UNIVERSITA’: FINANZIARIA TRISTE - MUSSI: "STIAMO DELUDENDO SCUOLA E RICERCA - UNIVERSITÀ E RICERCA, PRIMO SCIOPERO «POLITICO» - UNIVERSITÀ-GOVERNO, TEMPO SCADUTO - IL FUTURO NERO PER I PROFESSORI UNIVERSITARI - L’ANOMALIA UNIVERSITARIA SONO GLI STIPENDI DI ANZIANITÀ - ATENEI, UNA MATRICOLA SU DIECI HA PIÙ DI TRENT'ANNI. E SONO BRAVI - INNOVAZIONE PIÙ EFFICACE SE LIBERATA BUROCRATI - AGLI ITALIANI LA MATEMATICA NON PIACE- QUELLE IDEE INNOVATIVE CHE RIVOLUZIONERANNO IL MONDO DELL'HI-TECH - SARDEGNA A SCUOLA, SEMPRE ALL’ULTIMO POSTO - INVENZIONI DEI DIPENDENTI: A CHI APPARTENGONO? - I MESSAGGI DI POSTA? SI ASCOLTANO IN MP3 - PIRAS-PERON, FINE DI UN MITO - ADDIO AD ANDREA PARODI L'INDIANO DEI TAZENDA - ======================================================= IN SETTE MESI LA SPESA FARMACEUTICA È CRESCIUTA DEL 10% - APPELLO DELL’UNIVERSITÀ PER FARE L’AZIENDA MISTA - ROSATI: UN DISEGNO CONTRO MEDICINA - OSPEDALI, CURARE CON IL SORRISO - CAGLIARI: LA CAPITALE DELLA MEDICINA INTERNA - IL CENTRO PRELIEVI DEL POLICLINICO ALZA BANDIERA BIANCA - POLICLINICO: L'ELETTROCARDIOGRAMMA VIAGGIA CON IL TELEFONINO - HAI DIFFICOLTÀ A SPOSTARTI? IL MEDICO TI VISITA DALLA TIVÙ - CANNABIS, LA TURCO APRE ALLA TERAPIA ANTIDOLORE - DEPRESSI, IN ITALIA SONO 5 MILIONI MA NE CURIAMO SOLO 150MILA - DEPRESSIONE, IL NEMICO DA COMBATTERE - LA TAC DELLA MENTE SVELA LE PATOLOGIE - RICORDI FALSI INSERITI NEL TESTE FARANNO VINCERE TUTTE LE CAUSE - LA TASSA SULL' ANSIA AL PRONTO SOCCORSO: TICKET SCANDALOSO – LA SALUTE PERSONALE VIAGGIA SUL CELLULARE - FARMACI BIOLOGICI PER COMBATTERE I DOLORI ARTICOLARI - LA RU486 FUNZIONA. ECCO I DATI - SCREENING MAMMOGRAFICI: SI O NO? - USA: RISCHIO TUMORI PER OPERAI INFORMATICI - LE USTIONI SI CANCELLANO CON LE STAMINALI DAL GRASSO – ======================================================= ____________________________________________________ La Repubblica 19 ott. ’06 UNIVERSITA’: FINANZIARIA TRISTE PER l’Università, questa è un’ennesima finanziaria triste, nonostante qualche spiraglio e qualche luce, che si intravedono assai più nella parte “normativa”, che nelle cifre. E ci dovrà pur essere un ragione se tutte le forze politiche, in campagna elettorale o dall’opposizione, giurano sulla centralità della ricerca e della formazione superiore per il destino del Paese, ma poi, una volta al governo, puntualmente se ne dimenticano, in una mai smentita solidarietà nella continuità, da una maggioranza all’altra. “Maiora premunt”: al momento giusto, c’è sempre ben altro cui dare la precedenza. E temo che se la cercassimo davvero, quella ragione, ne uscirebbe fuori un bel pezzo dell’“ideologia italiana” che ci accompagna e ci guida da molti decenni, o, per dirla in altro modo, della cultura di governo del nostro ceto politico, ivi compresi i fior di professori che ne fanno stabile parte. Non mi riferisco solo alla quantità delle risorse previste: che naturalmente conta molto, e ci mancherebbe altro. Quello che manca innanzitutto nella Finanziaria 2007 è un’idea forte di Università; un progetto, una linea, una scala di priorità, come ai tempi del mai abbastanza compianto Ruberti. Ed è questo che ci aspettiamo dal ministro Mussi: l’indicazione di un percorso, il disegno di un quadro – non a parole ma attraverso provvedimenti coerenti – intorno a pochi punti chiave: accesso; merito; autonomia; responsabilità. Le cifre, è inutile ripeterlo, sono risicate assai: l’Italia è sensibilmente al di sotto della media Ocse nel finanziamento pubblico all’Università: O,88 del Pil, contro l’1,2, che è comunque un valore non esaltante, se confrontato con il 2,6 degli Usa (tenuto anche conto degli investimenti privati), o con il 3 del Nord Europa. La Finanziaria 2007 non accenna nemmeno a correggere questa tendenza (mentre, ad esempio, la Francia sta correndo ai ripari, e progetta di aumentare nei prossimi anni del 50 per cento – è scritto bene: del 50 per cento – le risorse da destinare ai propri Atenei). Aumenta di pochissimo la dotazione del cosiddetto Fondo di finanziamento ordinario, e cioè le risorse cui le Università attingono per la gestione corrente: da 6950 milioni a 7014 (dello 0,95%). Mentre rimane l’obbligo stabilito dal Decreto Bersani secondo cui le Università dovrebbero restituire allo Stato nel 2007 il 20% di quanto indicato nel bilancio di previsione per le “spese intermedie”(affitti, luce, acqua, pulizia, biblioteche, ecc.) – una richiesta sulla cui gravità ha già detto cose sacrosante Guido Trombetti, nuovo presidente della Crui (l’associazione dei Rettori italiani) – e vengono drasticamente ridotti gli scatti biennali del personale docente (in assenza di contratto). Meglio vanno le cose per quanto riguarda i fondi per la ricerca, con aumenti di un certo rilievo nel prossimo triennio, con la maggiore trasparenza della loro gestione (un campo dove il ministro ha agito con tempestività e chiarezza) e con il programma di assunzioni di nuovi ricercatori. Ma la questione, adesso, non è di completare questa non entusiasmante rassegna di molte ombre e di poco sole. Lamentarsi non basta. Bisogna cercare le risposte giuste. E chiedersi se non vi sia ancora lo spazio per una proposta che vincoli la richiesta di fare qualcosa di più per l’Università all’obiettivo di un’innovazione di metodo e di sistema, pur nell’attuale quadro di ristrettezze. Non l’ennesima richiesta di un finanziamento al buio, destinato a una redistribuzione opaca, per quanto legittimo; ma qualcosa che incida, e lasci il segno. A me pare che questa possibilità esista. Ed ecco il suggerimento. Il collegato alla Finanziaria (art.36) prevede l’istituzione di un’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, al posto degli attuali due comitati ministeriali. Si tratta di una scelta ottima, che conclude una fase di gestazione relativamente lunga, e che crea finalmente un soggetto che dovrebbe operare in modo istituzionalmente indipendente sia rispetto al potere politico, sia a quello accademico, per misurare le performance scientifiche e didattiche delle università. Si tratta di un passaggio essenziale, che supera il mito di una falsa e distorcente eguaglianza fra tutti gli Atenei, e potrà spingere le Università verso la differenziazione e la competizione, legando l’autonomia alla responsabilità, in un meccanismo che (come dicono gli esperti) simuli il mercato, pur all’interno di un sistema pubblico, e che tale deve rimanere. Fin qui tutto bene. E’ evidente però che, per incidere davvero, le valutazioni di questa Agenzia dovranno produrre conseguenze tangibili, e che esse non potranno che riguardare l’allocazione delle risorse: in uno spirito fortemente premiale, di incentivi a chi fa meglio. Ma come realizzarlo, se i fondi attuali garantiscono a malapena la sopravvivenza, e non consentono margini di manovra – non sono cioè spostabili da un Ateneo all’altro senza conseguenze dirompenti – se non in quantità trascurabili? E qui scatta la proposta: ogni somma ottenuta in più, rispetto a quanto oggi previsto in Finanziaria, sia destinata esclusivamente ad alimentare il fondo di premi e di incentivi di cui potrà disporre la nuova Agenzia. Nuove risorse sì, ma solo per finanziare la qualità, accertata in modo costante e rigoroso: con un piccolo sforzo economico – compatibile con la filosofia e i numeri del risanamento – si otterrebbe un risultato di sostanza e d’immagine di grande rilievo in un settore decisivo per il futuro del paese; una risposta non da poco alla diffusa opinione (lasciamo stare quanto infondata) di chi si figura il mondo universitario come un inguaribile luogo di corporativismi, di clientele e di sprechi, dove ogni taglio va sempre bene. Ne saremo capaci? E i ministri Padoa Schioppa e Mussi vorranno darci una mano? La Finanziaria incentivi la qualità negli Atenei ALDO SCHIAVONE ____________________________________________________ Repubblica 21 ott. ’06 MUSSI: "STIAMO DELUDENDO SCUOLA E RICERCA Il responsabile dell'Università minaccia le dimissioni se non si rivede la Finanziaria "150 milioni di euro su una manovra da 40 miliardi si devono trovare" Non mi prendo la responsabilità dei tagli" Il ministro a Repubblica.it: "Gli effetti politici potrebbero essere pesantissimi" Il Prc iansprisce le sue critiche: "Le preoccupazioni del ministro sono le nostre" di CLOTILDE VELTRI Fabio Mussi ROMA - Centocinquanta milioni di euro. Sono i tagli all'Università e agli istituti di ricerca previsti in Finanziaria per il solo 2007 sui quali il ministro Fabio Mussi punta i piedi. Fino a minacciare di andarsene, rimettendo il mandato. Mussi lo dice chiaro e tondo alla direzione nazionale dei Ds e lo ribadisce a Repubblica.it: "Si può discutere di tutto, sono tante le questioni sul tavolo che riguardano il mio ministero. Ma sui tagli alla spesa proprio no. Centocinquanta milioni di euro su una manovra da 40 miliardi si trovano. Si devono trovare". Non è solo una questione di puntiglio. "Appena mi sono insediato al ministero ho detto a tutti: guardate, il 2007 sarà un anno di sacrifici. Lo stato delle finanze pubbliche è disastroso quindi non aspettiamoci miracoli anche se la ricerca è un settore strategico per l'Italia". Bene, prosegue il ministro, "nel prossimo triennio, a disposizione della ricerca, ci sono in finanziaria 4 miliardi di euro. Un margine di miglioramento c'è, quindi. Si tratta di un segnale che possiamo definire non-negativo anche se, confrontando i nostri indici con quelli degli altri paesi, restiamo sempre indietro. In Italia si destina l'1,1% del pil alla ricerca, la metà di quanto avviene in media nei paesi europei, un terzo di quanto accade in Giappone". Però, insiste Mussi, "proprio perché il segnale non era negativo e, soprattutto, bisognava fare tutti qualche sacrificio, non abbiamo puntato i piedi". Diversa la questione dei tagli previsti nella manovra ai cosiddetti "consumi intermedi" (acqua, luce, spese ordinarie) di Università e istituti di ricerca. Tra i 130 e i 150 milioni di euro nel solo 2007, appunto. Almeno il doppio nel 2008. Mussi è categorico: "Questo punto rischia di creare problemi drammatici negli atenei con effetti politici pesantissimi". Minaccia di dimettersi, ministro? "La parola 'minaccia' non mi piace, dico solo che in questo modo non può funzionare. Io, su questo aspetto, non sono disposto a cedere di una virgola. La spesa per ricerca e formazione è uno dei maggiori indicatori di produttività di un paese. Se si esagera nei tagli ci si mangia a morsi il futuro. E questo non è accettabile. Ecco perchè insisto che 150 milioni di euro su una Finanziaria da 40 miliardi bisogna trovarli". Qualche cifra per chiarire: "Quest'anno l'incidenza degli investimenti in ricerca e formazione sul pil rischia di crollare. In Italia attualmente tale rapporto è pari allo 0,88%, la media europea è dello 0,99%, nei paesi Ocse dell'1,02% e negli Usa del 2,6%. Noi spendiamo ogni anno per uno studente 8.700 euro, in Francia 9.600 euro, in Germania 10.500, nei paesi scandinavi oltre 12mila euro. Allora noi siamo disposti a chedere sacrifici, non a imboccare un piano inclinato". E adesso? "Adesso mi aspetto che ascoltino quanto mi ostino a ripetere in tutte le sedi da luglio anche se, devo ammettere, nella direzione Ds, la cosa sembra essere stata recepita fortemente. Comunque abbiamo qualche giorno per valutare, per capire". Intanto, a Mussi, arriva la solidarietà di Rifondazione comunista che spiega come "le preoccupazioni espresse dal ministro sono anche le nostre". Domenico Jervolino, responsabile università e ricerca del Prc, è lapidario: le richieste del mondo della scuola, dell'università e della ricerca non sono mere richieste corporative, si tratta invece "di rendere credibili, anche in una situazione pesantemente compromessa dall'eredità del centro destra, le prospettive di un progetto di crescita civile e culturale della società italiana". _____________________________________________ Il Manifesto 18 ott. ’06 UNIVERSITÀ E RICERCA, PRIMO SCIOPERO «POLITICO» I sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil fermeranno le università il 17 novembre e gli istituti il 20. La protesta raggiungerà palazzo Chigi, contro la «politica dei tagli» Francesco Piccioni Roma N el suo piccolo è una data storica: ieri I tre sindacati confederali hanno dichiarato il primo sciopero contro la finanziaria- Nei fatti, la critica politica più pesante che potessero esercitare. Protagoniste della svolta le categorie dell'università e della ricerca, che più di altre avevano puntato - anche elettoralmente - sul governo di centrosinistra. Prodi, Nicolai, Mussi sembravano i garanti di un programma incentrato sul «conoscere per crescere». il 17 novembre si fermeranno per l'intera giornata le università, il 20 gli istituti di ricerca. Si prevedono manifestazioni a Roma, con terminale a palazzo Chigi. La delusione e la frustrazione sono palpabili anche nelle parole usate dai segretari nazionali di categoria di Cgil, Cisl e Uil, ne corso della conferenza stampa di presentazione. AL centro della protesta, nelle parale di Alberto Civica, segretario nazionale Uilpa, la «politica di tagli» che «prosegue l'opera di killeraggio degli enti e istituti pubblici di ricerca. Il quadro è impietoso. Nessun aumento della dotazione per la ricerca (di fatto una diminuzione, tenendo conto dell'inflazione); 94 milioni di euro in più per l'università, ma il «decreto Bersani di luglio gliene aveva tolti 200 e quindi si va sotto i livelli del 2006. In pratica: non si potranno fare accordi sui contratti di lavoro (clamoroso il caso dell'Ente spaziale, scaduto da 5 anni), tantomeno si potranno regolarizzare i precari (15.000 solo nella ricerca, nelle università non si riesce neppure a fare un censimento attendibile). E dire che la ricerca, per sua natura, dovrebbe essere il luogo meno esposto alle politiche «precarizzatrici». Formare un ricercatore, infatti, prevede almeno tre o quattro anni di lavoro (postlaurea); ma soprattutto una platea di ricercatori instabili destabilizza la stessa possibilità di programmare fattività degli istituti (chi trova di meglio, infatti, se ne va). Fino al paradosso per cui l'Italia, di fatto, sta finanziando una buona fetta della ricerca statunitense. 110.000 ricercatori trasferitisi negli Usa, infatti, sono costati allo stato italiano - per la formazione - almeno 250.000 curo a testa. Fatevi due conti Sotto accusa è tutta la politica in atto dal 1993 (dagli «accordi di luglio»), che privilegia i trasferimenti alle imprese. Una strategia che non ha pagato affatto, visto l'arretramento dell'Italia in tutte le classifiche dell'«innovazione». Si cita un calcolo di Giavazzi, sul Corsera di alcuni giorni fa, che stimava in quasi 25 miliardi di euro - il 2%del Pil i trasferimenti alle imprese previsti anche da questa finanziaria. Magari sparsi nei vari capitoli meno conosciuti (alle voci ministero della difesa, alle infrastrutture, ma anche da industria e ricerca). Il fatto è che l'impresa italiana - quasi sempre «nana» - non solo non fa ricerca in proprio, ma neppure assorbe le risorse umane formate dagli enti pubblici. Di fatto, da quando lo «stato imprenditore» ha cominciata a ritirarsi dalla scena, per la ricerca italiana è cominciata la frana, Ma ormai, spiegano i sindacalisti, è che «la casa brucia». Non c'è più spazio per aspettare «tempi migliori»: o si interviene ora per invertire la tendenza, oppure la ricerca italiana - anche universitaria - rischia di perdere una o due generazioni. 5u un terreno in cui, se ci si ferma, non si può ripartire «a comando». Non mancano le «chicche». Come la trasformazione di alcuni enti {con relativo cda) in istituti can il solo direttore (per risparmiare); o come il taglio del 50% degli adeguamenti automatici per il per sonale docente, precari compresi. Alcuni enti dovranno chiudere i battenti per crisi finanziaria (tra questi la «vasca navale», dove è stata progettata «Luna rossa»). Ma, soprattutto, •. Tre sono le aree in cui s'articolerà il corso: la prima farà particolare riferimento ai pazienti, la seconda si soffermerà sul personale dipendente e volontario,la terza affronterà questioni riguardanti le strutture ospedaliere. Un programma corposo che dovrà realizzare otto obiettivi specifici (dalla costituzione di uno staff di coordinamento alla progettazione di un programma d'intervento nelle strutture) in vista di quello principale: rendere gli ospedali più accoglienti. Sabrina Zedda ____________________________________________________ L’Unione Sarda 20 ott. ’06 CAGLIARI: LA CAPITALE DELLA MEDICINA INTERNA Salute. Un migliaio di delegati prenderà parte a 4 giorni di studio e aggiornamento Da domani in città il 107° congresso della Società italiana Il docente universitario Sergio Del Giacco: «Il riconoscimento del lavoro dei nostri clinici ma anche un'occasione turistica da sfruttare». Cagliari capitale della medicina interna. Da domani sino al 24 ottobre la città ospiterà il 107° congresso nazionale della Società italiana di medicina interna. Un avvenimento per i medici e ricercatori sardi dal momento che il convegno viene ospitato per la prima volta nell'Isola. «In passato», spiega Sergio Del Giacco, docente nella facoltà di medicina di Cagliari, «abbiamo tentato di ospitare la manifestazione ma la carenza di strutture alberghiere ci ha sempre limitati». Un handicap da non sottovalutare dal momento che a questo convegno partecipano oltre mille persone, provenienti da tutta Italia. il convegnoMa l'assegnazione dell'organizzazione a Cagliari si spiega anche con un'altra ragione. «È il riconoscimento», prosegue Del Giacco, «del lavoro fatto nell'Isola da eminenti clinici che operano a Cagliari e Sassari». E che lavorano in un settore particolarmente prestigioso, il più prestigioso di tutta le medicina. «In fondo, all'Università è la materia che insegna agli studenti come diventare medici». Non a caso, al convegno che inizia domani prendono parte specialisti del settore, docenti universitari e primari ospedalieri: il gotha della medicina interna italiana. Oltre mille persone, si diceva, che discuteranno e si aggiorneranno sulla materia. gli appuntamentiUn esercito in camice bianco che avrà anche la possibilità di conoscere Cagliari. «Anche in chiave turistica», sostiene Del Giacco, «è un appuntamento importantissimo». I lavori cominceranno domani mattina alle 8,30, nella sede congressuale, alla Fiera campionaria, e proseguiranno sino alle 13 del 24 ottobre. Giornate dedicate allo studio con una parentesi mondana: domani alle 18,30 nel Teatro lirico è in programma l'inaugurazione ufficiale nel corso della quale verranno letti i lavori di Ugo Carcassi su "Sardegna e malaria" e di Gaetano Di Chiara su "La ricerca scientifica: quale medicina per la grande malata?". gli argomentiParentesi mondana a parte, i congressisti si occuperanno di vari argomenti, dall'arterosclerosi ai disturbi respiratori, passando per l'uso dell'albumina nella medicina d'urgenza, per i tumori del polmone o per le vasculiti. Nel corso del congresso, anche un incontro con i giovani internisti e un corso di aggiornamento per infermieri. Un'occasione irripetibile per tutti gli operatori del settore: non a caso, l'ingresso alle sessioni sarà libero per tutti gli studenti di medicina che esibiranno il libretto e per gli specializzandi in grado di comprovare il proprio titolo. Marcello Cocco ____________________________________________________ L’Unione Sarda 18 ott. ’06 IL CENTRO PRELIEVI DEL POLICLINICO UNIVERSITARIO ALZA BANDIERA BIANCA. Sempre meno personale, il centro riduce i prelievi di sangue Impossibile far fronte a una mole di lavoro sempre crescente con un personale ridotto. Così da venerdì verranno effettuati al massimo cento prelievi, contro i duecento che vengono realizzati di solito. Il servizio senza programmazione sarà garantito soltanto dalle 7,45 alle 9,30. Nel resto della giornata (con un turno di lavoro che va, dal lunedì al giovedì, dalle 7,30 alle 18, e il venerdì fino alle 13,30) dovranno essere svolti i prelievi programmati e le priorità: circa 350 al giorno. Una decisione sofferta ma inevitabile. I vertici sanitari del Policlinico hanno voluto avvisare chi si recherà al centro prelievi da venerdì: il rischio di dover mandare via gli utenti è molto alto. La situazione lavorativa è infatti arrivata al limite. Un infermiere arriva a effettuare anche sessanta prelievi senza fermarsi. Un servizio che funziona anche, e soprattutto, al personale sanitario precario. All'orizzonte non si vedono concorsi o nuovi contratti, e così l'azienda ha deciso di ridurre il servizio all'esterno. (m. v.) ____________________________________________________ L’Unione Sarda 20 ott. ’06 POLICLINICO: L'ELETTROCARDIOGRAMMA VIAGGIA CON IL TELEFONINO Sistema innovativo al Policlinico Il referto viaggia col telefonino. Debutterà entro la fine dell'anno a Decimomannu un sistema innovativo di fare e conoscere i risultati dell'elettrocardiogramma. Basterà da una parte un elettrocardiografo formato poket, un palmare e un telefonino, dall'altra un computer e un cardiologo. Il tutto per conoscere in pochi minuti il referto che, in alcuni casi, può salvare la vita. L'idea è nata un anno fa nel reparto di cardiologia del policlinico universitario di Monserrato. «È un sistema già in uso all'interno dell'ospedale che abbiamo proposto nelle periferie», spiega il professor Giuseppe Mercuro, direttore del Dipartimento scienze cardiovascolari e neurologiche del policlinico. «Si parte con Decimomannu in collaborazione con i medici di base, le guardie mediche e l'associazione di volontariato Sos Decimo, quest'ultima avrà in dotazione la strumentazione». Un progetto in collaborazione con l'Università, l'unità di cardiologia e il centro elaborazione dati del policlinico, la provincia di Cagliari, l'amministrazione comunale di Decimo e la Fondazione Banco di Sardegna. «Il sistema», prosegue Mercuro, «permette risparmi di tempo e di denaro, si eviteranno inutili e costosi ricoveri». In situazioni di urgenza il medico può predisporre la visita che potrà essere fatta in qualsiasi posto. Grazie a un ellettrocardiografo portatile e a un palmare, il tracciato verrà trasmesso via gsm al server del computer del policlinico dove opera, 24 ore su 24, un cardiologo. Lo specialista, in pochi minuti, emetterà il referto. «Si prospetteranno tre soluzioni», chiarisce Mercuro. «La più grave di allarme, dove si riscontra un infarto in corso, e il ricovero immediato del paziente. Un'altra di vigilanza e di osservazione con ulteriori analisi e ripetizione dell'elettrocardiogramma e, infine, una di tranquillità». Il progetto si estenderà a Elmas, Assemini, Decimoputzu, Monastir, Nuraminis, Vallermosa, Siliqua, San Sperate, Uta, Villasor e Villaspeciosa. Arianna Concu (Unioneonline) _____________________________________________ Libero 18 ott. ’06 HAI DIFFICOLTÀ A SPOSTARTI? IL MEDICO TI VISITA DALLA TIVÙ Malati cronici, anziani, pazienti dimessi dall'ospedale dopo un intervento chirurgico: per voi adesso eè un possibilità in più, la video assistenza. Il risultato ottenuto dagli esperti dell'azienda Alcatel in collaborazione con Telbios (società leader nel settore della telemedicina) e i medici dell’stituto scientifico universitario San Raffaele: In pratica, dalla fine del 2006, sarà a disposizione di chiunque lo desideri uno strumento che, collegato a un normale televisore consentirà di interagite direttamente con il medico dell’ospedale di riferimento. L'apparecchio si basa sulla piattaforma di contact center Genesys installata e fornita da Alcatel, che associa alle funzionalità potenziale di call center la possibilità di effettuare video chiamate anche da terminale mobile. Oltre a video chiamate è possibile trasferire i risultati delle analisi mediche e i dati relativi allo stile di vita degli utenti e ricevere sul televisore di casa l'Interpretazione del personale medico del Centro servizi di telemedicina. Per arrivare a ciò basterà quindi essere in possesso di un comune Set Top Box(di quelli che si comprano in normali rivenditori di elettronica per scopi diversi e di una webcam per le video chiamate: entrambi collegali allo schermo del televisore consentiranno di parlare con i medici. Ma dove sta la vera novità di questo servizio? «ha novità è che per la prima volta offriamo a un malato tre servizi contemporanea - dice a Libero Andrea Mason, CIO di Telbios -. Il primo è quello relativo alla possibilità di spedire dati sul proprio conto, parametri fisiologici e altro, e avere immediatamente una risposta. II secondo riguarda l'opportunità di sapere tutto e di più a proposito di una certa patologia li terzo concerne la personalizzazione del trattamento e della cura da parte di un medico sempre a disposizione». «Solo, quelli relativi alle apparecchiature necessarie per misurare parametri come la pressione, il battito cardiaco e la glicemia - continua Mason - in collegamento con un sistema del genere potranno essere monitorati con successo cardiopatici, diabetici, persone anziane sole». ____________________________________________________ Il Messaggero 16 ott. ’06 CANNABIS, LA TURCO APRE ALLA TERAPIA ANTÌDOLORE Pronto un disegno di legge per introdurre nel Servizio sanitario i derivati della marijuana di CARLA MASSI ROMA - Sì alla cannabis, come medicina. Come sostanza antidolore, stimolante dell'appetito, antinausea per i pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia. Il disegno di legge firmato dal ministro della Salute Livia Turco è pronto, potrebbe arrivare molto presto Sul tavolo del Consiglio dei ministri, anche questa settimana: il sistema sanitario nazionale, dunque, darebbe il via libera all'uso terapeutico (finora proibito) dei derivati dalla cannabis. Che la legge sulla droga Fini- Giovanardi del febbraio scorso, ha stigmatizzato come privi di utilità curativa. In vista, dunque, un allargamento dei principi destinati, essenzialmente, a controllare il dolore e a sedare gli effetti infiammatori di molte malattie. Dalla sclerosi multipla, all'artrite reumatoide, all'inappetenza del malato di Aids. «Unacrescente mole di evidenze scientifiche - si legge in una lettera che oltre una trentina di ricercatori appartenenti all'Associazione cannabis terapeutica hanno inviato al ministro Turco - ha dimostrato l'efficacia di queste sostanze in una vasta gamma di patologie acute e croniche spesso resistenti alle terapie convenzionali. In particolare il dolore neuropatico come la spasticità da lesioni del midollo spinale. Abbiamo, inoltre, indicazioni preliminari sulle potenzialità in altre malattie, l'ansia, l'insonnia, la depressione, l'epilessia». Due sono i principi attivi di sintesi che potrebbero arrivare anche nelle nostre farmacie e già in vendita in Usa, Canada, Svizzera, Belgio, Olanda, Gran Bretagna e Germania: sono il Delta-8- tetraidrocannabinolo (The) e il Delt a - 9 - t e t r a i d r o c a n n a b i n o l o (The). Tre, in Italia, le università che stanno sperimentando la cannabis sintetica per i malati di tumore: La Sapienza di Roma, la Bicocca di Milano e le Molinette di Torino. La cannabis non è ancora ufficialmente approvata per il trattamento del dolore ma le ricerche finora concluse, secondo i medici, hanno dato risultati molto confortanti. A Torino, per esempio, viene utilizzato un farmaco sintetico per via inalante. In diversi casi, tutti malati oncologici terminali, è stato deciso di associare la morfina alla cannabis. Lo stesso ministro della Salute Livia Turco nella Giornata mondiale della lotta la droga aveva annunciato che avrebbe reso «più agevole la prescrizione di medicinali a base di Dronabiol, il principio attivo analogo a quello della cannabis». «Un farmaco - aveva aggiunto - ancora non in commercio in Italia, ma da tempo utilizzato in altri paesi, anche europei per alleviare le sofferenze di malati affetti da Hiv, sclerosi multipla, tumore e altre gravi patologie». Ed ecco il disegno di legge che, oltre all'apertura ai derivati della cannabis, prevede anche l'abolizione del ricettario ad hoc per gli oppioidi. Per prescriverli, infatti, una volta approvato il testo, sarà possibile utilizzare il normale ricettario. «Sono contraria all'eutanasia - ha detto il ministro in questi giorni di polemica sui trattamenti di fine esistenza - per il rispetto della sacralità della vita. Sono convinta che sia una scelta estrema. Piuttosto vanno incrementate le cure palliative e le terapie antidolore». In un paese in cui solo il 40% dei malati di tumore riceve cure per alleviare le sofferenze. La Società italiana cure palliative sostiene il provvedimento firmato dal ministro Livia Turco. «Stiamo parlando di una molecola che va gestita e controllata come già si fa con gli oppioidi e la morfina - spiega Cristina Rebuzzi anestesista coordinatore regionale della Società -. Non è assolutamente ammissibile banalizzare, avvicinare la terapia per i malati al consumo dello spinello. Non va fatto alcun riferimento aH'autosomministrazione. Piuttosto, dobbiamo parlare di quelle sostanze come di un normale farmaco. Quindi, dei suoi eventuali effetti collaterali, dell'efficacia e della tollerabilità. Aspettiamo che l'Aifa, l'Agenzia del farmaco, permetta la commercializzazione. Ben venga un ulteriore strumento, testato e sperimentato, da destinare alle persone che soffrono. Un nuovo strumento per migliorare qualità della vita anche per chi è nella fase terminale». _____________________________________________ Libero 17 ott. ’06 DEPRESSI, IN ITALIA SONO 5 MILIONI MA NE CURIAMO SOLO 150MILA r.s.) La depressione è un male che colpisce cinque milioni di italiani. Ma il sistema sanitario pubblico è attrezzato per curarne soltanto 150.000. Se ne è parlato al Congresso nazionale di Psichiatria, tenutosi a Montesilvano. Il professor Antonio Picano, presidente dell'Associazione StraDe, ha sottolineato in particolare come la malattia sia troppo spesso sottovalutata, e quindi curata poco e male. «La capacità di curare la depressione in Italia da parte dei servizi pubblici - ha detto Picano --è assolutamente insufficiente». ____________________________________________________ L’Unione Sarda 20 ott. ’06 DEPRESSIONE, IL NEMICO DA COMBATTERE «Da scoprire quei geni che favoriscono lo sviluppo delle patologie» Non solo disturbi legati allo stress di una vita frenetica o alla predisposizione, ma anche cause di natura genetiche ed ereditaria alla base di alcune delle patologie psichiatriche più comuni della nostra epoca. Dai disturbi bipolari e dissociativi alle varie forme di schizofrenia, ma anche la depressione che sembra colpire un numero sempre maggiore di persone. Speranze per la cura delle malattie del cervello possono arrivare dello studio del corredo genetico e dei fattori che mettono in pericolo il Dna degli individui. il congresso E proprio il ruolo della genetica nelle patologie mentali è il tema centrale del XIV Congresso mondiale della Società internazionale di psichiatria genetica (Ispg) in programma alla Fiera Campionaria dal 28 ottobre sino al 1° novembre. A confronto un migliaio di specialisti provenienti da venti nazioni illustreranno le principali scoperte genetiche e gli studi in materia di patologie psichiatriche, predisposizione, ereditarietà e fattori di rischio che possono generare modifiche molecolari del Dna. la presentazioneÈ la prima volta che l'Ispg sceglie l'Italia come sede del proprio meeting mondale: una cinque giorni di dibattiti e simposi presentata ieri mattina nella sala presidenza della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Cagliari. «Il congresso si inserisce in un momento di pieno sviluppo della ricerca» spiega Maria Del Zompo, scienziato di fama mondiale e docente di Farmacologia dell'università cittadina, «ora l'attenzione è rivolta alla scoperta di geni di suscettibilità importanti come fattori di rischio per sviluppare malattie psichiatriche. E i risultati di questo impegno scientifico sono già visibili e studiati dalla comunità internazionale: presto potrebbero arrivare le nuove scoperte relative ai meccanismi biologici che determinano l'insorgenza di queste malattie, con la possibilità di sviluppare nuove terapie sempre di maggiore efficacia». depressioneTra le sezioni principali del meeting ci sarà la tavola rotonda sulla depressione, patologia che attualmente colpisce almeno 120 mila persone al mondo. Un vero e proprio allarme, quello lanciato dall'Organizzazione mondiale della sanità: nei prossimi 4 o 5 anni, dicono gli esperti, la depressione salirà al secondo posto nella classifica delle malattie che più accorciano la vita, scavalcata solo dai disturbi cardiaci e legati alla circolazione. Gli aspetti di questa particolare patologia verranno trattati nella prima giornata del congresso dal Romolo Rossi (docente di Psichiatria dell'Università di Genova), Roberto Mezzanotte (direttore della sezione di Biologia e Genetica dell'Università di Cagliari) e dalla farmacologa Maria Del Zompo. Francesco Pinna _____________________________________________ La Stampa 19 ott. ’06 LA TAC DELLA MENTE SVELA LE PATOLOGIE II suo inventore; Martfred Cierpka direttore dell'istituto di Psicosomatica dell'Università di Heidelberg in Germania. l'ha ribattezzata «Tac della mente». Consente di svelare i misteri più nascosti delle emozioni di ciascuno di noi; Si tratta di un test semplice che di complesso ha solo il nome; Diagnosi Psicadinamica Operazionalista è un colloquio standardizzato di circa 70 domande, che arriva in Italia Per la prima volta al XI:IV Congresso della Società Italiana di Psichiatria, in corso a Montesilvano (PE). l'intervista. che dura 40-80 minuti, è stata messa a punto su oltre 1500 pazienti. Le circa 70 domande mettono a fuoco sintomi-chiave delle`' patologie psichiatriche indagando anche e soprattutto i pensieri e le emozioni dei pazienti. Le ' risposte di chi si sottopone al test; grazie a una griglia statistica, possono essere ricondotte a una serie di risposte-tipo: cosi lo psichiatra può arrivare a una diagnosi più precisa e personalizzata. " _____________________________________________ Libero 19 ott. ’06 RICORDI FALSI INSERITI NEL TESTE FARANNO VINCERE TUTTE LE CAUSE I neurofisiologi spiegano perché spesso le deposizioni in tribunale sono poco attendibili, quando non risultano addirittura inventate MIMO La memoria inganna, i ricordi sono spesso inaffidabili. Ne si può fare esperienza raffrontando le versioni di uno stesso avvenimento, fatte da osservatori diversi. Se il nucleo dell'evento raccontato viene solitamente preservato, sui singoli particolari i resoconti sono a volte anche molto divergenti. Poco male, fino a che questi dettagli sono di secondaria importanza. Ma quando si tratta di testimonianze presentate in un tribunale durante un processo, quando cioè proprio un elemento all'apparenza insignificante può rivelarsi determinante e risolutivo, è necessario soppesare attentamente ogni deposizione, per valutarne l'attendibilità. Spesso infatti i testi si contraddicono (anche in buona fede: realmente convinti, cioè, di rievocare quello che hanno vissuto). Non basta: la memoria umana è suggestionabile. AL punto che, secondo alcuni ricercatori, sarebbe possibile impiantare nel 25-30% degli individui ricordi falsi, memorie di eventi mai avvenuti. Ad esempio, gli interrogatori condotti dalla polizia sono talvolta quantomeno singolari. Invece di chiedere: «Cerchi di descrivermi gli uomini che ha visto in quella circostanza», spesso si domanda: «Si ricorda se c'era un uomo alto e calvo?»; suggerendo cosi la risposta desiderata. Vuoti di memoria, ricordi falsi: come è possibile che possiamo ingannarci cosi? La ragione, spiega il professor Piergiorgio Strati, neurofisiologo dell'Università di Torino, va ricercata nel processo col quale archiviamo i nostri ricordi: processo fragile e delicato. Studiando il comportamento dei topi, Strati ha scoperto che la memoria di un evento non viene conservata tutta intera nel nostro cervello, bensì suddivisa nei suoi componenti (la forma, il colore, l'odore, il movimento...) e quindi depositata in cellule nervose diverse, che si trovano in zone separate dell'encefalo. Un ricordo, insomma, viene frazionato in tante tessere, conservate poi in scatole diverse. La rievocazione di un fatto, quindi, è paragonabile alla ricomposizione di un mosaico, durante là quale, però, alcuni pezzi possono andare perduti. Secondo Strati è possibile intervenire in questo meccanismo per condizionare i ricordi. È quel che accade con le domande che suggeriscono la risposta, come si accennava; ma allo stesso modo, si potrebbe intervenire per ridurre la portata di ricordi negativi, originati da esperienze traumatiche. Richiamare alla memoria un fatto, riassemblare le tessere del mosaico, estraendole dai cassetti nei quali sono conservate e posizionandole nel loro giusto spazio, è insomma un'operazione complessa, necessariamente approssimativa, Come si è detto. Ed è proprio richiamando questi errori che si capisce come troppo spesso le deposizioni dei testi nelle aule giudiziarie siano poco attendibili, quando non addirittura false, come appunto quelle inserite ad arte nei labirinti della memoria e dell'immaginazione. Talvolta soggetta ad errori. La mente umana si presenta come una specie di specchio dove fantasia; ricordi e realtà possono imprimersi con maggiore o minore evidenza secondo circostanze concrete o eventi immaginari: la memoria in particolare è quanto di più suggestionabile abbia l'essere umano, essa infatti è talmente fragile che a volte può essere alte— rata da una sola domanda insidiosa Fragilità della memoria e inganni TABULA RASA ____________________________________________________ Corriere della Sera15 ott. ’06 LA TASSA SULL' ANSIA AL PRONTO SOCCORSO: TICKET SCANDALOSO risponde Riccardo Renzi Lo «scandaloso» ticket sui pazienti con «codice bianco»: è giusto ? Tra tutte le tasse possibili, contenute nella nuova Finanziaria, quella più scandalosa mi sembra quella sul Pronto Soccorso. Cioè sulle disgrazie della gente. ) *** Bruna B. (Milano In questi giorni ho sentito molti lamentarsi, come lei, di questa «tassa» sul Pronto soccorso, prevista dalla Finanziaria, riservata ai cosiddetti «codice bianco», a coloro cioè che non hanno una reale necessità di urgenza. Un effetto mediatico sorprendente soprattutto su chi, come lei, abita a Milano, dove questo ticket, come in tutta la Lombardia e in altre 11 regioni italiane, è già in vigore da tempo. Per quel che riguarda la Lombardia anzi il ticket previsto dallo stato è inferiore: 23 euro contro 35 per la visita medica, cifra che sale se vengono eseguiti accertamenti diagnostici. Ciò detto, se Lei mi chiede se sono d' accordo su questo ticket, la mia risposta è che mi sembra contenga elementi di ingiustizia. In sè il provvedimento non ha niente di scandaloso, perché unisce le esigenze di tipo economico con una necessità, diciamo così, funzionale. Ha cioè l' obbiettivo, oltre che di raccogliere soldi, di evitare l' affollamento dei Pronto soccorso da parte di persone che non hanno necessità urgenti, a scapito di chi ne ha realmente bisogno. Sembra perfetto sulla carta. Ma se ci mettiamo nei panni della gente, mi sorgono almeno due obiezioni. La prima è che mi sembra una tassa non sulle disgrazie (se è vera disgrazia non si paga ticket) ma sull' ansia o sull' ignoranza, in ogni modo ingiusta. Chi va in un Pronto soccorso non sa di essere un codice bianco, verde o rosso. Sta semplicemente male o è in ansia per un bambino che sta male. Non mi sembra giusto, per questo, punire quelli che al Pronto soccorso ci vanno perché non sono in grado di formulare una corretta autovalutazione diagnostica: al Pronto soccorso ci vanno proprio per sapere, sperando di essere un semplice «codice bianco». L' ignoranza riguarda anche la procedura. «È una cattiva abitudine - si dice - quella di ingolfare i Pronto soccorso con problemi che devono essere sottoposti al medico di famiglia». Verissimo. Ma di notte? E di domenica? Possiamo garantire ai cittadini una rete di guardie mediche e una presenza della medicina di base sufficiente? La gente, in sostanza, ha sempre un' alternativa? Credo proprio di no. Dove e quando questa alternativa viene garantita (e la gente adeguatamente informata), mettiamo pure il ticket al Pronto soccorso. *** INFLUENZA Perché ritarda il vaccino Ho sentito dire che quest' anno la distribuzione del vaccino antinfluenzale subirà un ritardo. Ho saputo però che il Ministero farà comunque partire la campagna vaccinale dal 15 ottobre. Mi sembrano due posizioni discordanti. Ricordo che negli anni passati le organizzazioni sanitarie sollecitavano a vaccinarsi per tempo per dare modo ai componenti del vaccino di predisporre gli anticorpi necessari a fronteggiare gli eventuali contagi della stagione invernale. Che cosa c' è di vero in queste notizie e che cosa succederà quest' anno? Giovanna Pernigotti (Salerno) Nelle notizie che si sono accavallate in questi giorni ci sono un po' di dubbi e un po' di verità. Una cosa è certa. La distribuzione dei vaccini alle Asl e in farmacia non potrà avvenire prima di novembre, perché le case farmaceutiche hanno incontrato problemi tecnici nella realizzazione degli stessi. Il problema lo ha spiegato Fabrizio Pregliasco, virologo dell' Università degli Studi di Milano. «Uno dei componenti il vaccino che sarà diffuso quest' anno - dice l' esperto - (il virus Wisconsin, americano), in laboratorio ha dimostrato scarsa replicazione nelle uova embrionate di pollo. Ciò ha allungato i tempi di produzione del vaccino». Il ritardo, comunque, non compromette la possibilità di proteggersi in tempo, perché, come sottolinea anche una nota del Ministero della Salute, l' influenza non si presenta in ottobre, bensì agli inizi di gennaio. È quindi ingiustificata qualsiasi preoccupazione sia per le persone a rischio, sia per chi decide volontariamente di sottoporsi alla vaccinazione preventiva, perché c' è tempo per vaccinarsi fino a dicembre. Lo conferma anche il virologo, il quale precisa che il virus influenzale per espandersi ha bisogno di una condizione meteorologica ben precisa, il freddo intenso per alcuni giorni, se non per settimane. Situazione che in genere si presenta a dicembre. «I disturbi simil- influenzali di questi giorni - aggiunge Pregliasco - non devono preoccupare, perché sono provocati da altri virus, che possono dare stanchezza o raffreddore, e che si presentano proprio in conseguenza di questo andamento fluttuante della temperatura». Quindi attendiamo con pazienda l' arrivo del vaccinocontro l' influenza, che quest' anno, nelle previsioni, colpirà 6 milioni di persone, contro i 2 milioni e mezzo dell' anno scorso. Renzi Riccardo ___________________________________________________________ Il Sole24Ore 19 Ott. ‘06 LA SALUTE PERSONALE VIAGGIA SUL CELLULARE TELEMEDICINA LA NUOVA APPLICAZIONE Un sistema wireless con sensori che controllano i valori vitali. Pronti a essere inviati al medico U n bip avvisa il medico che uno dei suoi pazienti ha urgente bisogno di una visita. Dopo pochi secondi sul suo palmare arrivano i dati in tempo reale sulle condizioni del malato. Il dottore li esamina, elabora la diagnosi e stabilisce la cura. Il tutto in modo rapido e senza bisogno di ricoveri. Per chi è abituato ad attendere mesi in lista d'attesa per una visita medica specialistica, potrebbe sembrare una situazione da romanzo di fantascienza. Eppure il checkup al telefonino èuna soluzione già oggi praticabile. Dalla scorsa estate Ericsson ha iniziato a sperimentare in diverse strutture ospedaliere Mobile Health, un dispositivo che consente di monitorare e diagnosticare le malattie in modalità remota tramite la rete mobile Gprs e Umts. Si tratta di un sistema wireless dal peso estremamente ridotto che utilizza sensori per misurare in modo continuativo valori vitali quali la pressione arteriosa, il battito cardiaco e f Ecg. AI paziente vengono forniti sensori corporei e un piccolo telefono cellulare con funzioni semplificate (è dotato di Sim e di due tasti, uno per spedire in automatico messaggi di emergenza e uno per inviare i parametri relativi al proprio stato di salute). Attraverso la tecnologia Bluetooth il cellulare riceve le informazioni fornite dai sensori e le invia in modalità Gprs o Umts al centro di assistenza sanitaria e al medico, che le visualizzano sul pc o sul terminale mobile e stabiliscono la diagnosi. Il tutto nel massimo rispetto della riservatezza, visto che il dispositivo è fornito di sistemi di criptaggio e autenticazione. «Latecnologia -spiega l'amministratore delegato di Ericsson Italia, Cesare Avenia - consentirà a determinate tipologie di pazienti di accedere all'assistenza personale in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento mantenendo il proprio stile di vita e le proprie abitudini». Non solo. Secondo Ericsson, Mobile Health consentirà ai sistemi sanitari nazionali risparmi notevoli: per pazienti affetti da malattie croniche come l'aritmia, il diabete e la Br-o, si prevede una dismissione anticipata dall'ospedale di circa tre giorni. AL Barcelona Hospital Clinic, uno degli ospedali dove è in atto la sperimentazione, hanno calcolato che il sistema consentirà di risparmiare fino a 2mila euro fanno a paziente, mentre in Germania si stima che se l’1% dei 4 milioni di malati di asma ricorresse al le visite al cellulare, l'economia per il sistema sanitario sarebbe di 24 milioni. di dollari l'anno. Dopo essere partita in Spagna, Portogallo, Cipro e Singapore, la sperimentazione della nuova piattaforma tecnologica per la telemedicina di Ericsson inizierà nei prossimi mesi anche in Italia. A testarla, nelle sue strutture, sarà il Fatebeneftatelli. DOMENICO LUSI ___________________________________________________________ Il Giornale 21 Ott. ‘06 FARMACI BIOLOGICI PER COMBATTERE I DOLORI ARTICOLARI Mariateresa Conti Diagnosi precoce e farmaci biologici. Sono queste le «armi» più efficaci contro le malattie reumatiche, tra le patologie più diffuse - in Italia sono seconde solo alle affezioni dell'apparato cardiocircolatorio - eppure più «bistrattate», almeno in termini di disponibilità di posti letto dedicati (uno ogni 100mi1a abitanti). Il dato - una speranza per chi conosce gli effetti invalidanti di artrosi, artrite reumatoide (solo in Italia diecimila nuovi casi l'anno, in prevalenza donne), artrite psoriasica, spondilite anchilosante, di tutto quel complesso, insomma, di patologie comunemente indicato come malattie reumatiche - arriva da Palermo, dove si è svolto il quarantatreesimo congresso della Società italiana di reumatologia. Una scelta non casuale, quella della Sicilia, per il confronto tra oltre duemila esperti in materia italiani e stranieri. Proprio l'isola, e Palermo in particolare, è capofila di un importante studio sul trattamento precoce dei pazienti affetti da artrite con l’infliximab, un farmaco biologico di nuova generazione. A guidare la, ricerca, il professor Giovanni Triolo, direttore dell'Unità operativa di reumatologia dell'Università di Palermo: «Oggi - spiega - diagnosticare in tempo queste patologie significa evitare la progressione del danno strutturale. E questo è. più facile grazie al fatto che si dispone, oltre ai farmaci tradizionali, di quelli di nuova generazione, i biologici come infliacimab, adalimubab, etanercept. Questi farmaci non possono più essere considerati sperimentali. Per l'artrite reumatoide, per quella psoriasica e per la spondilite è ormai assodato che si tratta di farmaci importanti. Alla reumatologia del Policlinico di Palermo abbiamo circa 400 pazienti trattati con farmaci biologici, siamo tra i primi centri in Italia. A parte queste tre patologie, si cominciano ad avere dati anche per l'utilizzo dei biologici nelle vasculitn, nelle fasi più attive, quando con l'impiego di altri farmaci non si ottiene la risposta voluta». Il segreto dei farmaci di nuova generazione è la loro azione mirata sul Tnf (tumor necrasis factor), una proteina coinvolta nell'attivazione della risposta infiammatoria del sistema immunitario. In pratica viene bloccato il meccanismo che scatena l'erosione della cartilagine delle articolazioni. Ma alla base di tutto c'è la diagnosi precoce, possibilmente quando I danni delle malattie reumatiche non si sono ancora, instaurati. E’ in questa fase che i farmaci biologici danno i risultati più significativi. Come quelli venuti fuori da uno studio su pazienti con meno di tre mesi di malattia portato avanti dal Gisea (Gruppo italiano per io studio delle Early arthritis). Grazie al trattamento precoce con farmaci biologici, a distanza di due settimane è stata riscontrata la scomparsa dei sintomi, e dopo tre mesi la scomparsa clinica della sinovite, esaminata con risonanza magnetica. «Se trattiamo - continua il professor Triolo - un paziente in fase ultraprecoce, oggi possiamo modificare la storia naturale della malattia. Il grosso problema non è solo quello di individuare il paziente con progressione rapida della malattia> ma di individuarlo precocemente, quando ancora non ha lesioni». Un miglioramento della qualità della vita, ma anche un risparmio considerevole in termini di spesa sanitaria. Lo stesso Gisea ha condotto uno studio mirato sull'economicità della diagnosi precoce dell'artrite reumatoide: secondo i calcoli, il risparmio per la collettività sarebbe di 281 euro al mese per ogni paziente. Un dato del quale tenere conto. Gli specialisti di reumatologia riuniti a Palermo hanno confermato l'efficacia di nuovi trattamenti nelle patologie delle articolazioni: scompare il dolore e si contrasta li processo infiammatorio " spesso causa di complicazioni ____________________________________________________ Il Manifesto 14 ott. ’06 LA RU486 FUNZIONA. ECCO I DATI Silvio Viale, il ginecologo che ha sperimentato la pillola abortiva a Torino, presenta i primi risultati: «Sono confortanti e in linea con la letteratura internazionale» Cinzia Gubbini Roma Nel 99,73% dei casi l'aborto è avvenuto senza problemi. Per una percentuale pari al 6,93% - cioè per 23 donne - si è ricorso a una revisione della cavità uterina, per accertarsi che l'espulsione del feto fosse avvenuta completamente. Sono questi i primi dati della contestata sperimentazione della pillola abortiva RU486 effettuata dall'ospedale Sant'Anna di Torino. Sperimentazione sospesa a settembre dalla direzione del nosocomio dopo la notizia che la Procura di Torino aveva aperto un fascicolo d'indagine a gennaio. I dati, non ancora elaborati, sono custoditi nel computer di Silvio Viale, il ginecologo torinese che è diventato - «mio malgrado», tiene a precisare - il volto della campagna per l'introduzione dell'aborto medico in Italia. Ieri Viale era a Roma per partecipare al convegno della Fiap, la Federazione internazionale degli operatori di aborto e contraccezione, che si conclude oggi all'hotel Ergife. I risultati della sperimentazione al Sant'Anna, prima in Italia, sono ancora «grezzi»: «Per avere un quadro completo di cosa è accaduto nei nove mesi che abbiamo avuto a disposizione per somministrare il farmaco spiega Viale - bisognerà attendere che l'azienda ospedaliera decida di elaborarli e renderli pubblici. Dunque, i risultati che porto sono un ricordo personale dell'esperienza, ma molto attendibile. Per un semplice motivo: sono stato io a somministrare l'Rsu a tutte le donne che hanno partecipato alla sperimentazione. Il che, su un piano scientifico, garantisce l'omogeneità del metodo. Si tratta di numeri certi, e ci parlano dell'esito finale dell'aborto medico praticato su 362 donne». E sono dati confortanti, spiega ancora Viale, in linea con la letteratura internazionale. La pillola Ru486 è sicura ed efficace. La sperimentazione è iniziata il 6 settembre 2005 e ha inizialmente coinvolto 26 donne. Poi, è arrivato lo stop del ministero della Salute - il ministro era Francesco Storace - e dopo molte polemiche è stato avviato un protocollo tra l' ospedale e il ministero che prevedeva la possibilità di continuare la sperimentazione - che avrebbe dovuto coinvolgere 400 donne - a patto che l'aborto fosse praticato in ospedale. Ma a giugno, da indiscrezioni di stampa, e poi con un avviso arrivato a fine luglio, gli sperimentatori della pillola - Viale e altri tre medici - hanno saputo che la Procura torinese aveva aperto un fascicolo il 25 gennaio 2006. Così, il 28 settembre, la sperimentazione è stata dichiarata sospesa dal direttore generale del Sant'Anna. «Ma in realtà - sottolinea Viale - la sperimentazione può considerarsi conclusa, visto che abbiamo applicato questa nuova tecnica abortiva su 362 donne, dunque il 90% del campione». Ed ecco i risultati: sul totale delle donne che hanno deciso di assumere la Ru486 per interrompere la gravidanza, una ha rinunciato dopo l'assunzione della prima pillola (il inviperitone). In un caso l'aborto non è avvenuto (pari allo 0,27% del totale), e la donna ha subìto un aborto chirurgico. In 360 casi l'aborto è avvenuto (99,73%). In 23 casi, si è ricorso alla revisione della cavità uterina, non tramite raschiamento, ma praticando l'isterosuzione (un intervento meno invasivo). Di questi, 12 donne erano state trattate con 600 milligrammi di mifepristone, e 11 con 200 milligrammi. Questo significa che sia con dosi più alte che con dosi più basse, i risultati - anche quando il medico decide di pulire l'utero - sono equivalenti. Un dato interessante, perché, spiega Viale: «Su questo punto la letteratura internazionale è ancora ambigua. Somministrando a metà del campione 600 milligrammi e all'altra metà 200, i risultati si equivalgono». Insomma, si tratta di risultati positivi. Ma sulla possibilità di introdurre la pratica dell'aborto medico in Italia a partire dai risultati di Torino, ora pesa l'inchiesta della Procura, che accusa i medici di aver violato la legge 194/78, quella che ha legalizzato l'aborto. «Aspetto con fiducia i risultati dell'inchiesta - fa sapere Viale, che a Torino si è anche candidato con la Rosa nel Pugno - ma ora mi interessa parlare dei risultati della sperimentazione. Lo studio esiste, e prima o poi dovrà essere pubblicato, perché è un obbligo. Sono stufo che una seria discussione su una nuova tecnica abortiva venga mischiato con la questione del diritto all'aborto. Il convegno in corso a Roma ci dimostra che l'aborto medico è ormai praticato con successo in molti paesi. I risultati raggiunti al Sant'Anna sono confortanti. Ora spetta alla parte politica e alla parte sanitaria decidere cosa fare». ____________________________________________________ Corriere della Sera 21 ott. ’06 SCREENING MAMMOGRAFICI: SI O NO? Una nuova ricerca dice che i rischi dei controlli «a tappeto» superano i benefici. Opinioni contrastanti tra gli esperti I controlli periodici a tappeto per il tumore al seno fondati sulla mammografia potrebbero essere più dannosi che utili. A dichiararlo sono gli autori di una revisione della letteratura scientifica sull'argomento. Secondo i risultati dell'analisi, condotta da un gruppo della reputata Cochrane Library, tra le donne coinvolte negli screening solo una su 2mila otterrebbe un reale allungamento della sua vita , mentre 10 su 2mila andrebbero incontro a trattamenti non necessari, spesso molto pesanti. La ricerca ha preso in considerazione, indirettamente, mezzo milione di donne, citate nei lavori scientifici studiati. ESPERTI DIVISI - Il professor Michael Baum, uno dei maggiori esperti britannici sull'argomento e pioniere degli screening mammografici, intevistato dal Daily Telegraph sull'argomento, ha dichiarato: «Io credo che una donna debba fare una scelta informata su dati basati sulle evidenze scinetifiche dei possibili benefici e dei possibili rischi di una "sovra-diagnosi" e dei falsi-positivi, e questo ultimo studio sposta il bilancio più verso i danni che verso i benefici». Il dottor Peter Goszsche, del Nordic Cochrane Center, che ha condotto la ricerca, ha dichiarato che molte donne vengono trattate per tumori che crescono lentamente e che potrebbero non arrecare alcun reale problema se non fossero scoperti durante gli screening. «Se fossi una donna di 50 anni e fossi invitata a uno screening mammografico, declinerei l'invito. ma altri hanno opinioni diverse. E va bene così, a patto che si forniscano informazioni equilibrate». Secondo lo studio, molte donne con carcinomi intraduttali, cioè confinati nei dotti galattofori, sono state sottoposte a mastectomia (asportazione totoale della mammella) nonostante non si potesse dire con sicurezza se i tumori si saebbero diffusi oppure no. «Questa revisione è basata su informazioni che si riferiscono al passato» ha replicato Julietta Patrick, direttore del Vancer Screening Program britannico. «Ora le cose sono cambiate: risorse tecniche ed esperienza sono migliorate. La sovra-diagnosi è un fatto, ma noi pensiamo che per ogni 2mila donne sottoposte a screening ogni 10 anni, magari ne trattiamo 5 per niente, ma salviamo anche 5 vite». ____________________________________________________ Corriere della Sera 19 ott. ’06 USA: RISCHIO TUMORI PER OPERAI INFORMATICI L'analisi su oltre 30mila decessi di lavoratori dell'ibm ha rilevato un maggior tasso di cancro rispetto alla popolazione generale STRUMENTI BOSTON- i lavoratori dell'industria informatica rischiano di più di ammalarsi di tumore. E di morirne. A sostenerlo è uno studio della Boston University School of Public Health, che ha analizzato oltre 30mila decessi di operai delle sedi americane della Ibm. E che ha rilevato che questi lavoratori, rispetto al resto della popolazione, hanno più probabilità di perdere la vita a causa di cancro al cervello, seno, rene e linfoma non-Hodgking. Lo studio, pubblicato oggi sulla rivista «Environmental Health», è stato condotto analizzando la causa di morte di 31.941 operai che, tra il 1969 e il 2001, avevano lavorato almeno cinque anni presso le fabbriche della Ibm. I DATI FORNITI DALL'IBM - A fornire i dati è stata la stessa Ibm, che tiene un registro ad hoc sulle cause di morte di oltre 33mila ex dipendenti. Successivamente è stato realizzato un confronto con i decessi registrati nella popolazione statunitense nello stesso periodo di riferimento. I risultati rivelano un'aumentata mortalitá legata a diverse tipologie di tumori, in particolare tra gli operai manifatturieri degli stabilimenti di California, Minnesota, New York e Vermont. Ad uccidere di più questi lavoratori, il cancro al cervello e al sistema nervoso centrale, ma anche altre neoplasie quali il tumore al seno e al rene. Non è possibile al momento, puntualizzano i ricercatori a capo dello studio, collegare queste morti all'esposizione a particolare prodotti chimici, perchè sono necessarie ulteriori analisi. ____________________________________________________ Corriere della Sera 18 ott. ’06 LE USTIONI SI «CANCELLANO» CON LE STAMINALI DAL GRASSO Milano, rigenerata la pelle del viso di tre pazienti MILANO - Le cellule del nostro grasso sono ricche in cellule staminali adulte, un kit naturale per riparare tanti danni del corpo. Una scoperta recente, del 2002, che rende il grasso corporeo una «miniera» e non un eccesso da buttare. Si chiamano Adipose derived stem cells (Adsc). E possono diventare cartilagine, muscolo, osso, cellule nervose, bulbi piliferi. In laboratorio, in provetta... ma nell' organismo? Dal vivo cosa accade? Che cosa attira queste cellule dai depositi di adipociti fino al punto da riparare e chi le attiva? Ben poco ancora si sa. Una novità viene da un convegno italiano di chirurgia plastica e ricostruttiva (a Rimini): tre casi di gravi cicatrici al volto da ustioni (una donna di 35 anni ferita da un ferro da stiro a 33 anni, un uomo di 39 bruciato a 31, un ragazzo di 17 colpito da una bomba quando aveva 4 anni) trattate con il «grasso» prelevato dagli stessi pazienti. Marco Klinger, specialista dell' università di Milano e dell' Istituto Humanitas, in collaborazione con il centro del Niguarda (Mario Marazzi) ha tentato l' esperimento. I risultati presentati hanno subito spinto i colleghi presenti a tentare la stessa via. Perché? Perché curare le cicatrici è da decenni un problema irrisolto. Quando poi è il volto a portare segni indelebili entrano in gioco estetica e psiche. «Le cicatrici più complicate da affrontare - dice Klinger - sono proprio quelle da ustioni. I progressi della medicina nella cura delle ustioni gravi, compresa la coltivazione della pelle e la copertura delle regioni colpite, sono stati così significativi da permettere, almeno nei centri di alta specializzazione, la sopravvivenza della maggior parte dei pazienti. Non altrettanto è possibile affermare a riguardo del trattamento degli esiti di ustione, che continuano a rimanere un problema con un alto impatto sociale, economico ed emozionale nei suoi aspetti funzionale ed estetico». Partendo dagli studi di Rigotti (Verona) per riparare le conseguenze della radioterapia (radiodermiti al seno) con le cellule del grasso e applicando i metodi di liposcultura già usati in estetica (il grasso usato per riempire), si è prelevato del tessuto adiposo dai tre pazienti e si è centrifugato in modo da separarlo dai trigliceridi e da plasma e componenti del sangue. Il «gel» ottenuto si è iniettato con un microago lungo la cicatrice, in profondità a livello della giunzione tra derma e ipoderma. Zone morte negli ustionati: la pelle c' è ma è inanimata, quasi come il cuoio di una maschera, senza peli, movimenti mimici, innervazione. E che cosa è successo? Già dopo 15 giorni la «rigenerazione» è apparsa evidente: all' esame istologico e alla Rmn. Non solo: è tornata la barba (nei due uomini), l' acne in un caso, la morbidezza della cicatrice, l' espressione. L' iniezione è stata ripetuta dopo tre mesi. «L' ipotesi è quella delle staminali ma la nostra è stata una prova empirica - spiega Klinger - e non sappiamo che cosa ha funzionato. Può darsi che fattori di crescita o riparatori siano in quel gel». La ricerca è aperta.