RICERCATORI: IN ARRIVO LA SVOLTA: CONCORSI SOLO LOCALI - MUSSI A CACCIA DI RICERCATORI - SMONTATA LA LEGGE MORATTI, TORNA L’ISTRUZIONE TECNICA - DOTTORI DI RICERCA: SI CAMBIA. ATENEI TROPPO AUTONOMI - CATTEDRE AGLI AMICI: 80 BARONI NEI GUAI A BOLOGNA - CATTEDRE, SU MISURA PER PROFESSORI CHE NON HANNO I TITOLI - L'UNIVERSITÀ AZZOPPATA DALLA SINISTRA - PERCHÉ CI PIACE LA MUSICA MA ODIAMO TUTTI SCHONBERG - FORMAZIONE TELEMATICA A DISTANZA L’E-LEARNING È IN CRESCITA COSTANTE - LA BARRIERA INSORMONTABILE: I DODICI TONI - ================================================================= BATTESIMO PER L'AZIENDA MISTA ECCO IL NUOVO POLO DELLA MEDICINA - IL SAN GIOVANNI DI DIO: CITTÀ UNIVERSITARIA - QUANDO IL CAMICE BIANCO "INCIAMPA" COME DIFENDERSI DAGLI ERRORI IN CORSIA - CAGLIARI. LE CIFRE DEL TRIBUNALE DEL MALATO - UE UNA CARTA EUROPEA PER I DIRITTI DEI MALATI - MA SPESSO SONO I MEDICI LE VITTIME DELLA SANITÀ - SCATTA L'AUSTERITY PER I CONVEGNI MEDICO-SCIENTIFICI - LA TURCO: VIA LIBERA ALL'USO DEI «FARMACI VIETATI» - IS MIRRIONIS: L'OSPEDALE CONDANNATO - CHI ACCUSA NON HA CONSULTATO UNA TABELLA RADIOTERAPIA. - MICROCITEMICO: QUEL PROJECT FINANCING ERA TUTTO DA RIFARE - ASMA ALLERGICA, CAO SCOPRE IL RESPONSABILE - I NUOVI STENT SPRIGIONANO UN FARMACO ANTI-COAGULAZIONE - ANTIBIOTICI E TROPPA IGIENE DIFESE IMMUNITARIE IN TILT - REUMATOLOGIA, CURE SENZA RISCHI - NANOFABBRICHE, PILLOLE CHÉ PRODUCONO ,I FARMACI DIRETTAMENTE NEL CORPO - TUMORE ALL'UTERO: VACCINO IN VENDITA - MEGLIO NON TAGLIARE SUBITO IL CORDONE - LE MALATTIE CHE CI HANNO SALVATO - COME SI DIVENTA SCHIAVI DI INTERNET - L'AMBULANZA ODONTOIATRICA FA PREVENZIONE - SE GOOGLE FA LA DIAGNOSI - TERAPIE SOFTWARE - TEMPO DI MARATONE, CONSIGLI D'ESPERTO - ================================================================= ___________________________________________________________ Il sole24Ore 25 Mar.’07 RICERCATORI: IN ARRIVO LA SVOLTA: CONCORSI SOLO LOCALI Per scegliere i ricercatori universitari saranno banditi concorsi locali. A prevederla è la bozza delle linee-guida sulla riforma dei concorsi per i ricercatori a cui sta lavorando il ministero dell'Università e della Ricerca. Il Miur ha deciso che non ci saranno più concorsi nazionali ma sarà compito del singolo ateneo bandirli. In via transitoria, il Miur metterà a disposizione schemi di regolamento-tipo, concordati con la Crui, ma, non vincolanti per chi volesse provvedere in autonomia. Le linee-guida introducono alcune novità per il reclutamento dei ricercatori. Fra queste, l'obbligo per i candidati di tenere un seminario pubblico e la presentazione di tre lettere firmate da docenti universitari italiani o stranieri, preferibilmente non appartenenti alla stesso ateneo. L'assunzione dei ricercatori è a tempo indeterminato con verifica dopo tre anni. La verifica, gestita dal Miur con il supporto dell'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca- di cui è atteso il regolamento - si base su cinque giudizi di valutazione in relazione all'attività di ricerca svolta dall'interessato ad opera di altrettanti revisori sorteggiati. La valutazione si considera superata positivamente se almeno tre giudizi sono positivi. In caso contraria, il costo dello stipendio del ricercato viene sottratto dal fondo di finanziamento ordinario dell'ateneo. La verifica può essere ripetuta una seconda, ed ultima volta, dopo altri tre anni. Nel caso di seconda verifica positiva il costo dello stipendio del ricercatore viene restituito al fondo dell'università; nel caso opposto, definitivamente sottratto. ___________________________________________________________ Italia Oggi 27 Mar.’07 MUSSI A CACCIA DI RICERCATORI Anticipa il regolamento del ministero dell’università. Spazio al merito Negli atenei assunzioni per diecimila in tre anni Pagina a cura DI BENEDE1fiA P. PACELLI 1 ministro dell'università fa il pieno dei ricercatori e annuncia che «in tre anni negli atenei ce ne saranno diecimila in più». Ma assunti con nuove modalità. Nello stesso giorno in cui il ministro Fabio Mussi ha esposto ai sindacati e alla Crui la bozza di regolamento sulle procedure di reclutamento per i ricercatori, ha anche dichiarato che il nuovo piano dovrebbe portare nei prossimi anni ad aprire le porte a molti nuovi cervelli. La novità principale contenuta nella bozza di regolamento che già questa settimana potrebbe andare al Consiglio di stato prima della pubblicazione in G.u., e che Italia Oggi è in grado di anticipare, è il ritorno ai concorsi locali, con una soluzione, secondo le intenzioni ministeriali, che vuole accentuare il ruolo della valutazione «ex post» e con sanzioni per i meno virtuosi. Il bando di concorso, che certifica la disponibilità dei posti banditi sull'organico di ateneo e la loro copertura finanziaria, è emanato dal rettore dell'università interessata. La gara, emanata in due periodi prestabiliti dell'anno, dovrà avere la massima visibilità, sulla Gazzetta Ufficiale e sul sito del ministero dell'università e indicherà il macrosettore disciplinare di riferimento e il numero dei posti a disposizione. Le procedure di valutazione si svolgeranno in due fasi: la prima servirà a recepire il giudizio valutativo della comunità disciplinare nazionale e internazionale, escludendo però l’ateneo che ha bandito il concorso. II ministero sottoporrà la documentazione dei candidati alla valutazione comparativa di revisori esperti che, in maniera indipendente, dovranno fornire un giudizio singolo e anonimo. La seconda fase dovrà invece accogliere il giudizio della comunità accademica interna all'ateneo, nonché della stessa università che si dovrà dotare di una «commissione di reclutamento» formata da rettore e da quattro professori ordinari di ruolo. Sarà essa stessa, esaminando i giudizi espressi da sette revisori, a compilare una graduatoria temporanea e a stilare una lista ristretta dei candidati più significativi. A questi ultimi è richiesto di tenere un seminario pubblico presso l'ateneo sulla loro attività di ricerca. Un elemento in più che si andrà ad aggiungere all'intero complesso delle valutazioni dal quale uscirà la graduatoria finale di merito e il vincitore del concorso, assunto con provvedimento del rettore. Ma le cose non finiscono: ogni ricercatore, assunto a tempo indeterminato, sarà valutato ogni tre anni, dal Miur con il supporto dell'Agenzia. di valutazione. E questo, secondo le intenzioni del ministero, dovrebbe indurre a comportamenti più virtuosi, se non altro per non vedersi sottrarre i finanziamenti. Un provvedimento che però non convince l'Andu, l'Associazione nazionale docenti universitari, che vede nel regolamento ministeriale «l'obiettivo principale di anticipare pesantemente la riforma della governance degli atenei, costituendo la figura del rettore manager-padrone al quale si attribuisce, di fatto, la gestione del potere fondamentale dell'accademia: la scelta dei vincitori dei concorsi. Con questa nuova procedura», ha fatto sapere Nunzio Miraglia, presidente dell'Andu, «si vuole formalizzare del tutto il livello locale che attualmente caratterizza la scelta dei vincitori dei concorsi a ricercatore». ___________________________________________________________ L’Unità 31 Mar.’07 SMONTATA LA LEGGE MORATTI, TORNA L’ISTRUZIONE TECNICA Tra le liberalizzazioni anche l'obbligo a 16 anni. La Cgil: «Assumere 20mila ricercatori» di Massimo Franchi Giornata movimentata per il mondo della scuola e dell'università. Mentre il Senato approvava definitivamente il decreto sugli istituti tecnici contenuto nel pacchetto liberalizzazioni, i sindacati confermavano lo sciopero del 16 aprile (il tentativo di conciliazione è fallito) e in un convegno la Cgil sull'università la Cgil chiedeva l'assunzione di 20 mila ricercatori al ministro Mussi. TORNANO I TECNICI La Moratti voleva mandare in soffitta l'istruzione tecnica, il governo la rilancia. Nel decreto si cancella il liceo tecnologico e si prevede la nascita dei poli tecnologici, ridisegnando l'istruzione secondaria. Con l'innalzamento dell'obbligo di istruzione a 16 anni gli studenti potranno scegliere tra sei licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali. I regolamenti saranno emanati entro il 31 luglio 2008 e dal settembre successivo la riforma andrà a regime. I politecnico professionali si occuperanno anche della formazione post diploma. «Abbiamo usato il cacciavite in modo deciso e appropriato smontando la riforma Moratti e re-impiantando la scuola secondaria», commenta il viceministro Mariangela Bastico. Nel decreto è poi contenuta la normativa sulle donazioni alle scuole. A partire dalle dichiarazioni dei redditi 2008, persone fisiche, imprese e associazioni no profit potranno donare soldi per innovazione tecnologica, edilizia e ampliamento dell'offerta formativa. Si vedrà riconosciute le stesse agevolazioni fiscali previste per le donazioni fatte alle fondazioni. Il decreto non contiene il previsto fondo perequati vo per le scuole che non ricevono donazioni: arriverà con un disegno di legge. «PIÙ RICERCATORI» Nelle stesse ore al convegno della Flc Cgil il segretario Enrico Panini indicava invece le priorità del sindacato sull'università. Assumere 20 mila nuovi ricercatori e stabilizzare gli amministrativi; rivedere il3+2, correggendo il tiro per rendere i titoli più spendibili nel mondo del lavoro; dare più autonomia e risorse agli atenei e favorire il diritto allo studio». Sono le quattro questioni «urgenti»: «Visto che l'economia va meglio - spiega Panini- si può pensare di utilizzare una parte significativa del "tesoretto" per l'università e la scuola e per ridurre la piaga della precarietà». Intanto l'annunciato decreto istitutivo dell'Agenzia per la valutazione del sistema universitario (Anvur) non è stato approvato dal Consiglio dei ministri per la richiesta di ulteriori approfondimenti da parte del ministero dell'Economia. Dovrebbe essere approvato martedì. Niente liceo tecnologico AI via i poli professionali II viceministro Bastico: «Usato il cacciavite...in modo appropriato» ___________________________________________________________ Italia Oggi 31 Mar.’07 DOTTORI DI RICERCA: SI CAMBIA. ATENEI TROPPO AUTONOMI Luciano Modica, sottosegretario all'università, annuncia l'arrivo di nuove regole DI BENEDETTA P. PACELLI Mussi fissa i paletti per i nuovi dottori di ricerca. Perché se una legge per la categoria esiste, ( art. 4 della legge 210J99), è pur vero che contiene in sé pochissime direttive alle quali attenersi e molto é demandato all'autonomia dei singoli atenei. Anche se qualunque intervento per una riforma del dottorato, secondo le linee guida pensate dal sottosegretario all'università e alla ricerca scientifica Luciano Modica che ItaliaOggi è in grado di anticipare, deve fondarsi sul rafforzamento sia dell'autonomia delle università sia sulla qualità,della attività formative. D'ora in, poi, secondo le intenzioni del ministero, la durata dei corsi di dottorato (ora estendibile da 2 a 4 anni a seconda delle università) è fissata in tre anni, anche se dovrà essere possibile discutere la tesi anche dopo quattro anni dall'immatricolazione: Inoltre le nuove norme intendono uniformarsi al-: la definizione che in Europa viene data alla categoria. A livello europeo infatti il dottorando è definito un early stage researcher, (mentre in Italia è in sostanza un semplice studente) che in quanto tale, partecipa ai gruppi e d ai progetti di ricerca. Ecco perché, secondo le ipotesi ministeriali, sarebbe opportuno prevedere specifici finanziamenti di i ricerca, su base competitiva, riservati ai dottorandi e dottori di ricerca. Saranno invece le singole università a dettare le regole per le borse di studio e a decidere in base la loro bilancio quanto risorse destinare, mentre gli attuali fondi ministeriali a ciò destinati confluiranno, senza vincolo di destinazione, nel fondo di finanziamento ordinario, nei cui parametri di ripartizione si dovrà però tener conto dei dottorati di ricerca. L'organizzazione dei corsi di dottorato di ricerca dovrà essere lasciata interamente agli atenei e potrà essere diversa a seconda dell'area disciplinare. Ma le differenti aree disciplinari hanno modelli diversi per formare alla ricerca autonoma: sarebbe quindi opportuno indirizzare gli atenei a concedere a loro volta la massima autonomia possibile nelle scelte formative ' dei differenti corsi di dottorato. Inoltre, per un buon funzionamento di un dottorato di ricerca deve essere garantito un impegno fisso di professori e di ricercatori e un numero minimo di dottorandi: Un altro punto importante è l'istituzione di vere e ampie scuole dì dottorato presso le università. Che potrebbero garantire maggiore stabilità formativa anche con attività trasversali. E sotto la scure dell'attività dei dottorati dovrà cadere la scure della nascente Agenzia di valutazione dell'università e della ricerca che dovrà dedicare particolare attenzione alla valutazione dei risultati del dottorato di ricerca come fonte primaria dì giudizio sulla qualità complessiva di atenei. ___________________________________________________________ Il Messaggero 1 apr. ’07 CATTEDRE AGLI AMICI: 80 BARONI NEI GUAI A BOLOGNA dal nostro inviato SANDRO VACCHI SCANDALO, baroni indagati, dodici concorsi a cattedra probabilmente truccati. Il magistrato che a Bologna ha sulla scrivania le indagini più scottanti sulle cattedre assegnate ad amici e ad amici degli amici, sorride amaro: «Se le ricadute penali saranno quelle che saranno, gli esiti non saranno indolori». Tradotto: in caso di condanne, qualcuno ci lascerà sicuramente la reputazione. Anche se poi i reati commessi fino al maggio dell'anno scorso potrebbero essere "sanati" dall'indulto. Enrico Cieri, sostituto procuratore, abruzzese atletico trapiantato a Bologna, cranio alla Kojak, sa che il ministro Fabio Mussi probabilmente si costituirà parte civile al processo che potrebbe aprirsi a fine estate sui concorsi a gastroenterologia. Un altro filoncino riguarda un concorso a pediatria, la storiaccia è però quella di oculistica, col professor Renato Meduri e la moglie Lucia Scorolii sospettati di aver spedito (o fatto spedire) sette proiettili al nemico di famiglia Emilio Campos. Perché medicina e solo medicina? «Perché la filologia romanza ha scarso rilievo economico» risponde Cieri. «Attorno alle cattedre mediche gira moltissimo denaro. Le aziende farmaceutiche, d'accordo, ma i professori scrivono su riviste specializzate, tengono relazioni, istruiscono i medici generici. Fra tanti buoni professionisti spuntano anche gli opinion leader, insomma». Un conto è che un farmaco sia spinto da chi lo produce, un altro conto che lo faccia un professorone "neutrale". L'inchiesta è partita proprio da quest'attività promozionale legata alla medicina. Quattro anni fa la Finanza scova una serie di fatture false di un'agenzia di viaggi bolognese e comincia a indagare su alcune case farmaceutiche sponsorizzatrici di eventi a uso e consumo di medici. Come da tradizione italica, partono i controlli telefonici: sugli apparecchi di cattedratici, clinici e medici generici. Si scoperchia il solito pentolone puzzolente di questi casi, e altri medici - trombati, traditi, invidiosi, o più semplicemente onesti - cominciano a spedire esposti in Procura. La pentola trabocca: sono dodici i concorsi messi in discussione in tutt'Italia e un centinaio i dottori indagati. L'indagine sulle fatture "allegre" è stata stralciata, una serie dì persone rinviate a giudizio. Rimane aperto il filone che riguarda i rapporti fra medici e aziende farmaceutiche (l'ipotesi di rea to è l'appropriazione indebita) e, soprattutto, i concorsi (abuso di atti d'ufficio). Un'ottantina abbondante i medici e i professori universitari coinvolti, soprattutto di gastroenterologia. Fra loro, Ettore Bartoli, barone universitario a Novara, definito in più intercettazioni il "burattinaio" dei concorsi. Altro indagato eccellente è Roberto Corinaldesi, titolare di Clinica medica a Bologna e medico curante del rettore dell'università, Pier Ugo Calzolari. Proprio il rettore l'ha delegato a occuparsi dei problemi dell'ateneo presso la Regione. In ogni caso, anche Calzolari è indagato per abuso d'ufficio nell'inchiesta sui concorsi truccati, non solo a Bologna, ma anche a Verona e a Brescia. Con lui, indagata la preside di Medicina, Maria Paola Landini, promossa da poco, dal ministro Livia Turco, al Consiglio superiore della sanità. Il polverone toglie il respiro, e anziché diradarsi si infittisce col passar del tempo. Ad esempio, Stefano Brillanti, ricercatore di gastroenterologìa, ha denunciato per abuso di atti d'ufficio Franco Bazzoli, altro gastroenterologo del Sant'Orsola: a un concorso per associato un anno fa a Verona - lo accusa - ha votato per il suo allievo e pupillo Rocco Zagari, che avrebbe una produzione scientifica molto inferiore alla sua. La produttività, i titoli di merito. La vicenda non è dissimile da quella degli oculisti, che oppone i coniugi Renato Meduri e Lucia Scorolli al professor Emilio Campos, costretto fino a pochi giorni fa a muoversi sotto scorta dopo che a casa sua e dell'anziana madre erano stati recapitati dei proiettili. Scartata subito la pista razzista (Carnpos è ebreo), quasi altrettanto scartata quella massonica, ben presto è spuntata la pista professionale. Anche in questo ca so intercettazioni telefoniche, Meduri che minaccia di farla pagare al collega geloso - a suo dire - dei successi professionali della sua bionda e bella consorte, e quindi intervenuto sulla commissione per farla bocciare. Una commissione che, per votare un ricercatore a Bologna, s'è riunita a Bari. Strano per tutti, ma il professor Carlo Sborgia, docente di oftalmologia nel capoluogo pugliese, non poteva spostarsi per motivi di salute. Così, tutti giù in Puglia, compreso Meduri che non c'entrava niente con la commissione che doveva esaminare sua moglie. Sarebbe andato solo per mettere l'ultima, buona parola, proprio con Sborgia, commissario scelto dall'università di Bologna. Cioè da lui che aveva lanciato il concorso. L'amico, poi, non s'è rivelato tale: la dottoressa è stata fatta fuori, Meduri ha minacciato Campos, al quale qualcuno ha mandato dei proiettili. E' stato lui a far bocciare la nemica moglie del suo nemico? Meduri ne è certo, al punto di sostenere che il profilo del candidato ricercatore è stato cambiato a concorso avviato. «Campos ha conosciuto per primo l'esito del concorso» sbotta il difensore dì Meduri, l'avvocato Mario Giulio Leone, espertissimo della Bologna dai poteri condivisi fra università, Chiesa e Pci-Ds: «Questa è la patria del ragù. Qui andavano d'accordo il sindaco Dozza e il cardinale Lercaro. Salvo poi diventare nemici in certi momenti topici». Hanno spiegato i cinque commissari d'esame al sostituto procuratore Cieri: «La Scorolli è un eccellente chirurgo, ma il suo profilo è inferiore a quello di altri candidati per quanto riguarda la ricerca e l'insegnamento». Chiosa finale del magistrato: «Certe situazioni sobbollono per anni, poi emergono quando non sono più contenibili». ___________________________________________________________ Il Messaggero 27 Mar.’07 CATTEDRE, SU MISURA PER PROFESSORI CHE NON HANNO I TITOLI di ANNA MARIA SERSALE I BARONI universitari hanno un privilegio supremo: l'immortalità accademica. Neppure le sentenze riescono a scalfire le loro poltrone. Gli effetti concreti dell'intervento della magistratura sono limitati. Se non totalmente inutili. La razza barona gode dell'impunità. Roberto Tomei ne è una vittima. AL suo concorso ha vinto uno che non aveva i titoli in regola. «Ho fatto ricorso - racconta - e il Consiglio di Stato mi ha dato ragione, questa ragione è stata calpestata. I giudici hanno imposto alla commissione di annullare la prova e di rifarla, riconsiderando tutto. 11 posto da associato era andato a uno che non aveva mezza pubblicazione. Aveva presentato come titoli articoli e fogli dattiloscritti che nei suoi piani sarebbero diventati un libro, ma quando? Si possono valutare cose che non esistono? Nei concorsi universitari del Belpaese pare proprio di sì. Ma poi, con una serie di espedienti burocratici, la commissione ha rinviato il riesame, finche, per scadenza dei termini, è decaduta. Ne è stata nominata un'altra. Ancora silenzio, sul caso Tomei nulla. Quando ho chiesto un commissario ad acta, era il gennaio 2006». Roberto Tornei ha titoli e pubblicazioni di rilievo, è un esperto di Diritto amministrativo. Aveva partecipato al bando per associato all'università del Molise. In ballo c'erano tre idoneità e due posti. Ma la vera "lezione mafiosa" che viene a galla da questo caso é un'altra. «Eravamo rimasti in due - continua Tomei - Alla fine c'ero io e il vincitore senza i requisiti. Ebbene, pur di non dare a me il posto libero hanno lasciato la cattedra vacante. Già, chi fa ricorso è bollato per sempre. La "legge" è che non passa chi si mette contro le lobby. La sentenza di Palazzo Spada l'hanno buttata nel dimenticatoio, ma non mi arrendo. Contro questi metodi da Basso Impero ho presentato un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato per "elusione del giudicato"». Trentacinque anni di ruolo, ventisette di cattedra, otto di senato, centinaia tra articoli e volumi, questo il biglietto da visita di Cosimo Loré, ordinario a Siena di medicina legale. «II meccanismo è molto semplice- sostiene -e poggia su un sistema omertoso. C'è chi entra in commissione e accetta il principio di non vedere, non sentire e non parlare. Dietro c'è uno scambio di favori e ricatti. Spesso a decidere è il capo della commissione». Loré ha bussato alle procure toscane e pugliesi, ma anche di altre regioni. Insieme a pochi altri è diventato il paladino di chi è stato schiacciato dai concorsi-farsa. Tra poco partono i processi penali e Loré si augura che «nessuno si nasconda». A Bologna per un posto di oftalmologia al Sant'Orsola per poco non si sono ammazzati. Ci sono state pesanti minacce ai commissari. E perfino un proiettile mandato per posta a uno che stava per smascherare la manovra: Dopo gli arresti la Digos indaga. «Tutti dicevano che il concorso era fatto su misura per la moglie di un primario», racconta Theodora Hadjistilianou, di nazionalità greca, da trent'anni in Italia, una delle concorrenti, che per titoli scientifici poteva piazzarsi al primo posto. «Sono stata sentita come persona informata dei fatti - spiega la Hadj istilìanou - Eravamo una decina di concorrenti, poi, come al solito, molti si sono ritirati, Sono andata da un avvocato, ma non ho ancora presentato denuncia. Mi sono detta che forse è meglio restare ricercatrice, lo sono da quindici anni, piuttosto che essere giudicata da una commissione del genere e vincere un concorso sporco. Non è escluso che venga tutto annullato. Intanto continuo il mio lavoro al Centro dei tumori agli occhi, dove curo molti bambini». L'inchiesta, che ha preso le mosse dall'Università più antica d'Italia, ha fatto venire a galla anche i metodi da Cosa Nostra che girano negli ambienti dei concorsi. Mister X ha una specializzazione? Bene, il concorso si taglia e si cuce sulla sua specializzazione, che, guarda caso, avrà massima importanza. E' una prima mossa per mettere fuori gioco gli altri sfidanti. Poi? Beh. al resto pensa il burattinaio, F l'uomo che trama nella commissione, già addomesticata con nomine pilotate, che fa circolare il santino. Che roba è?Il curriculum del predestinato, del prescelto, quello che la lobby della materia, da agraria a medicina, da lettere a architettura, da fisica a ingegneria, ha deciso di mettere in cattedra. Ma perché i baroni hanno tanto interesse a difendere Tizio piuttosto che Caio? Semplice, dietro la spartizione delle cattedre ci sono interessi vorticosi: si va dal controllo urbanistico alle commesse che piovono nelle mani di chi vanta un blasone accademico, si va dalle carriere fatte fuori delle aule universitarie, nei policlinici, negli studi di grido. a suon di parcelle da capogiro, fino alle consulenze d'oro fatte per politici e ministri, per presidenti di regione e sindaci. I baroni universitari tessono rapporti con gli uomini dei Palazzi, con chi ha le leve del potere e spesso finiscono per fare l'ultimo balzo con un posto in Parlamento. Ma anche certi gruppi industriali pilotano le cattedre. Sono gli inquirenti a spiegare che cosa accade dietro le quinte. Ovviamente nessuno generalizza, ci sono cattedratici la cui attività è esemplare. La mala università, però; dilaga. «Il non riguarda soltanto medicina o altre facoltà che hanno una spiccata vocazione professionale. Anche i concorsi di fisica sono manipolati», la denuncia è di Mario Gaspero, un fisico delle particelle elementari, che ha dato il maggiore contributo ad una importante scoperta. «Ho tentato più volte, ma - sostiene - ci sono sempre stati dei concorrenti più "meritevoli". Non c'è trasparenza, nella maggior parte dei casi tutto resta nel chiuso delle commissioni e gli atti non vengono pubblicati. Però una cosa è chiara: facendo la correlazione fra vincitori e commissari risulta sempre vincitore chi ha collaborato con uno dei commissari. Gli altri, anche pur avendo meriti comparabili o superiori, sono stati trombati». Antonella Fioravanti è una reumatologa. Il suo concorso per un posto da associato e bandito a Siena è nel mirino della magistratura. «Avevo fiutato delle irregolarità, avevo capito che stava succedendo qualche cosa di poco chiaro - afferma - Alla fine mi sono trovata in mano prove scottanti e ho presentato un esposto denuncia. Non posso dire di più perché ora tutto è coperto dal segreto istruttorio. II magistrato si è reso conto che le cose che avevo raccolto avevano un fondamento. Ha mandato carabinieri e polizia il giorno delle prove. II blitz ha portato al sequestro delle carte e dei computer. Il processo inizierà il 5 maggio. Il bando era uscito nel 2005, sulla bocca di tutti girava il nome del vincitore. Nel bando erano stati inseriti requisiti ad hoc per agevolare il prescelto e che poi servivano per la chiamata in servizio. Il posto è uno ma gli idonei sono due. Sono andata dal magistrato ma c'è molta gente che subisce, hanno paura dell'ostracismo, si sa che chi denuncia, chi fa ricorso, chi vuole smascherare il sistema dei concorsi pilotati, poi viene escluso senza più speranze». «Ma la cosa più assurda - sostiene ancora la Fioravanti - è che il concorso è andato avanti, nonostante il sequestro, come se nulla fosse stato. Quello di cui si diceva ha vinto e ora è in servizio. Molti degli sfidanti erano stati scoraggiati prima delle prove, e invitati a mollare». Il ritornello è il solito, qualcuno gli dice al telefono che tanto «non ci sono chance». Perquisizioni e sequestri anche a Bari, dove è stata avviata un'altra inchiestona. Riguarda cinque concorsi per docente di medicina interna di prima e seconda fascia, banditi da diverse università italiane. I magistrati hanno sguinzagliato i carabinieri, che hanno svolto ispezioni in abitazioni, cliniche e studi professionali. Le città coinvolte sono Milano. Novara, Palermo e Foggia. Sono finiti nel registro degli indagati dieci docenti di medicina interna, ai quali i pm hanno contestato i reati di «associazione per delinquere, abuso d'ufficio e falsità ideologica». Sarà l'inchiesta a fare luce su una serie di fatti inquietanti. Che cosa sostiene l'accusa? «I componenti della commissione decidevano, prima delle prove, chi avrebbe vinto il concorso, abusando del loro ruolo per spianare la strada ai loro favoriti e attestando il falso nei verbali delle prove d'esame». Chi ha presentato la denuncia ha dimostrato di conoscere molto bene i retroscena su cui ora s'indaga. Morale, ì modi mafiosi e l'arroganza di chi vuole calpestare ogni regola è tale che all'esterno gli addetti ai lavori sono informati delle trame per controllare le cattedre. Ma il muro del silenzio, finalmente, sta per essere rotto e sempre più spesso gli esclusi tentano la strada del ricorso. ORDINARI 19.275 E' il numero dei docenti ordinari di ruolo calcolati a gennaio 2006 ASSOCIATI 18.966 Sono gli associati calcolati a gennaio dello scorso anno, poco più alto, 22.010, il numero dei ricercatori TOTALE 60.251 E' il totale dei docenti di ruolo, associati e ricercatori La fascia d'età più numerosa è quella tra i 55 e i 59 anni ___________________________________________________________ Il Giornale 1 Apr.’07 L'UNIVERSITÀ AZZOPPATA DALLA SINISTRA Gaetano Quagliariello La politica dell'università, non meno della politica nell'università, dal 1968 in poi hanno rappresentato la testa di ponte dell'egemonia culturale della sinistra in Italia. Per due ragioni di fondo, tra esse complementari. Attraverso il reclutamento dei docenti, soprattutto nelle materie umanistiche, la logica accademica vigente ha fin qui garantito la trasmissione di una, cultura quasi immobile (Calvino avrebbe parlato di «grande bonaccia»), per lo più impermeabile al merito e a quel confronto tra interpretazioni differenti che è il sale della ricerca scientifica. Ancora in troppi ambiti del sapere, per fare carriera universitaria, l'essere di sinistra rappresenta un indispensabile visto d'ingresso nella corporazione. E laddove ciò non conta è perché quel visto è surrogato dal nepotismo e, da ultimo> dal localismo: peggio che andar di notte. A questa realtà ha fatto da pendant la subcultura diffusasi tra gli studenti. Essi senza soluzione di continuità si sono mobilitati affinché l'università. resti esclusivamente nelle mani del pubblico; si chiuda ermeticamente alle logiche del mercato e al contributo proveniente dal mondo del lavoro; sia assicurata a tutti - e non soltanto ai migliori - a costi irrisori. L'università, insomma, è stata intesa come un diritto da pagare meno del pacchetto di sigarette giornaliero, e non una conquista per i più meritevoli. Questa deriva ha fatto sì che gli studenti fossero permanentemente mobilizzati contro il proprio futuro. Con la benedizione della classe accademica che, anche grazie a quella mobilitazione permanente, ha potuto mantenere il proprio potere immobile, all' ombra di un po' di retorica sinistrese e di qualche slogan politicamente corretto. Come spesso accade nella vita, a lungo andare le conseguenze di un atteggiamento di chiusura producono intenzionalmente conseguenze contrarie a quelle che si auspicherebbero coloro i quali lo perpetuano. Una parte della classe accademica avrebbe voluto conservare l'egemonia della cultura di sinistra. Ma il suo provincialismo ha provocato un tale fenomeno di sclerosi che oggi la crisi di quella cultura, in Italia non meno che in Europa, è sotto gli occhi di tutti. E paradossalmente la classe accademica è attaccata, seppure attraverso i soliti stilemi moralistici, innanzitutto dai rotocalchi della sinistra. Gli studenti, dal canto loro, coltivando il mito della massificazione e dell' uguaglianza hanno nei fatti contribuito a edificare quanto di più classista si sarebbe potuto immaginare. Perché oggi nelle nostre università degradate ci vanno i figli dei poveri cristi, anche se bravi e volenterosi. Mentre nelle scuole d'eccellenza dove le rette sono incredibilmente alte o, più spesso, all'estero, ci vanno i figli dei ricchi, anche se sono «delle capre». Qualche anno fa mi é capitato d'insegnare a Science Po a Parigi e, nel compulsare l'elenco degli studenti italiani, mi sembrava di sfogliare l'ultima pagina dell'album di famiglia del salotto buono della sinistra. D'allora, sotto questo aspetto, la situazione è persino peggiorata. Nella scorsa legislatura, come ho potuto, ho dato una mano al ministro Moratti che, attraverso la riforma dello stato giuridico dei docenti, ha coraggiosamente avviato un timido cambiamento. Successe l'apocalisse. Non soltanto si dovette subire l'opposizione sorda delle burocrazie e di uno schieramento trasversale arroccato in Parlamento. Alla fine giunsero immancabili le occupazioni e i cortei degli studenti, benedetti da rettori e presidi. Allora, nonostante tutto ciò, qualcosa si mosse e sono tanti oggi i coccodrilli che piangono lacrime amare perché quel tempo e quel ministro sono passati. Resta, dunque, il dovere di andare avanti sulla stessa strada. La proposta di legge, presentata qualche giorno fa in Senato da Forza Italia, prova a farlo. Essa è fondata su quattro capisaldi: tutelare l'autonomia effettiva contro la sua degenerazione localistica; parificare il sistema pubblico e privato; sviluppare la meritocrazia garantendo ai migliori di avanzare indipendentemente dal reddito; fondare il rapporto tra atenei sulla concorrenza anziché sull'accordo al ribasso, per stimolare l'intero sistema della ricerca e della didattica. Tutto ciò porta a stabilire che in tre anni si possa giungere all'abolizione del valore legale del titolo di studio. In tal modo, quando si entrerà nel mondo del lavoro, si sarà giudicati per le proprie competenze e non per un pezzo di carta. E le cittadelle del sapere perderanno la rendita di posizione che deriva loro dal dispensare titoli. Se vorranno contare, dovranno difendere la propria reputazione reclutando i docenti migliori e non degli asini patentati purché di parte o perché cresciuti all'ombra del campanile. ___________________________________________________________ Il Mattino 28 Mar.’07 FORMAZIONE TELEMATICA A DISTANZA L’E-LEARNING È IN CRESCITA COSTANTE In Italia la spesa complessiva per l'attività di e-learning, alla fine del 2006, è stata pari a 479 milioni di euro, con un aumento del 16,2% rispetto all'anno precedente. Il dato è contenuto nella ricerca "Osservatorio e-learning 2006" svolta da Aitech-Assinform con il Cnipa - Centro Nazionale per l'Informatica, e conferma lo sviluppo dell'e-learning nel nostro paese. Le imprese, la pubblica amministrazione, la scuola e l'università sono i settori che, nel 2006, hanno investito di più in questa innovativa modalità didattica, basata sulla formazione a distanza pervia telematica. Al primo posto, infatti, vi sono le aziende che, lo scorso anno, hanno investito 373,6 milioni di euro sui 479 complessivi. I beneficiari di tale formazione sono stati più i quadri che i dirigenti. Tra le aree tematiche trattate nei corsi di e-learning troviamo, al primo posto, il campo informatico - telematica (30,77%), seguito da quello giuridico - normativa (15,38%), linguistico (14,10%), tecnico specialistico (10,26%) ed organizzazione e personale (7,69%). Per quanto riguarda l'ambito accademico, le università che forniscono l’e- learning sono passate dall'85% del 2005 al circa 92% del 2006. Tra gli elementi di successo riscontrati nell'attuazione di questo nuovo progetto formativo figurano il supporto ai docenti, la qualità dei contenuti, dell'istruzione e delle tecnologie. Vi sono peraltro ancora numerosi ostacoli, come la diffidenza, la mancanza di gratificazione e gli alti costi di investimento. Dall'indagine emerge anche l'interesse crescente verso l’e-learning da parte del mondo della scuola. Oltre il 70% dei docenti è favorevole all'uso di Internet per scopi didattici; il60% ne fa già uso o incoraggia gli studenti a farlo. Nel settore della pubblica amministrazione, infine, nonostante l'aula continua a farla da padrone, sono aumentati i dipendenti coinvolti in questo tipo di formazione. Sono passati da 20 mila nel 2005 a più di 30 mila ne12006. L'area tematica maggiormente sviluppata è quella 'informatico-telematica'. I sistemi operativi di un gestore di telefonia ___________________________________________________________ TST 28 Mar.’07 PERCHÉ CI PIACE LA MUSICA MA ODIAMO TUTTI SCHONBERG Il nostro cervello sembra progettato per apprezzare solo le composizioni tonali Queste interagiscono con i neuroni del piacere. Le dissonanze della dodecafonia sono rumore Quando al ristorante sentite un malaugurato impulso ad ordinare il cibo più costoso o una bottiglia di Chateaux Lafite, la colpa è probabilmente di Mozart. Nei locali in cui la cena è accompagnata da un sottofondo di musica classica, i clienti tendono - come ha dimostrato uno studio dell'Università di Leicester - a sentirsi raffinati e a spendere di più per essere in sintonia con questa nuova immagine di loro stessi. Mozart, Bach, Beethoven e Chopin funzionano benissimo anche nelle enoteche, dove, secondo la Texas Tech University, fanno aumentare del 250% la propensione all'acquisto di bottiglie importanti. Fino dai tempi della preistoria la musica influenza il nostro comportamento e determina nel cervello reazioni prevedibili e verificabili, ma non ancora del tutto chiare e molto più complesse della scelta di un vino. La quantità di informazioni contenuta in poche decine di secondi di musica equivale a quella di un libro di centinaia di pagine come «Guerra e Pace», ma la nostra mente non mostra alcuna fatica nell'elaborarle e comprenderle. L'idea che la musica ci piaccia semplicemente perché aggrega persone per similitudine, in una sala da concerto o da ballo, o in un battaglione di soldati che va in guerra al suono di una fanfara, è stata ormai messa da parte dalle più recenti ricerche della neuroscienza, che hanno evidenziato come il cervello abbia una particolare predisposizione all'ascolto di suoni organizzati in un modo coerente e armonico. L'orecchio umano è un organo complesso, ma tutto sommato povero rispetto a quelli degli altri sensi: contiene, ad esempio, solo 3500 cellule ciliate, contro i 100 milioni di foto ricettori dell'occhio. Eppure, quando le onde sonore vengono elaborate e trasmesse alla corteccia uditiva, numerose aree del cervello sono coinvolte nell'elaborazione del loro significato. Non si tratta solo di distinguere un tono acuto da uno basso, un ritmo veloce da uno lento. Quello che avviene nel cervello è sorprendente, poiché le aree coinvolte sono esattamente quelle dei centri del piacere: ascoltare una sinfonia produce gli stessi effetti di soddisfazione e di emozione che mangiare cioccolato, fare l'amore o assumere cocaina. Non solo: i neuroni sembrano essere stati programmati per reagire in modo diverso all'ascolto di un singolo tono a seconda della sua collocazione nella melodia. La reazione ad un fa, un re, un si bemolle, è diversa, se percepita in un contesto ascendente (dai toni più bassi a quelli più alti) rispetto ad un contesto discendente o più complesso. Alcuni libri usciti di recente («Armonia celeste e dodecafonia», di Andrea Frova, BUR; «Perché ci piace la musica», di Silvia Bencinelli, Sironi Editore, «Psicologia della musica», di Shon, Akiva-Kabiri, Vecchi, Carrocci Editore) e un lungo articolo su «Scientific American» sembrano arrivare alla conclusione che la musica non è una invenzione dell'uomo, ma la scoperta di uno straordinario e misterioso aspetto della sua stessa natura. Andrea Frova, in particolare, sostiene con solidi argomenti che è a causa della struttura del nostro cervello che la musica dodecafonica del Novecento non piace quasi a nessuno. I compositori che hanno rotto gli schemi classici e tonali hanno anche creato una frattura con chi ascolta; uscendo dallo spettro armonico riconoscibile dai nostri neuroni. Se la musica sfugge la forma adatta agli schemi cerebrali, la percepiamo insomma come un qualunque fastidioso rumore. Un esperimento condotto con tomografia ad emissione di positroni ha dimostrato come gli accordi consonanti attivino l'area orbitofrontale dell'emisfero destro, insieme con un'area del corpo calloso; gli accordi dissonanti attivano un'altra parte del cervello, il giro dell'ippocampo, che ce li fa percepire come sgradevoli e stridenti. Poiché la musica è essenzialmente geometria e matematica applicata ai suoni, quella che percepiamo come gradevole ha un rapporto semplice fra le frequenze di due toni. Il do centrale della tastiera di un pianoforte vibra a circa 260 hertz e forma con il sol centrale (390 hertz) l'accordo perfetto di quinta. Il rapporto fra le due frequenze è di 2 a 3 e ci risulta molto gradevole. Se sul pianoforte premiamo invece contemporaneamente il tasto del do e quello vicino nero del do diesis (277 hertz), il rapporto fra i due sarà di 17 a 18, per nulla armonico. Tutto questo lascia pensare che un computer, opportunamente istruito sulle caratteristiche del nostro cervello e sullo spettro tonale entro il quale muoversi, potrebbe comporre musica gradevole, utilizzando semplici rapporti matematici. In fondo, anche Béla Bartók aveva provato a comporre musica seguendo la serie numerica di Fibonacci, e Claude Debussy aveva scritto composizioni (La Mer e Cathédrale Engloutie), servendosi della sezione aurea, come hanno fatto più tardi i Genesis e i Deep Purple. Ma non è così semplice. Secondo Claude Levy-Strauss, la musica resta il supremo mistero della mente umana e ne abbiamo solo scalfito la superficie . Nei ristoranti dove si diffonde musica classica si tende a ordinare vini costosi TUTTE LE NOTE VANNO SUONATE PRIMA DI RIPETERNE UNA La musica dodecafonica fu sviluppata da Arnold Schónberg (Vienna, 13 settembre 1874 – Los Angeles, 13 luglio 1951) rompendo la tradizione della musica tonale. Le sue composizioni sono basate su una sequenza di tutte le 12 note di cui è composta una ottava del pianoforte (sette tasti bianchi e cinque neri), mentre i compositori classici ne usavano soltanto alcune a seconda della tonalità in cui era scritto il pezzo. II suo metodo, che comportava la regola in base alla quale nessuna nota poteva essere ripetuta se prima non erano state suonate tutte le altre, fu molto avversato dal pubblico ed osannato da altri musicisti, come i suoi allievi Alban Berg (1885-1935) e Anton Webern (1883-1945). Prima di Schónberg, le 12 note erano state usate consecutivamente soltanto da Mozart nel «Don Giovanni», per esprimere in una frase del Commendatore («Non si pasce di cibo mortale...) la dimensione ultraterrena della sua apparizione in forma di statua. ___________________________________________________________ TST 28 Mar.’07 LA BARRIERA INSORMONTABILE: I DODICI TONI Oltre 45 mila anni fa, in Slovenia, un uomo di Neanderthal rigirava fra le mani il femore di un orso. Vi erano stati praticati dei fori in modo da farne un flauto e la distanza fra le aperture era tale da permettere di suonare note separate da toni e semitoni, come in un flauto moderno. Alcuni studi sostengono che gli uomini di Neanderthal non furono antenati diretti della nostra specie, ma un sorta di cugini, evolutisi da un progenitore comune. Eppure - a quanto pare - avevano gusti musicali molto simili ai nostri. Basta tutto ciò per asserire che il gusto per la musica è legato a geni che ci porteremmo dietro addirittura da prima che comparisse la nostra specie? In realtà no, ma il sospetto è legittimo. E cresce il numero dei ricercatori interessati a scoprire perché gli esseri umani sono così legati alla musica. AL punto che non si conosce nessuna civiltà che ne abbia fatto a meno e, quando devastanti malattie come l’Alzheimer portano a cancellare nomi e volti, l'ultimo ricordo a resistere è invece quello di una melodia. «II rapporto degli esseri umani con la musica è influenzato dall'ambiente ed è variabile. Per questo non è facile trovare una caratteristica chiara su cui concentrarsi per studiare il rapporto fra geni e musica. Per ora, i ricercatori hanno puntato l'attenzione su aspetti particolari, come l'orecchio assoluto», dice Giovanni Romeo, professore di genetica medica all'Università di Bologna. L'orecchio assoluto è la capacità riconoscere una nota isolata. Sembra che appena una persona ogni 10 mila sia in grado di farlo. La gran parte di noi riconosce esclusivamente gli intervalli fra i suoni e riesce a dare un nome a un nota solo se ne ha un'altra come punto di riferimento. Questa capacità rappresenta un rebus per i genetisti: sembra essere più comune fra gli asiatici che fra gli occidentali, ma questo potrebbe non essere dovuto al Dna, ma al fatto che in Oriente il sistema educativo punta a sviluppare la capacità di riconoscere le note isolate. Oggi molti ricercatori ritengono che per avere un orecchio assoluto sia necessaria una combinazione di fattori genetici e ambientali. Ma perché la nostra specie avrebbe evoluto un gene in grado di conferire una caratteristica così curiosa? Un'ipotesi è stata avanzata dai ricercatori canadesi Daniel Levitin e Susan Rogers: hanno suggerito che a dare un vantaggio evolutivo sia non la capacità di riconoscere una nota isolata, bensì l'ottima memoria per i suoni che essa comporta e che permetterebbe di captare le alterazioni nella voce delle persone, indovinandone lo stato d'animo. Ma agli antipodi dell'orecchio assoluto vi è un'altra caratteristica: l’amusia, l'incapacità di distinguere note e intervalli fra i toni, un impedimento che vieta di apprezzare la musica. Può comparire in seguito a un danno cerebrale, ma spesso è presente dalla nascita e una ricerca sui gemelli indica che all'origine ci sia un difetto genetico. A questo punto occorre chiedersi che cosa intendiamo per musica: un tema sul quale gli esseri umani mostrano un'identità di vedute straordinaria. «Le regole di consonanza e dissonanza tra i suoni, infatti, sono conosciute in Occidente già dai tempi di Pitagora, ma probabilmente i cinesi le avevano scoperte addirittura prima. Possiamo dire che due note sono consonanti quando i massimi delle loro onde sonore si sovrappongono con frequente periodicità. In caso contrario il suono è dissonante», spiega Andrea Frova, professore di fisica all'Università di Roma La Sapienza. Un altro aspetto che puo’ sembrare sorprendente è il fatto che tutte le culture basano le proprie musiche su una divisione delle frequenze sonore in ottave. Gli occidentali dividono poi l'ottava in 12 fra toni e semitoni (i tasti bianchi e neri del pianoforte). Altri popoli utilizzano scale con meno di 12 toni, ma nessuno ne ha un numero più alto. All'origine di un simile accordo ci sarebbe la difficoltà da parte del cervello nel processare un numero di toni superiore. «La nostra struttura cognitiva sembra essere alla base anche della preferenza verso gli accordi consonanti. Essi producono treni di onde sonore che si ripetono regolarmente e il cervello può analizzarli con poco sforzo. AI contrario gli accordi dissonanti producono treni di onde sonore disordinati», continua Frova. Insomma, i suoni dissonanti ci parrebbero innaturali, cosa che non stupisce, visto che ci siamo evoluti per riconoscere la voce umana, che è naturalmente armonica. «Ed ecco perché, allora, certe forme di musica sperimentale non hanno mai riscosso successo».[B. G.] RUOLO: E' professore di Fisica Generale e docente di Acustica Musicale all'Università la Sapienza di Roma LIBRI: «Armonia celeste e dodecafonia. Musica e scienza attraverso i secoli» Rizzoli e «Fisica nella musica» Zanichelli L'orecchio assoluto» è una combinazione di geni e ambiente ================================================================= ______________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 31 mar. ’07 BATTESIMO PER L'AZIENDA MISTA ECCO IL NUOVO POLO DELLA MEDICINA Nei prossimi giorni verra nominato il direttore: Soru e Mistretta lo sceglieranno insieme Jacopo Norfo j acopo. norfo @epolis.sm ?¡ L'anno zero e cominciato ufficialmente ieri: la nuova azienda mista ospedaliero-universitaria ha il via libera della giunta regionale, che l'ha istituita con una delibera. Dopo anni di ostacoli burocratici, la geografia dei servizi medici in citta e pronta a cambiare. E il battesimo di ieri ha visto seduti allo stesso tavolo il presidente Soru, il rettore Mistretta, gli assessori Dirindin e Salerno insieme al manager dell'Asl Gumirato. Due saranno le sedi del nuovo ente: il policlinico di Monserrato e il San Giovanni di Dio. Ma e proprio Monserrato che e destinato a diventare il cuore nevralgico della sanita cagliaritana, inglobando gran parte dei servizi ospedalieri esistenti. Verranno invece liberati i locali della clinica pediatrica Macciotta, che torneranno nelle mani dell'Universita che potra cosi destinarli in futuro alle sue attivita. Ma solo quando sara completata la grande struttura in fase di realizzazione al policlinico. ?áNon lo chiameremo piu cosi- ha detto il rettore Mistretta- di fatto il policlinico sara azzerato con la nascita di un'altra struttura da settecento posti letto. Si conclude cosi un lungo percorso cominciato otto anni fa: nel nuovo padiglione di Monserrato andranno anche il servizio materno-infantile, la clinica ostetrica e il complesso attuale del Macciotta. A disposizione dell'azienda mista ci saranno pure i parcheggi del policlinico. Si tratta di un protocollo ottimo sia per i medici che per i docenti e i ricercatori dell'ateneo ?â. In sostanza cosa Battesimo per l'azienda mista ecco il nuovo polo della medicina qNei prossimi giorni verrà nominato il direttore: Soru e Mistretta lo sceglieranno insieme Jacopo Norfo j acopo. norfo @epolis.sm ? L'anno zero è cominciato ufficialmente ieri: la nuova azienda mista ospedaliero-universitaria ha il via libera della giunta regionale, che l'ha istituita con una delibera. Dopo anni di ostacoli burocratici, la geografia dei servizi medici in città è pronta a cambiare. E il battesimo di ieri ha visto seduti allo stesso tavolo il presidente Soru, il rettore Mistretta, gli assessori Dirindin e Salerno insieme al manager dell'Asl Gumirato. Due saranno le sedi del nuovo ente: il policlinico di Monserrato e il San Giovanni di Dio. Ma è proprio Monserrato che è destinato a diventare il cuore nevralgico della sanità cagliaritana, inglobando gran parte dei servizi ospedalieri esistenti. Verranno invece liberati i locali della clinica pediatrica Macciotta, che torneranno nelle mani dell'Università che potrà così destinarli in futuro alle sue attività. Ma solo quando sarà completata la grande struttura in fase di realizzazione al policlinico. «Non lo chiameremo più così- ha detto il rettore Mistretta- di fatto il policlinico sarà azzerato con la nascita di un'altra struttura da settecento posti letto. Si conclude così un lungo percorso cominciato otto anni fa: nel nuovo padiglione di Monserrato andranno anche il servizio materno-infantile, la clinica ostetrica e il complesso attuale del Macciotta. A disposizione dell'azienda mista ci saranno pure i parcheggi del policlinico. Si tratta di un protocollo ottimo sia per i medici che per i docenti e i ricercatori dell'ateneo ». In sostanza cosa cambierà da domani? A chiarirlo è stata l'assessore Dirindin: «Non cambierà niente per gli operatori sanitari, ma inseguiremo l'unità strutturale e logistica. Didattica, ricerca e medicina dovranno viaggiare di pari passo e vengono fuse nell'azienda mista. L'obiettivo finale è garantire i migliori livelli di efficienza ». LA VERA SVOLTA allora sembra riguardare i lavoratori precari, sie medici che infermieri, che verranno stabilizzati proprio grazie alla nascita dell'azienda mista. «I lavoratori sono al centro di questo progetto- ha detto Renato Soru- a dimostrazione che questa è un'altra riforma importante portata avanti dalla Regione senza alcun costo per chi lavora. Anzi qui siamo di fronte a una crescita dei servizi sanitari che sarà dimostrata nel tempo». E adesso scatterà il toto direttore: «Verrà nominato nei prossimi giorni- ha chiarito Soru- con un'intesa tra Regione e Università. Per ora c'è un elenco di nomi, che stiamo valutando ». E il favorito resta il preside del Siotto Ninni Murru, anche se nessuno ha ancora mai fatto ufficialmente il suo nome. Ma proprio il direttore dell'azienda mista dovrà poi designare i capi dei dipartimenti, e fare una ricognizione del personale in base alle attività da svolgere. Fermo restando che i dipendenti avranno in mano un'opzione per scegliere se passare nell'organico dell'azienda mista. Intanto il San Giovanni di Dio conserverà il suo pronto soccorso e alcuni servizi essenziali come la diabetologia. I pazienti dovranno abituarsi, ma la macchina organizzativa si è solo appena messa in moto. ______________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 29 mar. ’07 IL SAN GIOVANNI DI DIO: CITTÀ UNIVERSITARIA Resterà ospedale fino a che a Monserrato non si costruirà il blocco per altri 250 letti - Ma ogni scelta dovrà passare al vaglio del consiglio regionale CAGLIARI. Domani la giunta regionale non delibererà la nomina del direttore generale dell'azienda mista, ma si marcia lo stesso verso la costituzione del nuovo organismo. La nomina è sospesa: in questi giorni il congresso della Margherita assorbe tutto e tutti, appena finito si delibererà. Intanto l'Università lavora al trasloco di maternità e pediatria al blocco Q del policlinico e la città s'interroga sul San Giovanni. Per ora resta ospedale: 250 posti letti non troveranno spazio a Monserrato fino a quando non ci sarà l'edificio ancora da progettare, finanziare e approvare in consiglio regionale. L'ipotesi con la quale ci si muove attorno all'azienda mista è questa: tutte le attività dell'ospedalone universitario dovranno essere concentrate a Monserrato. Ma per dare corpo all'idea ci sono tappe precise. La prima: allargare gli spazi di Monserrato. Al momento neppure il blocco Q è finito: la chiusura del cantiere è imminente, ma c'è ancora da fare. Adesso al policlinico ci sono 350 posti letto, con il trasferimento di ostetricia, ginecologia e la clinica Macciotta si arriva a 450, gli altri 250 (il consiglio regionale all'azienda mista aveva assegnato 700 posti) non avrebbero un edificio dove essere sistemati. Per arrivare alla nuova costruzione ci vuole un progetto, un finanziamento, l'approvazione da parte del consiglio regionale perché si tratterà di modificare la rete ospedaliera varata col piano sanitario regionale. Nella finanziaria regionale sono titolari di fondi soltanto i progetti dei quattro ospedali nuovi: Cagliari, Sassari, Olbia e San Gavino. Dai quadri comunitari e dai fondi statali si ricavano prospettive interessanti per farsi finanziare anche la costruzione di queste strutture (ci sono finanziamenti dedicati agli ospedali del Sud). Ma intanto il trasloco per Monserrato non svuoterà il San Giovanni di Dio, regolarmente conferito nell'azienda mista. Anche qui vale la procedura per il policlinico: nella rete ospedaliera varata col piano sanitario regionale dei prossimi tre anni il San Giovanni è un ospedale, ogni altra destinazione deve passare al vaglio del consiglio. Ma sembra che il passaggio, in parallelo col nuovo edificio di Monserrato, avverrà. Perché l'Università potrebbe proporre di raccogliere qui altre facoltà che devono allargarsi. Oppure: il San Giovanni di Dio immerso nel verde e in tutt'uno con Castello e Stampace potrebbe candidarsi a diventare una cittadella universitaria, con servizi didattici, albergo diffuso, casa dello studente. Il respiro per un'operazione del genere c'è già nella finanziaria prossima all'approvazione: l'articolo 32 prevede 100 milioni di euro per l'edilizia residenziale che punta non solo a costruire nuovi edifici ma, nelle città, anche a ristrutturare immobili nei centri storici. L'idea piace e circola, ma per il momento è trattenuta da una realtà che è fatta di percorsi di legge e impegno nel compiere i passi uno per volta, con lo scopo di non mettere in difficoltà il sistema sanitario e soprattutto l'azienda mista non ancora nata. A proposito delle persone: ieri mattina l'assessore degli Affari generali della Regione, Massimo Dadea, ha annunciato che in giunta, domani, si delibera la qualificazione professionale dei 128 precari del policlinico. Il resto del personale dell'università e quello dell'Asl 8 ha sei mesi di tempo per decidere se andare nell'azienda mista o restare dove si trova. E se, per ipotesi, tutti decidessero di restare sotto le attuali dipendenze? Lavoreranno comunque per conto dell'azienda mista, ma come dipendenti rispettivamente di Università o Asl, con conseguente compensazione da parte delle entità di appartenenza. Così sino alla fine dell'anno, poi si vedrà. ______________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 30 mar. ’07 QUANDO IL CAMICE BIANCO "INCIAMPA" COME DIFENDERSI DAGLI ERRORI IN CORSIA Ospedali fatiscenti, strutture abbandonate. Medici arrestati per corruzione, incidenti in sala operatoria, trasfusioni con sangue infetto. Da Verona a Roma, passando per Firenze, la malasanità di casa nostra occupa quotidianamente un posto sulle pagine di cronaca dei giornali. Quando la cura si trasforma in danno, i pazienti diventano vittime di un sistema non sempre efficiente. Per l'Associazione italiana di oncologia medica, gli errori in corsia causano tra i 14mila e i 50mila decessi all'anno, un vero bollettino di guerra che nel 50% dei casi si sarebbe potuto evitare con una migliore organizzazione o un sistema di monitoraggio più efficace. Tra gli eventi maggiormente segnalati c'è la morte Il fatto del giorno materna durante il parto, errori sulla zona del corpo da operare, strumenti "d iment icat i" ne lla cavità in cui è stato eseguito l'intervento chirurgico, morte per intossicazione da farmaci. E poi, almeno 320mila persone danneggiate, con costi pari all' 1% del Pil. Da uno screening completo sulle varie specialità condotto dal Tribunale del malato, risulta che i settori dove i camici bianchi inciampa no più facilmente sono prima di tutto ortopedia e traumatologia, seguiti da oncologia, ostetricia e chirurgia. Il luogo più a rischio è la sala operatoria, poi i reparti di degenza, pronto soccorso e ambulatori. In Italia ogni anno circa 12mila cause nascono da errori commessi in corsia: se l'ospedale o il medico sbaglia, il paziente può rivolgersi alla giustizia. Ma prima di muoversi è bene valutare con attenzione i passi da fare. L'associazione Altroconsumo offre una guida precisa su come tutelarsi in caso di danni. La comunicazione è fondamentale per prevenire i casi di malasanità. Da parte del medico, che deve fornire al paziente tutte le informazioni riguardo l'intervento o la terapia che intende applicare, sulle modalità e gli eventuali rischi, sulle cure alternative praticabili, preferibilmente per iscritto. Dall'altra parte il paziente deve mettere al corrente lo specialista di ogni elemento relativo al proprio stato di salute: malattie contratte, farmaci utilizzati, eventuali terapie in corso. Il medico non è responsabile se ha fatto tutto il necessario, lo è invece se si è comportato con imperizia, imprudenza, negligenza, se ha trascurato l'osservanza di norme e regolamenti, causando lesioni o, addirittura, la Dal tentativo di accordo all'assistenza legale, alla scelta del perito per quantificare le lesioni subite dal paziente Il bollettino di guerra negli ospedali italiani: tra i 14mila e i 50mila decessi all'anno causati da negligenza morte dei pazienti. In questo caso è responsabile in sede civile, per il risarcimento dei danni, penale, può essere condannato, e in sede deontologica, andando incontro a sanzioni disciplinari dell'Ordine dei medici. Altroconsumo consiglia in prima istanza di far valutare il danno tramite la perizia di uno specialista di fiducia (i nomi si trovano in un apposito albo del tribunale), la spesa varia dai 500 ai 2mila euro. Poi tentare un accordo con l' ospedale, meglio se con l'assistenza di un avvocato. L'onere della prova ora non ricade più sul paziente, che dovrà solo dimostrare l'esistenza del rapporto col medico o la struttura ospedaliera, l'aggravarsi o l'insorgere di una situazione patologica, il fatto di aver contestato il mancato adempimento. Spetterà al medico documentare di aver agito correttamente. ______________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 30 mar. ’07 CAGLIARI. LE CIFRE DEL TRIBUNALE DEL MALATO: «Ma le situazioni di disagio sono molte di più» Errori e cure inadeguate in città trecento casi all'anno q L'ultimo eclatante: il mancato trapianto di fegato al Brotzu per mancanza di infermieri Dalla sala operatoria alle: ogni anno, in provincia di Cagliari, si contano oltre 300 casi di pazienti che, dopo aver chiesto aiuto al Tribunale del malato, si vedono affiancati nella protesta, dopo una valutazione dell'attendibilità delle loro rimostranze. Ma le segnalazioni che arrivano sono molte di più, innumerevoli. Eclatanti o meno, presentano una fetta malata -o poco attrezzata- della sanità locale. Ormai famoso il mancato trapianto di fegato al Brotzu, all'inizio del mese, per l'impossibilità di formare un'e qu ipe completa per l'ope razione. UNA SITUAZIONE estrema,a cui si aggiungonoi tanti casi legali su cui la magistratura sta ancora indagando.E si sa,i tempi della giustizia sono lunghi, come ha spiegato Luisanna Giua del Tribunale del malato: «Ci sono le perizie la relazione che deve essere preparata dall'incaricato del Tribunale. Ci vogliono anni prima che le cause si chiudano. Per ottenere un risarcimento si deve prima accertare il legame tra il dannoe l'e vento scatenante». Per arrivare alla fine ci possono volere anche anni. Come per la causa per risarcimento vinta nel 2006 da tre pazienti, dopo nove anni, «per aver riportato delle ustioni a causa di un'anomalia nella sala operatoria del Brotzu», ha precisato Giua, «un altro caso ha avuto un iter più breve: operati per delle cataratte, alcuni pazienti hanno avuto delle infezioni. Ma la velocitàè dovuta al fatto che l'ospedale aveva subito riconosciuto il proprio errore». Ma non solo: al Tribunale del malato arrivano anchei casi di disagie difficoltà di chi deve convivere con una patologia. «Considero un gravissimo caso di malasanità», ha proseguito Giua, «che ai disabili dianoo la carrozzina o il letto per evitare le piaghe. Se un paziente ha ancora un minino di risorse per stare seduto lo costringono sempre disteso». Un paziente, ha proseguito,è morto prima di poter ricevere il letto speciale. Mentre per chi deve affrontarei cicli di radioterapia e deve andare fuori «ha un rimborso di soli 30 euro al giorno. Una tariffa ferma dal 1991, mentre mancando nel pubblico la specifica apparecchiatura, la Oct, per un esame di oculisticai cittadini vengono indirizzati verso il privato». ______________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 30 mar. ’07 UE UNA CARTA EUROPEA PER I DIRITTI DEI MALATI Bruxelles. L'associazione Cittadinanzattiva ha presentato il documento al Parlamento Ue Una Carta europea per i diritti dei malati: le quattordici regole della salute di qualità q Dalla prevenzione alla privacy, passando peri tempi certie l'accesso uguale per tutti Quattordici punti, quattordici "diri tti" finalizzatia garantire il rispetto dell'individuoe la qualità dei servizi nei diversi sistemi sanitari nazionali europei. È la "Carta europea dei diritti del malato", il documento, messoa punto dall'associazione Acn-Cittadinanzattiva e presentato ieri al Parlamento europeo di Bruxelles in occasione della celebrazione della "Prima giornata europea dei diritti del mal ato ". Sono poche regole che miranoa garantire un alto livello di protezione della salute dei cittadini nei territori di tutti gli Stati membri. Il primo puntoè il diritto alla prevenzione, poi c'è l'accesso alla terapia, che deve essere garantito a tutti, senza discriminazioni basate sulle risorse finanziarie, residenza, tipo di malattia. Seguono il diritto all'informazione, al consenso, alla libera scelta, alla privacy e alla confidenzialità, al rispetto di tempi certi per ottenere le cure e a quello degli standard di qualità. E ancora: alla sicurezza, all'innovazione, a evitare il dolore inutile, a trattamenti personalizzati, al reclamo e al risarcimento. L'incontroè stata anche l'occasione per fare il punto sui sistemi sanitari dei diversi Paesi Ue. Un confronto dal quale l'Italiaè uscita con le ossa rotte sul fronte delle liste d'attesa. Nel Belpaese si aspettano anche 420 giorni per un intervento chirurgico alla prostata, 360 per la protesi dell'anca, 120 per un'operazione di bypass alle coronarie. E ancora, 90 giorni per una colecistie circa tre mesi per un intervento alla cataratta. Numeri amari se confrontati con quelli degli altri Paesi Ue ______________________________________________________________ Il Giornale di Sardegna 31 mar. ’07 MA SPESSO SONO I MEDICI LE VITTIME DELLA SANITÀ «Basta un'accusa del tutto infondata per distruggere una lunga carriera» Imalati non sono le uniche vittime del malfunzionamento del sistema sanitario. Magari sono l'anello più debole della “catena ospedale” come dimostrano gli eclatanti episodi degli ultimi giorni. Non solo per i pazienti, però, esposti al rischio di errori umani o di struttura, l'incontro con la sanità risulta spesso devastante. Anche per la “contropar te”, ovvero per i camici bianchi, la vita in corsia non è delle più semplici. Con una differenza. Mentre gli errori dei medici difficilmente sfuggono all'occhio dei media, quelli compiuti ai danni dei medici, spesso, passano inosservati. E non si tratta di un fenomeno marginale. Sono tanti i “camici bianchi”che hanno visto la loro carriera “sfumare”, in seguito a un'accusa poi rivelatasi infondata. Almeno questa è l'opinione di Maurizio Maggiorotti, ortopedico e presidente dell'Associazione AMAMI, che si propone di difendere i medici dalle denunce arbitrarie. L'ennesimo strumento di tutela di una casta già iperprotetta? Maggiorotti afferma l'esatto contrario. I primi ad avvantaggiarsi del lavoro della sua associazione sarebbero proprio i malati. In che modo l'attività di AMAMI migliora la vita dei pazienti? Il moltiplicarsi di accuse prive di fondamento, come quella dei 90 morti al giorno per malasanità diffusa da Aiom, che noi abbiamo denunciato alla Procura della Repubblica, determina una spirale negativa. I medici, per timore di finire sul banco degli imputati fanno largo uso della cosiddetta medicina difensiva. Ovvero operano le loro scelte non sulla base di un reale convincimento scientifico, ma utilizzando la maggior cautela possibile. Così si prescrivono esami inutili e le liste d'attesa nei centri pubblici aumentano a dismisura. Basta pensare che nel 2003, in Lazio, è stata prescritta una tac ogni 7 abitanti. Che fare, dunque? Si deve cercare di prevenire il fenomeno. C'è molta confusione tra la gente. Spesso si parla indifferentemente di “mal practice” e “malasanità”. Si tratta di due cose ben diverse. Se un'ambulanza tarda ad arrivare o se la lista d'attesa è troppo lunga questi sono problemi di struttura. Il medico che colpa ha? Altra cosa sono gli errori umani. Se un “camice bianco” sbaglia è giusto che paghi.Ma se è innocente deve essere sostenuto. Come fate voi ad aiutarli? Forniamo consulenza legale a tutti i medici che ricevono una richiesta di risarcimento o una denuncia. Poi attendiamo che la magistratura faccia il suo corso. A chi viene dichiarato innocente forniamo aiuto per intentare un'azione legale per risarcimento. Ma non c'è già l'assicurazione? Partiamo da un assunto. Il medico perde sempre, sia che venga condannato oppure assolto. Basta la semplice richiesta di risarcimento perché l'assicurazione apra un fascicolo per sinistro. Se la denuncia poi si rivela infondata, il medico risulta comunque “disde ttabile” per la compagnia. Questa può decidere di disdire la polizza e il malcapitato dovrà rivolgersi ad un'altra, che saputo del sinistro, aumenterà il prezzo. Una vitaccia, insomma. Manon sono i malati la parte debole? I medici non sono molto più forti dei loro pazienti. Siamo l'unica categoria che ha il 90% di probabilità di trascorrere i tre quarti della propria vita sotto processo. Come fare per impedirlo? AMAMI chiede da anni l'istituzione di un Osservatorio sul contenzioso e sull'errore medico. È l'unico modo per capire quanti sono i casi di eccellenza, gli errori di struttura o quelli dei medici. Ma forse una struttura del genere risulterebbe scomoda a molti. A chi per esempio? È intuitivo. Nelle cause sanitarie ci sono due figure che vincono sempre: i legali e i consulenti. E i pazienti? Dipende. In ogni caso attendono anni per ottenere un risarcimento. Per questo, noi proponiamo di incrementare il ricorso a vie stragiudiziali che sono più rapide. Non solo. C'è un tipo di danni, la cosiddetta alea medica, che non può essere evitato: sono gli effetti collaterali di una cura. Il medico non ha colpa ma il malato è comunque danneggiato. AMAMI propone di istituire un fondo per le vittime dell'alea che risarcisca i danneggiati a prescindere dalla responsabilità del medico. Come si fa per le vittime della strada. ______________________________________________________________ Il Sole24Ore 30 mar. ’07 SCATTA L'AUSTERITY PER I CONVEGNI MEDICO-SCIENTIFICI LE NOVITÀ Imprese pronte a ritirare lo stop alle sponsorizzazioni Addio a hotel a cinque stelle e a cene di gala, quote riservate ai giovani dottori Roberto Turno ROMA Niente più alberghi a 5 stelle per i medici, o viaggi aerei in top class, cene di gala, programmi di intrattenimento, località esclusive nelle stagioni turistiche. E largo ai giovani dottori, con quote «riservate» di partecipazione. Le industrie farmaceutiche sono pronte a ritirare il blocco delle sponsorizzazioni, in vigore da ottobre scorso, ai meeting grandi e piccini per la formazione dei medici. Ma a precise condizioni e con rigidi paletti. La strada sarà quella della «qualità» degli eventi, del massimo controllo e anche dell'autocontrollo, con tanto di verifiche che le industrie sono pronte ad applicare a sé stesse. Una strada che dovrà tenere una rotta sicura: la collaborazione e il massimo grado di concertazione con la classe medica e con le istituzioni. È su queste basi che la giunta di Farmindustria, dopo una lunga discussione (a frenare sono state soprattutto le imprese nazionali), ha approvato le nuove regole di «autoregolamentazione» per i congressi e i convegni medico-scientifici pagati dalle industrie farmaceutiche. Non è ancora lo sblocco della decisione di dare lo stop alle sponsorizzazioni presa contro i tagli della Finanziaria 2007. Ma la strada è segnata. Il via libera arriverà nelle prossime settimane, dopo le verifiche con le associazioni dei medici, col ministro della Salute, con l'Aifa (Agenzia italiana del farmaco). E anche col «tavolo» per lo sviluppo di settore, che già da metà aprile potrebbe maturare le prime decisioni. Fondamentale, afferma Farmindustria, sarà comunque il dialogo, da intensificare, con le rappresentanze dei medici e la massima trasparenza verso i cittadini. Un obiettivo, questo, che l'Ordine dei medici ha detto subito di apprezzare. Affermando anzi di voler «rilanciare» per arrivare al più presto a una nuova stagione, fondata sull'etica di tutti, nei rapporti tra medici e industria. «Le industrie avvertono per prime la necessità di confrontarsi, di dimostrare la voglia di servizio reale reso dalle imprese - afferma il presidente di Farmindustria, Sergio Dompé -. Per garantire l'efficacia delle nuove regole, Farmindustria attiverà in proprio e si adopererà affinché siano resi operanti ed efficaci rigidi controlli sulla loro applicazione». Ma la partita, è chiaro, si giocherà anche su altri versanti. Tra cui - aspetto molto caro alle imprese che lamentano l'eccessivo carico fiscale cui sono sottoposte - la defiscalizzazione delle spese: «Questo è un aspetto irrinunciabile, considerando soprattutto la tipologia di farmaci oggi in arrivo», sostiene Dompé. Il capitolo-fisco è in discussione al «tavolo» di settore con Governo, Aifa e Regioni. La decisione di Farmindustria va «nella direzione giusta», commenta il presidente dell'Ordine dei medici, Amedeo Bianco. «Segnali nuovi e importanti - afferma - che rispondono all'esigenza di disegnare un nuovo modello di relazioni tra industria e medici, fondato sulla trasparenza dei rapporti e sulla valorizzazione e condivisione di obiettivi e valori etici e civili» che hanno al centro il miglioramento dei servizi a tutela dei cittadini. Nelle prossime settimane la Fnom presenterà le sue proposte (anche ad Assobiomedica, che pure ha fermato le sponsorizzazioni) per arrivare a una «alleanza» per la qualità e la trasparenza, guardando anche alla ricerca e al marketing delle imprese. La deontologia delle industrie per la sponsorizzazione dei congressi, quando ripartirà, si affida a regole di economicità (ed etica) e di procedure. Quel di più che spesso fa dei convegni (all'estero o in Italia, grandi e piccoli) occasioni di relax per i medici, non proprio di formazione. Meno comodità (aerei, alberghi), basta a cene e cenette di gala, consorti al seguito. Ogni aziende dovrà limitare gli inviti a un medico durante l'anno e tutto sarà «certificato» e reso disponibile. Poi toccherà ai medici studiare davvero e dimostrare che non prescrivono "sotto dettatura". ______________________________________________________________ Corriere della Sera 30 mar. ’07 LA TURCO: VIA LIBERA ALL'USO DEI «FARMACI VIETATI» Il ministro: sì alle cure se necessarie. Presto nuove liste di medicinali autorizzati Simona Ravizza «Presto saranno autorizzate nuove liste di farmaci per permettere ai medici di utilizzare gli off label scientificamente efficaci (medicinali usati al di fuori delle indicazioni terapeutiche per le quali sono stati registrati, ma dagli indiscussi benefici per i malati, ndr) ». Il ministro della Salute, Livia Turco, accoglie l'appello dei medici di Milano lanciato sul Corriere della Sera. Lo fa con una promessa: «L'elenco sarà definito entro le prossime settimane». Oncologi di spicco dell'Istituto dei Tumori come Paolo Corradini e Emilio Bajetta, endocrinologi universitari come Antonio Pontiroli dell'ospedale San Paolo, e infettivologi di fama come Mauro Moroni del Sacco, ieri sono scesi (di nuovo) in campo per chiedere al Ministero della Salute e all'Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) di trovare con urgenza una soluzione al divieto d'uso degli off label imposto dalla Finanziaria. All'articolo 796 lettera z, la normativa entrata in vigore a gennaio blocca, infatti, l'utilizzo diffuso e sistematico dei farmaci fuori etichetta. Questi medicinali al momento, comunque, possono essere utilizzati per singoli casi. Sottolinea il Ministero della Salute in un comunicato stampa diffuso ieri: «La Legge finanziaria ha limitato la possibilità di somministrare gli off label per evitarne un utilizzo a tappeto quando non ci sono prove sufficienti sui loro benefici e si possono verificare gravi effetti collaterali». Ma proprio i limiti imposti dalle nuove norme hanno scatenato dure proteste da parte dei medici. In caso di cancro, malattie infettive e problemi pediatrici i «fuori etichetta» sono considerati indispensabili per almeno un paziente su tre. Di qui la richiesta di rassicurazioni: «Oggi siamo in difficoltà nel curare i malati», hanno spiegato gli specialisti. Ora la risposta della Turco è destinata a rasserenare gli animi: «In attesa delle liste Aifa è possibile l'impiego degli off label quando è giustificato dalle specifiche condizioni del singolo paziente - spiega il ministro -. Lo stesso vale per le patologie per le quali non ci sono farmaci regolarmente autorizzati». Il tempo stringe. Pesano i ritardi accumulati finora. In una lettera del 12 febbraio Livia Turco riconosceva la necessità di indicare rapidamente i medicinali fuori etichetta utilizzabili. «L'Aifa deve procedere con urgenza - si legge nel documento inviato proprio all'Agenzia del Farmaco -. È necessario stilare elenchi con i farmaci autorizzati per non fare risentire alle terapie oncologiche, pediatriche e innovative gli effetti di una generalizzata sospensione degli off label». Il termine per la prima pubblicazione delle liste era fine febbraio. Un mese dopo si è mosso poco o nulla. «Quando si tratta di temi delicati riguardanti la salute di persone con gravi malattie è inaccettabile qualsiasi tipo di strumentalizzazione politica - risponde il ministro al Corriere -. Per casi specifici il ricorso agli off label è ancora possibile. E presto arriveranno nuovi chiarimenti». Lunedì in Aifa ci sarà una riunione sul tema, il 3 e 4 aprile saranno convocati a Roma i rappresentanti delle Regioni. Per la metà del mese prossimo si potranno conoscere, con ogni probabilità, le prime decisioni. C'è da sperare che, questa volta, le scadenze vengano rispettate. Medici di fama hanno chiesto l'intervento del ministro ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 25 mar. ’07 IS MIRRIONIS: L'OSPEDALE CONDANNATO Viaggio nella sanità cagliaritana: Is Mirrionis Un ring nel centro di Is Mirrionis. Il futuro del Santissima Trinità è una palestra per pesi massimi della politica o aspiranti tali, tutti armati di buone, ottime ragioni per sostenere: 1) l'urgenza di chiuderlo; 2) la necessità di salvarlo; 3) una via di mezzo che scontenti il meno possibile. Per adesso è buona la prima, già nero su bianco nelle pagine 100 e 101 del piano sanitario regionale. Testuale: il presidio presenta gravi elementi di criticità perché organizzato a padiglioni con conseguenti diseconomie sotto il profilo logistico e organizzativo oltre che operante in una zona ad alta densità abitative e di traffico. Da qui la scelta di trasferire le attività in una sede realizzata secondo i più aggiornati criteri di progettazione dei moderni ospedali. L'ospedaleOtto ettari nel cuore della città, centottantamila metri cubi punteggiati di verde e circondati da mura, dove ogni giorno lavorano millecinquanta dipendenti. Nel 2006 trentaduemila cagliaritani sono passati per il Pronto soccorso, 16.631 sono stati ricoverati, compresi quelli in day ospital. Il Santissima Trinità ha due ingressi affacciati su via Is Mirrionis e via Timavo, un terzo ipotizzabile in via Monte Santo. Dal 1998 la Regione ha investito decine di milioni. Un conto all'ingrosso si ferma a trentadue, anche se il manager parla di ventuno milioni e diciottomila euro, più altri sette da spendere. Per ristrutturare, ampliare e, in certi casi, abbandonare alla polvere consistenti fette dei padiglioni. Negli ultimi sette anni sono stati rifatti i reparti di Traumatologia- Riabilitazione, Rianimazione, Urologia, Medicina generale e Medicina nucleare, Ginecologia, Otorino, Chirurgia maxillo-facciale, Malattie infettive. Nuovi di zecca Pronto soccorso, Dialisi, Gastroenterologia, Anatomia patologica, più l'impianto di illuminazione generale. Qualche milione è stato speso per le nuove cabine elettriche, le fognature e i tunnel sotterranei di collegamento. Per capire è indispensabile una verifica sul campo. Il momento ideale è un anonimo sabato pomeriggio, con i corridoi deserti e i lampi del flash che illuminano stanze deserte. Il rischio è andare via con qualche dubbio in più. Sul reparto di Traumatologia, per esempio, rifatto in quattro e quattr'otto e bellamente abbandonato. Al primo piano le camere singole e doppie conservano intatto il tanfo del pavimento plastico, in un bagno casse di rifiuti speciali. Chiuso a doppia mandata l'ex reparto di Chirurgia pediatrica. Inaugurato qualche anno fa il padiglione Malattie infettive, sorvegliato da telecamere a circuito chiuso. Lavori in corso nel cantiere che darà forma al reparto di Anatomia patologica. Come se si stessero avvitando gli ultimi bulloni di un'auto per consegnarla allo sfasciacarrozze. I tunnelNelle viscere di Is Mirrionis si gioca una buona fetta dello scontro politico. C'è uno schieramento trasversale che vorrebbe rimettere in servizio i tunnel larghi sette metri e alti tre e mezzo rendendoli efficaci collegamenti tra i vari padiglioni. In questo modo - è l'idea - il Santissima Trinità diventerebbe funzionale, al punto da rendere superfluo il nuovo ospedale. Il progetto è stato studiato anche in passato, senza approdare al via libera. Sull'altra sponda i sostenitori del monoblocco, un termine che fa molto elettrodomestico ed è l'esatto contrario dei padiglioni. Le propostePossibilista Nazareno Pacifico, il diessino relatore del Piano sanitario e poi presidente della commissione regionale Sanità: «Non so quanto sia percorribile l'idea di ristrutturare il Santissima Trinità, personalmente non avrei nulla in contrario se il nuovo fosse realizzato in quell'area. In ogni caso lì deve rimanere un presidio socio-sanitario». Ripete che la chiusura di alcuni ospedali non è una scelta, ma un dovere: «Abbiamo una norma nazionale che stabilisce 3,5 posti letto per pazienti acuti ogni mille abitanti, a Cagliari sono 8,7. Ragioniamo sui prossimi cinquant'anni, entrando nell'elenco delle Regioni virtuose avremo i finanziamenti». Giura di non essere intenzionato a guerre di quartiere, tra città magari sì: «Di sicuro l'ospedale va costruito a Cagliari. Bisogna valutare se con le dismissioni militari ci saranno aree di 10-13 ettari che si prestano». Peccato che il manager dell'Asl 8 Gino Gumirato veda il problema con altre lenti: «Una volta realizzato il nuovo ospedale, escludo che si possa lasciare lì un pronto soccorso. Che senso avrebbe?». Dice che un mucchio di milioni consentirebbe di tirare a lucido i tunnel, perché no?, «ma gli ammodernamenti non risolverebbero i problemi. Le sale operatorie sono in cinque palazzine diverse, con cinque sterilizzazioni diverse. Avere un tunnel potrebbe essere utile, ma resterebbero sempre in cinque zone diverse». I reparti vuoti, aggiunge, hanno un senso preciso: «Sono una valvola di sfogo durante la ristrutturazione, ospitando di volta in volta altri servizi. In questa azienda non si faceva neanche tutta la manutenzione ordinaria, chiaro che siamo dovuti intervenire». Non solo: «Spenderemo fino all'ultimo euro perché i reparti siano adeguati ai servizi da dare ai cittadini. Riguardo l'ipotesi di radere al suolo e ricostruire nella stessa area, mi sembra difficilmente percorribile: significherebbe restare sei anni senza ospedale». Esattamente il contrario di ciò che pensa Pierpaolo Vargiu, capogruppo dei Riformatori in consiglio regionale, che sul tema non ha lesinato inchiostro: «È un'ipotesi che merita di essere approfondita, non si può liquidare su due piedi, basandosi su fantasie. Collegare i tunnel invece è un'ipotesi percorribile, l'hanno fatto in tante altre città italiane. Centralizzare le sale chirurgiche consentirebbe di superare le difficoltà». Una posizione diversa ce l'ha il sindaco Emilio Floris: «La zona è strategica. Quanto a funzionalità non saprei. È una delle ipotesi che ho considerato, strade luce e fogne sono già realizzate, il resto andrebbe rifatto integralmente». Detto questo, «se con qualche milione di euro si può adattare il Santissima Trinità, perché non pensarci, magari consultando chi ci lavora quotidianamente? Se invece i problemi sono insormontabili, cerchiamo un'altra soluzione». Che deve avere un requisito di base: «Un'area di dieci ettari più altri tre per i parcheggi. Si parla di Su Stangioni, tra la 131, il Quadrifoglio e la 554, vicino alla Motorizzazione civile, lì tutte le infrastrutture sarebbero da costruire». E il Pronto soccorso? «Vale la pena di salvarlo», dice Floris, sindaco del centrodestra, improvvisamente sintonizzato sulla stessa frequenza di una cospicua fetta dei diesse. Paolo Paolini ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 24 mar. ’07 CHI ACCUSA NON HA CONSULTATO UNA TABELLA RADIOTERAPIA. La gara del 2005 non convinceva la Regione: i macchinari sarebbero stati obsoleti - L'assessore Dirindin e Gumirato: appalto trasparente, polemica vergognosa Chiamati sul banco degli imputati dai consiglieri regionali d'opposizione per l'appalto tra Asl 8 e Siemens, l'assessore alla Sanità, Nerina Dirindin, e il manager dell'azienda, Gino Gumirato, hanno raccontato la loro verità. Delibera regionale, quella per la ristrutturazione del Microcitemico e del Businco, alla mano hanno parlato di attacco «vergognoso». Per loro l'atto è legittimo. Chi ha sbagliato, ha sbottato la Dirindin, «per un vile attacco politico che fa male soprattutto ai cittadini della nostra Regione», sono i capigruppo dei partiti d'opposizione. la dimenticanza«Chi mi accusa - ha sottolineato Gumirato durante la conferenza di difesa - di aver speso 32 milioni di euro in più, rispetto a quanto autorizzato dalla giunta regionale, ha fatto una dimenticanza. Non ha consultato la tabella 3 della delibera dove è ricapitolato il totale del fatturato: 123 milioni di euro, iva esclusa. Aggiungendo l'imposta del 20 per cento arriviamo ai 148 milioni di euro. Nella deliberazione è autorizzata la spesa come indicata nel prospetto allegato, che contiene anche la tabella 3. Chi ha fatto le accuse ha preso in esame solo le prime due dove sono riportati i costi di immobili, attrezzature, impianti e manutenzione. Non quella con l'utile per l'azienda, come previsto dalla legge». spesa in piùGumirato ha poi spiegato il costo maggiore (quattro milioni di euro), rispetto al precedente appalto (quello del 2005, costato la testa all'allora manager Efisio Aste): «I quattro macchinari per la radioterapia, gli acceleratori lineari, che avremo lavoreranno sui tumori in tridimensionale, uno potrà farlo anche su quattro dimensioni». L'assessore Dirindin è tornata poi sul precedente contratto: «Lo abbiamo ereditato e non ci convinceva. Dava una concessione per 29 anni alla Siemens, e gli acceleratori lineari non erano al passo con i tempi: lavoravano su due dimensioni. Erano arretrati allora e oggi lo sarebbero ancora di più. Inoltre c'erano poche garanzie su manutenzione e sostituzione del pezzi. Così abbiamo ripreso in mano la partita, invitando la Siemens a rivedere i termini. Hanno capito che era cambiata la controparte e anziché rischiare di perdere un affare importante hanno rivisto il contratto». Sulle irregolarità amministrative dell'atto, contenute nella relazione del responsabile del controllo della procedure, l'assessore ha replicato: «Non mi risulta che ci siano segnalazioni». Sul passaggio che ha portato l'ex direttore generale dell'assessorato ad avocare a sé il procedimento, la Dirindin ha avuto poco da dire: «Non tiriamo in ballo fantasmi». il ritardoResta il problema dei ritardi nella Radioterapia che dà, come spiegato nel Piano sanitario, una risposta a 1.360 malati, contro i circa 3.900 che ne hanno bisogno. «Un ritardo storico - ha attaccato la Dirindin - a cui nessuno a cercato di porre rimedio. Che adesso chi ha governato in passato ci accusi è vergognoso. I nuovi macchinari arriveranno a giugno e la nuova Radiologia potrà funzionare a fine dicembre e dare risposta a tutti i malati sardi.». Matteo Vercelli ______________________________________________________________ La Nuova Sardegna 24 mar. ’07 MICROCITEMICO: QUEL PROJECT FINANCING ERA TUTTO DA RIFARE Dirindin e Gumirato al centrodestra: il 'buco' di 32 milioni? Il ricarico dell'Iva CAGLIARI. La bomba del project financing per Oncologico e Microcitemico torna al mittente. Dopo l'interpellanza dell'opposizione che ha messo in dubbio la legittimità della revoca dell'appalto, ieri l'assessore alla sanità e il direttore generale dell'Asl 8 hanno spiegato ancora una volta perché l'operazione che affidava per 29 anni la radioterapia alla Siemens è stata smantellata. In sintesi, l'appalto voluto dal precedente manager, tra gli altri difetti ne aveva uno: i malati sardi avrebbero fatto radioterapia con macchine superate e che, in quei 29 anni, non si capiva chi e come le avrebbe dovute cambiare. L'assessore Dirindin ha respinto l'elenco di affermazioni dell'opposizione sui profili di illegittimità delle procedure: mai una volta, ha detto l'assessore, gli uffici, titolari dei controlli sulle attività condotte dalla parte politica, hanno affacciato dubbi. Poi i conti: la risposta alle accuse dei sei capigruppo in consiglio regionale a proposito dello sforamento di 32 milioni di euro da parte dell'Asl nuova gestione sul project financing è contenuta nella stessa delibera citata dall'opposizione. Una delle tabelle allegate elenca i costi e questi risultano coperti dalla delibera di giunta del 13 ottobre 2005: secondo il direttore generale Gino Gumirato i consiglieri non hanno preso visione di quell'elenco. Così l' assessore Nerina Dirindin: «Rispondiamo subito pubblicamente perché il tema della radioterapia ci sta a cuore. Sulla radioterapia c'è un ritardo storico di questa regione ed è enorme che chi ha governato negli anni passati accusi noi dei ritardi. Noi non abbiamo interesse ad alzare il livello dello scontro politico, perché di questo si tratta, ma oggi non possiamo tacere perché ci vogliono sporcare...». I numeri portati dall'opposizione sui pazienti sardi che non possono accedere alla radioterapia l'assessore ieri ha spiegato che sono contenuti nel piano sanitario regionale e sono, appunto, la base sulla quale si è lavorato per arrivare alle 4 macchine supertecnologiche del project financing versione Gumirato, più le 2 che funzioneranno a Sassari e quella presto in appalto a Nuoro . «Tremila e 900 sardi - diceva Dirindin - hanno bisogno di radioterapia, la capacità della Regione era di 1.300, 2.500 persone sono senza risposta. Alcuni vanno nella Penisola, altri non ricevono trattamento radioterapico: noi abbiamo avuto il coraggio di fare le stime. In questi anni di attesa del nuovo reparto la situazione non è peggiorata. Il contratto che abbiamo trovato nella Asl 8 aveva previsto acceleratori lineari che già allora non erano al passo coi tempi e per 29 anni c'era un impegno non chiaro su come sarebbero state manutenzionate: per questo abbiamo preso in mano quel contratto». Ai più, già nel 2005 era parso strano che la Siemens, il concessionario, accettasse di rivedere un appalto che avrebbe fruttato 2 milioni e mezzo di euro per tre decenni anziché i 600 mila euro per dieci anni soltanto. «Incontrammo i dirigenti Siemens qui in assessorato e loro dissero che si rendevano conto del fatto che la controparte era cambiata - ha spiegato ieri Dirindin -, la precedente gestione non aveva consapevolezza di quello che avrebbe potuto negoziare e così loro, una volta capita la situazione, hanno preferito non perdere un appalto del genere, con relativa brutta figura a livello nazionale». Ieri Gumirato è entrato nei dettagli: «Con le macchine che erano state previste dal precedente contratto - ha ricordato - 1.600 pazienti non sarebbe stato possibile comunque curarli qui perché non c'era l'acceleratore lineare a 4 dimensioni, l'unico che centra il tumore anche se si trova accanto a organi in movimento (come il cuore) e c'era uno soltanto di acceleratori a 3 dimensioni, quello che tiene conto anche della misura del tumore, non solo della sua localizzazione nell'organismo». L'importanza di questo aspetto tecnico è ben noto ai malati di cancro sotto radioterapia: è quello che consente di dosare esattamente il raggio senza toccare gli organi circostanti. A proposito del passato: ieri l'assessore ha denunciato che all'Oncologico è stata trovata nuova e imballata una macchina per la radioterapia intraoperatoria comprata anni fa. Dopo la scoperta, la macchina è stata aperta, messa in funzione e si sta formando il personale per farla marciare. Nel nuovo appalto si è evitato di comprare un ciclotrone da 10 milioni di euro perché il Brotzu ne ha uno nuovo (prepara i radiofarmarci, ora si comprano in Austria) e quei 10 milioni più altri 4 sono serviti per comprare macchine di radioterapia «che faranno della Sardegna uno dei centri meglio attrezzati d'Italia». Infine: sul buco di 32 milioni di euro. «Sono state lette solo le prime due tabelle - diceva ieri Gumirato - questi 32 milioni di euro sono la differenza tra la cifra al netto dell'Iva e quella col ricarico». Sempre il 20 per cento del totale, calcolo che spiega come 124 milioni di euro possano diventare 148 e venire finanziati lo stesso. ___________________________________________________________ La Nuova Sardegna 28 Mar.’07 ASMA ALLERGICA, CAO SCOPRE IL RESPONSABILE L’equipe dello scienziato cagliaritano individua il gene dopo 11 anni di ricerche di Roberto Paracchini CAGLIARE. L'asma coinvolge dal 5 al 10 per cento della popolazione e almeno il venti per cento soffre della forma più grave: quella allergica a esordio precoce (nei bambini) e persistente (che dura tutta la vita). Ora l’equipe del genetista Antonio Cao ha identificato il gene maggiormente responsabile di questa patologia. «Si tratta di una malattia che deriva da diversi fattori: genetici e ambientali - spiega Cao, direttore dell'Istituto del CNR di neurogenetica e neurofarmacologia (INN), e genetista tra i più autorevoli in campo internazionale - la nostra scoperta è frutto di undici anni di lavoro, iniziati da Giuseppe Pilia (già allievo di Cao, scomparso due anni fa - ndr)». L'equipe di Cao ha individuato il gene, l’IRA&M, ma prima di rendere pubblica la scoperta, gli studiosi hanno atteso la replica dei risultati, condotta dal gruppo di Verona che fa capo a Pierfranco Pignati. «La necessità di questa replica - spiega la ricercatrice Silvia Naitza, dell’INN - è nata dal fatto che la popolazione sarda ha delle caratteristiche, frutto dell'isolamento, che rendono particolare il suo patrimonio genetico. Mentre l'aver ottenuto gli stessi risultati anche fuori dall'isola, è una riprova del ruolo dell'IRAK-M». Sino ad oggi sono stati individuati 5-6 geni collegati all'asma allergica, ma solo quest'ultimo è coinvolto nelle risposte immunitarie innate. In pratica l'alterazione dell'IRAK-M indebolisce quell'esercito, che ognuno possiede all'interno del suo organismo, che combatte contro gli agenti (microrganismi) esterni. «Il difetto della sua funzione nell'asma - spiega Cao - favorisce la sensibilizzazione allergica e potenzia il processo infiammatorio». E così si arriva al respiro sempre più affannoso, sino al senso di soffocamento e, nelle forme più gravi, a un’epilogo letale. Gli altri geni coinvolti in questa malattia «hanno - sottolinea Naitza - un ruolo marginale rispetto a quello da noi identificato». II risultato ottenuto è un importante passo avanti, «ma se è necessario continuare la ricerca per individuare le modalità di collegamento tra questo gene e la manifestazione delle varie forme di asma. Le prospettive sono sia di carattere diagnostico che terapeutico: sia per individuare la predisposizione a questo tipo malattia allergica che, un domani, per agire direttamente sul gene». Questo tipo di patologia non è curabile in modo definitivo e comporta terapie continue. L'indagine che ha portato alla scoperta del gene maggiormente responsabile nell'asma, pubblicata in questi giorni dalla rivista The American Journal of Human Genetics, è stata condotta su un campione di sardi di 294 famiglie con uno 0 due figli sofferenti d'asma. In particolare sono state trovate delle alterazioni (polimorfismi) dell’ IRAK-M «tali da determinare un assetto cromosomico particolare che aumenta il rischio di sviluppare la malattia - informa Naitza - e abbiamo anche individuato delle mutazioni di questo gene presenti nelle persone affette dalla malattia. Ora dobbiamo approfondire i legami funzionali». ___________________________________________________________ Repubblica 26 Mar.’07 I NUOVI STENT SPRIGIONANO UN FARMACO ANTI-COAGULAZIONE la seconda generazione dei preziosi cilindretti iniettati nei vasi sanguigni circostanti il cuore: con tecniche super sofisticate e anni di ricerca si è riusciti a dotarli di un minuscolo serbatoio che somministra un po' alla volta un medicinale all'interno delle arterie per impedire che si richiudano DANIELE AUTIERI Grazie a queste nuove tecniche ridotta di molto la mortalità per disturbi cardiocircolatori tumori mettono paura, le malattie infettive sono tutt'altro che sconfitte, le influenze esotiche minacciano da lontano il benessere e la salute dei paesi più sviluppati, eppure la prima causa di morte restano le patologie cardiovascolari. E ancora una volta il cuore l'anello più debole del nostro organismo intorno al quale mondo accademico e industria fanno da anni quadrato alla ricerca di soluzioni innovative in grado di fronteggiare le malattie più diffuse. Un impegno a tutto tondo tradotto in termini di investimenti miliardari e conquiste scientifiche che hanno assicurato risultati importanti: uno studio. pubblicato sul New England Journal of Medicine evidenzia che se negli ultimi quattro decenni la vita media si è allungata di 7 anni, il 70% del merito è dovuto ai passi in avanti compiuti dalle terapie cardiovascolari. Punta avanzata di questa branca delta scienza è la realizzazione e la diffusione degli stent, i piccoli cilindri iper tecnologici impiantati nelle arterie per curare i restringimenti coronarici e divenuti in breve tempo uno strumento irrinunciabile per tutti gli interventi dì angioplastica. Nati sotto forma di dispositivi metallici alla fine degli anni '80, è nel 2002 che vivono la loro trasformazione più significativa. Gli stent medicati o drug eluting stent sono in grado di rilasciare un farmaco attivo sul tratto di arteria interessato evitando il rischio di un nuovo restringimento del vaso sanguigno. Una conquista giunta dopo anni di studi e molti miliardi investiti in un comparto industriale che destina in ricerca e sviluppo il 15% del suo fatturato. Il business degli stent vale infatti solo negli Stati Uniti, 6 miliardi di dollari. Di questi, 5 miliardi provengono dagli apparecchi di ultima generazione che hanno rivoluzionato le strategie commerciali e riscritto i processi di crescita aziendale. «Le dinamiche industriali in ambito cardiovascolare- spiega Gianluca lasci, amministratore delegato della ST Jude Medical Italia, uno di leader mondiali del settore -vanno verso il consolidamento dei principali attori impegnati perché il mercato richiede aziende di dimensioni consistenti e con elevate potenzialità di investimento». È questa la ragione per cui il grande business mondiale è oggi nelle mani di pochi gruppi che si contendono la leadership a colpi di scalate e acquisizioni strategiche. Così accade tra la Johnson&Johnson e la Boston Scientific, i due giganti americani che hanno il monopolio quasi completo nella vendita dei drug eluting stent. Il loro successo è confermato dalle più recenti statistiche a stelle e strisce dalle quali emerge che il numero di bypass installati nell'ultima decade è diminuito di un terzo, mentre quello degli impianti di stent è cresciuto esponenzialmente, fino a raggiungere nel 20061a soglia di un milione. La predilezione verso la nuova frontiera tecnologica è confermata dai dati della Emory University School of Medicine di Atlanta secondo i quali 200.000 pazienti che si sono sottoposti all'impianto di stent avrebbero dovuto in realtà ricorrere all'uso del bypass. Dati che hanno ravvivato l'entusiasmo degli analisti e dei broker di Wali Street, fortemente convinti che il 2007 sarà ancora un anno d'oro per il settore. In realtà, già nel settembre scorso è arrivata la doccia fredda che ha fatto trepidare anche i cuori di pietra, quando alcuni studi hanno messo in guardia sulle possibili controindicazioni celate nei minuscoli cilindri. «Gli stent medicati - spiega il professore Stefano De Servi, direttore dell'Unità di Cardiologia dell'Ospedale Civile di Legnano e presidente della Società Italiana di Cardiologia Invasiva- possono causare, a differenza di quelli nudi, il riformarsi di un coagulo di sangue e quindi il sopraggiungere di una trombosi. Tuttavia le ricerche dimostrano anche che questo fenomeno non incide sulle percentuali di mortalità e di infarto del paziente». Il messaggio è chiaro e in controtendenza rispetto al diffondersi di un allarmismo spesso ingiustificato verso una conquista medica che non solo ha ridotto del 70-80% il rischio di una restenosi arteriosa, ma che nella stessa Italia rappresenta ormai la speranza per un numero sempre maggiore di pazienti. Su 125.000 procedure di angioptastica realizzate ogni anno nel nostro Paese, oltre 100.000 prevedono l'impianto di stent, il 60% di ultima generazione. Anch'essa però è destinata a scomparire nel giro dei prossimi tre anni per lasciare il posto a nuovi prodotti riassorbibili, capaci di svanire nel tempo, di sprigionare farmaci specifici per ogni paziente e patologia. ___________________________________________________________ Libero 28 Mar.’07 ANTIBIOTICI E TROPPA IGIENE DIFESE IMMUNITARIE IN TILT Nell'organismo che non sa più produrre anticorpi si moltiplicano l'artrite reumatoide, gli eritemi della pelle e le dermatosi croniche GIANLUCAGROSSI ROMA L'eccessiva igiene, l'uso massiccio di vaccini e antibiotici, hanno profondamente modificato il comportamento del sistema immunitario umano che ora ha molta più difficoltà a comprendere quando è il caso di produrre anticorpi per difendere l’organismo da qualche malattia, da quando invece non è necessario. II risultato? L'esplosione di patologie che fino a trent'anni fa erano rare o sconosciute. Il riferimento è soprattutto alle cosiddette malattie autoimmuni, dovute al sistema immunitario che aggredisce l'organismo, anziché proteggerlo. Secondo le più recenti conclusioni di studiosi dell'Università Cattolica- Policlinico Gemelli di Roma, dilagano soprattutto malattie come il diabete insulinodipendente, disfunzioni della tiroide o della paratiroide e malattie dell'ovaio. Nel primo caso viene preso di mira il pancreas che, repentinamente, perde la sua naturale capacità di produrre insulina; e quindi di regolare la quantità di zuccheri nel sangue. Negli altri casi abbiamo invece il sistema immunitario che si avventa sulla tiroide o gli organi riproduttivi femminili. In realtà sono anche molte altre le malattie di questo tipo che si stanno diffondendo a macchia d'olio in Italia e ingenerale, in tutti i Paesi industrializzati. Ci sono l'artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico (LES), la vitiligine. L'artrite reumatoide è una poliartrite infiammatoria cronica e progressiva a carico delle articolazioni. Vittime del male sono soprattutto le donne. Complessivamente , interessa r1-'2 per cento della popolazione. Gli esperti dicono che il numero dei casi aumenta con l'età. è colpito il5 per cento delle donne oltre i 55 anni. II lupus erimatematoso presenta in particolare sintomi che vanno dal facile affaticamento, al dolore e al gonfiore articolare, da eritemi della pelle a disfunzione renali. AL momento attuale non ci sono cure per vincere il LES. La vitiligine infine colpisce una persona su cento, un milione solo in Italia, ed è stata definita la "malattia della modernità". Si tratta di una dermatosi cronica che comporta una carenza o una totale mancanza di pigmento che si manifesta sotto - forma di chiazze a margini netti, che ne evidenziano il contrasto di colore con la cute normalmente pigmentata circostante. La malattia compare di solito tra i 20 e i40 anni. Alla luce di ciò gli scienziati di tutto il mondo stanno indagando per cercare di comprendere al meglio queste malattie. Soprattutto si tende a sensibilizzare i medici di famiglia che, troppo spesso, davanti a patologie in cui il sistema immunitario va in tilt, brancolano nel buio: in un numero considerevole di casi la malattia autoimmune viene diagnosticata molto tardi, dopo un numero eccessivo di visite e uno spreco di risorse umane e finanziarie notevole. ___________________________________________________________ Il Giornale 31 Mar.’07 REUMATOLOGIA, CURE SENZA RISCHI I risultati del Programma Medal, una ricerca condotta per quattro anni in 46 Paesi su 34mila pazienti Minisola: «Il dolore va combattuto eon farmaci che non provocano danni gastro- intestinali» Luigi Cucehi Sono quasi 6 milioni gli italiani che soffrono di malattie reumatiche. l3en quattro milioni sono colpiti dalla sola artrosi, la più diffusa malattia cronica di tipo degenerativo. Queste patologie hanno un forte impatto sociale e sulla qualità di vita. Per questi motivi l'Organizzazione Mondiale della Sanità e l'ONU hanno dedicato la decade 2000-2010 alla prevenzione e al trattamento delle malattie muscolo scheletriche. Parliamo delle malattie reumatiche e delle relative cure più efficaci ed innovative con il professor Giovanni Minisola, primario reumatologo a Roma, all'Ospedale di alta specializzazione «San Camillo». «Il dolore - ricorda Minisola - è un sintomo che accomuna i pazienti con malattie reumatiche i quali, fino a qualche anno fa, potevano contare solo sui vecchi farmaci anti infiammatori, i Fans, purtroppo gastrolesivi. Un grande passo avanti è stato compiuto con la scoperta, dì farmaci innovativi, i Foxib, che hanno ripetutamente dimostrato, nel corso degli ultimi anni l'elevato grado di affidabilità. Lo confermano i risultati di numerose ricerche; quella. più ampia e recente è nota, come Programma Medal. Si tratta di un'indagine di farmacologia clinica articolata in tre grandi studi: Edge 1, Edge 2 e Medal. L'indagine, condotta dal giugno 2002 al maggio 2006 in 1380 Centri di Reumatologia di ben 46 diversi Paesi, aveva l'obiettivo principale di valutare la sicurezza cardi ova.scolare del Coxib più recente tra quelli attualmente disponibili, l’etoricoxib, rispetto all'anti-infiammatorio tradizionale più largamente utilizzato nel mondo, il diclofenac. I risultati del programma Medal sono stati presenta,ti all'American College of Rheumatology e all'American Heart Association e pubblicati su Lancet. La casistica era rappresentata da 34.000 pazienti di entrambi i sessi, affetti da artrosi o artrite reumatoide. AL fine di ottenere risultati che rispecchiassero il più fedelmente possibile il "mondo reale", sono stati inclusi nello studio anche pazienti ipertesi, con fattori di rischio cardiovascolare, di oltre 65 anni, che assumevano aspirina a basse dosi. La durata media di terapia è stata di 18 mesi, con un limite massimo di quasi tre anni. I risultati della ricerca hanno confermato l'equivalenza dei due farmaci in termini di sicurezza cardiovascolare, portando un importante e positivo contributo al chiarimento di alcune incertezze circa il rapporto intercorrente tra farmaci anti-infiammatori e problematiche cardiovascolari. II programma Medal, tuttavia, non si è limitato a confrontare etoricoxib e diclofenac in termini di sicurezza cardio vascolare, ma ha anche confrontato le due molecole quanto a efficacia e sicurezza gastrointestinale. F stato così possibile dimostrare e confermare non solo la similitudine dei due farmaci quanto a efficacia ma anche la superiorità di etoricoxib relativamente al profilo di sicurezza, gastrointestinale». Il paziente colpito da malattie reumatiche giunge alla, invalidità, in un considerevole numero di casi, dopo lunghi anni di sofferenza, con persistente dolore e tumefazione a carico di molte articolazioni. Sono indispensabili farmaci che combattano efficacemente il dolore e che non siano gastrolesivi. Trai pazienti con artrite reumatoide., la malattia. più frequente e più studiata, tra quelle di natura infiammatoria, dopo dieci anni oltre il 25% è costretto ad abbandonare il posto di lavoro. «Nei soggetti anziani - precisa il professor Minisola - è più probabile che la patologia reumatica possa dar luogo a episodi di dolore particolarmente intenso, quasi sempre sostenuto da uno stato infiammatorio. In tali casi la sintomatologia si complica per la limitazione funzionale che complica il quadro clinico e limita i movimenti. Il panorama delle malattie reumatiche comprende affezioni in cui le componenti immunologiche e genetica giocano un ruolo importante: artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artriti con psoriasi o a malattie infiammatorie dell'intestino. Oggi disponiamo di validi rimedi che consentono di tenere sotto controllo la malattia. Giovanni Minisola ___________________________________________________________ Libero 31 Mar.’07 NANOFABBRICHE, PILLOLE CHÉ PRODUCONO ,I FARMACI DIRETTAMENTE NEL CORPO In un prossimo futuro tutte le medicine potrebbero essere sostituite da "nanofabbriche", cioè da microscopiche "macchine biochimiche" in grado - una volta inghiottite dal paziente -, di sintetizzare i farmaci . di cui quest'ultimo ha bisognò all'interno del suo stesso organismo e di curare specifiche patologie 'vi modo mirato e senza particolari effetti collaterali. È quanto emerge da una nuova ricerca Usa, condotta da un team dell'Università del Maryland (a College Park) e diretta da William Bentley: Più in particolare questi studiosi hanno sviluppato delle innovative strutture nanotecnologiche capaci di agire sotto molti aspetti come vere e proprie cellule viventi; una volta in-` trodotte nell'organismo umano- le nanofabbriche di Bertley e colleghi dovrebbero riuscire, ad esempio a identificare specifiche infezioni batteriche, produrre farmaci su misura utilizzando materiale biologico prelevato dal medesimo paziente e colpire in modo mirato i batteri, evitando così gli effetti collaterali prodotti dalle medicine tradizionali (spesso dovuti al fatto che queste ultime influìscono su tutto l’organismo e non solo sull'organo malato). Da un punto di vista pratico i prototipi realizzati e testati in laboratorio dal team Usa sono in grado di agganciarsi, ai batteri e più in generale alle cellule viventi sfruttando le caratteristiche elettromagnetiche possedute da queste ultime: In sostanza Bentley ha aggiunto alle sue nanofabbriehe una miscela di particelle di ferro (che possiedono proprietà magnetiche) e di chitosan (composto battericida presente nel guscio di diverse specie di crostacei). Test effettuati -in coltura hanno mostrato l’efficacia ' dell'approccio del team americano; per 1a precisione i suddetti prototipi di nanofabbrica sono riusciti ad agganciarsi a esemplari di Escherichia coli (un batterio che può causare intossicazioni di tipo alimentare) e di sintetizzare sul posto úna molecola capace di rendere questi microrganismi inoffensivi. Quella appena ottenuta rappresenta una prima applicazione, e la versatilità delle nanofabbriche consentirà in un prossimo futuro la sintesi di molti tipi di molecole diverse e soprattutto il trattamento di un'ampia gamma di patologie (e quindi non solo delle infezioni batteriche). Prima dì passare , però alle sperimentazioni: sugli esseri umani gli scienziati Usa devono conseguire altri due obiettivi. Innanzitutto fornire a tali strutture un rivestimento chimico "`mimetico" che impedisca al sistema immunitario umano di identificarle come agenti estranei e di distruggerle; in secondo luogo Bentley e il suo team stanno progettando di inserire nelle nanofabbriche un apposito dispositivo che funga da "interruttore" e che consenta loro 'di "spegnerle" dall'esterno non appena il risultato voluto - cioè la guarigione del paziente sia stato raggiunto. ______________________________________________________________ L’Unione Sarda 29 mar. ’07 TUMORE ALL'UTERO: VACCINO IN VENDITA In Sardegna ogni mese 8 donne si ammalano e ne muoiono 4 ROMA. Colpisce un'italiana ogni due ore e ne uccide circa 1.700 l'anno. In Sardegna ogni mese otto donne si ammalano e quattro muoiono per il tumore al collo dell'utero, causato dal Papillomavirus (Hpv), che si conferma un big killer per le donne, ma oggi c'è un'arma concreta per combatterlo: è il primo vaccino anti-Hpv e, dunque, contro questa forma di cancro. Da ieri è nelle farmacie italiane, disponibile a pagamento, ma dal 2008 sarà distribuito gratuitamente a tutte le dodicenni, principale target per la vaccinazione. Si tratta del primo vaccino specifico mai messo a punto contro un tumore: «E' una vera e propria rivoluzione - ha affermato l'oncologo ed ex ministro della salute Umberto Veronesi, in occasione della conferenza stampa di presentazione del vaccino prodotto dalla Sanofi Pasteur Msd - ed è una grande notizia per tutte le donne». Ma come funziona e a chi va somministrato? Il vaccino è attivo contro i tipi 6, 11, 16 e 18 del Papillomavirus, responsabili del 75% dei casi di cancro al collo dell'utero e va somministrato (in tre dosi nell'arco di sei mesi) innanzitutto alle ragazze giovani (anche se l'indicazione alla vaccinazione va dai 9 ai 26 anni) che non hanno ancora avuto rapporti sessuali e, dunque, non sono entrate in contatto con questo virus che si trasmette, principalmente, appunto per via sessuale. Ecco perchè il ministro della Salute Livia Turco ha deciso l'avvio di un programma di vaccinazione gratuito per tutte le dodicenni, circa 280.000, a partire dal 2008: la spesa complessiva per il sistema sanitario nazionale è pari a 75 milioni di euro e le regioni sono già al lavoro. Entro il primo gennaio 2008, tutte dovranno essere pronte ad erogare gratuitamente la vaccinazione e l'Italia sarà il primo Paese in Europa ad aver adottato una simile misura sociale. Ma non basta: «Stiamo predisponendo emendamenti sulla prossima Finanziaria - ha annunciato oggi la componente della commissione Sanità del Senato Laura Bianconi (Fi) - perché il finanziamento sia aumentato, proprio per allargare la possibilità di vaccinare gratis un maggior numero di donne». Una «rivoluzione» l'ha dunque definita Veronesi, per le donne ma anche per le nuove prospettive della ricerca: «Si apre la strada - ha affermato - per la messa a punto di vaccini per altre forme di tumore dovute a virus, come la leucemia, linfomi, tumori del fegato e della faringe. Infatti il 20% dei tumori sono dovuti ad agenti virali». Poi, un consiglio alle mamme: «Vaccinate le vostre figlie, perchè il vaccino è sicuro e non ci sono controindicazioni rispetto ad un tumore che è la seconda causa di morte in Europa, per cancro, tra le donne tra 15 e 44 anni». Della stessa opinione il direttore della Clinica ginecologica del'Università di Brescia, Sergio Pecorelli: «Una volta che una donna si è vaccinata il virus non potrà più colpirla e, quindi, non si potrà innescare il meccanismo che può portare al cancro». Un invito a vaccinare le adolescenti arriva anche dal pediatra Giorgio Bartolozzi, membro della commissione nazionale vaccini, mentre il presidente della Società italiana di medicina generale, Claudio Cricelli, ha assicurato l'impegno dei medici di base: «Sono in atto contatti con il ministero - ha detto - per avviare un protocollo di comportamento per i medici». L'obiettivo, ha sottolineato l'amministratore delegato Sanofi Pasteur Msd Daniel Jacques Cristelli, è «eradicare per sempre questa forma di cancro». Dal 2008 dunque, almeno per le dodicenni, il vaccino sarà gratis. E per le altre? Il costo per le tre dosi è di circa 600 euro. Una cifra consistente, ma forse neppure tanto se si considera, fanno notare gli esperti, che «sarebbe come dire spendere per la propria salute 0.07 centesimi al giorno per venti anni». Si tratta di meno della metà del costo di un sms. ______________________________________________________________ Corriere della Sera 25 mar. ’07 MEGLIO NON TAGLIARE SUBITO IL CORDONE Neonati Crescono più sani ritardando di due minuti il distacco dalla madre Il cordone ombelicale non andrebbe pinzato e tagliato subito dopo la nascita; si dovrebbe aspettare almeno un paio di minuti per assicurare un vantaggio al bambino. L' affermazione che arriva dopo decenni di discussioni viene da uno studio pubblicato sulla rivista dell' associazione dei medici americani, Jama, che ha riesaminato quindici ricerche sull' argomento che hanno coinvolto 1912 neonati in vari paesi del mondo. Ma qual è la differenza tra l' interruzione immediata o dopo pochi minuti? Il punto è che aspettando si ha una piccola trasfusione extra di sangue al piccolo dell' ordine dei 20-40 millilitri per chilo di peso, una «scorta» importante in grado di ridurre il rischio di un' anemia da carenza di ferro, che soprattutto nei paesi poveri può avere conseguenze anche sullo sviluppo psichico. «Il "clampaggio" immediato del cordone è un' invenzione degli ostetrici negli ultimi anni» dice Alfredo Pisacane, professore di pediatria all' Università Federico II di Napoli, che già dieci anni fa in un editoriale sulla rivista British Medical Journal sosteneva l' opportunità del ritardo. «Quando si faceva il parto in casa e anche adesso in realtà diverse, si taglia il cordone quando smette di pulsare - prosegue lo specialista -. Questo assicura al neonato una quantità di ferro che gli permette di superare meglio la progressiva riduzione del minerale nell' organismo che tocca il massimo a sei mesi, quando avviene il passaggio all' alimentazione solida, che dovrebbe assicurare un buon apporto. Ma non in tutte le realtà. Per cui è molto importante, soprattutto nei paesi più poveri, che venga attuata questa semplice procedura». Guido Tanganelli Tanganelli Guido ______________________________________________________________ Corriere della Sera 25 mar. ’07 LE MALATTIE CHE CI HANNO SALVATO Biologia evolutiva In un libro del neurogenetista americano Sharon Moalem le interazioni tra l' ambiente e il nostro Dna Molti «difetti» genetici sembrano essere in origine una protezione Uccise venticinque milioni di europei sui cento che abitavano allora il Vecchio continente. La grande peste del Trecento (infuriò dal 1347 al 1350) fu così epocale che molti storici la considerano lo spartiacque fra il Medioevo e l' Era moderna. Ma poteva essere uno sterminio se nello stesso momento non fosse comparsa una mutazione genetica che fa accumulare ferro nell' organismo, sfavorevole apparentemente, ma che fra i popoli del Nord Europa dove si diffuse (tuttora ce l' ha una persona su 200) rese i portatori immuni alla Morte nera. È la tesi, singolare, di Sharon Moalem, neurogenetista e biologo evoluzionista della Mount Sinai School of Medicine di New York, autore di un libro appena pubblicato negli Stati Uniti, Survival of the sickest, La sopravvivenza dei più malati, edito da HarperCollins. La mutazione responsabile della malattia, pur portando ad un accumulo di ferro in vari organi (condizione definita emocromatosi), riduce quello presente nei macrofagi, le cellule che costituiscono la prima barriera difensiva dell' organismo contro le infezioni. La povertà del metallo di queste cellule le rende pessimi ospiti per batteri come il germe della peste (Yersinia pestis) o quello della tubercolosi. Da qui la resistenza alla Morte nera di chi nel Trecento aveva la mutazione del troppo ferro. «L' ipotesi di Moalem è ardita e farà storcere il naso agli storici anche perché mette da parte la responsabilità di ratti e di condizioni igieniche e climatiche di cui si discute da anni - commenta Carlo Alberto Redi, genetista e biologo dello sviluppo dell' Università di Pavia -. Ma il libro ha il grande pregio di riproporre l' importanza delle interazioni fra genetica e ambiente. Si sa che nel nostro patrimonio ereditario, per influsso di sostanze presenti nell' ambiente o anche casualmente, compaiono mutazioni. Quelle negative che portano a deficit di funzioni o a malformazioni, vengono eliminate. È la legge della sopravvivenza. Quando non avviene, c' è sempre un motivo "biologico": le alterazioni servono a qualcosa o proteggono da qualcos' altro. La riscoperta della biologia evolutiva, un po' lasciata da parte in questi ultimi anni nonostante il suo fascino, ci può dare informazioni preziose sul presente». Ma se il legame peste-mutazione del troppo ferro ha bisogno di conferme, di altri geni-malattia si sa con certezza che hanno conferito a certe popolazioni una maggiore resistenza ad infezioni che, altrimenti, le avrebbero decimate. È il caso dell' anemia mediterranea (detta anche talassemia) e della malaria. Le aree storiche di distribuzione geografica delle due malattie in Italia si sovrappongono: il delta del Po, la Sardegna, la Sicilia, la Calabria, la Maremma toscana. La spiegazione è nella genetica: i portatori della talassemia hanno globuli rossi con meno emoglobina (da cui l' anemia, minima nella forma leggera), ma proprio questo difetto impedisce al parassita della malaria di sopravvivere nel loro sangue. E se in Italia si tratta di una curiosità storica, in molte aree del mondo sono ancora quei globuli rossi patologici che permettono di resistere alla malattia. Analogo valore protettivo dalla malaria hanno conferito altre patologie genetiche, come il favismo in Sardegna, o l' anemia falciforme. Interessante in termini di evoluzione anche il vantaggio nascosto in una mutazione che predispone al colesterolo alto nel sangue, quella del gene apoE4. La mutazione è più diffusa nelle popolazioni del Nord Europa. Perché? Una spiegazione c' è: in presenza dei raggi solari, a livello della pelle il colesterolo viene convertito in vitamina D, indispensabile alla salute delle ossa. Ma dove l' irraggiamento è scarso, come in Svezia o in Finlandia, più colesterolo si traduce in una maggiore quantità di vitamina D. «Un esempio ancora più semplice è la policitemia, l' eccessivo numero di globuli rossi nel sangue presente con grande frequenza nelle popolazioni andine e tibetane - aggiunge Fulvio Mavilio, genetista, professore ordinario di biologia molecolare all' università di Modena - . Da noi è una vera e propria malattia, là una condizione di normalità che si è selezionata nei geni di quei popoli in millenni di vita alle alte quote perché questa mutazione permette di trasportare nel sangue molto ossigeno in più». Ma si può ipotizzare che tutti i geni-malattia nascondano un vantaggio biologico del passato che ora ci sfugge? Che cosa c' è di positivo nelle mutazioni che hanno portato a disastri come le distrofie o i ritardi mentali? «Difficile rispondere, - dice Mavilio - può sembrare paradossale, ma un qualche vantaggio devono averlo conferito, magari molti anni fa; altrimenti sarebbero scomparse nel giro di qualche generazione». Queste problematiche, legate alla biologia evolutiva, oggi ci suonano inquietanti visto che stiamo modificando l' ambiente e i nostri stili di vita ad un velocità che non ha precedenti. Come reagiranno i nostri geni al riscaldamento globale, alla sedentarietà e, non ultimo, al fast-food? Franca Porciani * * * 25 milioni di europei È l' impressionante bilancio di persone falciate dalla peste, detta anche la Morte nera, fra il 1347 e il 1350 in Europa. A quell' epoca la popolazione del Vecchio continente non superava i cento milioni * * * 0,5 % nel Nord Europa È questa la percentuale di individui portatori della mutazione per l' emocromatosi, una malattia che fa accumulare ferro nell' organismo, nei Paesi nordici, mutazione che li avrebbe protetti dalla peste Porciani Franca ______________________________________________________________ Corriere della Sera 25 mar. ’07 Ragazzi I meccanismi psicologici che alimentano il bisogno di non staccare mai la spina COME SI DIVENTA SCHIAVI DI INTERNET Almeno quattro casi alla settimana, quasi tutti ragazzi, dai 14 anni in su. Da un paio di anni tra i pazienti di Giovanni Battista Cassano, direttore del Dipartimento di psichiatria dell' Università di Pisa, c' è una categoria in continuo aumento: i "malati di Internet". Gli "Internet dipendenti". La Iad (Internet addiction disorder) è una forma di dipendenza, una droga dei tempi postmoderni. «Ho incontrato ragazzi che stavano incollati al computer giorno e notte - spiega il professor Cassano - e che hanno lentamente abbandonato amici, fidanzate, scuola, università. Prima di cadere nella rete di Internet avevano una normale vita sociale, molti erano studenti modello. Dopo l' incontro con Internet si sono isolati completamente». E su Internet che cosa fanno questi ragazzi, quali siti visitano? «Per lo più i siti dei giochi di ruolo, quelli che in gergo sono chiamati Mud. Entrano in un altro mondo, assumono diverse identità e trovano quelle gratificazioni che sono indispensabili ad alimentare una dipendenza. Anche la chat provoca dipendenza. Giocando e chattando - cioè dialogando tramite il computer - questi giovani stimolano strutture del cervello ricettive alla gratificazione che entrano in una fase di iperattività» dice Cassano. Con quali conseguenze? «Queste strutture funzionali devono poi essere nutrite continuamente. È lo stesso meccanismo che travolge i grandi giocatori. Si deve giocare sempre di più. Quando in un organismo, per esempio, si forma tessuto adiposo, questo tessuto vuole moltiplicarsi e il soggetto mangia per nutrire il suo stesso grasso» risponde lo psichiatra. Si può parlare di droga, dunque, ma anche di «nuova» droga? «La dipendenza da Internet è certamente un grave disturbo, ma non è nuovo - spiega l' esperto -. È una vecchia dipendenza che sfrutta un nuovo medium, potente e pervasivo come è appunto la Rete. Noi tutti siamo un pò dipendenti da qualcosa: dall' auto, dal cibo, dalla maglia di lana, dalla canottiera di cotone, dal pigiama. Tutte dipendenze psichiche e fisiche allo stesso tempo, che agiscono sulla parte del sistema nervoso attaccato anche dalle droghe chimiche, quella legata alla soddisfazione sessuale e al piacere. Ho conosciuto persone dipendenti anche dal gioco del golf. Giocavano sempre in attesa del gran colpo, il grande piacere. L' unica differenza, rispetto alle droghe come cocaina o eroina, è che i soggetti non muoiono. Certo non tutti si ammalano. Le patologie colpiscono persone predisposte, anche geneticamente, alle dipendenze. Un ragazzo mi ha detto che se avesse smesso con Internet avrebbe iniziato con alcol e droga». Come si guarisce? «Non esistono farmaci. Si possono tentare terapie decondizionanti, ma l' unico rimedio è quello di staccare la spina, togliere al soggetto ogni possibilità di collegamento». Non è proibizionismo? «No, è la stessa cosa che si fa con gli alcolizzati - conclude Cassano -. Quando qualcuno si disintossica, a casa spariscono le bottiglie di vino e di liquori. Il problema è che anche Internet, come l' alcol, lo si trova ovunque e dunque la battaglia è difficile da vincere». Marco Gasperetti Gasperetti Marco ______________________________________________________________ Repubblica 29 mar. ’07 L'anticarie? Sarà nel dentifricio o gel... Vaccini Dopo più di trent'anni di studi sarebbe scientificamente possibile realizzare un vaccino contro lo streptococco mutans, decisivo nella comparsa della carie, ma le richieste del mercato privilegiano malattie più "importanti". Con la biologia molecolare i ricercatori hanno quindi puntato sull'immunoterapia con anticorpi monoclonali e\o peptidi. "È una forma più sicura di terapia preventiva", ha spiegato il biologo molecolare inglese Julian Ma (Guy's Hospital, Londra), al Congresso romano Simo. "Bypassando il sistema immunitario si evitano le variazioni individuali. Il vaccino, inoltre, è una molecola singola e non un mix di antigeni di batteri impoveriti, perciò può essere preparato ad alto grado di purezza". In pratica nel Dna della pianta del tabacco sono state inserite proteine in grado di suscitare la risposta immunitaria: Immunoglobuline A che bloccano l'attacco sui denti e sulle gengive dei batteri cariogeni. "Ma un'applicazione preventiva ne richiederebbe un'enorme quantità". Il vaccino ottenuto potrebbe essere somministrato attraverso un dentifricio, una gomma da masticare, un colluttorio o un gel da applicare su denti e gengive. Ma c'è ancora da aspettare. (a. mes.) ______________________________________________________________ Repubblica 29 mar. ’07 L'AMBULANZA ODONTOIATRICA FA PREVENZIONE Tre mezzi attrezzati operano nel Lazio: screening, diagnosi, cure per denti e tumori orali. Per i ceti deboli di Annamaria Messa È la prima volta in Italia e, a quanto pare, anche in Europa. Nel Lazio tre "odontoambulanze", unità mobili odontoiatriche attrezzate con le più moderne tecnologie elettromedicali per la diagnosi e la terapia di bocca e denti, vanno a casa dei pazienti e ora anche in carceri, case di riposo, case famiglia, comunità, per curare le patologie orali e prevenire con uno screening allargato problemi di danni successivi come caduta dei denti e tumori orali. Un servizio pubblico mobile rivolto in particolare ai ceti deboli, ai più svantaggiati, compresi detenuti, barboni, nomadi, a chi altrimenti non si sarebbe mai fatto vedere da un dentista. Per problemi di deambulazione, inabilità o emarginazione. Un'Odontovan (una Fiat Seicento dotata di portatili e radiografici digitali poco più grandi di una macchina fotografica e a bassa emissione di raggi per diagnosi al letto del paziente) completa il "parco mezzi" a disposizione dei dentisti Simo, Società Italiana Maxillo Odontostomatologica. Il servizio (basta una telefonata o un fax allo 0684483366), in sinergia tra Simo, Regione Lazio e Asl RomaA, è ora istituzionalizzato e allargato a tutta la regione. Dal 2004, inizio della sperimentazione nella capitale, l'odontoambulanza, primo ospedale maxillo odontostomatologico viaggiante (acquistate dalla Regione con un costo di 180 mila euro l'una), ha assistito finora a domicilio circa 4.200 persone, con circa 5.400 prestazioni. L'iniziativa pilota è stata inaugurata nel recente 5 Congresso Simo all'ospedale odontoiatrico romano G.Eastman, punto di riferimento anche in casi in cui serve il ricovero. Gli stessi operatori preparano la cartella computerizzata alla prima visita domiciliare, in tempo reale la trasmettono on line ai reparti e alla sala operatoria se serve il trattamento in ospedale. "È l'innovazione organizzativa che abbiamo voluto portare a una struttura pubblica. La sinergia col privato è importantissima per la sanità pubblica che è carente e va potenziata perché trattamenti del genere non possono che essere pubblici", spiega il presidente della Simo, Mauro Orefici. Aperto all'Eastman anche il primo centro operativo di screening regionale delle malattie della bocca per la valutazione di qualità e quantità delle prestazioni. Centro di formazione permanente (Simo) per preparare i professionisti volontari del settore. Anche nelle piazze per sensibilizzare tutti alla prevenzione e alla diagnosi precoce dei tumori della bocca: il 76% di quanti sono stati visitati non si sottoponeva a una visita odontoiatrica da almeno 5-10 anni "e se non fossimo andati noi non li avrebbe visitati nessuno", precisa Orefici. Dati che fanno riflettere e spingono a non abbassare la guardia. La carie, pur scesa negli ultimi anni, colpisce ancora 50 bambini su 100 e 96 adulti su 100. ______________________________________________________________ Repubblica 29 mar. ’07 SE GOOGLE FA LA DIAGNOSI Il caso BioINFORMATICA che si sostituisce al medico in fase di diagnosi? Assolutamente no. Tanto più che sono gli stessi medici a progettare programmi o a collaborare con le aziende sottoponendogli precise esigenze cliniche. Ma una provocazione in tal senso è stata fatta da alcuni medici e studiosi nell'ambito di un congresso internazionale e con una serie di articoli sull'argomento sul Bmj e sul New England journal of Medicine. Proprio su quest'ultimo Robert Greenwald, del Long Island Jewish Health System, nello stato di New York, ha riferito di una diagnosi medica risolta da "Google", il più noto motore di ricerca su internet. "Si trattava di un caso di diarrea infantile, con manifestazioni allergiche inusuali, tipo ruvidità della pelle", spiega Greenwald. Il caso presentava poi delle anomalie immunologiche che investivano la funzione dei linfociti T sulla mucosa gastrica. Ad un congresso internazionale abbiamo a lungo discusso cercando di arrivare a una diagnosi coerente senza riuscirvi". Il caso fù poi risolto da una studentessa, presente al congresso, che riuscì a correlare tutti i sintomi a una patologia già classificata: una rara sindrome conosciuta come Ipex. "Ho inserito nel motore di ricerca Google i dati relativi alla biopsia della pelle e i test immunologici. La diagnosi è venuta fuori così", ha riferito la studentessa al congresso. Google ha infatti ricercato le parole chiave relative ai risultati di quegli esami e i sintomi allergici ed ha individuato un caso assolutamente analogo, in una pubblicazione su rivista internazionale, con la diagnosi della patologia rara, già fatta quindi da fonti autorevoli. Forse non c'è più bisogno di noi medici?", si chiede Greenwald. "Basta un bravo interneuta che sappia selezionare bene i dati da inserire su Google, affinché una diagnosi difficile appaia come per magia? Ancor peggio, potremmo ipotizzare che Google possa in futuro offrire un nuovo servizio: dalla diagnosi ad un email automatica di prenotazione del farmaco, senza intervento umano". Tutto ciò naturalmente è abnorme quanto impossibile e assolutamente non auspicabile. Ma è certo che le tecniche di ricerca sui motori internet specializzati, come Medline e Googlescholar (entrambi di paper e studi pubblicati su riviste mediche) deve far parte delle competenze di un bravo medico. Sul British Medical Journal, Dean Giustini, direttore della biblioteca medica della Columbia University, si interroga invece su come il Web ha cambiato la medicina. Tanti i medici o specialisti che gestiscono il proprio "blog" su internet. Qui si "postano" centinaia di esami analitici, Tac, Pet e molecular imaging quadri sintomatici piu complessi: una miniera di diagnosi. (s. j. s.) ______________________________________________________________ Repubblica 29 mar. ’07 TERAPIE SOFTWARE La bioinformatica entra in ospedale Database e statistiche in aiuto dei medici Verifica di diagnosi, uso mirato dei farmaci, "genotipo": tecnologia al servizio della sanità. Dalla Mayo Clinic al Rummo di Benevento di Susanna Jacona Salafia Siamo pronti per la "information based medicine" o la medicina basata sull'informazione? Un futuro in cui la diagnosi di un medico si baserà anche sul "profilo genetico" del malato o sulla sua "stratificazione" in classi e sottoclassi di "rischio" potrebbe essere molto vicino. Il medico come una "Sibilla", in grado soprattutto di prevedere anzitempo le reazioni del suo paziente ad un farmaco per individuarne il giusto dosaggio; o di ipotizzare l'evoluzione della malattia con percentuali di guarigione, di eventuali ricadute e "commorbidità"(cioè l'insorgenza di un'altra malattia correlata alla principale). Ciò sarà possibile attraverso calcoli bioinformatici, di statistica e probabilità, che confrontano i dati clinici del paziente (anamnesi, esami, ecc) con vasti databank genetici e di gruppi di popolazione. È questo il quadro futuribile di una informatica "medica" che, secondo un recente studio("Are you ready for the information-based medicine?") di "Ibm- ScienceLife", la sezione che progetta software medici per la multinazionale, saranno sul mercato già entro il 2010. Secondo lo studio, sarà un computer a dirci se siamo un "genotipo" a rischio per la terapia prescritta, se cioè in precedenza gruppi di pazienti con caratteristiche genetiche o fisiologiche simili, abbiano avuto reazioni negative a quello stesso farmaco. È quanto già fa la Mayo Clinics, famosa azienda sanitaria che gestisce alcuni ospedali in Florida, Arizona e Minnesota. La Mayo possedeva un ampio archivio di dati di ricerche e di pazienti "critici"(ovviamente anonimi), potenzialmente utilissimi ai medici soprattutto nella diagnosi. I dati erano però dislocati tra i vari reparti ed ospedali Mayo. Un interfaccia web di un software medico Ibm "clinical genomics" ha risolto il problema. Adesso è possibile, da qualsiasi terminale degli ospedali Mayo, l'accesso ai dati di oltre 4 milioni di pazienti per confrontare subito sintomi e prognosi e stabilire una nuova diagnosi. Il software consente di selezionare i milioni di dati clinici della Mayo secondo criteri molto specifici: un tipo di sintomo, un certo valore del sangue, di colesterolo ecc, per ipotizzare subito a quali patologie correlarli, in base alla numerosa casistica in possesso. Ma il piu vasto database di dati biologici, reso disponibile alla comunita scientifica gratuitamente, è l'European Bioinformatics Institute di Cambridge che ha ricevuto anche un premio intenazionale a Firenze. Direttamente dal sito (www.ebi.ac.uk) è possibile navigare su tutte le sequenze di nucleotidi esistenti e le strutture macromolecolari degli organismi viventi. La convergenza tra tecnologia, statistica e scienze della vita, migliorerà sempre di più la prassi medica: software che potranno anche individuare il farmaco "target", cioè la molecola realmente efficace. L'azienda di bioinformatica "Mosaico" di Benevento, in collaborazione con l'ospedale della città"Gaetano Rummo", sta predisponendo un nuovo rivoluzionario software per una più efficiente gestione dei protocolli medici in oncologia e pediatria. Il programma, ancora allo studio, sarà in grado ad esempio, di stabilire subito l'esatto dosaggio, nel corso della terapia, in base alla crescita del bambino e alla peculiare risposta alla terapia. Ad ogni valutazione, il software esegue una specifica stratificazione del paziente inserendolo in una delle cinque "classi di rischio". Potrà infine estrarre in tempo reale statistiche e correlazioni di ogni tipo in base al processamento dei dati accumulati. Input e output saranno inoltre archiviati e inviati elettronicamente agli altri centri che seguono lo stesso protocollo, in rete o su richiesta. Tutto questo sarà possibile a breve e per di più a partire da un ospedale del Sud. Come anche dal Sud parte il progetto di screening della Drepanocitosi, una malattia del sangue con possibili "evoluzioni" in ictus cerebrali o disturbi oculistici fino alla cecità. Ebbene un software medico di una azienda bionformatica catanese "Nest"(Neurovisual Science Technology) in collaborazione con l'università di Catania, è gia in grado di stabilire quante probabilità ha un paziente di Drepanocitosi di incorrere nelle altre malattie correlate. Se il paziente appartiene a una categoria a rischio di ictus o cecità si potrà intervenire in tempo. In neurologia, invece, la Nexstim azienda bioinformatica finlandese, ha una piattaforma in grado di mappare e visualizzare con immagini ad alta definizione al computer in tempo reale il cervello del paziente. Ciò serve per individuare subito il giusto dosaggio e la localizzazione dell'intervento terapeutico sulla corteccia. Nella ricerca di base, invece, sono molteplici i software in grado di individuare gli enzimi "biomarker" statisticamente presenti in un determinato stato patologico. Si tratta di una sorta di "sentinelle" che fanno capire quante probabilità di recidiva ci sono anche in diagnosi precoce. ______________________________________________________________ Repubblica 29 mar. ’07 TEMPO DI MARATONE, CONSIGLI D'ESPERTO Microtraumi, dolori, visite ed esami specifici: il medico dello Sport segnala le precauzioni da prendere di Fabio Lodispoto * SOLLECITAZIONI un toccasana per la salute. Brucia calorie meglio di qualsiasi altro sport, abbassa il colesterolo e la pressione arteriosa, riequilibra la glicemia, allena cuore e polmoni e allontana il rischio di malattie cardiovascolari come infarto e ictus. Un toccasana tuttavia da usare con cautela: può danneggiare l'apparato locomotore. Muscoli tendini e articolazioni. Le sollecitazioni che lo scheletro riceve ad ogni passo di corsa sono infatti enormi: un urto pari al doppio, al triplo del peso corporeo che colpisce il piede in appoggio e si trasmette alla caviglia, al ginocchio e su fino alla colonna vertebrale. Un microtrauma ripetuto ad ogni passo per chilometri che tollera bene solo chi è già perfettamente i forma e non ha disturbi di appoggio del piede, difetti di postura o problemi ortopedici. Di qui le raccomandazioni per chi deve iniziare a correre o è già un corridore provetto: attenzione a scarpe e plantari, verificare con l'uso di un esame computerizzato del passo l'appoggio dei piedi e della postura e rivolgersi ad un ortopedico per controllare che articolazioni e tendini siano in ordine. Stop al primo dolore osteoarticolare. Scarpe e plantari Scarpe di ottima qualità, ne esistono tante sul mercato, ma attenzione più sono esasperate nella ricerca della leggerezza meno materiale hanno per proteggere il piede e assorbire il continuo microtraumatismo della corsa. Meglio una scarpa più pesante di poche decine di grammi per l'allenamento di tutti i giorni e riservare quelle da professionista per qualche importante maratonina cittadina. Non solo: anche le migliori calzature con l'uso si deteriorano, perdono di elasticità e i materiali anti-schock perdono le loro caratteristiche meccaniche. È preferibile non portarle fino alla usura completa, e sostituirle un po' prima. Si risparmia in salute. Non solo: anche le calzature migliori dotate di plantare non possono assecondare la forma del piede e l'appoggio della pianta di tutti. Sono calzature standard pensate per soddisfare la anatomia media della popolazione. Ma esistono variazioni di appoggio e di forma della pianta del piede che pur non essendo patologiche si discostano dalla media e alla lunga fanno soffrire senza una opportuna ortesi plantare confezionata su misura. Con la baropodometria, l'esame computerizzato del passo si può scoprire se l'appoggio del piede è corretto e se a giudizio dello specialista occorre una correzione, il computer disegna e scolpisce il plantare con sistema cad cam. Postura A nessuno verrebbe in mente di partecipare ad un rally automobilistico con una ruota sgonfia o un ammortizzatore scarico. La stessa prudenza deve adottare chi corre sottoponendosi ad un controllo della postura. La baropodometria è un esame utile alla valutazione dell'appoggio plantare e alla distribuzione del peso corporeo sugli arti inferiori. Permette di capire se la postura è corretta e di porre l'attenzione sulle estremità o su atteggiamenti scorretti del bacino e del tronco. Indispensabili anche le radiografie degli arti inferiori se il sospetto è un difetto assiale del ginocchio, perchè troppo valgo (a X) o troppo varo (alla cavallerizza) o se si sospetta una leggera differenza di lunghezza tra un arto e l'altro. Anche le radiografie della colonna vertebrale sono indispensabili per valutare atteggiamenti scoliotici e iniziali fenomeni degenerativi delle vertebre e degli spazi intervertebrali. Una apposita ginnastica posturale, ne esistono di diversi e validi indirizzi terapeutici, Souchard e Mezieres per citarne alcune, è in grado di riequilibrare le tensioni muscolari anomale e normalizzare posizioni scorrette del tronco e del bacino. Nulla possono invece queste ginnastiche se si tratta di difetti assiali agli arti inferiori: i servono plantari o, in certi casi, il bisturi dell'ortopedico. DOLORI I dolori non vanno ignorati. Meglio sospendere per qualche giorno e sottoporsi alla valutazione dell'ortopedico. Un dolore al tallone può infatti nascondere una condizione cronica di tendinite e portare alla drammatica e improvvisa rottura del tendine di Achille per il quale è poi necessario un intervento chirurgico. Una Risonanza magnetica (Rmn) della caviglia può far scoprire per tempo questa infiammazione. Rmn indispensabile anche per la valutazione dei menischi e dei legamenti dl ginocchio. Correre con un menisco rotto o l'articolazione resa instabile da una lacerazione dei ligamenti porta con il tempo a danni irreparabili delle cartilagini articolari. Anche il dolore inguinale, frequente in chi corre, deve essere sottoposto a valutazione specialistica e ad Rmn perchè può essere scatenato da una comune pubalgia o da un più grave problema articolare della articolazione dell'anca. Molto comuni in chi corre anche le fratture da stress degli arti inferiori. Fratture non dovute a trauma ma al logorio che l'osso subisce a causa dello sport. Unica terapia veramente efficace per queste dolorose invalidità:il riposo * Ortopedia e Traumat., Specialista medicina dello Sport