per esempio possiamo investire molto per ricercare con esami complessi e costosi tumori iniziali nei fumatori, ma quanto sarebbe più semplice ed economico se si smettesse di fumare? ____________________________________________________ L’Unione Sarda 13 ott. ’06 IL SAN RAFFAELE SARDO ENTRA UFFICIALMENTE NEL PIANO SANITARIO Previsti 160 posti letto Ora è ufficiale: il San Raffaele, l'ospedale privato di Don Verzè, entrerà nel Piano sanitario regionale con 160 posti letto. Ma da avant'ieri sono ufficiali anche le voci contro, delle vicine province di Sassari e Nuoro. Opposizioni emerse nella settimana commissione, quella consiliare alla Sanità che, avant'ieri, ha convocato Gianni Cherchi, general manager della Asl di Olbia, e i sindaci della Gallura. Audizione programmata dall'assessore Nerina Dirindin, in attesa che il documento approdi nell'aula di via Roma. Di certo c'è che il progetto della Fondazione Tabor ha ottenuto la «benedizione» del presidente Soru lo scorso 30 marzo, quando il governatore ha incontrato a Cagliari proprio il pretemanager. LE PREOCCUPAZIONIIl San Raffaele entra dunque nel piano sanitario della Sardegna, ma non sarà un cammino in discesa. Perché l'ultima parola in materia spetterà al Consiglio regionale che dovrà votare il via libera, o meno, allo strumento programmatorio. L'altra mattina, Cherchi ha comunque difeso le ragioni dell'ospedale privato. «C'è lo spazio per governare le opportunità che la struttura offre», ha spiegato il direttore generale. Con servizi complementari e non sostitutivi rispetto all'offerta del nuovo ospedale pubblico, è sempre stato il leit-motiv della Fondazione Tabor. Il numero uno della Asl ha peraltro sottolineato che un San Raffaele in Sardegna «sarà un plus valore per l'intera regione, non soltanto per la Gallura». Insomma, si annuncia battaglia sui 160 posti letto che Don Verzè dal 1989 chiede di realizzare sulla collinetta di Olbia che guarda al mare, lungo la statale 125. A siglare il primo accordo era stato il sindaco Gian Piero Scanu. La scorsa primavera, invece, la convenzione è stata rinnovata dall'amministrazione guidata da Settimo Nizzi. In ogni caso, nel preaccordo con Soru e la Dirindin, la Fondazione Tabor ha ottenuto il via libera alla gestione di oculistica, nefrologia e riabilitazione per le lunghe degenze. LE ALTRE PRIORITÀMercoledì, a Cagliari, Cherchi ha anche rivendicato attenzione per l'insularità di La Maddalena, che si è vista ridurre di cinque milioni il budget dell'ospedale Paolo Merlo. Un taglio che ha portato alla chiusura dei reparti di chirurgia e ginecologia e rischia di allargarsi ad altre specialità mediche, malgrado la Asl stia potenziando sull'isola i poliambulatori.(al.car.) ____________________________________________________ La Repubblica 12 ott. ’06 PER LA SANITÀ PIÙ LUCI E OMBRE EDITORIALE Guglielmo Pepe La Finanziaria approvata dal governo: Prodi, insegna in primo luogo una cosa: i numeri contano più delle ideologie, dei principi, delle promesse elettorali. La parola "ticket", vista da una parte dei sindacati e del centrosinistra come il nemico da abbattere, è invece entrata di forza nella manovra economica relativa alla sanità. Evidentemente i vincoli oggettìvi che derivano dalle pessime condizioni finanziarie del Paese, sono più forti delle opinioni soggettive. Per fortuna la vita è così: il pericolo è trincerarsi dietro le proprie convinzioni. Perciò avendo scritto negli ultimi anni che la gratuità totale del Servizio sanitario nazionale andava rivista, facendo pagare di più a chi può e mantenendo le esenzioni per i meno abbienti, non posso che condividere le decisioni prese. Oltrerutto la compartecipazione del cittadino alla spesa per visite specialistica e diagnostica, come anche il ticket per il pronto soccorso senza ricovero, sono già in atto totalmente e parzialmente in regioni amministrate dal centrosinistra e dal centrodestra. L'opposizione che grida alla "macelleria sociale" dovrebbe essere più attenta agli slogan, perché dove governa applica le stesse misure economiche varate ora da Prodi. D'altra parte gli assessori devono innanzitutto "far di conto": il partito di appartenenza viene dopo. Andiamo al cuore della manovra. Per le visite specialistiche oggi si pagano 36,15 euro; viene aggiunta una quota fissa (per un massimo di 8 prestazioni) di io euro; le prestazioni non urgenti di pronto soccorso e senza ricovero si pagheranno 23 euro per la visita, più 18 per eventuali accertamenti. Gli esenti (anziani, per reddito e per patologia) restano tali. Sono poi previste riduzioni dei prezzi dei farmaci di fascia A, dei dispositivi medici e delle tariffe dei laboratori di analisi. Se quest'ultima favorisce gli utenti, le riduzioni dei prezzi colpiscono le aziende farmaceutiche e sanitarie: si vedrà se la decisione influirà ne gativamente sugli investimenti e sulla ricerca dei privati. Tra ticket e tagli ai prezzi forse si arriverà a tre miliardi di euro da utilizzare. Comunque le risorse complessive salgono a 101,3 miliardi: 6 in più rispetto all'ultima finanziaria. È un successo del ministro Turco? Lo dirà l'impiego dei finanziamenti. Di fatto lo stanziamento continua a crescere ad un tasso del sei per cento annuo: come con Berlusconi. Però metà dei soldi in più saranno investiti per ammodernare ospedali e per aprire nuovi servizi. Finalmente le Regioni del Sud avranno apparecchiature di radiodiagnostica e radioterapia, ci saranno strutture residenziali per i malati gravissimi, nasceranno unità spinali nelle zone sprovviste, aumenteranno gli screening oncologici e vedremo più iniziative per la salute delta donna. La manovra prevede anche strutture per l'assistenza odontoiatrica affinchè le prestazioni siano a carico pubblico. Se si riuscirà nell'intento molti italiani ne saranno grati: oggi curarsi i denti è un costoso privilegio. C'è poi la parte sulla "legalità". Sappiamo che le truffe sanitarie sono una piaga che deruba risorse. Adesso vengono inasprite le pene per le categorie professionali (farmacisti e non solo): gli Ordini che diranno? Sulla prevenzione, infine, sono previsti il divieto di vendere sostanze alcoliche ai minori di 18 anni (torneremo sull'argomento) e il divieto di vendita di alcol sull'autostrada: decisione saggia. Se questo è, in sintesi, l'impianto, resta una impressione: che su risparmi, tagli, sprechi, inappropriatezze, si poteva fare di più. Forse perché si rinvia alle Regioni per competenza? Ma se poi quest'ultime sforano i bilanci, i cittadini dovranno subire, a seconda della zona di appartenenza, inasprimenti fiscali locali? E perché i campani o i siciliani devono pagare per gli errori dei loro assessori? g.pepe@ repubblica.it ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 8 ott. ’06 IL PROBLEMA DEL BROTZU? LA CARENZA DI ANESTESISTI Il manager annuncia un bilancio 2006 in pareggio CAGLIARI. Il Brotzu è un centro di eccellenza della sanità pubblica. Lo dicono i numeri, che il direttore generale Mariolino Selis ha riferito ieri alla commissione sanità nel ciclo di audizioni organizzate in vista del piano sanitario regionale. Superutilizzo dei posti letto e alte specializzazioni sono ingredienti - ha detto Selis - che fanno del Brotzu, con le sue 28 strutture complesse, un ospedale regionale e giustificano il numero dei posti letto (624 in regime ordinario e 61 in regime di day hospital) e anzi ne richiedono altri. Ancora numeri. Indici di inapropriatezza (prestazioni erogate ma non tali da richiedere il ricovero) sulla soglia della media nazionale, rapporto medico- posti letto oltre la media (0,55 per cento rispetto allo 0,48 per cento della sanità italiana. Ma il rapporto è giustificato dall'anzianità dei medici, che complica turni di guardia, guardie notturne, reperibilità e pone il problema del ricambio. Rapporto infermieri-posti letto, al contrario, al di sotto del dovuto, una carenza che comincia a pesare notevolmente. Grosso problema, quello degli anestesisti. Fra il 2004 e il 2005 il numero delle ore di sala operatoria è aumentato del 26 per cento (da 9557 a 12118) e i 26 anestesisti in servizio non sono sufficienti: ce ne vorrebbero almeno 33. Sui dati economici-finanziari Selis ha spiegato che il 2006 segnerà una riduzione del 3,5 per cento. Il 2005 aveva registrato costi straordiari per i nuovi contratti, ____________________________________________________ Corriere della Sera 12 ott. ’06 MEDICI DI BASE: TICKET IN OSPEDALE PER CHI NON PASSA DA NOI La proposta alla Regione per filtrare l'afflusso nei pronto soccorso F. D. F. «Pagheranno il ticket al pronto soccorso solo i cittadini che non verranno a farsi visitare dal medico di famiglia prima di correre in ospedale». La proposta rivolta alla Regione viene da Giuseppe Grasso a nome della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), mentre Cgil, Cisl e Uil del Lazio hanno siglato un accordo con Augusto Battaglia, assessore regionale alla Sanità, su liste d'attesa, residenze per anziani e spesa farmaceutica. Riferendosi a una norma contenuta nella Finanziaria varata dal governo Prodi, i medici di base vorrebbero che il ticket sul pronto soccorso non ricadesse su tutti i cittadini, ma solo su quelli che decidano di rivolgersi all'ospedale «a prescindere». «In questo modo in ospedale andrebbero solo coloro che stanno molto male - precisa Grasso - e gli altri verrebbero assistiti nei nostri studi oppure negli ambulatori di cure primarie». Si tratta di centri, almeno uno per Asl, dotati di adeguate attrezzature diagnostiche per fare lastre, analisi, radiografie ed ecografie: qui medici di famiglia, insieme a cardiologi e ortopedici, potrebbero seguire malati cronici e anziani che non sono in grado di curarsi da soli a casa. «Così si potrebbero evitare i ricoveri impropri e non si intaserebbero i pronto soccorso - osserva Grasso - . E si finirebbe anche per spendere un quinto di quanto non costa un ricovero in ospedale». La Federazione dei medici di base chiede alla Regione anche il potenziamento dell'assistenza domiciliare: «Siamo stanchi di vedere decine di pazienti dimessi dagli ospedali che non sono guariti - rivela il rappresentante della Fimmg - . Si parla tanto di continuità assistenziale e dimissioni protette, ma gli slogan non bastano. Servono gli ambulatori di cure primarie e il potenziamento dei servizi domiciliari. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo». E dopo settimane di trattative l'assessore Battaglia e i sindacati confederali hanno raggiunto una intesa sulla riduzione delle liste d'attesa, sul contenimento della spesa farmaceutica e sulla ridefinizione dei posti letto per le residenze socio-assistenziali (Rsa). Per quanto riguarda le liste d'attesa vengono previsti stanziamenti per 35 milioni di euro alle Asl: i fondi verranno utilizzati per l'acquisto di attrezzature diagnostiche (ecografi, Tac e altre apparecchiature). Nell'accordo viene ribadito l'impegno a contenere le liste di attesa nei 30 giorni per le visite specialistiche e nei 60 giorni per le prestazioni diagnostiche, come stabilisce la normativa regionale. Ogni Asl dovrà mettere in atto una serie di controlli sull'appropriatezza per le prestazioni più critiche: la misura è stata decisa alla luce delle troppe risonanze magnetiche prescritte nel Lazio che poi si sono rivelate «negative», cioè hanno dimostrato che il malato non era malato. Sul contenimento della spesa farmaceutica entro la media nazionale del 13% sono previsti alcuni provvedimenti: distribuzione diretta dei farmaci più costosi; avvio di una campagna informativa da aprire in ogni singola Asl nei presidi sanitari, nei Municipi e nei Comuni; ridefinizione del prontuario farmaceutico regionale per le principali patologie e centralizzazione degli acquisti dei farmaci del fabbisogno delle singole Asl. Per quanto riguarda le Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) per anziani e pazienti cronici, verranno consegnate ai sindacati le linee guida elaborate dall'Agenzia di sanità pubblica regionale sulla riorganizzazione ospedaliera per concertare il piano complessivo di riordino. «L'intesa va nella direzione di risanare, migliorare e sviluppare il sistema sanitario regionale - sostiene Tiziano Battisti, segretario regionale Cgil Funzione pubblica - . Siamo preoccupati per i taglinella Finanziaria, ma affronteremo i gravi problemi della sanità nel segno della discontinuità rispetto al passato». Soddisfatto per l'accordo anche Tommaso Ausili, segretario regionale della Cisl. ____________________________________________________ Economy 12 ott. ’06 CREARE VALORE IN LABORATORIO IL SAN RAFFAELE DI MILANO TRA ASSISTENZA, COMMERCIALIZZAZIONE DEI BREVETTI E START-UP Una rete di broker cerca aziende disposte a investire sullo sviluppo dei risultati. La Fondazione investe nel capitale di imprese ad alto potenziale. Senza mai perdere di vista lo scopo principale: curare i malati. TERESA POTENZA Sette milioni di euro di fatturato all'anno, con prodotti piazzati da 14 agenti in tutto il mondo e in particolare (60%) negli Stati Uniti: una piccola azienda con una forte vocazione all'export? Sì, ma con una peculiarità: l'azienda si chiama San Raffaele e «produce» brevetti; nel suo «catalogo» ce ne sono oltre 70, che hanno reso possibili 17 contratti di cessione di licenza e 204 di ricerca industriale. «Per i brevetti» dice a Economy Marco Baccanti, direttore generale del Science Park Raf (Spr), società milanese controllata dalla Fondazione San Raffaele del Monte Tabor , «è possibile applicare la stessa logica di promozione e di marketing applicata ad altri beni: creare visibilità e interesse, poi negoziare e infine concludere il contratto». Questo non significa, per il San Raffaele, tradire lo spirito di servizio con il quale nel 1971 il suo fondatore, don Luigi Verzè, sacerdote e imprenditore, l'aveva ideato: l'ospedale serve per curare i malati e non per produrre utili. Ma se l'attività di ricerca, adeguatamente sostenuta dal marketing, permette di generarli, tanto meglio: ci saranno più risorse da investire nella terapia e ancora nella ricerca. È quello che la Fondazione ha appena deciso di fare, puntando 100 milioni di euro per la ricerca oncologica. TRE BUSINESS UNIT. Somme così ingenti non possono essere generate dalla sola attività assistenziale ed è per questo che la Fondazione ha messo in moto un meccanismo in tutto simile a quello che muove le aziende di grandi dimensioni: si articola in tre business unit ed è guidato da un piano strategico preciso. A occuparsi del marketing è l'Spr, una sorta d'interfaccia tra Fondazione, aziende del comparto scienze della vita, venture capitalist e merchant bank. Come tutte le società, anche l'Spr ha una sua mission, che il direttore generale riassume nelle parole «creare valore a partire dai ricercatori». La fucina d'idee è il Dipartimento di biotecnologie (Dibit), dove non lavorano solo i 500 ricercatori della Fondazione San Raffaele. L'azienda San Raffaele ha affittato una parte dei laboratori del Dibit a sette aziende biotech e farmaceutiche, tra cui le partecipate Molmed e Telbios , e per i laboratori di alcune charity . La prima business unit dell'Spr è proprio questa: gestisce gli asset tangibili, gli edifici, con un giro d'affari di 4 milioni di euro annui. Ma l'attività cresce e gli spazi non bastano più. E così si decide di dare vita al Dibit 2: 75 mila metri quadrati suddivisi in tre palazzine per un costo di 150 milioni. Un investimento importante, ma il San Raffaele ha stipulato con Inail un contratto di acquisto di bene futuro: se l'immobile sarà costruito entro la fine del 2007, Inail pagherà i 150 milioni e l'Spr potrà avere in affitto gli spazi, parte dei quali saranno subaffittati. La probabilità di generare risorse aumenterà allora in maniera esponenziale attraverso la gestione dei servizi, ma non solo. Altre risorse ar- riveranno - come già accade - dalla gestione della proprietà intellettuale, a cui è votata la seconda business unit. Ogni anno i ricercatori del Dibit pubblicano più di 660 lavori e il management lavora per lo sfruttamento economico attraverso i brevetti. Si mette in moto la macchina del marketing per trovare interlocutori disposti ad accollarsi le ulteriori spese di ricerca: un'attività che può richiedere altri 10 anni, con investimenti fino a 1 miliardo di euro. BROKER DELLA TECNOLOGIA. Per promuovere i brevetti abbiamo una rete di broker» dice il direttore generale dell'Spr «che operano dove si concentrano industrie biotech e farmaceutiche. Ne abbiamo già 14 in tutti i punti nevralgici». Come Boston e San Diego, Milano, Heidelberg, Cambridge, Barcellona e Tokyo. Quando una societàmostra interesse, la macchina del marketing si arresta. «E parte la terza fase» dice Baccanti «cioè la negoziazione». Se si riesce a cedere la licenza del brevetto, l'azienda si accolla tutte le spese della ricerca. Più frequenti sono però i contratti di ricerca industriale, con il finanziamento di un anno di lavoro per tre ricercatori dell'Spr. C'è infine l'opzione di licenza: si paga sia la ricerca sia l'opzione e il San Raffaele s'impegna a non stringere altri accordi nell'arco di tempo opzionato. I contratti stipulati finora riguardano meno di una dozzina di società italiane, mentre il 60% sono negli Usa, il 30% in Europa e il 10% in Giappone e Far East. L'ultima business unit è la divisione congressi, business minore che frutta tra i 600 e gli 800 mila euro ogni anno. Ma lo spirito imprenditoriale della Fondazione si esprime anche nella creazione di valore dalla ricerca pura, con le start-up. È successo con Molmed, di cui la Fondazione possiede il 30% e che vanta già alcuni farmaci in fase avanzata di sviluppo clinico, e Telbios, la società votata alla telemedicina. La strategia a medio termine ha il sapore di una sfida: assumere un ruolo ancora più imprenditoriale, con il supporto di venture capitalist. ___________________________________________________ Il Sole24Ore 14 ott. ’06 MARTINI «MEDICO DELLA VITA» Laurea honoris causa. Insignito dal San Raffaele lto Le dichiarazioni del rettore dell'università milanese fanno discutere e riaprono il dibattito sia accanimento terapeutico e testamento biologico Quale fine interprete e cultore degli studi biblici, il cardinale Martini vede l'esempio più autentico del medico in Gesù Cristo, che si accostava al malato con amore e compassione: guariva tutti. Il medico, per il cardinale, è un vero "sacerdote della vita» si legge nella lunga motivazione con la quale l'ex arcivescovo di Milano è stato insignito ieri della laurea honoris causa in medicina e chirurgia dall'Università Vita-salute San Raffaele. L'occasione: l'inaugurazione del nuovo anno accademico dell'ateneo (che ha compiuto anche i primi dieci annidi vita) che si è svolta nel Conservatorio di musica Giuseppe Verdi del capoluogo lombardo. All'incontro, hanno preso parte, tra gli altri, il ministro per l'Università e Ricerca Fabio Mussi, l'assessore milanese alla Cultura Vittorio Sgarbi e il sindaco di Venezia Massimo Cacciari. Ma Carlo Maria Martini, con un po' di rammarico dei presenti, non c'era. In video da Gerusalemme ha salutato e benedetto il pubblico. E la sua lectio magistralis dedicata proprio al «Dio guaritore» è stata letta. Un discorso denso di citazioni, nella cui conclusione, il cardinale afferma la necessità che nel nostro tempo «c'è bisogno non soltanto di fare delle diagnosi precise », ma occorre «prendersi cura del malato nella sua totalità, nelle sue debolezze, nel suo bisogno di essere compreso». «Nessuno è sacerdote, nessuno è medico se insieme non è sacerdote» ha detto don Luigi Verzé, rettore dell'Università Vita-Salute San Raffaele. Ricordando anche l'impegno del suo ateneo nella diffusione della cultura. «Come sempre - ha affermato - è la presenza del bene che riempie il vuoto parassitario del male prodotto dall'ignoranza». Per Verzé si concludeva una giornata di contrastanti reazioni alla sua intervista al Corriere della Sera sui temi dell'accanimento terapeutico, eutanasia che acconsentito per un suo un amico («Ritengo sia più giusto che quando si è tentato tutto, ma proprio tutto, i medici si arrendano, lascino che la vita faccia il suo corso») e testamento biologico (che don Verzè non approva). Dichiarazioni che hanno sollecitato esponenti della maggioranza e dell’opposizione ad auspicare il riavvio di una discussione parlamentare. di Cristina Miglio ____________________________________________________ La Nuova Sardegna 12 ott. ’06 ENDOSCOPIA,G,B. MELIS PRESIDENTE È stato eletto durante il simposio europeo di Strasburgo Sassari. Il professor Gian Benedetto Melis è stato eletto a Strasburgo presidente della Società europea di endoscopia ginecologica. L’elezione si è svolta nel corso del quindicesimo congresso annuale di endoscopia ginecologica. Durante il simposio, con la partecipazione e i contributi dei più grandi specialisti del settore, si sono affrontati temi fondamentali per il presente e il futuro della chirurgia ginecologica. Anche la clinica Ostetrica Ginecologica dell’Università di Cagliari, diretta da Gian Benedetto Melis, ha partecipato ai lavori con un folto numero di ricercatori. ____________________________________________________ L’Unione Sarda 12 ott. ’06 AL SAN GIOVANNI DI DIO: UN OCCHIO BIONICO PER ADDESTRARE I GIOVANI OCULISTI Tecnologia avanzata nella lotta a glaucoma e cataratta In campo 300 specialisti Sono finiti i tempi delle esercitazioni chirurgiche sull’occhio del maiale: da oggi i giovani oculisti potranno fare pratica utilizzando un bulbo oculare bionico quasi identico a quello umano. Il progetto si chiama RealEye ed è stato presentato nella sala convegni del Centro E-Learning dell’Università di Cagliari. Si tratta dell’ultima frontiera della formazione in oftalmologia: uno strumento che consentirà di perfezionare le tecniche di estrazione della cataratta e della cura del glaucoma. Il simulatore, unico nel suo genere in Italia, permetterà ai giovani chirurghi di apprendere le principali tecniche di chirurgia oculistica. «Nell’occhio bionico è possibile introdurre strumenti analoghi a quelli usati realmente nelle operazioni ? spiega Maurizio Fossarello, direttore della Clinica oculistica dell’Università di Cagliari ?. La macchina simula l’intervento grazie a un software che riproduce in maniera dettagliata le principali situazioni che normalmente si verificano in sala operatoria». Il vantaggio è chiaro: l’allievo potrà imparare in modo graduale, e non importa se commetterà errori perché sotto i ferri non ci sarà un paziente in carne ed ossa. RealEye ha consentito di formare 15 specialisti provenienti da tutta la Sardegna attraverso un corso intensivo durato due giorni promosso dall’università di Cagliari in collaborazione con Pfizer Italia e Dies Group. «L’ospedale San Giovanni di Dio di Cagliari è stato una delle prime sedi ad ospitare il corso ? spiega Fossarello ? in seguito il simulatore sarà trasportato in altre città italiane dove si terranno corsi analoghi. L’obiettivo è di formare oltre 300 oculisti su tutto il territorio nazionale». Le sessioni di training si svolgono in ambienti che riproducono fedelmente la sala operatoria, grazie all’impiego di strumenti reali e di un microscopio che produce immagini tridimensionali. La novità consiste nella possibilità di valutare in tempo reale la correttezza delle scelte fatte e assumere così un ruolo attivo nel processo di apprendimento. Il giovane medico ha la possibilità di prendere confidenza con l’occhio bionico per poi completare l’intervento sulla base delle proprie capacità. Simulazione dopo simulazione la mano diventerà più ferma e la tecnica risulterà sempre più affinata. «Da un giovane che esce dalla scuola di specializzazione ci si aspetta che abbia maturato una sufficiente manualità chirurgica ? conclude Fossarello -. L’esercitazione su uno strumento del genere permette agli allievi di apprendere con precisione e sicurezza le tecniche prima di arrivare all’occhio del malato». Paolo Loche ____________________________________________________ L’Unione Sarda 10 ott. ’06 GOLGI, IL NOBEL DIMENTICATO A rendergli omaggio è il saggio di Paolo Mazzarello Paolo Mazzarello presenterà stasera (alle 17) il libro "Il Nobel dimenticato". Appuntamento all'ex Teatro anatomico di via Porcell 121 (di fronte al Palazzo delle Scienze). Introdurranno Gaetano Di Chiara e Alessandro Riva. Quest'anno ricorre il centenario del premio Nobel per la Medicina a Camillo Golgi (1843- 1926) che nel 1906 lo ricevette assieme a Ramon y Cajal per gli studi sulla struttura microscopica del cervello. La storia di Golgi ricercatore, professore universitario, rettore dell'Università di Pavia, senatore del Regno d'Italia è raccontata da Paolo Mazzarello, neurologo e professore di Storia della Scienza all'Università di Pavia, nel libro Il Nobel dimenticato. La vita e la scienza di Camillo Golgi appena uscito per i tipi di Bollati Boringhieri. Golgi operò in un periodo fondamentale per la storia d'Italia e d'Europa come quello tra il 1860 ed il 1920. Fu questo il periodo che vide la nascita del Regno d'Italia, lo scoppio della prima guerra Mondiale e l'affermazione del fascismo. Nel 1860, l'euforia per la raggiunta Unità d'Italia aveva prodotto un nuovo fervore nella ricerca in tutti i campi. L'Università di Pavia si trovava al centro di questo rinascimento, favorita dalle sue grandi tradizioni nella ricerca biomedica e dall'insegnamento di Spallanzani, Scarpa e Panizza. Golgi, figlio di un medico condotto, si forma al positivismo di Paolo Mantegazza, Giulio Bizzozero e Cesare Lombroso ma dopo la laurea in Medicina, è costretto a trovarsi un lavoro come primario medico presso un ospedale per malati incurabili ad Abbiategrasso. In solitudine, con il semplice ausilio di un microscopio e di reagenti ottenuti dai colleghi di Pavia, sviluppa la "reazione nera", la tecnica istologica che svela per la prima volta, e in tutta la loro meravigliosa morfologia, le cellule che compongono il cervello. La "reazione nera" rivoluzionò gli studi sul sistema nervoso, consentendo l'analisi dei suoi elementi costitutivi (i neuroni e la glia) con una precisione e completezza a tutt'oggi ineguagliata. Infatti, il metodo di Golgi fa parte tuttora dell'armamentario di ogni neurobiologo. Golgi è uno dei padri delle neuroscienze moderne, e tuttavia la sua esistenza è ignota ai più e, da quelli che lo conoscono, inevitabilmente associata a quella di Cajal con il quale fu coinvolto in una polemica che non può dirsi ancor oggi del tutto spenta. Ad essa Mazzarello dedica la parte più affascinante e istruttiva del libro. Perché la polemica tra Golgi e Cajal non fu solo un confronto tra due personalità antitetiche, riservato, cauto, introverso l'italiano, estroverso, aggressivo, temerario lo spagnolo, ma tra due diverse concezioni epistemologiche della funzione del sistema nervoso, olistica l'una, riduzionistica l'altra. Mazzarello paragona l'importanza che ricoprì nella biologia della fine dell'800 la diatriba reticolarista/neuronista a quella che ebbe nella fisica dei primi del '900 la discussione tra la teoria della relatività di Einstein e la teoria quantistica. Golgi concepiva le cellule nervose come unite in una "rete diffusa" attraverso i loro prolungamenti nervosi (gli assoni). Questa rete, nella quale l'impulso nervoso poteva viaggiare liberamente per grandi distanze, sembrava fornire il substrato morfologico dell'ampia interazione tra gli elementi nervosi necessaria per funzioni complesse come quelle cognitive. Cajal, che utilizzò per i suoi studi quasi esclusivamente proprio la reazione nera di Golgi, finì - ironia della sorte - per rigettarne l'ipotesi reticolare. Secondo Cajal il sistema nervoso è costituito da cellule separate tra loro (i neuroni) collegate in serie e dotate di una "polarizzazione dinamica", cioè di un verso secondo il quale viaggerebbe l'impulso nervoso, che, raggiungendo il neurone attraverso i prolungamenti protoplasmatici, i dendriti, lo trasmetterebbe all'elemento successivo attraverso gli assoni. Come è noto, la teoria del neurone di Cajal finì per trionfare sulla teoria reticolare di Golgi e questa sconfitta ha finito per pesare negativamente sulla fama di Golgi accreditando l'idea di un vegliardo testardo e rigido. In realtà, Golgi fu il capofila di una vera e propria corrente di pensiero che coinvolse e infiammò schiere di eminenti scienziati non solo contemporanei ma addirittura epigoni di Golgi. Proprio ai primi del '900 l'ipotesi reticolarista sembrò confortata dagli studi di due epigoni, Bethe e Apathy, che furono addirittura considerati per il Nobel. E tale era l'incertezza che scienziati del calibro di Kolliker, il padre dell'istologia, oscillarono a lungo tra le due teorie. Nel racconto di Mazzarello, la polemica tra reticolaristi e neuronisti fornisce lo spunto per una meditazione sul ruolo e sul valore della teoria nella storia del pensiero scientifico. Né Golgi né Cajal possedevano lo strumento per dirimere la loro controversia: il microscopio ottico non aveva un potere di risoluzione sufficiente a dimostrare o a escludere la discontinuità tra le cellule nervose. Perciò ambedue le teorie si basavano su inferenze. La teoria reticolarista spiegava il ripristino funzionale dopo lesioni di ampie aree corticali. Viceversa, la teoria neuronista rendeva conto del fatto che i neuroni si sviluppassero e degenerassero come unità cellulari individuali. Bisognerà attendere il microscopio elettronico per dimostrare che la separazione morfologica dei neuroni si mantiene anche a livello dei loro più stretti contatti (sinapsi). Tuttavia, lo stesso microscopio elettronico dimostrerà che in certe sinapsi (gap junctions) la separazione tra i neuroni viene a mancare, così che l'impulso si trasmette per continuità attraverso la comunanza di canali ionici, esattamente come previsto dalla teoria reticolare. Anche il cavallo di battaglia di Cajal, la teoria della polarizzazione dinamica viene a cadere nel caso di dendriti presinaptici, capaci di trasmettere oltre che ricevere l'impulso, o nel caso delle sinapsi asso-assoniche, che lo ricevono oltre che trasmetterlo, esattamente come previsto dalla teoria reticolarista. Mazzarello fa notare che, proprio perché frutto di inferenze, né la posizione di Golgi né quella di Cajal possa dirsi del tutto giusta o sbagliata. Sicuramente, posti di fronte a una scelta, opteremmo, sulla base del principio logico della parsimonia (rasoio di Occam), per la teoria di Cajal, quella che rende conto del maggior numero di osservazioni e che statisticamente ha la maggior probabilità di essere verificata sperimentalmente. Eppure, argomenta Mazzarello, nella diatriba con la teoria neuronista, la teoria reticolarista ha contribuito a creare una "tensione" investigativa che ha stimolato la ricerca e accelerato il progresso delle neuroscienze. Ma l'attività scientifica di Golgi non si limitò allo studio della struttura del sistema nervoso. Un filo poco noto lega la Sardegna a Camillo Golgi, un legame che deriva dai suoi studi sulla malaria. I sardi, si sa, la malaria ce l'hanno letteralmente "nel sangue". Infatti, l'elevata incidenza tra le genti sarde del "favismo" e dell'anemia mediterranea, è il risultato della selezione esercitata per millenni dalla protezione che i caratteri genetici associati a quelle malattie del sangue ha conferito nei confronti dello sviluppo del parassita malarico. Golgi, attraverso una straordinaria serie di studi condotti tra il 1885 ed il 1886, e per i quali si sarebbe meritato comunque il premio Nobel, individuò la relazione ciclica tra moltiplicazione del parassita malarico all'interno del globulo rosso e comparsa delle febbri malariche, individuando nel periodo immediatamente pre-febbrile il momento di maggiore sensibilità del parassita al chinino. Fu quindi grazie a questi studi che il chinino divenne un farmaco di sicura efficacia a tal punto da indurre l'Italia, prima nel mondo, a distribuire gratuitamente il chinino nelle zone di endemia malarica, come la Sardegna. Sicuramente, grazie agli studi di Golgi le vite di tanti sardi poterono essere salvate. Gaetano Di Chiara ____________________________________________________ Avvenire 12 ott. ’06 EMBRIONI & UE: ECCO A CHE PUNTO SIAMO Fissare una data entro la quale le staminali embrionali usate nelle ricerche finanziate dalla Uè devono essere state prodotte. È uno degli obiettivi che lo schieramento trasversale dei politici che hanno scritto a Prodi punta ad ottenere, prima che i giochi siano definitivamente chiusi, con la ratifica finale del parlamento prevista per la fine di novembre Quello che va stigmatizzato con forza è che Mussi si è mosso per far saltare il blocco di minoranza etica contro la ricerca sulle staminali embrionali, pisco dove ora trovi l'ardire dì sottolineare che da parte della Commissione "è stato introdotto l'esplicito divieto di distruzione degli embtrioni". Che tra l'altro è falso». Si spazientisce alquanto Mario Mauro, parlamentare europeo di Forza Italia, commentando la lettera che il ministro della Ricerca Fabio Mussi ha scritto in data 2 ottobre. Una risposta alla sollecitazione che un gruppo trasversale di parlamentari europei aveva rivolto pochi giorni prima a Romano Prodi, affinchè il presidente del Consiglio si attivasse in sede europea per fissare una data limite alla produzione degli embrioni da utilizzare per la ricerca. Una curiosa risposta, quella di Mussi, che però è solo l'ultimo episodio di una vicenda iniziata un anno fa e sviluppatasi in modo assai tortuoso e a tratti sfuggente. Per ricapitolare. Nel novembre 2005 il ministro dell'Università e Ricerca Letizia Moratti - seguendo un parere del Comitato nazionale di bioetica sottoscriveva insieme ai colleghi ministri di Austria, Germania, Malta, Polonia e Slovacchia, una «dichiarazione etica» in relazione all'approvazione del VII programma quadro per i finanziamenti alla ricerca Uè. Questo gruppo di Paesi dichiarava di non poter «accettare che attività comportanti la distruzione di embrioni umani» potessero benefidare di finanziamenti europei. Si costituiva insomma la cosiddetta «minoranza di blocco», senza il cui appoggio l'Ue non avrebbe potuto approvare il finanziamento di ricerche distruttive di embrioni. Se non che il nuovo Ministro dell'Università e della Ricerca del governo Prodi, Fabio Mussi, il 30 maggio 2006, senza informare le competenti commissioni parlamentari, né portare la dedsione in Consiglio dei ministri, tanto meno chiedendo un parere al Comitato nazionale di bioetica, derideva nel corso del Consiglio competitivita dell'Ue di modificare la posizione dell'Italia. Un vero e proprio blitz che faceva saltare il blocco della minoranza e portava rapidamente all'esito previsto: il 15 giugno il il Parlamento europeo, nel voto in prima lettura sul VII programma quadro per la ricerca, si esprimeva in senso favorevole alla ricerca sugli embrioni umani. Da lì, una sequenze di decisioni su un piano rigorosamente indinato. Il 19 luglio il Senato italiano approvava una risoluzione che impegnava il Governo a sostenere in sede europea «ricerche che non implichino la distruzione di embrioni», ma, contraddittoriamente, aprendo alla sperimentazione sugli embrioni crioconservati «non più impiantabili». Una soluzione ambigua che scatenava una caldissima polemica estiva. Ma che sarebbe stata superata, in quanto ad ambiguità, dalla dedsione del Consiglio competitivita Uè di pochi giorni dopo, il 24 luglio. Il Consiglio derideva infatti di vietare il finanziamento di ricerche distruttive di embrioni umani, ma di fornire fondi alle successive fasi di sperimentazione sulle staminali embrionali, e senza fissare nessuna scadenza per la creazione di tali linee cellulari. Un no al sostegno economico di chi seziona embrioni umani, un sì al sostegno di chi si occupa solo del prodotto lavorato, di staminali embrionali già estratte. tn r cercare di porre rimedio alla surreale situazione, il 20 settembre un gruppo trasversale di parlamentari europei scriveva una lettera al presidente del Consiglio Prodi, ricordandogli l'intento da lui espresso a fine luglio: fare il possibile affinchè il Parlamento europeo introducesse una data (cutoff date) entro la quale devono essere state ottenute le linee cellulari embrionali su cui fare ricerca. Mussi ha risposto a nome del Governo, ribadendo la volontà di lavorare per l'introduzione di una «cut-off date per le linee cellulari giù esistenti», assieme però alla «verifica della possibilità di ricerca sugli embrioni crioconservati non impiantabili». Tanto per rimanere nell'ambiguità. «Ora - spiega Patrizia Toia, parlamentare europea per la Margherita e tra le firmatarie della lettera di fine settembre a Prodi - dobbiamo aspettare le decisioni del "trilogo" tra Parlamento, Consiglio e Commissione. Abbiamo depositato degli emendamenti per reintrodurre gli aspetti che d interessano di più, come la cut- off date pe la produzione delle staminali embrionali. Ma se il trilogo concorderà sul testo già approvato, i nostri emendamenti non potranno essere presi in considerazione». E la votazione finale del Parlamento, prevista per il 29 novembre, risulterà una pura formalità. ____________________________________________________ Italia Oggi 10 ott. ’06 SALUTE MENTALE SOTTO ESAME Negli Stati Uniti abbondano i test di controllo sugli studenti di tutte le età. Alessandra Nucci In crescita il ricorso ai farmaci per iperattività Allarme in Usa per l'eccesso di controlli sulla salute mentale degli alunni di scuola. All'interno di un piano per l'integrazione dei disabili nella comunità generale, l'amministrazione guidata da George W. Bush ha voluto prestare particolare attenzione alla prevenzione della disabilità mentale, considerata talmente comune da essere rilevabile in quasi tutte le famiglie. Una commissione di studio, istituita nel 2004, raccomanda che nelle scuole diventi pratica normale sottoporre i bambini a esami psichiatrici, per ´identificare precocemente i problemi di salute mentale e collegarli a cure mediche appropriate'. Ciò significa avviare all'uso degli psicofarmaci bambini la cui iperattività o distrazione corrisponde spesso, dicono gli specialisti, a una fase diversa di sviluppo. Fra i modelli di intervento raccomandati dal governo federale, che ha stanziato 20 milioni di dollari per incentivare questo tipo di iniziative, c'è il programma chiamato ´Teen Screen', elaborato dalla Columbia University. Provato su decine di migliaia di ragazzi dai 14 ai 16 anni, Teen Screen mira a sottoporre a screening il maggior numero possibile di giovani per stabilire se sono a rischio di suicidio, se si drogano o se soffrono di ansia, depressione o alcolismo. Le prove comprendono domande del tipo: ´Ti sei sentito spesso nervoso o a disagio con altri bambini, poniamo, alla mensa scolastica o a una festa?'; ´C'è stato un tempo in cui sentivi di avere meno energia del solito?'. Sulla base delle risposte si decide se un ragazzino cova problemi di salute mentale, e avviarlo quindi all'uso di farmaci psicostimolanti o antidepressivi dagli effetti collaterali pericolosi o non del tutto compresi. Se si considera che il rapporto della Commissione stima che dal 5 al 9% dei bambini contraggono una malattia mentale che li renderà di fatto disabili, si ha la misura del giro di affari che può innescare uno screening del genere diretto a tutta la popolazione scolastica. Chi critica l'iniziativa del governo la ritiene una pericolosa ingerenza nella sfera più delicata della vita dei giovani. Operatori scolastici e assistenti sociali si troverebbero infatti ad avere il potere di incidere sui comportamenti dei bambini per riportarli a parametri di normalità del tutto soggettivi. Sono state denunciate inoltre pressioni da parte delle compagnie farmaceutiche a favore dei funzionari in grado di orientare i piani di intervento. Lo screening non è obbligatorio, si difendono i sostenitori di questi interventi. Tuttavia il consenso dei genitori è dato anche dal silenzio- assenso, che bypassa ogni inquietudine contando sulla naturale fiducia dei genitori nell'operato della scuola. Si conoscono inoltre casi di genitori minacciati in passato di denuncia per abuso di minori per essersi rifiutati di far dare ai figli delle medicine psichiatriche. Nel 2002 le ricette per antidepressivi prescritti a bambini e adolescenti negli Stati Uniti sono state oltre 11 milioni. ___________________________________________________ Libero 12 ott. ’06 SIAMO DESTRI O MANCINI GIÀ NEL GREMBO MATERNO Studio irlandese ribalta la teoria classica Sono i movimenti iniziali del feto a determinare la propensione all'uso di una mano. E non il cervello, come invece si pensava di GIANLUCA GROSSI BELFAST L'essere o meno mancini non dipende dal cervello. Lo dice un nuovo studio condotto da Peter Hepper del Fetal Behavior Research presso la Queen's University di Belfast. Lo scienziato ha compiuto alcune ricerche su feti di dieci settimane e ha concluso che le creature in vià di sviluppo iniziano a muovere le braccia prima ancora che il cervello si sia formato. Questo significa che avviene esatta mente il contrario di quello che si è sempre ritenuto fino a oggi: sarebbero pertanto i movimenti iniziali di un feto a influenzare il cervello e non viceversa, determinando infine l'acquisizione definitiva dell'uso della mano sinistra o destra. In particolare si è visto che i feti privilegiano il movimento dell'uno o dell'altro arto sotto l’input, apparentemente casuale, di tessuti neoformati che mostrano già una certa funzionalità: il riferimento è al midollo spinale e all'apparato muscolare. Dunque il cervello entra in gioco in un secondo tempo, quando, con la nascita e l'acquisizione definitiva del movimento degli arti, il mancinismo risulta consolidato. A questo proposito Carmel Mevorah dell'università di Birmingham ha dimostrato che nei mancini funziona maggiormente il lobo parietale destro del cervello, mentre nei destrorsi agisce meglio il sinistro. Ma per quanto riguarda la percezione delle immagini il processo si inverte: i sinistrorsi mettono in moto il lobo parietale sinistro e i destrorsi il destro. Secondo Chris McManus dell'University College di Londra i mancini sono in costante crescita nel mondo. Egli sostiene che in Inghilterra, per esempio, rispetto al 1910, - quando erano il3 percento della popolazione, oggi sono diventati l’l l percento fra le donne e il 13 percento tra gli uomini: da ciò si ricava che su dieci individui almeno uno usa preferibilmente l'arto sinistro. Nel mondo si stima che i mancini siano circa il10-15 percento della popolazione. Molti scienziati ritengono i mancini delle persone dotate di particolare ingegno e soprattutto risulterebbero maggiormente inclini all'arte di quanto non lo siano i destrorsi. Tra i mancini più celebri ci sono Leonardo da Vinci, Giulio Cesare, Paul MacCartney, Jimmy Hendrix, Marilyn Monroe,~Charlie Chaplin, Robert De Niro, Robert Redford, Napoleone. Nel passato, chi usava prevalentemente la mano sinistra, veniva considerato alla stregua di un malato mentale: intorno al 1920 gli psichiatri definivano ancora la "chiralità sinistra" l'anticamera della demenza. Lo scrittore Francisco De Quevedo, nel 1608, diceva a proposito dei mancini: «So no gente che non può fare cose dritte... noi dubitiamo se siano uomini o altro, perché nel mondo sono solo di fastidio o malaugurio: è gente fatta a rovescio, e c'è persino da dubitare che sia gente». Molti altri associavano invece il mancinismo a problemi come lo strabismo, le balbuzie, le nevrosi. Infine c'è stato anche chi, come per esempio Wilhelm Fliess, grande amico di Freud, associava il fatto di essere mancini all'innata predisposizione all'omosessualità. Gli antichi pregiudizi sui mancini d'altronde si intravedono ancora oggi nel parlare di tutti i giorni. In spagnolo l'espressione "no serzurdo", vuol dire essere intelligente, ma letteralmente "non essere mancino". In italiano lo "sguardo sinistro" non tranquillizza, e il "tiro mancino" non è gradito. "Ti sei alzato col piede sinistro" si dice a chi appare di malumore. "Gauche" in francese vuol dire sinistro, ma anche goffo e sgraziato. ___________________________________________________ L’Unità 9 ott. ’06 L'ALCOLISMO È LEGATO A UN GENE DA WELL» Scoperto da un team internazionale L'alcolismo è legato ad un gene. Si chiama EPS8 e in sua assenza, aumenta per un individuo il rischio di diventare alcolista. A «smascherarlo», per la prima volta, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'IFOM- Fondazione istituto Firc di oncologia molecolare di Milano. I risultati della ricerca, pubblicati su Cell costituiscono un importante passo verso la comprensione della componente genetica di questa patologia. ___________________________________________________ Libero 10 ott. ’06 DIECI MILIONI DI DOLLARI A CHI SEQUENZIA CENTO GENOMI 10 milioni di dollari a chi riuscirà in 10 giorni a sequenziare il genoma di cento persane. È il premio offerto dalla X-Prize Foundatlon, ente statunitense già noto per aver premiato il costruttore dello SpaceShipOne per il volo sub- orbitale terrestre. La proposta serve a trovare un metodo per sequenziare nel minor tempo il geno ma di più persone: oggi occorrono mesi. Una soluzione del genere consentirebbe agli studiosi di sviluppare una banca dati alla quale attingere per avere più informazioni relative a ogni tipo di malattia. ___________________________________________________ Libero 10 ott. ’06 LE TRASFUSIONI SI DIMEZZANO CON L'USO DELLA LENALIDOMIDE IL "New England lournal of Medicine" ha pubblicato i risultati finali di un trial di fase II che ha valutato la lenalidamide, (REVLIMID) quale terapia orale per i pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche. Dai risultati si evince che due terzi dei pazienti che si sono sottoposti alla sperimentazione, hanno raggiunto l'indipendenza dalle trasfusioni e oltre il 75% dei pazienti ha conseguito una riduzione del fabbisogno trasfusionale di almeno il 50%. Le sindromi mielodisplastiche sono una patologia maligna della produzione di cellule del sangue che colpisce circa 300mila persone in tutto il mondo. ____________________________________________________ Corriere della Sera 13 ott. ’06 UN VIRUS INTESTINALE, COSÌ SI SCATENA LA CELIACHIA Scoperta a Genova: un'infezione causa la malattia nei soggetti predisposti. «Ora il vaccino» Erika Dellacasa GENOVA - Non possono mangiare pane, pasta, tutti gli alimenti contenenti cereali: frumento, farro, orzo, segale e avena. Sono i celiaci, intolleranti al glutine, 35 mila diagnosticati in Italia, ma potrebbero essere in realtà quasi 400 mila. Oggi, secondo le statistiche, si arriva infatti alla diagnosi solo in un caso su sette. Una malattia a predisposizione genetica di cui si ignorava la causa. I ricercatori del Gaslini di Genova e dell'Università di Verona hanno presentato ieri i risultati di uno studio eccezionale: hanno individuato la causa scatenante della celiachia. LA RICERCA - «Questa scoperta - ha detto il direttore scientifico del Gaslini, Lorenzo Moretta - apre la strada alla realizzazione di una terapia preventiva per i soggetti a rischio. Si tratta, in pratica, di arrivare a una forma di vaccinazione». Ma le cose potrebbero cambiare anche per chi ha già sviluppato la malattia, «cioè per chi - ha continuato Moretta - è costretto a rinunciare tutta la vita a pane e pasta. Oggi l'unica strategia per questi malati è l'eliminazione totale dalla dieta degli alimenti contenenti glutine, ma abbiamo fatto il primo passo verso un cambiamento radicale». Vivere meglio, insomma, per chi è già malato. Ma soprattutto mettere a punto una difesa per chi è predisposto geneticamente, ma non ha ancora sviluppato l'intolleranza al glutine. Proprio questo è il punto. Perché, a un certo momento, si sviluppa la malattia? La risposta l'ha data Antonio Puccetti, autore della ricerca, insieme con Giovanna Zanoni: «È un virus, il Rotavirus, che nei soggetti predisposti scatena la malattia. Abbiamo ricostruito, in due anni di lavoro, il modo in cui ciò avviene. Siamo partiti dallo screening di 200 malati, e in tutti abbiamo trovato l'anticorpo di una proteina del Rotavirus, questa è stata la chiave di volta. In tutti gli altri soggetti, quelli che non sono celiaci, l'anticorpo non c'è». In parole molte povere, è un mal di pancia quello che trasforma una predisposizione in una malattia senza ritorno. Il Rotavirus che provoca un'enterite benigna molto comune, un mal di pancia appunto, viene contratto dal 90 per cento degli italiani. Ma solo in quelli che hanno i geni specifici dei celiaci il Rotavirus ha un effetto a catena che «sveglia» la malattia. LA MALATTIA - Succede così. La persona sviluppa un anticorpo contro una proteina del Rotavirus che si chiama Vp7. Gli anticorpi riconoscono però come «nemica» anche una proteina presente nelle cellule della parete intestinale. Gli anticorpi attaccano quindi la parete intestinale, che ne risulta danneggiata: fra una cellula e l'altra si aprono delle «falle», dei canali. II glutine contenuto nei cereali si fa strada attraverso queste «falle», penetra nello spessore della parete intestinale e dà il via a quell'infiammazione cronica, molto seria, che è la celiachia. Si può dire che il Rotavirus apre la strada alla malattia. Per questo è ipotizzabile un vaccino. Esiste già un vaccino contro il Rotavirus ma è generico, ne occorre uno specifico, perché il vaccino in uso non «neutralizza» l'insorgenza degli anticorpi responsabili dell'attacco alle pareti intestinali. Potrebbe perfino avere effetti controproducenti e sollecitare proprio la reazione che porta all'esplodere della malattia. «Invitiamo i pediatri alla prudenza nell'uso di questo vaccino - ha detto ieri Moretta - sarebbe necessario accertare se i genitori dei bambini sono celiaci, se ci sono predisposizioni genetiche e valutare caso per caso». I FARMACI - Adesso la parola passa nuovamente alla ricerca. La messa a punto di un vaccino richiede investimenti. Ma è probabile che le industrie farmaceutiche non si tirino indietro. La celiachia è una malattia più diffusa di quanto non si creda, colpisce un soggetto ogni 100-150, anche se non sempre viene diagnosticata, quasi esclusivamente in Europa e nel Nord America, ovvero del mondo ricco. Sia gli asiatici che gli africani non sono predisposti geneticamente alla celiachia. Il popolo più colpito, statisticamente, è quello finlandese. ___________________________________________________ Economy 18 ott. ’06 IL NOSTRO ABBIGLIAMENTO VA DRITTO AL CUORE LA MAGLIETTA «WEALTHY» SVILUPPATA DA TELBIOS Uno speciale tessuto registra battito cardiaco, frequenza respiratoria, temperatura e cadute accidentali. E in caso di pericolo dà l'allarme. di ROBERTO CARMINATI Nata nell'ambito di un progetto di ricerca finanziato dalla Ue, la maglietta hi- tech Wealthy (Wearable health care system, sistema medico da indossare) è una delle produzioni di spicco di Telbios, nata nel 1996 dall'alleanza fra l'ospedale San Raffaele di Milano e Alenia Aerospazio e oggi comprendente fra i suoi azionisti anche Telecom Italia, Value Partners, Telespazio e Science Park Raf. La particolarità sta nei tessuti, realizzati con le toscane Smartex e Milior: incorporano 9 strisce verticali che terminano in altrettanti elettrodi, in grado di trasmettere segnali identici a quelli di un comune elettrocardiogramma. I dati elaborati dai sensori (battito cardiaco, frequenza respiratoria, temperatura, cadute accidentali) vengono poi trasmessi via bluetooth, tecnologia di comunicazione senza fili in dotazione ai più diffusi cellulari, ad appositi centri di raccolta delle informazioni, presso strutture ospedaliere. Il potenziale bacino d'utenza è rappresentato da pazienti cardiopatici che devono essere controllati 24 ore su 24, in maniera agile e tale da non interferire con le loro attività quotidiane. La linea Wealthy, che si mette in contatto con l’unità centrale solo nel caso di un reale allarme e può archiviare sino a 48 ore di elettrocardiogramma consecutive, deve poi rispondere a due principali requisiti: affidabilità tecnologica e-non meno importante - un'estetica piacevole. «I test sono stati effettuati» dice Domenico Cianflone, primario dell'unità di terapia intensiva coronarica del San Raffaele, «confrontando ì risultati dell'elettrocardiogramma ottenuto dalla maglietta con quelli forniti dal sistema di monitoraggio in uso per i pazienti ricoverati. La qualità dei dati è identica. L'accento va ora sul design, perché la maglia va indossata sempre, senza imbarazzi». APPLICAZIONI SPORTIVE. Telbios, che prevede di fatturare quest'anno 16 milioni di curo contro gli 8 del 2005, si propone obiettivi più ampi: «IL modello» dichiara il responsabile tecnologico Andrea Mason «potrebbe essere applicato in ambito sportivo, specie nel ciclismo, e in genere alla gestione dello stile di vita, in termini di consumo o di bilancio calorico». Tra le altre iniziative in cantiere, c'è il servizio di teleassistenza basato su Gps (il sistema di localizzazione geografico in uso sulle automobili) e Gsm Merlino, che servirà alla localizzazione degli anziani e verrà offerto entro breve al costo di 20 curo al mese. A seguire Armband, realizzato da Bodymedia e distribuito da Telbios: un piccolo elaboratore da portare al braccio, che tramite un pc connesso al Web o a una linea telefonica invia agli ospedali rilevazioni aggiornate su glicemia, peso e pressione sanguigna. ___________________________________________________ Il Sole24Ore 8 ott. ’06 RNA SUPERSTAR, DECLASSATO IL DNA di Giuseppe Macino Se c'era bisogno di una ulteriore dimostrazione che dalla ricerca di base nascono opportunità di applicazioni mediche e industriali di portata straordinaria, questa è venuta dalla scoperta accidentale del silenziamento genico da parte dei ricercatori americani Andrew Fire e Craig Mello. Scoperta premiata con il Premio Nobel per la Biologia e la Medicina zoo6. Quella del silenziamento genico indotto da Rna è una storia per certi versi sorprendente. È stata fatta diverse volte a partire dagli anni Novanta, in diversi organismi, e ogni volta ha sorpreso i ricercatori per la sua imprevedibilità. Per primi, nel i99o, ricercatori che lavoravano con le piante di petunia si accorsero che introducendo copie extranumerarie di geni della pianta stessa ottenevano l'effetto contrario all'atteso: non una maggiore produzione del prodotto di quel gene ma una sua drastica diminuzione: Pochi mesi dopo fu fatta la stessa osservazione nelle muffe dove, di nuovo con grande sorpresa dei ricercatori, gli organismi rispondevano con il silenziamento dei geni extranumerari che venivano introdotti. Ancora nelle piante, ma questa volta utilizzando dei virus come vettori per l'introduzione di geni extranumerari, ci si accorse che diventavano resistenti anche alle infezioni dal virus stesso. Finalmente, Fire e Mello, nel 1998, scoprirono che anche negli animali accadeva la stessa cosa. Introducendo una molecola di Rna a doppia elica nell'organismo che stavano studiando ottenevano il silenziamento del gene endogeno con la stessa sequenza nucleotidica dell'Rna. Avevano riprodotto nel verme Caenorhabditis elegans gli stessi esperimenti fatti nelle piante e nelle muffe utilizzando una molecola di Rra, invece di una molecola di Dna. Non era una differenza da poco perché questa tecnologia si dimostrò molto più efficace per silenziare ogni di grande interesse in moltissimi organismi, tra cui l'uomo. Basti pensare che è attualmente possibile silenziare virus come l'Hiv o come i virus dell'epatite B e C in cellule di mammifero e in animali da esperimento. Inoltre si utilizza correntemente questa tecnologia per silenziare oncogeni responsabili della trasformazione cancerosa, per studiarne i meccanismi di insorgenza. Perché questa tecnologia è considerata così importante? Perché ha già permesso applicazioni prima considerate impossibili. Per esempio, in soli tre mesi sono stati silenziati individualmente tutti i i4mila geni del genoma del C. elegans. Questo lavoro ha consentito di scoprire la funzione di molti di questi geni, che prima era ignota. Lo stesso lavoro lo si sta facendo sul genoma delle cellule umane dove tnolti dei 30-4omila geni che lo costituiscono hanno funzioni a noi sconosciute: quando sarà completato si conosceranno le funzioni di molti dei geni umani e di molte delle cause delle patologie che ci affliggono. Ma la storia non finisce qua. Recentemente un capitolo nuovo sulla funzione naturale degli Rna a doppia elica è stato aperto. Ci si è accorti che nelle cellule degli animali e delle piante esistono già dei piccoli Rila che hanno lo scopo di silenziare parzialmente i geni cellulari. Questi Rna sono chiamati, viste le loro dimensioni ridottissime, microRna. Si è visto che sono codificati direttamente dal Dna degli organismi, e che la loro quantità cambia in diversi tipi cellulari. Inoltre, risulta molto alterata nelle cellule tumorali. La loro funzione sembra essere quella di controllare che nessun gene venga espresso più del dovuto. Quando si producono troppi o troppo pochi microRna, la cellula si destabilizza e perde il controllo della sua riproduzione. È facile prevedere che presto un altro Nobel verrà attribuito per la scoperta dei microRna. Saranno i microRna i farmaci del futuro? È difficile dirlo, ma esperimenti che rispondono in modo positivo sono già stati pubblicati, e l'efficacia in alcune patologie animali e umane è stata dimostrata. In conclusione, questa vicenda insegna che la ricerca scientifica deve essere libera di svilupparsi indipendentemente dai desideri di immediate applicazioni alla produzione industriale e alla salute dell'uomo. L'ignoto deve essere sondato liberamente dagli scienziati, che con l'esercizio della loro fantasia e curiosità di tanto in tanto fanno delle scoperte che modificano radicalmente le conoscenze scientifiche e le loro possibili applicazioni ____________________________________________________ La Repubblica 12 ott. ’06 I GLOBULI ROSSI TRASPORTANO FARMACI Annuncio al congresso della Società di Medicina trasfusionale di Paestum. Sperimentazione per i tumori Nuovo metodo di cura attraverso il sangue GIUSEPPE DEL BELLO si muovono velocemente per raggiungere il bersaglio e portare a termine la missione. Li si potrebbe chiamare "globuli rossi trasporta-farmaci" visto che, come vagoncini invisibili, attraversano il vaso per raggiungere la sede anatomica in cui dovranno rilasciare il loro prezioso carico. Cioè, laddove la sostanza veicolata deve agire per curare. La nuova metodica che, annunciata circa un anno fa, rivoluzionerà il sistema di somministrazione di alcuni farmaci soprattutto per patologie specifiche (infiammatorie croniche e tumori), starebbe per diventare routine. Proprio a partire dalla Campania. La novità è stata comunicata a Paestum una settimana fa al congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Trasfusionale e di Immunoematologia presieduto da Pietro Bonomo, primario a Ragusa. Agli eritrociti, come vettori di molecole è stata dedicata una sessione durante la quale, oltre a essere descritta la metodica, i tecnici hanno riferito i vantaggi della nuova frontiera terapeutica e le opportunità che deriverebbero per i servizi trasfusionali. Il meccanismo che consente ai globuli di legarsi ad una sostanza prima e a rilasciarla poi in un punto precedentemente individuato, deriva a sua volta dall´aferesi, cioè dalla procedura clinica utilizzata per separare i diversi componenti del sangue umano. «In questo caso», spiega il professor Claudio Velati, primario nell´ospedale di Sondrio, «sono i globuli rossi a essere interessati dalla tecnica di separazione. Questi infatti vengono sottoposti ad un trattamento che serve a modificare la loro membrana allargandone i pori tanto da permettere l´accesso all´interno del globulo di una determinata sostanza farmaceutica». Il medicinale più usato sperimentalmente è stato il cortisone, somministrato in una ventina di pazienti affetti da morbo di Crohn e fibrosi cistica arruolati in tre protocolli di studio. Ma al congresso di Paestum che ha riunito oltre 1700 delegati provenienti da tutta Italia, i relatori hanno fatto il punto su altri temi particolarmente interessanti. «Per esempio si è discusso della sicurezza assoluta sulle trasfusioni», osserva Giuseppe Pistolese, coordinatore della Società scientifica per La Campania, «già oggi i controlli con nuovi metodi di sterilizzazione sono particolarmente accurati ed efficaci, ma nel giro di pochi anni si arriverà al sangue completamente sicuro e non più causa di malattia. Sarà possibile inattivare tutti i meccanismi patogeni ed evitare così qualsiasi rischio di trasmissione». Le sessioni di lavoro sono state 37 e hanno riguardato i diversi campi della specialità. Eccone alcuni. Per la prima volta in Italia sono stati proposti standard di organizzazione e di conduzione della Medicina trasfusionale uguali su tutto il territorio nazionale. Dal fronte scientifico arrivano infine i dati sui risultati - letteralmente definiti spettacolari - dell´impiego del gel piastrinico come collante biologico e unica terapia che consentirebbe la guarigione delle piaghe da decubito anche di vecchia data. ____________________________________________________ Libero 11 ott. ’06 IL NOSTRO SANGUE È PIENO DI SOSTANZE TOSSICHE Allarme per i risultati di un'indagine Usa L'americano medio oggi si porta addosso un'enorme quantità di composti chimici pericolosi che spiegano l'aumento di malattie dell'apparato riproduttivo, leucemie, autismo ed epatiti GIANLUCA GROSSI WASHINGTON Solo in Usa sono 82mila le sostanze chimiche impiegate nell'industria. Di esse un quarto è stato sottoposto a test che valutano il loro grado di tossicità. Per altre non è stato fatto nulla. Prima considerazione: forse è proprio questo il motivo per cui negli Stati Uniti si è assistito negli ultimi anni a un drastico aumento dell'incidenza dell'autismo, un incremento del 62 percento di un certo tipo di leucemia, a una impennata del 40 percento delle anomalie genetiche, e a casi sempre più frequenti di malattie alla tiroide, al fegato e all'apparato riproduttivo. A sostenere una simili tesi è un giornalista americano, David Ewing Duncan, che per primo ha scelto di far da cavia a un esperimento condotto dall'università di Stoccolma, il cui scopo era quello di evidenziare il grado di inquinamento chimico di un americano medio. I risultati hanno subito allarmato non solo Duncan ma anche agli scienziati svedesi che non avrebbero mai immaginato un tale livello di tossicità nel sangue di chi vive in zone urbanizzate. Nel sangue di Duncan, ad esempio, sono state trovate tracce di 97 PCB (policlorobifenili, ossia composti sintetici isolanti), 16 pesticidi, 10 diossine, 7 ftalati, 3 metalli, e molto altro. Stando al giudizio degli scienziati molte di queste sostanze chimiche il giornalista le avrebbe addirittura ereditate dalla madre, mentre le altre le avrebbe accumulate nel corso della sua esistenza. Ecco qualche esempio. I ritardanti di fiamma nel sangue di Duncan sono probabilmente il risultato dei tanti viaggi effettuati in aereo: con i ritardanti di fiamma sono infatti letteralmente imbevute le infrastrutture degli aerei, a cominciare dai sedili. Il Ddt proviene dai campi che erano limitrofi alla sua abitazione di quand'era bambino in Kansas. Una discarica nei pressi della dimora di Duncan spiegherebbe anche l'alto livello di elementi come il piombo e la diossina. Sui vent'anni sempre David si è poi iscritto all'università nello Stato di New York. E qui è venuto a contatto con i Pcb prodotti dagli impianti della General Electric. E avanti così. Dunque questo studio pubblicato da National Geographic indica che ognuno di noi è strazeppo di elementi chimici nocivi pur senza saperlo e che in certi casi queste sostanze possono provocare seri problemi alla salute. ____________________________________________________ Avvenire 11 ott. ’06 L'OMS: «L'EUROPA RISCHIA UN'EPIDEMIA DI TBC ELISABETTA DEL SOLDATO DA LONDRA L'Europa sta rischiando il diffondersi di un'epidemia di tubercolosi proveniente dall'Asia e dall'Europa dell'Est che sarebbe resistente ai farmaci convenzionali. L'allarme è scattato ieri quando la Croce Rossa ha reso noto che «questa è la crisi più allarmante di tubercolosi dai tempi della Seconda guerra mondiale» e ha incoraggiato i leader dell'Unione europea a fare di più per combattere la minaccia. Un milione e settecentomila persone muoiono di questa malattia ogni anno. Le preoccupazioni della Croce Rossa sono state confermate dalla Organizzazione mondiale della sanità (Oms) secondo la quale le zone più a rischio sono «tutte sui confini dell'Unione». Dei 450mila casi in Europa e in Asia Centrale, ha continuato il portavoce dell'Oms, 70mila sono affetti da nuove forme di tubercolosi e queste nuove forme sarebbero sempre più tenaci e per questo resistenti ai farmaci. L'appello ai leader della comunità europea è stato fatto durante il lancio di un progetto dal titolo "StopTb" che coinvolge le organizzazioni sanitarie internazionali. Markku Niskala, presidente della Federazione internazionale della Croce Rossa, ha sottolineato l'urgenza dell'intervento: «Svegliatevi, non perdete tempo - ha dichiarato ieri - non lasciate che questo problema diventi incontrollabile». Finora queste nuove forme di tubercolosi hanno colpito i Paesi Baltici, l'Europa Orientale e l'Asia, ma secondo Mario Raviglione, direttore della divisione Stop Tubercolosi dell'Oms, «le zone più a rischio sono ora quelle intorno ai confini dell'Unione europea». Non possiamo fare finta di niente, ha concluso, «questa è una vera emergenza internazionale che può raggiungere livelli epidemici senza precedenti». " Già un mese fa Paul Nunn, membro dell'Oms, aveva parlato della possibilità di un'epidemia di questo tipo resistente di tubercolosi chiamato Drtb (Drug resistant tubercolosis). «La tenacia di questo tipo di tubercolosi - aveva dichiarato - è dovuta principalmente dalla prescrizione di medicine sbagliate e dalla loro incorretta amministrazione».